A Giuseppe Gagliano Utopia e antagonismo politico Nella riflessione di Gerrard Winstanley e William Godwin Copyright © MMXIII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: ottobre Indice Introduzione Capitolo I Gerard Winstanley e la rivoluzione digger .. Attese religiose e protesta popolare nelle campagne inglesi del Seicento, – .. I Diggers e la situazione delle campagne inglesi, – ... Vita economica e campagna, – ... Il movimento digger, – .. Il pensiero di Gerard Winstanley, – ... La storia personale e la sua formazione, – ... Religione, ragione, scienza in Winstanley, – .. L’utopia radicale, – ... Stato di natura, uguaglianza originaria, genesi della diseguaglianza, – ... La proprietà privata come furto. Lo sfruttamento del lavoro, – .. Le strutture dell’utopia, – ... La parola di Dio nella storia e gli oppressi, – ... Teoria e prassi di non violenza, – ... Giustizia, diritto, pace, – ... L’indigenza economica come causa di criminalità, – ... Terra e popolo, – .. La famiglia base e modello della società comunitaria, – ... Comunanza dei beni e non degli affetti, – ... Amore, intimità, ruolo del padre, pubblico e privato, – ... L’educazione, – .. La comunità politica, – ... Governo, parlamento, amministrazione locale. L’esercito autore della pace, – ... Il sistema giudiziario. Sanzione e rieducazione, – .. La comunità economica, – .. L’influenza del pensiero di Winstanley, . Capitolo II L’Enquiry concerning Political Justice di William Godwin .. I dissenters e il sandemanismo, – .. Il milieu socioculturale dell’opera, – .. I princìpi della Political Justice, le critiche e le revisioni, – .. L’utilitarismo di Godwin: una questione aperta, – .. La secolarizzazione del linguaggio, – .. Dal giusnaturalismo all’anarchismo: l’estinzione del potere, – .. La giustizia politica di Godwin come religione Indice della ragione, – .. La teoria della mente: contro l’innatismo, – .. La dimensione storica della ragione naturale, – .. Volontà, ragione e coscienza, – .. Intenzionalità e movente, – .. Verità e impegno, – .. I principi della pedagogia e della giustizia politica, – .. Una (apparente) contraddizione sulla natura della ragione, – .. Onnipotenza della ragione e/o autonomia di giudizio, – .. La libertà e il bene, – .. Altruismo ed egoismo, – .. Progresso storico, intellettuale e morale, – .. La ragione e il piacere, – .. Il principio di imparzialità e l’apologo su Fénelon, – .. La teoria del calcolo della massima utilità delle azioni (e i suoi limiti), – .. Stato di natura e potere politico, – .. Giustizia politica e Stato razionale, – .. Il contratto sociale: Godwin vs Rousseau, – .. Democrazia, pedagogia e libertà, – .. Il voto e la rappresentanza parlamentare, – .. I partiti e l’opinione pubblica, – .. Il consenso e la fiducia, – .. La legge penale tra giustizia e utopia, – .. La legge civile e i limiti della ragione godwiniana, – .. La guerriglia e l’autodifesa, – .. Dalla decentralizzazione alla smaterializzazione del potere, – .. Diritti politici e diritti civili, – .. Il diritto di resistenza e il diritto al giudizio individuale, – .. Rivoluzione e riformismo, – .. La proprietà e il lavoro, – .. Società e tecnologia, – .. La famiglia e l’amore romantico, – .. Utopia o distopia?, . Capitolo III Il pensiero di Gerard Winstanley e di William Godwin: due modelli a confronto Introduzione Se da un lato l’intento del nostro saggio è stato quello di analizzare la riflessione politica di Gerrad Winstanley e di William Godwin (pur senza pretesa di esaustività) individuando analogie e differenze individuate nel capitolo conclusivo-con la consapevolezza che dal punto di vista strettamente storico la loro riflessione ha indubbiamente anticipato alcune idee portanti della riflessione anarchica e socialista dell’ottocento e del novecento- dall’altro lato anche questo volume- come i precedenti dedicati all’analisi della pedagogia antagonista e all’analisi dell’intellettuale in rivolta-ha avuto come sua finalità quella di porre l’enfasi sul