21 ottobre 2011
(f.f.) questo è un percorso lungo e faticoso per una delle vie di lizza più impegnative delle Apuane
massesi. Molto interessanti sono i panorami e le fioriture. È possibile constatare le modificazioni
che l’attività dell’uomo ha operato e sta ancora operando su una delle zone più belle della
montagna di Massa. Il sentiero permette, raccordandosi ad altri, di percorrere un interessante
anello del monte Tambura.
SENTIERO 166 A (ex 166bis)
Il sentiero è di competenza del Cai sezione Massa che ne cura la manutenzione.
Tragitto
[Resceto (485m) – Casa del Fondo (627m) – sentiero 166] – Bivio 166/166 A - via di lizza
Pellini/Silvia – innesto sent. 36 – il Piastrone (circa 1350m) – Cava di Piastra Marina (circa 1450m) –
Bivacco Aronte (1642m) – Passo della Focolaccia (1650m).
Anche se il sentiero viene fatto iniziare da Resceto, il percorso reale inizia lungo la via di lizza
Magnani (o della Focolaccia) poco sopra il Ponte sul Canal Pianone.
Questo sentiero era numerato 166 bis ed era poi destinato ad avere la numerazione 156 (numero che si
trova in alcune pubblicazioni), ma nella revisione del 2009 è diventato 166 A.
Il tratto finale è a comune con il sentiero 36.
Informazioni sulla zona di partenza
Il percorso inizia da Resceto, frazione montana di Massa da cui dista 11,5 km.
Da Massa si segue via Bassa Tambura in direzione Forno, a 4 Km si incontra Canevara, a 6,5 Km a
sinistra la strada si dirige a Forno, si continua invece per il ramo di destra, si superano le Guadine e
Gronda e si continua la strada che finisce a Resceto (11,5 km) nella piazzetta del paese (mantenersi
sempre a sinistra).
Alcune corse dell’ATN portano da Massa a Resceto e viceversa, ma la domenica è possibile salire
solo con una corsa alle 14 e una alle 19 e scendere alle 14.30 e alle 19.30 (questi dati naturalmente
devono essere controllati sul sito del consorzio ATN).
Descrizione del percorso
Difficoltà: EE (sentiero difficile). La difficoltà nasce dalla lunghezza e dal dislivello notevole che
richiede buon allenamento. Non ci sono comunque tratti esposti. La difficoltà aumenta in presenza
di neve e ghiaccio.
Stato del sentiero: il sentiero è segnato e ben evidente. I tratti più impegnativi della vecchia via di
lizza sono evitati mediante alcune deviazioni, comunque a tratti il fondo è sconnesso e il progredire
è faticoso sia in salita che in discesa. In alto diventa una bianca via marmifera esposta al sole e
questo aumenta la fatica nei periodi molto caldi e assolati.
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Tempi: salita 04h 30’ partendo da Resceto con le soste fisiologiche, 04h partendo dall’inizio reale
discesa 03h 45’
Il percorso
Sintesi: Dopo aver percorso un tratto della Via Vandelli si raggiunge la deviazione per il 166 e
subito dopo l’inizio del sentiero 166 A. In pochi minuti siamo in cresta, la via di lizza Silvia rimane
poco più a sinistra. Il sentiero in parte segue la vecchia via di lizza, mentre, dove la stessa è più
ripida e malmessa, la evita con due deviazioni, una all’inizio per evitare un tratto molto ripido e
malmesso della via di lizza, la seconda prima dell’innesto nel 36. La salita è sempre aspra e
faticosa, troviamo, sempre a sinistra, antiche costruzioni, ormai dirute, assaggi di cava e tralicci
dell’elettricità. Poi superiamo il lastrone del Piastrone e arriviamo alla casa dei cavatori presso la
cava del Padulello da qua in breve si arriva sulla marmifera che porta al passo.
