PROVINCIA DI BRESCIA
ASSESSORATO ALLA CULTURA
ARCHIVIO STORICO
La storia della Provincia di Brescia attraverso gli
Atti del Consiglio Provinciale dal 1860 al 1960
con un saggio di Guido Melis
a cura di Damiana Amighetti e Filippo Jannaci
Pubblicazioni dell’Archivio Storico
Stampato da Artigianelli S.p.A., sezione Tipolitografia Queriniana, Brescia
Indice
La Storia della Provincia di Brescia attraverso
gli Atti del Consiglio Provinciale dal 1860 al 1960
Introduzione del Presidente della Provincia ........................................................................................... pag.
7
Prefazione
pag.
9
L’evoluzione delle istituzioni dell’amministrazione locale 1860-1960.
Considerazioni critiche del Prof. Guido Melis ............................................................................ pag.
11
............................................................................................................................................................
Istituzioni storiche del territorio lombardo e profili istituzionali:
La Provincia e la Provincia di Brescia nella descrizione
del Database Regionale Civita
– La Provincia di Brescia 1859-[1971] ............................................................................................... pag.
33
Le cariche amministrative
– I Presidenti del Consiglio Provinciale, della Deputazione,
i Vice-Presidenti ed i Segretari della Provincia di Brescia dal 1860
in ordine cronologico e note .............................................................................................................. pag.
35
– Elenco dei Presidenti del Consiglio Provinciale e della Deputazione
in ordine cronologico ............................................................................................................................ pag.
52
– Elenco dei Presidenti della Provincia di Brescia dal 1860
in ordine alfabetico ................................................................................................................................. pag.
57
– Note biografiche dei Presidenti della Provincia
pag.
62
pag.
79
pag.
83
....................................................................
Le Principali tappe normative: le leggi e i testi unici
che hanno regolato la vita della Provincia
– Elenco delle Leggi
...................................................................................................................................
– Il testo dei principali riferimenti normativi
.............................................................................
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
5
I Cd-Rom degli Atti del Consiglio provinciale
– Indici Generali dei Cd-Rom
pag.
117
..........................................................................................................
pag.
121
......................................................................................................................................................
pag.
122
pag.
125
..............................................................................................................
– Note tecniche sull’uso dei Cd
Bibliografia
Ringraziamenti
..............................................................................................................................................
Elenco delle Illustrazioni contenute nel volume
6
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
Introduzione
L’archivio storico della Provincia conserva un patrimonio notevole di informazioni e documenti. Una fonte preziosa per ricostruire la storia della modernizzazione bresciana, attraverso alcune grandi opere. Ma anche per rappresentare l’evoluzione della comunità e il percorso
dell’ente dal 1860, anno della sua istituzione, al 1960.
È, dunque, un onore divulgare la documentazione che l’ente stesso ha prodotto nello svolgimento delle proprie funzioni, al termine di un laborioso processo di analisi ed informatizzazione di fascicoli a migliaia, riguardanti un così lungo arco cronologico.
La pubblicazione si basa su un importante lavoro di censimento e di recupero, contenuto
in un formato agile, cd-rom e guida, che ne agevola l’uso.
Nello specifico l’opera consente una riflessione storica lunga cento anni, e la conoscenza,
da parte di cittadini, studenti, ricercatori, enti locali e soggetti economici, dell’attività amministrativa, che ha regolato, e tuttora regola, le decisioni, avvicinando così la comunità e le
istituzioni.
L’obbligo per gli enti pubblici d’istituire una sezione separata di archivio storico risale agli
anni Sessanta; ripreso però solo nel 2004 dal nuovo Codice dei beni culturali e ambientali. La
Provincia di Brescia lo ha comunque avviato nel 2000, ed ora lo mette a disposizione, con personale professionalmente specializzato nella sede attrezzata di via Romiglia, del pubblico che
potrà consultare il fondo, in appositi giorni ed orari, col supporto di un catalogo puntuale e
di moderni sistemi di ricerca.
Da un punto di vista strettamente locale, si può attingere al materiale dal contenuto interessante, a volte curioso. Ponti, linee tramviarie, opere idrauliche, ospizi, orfanotrofi, consorzi, scuole professionali, vicende agricole e zootecniche, che nel Bresciano rappresentano un
capitolo importante e ricchissimo dello sviluppo, documenti sull’ospedale psichiatrico: in
molti casi la lettura porta al chiarimento di molti avvenimenti che si sono succeduti sul territorio, ad informazioni per certi versi sorprendenti. Allo stesso modo è possibile, considerando le cariche ricoperte in campo amministrativo, individuare i percorsi politici di molte personalità bresciane.
Il volume rappresenta, quindi, un prezioso contributo e un ulteriore tassello per lo studio
della politica e delle istituzioni locali; un sussidio, non secondario, a disposizione per raccordare, su scala più ampia, le informazioni che ciascun archivio storico locale già possiede.
Questo ente riconosce, infatti, l’importanza di tale recupero, ed è intenzionato a proseguire lo
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
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sviluppo dei rapporti con gli altri enti del territorio per condividere sempre più le risorse e
favorire un loro coordinamento sul piano della conservazione e dell’accesso alla documentazione.
L’Archivio può dunque costituire nuovo motivo di interesse dei bresciani per la Provincia.
Una miniera tutta da esplorare per scoprire le vicende dall’unità d’Italia agli anni del boom
economico.
Alberto Cavalli
Presidente della Provincia di Brescia
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Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
Prefazione
Nell’attività di recupero documentario dell’Archivio storico della Provincia di Brescia e
nell’ambito della costituzione di un apparato di opere di reference si è posto particolare interesse al recupero delle fonti.
Su questa strada si è arrivati, due anni fa, all’acquisizione in formato elettronico degli Atti
del Consiglio Provinciale dal 1860 al compimento del centesimo anno (1960) e alla decisione,
più recente, di pubblicarli su cd-rom accompagnati da una pubblicazione che potesse facilitarne e in qualche modo guidarne la consultazione.
La finalità di questa guida alla consultazione degli atti si basa sugli elenchi delle principali cariche dell’Amministrazione provinciale e sulle notizie generali relative alla nostra provincia. In particolare due elenchi onomastici dei presidenti, uno in chiave cronologica in base
all’assunzione e al mantenimento della carica, l’altro in chiave alfabetica, hanno il compito di
facilitare il ricercatore nell’individuazione delle figure più alte in carica dell’ente. L’elenco
centrale, cronologico, individua invece le cariche di presidente (o preside), vicepresidente,
presidente della deputazione provinciale e segretario. Nella compilazione degli elenchi abbiamo ritenuto utile non fermarci al 1960 ma proseguire fino ad oggi ampliando l’arco temporale di riferimento di più di 40 anni.
Completano gli elenchi i profili biografici dei presidenti in carica fino al 1960, attinti dai
repertori locali.
Si è inoltre ritenuto utile elencare le leggi fondamentali per l’ordinamento degli enti locali e riprodurre le parti più significative di alcune di esse relative all’ordinamento delle amministrazioni provinciali.
Lo scopo divulgativo non viene meno in presenza dell’importante saggio del prof. Guido
Melis, docente di storia dell’ amministrazione pubblica presso l’Università “La Sapienza” di
Roma, sulla provincia nella storia d’Italia che ha anzi il pregio di permettere la comprensione
e la collocazione di quanto accadeva in quegli anni a livello locale all’interno del panorama
politico e di assesto amministrativo nazionale.
Alla fine del volume si sono inseriti gli indici e le note tecniche sull’uso dei cd-rom.
Nel pubblicare gli atti ci auguriamo di produrre un utile strumento sia per quanti si dedicano alla ricerca storica che per i lettori curiosi di storia locale
I curatori
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
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La Provincia nella storia d’Italia
di Guido Melis1
1. Alle origini della Provincia nell’Italia unita
Nelle prime pagine di quella che resta l’opera forse più completa sulla Provincia nel corso
dell’età liberale, Gabriele Amendola osservava (1915):
“Non può certo, in una prima e sommaria indagine, non impressionare lo studioso la disparità di condizioni e di trattamento usata dal legislatore italiano verso i Comuni e verso le
Provincie: mentre ai primi una serie di disposizioni, intese a maggiore o minore benevolenza
secondo le vicende politiche della nazione, venne a concedere diversi beneficii, che ne vennero gradatamente agevolando il funzionamento e sistemano la finanza, per le altre invece nulla
o quasi nulla di simigliante è intervenuto: che anzi, pur restringendosi generalmente le autonomie comunali e provinciali insieme, appunto dal novello vigore impresso ai Comuni
cominciò la decadenza morale ed economica della provincia stessa”2.
La diagnosi era esatta. Provincia e Comune avevano avuto in realtà, nell’ambito della allora recente storia della legislazione postunitaria, una vicenda parallela, ma avevano esercitato
un peso assai differente nell’ordinamento: del resto, a conferma dello squilibrio, basti osservare come nel Trattato Orlando, l’opera ideata dal fondatore della scuola italiana di diritto
pubblico e destinata a costituire la summa del sapere giuridico del primo Novecento3, furono
distribuite le materie. La voce “Provincia” affidata, ma solo qualche decennio più tardi, allo
stesso Gabriele Amendola, giurista certo degno ma non certo di primo piano; quella
“Comune” firmata già nei primi volumi da uno dei maestri del diritto amministrativo italiano del Novecento, il futuro presidente del Consiglio di Stato Santi Romano4.
Entrambe le istituzioni, Provincia e Comune, erano state inizialmente contemplate, l’una
dopo l’altra, nella legge-archetipo del futuro Stato italiano sugli ordinamenti locali, la legge
Rattazzi approvata nel Regno di Sardegna nel 18595. All’art. 1 quella legge già stabiliva:
“Il Regno si divide in Provincie, Circondarii, Mandamenti e Comuni, secondo la tabella
annessa alla presente legge”.
All’art. 2 soggiungeva:
“In ogni Provincia vi è un Governatore, un Vice-Governatore, ed un Consiglio di
Governo”6.
L’intero titolo III della legge era dedicato all’amministrazione provinciale. Si componeva
di 5 capi: “Delle Provincie”, “Del Consiglio Provinciale”, “Della Deputazione Provinciale”,
“Dell’ingerenza governativa nell’Amministrazione Provinciale”, “Disposizioni generali
riguardanti l’Amministrazione Provinciale”. In totale 43 articoli della legge (dal 145 al 188)
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
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erano dedicati alla provincia, che l’art. 145 definiva subito come un “corpo morale”, soggiungendo subito: “ha facoltà di possedere, ed ha un’amministrazione propria che ne regge e ne
rappresenta gli interessi” (la formula, come si vedrà, avrebbe goduto di una straordinaria longevità).
La legge disegnava la Provincia articolata su tre organi: il Consiglio provinciale, la
Deputazione provinciale, il Governatore.
Il primo – il Consiglio – era composto (a seconda delle dimensioni demografiche della provincia) di 60 o 50 o 40 o 20 membri elettivi, ripartiti per mandamenti (le vecchie circoscrizioni subprovinciali, che la legge manteneva in vita). Il Consiglio deliberava sulla “creazione di
stabilimenti pubblici provinciali”, sui “contratti d’acquisto, le accettazioni, i doni o lasciti”,
sugli “affari concernenti il patrimonio della Provincia”, sulle “azioni da intentare o sostenere
in giudizio”, sulle “spese da farsi attorno agli edifizi diocesani a termini di legge”, sui “sussidii da accordarsi ai Consorzii ed ai Comuni per opere utili o necessarie, e per soccorrere ai
bisogni dell’istruzione, e di stabilimenti pubblici”, sul “bilancio delle entrate e delle spese, il
conto consuntivo, ed il rendiconto di amministrazione della Deputazione provinciale”, sullo
“storno di fondi da una ad altra categoria od articolo [del bilancio], e l’applicazione dei residui”7. Il Consiglio inoltre aveva competenze sugli istituti di beneficenza, dava pareri su una
certa quantità di materie inerenti la vita economica della provincia, poteva ricorrere (“in caso
di insufficienza delle rendite e delle entrate”) alla sovraimposta sulle contribuzioni dirette.
La Deputazione provinciale invece era l’organo forte della Provincia. Presieduta personalmente dal Governatore, che in pratica ne dirigeva l’attività, era poi composta di membri in
numero variabile, eletti a maggioranza assoluta di voti dallo stesso Consiglio provinciale. Del
Consiglio la Deputazione fungeva espressamente da organo esecutivo, con compiti di iniziativa politico-amministrativa (preparava il bilancio, sottoponeva al Consiglio le proposte utili
all’interesse della Provincia, stipulava i contratti, “spediva” i mandati). Ma aveva poi compiti
delicatissimi anche nei confronti dei Comuni, sugli atti dei quali avrebbero assunto ben presto
il controllo. L’”ingerenza governativa nell’Amministrazione provinciale”, per usare l’espressione della legge, si estendeva (con la prevista approvazione del Governo, previo parere del
Consiglio di Stato) sulle deliberazioni vincolanti i bilanci provinciali per più di cinque esercizi,
e su quelle relative alla creazione di “stabilimenti pubblici” a spese della provincia. Le altre
deliberazioni, di minore importanza, avrebbero dovuto essere ugualmente trasmesse al ministro dell’Interno che avrebbe potuto annullarle se non regolari nella forma o contrarie alle leggi.
Il Governatore rappresentava il potere esecutivo in tutta la provincia, manteneva le attribuzioni dell’autorità amministrativa, promuoveva i conflitti, provvedeva alla pubblicazione
ed esecuzione delle leggi sul territorio provincinciale, vegliava sull’andamento delle pubbloiche amministrazioni, soprintendeva alla pubblica sicurezza con diritto di disporre della forza
pubblica, dipendeva dal Ministero dell’Interno del quale – diceva il testo della legge – “eseguisce le istruzioni” (art. 3). Di lì a poco (nel 1861), unificando le sue competenze con quelle
dell’intendente (altra figura del sistrema periferico sardo-piemontese) il Governatore avrebbe
assunto il nome, di derivazione francese, di Prefetto8.
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Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
La legge comunale e provinciale di Rattazzi venne estesa nel dicembre 1859 all’Emilia e
alle Romagne, quindi nell’agosto 1860 alla Sicilia, nel successivo mese di settembre alle
Marche e all’Umbria, nel gennaio 1861 alle province napoletane9. L’unificazione d’Italia si
faceva giorno dopo giorno, empiricamente, attraverso processi di fusione politico-amministrativa che non risolvevano tuttavia le diversità spesso profonde tra le varie tradizioni preunitarie e le resistenze ad accogliere dappertutto il modello messo a punto nel Piemonte
sabaudo10.
Il dibattito degli anni “costituenti” non fu esente da voci anche molto discordanti. Da
Palermo, dove pubblicò in quegli anni un suo opuscolo non banale, Ernesto D’Amico osservava ad esempio (ma si era già nel 1861)11 che, mentre lo Stato sarebbe stato in Italia “associazione naturale di popolazioni appartenenti alla stirpe medesima, e parlanti la stessa favella”,
e il municipio “aggregazione delle famiglie che vivono nello stesso abitato”, “le provincie e le
regioni sarebbero associazioni meramente convenzionali, perché in natura nulla è che ne
determini la estensione e i confini”12. Di tutt’altro taglio gli interventi degli esponenti cattolici, in genere di ispirazione giobertiana: nel 1862-63 – ha ricordato Roberto Ruffilli in quello
che resta uno dei più bei libri sulla storia della questione del decentramento italiano – gli opuscoli di Avogadro della Motta su La rivoluzione e il Ministero Torinese in faccia al Papa e
all’Episcopato, e di Salzillo su La confederazione italiana con le dinastiche autonomie, rilanciarono
l’ipotesi federalistica di Gioberti, puntando alla ricostruzione del potere temporale della
Chiesa e al riconoscimento pieno delle “organizzazioni naturali”, comunitarie, radicate nel
territorio e nelle tradizioni locali. Su altre posizioni culturali, da Napoli, Giovanni Manna, uno
dei più illustri intellettuali meridionali (sarebbe poi stato a buon diritto classificato tra i giuristi “pre-orlandiani”, i precursori del diritto amministrativo di fine secolo)13, pubblicò nel
1862 un saggio su Le province meridionali del Regno d’Italia nel quale chiedeva un sistema di
libertà locali complete per il Meridione, condizione per integrare responsabilmente quelle
province nella nuova unità nazionale in costruzione14. E Francesco Perez, un altro autore del
Sud (La centralizzazione e la libertà, 1862), ripropose con forza l’istanza della autonomia legislativo-amministrativa su base regionale, in aperta polemica con la “piemontesizzazione”
(cominciava adesso ad apparire questo neologismo) e con la legge Rattazzi15.
Altri, però, e non solo i piemontesi, condividevano le preoccupazioni di D’Amico: come
Giorgini, ad esempio, che nel 1861, scrivendo a Firenze (La centralizzazione: i decreti d’ottobre e
le leggi amministraive), “aveva difeso la necessità dell’accentramento”16. Posizioni simili, timorose in sostanza di frantumare sin dal principio l’unità nazionale appena conquistata, dovettero essere molto diffuse nelle ristrette élites postesi alla testa del Risorgimento. Nel 1860 simili preoccupazioni avevano condizionato le conclusioni della commissione Farini, designata da
Cavour presso il Consiglio di Stato per studiare un primo assetto amministrativo del nuovo
Stato. In controtendenza, nel marzo 1861 il neoministro dell’Interno Marco Minghetti presentò alla Camera il suo progetto di legge per la “repartizione del Regno e autorità governativa”,
nel quale definì la Provincia, così come il Comune, “aggregazione naturale”, “un portato della
storia ed un risultamento d’interessi veraci”17.
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
13
Fu, almeno dal punto di vista della discussione teorica, un punto fermo importante. Il
tema della “naturalità” delle istituzioni locali avrebbe, da allora in poi e a lungo, rappresentato uno dei due possibili sbocchi del dibattito sulla definizione dei loro ambiti di potere: parlare di aggregazione naturale significava, sin da queste prime battute, cercare la legittimazione della Provincia nel territorio, nelle sue vocazioni storiche e geografiche, oltreché eventualmente in quelle economiche; voleva dire insomma ritenere la Provincia, nel suo delinearsi
come cellula di base dell’ordinamento civico, anteriore e preesistente all’esistenza stessa dello
Stato. Vedremo come ben presto questa posizione entrerà in contrasto (e in un contrasto pressoché irrisolvibile) con l’altra, che viceversa avrebbe considerato gli enti locali come “enti
autarchici”, concepiti e legittimati soltanto grazie alla delega e al riconoscimento da parte
dello Stato.
Ma l’iniziativa di Minghetti, coraggiosamente aperta al riconoscimento delle autonomie,
era destinata a restare in minoranza. I suoi progetti per le autonomie locali furono ritirati o
lasciati cadere. L’intero quadro che li conteneva (il regionalismo minghettiano, inteso come il
disegno sia pure moderato e prudente ma tuttavia coerente, di una costruzione del nuopvo
Stato a base autonomistica) fu sostanzialmente vanificato18. Incombevano, sul giovanissimo
Stato nazionale creato alla fine del 1861, ben altre urgenze, a cominciare da quelle – drammatiche – del deficit di bilancio. I tentativi successivi di Minghetti (del 1863 e del 1864) risultarono altrettanto infruttuosi.
Sopravvenne la legge del 1865, che in qualche modo chiuse il periodo costituente. La
nuova legge (era uno degli allegati, il primo, della L. 20 marzo 1865, n. 2248, che attribuiva al
Governo la delega a legiferare sulle più importanti materie sul tappeto in quei primi anni dell’unità italiana)19 riprodusse nei suoi 252 articoli, e senza troppo discostarsene, lo schema della
legge Rattazzi del 1859: suddivise il territorio del Regno in una sequenza decrescente di livelli amministrativi (province, circondari, mandamenti e comuni). In ogni Comune, cellula-base
dell’ordinamento, previde obbligatoriamente (senza distinzione di latitudine, popolazione,
dimensione territoriale ecc.: era il trionfo della più astratta uniformità amministrativa)20 un
Consiglio comunale elettivo più o meno esteso a seconda della popolazione, una Giunta
municipale a sua volta eletta dal Consiglio, un segretario comunale stipendiato dal comune e
un “ufficio comunale” (cioè un piccolo apparato burocratico). Il sindaco, capo dell’amministrazione, era nominato dal Governo, per decreto regio, su sostanziale designazione del
Ministero dell’Interno che a sua volta operava attraverso il Prefetto. Era insieme “uffiziale del
Governo”, titolare cioè di specifiche funzioni delegate dal centro e costantemente in relazione
con il Prefetto, al quale rispondeva dell’operato amministrativo. Il suffragio amministrativo
restò ristrettissimo, sebbene meno angusto di quello politico21.
La Provincia, definita come “corpo morale” e dotata di “facoltà di possedere” (art. 152), si
articolava ancora nel Consiglio provinciale elettivo e nella Deputazione, “composta – diceva
la legge – del Prefetto che la convoca e la presiede e di membri eletti dal Consiglio provinciale a maggioranza assoluta dei voti”. Erano di sua competenza “i beni e le attività patrimoniali della Provincia e dei suoi circondari”, “le istituzioni o gli stabilimenti pubblici ordinati a pro
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Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
della Provincia e dei suoi circondari”, “i fondi e sussidi lasciati a disposizione delle province
dalle leggi speciali”, “gl’interessi dei diocesani quando a termini delle leggi sono chiamati a
sopperire a qualche spesa” (art. 154).
Tra le materie di competenza della Provincia alcune assunsero subito grande rilievo: le strade provinciali innanzitutto22, il primo reticolo di comunicazione infralocale in un’Italia ancora
di difficile transito, interrotta com’era da valichi insormontabili, da fiumi torrentizi e inguadabili, da boschi e foreste impenetrabili, con strade (quando pure esistevano) insicure e spesso
impercorribili. Seguivano, al secondo posto per rilevanza, le attribuzioni, ex lege, sugli istituti
di carità, beneficenza e culto, vasta e complessa materia, nella quale però i poteri dell’autorità
pubblica restavano ancora marginali, quasi timorosi di ingerirsi nella volontà del privato.
Le spese provinciali obbligatorie, distinte come quelle comunali dalle facoltative, furono
tassativamente elencate all’art. 174: stipendi degli impiegati e ufficio della Provincia; sistemazione e manutenzione di ponti, argini e strade provinciali; concorso alla costruzione e al mantenimento degli argini contro fiumi e correnti, secondo le prescrizioni delle leggi vigenti;
costruzione e mantenimento di ponti e fari e altri servizi marittimi; pubblica istruzione secondaria e tecnica; accasermamento dei carabinieri reali; visite sanitarie nei casi di epidemia e di
epizoozia; servizio riscossione pagamenti; contributo spese consortili; mantenimento dei
mentecatti poveri della Provincia; pagamento dei debiti esigibili; spese relative all’ispezione
delle scuole elementari; pensioni agli allievi delle scuole normali a carico dello Stato in base
ad una legge del 1859; spese per il mantenimento degli uffici di prefettura e sottoprefettura e
relativa mobilia; spese per l’alloggio e mobilia di prefetti e sottoprefetti.
Fondamentale – lo si è detto – appariva sin da questi primi anni postunitari il ruolo del
Prefetto. Intanto per i poteri incisivi che gli erano attribuiti su entrambi i livelli dell’amministrazione locale, quello comunale e quello provinciale. E poi, specificamente, per essere egli
posto, alla francese, a capo dell’esecutivo della Provincia, la Deputazione. È vero, come è stato
notato, che una serie di materie già nella competenza del Governatore erano adesso attribuite piuttosto alla Deputazione in quanto tale che non al Prefetto (ciò che sembrava allargare
timidamente le maglie dell’autonomia); ma restava ferma la funzione del Prefetto come capo
della Provincia. Egli sarebbe stato, sin dalla prima applicazione della legge, l’uomo chiave
dell’intero sistema: l’efficace suggeritore delle classi dirigenti locali, l’autoritario supplente
tutte le volte che queste si fossero dimostrate inerti rispetto ai propri compiti, il rigido controllore dal centro delle politiche periferiche, ma anche il tramite intelligente – in molti casi –
delle istanze della provincia nella capitale23.
2. La Sinistra al potere e la riforma crispina
La Sinistra giunta al potere nel 1876 sembrò poter giovare alla causa dell’autonomia della
Provincia. In molti, tra i sostenitori di questa prospettiva, ricordarono allora la promessa elettorale di Depretis, il leader parlamnentare della Sinistra, secondo la quale il decentramento
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
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“autentico” sarebbe consistito “nell’autonomia dei Comuni e delle Province, cioè a dire la
libertà da concedersi alle Amministrazioni comunali e provinciali di muoversi liberamente
nella sfera di loro competenza, determinata dalla legge”24. Il punto saliente della riforma – si
riteneva – avrebbe dovuto consistere nell’elettività del presidente della Deputazione e del sindaco; nel primo caso ne sarebbe dovuta derivare la sottrazione al Prefetto del “dominio della
vita provinciale”. Il cenno depretisiano alla legge come unico limite rispetto all’esercizio delle
autonomie, del resto, suonava come critica implicita al sistema pesante e mal sopportato dei
controlli prefettizi.
Le attese di una simile riforma, tuttavia, sarebbero presto andate deluse. Un primo progetto venne presentato in Parlamento nel 1880, fu reiterato per caduta della legislatura nel
1882, si trascinò stancamente al 1884, fu riproposto ancora ma senza successo nel 1886. Il
Parlamento liberale, organizzato sul complicato sistema degli uffici, i cui componenti erano
non eletti ma sorteggiati a inizio legislatura, costituiva di per sé un meccanismo molto complesso, nel quale era facile, in assenza di una forte volontà politica del Governo, che i disegni
di legge sgraditi si perdessero. Depretis per altro, creatore e sostenitore di quel complesso
metodo di negoziazione parlamentare che prese dopo di lui il nome di trasformismo, non era
propriamente l’uomo del decisionismo. La legge del 1865, per allora almeno, restò dunque in
vigore, al riparo da qualunque riforma.
Cambiava però, e in modo vistoso, il contesto storico, e con esso lo stesso rapporto centroperiferia. Nel 1882 la nuova legge elettorale aveva esteso sensibilmente la platea degli aventi
diritto al voto, temperando di molto la soglia censitaria adottata subito dopo l’unificazione:
l’elettorato politico passò al 6,9% della popolazione, superando per la prima volta quello
amministrativo25. Ora entravano sulla scena nuovi ceti sociali (specialmente la piccola borghesia urbana e le avanguardie delle classi artigiane e operaie) e nuovi interessi (specialmente quelli, sempre meno legati alla grande rendita agraria, della piccola e media proprietà agricola ma anche quelli del commercio, della finanza, dei primi opifici industriali). Il Sud, sino
ad allora sottorappresentato, costituiva adesso la base della maggioranza depretisina. Agli
inizi degli anni Ottanta, con l’abolizione del corso forzoso della lira adottato nel 1866, anche
l’economia italiaan entrava in una fase diversa, più dinamica e di maggiori ambizioni, con
gruppi nuovi (ad esempio quelli dell’industria edile legata alla speculazione urbana) desiderosi di occupare spavaldamente la platea.
I rapporti centro-periferia si facevano più intensi. Più stabili e sicure le vie di comunicazione, anche grazie alla messa in opera della rete ferroviaria su scala nazionale; più intensi gli
interscambi tra mercati (anzi, la dimensione sino ad allira localistica dei mercati di consumo
tendeva a rompersi, con prime aggregazioni su scala se non ancora nazionale certo interregionale). La città, la “città che sale” come è stata definita, vale a dire il municipio di media o
anche grande dimensione, dotato di servizi, con politiche urbanistiche riflesse nei piani regolatori, diveniva una realtà, seppure ancora minoritaria dinnanzi alla desolata estensione della
campagna spopolata di certe regioni meridionali. E con la città si profilava il protagonismo
del Comune e della Provincia. In queste due istituzioni, legate alla popolazione da vincoli di
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Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
vicinanza e a loro volta legate fra di loro (frequente era lo scambio tra membri dei due collegi), si coagulava la nuova stagione della politica, contrassegnata dalla partecipazione di ceti
sino ad allora esclusi o tenuti ai margini. Sempre meno Comune e Provincia erano appannaggio esclusivo di ristrette cerchie notabiliari aristocratiche (come era avvenuto sotto la
Destra); sempre più rappresentavano la via di accesso alla politica di esponenti nuovi, legati
ai giovani ceti urbani in ascesa. Qualcosa insomma si muoveva, sotto la tenace scorza plurisecolare della provincia italiana.
Quel che tuttavia caratterizzava l’ordinamento comunale e, soprattutto, quello provinciale italiano, specie se raffrontato con il coevo disegno amministrativo della Francia metropolitana, era la singolare irregolarità della geografia delle province. Una carta amministrativa
d’Italia, se la si fosse eseguita nei dettagli ricalcando i confini delle varie province e le loro
complesse intersecazioni, sarebbe risultata come un mosaico, dalle tessere mischiate tra loro
senza ordine apparente. La storia e la conformazione fisica del territorio sembravano aver dettato le forme ambigue del ritaglio provinciale italiano al di là di qualunque velleità uniformatrice. Laddove il Departement francese appariva squadrato, quasi inciso nel territorio esagonale del Paese dall’ésprit géometrique del legislatore, la Provincia italiana era il frutto di un
ricamo barocco, nel quale pesavano visibilmente i condizionamenti locali e le eredità di lunga
durata della storia della penisola26.
Fu in questa situazione che Francesco Crispi intraprese la sua riforma delle autonomie
locali. Da parlamentare, l’ex garibaldino si era soprattutto ispirato al modello inglese, affermando di voler “diminuire le attribuzioni del Governo ed accrescere quelle delle amministrazioni locali”27. Da ministro dell’Interno e presidente del Consiglio egli firmò la legge
comunale e provinciale del 188828, un testo che ricalcava la legge del 1865, ma introducendovi cinque rivoluzionarie varianti.
La prima fu l’istituzione della Giunta provinciale amministrativa (Gpa), “composta del
prefetto che la presiede, di due consiglieri di prefettura designati al principio di ogni anno dal
ministro dell’Interno e di quattro membri effettivi e due supplenti nominati dal Consiglio provinciale”29. La Gpa avrebbe giudicato nel merito le deliberazioni di maggior rilievo in materia
finanziaria adottate da province, comuni ed opere pie; e – soprattutto – avrebbe avuto la facoltà di porre il veto all’esecuzione delle delibere. Una successiva legge del 1890 avrebbe affidato a quest’organo la giustizia amministrativa in sede locale, decentrando alla Gpa i poteri giurisdizionali che, nel 1889, erano stati riconosciuti alla IV sezione del Consiglio di Stato.
La seconda novità riguardò l’elettorato amministrativo, esteso dalla legge del 1888 fino a
comprendere circa l’11% della popolazione (nel 1865 votava appena il 4%).
La terza novità fu l’elettività del sindaco nei comuni capoluogo di Provincia o con più di
10 mila abitanti (ma nel 1896 una legge Di Rudinì avrebbe esteso la misura a tutti indistintamente i Comuni del regno).
La quarta fu la regolamentazione della figura del segretario comunale (la legge del 1865 si
limitava a fissarne l’obbligatorietà ma lasciava in pratica senza regole il suo status e il funzionamento dell’istituto).
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
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La quinta novità, collegata alla prima, fu che il Prefetto cessò di essere a capo della
Deputazione provinciale, che a sua volta perdette il controllo sugli atti di comuni e opere pie.
La Deputazione restava, ma diveniva, come era logico essendo eletta dal Consiglio, una sorta
di piccolo esecutivo, con un suo presidente ugualmente eletto.
Nel complesso le cinque novità comportarono uno scossone nell’assetto dei poteri locali.
L’allontanamento del Prefetto dalla guida della Provincia, innanzitutto, separava ormai definitivamente il modello italiano da quello francese. La fine del regime di nomina governativa
dei sindaci faceva cadere un potente fattore di condizionamento centralista, anche se il sindaco manteneva funzioni di “ufficiale di Governo” (lo stato civile, ad esempio) e di rappresentanza delegata del Governo. La catena dei controlli amministrativi usciva dalla riforma
Crispi rinforzata e modernizzata (specie attraverso il ruolo assunto dalla Gpa), ma per così
dire anche razionalizzata: le funzioni di controllo, cioè, erano adesso rigorosamente distinte
dall’attività. Le seconde affidate a organi tecnici, le prime ad organi politici; le seconde di fatto
controllate attraverso il Prefetto dal centro, le prime interamente lasciate alla libera determinazione dell’ente locale.
Se questo producesse (come pure è stato sostenuto) una morsa persino più incisiva del centro sulla periferia del sistema, o se invece desse spazio inedito a quest’ultima, è discutibile.
Certo, la contemporanea estensione del suffragio amministrativo ebbe come effetto di allargare la platea degli interessi e dei soggetti politici implicati nella democrazia comunale e provinciale. Sicché cominciarono a vedersi, in molti consigli, esponenti dei partiti dell’Estrema
(come allora si chiamava la Sinistra dai radicali ai socialisti) e uomini di estrazione differente
dalla vecchia matrice notabiliare. Nel 1903 (ma ciò riguardò soprattutto i Comuni) la nuova
legge sulle municipalizzazioni (L. 29 marzo 1903, n. 103) aprì obiettivamente la strada a un
protagonismo economico delle amministrazioni che fu, specie nelle regioni del Centro-Nord,
di segno diverso che nel passato e che si espresse nell’avvio di vere e proprie politiche locali
in settori quali i servizi pubblici essenziali (gaz, acqua, luce), i trasporti, la bonifica urbana, la
viabilità provinciale ecc. Anche l’associazionismo degli enti locali (specie dei comuni) conobbe una sua stagione di punta, culminata poi nella fondazione dell’Anci (1901)30.
Quanto tutto ciò accrescesse la mole dell’attività delle Province è facilmente verificabile sol
che si guardi all’aumento dei bilanci provinciali, all’infittirsi degli atti conservati negli archivi, al complicarsi delle procedure sintetizzate in quegli atti, alla stessa maggiore quantità delle
pagine dei verbali degli organi della Provincia. Nel 1891 un modesto impiegato di Comacchio
diede alle stampe un utile libretto: Guida degli impiegati nelle Amministrazioni comunali e provinciali nel disrbrigo degli affari periodici giusta le disposizioni in vigore31. Centonovanta pagine
nelle quali – scriveva l’autore – “volli addimostrare quali fossero gl’incumbenti che gli uffici
comunali, delle province, di sottoprefettura e di prefettura debbono compiere in determinate
epoche”. Mese per mese, l’elenco testimoniava di quale fitto reticolo di compiti fosse ormai
gravata l’attività quotidiana delle istituzioni locali di fine secolo.