ruolo rilevante che la filosofia della politica e l’intellettuale antagonista hanno giocato nell’ opposizione al sistema di potere tradizionale. Come Herbert Marcuse e Noam Chomsky nel novecento anche gli autori considerati in questo saggio hanno teorizzato-in modo più o meno coerente- una visione del mondo utopica e antagonista insieme radicalmente altra rispetto al sistema di potere dominante. Siamo infatti persuasi che non sia possibile comprendere appieno la filosofia politica antagonista del novecento nella sua declinazione marxista e anarchica senza individuare la genesi storica dalla quale si è originata. Proprio per la profonda continuità tra l’antagonismo novecentesco e quello seicentesco e settecentesco anche gli autori considerati in questo saggio- come quelli presi in disamina nei precedenti volumi- teorizzano una visone del mondo antagonista rispetto ai capisaldi ideologici del sistema dominante, rispetto alla forma giuridica dello stato o alla stato in quanto tale,al sistema economico,alla distribuzione del potere o al potere in quanto tale indicando nella azione diretta(cioè nel sabotaggio Introduzione e nella disubbidienza civile), nella controinformazione e nella organizzazione di collettivi e/o organizzazioni sociali concrete alternative percorribili, alternative volte a modificare- per erosione interna e in modo radicale- la realtà sociale e politica. Ebbene,utilizzando l’approccio metodologico di François Gèrè, possiamo agevolmente interpretare il modus operandi degli intellettuali presi in considerazione nel saggio alla luce dei seguenti concetti chiave. In primo luogo,gli intellettuali militanti possono essere considerati a tutti gli effetti come agitatori: L’utilisation de ce petit instrument de laboratoire auquel recourt le potache dans ses «manipulations» de chimie rend compte excellemment de l’activité de l’individu qui par métaphore a regu son nom: il trouble un milieu donné. Au départ, le terme est plutót péjoratif. L’agitateur «professionnel» tombe sous l’accusation d’étre manipulé par «la main de l’étranger» afin de déstabiliser le pays et son ordre social. Mais précocement le_terme. est asumé par les organisations révolutionnaires qui organisent l’agit prop comme une structure opérationnelle d’information. Un agitateur est-il donc un propagandiste? Certainement. Est-ce un désinformateur? C’est selon, en fonction du contexte, des objectifs et des méthodes choisies pour influencer l’opinion et les masses. Mais il est certain qu’il ne répugnera pas à désinformer. L’agitateur exerce son activité au niveau politique et stratégique par des écrits, des pamphlets qui remettent en cause les idées établies, bouscule les idées regues . Agitatori che mettono in opera — attraverso una pianificata azione psicologica—l’intossicazione Procédé quasiment identique à la désinformation consistant à injecter une fausse nouvelle ou à créer chez un individu une conception inverse de la réalité. Pratiquée en temps de paix et de guerre, elle vise à fausser le jugement des décideurs et à perturber l’action des organes . e la demonizzazione dell’avversario . François Géré, Dictionnaire de la désinformation, Armand Colin, , p.. . Ibidem, p. . Introduzione Cette pratique de désinformation apparait tout au long de l’histoire. Un groupe, un gouvernement utilisent des faits, des récits et des rumeurs afin de présenter l’opposant comme une puissance maléfique. On provoque cinsi, principalement à l’intention de son propre peuple, un saut qualitatif hors de la raison et du jugement mesuré pour cristalliser les animosités selon des critères purement moraux. L’opération se fonde sur cacité de constructions manichéennes en situation d’affrontement où la radicalisation des camps n’autorise plus l’exercice du jugement critique rationnel. Loin des nuances et des subtilités d’appréciation des raisons et des arguments des uns et des autres, c’est le discours de la force qui se veut juste. «Dieu est de notre coté» . Per concludere vorremmo formulare