Arriviamo a Resceto e lasciamo l’auto lungo la strada o, se siamo fortunati, nel piccolo parcheggio
del paese presso il quale è una fontana, che, a volte in estate, è asciutta. Saliamo la via ancora
asfaltata sopra il parcheggio e subito troviamo sulla destra una maestà dedicata a S. Giovanni
Battista, proseguiamo e la strada ben presto diventa sterrata. Arriviamo (07’) alla base di un ripido
canalone con muretti di cemento armato per imbrigliare la forza delle acque e sulla roccia vediamo
la scritta strada Vandelli Km 6, in pratica qua inizia la via Vandelli che porta al Passo della
Tambura. Il primo tratto del sentiero che stiamo percorrendo è comune al sentiero 35 (via Vandelli)
e al 166. Arrivati (10’) allo Zucco di Zanghin (564m) la visuale si apre sulla via Vandelli che
vediamo inerpicarsi sulla destra e sulla lizza Magnani (sentiero 166) che sale le pendici del monte
Cavallo. Poco dopo (12’) sulla sinistra si stacca il sentiero 170 diretto alla Foce delle Vettoline, da
cui passa il sentiero 36 che, in alto, si collega con l’itinerario che stiamo facendo. A 19’ incontriamo
la casa del Fondo (627m) e dopo 10’ la deviazione a sinistra che seguiamo: essa indica i sentieri 166
e 166 A (indicato anche 166 bis). Iniziamo a salire ripidamente con bella vista sulla Vandelli che si
inerpica a destra e sul sottostante ponte metallico che permette di superare il canal Pianone. A 41’
incrociamo il bivio per il 166 A che prendiamo a sinistra [questo è il reale punto di inizio del
sentiero]. Il primo tratto ci porta in pochi minuti (47’) sulla cresta, la lizza Silvia rimane poco più a
sinistra, in lontananza c’è il monte di Castagnolo e sullo sfondo c’è il mare. Il sentiero in parte
segue la vecchia lizza, mentre dove la stessa è più ripida e malmessa, la evita con delle deviazioni.
Aggiriamo un poggio, a destra della lizza, e a 1h 04’ ci troviamo sulla lizza stessa. La salita è aspra
e faticosa, troviamo, sempre a sinistra, antiche costruzioni, ormai dirute, assaggi di cava e tralicci
dell’elettricità. A 1h 54’ c’è un’altra deviazione verso destra che ci permette di evitare un tratto
molto ripido e ci fa arrivare (2h 29’) al bivio che a sinistra ci porta alla Foce delle Vettoline. Il
sentiero adesso prende il numero 36. Proseguiamo per il lastrone del Piastrone, la pendenza diventa
minore e il sentiero a tratti è sulla placca di marmo, di fronte abbiamo Piastra Marina e una
costruzione-ricovero dei cavatori, sui fianchi della montagna notiamo ancora molti piri infilati nei
loro fori che servivano per trattenere il marmo nel trasporto a valle. A 2h 52’ una corda metallica
piuttosto malmessa dovrebbe agevole la salita e dopo pochi minuti (2h 56’) arriviamo a una sella, a
sinistra la lizza continua verso le vicine cave del Padulello (1414m) alle pendici del monte Cavallo,
che sono state riattivate, ma cui si perviene mediante via di cava dalla Focolaccia, a destra si va
all’abitazione-ricovero dei cavatori. Ci fermiamo per riposarci all’ombra e per fare due foto, la vista
che si gode dalla lizza per il Padulello è veramente molto bella: in particolare sul Monte Sagro, sul
Contrario e le case Carpano. La casa dei cavatori è appollaiata in posizione panoramica sui bacini
marmiferi di Carrara e sul mare fino al golfo della Spezia. Dopo la sosta riprendiamo il cammino
prendendo il sentiero a destra della casa che sale ripidamente fino ad arrivare in cresta (3h 18’), da
qua la visuale si apre sulla Tambura e il gruppo del monte Sella e, in basso, sulle cave di Piastra
Marina e la costruzione dei cavatori dipinta di verde cui arriva il sentiero 166 (lizza Magnani). A 3h
26’ incrociamo la via di cava che scende alla cava del Padulello, il sentiero continuerebbe sulla
roccia di fronte a noi per alcuni metri, ma decidiamo di continuare per la strada di cava che a destra
sale al Passo della Focolaccia e alle relative cave. La salita è faticosa sotto il sole cocente e,
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finalmente, a 4h 08’ siamo alla costruzione che serve da mensa e da ricovero per i cavatori della
cava della Focolaccia, qua ci fermiamo per riposarci all’ombra. Proprio di fronte abbiamo in alto il
bivacco Aronte e la coda del monte Cavallo. La zona è stata trasformata pesantemente dall’attività
estrattiva e si perviene facilmente a essa con la strada da Gorfigliano, nel versante garfagnino
oppure col sentiero 179 da Foce Cardeto, nella zona di. Orto di Donna. Dopo 15’ di sosta
riprendiamo il cammino e godiamo della visione superba della Punta Carina presso la coda del
Cavallo e saliamo verso la cava da cui si vede il monte Pisanino. Siamo in pratica alla Focolaccia
(04h 30’). Presso un obelisco di marmo troviamo verso destra le indicazioni per la Tambura
(sentiero 148) dal quale si stacca anche il sentiero 177 per Campocatino e Vagli mentre da parte
opposta il sentiero 179 si dirige a Foce Cardeto.