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Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
3. La Provincia nell’età di Giolitti
Si dice che quella di Giolitti (convenzionalmente il periodo 1900-1915) sia stata l’età aurea
dell’amministrazione italiana. L’uomo politico che la dominò (Giovanni Giolitti, appunto) fu
anche profondo conoscitore degli apparati amministrativi, sperimentati di persona nel corso
del suo lungo e brillante apprendistato come funzionario del Ministero delle Finanze prima,
magistrato della Corte dei conti poi, amministratore comunale e provinciale, consigliere di
Stato. Consigliere provinciale Giolitti lo sarebbe stato per altro a Cuneo, e per molti anni ininterrottamente (si sarebbe dimesso da presidente di quel Consiglio provinciale, l’ultima sua
carica pubblica, nel 1925, costrettovi in pratica dall’intolleranza fascista): egli dunque conosceva bene, per esperienza diretta, anche la vita delle istituzioni locali. Di più: in un citatissimo discorso parlamentare del 1897 aveva riconosciuto la necessità di affidare proprio alla
Provincia molte delle funzioni sino ad allora occupate dallo Stato: la manutenzione delle strade nazionali, il servizio forestale, la verificazione dei pesi e delle misure, molti degli archivi, i
servizi sanitari eccetto quelli a carattere nazionale, le nomine degli agenti postali e telegrafici
adibiti al solo servizio locale, la pubblica istruzione a carattere tecnico.
Nessuna riforma di portata assimilabile alla legge Crispi del 1888 caratterizzò però la
gestione giolittiana del rapporto centro-periferia. Tuttavia non c’è dubbio che il quindicennio
giolittiano fu caratterizzato da un intenso dinamismo della realtà provinciale italiana. Tre,
essenzialmente, ne furono le cause, tra loro concomitanti e interinfluenti: la prima fu che in
quel quindicennio il Paese affrontò il decollo industriale, cioè modificò profondamente, per lo
meno in alcune regioni del Nord, i ritmi della sua vita economico-sociale; la seconda causa fu
che apparvero in quel quindicennio i primi partiti politici organizzati; la terza causa (collegata alla seconda) fu che si affermò una più intensa partecipazione elettorale, destinata a culminare nella legge del 1912 per il suffragio universale maschile nelle elezioni politiche.
La prima causa fu, come si accennava, limitata alle regioni del Nord del Paese, anzi al quello che di lì a poco sarebbe entrato in uso di definire il triangolo industriale: ma fu, in quelle
province, un fattore di grande trasformazione. La stessa tradizionale ripartizione del reticolo
amministrativo periferico ne fu messa in crisi: si ebbero spostamenti di interi nuclei familiari
da una provincia all’altra, dalla campagna alla città, dal lavoro agricolo a quello di fabbrica;
nuovi insediamenti urbani; problemi inediti quanto a servizi pubblici e comunicazioni.
Nell’età di Giolitti, per esempio, le ferrovie, adesso nazionalizzate e poste sotto l’egida della
neocostituita Azienda autonoma statale, contestarono la divisione per province e pretesero di
articolare le proprie diramazioni periferiche in dipartimenti ferroviari su base infra e sovraprovinciale. Nacque così una prima rete di coordinamento tra centro e periferia che prescindeva da quella rappresentata dai capoluoghi di provincia. Le grandi opere pubbliche del
periodo (nel 1902 ebbero inizio gli studi per la costruzione dell’acquedotto pugliese, affidati
a un apposito ente autonomo, l’Ente Acquedotto Pugliese), la politica di razionalizzazione
idrografica in funzione del migliore sfruttamento delle risorse idroelettriche a fini industriali,
i nuovi bisogni del territorio in aree omogenee del Nord (dove erano in corso imponenti boni-
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
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fiche) come del Sud (dove si sviluppavano le prime politiche di intervento nel Mezzogiorno),
tutto ciò pose un interrogativo sulla validità della Provincia come cellula del riparto amministrativo nazionale. Di fronte ai nuovi problemi, la stessa autorità del Prefetto, in alcuni casi,
apparve troppo limitata e quasi smorzata dalla ristrettezza della dimensione provinciale.
L’amministrazione pubblica tese a darsi forme originali che spesso puntavano espressamente
a gestire meglio politiche infraprovinciali. Nacque nel 1907 il Magistrato delle acque per le
province venete e di Mantova, ufficio speciale dipendente dal Ministero dei Lavori pubblici
con competenza sulle province di Venezia, Padova, Treviso, Vicenza, Verona, Rovigo, Udine,
Belluno e sul bacino ella provincia di Mantova compreso tra la riva sinistra del Po e del
Mincio: dotato di una certa autonomia di gestione e di una discreta disponibilità di budget, il
Magistrato rompeva visibilmente la rete delle province e, sia pure per le sole competenze
idrografiche, tendeva ad allocarsi su una dimensione decisamente sovraprovinciale32. Nel
1906 era sorto, ma destinato a vita effimera, il Commissariato civile per la Basilicata33. Tra il
1902 e il 1913-14 una fitta serie di uffici speciali, per lo più connessi alle nuove leggi di intervento su base territoriale promosse da Giolitti, andò ad occupare il terreno delle politiche
locali, contendendo agli enti esistenti (fossero essi comuni o province) competenze, spazi di
manovra e spesso anche finanziamenti statali34.
Per altro i partiti nuovi – specialmente quello socialista – tendevano a inserire nella vita
locale temi e orizzonti tipicamente “nazionali”. Legati a Roma da filiere organizzative verticali, quei partiti cominciavano a rappresentare fattori di rapida modernizzazione e sprovincializzazione della vita locale.
Infine l’estensione della partecipazione al voto fece alla lunga saltare gli equilibri, talvolta
secolari, sui quali si basavano le antiche egemonie dei gruppi dirigenti provinciali. Le province e le loro istituzioni (i consigli provinciali, le giunte) erano stati a lungo il luogo nel quale sperimentare e formare i futuri deputati, oppure – anche – le sedi sicure nelle quali consentire ai
parlamentari di ritorno o in pausa da Roma una prestigiosa utilizzazione di tutto riposo al servizio della comunità d’origine. Basta leggere i dati raccolti da Pacifici nella seconda parte del
suo volume su La Provincia nel Regno d’Italia35: seguendo i risultati di un’inchiesta governativa
del 1904 si elencano, provincia per provincia, le informazioni relative agli uffici di presidenza,
deputazione provinciale e consiglio provinciale. Segue una elaborazione relative a fasce d’età
e professioni. I nomi, di per sé eloquenti, restituiscono il ritratto di una classe dirigente periferica che non è affatto distinta da quella nazionale. Ricorrono anzi spesso e per molto tempo gli
stessi nomi, a testimonianza di un’identità che fu anche (e fu forse questo il suo tallone
d’Achille) ristrettezza familistica dei ceti-matrice. L’età avanzata, 50,9 anni in media (con 885
del campione tra i 41 e i 50 anni, ma anche 767 tra i 51 e i 60, e 591 oltre i 60 anni, e con solo 525
tra i 21 e i 40), e le professioni (64% avvocati, 17% medici, 13% ingegneri, 6% altre), confermano poi quel che già sapevamo sulle classi politiche liberali. E tuttavia, se si guarda con più
attenzione alle successive elaborazioni di Pacifici (che distingue i dati per grandi macroregioni e che offre spunti preziosi su chi, nel campione, “sale” verso la dimensione nazionale e chi
invece “ripiega” verso la dimensione locale) il quadro appare assai più stimolante.
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Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
In attesa di una ricerca esaustiva sulla Provincia in Italia nel primo quindicennio del
Novecento (che non potrà non muovere però proprio da questi primi dati, possibilmente
estendendoli), un punto emerge con nettezza: lungi dal costituire una sorta di alternativa
rispetto allo Stato, gli enti locali dell’età di Giolitti ne rappresentarono una quasi fisiologica
integrazione. Sia perché le prime politiche di intervento pubblico del periodo trovarono propriamente nel campo comunale e provinciale il proprio ideale terreno di sperimentazione36,
sia perché le classi dirigenti nazionali e locali agirono in continuum, senza che vi fosse tra le
due alcuna reale diversificazione, se non quella dettata dalla differente prospettiva degli interessi (ma l’epoca di Giolitti fu anche, come mostrano studi recenti sul Parlamento, il tempo di
un’inedita integrazione delle domande periferiche nelle politiche governative nazionali).
Ritornando alla Provincia, nel 1898, proprio alla vigilia della crisi di fine secolo e della
svolta giolittiana, era stato promulgato un nuovo testo unico (con Rd 4 maggio 1898, n. 164),
che aveva in parte riassunto gli emendamenti apportati alla legge Crispi durante la breve stagione dei governi Di Rudinì37. Seguì, nel 1908, il testo unico di Giolitti (Rd 21 maggio 1908, n.
269), comprensivo degli importanti sviluppi intervenuti anche in ambito comunale e provinciale con le leggi sociali d’inizio secolo. In entrambi, stando all’opinione di Gabriele
Amendola, la Provincia veniva “ancora ad essere scemata” rispetto al Comune38. Nel testo
unico del 1908 la Provincia era definita specialmente al Titolo IV (artt. 222-268). Descritta
ancora come un “corpo morale”, con facoltà di possedere e amministrazione propria, era articolata - come in precedenza - su Consiglio e Deputazione. Non cambiavano le competenze né
la composizione degli organi.
4. Il fascismo, gli enti locali e particolarmente la Provincia
Si dovette attendere la guerra, e poi il convulso dopoguerra, perché la Provincia ritornasse
all’ordine del giorno, seppure per essere contestata. Dopo il 1918 (ma già, per la verità, nell’ultimo scorcio dell’età di Giolitti) la questione delle autonomie venne prepotentemente in primo
piano. Cominciò nel 1917 il Partito socialista italiano, nella sua risoluzione intitolata Per la pace
e pel dopoguerra: le rivendicazioni immediate del partito socialista (il documento era frutto congiunto
del gruppo parlamentare, della direzione e del comitato direttivo della CGL), a porre con forza
il tema delle “autonomie”: “È indicativa – scrive in proposito Roberto Ruffilli – l’esclusione delle
autonomie provinciali. Ciò pone in risalto come si abbia di mira lo sviluppo autonomistico solo
degli organismi locali, quali quelli regionali e comunali, atti, per il loro fondamento ‘naturale’
ed i legami con le tradizioni e le esigenze più vive delle masse, a bloccare i poteri centrali ed a
permettere al paese di farsi valere in ogni settore, lasciando invece cadere strutture quali quelle
provinciali, considerate espressioni essenzialmente di interessi di Governo”39.
Ruffilli coglie qui un punto reale. Le province, nel dibattito del dopoguerra, entrarono
come in un cono d’ombra. Nessuna delle principali posizioni che si confrontarono allora sul
tema della riforma delle istituzioni vi fece più di qualche fuggevole riferimento. La dominan-
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
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te attenzione verso la Regione, il nuovo istituto che sembrava accendere più degli altri le discussioni, comportava evidentemente un’attenuazione di interesse per la Provincia. Ancora
Ruffilli richiama la posizione di uno studioso, il Laconi, per il quale la Provincia “è inadeguata
sotto ogni profilo” e avrebbe dovuto dunque essere sostituita, quale ente intermedio, con la
Regione40. Meno drastica fu la posizione del Partito popolare di don Sturzo, la formazione
politica che con maggior coerenza e assiduità propose in quegli anni la questione dell’autonomie come snodo essenziale della vita democratica del Paese: le “unità regionali” furono
poste al centro del programma del Partito, il Comune fu visto, “secondo la più classica tradizione cattolica”, come nucleo o organismo naturale, alla pari con la famiglia; ma la Provincia,
tutt’al più, come un mero centro di interesse economico-sociale41.
Nelle elaborazioni delle commissioni d’indagine promosse nel dopoguerra sulla riforma
amministrativa e sulla crisi delle istituzioni pubbliche, la Provincia fu poco più di un riferimento occasionale42. Il tema era allora piuttosto quello della agonia dello Stato liberale, travolto, prima ancora che dagli inarrestabili movimenti di massa che percorrevano il Paese
reclamando partecipazione e potere, dalla stessa patologia innescata dalla guerra mondiale:
gigantismo degli apparati, “elefantiasi” burocratica, espansione incontrollata delle funzioni.
La regionalizzazione poteva essere – almeno così pensavano alcuni – una delle vie d’uscita.
Altri guardavano alle forme nuove di uno Stato interventista in economia e dotato di incisivi
poteri di pianificazione sociale. Altri ancora (ed erano la maggioranza) semplicemente rimpiangevano lo Stato dell’anteguerra e aspiravano a ritornarvi sia pure attraverso dolorose ma
necessarie “semplificazioni burocratiche”.
Pensò lo squadrismo fascista a risolvere il problema a modo suo. Nel periodo che va dal
1920 al 1923, ma specialmente nel biennio 1921-23, le squadre armate si dedicarono alla sistematica “conquista” degli enti locali, Comuni e Province, specialmente se a maggioranza
“rossa”. Conosciamo le cifre di questa efficace campagna contro la democrazia delle autonomie: nel solo 1923 furono sciolti 561 consigli comunali (281 l’anno precedente)43. Dieci sarebbero, secondo Alberto Aquarone, i consigli provinciali sciolti nel periodo maggio-dicembre di
quello steso anno. Altri 10 “caddero” nel 192444. Decine di enti locali, in tutta la penisola,
dovettero piegarsi sotto la pressione violenta delle squadre. La spedizione “liberatrice”, in
genere condotta con concentrazione di forze, uso di camions e vetture, sfruttamento del fattore sorpresa, armi da fuoco e da taglio, e realizzata senza risparmio di violenza, si concludeva per lo più con la devastazione delle sedi avversarie e di quelle istituzionali, con l’incendio
degli archivi accatastati sul piazzale antistante il palazzo e – immancabilmente – con l’esposizione trionfale del tricolore sul balcone del palazzo pubblico così “conquistato”. L’autorità
avrebbe poi provveduto, secondo un non casuale gioco delle parti, a inviare un commissario
prefettizio e a indire nuove elezioni, puntualmente vinte dai fascisti e dai loro alleati locali.
Intere classi dirigenti periferiche, composte di operosi e stimati dirigenti socialisti, cattolici,
repubblicani, talvolta (più raramente) anche comunisti, vennero in questo modo fisicamente
eliminate dal gioco politico del dopoguerra. Ne derivò – come studi recenti hanno documentato – anche una trasformazione sociale del quadro degli amministratori locali. Un certo dina-
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mismo sociale registratosi nell’immediato dopoguerra, quando gli antichi equilibri notabiliari erano stati qua e là interrotti dall’ascesa elettorale di esponenti dei nuovi ceti legati alla produzione, fu rapidamente vanificato. Alla guida dei comuni e delle province ritornarono spesso gli uomini delle antiche famiglie aristocratiche (è stato scritto che, in sede locale, il fascismo coincise con un ambiguo processo di arretramento dei ceti medi urbani a vantaggio di
queste più antiche élites, con conseguente processo di “nobiliarizzazione” dei gruppi dirigenti). Per un paradosso che non fu neppure troppo isolato, il fascismo, presentatosi come
movimento dei giovani reduci dalla guerra e come forza rivoluzionaria, finì dunque per
accreditare in periferia i vecchi dirigenti dell’anteguerra.
Nel campo delle autonomie locali il nuovo governo agì rapidamente e con determinazione. Si verificò tuttavia qualcosa di analogo a quanto era successo nel più generale settore della
pubblica amministrazione e della burocrazia statale. Come le riforme volute dal ministro delle
Finanze De Stefani nel 1923-24 non avevano fatto altro che rafforzare le tendenze autoritarie
già insite nell’ordinamento italiano del pubblico impiego, così non vi fu una riforma propriamente “fascista” degli enti locali. Il fascismo puntò dapprima ad assumere il controllo di
comuni e province, ciò che fece attraverso la violenza prima e i prefetti poi. Ma quando si trattò di avviare una nuova forma di ordinamento delle autonomie, sembrò in qualche modo
segnare il passo. Ha scritto in proposito Ettore Rotelli, lo storico che più di tutti ha chiarito il
problema, che “quella che pure passa alla storia come la prima riforma fascista della legge
comunale e provinciale, cioè il decreto 30 dicembre 1923, n. 2839”, non introdusse affatto
“modifiche significative” al testo unico precedente (quello del 1915, l’ultimo dell’età liberale),
ma si collocò in piena continuità con gli indirizzi dell’età liberale, tutt’al più apportandovi un
perfezionamento tecnico45.
Ciò che il fascismo realizzò – e il passaggio non è certamente da sottovalutare – fu di sopprimere la democrazia elettorale negli enti locali. Ciò fu fatto in nome di una concezione che
veniva di lontano (dal cuore stesso di un liberalismo conservatore e paternalista che mal sopportava il protagonismo democratico dei comuni e delle province). Si disse (e si tentò anche
di argomentare) che comuni e province dovevano svolgere funzioni essenzialmente amministrative, svolgendo compiti delegati ad essi dallo Stato, unico titolare della sovranità. Questa
teoria, che fu detta “autarchia” (la parola voleva cancellare l’altra, “autonomia”, giudicata
pericolosa) vedeva comuni e province non come “enti naturali”, tanto meno come soggetti
autonomi pre-esistenti allo Stato: ma piuttosto come creazioni dello Stato, sue articolazioni, in
tanto vivi e operanti in quanto lo “Stato creatore” avesse loro conferito attraverso il proprio
“soffio creatore” parte delle proprie prerogative. La politica, secondo una concezione che
forse non era solo fascista ma apparteneva più latamente alla tradizione della destra d’Ancien
Régime, era vista come una turbativa. Bene amministrare, adoperando la diligenza del buon
padre di famiglia, sarebbe bastato. Le “divisioni” introdotte dalla politica non avrebbero che
potuto nuocere alla serenità delle comunità locali.
Da questo complesso di idee derivò nel 1926 la riforma podestarile del Comune. Essa – come
si legge in uno dei tanti vademecum diramati per propagandarla – voleva colpire “il falso con-
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cetto dell’autonomia locale”, l’idea che il potere locale potesse essere rivolto contro lo Stato46.
Ripescando il nome “podestà” dalle memorie del Rinascimento la legge47 prevedeva che questa figura, sostitutiva dei poteri del sindaco e del consiglio comunale, fosse non più eletta ma
nominata dall’alto, nella persona di un funzionario onorario (un non professionista della politica, dunque) strettamente controllato dal Prefetto. Accanto al podestà la consulta municipale
aveva compiti consultivo ed era formata, sempre senza elezioni, tra i cittadini più in vista.
Si trattava, naturalmente, di un passo indietro notevolissimo, che abrogava in pratica la
democrazia comunale, e cioè quella che era stata per decenni la fucina di formazione di parte
della classe dirigente. Ma formalmente l’autonomia comunale in quanto tale non era toccata.
Il Comune restava cioè anche nel nuovo ordinamento “ente autarchico”, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico distinta da quella dello Stato. Ciò – sia detto per inciso – vanificava la richiesta di una parte della cultura giuridica più prossima al fascismo (giuristi forse
non di primo piano ma comunque influenti) che aveva richiesto tout court di abolire l’autonomia giuridica per rafforzare il monopolio assoluto dello Stato.
Nel 1928, con legge apposita48, si provvide a una riforma analoga anche per la Provincia.
Quest’ultima sarebbe stata retta da un “preside”, nominato con decreto reale per 4 anni e
riconfermabile: e da un “rettorato”, “organo collegiale di amministrazione attiva e consultiva
composto di membri, ordinari e supplenti, nominati dal ministro dell’Interno per 4 anni”49.
Merita qui d’essere richiamata la voce Provincia che Roberto Vuoli scrisse nel 1942 per l’autorevole Dizionario di politica edito a cura del Pnf. “Alla riforma del comune, attuata con l’istituzione del podestà e della consulta municipale – esordiva Vuoli –, è seguito il riordinamento dell’amministrazione provinciale, basato egualmente sul sistema della nomina governativa degli organi amministrativi e determinato dalle stesse ragioni che s’imposero al legislatore fascista per sottrarre, come per i comuni, anche le province alle competizioni locali. Per
lungo tempo si discusse se la provincia dovesse conservarsi od abolirsi, ritenendosi da molti
un organismo artificiale non rispondente ai reali bisogni dell’amministrazione locale; o se
dovesse invece sostituirsi con la regione […]. Il governo fascista, con l’istituzione delle province di Trieste e dell’Istria, di Zara, di Trento, di Ionio, di La Spezia e del Carnaro manifestò
l’intendimento di conservare l’ente-provincia; e tale proposito ha riconfermato istituendone
altre, come le province di Littoria, di Asti e di Bolzano, mentre è stata soppressa quella di
Caserta e sono state riordinate alcune circoscrizioni provinciali”50.
Il cenno di Vuoli alle “nuove province” coglieva uno dei tratti inediti della politica fascista
verso la periferia. In effetti, vuoi per integrare aree di confine o etnicamente “a rischio”, vuoi
per potenziare le nascenti “città del littorio” e i nuovi centri della bonifica integrale, vuoi infine per rispondere ad effettivi disagi della popolazione (come era avvenuto ad esempio nel
1927 con la creazione in Sardegna della provincia di Nuoro), il regime avrebbe mostrato molta
attenzione al tema del reticolo amministrativo periferico. La provincia, intesa non come ente
ma come circoscrizione amministrativa, assumeva nella politica del regime una sua rilevanza
peculiare. Era appunto nel capoluogo di provincia che si intrecciavano i molti fili del nuovo
disegno amministrativo “allargato”: non più soltanto la tradizionale linea di collegamento
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rappresentata dal continuum ente locale-prefetto-ministero dell’Interno-Governo, ma una molteplicità inedita di linee di collegamento. Nel capoluogo provinciale, al palazzo pubblico, sede
della Provincia e della Prefettura, e al palazzo municipale, sede del Comune sotto guida podestarile, si aggiungevano adesso nuove e influenti palazzi: quello del partito, innanzitutto,
gestore negli anni Trenta di politiche pubbliche svariate e destinatario di una larga parte dei
finanziamenti che dal centro confluivano verso la periferia; e poi quelli dei grandi enti pubblici (l’Inps, e dunque le politiche previdenziali; gli enti ricreativi e propagandistici; gli enti di
assistenza e tutela dei lavoratori; gli enti di propaganda e mobilitazione); e ancora quelli dei
sindacati prima e delle corporazioni poi. La scelta fondamentalmente centralistica che caratterizzò le istituzioni fasciste non escluse tuttavia che nel ventennio il potere tendesse a diramarsi verso le periferie, trovando forme di penetrazione inedite e istituendo canali nuovi di
trasmissione che finirono per rappresentare forme originali di integrazione nazionale.
Ciò modificò largamente il modello di vita stessa della provincia, anche se naturalmente
in modo diverso da regione a regione (e con una grande differenza, storico-culturale, tra Nord
e Sud del Paese). La città capoluogo mutò aspetto. Il centro urbano fu dominato dalla nuova
edilizia del regime, dalle forme monumentali e marmoree dei palazzi del nuovo potere.
L’espansione dei centri capoluogo (che vi fu, in connessione con l’infittirsi del reticolo amministrativo e dunque con le funzioni loro affidate) fu generalmente orientata da una sequenza
di piani regolatori urbani, mentre il diritto amministrativo veniva affinando gli strumenti
moderni del governo dell’urbanistica. La vita stessa della provincia si assestò su ritmi forse
più borghesi, separandosi maggiormente dalla realtà rurale circostante e identificandosi di
più (anche per effetto dei nuovi media, principalmente la radio) con i modelli di comportamento e di costume della grande città. Vi fu insomma, durante il fascismo, un momento di
“nazionalizzazione” della vita pubblica e privata degli italiani, cui concorsero anche le ritualità del regime e in generale la sua martellante presenza in ogni angolo del Paese. Ciò non
tolse che – come ebbe a dimostrare nel suo libro Carlo Levi – “Cristo si fermasse ad Eboli”,
cioè che la “nazionalizzazione” trovasse, specie nel Sud, invincibili e ataviche resistenze culturali. Ma il fenomeno si sviluppò ugualmente in larga parte del Paese, e va registrato come
uno dei passaggi chiave della modernizzazione degli italiani.
Nel 1934 fu varato il nuovo testo unico delle leggi comunali e provinciali. L’iter preparatorio fu affidato, com’era prassi, alla burocrazia del Ministero dell’Interno (vi operava ancora
l’anziano direttore generale di Giolitti Alberto Pironti, che anzi in questo testo unico e nel coevo
sulla finanza locale, apportò tutto il peso della sua preziosa esperienza). La “filosofia” che ispirò il nuovo “codice dei comuni e delle province” fu quella tradizionale. Furono esaltati i poteri del Prefetto (che Mussolini, per parte sua, aveva proclamato nella celebre circolare del 5 gennaio 1927, “la più alta autorità della Provincia”)51, cambiò ancora la composizione della giunta
provinciale amministrativa (con l’inclusione di tre membri di derivazione Pnf), fu rafforzato il
legame tra enti locali e Ministero dell’Interno. Frattanto (1928) erano stati statizzati i segretari
comunali e provinciali, con il chiaro intento di imporre nei rispettivi enti una figura di fiducia
del Governo, che potesse agire da controllore e, come si è anticipato, era stato varato il testo
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unico sulla finanza locale (1931)52, che tra l’altro inserì il sistema cruciale dei “fondi di integrazione” (lo Stato interveniva, discrezionalmente, a integrare le entrate dell’ente locale) accompagnandolo ad una netta riduzione dell’autonomia tributaria di comuni e province. Si realizzò
così quella dipendenza finanziaria maggiore (il potere di borsa nelle mani dello Stato, separato da quello di investimento), che fu una delle caratteristiche dell’intero sistema durante il
fascismo. A questa scelta corrispose anche la progressiva estensione delle spese obbligatorie,
con automatica riduzione di quelle facoltative: comuni e province erano così sempre più
schiacciati nella loro funzione di esecutori delle politiche economiche decise dal centro53.
Nel 1934 era stato anche emanato il nuovo testo unico delle leggi sanitarie54, che disciplinò
ulteriormente i servizi di assistenza e profilassi di competenza della Provincia55. La Provincia
gestiva i laboratori di igiene e profilassi (sotto la responsabilità del medico provinciale) ed
aveva facoltà di integrare questi servizi istituendo e sussidiando condotte sanitarie, dispensari specializzati ecc. Particolari competenze erano previste nella prevenzione antimalarica (era
istituito un comitato provinciale ad hoc) e nella lotta alla tubercolosi (erano formati i consorzi
provinciali antitubercolari, enti morali autonomi ma amministrati da comitati presieduti dai
presidenti delle province). In quest’ultimo campo la Provincia era chiamata a collaborare con
la sede provinciale dell’Inps, il grande istituto preposto in origine all’erogazione delle pensioni operaie e divenuto durante il fascismo l’ente cardine del sistema dell’assistenza pubblica.
5. Conclusioni: il lungo dopoguerra della Provincia
La nuova Costituzione della Repubblica, entrata in vigore il 1 gennaio 1948, riconobbe alla
Provincia funzioni sue proprie. All’art. 114 stabilì che “La Repubblica si riparte in Regioni,
Province e Comuni”; all’art. 128 che “Le Province, i Comuni sono enti autonomi nell’ambito
del principi fissati da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le funzioni”; all’art.
129 che “Le Province e i Comuni sono anche circoscrizioni di decentramento statale e regionale” e che “Le circoscrizioni provinciali possono essere suddivise in circondari con funzioni
esclusivamente amministrative per un ulteriore decentramento”.
L’esperienza della Provincia negli anni della ricostruzione del Paese, dopo la fine della
seconda guerra mondiale, non si discostò dalle linee di una sostanziale continuità con il passato. Restando inattuato il disegno di riforma su base regionale dello Stato (le Regioni a statuto ordinario furono concretamente attuate solo alla metà degli anni Settanta), restò di fatto
alla Provincia uno spazio istituzionale libero, tra i Comuni e lo Stato, nel quale esercitare utilmente la sua azione. Problemi più seri di sopravvivenza si posero però quando fu posto mano
alla realizzazione delle Regioni (da più parti si chiese allora la semplificazione del quadro
delle autonomie locali attraverso la soppressione dell’ente Provincia). Il reticolo provinciale
resse bene l’urto del “secondo decollo industriale” del Paese (gli anni Cinquanta, caratterizzati nella loro seconda parte dal cosiddetto “miracolo economico”) e anche l’impatto con le
grandi trasformazioni economiche che negli anni Sessanta mutarono il volto del Paese, a
26
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
cominciare dall’inversione del tradizionale rapporto città-campagna e dall’estensione delle
aree industrializzate e urbane. In termini di classi dirigenti, i consigli provinciali furono, nell’esperienza del dopoguerra, il primo banco di prova di giovani esponenti del ceto politico
con ambizioni nazionali. I partiti di massa, così come pervasero della loro presenza tutto il tessuto istituzionale, divennero anche formatori di personale dirigente provinciale. Nei capoluoghi di provincia del resto si insediarono pressoché in tutti i casi gli organismi provinciali
dei partiti, a loro volta collegati organicamente a quelli nazionali e a quelli comunali56. La
Provincia dunque si confermò la cerniera fondamentale della vita pubblica del Paese, l’anello di collegamento indispensabile tra la dimensione “nazionale” e la dimensione “locale”.
Gli anni più recenti hanno visto un ulteriore complicarsi del panorama istituzionale. Il tradizionale (e lineare) rapporto centro-periferia appartiene oggi al passato, non essendo possibile concepire due piani distinti, gerarchicamente ordinati e reciprocamente comunicanti in
senso verticale. Operano oggi sullo stesso territorio una molteplicità di soggetti, pubblici,
parapubblici o privati ma con funzioni pubbliche di fatto; e la dialettica istituzionale è rappresentata dalle loro reciproche, continue intersezioni. Il quadro, per altro, è complicato dalla
sempre più intensa e immanente presenza delle istituzioni europee (nei cui confronti enti
locali e Regioni sono perennemente in necessaria relazione) e dai processi di trasformazione
intervenuti nel tessuto ordinamentale dello Stato, principalmente con la riscrittura del Titolo
V della Costituzione57.
L’autonomia delle province, intanto, era stata ribadita dalla legge n. 142/1990 sull’ordinamento degli enti locali, il cui art. 2 stabiliva (e stabilisce tuttora): “Le comunità locali, ordinate in Comuni e Province, sono autonome”58.
Un autore che recentemente ha dedicato al tema una nitida pagina di sintesi (Sergio
Lariccia) ha così sunteggiato le funzioni attuali della Provincia, sulla base della legge del 1990:
“a) difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell’ambiente e prevenzione delle calamità; b) tutela e
valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche; c) valorizzazione dei beni culturali; d) viabilità e
trasporti; e) protezione della flora e della fauna, parchi e riserve naturali; f) caccia e pesca nelle acque
interne; g) organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento, disciplina
e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore; h) servizi sanitari, di
igiene e di profilassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale; i) compiti connessi alla
istruzione secondaria di secondo grado e artistica e alla formazione professionale, vcompresa l’edilizia scolastica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale; l) raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali”59.
È un cospicuo grappolo di funzioni, in parte “storiche”, in parte “di risulta” (cioè attribuite alla Provincia per non poter essere attribuite ad altri soggetti istituzionali). Ma quel che
conta, nella fase nuova che si è aperta per le istituzioni, non è più tanto la quantità delle funzioni quanto piuttosto la capacità di “fare rete”, cioè di dialogare e di interagire con gli altri
soggetti presenti nella realtà territoriale60.
Ed è qui, su questo specifico terreno, che si giocherà in futuro la possibilità per la
Provincia, forte dei suoi oltre centocinquant’anni di vita, di svolgere un ruolo proprio.
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
27
NOTE
1
Guido Melis è professore di storia dell’amministrazione pubblica presso l’Università dei Roma “La Sapienza”.
G. Amendola, La Provincia e l’Amministrazione provinciale, Roma, Athenaeum, 1915, p. 11. L’opera era la dissertazione presentata da Amendola per il conseguimento della libera docenza. Lo stesso autore avrebbe poi firmato il saggio sulla provincia nel Primo trattato completo di diritto amministrativo italiano a cura di V. E. Orlando (vol. II, parte 3°,
Milano, Società editrice libraria, 1935), pp. 3 ss.
2
3
Dal 1897, ad opera di Vittorio Emanuele Orlando, era iniziata la pubblicazione in fascicoli del Trattato di diritto
amministrativo, poi in volumi a partire dal 1900 con il titolo di Primo trattato completo di diritto amministrativo.
L’osservazione non è mia, ma di Enrico Gustapane, nella sua bella relazione durante il recente convegno di Lecce
(promosso dall’Upi e dalla Società per gli studi di storia delle istituzioni nel dicembre 2002) sulla storia delle province
italiane. Gli atti sono in corso di pubblicazione per la cura di Fabio Grassi Orsini.
4
L. 23 ottobre 1859, n. 3702. In generale A. Petracchi, Le origini dell’ordinamento comunale e provinciale italiano. Storia
della legislazione piemontese sugli enti locali dalla fine dell’antico regime al chiudersi dell’età cavouriana, Vicenza, Neri Pozza,
1962.
5
6
Il Governatore (che come si vedrà era in parte un antecedente del Prefetto, istituito di lì a due anni) rappresentava il pitere esecutivo nella provincia, esecitava le attribuzioni dell’autorità amministrativa, si preoccupava di pubblicare ed eseguire le leggi, vegliava su tutto l’apparato delle istituzioni nella provincia, sovrintendeva alla pubblica sicurezza con il diritto di disporre della forza pubblica. Il Governatore dipendeva direttamente dal Ministero dell’Interno.
Il Vice-Governatore supplica il Governatore in caso di assenza. Il Consiglio di governo esercitava “le attribuzioni giurisdizionali che gli sono commesse dalle leggi”, esprimeva pareri su richiesta del Governatore o nei casi prescritti da
leggi e regolamenti. Si componeva di almeno 5 consiglieri ed era presieduto dal Governaore (artt. 2-7).
7
Cfr. sulle competenze specialmente l’art. 165, donde sono tratte le citazioni.
Sulle origini e l’evoluzione dell’istituto prefettizio (ed anche sulle differenze dal modello francese) cfr. E.
Ragionieri, Politica e amministrazione nella storia dell’Italia unita, Bari, Laterza, 1967; P. Casula, I prefetti nell’ordinamento italiano. Aspetti storici e tipologici, Milano, Isap-Giuffrè, 1972; A Porro, Il prefetto e l’amministrazione periferica in Italia.
Dall’intendente subalpino al prefetto italiano (1842-1871), Milano, Isap-Giuffrè, 1972; A. Aquarone, Accentramento e prefetti nei prini anni dell’Unità, poi riedito insieme ad altri scritti in Alla ricerca dell’Italia liberale, Napoli, Guida, 1972; S.