alcune brevi osservazioni sulle alternative ai sistemi politici del tempo indicate dagli autori che integrano le riflessioni presenti nel capitolo conclusivo del saggio. Per quanto riguarda Gerrad Winstanley non c’è alcun dubbio che la dimensione pacifista e non violenta sia dominante e determinante nella riflessione dell’intellettuale inglese e della sua prassi politica antagonista poiché suggerita da una lettura attenta del testo biblico ed in particolare del messaggio evangelico, istanza questa che anticipa -come sottolinea lo studioso Schiavone- la riflessione di Tolstoj e Gandhi. Allo stesso modo è arduo negare come la centralità che l’autore attribuisce ai poveri nel processo di emancipazione e liberazione dal giogo dello sfruttamento del lavoro costituisca una chiara anticipazione della teologia della liberazione novecentesca. Per quanto concerne William Godwin il filosofo inglese attribuì una fondamentale importanza all’autogoverno e cioè al principio secondo il quale ciascuno doveva essere abbastanza saggio da governarsi da solo senza l’intervento di stimoli esterni. Infatti la società utopica indicata dal filosofo inglese si fondava sull’assenza di ogni forma coercitiva poiché il connubio di ragione e morale avrebbe consentito il superamento di un sistema coattivo di tipo tradizionale. Solo attraverso una graduale . Ibidem, p. . Utopia e antagonismo politico maturazione della coscienza conseguibile attraverso l’educazione era possibile infatti fare venire meno ogni forma di governo su lungo periodo. Su breve periodo l’autore si espresse a favore della democrazia diretta, del federalismo e del decentramento che pur non avendo indicato in modo specifico nella sua riflessione si colgono tuttavia-sottolinea lo storico Giampietro Berti-implicitamente nella sua riflessione. Anticipando in modo evidente una concezione tipicamente anarchica ed insieme pacifista il filosofo inglese delegittima qualsiasi concezione di patria o di nazione giustificando al contrario il cosmopolitismo. Complessivamente, precisa opportunamente Berti, il suo progetto politico ha una base prevalentemente educazionista e riformista-e dunque gradualista- determinato dal suo ottimismo antropologico, ottimismo antropologico che lo induce a prediligere un organicismo comunitario integrale e soprattutto a vedere nella ragione e nella convinzione gli unici strumenti adatti per cambiare radicalmente l’assetto sociale. Risulta quindi evidente il rifiuto radicale da parte dell’autore della violenza rivoluzionaria e dell’ideologia giacobina. Quanto poi all’uso della violenza questa dovrà essere rigorosamente limitata e difensiva proprio come aveva già indicato Gerrad Winstanley. Bibliografia B G., Il pensiero anarchico dal Settecento al Novecento, pp. -, Lacaita Editore. G G., L’intellettuale in rivolta, Rubettino, . ———, Prolegomeni alla pedagogia antagonista del Novecento, Aracne, . G F.,Dictionnaire de la désinformation, Armand Colin, . Capitolo I Gerard Winstanley e la rivoluzione digger .. Attese religiose e protesta popolare nelle campagne inglesi del Seicento L’ampia riflessione dell’ideologo e attivista inglese Gerard Winstanley (-?), autore di numerosi scritti d’ispirazione politico-religiosa, tra cui la più famosa The law of freedom in a platform , oltre che la sua non meno importante azione politica a sostegno della riappropriazione delle terre da parte dei contadini più poveri delle campagne del suo paese si collocano nel contesto della protesta popolare contro l’ingiustizia sociale e l’emarginazione dei ceti più bassi particolarmente attiva tra le popolazioni rurali britanniche del XVII secolo. Si tratta di un fenomeno, questo delle agitazioni popolari nelle campagne che, se si acuisce nell’isola nei primi decenni del periodo indicato, in corrispondenza con le prime avvisaglie dello sviluppo capitalistico borghese, era stato presente all’interno del mondo contadino, con vari ritorni nel tempo e nei luoghi, anche nei secoli precedenti. Periodicamente