. Sardegna 4 ITINERARI SPECIALI DI “BELL’ITALIA” NUMERO 29 - GIUGNO/LUGLIO 2000 ITINERARI SPECIALI DI BELL’ITALIA / NUMERO 29/ Sardegna . LIRE 12.000 (EURO 6,20) 4 / GIUGNO/LUGLIO 2000 L’ISOLA DA SFOGLIARE COME UN LIBRO UN VIAGGIO NEL RICORDO, L’ANIMA DELLA GENTE, GLI SPLENDORI DELL’ARTE, I LUOGHI DELLE VACANZE EDITORIALE GIORGIO MONDADORI Gianmario Marras SOMMARIO Costa sarda di ponente: uno dei più affascinanti “quadri” è il golfo di Porto Conte che nell’antichità fu chiamato il “Porto delle Ninfe”. Lo caratterizzano la dolcezza delle insenature, l’ampia spiaggia e la straordinaria trasparenza delle acque dai colori incredibili. Un’isola da leggere ................................... 13 Preistoria..................................................... 15 La terra dei nuraghi Come si parla ............................................. 27 Una lingua nata da sangue romano Patrimonio verde....................................... 33 Santuari naturalistici Musica tradizionale .................................. 47 Antica quanto l’alba Giubileo 2000............................................. 57 Sulla via dei penitenti Porti e porticcioli..................................... 223 Tra mille insenature Consorzi turistici .................................... 227 A favore dell’impresa Sostegni creditizi .................................... 229 Leggi e turismo Trasporti ................................................... 231 Strada rotaia cielo e mare Cagliari e la sua provincia L’elefante ci invita........................................................................................................................... 68 Una piccola scultura è quasi il simbolo della città, della sua forza, della sua storia Dove Come Quando: Capoluogo non per niente; unica difficoltà, saper scegliere Nuoro e la sua provincia Non solo pastori ............................................................................................................................. 108 Un territorio vasto ed eterogeneo dove un’antica cultura si mischia alla modernità Dove Come Quando: Da un mare all’altro, l’animo segreto dell’isola Oristano e la sua provincia Un modo diverso di fare turismo .................................................................................................142 Natura intatta e antiche vestigia, una meta ideale lontana dalla mondanità Dove Come Quando: Qui a tavola il pesce è re, tra le più famose pietanze della zona Sassari e la sua provincia “Todos caballeros” ..........................................................................................................................182 Una anomalia urbanistica e gli artistici ricordi delle glorie catalane Dove Come Quando: Sulla costa dei vip, alberghi da capogiro ma anche per tutti 9 Sardegna.4 IN QUESTO NUMERO ITINERARI SPECIALI DI “BELL’ITALIA” Numero 29 - Giugno-Luglio 2000 Direttore responsabile: Carlo Maria Pensa Hanno collaborato per la redazione: Marco Massaia (art director), Michela Colombo (vicecaporedattore), Lara Leovino Coordinamento redazionale: Daniela Bonafede con Paolo A. Paganini per la realizzazione grafica: Paolo Pozzoni, Daniela Tediosi, Fabio Troiani, Giovanna Lanciano per la ricerca iconografica: Paola Raineri (responsabile), Paola Paterlini per la documentazione e l’archivio: Susanna Scafuri per la segreteria: Orietta Pontani (responsabile) Per i testi: Mauro Lissia Giovanni Adarocchi, Vito Biolchini, Vasco Brici, Manlio Brigaglia, Andrea Frailis, Mario Frongia, Francesco Luzzi, Daniela Muscas, Angelo Porru, Ludovica Romagnino Fotografie di: Adriano Bacchella, Fabio Braibanti, Gabriel Burma, Marco Crillissi, Gianfranco Curreli, Clementina Frigo, Vittorio Giannella, Il Dagherrotipo, Rita Marongiu, Gianmario Marras, Adriano Mauri, Daniele Pellegrini, Piero Pes, Giovanni Rinaldi, Massimo Ripani, Stefano Ruiu, Antonio Saba, Valeria Serra Disegni di: Francesco Corni, Mario Russo Esecuzione pubblicità: Franca Bombaci, Francesca Cappellato, Gloria Maizza, Marco Scotognella EDITORIALE GIORGIO MONDADORI S.P.A. Consiglio di Amministrazione Presidente: Urbano Cairo Consiglieri: Antonio Guastoni, Antonio Magnocavallo, Paolo Romano, Maurizio Dell’Arti, Giuseppe Cairo U na nuova monografia di Bell’Italia dedicata alla Sardegna, che si unisce alle altre arricchendo il quadro di conoscenza dell’isola. Un viaggio nelle quattro province, alla scoperta delle città capoluogo, delle città minori, dei borghi: in una successione di bellezze naturali, di antiche vestigia, di pagine di storia, di curiosità, di un ricchissimo patrimonio d’arte. Invito ad una vacanza, al piacere di un soggiorno e soprattutto ad un incontro con la cultura e la civiltà di una terra dalle inesauribili risorse. Siamo nel pieno dell’estate, quindi in un momento ideale; ma non dimentichiamo il fascino degli autunni, delle luminose primavere, dei silenzi invernali nell’abbraccio confortevole del mare. Troverete, in queste pagine, spunti e immagini assolutamente inediti o anche temi di cui s’è sentito spesso parlare lasciando in noi una punta di curiosità. Angoli segreti, l’allegria di certe feste popolari, i mille sapori della cucina, i lavori dell’artigianato locale. E naturalmente, tutte (o quasi tutte, tanto è vasto il panorama) le informazioni utili per sperimentare la tradizionale ospitalità della Sardegna e della sua gente. Bell’Italia Direzione, redazione ed amministrazione: corso Magenta 55, 20123 Milano. Telefono 02/433131 Telex: 314369 Giomon I. Fax 02/437465. E-mail: [email protected]. Ufficio diffusione: telefono 02/43313333. Ufficio abbonamenti: telefono 02/43313468. Ufficio pubblicità: telefono 02/43313451. Concessionaria esclusiva per la pubblicità PK publikompass s.p.a. Sede e direzione generale via Giosuè Carducci 29, 20123 Milano Telefono: 02/24424.611, fax 02/24424.631 Fotolito: Fotolito Veneta, via Disciplina 11, San Martino Buon Albergo (Verona). Stampa: Elcograf s.p.a., via Nazionale 14, Beverate di Brivio (Lecco). Inchiostri speciali Colorama. Distribuzione per l’Italia: SO.DI.P. “Angelo Patuzzi” S.p.A., via Bettola 18, 20092 Cinisello Balsamo (Mi). Distribuzione per l’estero: SIES s.r.l., via Bettola 18, 20092 Cinisello Balsamo (Mi). © 2000 Editoriale Giorgio Mondadori S.p.A. Periodico associato alla FIEG (Feder. Ital. Editori Giornali) Pubblicazione periodica registrata presso il Tribunale di Milano il 20/6/95 numero 350 LA COPERTINA. Si chiama Rosa, questa spiaggia dell’isola Budelli, per il colore della rena composta dai gusci di animali marini. È uno dei cento angoli affascinanti della Sardegna silenziosa e segreta (Fotografia di Massimo Ripani). 5 UN’ISOLA DA LEGGERE C stanno per approdare in uno dei servitissimi porti, dedichiamo il piacere di scorrere tutte le pagine di questa affascinante lettura. Cominciatela da dove volete. Noi l’abbiamo idealmente percorsa e suddivisa nei quattro “capitoli” che compongono le sue quattro province. Ma, qualunque sia il punto di partenza, o l’ordine d’impaginazione, non limitatevi alle bellezze del sole e del mare. Affrontate la Sardegna anche nella sua variegata complessità, compresa qualche scontrosa asprezza. Sarà una lettura indimenticabile. Paolo A. Paganini Giorgio Dettori è un’infinità di ottime guide turistiche sulla Sardegna. E c’è un’infinità di ottime ragioni per non far rientrare questo nostro “speciale” nell’elenco delle guide, anche se pur sempre di guida si tratta. Ma di una guida fuori dei soliti schemi. Attraverso i nostri servizi s’è tentato, infatti, di percorrere i segreti tracciati dell’anima di quest’isola dal cuore antico, talvolta misterioso, mentre i settemila nuraghi che punteggiano la Sardegna, sentinelle del tempo e dei loro abissi preistorici, stanno lì ad ammonire che tutto passa. Rimane il culto del ricordo, nel segno delle civiltà che qui hanno sedimentato la loro cultura. E, dunque, il nostro è stato anche un viaggio nel ricordo, attraverso le vestigia che tuttora ci parlano di Fenici, Cartaginesi, Romani, Vandali, Bizantini, Pisani, Aragonesi, Liguri, fino ai Savoia e al Regno d’Italia. E ci parlano di ricchi empori, di variopinti mercati, di preziose mercanzie, di spezie e di monili, che, fin dall’antichità, avevano rese famose Kàralis (Cagliari), Sulcis, Tharros, Còrnus, Turris (l’attuale Porto Torres), Olbia. E tuttora templi, necropoli, chiese, palazzi, affreschi di poderosa forza espressiva, sculture di raffinate finezze, e poi linee, stili, fregi e decorazioni continuano a ricordarci, con i loro plastici incantamenti, che la Sardegna, contro i tanti luoghi comuni, non è soltanto austera terra di pastori, nel loro chiuso e poetico universo di fantasmagoriche tradizioni, di agresti sapori. La Sardegna è un libro complesso. L’abbiamo aperto per i nostri lettori, con l’umiltà di mettere, qua e là, dei segnalibro. Ora, a quanti Una delle tavole di Giuseppe Cominotti che illustrano l’ottocentesco diario di Alberto Lamarmora Viaggio in Sardegna: è la rappresentazione di un festoso corteo nuziale nei pittoreschi costumi di un’epoca di cui resta ancor vivo il ricordo. 7 Preistoria La terra dei nuraghi Settemila fra necropoli e villaggi, alcuni dei quali ancora intatti, come quello di Losa Antonio Saba I nuraghi sono il simbolo del silenzio, la testimonianza ultima e incrollabile di una civiltà senza tempo e senza più voce. I nuraghi raccontano i sardi dell’origine, parlano con i segni, con le tracce millenarie di una quotidianità perduta, trasformata in ciò che resta degli oggetti rituali, in cocci e detriti. Le pietre annerite dai falò rimandano a un’epoca senza data, calendario e scrittura. Un popolo remoto di cui i sardi sono eredi e discendenti ha lasciato i nuraghi a certificare inoppugnabilmente che si è vissuto, per affidare alla perizia e all’immaginazione dei ricercatori moderni la risposta su come si è vissuto. Grandi costruzioni di macigni, uniche al mondo. Capaci di reggere senza cementi alla forza infinita del tempo, del vento e delle piogge grazie a un’architettura insieme semplice e geniale. Edifici arrivati fino a noi per portarci il messaggio di un’umanità lontanissima, estranea a un mondo mutato e in continua mutazione come il nostro. Nuraghi come porta di passaggio tra un mondo arcaico, popolato di esseri dal volto oscuro e dal linguaggio ignoto, in Qui sopra: visto da occidente, il sito archeologico Su Nuraxi, a Barumini, In basso: la piantina del villaggio, il più grande della Sardegna, attorno a una fortezza. comunicazione con chissà quale cielo, e il mondo della storia scritto sui documenti, scandito dal calendario degli eventi, dei personaggi, delle opere dell’ingegno. I signori di allora costruivano i nuraghi per abitarli, per proteggersi dalla minaccia dei nemici, per dare riparo e protezione a comunità isolate, che diffidavano anche del placido mare che circonda la Sardegna. Dai luoghi scelti per edificare il nuraghe si poteva scrutare il territorio, vedere lontano, prepararsi a una difesa militare e allo stesso tempo offrire alle popolazioni un luogo di vita e di culto organizzato e tranquillo. Erano siti mai scelti a caso, perché dovevano soddisfare sia le esigenze militari sia quelle religiose. Se arrivava un attacco, la tribù alloggiata nel villaggio di capanne poteva trasferirsi all’interno della cinta di pietra. E la posizione strategica della gran parte dei nuraghi garantiva la visibilità reciproca fra le torri maggiori, per costituire nell’insieme un sistema di monitoraggio continuo delle pianure circostanti. Per anni e ancora oggi gli studiosi, sulla scia del mistero di Stonehenge, si sono affannati a rintracciare una logica 15 Preistoria Fotografie di Gianmario Marras geometrica, astrologica, trascendentale alla dislocazione delle torri di pietra sarde. La sola certezza raggiunta è che ciascuno dei settemila nuraghi giunti fino a noi rappresenta di per sé un miracolo edilizio, destinato da solo a sollevare più d’un interrogativo. Quello fondamentale è comune alle piramidi d’Egitto: com’è stato possibile realizzarli, sovrapporre pietre colossali l’una all’altra secondo un progetto elemen- In alto e sopra, a destra: il nuraghe Losa, ad Abbasanta. È una costruzione di tipo trilobato. A sinistra e nell’altra foto qui sopra: nuraghe e recinto megalitico di Santu Antine, sul monte omonimo (591 metri). Provvisto di sei torri, risale al V secolo avanti Cristo. tare, invariabile nei secoli, ma enormemente impegnativo? Di certo ogni nuraghe è costato energie inimmaginabili e forse qualche vita umana è stata immolata alla necessità collettiva. Un errore e la fatica di giorni, di settimane, forse di mesi sfumava nella polvere di crolli rovinosi. Perché assieme alla 16 conformazione dei blocchi è il peso stesso dei macigni a garantire la stabilità della costruzione, ma è sempre il peso a minacciarne la struttura portante: la differenza tra eterno e precario poteva essere una questione di centimetri. Come in Egitto, erano certamente i servi a prestare le braccia indispensabili all’opera. Ma le braccia non bastavano: per raggiungere altezze spesso vicine ai venti metri serviva la tecnica ingegneristica. E Giovanni Lilliu, archeologo insigne, accademico dei Lincei e autorità massima della nuragologia, parla nei suoi studi di piani inclinati dotati di rulli. Un sistema complesso, certo rudimentale ma efficace per arrivare a quanto la forza dei muscoli non poteva garantire. La reggia di Barumini rappresenta un po’ il plastico ideale di un complesso nuragico, un riferimento essenziale e irrinunciabile per chiunque voglia esplorare il mistero muto e inquietante di questi monumenti alla Sardegna che non c’è più. Fu Lilliu a scavarlo, partendo dai ru- Fotografie di Antonino Saba Preistoria Sopra e sotto: il nuraghe Arrubiu, nei dintorni di Laconi, zona di notevole interesse archeologico dov’è possibile ammirare in situ le famose statue-menhir scolpite, di età prenuragica. In alto: il celebre “toro”, nella necropoli di Sant’Andria Priu, presso Bonorva, ritenuto da alcuni una misteriosa scultura; ha all’interno un piccolo ipogeo. 18 deri e dai reperti affiorati dopo una sequenza di temporali. Era il 1951. Da una semplice collina, la mano esperta e appassionata del grande archeologo e del suo staff fece emergere un insieme articolato di ambienti, talmente originale da sorprendere studiosi di consumata esperienza. Un torrione con due piani all’interno, nucleo ed elemento originario della struttura. Con un margine d’errore di due secoli la prova del Carbonio 14 permise di accertare che la torre risale al 1460 avanti Cristo, vale a dire all’epoca nota come Bronzo medio. Negli anni, gli scavi riportarono alla luce del sole una cinta muraria incernierata da altre quattro torri e a ridosso delle mura i ricercatori scoprirono gli zoccoli in pietra delle capanne di un villaggio, recinti dove probabilmente gli antichi abitatori custodivano animali. Le scoperte di Lilliu in quello che fu battezzato Su Nuraxi, il nuraghe, sconfessano la vecchia idea di un 19 Preistoria mondo sardo preistorico chiuso e impermeabile. Nella reggia e attorno alla reggia c’era la vita quotidiana di una comunità non certo estesa, ma comunque comunità, dedita anche ad attività diverse da quella militare, votata alle divinità, pronta a cimentarsi in un dialogo con l’aldilà destinato ad essere parte integrante della vita terrena. I sardi della preistoria erano uomini e donne capaci di muoversi all’esterno, di rapportarsi con altre genti vicine, di cercare nel territorio il necessario per vivere. L’immagine è quella di una civiltà rurale, sardi d’altri tempi che quando non sono impegnati nelle battaglie contro gli invasori cartaginesi e poi romani vivono attorno al fuoco delle loro capanne, lavorano alla fusione dei metalli con cui realizzano statuine votive in bronzo, faticano su pesanti macine di pietra per produrre farina e pane. Di quel20 A sinistra: domus de janas, nella necropoli di Sant’Andria Priu, tre gruppi di tombe scavate nella roccia trachitica. Sotto: la necropoli di Montessu, nel Sulcis, scavata in un anfiteatro naturale. Giovanni Rinaldi Antonio Saba degli uomini: chilometri dei famosi muretti a secco che delimitano poderi e pascoli sardi sono costruiti con le pietre nuragiche. Più difficile danneggiare le domus de janas, le case delle streghe. Nell’insieme formano città dei morti e dei vivi, abitate nei secoli e oggi monumento a una civiltà scolpita. Necropoli rupestri, poi diventate dimora per i pastori e usate fino a decenni fa, a seguire inconsapevolmente il ciclo naturale della vita, della morte e della vita che genererà nuova morte. Siti magici, destinati a insegnare ai vivi che il viaggio verso l’aldilà non deve far paura. La Sardegna conta migliaia di domus de janas. Ma la necropoli di Montessu a Villaperuccio, nel cuore antico del Sulcis, per la conformazione geologica del sito è l’esempio più emozionante e significativo. Quasi nascosta in un grande anfiteatro naturale su una collina di pietra, Montessu è un ca- la civiltà rimangono oggi alcune decine di nuraghi intatti, i cui esempi classici sono il Losa, il più grande dell’isola, il Santu Antine di Torralba e il nuraghe Arrubiu di Orroli. Poi migliaia di torri in parte diroccate, a causa del tempo ma soprattutto nale di comunicazione con un mondo remoto, dove sembrano agitarsi ancora oggi gli spettri di un popolo sospeso nel tempo. Profumi e suoni, nella campagna mediterranea, cancellano i riferimenti alla nostra epoca. E l’incontro col Toro, la divinità 21 Preistoria stilizzata nelle corna che decorano gli