Cassese, Il prefetto nella storia amministrativa, in “Rivista trimestrale di didritto pubblico”, 1983, n. 4, pp. 1449 ss.; e
soprattutto R. C. Fried, Il Prefetto in Italia, Milano, Giuffrè, 1984, che faceva seguito all’edizione in lingua inglese del
1963. Molto utili le rassegne di E. Gustapane, I prefetti dell’unificazione amministrativa nelle biografie dell’archivio di
Francesco Crispi, in “Rivista trimestrale di diritto pubblico”, 1984, n. 4, pp. 1034-1101; Le fonti per la storiografia dei prefetti, in “Storia Amministrazione Costituzione. Annale dell’Isap”, 1993, n. 1, pp. 245-279; e Sulla storia del prefetto, in
“Le Carte e la Storia”, I, 1995, n. 1, pp. 18-27.
8
Per questi provvedimenti cfr. G. De Cesare, L’ordinamento comunale e provinciale in Italia dal 1861 al 1942, in Storia
amministrativa delle province lombarde, Milano, Giuffrè-Isap, 1977, specie pp. 12 ss. In Toscana la legge Rattazzi non fu
applicata se non parzialmente.
9
10
Qui e altrove rinvio a G. Melis, Storia dell’amministrazione italiana (1861-1993), Bologna, Il Mulino, 1996. Da vedere
anche Id., La burocrazia, Bologna, Il Mulino, 1998.
Sopra l’ordinamento amministrativo del Regno d’Italia. Discorso di Ernesto D’Amico, Palermo, Stabilimento tipografico di Francesco Lao, 1861.
11
12
Ivi, pp. 6-7.
13
La definizione è di G. Rebuffa, La formazione del diritto amministrativo in Italia. Profili di amministrativisti preorlandiani, Bologna, Il Mulino, 1981; ma vedi anche G. Cianferotti, Storia della letteratura amministrativistica italiana. I.
Dall’Unità alla fine dell’Ottocento. Autonomie locali, amministrazione e costituzione, Milano, Giuffrè, 1998.
14
R. Ruffilli, La questione regionale cit., pp. 12-13.
15
Ivi, pp. 15-16.
28
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
16
Ivi, p. 15 nota. Su tutto il dibaqttito è fondamentale C. Pavone, Amministrazione centrale e amministrazione periferica. Da Rattazzi e Ricasoli (1859-1866), Milano, Giuffrè, 1964;
Traggo la citazione da V. Pacifici, La Provincia nel Regno d’Italia, Roma, Gruppo editoriale internaizonale. Istituto
per la storia del Risorgimento italiano, 1995, p. 22. Minghetti presentò 4 progetti, che avrebbero, se approvati, costituito una base coerente di fondazione del nuovo Stato nelle sue articolazioni periferiche: il primo, appunto, sulla
ripartizione del Regno e sulle autorità governative; il secondo sull’amministrazione provinciale e comunale; il terzo
sui consorzi; il quatro sull’amministrazione regionale. Cfr. in generale la puntuale ricostruzione di G. De Cesare, La
formazione dello Stato unitario (1860-1871), Milano, Giuffrè, 1978, pp. 20 ss.,
17
18
Tra le molte opere sull’argomento cfr. R. Gherardi, Le autonomie locali nel liberismo italiano (1861-1900), Milano,
Giuffrè-Isap, 1994.
Sull’esperienza della legge del 1865 restano fondamentali i saggi raccolti nei volumi Le province, a cura di A.
Amorth, Vicenza, Neri Pozza, 1968, e I Comuni, a cura di M. S. Giannini, Vicenza, Neri Pozza, 1967, entrambi con interessanti saggi sull’argomento.
19
20
Sulla insopprimibile vocazione di quella classe dirigente postunitraia all’uniformità ha scritto pagine fondamentali Roberto Ruffilli (cfr. Id., Problemi dell’organizzazione amministrativa dell’Italia liberale [1971], ora in Istituzioni società
stato. Scritti di politica e di storia di Roberto Ruffilli, a cura di G. Nobili Schiera, vol.I, Il ruolo delle istituzioni amminustrative nella formazione dello Stato in Italia, a cura di M. S. Piretti, Bologna, Il Mulino, 1989, pp. 365 ss.
21
Su questa legge e sulle successive in materia elettorale, è fondamentale P.L. Ballini, Le elezioni nella storia d’Italia
dall’Unità al fascismo. Profilo storico-statistico, Bologna, Il Mulino, 1988; cfr. anche M. S. Piretti, Le elezioni politiche in
Italia dal 1848 ad oggi, Roma-Bari, Laterza, 1995. Secondo i dati di Ballini gli elettori amministrativi nel 1865-66 erano
in totale 999.001 (su una popolazione di 21.777.334; gli elettori politici erano 465.488). Essi erano divisi in 892.378 elettori in virtù delle contribuzioni dirette pagate; 98.398 per titoli e capacità (fra questi c’erano gli impiegati dello Stato);
763 per maggiori importi aggiunti; 7462 per delegazione (cfr. la tab. 3, p. 59).
Erano tali, secondo l’Allegato F della stessa L. 20 marzo 1865, n. 2248 (lavori pubblici): a) quelle di diretta comunicazione tra capoluoghi di provincia; b) quelle tra capoluogo di provincia e capoluoghi di circondario; c) quelle tra
capoluogo di provincia o capoluoghi di circondario e porti marittimi più vicini e importanti; d) quelle “riconosciute
di molta importanza per le relazioni industriali, commerciali e agricole”. L’elenco delle strade provinciali, compilato
di anno in anno da consigli provinciali, era approvato per decreto reale, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici ed il Consiglio di Stato in caso di reclami a parte di comuni.
22
In base alla legge del 1865 (Allegato A) il prefetto riceveva i processi verbali delle deliberazioni del Consiglio provinciale entro otto giorni dalla data della riunione; esaminava se le deliberazioni fossero regolari nella forma, se rientrassero nelle competenze del Consiglio e se fossero conformi alla legge; se non le annullava le deliberazioni diventavano esecutive trascorso un termine, ma l’approvazione del prefetto era però necessaria alla validità delle deliberazioni quando queste riguardavano particolari materie (espressamente elencate). Erano sottoposte ad approvazione
anche tutte le deliberazioni vincolanti i bilanci della Provincia per più di cinque esercizi e quelle relative alla creazione di stabilimenti pubblici a spese della provincia (artt. 190 ss.).
23
24
Il passo è citato in V. Pacifici, La Provincia cit., p. 29.
P.L. Ballini, Le elezioni cit., pp. 91 ss. Sul rapporto tra elettorato politico e elettorato amministrativo Ballini aggiunge che nel 1870 il primo era la metà del secondo: 530.018 aventi diritto al voto politico, contro 1.267.349 iscritti alle
liste elettorali amministrative.
25
Molti spunti al proposito sono in F. Galluccio, Il ritaglio impossibile. Lettura storico-geografica delle variazioni territoriali del Lazio dal 1871 al 1991, pref. di L. Gambi, Roma, Dei.Tipografia del Genio civile, 1998, ove cfr. il saggio della
Galluccio, ricco di interessanti riflessioni storiche utilizzabili anche per altri contesti.
26
V. Pacifici, La Provincia cit., p. 31. La cit. è tolta da Scritti e discorsi politici di Francesco Crispi (1849-1920), TorinoRoma, Troux e Viarengo, s.i.a., p. 576.
27
L. 30 dicembre 1888, n. 5965, poi nel t.u. approvato con Rd 10 febbraio 1889, n. 5921. Cfr. per esteso G. Melis, Storia
dell’amministrazione cit., pp. 152 ss.
28
29
Rd 10 febbraio 1889 cit., art. 10.
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
29
30
Sul punto O. Gaspari, L’Italia dei municipi. Il movimento comunale in età liberale (1879-1906), Roma, Donzelli, 1998.
A. Bruno, Guida degli impiegati nelle Amministrazioni comunali e provinciali nel disrbrigo degli affari periodici giusta le
disposizioni in vigore, Napoli, Casa editrice E. Pietrocola, 1891.
31
G. Melis, Amministrazione e mediazione degli interessi: le origini delle amministrazioni parallele, in “Archivio Isap”, n.s.,
n.3, t. II, Giuffrè, Milano, 1985, pp.1429 ss.
32
33
Ibidem. Cfr. anche Id., Storia dell’amministrazione cit., pp. 240-246.
G. Melis, Amministrazioni speciali e Mezzogiorno nell’esperienza dello Stato liberale, in “Studi storici”, XXXIV, 1993,
n.2-3, pp.463 ss.
34
35
Op. cit., pp. 83 ss.
S. Cassese, G. Melis, Lo sviluppo dell’amministrazione italiana (1880-1920), in “Rivista trimestrale di diritto pubblico”, 1990, n.2, pp. 333 ss.
36
37
Su quest’ultimo leader e sulla sua politica per gli enti locali, cfr. specialmente A. Rossi Doria, Per una storia del
“decentramento conservatore”: Antonio Di Rudinì e le riforme, in “Quaderni storici”, VI (1971), n. 18.
G. Amendola, La Provincia cit., p. 203: “nel testo unico […] la vitalità e l’attività dell’amministrazione provinciale propriamente detta, in confronto di quella che le era stata riconosciuta nella legge 20 marzo 1865, appare dunque
diminuita, nonostante che la sua struttura formale sia pressoché la stessa, e sia rimasta inalterata la circoscrizione
amministrativa del Reno”.
38
39
R. Ruffilli, La questione regionale cit., pp. 259-260.
40
Ivi, p. 272. Cfr. G. Laconi, La riforma delle amministrazioni locali, Savona, 1918.
41
Ivi, pp. 274-275.
Camera dei Deputati. Segretariato genrale, Le inchieste parlamentari e governative sul problema della burocrazia nel
primo dopoguerra italiano, a cura dell’Istituto per la scienza dell’amministrazione pubblica, Roma, Camera dei
Deputati, 1969.
42
Il dato in L. Ponziani, Il fascismo dei prefetti. Amministrazione e politica nell’Italia meridionale. 1922-1926, Catanzaro,
Meridiana libri, 1995, pp. 18 ss.
43
44
A. Aquarone, L’organizzazione dello Stato totalitario, Torino, Einaudi, 1965, p. 35.
E. Rotelli, Le trasformazioni dell’ordinamento comunale e provinciale durante il regime fascista, ora in Id., L’alternativa
delle autonomie. Istituzioni locali e tendenze politiche nell’Italia moderna, Milano, Feltrinelli, 1978, pp. 177 ss.
45
S. Molinari, Il Podestà e la Consulta Municipale, Milano, Pirola, 1926, p. 15. In generale G. Melis, Storia dell’amministrazone cit., pp. 345-346.
46
L. 4 febbraio 1926, n. 237. Inizialmente limitata ai comuni con popolazione sino ai 5.000 abitanti, qualche mese
dopo, con il Rdl 3 settembre 1926, n. 1910, fu estesa a tutti i comuni del Regno.
47
48
L.27 dicembre 1928, n. 2962.
Cfr. la voce Provincia scritta da R. Vuoli per il Dizionario di politica, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana- Pnf,
1942, III, pp. 571-73 (la cit. a p. 572).
49
50
Ivi, pp. 571-572.
Sul punto G. Melis, Storia dell’amministrazione cit., specialmente p. 350 ma in genere passim, per il tema dell’influenza del prefetto.
51
52
Rd. 14 settembre 1931, n. 1175.
53
G. Melis, Storia dell’amministrazione cit., pp. 349-350.
54
Rd. 27 luglio 1934, n. 1265.
“Centro di tali servizi può dirsi il laboratorio di igiene e profilassi impiantato nel capoluogo, che può avere una
o più sezioni distaccate nei comuni della Provincia […]. Le spese relative sono per un terzo a carico della Provincia e
per due terzi a carico dei comuni”: cfr. R. Malinverno, Provincia (diritto vigente), in Novissimo digesto italiano, vol. XIV,
Torino, Utet, 1967, ad vocem.
55
30
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
Sul punto non esistono purtroppo ancora molte indagini. Tra quelle a disposizione, cfr. la ricerca triennale su
“Ceti dirigenti elettivi nel primo decennio della Repubblica”, svolta tra il 1986 e il 1988 dagli Istituti storici della
Resistenza del Piemonte sotto il patrocinio di quel Consiglio regionale, del Comune di Torino, della Provincia di
Torino, della Provincia di Cuneo e dell’Università di Torino. La ricerca analizza 4600 biografie di consiglieri comunali e provibciali eletti in 83 comuni piemontesi alle amministrative del 1946 e 1951. L’identikit che ne derica è così
riassumibile in estrema sintesi: è una classe quasi esclusivamente maschile, relativamente giovane (quasi metà sono
30/40enni), amministrativamente inesperta, di livello culturale in prevalenza basso, autoctona e caratterizzata da un
basso grado di mobilità, fatta di lavoratori dell’agricoltura (il 40,1% manuali) e di operai. Cfr. su tutto Dalla
Liberazione alla Repubblica: i nuovi ceti dirigenti in Piemonte, a cura di G. De Luna, Milano, Franco Angeli-Regione
Piemonte, 1987. Interessanti come banche dati sono anche Provincia di Firenze, La Provincia di Firenze e i suoi amministratori dal 1860 ad oggi, a cura di S. Merendoni e G. Mugnaini, ricerca di M. Carrai e P. Ciampi, saggio storico di G.
Pansini, Firenze Olschki, 1996; e, Istituto storico provinciale della Resistenza di Bologna, Amministratori di provincia.
Consiglieri, asessori e sindaci bolognesi dal 1946 al 1970: riflessioni e materiali, a cura di L. Baldissara e S. Magagnoli,
Bologna, Istituto storico provinciale della Resistenza, 1992. Per i periodi precedenti, Università degli studi di Lecce.
Dipartimento di scienze storicje, geografiche e sociali, Per una storia delle Amministrazioni Provinciali Pugliesi. La
Provincia di Terra d’Otranto (1861-1923). Ricomposizione delle fonti e costruzione di una banca dati, a cura di M. De Giorgi,
Manduria, Lacaita, 1994;
56
Il processo di riforma è – come noto – tuttora in fieri. Una prima sintesi , oggi tuttavia già in parte superata, è Lo
Stato autonomista. Funzioni statali, regionali e locali nel decreto legislativo n. 112 del 1998 di attuazione della legge Bassanini
n. 59 del 1997, commento a cura di G. Falcon, Bologna, Il Mulino, 1998.
57
Cfr. in proposito S. Lariccia, Diritto amministrativo, Padova, Cedam, 2000, p. 277, cui si rimanda anche per ulteriori specificazioni sugli aspetti attuali.
58
59
Ivi, p. 279.
Per esempio operando per accordi (in base alla L. n. 241 del 1990). Si ricorda che il decreto legislativo n. 267 del
2000 prevede specificamente la possibilità di convenzioni tra Comuni e Province “al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati”. “Governare per accordi” sembra essere, più in generale, il futuro degli enti
locali.
60
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
31
Istituzioni storiche del territorio lombardo
e profili istituzionali: la Provincia di Brescia
nella descrizione del database regionale Civita
Provincia di Brescia 1859 – [1971]
Nel 1859 la provincia di Brescia era costituita dai seguenti circondari:I di Brescia; II di
Chiari; III di Breno; IV di Salò; V di Castiglione; VI di Verolanuova.
– Il circondario I di Brescia comprendeva i mandamenti I di Brescia; II di Brescia; III di
Brescia; IV di Rezzato; V di Bagnolo; VI di Ospitaletto; VII di Gardone; VIII di Bovegno; IX
di Iseo; X di Lonato.
– Il circondario II di Brescia comprendeva i mandamenti I di Chiari; II di Adro; III di
Orzinuovi.
– Il circondario III di Breno comprendeva i mandamenti I di Breno; II di Edolo.
– Il circondario IV di Salò comprendeva i mandamenti I di Salò, II di Gargnano; III di
Vestone; IV di Preseglie.
– Il circondario V di Castiglione comprendeva i mandamenti I di Castiglione; II di
Montechiaro; III di Asola; IV di Volta; V di Canneto.
– Il circondario VI di Verolanuova comprendeva i mandamenti I di Verolanuova; II di Leno.
Nel 1859 la provincia di Brescia comprendeva 255 comuni. Nel 1867 la provincia di Brescia
comprendeva 308 comuni. Nel 1868 dalla provincia di Brescia venne staccato il comune di
Ostiano, aggregato alla provincia di Cremona e i seguenti comuni passati a far parte della
nuova provincia di Mantova: Acquanegra sul Chiese, Asola, Canneto sull’Oglio, Casalmoro,
Casaloldo, Casalpoglio, Casalromano, Castel Goffredo, Castiglione delle Stiviere, Cavriana,
Ceresara, Goito, Guidizzolo, Mariana Mantovana, Medole, Monzambano, Piubega,
Redondesco, Solferino e Volta Mantovana. Nel 1871 dalla provincia di Brescia venne staccato
il comune di Volongo, aggregato alla provincia di Cremona.
Nel 1924 la provincia di Brescia era costituita dai circondari di Breno; Brescia; Chiari; Salò;
Verolanuova. Nel 1924 la provincia di Brescia comprendeva 280 comuni. Nel 1934 alla provincia di Brescia venne aggregato il comune di Valvestino, precedentemente denominato
Turano, staccato dalla provincia di Trento.
[C. Ant.]
In: Lombardia Storica, Civita: Le istituzioni storiche del territorio lombardo / Regione
Lombardia, Università degli studi di Pavia, Archivio di Stato di Milano. 2002-2004.
http://plain.unipv.it/civita. [9 marzo 2005].
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
33
Tabella riassuntiva dei circondari della provincia di Brescia allegata alla Legge Rattazzi del 1859.
34
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
Le cariche amministrative
Elenco dei Presidenti, Vice-Presidenti e Segretari
della Provincia di Brescia 1860-2004 e relative note
ANNO
CARICHE
1860
Nicolini avv. Gio. Battista
Fenaroli conte Ippolito
Basiletti dott. Francesco
Nicolini avv. Gio. Battista
Fenaroli conte Ippolito
Oldofredi conte Orazio
date rilevanti
o elezioni amministrative
[vedi NOTA 1]
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Vice-Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
23 febbraio
23 febbraio
23 febbraio
10 settembre
10 settembre
10 settembre
1860
1860
1860
1860
1860
1860
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
2 settembre
2 settembre
2 settembre
1861
1861
1861
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
1 settembre
1 settembre
1 settembre
1862
1862
1862
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
7 settembre
7 settembre
7 settembre
1863
1863
1863
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
5 settembre
5 settembre
5 settembre
1864
1864
1864
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
4 settembre
4 settembre
4 settembre
1865
1865
1865
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
3 settembre
3 settembre
3 settembre
1866
1866
1866
1861
Martinengo Villagana conte Giovanni
Caprioli conte Tartarino
Oldofredi conte Orazio
1862
Martinengo Villagana conte Giovanni
Capra avv. cav Carlo
Mazzoni dott. Francesco
1863
Cuzzetti avv. Francesco
Capra avv. cav Carlo
Dobelli avv. Giuseppe
1864
Cuzzetti avv. Francesco
Capra avv. cav Carlo
Oldofredi Conte Orazio
1865
Cuzzetti avv. Francesco
Capra avv. cav Carlo
Cantoni ing. Geronimo
1866
Cuzzetti avv. Francesco
Capra avv. cav Carlo
Gerardi dott. Bonaventura
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
35
1867
Martinengo Villagana Conte Giovanni
Valotti conte cav. Diogene
Ballini prof. cav. Marino
Valotti co. cav. Diogene
Maceri cav. avv. Bernardino
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
16 settembre
16 settembre
16 settembre
23 dicembre
23 dicembre
1867
1867
1867
1867
1867
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
7 settembre
7 settembre
7 settembre
1868
1868
1868
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
6 settembre
6 settembre
6 settembre
1869
1869
1869
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
5 settembre
5 settembre
5 settembre
1870
1870
1870
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Segretario
4 settembre
4 settembre
6 dicembre
19 gennaio
4 settembre
1871
1871
1871
1871
1871
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
2 settembre
2 settembre
2 settembre
1872
1872
1872
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
11 agosto
11 agosto
11 agosto
1873
1873
1873
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente del Consiglio
10 agosto
10 agosto
10 agosto
14 settembre
1874
1874
1874
1874
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
9 agosto
9 agosto
9 agosto
1875
1875
1875
1868
Valotti co. cav. Diogene
Maceri cav. avv. Bernardino
Ballini prof. cav. Marino
1869
Valotti co. cav. Diogene
Maceri cav. avv. Bernardino
Dotti avv. Gerolamo
1870
Valotti co. cav. Diogene
Maceri cav. avv. Bernardino
Dotti avv. Gerolamo
1871
Valotti co. cav. Diogene
Maceri cav. avv. Bernardino
Ballini cav. prof. Marino
Cantoni Ing. Geronimo
Oldofredi CO: Orazio
1872
Valotti co. cav. Diogene
Ballini cav. prof. Marino
Cantoni ing. Geronimo
1873
Ballini Prof. cav. Marino
Ugoni nob. Filippo
Gerardi dott. Alcibiade
1874
Ballini Prof. cav. Marino
Ugoni nob. Filippo
Gerardi dott. Alcibiade
Valotti co. cav. Diogene
1875
Valotti co. cav. Diogene
Ballini cav. prof. Marino
Gerardi dott. Alcibiade
36
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
1876
Valotti co. cav. Diogene
Ballini cav. prof. Marino
Gerardi dott. Alcibiade
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
14 agosto
14 agosto
14 agosto
1876
1876
1876
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
13 agosto
13 agosto
13 agosto
1877
1877
1877
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
12 agosto
12 agosto
12 agosto
1878
1878
1878
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
11 agosto
11 agosto
11 agosto
1879
1879
1879
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
9 agosto
9 agosto
9 agosto
1880
1880
1880
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
8 agosto
8 agosto
8 agosto
1881
1881
1881
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
14 agosto
14 agosto
14 agosto
1882
1882
1882
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
13 agosto
13 agosto
13 agosto
1883
1883
1883
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
11 agosto
11 agosto
11 agosto
1884
1884
1884
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
10 agosto
10 agosto
1885
1885
1877
Valotti co. cav. Diogene
Ballini cav. prof. Marino
Gerardi dott. Alcibiade
1878
Valotti co. cav. Diogene
Ballini cav. prof. Marino
Gerardi dott. Alcibiade
1879
Valotti co. cav. Diogene
Ballini cav. prof. Marino
Gerardi dott. Alcibiade
1880
Luscia cav. Ing. Giovanni
Ballini cav. prof. Marino
Gerardi dott. Alcibiade
1881
Ballini cav. Prof. Marino
Gerardi cav. dott. Bonaventura
Gerardi dott. Alcibiade
1882
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Gerardi cav. dott. Bonaventura
Gerardi dott. Alcibiade
1883
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Gerardi cav. dott. Bonaventura
Gerardi dott. Alcibiade
1884
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Ballini cav. prof. Marino
Romanelli Angelo
1885
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Gerardi cav. dott. Bonaventura
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
37
Gennaro dott. Vitaliano
Gennaro dott. Vitaliano
Benedini avv. BortoloSegretario
Segretario
Segretario
22 settembre 1885
13 aprile
10 agosto
1885
1885
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
9 agosto
9 agosto
9 agosto
1886
1886
1886
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
8 agosto
8 agosto
8 agosto
1887
1887
1887
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Segretario
13 agosto
13 agosto
20 febbraio
13 agosto
1888
1888
[vedi NOTA 2]
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
2 dicembre
2 dicembre
2 dicembre
2 dicembre
1889
1889
1889
1889
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
11 agosto
11 agosto
11 agosto
11 agosto
1890
1890
1890
1890
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Rosa Cav. Gabriele
Donadoni avv. Giovanni
Monti Bar. Girolamo.
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Segretario
10 agosto
10 agosto
10 agosto
18 settembre
1891
1891
1891
1891
Valotti co. Comm. Diogene
Manzini cav. uff. avv. Angelo
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente Deputazione Provinciale
18 settembre
18 settembre
1891
1891
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
8 agosto
6 settembre
8 agosto
8 agosto
1892
1892
1892
1892
1886
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Gerardi cav. dott. Bonaventura
Benedini avv. Bortolo
1887
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Gerardi cav. dott. Bonaventura
Benedini avv. Bortolo
1888
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Gerardi cav. dott. Bonaventura
Gennaro dott. Vitaliano
Gennaro dott. Vitaliano
1889
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Rosa Cav. Gabriele
Donadoni avv. Giovanni
Valotti co. Comm. Diogene
1890
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Rosa Cav. Gabriele
Donadoni avv. Giovanni
Valotti co. Comm. Diogene
1891
1892
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Gorio cav. avv. Carlo
Donadoni avv. Giovanni
Manzini cav. uff. avv. Angelo
38
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
si dimette il 18-9-1891
eletto a seguito
delle dimissioni
del Donadoni
si dimette
eletto a seguito
delle dimissioni
del Valotti
1893
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Gorio cav. avv. Carlo
Donadoni avv. Giovanni
Quistini cav. Avv. Giovanni
1894
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Gorio cav. avv. Carlo
Donadoni avv. Giovanni
Quistini cav. Avv. Giovanni
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
14 agosto
14 agosto
14 agosto
14 agosto
1893
1893
1893
1893
[vedi NOTA 3]
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
24 settembre
24 settembre
24 settembre
1894
1894
1894
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
12 agosto
12 agosto
12 agosto
12 agosto
1895
1895
1895
1895
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
10 agosto
10 agosto
10 agosto
1896
1896
1896
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
9 agosto
9 agosto
9 agosto
1897
1897
1897
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
8 agosto
8 agosto
8 agosto
1898
1898
1898
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
14 agosto
14 agosto
14 agosto
14 agosto
1899
1899
1899
1899
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
13 agosto
13 agosto
13 agosto
1900
1900
1900
1895
Bettoni CO. cav. sen. Lodovico
Benedini cav. avv. Carlo
Dandolo co: Enric o
Frugoni cav. Avv. Pietro
1896
Bettoni CO. cav. sen. Lodovico
Benedini cav. avv. Carlo
Dandolo co: Enrico
Frugoni cav. Avv. Pietro
1897
Bettoni CO. cav. sen. Lodovico
Benedini cav. avv. Carlo
Dandolo co: Enrico
Frugoni cav. Avv. Pietro
1898
Bettoni CO. cav. sen. Lodovico
Benedini cav. avv. Carlo
Dandolo co: Enrico
Frugoni cav. Avv. Pietro
1899
Bettoni CO. cav. sen. Lodovico
Benedini cav. avv. Carlo
Dandolo co: Enrico
Frugoni cav. Avv. Pietro
1900
Bettoni CO. cav. sen. Lodovico
Benedini cav. avv. Carlo
Dandolo co: Enrico
Frugoni cav. Avv. Pietro
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
39
1901
Benedini cav. avv. Bortolo
Mazzotti cav. dott. Giovanni
Dandolo co: Enrico
Frugoni cav. Avv. Pietro
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
12 agosto
12 agosto
12 agosto
1901
1901
1901
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
11 agosto
11 agosto
11 agosto
11 agosto
1902
1902
1902
1902
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
10 agosto
10 agosto
31 ottobre
10 agosto
10 agosto
1903
1903
1903
1903
1903
[vedi NOTA 4]
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
5 marzo
8 agosto
5 marzo
8 agosto
5 marzo
8 agosto
7 marzo
1904
1904
1904
1904
1904
1904
1904
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
9 settembre
9 settembre
9 settembre
9 settembre
1905
1905
1905
1905
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
6 ottobre
1906
1906
1906
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
7 settembre
1907
1907
1907
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
10 agosto
1908
1908
1902
Zanardelli CO. s. SS. A. Avv. Giuseppe
Benedini cav. avv. Bortolo
Dandolo co: Enrico
Frugoni cav. Avv. Pietro
1903
Zanardelli CO. s. SS. A. Avv. Giuseppe
Benedini cav. avv. Bortolo
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Dandolo co: Enrico
Benedini cav. Avv. Bortolo
1904
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Manzini cav. uff. avv. Angelo
Manzini cav. uff. avv. Angelo
Tempini cav. dott. Cristoforo
Tempini cav. dott. Cristoforo
Corniani co. Cav. Uff. ing. Giuliano
1905
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Manzini cav. uff. avv. Angelo
Tempini cav. dott. Cristoforo
Corniani co: cav. Uff. ing. Giuliano
1906
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Manzini cav. uff. avv. Angelo
Tempini cav. dott. Cristoforo
Corniani co: cav. Uff. ing. Giuliano
1907
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Manzini cav. uff. avv. Angelo
Tempini cav. dott. Cristoforo
*Corniani co: cav. Uff. ing. Giuliano
1908
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Manzini cav. uff. avv. Angelo
40
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
Tempini cav. dott. Cristoforo
Fossati cav. avv. Donato
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
21 novembre
1908
1908
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
30 ottobre
30 ottobre
30 ottobre
1909
1909
1909
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
17 settembre
17 settembre
17 settembre
17 settembre
1910
1910
1910
1910
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
14 ottobre
14 ottobre
14 ottobre
1911
1911
1911
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Bettoni-Cazzago co: comm. Sen. Federico
Tempini cav. dott. Cristoforo
Fossati sig. cav. avv.uff. Donato
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
16 novembre
16 novembre
16 novembre
1912
1912
1912
1913
[vedi NOTA 5]
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
22 novembre
22 novembre
22 novembre
1913
1913
1913
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Presidente del Consiglio
31 gennaio
1914
Fisogni nob. Dott. Comm. Carlo
Fisogni nob. Dott. Comm. Carlo
Presidente a surroga
Presidente del Consiglio
31 gennaio
3 agosto
1914
1914
Montini dott. Giorgio
Tempini cav. dott. Cristoforo
*Fossati sig. cav. avv.uff. Donato
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
3 agosto
3 agosto
3 agosto
1914
1914
1914
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
9 ottobre
9 ottobre
1915
1915
eletto per dimissioni
precedente presidente
1909
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Manzini cav. uff. avv. Angelo
Tempini cav. dott. Cristoforo
Fossati cav. avv. Donato
1910
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Bettoni-Cazzago co: dott.comm. sen. Federico
Tempini cav. dott. Cristoforo
Fossati sig. cav. avv.uff. Donato
1911
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Bettoni-Cazzago co: comm. Sen. Federico
Tempini cav. dott. Cristoforo
Fossati sig. cav. avv.uff. Donato
1912
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Mazzotti-Bancinelli dott.cav. Giovanni
Tempini cav. dott. Cristoforo
Fossati sig. cav. avv.uff. Donato
1914
31.1.14 dimissioni
Frugoni p.289
eletto per dimissioni
P. Frugoni
1915
Fisogni nob. Dott. Comm. Carlo
Montini dott. Giorgio
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
41
Tempini cav. dott. Cristoforo
Fossati sig. cav. avv.uff. Donato
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
9 ottobre
1915
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
14 agosto
14 agosto
14 agosto
1916
1916
1916
1916
Fisogni nob. Dott. Comm. Carlo
Montini dott. Giorgio
Tempini cav. dott. Cristoforo
Fossati sig. cav. avv.uff. Donato
1917
Fisogni nob. Dott. Comm. Carlo
Montini dott. Giorgio
Tempini cav. dott. Cristoforo
Fossati sig. cav. avv.uff. Donato
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
1917
1917
1917
1918
Fisogni nob. Dott. Comm. Carlo
Montini dott. Giorgio
Tempini cav. dott. Cristoforo
Fossati sig. cav. avv.uff. Donato
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
9 dicembre
9 dicembre
9 dicembre
1918
1918
1918
Presidente del Consiglio
ice-Presidente del Consiglio
Segretario
11 agosto
11 agosto
11 agosto
1919
1919
1919
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Presidente Deputazione Provinciale
22 novembre
22 novembre
22 novembre
22 novembre
1920
1920
1920
1920
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
17 ottobre
17 ottobre
17 ottobre
1921
1921
1921
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
29 novembre
29 novembre
29 novembre
1922
1922
1922
Presidente del Consiglio
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
31 ottobre
31 ottobre
31 ottobre
1923
1923
1923
1919
Fisogni nob. Dott. Comm. Carlo
Montini dott. Giorgio
Folonari cav. Francesco
1920
Fisogni nob. Dott. Comm. Carlo
Bazoli Cav. Uff. Avv. Luigi
Folonari cav. Francesco
Fossati sig. cav. avv.uff. Donato
1921
Fisogni nob. Dott. Comm. Carlo
Bazoli Cav. Uff. Avv. Luigi
Folonari comm. Francesco
1922
Fisogni nob. Dott. Comm. Carlo
Bazoli Cav. Uff. Avv. Luigi
Folonari comm. Francesco
1923
Fisogni nob. Dott. Comm. Carlo
Bazoli Cav. Uff. Avv. Luigi
Folonari comm. Francesco
42
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
1924
Tafuri Comm. Dott. Giovanni
[vedi NOTA 6]
Presidente Commissione straordinaria
13 gennaio
1924
Bazoli, on. Gr. Uff. avv. Luigi
Quadrio avv. comm. nob. Ettore
Billi Luigi
Vice-Presidente del Consiglio
Segretario
Segretario
13 gennaio
13 gennaio
13 settembre
1924
1924
1924
scioglimento Consiglio
Provinciale e istituzione
1925
Salvetti Comm. Dott. Giacomo
Billi Luigi
Presidente Commissione straordinaria maggio
Segretario
maggio
1925
1925
Presidente Commissione straordinaria
Segretario
segretario generale
marzo
1926
18 settembre
1926
Vice Prefetto
1926
Porro Savoldi Comm. Dott. Giorgio
Billi Luigi
Tedeschi comm. dott. Dino
1927
Porro Savoldi Comm. Dott. Giorgio
Tedeschi comm. dott. Dino
Presidente Commissione straordinaria
segretario generale
1927
Presidente Commissione straordinaria
segretario generale
1928
1928
Porro Savoldi Comm. Dott. Giorgio
Tedeschi comm. dott. Dino
1929
Porro Savoldi Comm. Dott. Giorgio
Dugnani Innocente
Tedeschi comm. dott. Dino
[vedi NOTA 7]
Preside
Vice-Preside
segretario generale
28 aprile
28 aprile
28 aprile
1929
1929
1929
1930
Porro Savoldi Comm. Dott. Giorgio
Dugnani Innocente
Preside
Vice-Preside
Tedeschi comm. dott. Dino
segretario generale
si presume.
Senza dati da Atti
1931
Porro Savoldi Comm. Dott. Giorgio
Dugnani Innocente
Preside
Vice-Preside
Tedeschi comm. dott. Dino
segretario generale
si presume.
Senza dati da Atti
1932
Porro Savoldi Comm. Dott. Giorgio
Dugnani Innocente
Preside
Vice-Preside
Tedeschi comm. dott. Dino
segretario generale
si presume.