infatti varie jacqueries avevano attraversato la storia d’Europa infiammando le campagne, esemplare fra tutte e carica di conseguenze anche per altri paesi la celebre rivolta guidata nel da Thomas Müntzer nella Germania meridionale. L’elemento di fondo comune alla protesta di popolo che si espresse all’interno della società inglese del Seicento, rurale . G. Winstanley, The law of freedom in a platform, or true magistracy restored, London, Giles Calvert, . Utopia e antagonismo politico in primis ma con sviluppi anche nelle città , era la derivazione religiosa delle idee e dei principi che ne costituivano il substrato culturale profondo. Agivano infatti in tali sommovimenti i forti richiami religiosi presenti nella società del tempo, che avevano alla base il messaggio cristiano fondato su alcuni punti cardine come quello dell’eguaglianza per natura di tutti gli uomini in quanto figli di Dio, della dignità umana che ne deriva, del ritorno del Cristo che avrebbe ricostituito l’armonia e l’ordine originari. Non si trattava solo di attese escatologiche che rimandavano la redenzione ai destini ultraterreni, ma della volontà di realizzare concretamente un cambiamento, qui e ora, nella penosa realtà del presente fatto di povertà e sfruttamento, attraverso l’azione politica. Su questi presupposti erano nate varie comunità politicoreligiose basate su un ordinamento pragmatico di comunione egualitaria in contrapposizione con il potere centrale sia politico che ecclesiastico, di cui quella dei Diggers (Zappatori) guidata da Gerard Winstanley fu forse la manifestazione più compiuta quanto a complessità d’implicazioni sociali, religiose e politiche a livello sia teorico che pratico, nonostante, come si vedrà in seguito, la brevità dell’esperienza che li vide protagonisti. Nella variegata realtà del mondo religioso inglese si riconosce in effetti un pluralismo di posizioni che va da quelle “ortodosse” della Chiesa anglicana ufficiale e dei Presbiteriani, dai quali ultimi pure erano derivati i Puritani, decisi a eliminare qualsiasi elemento spurio di contatto con la Chiesa romana, a posizioni più radicali come quelle degli Indipendents o Congregazionisti, sempre di filiazione puritana, i quali, oltre che essere sostenitori di una repubblica parlamentare espressione degli interessi dei gruppi economici emergenti appartenenti . Storici e cronachisti dell’epoca attestano manifestazioni di protesta contro le autorità politiche e religiose da parte dei lavoratori londinesi nel , l’anno della fuga di Carlo I, come risulta tra gli altri da J. Nalson, An impartial collection of the great affairs of state from the beginning of the Scotch rebellion in the year to the murther of King Charles I, II, London -, pp. -. . Gerard Winstanley e la rivoluzione digger alla borghesia, erano per una chiesa più “democratica”, volendo veder affermati l’indipendenza e l’autogoverno delle diverse comunità religiose cui avevano dato vita. A questi aggregati si aggiungevano le vere e proprie sette religiose più estreme che predicavano la completa uguaglianza sociale di tutti i fedeli, senza distinzione alcuna né di censo né di genere. Il loro nucleo costitutivo era rappresentato da una forte base popolare di cui facevano parte, oltre all’ala più radicale dei soldati dell’esercito di Nuovo Modello (New Modern Army) voluto da Cronwell, contadini, artigiani, salariati e popolo minuto in genere, che comprendeva sia uomini che donne. Essi erano alla ricerca della palingenesi sociale che avrebbe portato all’eliminazione delle differenze di classe e potevano esprimere il loro dissenso (i settari erano indicati genericamente come Dissenters) grazie alla libertà di critica consentita dalla Riforma, che ne aveva fatto un suo caposaldo, anche se in effetti la presenza di tali movimenti, con le loro rivendicazioni egualitarie spinte all’estremo, creava non pochi problemi negli ambienti religiosi oltre che in quelli politici e a livello dei cosiddetti benpensanti . Un contemporaneo, il