ambienti di sepoltura, si carica di emozioni imprevedibili. Entrare a Montessu è come compiere un passo all’interno di una dimensione inquietante, ostile alla ragione che cerca collegamenti sicuri e dimostrabili. Qui la scienza si ferma e comincia l’ignoto: chi ha scavato queste centinaia di sepolcri, intaccando la roccia con l’accetta di pietra dura, credeva nelle virtù segrete della magia, aveva fede nell’influsso benefico del dio e ne voleva celebrare l’immagine per l’eternità. Ed era convinto che la morte fosse solo un passaggio, se questo vuole la misteriosa forza che regola la vita. La virilità del Toro e la fertilità della Dea Madre: le tombe di Montessu Antonio Saba La tomba del Capo, a Sant’Andria Priu: due sale principali collegate ad altri quattordici ambienti da passaggi interni. e quelle delle altre necropoli del neolitico sardo sono affidate a queste due speranze di buona fortuna. Solo grazie a loro i defunti saranno salvati dall’orrore dell’annientamento, del buio infinito e senza ritorno. Soltanto nel segno della vitalità saranno aperte le porte verso nuovi giorni di caccia, di cibo, di bisogni da soddisfare perché il cuore non si è fermato per sempre, ma seguita a pulsare in un aldilà contiguo alla realtà, invisibile 22 Preistoria ma certo. Nelle domus de janas il culto si esprime con le forme del simbolo. Ma gli antichi visitatori dovevano avere anche altre manifestazioni di rispetto per i morti. La presenza di grandi focolari lascia supporre la preparazione di pasti rituali, da consumare in comunità. In questo modo, immaginando di dividere il cibo con i trapassati, si sarebbe confermato il legame tra i defunti e il loro clan. E l’idea di un contatto mai interrotto si coglie anche in alcune strutture delle domus. La sepoltura riproduce spesso la casa dei vivi: travi, colonne, tetti e perfino finestre o letti vengono scolpiti per alloggiare degnamente i defunti. Così il soffitto della tomba a capanna di Sant’Andria Priu, una necropoli nel territorio di Bonorva, in provincia di Sassari, imita fedelmente una costruzione con le assi e la copertura di un tetto spiovente. Le città dei morti sono apprezzate e utilizzate anche dalle genti dei nuraghi. Continuano, gli eredi dei sardi neolitici, a onorare i luoghi che custodiscono le ossa di artigiani, cacciatori, guerrieri, madri, dei secoli in cui l’ossidiana del Monte Arci aveva il valore di una pietra preziosa. Ma assieme alle domus de janas, l’arte funeraria adotta le architetture delle tombe dei giganti. Solenni, maestosi, perfetti per rappresentare le glorie di genti sempre pronte alla battaglia, questi monumenti megalitici danno sepoltura collettiva ai caduti della comunità. Lastre infisse nel terreno abbracciano un elemento centrale, l’esedra, che col suo sportello aperto sull’infinito sembra un passaggio al dominio dell’ignoto. Ma è solo un’illusione, una prospettiva falsificata dal punto di vista dei nostri giorni. La galleria che completava le tombe con la facciata a esedra è scomparsa, inghiottita dai secoli. Il vuoto adesso introduce una vertigine tutta moderna, estranea allo spirito dei costruttori. Il messaggio estremo delle tombe cavalca il tempo, ma il tempo lo stravolge a rivendicare il suo potere inarrestabile. Mauro Lissia 23 Come si parla Nata da sangue romano Tutti i glottologi si trovano d’accordo: il sardo è una lingua che discende dal latino I Gianmario Marras da fu anche scritta: ci sono decine di l sardo: lingua o dialetto? Una Roma, per altri quattrocento il catadocumenti che uscivano dalle canrisposta fra tante: “Il sardo non lano e il castigliano e da duecentocellerie dei “giudici” (signori dei è un dialetto, ma lingua a sé, cinquant’anni l’italiano. quattro territori indipendenti in cui quantunque non abbia una Quando ricevettero la Sardegna, a la Sardegna fu divisa fra il Mille e il grande letteratura”. È Gramsci conclusione di una delle tante guerTrecento) che sono scritti in una linche dal carcere di Turi scriveva re dei primi del Settecento, i Savoia gua “ufficiale” che è tutta sarda. Fucosì alla sorella Teresina. Lui, che alrimasero combattuti fra la possibirono, semmai, i Catalano-Aragonesi l’Università di Torino aveva avuto lità di lasciare che i sardi parlassero (che conquistarono la Sardegna a per maestro uno dei più grandi glote, soprattutto, scrivessero in spapartire dal 1323) e poi gli Spagnoli tologi italiani, Matteo Bartoli, era rignolo e la necessità di mettere i loro (che la tennero praticamente sin masto molto legato alla parlata natafunzionari – che parlavano l’italiano verso il 1720) a respingere il sardo le, sebbene ormai vivesse da decene anche il francese – in condizioni di ni lontano da casa. E alla stessa sorella, che abitava in Sardegna, chiedeva in che lingua facesse parlare il figlio: “Spero che lo lascerete parlare in sardo – diceva – e non gli darete dei dispiaceri a questo proposito”. È una delle mille testimonianze che si possono citare sull’affetto che i sardi hanno per la loro parlata materna: che si chiama, in sardo, sa limba, la lingua e basta. Del resto, anche per i linguisti, ormai da più di due secoli, il sardo è una lingua: discende, sì, dal latino dei Romani che conquistarono la Sardegna 250 anni prima di Cristo e furono padroni Panoramica di Bitti, importante centro del Nuorese, i cui abitanti ancor oggi difendono la loro “romanità”. dell’isola sin dopo il 450, verso i paesi, a costringere la gente ma poi questa parlata si è evoluta capire e di essere capiti. ad usarlo soltanto nei rapporti locali autonomamente. Gli scienziati, anzi, Per quasi cinquant’anni i Piemone familiari. Facendolo retrocedere, dicono che il sardo è la lingua neolatesi cercarono di andare avanti sendunque, a quelle che sono alcune tina che ha conservato la maggior za dare una risposta precisa a quedelle condizioni proprie del dialetquantità di parole e di caratteri della sto problema. Poi decisero di importo: il fatto di essere usato soltanto in lingua latina. re l’italiano, grazie anche alla “reuna ristretta area geografica, di esA Bitti, che è un grosso e imporstaurazione” delle due Università, sere utilizzato quasi esclusivamente tante centro del Nuorese, addirittuquella di Cagliari e quella di Sassaper i rapporti familiari e, come dira si vantano di questa discendenza ri, che diventarono le grandi centrali re?, “confidenziali”, di avere al di da Roma: “Semus de sàmbene di diffusione dell’italiano fra i sardi: sopra una lingua “alta”. Come è caromanu”, ci tengono a dichiarare, ma ci sono atti notarili del 1820 (cenpitato al sardo, che ha avuto sopra di “siamo di sangue romano”. to anni dopo che erano arrivati i Piesé per settecento anni la lingua di Nel Medioevo questa lingua sarmontesi) ancora scritti in catalano. 26 27 Come si parla Un’altra delle condizioni che si chiedono ad una lingua è – come sapeva anche Gramsci – di avere una propria letteratura. Questa letteratura, in effetti, esiste: è soprattutto poesia, e ci sono poeti che scrivono in sardo (in un sardo, diciamo così, “letterario”) a cominciare già dalla fine del Cinquecento. In realtà per gran parte di questa letteratura si tratta di poesia orale, in genere tramandata a memoria, ma spesso anche scritta. Ed oggi si comincia anche a scrivere romanzi e racconti. Nel Novecento, poi, la richiesta dell’autonomia politica (cui la Repubblica ha risposto con lo Statuto speciale del 1948) è stata accompagnata dall’affermazione della necessità di tutelare e rilanciare il sardo: una legge regionale del 1997 ha apprestato una serie di provvedimenti cui ha aggiunto forza una recente legge nazionale che riconosce l’importanza delle lingue delle minoranze regionali: e i sardi sono, con il loro milione e seicentomila cittadini, la minoranza… più grande d’Italia. I linguisti, poi, per conto loro non hanno mai avuto dubbi. Una materia che si chiama Linguistica sarda non viene insegnata soltanto nelle due Università sarde, ma ci sono cattedre con lo stesso titolo in diverse parti del mondo: a Grenoble mi è capitato di sentir parlare sardo, nell’Istituto di Linguistica, da studenti del Terzo Mondo. E il massimo studioso della lingua sarda è stato, lungo quasi tutto il Diciannovesimo secolo (morì nel 1882), uno studioso tedesco, Max Leopold Wagner, a lungo professore nell’Università portoghese di Coimbra, al quale siamo debitori anche di un esemplare “Dizionario etimologico del sardo”. Il pastore che partiva col gregge diceva alla moglie: “Pone mihi tres panes in bertula”, “mettimi tre pani nella bisaccia”. Anche il mezzadro di Cicerone, duemila anni fa, avrebbe detto lo stesso, con le stesse parole. Manlio Brigaglia 28 29 Patrimonio verde Santuari naturalistici Fotografie di Fabio Braibanti e Valeria Serra L’isola dei parchi: tra boschi, coste e stagni, è tutelato quasi un quinto del suo territorio 32 Vittorio Giannella Vittorio Giannella I n mezzo al Mediterraneo c’è l’isola dei parchi. Boschi, coste, stagni, paesaggi da difendere dall’assalto di una modernità senza regole. La Sardegna tutela il suo bene più prezioso, l’ambiente, per complessivi 490 mila ettari (quasi un quinto dell’intera regione), attraverso tre parchi nazionali, due regionali, tre aree marine protette nazionali, otto parchi naturali, settantatré tra riserve naturali e aree di interesse naturalistico. Un paradiso allo stesso tempo reale e ipotetico. Dopo il via libera formale, solo poche comunità hanno infatti abbandonato le polemiche sui confini delle perimetrazioni e offerto servizi per i visitatori. È una vicenda contrastata di vincoli e opportunità, proibizioni e possibilità, regole e consuetudini. Il dilemma del Duemila: coniugare lo sviluppo economico agli usi consolidati di comunità millenarie, senza stravolgere tradizioni uniche ma allo stesso tempo facendo dell’ambiente una ri- In questa pagina: immagini dell’Asinara. In alto, da sinistra: Cala Scombro di dentro e gli asinelli albini, esclusiva dell’isola cui hanno dato il nome. Qui sopra, dall’alto: la raganella verde e un esemplare di falco pellegrino. sorsa economica. La strada da percorrere è ancora lunga, ma qualcuno è già arrivato al traguardo. Non più isola maledetta ma oasi naturale di straordinaria bellezza. Chiuso il supercarcere, l’Asinara accoglie i visitatori (ben ventimila nei primi due anni di attività) con i silenzi delle sue coste battute dal vento. L’isola è parco nazionale dal 1997 e si impone come uno dei più importanti santuari naturalistici di tutto il Mediterraneo. In questi cinquemila ettari di territorio nell’estremo lembo nordoccidentale della Sardegna hanno casa 678 specie floreali (un terzo di quelle censite nell’intera regione), inserite in una vegetazione dai tipici caratteri della macchia mediterranea. Ma anche la fauna riserva sorprese: qui si riproducono circa ottanta specie selvatiche e tra queste molte rivestono rilevanza scientifica a livello mondiale, come il discoglosso sardo, il rospo smeraldino e la raganella. È un habitat ricco di suggestioni. Qui, tra scogliere 33 Fotografie di Massimo Ripani Patrimonio verde Qui sopra: le dune della bella spiaggia di Cala Maiore, a La Maddalena. A sinistra: la spiaggia Rosa di Budelli, cosiddetta per il colore della rena, costituita dai gusci di animali marini. In basso: Cala Conneri, a Spargi. Tutte e tre le isole menzionate fanno parte dell’arcipelago della Maddalena, dalla fine del 1998 divenuto riserva marina nazionale per i suoi pregi ambientali. un’articolata sentieristica terrestre e marina. Da ovest a est, sempre nel Capo di Sopra, la natura regala lo spettacolo delle isole che compongono l’arcipelago di La Maddalena. È una riserva marina nazionale, istituita alla fine del ‘98 e subito operativa grazie ad una intelligente opera di mediazione tra le esigenze della tutela dell’ambiente e le consolidate attività dei residenti. L’area (poco meno di cinquemila ettari) ricade infatti sul territorio di numerosi comuni, alcuni dei quali hanno fatto dello sviluppo turistico un vero e proprio business di dimensioni internazionali. Siamo nel regno della Costa Smeralda: di fronte a Porto Cervo la riserva tutela le isole delle Bisce e Nibani, Porto Rotondo fa la guardia all’isola del Mortorio e a quella dei Soffi. Ma il cuore del parco è più a nord: Caprera, La Maddalena, Santo Stefano, Spargi e Budelli (la mitica isola con la spiaggia Rosa), stupiscono i visitatori con panorami unici e colori che cambiano con il volgere della giornata. Un patrimonio unico che il neonato ente si appresta a tutelare con gli strumenti adeguati (numerose sono infatti le fasce interdette, con diverse modalità, alla pesca e alla navigazione) e la valorizzazione delle risorse locali. Si punta a incentivare di nuovo la pesca, le escursioni, e il recupero delle tradizioni, come quella dei maestri d’ascia, la cui arte non verrà dispersa grazie ad un corso di formazione professionale. Ma la tutela passa dalla conoscenza: nasceranno così il Centro di educazione ambientale con la Scuola internazionale di ecologia marina, il Centro didattico per le scuole superiori, insieme al giardino botanico e ai Musei di storia naturale e del mare. Montagne selvagge, vette frastagliate, calette di sabbia bianchissima, grotte profonde. Dal livello del e spiagge, il visitatore è incantato dalle traiettorie del Gabbiano corso, del Marangone dal ciuffo e del Falco pellegrino. Ma il vero re di questo territorio è l’asinello bianco, tanto caratteristico da dare il nome all’isola, battezzata in questo modo dai toscani nel tredicesimo secolo. Alla tutela non sfugge il mare dell’Asinara, con una fascia di rispetto di mille metri nei quali è interdetta la pesca e la navigazione. Il futuro del parco (il cui territorio ricade interamente nel comune di Porto Torres) passa attraverso la realizzazione di progetti già avviati, come l’istituzione di un Centro di educazione Ambientale, l’Osservatorio ornitologico, 34 35 Patrimonio verde l’istituzione avvenuta con decreto del presidente della repubblica), la battaglia in atto da quarant’anni si preannuncia ancora lunga. Nel frattempo il parco che verrà custodisce l’aspro paesaggio del Supramonte (un massiccio altipiano calcareo di ben cinquanta chilometri quadrati), le falesie sul Golfo di Orosei e la grotta del Bue Marino, i millenari silenzi del villaggio nuragico di Tiscali, dove vivono i mufloni (fino a qualche anno fa in via di estinzione) e volteggia l’aquila reale insieme alla poiana, allo sparviere e all’astore. Foreste di lecci si alternano a macchie di corbezzolo e ginepro, piante dai nomi inusuali (ramno di Sardegna, elicriso del Moris, aquilegia nuragica e tante altre) costituiscono una microflora di grande significato scientifico. Una Sardegna completamente diversa da quella conosciuta dal grande turismo, attratta soltanto dalle bellezze delle coste. Ma qui Sotto, da sinistra: grotta del Bue Marino, a Cala Gonone, nel golfo di Orosei, che assume il nome da foche superstiti di una specie ormai rarissima che sopravvivono in queste acque, e Punta Corrasi, la più elevata della catena calcarea del Supramonte. In basso, da sinistra: parco naturale del Gennargentu, il villaggio nuragico di Tiscali e un muflone. Vittorio Giannella Adriano Bacchella Fotografie di Gianmario Marras mare fino a punta La Marmora, con i suoi 1834 metri la cima più alta dell’isola. È il parco del Gennargentu e del Golfo di Orosei, 76 mila ettari divisi tra ventiquattro comuni della provincia di Nuoro. Nel gennaio del 2001 entreranno in vigore i vincoli di tutela del territorio, la cui applicazione è stata temporaneamente sospesa viste le fortissime critiche arrivate da una parte di residenti e comuni, contrari all’istituzione dell’area protetta e uniti nel sentire il parco come una intollerabile intrusione in comunità dalle regole millenarie. Ma il parco del Gennargentu è ormai una realtà, anche se (nonostante 36 37 Fotografie di Gianmario Marras Patrimonio verde A sinistra: Cala Luna, perla del golfo di Orosei, con le sue sei enormi grotte, il bosco di oleandri, e l’alto sperone roccioso che la protegge a meridione dai venti di scirocco. Sopra e sotto: stagno Sale Porcus, nella penisola del Sinis. Sotto, a sinistra: girasoli presso lo stagno di Cabras, sito a nord-ovest di Oristano, uno tra i più grandi d’Europa. non manca certo la scelta: il parco del Gennargentu offre straordinariamente sia una tra le più belle spiagge del Mediterraneo (Cala Luna) che il canyon di Su Gorroppu, un’impressionante gola nel Supramonte di Dorgali. Un territorio unico che racchiude in sé tutte le bellezze e le contraddizioni della Sardegna. Storia e natura assieme. Gli imponenti resti dell’antica Tharros e la ricchezza delle coste e degli stagni di Mistras o Sale Porcus. In provincia di Oristano, nel comune di Cabras, l’area marina della penisola del Sinis si protende sino all’isola di Mal di Ventre, curiosa traduzione della denominazione sarda (De malu ’entu) che in realtà richiama alla pericolosità dei venti che qui spirano con forza incessante. L’area protetta si estende per trentamila ettari. La costa, bassa e sabbiosa, a tratti presenta piccole scogliere o imponenti falesie, come quelle di Torr’e Seu. Anche l’ambiente marino è caratterizzato dall’estrema varietà, con fondali sabbiosi e coralligeni ricoperti da praterie di Posidonia oceanica dove spicca lo spettacolo offerto delle madrepore e delle spugne. 