Aspetti di rilievo del sentiero
Resceto
Paese nel comune di Massa a quota 485 metri. Si trova ai piedi della Tambura e del monte Cavallo ed è
dominato dalla mole di Piastra Marina. La carrozzabile della bassa Tambura finisce nella piazzetta di
questo paesino e continua con la famosa via Vandelli. Il borgo si sviluppò proprio dopo la costruzione
della Vandelli e non presenta particolarità oltre la posizione che è molto panoramica. È un paese di
cavatori e di pastori, le case sono costruite di ardesia e brecciame di marmo e la chiesa è dedicata alla
beata Vergine del Carmine. Ogni anno si tiene la rievocazione storica della lizzatura la prima domenica
di agosto. È nodo strategico per gli escursionisti delle Apuane massesi, da qua parte il sentiero 35 (via
Vandelli) e le diramazioni 166 e 166 A per il rifugio Aronte alla Focolaccia, inoltre la diramazione
170 per la foce delle Vettoline. Poi parte il sentiero 165 per le cave Gruzze o Cruze seguendo il canale
dei Vernacchi (nelle cartine IGM dei Piastriccioni) e il sentiero 161 per Castagnolo e Forno.
Via Vandelli
Conosciuta anche come Via della Tambura è
percorsa dal sentiero Cai numero35 che parte
da Resceto e termina ad Arnétola. Nel 1738
Maria Teresa Cybo, figlia dello scapestrato
Alderano ed erede del minuscolo ducato di
Massa e Carrara, si fidanzò con Ercole
Rinaldo d’Este poi Ercole III, figlio del duca
Francesco III di Modena, che poi sposò nel
1741. In questo modo il ducato entrò
nell’orbita politica di Modena, anche se solo
nel 1829 alla morte di Maria Beatrice d’Este,
figlia di Ercole e di Maria Teresa, divenne
anche formalmente territorio modenese. Con
questo matrimonio per Modena si aprirono
interessanti prospettive commerciali tra cui Figura 1: Tratto della via Vandelli
quella di un porto da costruire a Marina di
Carrara. Per far questo era necessaria una via di comunicazione diretta tra Modena e Massa che
attraversasse sia l’Appennino che le Apuane, senza passare per il territorio di altri stati. Fu così dato
incarico all’abate cartografo, ingegnere e matematico di corte Domenico Vandelli di progettare
questa strada che da Modena doveva passare per Castelnuovo Garfagnana, Vagli e Resceto, per
arrivare a Massa superando l’Appennino a S.Pellegrino in Alpe e le Apuane al passo della Tambura.
Il tracciato apuano, in parte, ricalcò preesistenti e antichissimi sentieri che esistevano tra Vagli e
Massa. L’opera, iniziata nel 1738, fu terminata solo nel 1751 per problemi legati alla guerra di
successione austriaca che costrinse Francesco III a lasciare momentaneamente i suoi possedimenti.
La via, nella parte apuana, non fu quella che sarebbe dovuta essere, le pendenze eccessive e i
numerosi tornanti, insieme al fatto che in inverno rimaneva coperta dalla neve la resero poco più di
una mulattiera inadatta al passaggio di veicoli a ruota e, inoltre, fu anche infestata dai briganti.