ministro presbiteriano Thomas Edwards, nella sua celebre opera sull’eresia dal titolo molto indicativo riguardo al modo in cui erano considerati dalla Chiesa ortodossa i movimenti settari riportato in nota, cioè come una “cancrena”, ha indicato nel numero di , successivamente portate a circa , le sette presenti in Inghilterra dopo il . Queste comunità erano totalmente indipendenti l’una dall’altra, così come dalla Chiesa ufficiale e, forti della comune credenza nella libertà individuale che come detto era un valore . Valga per tutti quanto affermato nella Camera dei Comuni dov’era portavoce dei ministri puritani moderati da Cornelius Burgess: «nulla viene intrapreso per spegnere questa follia e per ricondurre quella gente all’ordine», in: C. Burgess, Another sermon preached to the Honorable House of Commons, London , p. . . T. Edwards, Gangraena or a Catalogue and Discovery of many of the Errours, Heresies, Blasphemies and pernicious Practices of the Sectaries of this time, vented and acted in England in these four last years, London . Utopia e antagonismo politico delle chiese riformate, si fondavano sull’autogoverno, con loro peculiari semplici forme rituali e modalità organizzative. Agiva però al fondo di gran parte di esse, sia a livello di basi teoriche che di impostazione pratica, una comune influenza anabattista, che i contemporanei ben riconoscevano e temevano, quasi si agitasse per le campagne il pericoloso fantasma di Thomas Müntzer con le sue idee di rifiuto di ogni autorità e di lotta all’ingiustizia sociale con conseguente redistribuzione dei beni in nome dell’uguaglianza di tutti gli uomini e della fratellanza in Cristo . Il credo comune delle sette includeva fondamentalmente la fede nella presenza divina nell’uomo, una nuova considerazione del significato del battesimo come convinto impegno per una vita rinnovata, lo studio e la divulgazione della Bibbia nella traduzione inglese, la meditazione, il perfezionamento morale e la coerenza tra fede e vita, la semplicità dei riti religiosi, la predicazione consentita a tutti, anche a semplici popolani e donne, ciò che suscitava il maggiore scandalo fra gli avversari, e l’esistenza di un rapporto diretto tra il singolo e Dio. Quest’ultimo aspetto non si traduceva però in un’esaltazione dell’individualismo, ma portava al contrario alla valorizzazione della persona all’interno di una comunità di eguali e fratelli. Comune è anche la missione di tradurre il credo religioso in azione politica volta a estirpare il male e il peccato dal mondo, identificati essenzialmente nell’indigenza che colpisce i poveri a causa della prevaricazione dei detentori del potere in tutte le sue forme, da quella religiosa a quella economica e politica. Si tratta di un imperativo etico cui non si può sfuggire, pena il rendersi complici delle autorità che si vogliono combattere, motivo particolarmente sentito in Gerard Winstanley e nella sua comunità dei Diggers. . Sull’anabattismo e la sua diffusione si veda in: U. Gastaldi, Storia dell’anabattismo dalle origini a Munster, -, Claudiana e Storia dell’Anabattismo. Da Munster () ai giorni nostri, vol. , Claudiana . . Gerard Winstanley e la rivoluzione digger Con quest’ultima istanza dello stretto legame che deve intercorrere tra fede e prassi si realizza quello che è anche il contributo dei movimenti settari inglesi all’evoluzione della vicenda sociale ed economica del loro paese. Il porre sul piano della concreta realtà contingente la necessità di un’azione politica che modifichi situazioni cristallizzate in secoli d’ingiustizia e di sfruttamento della parte più povera della popolazione rende tali movimenti protagonisti, insieme alle altre componenti sociali, dello sviluppo economico e politico del paese in senso democratico e vicino a una moderna concezione della società. Come a dire che nella sua genesi lo stato moderno non è il prodotto delle realizzazioni della sola borghesia, ma anche il risultato delle “istanze politiche radicali” delle “classi lavoratrici