04 Dicembre 2008 (f.f.) Il monte Tambura è il monte dei massesi, non è difficile da salire ed è particolarmente panoramico. Esso permette un gran numero di escursioni e di divertenti traversate. Il rifugio Conti offre una sosta piacevole al viandante e la via Vandelli non smette mai di stupire l’escursionista per l’arditezza della sua costruzione. La zona è ricca di storia e di leggende ed il monte è ricordato anche da Dante. MONTE TAMBURA Figura 1: la Apuane dal mare (Marinella di Sarzana SP) la cuspide appuntita della Tambura è al centro della foto. Si trova tra la Provincia di Massa-Carrara (comune di Massa) e quella di Lucca (comune di Vagli di Sotto): il crinale e la vetta sono proprio sul confine stesso. Dopo il monte Pisanino (1946 metri) ed il Monte Cavallo (1895 metri) è, per altezza, la terza cima della Apuane con i suoi 1891 metri. Localmente conosciuto semplicemente come “la Tambura”, è una mole poderosa di marmo a forma piramidale che termina con una caratteristica cuspide triangolare e domina la città di Massa. È situato in posizione centrale tra il monte Cavallo, a nord-ovest ed il monte Sella a sud-est, nella parte settentrionale delle Apuane. La Tambura è caratterizzata da avere lo stesso aspetto da ogni lato, di non presentare grandi difficoltà ad ascenderla e di offrire panorami unici sull’intera catena Apuana: dalle Apuane più settentrionali (in particolare Pisanino e Cavallo) a quelle meridionali (gruppo delle Panie) e dal mare all’Appennino. La cresta per la vetta (sentiero 148) va dal passo della Focolaccia a quello della Tambura ed interessante dal punto di vista sci-alpinistico è il versante settentrionale del monte detto Carcaraia. In Garfagnana era chiamata Zucco Alto o Monte Prispole ed anticamente Stamberlicche. DANTE E LA TAMBURA La Tambura fu citata da Dante nella Commedia, Inferno, canto XXXII, versetti 28-30 per sottolineare la consistenza del massiccio strato di ghiaccio nel quale sono rinchiusi, fino al viso, nell’ottavo cerchio (Cocito), i traditori dei parenti, della patria e della propria parte politica. Pagina 1 di 6 Infatti Dante dice che il ghiaccio non si sarebbe minimamente incrinato anche facendoci precipitare sopra la Tambura (Stamberlicche1) o la Pania della Croce ( Pietrapana dall’antico nome Pietra Apuana). Non fece al corso suo sì grosso velo di verno la Danoia in Osterlicchi, nè Tanaì là sotto ‘l freddo cielo, com’era quivi; che se Tambernicchi vi fosse sù caduto, o Pietrapana, non avria pur dall’orlo fatto cricchi2, IL NOME DEL MONTE Riporto qua di seguito un brano tratto da: Carlo De Stefani3, Gli antichi ghiacciai della Alpi Apuane, CAI, Torino, 1891. L’opuscolo è stato ristampato nel 1994, in copia anastatica, dalla Tipografia della Provincia di Massa-Carrara ed il brano si trova a pagina 5 e 6. Secondo questo studioso il nome Tambura era originariamente il nome dell’intera cresta dal monte Pelato fino al Cavallo, poi fu limitato alla zona a Nord del Passo omonimo ed infine venne a designare il monte Prispole. Figura 2: la Tambura vista dalla cima del Pisanino, sullo sfondo, a sinistra, il gruppo delle Panie. A settentrione la cresta seguita, quasi uniforme, pei monti Palesinaia o Pelato (1341m) e Macina, per la cresta del Sella che arriva a 1739 metri, pel M. Prispole (1890m), o Tambura della Carta dell’I.G.M., fino al M. Cavallo, così detto nel Massese, chiamato semplicemente la Grotta, dalle parti di Garfagnana (1889m 4). Codesto crinale è traversato dai due passi del Vestito e della Tambura, scabrosissimo e perciò praticabile soltanto nella buona stagione il primo, traversato il secondo da un mediocre viottolo, da muli una volta, da pedoni oggi, che è parte dell’antica strada Vandelli e che a’ tempi del Duca di Modena serviva da unica comunicazione fra la provincia di Massa e quella della Garfagnana e Modena. La cresta dal M. Pelato al M. Cavallo, talvolta un poco più od un poco