Senza dati da Atti
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
43
1933
Porro Savoldi Comm. Dott. Giorgio
Dugnani geom. Innocente
Tedeschi comm. dott. Dino
Preside
Vice-Preside
segretario generale
1934
Porro Savoldi Comm. Dott. Giorgio
Dugnani geom. Innocente
Tedeschi comm. dott. Dino
Petragnani comm. Dott. Umberto
Buffoli comm. Dott. Ing. Oreste
Buffoli comm. Dott. Ing. Oreste
Provezza cav.uff.avv. Giacomo
Tedeschi comm. dott. Dino
Preside
Vice-Preside
segretario generale
commissario prefettizio
per la povvisoria amministrazione
commissario prefettizio
per la povvisoria amministrazione
Preside
Vice-Preside
segretario generale
14 marzo
1934
1934
15 marzo
1934
21 maggio
3 agosto
3 agosto
3 agosto
1934
1934
1943
1934
22 novembre
1937
1937
1937
1937
1935
Buffoli dott. Ing. Oreste
Provezza cav. Uff. avv. Giacomo
Tedeschi comm. dott. Dino
Preside
Vice-Preside
segretario generale
1936
Buffoli dott. Ing. Oreste
Provezza cav. Uff. avv. Giacomo
Tedeschi comm. dott. Dino
Preside
Vice-Preside
segretario generale
1937
Buffoli dott. Ing. Oreste
Provezza cav. Uff. avv. Giacomo
Tedeschi comm. dott. Dino
Carrara cav rag Giuseppe
Preside
Vice-Preside
segretario generale
Vice-Preside
1938
Buffoli dott. Ing. Oreste
Carrara cav rag Giuseppe
Tedeschi comm. dott. Dino
Preside
Vice-Preside
Segretario generale
1939
Buffoli dott. Ing. Oreste
Carrara cav rag Giuseppe
Tedeschi comm. dott. Dino
Preside
Vice-Preside
Segretario generale
1940
Buffoli dott. Ing. Oreste
Carrara cav rag Giuseppe
Tedeschi comm. dott. Dino
44
Preside
Vice-Preside
Segretario generale
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
dimissioni di tutto
il rettorato
1941
Buffoli dott. Ing. Oreste
Carrara cav rag Giuseppe
Tedeschi comm. dott. Dino
Preside
Vice-Preside
Segretario generale
1942
Buffoli dott. Ing. Oreste
Carrara cav rag Giuseppe
Tedeschi comm. dott. Dino
Preside
Vice-Preside
Segretario generale
1943
Bersi comm. Avv. Pietro
Spada cav. Uff. dott. Ing. Mario
Tedeschi comm. dott. Dino
Meda avv. Defendente
Tedeschi comm. dott. Dino
Diana dott. Francesco
Tedeschi comm. dott. Dino
1944
Preside
Vice-Preside
Segretario generale
Commissario prefettizio
Segretario generale
Commissario prefettizio
Segretario generale
1 settembre
1 settembre
2 ottobre
2 ottobre
1943
1943
1943
1943
1943
1943
1943
[vedi NOTA 8]
Commissario Prefettizio
Segretario generale
1944
1944
Bellometti dott. Ing. Guido
Tedeschi comm. dott. Dino
Reggio avv. Gr. Uff. Arturo
Commissario Prefettizio
Segretario generale
Presidente Deputazione Povinciale
19 maggio
1945
1945
1945
Franchi dott. Cav. Uff. Costantino
Tedeschi comm. dott. Dino
Vice-Presidente Deputazione Provinciale
Segretario generale
19 maggio
1945
1945
Bastianello dott. Paolo
Segretario generale
1945
Bellometti dott. Ing. Guido
Tedeschi comm. dott. Dino
1945
25 maggio
nomina da parte
del comando militare
alleato e CNL di Brescia
nomina da parte
del comando militare
alleato e CNL di Brescia
1946
Reggio avv. Gr. Uff. Arturo
Franchi dott. Cav. Uff. Costantino
*ìTedeschi comm. dott. Dino
1947
Reggio avv. Gr. Uff. Arturo
Franchi dott. Cav. Uff. Costantino
Tedeschi comm. dott. Dino
Presidente Deputazione Povinciale
Vice-Presidente Deputazione Provinciale
Segretario generale
31 dicembre
1946
1946
1946
[vedi NOTA 9]
Presidente Deputazione Povinciale
Vice-Presidente Deputazione Provinciale
Segretario generale
1948
Reggio avv. Gr. Uff. Arturo
Franchi dott. Cav. Uff. Costantino
Tedeschi comm. dott. Dino
Presidente Deputazione Povinciale
Vice-Presidente Deputazione Provinciale
Segretario generale
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
45
1949
Reggio avv. Gr. Uff. Arturo
Franchi dott. Cav. Uff. Costantino
Tedeschi comm. dott. Dino
Presidente Deputazione Povinciale
Vice-Presidente Deputazione Provinciale
Segretario generale
1950
Reggio avv. Gr. Uff. Arturo
Franchi dott. Cav. Uff. Costantino
Tedeschi comm. dott. Dino
1951
Reggio avv. Gr. Uff. Arturo
Franchi dott. Cav. Uff. Costantino
Tedeschi comm. dott. Dino
Bazoli avv. Ercoliano
Presidente Deputazione Povinciale
Vice-Presidente Deputazione Provinciale
Segretario generale
[vedi NOTA 10]
Presidente Deputazione Povinciale
Vice-Presidente Deputazione Provinciale
Segretario generale
Presidente della Giunta Provinciale
27 maggio
1951
1951
1951
1951
Elezioni Provinciali
1952
Bazoli avv. Ercoliano
Tedeschi comm. dott. Dino
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1953
Bazoli avv. Ercoliano
Tedeschi comm. dott. Dino
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1954
Bazoli avv. Ercoliano
Tedeschi comm. dott. Dino
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1955
Bazoli avv. Ercoliano
Tedeschi comm. dott. Dino
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1956
Bazoli avv. Ercoliano
Tedeschi comm. dott. Dino
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1957
Bazoli avv. Ercoliano
Bastianello Dott. Paolo
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1958
Bazoli avv. Ercoliano
Mosconi avv. Augusto
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1959
Bazoli avv. Ercoliano
Mosconi avv. Augusto
46
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
27 maggio
1956
1956
elezioni amministrative
1960
Bazoli avv. Ercoliano
Mosconi avv. Augusto
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
6 novembre
1960
1960
elezioni amministrative
22 novembre
1964
1964
elezioni amministrative
1961
Bazoli avv. Ercoliano
Mosconi avv. Augusto
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1962
Bazoli avv. Ercoliano
Mosconi avv. Augusto
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1963
Bazoli avv. Ercoliano
Mosconi avv. Augusto
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1964
Bazoli avv. Ercoliano
Mosconi avv. Augusto
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1965
Bazoli avv. Ercoliano
Mosconi avv. Augusto
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1966
Bazoli avv. Ercoliano
Mosconi avv. Augusto
Ciani dott. Vittorio
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
Segretario generale reggente
1967
Bazoli avv. Ercoliano
Ciani dott. Vittorio
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale reggente
1968
Bazoli avv. Ercoliano
Ciani dott. Vittorio
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale reggente
1969
Bazoli avv. Ercoliano
Ciani dott. Vittorio
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale reggente
1969
1969
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale reggente
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale reggente
1970
1970
1970
1970
1970
Bazoli avv. Ercoliano
Ciani dott. Vittorio
Martinazzoli avv. Fermo
Ciani dott. Vittorio
7 giugno
elezioni amministrative
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
47
1971
Martinazzoli avv. Fermo
Ciani dott. Vittorio
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale reggente
1972
Martinazzoli avv. Fermo
Gitti avv. Tarcisio
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Ciani dott. Vittorio
Segretario generale
17 aprile
1972
1972
eletto per dimissioni
di F. Martinazzoli
1972
1973
Gitti avv. Tarcisio
Ciani dott. Vittorio
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1974
Gitti avv. Tarcisio
Ciani dott. Vittorio
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1975
Gitti avv. Tarcisio
Ciani dott. Vittorio
Boni Bruno
Ciani dott. Vittorio
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
15 giugno
1975
1975
1975
1975
elezioni amministrative
1976
Boni Bruno
Colangelo dott. Salvatore
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1976
1976
1977
Boni Bruno
Colangelo dott. Salvatore
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1978
Boni Bruno
Colangelo dott. Salvatore
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1979
Boni Bruno
Zaccardi dott. Leonzio
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1980
Boni Bruno
Zaccardi dott. Leonzio
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1981
Boni Bruno
Zaccardi dott. Leonzio
48
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
8 giugno
1980
1980
elezioni amministrative
1982
Boni Bruno
Zaccardi dott. Leonzio
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1983
Boni Bruno
Zaccardi dott. Leonzio
Colosimo dott. Eraldo
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
Segretario generale reggente
maggio
1983
1983
1983
ottobre
1984
1984
1984
12 maggio
1985
1985
1985
6 maggio
ottobre
1990
1990
1990
1990
1984
Boni Bruno
Colosimo dott. Eraldo
Pesente dott. ElioSegretario generale
residente della Giunta Provinciale
Segretario generale reggente
1985
Boni Bruno
Pesente dott. Elio
Marniga Vittorio
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
Presidente della Giunta Provinciale
elezioni amministrative
1986
Marniga Vittorio
Pesente dott. Elio
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1987
Marniga Vittorio
Stefani dott. Pietro
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1988
Marniga Vittorio
Stefani dott. Pietro
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1989
Marniga Vittorio
Stefani dott. Pietro
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1990
Marniga Vittorio
Claudione dott. Antonio
Valli ing. Costanzo
Scalzo dott. Guido
1991
Valli ing. Costanzo
Scalzo dott. Guido
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
elezioni amministrative
[vedi NOTA 11]
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1992
Valli ing. Costanzo
Scalzo dott. Guido
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
49
1993
Valli ing. Costanzo
Scalzo dott. Guido
[vedi NOTA 12]
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1994
Valli ing. Costanzo
Scalzo dott. Guido
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
1995
Valli ing. Costanzo
Scalzo dott. Guido
Lepidi Andrea
Presidente della Giunta Provinciale
Segretario generale
Presidente della Provincia
1995
7 maggio
1995
elezioni amministrative
1996
Lepidi Andrea
Scalzo dott. Guido
Presidente della Provincia
Segretario generale
1997
Lepidi Andrea
Scalzo dott. Guido
Presidente della Provincia
Segretario generale
1998
Lepidi Andrea
Bezzi avv. Domenico
Presidente della Provincia
Segretario generale reggente
1999
Lepidi Andrea
Bezzi avv. Domenico
Cavalli Alberto
Presidente della Provincia
Segretario generale reggente
Presidente della Provincia
2000
Cavalli arch. Alberto
Mele dott. Giuseppe
Presidente della Provincia
Segretario generale
2001
Cavalli Alberto
Mele dott. Giuseppe
Presidente della Provincia
Segretario generale
2002
Cavalli Alberto
Mele dott. Giuseppe
Sala dott. Innocenzo
Presidente della Provincia
Segretario generale
Segretario generale reggente
2003
Cavalli Alberto
Sala dott. Innocenzo
Camarda avv. Lorenzo
50
Presidente della Provincia
Segretario generale reggente
Segretario generale
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
1999
27 giugno
1999
elezioni amministrative
2004
Cavalli Alberto
Camarda avv. Lorenzo
Cavalli Alberto
Presidente della Provincia
Segretario generale
Presidente della Provincia
26 giugno
2004
elezioni amministrative
Dall’entrata in vigore del doppio turno viene riportata come data di elezione il giorno di indizione delle votazioni per il turno di ballottaggio.
NOTE A ELENCO DEI PRESIDENTI, VICE-PRESIDENTI E SEGRETARI
DELLA PROVINCIA DI BRESCIA 1860 - 2004
Le informazioni per la compilazione dell’elenco sono tratte dagli Atti del Consiglio Provinciale, Indice 1860-1914,
pubblicato nel 1914.
1.
La legge comunale e provinciale 2 ottobre 1859 istituendo la Provincia (?) stabilisce che la stessa è amministrata
da un Consiglio Provinciale, con un proprio presidente e un vice-presidente, e di una Deputazione Provinciale,
presieduta dal Governatore. Presidente, Vice-Presidente e Deputazione Provinciale durano in carica 1 anno
2.
La legge n. 5865 del 30 dicembre 1888 introduce la figura del Presidente della Deputazione Provinciale, eletto dal
Consiglio, che dura in carica 1 anno
3.
La legge n. 287 del 11 luglio 1894 fissa la durata in carica del Presidente della Deputazione Provinciale in 3 anni
4.
La legge n. 35 del 11 febbraio 1904 fissa la durata in carica del Presidente della Deputazione Provinciale in 4 anni
5.
La legge n. 640 del 19 giugno 1913 stabilisce che la scadenza del Presidente della Deputazione Provinciale debba
coincidere con quella dei rispettivi Consigli
6.
La legge n. 2839 del 30 dicembre 1923 stabilisce che il Prefetto può, in attesa di Decreto Reale e ove ne ricorrano
i motivi di urgente necessità, sciogliere i Consigli Comunali e Provinciali, provvedendo per la provvisoria amministrazione. In caso di scioglimento del Consiglio Provinciale, l’amministrazione è affidata ad una Commissione
straordinaria con composizione stabilita di volta in volta. Commissario e Commissione sono nominata con il
Decreto Reale di scioglimento ed esercitano le funzioni del Presidente e della Deputazione Provinciale.
7.
La legge n. 2962 del 27 dicembre 1928 stabilisce che l’amministrazione di ogni Provincia composta di un preside
e di un rettorato, presieduta dal preside stesso coadiuvato da un vice-preside, tutti nominati con Decreto Reale.
Preside e Vice-Preside durano in carica 4 anni
8.
Il Regio Decreto-Legge n. 111 del 4 aprile 1944 stabilisce che, in attesa di poter indire le elezioni amministrative,
l’amministrazione di ogni Provincia è composta da un Presidente e da una Deputazione Provinciale presieduta
dallo stesso. Il Presidente può nominare un Vice-Presidente
9.
Il 27 dicembre 1947 viene varata La Costituzione della Repubblica Italiana
10. La legge n. 122 del 8 marzo 1951 (Norme per la elezione dei Consigli provinciali) stabilisce che ogni Provincia ha
un Consiglio Provinciale, un Presidente della Giunta Provinciale e una Giunta Provinciale. La durata in carica è
di 4 anni
11. La legge n. 182 del 7 giugno 1991 stabilisce in 5 anni la durata in carica dei Consigli Provinciali.
12. La Legge n. 81 del 25 marzo 1993 reintroduce la carica di presidente del Consiglio disgiunta da quella di
Presidente della Giunta Provinciale
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
51
Elenco dei Presidenti
della Provincia di Brescia dal 1860
Ordine cronologico
1860
23 febbraio
Nicolini avv. Gio. Battista.
Presidente del Consiglio
1860
10 settembre
Nicolini avv. Gio. Battista.
Presidente del Consiglio
1861
2
settembre
Martinengo Villagana conte Giovanni
Presidente del Consiglio
1862
1
settembre
Martinengo Villagana conte Giovanni
Presidente del Consiglio
1863
7
settembre
Cuzzetti avv. Francesco
Presidente del Consiglio
1864
5
settembre
Cuzzetti avv. Francesco
Presidente del Consiglio
1865
4
settembre
Cuzzetti avv. Francesco
Presidente del Consiglio
1866
3
settembre
Cuzzetti avv. Francesco
Presidente del Consiglio
1867
16 settembre
Martinengo Villagana conte Giovanni
Presidente del Consiglio
1867
23 dicembre
Valotti co. cav. Diogene
Presidente del Consiglio
1868
7
settembre
Valotti co. cav. Diogene
Presidente del Consiglio
1869
6
settembre
Valotti co. cav. Diogene
Presidente del Consiglio
1870
5
settembre
Valotti co. cav. Diogene
Presidente del Consiglio
1871
4
settembre
Valotti co. cav. Diogene
Presidente del Consiglio
1872
2
settembre
Valotti co. cav. Diogene
Presidente del Consiglio
1873
11 agosto
Ballini prof. cav. Marino
Presidente del Consiglio
1874
10 agosto
Ballini prof. cav. Marino
Presidente del Consiglio
1874
14 settembre
Valotti co. cav. Diogene
Presidente del Consiglio
1875
9
agosto
Valotti co. cav. Diogene
Presidente del Consiglio
1876
14 agosto
Valotti co. cav. Diogene
Presidente del Consiglio
1877
13 agosto
Valotti co. cav. Diogene
Presidente del Consiglio
1878
12 agosto
Valotti co. cav. Diogene
Presidente del Consiglio
1879
11 agosto
Valotti co. cav. Diogene
Presidente del Consiglio
1880
9
agosto
Luscia cav. ing. Giovanni
Presidente del Consiglio
1881
8
agosto
Ballini cav. prof. Marino
Presidente del Consiglio
1882
14 agosto
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Presidente del Consiglio
1883
13 agosto
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Presidente del Consiglio
1884
11 agosto
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Presidente del Consiglio
1885
10 agosto
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Presidente del Consiglio
1886
9
agosto
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Presidente del Consiglio
1887
8
agosto
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Presidente del Consiglio
1888
13 agosto
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Presidente del Consiglio
1889
2
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Presidente del Consiglio
52
dicembre
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
1889
2
Valotti co. comm. Diogene
Presidente Deputazione Provinciale
1890
11 agosto
dicembre
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Presidente del Consiglio
1890
11 agosto
Valotti CO. comm. Diogene
Presidente Deputazione Provinciale
1891
10 agosto
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Presidente del Consiglio
1891
18 settembre
Valotti CO. comm. Diogene
Presidente Deputazione Provinciale
1891
18 settembre
Manzini cav. uff. avv. Angelo
Presidente Deputazione Provinciale
1892
8
agosto
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Presidente del Consiglio
1892
8
agosto
Manzini cav. uff. avv. Angelo
Presidente Deputazione Provinciale
1893
14 agosto
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Presidente del Consiglio
1893
14 agosto
Quistini cav. avv. Giovanni
Presidente Deputazione Provinciale
1894
24 settembre
Zanardelli comm. avv. Giuseppe
Presidente del Consiglio
1895
12 agosto
Bettoni CO. cav. sen. Lodovico
Presidente del Consiglio
1895
12 agosto
Frugoni cav. avv. Pietro
Presidente Deputazione Provinciale
1896
10 agosto
Bettoni CO. cav. sen. Lodovico
Presidente del Consiglio
1897
9
agosto
Bettoni CO. cav. sen. Lodovico
Presidente del Consiglio
1898
8
agosto
Bettoni CO. cav. sen. Lodovico
Presidente del Consiglio
1899
14 agosto
Bettoni CO. cav. sen. Lodovico
Presidente del Consiglio
1899
14 agosto
Frugoni cav. avv. Pietro
Presidente Deputazione Provinciale
1899
11 agosto
Frugoni cav. avv. Pietro
Presidente Deputazione Provinciale
1900
13 agosto
Bettoni CO. cav. sen. Lodovico
Presidente del Consiglio
1901
12 agosto
Benedini cav. avv. Bortolo
Presidente del Consiglio
1902
11 agosto
Zanardelli CO. s. SS. A. avv. Giuseppe
Presidente del Consiglio
1903
10 agosto
Zanardelli CO. s. SS. A. Avv. Giuseppe
Presidente del Consiglio
1903
10 agosto
Benedini cav. avv. Bortolo
Presidente Deputazione Provinciale
1904
5
marzo
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Presidente del Consiglio
1904
7
marzo
Corniani CO. cav. uff. ing. Giuliano
Presidente Deputazione Provinciale
1904
8
agosto
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Presidente del Consiglio
1905
9
settembre
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Presidente del Consiglio
1905
9
settembre
Corniani co. cav. uff. ing. Giuliano
Presidente Deputazione Provinciale
1906
6
ottobre
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Presidente del Consiglio
1907
7
settembre
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Presidente del Consiglio
1908
10 agosto
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Presidente del Consiglio
1908
21 novembre
Fossati cav. avv. Donato
Presidente Deputazione Provinciale
eletto per dimissioni precedente presidente
1909
30 ottobre
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Presidente del Consiglio
1910
17 settembre
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Presidente del Consiglio
1910
17 settembre
Fossati sig. cav. avv.uff. Donato
Presidente Deputazione Provinciale
1911
14 ottobre
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Presidente del Consiglio
1912
16 novembre
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Presidente del Consiglio
1913
22 novembre
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Presidente del Consiglio
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
53
1914
3
agosto
Fisogni nob. dott. Comm. Carlo
Presidente del Consiglio
eletto per dimissioni P. Frugoni
1914
3
agosto
Fossati sig. cav. avv.uff. Donato
Presidente Deputazione Provinciale
1914
31 gennaio
Frugoni cav. uff. avv. Pietro
Presidente del Consiglio
31.1.14 dimissioni Frugoni p.289
1914
31 gennaio
Fisogni nob. dott. Comm. Carlo
Presidente a surroga
1915
9
ottobre
Fisogni nob. dott. Comm. Carlo
Presidente del Consiglio
1916
14 agosto
Fisogni nob. dott. Comm. Carlo
Presidente del Consiglio
Fisogni nob. dott. Comm. Carlo
Presidente del Consiglio
Fisogni nob. dott. Comm. Carlo
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
1917
1918
9
dicembre
1919
11 agosto
Fisogni nob. dott. Comm. Carlo
1920
22 novembre
Fisogni nob. dott. Comm. Carlo
Presidente del Consiglio
1920
22 novembre
Fossati sig. cav. avv.uff. Donato
Presidente Deputazione Provinciale
1921
17 ottobre
Fisogni nob. dott. Comm. Carlo
Presidente del Consiglio
1922
29 novembre
Fisogni nob. dott. Comm. Carlo
Presidente del Consiglio
1923
31 ottobre
Fisogni nob. dott. Comm. Carlo
Presidente del Consiglio
1924
13 gennaio
Tafuri Comm. dott. Giovanni
Presidente della Commissione straordinaria
scioglimento Consiglio Provinciale
e istituzione Regia Commissione Straordinaria
1925
maggio
Salvetti comm. dott. Giacomo
Presidente della Commissione straordinaria
Vice Prefetto
1926
marzo
Porro Savoldi comm. dott. Giorgio
Presidente della Commissione straordinaria
Porro Savoldi comm. dott. Giorgio
Presidente della Commissione straordinaria
Porro Savoldi comm. dott. Giorgio
Presidente della Commissione straordinaria
Porro Savoldi comm. dott. Giorgio
Preside
1930
Porro Savoldi comm. dott. Giorgio
Preside
1931
Porro Savoldi comm. dott. Giorgio
Preside
1932
Porro Savoldi comm. dott. Giorgio
Preside
1933
Porro Savoldi comm. dott. Giorgio
Preside
1927
1928
1929
28 aprile
1934
3
Buffoli comm. dott. ing. Oreste
Preside
1934
21 maggio
agosto
Buffoli comm. dott. ing. Oreste
commissario prefettizio per la provvisoria
amministrazione
1934
15 marzo
Petragnani comm. dott. Umberto
1934
1935
1936
1937
1938
1939
1940
1941
Porro Savoldi comm. dott. Giorgio
Buffoli dott. ing. Oreste
Buffoli dott. ing. Oreste
Buffoli dott. ing. Oreste
Buffoli dott. ing. Oreste
Buffoli dott. ing. Oreste
Buffoli dott. ing. Oreste
Buffoli dott. ing. Oreste
commissario prefettizio per la provvisoria
amministrazione
Preside
Preside
Preside
Preside
Preside
Preside
Preside
Preside
1942
Buffoli dott. ing. Oreste
Preside
54
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
1943
1943
1943
1944
1945
1945
1946
1947
1948
1949
1950
1951
1951
1952
1953
1954
1955
1956
1957
1958
1959
1960
1961
1962
1963
1964
1965
1966
1967
1968
1969
1970
1970
1971
1972
1972
1973
2
1
ottobre
settembre
19 maggio
Diana dott. Francesco
Meda avv. Defendente
Bersi comm. avv. Pietro
Bellometti dott. ing. Guido
Bellometti dott. ing. Guido
Reggio avv. gr. uff. Arturo
27 maggio
Reggio avv. Gr. Uff. Arturo
Reggio avv. Gr. Uff. Arturo
Reggio avv. Gr. Uff. Arturo
Reggio avv. Gr. Uff. Arturo
Reggio avv. Gr. Uff. Arturo
Reggio avv. Gr. Uff. Arturo
Bazoli avv. Ercoliano
27 maggio
Bazoli avv. Ercoliano
Bazoli avv. Ercoliano
Bazoli avv. Ercoliano
Bazoli avv. Ercoliano
Bazoli avv. Ercoliano
6
novembre
Bazoli avv. Ercoliano
Bazoli avv. Ercoliano
Bazoli avv. Ercoliano
Bazoli avv. Ercoliano
22 novembre
Bazoli avv. Ercoliano
Bazoli avv. Ercoliano
Bazoli avv. Ercoliano
Bazoli avv. Ercoliano
7
Bazoli avv. Ercoliano
Bazoli avv. Ercoliano
Bazoli avv. Ercoliano
Bazoli avv. Ercoliano
Bazoli avv. Ercoliano
Bazoli avv. Ercoliano
Martinazzoli avv. Fermo
giugno
17 aprile
Martinazzoli avv. Fermo
Martinazzoli avv. Fermo
Gitti avv. Tarcisio
Gitti avv. Tarcisio
Commissario prefettizio
Commissario prefettizio
Preside
Commissario Prefettizio
Commissario Prefettizio
Presidente Deputazione Povinciale
nomina da parte del comando militare alleato
e CNL di Brescia
Presidente Deputazione Povinciale
Presidente Deputazione Povinciale
Presidente Deputazione Povinciale
Presidente Deputazione Povinciale
Presidente Deputazione Povinciale
Presidente Deputazione Povinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Elezioni Provinciali
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
elezioni amministrative
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
elezioni amministrative
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
elezioni amministrative
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
elezioni amministrative
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
eletto per dimissioni di F. Martinazzoli
Presidente della Giunta Provinciale
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
55
1974
1975
1975
1976
1977
1978
1979
1980
1981
1982
1983
1984
1985
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1995
1996
1997
1998
1999
1999
2000
2001
2002
2003
2004
15 giugno
Gitti avv. Tarcisio
Gitti avv. Tarcisio
Boni Bruno
8
Boni Bruno
Boni Bruno
Boni Bruno
Boni Bruno
Boni Bruno
giugno
12 maggio
Boni Bruno
Boni Bruno
Boni Bruno
Boni Bruno
Boni Bruno
Marniga Vittorio
6
maggio
Marniga Vittorio
Marniga Vittorio
Marniga Vittorio
Marniga Vittorio
Marniga Vittorio
Valli ing. Costanzo
maggio
Valli ing. Costanzo
Valli ing. Costanzo
Valli ing. Costanzo
Valli ing. Costanzo
Valli ing. Costanzo
Lepidi Andrea
7
27 giugno
Lepidi Andrea
Lepidi Andrea
Lepidi Andrea
Lepidi Andrea
Cavalli arch. Alberto
26 giugno
Cavalli arch. Alberto
Cavalli arch. Alberto
Cavalli arch. Alberto
Cavalli arch. Alberto
Cavalli arch. Alberto
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
elezioni amministrative
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
elezioni amministrative
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
elezioni amministrative
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
elezioni amministrative
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Provincia
elezioni amministrative
Presidente della Provincia
Presidente della Provincia
Presidente della Provincia
Presidente della Provincia
Presidente della Provincia
elezioni amministrative
Presidente della Provincia
Presidente della Provincia
Presidente della Provincia
Presidente della Provincia
Presidente della Provincia
Dall’entrata in vigore del doppio turno viene riportata come data di elezione il giorno di indizione delle votazioni per il turno di ballottaggio.
56
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
Elenco dei Presidenti
della Provincia di Brescia dal 1860
Ordine alfabetico
Ballini cav. prof. Marino
Bazoli avv. Ercoliano
Bellometti dott. ing. Guido
Benedini cav. avv. Bortolo
Bersi comm. avv. Pietro
Bettoni CO. cav. sen. Lodovico
Boni Bruno
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Commissario Prefettizio
Commissario Prefettizio
Presidente del Consiglio
Presidente Deputazione Provinciale
Preside
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
11
10
8
27
agosto
agosto
agosto
maggio
27
maggio
6 novembre
22 novembre
12
10
agosto
agosto
12
10
9
8
14
13
15
agosto
agosto
agosto
agosto
agosto
agosto
giugno
1873
1874
1881
1951
1952
1953
1954
1955
1956
1957
1958
1959
1960
1961
1962
1963
1964
1965
1966
1967
1968
1969
1970
1944
1945
1901
1903
1943
1895
1896
1897
1898
1899
1900
1975
1976
1977
1978
1979
Elezioni Provinciali
elezioni amministrative
elezioni amministrative
elezioni amministrative
elezioni amministrative
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
57
Diana dott. Francesco
Fisogni nob. dott. comm. Carlo
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Preside
commissario prefettizio per la povvisoria
amministrazione
Preside
Preside
Preside
Preside
Preside
Preside
Preside
Preside
Presidente della Provincia
Presidente della Provincia
Presidente della Provincia
Presidente della Provincia
Presidente della Provincia
Presidente della Provincia
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Commissario prefettizio
Presidente del Consiglio a surroga
3
9
14
Fossati cav. avv. Donato
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente Deputazione Provinciale
17
3
Buffoli comm. dott. ing. Oreste
Cavalli arch. Alberto
Corniani co. cav. uff. ing. Giuliano
Cuzzetti avv. Francesco
58
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
8
3
21
13
27
7
9
6
7
7
5
4
3
2
31
9
11
22
17
29
31
21
giugno 1980 elezioni amministrative
1981
1982
1983
1984
1985
agosto 1934
maggio 1934
1935
1936
1937
1938
1939
1940
1941
1942
giugno 1999 elezioni amministrative
2000
2001
2002
2003
giugno 2004 elezioni amministrative
marzo 1904
settembre 1905
ottobre 1906
settembre 1907
settembre 1863
settembre 1864
settembre 1865
settembre 1866
ottobre 1943
gennaio 1914
eletto per dimissioni
P. Frugoni
agosto 1914
ottobre 1915
agosto 1916
1917
dicembre 1918
agosto 1919
novembre 1920
ottobre 1921
novembre 1922
ottobre 1923
novembre 1908
eletto per dimissioni
precedente presidente
settembre 1910
agosto 1914
Frugoni cav. avv. Pietro
Gitti avv. Tarcisio
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
22 novembre 1920
1921
1922
1923
12 agosto 1895
14 agosto 1899
1900
1901
11 agosto 1902
8
agosto 1904
5
marzo 1904
9 settembre 1905
6
ottobre 1906
7 settembre 1907
10 agosto 1908
30 ottobre 1909
17 settembre 1910
14 ottobre 1911
16 novembre 1912
22 novembre 1913
31 g ennaio 1914
Presidente della Giunta Provinciale
17
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Lepidi Andrea
Presidente della Provincia
Presidente della Provincia
Presidente della Provincia
Presidente della Provincia
Presidente della Provincia
Luscia cav. ing. Giovanni
Presidente del Consiglio
Manzini cav. uff. avv. Angelo
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente Deputazione Provinciale
Marniga Vittorio
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Martinazzoli avv. Fermo
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Martinengo Villagana conte Giovanni Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
7
aprile 1972
maggio
9
agosto
18 settembre
8
agosto
12 maggio
7
giugno
2 settembre
1 settembre
16 settembre
31.1.14 dimissioni
Frugoni p.289
eletto per dimissioni
di F. Martinazzoli
1973
1974
1975
1995 elezioni amministrative
1996
1997
1998
1999
1880
1891
1892
1985 elezioni amministrative
1986
1987
1988
1989
1990
1970 elezioni amministrative
1971
1972
1861
1862
1867
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
59
Meda avv. Defendente
Nicolini avv. Gio. Battista
Commissario prefettizio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Petragnani comm. dott. Umberto
commissario prefettizio
per la povvisoria amministrazione
Porro Savoldi Comm. dott. Giorgio Presidente della Commissione straordinaria
Presidente della Commissione straordinaria
Presidente della Commissione straordinaria
Preside
Preside
Preside
Preside
Preside
Preside
Quistini cav. avv. Giovanni
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente Deputazione Provinciale
Reggio avv. Gr. uff. Arturo
Presidente Deputazione Povinciale
Salvetti comm. dott. Giacomo
Tafuri comm. dott. Giovanni
Valli ing. Costanzo
Valotti CO. cav. Diogene
60
Presidente Deputazione Povinciale
Presidente Deputazione Povinciale
Presidente Deputazione Povinciale
Presidente Deputazione Povinciale
Presidente Deputazione Povinciale
Presidente Deputazione Povinciale
Presidente della Commissione straordinaria
Presidente della Commissione straordinaria
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente della Giunta Provinciale
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
1 settembre 1943
23 febbraio 1860
10 settembre 1860
15
28
14
19
13
6
23
7
6
5
4
2
14
9
14
13
12
11
marzo 1934
marzo 1926
1927
1928
aprile 1929
1930
1931
1932
1933
1934
agosto 1893
1894
maggio 1945
nomina da parte
del comando militare
alleato e CNL di Brescia
1946
1947
1948
1949
1950
1951
maggio 1925
Vice Prefetto
gennaio 1924 scioglimento Consiglio
Provinciale e istituzione
Regia Commissione
Straordinaria
maggio 1990 elezioni amministrative
1991
1992
1993
1994
1995
dicembre 1867
settembre 1868
settembre 1869
settembre 1870
settembre 1871
settembre 1872
settembre 1874
agosto 1875
agosto 1876
agosto 1877
agosto 1878
agosto 1879
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente Deputazione Provinciale
Presidente Deputazione Provinciale
Zanardelli CO. s. SS. A. avv. Giuseppe Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
Presidente del Consiglio
2
11
18
14
13
11
10
9
8
13
2
11
10
8
14
24
11
10
dicembre
agosto
settembre
agosto
agosto
agosto
agosto
agosto
agosto
agosto
dicembre
agosto
agosto
agosto
agosto
settembre
agosto
agosto
1889
1890
1891
1882
1883
1884
1885
1886
1887
1888
1889
1890
1891
1892
1893
1894
1902
1903
Dall’entrata in vigore del doppio turno viene riportata come data di elezione il giorno di indizione delle votazioni per il turno di ballottaggio.
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
61
Note biografiche dei Presidenti
della Provincia di Brescia
I seguenti profili biografici sono contenuti in:
– Storia di Brescia. Brescia, Morcelliana, 1963-64. Vol 5: Indice dei nomi e degli argomenti. Le
parti in corsivo indicano il volume e le pagine di riferimento dell’opera. [Indicata con SB]
– Enciclopedia bresciana. Brescia, La voce del popolo [Indicata con EB]
– Il giornale di Brescia. Quotidiano [indicato con GBS]
Ballini Marino – (Brescia, 1 gennaio 1827 - 2 settembre 1892) – Laureatosi in legge a Pavia, nel
1848 si arruolò nel corpo degli studenti e combatté nel Veneto, nel Trentino e durante le Dieci
Giornate di Brescia. Dopo la caduta di Brescia insegnò privatamente diritto con Zanarde11i.