e indigenti d’Inghilterra” . È vero però che il contributo dei movimenti settari, se pur portò globalmente agli esiti che conosciamo di affermazione della moderna democrazia parlamentare a partire dall’affermazione comune dell’uguaglianza per natura di tutti gli uomini, fu diverso oltre che sul piano teorico-concettuale su quello pragmatico. Come differiscono per alcuni aspetti dottrinari secondari che non è qui il caso d’indagare e come agiscono autonomamente nella propria organizzazione interna infatti le diverse sette si distinguono anche per il tipo di riforme di cui si fanno sostenitrici sul piano politico, che è ciò che conta a proposito di quanto si diceva sopra. Per restringere il campo a considerare solo i movimenti settari più importanti, va detto che l’azione dei Levellers (Livellatori) guidati da John Liliburne, il programma originario dei quali era insito nel nome, si esplicava principalmente nelle città, soprattutto a Londra. La loro congregazione fu particolarmente efficace anche grazie all’ausilio dell’ala radicale, quella degli Agitators o Agitans (Agitatori) presenti nell’esercito di Nuo. G. Schiavone, Winstanley, il profeta della Rivoluzione inglese, Bari, Dedalo , p. . Utopia e antagonismo politico vo Modello che aveva preso il sopravvento al loro interno a partire dal . Essi produssero risultati concreti nella mobilitazione dei militari e di grandi masse urbane contro l’esito moderato cui era giunta la rivoluzione inglese, con Cronwell ormai schierato su posizioni coincidenti con gli interessi della ricca borghesia dei titolari delle concessioni del commercio in monopolio e di quella arricchitasi con la liquidazione dei beni ecclesiastici. In quello stesso anno i Levellers, raccogliendo le istanze di cambiamento della parte più ampia e popolare dell’esercito, quella delle truppe contrapposte agli ufficiali, diedero corpo a un documento che si può considerare il primo esempio di progetto moderno di costituzione scritta, il Patto del Popolo (Agreement of the people), in cui si chiedevano interventi radicali e si suggerivano provvedimenti concreti, come l’abolizione dell’organizzazione statale basata sul potere delle rappresentanze elitarie e una gestione veramente popolare della cosa pubblica. Essi invocavano la costituzione di uno Stato repubblicano e democratico basato sul suffragio universale e proponevano un piano di decentramento religioso unitamente all’abolizione della Chiesa di Stato e alla libertà di religione, nonché il trasferimento del potere politico alla camera dei Comuni, da cui venivano esclusi il re e i lord. Si trattava di un insieme di riforme giuridiche e istituzionali che, oltre che essere nel solco della tradizione religiosa settaria fondata sugli ideali egualitari di cui si è venuti dicendo, traevano fondamento anche dalle teorie contrattualistiche dello stato ormai mature ad affermarsi, in linea con la tradizione legislativa britannica che aveva visto nella Magna Charta Libertatum la sua prima grande manifestazione. Tuttavia i Levellers, dopo essersi fatti promotori dell’iniziativa del Patto del Popolo e di un’ampia serie di Petizioni, opuscoli, libelli che avevano contribuito a creare una coscienza politica in larga parte della popolazione urbana oltre che nell’esercito, verso la fine della loro esperienza di Dissenters pronti a sovvertire lo status quo mutano di rotta, attestandosi proprio sulle posizioni . Gerard Winstanley e la rivoluzione digger moderate che avevano sempre combattuto. Nella seconda e terza edizione del Patto del Popolo infatti appaiono in qualche modo modificate le premesse egualitarie poste alla base della loro azione politica e non si sostiene più il diritto al godimento del suffragio universale e di tutte le libertà politiche da parte di ogni cittadino. Compaiono invece delle restrizioni a tali diritti, i quali ottengono riconoscimento solo con l’accettazione del principio della proprietà privata come condizione per l’accesso al voto e alle cariche politiche. Sulla