meno, la chiamano la Tambura o le Tambure, sebbene poi il nome di Tambura sia dato in special modo alla regione 1 Antichi commentatori della Commedia era indecisi sulla localizzazione di Tambernicchi. Alcuni lo indicavano come il monte Tabernic in Schiavonia, cioè la Fruska Gora, oggi in Serbia vicino al confine con la Croazia, presso Tovarnik, città oggi croata. C’è da dire, comunque che il monte è di modestissima quota. Altri lo identificarono con il monte Javornik presso Postumia, oggi in Slovenia. Riporto il commento di Umberto Bosco e Giovanni Reggio: “Sembra cogliere nel vero, o almeno avvicinarsene di più, il Torraca che, tenendo conto del seguente Pietrapana, nelle Alpi Apuane, pensa al Monte Tambura, dello stesso gruppo montano, indicato negli antichi testi col nome di “Stamberlicche”. Dante può avere quindi associato due monti della stessa catena” [Da U.Bosco, G. Reggio, La Divina Commedia, Inferno, Le Monnier, Firenze, 2002]. A suffragare ulteriormente l’ipotesi aggiungo che Dante sicuramente conosceva il nostro monte per averlo visto durante il suo soggiorno in Lunigiana. 2 Non fa una così consistente crosta di ghiaccio in inverno il Danubio in Austria, né il Don sotto il freddo cielo come era qua, tanto che se vi fosse caduto sopra il Tambernicchi o la Pietrapana non avrebbe emesso uno scricchiolio (cioè non si sarebbe incrinato, nemmeno ai margini dove il ghiaccio è meno sottile). 3 Carlo De Stefani (Padova 1851-Firenze 1924) laureato in giurisprudenza poi si appassionò alla geologia ed ottenne la cattedra di geologia e di geografia fisica all’Università di Firenze. Iscritto alla sezione Cai di Firenze, pubblicò diversi studi sulle nostre zone tra cui, nel 1887, un opuscolo dal titolo “Le Alpi Apuane”. 4 L’altezza del Cavallo è oggi considerata 1895 metri, quindi più alto della Tambura. Pagina 2 di 6 situata a N del passo omonimo, comprendente anche il M. Prispole, che, siccome dicevo, viene spesso chiamato, sebbene un poco impropriamente, Tambura. Si chiama Fosso Tambura il canale che scorre nella Valle di Arnetola e raccoglie le acque dal versante est della Tambura e dalla Roccandagia e dalle pendici sud del monte Fiocca e, probabilmente, il nome al fosso precede l’attribuzione del nome al monte. Esso è tributario del lago di Vagli. ESCURSIONISMO ED ALPINISMO Una prima salita ufficiale è attribuita5 verso il 1853 al naturalista svizzero Ludwig Rütimeyer 6 e all’astronomo Giovanni Inghirami7 che vi compì rilievi trigonometrici. Questa notizia è errata per quanto riguarda Inghirami a quella data ormai morto. Sicuramente, comunque, la cima era stata già più volte raggiunta dai pastori locali. La prima invernale è di Aristide Bruni 8, Efisio Vangelisti e L. Matteotti il 30 novembre 1883. La montagna riveste scarso interesse arrampicatorio, mancando di pareti rocciose come alcuni dei monti circostanti, invece presenta un certo interesse sci-alpinistico la zona nord detta Carcaraia. Più interessanti sono le salite invernali specialmente nel Figura 3: la vetta, sullo sfondo il Pisanino. versante orientale Cresta Nord-est Inizia al Passo della Focolaccia, si sviluppa per più di un chilometro, tra rocce e scarse difficoltà, a metà c’è una spalla detta Monte Crispo (1835m), per essa passa il sentiero 148. Versante Sud-ovest È il versante a mare, percorso nella zona più orientale, dalla via Vandelli. Presenta possibilità di ascensioni invernali, è percorso da diversi canali che confluiscono nel Canal Pianone ed è molto povero di vegetazione. 5 Lorenzo Bozano, Emilio Quèsta, Gaetano Rovereto, Guida della Alpi Apuane, Cai ligure,Genova, 1905. La seconda edizione in cui si trova la notizia, a pagina 59, si avvale della collaborazione di Bartolomeo Figari. 6 Ludwig Rütimeyer (Biglen 1825, Basilea 1895) professore di zoologia ed anatomia comparata all’università di Basilea. 