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P
a
Sicuramente Vandelli fece errori nella progettazione per la scarsa conoscenza geologica dei luoghi e
si scontrò con Francesco Maria Colombini ingegnere massese, sicuramente più competente, ed ebbe
la meglio su di lui solo per il rispetto di cui godeva presso la corte estense. Il versante garfagnino
della strada, più vicino al passo della
Tambura, è stato devastato dalla costruzione
della marmifera per Arnétola ma, salendo, la
massicciata è ancora presente, anche se in
cattivo stato di conservazione, e porta al
passo dopo aver superato una fonte (ripiano
degli Acqui Freddi). Dal passo inizia il tratto
massese lungo 6,7 km fino a Resceto per un
dislivello di 1100 m. La parte più alta è quella
che maggiormente ha risentito del passare del
tempo, mentre quella più bassa è stata
restaurata ed è più agevole a percorrersi.
Negli ultimi anni sono cresciuti anche molti
alberi per cui a tratti il percorso è all’ombra,
ma rimane una discesa (o una salita) aspra e Figura 3: tratto della lizza del Padulello
faticosa ripagata dalla bellezza dei panorami.
In basso la Vandelli fu anche usata come via di lizza, come testimoniato dai fori e dai piri. Del tratto
che scendeva da Resceto a Massa non è rimasto più niente essendo la vecchia via diventata
un’ampia carrozzabile asfaltata.
Casa del Fondo
Anche Ca’ del Fondo. Si trova, superato Resceto, a quota 627 metri. La costruzione è stata
sistemata dal Parco delle Apuane, ma è sempre chiusa. Da qua passa la via Vandelli e inizia la via
di lizza del Padulello, che si può percorrere più in alto con il sentiero 166 A. Nei pressi, più in alto,
si tiene la rievocazione della lizzatura in agosto operata dai cavatori di Resceto.
Via di lizza del Padulello
Conosciuta anche come via di lizza Pellini, dal nome dell’imprenditore avenzino Filippo Pellini che
gestiva le cave del Padulello agli inizi del XX secolo, oppure come via di lizza Silvia. Dalle cave
alla casa del Fondo sono 787 metri di dislivello per 1920 metri di sviluppo, la pendenza è del 15%
nel tratto più alto fino a 1300 metri per poi
salire a 50-60% con punte fino al 90%. È
considerata la regina delle vie di lizza apuane
a causa della pendenza molto forte. Il primo
tratto è scavato nella roccia con pendenza non
elevata e molti piri ancora in sede. Poi si
raccorda con il sentiero da Forno e dalle
Vettoline, in località Argia, a 1250 metri,
svolta leggermente a S-E infilandosi nel
Fosso del Fondo che discende con pendenze
altissime. A 1000 metri si aprono due piccole
cave dette del Pizzarello, L’ultimo tratto
raggiunge il 90% di pendenza e arriva alla
casa del Fondo. Oggi parte del tracciato della
via di lizza costituisce il sentiero 166 A.
Figura 4: Cava del Padulello
Cave del Padulello
Le cave del Padulello sono situate a 1414 metri alle pendici del monte Cavallo nel comune di
Massa. Si perveniva ad esse con la via di lizza del Padulello da Resceto, attualmente le cave sono
state riattivate e si arriva a esse da Gorfigliano.