38 In queste acque delfini e tartarughe marine regalano ai visitatori emozioni generalmente associate a località internazionali più rinomate. A otto chilometri dalla costa, l’isola di Mal di Ventre sorprende per le sue spiaggette e i resti di antichi nuraghi. Tutta la costa occidentale è ora riserva integrale, mentre le escursioni di visitatori (sconsigliate nel periodo di nidificazione degli uccelli, tra marzo e maggio) devono essere improntate sempre al massimo rispetto di questo habitat, tanto unico quanto delicato nei suoi equilibri. Nell’entroterra del parco, l’abbondanza di varietà di uccelli presenti, stanziali e ospiti, rende la penisola del Sinis un paradiso anche per chi voglia dedicarsi al birdwatching. Le grandi distese palustri svolgono infatti un importante stazione di sosta per gli uccelli migratori e come luogo di nidificazione. E intorno, il fascino della storia, con Tharros ma anche l’oasi di Seu, gestita dal Wwf. Una struttura che, nonostante l’esiguità del territorio tu39 Patrimonio verde Gianmario Marras Gianmario Marras A destra, dall’alto: esemplare di cervo sardo nella zona del monte Arcosu, un raro ungulato endemico della regione, e uno dei fenicottero rosa che vivono numerosi presso stagni a salinità elevata. Sotto, da sinistra: la piccola oasi di Seu, e uno scorcio dei monti dei Sette Fratelli, ambiente dominato da rocce scolpite. apprezzare anche le bellezze di una regione che non regala solo mare e coste, ma anche un’entroterra di sorprendente bellezza. Parchi aperti ai visitatori, parchi che verranno. Dopo un inizio promettente, l’area protetta dei Sette Fratelli (in provincia di Cagliari) ha subito uno stop inatteso, determinato dal dietrofront dei comuni che avevano inizialmente aderito al progetto. Maggiori speranze arrivano invece dalla riserva marina di Capo Carbonara (interamente compresa nel comune di Villasimius), vero paradiso per gli amanti delle immersioni subacquee. A Molentargius migliaia di fenicotteri nidificano invece tra lo sguardo meravigliato dei Fotografie di Vittorio Giannella telato (appena centoundici ettari) offre numerosi servizi ai suoi visitatori, attraverso visite guidate, una sentieristica efficiente e la possibilità di effettuare campi di lavoro o escursioni didattiche. In attesa di diventare cuore del futuro parco del Sulcis, è diventata un’oasi vera e propria, strappata dal Wwf alla speculazione e al degrado. In provincia di Cagliari, l’area di monte Arcosu (nel comune di Uta) si estende per ben 3600 ettari. È il regno del cervo sardo, salvato dall’estinzione e ora invece vero dominatore di questo territorio dove alti e maestosi picchi di granito segnano una foresta mediterranea a lecci e sughere. Macchie di corbezzoli, eriche, ginepri, mirto, lentisco e filliree si alternano a popolamenti di tasso, una conifera estremamente rara in Sardegna, così come alti crescono salici, ontani e oleandri. Anche la fauna è molto ricca. Insieme al cervo, si possono facilmente osservare la martora, la donnola, il cinghiale e il gatto selvatico sardo. Una varietà che non manca neppure tra gli uccelli: avvistare il picchio rosso mag40 giore, il corvo imperiale, il falco pellegrino o la poiana è tra le sorprese di una visita a monte Arcosu, capace di regalare incontri unici, come quello con l’aquila reale o il grifone. Ma il vero padrone del territorio è il cervo sardo. Le guide sanno consigliare le zone migliori e più facili da raggiungere dove questi maestosi animali si possono ammirare in tutta tranquillità. Ora sono circa un migliaio e la loro popolazione consente di restituire ad altre zone dell’isola questo importante patrimonio naturale. L’oasi di monte Arcosu (aperta tutto l’anno, tranne i mesi di agosto e settembre) s’impone come tappa obbligata del visitatore capace di visitatori e dei cagliaritani, ancora sorpresi da questo miracolo che si ripete da qualche anno. L’area ha bisogno di una tutela immediata, per sfruttare al meglio anche la bonifica dello stagno, in corso ormai da tempo e, si spera, in fase di rapida conclusione. Un parco già istituito formalmente, ma intorno a cui le quattro amministrazioni interessate (in principal modo quelle cagliaritana e quartese) non trovano uguale motivo di interesse. I fenicotteri, nel frattempo, continuano a volteggiare sopra Molentargius. Per ammirarli basta un binocolo. In attesa della nascita del parco, speriamo non volino via. Vito Biolchini 41 Musica tradizionale Antica quanto l’alba Un folklore che entusiasmò D’Annunzio, tuttora apprezzato per l’originalità corale e solistica L ormai il ruolo di emblema alle launeddas, invenzione originale dei musicisti isolani. L’andamento sinuoso di sa oghe, la voce solista che disegna la melodia iniziale, evoca subito la risposta ritmata degli altri tre elementi. Così le sillabe scandite in coro, il Bom Bim Bam Bo che esalta i toni ruvidi del basso, sono attese e previste dagli ascoltatori che hanno capito il gioco. Un gioco di inca- Fotografie di Gianmario Marras a voce inizia a cantare in perfetta solitudine. Modula parole che raccontano d’amore, o di uomini valorosi, o di paesi e luoghi da guardare con gli occhi commossi da tanta bellezza. Poi il canto si interrompe. Il silenzio regna per meno di un secondo, ma si avverte come se fosse un colpo brusco e fragoroso. Adesso attaccano sa contra, Qui sopra e a destra: Andrea Parodi e i tenores di Bitti, un quartetto di voci di una sorprendente forza arcaica, amata e apprezzata perfino dai fans del rock. su bassu e sa mesa oghe: il quartetto a tenores mette in scena tutta la sua forza arcaica, l’armonia sorprendente di un suono gutturale che incontra registri e intonazioni più vicini alle regole dettate nei conservatori. L’accordo di queste quattro voci è diventato un simbolo della musica tradizionale della Sardegna. Scoperta e apprezzata anche da qualche protagonista del rock o del jazz, l’arte dei tenores ha trovato palcoscenici importanti. È arrivata nelle sale da concerto, ha un posto nei cataloghi di prestigiose etichette discografiche, frequenta gli studi televisivi e di festival internazionali. Contende 46 stri fra timbri vocali, di distanze che si accorciano e si allungano, di effetti armonici spesso spericolati nei loro percorsi. Ma è proprio l’accordo tra componenti diverse, e quasi in conflitto, l’obbiettivo del canto a tenores. Per questo in qualche zona della Sardegna si chiama cuncordu, in altre è noto come cuntrattu, in altre ancora si parla di cunzertu, richiamando il senso più giuridico che musicale della parola “concerto”. La Barbagia è la patria riconosciuta dei tenores. Nei paesi di questa area della provincia di Nuoro, la tradizione è ancora viva e diffusa. Non è raro, infatti, incontrare giovani che in- tonano i versi e le armonie ereditate dai loro antenati. Si canta nei bar, nei ritrovi, persino in piazza o nelle strade. In base ai temi e ai moduli musicali adottati, saranno esecuzioni a sa seria, a passu torrau, a mutos: varianti che tengono conto di usi e aspettative del pubblico d’un tempo, riunito da momenti di festa o di sentimento comunitario. I testi prendono facilmente in prestito le rime della poesia in lingua locale, ma non mancano composizioni originali. Negli anni della contestazione studentesca, e dei conflitti sociali più duri, i tenores cantarono anche con i toni della passione politica. Fabbri47 Musica tradizionale Giovanni Rinaldi A destra: suonatori di launeddas durante le feste di Sant’Efisio. Nella foto sotto: a Tadasuni, don Giovanni Dore ha allestito un singolare museo degli strumenti musicali con “pezzi” di vero interesse, giusto come questo che sta mostrando. che, padroni, giustizia e lavoro affiancarono le dichiarazioni d’amore o gli inni alla terra d’origine. I fatti di Pratobello, con i pastori in rivolta contro le occupazioni militari, finirono presto in un racconto con il contrappunto drammatico di mesa oghe, contra e bassu. E anche un pezzo di storia sarda, il Procurade ’e moderare scritto nel Settecento per condannare i residui di feudalesimo nella nobiltà isolana, venne adottato come una bandiera di lotta. I paesi che danno il loro nome alle formazioni di tenores più conosciute sono: Bitti, Oniferi, Orosei, Neoneli. Ma il panorama del canto in Sardegna si allarga ben oltre queste località e questi modelli. In Gallura, lo schema a tenores si modifica nei numeri e negli equilibri. La tasgia, da pronunciare con il suono della “j” francese, accoglie una quinta voce, lu falzittu, acuta ed estranea alla tradizione barbaricina. Aggius e Tempo Pausania possono vantare le migliori espressioni di questo stile, inserito da Dario Fo in uno dei suoi spettacoli degli anni Settanta: Ci ragiono e canto. Fu un gruppo di Aggius, il “Galletto di Gallura”, a rappresentare allora il contributo della Sardegna al mosaico di voci e identità regionali messo in scena da Fo. Si ripeteva, così, la scelta che cinquant’anni prima aveva portato un altro coro aggese alla ribalta nazionale. Accompagnati dal musicologo Gavino Gabriel, un tempiese che lascerà fonda48 mentali studi sul patrimonio musicale sardo, cinque ultrasessantenni salirono sul palcoscenico del teatro Quirino, a Roma. In programma c’era una conferenza-concerto che entusiasmò i recensori dell’epoca. È il 1921, e la cultura europea va ricercando i colori dell’esotico nelle sue regioni più lontane e “selvagge”. Il premio Nobel a Grazia Deledda, sei anni dopo, coronerà questa tendenza. Le novelle e i personaggi a tinte forti della scrittrice avevano conquistato l’Accademia di Svezia, come la tasgia aveva affascinato Gabriele d’Annunzio. Canto “antico quanto l’alba”, scrive il Vate in una lettera indirizzata a uno dei componenti del coro di Aggius, che aveva ospitato al Vittoriale. E senza paura di alimentare una cattiva fama per gli isolani, la stessa carta suggerisce: “Se tu e gli altri quattro veramente mi amate, rapitemi stanotte e portatemi... in una capanna, in un bosco di sòveri”. Delle stesse latitudini degli accademici di Svezia, giungeranno ancora segni d’interesse per la cultura popolare della Sardegna. Sul finire degli anni Cinquanta, un giovane danese sbarca nell’isola dotato di registratore e di molta curiosità. Andreas Fridolin Weis Bentzon girovaga nella parte meridionale della regione, incidendo voci e melodie tra- mandate di generazione in generazione. Si appassiona soprattutto alle launeddas, strumento a tre canne che accompagna cerimonie religiose e danze di gruppo. Suoni antichissimi, forse ereditati dalle genti dei nuraghi: una statuetta votiva sembra ritrarre proprio un virtuoso delle canne ronzanti. Il Campidano, la Trexenta e il Sarrabus fanno il territorio dove questa musica trova esecutori che interpretano composizioni imparate da anziani maestri. Bentzon studia, classifica, registra. E riversa tutto in un libro, editato a Copenaghen, dove le launeddas vengono analizzate con metodo e amore nello stesso tempo. È così che l’unione di mancosa, mancosedda e tumbu, come si chiamano le tre parti che compongono lo strumento, si declina nelle diverse intonazioni possibi- li. Il ricercatore danese scopre negli interpreti un’abilità manuale che non è solo creazione di musica. Chi suona le launeddas è anche, quasi sempre, il costruttore del proprio strumento. Dunque sa scegliere le canne, inciderle, equilibrarle con cera d’api. Sa, perché gli sono stati affidati i segreti della costruzione, co49 Piero Pes Piero Pes Musica tradizionale 50 ve uomini e donne si scambiano battute piccanti. E qualche volta cerca accenti altrettanto arditi il trallallero adottato in gran parte della Sardegna adoperando allusioni e figure capaci di far arrossire i custodi del pudore. Le voci, in questi casi, possono rinunciare senza rimpianti all’accompagnamento di strumenti. È la regola di ugole spesso lasciate sole nella Sardegna che fa musica. E se la scelta si spiega quando sono in scena le armonie polifoniche dei tenores, troppo corpose per sentire il bisogno di altri apporti sonori, non è difficile capire anche l’autosufficienza di s’anninnia, la ninna nanna destinata a cullare i neonati, o il lamento funebre di s’attitidu, docu- Giampiero Marras me trasformare tre pezzi di fibra vegetale in una mediana, un fiorassiu, un punto d’organo o un’altra versione di questo immancabile corredo di processioni e feste. Il ballo, ancora una volta, ispira e indirizza la musica popolare della Sardegna. I passi di su ballu tundu, o comunque delle forme che assume la danza, sono il metro tenuto presente dai maestri di launeddas come dai suonatori di organetto, altra presenza richiestissima nelle occasioni di riunione della comunità. Ma non meno perentori sono i richiami dei riti e delle ricorrenze della chiesa. Qui la musica torna ad essere soprattutto un affare di voci in accordo. Confraternite e gruppi corali cantano il dolore del Cristo morto, la buona novella del Natale, o la devozione alla Madonna, intonando un’Ave Maria dove il registro dei bassi crea risonanze accostabili alle armonie dei tenores. L’influenza del canto gregoriano è una delle componenti di questo repertorio sotto il segno della Croce. Basta però partecipare all’intesa celebrazione del Lunissanti, momento della Passione nelle strade di Castelsardo, per comprendere quanto sia lontana l’idea dell’imitazione da questo straordinario esempio di musicalità. Pia e devota quando entra in chiesa, la musica dei sardi sa essere anche sfacciata e beffarda. Succede a Sassari con le gobbule, che prendono di mira peccati e difetti dei personaggi in vista, o con i muttetti tempiesi do- Giampiero Marras Sopra: a sinistra, un’artistica fisarmonica, che in dialetto sardo è indicata col nome generico di sonu, usato anche per l’organetto; a destra, la matracca, caratteristico congegno suonato durante la Settimana santa; si distingue dalla matracca a roda, con ruota dentata. Sotto: il musicista Totore Chessa, di Irgoli, suonatore e uno dei massimi conoscitori di organetto e di musica sarda. Nella foto in basso: Marcello Peghin e Roberto Pellegrini, mentre si esibiscono in un concerto dedicato al folklore tradizionale. 51 Musica tradizionale mento di una cultura mediterranea che lega le donne sarde alle prefiche della Grecia di Omero. L’aria del Mediterraneo si avverte ancora nel duru-duru, filastrocca per i bambini dove i ritmi evocano le sponde arabe del mare attraversato da pirati e mercanti. Ma nemmeno in questa occasione, splendida opportunità per le percussioni della musica sarda, la voce richiede il soccorso degli strumenti. Eppure non mancherebbero le risorse da sfruttare, come testimonia il museo realizzato a Tadasuni, sulle rive del lago Omodeo, dalla pazienza da collezionista di don Giovanni Dore. La rivincita degli accompagnatori sarà allora nel canto a chitarra, con le corde trattate da mani che cercano sonorità spigolose. Voci maschili e femminili confidano nell’appoggio delle note aggregate dal plettro, pronte però a tacere quando la chitarra passa a cucire le strofe arpeggiando in primo piano. Sui palchi delle feste, quando un paese si tassa per offrirsi lo spettacolo della musica in piazza, questo canto può precedere con i suoi toni struggenti la sfida attesissima dei cantadores. Si gareggia improvvisando versi di poesia estemporanea, da comporre secondo una metrica che ha cadenze di musica d’Oriente. Stabilito il tema, i poeti cantanti estraggono dalla loro memoria immagini e concetti da esporre in rima baciata. Dalle gesta degli eroi omerici ai patriarchi della Bibbia, dai sonetti d’amore alle terzine della Divina Commedia, tutto è materia di combinazione, citazione, rifacimento. In una delle parlate della Sardegna, come cavalieri medievali i poeti in gara usano le armi dell’espressione fiorita e dell’accostamento ad effetto. Vince la fantasia sorretta dalla tecnica più collaudata che asseconda il gusto della giuria. Gli sfidanti rivestono i panni di contadini, pastori, artigiani. Fino alla prossima festa, alla prossima gara e al prossimo verdetto. Angelo Porru 52 53 Giubileo 2000 Sulla via dei penitenti Un percorso di fede e di arte tra basiliche, cattedrali, santuari e chiesette di campagna 56 Fotografie di Gianmario Marras I n principio erano giorni e giorni di viaggio. Sotto la pioggia battente, il vento gelido o il sole che seccava la gola, riparati da un grande cappello e da un manto lungo sino ai piedi. Calzando scarpe logore, con un bastone per far presa sui sentieri più impervi, il pellegrino medievale attraversava boschi coperti di neve, insicuri ponti di corda tesi da una sponda all’altra dei fiumi, pianure nebbiose. Esausto, avanzava verso la città dei papi e la salvezza eterna. La bisaccia era tutto: un fiasco d’acqua, una sacchetta di farina, qualche soldo da spendere nelle luride locande lungo la strada e, spesso, una copia della Veronica, il sudario di Cristo, come ammonimento e conforto. Dapprima solo i colpevoli dei crimini più efferati, poi migliaia di penitenti presero a cercare la via di San Pietro per la remissione dei peccati Nell’Anno Santo di secoli e secoli fa, tutto l’Occidente guardava a Roma, la desiderava e la invocava. Fino a trovarla. Come un fiume in piena, i romei si riversavano nelle chiese, alla luce delle candele bisbigliavano una litania ininterrotta di preghiere. Giù Sopra: l’interno della cattedrale di Ozieri, centro principale del Logudoro, ricostruita in forme neoclassiche su un edificio gotico-aragonese del ’500. Qui sotto: la facciata neoclassica della cattedrale di Nuoro (1836-1854). dall’Inghilterra alla Francia, verso la Liguria e la Toscana, o la Corsica, la Sardegna e l’isola d’Elba, per giungere finalmente alla meta santa. Il perdono aveva il prezzo di