base di ciò i lavoratori salariati così come i servi e i mendicanti (oltre che, beninteso, le donne) venivano esclusi dal voto con ragioni alquanto pretestuose, come il fatto che, essendo appunto “dipendenti” non avrebbero potuto esercitare i loro diritti con la necessaria autonomia rispetto ai loro datori di lavoro o benefattori, comportandosi così da agenti di rinforzo delle posizioni di questi ultimi, cioè di categorie abbienti rispetto a quelle popolari, intendendosi per tali, nella concezione leveller dell’ultima ora, quelle dei ceti medi e della piccola borghesia costituita da piccoli proprietari, artigiani, commercianti. Questi ultimi, pur avendo sostenuto le lotte rivoluzionarie e pur non essendo dotati di grandi ricchezze, erano poco inclini a condividere la sorte di nullatenenti e salariati e aspiravano a una democrazia liberale che, pur riformando l’organizzazione politica, non mettesse a repentaglio i loro limitati privilegi e le loro scarse ma non inesistenti possibilità di ascesa sociale . Agiva anche nelle preoccupazioni dei Levellers la volontà di non mettere in discussione l’assetto militare del paese alienandosi gli alti quadri dell’esercito che costituiva ancora ai loro occhi una potente struttura organizzata in grado di fronteggiare la pervicace opposizione delle forze conservatrici monarchiconobiliari e di preservare e portare a compimento le conquiste democratiche frutto della rivoluzione . . G. Schiavone, op. cit., pp. -. . Ibidem, p. . Utopia e antagonismo politico In questa posizione di compromesso sta il limite ma anche il punto di forza dei Levellers sulla via del radicale cambiamento politico-sociale dell’Inghilterra a metà Seicento. Il loro gruppo infatti, diversamente da quanto verrà portato avanti con cognizione del reale stato delle cose dai Diggers (che si definiranno e si faranno chiamare anche “Veri Livellatori”), non arrivò mai a intuire e ad affermare che non può darsi vera parità fra i cittadini senza l’uguaglianza economica e la negazione del diritto di proprietà, ma proprio per questo potè mettere sul tappeto questioni sociali irrisolte dal periodo feudale, sviluppandole sulla via di conquiste giuridiche fondamentali come quella dei diritti del cittadino, della libertà dell’individuo e della sovranità popolare che sono alla base della moderna democrazia, riforme tutte non difficili da accettare anche per le classi dirigenti in una realtà sociale ormai giunta a uno stadio di sviluppo avanzato sul piano giuridico-istituzionale. I Diggers al contrario, mettendo a nudo, come si vedrà nelle pagine che seguono, i temi della necessità dell’abolizione della proprietà privata, del valore unico del lavoro che appartiene all’individuo e non può essere alienato, della parità assoluta anche tra uomini e donne, svilupperanno e attueranno nella pratica delle loro comunità rurali di St. George’s Hill e di Cobham una concezione dei diritti umani estremamente coerente in se stessa ma incompatibile con una società fondata proprio sulla negazione di tali principi. Proprio per questo essi verranno colpiti e vedranno la distruzione violenta di tutto quanto avevano costruito sulle desertiche terre comuni in riva al Tamigi da parte delle forze militari governative inviate a disperdere i frutti di una realizzazione comunitaria esemplare estremamente pericolosa per l’ordine costituito e per gli interessi delle classi dominanti. Il loro messaggio però, pur se frutto di un’esperienza durata per uno spazio di tempo ristretto, da primavera a primavera del -, resterà nella storia e conoscerà nuovi sviluppi futuri influenzando il pensiero di utopisti e attivisti moderni come Marx, Tolstoj, Bakunin per citare solo i nomi più famosi. . Gerard Winstanley e la rivoluzione digger .. I Diggers e la situazione delle campagne inglesi Se il pensiero e l’azione dei Levellers sono rivolti prevalentemente alle popolazioni urbane e all’esercito, finendo essi per occuparsi soprattutto della tutela giuridica del cittadino, quelli della