Nel 1859 fu tra gli animatori dell’assistenza ai feriti delle battaglie di S. Martino e Solferino.
Nel 1872 fondò a Brescia l’Istituto tecnico commerciale Peroni di cui fu preside e che poi prese
il suo nome. Fu consigliere comunale di Brescia, consigliere provinciale del mandamento di
Preseglie (1867), vicepresidente del Consiglio provinciale (1871) e più volte membro di commissioni dello stesso consiglio. [EB]
Ballini Marino, professore, socio della Società di s. Vincenzo de’ Paoli, IV 649; insegnante
all’Istituto tecnico N. Tartaglia, 848; fondò l’Istituto tecnico commerciale che prese il suo
nome, ibid.; 1860, tenne pubbliche lezioni sullo statuto del regno, sulla legge elettorale, comunale e provinciale, 393. [SB]
Bazoli Ercoliano, 1946, presidente della amministrazione provinciale, IV 520. [SB]
Bazoli Ercoliano. “Il Giornale di Brescia” di Domenica 11 agosto 1996
È stata una delle personalità più significative della storia amministrativa e bresciana del
dopoguerra: l’avv. Ercoliano Bazoli si è spento ieri all’età di novant’anni nella sua abitazione
in piazza del Foro in città. Figlio dell’avv. Luigi Bazoli, esponente di primo piano del mondo
cattolico bresciano a cavallo tra Ottocento e Novecento, fratello di Stefano Bazoli, anch’egli
avvocato che fu deputato per la DC, Ercoliano Bazoli ha legato il suo nome in particolare
all’Amministrazione provinciale, di cui è stato presidente nei 19 anni decisivi per il primo sviluppo italiano e bresciano, nell’immediato dopoguerra. Nella sua biografia giovanile innanzitutto la forte influenza paterna […] A questa formazione si deve anche la sua passione per
lo studio della legge (laureatosi in giurisprudenza, divenne avvocato come il padre, e iniziò
la professione nel 1930) e una robusta esperienza di contrapposizione al fascismo, che lo
costrinse all’esilio. Chiamato alle armi nel 1941, venne inviato al fronte, dapprima in Albania
e quindi in Grecia. L’8 settembre del ’43 lo trova assegnato al Tribunale militare di Verona, ma
62
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
Ercoliano Bazoli non si presenta [al] richiamo e decide di espatriare. Nella notte fra il 3 e il 4
ottobre riesce a riparare in Svizzera dove resterà, esule, fino a popola Liberazione.
Rientrato in Italia nel luglio del 1945, si impegnò nelle file della Democrazia cristiana e in quel
partito si candidò alle elezioni amministrative del 1961. Eletto consigliere provinciale nel collegio di Chiari, il 16 giugno venne insediato presidente dell’Amministrazione di Palazzo
Broletto. Terrà quella carica fino alla vigilia delle elezioni del giugno 1970, venendo confermato per tre volte consecutive, nelle amministrazioni del 1956, del 1960 e del 1965.
Sotto la sua presidenza l’attività della Provincia è andata espandendosi progressivamente ed
ha investito praticamente tutti i settori della vita provinciale […] In particolare si ricordano gli
interventi sulla viabilità del territorio provinciale che in quegli anni è andato assumendo i
lineamenti strutturali mantenuti fino ad oggi. Sotto la sua presidenza […] la Provincia di
Brescia ha partecipato attivamente, tra l’altro, alla costruzione delle autostrade BresciaPadova, Brescia-Cremona-Piacenza, della grande […] arteria Brescia-Valtrompia e del tratto
in galleria della costiera sebina orientale per la Valcamonica […] Un impegno, quello per la
viabilità che lo porterà, successivamente, ad essere presidente effettivo e poi onorario della
società “Serenissima” che gestisce l’autostrada Brescia-Padova. Una particolare sensibilità
Bazoli ebbe poi per i problemi dell’agricoltura: ha favorito la prima formazione dei Centri di
assistenza tecnico-agraria per la promozione delle produzioni agricole, con particolare attenzione alla zootecnia. L’assistenza sociale e la sanità furono l’altro grande settore di impegno
della presidenza Bazoli: solo tra il 1965 e il ’69 l’Amministrazione del Broletto spese 11 miliardi a favore degli infermi di mente, più di un miliardo per la prevenzione [e] la cura della
tubercolosi, due miliardi a favore dell’infanzia. In Amministrazione ha lasciato un ricordo
vivo anche per il suo tratto personale: stile democratico, signorile ed energico insieme.
Dopo il 1970, Ercoliano Bazoli è tornato ai suoi studi di diritto […] In questi anni, Ercoliano
Bazoli ricopre la carica anche di presidente dell’Ateneo cittadino. Fervida fu pura la sua attività di scrittore e pubblicista. Dalla sua penna sono uscite le pagine di “Diario di guerra e di
esilio” pubblicato dalla Morcelliana, appassionata rievocazione dei giorni dell’antifascismo e
dell’esilio. Con il “Giornale di Brescia” ha collaborato a partire dal 1955, con articoli di carattere storico-politico, commenti sulla situazione internazionale, racconti e ricordi. Durante lo
stesso periodo è stato anche collaboratore del settimanale diocesano “La Voce del popolo”.
Più recente la pubblicazione de “Il molo di Durazzo” uscito nelle edizioni “La Quadra”, che
ricorda il periodo giovanile della Seconda guerra mondiale […] [GBS]
Benedini Bortolo – (Brescia, 1847 - Virle 22 febbraio 1905) – Si laureò in legge nel 1859 e ricoprì presto uffici pubblici entrando a far parte di parecchie amministrazioni locali. Fu infatti
consigliere comunale di Brescia, rappresentante del Mandamento di Rovato, in Consiglio provinciale nel quale ricoprì incarichi importanti fra cui la vicepresidenza (1902). Fu inoltre presidente della Deputazione provinciale. Di parte moderata fu candidato più volte alle elezioni
politiche dal 1882, fallendo per pochi voti. Vi riuscì nel giugno 1887 (Legislatura XVI) per il
Collegio Brescia I, con l’appoggio del partito zanardelliano, essendo uscito dalla Camera, per
sorteggio, il col. Baratieri e vi rimase per due legislature fino a quando nel 1897 fu battuto nel
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
63
collegio di Lonato. Studioso di cose agrarie, si dedicò attivamente ai problemi economici nella
Camera di Commercio di cui fu Segretario per molti anni, del Consorzio agrario, ecc. Ma
pochi giorni dopo la sua morte il suo nome fu coinvolto in un grave scandalo per sottrazione
di fondi alla Camera di Commercio. Scrisse: “Relazioni dei delegati della Deputazione
Provinciale della Giunta Comunale e della Presidenza della Camera di Commercio
sull’Istituzione in Brescia di una scuola d’arte e mestieri (Brescia, Apollonio, 1872 in 8.0);
“Relazione sul progetto preliminare del Codice di Commercio...” (Brescia 1879 in 4.0);
“Relazione sui titoli I - VII - XI e sul capo I del titolo XI del progetto preliminare di codice di
Commercio” (Brescia, Ist. Pavoni, 1775, in 4.0); “Gli espositori bresciani a Parigi nel 1878.
Relazione” (Brescia, Ist. Pavoni, 1879, in 8.0); “Il Ministero d’Agricoltura, Industria e
Commercio nel Regno d’Italia. Considerazioni” (Brescia, Tip. Ist. Pavoni, 1878); “I prodotti italiani all’esposizione universale di Parigi 1878. Relazione” (Brescia, Ist. Pavoni, 1879 in 8.0); “Le
piccole industrie adattate ai contadini nelle intermittenze dei lavori campestri” (“Commentari
per l’Ateneo di Brescia per l’anno 1880”); “Industrie e Commerci” in “Brixia 1882”;
“L’Esposizione universale di Anversa. Relazione…” (Brescia, Ist. Pavoni, 1886, in 8.o);
“Discorso commemorativo a ricordo dell’inaugurazione del monumento ad Umberto I in
Virle Treponti” (Brescia, Tip. La Provincia, 1901). Il lavoro più importante è tuttavia “Terra e
agricoltori nel circondario di Brescia” (Brescia, Tip. Apollonio, 1881, in 8.0) compilato nel quadro dell’Inchiesta Iacini sull’agricoltura. Inoltre lesse all’Ateneo le seguenti memorie “La proprietà fondiaria nel circondario di Brescia (1880); “De’ contratti agrari e della condizione dei
lavoratori del suolo nel circondario di Brescia” (1881); “Per i poveri contadini” (1882); “Le
industrie e i commerci bresciani” (1882); “I risparmi nella provincia di Brescia” (1883). [EB]
Benedini Bortolo, dottore, 1859, croce della legion d’onore, IV 387; 1895, interessato a scongiurare la minaccia di chiusura della fabbrica d’armi, 469; battuto a Lonato, 1897, 456; presidente del Consiglio provinciale e, nel 1902, vicepresidente, 461. [SB]
Bersi Pietro, avvocato, dopo il 1925, preside della Provincia, IV 512; podestà di Brescia, 512.
[SB]
Bettoni Cazzago Lodovico, conte, deputato di Salò, IV 410 n., 431; 1890, senatore del regno,
410 n. 1; 1895, presidente del Consiglio provinciale, 453 n. 1, fino alla morte, 461. [SB]
Buffoli Oreste – (Villa Cogozzo, 30 settembre 1896 - Gardone V.T., 14 agosto 1972) – Di
Benedetto e di Emma Groppetti. Ingegnere, fu progettista molto attivo. Fra le molte sue opere
vi furono il quartiere XXI Aprile. (1925 - 1926), il Palazzo Cassa Nazionale Infortuni (Via
Porcellaga) (1930-1931); il riadattamento di palazzo Martinengo di Piazza Mercato, il Palazzo
delle Industrie Bresciane (1932) Il Mercato Coperto (1932), le scuole di Angolo (1938)
dell’Istituto Autonomo Case Popolari (1938), presidente dei servizi Municipalizzati (1942).
Nel dopoguerra fu tra i promotori e presidenti della “Cementi Brescia”. Il 10 novembre 1966
si trasferì a Pieve di Ledro. [EB]
Buffoli Oreste, ingegnere, preside della Provincia (dopo il 1925), IV 512. [SB]
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Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
Corniani Giuliano – (Ruccinigo, Como 4 luglio 1854 - Brescia 30 ag. 1919) – Di Giorgio e di
Alessandra Tutcheff. Laureatosi in ingegneria al Politecnico di Milano compì un importante
tirocinio professionale in Argentina, in importanti impianti ferroviari. Del soggiorno e degli
incontri con gli emigranti italiani lasciò traccia in uno studio. Tornato in Italia si dedicò intensamente alla professione e alla vita pubblica. Ideò tra l’altro un progetto di canale navigabile,
nel 1897 stese il progetto della ferrovia a scartamento ridotto fra Vobarno e Rezzato.
Consigliere comunale a Orzinuovi e a Brescia (1895-1902 ecc.) fu anche consigliere provinciale prima del Mandamento Brescia I (1895-1899) e poi del Mandamento di Bovegno (1899) per
cinque anni dedicandosi alla soluzione dei problemi della Valtrompia e a quello difficile e
annoso della ferrovia Camuna per la quale trovò la soluzione di affidarne la costruzione e l’esercizio alla Società Nazionale. Fu confratello e presidente della Congrega di carità apostolica e partecipò a molte iniziative benefiche. Nel 1895 in consiglio comunale di Brescia affrontò la questione dell’insegnamento religioso nelle scuole, e l’altra più delicata delle imposte.
Nel 1906 divenne presidente della Deputazione provinciale. Candidato del partito moderato
e sostenuto dai cattolici, nel luglio 1909, dopo aspra lotta venne eletto deputato nel collegio di
Iseo, tradizionale feudo di Zanardelli e poi degli Zanardelliani e rimase in Parlamento fino
alla morte. Alla Camera venne chiamato a far parte di molte commissioni e della Giunta
Generale del Bilancio, in seno alla quale fu particolarmente attivo. Fu inoltre relatore della
Commissione di inchiesta sulle esposizioni del 1911. Durante la guerra fu ufficiale di artiglieria e si dedicò alla propaganda fra le truppe e all’azione di resistenza fra le popolazioni.
Pubblicò: “Gli italiani al Plata” (Memoria letta al1’Ateneo di Brescia nel 1887 p. 150); “La navigazione interna ed il porto di Brescia” (Id. 1904 p. 55). Pubblicò: “L’avvenire della Bolivia”
(Roma, Civelli, 1866 in 8.o 16 p.) [EB]
Corniani Giuliano (conte), 1895, moderato, affronta la questione dell’insegnamento religioso
nelle scuole, e delle imposte, IV 454; 1903, contrario alla concessione di un sussidio alla
Camera del lavoro, 471 n. 4; 1906, presidente della Deputazione provinciale, poi candidato al
Parlamento, 473; 1906, protesta per il telegramma inviato dalla Giunta al Clemenceau per la
persecuzione religiosa, 474 n. 2; 1906, contrario all’abolizione dell’ insegnamento religioso,
474; 1909, eletto a Iseo, 681. [SB]
Cuzzetti Francesco – (Breno, 18 aprile 1812 - Brescia, 9 agosto 1867) – Di famiglia originaria
da Villa D’Allegno fece gli studi classici a Brescia, dove Cesare Arici lo ebbe particolarmente
caro. Studente in legge a Pavia, dal 1830 al 1833 si orientò verso “La Giovane Italia” (di cui fu
emissario in Valcamonica) ed entrò in rapporti cordiali con Pietro Giordani. Laureatosi in giurisprudenza fu poi “ascoltante” al Tribunale di Sondrio, e perduti i genitori, fece pratica nello
studio dell’ avv. Taboni di Breno dove collaborò anche all’amministrazione pubblica. Fu poi
avvocato alla pretura di Iseo e nel 1848 collaborò al disarmo del presidio locale e con Cesare
Martinengo Cesaresco diffuse i programmi rivoluzionari a Pisogne e in Valcamonica, e mandò
a sue spese un drappello di giovani a difendere Milano. Nel 1849 si iscrisse all’albo del tribunale di Brescia e nel 1855 ebbe censura disciplinare per aver criticato i metodi usati da un giudice austriaco, ma nel 1857 si oppose alla partecipazione del Comune di Brescia ai festeggia-
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
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menti in onore dell’Imperatore. Nel 1859 all’appressarsi delle truppe franco-piemontesi fece
parte con Violini e Fè del Comitato Cittadino di Pubblica Sicurezza e fu direttore di polizia nel
governo provvisorio e sotto amministrazione provinciale. In tali cariche si dedicò soprattutto
ad organizzare le Guardie civiche e i Comitati di sicurezza pubblica. Fu poi questore di
Milano. Nel 1859 fu tra i propugnatori del1’annessione della Valcamonica alla provincia di
Brescia. Fu poi tra i promotori del Circolo Politico e della “Gazzetta di Brescia”. Nelle prime
elezioni amministrative fu nominato membro della Giunta Municipale e della Congregazione
Provinciale di cui fu e eletto Presidente. Il 25 marzo 1860 venne eletto deputato del Collegio
di Breno. Intimo di Zanardelli, che aveva fatto pratica nel suo studio, militò fra le file della
sinistra costituzionale vicino però a Garibaldi per cui si astenne dal voto per la cessione di
Nizza alla Francia. Fu poi riconfermato deputato nelle Legislature VII - VIII - IX. Nell’ aula
parlamentare intervenne sul censimento 1ombardo, sul riordinamento delle Opere Pie, sulle
tasse registro e bollo sulle sentenze giudiziarie nel Meridione, sull’ordinamento ipotecario,
sulla perequazione dei censi antico e nuovo, sull’armamento della Guardia Nazionale, sull’
abolizione della pena di morte. Inoltre, come consigliere e presidente del Consiglio
Provinciale si interessò attivamente di questioni amministrative riguardanti la Valcamonica
quali: la tassa boschiva in Valle, la strada Brescia-Aprica, la strada Edolo-Pontedilegno, la
conservatoria ipoteche di Breno ecc. Fu in polemica con lo stesso Zanardelli sulla questione
del distacco della Pretura di Pisogne chiesta dai comuni di Darfo e di altri per costituirsi in
mandamento autonomo o essere aggregati, come avvenne, a quella di Breno. Morì di colera.
[EB]
Cuzzetti Francesco, marzo 1848, diffonde l’insurrezione a Pisogne e nella Val Camonica, IV
213 e n. 7; 1858, fa parte del Gabinetto di lettura, 352; della sinistra democratica, 393; si astiene, nella votazione per la cessione di Nizza e Savoia, 394 n. 3; 1860, eletto deputato a Breno,
395, di nuovo eletto nel 1861, 401, 409. [SB]
Fisogni Carlo – (Brescia, 8 agosto 1854 - 26 febbr. 1936) – Di Gerolamo. Laureatosi in legge fu
dal 1878 sindaco, per lunghi anni di Brandico, assessore di Borgosatollo. Fu il primo in provincia a scavare a Brandico pozzi artesiani per salvare i contadini dalle febbri. Nel 1882 veniva eletto consigliere provinciale, fu poi nel 1882 consigliere comunale di Brescia nella minoranza e assessore della cosiddetta “giunta di rimando resistenza”, consigliere comunale di
Brescia per 26 anni e assessore per 12 anni. Fece parte della Commissione provinciale di
inchiesta sulle Opere Pie di cui fu segretario. Il 9 agosto 1898 venne nominato sindaco di
Brescia, carica che tenne per 4 anni e nella quale si distinse soprattutto per la costruzione dell’acquedotto comunale di Mompiano che egli stesso inaugurò l’8 giugno 1902. Nel 1901 tentò
dapprima una riforma della Camera del lavoro e favorì poi la nascita dell’Ufficio provinciale
del lavoro di Brescia. In seguito alle elezioni suppletive comunali del 9 luglio 1899 in cui gli
Zanardelliani riconquistavano posizioni perdute in precedenza, dava le dimissioni ma venne
rieletto con 40 voti su 48. Passato poi con le elezioni amministrative del 1902 alla minoranza,
intervenne più volte su molti argomenti come mutui passivi del Cemmo (1904), contro l’abolizione dell’insegnamento religioso nelle scuole. Fu inoltre consigliere provinciale per 34 anni
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Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
e deputato provinciale per 9. Promosse ed attuò una riforma del servizio degli esposti e del
brefotrofio, destinata a portare la mortalità degli infanti illegittimi al limite normale ed ad
aumentare in modo sensibile i riconoscimenti da parte delle madri nubili, riforma che venne
copiata da altre sette provincie. Dal 1913 al 1922 fu presidente del consiglio provinciale. Fu
eletto deputato al Parlamento nelle elezioni del 6 nov. 1892, nel Collegio di Leno, la sua elezione veniva annullata. Riuscì solo a tenere un discorso sul bilancio dell’Interno. Venne poi
rieletto nella successiva elezione del 12 giugno 1895. Ma nelle elezioni del 21, 28 marzo 1897
veniva battuto dall’avv. Massimini. Partecipò raramente alle sedute. Nella XIX legislatura
tenne discorsi sul bilancio dell’agricoltura e sulle imposte dirette e avanzò interpellanze sul
condono delle sopratasse e sul domicilio di soccorso. Per più di quarant’anni coperse molte
cariche pubbliche fra cui per due elezioni quella di presidente degli orfanatrofi e delle pie case
di Ricovero di Brescia. Fu per decenni vice presidente della Società di Solferino e S. Martino
e pubblicò l’opuscolo: - “La Società di Solferino e S. Martino e i monumenti ai gloriosi eroi
caduti per il Risorgimento e l’Unità d’Italia” (Padova, Li scudier 1927 16 p.). Interventista fu
nella I guerra mondiale tenente colonnello. All’inizio della stessa fu destinato ad assumete il
comando del battaglione di M.T. formato di soldati bresciani. Per essi preparò in dialetto bresciano un canto a due voci e per fanfara che avrebbe dovuto essere la marcia del battaglione.
Avendo abbandonato il servizio militare l’inno venne accantonato e la musica venne poi ripresa e applicata alle parole di una canzone del conte Teodoro Lechi dal Titolo “Bacia Italia i suoi
guerrieri!”. Durante la guerra tenne discorsi accesamente patriottici e si fece anche promotore
di un ufficio militare per l’identificazione ed il recupero delle salme, spingendosi, nel bisogno
fino nelle prime linee. Di queste esperienze umanitarie egli lasciò ricordo in un volume rimasto inedito dal titolo «Non dimentichiamo» in cui protestava contro le diffamazioni antiitaliane e difendeva Cadorna. Fu anche membro della Commissione nazionale per le onoranze ai
militari caduti in guerra. Appassionato di agricoltura fu per molti anni presidente della cattedra di agricoltura di Brescia, cercando di evitare scioperi e facendo adottare patti colonici uniformi dagli agricoltori della provincia. Dal principio della guerra presentò al ministero dell’agricoltura – come presidente della Cattedra – parecchie proposte, che vennero accolte ed
applicate nei decreti luogotenenziali, riflettenti le requisizioni e i rapporti fra proprietari, conduttori di fondi e lavoratori. Fu inoltre presidente di Consorzi irrigui. Fu tra i fondatori e
sostenitori del Credito agrario di cui fu sindaco per un cinquantennio. Fu inoltre censore della
succursale di Brescia della Banca d’Italia (1920-1926). Appassionato sportivo fu segretario
della Commissione provinciale di Tiro a Segno partecipò con la squadra di Brescia alle gare
di tiro a segno di Ginevra. Nel 1890 fu l’ideatore e l’organizzatore della prima gara generale
di tiro a segno in Roma e presiedette quella del 1893. Pubblicò anche un fortunato volume dal
titolo “Il tir o a segno nazionale in Italia” cenni statistici e storico critici (Brescia, 1882), fu presidente dell’Unione dei tiratori italiani. Suo anche il “Regolamento. per l’esecuzione della
legge 2 luglio 1882 ed il tiro a segno nazionale della provincia di Brescia” (Brescia, Pio Istituto,
1885 in 8.0). Pubblicò inoltre “Monografia sul tiro a segno nazionale in Italia” (Brescia, Pio
Istituto 1887 in 12.0). Fu tra i consiglieri della società concerti di Brescia dal 1889 al 1890.
Esponente della destra moderata “La tradizione, scrisse di lui Vincenzo Lonati, significava
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
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per Lui legame alle idee centrali di ordine, di disciplina, di gerarchia”. Nei “Commentari
dell’Ateneo di Brescia” pubblicò: “Sul tiro a segno nazionale in Italia” (1887 p. 88); “Brevi
cenni sulla cura Baccelli, applicata ad una stalla di bovini affetti da afta epizootica” (1902 p.
170); “Le lingue artificiali” (1904 p. 66). Nel 1892 pubblicò una “Commemorazione di Vittorio
Emanuele Il”. Pubblicò inoltre “Cinque lettere indirizzate al card. Querini”. Pianista. Debuttò
a Brescia il 2 marzo 1883 nell’aula del Palazzo Bargnani. Il 9 maggio si esibiva nel Ridotto del
Teatro Grande. [EB]
Fisogni Carlo, 1892, annullata la sua elezione a deputato di Leno, eletto successivamente, IV
432; moderato, battuto a Leno, 1897, 456; 1898, sindaco di Brescia, 456; 1899, si dimette, ma è
di nuovo eletto, 459; 1902, discorso per il nuovo acquedotto, 466 n. 1; 1904, voto contrario ad
un mutuo passivo del Comune, 468; 1906, vota contro l’abolizione dell’insegnamento religioso, 474; 1915, presidente del Consiglio provinciale, 490; discorsi patriottici, 490; 1920, presidente del Consiglio provinciale, 505; muore il 26 febbraio 1936, 503 n. 3. [SB]
Fossati Donato – (Toscolano 6 ottobre 1870 - Salò 14 agosto 1949) – Di Claudio e di Caterina
avanzino. Stabilitosi a Salò, dopo la laurea, vi esercitò la professione di Avvocato e si dedicò
presto alla vita pubblica. Liberale moderato fu consigliere comunale di Salò e dal 1906 al 1910
fu prosindaco. Si interessò, soprattutto del rinnovamento edilizio della città. Nel 1908 dimessosi 1’ing. Corniari per presentarsi candidato alle elezioni politiche, il Fossati lo sostituì alla
presidenza della Deputazione provinciale e vi venne riconfèrmato nel 1910, 1914 e nel 1920
fino al 1924. Durante la guerra tenne discorsi fortemente patriottici fra i quali ebbe viva eco
quello tenuto il 25 giugno 1916 al Teatro Comunale di Salò. Con il fascismo tenne posizioni di
distanza e vi è chi sostiene che abbia rifiutato per ben tre volte la nomina a senatore. Si dedicò invece oltre che alla professione anche agli studi storici. Fu sindaco di Salò della
Liberazione, e della prima amministrazione del dopoguerra, dall’aprile al dicembre 1946.
Studioso di cose bresciane fu socio e dal 1946 al l949 presidente dell’Ateneo di Salò, socio corrispondente dell’Ateneo di Brescia. Pubblicò: “Villa di Salò” (Salò, Devoti, 1925); Salò e la
Luguna” (Ib. 1926); “La valle di Vestino” (Salò, Bertolotti, 1931); “Benacum. Storia di
Toscolano” (Toscolano tip. A. Giovanelli, MCMXLI, pp. 193 in 8); “Distinte famiglie di Riviera
(Salò O. Devoti, 1941, pp 41in 8); “Rivieraschi illustri” (Salò G. Devoti, pp. 46 in 8); “Lapidario
urbano. Note di storia bresciana” (Salò, G. Devoti, 1942. pp. 70 in 8); “Storie e leggende” (vol.
I. Salò, G. Devoti, 1943, pp. 115 in 8); “Chiese e monasteri in Salò” (Salò, G. Devoti, pp. 67 in
8); “Storie e leggende” (Vol. II. Salò, G. Devoti 1944, pp. 124 in 8); “Festa della Vittoria, 13 maggio 1945. Discorso del Sindaco di Salò avv. Donato” (Salò, G. Devoti, 1945 pp. 6 in 8 n.n.);
“L’ora che passa. Conferenza tenuta al Teatro Comunale di Salò il giorno 29 luglio 1945” (Salò.
G. Devoti, 1945, pp. 18 in 8); “Monarchia o Repubblica? Conferenza tenuta al Teatro
Comunale di Salò il giorno 19 agosto 1945. (Salò. G. Devoti, 1945, pp. 24 in 8); “Una pagina di
storia salodiana. Conferenza tenuta al Teatro Comunale di Salò il giorno 23 settembre 1945”
(Salò, G. Devoti, 1945 pp. 21 in 8); Fra le altre pubblicazioni: “Per il centenario della morte di
Cristoforo Benamati di Maderno”, “In memoria del comm. avv. Marco Leonesio”; “Il centenario dell’Unità d’italia con Roma Capitale”; “Inaugurandosi a Salò i1 lungo lago Giuseppe
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Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
Zanardelli”; “La guerra e la pace”; “L’alto Benaco redento’’; ‘’Una celebre disfida a Lodrone”;
“Treviso Bresciano”, ecc. Pubblicò inoltre poesie in giornali e riviste. [EB]
Fossati Donato, di Salò, avvocato, moderato, presidente della Deputazione provinciale, 1908,
IV 473; 1915, confermato, 490; discorsi patriottici, 490; 1920, presidente della Deputazione provinciale, 505; storico di Salò, 741 e n. 1. [SB]
Frugoni Pietro – (Brescia, 26 maggio 1847 - 17 gennaio 1925) – Di Arsenio e di Amalia Cassa.
Frequentò il Ginnasio Liceo Arnaldo, e fu tra i migliori allievi del prof. Nicola Gaetani
Tamburini. Ne uscì col primo premio assoluto. Laureatosi in diritto, divenne fra i più acclamati avvocati di Brescia, oratore apprezzatissimo e improvvisatore felice. Nel 1870 ancor
prima di essere nominato, (la nomina è del 1872), incominciò a pubblicare una memoria giuridica nei “Commentari dell’Ateneo sugli effetti della condizione di vedovanza sulla quota di
riserva del coniuge superstite - (1870-73) cui seguirono “La nuova legge sulla riscossione delle
imposte dirette, e i diritti dei creditori ipotecari” - (1870-73) “Del termine per l’esercizio dell’azione di disconoscimento delle paternità” - (1878) “Il nuovo codice federale svizzero delle
obbligazioni - (1881) “Sull’articolo 36 del nuovo codice di commercio - (1883) “Osservazioni
sull’argomento del carcere preventivo, del cav. Maffei” - (1887) “La sottoscrizione nelle cambiali” - (1887) “La nullità del matrimonio per impotenza” - (1890). Fu anche molto attivo sul
piano politico amministrativo; liberale moderato entrò nella vita pubblica nel 1892, come consigliere comunale e nel 1895 come consigliere provinciale, per lunghi anni. A quanto scrisse
“Il Cittadino di Brescia” alla sua morte fu “uno dei maggiori esponenti della lunga alleanza
fra i cattolici bresciani e i liberali moderati, alleanza da lui costantemente patrocinata. Nel
1902 venne chiamato a presiedere la Deputazione provinciale e nel 1904 venne eletto presidente del Consiglio provinciale. Nello stesso anno, con le elezioni del 30 novembre 1904 entrava in Parlamento dove restava per tre legislature fino al settembre 1919 per il Collegio di Leno.
Particolarmente nella XXIII Legislatura intervenne sui bilanci dell’agricoltura, della guerra,
dei lavori pubblici, sui disegni di legge sulle Cancellerie Giudiziarie, sulle farmacie, sull’avvocatura erariale. Tenne discorsi sulle elezioni contestate e sulle strade ferrate non concesse
all’industria privata e relazioni varie. Nella XXIV Legislatura presentò un disegno di legge
sugli orfani di guerra e interpellanze e interrogazioni sul funzionamento della giustizia nella
provincia di Brescia, sulla linea ferroviaria Brescia-Parma, sul servizio ferroviario BorgotaroFornovo. Fu consigliere comunale a Travagliato. Fu inoltre a lungo nelle amministrazioni
delle Opere Pie e di Istituti di beneficenza, tesoriere dell’Ordine degli avvocati, consigliere
dell’Istituto femminile di famiglia. Nel 1920 venne nominato presidente della Associazione
monarchica bresciana. Fu tra i promotori della Croce Bianca. «Ma ancora più poderoso e redditizio – si legge nella Commemorazione all’Ateneo di Brescia – fu il lavoro qui lasciato da
Pietro Frugoni nelle Commissioni, nelle Giunte, nei Consigli amministrativi e direttivi del
Sodalizio, e in tutti quegli altri Corpi permanenti, o transitori, ai quali venivano affidati gli
interessi più vitali, come ad esempio quando si trattò, si discusse e si vinse l’ardua controversia della dotazione spettante all’Ateneo sui fondi dello Stabilimento scolastico, nella quale
il nome di Pietro Frugoni si accompagna ai non pieno chiari di Giuseppe Zanardelli e di
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
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Baldassarre Castiglioni. Pubblicò: “Della capacità giuridica della donna secondo la legislazione italiana” (Bologna 1870 in 8°); “Le civiche scuole elementari di Brescia nell’ultimo decennio” (Brescia 1871 in 8°); “Effetto della condizione di vedovanza sulla quota di riserva del
coniuge superstite” (Bologna 1872); -”La nuova legge sulla riscossione delle imposte dirette e
i diritti dei creditori ipotecari” (Bologna 1873). [EB]
Frugoni Pietro, 1892, consigliere, poi deputato al Parlamento, IV 443 n. 1; 1902, presiede la
deputazione, 461; 1904 presiede il Consiglio provinciale, 464; deputato di Leno, 464; 1906, confermato presidente del Consiglio provinciale, 473; 1909, confermato a Leno, 480. [SB]
Luscia Giovanni Andrea Luciano – (Rezzato 22 novembre 1819 - 13 marzo 1893) – Di Pietro
(medico) e di Caterina Leonesio. Ingegnere, godette vasta stima per la sua abilità professionale e dopo il 1860 fu particolarmente attivo nel settore dei lavori pubblici. Nel marzo 1960
venne eletto come primo presidente della Società degli ingegneri bresciani. Ebbe cultura letteraria e artistica notevoli e difese con convinzione l’acquisizione del gruppo del “Laocoonte”
dello scultore Giovanni Ferrari da coloro che ne volevano l’ostracismo dalla Pinacoteca Tosio,
in nome della celebre opera greca. Il 6 marzo 1859 venne eletto socio dell’Ateneo dove fu
molto attivo. Partecipò attivamente alla vita amministrativa e politica bresciana. Fu a lungo
sindaco di Rezzato dove assieme all’arch. Vantini promosse una fiorente scuola di disegno
pratico. Eletto deputato per il Collegio di Lonato nelle elezioni del 5 dicembre 1870, nel 1872
rivolgeva una “Lettera a S.E. il ministro Quintino Sella intorno all’applicazione dell’imposta
sui fabbricati” (Brescia, 1872, in 8°) che ebbe vasta eco. Tale argomento portò anche in aula e
forse per questo non venne più rieletto nelle elezioni del 23 novembre 1874; nella nuova tornata elettorale del 20 novembre 1876, venne sostenuto nel Collegio di Leno dal “Corriere della
Sera” e tornò in Parlamento, dove venne riconfermato nelle elezioni del 26 maggio 1880.
Sedette al centro destra, benché di parte moderata, dimostrò fermezza e coerenza combattendo a volte gli stessi ministri di Destra. In aula intervenne anche per contrastare i pronunciamenti del Presidente dei Consiglio Minghetti, per ostacolare le decisioni della Commissione,
presieduta dall’on. Depretis, che egli riteneva contrari agli interessi dei proprietari di fondi.
Dello stesso tenore fu la Relazione letta nell’aprile 1876 davanti all’Associazione Costituzionale di Brescia sull’indebito aumento sulla imposta fondiaria nel subcompartimento lombardo.
Fu tra i propugnatori della siderurgia e all’Ateneo propugnò la costituzione di una società
nazionale che ne rialzasse le sorti con sede in Valtrompia e di cui presentò un progetto all’
Ateneo di Brescia nel 1865. Si adoperò, sempre nel 1865 a ricomporre assieme all’ing. Luigi
Abeni e il prof. G.A. Folcieri a ricomporre la rivalità insorta fra la Società degli Agrofili e il
Comizio Agrario. Tra le sue pubblicazioni: “Sulla proposta formazione di una Società anonima bresciana per l’industria del ferro in Valtrompia” (“Commentari Ateneo di Brescia” An.