un percorso infinito. Ma per i credenti che abitano la Sardegna, il 1390 porta un regalo a lungo sperato. Quando regna Eleonora d’Arborea, una Bolla papale concede l’indulgenza per un pentimento conquistato tutto nelle chiese dell’isola. Col cuore rivolto a Roma, chi vuole mondarsi delle sue colpe si inginocchia nei templi di casa, e così rigenera l’anima. Dovrà però versare il danaro corrispondente al costo del viaggio e di un soggiorno di quindici giorni nella città dei papi. L’offerta servirà al restauro degli edifici religiosi più malandati e per altre opere pie. Ancora oggi il fedele isolano può lucrare (così dice la terminologia canonica) il Giubileo senza varcare il mare. Un gran numero di basiliche, cattedrali, santuari e persino chiesette di campagna invitano i nuovi camminatori di Dio. Ma il pellegrinaggio moderno cerca spesso anche i segni dell’arte e della storia. Forme romaniche, catalano-aragonesi, barocche e neoclassiche si offrono agli occhi dei penitenti. E la declinazione continua dei colori dell’arenaria, del calcare, del basalto e della trachite accompagnano le tappe fra le architetture religiose. Tutte le cattedrali dei centri maggiori della Sardegna rientrano nell’elenco del Giubileo alle soglie del Secondo millennio. Ha una facciata neoclassica quella di Ozieri, che tradisce l’interno barocco e il grande polittico cinquecentesco del Maestro col nome della cittadina. Un frontone e colonnine ioniche descrivono linee simili anche nel duomo di Nuoro. Qui, nel tempio dedicato alla Madonna della Neve, una tela attribuita alla scuola di Luca Giorda57 Antonio Saba no convive con i dipinti di Bernardino Palazzi, Carmelo Floris e Giovanni Ciusa Romagna, esempi d’arte sarda tra Ottocento e Novecento. Un prospetto di classica semplicità sembra allontanare la cattedrale di Alghero dalla storia catalana che imbeve strade e monumenti della città. Ma la cinquecentesca Santa Maria riuscirebbe ad occultare le sue origini solo se non rimanessero ancora la Porta Petita, le tre navate con transetto, la cupola e il campanile ottagonali. Della storia che incalza e modifica si avverte l’opera nel 1720. Alghero, col resto dell’isola, diventa dominio sabaudo: l’altare centrale si veste allora di marmi policromi, mentre il duca di Monserrato, nobile piemontese morto prima che finisca l’epoca dei Lumi, riceve in premio alla memoria un fastoso monumento funebre. Correzioni, aggiunte, riedificazioni per ripristinare quello che il tempo ha troppo offeso, o il gusto mutato non gradisce più, sono un segno costante delle case di preghiera vecchie di storia. Nella cattedrale di Cagliari poche sopravvivenze confermano la grandezza delle maestranze pisane. La più importante è il pergamo di Guglielmo, scolpito tra il 1159 e il 1162. Collocata prima nella città tosca- Fotografie di Gianmario Marras Giubileo 2000 Sopra e in alto a sinistra: pronao ottocentesco e campanile ottagonale d’ispirazione tardogotica catalana della cattedrale di Alghero. Nelle altre due foto: uno dei leoni che in origine appartenevano all’ambone scolpito da Maestro Guglielmo, ora nel presbiterio del duomo di Cagliari, e il transetto neoclassico nel duomo di Oristano, opera di Giuseppe Cominotti. na e inviata nel 1312 in dono ai cagliaritani, quando era urgente rinsaldare gli antichi legami minacciati dalla pressione aragonese, la scultura testimonia il potere di Pisa nella roccaforte strappata alla giudicessa Benedetta. Perduta la facciata romanica, il duomo ridisegnato all’interno dall’architetto Pietro Fossati, nel 1702, sollecita una visita senza fretta. Sarà così possibile rinvenire le tracce aragonesi e classiche, insieme alle altre pisane, tra l’esuberanza delle forme barocche. A Sassari, il duomo viene riedificato nel ’500 su un’antica pieve romanica secondo la tipologia gotico-catalana, per mescolare più tardi stilemi del tardobarocco e del barocchetto piemontese. Barocca è pure la nuova immagine di Santa Maria Assunta di 58 59 Giubileo 2000 trionfo di decorazioni. Settemila scudi sardi pagano marmi e legni intagliati, che si aggiungono al tesoro di ori e argenti sbalzati e cesellati, in gran parte dono della contessa Violante Carroz. Ma la nobildonna si fa ricordare anche per un altro motivo: la padrona del castello di Barumele, oggi ridotto a un rudere nelle campagne attorno al paese, legò il suo nome alla morte di un giovane prete, trovato impiccato nel palazzo. Preziosi oggetti d’argento, opera dei migliori artigiani sardi, sono spesso custoditi nelle chiese. Nel tempio che Bosa dedica all’Immacolata, il pezzo migliore di un ricco corredo che conta piatti, lampade e calici di fabbricazione isolana, con apporti napoletani, genovesi e piemontesi, è un reliquiario del Sedicesimo secolo di scuola cagliaritana, forse arrivato in occasione dell’episcopato di Antonio Cavaro, membro di una celebrata famiglia di pittori. Nel duomo di Santa Chiara a Iglesias, che alla fine del Cinquecento ha mutato il modello pisano in stile gotico-catalano, una comunità facoltosa si concesse un teso- Qui sopra: navata in stile gotico-aragonese con cappelle laterali e copertura a volte stellari della cattedrale di Iglesias dedicata a Santa Chiara. Sopra a destra: le caratteristiche cupolette in forme tardobarocche della cattedrale di Bosa, risalente al XV secolo, intitolata all’Immacolata. Sotto: a sinistra, la statua policroma del ’500 di Sant’Antonio Abate nel transetto della cattedrale di Castelsardo; a destra, la cattedrale stessa. 60 ro di opere cesellate di fino, coltivando così le sue grandi aspirazioni nel gusto della Spagna opulenta. Nello stesso secolo, in pieno dominio aragonese, Sant’Antonio Abate sorgeva a Castelsardo, il borgo fortificato fondato dai genovesi all’epoca delle lotte con Pisa. In questa chiesa che guarda il mare, oltre agli arredi in legno intarsiato, opera del- Fotografie di Gianmario Marras Adriano Mauri Oristano, che nel 1733 trasformò radicalmente l’antica chiesa dei Giudici d’Arborea e degli Aragonesi, risparmiandone appena qualche angolo. Stesse forme anche per la cattedrale di Ales, costruita fra il 1683 e il 1688, quando il dominio spagnolo era ormai al crepuscolo. Domenico Spotorno la progetta con cupola e due campanili ai lati, e vuole per l’interno un 61 la migliore scuola ebanista tra Seicento e Settecento, non si potranno tralasciare i dipinti di un anonimo maestro cinquecentesco, protagonista di spicco della pittura isolana. Ma non solo le cattedrali sono pronte ad accogliere i pellegrini del Giubileo. Tutte le diocesi sarde hanno esteso i passi della salvazione ai santuari più importanti, così come a una nutrita serie di templi meno rappresentativi, ma ugualmente cari ai credenti. Il catalogo dei luoghi di penitenza include allora buona parte delle architetture religiose più nobili sotto il profilo artistico. Nobiltà che ha regalato nei secoli una grande forza spirituale a questi luoghi dell’anima. La diocesi ozierese invita alla ricerca del perdono attraverso la pietra lavica che veste di scuro Santa Maria del Regno ad Ardara, e con i conci neri e rossi di Sant’Antioco di Bisarcio. Se la chiesa romanica innalzata alla Madonna mantiene intatto il suo bel prospetto a modanature verticali, segnato da un doppio arco sovrastato da una bifora, ben diverse sono le condizioni del tempio consacrato al martire cristiano. Eppure, quello che fu uno splendido edificio, costruito nello spazio di tre secoli, dal X al XII, continua ad affascinare nonostante il cupo senso di rovina e di morte che avvolge il visitatore, mentre risale lo sperone roccioso sulla piana di Ozieri. Nata per onorare la sede arcivesco- Fotografie di Gianmario Marras Giubileo 2000 vile, Sant’Antioco patì l’abbandono quando il suo territorio divenne parte di altra arcidiocesi. L’offesa dei venti, l’incuria degli uomini, il fulmine che ha spezzato a metà il campanile qua- In alto e sopra: la chiesa di Santa Maria del Regno, ad Ardara, e la basilica di San Pietro di Sorres, splendidi esempi dell’arte romanico-pisana. Qui sotto: la basilica di San Gavino, a Porto Torres, iniziata tra il 1063 e il 1065. 62 drato, non hanno però cancellato del tutto i segni della passata ricchezza. Archetti e capitelli foggiati nella pietra da abili scalpellini ostentano un’abbondanza decorativa fatta di foglie, rosoni, volti e animali, che compensa le ferite sofferte dalle pietre. Alla diocesi di Sassari fanno capo altre due chiese che eguagliano per dignità artistica il maltrattato gioiello del santo di Bisarcio. San Gavino di Porto Torres ha conosciuto un destino simile: cattedrale fino al 1441, quando la sede vescovile viene trasferita a Sassari è privata del suo rango e inizia l’inevitabile decadenza. Considerata un’eccellente applicazione dello stile romanico in Sardegna, venne edificata da maestranze pisane fra il 1065 e il 1111. Questi costruttori erano guidati da un gusto severo, che la luminosità della trachite chiara non bastava a mitigare, e da un altrettanto rigoroso senso di economia, che portò a sfruttare le decorazioni di ruderi romani. La vocazione al risparmio non impedì però le rotonde forme di due absidi contrapposte, che assicurarono alla basilica voluta da Gonario-Comita, giudice di Torres e di Arborea, una caratteristica unica. San Pietro di Sorres, vicino a Borutta, sembra accentuare l’inversione di rotta rispetto alla pulizia architettonica che evoca morigeratezza. Seduce col suo ritmo di calcare bianco e di trachite nera sin nella facciata, inventa rombi, occhielli, piccole raggiere, quasi punti di un 63 niniani. Passato in mano dei Benedettini di Montecassino, nel 1112, il complesso si sviluppò tanto da divenire il più importante insediamento dell’ordine in Sardegna. L’organizzazione passava dalla preghiera a una solida gestione economica: l’abate esercitava infatti diritti su una schiera di servi e vassalli, ottenendo proventi da terre e saline. La chiesa che ancora esiste fu costruita un secolo dopo, a esprimere con la facciata intinta nel rosso della trachite e nel biondo chiaro del calcare, e rallegrata da archetti, rosone e formelle intarsiate, una visione della vita ottimistica e fiduciosa. Alla potenza economica degli ordini conventuali ha pure legato i suoi destini l’abbazia di Santa Maria di Corte (o 64 Sopra: la chiesa di Nostra Signora di Tergu, costruita nel primo quarto del ’200. Sotto, da sinistra: San Simplicio, a Olbia, tutta in conci di granito, e la basilica di Bonaria, unica testimonianza rimasta dell’insediamento aragonese a Cagliari. In basso: scorcio dell’articolato interno della Madonna dei Martiri, a Fonni. Fotografie di Gianmario Marras ricamo lavorato sui conci squadrati. Sulla strada dei penitenti il vescovo di Tempio-Ampurias apre l’antica chiesa di Olbia votata a San Simplicio. Spoglia e lineare nel granito della facciata, appena segnato da modanature ed archetti, mostra all’interno pilastri e colonne che sostengono il tetto a capriate e le volte delle navate laterali. A tanta severità di linee sembra fare quasi da contrappeso Nostra Signora di Tergu, evocando nella memoria l’operosa vita dei monaci che abitavano quelle terre. Nella campagna poco distante da Castelsardo, prima dell’anno Mille esisteva infatti un monastero amministrato dagli Anto- Massimo Ripani Giubileo 2000 Cabuàbbas) a Sindia. Furono i monaci cistercensi, inviati in Sardegna a metà del XII secolo da Bernardo di Chiaravalle, su richiesta di Gonario II giudice di Torres, a trasformare un servizio religioso e una testimonianza culturale in una moderna impresa economica. Con determinazione e abilità, la campagna dalla Planargia al Marghine fu organizzata secondo il sistema delle grange, le aziende agricole di stampo benedettino. La rosa delle chiese giubilari continua con altre proposte di alta rilevanza artistica, come le romaniche Santa Maria di Uta, San Pantaleo di Dolianova o Santa Maria di Monserrato a Tratalias o come la gotica chiesetta di Santa Maria de is Acquas, vicino a Sardara, o come la duecentesca parrocchiale di San Giorgio a Suelli. Il pio camminatore può però imboccare strade diverse da quelle che portano ai tesori dell’arte, e cercare le tracce della devozione antica per sentirsi vicino alla spiritualità dei pellegrini nei secoli lontani. Nella basilica della Madonna dei Martiri, a Fonni, potrà cercare il veneratissimo simulacro della Madonna, che la tradizione riporta alla fine del Seicento. Attorno alla chiesa, nel cuore del paese, sosterà nelle “cumbessias”, le rustiche stanze che davano ricovero ai fedeli giunti dopo giorni di cammino. Simili casette, spoglie e poverissime, confortavano anche chi accorreva a recitare la novena o a celebrare la festa della Madonna del Rimedio, nel santuario secentesco ristrutturato due secoli dopo ad Orosei. Ma pellegrinaggio era anche, nella strada che sembrava non finire mai, vedute improvvise su valli, monti, mare. Era la vista, inchiodata al sentiero e al bastone, che inaspettatamente si apriva alla luce dell’orizzonte a perdita d’occhio. Era un sussulto dello spirito che si rallegrava di aver superato fatiche e privazioni. Un’emozione che a Cagliari la basilica di Bonaria, con la distesa di mare che pare arrivare fin sotto la sua scalinata, può ancora restituire ai cercatori di fede in viaggio verso la meta. Ludovica Romagnino 65 Cagliari e la sua provincia L’ELEFANTE CI INVITA Una piccola scultura è quasi il simbolo della città, della sua forza, della sua storia DI FRANCESCO LUZZI - FOTOGRAFIE DI ANTONIO SABA i ina d Cart sso o Ru Mari Nella foto grande: scorcio del capoluogo visto dai bastioni di Santa Croce. L’immagine mette in evidenza la natura della piazzaforte cagliaritana: muri a strapiombo, torri poderose, e strutture bastionate d’intervento aragonese e spagnolo. Sopra: il piccolo elefante in calcare inserito nell’omonima torre. 69 A volo d’uccello. Come uno dei fenicotteri che sono di casa fra gli stagni vicini alla città. Sarebbe il punto di vista migliore per avvicinarsi a Cagliari, cercando di mettere insieme le molte anime che si nascondono, o si mostrano, in un panorama di pietra e di mare. C’è la Cagliari di acqua e di sole, approdo per i navigatori fenici che ne fecero un loro scalo intorno al 1000 avanti Cristo. C’è la Cagliari arroccata e diffidente dei soldati di Pisa. E c’è la città di affari e di traffici che ci riporta all’impero di Roma, assieme alla città di chiese e palazzi costruiti in obbedienza e ossequio al re di Spagna. Bisogna imparare a districarsi tra la storia e il presente di questo capoluogo cresciuto rimarginando le ferite dei bombardamenti aerei nel 1943. Meglio attraversarlo a piedi, senza paura per qualche salita che porta alla collina fortificata di Castello. Qui le torri di San Pancrazio e dell’Elefante fanno le sentinelle agli angoli di una cinta che solo in parte ha resistito ai secoli. Sono il lascito della dominazione pisana e dell’ingegno trecentesco di Giovanni Capula. Il nome dell’autore è ancora visibile sulle pareti Gianmario Marras Trionfo barocco Pagina precedente: cupola della chiesa di San Giuseppe, costruita nel 1641 dagli Scolopi rifacendosi a una pianta d’impronta controriformistica. In alto: la porta Cristina, antico ingresso all’arsenale regio; immette nell’area già occupata dalla cittadella piemontese. Dietro, la torre di San Pancrazio. A destra: il presbiterio della cattedrale, dedicata a Santa Maria. Recinto da una balaustra marmorea del Seicento, è adorno di preziosi arredi barocchi in argento: due bei candelabri di marca spagnola, un tabernacolo sardo, un paliotto sbalzato di fattura spagnola, una lampada di Giovanni Mameli, artista cagliaritano che la eseguì nel 1602. Sopra: uno dei quattro leoni pisani posti a fianco dell’ingresso del presbiterio. Il più bel panorama lo si gode dai 98 metri del monte Urpino Fotografie di Gianmario Marras Qui sopra: l’ampio panorama di Cagliari dal monte Urpino, la cui vetta, raggiungibile dal colle Bonaria, tocca i 98 metri. Sotto a sinistra: la terrazza Umberto I nel quartiere Castello, dove in passato erano le sedi delle autorità politiche e religiose. È qui che si trova il Museo archeologico nazionale sorto sull’area dove erano le carceri femminili. Sotto a destra: la chiesa di San Giacomo, costruita, nel suo impianto originario, poco prima della metà del Quattrocento. Nella pagina seguente: l’altare maggiore della chiesa di San Michele, tipico esempio di edificio barocco. to e scultore, realizzò nel XII secolo. Divisa in due parti, l’opera fu addossata ai lati dell’ingresso nel corso dei lavori per il nuovo assetto tardobarocco della cattedrale. Andò meglio ai quattro leoni che reggevano le colonne: la ristrutturazione di fine Seicento trovò un posto ai lati dell’altare maggiore. Usciti dalla cattedrale, le stradine strette di Castello continuano ad evocare i climi della dominazione spagnola. È la città dei palazzi decaduti, di ombre e vicoli dove un gruppo di congiurati (lo ricorda una lapide) poteva attendere il suo bersaglio. È una scacchiera di portici e portali, pronti a chiudersi agli sguardi indiscreti e però capaci di regalare meraviglie improvvise e inaspettate. È il luogo del potere, rappresentato dal palazzo Viceregio (che qualcuno vorrebbe innalzare di rango per aver ospitato un re Savoia in fuga da Napoleone) oggi fresco di restauro. A Castello la città dei governanti si affianca spesso ai marmi degli altari. Così, in via Lamarmora, dietro una cancellata di ferro e una facciata piatta, la chiesa cin- quecentesca della Purissima attende visitatori