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Bivacco Aronte
È situato, nel comune di Massa, a 1642 metri a breve distanza dal Passo della Focolaccia, tra la
Tambura e il monte Cavallo. È dominato dalla Coda del Monte Cavallo e dalla Punta Carina. È
raggiungibile da Resceto e da Forno nel versante massese delle Apuane e da Campocatino e da
Gorfigliano nel versante garfagnino. Vi arrivano molti sentieri: il 167 da Forno e Case Càrpano, il
166 e 166 A da Resceto, il 177 da Vagli e Campocatino, il 179 da Foce di Giovo per Foce di
Cardeto e il 148 dal Passo della Tambura. La zona in cui si trova il bivacco è stata completamente
modificata dall’attività estrattiva sia nel versante massese che in quello garfagnino, in particolare
dagli anni ’70 del XX secolo. Il nome è quello dell’indovino Aronte citato da Dante nella Divina
Commedia (Inferno: Canto XX vv 45-52):
“Aronta è quei ch’al ventre lì s’atterga/ che
nei monti di Luni, dove ronca/ lo Carrarese
che di sotto alberga,/ ebbe tra’ bianchi
marmi la spelonca/ per sua dimora onde a
guardar le stelle/ e’l mar non li era la veduta
tronca”). Fu eretto nel 1902 dalla sezione
ligure del Cai e fu il primo rifugio costruito
sulle Apuane ed è anche quello a maggior
quota. Attualmente è in uso alla sezione del
Cai di Massa che lo ha ottenuto in comodato
gratuito per 30 anni. Gli alpinisti genovesi,
insieme a quelli fiorentini, furono i primi a
scalare le vette delle Apuane. In questo
Figura 5: Il Bivacco Aronte
furono favoriti dalla presenza a Forno di
Massa del Cotonificio Ligure, proprietà del genovese Giovanni Battista Figari, amante della
montagna, che volentieri ospitava i conterranei. Inoltre i collegamenti erano buoni: la ferrovia
Genova-Pisa con fermata a Massa e la tramvia Massa-Forno. Tra i genovesi si distinsero Lorenzo
Bozano, Emilio Quèsta e Bartolomeo Figari che salirono per primi diverse vette apuane. Nel 1901 il
Cai ligure fece richiesta al comune di Massa di 100 mq al Passo della Focolaccia (comunello di
Resceto) per costruirvi un rifugio. La scelta non fu casuale, ma legata all’importanza strategica della
zona, nodo di sentieri frequentati da pastori, uomini delle nevi e uomini del sale. Il 25 maggio 1901
fu dato il consenso e i lavori iniziarono subito, a giugno, su progetto di Carlo Agosto. La struttura è
a sesto acuto, un solo ambiente con cucina a legna e due tavolati sovrapposti per dormire. Le
dimensioni sono 4x6 metri e altezza circa 4 metri. I lavori finirono il 2 ottobre 1901 e
l’inaugurazione avvenne il 18 maggio 1902 con la presenza di 46 persone tra cui Bozano, Quèsta e
Bartolomeo Figari. Il pastore rescetino Giovanni Conti fu a lungo custode del rifugio e guida per gli
escursionisti, suo successore fu poi il figlio Nello. Il 27 maggio 1928, in ritardo di un anno, furono
festeggiati i 25 anni del bivacco con l’inaugurazione di una lapide che ricorda anche Bozano e
Quèsta, entrambi morti in giovane età, il primo di spagnola e il secondo in montagna. Durante la
guerra il rifugio fu anche brevemente occupato da soldati tedeschi. Verso gli anni ’70 iniziò la
decadenza, la zona ormai era invasa dalle cave che avevano anche distrutto le antiche fonti di acqua
e il Cai ligure non era più interessato al suo antico rifugio. Questo era ormai tutto scrostato e
decrepito e abbandonato al vandalismo. Finalmente nel 1988 il Cai ligure lo cedette alla sezione di
Massa in comodato gratuito per 30 anni e questa provvide a consolidarlo e restaurarlo, esso fu
impermeabilizzato, intonacato e reso di nuovo agibile. Il 15 settembre 2002, Anno internazionale
della Montagna, i Cai toscani, emiliani e liguri celebrarono il centenario del rifugio con
l’inaugurazione di una lapide ricordo. In effetti nel 2007 la lapide non c’era più, presumo a causa di
atti di vandalismo. Sul retro ci sono altre due lapidi: una marmorea del 1932 in memoria dei morti
in montagna e una targa metallica in memoria di Carlo Genoni morto sulle Apuane nel 1970. Il
bivacco è sempre aperto, ma purtroppo esposto agli atti di vandalismo. Nel 2002, in occasione del
centenario dell’Aronte, la sezione di Massa del CAI ha pubblicato un opuscolo molto interessante
con testi e immagini dal titolo “1902 – 2002 Cento anni di Aronte”.