1865-67, pp. 69, sgg.); “Relazione sul quesito dei dazii sul ferro, da pubblicarsi pel concorso al
premio biennale” (Ibidem, pp. 71 sgg.); “Lettera a Sua Eccellenza il Ministro Q. Sella, intorno
all’applicazione dell’imposta sui fabbricati” (Brescia 1872, in 8°); “Relazione intorno all’aumento dell’imposta sui fondi rustici del subcompartimento lombardo di nuovo censo”
(Brescia 1876, in 4°). [EB]
70
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
Luscia Giovanni, deputato, ingegnere, lavori pubblici nel bresciano, dopo il 1860, IV 414 n.
10. [SB]
Manzini Angelo – (Desenzano 1842 - Chiari 16 novembre 1909) – Avvocato, si distinse soprattutto per la pratica amministrativa. Liberale zanardelliano, rappresentò per lunghi anni il
“Mandamento di Lonato” in Consiglio Provinciale, dove ebbe un ruolo importante, e di cui
divenne nel 1904 vicepresidente. Fu inoltre deputato e presidente fino al 1895 della
Deputazione provinciale, dove avviò una vasta riforma della beneficenza, specie in favore del
Manicomio e dei Brefotrofi provinciali. [EB]
Manzini Angelo, cav., avvocato, presidente della deputazione nel 1891, IV 441 e n. 6. [SB]
Martinengo Palatini Villagana Giovanni Francesco – (Brescia, 29 sett. 1807 - Vilagana, 7 ottobre 1867) – Di Leonardo I e di Degnamerita Benaglia. Fu tra i sospetti della polizia austriaca.
Partecipò ai moti del 1848 e fu dal Governo Provvisorio eletto a rappresentare Brescia nella
Commissione incaricata di preparare il progetto elettorale per l’Associazione Nazionale. Fu
presente ai fatti del 1859. Il 29 febbraio 1860 venne nominato senatore nella categoria del censo
e fu fra gli assidui alle sedute. Fu inoltre per alcuni anni presidente del Consiglio Provinciale
di Brescia. Con la zia Caterina fu ‘ideatore’, propugnatore e benefattore della nuova chiesa di
Villachiara dove è ricordato dalla seguente epigrafe: «Il popolo e la fabbriceria / di Villachiara
/ volendo perpetuare la memoria / di / Giovanni Martinengo Villagana Chizzola / Senatore
del Regno / che realizzò il voto delli suoi avi / questa lapide posero / il / 28 ottobre 1868».
Eresse per la sua famiglia anche la tomba gentilizia nel Cimitero di Brescia (n. 9 del semicerchio interno di destra) e quella del Cimitero di Villachiara, dove egli volle essere sepolto.
Aveva sposato la contessa Teodora di Angelo Lechi, la quale rimasta vedova di lui nel 1867
passò a seconde nozze col conte Giorgio Barbiano di Belgioioso di Milano. Nel 1829 nacquero i due gemelli Angelo e Luigi, poi Carlo e Giovanni. [EB]
Martinengo di Villagana Giovanni, 1860, senatore del regno, IV 395 e n. 1, 410 e n. 1; presidente del Consiglio provinciale di Brescia fino al 1867, quando muore, 415. [SB]
Nicolini Giovanni Battista – (Brescia, 16 gennaio 1794 - 28 agosto 1870) – Di Francesco e di
Claudia Viviani. Avvocato, patriota. È probabilmente il Nicolini che nel 1848 faceva parte
della «Presse notturna» (v.). Scoppiata la rivoluzione il 13 aprile 1848 venne chiamato a far
parte della nuova congregazione provinciale nominata dal Governo provvisorio. Con Valotti,
Fenaroli ed altri nel 1859 si schierò con la destra cavouriana, e fu il l° settembre 1859 tra i fondatori della «Sentinella bresciana». Al contempo venne nominato presidente dei Circolo
Politico (v.). Il 16 gennaio 1860 veniva nominato consigliere provinciale e il 23 febbraio chiamato a presiedere l’Ammininistrazione provinciale, raccogliendo consensi anche fra gli
avversari politici. Avendo i1 Cavour rinunciato al seggio parlamentare conquistato a Brescia
nelle elezioni del 25 marzo 1860 e optato per il Collegio di Torino, il 10 maggio il Nicolini subentratogli, sopravvanzava in ballottaggio l’ing. Alberto Cavalletto e veniva eletto, con 456 voti
contro 314, deputato nel 1° Collegio di Brescia. In Parlamento votò per l’annessione della
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
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Savoia e di Nizza alla Francia. In Parlamento sedette fino al 1861. Pubblicò: «Causa e natura
di moti rivoluzionari. Memoria dell’avv. G.B. Nicolini», Brescia, Tip. Venturini, 1848. [EB]
Nicolini Giovanni Battista, avvocato, 1848, fa parte della nuova congregazione provinciale,
IV 220 n. 6; della destra cavouriana, 392; presiede la amministrazione provinciale, 394, 402;
1860, deputato, 395. [SB]
Porro Savoldi Giorgio – (Lonato, 1 dicembre 1869 - 1 luglio 1955) – Di Enrico e di Teresa
Boccoli. Laureato in legge, si dedicò oltre che all’amministrazione delle proprietà terriere
anche ad attività amministrative, economiche, sociali e culturali. Nel 1905-1906 e nel 19151920 fu consigliere degli Spedali Civili; nel 1905 fu, per otto anni, deputato del Teatro Grande,
Consigliere e poi presidente del Consiglio di Amministrazione del Credito Agrario Bresciano
e come tale avviò un indirizzo di più ampi impegni verso una spinta di industrializzazione e
un ulteriore sviluppo delle commesse belliche. Sconfitto su tale linea, nel maggio 1919 dava
le dimissioni pur continuando dal 1928 al 1935 ad essere legato al CAB, sostenendo la Banca
in due delicati passaggi della sua storia negli anni Trenta: la vicenda dell’Unione Bancaria,
della quale sarà liquidatore governativo, e l’intervento per la rateizzazione dei debiti fondiari. Dopo aver aderito nel novembre 1923 al P.N.F. ne fu esponente di spicco così da venire nel
1925 nominato presidente della Commissione reale per l’amministrazione e poi del Rettorato
della Provincia di Brescia. In tale carica risanò il bilancio portandolo in attivo, affrontò il peso
dovuto al disastro del Gleno e a susseguenti alluvioni. Nel contempo affrontò opere di grande rilievo come l’autostrada Brescia-Bergamo-Milano, la strada Gardesana (Gargnano-Riva)
(del cui consorzio fu nel 1931, vice presidente ma anima), la strada della Valvestino, il miglioramento di quelle della Valsabbia e della Riviera Sebina, oltre alla costruzione dei sanatori di
Croce di Salvem a Borno e lo sviluppo dell’edilizia scolastica. Il 26 marzo 1926 venne nominato presidente della Commissione rurale della Provincia di Brescia; dal 4 gennaio 1927 al 4
maggio 1928 fu commissario e dal 18 Maggio 1928 presidente del Consorzio Provinciale
Antitubercolare e nel 1931 dell’Istituto Antitubercolare. Inoltre fu delegato straordinario
dell’Opera Nazionale Maternità e Infanzia che sviluppò, consolidò e coordinò in città e in provincia. Fu, ancora, presidente del Consiglio di amministrazione delle Istituzioni Agricole
Raggruppate Pastori, Dandolo, Chiodi e Conter. Nel 1930 venne nominato presidente del
Comitato provinciale di bonifica e inoltre del Consorzio di trasformazione fondiaria. Fu attivo anche riguardo alle attività sportive: nell’ottobre 1929 con Attilio Bertolotti e Innocente
Dugnani fu organizzatore della “Settimana del Garda”. Nel frattempo fu sempre attivo nel
campo bancario e finanziario. Il 9 aprile 1929 venne nominato presidente della Banca
Nazionale di Agricoltura di Milano. Nel 1932 con Giulio e Leone Togni fondò la “Anonima
beni immobiliare bresciana, s.p.a.”, una delle prime del ramo. Fu considerato come il capofila della tendenza idustrialista all’interno della finanza locale sia laica (CAB) che, in parte,
anche cattolica (Banca s. Paolo). Fu, ancora, vicepresidente dell’O.N.B. e del “Brescia football”. Nel 1929 venne eletto deputato al Parlamento. Amministratore dal 1932 al 1936
dell’Opera di prevenzione antitubercolare infantile Villa Paradiso” (sulla quale pubblicò opuscoli e articoli), fu anche tra i più attivi promotori e presidente della “Scuola Infermiere Paola
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Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
di Rosa”. Si era trasferito a Lonato il 27 maggio 1937. Aveva sposato Bice Borghetti (1873-1951)
dalla quale ebbe Enrico (n. nel 1902). [EB]
Porro Savoldi Giorgio, notaio, presiede l’amministrazione della Provincia, IV 512; 1929,
presentato ed approvato nelle votazioni, 513. [SB]
Quistini Giovanni - (Villa Cogozzo, 28 ottobre 1841- Gardone V.T., 7 maggio 1913). Di
Bernardo e di Maria Teresa Cantoni. Laureatosi in legge a Pavia a 23 anni, aprì quasi subito
un ufficio legale a Gardone V.T. dove risiedette per cinquant’anni. Fu per tutta la vita seguace fedele di Zanardelli e suo primario collaboratore tanto da essere da lui designato con
Massimo Bonardi e Fausto Massimini, coordinatore Ugo Da Como, come esecutore testamentario. Il 12 luglio 1886 fu eletto consigliere provinciale del Mandamento di Gardone e riconfermato in cinque elezioni. Eletto (1882) deputato provinciale supplente, il 14 agosto 1893 fu
eletto Presidente della Deputazione Provinciale fino all’agosto 1895, operando la riorganizzazione del manicomio provinciale e intervenendo in numerose questioni. Nella sua commemorazione l’avv. Frugoni rilevò: «Come sotto la presidenza Manzini venne attuata la riforma
del servizio esposti, sotto quella Quistini seguiva la riforma del servizio dementi colla costruzione ed organizzazione del nuovo manicomio provinciale, dei più perfetti dell’ epoca. Né a
ciò solo si volse l’attività del Quistini; i resoconti consigliari contengono pregevoli sue relazioni ed importanti discorsi sulla caccia, sulla pesca, sul tiro a segno, sul canale di unica derivazione delle acque del Mella, su diverse sistemazioni stradali e sulla ferrovia BresciaGardone, una delle più tenaci sue aspirazioni che non poté vedere realizzata, mentre del suo
intelligente amore per le industrie delle arci, di cui è fertile la valle Trompia, è documento la
relazione dettata pel sub comitato bresciano ad illustrazione del padiglione regionale che
rifulse all’esposizione di Roma del 1911». Si interessò decisamente per risollevare l’economia
della valle e fu tra i promotori del progetto della Ferrovia Camuna, prospettando un allacciamento con la Val Trompia. Inoltre, come è stato rilevato, meritano una menzione particolare
l’esecuzione di opere pubbliche sussidiate dal governo, gli sforzi per guadagnare alle industrie locali commissioni statali di armi e materiali ferroviari, le campagne elettorali del collegio, le complesse vicissitudini delle fabbriche d’armi di Gardone, con particolare riferimento
alla condizione dell’occupazione operaia nei periodi di crisi (scioperi e licenziamenti), la realtà sociale dei valligiani. Nel 1903 si adoperò per la concessione di un sussidio alla Camera del
lavoro. Il 31 gennaio 1904 gli elettori del Collegio di Iseo lo elessero come successore dell’on.
Zanardelli (che gli lasciò per testamento le sue medagliette parlamentari) con 2649 voti su
3193 votanti nella XXI legislatura. Venne rieletto nel luglio 1909 nella XXII legislatura, con gli
auguri di riuscita da parte di Guglielmo Marconi da Rimini. Suoi principali sostenitori furono Beretta, RedaelIi ecc. Non si segnalò per particolare attività parlamentare, preferendo l’attività provinciale valtrumplina. Tuttavia fu in corrispondenza e a contatto con gli uomini politici più noti del tempo quali Giovanni Giolitti, Ettore Sacchi, Francesco Cocco Ortu, Tommaso
Villa, Oreste Baratieri e Massimo Bonardi. Fu inoltre, dal 1900, presidente del Consiglio dei
probiviri per le industrie metallurgiche. Sostenne in ogni modo l’industria armiera valtrumplina e curò personalmente due esposizioni d’armi: a Vienna, nel 1910, e a Roma, nel 1911, in
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
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occasione del 50° dell’Unità d’Italia. Come ricorda Francesco Bevilacqua: «Si prodigò con
opera feconda per l’arsenale, per il “banco di prova nazionale per le armi da fuoco portatili”,
per le stesse fabbriche che difese prima con Giuseppe Zanardelli e poi da solo tenacemente e
costantemente contro le ostilità e le insidie talvolta nascoste, riuscendo a conservare alla Valle
l’antica e tradizionale industria delle armi. Anche la “Regia scuola professionale” di Gardone
Val Trompia deve a lui la sua fertilità; la protesse fin dall’inizio con la propria autorità appoggiando il suo sviluppo presso gli Enti di allora, presso i privati e presso il Ministero stesso.
Tenne sotto la sua ala protettiva anche il cotonificio “Mylius” (divenuto poi Bernocchi) di
Cogozzo per la cui causa si batté e vinse a Brescia». Fu presidente onorario della associazione Pro Valle Trompia e fu consigliere dell’Ordine degli Avvocati. Attività intensa svolse anche
in enti valtrumplini. Fu tra l’altro avvocato della fabbriceria di Collio e di altre parrocchie e
per il patrocinio dato ai meno abbienti venne ricordato come “avvocato dei poveri”.
Zanardelli lo volle raffigurato, come ha rilevato Francesco Bevilacqua, in un affresco dello
Ximenes nella sua villa di Maderno. Come ha ricordato Francesco Bevilacqua tenne numerose orazioni funebri in varie occasioni per la morte di amici; fra le quali quella in onore di
Cirillo e Federico Bagozzi, padre e figlio, nel cimitero di Villa; per il dott. Pietro Ponzoni a Carcina; a Lavone parlò per la morte di Egidio Zanardelli, fratello dello statista; a Gardone Val
Trompia per l’amico Giuseppe Beretta; a Laorca (Lecco) fu per la morte di Pietro Redaelli ed
a Molina di Ledro per quella di Agostino Zecchini, insigne patriota e suocero di Federico
Bagozzi. Ultimo fu il discorso ufficiale in occasione dell’inaugurazione del monumento a
Giuseppe Zanardelli il 6 ottobre 1912 a Gardone Val Trompia. Si dilettò anche di poesia. Tra
le sue pubblicazioni: “Della vita di don Giovanni Bruni” (Brescia); Rivetti e Sca1vini, 1880, n.
16 compilate in memoria del farmacista Beniamino Mazza e altre raccolte dal cav. Costanzo
Glisenti. “Le armi bresciane e della Val Trompia”, Monografia di G.Q. in “Brixia. (Brescia
1882). [EB]
Quistini Giovanni (1841-1913), avvocato, lettere di Zanardelli, IV 428 n. 1; per 5 volte consigliere provinciale, 1893-1895, presidente della deputazione, 463 n. 1; la “strana bufera elettorale” del 1895, 453; 1903, favorevole alla concessione di un sussidio alla Camera del lavoro,
471 n. 4; 1904, deputato di Iseo, 463; muore il 1913, 463 n. 1. [SB]
Reggio Arturo – (Montirone, 27 febbraio 1879 - Saiano, 18 agosto 1959) – Di Epaminonda e di
Carolina Volpi. Sentì profonda l’influenza del padre, esponente del moderatismo liberale bresciano, della madre e dello zio don Francesco Volpi che si preoccuparono della sua educazione religiosa. Dopo aver frequentato il Liceo Arnaldo di Brescia studiò legge a Padova
dove svolse attiva azione patriottica e culturale nel1’ambiente universitario, dando vita, con
Francesco Carnelutti, al circolo universitario “Camillo Cavour” del quale fu eletto presidente
accanto a Marziale Ducos. A 18 anni era già collaboratore alla “Sentinella Bresciana”.
Laureatosi nel 1900, anche per la morte del padre (1904), dovette dedicarsi presto nello studio
di Giacomo Bonicelli alla avvocatura nella quale si distinse per cultura, intuito giuridico, facilità ed eleganza di parola. Specializzatosi nel diritto civile studiò fra l’altro a fondo la legislazione sulle acque pubbliche, compiendo anche interessanti indagini storico giuridiche sulle
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Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
rogge bresciane derivate dall’Oglio e dal Chiese. Nel 1905 viene eletto nel gruppo cattolico
moderato consigliere del Comune di Brescia e, poco dopo, assessore. Nel luglio 1907 viene
eletto consigliere provinciale per il mandamento di Verolanuova. Sostenitore dell’insegnamento religioso nelle scuole (1907) e delle Unioni Cattoliche del Lavoro (1908-1910) tiene
anche, specie in provincia, molte conferenze di carattere economico e sociale, rivelando particolare conoscenza dei problemi provinciali, quali quello delle acque. Nel 1912 è con Pietro
Frugoni fra i promotori del movimento nazionalista e del Gruppo Nazionalista Bresciano del
quale diviene, nel marzo 1914, presidente. Interventista caldeggia, specie dalla “Sentinella
Bresciana” e con conferenze e comizi, in ogni modo l’entrata dell’Italia in guerra. Il 20 giugno
1914 viene eletto consigliere comunale nel blocco cattolico moderato. Rieletto nel febbraio
1915, oltre che assessore viene eletto vicesindaco. Acceso interventista il 4 luglio 1918 inneggia a Wilson. Il 18 luglio 1919 in seguito alle dimissioni per motivi di salute di Dominatore
Mainetti, viene nominato pro-sindaco, carica che abbandona nel 1920. Sempre appassionato
di problemi amministrativi copre la carica di presidente della Sezione provinciale bresciana
dell’Associazione dei Comuni italiani. Nel novembre 1919 si presenta alle elezioni nella lista
cattolico moderata come indipendente, ma non ottiene successo. Copre numerosi incarichi e
cariche pubbliche: presidente delle Istituzioni Agrarie Raggruppate (Pastori, Dandolo, Chiodi
e Conter); della Scuola di Agraria “Dandolo” di Bargnano, dell’Opera Pia Sanatorio Infantile
di Valledrane e commissario straordinario del Consorzio provinciale per l’istruzione tecnica
di Brescia. E’ inoltre vicepresidente della Società Ferroviaria Rezzato-Vobarno e delle Tramvie
Elettriche Bresciane, legale amministratore della Società Elettrica Bresciana. Appartato durante il fascismo, si accosta sempre più decisamente alla Resistenza raccogliendo intorno a sé
un gruppo di giovani della generazione di Sandro Bonicelli, sostenendo poi la stampa clandestina e collaborando a “il Ribelle”. Chiamato nell’aprile 1945 dal CLN a presiedere la
Provincia fino alle elezioni amministrative del 1951, ne avvia l’attività con rigore e profondo
senso morale. Assunta la presidenza del P.L.I. nel 1951 ne risulta l’unico consigliere comunale. Dal 1952 si apparta sempre più dalla vita pubblica.
Suoi scritti sono: “La liberazione di Gerusalemme” (Brescia, Tipogr. Brescia, 1917); Con
Bianchi Antonio, Conte Ernesto: “Le acque del Chiese e il riconoscimento delle quattro grandi utenze” (Brescia, Tip. Istituto Pavoni, 1922, pp. 138 in 4°); “Titoli legittimi delle derivazioni del Chiese”; “Titoli legittimi delle rogge bresciane derivate dall’Oglio”. [EB]
Reggio Arturo, avvocato, moderato, 1905, consigliere comunale, IV 464; ideatore della scuola
Moretto, 492 n. 6; 1919, prosindaco, 490; 1919, elogio del gruppo degli emigranti, di D.
Ghidoni, 502; 1945, presidente della amministrazione provinciale, 520; collaboratore de «Il
Ribelle », 745. [SB]
Salvetti Giacomo – (Pallanza, 7 marzo 1878 - ?) – Di Giuseppe e di Clotilde Masino. Fu viceprefetto, proveniente da Novara, della provincia di Brescia dal 1925 al 1926, quando fu trasferito a Girgenti con l’incarico di prefetto. Fu anche presidente della Regia Commissione
straordinaria della Provincia. [EB]
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
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Tafuri Giovanni – Sec. XX. Ispettore generale del Ministero degli Interni, nel 1927, come
Commissario straordinario, gestì la Provincia di Brescia passandola poi al presidente Giorgio
Porro Savoldi. [EB]
Tafuri Giovanni, gestione straordinaria dell’amministrazione provinciale bresciana, IV 512.
[SB]
Valotti Diogene, conte, indicato alla carica di podestà, rifiuta, 1859, IV 360; assessore, giugno
1859, 363; lettera di Garibaldi al V., 364 n. 1; 13 giugno, invita i bresciani ad accogliere
Garibaldi e i Cacciatori delle Alpi, 365 n. 4; 15 giugno, a Palazzolo, rende omaggio a Vittorio
Emanuele Il, 372 n. 9; 18 giugno 1859, accompagna Napoleone III, 375; promette a Napoleone
III la massima assistenza ai feriti, 385; croce della legion d’onore, 387; della destra cavouriana, 392; propone di deliberare un’offerta di un milione al re in caso di necessità, 394, 400 n. 2;
sindaco di Brescia, 403, 408; si reca a Torino a rendere omaggio al re, 409; ritratto, 409 ill.; poi
eletto deputato a Verolanuova, 410 n.; dal 1867, presidente della Deputazione provinciale, 415;
fino al 1891, 441; 1883, raccomanda di contenere gl’interventi della provincia nelle spese di
sua pertinenza, 448; 1889,. senatore del regno, 410 n. 1; nel 1910, muore, 477. [SB]
Zanardelli Giuseppe, partecipa alla intercettazione dei rinforzi provenienti da Verona allo
Schwarzenberg, 1848, IV 211 n. 4; 428; 1848, partecipa alle operazioni dei volontari nel trentino, 218 n. 3; professore di liceo destituito, 325 n. 4; 1857, promuove il Gabinetto di lettura, 352,
717; 1857, articoli su “Il Crepuscolo”, 352; riguardanti l’esposizione bresciana , 354, 1014, 1016,
1017; lettere a “Il Crepuscolo” sulle condizioni econom. Bresciane nel decennio pre-unitario,
554 e n. 4; con i suoi amici scrive un rapporto sulle condizioni di Brescia, 1859, 362, attraverso la Svizzera, raggiunge Garibaldi, riceve l’incarico di far insorgere la provincia di Brescia,
363; non vuole che si susciti un’insurrezione artificiosa di Brescia, 364 e n. 3; prepara il proclama per la cittadinanza, poi cede i potere al commissario regio col quale collabora, 365; 12
giugno, fa parte della commissione di amministrazione e di difesa, 365 n. 3; critica la freddezza patriottica del vescovo Verzieri, 390 n. 2; Campagna contro il vescovo su “La Gazzetta
di Brescia”, 612; esponente della sinistra prima con “La Gazzetta di Brescia”, poi con
“L’Indicatore bresciano”, 366, 393, 618, 621; 1860, ottiene i suffragi sia della destra che della
sinistra, anima del Circolo Nazionale, tiene lezioni pubbliche di diritto costituzionale, 393;
vota contro la cessione di Nizza e Savoia, 394 n. 3; coopera alla costituzione di una società di
mutuo soccorso, 421; 1860, eletto a Gardone e Chiari, 395; 1861, eletto a Iseo, 401, 409 e n. 4; in
parlamento, aderisce al gruppo di sinistra, 402; nella sinistra costituz. dello Zanardelli trovano uno sbocco naturale i movimenti garibaldini e repubblicani, 408; 1862, fa parte della commissione promotrice del Tiro al bersaglio, 415; 1865, contrario all’abbattimento della Chiesa di
S. Domenico, 412; dopo il 1876, aderisce alla massoneria, a Roma, 418; 1866, lamenta la lentezza del Ministero nell’approvvigionare il corpo dei Volontari, 423; “leader” del partito liberale in Brescia, 427; si adopera per assicurare ingenti forniture da parte di industrie bresciane
all’esercito, alla marina, alle ferrovie, 428 e n. 1; critiche da parte dei cattolici e dei moderati,
428; in modo particolare per le candidature a sorpresa, 428 e n. 4; 1874, nelle elezioni politi-
76
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
che, vince ad Iseo ma è sconfitto a Brescia, 429 e n. 10; 1874, presidente della società operaia
di Bovegno, 446; lettera sulle contestazioni elettorali in Val Trompia, vertenza cavalleresca con
Berardo Maggi, 430 n.; lettera del 17 dicembre in cui lamenta la fiacchezza del partito a
Brescia, e le difficoltà dei problemi da affrontare a Roma, 430; 18 marzo 1876, ministro dei
Lavori pubblici, provvede a far nominare dei cavalieri, ed il senatore di Brescia, 431; le posizioni del suo partito si rafforzano nelle elezioni del 1876 e del 1880, e nelle successive fino al
1890, 431; 1878, ministro dell’interno, 433; e dell’agricoltura, 434; discorso di Iseo, 433-435;
1882, si congratula con gli oppositori cattolici, 440; presidente della società «Tiro a segno»
(1882), 1154; presidente del Consiglio provinciale dal 1882 al 1895, 441; 1890, visita del re a
Brescia, 441; opinione favorevole nella Banca popolare, 450, 451; 1895, interessato a scongiurare la minaccia di chiusura della fabbrica d’armi, 469; 1895, perde il suo seggio, 453; 1896,
si oppone al progetto Cassa per i restauri della Loggia, 466; 1897, il suo partito vince nelle elezioni politiche, 456; deputato di Iseo, 456; 1898, lettera del 10 agosto 1898 a Massimo Bonardi,
458; si lamenta per il conferimento di alcune croci di cavaliere, 458; si preoccupa della riorganizzazione delle forze liberali, 1899, telegramma al Bonardi, 458; passione trentina, e difesa
dei compagni di G. Oberdan, 487 e n. 1; 1901, presidente del Consiglio, 459; appoggia la rinascita di Salò dopo il terremoto, 471; 1902, il partito dello Z. alleato con repubblicani e socialisti riprende in mano l’amministrazione bresciana, 459; 1902, presidente del Consiglio provinciale, 461; studi sulla sericoltura, 550; suggerimenti sul serificio, 573; discorsi « Sull’Avvocatura», 1875-1876, 730, 731; membro benemerito dell’Ateneo, 839; alunno del liceo, 846; produzione di fieno nel 1857, 1003 n. 1; dati statistici sulle concerie, 1016; fabbriche d’armi della Val
Trompia, 1017; non dà notizie del risparmio e della finanza privata, 1043; 1903, muore a
Maderno, 461; funerali, 458 ill.; il testamento, 462; villa Zanardelli, a Fasano, colonia di profilassi infantile antitubercolare, 651; una lapide, un monumento, la « Scuola professionale operaia G. Zanardelli», di Gardone V. T., 461 n. 4; il monumento, di D. Calandra, 477, 479, 922, 919
ill.; particolare del monumento, 460 ill.; 1908, un busto a Breno, 477; monumento a Maderno,
del Bistolfi, 922; a Salò, 924; tomba al Vantiniano, di E. Ximenes, 922; ritratto giovanile, 353;
ritratto; 440 441 tav. f. t. a col. [SB]
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
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Le principali tappe normative:
le leggi e i testi unici che hanno regolato
la vita della Provincia
[(*) riportate per le parti di intreresse]
– Legge 23 ottobre 1859. Legge comunale e provinciale (*)
– Legge comunale e provinciale del 20. 3.1865 n. 2248 (*)
– Regolamento per l’esecuzione della Legge sull’amministrazione comunale e provinciale del
20.3.1865.
– Legge 30.12.1888 n. 5865 portante modificazioni alla Legge comunale e provinciale del
20.3.1865 (*)
– R.D. 10.2.1889 n. 5921 che approva il testo unico della Legge comunale e provinciale.
– R.D. 10.6.1889 n. 6107 col quale è approvato il Regolamento per l’esecuzione della Legge
sull’amministrazione comunale e provinciale.
– Legge 11.7.1894 n. 287 per le operazioni elettorali amministrative e politiche portante modificazioni anche di altri articoli della Legge comunale e provinciale.
– R.D. 4.5.1898 n. 164 che approva il nuovo testo unico della Legge comunale e provinciale.
– R.D. 19.9.1899 n.394 che approva il regolamento per l’esecuzione della Legge comunale e
provinciale.
– Legge 11.2.1904 n.35 che regola la rinnovazione dei consigli comunali e provinciali.
– R.D. 21.5.1908 n. 269 che approva il testo unico della Legge comunale e provinciale (*)
– R.D. 12.2.1911 n. 297 che approva il regolamento per l’esecuzione della Legge comunale e
provinciale.
– Legge 19.6.1913 n. 640 che reca modificazioni al testo unico della Legge comunale e provinciale.
– R.D. 4.2.1915 n. 148 col quale è approvato il nuovo testo unico della Legge comunale e provinciale.
– Legge 30.12.1923 n. 2839. Riforma della Legge comunale e provinciale (*)
– Legge 27.12.1928 n .2962, Riforma dell’Amministrazione provinciale (*)
– Rd. 14 settembre 1931, n. 1175, testo unico sulla finanza locale
– R.D. 3.3.1934 n.383. Approvazione del testo unico della Legge comunale e provinciale.
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
79
– R.D.L. 4.4.1944 n.111. Norme transitorie per l’amministrazione dei Comuni e delle Province.
– Costituzione della Repubblica del 27.12.1947 (*)
– Legge 8.3.1951 n.122. Norme per la elezione dei Consigli provinciali.
– Legge 10.9.1960 n.962. Modificazioni alla Legge 8.3.1951 n.122 contenente norme per la elezione dei Consigli Provinciali ed al testo unico approvato con decreto dei Presidente della
Repubblica 16.5.1960 n.570 delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle
amministrazioni comunali.
– D.P.R. 3.3.1961. Tabella delle circoscrizioni dei collegi uninominali per la elezione dei
Consigli Provinciali.
– Legge 10.8.1964 n. 663. Modificazioni alle norme per la elezione dei Consigli comunali di cui
al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 16.5.1960 n.570 ed alle
norme per la elezione dei Consigli provinciali di cui alle leggi 8.9.1951 n. 122 e 10.9.1960
n.962.
– Legge 3.1.1978 n.3. Norme per l’effettuazione delle elezioni provinciali e comunali.
– Legge 23.4.1981 n.154. Norme in materia di ineleggibilità ed incompatibilità alle cariche di
consiglieri regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale ed in materia di incompatibilità degli addetti al Servizio Sanitario nazionale.
Le principali novità legislative in tema di Enti Locali dal 1989:
Dalla storia di Ancitel attraverso le principali novità legislative in tema di Enti Locali
(Fonte: Ancitel - La rete dei Comuni Italiani)
[http://www.ancitel.it/profilo_storianew.cfm] [Settembre 2005]
1989-1992
– Legge 8.6.1990 n.142. Ordinamento delle autonomie locali.
– Legge n. 241 Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.”.
– Legge 7.6.1991 n.182. Norme per lo svolgimento delle elezioni dei Consigli provinciali,
comunali e circoscrizionali.
– Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 Riordino della finanza degli enti territoriali, a
norma dell’art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.
1993-1995
– Legge 25.3.1993 n.81. Elezione diretta del Sindaco, del Presidente della Provincia, del
Consiglio comunale e del Consiglio provinciale.
80
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
– Decreto legislativo 3 febbraio 1993 n. 29 razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma
dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.
(Decreto abrogato dal d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, art. 72 lett. t)
– Decreto legislativo 12 febbraio 1993 n. 39 norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche, a norma dell’art. 2, comma 1, lettera mm), della
legge 23 ottobre 1992, n. 421.
– Legge 11 febbraio 1994, n.109 legge quadro in materia di lavori pubblici.
– Decreto legislativo 25 febbraio 1995, n.77 ordinamento finanziario e contabile degli enti
locali.
1996-1998
– Legge 15 marzo 1997, n.59 delega al governo per il conferimento di funzioni e compiti alle
regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa.
– Legge 15 maggio 1997, n.127 misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa
e dei procedimenti di decisione e di controllo.
– Decreto del presidente della repubblica 04 dicembre 1997, n.465 regolamento recante disposizioni in materia di ordinamento dei segretari comunali e provinciali, a norma dell’articolo 17, comma 78, della legge 15 maggio 1997, n. 127.
– Decreto del presidente della repubblica 10 novembre 1997, n.513 regolamento recante criteri e modalità per la formazione, l’archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici, a norma dell’articolo 15, comma 2, della legge 15 marzo 1997,
n. 59.
– Decreto legislativo 31 marzo 1998, n.80 nuove disposizioni in materia di organizzazione e
di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di
lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4,
della legge 15 marzo 1997, n. 59.
– Decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112 conferimento di funzioni e compiti amministrativi
dello stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo i della legge 15 marzo 1997,
n. 59.
– Decreto del presidente della repubblica 20 ottobre 1998, n.447 regolamento recante norme
di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l’ampliamento,
la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi, per l’esecuzione di opere interne ai fabbricati, nonché per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi, a norma dell’articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59.
(istitutivo dello sportello unico)
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
81
1999-2002
– Legge 03 agosto 1999, n.265 disposizioni in materia di autonomia e ordinamento degli enti
locali, nonché modifiche alla legge 8 giugno 1990, n. 142.
– Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti
locali. (art. 31 legge 3 agosto 1999, n. 265).
– Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3 modifiche al titolo v della parte seconda della
costituzione.(*)
2003- 2004
– Legge n. 131/2003 - attuazione della riforma del titolo V della Costituzione.
– DPR n. 327/2001 - testo unico sulle espropriazioni (entrato in vigore nel giugno 2003).
– DPR n. 380/2001 - testo unico sull’edilizia (entrato in vigore nel giugno.
82
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
Legge 23 ottobre 1859
Legge comunale e provinciale
VITTORIO EMANUELE II
Per grazia di Dio
Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme,
Duca di Savoia e di Genova, ecc., ecc., Principe di Piemonte, ecc., ecc., ecc.
In virtù dei poteri straordinari a Noi conferiti colla Legge del 25 aprile 1859;
Sulla proposizione del Ministro dell’Interno;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Abbiamo decretato, e decretiamo sull’ordinamento comunale e provinciale quanto segue:
TITOLO I
Divisione del territorio del Regno e Autorità Governative.
Art. 1
Il Regno si divide in Provincie, Circondarj, Mandamenti e Comuni secono la tabella annessa alla presente legge.
Art. 2
In ogni Provincia vi è un Governatore, un Vice-Governatore, ed un Consiglio di Governo.