nel suo interno tardogotico. In fondo a via Genovesi, nella parte bassa del quartiere, Santa Maria del Sacro Monte di Pietà nasconde volte a crociera e cupolette di matrice aragonese. Sul bastione di Santa Croce, una scalinata invita all’ingresso nella chiesa di uguale intitolazione, da cercare in posizione di taglio rispetto allo spiazzo panoramico. E dal basso la città vicina al mare chiede attenzione per i suoi tesori. Chiama a gran voce l’anfiteatro romano, forse perché frequentato dalle ugole robuste della stagione lirica estiva. Un discutibile involucro di legno ha tentato di ricostruire le parti mancanti della gradinata, ingabbiando la pietra dove sedevano i cittadini del II secolo dopo Cristo. Esaurito il programma di spettacoli, la camicia di forza dovrebbe essere smontata, per restituire aria e luce al monumento oggetto di polemiche e difese d’ufficio. L’impronta di Roma si estende alla vicina Villa di Tigellio, che probabilmente poco ha da spartire con questo poeta sardo di scarsa gloria artistica e amicizie altolo- Anfiteatro e ville, vestigia romane Gianmario Marras delle due costruzioni. Ma ad attirare l’attenzione è soprattutto l’elefantino che battezza la torre affacciata sulla prospettiva del golfo. Per i cagliaritani, questa piccola scultura poggiata su una mensola è un’immagine familiare come il più classico dei sapori di casa. A Castello si passeggia per cogliere anche altri segni della storia. La facciata della cattedrale, ritmata da archetti e colonnine, racconta più di ogni altra architettura l’effetto dei tempi che cambiano. Intitolata a Santa Maria, la chiesa medievale in cima alla roccaforte aveva forme duecentesche. Dall’inizio del Settecento, il duomo si è presentato con un prospetto barocco. Poi anche questo è stato cancellato, con un rifacimento in stile neoromanico che nel 1930 sembra voler sconfessare la scelta di due secoli prima. L’impronta delle origini sopravvive nel campanile, nell’architrave dell’ingresso centrale, nelle porte laterali e in due cappelle, una pisana e l’altra gotico-aragonese. Ma la matrice della chiesa si coglie anche nel grande pulpito in marmo che Guglielmo Pisano, architet- Nella foto grande: l’anfiteatro romano, grandioso monumento cagliaritano del II secolo. Conserva buona parte delle gradinate ellittiche, la cavea, le precinzioni, il podium, e i sotterranei, usati, si presume, come riserve d’acqua. Sopra e in alto: due particolari della villa di Tigellio, che sorge nel capoluogo. Ma la relazione tra il complesso edilizio e il nome del musico sardo, amico di Cesare e Cleopatra vissuto nel I secolo avanti Cristo, del quale porta il nome, non è per nulla dimostrabile, anche per motivi cronologici. Si tratta infatti di tre domus, le residenze signorili dotate di atrio a quattro colonne con impluvium, tablinum con ambienti laterali e vani di servizio, in auge solo dal I secolo dopo Cristo. 75 cate. Non si può neppure parlare di villa in senso stretto. Due isolati, separati da un vicolo, presentano una struttura termale da un lato, e tre domus schierate sul versante opposto. In questo complesso residenziale, del II o del III secolo dopo Cristo, le colonne del peristilio, i resti di figure dipinte, le tessere di un mosaico bianco e nero parlano di una condizione agiata, benessere di provincia lontano dagli splendori della capitale dell’impero. Dai Cartaginesi, spodestati nel 238 avanti Cristo., i cittadini della Karales romana avevano ereditato quartieri, acquedotti, fortificazioni e persino le necropoli di Tuvixeddu e del colle di Bonaria (dove si può visitare, entrando nell’ottocentesco cimitero monumentale, la sepoltura di Munatius Ireneus). Avevano costruito magazzini, venerato luoghi sacri come la cripta (visitabile a richie- Maschere e dei per fugare i mali Nella foto grande: la necropoli punica di Tuvixeddu, che in sardo significa “luogo perforato”. Costituita da sepolture a pozzo, cela al suo interno pitture parietali in cui spiccano, nella tomba dell’Ureo, maschere gorgoniche, cui era attribuito il compito di tenere lontani i demoni e, nella tomba detta del Combattente, l’evanescente figura di un guerriero che brandisce una lancia, forse il divino Sid che fuga i mali temuti dall’uomo. Sotto: la cripta della chiesa di Santa Restituta, a Cagliari; ha tracce di affreschi bizantineggianti, forse del XII-XIII secolo. 77 sta) che il cristianesimo dedicherà a Santa Restituta, eretto edifici funebri ora inglobati nella chiesa di San Lucifero, scavato pozzi e realizzato, dove oggi sorge l’Orto botanico, un giardino attraversato da canali artificiali e dotato di giochi d’acqua. Ma sono stati anche autori di un Sopra: un affresco conservato nella cripta di Santa Restituta. Lo contraddistingue la curiosa peculiarità di essere visibile solo se bagnato. Pagina seguente: l’ingresso della Grotta della Vipera, a Cagliari, la grande tomba scavata nel calcare, il cui nome deriva dai due serpenti che ornano il frontone. In origine, aveva la forma di un colombario, preceduto da un atrio con colonne, ora mancanti. Vi era sepolta Atilia Pomptilia, la compagna di Cassio Filippo, esiliato a Cagliari, che volle dimostrare con le belle iscrizioni poetiche latine e greche rinvenute sulla tomba, la sua devozione verso la donna che si profferse agli dei per liberarlo da una malattia. 78 Gianmario Marras Eterno omaggio di Cassio Filippo alla donna che si sacrificò per lui pezzo di città che invita al silenzio e alla commozione. Quasi nascosta nel mezzo del viale Sant’Avendrace, alla periferia cagliaritana, la Grotta della Vipera lega il suo nome ai due serpenti incrociati che sono scolpiti sul frontone. L’emblema di questa tomba patrizia del I secolo do- Il bianco lido del capoluogo Gianmario Marras Attrezzature balneari sulla spiaggia del Poetto, nel golfo di Quartu. A godere della sua rena bianchissima e delle sue acque cristalline sono soprattutto i cagliaritani, che lo considerano un po’ il lido della città, approfittando della vicinanza di questa località al capoluogo (ne è addirittura parte integrante). Completano le strutture a disposizione di bagnanti e turisti anche un porticciolo, un luna-park permanente e altre attrazioni. 80 81 po Cristo introduce alla sepoltura di Atilia Pomptilla, moglie di Cassio Filippo, esiliato da Nerone in Sardegna. Dodici iscrizioni sulle pareti ci dicono, con versi toccanti in greco e in latino, che Atilia avrebbe offerto agli dei la sua vita per salvare il suo sposo, gravemente ammalato. I lasciti della città d’un tempo si trovano, ovviamente, anche tra le vetrine e nei percorsi della Cittadella dei Musei, ricavata da un antico arsenale, famosa per i suoi reperti della civiltà nuragica. E la sensibilità verso le testimonianze del passato trova molte altre occasioni per essere soddisfatta da luoghi, architetture ed esposizioni cagliaritane. Ma quando sono le tensioni del presente a farsi sentire, la rotta punta verso la costa. Si va verso i paradisi di sabbia e acque trasparenti, irresistibili calamite della Sardegna turistica. Est od ovest, il risultato della scelta non deluderà le attese. Diretti a Da un proprietario all’altro La parrocchiale di Quartu, intitolata a Sant’Elena. Venne ultimata nel 1835 su una precedente costruzione gotico-aragonese del ’500, devastata sessant’anni prima da un incendio. Il borgo di Quartu Sant’Elena era noto già in epoca romana, come si legge anche in Cornelio Tacito; ed è di chiara derivazione romana anche il toponimo, evocante la distanza da Cagliari lungo la strada che dal Sarrabus portava fino alla costa orientale. Fu invasa molte volte nel corso della sua storia: nel V secolo dai Vandali, nel VI dai Goti e infine, nel IX, dai Saraceni. Poi, seguì la sorte di tutti i paesi limitrofi a Cagliari: divenne proprietà dei conti della Gherardesca (1298), di Pisa e degli Aragonesi (1323), venne concessa in feudo baronale ai De Sena (1426), quindi ritornò patrimonio regio (1491). Ultimi a esserne proprietari furono i Pes, ai quali fu sottratta nel 1839, data che segnò l’abolizione dei feudi. La nuova sfida artigiana Vittorio Giannella La cultura degli antenati e i segni della contemporaneità. Metterli insieme, ridare senso ed eloquenza a simboli arcaici o a figure da scavo archeologico è la sfida di alcuni artigiani della provincia di Cagliari. A San Sperate, le ceramiche di Gianpaolo Mameli rimodellano i tori e le decorazioni della gente protosarda. L’immagine taurina, che invocava la fertilità, diventa materia da plasmare, scomporre, combinare. La lezione delle avanguardie del Novecento indirizza la mano del ceramista. Linee e colori evitano il realismo e si fanno allusione, evocazione, metafora. Le insegne delle divinità o dei cacciatori, la spirale della vita come i disegni di archi e frecce si trasformano in esperimenti di un nuovo gusto per la decorazione. L’eco dei millenni risuona così forte e chiaro, ma pronto a misurarsi con le attese e i desideri del tempo presente. Nella stessa direzione, ma con richiami e stile diversi, lavorano anche altri ceramisti, come Francesco Farci, o maestri di arte orafa, come Maria Conte, che reinterpretano i gioielli creati per il lusso dei coloni fenici o delle corti giudicali. Non mancano all’appello neppure le tessitrici di tappeti (nella foto), che a Villamassargia hanno la loro massima concentrazione. I fili annodati al telaio della nonna possono così mostrare disegni straordinari e inediti, sia pure nel rispetto assoluto delle regole tramandate. Proprio come aveva insegnato Eugenio Tavolara, protagonista negli anni Cinquanta di un’altra scommessa che portò l’artigianato sardo nelle riviste del design. 82 83 Il mare entra ed esce tra i fiordi della costa La baia di Porto Sa Ruxi, che si apre tra le scogliere di scisto e granito della costa a ovest di Villasimius, a una cinquantina di chilometri dal capoluogo. La zona è bagnata da uno dei mari più belli dell’intera regione, che s’incunea entro i veri e propri fiordi nei quali è frastagliata la costa di questo promontorio. 84 oriente, superata la spiaggia affollata del Poetto, la città di Quartu Sant’Elena chiede almeno una sosta per conoscere la vita quotidiana di una famiglia sarda tra Ottocento e Novecento. Due le possibilità offerte: la casa-museo “Sa dom’e farra” (attualmente chiusa per riallestimento) o l’analoga ricostruzione di” Il ciclo della vita”. Stando sul posto, vale la pena riservare un’occhiata alla chiesa di Sant’Elena: il progetto di questo edificio sacro è opera di un ingegnere militare, influenzato sicuramente dalle sue provenienze piemontesi. Poi, il mare: calette nascoste, sabbia bianchissima o rive di piccoli ciottoli, come a Cala Regina. Le schiere compatte di case da vacanza a Torre delle Stelle, a Geremeas, a Solanas. Profumi che mischiano la salsedine alla macchia mediterranea delle colline. Le insenature lunghe di Porto Sa Ruxi, di Campus, di Capo Boi. Ecco Villasimius, paese che l’estate ingrandisce e anima nelle notti trascorse all’aria aperta. Le luci delle insegne quasi cancellano, così, il ricordo di un povero borgo che attese ben più di altri l’arrivo dell’energia elettrica. Rimettendosi in marcia, è arduo Capo Carbonara, piccola lancia rocciosa a difesa del suo arenile Qui sopra: l’incantevole vista di Capo Carbonara, un piccolo promontorio a forma di punta di lancia, roccioso su ogni lato salvo quello situato a nord-est, dove si trova la spiaggia di Porto Giunco che a sua volta limita con il suo arenile lo stagno Notteri. Nella pagina seguente: pavimento mosaicato della casa dell’Atrio tetrastilo a Nora, databile fra la fine del III e l’inizio del IV secolo. 86 Efisio, l’amico di famiglia Il primo porto fenicio Qualcuno lo chiama semplicemente Efisio. Non perché ignori che sia santo, martire e protagonista della processione fastosa di ogni primo maggio a Cagliari (nella foto, un momento della festa). È che Sant’Efisio diventa pressappoco un amico di famiglia per la cerchia di devoti che lo ospita, custodendo questo privilegio generazione dopo generazione, in una delle tappe nel viaggio verso Nora. Viaggio di una statua, che i cagliaritani promisero di rinnovare all’infinito se fossero stati liberati da una feroce pestilenza scoppiata nel 1636. Il cammino di questo amatissimo simulacro comincia dalla chiesetta in cui riposa durante l’anno. Raggiungerà la meta dopo circa quaranta chilometri di strada. Ma prima, chiuso nel suo cocchio dorato, avrà intorno la più ricca e colorata espressione della religiosità popolare in Sardegna. Decine di paesi partecipano alla processione con i loro costumi tradizionali. Carri trainati da buoi, cavalli montati da miliziani in divise sgargianti, donne ingioiellate, autorità in abito scuro precedono il santo scolpito come un elegante gentiluomo spagnolo del Seicento. Lo spettacolo strappa applausi e scatena i fotografi nelle vie del centro città. Più tardi, in periferia, senza molti spettatori attorno, Efisio indossa vesti più comode, e va incontro ai suoi amici. Giovanni Rinaldi Resti del tempio di Nora. La città fu uno dei più imponenti scali fenici dell’isola: la sua ubicazione su una lingua di terra protesa sul mare consentiva, infatti, l’attracco alle navi in tutte le condizioni di ventosità. Il primo insediamento data già dall’XI-IX secolo avanti Cristo, e la tradizione vuole che fosse la prima città dell’isola, fondata da Norax di Tartesso. Fu quindi centro punico, poi fiorente città romana, quando ospitò il governatore della Sardegna e fu municipio (I secolo avanti Cristo-I secolo dopo Cristo). La città cominciò a decadere in età tardoimperiale, forse per l’assenza da sempre di un entroterra fertile, benché una strada litoranea la collegasse a Karalis e Bithia, ma anche per l’affievolirsi dell’attività commerciale. Bersaglio delle scorrerie saracene, anche se nel VII secolo la città era ancora fortificata, e pagando lo scotto della lontananza da Bisanzio, sotto il cui governo ricadeva la Sardegna, venne a poco a poco abbandonata. decidere una meta: da Cala Pira a Capo Carbonara, dalla spiaggia di Sinzias a quelle di Quirra, vicine al confine con l’Ogliastra, e dunque alla provincia di Nuoro, non c’è una destinazione che manchi di fascino. C’è solo da scegliere quale prezzo pagare alla fatica: costa qualche minuto di cammino, infatti, l’atmosfera serena e rilassante degli arenili meno frequentati. Diverso, ma non meno ricco di occasioni, il cammino verso ovest. All’altezza di Pula, per esempio, l’area archeologica di Nora riuscirà ad incuriosire persino i fanatici dell’abbronzatura inten- 88 89 Il cuore selvaggio della famosa Costa Porto di Teulada, cui si accede facilmente dalla strada panoramica, dominato dalla torre Budello. Il settore costiero di Teulada rappresenta il cuore selvaggio della famosa Costa del Sud. È segnato dal profilo mosso e frastagliato delle sue rocce, da declivi a volte dolci a volte aspri, che sovente scendono fino al mare, tra cui si schiudono calette sabbiose e dune ammantate di ginepro, da scogli e isolotti affioranti. La vegetazione costiera, varia e rigogliosa, annovera cisto, lentisco, olivastro, euforbia arborea e, in minor misura, alberi di leccio. 