comunità dei Diggers, ben rappresentati dalla loro guida spirituale e politica Gerard Winstanley, trovano la ragione della propria esistenza nella realtà delle campagne inglesi che i mutamenti in corso nell’economia del paese fin da prima del Seicento stavano rapidamente cambiando. La loro esperienza infatti, ispirata da una forte carica eticoreligiosa desunta da una lettura in chiave sociale e politica della Bibbia compenetrata alle loro reali esigenze di vita, s’inserisce all’interno delle agitazioni contadine provocate dalla perdita delle terre comuni che li aveva privati della principale fonte di sostentamento consentita loro fino a quel tempo. Vale la pena a questo punto condurre una breve analisi dell’economia britannica del periodo, con l’occhio puntato prevalentemente alla situazione dell’agricoltura che, pur nella multiforme realtà che andava delineandosi, costituiva ancora la fonte prevalente del reddito in Inghilterra . ... Vita economica e campagna L’economia del paese, prima del Seicento, aveva risentito della debolezza propria di una struttura economica ancora legata al feudalesimo, con tutte le caratteristiche di fragilità che comportava una coltivazione limitata delle terre, come quella tipica del modo di produzione feudale. . Per la situazione nelle campagne inglesi e per le ribellioni contadine nel ‘ e nel’ Cfr. B. Manning, Popolo e rivoluzione in Inghilterra, -, tr. it., Bologna , pp. -, -; C. Hill, La formazione della potenza inglese. Dal al , tr. it., Torino , passim; B. Moore jr, Le origini sociali della dittatura e della democrazia. Proprietari e contadini nella formazione del mondo moderno, tr. it., Torino , pp. -; M. Ambrosoli, Le campagne inglesi tra ’ e ’, Rosenberg & Sellier Editori in Torino, , passim. Utopia e antagonismo politico Soltanto a partire dalla metà del secolo XVI, nell’età elisabettiana, cominciarono a intravvedersi fattori di rinnovamento significativi in ambito economico, con l’avvio di una parziale modernizzazione dell’agricoltura e con lo sviluppo di attività artigianali e manifatturiere, cui diedero un apporto importante i profughi politici e religiosi richiamati nell’isola da una lungimirante politica di ospitalità che dava accoglienza a lavoratori e imprenditori provenienti dalla Francia e dai Paesi Bassi, da dove i perseguitati calvinisti introdussero oltre ai capitali nuove conoscenze tecniche. In questo modo si crearono le basi per industrie del tutto nuove per il paese, come quelle del vetro, delle ceramiche, della seta, dei merletti, della carta, mentre poté essere potenziata l’esportazione dei manufatti di lana, che prendeva il posto di quelli di lana grezza. Con lo sviluppo del commercio e con l’espansione marinara l’Inghilterra, da nazione quasi esclusivamente agricola andava quindi trasformandosi in un paese dotato di un primo nucleo industriale manifatturiero e di una vasta rete di traffici con l’estero. Tale processo subì una battuta d’arresto all’inizio del ‘ sotto Giacomo I Stuart e poi sotto Carlo I, sia per la loro miope politica restauratrice che per motivi di congiuntura economica negativa anche nel resto d’Europa. La produzione agricola tornò a livelli bassi, il che si ripercosse sulle esportazioni e i commerci. Entrarono in crisi le industrie domestiche e le compagnie privilegiate in mano all’aristocrazia fondiaria e alla borghesia mercantile, il che si tradusse in un peggioramento delle condizioni di povertà dei ceti più indigenti. Da tale situazione l’Inghilterra, a partire dalla seconda metà del ‘, potè tuttavia riprendersi, rinnovando su basi stabili la sua economia, gettando così le premesse per i futuri sviluppi che sarebbero sfociati nella rivoluzione industriale. La riorganizzazione economica cui andò incontro il paese non fu però senza conseguenze immediatamente drammatiche per la parte più povera dei lavoratori delle campagne, che furono estromessi dai territori e dai tradizionali mezzi di produzione sui quali si era retta fino ad allora la loro esistenza.