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Passo della Focolaccia
Si trova a quota 1650 metri ed è un largo valico tra il monte Cavallo e la Tambura, a confine tra il
comune di Massa e quello di Minucciano. È un antico valico che metteva in comunicazione
Gorfigliano (Minucciano) e Resceto (Massa), qua fu costruito il bivacco Aronte nel 1902, primo
rifugio sulle Apuane. Con il tempo la zona è stata devastata dall’estrazione del marmo, facilitata
dall’apertura della marmifera da Gorfigliano. Si arriva qua da Resceto con i sentieri 166 e 166 A
che sono antiche vie di lizza e con il 170 attraverso la foce delle Vettoline; da Forno con il 36 (per il
Canal Cerignano) e il 167 (da case Càrpano per Forcella di Porta) e da Val Serenaia per la Foce di
Cardeto con il 178 e 179; da Campocatino per il passo della Tombaccia con il 177 e da Gorfigliano
per via di cava e con il sentiero 178 che si stacca dalla stessa. Da tempo l’attività estrattiva in zona è
fonte di proteste da parte degli ambientalisti a causa delle trasformazioni che la stessa ha causato, in
maniera ormai irreparabile, all’originaria conformazione del passo, già nel 1991 furono fatti i primi
sequestri di cave. Oggi sta crescendo di dimensioni il ravaneto che scende dalle cave nel versante
verso Gorfigliano.
Deviazioni e possibilità di escursioni
Il sentiero 166 A permette di fare diverse escursioni connettendosi ad altri sentieri.
Diamo qualche suggerimento, ricordando di partire sempre con buone scorte di acqua e di effettuare
i percorsi esclusivamente nella buona stagione:
•
•
•
Andata e ritorno sul 166 A: richiede, con le soste fisiologiche e una capatina al Bivacco
Aronte, circa 8 ore. È faticoso sia in salita che in discesa.
Resceto - Focolaccia - salita alla Tambura e discesa con la Vandelli: richiede almeno 9 ore
e 30’ con soste in vetta e deviazione con sosta al Rifugio dei Campaniletti. È un percorso
notevole per la varietà di panorami e per lo storico percorso della Vandelli e permette una
full immersion nell’aspro paesaggio apuano che non lascia indifferenti per la gran quantità di
stimoli offerti all’escursionista.
Salita con il 166 A e discesa con il 166: in un’unica escursione permette di percorrere due
importanti vie di lizza. Richiede circa 8 ore con tratti di discesa molto ripidi anche sul 166.
È possibile effettuare traversate su Val Serenaia dove sono presenti ben tre rifugi, su Campocatino e
Arnetola e su Gorfigliano e Gramolazzo. Queste opzioni richiedono però la presenza di un mezzo
per tornare alla base di partenza oppure la programmazione di escursioni su più giornate.
Commento
Il percorso è lungo, faticoso e supera un dislivello notevole per cui richiede un buon allenamento.
Le soste sono fisiologiche e sicuramente superiori all’ora complessiva. È consigliabile partire con
una buona scorta di acqua, poiché lungo il percorso non ci sono fonti. Se si percorre l’anello della
Tambura troviamo acqua solo al Rifugio Conti.
È preferibile affrontarlo nella buona stagione evitando però le giornate troppo calde, oppure
iniziare l’escursione molto presto per evitare per quanto possibile di essere esposti al sole.
Il sentiero è sufficientemente lungo da permettere un’escursione completa percorrendolo
all’andata e al ritorno, come ho detto sopra anche se ritengo preferibile percorrere degli anelli.
Le Apuane massesi sono selvagge per quanto devastate dall’escavazione del marmo e gli itinerari
descritti permettono di vedere di persona cosa sta succedendo oltre ad avere notevoli testimonianze
di archeologia industriale (in particolare le due vie di lizza).
Il Rifugio Aronte (cui abbiamo dedicato un articolo) è una storica testimonianza dell’alpinismo
apuano ed era inserito allora in una zona aspra e selvaggia.
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I panorami dal passo della Focolaccia sono eccezionali in particolare sulla possente mole del
Pisanino, il re delle Apuane.
Se poi l’escursionista si lascia tentare dall’anello con salita alla Tambura e discesa sulla Vandelli
in una sola giornata avrà occasione di conoscere alcune delle zone più rilevanti delle nostre
montagne con panorami eccezionali dalla cresta della Tambura e rare fioriture.
Raccomandiamo però di percorrere questi sentieri solo nella buona stagione: il ghiaccio apuano è
molto insidioso e in particolare in questa zona.
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questo è un percorso lungo e faticoso per una delle vie di lizza più