Art. 3
Il Governatore rappresenta il Potere esecutivo in tutta la Provincia;
Mantiene le attribuzioni dell’Autorità amministrativa, e promuove i conflitti;
Provvede alla pubblicazione ed alla esecuzione delle leggi;
Veglia sull’andamento di tutte le pubbliche Amministrazioni, ed in caso d’urgenza fa i provvedimenti che crede indispensabili nei diversi rami di servizio;
Soprintende alla pubblica sicurezza, ha il diritto di disporre della forza pubblica, e di richiedere la forza
armata;
Nell’Amministrazione provinciale e comunale esercita le funzioni determinate dalla legge;
Dipende dal Ministro dell’Interno, e ne esegue le istruzioni.
Art. 4
Il Vice-Governatore rappresenta il Governatore nei casi d’assenza od impedimento, ed esercita le
funzioni che gli sono attribuite dalla presente legge.
Art. 5
Il Consiglio di Governo ha le attribuzioni giurisdizionali che gli sono commesse dalle leggi.
È chiamato a dar parere nei casi prescritti dalle leggi e dai regolamenti, e quando ne sia richiesto dal
Governatore.
I membri del Consiglio compiono le imcumbenze amministrative che loro vengono dal Governatore
affidate.
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
83
Art. 6
Il Consiglio di Governo si compone di un numero di Consiglieri non maggiore di cinque. Vi potranno essere Consiglieri aggiunti.
È presieduta dal Governatore o da chi ne fa le veci.
Le funzioni di Ministero pubblico presso il Consiglio di Governo saranno esercitate da quello dei
membri che verrà dal Governatore designato.
Art. 7
In ogni Circondario vi è un Intendente che compie sotto la direzione del Governatore le incombenze che gli sono commesse dalle leggi, eseguisce gli ordini del Governatore, e provvede nei casi di urgenza riferendone immediatamente al medesimo.
Nel Circondario, ov’è il Capo-luogo di Provincia, l’ufficio d’Intendente è esercitato dal ViceGovernatore.
Art. 8
I Governatori, i Vice-Governatori, gli Intendenti, e coloro che ne fanno le veci non possono essere
chiamati a render conto dell’esercizio delle loro funzioni, fuorché dalla superiore Autorità amministrativa, né sottoposti a procedimento per alcun atto di tale esercizio senza autorizzazione del Re, previo
parere del Consiglio di Stato.
Art. 9
Presso ogni Governatore sono stabiliti impiegati di segrete. Una parte dei medesimi sarà applicata
al Consiglio provinciale, ed alla Deputazione provinciale.
Con Decreto Reale verrà fissato il quadro del personale suddetto, e di quello da applicarsi ad ogni
Ufficio d’Intendenza.
Omissis
TITOLO TERZO
Dell’Amministrazione Provinciale
Capo I
Delle Provincie.
Art. 145.
La provincia è corpo morale, ha facoltà di possedere, ed ha un’amministrazione propria che ne regge
e ne rappresenta gl’interessi.
Art. 146.
L’amministrazione d’ogni Provincia è composta di un Consiglio provinciale, e di una Deputazione
provinciale.
Il Governatore vi esercita le attribuzioni che gli sono affidate dalla legge.
Art. 147.
Sono sottoposti all’Amministrazione provinciale:
1°. I beni e le attività patrimoniali della Provincia, e de’ suoi Circondarj;
2°. Le istituzioni o gli stabilimenti pubblici ordinati a pro’ della Provincia o de’ suoi Circondarj;
84
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
3°. I fondi e i sussidj lasciati a disposizione delle Provincie dalle leggi speciali.
4°. Gl’interessi dei diocesani quando a termini delle leggi son chiamati a sopperire a qualche spesa.
Capo II
Del Consiglio Provinciale.
Art. 148.
Il Consiglio provinciale si compone:
Di 60 membri nelle Provincie che hanno una popolazione eccedente i 600
mila abitanti;
Di 50 membri in quelle la cui popolazione supera i 400 mila abitanti,
Di 40 membri in quelle la cui popolazione eccede i 200 mila abitanti;
Di 20 nelle altre.
Art. 149.
Il numero dei Consiglieri di ciascuna Provincia è ripartito per mandamenti in conformità della tabella annessa alla presente legge.
Art. 150.
I Consiglieri provinciali sono eletti da tutti gli elettori comunali del Mandamento. Essi però rappresentano l’intiera Provincia.
Art. 151.
Chi sarà eletto in due o più Provincie, ovvero da due o più Mandamenti di una stessa Provincia,
dovrà optare entro il termine di otto giorni successivi alla proclamazione di cui all’art. 153.
In difetto di opzione nel detto termine sarà determinato per estrazione a sorte il Mandamento, o
Mandamenti che dovranno procedere a nuova elezione.
Art. 152.
All’elezione dei Consiglieri provinciali si procederà nelle stesse epoche, e colle stesse regole e forme
fissate per le elezioni dei Consiglieri comunali, facendone però constare con verbali separati.
Art.153.
Compiute le operazioni a termini dell’art. 71, il Presidente dell’ufficio principale di ogni Comune trasmette immediatamente al Governatore per mezzo dell’Intendente gli atti dell’elezione.
La Deputazione provinciale in seduta pubblica indicata con manifesto del Governatore verifica la regolarità delle operazioni, statuisce sui richiami insorti, fa lo spoglio dei voti, proclama a Consiglieri provinciali i candidati che ottennero maggior numero di voti, e notifica il risultato della votazione agli eletti.
Art. 154.
Dalle decisioni della Deputazione potrà essere interposto appello al Consiglio provinciale nella sua
prima sessione. Il Consiglio pronuncia definitivamente.
Contro le deliberazioni del Consiglio provinciale non vi ha ricorso ai tribunali.
Art. 155.
Non possono essere eletti a Consiglieri provinciali quelli che non possedono nella Provincia, o che
non vi hanno domicilio a mente dell’art. 16, i minori di 25 anni, gli Ecclesiastici e i Ministri del culto contemplati nell’art. 22, i Funzionari cui compete la sorveglianza delle Provincie, gli mpiegati dei loro uffi-
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
85
zi, coloro che hanno il maneggio del denaro provinciale, o lite vertente colla Provincia, gli Impiegati e
Contabili dei Comuni, e degli Istituti di carità, di beneficenza e di culto della Provincia, e coloro infine
che trovansi colpiti dalle esclusioni di cui all’art. 23 della presente legge.
Art. 156.
Il Consiglio provinciale si raduna nel Capo-luogo della Provincia.
Art. 157
Tutte le sessioni del Consiglio provinciale sono aperte e chiuse in nome del Re dal Governatore, o da
chi lo rappresenta.
Il Governatore interviene alle sedute, vi esercita le funzioni di Commissario del Re, ha diritto di fare
quelle osservazioni che crede opportune, ma non ha voce deliberativa.
Art. 158
Il Consiglio provinciale si riunisce di pien diritto in ogni anno il primo lunedì di settembre in sessione ordinaria.
Può anche essere convocato straordinariamente dal Governatore.
La sessione straordinaria è annunziata nel giornale ufficiale della Provincia.
Le convocazioni sono fatte dal Governatore per avvisi scritti a domicilio.
Art. 159
La durata ordinaria della sessione è di quindici giorni; non può essere ridotta che di comune accordo del Governatore e del Consiglio.
Può essere prorogata di otto giorni per decisione del Consiglio, ma non oltre tal termine senza l’assenso del Governatore.
Art. 160
Nei casi di convocazione straordinaria, e quando il Governatore autorizza la proroga della sessione
ordinaria, l’atto di convocazione o di proroga dovrà indicare gli oggetti e l’ordine delle deliberazioni.
Art. 161
Il Consiglio provinciale nella prima seduta è presieduto dal Consigliere anziano d’età; il più giovane vi sostiene le funzioni di Segretario.
Nella seduta medesima il Consiglio nomina fra i suoi membri a maggioranza assoluta di voti nel
primo scrutinio, o relativa nel secondo, un Presidente, un Vice-Presidente, un Segretario ed un ViceSegretario, i quali durano in carica tutto l’anno.
Elegge pure nel suo seno i revisori del conto della Deputazione provinciale, di cui al numero 7° dell’art. 165.
Art. 162
Il Consiglio provinciale non può deliberare in una prima convocazione se non interviene almeno la
metà dei suoi membri; però alla seconda convocazione le deliberazioni sono valide qualora v’intervenga un terzo dei Consiglieri.
Art. 163
I Presidenti dei Consigli provinciali possono trasmettere direttamente al Ministro dell’Interno colle
loro osservazioni quegli atti del Consiglio su cui parrà ai medesimi di dover richiamare specialmente
l’attenzione del Governo.
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Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
Art. 164
Il Consiglio provinciale sceglie tra i suoi membri una Deputazione incaricata di rappresentarlo nell’intervallo delle sessioni.
Art. 165
Il Consiglio delibera sovra:
1°. La creazione di stabilimenti pubblici provinciali;
2°. I contratti di acquisto, le accettazioni di doni o lasciti, salve le disposizioni delle leggi relative
alla capacità di acquistare dei Corpi morali;
3°. Gli affari concernenti il patrimonio della Provincia, dei suoi Circondarj, e degli stabilimenti da
essa amministrati, i contratti, le spese, ed i progetti delle opere da compiersi in giudizio;
4°. Le azioni da intentare o sostenere in giudizio.
5°. Le spese da farsi attorno gli edifizi diocesani a termini di legge;
6°. I sussidi da accordarsi ai Consorzi ed ai Comuni per opere utili o necessarie, e per soccorrere ai
bisogni dell’istruzione, e di stabilimenti pubblici;
7°. Il bilancio delle entrate o delle spese, il conto consuntivo, ed il rendiconto di amministrazione
della Deputazione provinciale;
8°. Lo storno di fondi da una ad altra categoria od articolo, e l’applicazione dei residui.
Art. 166
Alle spese provinciali, in caso d’insufficienza delle rendite e delle entrate, vi si supplirà colla
sovraimposta alle contribuzioni dirette.
Art. 167
Il Consiglio provinciale esercita sugli Istituti di carità, di beneficenza, di culto, ed in ogni altro servizio pubblico le attribuzioni che gli sono dalle leggi affidate.
Art. 168
Dà parere:
1°. Sovra i cambiamenti proposti alla circoscrizione della Provincia, dei Circondarj, dei Mandamenti,
e dei Comuni, e sulle designazioni dei Capiluogo;
2°. Sulle modificazioni da introdursi nella classificazione delle strade nazionali discorrenti nella
Provincia;
3°. Sulla direzione delle nuove strade consortili;
4°. Sullo stabilimento dei consorzj;
5°. Sullo stabilimento dei pedaggi che fossero invocati a favore di un Comune;
6°. Sullo stabilimento o sulla soppressione di fiere e mercati, e sul cambiamento in modo permanente dell’epoca dei medesimi. E generalmente sugli oggetti riguardo ai quali il suo voto sia richiesto dalla
legge, o domandato dal Governatore;
Art. 169
Può delegare uno o più dei suoi membri per invigilare sul regolare andamento degli stabilimenti
pubblici fondati o mantenuti a spese della Provincia, o dei suoi Circondarj.
Art. 170
Può anche demandare ad uno, o più, de’ suoi membri l’incarico di fare le inchieste di cui abbisogni
nella cerchia delle sue attribuzioni.
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
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Capo III
Della Deputazione Provinciale.
Art.171
La Deputazione provinciale è composta del Governatore che la convoca e la presiede, e di membri
eletti dal Consiglio provinciale, a maggioranza assoluta di voti.
I membri sono in numero:
Di otto nelle Provincie la cui popolazione eccede i 600 mila abitanti
Di sei in quelle di oltre 300 mila abitanti;
Di quattro nelle altre.
Saranno pure eletti membri supplenti in numero di quattro nelle Provincie eccedenti le 600 mila
anime, e di due nelle altre.
Art. 172
Essa rappresenta il Consiglio provinciale nell’intervallo delle due riunioni, nelle funzioni solenni;
Provvede alla esecuzione delle deliberazioni del Consiglio provinciale;
Prepara il bilancio, rende annualmente il conto economico, e morale della sua amministrazione, e fa
un’esposizione sulle condizioni e sui bisogni della Provincia;
Sottopone al Consiglio le proposte che crede utili alla Provincia;
Assiste agli incanti e stipula i contratti che occorrono nell’interesse della Provincia;
Spedisce i mandati entro i limiti del bilancio;
Fa agli atti conservatorj dei diritti della Provincia e de’ suoi circondarj;
In caso d’urgenza fa gli atti riservati al Consiglio;
Esercita verso i Comuni le attribuzioni che le sono dalle leggi demandate.
Art. 173
Il Governatore come Presidente della Deputazione provinciale rappresenta la Provincia in giudizio.
Art. 174
Non possono far parte della Deputazione provinciale:
Gli stipendiati dello Stato, delle Provincie, dei Comuni, o degli Istituti di carità, di beneficenza e di
culto esistenti nella Provincia;
Gli appaltatori d’opere che si eseguiscono per conto delle Provincie, dei Comuni, o degli Istituti predetti; e coloro che anche indirettamente abbiano interesse nelle imprese relative;
I parenti ed affini nei gradi indicati nell’art. 24.
Art. 175
Quando un Sindaco o Consigliere comunale, od un membro dell’Amministrazione degli Istituti
menzionati nell’articolo precedente sia contemporaneamente membro della Deputazione provinciale,
egli non potrà né votare, né intervenire alle adunanze quando si tratti di affari del Comune, o
dell’Istituto alla cui amministrazione appartiene.
Art. 176
Per la validità delle deliberazioni della Deputazione provinciale si richiede l’intervento della maggiorità dei membri che la compongono. La proposta s’intenderà adottata quando vi concorra la maggiorità assoluta dei votanti.
88
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
Art. 177
La Deputazione provinciale forma un Regolamento interno per l’esercizio delle sue attribuzioni.
Art. 178
I membri della Deputazione provinciale durano un anno in ufficio. Sono sempre rieleggibili.
Art. 179
Se un membro della Deputazione non interviene alle sedute per un mese senza aver ottenuto congedo dalla medesima, è dichiarato dimissionario.
Art. 180
Cessa la qualità di membro della Deputazione quando si verifichi alcuno degli impedimenti indicati nell’articolo 174.
Omissis
Art. 245
Sono abrogate le leggi anteriori sulle Amministrazioni comunali, provinciali e divisionali.
Continueranno però ad osservarsi le leggi speciali che hanno rapporto con l’Amministrazione provinciale e comunale, in quanto non sono contrarie alla presente.
Ordiniamo che la presente legge, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella Raccolta degli Atti
del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare.
Dato in Torino, addì 23 ottobre 1859
VITTORIO EMANUELE
U. Rattazzi
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
89
Legge, n. 2248, in data 20 marzo 1865
Legge per l’unificazione amministrativa del Regno d’Italia
VITTORIO EMANUELE II
Per grazia di Dio e per volontà della nazione
RE D’ITALIA
Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato:
Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Art.1
Sono approvate ed avranno vigore in tutto il Regno le seguenti leggi:
Legge sull’Amministrazione comunale e provinciale, che costituisce l’allegato A.
Legge sulla Sicurezza pubblica, che costituisce l’allegato B.
Legge sulla Sanità pubblica, che costituisce l’allegato C.
Legge sull’Istituzione del Consiglio di Stato, che costituisce l’allegato D.
Legge sul Contenzioso amministrativo, che ostituisce l’allegato E.
Legge sulle Opere pubbliche, che costituisce l’allegato F.
Art. 2
È data facoltà al Governo d’introdurre nelle circoscrizioni territoriali delle Provincie e dei Circondari
quei mutamenti che sono dettati da evidente necessità, udito il parere dei Consigli Provinciali e dei
Consigli Comunali specialmente interessati, nonché il parere del Consigliodi Stato, allo scopo di semplificare la pubblica amministrazione e diminuire le spese.
Art. 3
I poteri eccezionali accordati col precedente articolo cessano coll’esecuzione loro data mediante la
pubblicazione del relativo Decreto Reale, e in ogni caso con tutto l’anno 1865.
Collo stesso Decreto Reale sarà pubblicata la tabella delle circoscrizioni amministrative del Regno.
Art. 4
Il Capo-luogo della Provincia di Noto è restituito alla Città di Siracusa, della quale assumerà il nome
la Provincia stessa.
La città di Noto ritorna Capo-luogo di Circondario.
Art. 5
Il Governo del Re è autorizzato a dare i provvedimenti occorrenti per l’esecuzione del precedente
articolo.
Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta ufficiale delle
leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come
legge dello Stato.
Data a Torino, addì 20 marzo 1865.
VITTORIO EMANUELE
Luogo del Sigillo. V. Il Guardasigilli VACCA
90
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
G. LANZA
S. JACINI
ALLEGATO A
LEGGE COMUNAL E PROVINCIALE
TITOLO PRIMO
Divisione del territorio del regno
e autorità governative.
Art. 1
Il regno si divide in province, circondari, mandamenti e comuni.
Art. 2
In ogni provincia vi è un prefetto ed un Consiglio di prefettura.
Art. 3
Il Prefetto rappresenta il potere esecutivo in tutta la provincia.
Omissis
TITOLO TERZO
Dell’Amministrazione provinciale
CAPO I
Delle province.
Art. 152
La provincia è corpo morale, ha facoltà di possedere, ed ha un’amministrazione propria che ne regge
e rappresenta gl’interessi.
Art. 153
L’amministrazione d’ogni provincia è composta di un Consiglio provinciale e di una Deputazione
provinciale.
Il prefetto vi esercita le attribuzioni che gli sono affidate dalla legge.
Omissis
CAPO II
Del Consiglio provinciale.
Art. 155
Il Consiglio provinciale si compone:
Di 60 membri nelle provincie che hanno una popolazione eccedente i 600 mila abitanti;
Di 50 in quelle la cui popolazione supera i 400 mila abitanti;
Di 40 in quelle la cui popolazione eccede i 200 mila abitanti;
Di 20 nelle altre.
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
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Art. 157
I consiglieri provinciali sono eletti da tutti gli elettori comunali del mandamento. Essi però rappresentano l’intiera provincia.
Art. 158
Niuno può essere contemporaneamente consigliere in più provincie.
Chi è eletto in due o più provincie, ovvero in due o più mandamenti di una stessa provincia, può
optare per uno di essi entro il termine di otto giorni successivi alla proclamazione.
In difetto d’opzione, l’eletto in più provincie siede nel Consiglio della provincia nella quale ottenne
un maggior numero di voti, ed ove sia eletto in più mandamenti di una stessa provincia, la Deputazione
provinciale procede all’estrazione a sorte.
Art. 159
Alle elezioni dei consiglieri provinciali si procederà nelle stesse epoche e colle stesse regole e forme
fissate per le elezioni comunali, facendone però constatare con verbali separati.
Omissis
Art. 162
Non possono essere eletti a consiglieri provinciali quelli che non possiedono nella provincia o che
non vi hanno domicilio, a mente dell’articolo 19, i minori di 25 anni, gli ecclesiastici e ministri del culto
contemplati nell’articolo 25, i funzionari cui compete la sorveglianza delle provincie, gli impiegati dei
loro uffizi, coloro che hanno il maneggio del denaro provinciale o lite vertente colla provincia, gli impiegati e contabili dei comuni, e degli istituti di carità, di beneficienza e di culto della provincia, e coloro
infine che trovasi colpiti dalle esclusioni di cui all’articolo 25 della presente legge.
[Si ritrascrive gli artt. 25, 26 e 27, della legge].
Art. 25
Sono eleggibili tutti gli elettori inscritti, eccettuati:
Gli ecclesiastici e ministri dei culti che abbiano giurisdizione o cura d’anime; coloro che ne fanno le
veci, e i membri dei capitoli e delle collegiate;
I funzionari del Governo che debbono invigilare sull’amministrazione comunale, e gl’impiegati dei
loro uffizi;
Coloro che ricevono uno stipendio o salario dal comune o dalle istituzioni che esso amministra; coloro che hanno il maneggio del denaro comunale, o che non ne abbiano reso il conto in dipendenza di una
precedente amministrazione, e coloro che abbiano lite vertente col comune.
Art. 26
Non sono né elettori, né eleggibili gli analfabeti, quando resti nel comune un numero di elettori doppio di quello dei consiglieri; le donne, gl’interdetti, o provvisti di consulente giudiziario; coloro che sono
in istato di fallimento dichiarato, o che abbiano fatto cessione di beni, finché non abbiano pagati intieramente i creditori; quelli che furono condannati a pene criminali, se non ottennero la riabilitazione, i
condannati a pene correzionali od a particolari interdizioni, mentre le scontano; finalmente i condannati per furto, frode o attentato ai costumi.
Art. 27
Non possono essere contemporaneamente consiglieri nello stesso comune gli ascendenti, i discendenti, il suocero ed il genero.
92
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
I fratelli possono essere contemporaneamente membri del Consiglio, ma non della Giunta municipale].
Omissis
Art. 168
Il Consiglio provinciale nella prima seduta è presieduto dal consigliere anziano d’età; il più giovane
vi sostiene le funzioni di segretario.
Nella seduta medesima il Consiglio nomina fra suoi membri, a maggiorità assoluta di voti nel primo
scrutinio, o relativa nel secondo, un presidente, un vice-presidente, un segretario ed un vicesegretario, i
quali durano in carica tutto l’anno.
Omissis
Art. 171
Il Consiglio provinciale sceglie tra i suoi membri una Deputazione incaricata di rappresentano nell’intervallo o delle Sessioni.
Omissis
CAPO III
Della Deputazione provinciale.
Art. 179
La Deputazione provinciale è composta del Prefetto che la convoca e la presiede e di membri eletti
dal Consiglio provinciale a maggioranza assoluta di voti.
I membri sono in numero di dieci nelle provincie la cui popolazione eccede i 600,000 abitanti.
Di otto in quella di oltre 300,000 abitanti.
Di sei nelle altre.
Saranno pure eletti membri supplenti in numero di quattro nelle provincie eccedenti le 600,000
anime, e di due nelle altre, per tenere il luogo dei membri ordinari
assenti o legittimamente impediti.
Omissis
Art. 183
Non possono essere eletti a far parte della Deputazione provinciale:
1. Gli stipendiati dello Stato, delle provincie, dei comuni e degli istituti di carità, di beneficienza e di
culto esistenti nella provincia.
2. Gli appaltatori d’opere che si eseguiscono per conto delle provincie, dei comuni o degli istituti
predetti, e coloro che anche indirettamente abbiano interesse nelle imprese relative.
3. I fratelli, parenti ed affini nei gradi indicati nell’articolo 27.
Omissis
Art. 187
I componenti la Deputazione provinciale si rinnovano per metà ogni anno. Sono sempre rieleggibili.
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
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Art. 188
Se un membro della Depurazione non interviene alle sedute per un mese senza aver ottenuto congedo dalla medesima, è dichiarato dimissionario.
Omissis
Art. 201
In caso di scioglimento del Consiglio provinciale, il prefetto, sentito il Consiglio di prefettura, eserciterà le attribuzioni della legge affidate alla Deputazione provinciale per l’amministrazione della provincia e per la tutela dei comuni e delle cause pie.
TITOLO QUARTO
Disposizioni comuni all’amministrazione
comunale e provinciale.
Art. 202
I comuni e le provincie non possono mutare di rappresentanza se le variazioni della popolazione,
desunte dal censimento ufficiale, non si sono mantenute per un quinquennio.
Art. 203
I Consiglieri durano in funzione cinque anni. Si rinnovano per quinto ogni anno, e sono sempre
rieleggibili.
Dopo l’elezione generale, la scadenza nei primi quattro anni è determinata dalla sorte.
Egualmente per sorte è determinata la scadenza dei membri della Giunta municipale e della
Deputazione provinciale nel primo anno.
In appresso la scadenza è determinata dall’anzianità.
Perdendosi la qualità di consigliere, si cessa dal far parte della Giunta e della Depurazione.
Saranno estratti a sorte i Consiglieri che oltre quelli i quali per qualsiasi ragione avranno cessato di
appartenere al Consiglio, ne dovranno uscire per arrivare al quinto da surrogarsi, a termini del primo
paragrafo del presente articolo.
Art. 204
Non vi è luogo a surrogazione straordinaria di consiglieri nel corso dell’anno, eccetto il caso in cui il
Consiglio si trovi ridotto a meno dei due terzi dei suoi membri.
Art. 205
Coloro che a termini della presente legge sono nominati a tempo rimangono in ufficio sino all’installazione dei loro successori, ancorché fosse trascorso il termine prefisso.
Art. 206
Fra eletti contemporaneamente si avranno per anziani coloro che riuscirono nel primo scrutinio per
maggior numero di voti, e quindi coloro che ne ottennero maggior numero negli scrutini seguenti
A parità di voti s’intende eletto, o si avrà per anziano il maggiore d’età.
Art. 207
Chi surroga funzionari anzi tempo scaduti rimane in ufficio sol quanto avrebbe durato il suo predecessore.
94
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
Art. 208
La qualità di consigliere si perde verificandosi alcuno degli impedimenti di cui agli articoli 25, 26 e
27.
Art. 209
I consiglieri entrano in carica nel primo giorno della Sessione ordinaria del Consiglio, che ha luogo
dopo l’elezione.
Art. 210
Le funzioni dei consiglieri comunali e provinciali sono gratuite. Danno diritto però a rimborso delle
spese forzose sostenute per la esecuzione di speciali incarichi.
È fatta facoltà ai Consigli provinciali di decretare in favore dei membri della Deputazione non residenti nel capoluogo della provincia delle medaglie di presenza corrispondenti alle spese di viaggio e di
soggiorno a cui dovranno sottostare per intervenire alle sedute.
Potrà pure essere stanziato in bilancio a favore del sindaco un annuo compenso per indennità di
spese.
Omissis
Art. 235
Il Re per gravi motivi di ordine pubblico può disciogliere i Consigli provinciali e comunali, ma sarà
provveduto per una nuova elezione entro un termine non maggiore di tre mesi.
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
95
Legge n. 5865, in data 30 dicembre 1888, portante modificazione
alla legge comunale e provinciale del 20 marzo 1865
(Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del Regno il 1 dicembre 1888, n. 306)
UMBERTO I
Per grazia di Dio e per volontà della nazione
RE D’ITALIA
Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato;
Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Art. 1
Sono approvate le seguenti modificazioni alla legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato A.
Omissis
Art. 69
Sono eleggibili a consiglieri provinciali tutti gli elettori iscritti, eccettuati:
coloro che non essendo domiciliati nella provincia, non vi possiedono beni stabili o non vi pagano
imposte di ricchezza mobile;
gli ecclesiastici e i ministri del culto contemplati dall’art. 10;
i funzionari cui compete la vigilanza sulla provincia e gli impiegati dei loro uffici;
coloro che hanno il maneggio del danaro provinciale o liti pendenti con la provincia;
coloro che hanno stipendio dalla provincia o da altre aziende o dai corpi morali sussidiati dalla provincia, nonché gl’impiegati contabili ed amministrativi dei comuni e delle Opere pie poste nella
Provincia;
coloro che si trovano colpiti dalle esclusioni stabilite dall’art. 11;
coloro che direttamente o indirettamente hanno parte in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni od appalti nell’interesse della provincia, od in società od imprese, a scopo di lucro sovvenute in qualsiasi modo dalla provincia.
I magistrati di Corte d’Appello, di Tribunale e di Pretura non possono essere eletti nel territorio nel
quale esercitano la loro giurisdizione.
[Si riportano gli artt. 10 e 11 della stessa legge.
Art. 10. Sono eleggibili tutti gli elettori inscritti, eccettuati:
gli ecclesiastici e i ministri dei culti che hanno giurisdizione o cura d’anime, coloro che ne fanno ordinariamente le veci, e i membri dei capitoli e delle collegiate.
Art. 11. Oltre i casi previsti dall’art. 26 della legge 20 marzo 1865, allegato A, non sono né elettori né
eleggibili:
a) i condannati per oziosità, vagabondaggio e mendicità finché non abbiano ottenuto la riabilitazione;
b) gli ammoniti a norma di legge ed i soggetti alla sorveglianza speciale.
Tale incapacità cessa un anno dopo compiuto il termine degli effetti dell’ammonizione e della sorveglianza;
c) i condannati per reati d’associazione di malfattori, di furto, di ricettazione dolosa di oggetti furtivi, truffa, appropriazione indebita, abuso di fiducia e frodi d’ogni altra specie e sotto qualunque titolo
96
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
del Codice penale, per qualunque specie di falso, falsa testimonianza o calunnia, per eccitamento all’odio fra le varie classi sociali, nonché per reati contro il buon costume, salvi i casi di riabilitazione a termini di legge;
d) coloro che sono ricoverati negli ospizi di carità, e coloro che sono abitualmente a carico degli istituti di pubblica beneficenza e delle Congregazioni di carità;
e) i commercianti falliti, finché dura lo stato di fallimento.]
Art. 70
Le elezioni dei consiglieri provinciali si fanno per mandamento.
Omissis
Art. 74
Il Consiglio provinciale elegge ogni anno nel proprio seno, a maggioranza assoluta di voti, il presidente della Deputazione provinciale.
Le attribuzioni affidate dalla legge al prefetto come capo della Deputazione provinciale, sono deferite ai presidente della medesima.
Omissis
Art. 80
Le funzioni di deputato al Parlamento, di deputato provinciale e di sindaco sono incompatibili. Sono
pure incompatibili le funzioni di presidente del Consiglio provinciale e di presidente della Deputazione
provinciale. Chiunque eserciti una delle dette funzioni non è eleggibile ad altro degli uffici stessi se non
ha cessato dalle sue funzioni almeno da sei mesi.
Però il sindaco può essere eletto deputato al Parlamento fuori del collegio elettorale nel quale esercita le sue attribuzioni.
In questo caso, ove non rinunci al mandato legislativo nel termine di otto giorni dalla convalidazione della sua elezione, cessa dalle funzioni di sindaco.
Art. 81
I consiglieri che non intervengono ad una intiera sessione ordinaria senza giustificati motivi sono
dichiarati decaduti.
Il deputato provinciale o l’assessore municipale che non interviene a tre sedute consecutive del
rispettivo consesso, senza giustificato motivo, decade dalla carica.
La decadenza è pronunciata dai rispettivi Consigli.
Il prefetto la può promuovere.
Omissis
Art. 84
I Consigli comunali e provinciali possono essere sciolti per gravi motivi d’ordine pubblico, o quando richiamati all’osservanza di obblighi loro imposti per legge persistono a violarli. Dovrà procederai
alla nuova elezione entro il termine di tre mesi.
Art. 85
In caso di scioglimento del consiglio comunale, l’amministrazione è affidata ad un commissario
straordinario.
In caso di scioglimento del Consiglio provinciale, l’amministrazione è affidata ad una Commissione
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
97
straordinaria, presieduta dal consigliere delegato e composta di quattro membri, scelti fra le ersone che
siano eleggibili a consiglieri provinciali, e che non abbiano fatto pare del disciolto Consiglio.
Il commissario straordinario esercita le funzioni che la legge conferisce al Sindaco e alla Giunta.
La Commissione straordinaria esercita le funzioni che la legge conferisce alla Deputazione provinciale.
Tanto il commissario straordinario, quanto i quattro membri della Commissione, sono nominati con
decreto reale.
Omissis
Art. 89
Il Governo del Re, sentito il Consiglio di Stato e la corte dei conti, provvederà con regio decreto, entro
l’anno 1890, a mettere in armonia l’amministrazione e la contabilità dei comuni e delle provincie colle
norme della legge e del regolamento sull’amministrazione e la contabilità generale dello Stato.
Art. 90
È data facoltà al Governo del Re, sentito il Consiglio di Stato:
1° di coordinare in testo unico, con le disposizioni della presente legge, quelle della legge del 20
marzo 1865, allegato A, e delle altre che l’hanno modificata;
2° di delegare ai prefetti quelle facoltà ora attribuite alle amministrazioni centrali le quali verranno
indicate in un elenco da approvarsi per decreto reale;
3° di provvedere alla mutazione dei distretti delle provincie di Mantova e della Venezia in circondari, e alla sostituzione dei sottoprefetti ai commissari distrettuali;
4° di pubblicare con decreto reale le disposizioni transitorie necessarie alla esecuzione della presente legge.
Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Sato, sia inserita nella raccolta ufficiale delle leggi
del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addì 30 dicembre 1888
UMBERTO
Luogo del Sigillo. V. Il Guardasigilli G. ZANARDELLI
98
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
F. CRISPI
Regio Decreto, n. 269, che approva il testo unico
della legge comunale e provinciale 21 maggio 1908
(Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno il 4 luglio 1908, n. 155)
[L’art. 25 della legge sull’eleggibilità dei Consiglieri Provinciali conferma le precedenti diaposizioni
dettate dall’art. 25 del T.U. 164/1898. Parimenti le disposizioni sull’eleggibilità dei deputati confermano
le precedenti disposizioni del T.U. del 1989. Si riportano unicamente le disposizioni relative alle elezioni dei consiglieri così come runitano modificate dalla Legge n.35/1904].
VITTORIO EMANUELE III
Per grazia di Dio e per volontà della nazione
RE D’ITALIA
Visto l’art. 2 della legge 9 giugno 1907, n. 294, che da’ facoltà al Nostro Governo di coordinare in testo
unico con le disposizioni di detta legge, quelle del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con Nostro decreto 4 maggio 1898, n. 164, e delle altre che l’hanno modificata;
Veduto il parere del Consiglio di Stato in adunanza generale;
Sentito il Consiglio dei ministri;
Sulla proposta del Nostro ministro segretario di Stato per gli affari dell’interno, presidente del
Consiglio dei ministri;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Articolo unico
È approvato il testo unico della legge comunale e provinciale annesso al presente decreto, visto, d’ordine Nostro, dal ministro proponente.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserito nella raccolta ufficiale
delle leggi e dei decreti del regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di falo osservare.
Dato a Roma, addì 21 maggio 1908
VITTORIO EMANUELE
GIOLITTI
Registrato alla Corte dei conti addì 16 giugno 1908
Reg. 43 Atti del Governo a f. 51. A. ARMELISASSO
Luogo del Sigillo. V. Il Guardasigilli ORLANDO
Omissis
CAPO III
Della Deputazione provinciale.
Art. 239
Testo unico, art. 222 e art. 3 legge il febbraio 1904, n. 35
Il Consiglio provinciale elegge nel proprio seno a maggioranza assoluta di voti, una Deputazione che
si rinnova per intiero Ogni quadriennio.
Elegge nel proprio seno, a maggioranza assoluta di voti, il presidente della Deputazione provinciale, il quale resta in carica durante il quadriennio.
Quelli che escono d’ufficio sono sempre rieleggibili.
Alla elezione della Deputazione provinciale è applicabile il disposto dell’articolo 130.
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
99
Il presidente della Deputazione provinciale presta giuramento, a’ termini dell’articolo 146.