90 91 Il costume che ha fatto innamorare tanti artisti Il cappellone a tesa larga lo distingue a prima vista. Il costume tradizionale di Teulada, paese del Sulcis che si affaccia sul mare, veste gli uomini con un’eleganza insolita per la Sardegna. Non adotta la “berritta” a calza che domina sulle teste maschili nel resto dell’isola. Ispirato da modelli spagnoli, arrivati insieme alle leggi e ai viceré di quella terra, il cappello teuladino spicca su un colletto altrettanto rigido e ampio. Due bottoni in filigrana preziosa, d’oro o d’argento, fermano queste ali spiegate sopra la camicia. Poi, è il nero a conquistare la figura. Nere le giacche d’orbace. Neri i pantaloni, larghi e già conclusi all’altezza del polpaccio. Nere le ghette di tessuto sulle scarpe, robuste come conviene a chi percorre campagne polverose. Ma il rosso del corpetto accende i suoi toni caldi e illumina tessuti ricamati, preziosi lavori sui polsini decorati a punto Teulada. Un tocco di verde spunta ai bordi del nero, segnando il taglio ben modellato dei sarti. Un tratto nobile e ruvido insieme, un’armonia spartana di forme e ornamenti, è lo straordinario effetto di questa combinazione di elementi. Per la delizia dei tanti artisti del Novecento in Sardegna che se ne sono innamorati. Qui, tra il ’500 e il ’600, sorse una rete di sentinelle Una delle torri che “sorvegliano” la Costa del Sud. Vere e proprie sentinelle del mare, costituivano un sistema di difesa approntato per l’area di Teulada tra il Cinquecento e il Seicento. Oltre alla già ricordata torre di Budello, ne facevano parte la torre di Piscinnì insieme con la vicina torre di Malfatano, che domina uno dei capi più scenografici della costa sulcitana, e la torre di Chia, alta sulle rovine dell’antica Bithia. L’antica Bithia divisa tra promontorio, spiaggia e isoletta siva. Scoperta dai Fenici, occupata dai Cartaginesi, conquistata dai Romani, questa bella insenatura custodisce un complesso di abitazioni, magazzini, banchine, templi, terme e teatro che sembra raccontare a ogni nuovo venuto i doveri e i piaceri di due millenni or sono. Non lontano, l’insediamento di Bithia conferma l’importanza di questi approdi per le navi dei mercanti fenici. Ma le du- 92 La scogliera di Chia e l’isoletta Su Cardulinu (che significa del funghetto), unita alla terraferma da una lingua di sabbia. Nella località sorgono, per lo più ricoperte dalla sabbia, le rovine di Bithia, una delle città cartaginesi più importanti dell’isola. I resti dell’abitato vennero riconosciuti, sul promontorio, nel 1835 da Alberto La Marmora, mentre la necropoli, sulla spiaggia, fu messa allo scoperto da una mareggiata nel 1933. Il tophet della città era ubicato invece sull’isoletta. Scenografico passaggio a nord-ovest Il mare quasi perennemente agitato che da millenni qui si frange, insieme con l’azione erosiva del vento, ha prodotto sulle esposte rocce trachitiche di Cala Fico uno scenario d’intenso impatto visivo. La zona preannuncia infatti il Capo Sandalo, punto di passaggio dalle coste settentrionali a quelle occidentali dell’isola di San Pietro, un ambiente costiero tra i più intatti. I liguri vi sbarcarono per primi Adriano Mauri Sopra e sotto: il borgo di Calasetta, nell’isola di Sant’Antioco, sorto nel 1769 attorno alla torre preesistente, e le acque terse di Carloforte, capoluogo dell’isola di San Pietro, altra isola dell’arcipelago Sulcitano. Entrambe le città furono fondate da pescatori liguri profughi da Tabarka, sulle coste della Tunisia. A sinistra: la torre spagnola di Portoscuso, nato nel Seicento allorché nei pressi di questa torre venne costruita una tonnara. ne di Chia, una delle spiagge più scenografiche della Sardegna, fanno una concorrenza spietata ai richiami archeologici. La prosecuzione a Teulada garantisce vedute da cartolina, e una serie di tentazioni per stendersi al sole in zone di esercitazioni militari. A questo punto, potrebbe pure farsi sentire una voglia di cambiare registro. Accontentiamola seguendo la direzione per Santadi: le grotte di Is Zuddas offrono l’emozione della Sala dell’Organo con una colonna di stalattiti e stalagmiti che ricorda lo strumento a canne, il bianco abbagliante della Sala delle Eccentriche, gli ambienti solenni della Sala del Teatro. Da Santadi a Giba, riguadagnata la costa, l’istmo di Sant’Antioco permetterà di raggiungere l’ex isola (il collegamento è artificiale) che ci ricollega ancora ai commerci e agli approdi dei Fenici. Un museo, con due splendidi leoni scolpiti, gioielli e altri elementi dei 94 corredi funebri, testimonia queste presenze insieme ai passaggi dei soliti Punici e Romani. Altrettanto succede con la necropoli, carica di leggende ormai sfatate sul sacrificio dei bambini. Da non trascurare, però, il santuario dedicato a Sant’Antioco, che unisce le catacombe paleocristiane alle tracce altomedievali e ai dettami del barocco. Calasetta, sulla sponda opposta dell’isola collegata alla terraferma, ha la fisionomia squadrata voluta dal progettista che la ideò e fece costruire tutta insieme, a fine Settecento. Dal suo porticciolo salpano i traghetti per Carloforte, approdo nell’isola di San Pietro. I tonni trovavano in queste acque le reti e gli arpioni della mattanza: la pesca non è scomparsa, ma la vocazione turistica ha modificato orizzonti e attività dei carlofortini. La bellezza delle coste 95 Adriano Mauri La montagna si spaccò: nel suo ventre, una galleria naturale di 850 metri chitetture che oggi trovano occhi disposti ad apprezzarne gli equilibri senza turbamenti ideologici. Iglesias gioca invece la carta delle sue glorie medievali per sedurre i viaggiatori che la sfiorano. La cattedrale di Santa Chiara, la chiesa di San Francesco, il santuario di Santa Maria delle Grazie, il castello di Salvaterra e un centro storico accattivante sostengono le aspirazioni di questa città. Poco rimane, al contrario, della vita altomedievale di Domusnovas: la grotta di San Giovanni, attraversata da una strada asfaltata, è comunque una ragione sufficiente per farci tappa. L’interesse per il Medioevo propone allora una lunga deviazione fino al castello di Sanluri, l’unica integra fra le fortezze sarde dell’epoca. Al suo interno, un Museo del Risorgimento e delle armi viene curato Daniele Pellegrini rocciose, l’erosione del mare che s’insinua creando pozze, grotte, tagli sulle falesie e su pareti a strapiombo continua infatti a conquistare gli animi dei visitatori. Sbarcando a Portoscuso, accesso alternativo all’isola di San Pietro, è il Sulcis delle miniere e dell’industria in crisi a farsi incontro. Carbonia, altra creazione sorta dal nulla in pochi mesi, rivela la nascita in epoca fascista con ar- La sagra di Sant’Antioco è la più antica tra quelle che si celebrano in Sardegna, con le sue 481 edizioni, e viene festeggiata nel centro della Sardegna meridonale ogni lunedì che ricade quindici giorni dopo la Pasqua. Sant’Antioco contende, poi, al cagliaritano Sant’Efisio la palma di Patrono dell’Isola, ma in realtà la sagra che viene celebrata ogni primo maggio nella città capoluogo della Sardegna è molto più partecipata, sfarzosa e conosciuta. La storia narra di un Antioco nato in Mauritania attorno all’anno 95, avviato alla professione medica dal padre ed educato alla fede cristiana dalla madre. Esiliato per motivi religiosi a Sulci (l’odierna Sant’Antioco), raccolse attorno a sé una comunità di cristiani, ebbe fama di guaritore e morì in una grotta dove fu condotto dai soldati romani prima di essere interrogato dal governatore della città. Il culto di Sant’Antioco è antichissimo: ne sono state trovate tracce in un periodo antecedente il Cinquecento. Oggi, la sagra richiama fedeli da tutta la Sardegna e si svolge nell’arco di tre giorni; uno dei momenti più significativi è costituito dalla processione de “is coccois” (pani tipici portati in processione prima di essere usati per adornare la statua del santo), che si svolge il pomeriggio del sabato, ma il culmine della festa è il lunedì con la processione per le vie di Sant’Antioco del simulacro e delle reliquie del santo. Adriano Mauri Bernardino Mezzanotte La più antica delle sagre Dai grandiosi impianti minerari la vista spazia verso la Costa Verde Adriano Mauri In alto e sotto: vasche di decantazione e vista d’insieme della miniera di Montevecchio, un tempo fra le più produttive e funzionali del nostro Paese. L’insediamento, ormai spopolato, ha gradevoli edifici abitativi in pietra a vista e grandiosi impianti inseriti in uno scenario paesaggistico di grande pregio: da qui la vista spazia, al di là delle colline boscose, verso la Costa Verde. Qui sopra, nelle prime due foto: il nuraghe “S’omu e s’orcu”, a Domusnovas, e la grotta di San Giovanni, a nord di Domusnovas, formatasi sulla parete del monte Acqua per un cedimento, con spaccatura alla base, dell’enorme massa calcarea. La tortuosa galleria naturale venutasi così a costituire è lunga 850 metri. Sopra, a destra: cortile del castello di Eleonora d’Arborea, a Sanluri. In basso: vista sui resti delle mura aragonesi, che sostituirono, nel XIV secolo, quelle pisane e il castello di Salvaterra, a Iglesias. dalla famiglia che possiede il maniero. Antichi fasti appartengono pure a Villamar, che nei secoli dei Giudicati sardi fu capoluogo della curatoria di Marmilla. Che si parli ancora di Medioevo sarà chiaro osservando la particolarissima chiesa, dedicata a San Pietro ed edificata da maestranze arabe in arrivo dalla Spagna. Nello stesso paese, ma in un’altra chiesa, l’età moderna porterà uno Il suo aspetto è piemontese La parrocchiale di Sanluri, capoluogo del Campidano centrale, vista dalla terrazza del castello detto di Eleonora d’Arborea, maniero edificato forse quando il giudicato di Cagliari era sotto l’influenza di Pisa, e dotato di quattro torri angolari merlate nel Trecento. La chiesa, intitolata alla Madonna delle Grazie, conserva, delle primitive forme gotico-aragonesi, la parte inferiore del campanile, sopraelevato nel 1794 con un coronamento rococò. L’aspetto attuale è dovuto a una profonda modificazione di Giuseppe Viana in stile barocco piemontese attuata tra il 1781 e il 1786. Anche per la cucina cagliaritana ecco due ricette. Malloreddus (gnocchetti, letteralmente: vitellini) Ingredienti: semola, acqua, sale, zafferano. Lavorare bene la semola fina con acqua tiepida leggermente salata sino a una consistenza piuttosto dura. Staccare meno di un quarto di pasta e unirvi lo zafferano. Fare dei bastoncini, di circa un centimetro, e schiacciarli col pollice su “unu ciuliri” (canestro fatto col culmo secco del fieno) arrotolati su se stessi, rimanendo all’esterno leggermente rigati. I Malloreddus si cuociono in acqua bollente salata e si condiscono come normale pasta asciutta, col sugo di pomodoro fresco e l’aroma del basilico. (Nella foto: un canestro di Malloreddus). 98 Gianmario Marras Quella pasta fatta in casa d’un bel colore zafferano Arselle a schiscionera Ingredienti: arselle, olio, aglio, prezzemolo, sale, pane, limone. Dal giorno prima mettere a spurgare un chilo di arselle in acqua, coperte con un colapasta. Il giorno seguente metterle a fuoco lento in una casseruola senza acqua e lasciare che si aprano (quelle che non si aprono si buttano, essendo evidentemente morte). Conservare l’acqua in cui hanno spurgato le arselle e lasciarla decantare in modo che la sabbia si raccolga sul fondo. Aprire le arselle, lasciandole con i loro gusci, e farle rosolare in olio d’oliva cui sia stato aggiunto un battuto di aglio, prezzemolo e sale. Aggiungere l’acqua lasciata decantare badando bene a non versare la sabbia del fondo e far bollire lentamente per circa dieci minuti. Unire una presa di pane grattugiato e lasciar cuocere ancora un poco rimescolando ogni tanto. Volendo, prima di servire, aggiungere un po’ di succo di limone. 99 dei migliori esiti della pittura sarda di tema sacro; è il 1518 quando Pietro Cavaro dipinge per l’altare della parrocchia di San Giovanni il suo elegante Retablo della Vergine. Sardegna vuol dire però soprattutto gente dei nuraghi. Dunque, da Guspini a Villamar, a Villanovaforru, a Sardara, a Barumini, il popolo dei bronzetti e delle pietre sovrapposte ritorna in musei, scavi, rievocazioni che illustrano questa civiltà di re pastori, sacerdoti, schiavi e artigiani. Una civiltà che nel villaggio di Barumini, raccolto intorno a un nuraghe possente, concepito come un baluardo contro gli aggressori, trova la sua spettacolare apoteosi. Francesco Luzzi Trattali: che cosa sono Una ricetta, per chi non è vegetariano: le trattali. Ingredienti: interiora d’agnello o di capretto, sale, pepe. Si mette la coratella d’agnello o di capretto al forno sino a mezza cottura. Intanto si puliscono le budelline conservando anche “sa nappa” (reticella). Tolte dal forno, si tagliano le coratelle in pezzi regolari e s’infilano in uno spiedo sottile alternandole con pezzetti di grasso e fettine di pane appena abbrustolito. Infilata la coratella, si aggiusta di sale e di pepe, si ricopre con la reticella e la si lega allo spiedo intrecciandovi intorno le budelline. Si arrostisce nel caminetto o all’aperto con fuoco di legna. Nuraghi d’autore Nelle foto a sinistra: scorci del villaggio Su Nuraxi, vicino a Barumini, considerato una delle più insigni espressioni architettoniche della civiltà megalitica protosarda. Il complesso rientrava in un sistema abitativo-difensivo d’importante valore strettamente connesso con gli altri nuraghi e villaggi della Giara di Gesturi. In alto: la facciata della chiesa di San Pietro, che sorge al centro del borgo di Villamar. Di stile romanico, risale alla seconda metà del Duecento; in origine era a navata unica; poi ne venne accostata un’altra, più piccola, da architetti spagnoli ricalcando modelli d’ispirazione araba. 100 101 Dove, come, quando Capoluogo non per niente Una sola difficoltà per chi voglia o debba soggiornare a Cagliari: l’imbarazzo della scelta 100/300 mila lire, doppia 200/560 mila. Iglesias: Pan di Zucchero (0781.47114) propone la singola a 45/63 mila lire e la doppia a 70/84 mila; ad Artu (0781. 22492) la singola costa 75/95 mila e la doppia 125/145 mila. Sant’Antioco: Maladroxia, in località omonima (0781.817012); i prezzi vanno dalle 75 alle 115 mila lire per la singola fino alle 140 mila lire per la doppia. Carloforte (isola di San Pietro): Hotel Hieracon (0781.854028), singola 55/80 ALBERGHI Cagliari: al Caesar’s Hotel (070.340750) mila lire e doppia 130/140 mila; Galman, i prezzi vanno dalle 150 alle 180 mila lire in località Bellavista (0781.852088) dove per la singola e dalle 180 alle 250 mila la singola costa 83/114 mila lire e la per la doppia; Mediterraneo (070.301271): doppia 120/180 mila; La Valle, in località Commende (071. 857001), che offre la singola a 110/130 mila lire e la doppia da 130 a 190 mila. Pula: Is Molas golf hotel nella località che gli dà il nome (070.9241006), i prezzi vanno dalle 155/195 mila lire per la singola alle 230/310 mila per la doppia; affacciato Da sinistra: l’ingresso alla Cittadella dei Musei, a Cagliari, sull’incantevole baia e, ancora nel capoluogo, un angolo dell’Orto Botanico. di Nora in località Su la singola 157/218 mila lire, la doppia Guventeddu il Baia di Nora (070. 230/278 mila; panoramico e particolare 9245557) offre la singola con mezza penil Calamosca sul mare (070.371628): la sinsione a 210/300 mila lire e la doppia a gola costa 90/110 mila lire, la doppia 410/540 mila. A Pula-Santa Margherita 120/140 mila. Altre possibilità per un alsi può scegliere tra il Flamingo loggio confortevole al Panorama (070.9208361) – singola 150/180 mila lire (070.307691), dove si può spendere per e doppia 230/300 mila –, Le Dune la singola 120/200 mila lire e per la dop(070.92171) – dove il prezzo della singola pia 180/240 mila; al Regina Margherita è di 995 mila lire e quello della doppia (070.670342), che offre la singola a 215 un milione 730 mila –, e il Forte Village mila lire e la doppia a 275 mila. (070.92171), dove la singola costa Domus de Maria: Grand Hotel Chia La475/578 mila lire e la doppia 690/896 guna, località Chia (070.92391): singola mila lire. L’Abamar (070.921555) offre alagliari è il capoluogo della Sardegna e della provincia omonima. È servita da un efficiente e moderno aeroporto, quello di Elmas, a dieci minuti dalla città. Mentre il porto commerciale si trova proprio di fronte alle maggiori vie del centro storico, sull’antico quartiere della Marina. Ospitalità per tutte le esigenze. 102 Antonio Saba Antonio Saba C L’Aquarium, nel Centro Le Moresche, a Maracalagonis, tempio della cucina sarda. loggi estivi a 93/108 mila lire per la singola e 178/202 mila per la doppia. Villasimius: Cala Caterina (070.797410), presso l’omonima località, offre la singola con mezza pensione a 340/400 mila lire e la doppia a 580/700 mila; Stella Maris, a Campulongu (070.797100), propone la singola con mezza pensione a 240/295 mila lire e la doppia a 320/450 mila. Immersi in un paradiso terrestre si può pernottare anche al Capo Boi, nell’omonima località, in via Cagliari (070.798815), dove la singola con pensione completa costa 280/450 mila lire e la doppia 250/680 mila; Tanka, in località Ripresa d’alto delle Thermae del Parco, una delle strutture del Forte Village, a Pula. Dove, come, quando In alto, da sinistra: lo Stella Maris, e il Tanka Village, sulla costa di Villasimius. Sopra: una camera del nuovissimo Timi Ama, a Villasimius in località Notteri. RISTORANTI Cagliari: nei ristoranti viene offerto il meglio della gastronomia tradizionale e della cucina nazionale e internazionale. Si mangia al Corsaro, in viale Regina Margherita 28 (070.664318); Antica Hostaria, in via Cavour 60 (070.665870) con un 104 Gianmario Marras Tanca Elmas (070.7951), dove un monolocale con due letti costa dalle 193 alle 292 mila lire e un bilocale con quattro letti dalle 350 alle 466 mila lire. Da quest’estate è inoltre possibile usufruire dei servizi offerti dal Timi Ama Resort, in località Notteri, che viene riaperto dopo la ristrutturazione completata dal gruppo Mazzella. Muravera: Hotel Free Beach, Costa Rei (070.991041), singola 165/240 mila lire e doppia 175/285 mila. Castiadas: Hotel Sant’Elmo, in località Sant’Elmo (070/995161), singola 110/495 mila lire e doppia 200/795 mila. Sardara: Hotel Terme di Sardara, in località Santa Maria (070.9387200), dove una notte di “benessere” tra la natura silenziosa costa 50/100 mila lire per la singola e 75/140 mila per la doppia. conto medio di 50/60 mila lire, da Crackers in corso Vittorio Emanuele 195 (070.653912) per 40/45 mila lire; Italia in via Sardegna 30 (070.657987) per un prezzo di circa 50 mila lire. Pesce freschissimo e crostacei Da Lillicu in via Sardegna 78 (070.652970) e al Quattro Mori, in via Angioy 93 (070.650269), con un conto di circa 50 mila lire. Specialità della cucina mediterranea all’Arissa, in via Eleonora d’Arborea 29 (070.658416), dove si spendono 40 mila lire. Pula: Su Gunventeddu, vicino alle rovine di Nora (070.9209092); Piatto d’Oro, via Lamarmora 9 (070.9208150); Bacchixeddu, statale 195 al km 33,300 (070.9209653) spendendo dalle 40 alle 60 mila lire. Carloforte: Da Nicolò, in via Cavour 32 (0781.854048); Tonno di Corsa, in via Marconi 47 (0781.855106), dove il conto è attorno alle 60 mila lire. Portoscuso: a La Ghinghetta, in via Cavour 26 (0781.508143), si spendono circa 70 mila lire. Villasimius: Miraggio, località Campus, sull’omonima spiaggia (070.798021) con circa 40 mila lire. Maracalagonis: Acquarium, al Centro Le Moresche (070.786012), prezzo intorno alle 45 mila lire. Santadi: specialità isolane al Mauritania, in via Veneto 11 (0781.955455), 40 mila lire il conto medio. Villanovaforru: piatti tipici sardi alle Colline, località Sa Sedda (070.9300123), il conto raramente supera le 40 mila lire. MUSEI Cagliari: alla Cittadella dei Musei in piazza Arsenale, Museo Al Tonno di Corsa, a Carloforte, archeologico nazionale si gusta la cucina tabarchina. (070.655911), 9-19 tutti i giorni, e la Pinacoteca nazionale (070.670157), aperta negli stessi giorni e ore; Orto Botanico in viale Sant’Ignazio da Laconi 11 (070.6753523), aperto da aprile a settembre 8.30-13.30 e 15-18.30, visite guidate chiamando allo 070.6753522; Museo sardo di antropologia ed etnografia in via Porcell 2 (070.659294), aperto ogni mattina tranne i festivi; Galleria Comunale d’arte in viale Regina Elena (070.490727) aperta 9-13 e 17-21, tranne il lunedì. Pula: Museo archeologico in corso Vittorio Emanuele 67 (070.9209610), aperto tutti i giorni dalle 9 alle 19 e Centro di Educazione Ambientale Laguna di Nora presso la località omonima, aperto tutti i giorni tranne il lunedì con orari dalle 10.30 alle 12 e dalle 17 alle 18.30. Sant’Antioco: Mostra archeologica di Sant’Antioco, via Regina Margherita 113 (0781/800596), aperta tutti i giorni, e da giugno a settembre con orari 9-13 e 15.3019; Museo Agropastorale del Sulcis, via Necropoli 6 (0781.800596), aperto tutti i giorni dalle 9 alle 13 e dalle 15.30 alle 18. Iglesias: Museo mineralogico, ubicato in via Roma 45 (0781.22304), aperto ogni mattina e il pomeriggio con preavviso. Sanluri: Museo risorgimentale E.F. Duca d’Aosta ospitato nel castello di Eleonora d’Arborea (070. 