7 Giovanni Inghirami (Volterra 1779, Firenze 1851) direttore dell’osservatorio Ximeniano di Firenze, astronomo e cartografo. 8 Ingegnere fiorentino al quale si deve la prima ascensione documentata del monte Procinto nel 1879. Bruni fu grande estimatore della zona apuana che promosse dal punto di vista alpinistico e turistico. Fece costruire anche la famosa ferrata del monte Procinto che divenne operativa nel 1893 a cura del Cai di Firenze. Pagina 3 di 6 Cresta Sud Inizia dal passo della Tambura, passa per sfasciumi e più corta, ma più ripida, di quella NE. È percorsa dal sentiero 148. Versante Est / Sud-Est È affacciato sulla valle di Arnetola e presenta alcuni interessanti itinerari invernali. Cresta Nord-est Proviene dalla Sella della Roccandagia (1630m) ed è la cresta più lunga e la meno semplice. Il monte Roccandagia (1770m) fa parte del massiccio della Tambura e si sviluppa a sud-ovest della cima principale, domina la conca di Campocatino è meno semplice a salire e riveste anche interesse alpinistico. Figura 4: la cresta con ancora un po’ di neve nella Carcaraia. Versante Nord È la Carcaraia zona di buche carsiche, grotte e sfasciumi di roccia a nord del monte ed a confine con la Roccandagia. Gli studi sulle grotte della zona (abisso Roversi ed Pozzo Mandini tra le altre) hanno dimostrato che le acque arrivano al Frigido e non al Serchio come ci si potrebbe aspettare evidenziando la complessità del sistema ipogeo apuano. È zona di sci-alpinismo ed è attraversata dal sentiero 177 da Campocatino. TRAVERSATE DELLA TAMBURA Sono escursioni lunghe e faticose, ma molto interessanti perchè permettono di conoscere più da vicino la fatica dei cavatori lungo le Figura 5: la Carcaraia, in primo piano, e la Roccandagia sullo sfondo, vie di lizza ripidissime che portavano al in secondo piano l’Appennino. posto di lavoro, inoltre si aprono su splendidi panorami sulle Apuane e l’Appennino e ci fanno scoprire la flora delle Apuane. I due anelli partono da Resceto seguendo la primissima parte della via Vandelli, uno segue il sentiero 166 e l’altro il 166 bis che con la nuova numerazione diventa 156. I due sentieri, in parte, seguono il tracciato di antiche vie di lizza e si uniscono al passo della Focolaccia. Qua si sale la cresta della Tambura (sentiero 148) e si scende per la via Vandelli (sentiero 35) senza dimenticare una sosta al rifugio Conti ai Campaniletti. È sempre consigliabile fare la Vandelli al ritorno essendo meno faticosa. Un’altra traversata, partendo sempre da Resceto, sale per la Via di lizza delle Gruzze (sentiero 165), sale la cresta della Tambura e scende per una delle due precedenti vie di lizza. Il tempo richiesto va da 8 a 10 ore secondo le soste, è più impegnativa delle precedenti poiché la discesa avviene per sentieri più ripidi. Pagina 4 di 6 È possibile poi percorrere anche l’Anello della Roccandagia con durata circa sette ore. La partenza è a Campocatino9 (1000m) dove si imbocca il sentiero 177 per il passo della Tombaccia (1350m) e poi quello della Focolaccia. Poi si percorre la cresta fino al Passo della Tambura dal quale si scende per il versante garfagnino della Vandelli fino ad incontrare il sentiero 147 che riporta a Campocatino, una breve deviazione porta all’Eremo di San Viano. PASSI DEL SENTIERO 148 Passo della Focolaccia Si trova a quota 1650 metri, è un largo valico tra il monte Cavallo e la Tambura, a confine tra il comune di Massa e quello di Minucciano. È un antico valico tra Gorfigliano (Minucciano) e Resceto (Massa), qua fu costruito il bivacco Aronte nel 1902, primo rifugio sulle Apuane. Con il tempo la zona è stata devastata dall’estrazione del marmo, facilitata dall’apertura della marmifera da Gorfigliano. Si arriva qua da Resceto con i sentieri 166 e 166 bis nuova numerazione 156 (antiche vie di lizza) e con il 170 ed il 36 attraverso la foce delle Vettoline. Da Forno con il 36 ed il 167 da case Càrpano per Forcella di Porta e dalla Foce di Cardeto, quindi da