Omissis
Art. 271
Testo unico, art. 252, e art. 1 legge 11febbraio 1904, n. 35
I consiglieri comunali e provinciali durano in funzione sei anni e si rinnovano per un terzo ogni biennio. I consiglieri scaduti sono sempre rieleggibili.
Nei primi due bienni dopo un’elezione generale la scadenza è determinata per sorteggio, e successivamente dall’anzianità.
Il terzo dei consiglieri da sorteggiare nei due primi bienni viene diminuito dal numero corrispondente ai posti vacanti per qualsiasi causa nel Consiglio.
Quando la scadenza è determinata dall’anzianità, il terzo da rinnovarsi viene accresciuto del numero corrispondente ai posti vacanti per qualsiasi causa nel Consiglio. In questo caso gli ultimi eletti surrogano coloro che sono usciti dal Consiglio prima dell’ordinaria scadenza e per quel tempo che questi
sarebbero ancora rimasti in ufficio.
Nei Comuni dove il Consiglio è composto di 20, 40 od 80 membri, nei primi due bienni di ciascun
sessennio ne sono surrogati 7, 14 e 27 rispettivamente.
Del pari nelle Provincie dove il Consiglio è composto di 20, 40 e 50, nei primi due bienni se ne sorteggiano rispettivamente 9, 14 e 17.
Nei Comuni divisi in frazioni la rinnovazione dei consiglieri comunali è fatta separatamente per ciascuna frazione.
Perdendosi la qualità di consigliere, si cessa dal far parte della Giunta e della Deputazione.
Art. 272
Testo unico, art. 253; art. 1, comma 1°,
e art. 2 legge 11 febbraio 1904, n. 35
Quando il Consiglio, per dimissioni o altra causa, abbia perduto i due terzi dei suoi membri, deve
essere rinnovato per intero.
Durante il biennio si fa luogo ad elezioni suppletorie nei seguenti casi:
1° quando il Consiglio abbia per qualsiasi cagione perduto oltre un terzo dei suoi membri;
2° quando un mandamento od una frazione di Comune abbia perduto in tutto o anche per metà i
consiglieri, rispettivamente assegnati.
Le elezioni suppletorie si fanno entro tre mesi dalle verificate vacanze, purché il rinnovamento generale oil rinnovamento parziale dei Consigli non abbia da compiersi entro un termine anitore di sei mesi.
Il mandato dei consiglieri eletti in questi casi cessa insieme a quello del Consiglio di cui fanno parte.
Omissis
Art. 335
Testo unico, art. 310
È data facoltà al governo del Re, sentito il Consiglio di Stato:
1° di delegare ai prefetti quelle facoltà ora attribuite alle amministrazioni centrali, le quali verranno
indicate in un elenco da approvarsi per decreto reale;
2° di provvedere alla mutazione dei distretti delle provincie della Venezia e di Mantova in circondari, e alla sostituzione di sottoprefetti ai commissari distrettuali.
Visto, d’ordine di S. M.
Il ministro dell’interno
Presidente del Consiglio dei Ministri
GIOLITTI
100
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
Regio Decreto 30 dicembre 1923, N. 2839
Riforma della legge comunale e provinciale.
(Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del’8 gennaio 1924, n. 6)
VITTORIO EMANUELE III
Per grazia di Dio e volontà della nazione
RE D’ITALIA
In virtù della delegazione di poteri conferita al Nostro Governo con la legge 3 dicembre 1922, n.
1601;+Udito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per gli affari dell’intero e ad interim per gli
affari esteri, Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto col Ministro delle finanze;
Abbiamo decretato e decretiamo:
Omissis
Art. 73
L’art. 230 della legge è abrogato e sostituito dal seguente:
«Ogni Provincia ha un consiglio, una deputazione e un presidente.
Deve inoltre avere un segretario ed un ufficio provinciale».
Art. 74
L’art 232 della legge è abrogato e sostituito dal seguente:
«Il Consiglio provinciale si compone: di 45 membri nelle Provincie che hanno un popolazione eccedente 600,000 abitanti,; di 35 in quelle in cui la popolazione supera i 400,000 abitanti; di 30 in quelle la
cui popolazione eccede i 200,000 abitanti; di 25 nelle altre Provincie».
Art. 83
L’art. 247 della legge è abrogato e sosituito dal seguente:
«I membri della Deputazione provinciale sono in numero di sei.
Saranno pure eletti due membri supplenti pe tener luogo dei membri ordinari assenti o legittimamente impediti».
Omissis
Art. 103
Dopo il 2° comma dell’art.323 della legge è inserito il seguente:
«Se il Consiglio è sciolto per una seconda volta nel periodo di 2 anni, il termine suddetto può essere prorogato fino ad un anno.
Lo scioglimento è ordinato per decreto Reale, il quale deve essere preceduto da una relazione contenente i motivi del provvedimento. La proroga del termine sovra stabilita è ordinata con decreto del
Prefetto, nelle forme analoghe prescritte pei decreti Reali di scioglimento».
Omissis
Art. 105
Quando ricorrono motivi di urgente necessità il Prefetto può, in attesa del decreto Reale di sciogli-
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
101
mento, sospendere i Consigli comunali e provinciali, provvedendo per la provvisoria amministrazione
a termini dell’art, 102.
La sospensione non può eccedere la durata di 2 mesi.
Art. 106
L’art. 324 della legge è abrogato e Sostituito dal seguente:
«In caso di scioglimento del Consiglio comunale, l’amministrazione è affidata ad un commissario
straordinario.
In caso di scioglimento del Consiglio provinciale, l’amministrazione è affidata ad una Commissione
straordinaria la cui composizione è stabilita di volta in volta.
Tanto il commissario che la Commissione straordinaria, sono nominati col decreto Reale di scioglimento, ed esercitano le funzioni che la legge conferisce al sindaco e alla Giunta municipale e al presidente e alla Deputazione provinciale».
Omissis
Art. 112
È abrogata qualsiasi disposizione contraria al presente decreto.
Il Governo del Re è autorizzato a riunire e coordinare in testo unico le disposizioni del presente
decreto con quelle della legge comunale e provinciale, testo unico 4 febbraio 1915, n. 148, con le leggi
successive che l’hanno modificata e con le altre leggi che vi abbiano attinenza per ragioni di materia.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserito nella raccolta ufficiale
delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 30 dicembre 1923
VITTORIO EMANUELE
MUSSOLINI – DÈ STEFANI
Visto, il Guardasigilli: OVIGLIO
Registrato alla Corte dei conti, addì 7 gennaio 1924
Atti del Governo, registro 220, foglio 54 - -GRANATA
102
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
L. 27 dicembre 1928, n. 2962
(Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 gennaio 1929, n. 5)
Riforma dell’amministrazione provinciale.
VITTORIO EMANUELE III
Per grazia di Dio e per volontà della nazione
RE D’ITALIA
Il Senato e la Camera dei deputati hanno approvato;
Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue.
Art. 1.
L’amministrazione di ogni provincia è composta di un preside e di un rettorato provinciale, costituito dal preside e dai rettori.
Il preside è coadiuvato da un vice preside, che lo sostituisce in caso di assenza o di legittimo impedimento.
Art. 2.
Il preside e il vice preside sono nominati con decreto reale, su proposta del ministro per l’Interno. Ad
essi sono applicabili le norme di ineleggibilità e incompatibilità stabilite nella legge comunale e provinciale, testo unico 4 febbraio 1915, n. 148, per i deputati provinciali, escluse quelle che stabiliscono l’ineleggibilità degli stipendiati dello Stato e la incompatibilità di deputato al parlamento e di deputato provinciale.
Il preside e il vice preside durano in carica quattro anni e possono essere sempre confermati. Possono
essere revocati con decreto reale, su proposta del ministro per l’interno. Contro il provvedimento di
revoca non è ammesso alcun gravame, né in sede amministrativa né in sede giurisdizionale.
L’ufficio di preside e di vice preside è gratuito.
In casi assolutamente eccezionali e compatibilmente con le condizioni finanziarie dell’ente, il ministro per l’interno può assegnare al preside e al vice preside un’indennità di carica, che grava sul bilancio della provincia.
Art. 3
I rettori sono nominati con decreto reale, su proposta del ministro per l’interno. Essi sono ordinari e
supplenti.
I rettori ordinari sono in numero di otto nelle province la cui popolazione eccede i seicentomila abitanti; di sei in quelle di oltre trecentomila; di quattro nelle altre.
I rettori supplenti, destinati a tener luogo dei membri ordinari, assenti o legittimamente impediti,
sono in numero di due per tutte le province.
Ai rettori, ordinari o supplenti, sono applicabili le norme di ineleggibilità e incompatibilità stabilite
nella legge comunale e provinciale per i consiglieri provinciali, eccettuata quella relativa al requisito della
iscrizione nelle liste elettorali. È altresì applicabile la norma prevista al n. 1 dell’art. 248 della legge stessa.
I rettori durano in carica quattro anni e possono essere sempre confermati.
L’ufficio di rettore è gratuito.
Art. 4
Il preside, il vice preside ed i rettori, prima di entrare in funzione, prestano, dinanzi al prefetto, il giuramento prescritto nell’art. 150 della legge comunale e provinciale.
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
103
Art. 5
I rettori che, senza giustificato motivo, non intervengono a tre riunioni consecutive, decadono dal
loro ufficio.
La decadenza è dichiarata con decreto reale, su proposta del ministro per l’interno, previa contestazione dei motivi egli interessati.
Art. 6
Per gravi ragioni di carattere amministrativo o di ordine pubblico con decreto reale, su proposta del
ministro per l’interno, può essere disposto lo scioglimento del rettorato provinciale e affidata l’amministrazione della provincia ad un commissario straordinario, che eserciterà le funzioni conferite dalla presente legge al preside e al rettorato provinciale.
Il termine entro il quale dovrà aver luogo la ricostituzione del rettorato, è stabilito nello stesso decreto di scioglimento. Tale termine, in ogni caso, non potrà superare la durata di un anno.
Contro i provvedimenti di cui al presente articolo non è ammesso alcun gravame, né in via amministrativa né in via giurisdizionale.
Art. 7
Il preside della provincia esercita le funzioni che la legge comunale e provinciale attribuisce al presidente della deputazione provinciale ed alla depurazione provinciale.
Il preside può affidare al vice preside speciali incarichi nell’ amministrazione della provincia.
Art. 8
Il rettorato della provincia esercita le funzioni che la legge comunale e provinciale attribuisce al consiglio provinciale.
Art. 9
Le adunanze del rettorato provinciale non sono pubbliche. Per la validità di esse è necessario l’intervento di almeno la metà dei rettori.
Le deliberazioni del rettorato sono prese a maggioranza di voti: in caso di parità, prevale il voto del
preside.
Art. 10
Alle deliberazioni del preside e del rettorato provinciale è applicabile il disposto dell’art. 128 della
legge comunale e provinciale
Art. 11
Nulla è innovato alle funzioni di vigilanza e di tutela stabilite dalla legge comunale e provinciale per
gli atti dell’amministrazione provinciale.
Disposizioni finali e transitorie.
Art. 12
Con decreto reale, su proposta del ministro per l’interno, verrà stabilita la data in cui dovranno cessare le attuali amministrazioni ordinarie e straordinarie delle provincie, per far luogo all’attuazione del
nuovo ordinamento stabilito con la presente legge.
Art. 13
Sono abrogate le disposizioni della legge comunale e provinciale e di ogni altra legge contrarie o
comunque incompatibili con quelle della presente legge.
104
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
Art. 14
Il governo del re è autorizzato:
a) ad emanare tutte le disposizioni, anche di ordine integrativo, necessarie per l’attuazione della presente legge, ed il relativo regolamento;
b) a coordinare e riunire in testo unico le disposizioni della presente legge con quelle della legge
comunale e provinciale, delle leggi successive che l’hanno modificata e delle altre leggi che vi abbiano
attinenza per ragione di materia, anche modificandone le disposizioni, per metterle in armonia con le
norme e coi principi informatori della presente legge.
Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta ufficiale delle
leggi e dei decreti del regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come
legge dello Stato.
Data a Roma, addì 27 dicembre 1928 – Anno VII
VITTORIO EMANUELE
MUSSOLINI
Visto, Il Guardasigilli: ROCCO
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
105
Norme della Costituzione della Repubblica del 27 dicembre 1947
che in particolar modo interessano gli enti locali.
Costituzione della Repubblica italiana
PRINCIPI FONDAMENTALI
Omissis
Art. 5
La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che
dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della
sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.
Omissis
TITOLO V
LE REGIONI, LE PROVINCIE, I COMUNI
Art. 114.
La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e
dallo Stato.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione.
Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento.
Art. 115.
Abrogato dall’articolo 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3
Art. 116.
Il Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle
d’Aosta/Vallée d’Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi
statuti speciali adottati con legge costituzionale.
La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e Bolzano.
Ulteriori forme e condizioni particolari da autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma
dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con
legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di
cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla
base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.
Art. 117.
La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché
dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione europea; dirit-
106
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
b)
c)
d)
e)
f)
g)
h)
i)
l)
m)
n)
o)
p)
q)
r)
s)
to di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea;
immigrazione;
rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistematributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
cittadinanza, stato civile e anagrafi;
giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono
essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
norme generali sull’istruzione;
previdenza sociale;
legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città
metropolitane;
dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei
dati dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;
tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali. Sono materie di legislazione concorrente
quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con
esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali
e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali,
aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle
materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata
alla legislazione dello Stato. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie
di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione
europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle
Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e
le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e
dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne
nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle
cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
107
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.
Art. 118.
Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario,
siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà,
differenziazione ed adeguatezza.
I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di
quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell’articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella
materia della tutela dei beni culturali.
Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di
sussidiarietà.
Art. 119.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e
di spesa.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e
applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.
La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con
minore capacità fiscale per abitante.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle
Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.
Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi
diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi
speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito
secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all’indebitamento solo
per finanziare spese di investimento. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti.
Art. 120.
La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra
le Regioni, né limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei
Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria
oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge
definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di
sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.
108
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
Art. 121.
Sono organi della Regione: il Consiglio regionale, la Giunta e il suo Presidente.
Il Consiglio regionale esercita le potestà legislative attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi.
Può fare proposte di legge alle Camere.
La Giunta regionale è l’organo esecutivo delle Regioni.
Il Presidente della Giunta rappresenta la Regione; dirige la politica della Giunta e ne è responsabile;
promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative delegate dallo
Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo della Repubblica.
Art. 122.
Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione
nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata
degli organi elettivi.
Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e ad una
delle Camere del Parlamento, ad un altro Consiglio o ad altra Giunta regionale, ovvero al Parlamento
europeo.
Il Consiglio elegge tra i suoi componenti un Presidente e un ufficio di presidenza.
I consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati
nell’esercizio delle loro funzioni.
Il Presidente della Giunta regionale, salvo che lo statuto regionale disponga diversamente, è eletto a
suffragio universale e diretto. Il Presidente eletto nomina e revoca i componenti della Giunta.
Art. 123.
Ciascuna Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di
governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Lo statuto regola l’esercizio del
diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali.
Lo statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi.
Per tale legge non è richiesta l’apposizione del visto da parte del Commissario del Governo. Il
Governo della Repubblica può promuovere la questione di legittimità costituzionale sugli statuti regionali dinanzi alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla loro pubblicazione.
Lo statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione ne faccia
richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti il Consiglio regionale. Lo
statuto sottoposto a referendum non è promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi.
In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali.
Art. 124.
Abrogato dall’articolo 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
Art. 125.
Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l’ordinamento stabilito da legge della Repubblica. Possono istituirsi sezioni con sede diversa dal capoluogo
della Regione.
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
109
Art. 126.
Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio
regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione
o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di
sicurezza nazionale. Il decreto è adottato sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per
le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica.
Il Consiglio regionale può esprimere la sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta mediante
mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti e approvata per appello nominale a maggioranza assoluta dei componenti. La mozione non può essere messa in discussione prima di
tre giorni dalla presentazione.
L’approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta eletto a suffragio
universale e diretto, nonché la rimozione, l’impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie dello stesso comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio. In ogni caso i
medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio.
Art. 127.
Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione.
La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un’altra
Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale
dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto avente
valore di legge.
Art. 128.
Abrogato dall’articolo 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
Art. 129.
Abrogato dall’articolo 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
Art. 130.
Abrogato dall’articolo 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
Art. 131.
Sono costituite le seguenti Regioni:
Piemonte;
Valle d’Aosta;
Lombardia;
Trentino-Alto Adige;
Veneto;
Friuli-Venezia Giulia;
Liguria;
Emilia-Romagna;
Toscana;
Umbria;
Marche;
Lazio;
110
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
Abruzzi;
Molise;
Campania;
Puglia;
Basilicata;
Calabria;
Sicilia;
Sardegna.
Art. 132.
Si può con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o
la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione d’abitanti, quando ne facciano richiesta tanti
Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia
approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse.
Si può, con l’approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province
interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della
Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta,
siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra.
Art. 133.
Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove Provincie nell’ambito d’una
Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziative dei Comuni, sentita la stessa Regione.
La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi
Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni.
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
111
Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
“Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione”
(Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 248 del 24 ottobre 2001)
Art. 1.
1. L’articolo 114 della Costituzione è sostituito dal seguente:
“Art. 114. - La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle
Regioni e dallo Stato.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti,
poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.
Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento”.
Art. 2.
1. L’articolo 116 della Costituzione è sostituito dal seguente:
“Art. 116. - Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle
d’Aosta/Vallée d’Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi
statuti speciali adottati con legge costituzionale.
La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol ècostituita dalle Province autonome di Trento e di
Bolzano.
Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma
dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con
legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di
cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla
base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata”.
Art. 3.
1. L’articolo 117 della Costituzione è sostituito dal seguente:
“Art. 117. - La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della
Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono
essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull’istruzione;
112
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città
metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei
dati dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;
s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l’Unione
europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della
salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti
civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei
bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni
culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle
materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata
alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme
di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo
in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle
Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le
Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello
svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne
nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato”.
Art. 4.
1. L’articolo 118 della Costituzione è sostituito dal seguente:
“Art. 118. Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di
sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di
quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell’articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella
materia della tutela dei beni culturali.
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
113
Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di
sussidiarieta’”.
Art. 5.
1. L’articolo 119 della Costituzione è sostituito dal seguente:
“Art. 119. - I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria
di entrata e di spesa.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e
applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.
La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con
minore capacità fiscale per abitante.
Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle
Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.
Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi
diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi
speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito
secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all’indebitamento solo
per finanziare spese di investimento. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti”.
Art. 6.
1. L’articolo 120 della Costituzione è sostituito dal seguente:
“Art. 120. - La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni,
né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle
cose tra le Regioni, né limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei
Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria
oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge
definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di
sussidiarietà e del principio di leale collaborazione”.
Art. 7.
1. All’articolo 123 della Costituzione è aggiunto, in fine, il seguente comma:
“In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali”.
Art. 8.
1. L’articolo 127 della Costituzione è sostituito dal seguente:
“Art. 127. - Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione,
può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione.
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Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un’altra
Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale
dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto avente
valore di legge”.
Art. 9.
1. Al secondo comma dell’articolo 132 della Costituzione, dopo le parole: “Si può, con” sono inserite le seguenti: “l’approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province
interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante”.
2. L’articolo 115, l’articolo 124, il primo comma dell’articolo 125, l’articolo 128, l’articolo 129 e l’articolo 130 della Costituzione sono abrogati.
Art. 10.
1. Sino all’adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si
applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le
parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.
Art. 11.
1. Sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della Costituzione, i regolamenti
della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare
per le questioni regionali.
2. Quando un progetto di legge riguardante le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e all’articolo 119 della Costituzione contenga disposizioni sulle quali la Commissione parlamentare per le questioni regionali, integrata ai sensi del comma 1, abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato all’introduzione di modificazioni specificamente formulate, e la Commissione che ha svolto
l’esame in sede referente non vi si sia adeguata, sulle corrispondenti parti del progetto di legge
l’Assemblea delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
115
I cd rom degli Atti del Consiglio provinciale
1860-1960
INDICE VOLUMI DIGITALIZZATI 1860-1960
EDIZIONE
Amministrazione Provinciale di Brescia
REDAZIONE
B.G.C. ARCHIVI
Loc. Faustinella, 25015 Desenzano d/G (BS)
Tel. 030.9127255 - [email protected]
Revisione e Informatizzazione
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Via Martiri della Libertà, 27 - 25100 Rodengo Saiano (Bs)
Tel. 030.6810761 - [email protected]
Indice di consultazione - Istruzioni ed informazioni
DISCO 1
1860: Parte I: 1-24, Parte II: 1-27, 28-68
1861: I-XXXIII, 1-57, 58-105, 106-145, 146-179, 180-224
1862: Parte I: 1-XLIV, Parte II: 1-50, 51-94, 95-145, 146-200, 201-212
1863: 1-33, 34-89, 89-128, 129-163, 164-190
1864: 1-50, 51-95, 88-154, 155-173, 174-207, 208-246
1865: 1-35, 36-79, 80-129, 130-163, 164-204
1866: 1-34, 35-81, 82-117, 118-147, ???
1867: 1-47, 48-73, 74-111, 112-164, 165-179, 180-225
1868: 1-32, 33-85, 86-135, 136-188, 189-228
1869: 1-45, 46-97, 98-142, 143-190, 191-223, 230
1870: 1-64, 65-127, 128-173, 174-215
1871: 1-44, 45-89, 90-134, 135-171, 172-207
1872: Parte I: 1-32, Parte II: 33-76, 77-90 + I-XXX, 121-144
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
117
1873: 1-37, 38-73, 74-117, 118-162, 163-201, 202-227
1874: 1-37, 38-90, 91-135, 136-183, 184-217
1875: 1-51, 52-101, 102-157, 158-207, 208-262
1876: 1-45, , 94-141, 142-189, 190-223
1877: 1-53, 54-108, 109-151, 152-201, 202-227
1878: Parte I: 1-45, Parte II: 1-93, 94-147, 148-203, 204-247
1879: 1-47, 48-97, 98-158, 159-214, 215-261, 262-323, 324-374, 375-421, 422-480
1880: 1-49, 50-106, 107-165, 166-227, 228-286
1881: , 1-63, 63-120, 121-181, 182-234, 235-294, 295-355
1882: 1-63, 64-125, 126-185, 186-244
1883: 1-61, 62-121, 122-183, 184-240, 241- 301, 302-347, 348-409, 410-437
1884: 1-61, 62-122, 123-187, 188-249, 250-289
1885: 1-53, 54-119, 120-185, 186-247, 248-297
1886: 1-59, 60-115, 116-173, 174-228, 229-289, 290-363
1887: 1-57, 58-118, 119-177, 178-235, 236-291
1888: 1-63, 64-121, 122-171, 172-234, 235-303, 304-372
1889: 1-65, 66-114, 115-181, 182-191 + I-LV, LVI-CXIII, 190-243, 244-273
1890: 1-60, 61-117, 118-167, 168-220, I-LIX, LX-LXXXI + 221-263, 264-334
1891: 1-71, 72-137, I-LXVII, LXIX-LXXXIX + 138-183, 184-247, 248-307, 308-378
1892: Parte I: 1-68, 69-112 Parte II: 1-21, 22-48 + I-LV, LVI-LXXV + 49-90, 91-151
1893: Parte I: 1-60, 61-116, Parte II: 1-43, I-LV, 44-99 + LVI-LXXXI, 100-169
1894: 1-70, 71-88 Allegati: 1-35, 36-67 + I-XLIII, XLIV-LXXI + 141-171, 172-251
1895: Parte I: 1-85, Parte II: 1-57, 58-93 + I-XLIX, L-LXXIX + 95-121, 122-177
DISCO 2
1896: Parte I: 1-80, 81-135, Parte II: 1-60, 61-134, 135-141 + I-LIII, LIV-LXI + 145-193, 194-261
1897: Parte I: 1-45, 46-115, Parte II: 1-58, 59-135, 136-143 + I-LXIII, 144-191, 192-259
1898: Parte I: 1-64, Parte II: 1-63, 64-71 + I-LIX, 72-134, 136-195
1899: Parte I: 1-59, 60-95, Parte II: 1-52, I-LXIII, 53-115, 116/203
1900: Parte I: 1-65, Parte II: 1-62, 63-131, 132-144 + II-LXIII, 145-223, 224-269
1901: Parte I: 1-75, Parte II: 1-73, 74-96 + I-XLV, XLVI-LXXI + 97-137, 138-217
1902: I-XX + 1-60, 61-120, 121-177, 178-247, 248-317, 318-403
1903: 1-35, 36-142, 143-203, 204-273, 274-337, 338-374, 375-453, 454-520
1904: 1-73, 74-135, 136-214, 215-288, 289-365, 366-413, 414-470, 471-556, 557-631, 632-691, 692-747
1905: 1-65, 66-125, 126-174, 175-212, 213-295, 296-382, 383-437, 438-489
1906: 1-85, 86-151, 152-198, 199-253, 254-291, 292-369, 370-427, 428-469, 470-525, 526-600
1907: 1-81, 82-135, 136-177, 178-231, 232-323, 324-387, 388-465, 466-533, 534-589
118
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
1908: 1-78, 79-135, 136-207, 208-253, 254-311, 312-390, 391-431
1909: 1-69, 70-125, 126-193, 194-265, 266-325, 326-387, 388-453, 454-533, 534-583, 584-622, 623-683, 684723, 724-784
1910: 1-65, 66-130, 131-179, 180-243, 244-313, 314-355, 356-439, 440-511, 512-593, 594-667
1911: 1-79, 80-143, 144-204, 205-279, 280-357, 358-411, 412-487, 488-557, 558-606
1912: 1-73, 74-149, 150-213, 214-263, 264-331, 332-399, 400-477, 478-551, 552-605
1913: 1-87, 88-150, 151-207, 208/282, 283-355, 356/428, 429-503, 504-576, 577-639, 640-678
1914: 1-81, 82-155, 156-230, 231-319, 320-399, 400-484, 485-548, 549-621
1915: 1-60, 61-134, 135-193, 194-272, 273-353, 354-433, 434-483, 484-521
1916: 1-81, 82-123, 124-180, 181-254, ...
DISCO 3
1916: ... 255-329, 330-415, 416-484
1917: 1-77, 78-135, 136-211, 212-281, 282-314
1918: 1-81, 82-156, 157-230, 231-291, 292-338
1919-20: 1-49, 50-108, 109-182, 183-255, 256-341, 342-386, 387-470, 471-507, 508-583, 584-636, 637-674
1921: 1-81, 82-141, 142-203, 204-263, 264-349, 350-409, 410-493, 494-537
1922: I-XXVIII, 1-63, 64-110, 111-193, 194-275, 276-328, 329-376, 377-439, 440-505, 506-573, 574-663, 664727, 728-770
1923: I.XXXIII + 1-45, 46-119, 120-185, 186-208
1924: I-XXXVIII, 1-73, 74-153, 154-217, 218-273, 274-361, 362-399, 400-455, 456-541, 542-599, 600-673, 674711, 712-747
1925: 1-78, 79-151, 152-213, 214-279, 280-319, 320-375, 376-451, 452-487
1926: 1-67, 68-143, 144-213, 214-301, 302-369
1927: 1-71, 72-147, 148-219, 220-265, 266-327, 328-356, 357-429, 430-472, 473-501
1928: 1-67, 68-123, 124-181, 182-247, 248-309, 310-385, 386-452, 453-477
1929: 1-59, 60-130, 131-176, 177-235, 236-307, 308-359, 360-409, 410-455, 456-483
1930: 1-75, 76-158, 159-217, 218-293, 294-361, 362-419, 420-513, 514-537
1931: 1-61, 62-121, 122-203, 204-273, 274-343, 344-413, 414-484, 485-507
1932: 1-63, 64-115, 116-179, 180-249, 250-319, 320-379, 380-451, 452-500, ???-523
1933: 1-67, 68-109, 110-167, 168-223, 224-312, 313-380, 381-451, 452-500, 501-521
1934: Atti: 1-79, 80-145, 146-232, 233-271, Consuntivo 1933: 1-87, 88-124, Previsione 1935: 1-77, 78-138
1935: Atti: 1-79, 80-131, 132-177, 178-239, 240-268, Consuntivo 1934: 1-61, 62-122, Previsione 1936: 177, 78-138
1936: Atti: 1-79, 80-155, 156-222, 223-281, Consuntivo 1935: 1-61, 62-123, Previsione 1937: 1-71, 72-138
1937: Consuntivo 1936: 1-61, 62-123, Atti: 1-76, 77-142, 143-223, 224-283, 284-311, Previsione 1938: 171, 72-138
1938: Atti: 1-88, 89-147, 148-216, 217-297, Consuntivo 1937: 1-61, 62-123, Previsione 1939: 1-71, 72-138
1939: Atti: 1-81, 82-151, 152-229, 230-303
1940: Atti: 1-63, 64-120, ..
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
119
DISCO 4
1940: ... 121-189, 190-263, Consuntivo 1939: 1-61, 62-125, Previsione 1941: 1-71, 72-138
1941: Atti: 1-63, 64-122, 123-195, 196-237
1942: Atti: 1-60, 61-117, 118-176, Consuntivo 1941: 1-61, 62-127, Previsione 1943: 1-71, 72-139
1943: Atti: 1-47, 48-113, 114-183, Consuntivo 1942: 1-61, 62-123, Previsione 1944: 1-71, 72-138
1944: Atti: 1-71, 72-143, Previsione 1945: 1-71, 72-138
1945: 1-79, 80-159
1946: 1-71, 72-127, 128-195, 196-254
1947: 1-85, 86-169, 170-247, 248-331
1948: 1-59, 60-127, 128-198, 199-261
1949: 1-64, 65-131, 132-203, 204-242
1950: 1-70, 71-131, 132-200, 201-266
1951: Atti: 1-74, 75-134, 135-207, 208-285, 286-367, 368-422, 423-456, Previsione 1952: I-XIX + 1-31, 3285, 87-153
1952: Atti: 1-85, 86-161, 162-209, 210-259, 260-308, 309-355, 356-405, 406-455, 456-493, Previsione 1953: IXV + 1-41, 42-97, 98-152
1953: Atti: 1-49, 50-105, 106-161, 162-225, 226-297, 298-374, 375-450, 451-487, Previsione 1954: I-XV + 141, 42-101, 102-155
1954: Atti: 1-71, 72-119, 120-195, 196-247, 248-292, 293-354, 355-414, 415-450, Previsione 1955: I-XV + 171, 72-152
1955: Atti: 1-73, 74-149, 150-201, 202-284, 285-324, 325-365, 366-453, 454-514, 515-551, Consuntivo 1954: 163, 64-123, 124-179, Previsione 1956: 1-51, 52-99, 100-152
1956: Atti: 1-71, 72-142, 143-205, 206-275, 276-360, 361-421, 422-483, 484-538, 539-594, 595635, Consuntivo 1955: 1-45, 46-103, 104-180, Previsione 1957: 1-73, 74-154
1957: Atti: 1-53, 54-105, 106-169, 170-227, 228-293, 294-353, 354-400, 401-462, 463-519, 520558, Consuntivo 1956: 1-57, 58-119, 120-180, Previsione 1958: 1-27, 28-93, 94-154
1958: Atti: 1-57, 58-113, 114-164, 165-221, 222-309, 310-392, 393-452, 453-485, Consuntivo 1957: 1-63, 64133, 134-179, Previsione 1959: 1-33, 34-87, 88-156
1959: Atti: 1-48, 49-102, 103-187, 188-272, 273-334, 335-390, 391-430, 431-489, 490-558, 559601, Consuntivo 1958: 1-57, 58-119, 120-180, Previsione 1960: I-XXXV + 1-29, 30-95, 96-166
1960: Atti: 1-53, 54-106, 107-163, 164-224, 225-287, 288-355, 356-390, Consuntivo 1959: 1-83, 84-147, 148180
DISCO 5
Mappa della Provincia di Brescia allegata al volume 1959: Mappa-BS,
Istruzioni particolari per l’utilizzo del Disco 5:
per una migliore consultazione dei documenti in formato MS Word si consiglia di visualizzare gli stessi in modalità Layout di Lettura (attivabile dal menu Visualizza), e di attivare la modalità Mappa documento
(attivabile dal menu Visualizza).
120
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
Indice degli Atti della Provincia di Brescia 1860-1904:
– Formato MS Word 97: Indice_1860-1904.doc
– Formato Tif: 1-79, 81-164, 165-239, 241-298, 299-325,
Indice degli Atti della Provincia di Brescia 1905-1914:
– Formato MS Word 97: Indice_1905-1914.doc
– Formato Tif: 1-54, 55-107, 109-157, 159-208, 209-268, 269-309
Indici dei singoli volumi: 1860-61, 1862, 1863, 1864, 1865, 1866, 1867, 1868, 1869, 1870,
1873, 1874, 1875, 1876, 1877, 1878, 1879, 1880, 1881, 1882, 1883, 1884, 1885, 1886, 1887,
1890, 1891, 1892, 1893, 1894, 1895, 1896, 1897, 1898, 1899, 1900, 1901, 1902, 1903, 1904,
1907, 1908, 1909, 1910, 1911, 1912, 1913, 1914, 1915, 1916, 1917, 1918, 1919-20, 1921,
1924, 1925, 1926, 1927, 1928, 1929, 1930, 1931, 1932, 1933, 1934, 1935, 1936, 1937, 1938,
1941, 1942, 1943, 1944, 1945, 1946, 1947, 1948, 1949, 1950, 1951, 1952, 1953, 1954, 1955,
1958, 1959, 1960.
1871,
1888,
1905,
1922,
1939,
1956,
1872,
1889,
1906,
1923,
1940,
1957,
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Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
121
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Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
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Ringraziamenti
Per questa pubblicazione ci si è avvalsi della collaborazione e della supervisione di Luisa
Bezzi, direttrice dell’Archivio di Stato di Brescia.
Si ringrazia Guido Melis, professore di Storia dell’amministrazione pubblica presso
l’Università di Roma “La Sapienza”.
Un particolare ringraziamento ad Aldo Pirola direttore della Civica Biblioteca Queriniana
e ad Antonio De Gennaro, responsabile della sezione Emeroteca, per aver reso disponibili i
volumi a completamento della raccolta degli Atti del Consiglio destinati alla scansione.
Il lavoro è stato assemblato e compilato sulla base di documenti ufficiali dall’Ufficio
Archivio Storico della Provincia di Brescia - Settore Cultura, costituito da Damiana Amighetti
e Filippo Jannaci, posto sotto la direzione di Giacomo Pagani e di Innocenzo Sala.
Atti del Consiglio Provinciale di Brescia dal 1860 al 1960
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Finito di stampare
nel mese di ottobre 2005
da Artigianelli SpA
Sezione Tipolitografia Queriniana, Brescia
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