9307105), aperto martedì, mercoledì e giovedì 17-20. La sala da pranzo Campuomu, nei della Ghinghetta, e raffinato dintorni di Sinnai: raccolto locale di Portoscuso. Museo del cervo sardo nella caserma forestale Umberto Noci (070.27991), aperto tutti i giorni 8-12 e 13-16. INFORMAZIONI Cagliari: Esit in piazza Deffenu 9 (070.604241; azienda autonoma di soggiorno e turismo in via Mameli 97 (070.664195-96). I SITI DI INTERNET www.aast.ca.it/vacanze-cagliari/speciale-alberghi.htm. Ancora su Internet www.Sardegna.com.www.zonanet.com. e www.sardiniapoint.it. 105 Il grandioso panorama di Bosa, una delle più caratteristiche città storiche dell’isola, già centro nuragico, poi fenicio-punico e infine dominio romano. È attraversata dal Temo, unico fiume navigabile della Sardegna. In secondo piano, nella foto, spicca il castello dei Malaspina, nuovi signori del luogo fin dal XII secolo. Diedero notevole impulso alla città, prima del periodo aragonese, quando Bosa ottenne grandi privilegi come libero Comune. Nuoro e la sua provincia NON SOLO PASTORI Secondo l’immaginario collettivo, il “cuore della Sardegna”sarebbe abitato da uomini e donne perennemente chiusi nei loro costumi; al contrario, è un territorio vasto ed eterogeneo, dove un’antica cultura si mischia con i segni della modernità DI VITO BIOLCHINI - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS Cartina di Mario Russo Q uattro percorsi per la provincia più misteriosa dell’isola. Per tutti è il “cuore di Sardegna”, dai tratti duri e contrastanti, montagne inaccessibili e foreste mai toccate dall’uomo, ma attenti alle facili semplificazioni: assieme a una cultura tradizionale capace di dare un ritmo antico alla quotidianità delle comunità dell’interno, la provincia di Nuoro raccoglie un territorio vasto (poco meno di settemila chilometri quadrati) ed eterogeneo, dove i segni della modernità si colgono con sempre maggiore frequenza, si mischiano e si fondono (se non quando entrano in conflitto), e creano una realtà ben diversa da quella presente nell’immaginario collettivo, abitata esclusivamente da pastori o donne chiuse nel loro perenne costume nero. Bosa e il suo porto fluviale Barche e barconi da pesca sono attraccati nelle vicinanze del ponte Nazionale, lungo il fiume Temo, a Bosa. Un tempo, l’economia della città si basava sui floridi traffici commerciali, collegati con la presenza del fiume e del porto, specie sulle rotte verso la Spagna nel periodo della dominazione aragonese; a testimonianza rimangono gli interessanti edifici abbandonati, sulla sinistra del Temo, Sas Conzas (le concerie), oggi motivo di curioso interesse turistico, insieme con le barche di legno dei pescatori bosani, vivacemente dipinte e ormeggiate sulla banchina di questo porto fluviale, unico in Sardegna. 110 111 112 Centro di potere dei Malaspina Fra pittoresche rampe e viuzze Il castello dei Malaspina, o di Serravalle, a Bosa, nell’ultimo tratto della via del quartiere Sa Costa. L’edificio è uno degli esempi di architettura civile e militare del Medioevo sardo tra i più interessanti. Piccole piazze, viuzze, portici e slarghi, collegati da rampe e scalinate del pittoresco quartiere Sa Costa, a Bosa, con le sue case di tufo rosa o verdastro, spesso con decorazioni aragonesi. 113 Nuoro, ad esempio, non è più la città di Grazia Deledda, ma un centro dinamico dove ha sempre maggiore importanza il settore terziario, polo di attrazione di un’ampia economia che gravita intorno alla capitale della Barbagia. Un capoluogo la cui importanza per l’isola non è certo ben rappresentata dalla debole consistenza demo- Il mondo della Deledda Venne chiamato Anselmo da Como per onorare due volte San Pietro in stile lombardo-romanico 114 Nella foto grande qui sopra: la facciata della chiesa di San Pietro, la cattedrale di Bosa, attribuita ad Anselmo da Como, che costruì anche la chiesetta di Zuri pure dedicata a San Pietro. In alto a destra: particolare del rilievo in calcare sull’architrave. Oggetti personali, ma anche fotografie, pagine autografe, prime edizioni di libri che hanno fatto la storia della letteratura mondiale. A Nuoro la casa natale della scrittrice Grazia Deledda è diventata un museo. Inaugurato dal 1983 e gestito dall’Istituto etnografico, propone ai visitatori una raccolta di testimonianze sulla vincitrice Nobel nel 1926. In una delle stanze sapientemente ripristinate spicca anche la riproduzione del diploma di conferimento del premio, così come risalta per l’importanza e la bellezza la cucina (ricostruita secondo la descrizione fattane dalla stessa Deledda nel suo romanzo pubblicato postumo Cosima), e il cortile, dalla misteriosa bellezza. Assieme alla casa un altro luogo deleddiano per eccellenza è la chiesetta della Solitudine (nella foto), lungo la strada che porta al monte Ortobene, dove la scrittrice è sepolta. Assieme a Nuoro, anche Galtellì propone ai visitatori atmosfere e paesaggi tanto cari ai romanzi di Grazia Deledda. In questo comune sta nascendo un parco letterario, per conservare e preservare i luoghi dove la scrittrice ha ambientato numerose vicende, oggi care a lettori di tutto il mondo. 115 Dal corpo centrale alla navata nord la storia di un secolo e mezzo Vista d’insieme della chiesa di San Pietro, che sorge a due chilometri da Bosa risalendo la sponda sinistra del fiume Temo. È raggiungibile anche in barca. La sua vicenda costruttiva si articola in tre momenti diversi: il corpo centrale, d’impianto romanico-lombardo, venne eretto tra il 1062 e il 1073; poi fu la volta dell’abside con le due campate contigue, di quattro campate verso la facciata, del campanile e di una parte dei muri laterali, costruiti nel secondo decennio del XII secolo; gli ultimi dieci anni del ’200 videro la nascita del prospetto, di parte della fiancata sinistra, di due sottarchi della navata nord, edificati in forme gotico-francesi importate dai Cistercensi, titolari a Bosa di due monasteri. grafica (appena trentacinquemila abitanti) ma dall’apporto di intelligenze e professionalità che questa città ha garantito per lungo tempo. Una città letteraria: Grazia Deledda, Sebastiano Satta e Salvatore Satta sono i nomi che meglio hanno raccontato le strade strette dei quartie- 116 ri di San Pietro o di Seuna. Della scrittrice Premio Nobel nel 1926 si può visitare la casa museo, che sorge nei pressi della piazza dedicata al poeta Sebastiano Satta. Anche qui una casa natale attende di essere trasformata in museo. Ma Nuoro è anche la bellezza del monte Ortobene (dove si staglia la statua del Redentore, epicentro della grande festa tradizionale del mese di agosto), la straordinaria ricchezza del Museo etnografico, l’appartata bellezza della chiesa della Solitudine, estrema dimora della Deledda, e ancora le case basse e antiche del quartiere di San Pietro, il più caratteristico della città. Baricentrica rispetto ad un territorio vastissimo, Nuoro è il punto di partenza obbligato per chi voglia conoscere i centri più importanti della provincia. Guardando a ovest, meritano una visita Macomer e Bosa. È questa una zona 117 La vita di San Giovanni Battista raccontata per immagini sulla volta della chiesa di Siniscola a lui dedicata Uno scorcio del maestoso interno della parrocchiale intitolata a San Giovanni Battista che sorge a Siniscola, il centro maggiore della Baronia omonima (o di Posada). Costituito da tre navate, è interamente rivestito di affreschi; quelli che illustrano episodi della vita del Battista si trovano sulla volta della cupola. Vennero eseguiti tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. ricca di nuraghi, che spuntano come sentinelle ad ogni tornante. Sull’altopiano di Campeda, sorge il nuraghe Santa Barbara, risalente al X secolo avanti Cristo. È uno dei più belli della Sardegna e regala uno straordinario panorama sulla città e la piana di Abbasanta. Costruita su un ciglione basaltico, Macomer racconta il suo antico passato preistorico, ma anche lo sviluppo di un centro florido, capace di sfruttare la sua posizione di crocevia tra Cagliari, Sassari e Nuoro. Nel Cinquecento prende forma la chiesa di San Pantaleo, uno dei più importanti esempi di stile gotico-aragonese, dominante in Sardegna nel 1500, ancora ben conservata nel suo campanile e nelle cappelle nobiliari. Un passato di fasti che esplode a Bosa, tra i centri più Spazio agli artisti sardi Da poco più di un anno è stato inaugurato il Museo d’arte di Nuoro (Man). Sistemato in un palazzo ottocentesco nel centro storico della città, fra corso Garibaldi e piazza Sebastiano Satta (telefono 0784.25.21.10), il museo dispone di due sale al primo e al secondo piano, in cui sono ospitate collezioni di arte sarda del ’900, da un olio di Ballero datato 1908 sino a creazioni risalenti agli anni Settanta. Inoltre, una sala ubicata al terzo piano è destinata a mostre. In totale, lo spazio espositivo annovera seicento metri quadrati. Un occhio di riguardo verrà riservato ad artisti italiani e internazionali con particolare attenzione al territorio. La collezione vanta prestigiose opere di artisti del calibro di Biasi, Floris, Ciusa, Ciusa Romagna, Manca, Nivola e molti altri. Nell’ambito delle attività del Museo Man sono previste attività di ricerca storico-artistiche, con scambi di collezioni con altri musei nazionali, con esposizioni di architettura, grafica e video-art, senza trascurare incontri periodici con il pubblico su tematiche riguardanti le diverse espressioni artistiche. Ingresso, a pagamento, dal martedì alla domenica dalle 10 alle 13, dalle 16 alle 20. Il suo cuore antico Pagina precedente: un altro scorcio della parrocchiale di Siniscola. Sopra: uno dei motivi architettonici gotico-aragonesi in trachite che ancora sopravvivono soprattutto su portali e finestre del rione storico di Santa Croce, e che furono eseguiti da maestranze locali. Nucleo di antica data, Santa Croce sorse nel Medioevo attorno a un maniero che fu distrutto nel 1478. Qui a sinistra: il campanile della chiesa di San Pantaleo, innalzato nel 1574 dall’architetto Michele Puig, nativo di Bolotana, paese in provincia di Nuoro. La chiesa si trova nel rione Santa Croce, ed è caratterizzata anch’essa da forme gotico-aragonesi realizzate in pietra trachitica rossa. 121 caratteristici dell’isola. Merito anche del fiume Temo (l’unico navigabile in Sardegna) che qui raggiunge il mare e regala prospettive inusuali a un panorama di grandi suggestioni. Sul centro storico dell’antica Calmedia, incombe infatti il castello di Serravalle (o di Malaspina), la cui edificazione ha avuto inizio nel 1112. La rocca è ben conservata e presenta sul lato nord una torre innalzata nel ’300 sul modello di quelle cagliaritane, così come, all’interno della cinta, merita una visita la chiesa di Nostra Signora di Regnos Altos, caratteristica per i suoi affreschi quattrocenteschi. Visitare Bosa significa anche perdersi nel suo centro storico, ben conservato nel quartiere Sa Costa, con rampe e scalinate, slarghi e piazzette. Il mare fa da sfondo ad ogni panorama, incantevole come il tramonto e la bellezza della chiesa di San Pietro, fondata nel 1062 e arricchita nel periodo romanico da una facciata divisa da tre arconi a sesto acuto, con tre rosoni e l’architrave del portale principale scolpito. Una tappa immancabile prima di raggiungere la spiaggia di Bosa Marina e visitare la torre spagnola che si erge sull’isola Rossa. Da un estremo all’altro, dalla costa occidentale a quella orientale. Un itinerario che parte da Siniscola, capitale della Baronia e centro turistico in forte espansione. La bellezza delle spiagge impone una visita anche fuori stagione: La Caletta è tappa obbligata, così come il litorale di Mar’e Flumene dove spicca la torre secentesca di Santa Maria, costruita con mattoni e pietra basaltica scura. Spingendosi ancora più a sud di Capo Comino, il territorio di Siniscola offre spiagge deserte e suggestive; come quella di Bèrchida, magnifica nella sua solitudine e arricchita dallo spettacolo offerto da un sistema di stagni. Risalendo la costa verso nord, risalta il profilo inconfondibile di Posada, dominato dal castello della Fava. Assieme alle mura esterne, è ben conservata la torre (alta venti metri) che racconta il passato antico di questo paese, capitale nel XII secolo del giudicato di Gallura. Anche il centro storico merita una visita, con le sue case più antiche spesso costruite direttamente nel roccione, a precipizio sulla pianura. In un itinerario dedicato alla Baronia, non può mancare Le dune d’Oriente albergano a Silita La spiaggia di Silita a Capo Comino, dove albergano le uniche vere dune sabbiose di tutta la costa est. Colonizzate da bellissimi ginepri fenici e altre piante pioniere erbacee ed arbustive, offrono un incantevole colpo d’occhio, reso ancor più marcato dal contrasto fornito dal rosso del granito porfirico dell’isola Ruia, che affiora dal blu del mare a pochi metri dalla riva. 122 123 Qui c’era forse un insediamento romano La torre quadrata del castello della Fava vigila sull’abitato antico di Posada, arroccato a scaglioni tra stretti vicoli sulle pendici calcaree dello sperone che s’alza isolato per 94 metri al centro di una vasta piana litoranea dovuta alle alluvioni del rio Posada. Dalla torre principale, alta venti metri, si può ammirare uno stupendo panorama che abbraccia tutta la vallata e il monte Albo, e si spinge a est fino al mare, raggiungendo La Caletta e Santa Lucia. Secondo ipotesi non documentate, il primitivo insediamento potrebbe essere ricollegato alla romana Feronia, centro agricolo e commerciale sulla strada litoranea Karalis-Olbia. La caduta del baluardo che pareva inespugnabile segnò la fine del borgo Ancora la torre del castello della Fava, che insieme a cospicui tratti delle cortine murarie e a ruderi del maschio, è quanto rimane del maniero edificato nel XII secolo. Appartenuto al giudicato di Gallura, di cui Posada fu capitale per un certo periodo, passò quindi, con alterne vicende, al giudicato di Arborea. Quando, nel 1323, gli Aragonesi invasero la Sardegna, fu un ottimo baluardo di difesa, data la sua posizione dominante e pressoché inespugnabile, solidamente ancorato com’è alla rupe a precipizio sul quale poggia. Nel 1388 fu acquistato dal re d’Aragona insieme con altre terre circostanti, e costituito in baronia con vasta giurisdizione feudale. La decadenza del castello, dovuta alle frequenti incursioni barbaresche, trascinò con sé anche la vita del borgo, favorendo l’ascesa del vicino paese di Siniscola. Giochi scenografici In queste pagine: immagini di Posada. Nella foto grande: la parrocchiale di Sant’Antonio Abate, che fu fondata nel 1324 e ricostruita nel Seicento. Qui a sinistra e in basso: due scorci del centro storico, dove restano soltanto alcune delle più antiche case edificate nello sperone roccioso. Il bianco solare della calce, l’austerità della pietra, il gioco di scalinate, vicoli e archi che lo percorrono, rendono il paese altamente scenografico. la capitale storica di questa sub regione isolana: Orosei. Già importante centro romano col nome di Fanum Carisii, nel ’400 conobbe un periodo di floridezza, prima di tornare nell’ombra a causa delle scorrerie barbaresche. Di sicura attrazione ad Orosei sono le chiese: la parrocchiale di San Giacomo Maggiore, edificata tra il Sei e il Settecento, con una facciata di grande impatto scenografico, e la chiesa di Sant’Antonio Abate, circondata da cumbessias (le caratteristiche case basse costruite per accogliere i fedeli durante le lunghe feste tradizionali) e protetta da una torre di probabile origine pisana. Storia ma anche natura: fuori del paese la spiaggia di Osalla, lunga circa cinque chilometri, regala al visitatore momenti di tranquillità anche nei mesi più caldi dell’assalto turistico. È ormai invece una delle attrazioni più importanti dell’isola il paese di Dorgali col suo sbocco a mare di Cala Gonone. Il centro abitato è molto caratteristico e offre una vasta varietà di prodotti tradizionali: dai vini ai tappeti, dalle ceramiche alle filigrane. L’entroterra si caratterizza per la forte presenza di aree archeologiche, tra cui si segnala il famoso villaggio nuragico di Serra Orrios. Ma è soprattutto per il mare che questa zona dell’i- 129 Nei suoi monumenti si legge il ruolo civile e religioso di Orosei Sopra: ancora due scorci di Orosei, capoluogo della Baronia omonima. La città conserva numerose architetture civili e religiose che attestano l’importante ruolo amministrativo e commerciale svolto nel corso dei secoli. Da sinistra: il campanile di San Giacomo Maggiore, sorto tra ’600 e ’700, e la torre di Sant’Antonio, forse pisana, nel cortile della chiesa di Sant’Antonio Abate. Carnevale in maschera Confraternita sempre attiva La chiesa delle Anime, a Orosei, fondata durante il Settecento dall’omonima confraternita. Quest’ultima, di origine antichissima, è ancora molto attiva, e nella caratteristica tonaca rossa e bianca i confratelli sono sempre presenti nelle feste e nei riti religiosi che si tengono in città, insieme con la confraternita del Rosario. 