Orto di Donna, con il 179. Da Campocatino per il passo della Tombaccia con il 177 e da Gorfigliano per via di cava e con il sentiero 178 che si stacca dalla stessa. Da tempo l’attività estrattiva in zona è fonte di proteste da parte degli ambientalisti a causa delle trasformazioni che la stessa ha causato, in maniera ormai irreparabile, all’originaria conformazione del passo, già nel 1991 furono fatti i primi sequestri delle cave, allora proprietà dei fratelli Benedetti della Scaviter di Massa che poi passarono la mano ad altri proprietari. Passo della Tambura Valico, a quota 1620 metri, tra la cresta sud della Tambura ed il monte Focoletta. Importante comunicazione tra la zona di Massa e la Garfagnana, venne valorizzato ed ampliato, usando cariche esplosive, con la costruzione della via Vandelli a metà del 1700. Oggi ospita una immagine marmorea della Madonna del 2003. Oltre che la Vandelli da esso passa il sentiero 148 per la vetta della Tambura ed il sentiero per la Focetta dell’Acqua Fredda. RIFUGIO NELLO CONTI AI CAMPANILETTI Situato a quota 1442 m, si trova alle pendici del monte Focoletta nel gruppo della Tambura. È detto anche rifugio ai Campaniletti per la vicinanza a questi torrioni. Appartiene al Cai di Massa. Vi si può accedere tramite la via Vandelli (sentiero 35) da Resceto o da Vagli oppure con il sentiero 164 diramazione del 165 sempre da Resceto, oppure ancora con il 164 dalla Focetta dell’Acqua Fredda. Figura 6: il rifugio in veste invernale. 9 Campocatino è una bella conca di origine glaciale dove si trova un alpeggio dei pastori della vicina Vagli con relative abitazioni che oggi sono state ristrutturate in modo da farne uno dei luoghi più belli delle Apuane. Nel 1998 qua Leonardo Pieraccioni ambientò il suo film “Il mio west” con David Bowie. Pagina 5 di 6 Fu inaugurato ufficialmente nel 1992 (ma era già operativo da qualche tempo) e dedicato alla grande guida alpina Nello Conti nato nel 1895 a Resceto. STORIE E LEGGENDE La via Vandelli fu percorsa da mercanti e viandanti intorno ai quali si muovevano briganti e malfattori. Quando erano catturati dalle forze di polizia pagavano con la vita i loro misfatti ed esiste la località “Le Teste”, a quota 788 metri lungo il percorso massese della Vandelli, dove pare che fossero esposte le teste dei briganti uccisi come monito, oggi è presente un cartiglio di marmo. Naturalmente questo stimolò la superstizione degli abitanti che credevano di incontrare i fantasmi dei briganti uccisi che li impaurivano e cercavano di spingerli per i dirupi del monte. Oltre ai briganti si aggiravano per il monte gli “streghi” cioè individui dotati di poteri magici e capaci di trasformarsi in animali e di nuocere gravemente agli uomini. Si credeva che gli stessi si recassero in processione sulle cime come tanti lumini accesi, che molti giuravano di avere visto, e qua si dedicassero alle loro feste che non dovevano essere disturbate assolutamente dagli umani pena anche la vita. LA FAVOLA Nel 2008 è uscito un libro per bambini ambientato nella zona della Tambura dal titolo: “La mongolfiera, il monte Tambura ed il tappeto volante”, opera prima di Fernanda Raineri di Massa (Altromondo Editore, Padova). Così l’autrice presenta la sua opera: Figura 7: la Tambura dal Passo Fiocca (versante est, sud-est). Questa, insieme alle altre foto, evidenzia come il monte, visto dalle varie vette delle Apuane, mostra sempre una conformazione simile caratterizzata dalla cuspide sommitale triangolare. La Versilia e le Alpi Apuane fanno da sfondo a questo racconto tra realtà e fantasia. Quattro giovanissimi protagonisti si ritroveranno all’interno di un bosco fatato sul Monte Tambura, dove il mistero e l’avventura la faranno da padroni. Qui scopriranno un luogo dove si cela un inestimabile tesoro e voleranno sulle ali della fantasia con il mitico “tappeto volante”. 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