130 Ogni paese ha il suo santo, e il suo santo la sua festa. Ma se volete vedere tutte assieme le tradizioni di questa provincia l’occasione migliore è quella della festa del Redentore, in programma a Nuoro l’ultima settimana di agosto. Migliaia di fedeli in costume caratteristico sfilano dalla città fino alla sommità del monte Ortobene dove spicca la gigantesca statua del Cristo in croce, realizzata nel 1900. Altro appuntamento da non perdere è quello con il Carnevale, che nei centri della provincia celebra riti unici. Il mistero delle origini della civiltà agropastorale si riflette nelle maschere lignee dei mamuthones di Mamoiada (nelle foto), accompagnati nella loro sfilata dagli Issoccadores. Ma anche altri paesi recentemente propongono ai visitatori le loro maschere caratteristiche: Ottana, Orotelli, Gavoi e Fonni. Dal Carnevale si passa alla Quaresima e ai riti della Settimana Santa, notevoli per importanza e bellezza a Oliena e Bosa. Importanti anche le nuove feste legate ai prodotti tipici del territorio (come la sagra delle castagne ad Aritzo), o di richiamo turistico come il palio di Fonni nel mese di agosto. 131 Cala Luna: un indimenticabile paesaggio fra stagni e oleandri Le settanta costruzioni del villaggio nuragico Antonio Saba Conosciutissima e fotografata da eserciti di appassionati, la spiaggia di Cala Luna, con il suo vasto arenile, rivela una scenografia di indescrivibile bellezza. Si estende per oltre ottocento metri, con un fitto bosco di oleandri che in luglio ed agosto si specchiano nello stagno dietro le dune. Sul versante nord della spiaggia si aprono sei caverne, dove l’acqua scorre durante le alluvioni. Le sovrasta un alto colle di scura lava basaltica, il Fruncu Nieddu, ultimo esempio di fenomeni vulcanici come si possono ritrovare solo verso l’entroterra, nel cuore del Supramonte di Baunei. sola conosce anno dopo anno un sempre maggiore gradimento. Cala Gonone è un biglietto da visita eccezionale. Da non perdere le escursioni via mare, non solo alla grotta del Bue Marino, ma anche alla spiaggia di Cala Luna, ritenuta la più bella del Mediterraneo, per la presenza di sei enormi grotte che si aprono sull’arenile e per il bosco di oleandri che costeggia lo stagno, parallelo al mare. Nel territorio di Dorgali ricade in gran parte anche l’ormai famosissimo villaggio nuragico di Tiscali. Il sito sconfina anche nel territorio di Oliena, ultima tappa di questo itinerario nella provincia di Nuoro. Il paese alle falde del Supramonte offre ai suoi visitatori escursioni naturalistiche di incomparabile bellezza. Dalle fonti carsiche di Su 132 A sinistra: un angolo del Golfo di Orosei, cui è riconosciuto il titolo di Riserva naturale a difesa dei rari esemplari di foca monaca. Sotto: resti del villaggio nuragico di Serra Orrios, nei dintorni di Dorgali fra cespugli e oliveti. Si compone di settanta costruzioni che avevano un pozzo in comune. Sono considerati di grande interesse storico due tempietti a megaron: uno conserva solo resti delle fondamenta, e si trova all’esterno del villaggio, il secondo è invece in ottimo stato conservativo, come l’architrave posto all’ingresso e, all’interno, il “sedile” nella sua posizione originale. In basso: chiesetta sullo sfondo del Supramonte. Da carcere a museo Una collezione di teatri in miniatura: ecco un’occasione insolita da cogliere al volo a Orosei, dove nell’antico edificio una volta adibito a carcere è allestito il Museo Guiso, inaugurato all’inizio del 2000. Nei tre piani di questo palazzo signorile (nella foto) ristrutturato dagli architetti Vittorio Gregotti, Cosimo Loddo e Nicolò Melis, trovano collocazione anche marionette e scenari teatrali, mobili di eccelsa fattura, libri rari e di pregio artistico, pezzi d’artigianato unici e raffinati, donati al Comune dal notaio Giovanni Guiso. Mosso dalla inarrestabile passione del collezionista, Guiso ha raccolto pure abiti e costumi, firmati da Dior, Versace, Curiel, Schubert e Valentino, ed una selezione di opere realizzate dai protagonisti della Scuola Romana, artisti come Raphael, Scipione o Mafai. E poi altre testimonianze del Novecento, con le creazioni di Severini, Capogrossi, Guttuso, Levi, Maccari, Cagli, Papi, Purificato, assieme al Miracolo di Elia dipinto nel Seicento da Raffaello Vanni, allievo di Pietro da Cortona, a una Natività cinquecentesca, a un ritratto di Alberto Moravia dovuto alla mano di Pier Paolo Pasolini. Nei suoi primi mesi di attività, il Museo Guiso ha già richiamato numerosi visitatori, attratti dalla singolarità di tali collezioni, capaci di proporre un tragitto originale tra epoche, soggetti e stili diversi. Aspro e incantevole Supramonte Sopra: tra la ricca vegetazione e altipiani di roccia basaltica si snoda il fiume Cedrino, che sbocca sul mare a nord di Orosei. In basso: il massiccio di Supramonte di Oliena, non sempre di agevole percorribilità in un ambiente selvaggio ma incantevole. Gologone alla valle di Lanaittu fino al monte Corrasi, la natura offre visioni da assaporare sempre con l’aiuto delle esperte guide locali. L’Ogliastra: ovvero dal mare alla montagna in un batter d’occhio. Lo scenario costiero è tra quelli più conosciuti: le rocce rosse di Arbatax, mastodontici ammassi di graniti porfirici che salutano ogni anno migliaia di visitatori al loro sbarco nell’isola. Il piccolo borgo si è sviluppato nel XVII secolo intorno alla torre spagnola, ed oggi è sede di un importante distretto industriale. Arbatax è una frazione del comune di Tortolì, centro più dinamico di questa parte dell’isola, dove l’industria delle vacanze è in forte espansione. Merito del mare e delle spiagge, come quel- Le Rocce Rosse di Arbatax, giganteschi massi sul mare le di San Giuliano, Orrì e Cea, tra le poche ancora risparmiate dall’invasione incontrollata di visitatori nei mesi più caldi dell’estate. Pochi chilometri e lo scenario cambia completamente. Siamo a Lanusei, capitale storica dell’Ogliastra. A quasi seicento metri d’altitudine, la cittadina sorge su un ripido colle aperto sulle pianure costiere e sul mare. La cattedrale di Santa Maria Maddalena, presenta le semplici ma gradevoli forme in voga nei primi del Novecento. Lungo la zona costiera di Arbatax sono motivo di curioso interesse turistico le famose Rocce Rosse. Si trovano nelle vicinanze del porto, dove fanno scalo le navi traghetto per Genova e Civitavecchia. Si tratta di giganteschi massi di graniti porfirici in una straordinaria posizione panoramica. Arbatax, alla base di Capo Bellavista, è oggi un centro in espansione, lungo la strada con Tortolì e conserva una torre spagnola del ’600. Aperto a nord, il paese offre una splendida vista verso Lotzorai fino al bastione calcareo di Baunei; a sud, altre località marine con belle spiagge e resti spagnoli. 135 Gli affascinanti misteriosi menhir Qui a sinistra: una singolare successione di menhir, pietre allungate infisse verticalmente, non lontano da Tortolì. Monumenti preistorici comuni nell’Europa occidentale e nell’Africa settentrionale, vengono fatti risalire all’età del rame e del bronzo. Sotto, da sinistra: torre spagnola di Barì, sul promontorio che domina Barisardo; e caratteristico paesaggio montano dell’Ogliastra vicino a Lanusei, punto di partenza per piacevoli escursioni panoramiche verso il mare e su tutta l’Ogliastra. Lanusei è inoltre un buon punto di partenza per chi volesse affrontare percorsi di trekking. Particolarmente interessanti, partendo da Lanusei e inoltrandosi verso il confine occidentale della provincia nuorese, saranno i paesi di Sadali (stupenda cascata di San Valentino e grotte “de Is Janas”) e di Serri (notevoli resti archeologici). Se invece ad attirarvi è sempre il mare, l’ultima tappa di questo itinerario ogliastrino non può che essere Barisardo. Il paese ha intrapreso decisamente la strada dello sviluppo turistico, sfruttando le potenzialità della marina di Barì. La spiaggia, dominata dalla torre secentesca, offre una serie di servizi qualificati per chi voglia vivere senza problemi una rilassante giornata all’insegna del sole e del divertimento. In Sardegna il mare non è tutto, ma solo l’ultima attrazione proposta al mercato dall’industria delle vacanze. La provincia di Nuoro stupisce invece per la sua varietà di paesaggi, colori e tradizioni. Solo qui, 136 tra le montagne ricche di boschi e sorgenti, si scopre l’emozione antica della Sardegna. A dominare il paesaggio è il profilo del Gennargentu e di Punta La Marmora, con i suoi 1.834 metri la vetta più alta dell’isola. Alle falde del massiccio sorge Fonni, capitale della Barbagia di Ollolai ma anche centro turistico di sempre maggiore attrazione sciistica. Un’escursione al monte Spada o al Bruncu Spina garantisce un panorama mozzafiato: nei giorni di maggiore visibilità non è difficile ammirare la piana del Campidano e le coste orientali, occidentali e meridionali 137 Gennargentu, la cui istituzione è contrastata da anni da alcune comunità che chiedono un maggiore coinvolgimento nella gestione dell’area. Tradizioni e natura sono anche le attrattive di Tonara, uno dei centri più attivi di tutto il Nuorese sul fronte turistico. Qui si celebra il torrone, prodotto caratteristico del paese e fonte economica di primaria importanza. La castagna è invece il simbolo di Aritzo, prima località della provincia ad essere “scoperta” in chiave turistica e rinomata per il suo clima. Ma anche altri paesi ora guardano ad una nuova forma di sviluppo. A Desulo da anni si svolge la rassegna “La montagna produce”: un modo per aprirsi alla modernità, lasciando intatte le tradizioni che fanno di questa zona il cuore antico della Sardegna. Vito Biolchini dell’isola. Da Fonni l’itinerario può volgere a nord, verso Mamoiada. Anche se non è carnevale, in ogni periodo dell’anno si avverte la forza magnetica dei mamuthones, le maschere lignee protagoniste conosciute ormai in tutto il mondo. La loro è una sfilata la cui origine si perde nella notte dei tempi, rappresentazione della civiltà pastorale e appuntamento immancabile per chi voglia avvicinarsi alla Sardegna più tradizionale. Altra tappa obbligata è quella di Orgosolo. Famoso per i suoi murales e centro di lotte sociali negli anni ’60 e ’70, il paese oggi offre le sue bellezze naturali, come il Supramonte. Qui, in questo grande altipiano calcareo che si estende quasi fino al mare, abitato da mufloni e cinghiali, resiste una immensa foresta di lecci secolari, l’unica in Italia mai sottoposta al taglio. È questo il cuore del futuro parco del I murales politici di Orgosolo Massimo Ripani Sopra: un aspetto della Marina di Barì, facilmente raggiungibile e molto frequentata per la sua costa incontaminata. Sotto e a destra: fra le caratteristiche stradine del centro storico di Orgosolo si possono ammirare i famosi murales dipinti sulle antiche abitazioni dalla fine degli anni Sessanta, in genere d’argomento sociale e politico, come quello rappresentato nella fotografia; oppure, altrettanto apprezzate, sono le linde case, intonacate di tenui colori pastello, con le loro porte e finestre incastonate nel bianco della calce. 138 139 Dove, come, quando Da un mare all’altro Qui c’è tutto quel che si può desiderare per conoscere l’animo segreto dell’isola La bella spiaggia del Villaggio Saraceno, in località San Gemiliano, presso Arbatax, dalle caratteristiche Rocce Rosse. Nel complesso alberghiero, tennis, piscina e giardino. N uoro è il capoluogo storico della Barbagia e centro culturale di antiche tradizioni. La città è perfettamente collegata agli altri capoluoghi sardi dalla cosiddetta Trasversale, un’arteria a quattro corsie che si dirama dalla statale Carlo Felice all’altezza di Abbasanta, poche centinaia di metri dal nuraghe Losa, il più grande dell’isola. Non c’è l’aeroporto: lo scalo aereo più vicino è quello di Olbia-Costa Smeralda, che si trova a circa un’ora d’auto. Sempre a Olbia e nel vicino Golfo Aranci si trovano i porti marittimi più accessibili al Nuorese. ALBERGHI Nuoro: hotel Grazia Deledda, via Lamarmora (0784.31257), singola 70/100 mila lire, doppia 100/140 mi- 140 la; Paradiso, via Aosta (0784.35585), singola 90 mila lire, doppia 135 mila; Il Grillo, via Monsignor Melas (0784.38678), singola 88 mila lire, doppia 117 mila. Dorgali: Querceto (0784.96059), singola 85/95 mila lire, doppia 120/130 mila; Cedrino, in località Iriai (0784.94043), 130/150 mila lire per singola e doppia. Cala Gonone: Costa Dorada, via Lungomare (0784.93333), singola 110/200 mila lire, doppia 160/310 mila; La Plaia, via Collodi (0784.93106), singola 65/90 mila lire, doppia 100/120 mila; villaggio turistico Palmasera, viale Bue Marino (0784.93191), singola 100/140 mila lire, doppia 160/240 mila; Cala Luna, via Lungomare (0784.93133), singola da 72 a 87 mila lire, doppia da 108 a 113 mila; Ispinigoli, omonima località (0784.95268) a due passi dalla celebre grotta, singola 90/120 mila lire, doppia 120/160 mila. Orosei-Cala Liberotto: Cala Ginepro, nella località omonima (0784. 91047), singola 160/180 mila lire, doppia 180/240 mila. Barisardo: La Torre, in località Torre di Barì (0782.28030), singola 115 mila lire, doppia 150/340 mila. Lago di Gusana: hotel omonimo (0784.53000), singola 60/80 mila lire, doppia 90/120 mila. Oliena: hotel-ristorante Su Gologone, in località Su Gologone, da Nuoro 20 chilometri (0784.287512). Tortolì: Victoria, via Monsignor Virgilio (0782.623457), singola 104/131 mila lire, doppia 148/178 mila; Il Giardino, via Umberto (0782.623145), singola 89 mila lire, doppia 110 mila. Arbatax: La bitta, in località Porto Frailis (0782.667080, singola 120/160 mila lire, doppia 170/250 mila; Villaggio Saraceno, in località San Gemiliano (0782.667318), singola 85/150 mila lire, doppia 120/200 mila; Cala Moresca, in località omonima (0784.667366), singola 130 mila lire, doppia 174 mila. Siniscola: L’ancora, via Sauro (0784.810172), singola 70 mila lire, doppia 120 mila; Aragosta, via Ciusa (0784. 810046), singola 90/120 mila lire, doppia 130/190 lire; Sardinia, via Milano (0784.810060), singola 60 mila lire, doppia 80 mila. Posada: Donatella, via Gramsci (0784.854521, singola 60/80 mila lire, doppia80/100 mila. Lanusei: Belvedere, corso Umberto (0782.42184), singola 70/90 mila lire, 141 doppia 90/130 mila. Macomer: Su Talleri, via Cavour (0785.71491), singola 60/70 mila lire, doppia 85/90 mila. Bosa: Mannu Hotel (0785.375306), singola 50/80 mila lire, doppia 80/120 mila. Bosa Marina: Al Gabbiano, viale Mediterraneo (0785.374123), singola 75/98 mila lire, doppia 99/135 mila lire; Turas, il località Turas (0785.359230), singola 70/90 mila lire, doppia 85/110 mila. RISTORANTI Nuoro: Canne al vento, viale Repubblica 66 (0784.201762); Al rifugio, vicolo del Pozzo 4 (0784.232355), prezzo medio per un pasto 45 mila lire. Oliena: Su Gologone, omonima località, mediamente 50/60 mila lire. Orgosolo: Monti del Gennargentu (0784.402374), 35/45 mila lire. Il Museo etnografico Casa Marras a Galtellì. In una residenza settecentesca sono stati ricostruiti tutti gli ambienti della vita e del lavoro tipici delle Baronie, tra cui il focolare, la stanza per tessere, l’officina del fabbro ferraio, il magazzino macine, la cantina con attrezzi per vinificare, le stalle. Sono esposti anche arazzi, tappeti, monili, costumi , oggetti dell’artigianato legati a quel territorio. Gianmario Marras con il forno Dove, come, quando Baunei: Golgo, località Golgo, vicino alla voragine delle Vergini (0782. 811828) 45/50 mila lire. Gavoi: Gusana dei fratelli Ladu (0784.53000), prezzo 40 mila lire. Arbatax: Da Lenin, via San Gemiliano 19 (0782.624422): 45/55 mila lire. Lotzorai: L’isolotto, via Ariosto 6 (0782.669431), prezzo intorno alle 50/60 mila lire. MUSEI Nuoro: Museo della vita e delle tradizioni popolari sarde, via Mereu 56 (0784.35561), da giugno a settembre tutti i giorni con orario continuato; Museo Deleddiano, in via Grazia Deledda 42 (0784.242900) aperto tutti i giorni da giugno a settembre con orario continuato; museo etnografico Casa Marras a L’angolo con il camino del ristorante Su Gologone, a Oliena, in prossimità delle sorgenti che danno il nome alla zona, e uno degli ottimi piatti tradizionali che qui si possono gustare, magari innaffiati dal famoso vino Nepente di Oliena. io ar nm ia G 142 Galtellì, via Garibaldi (0784.90472), sede dell’associazione Pro Loco, da maggio a settembre 9-12 e 16-20. Dorgali: Museo archeologico, via Lamarmora (0784.06113), orario dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 17. Orani: museo Nivola, via Gonare 2 (0784.730063), tutti i giorni tranne il lunedì dalle 9 alle13 dalle 16 alle 23. Teti: Museo archeologico, via Roma (0784.68150), 9-13 e 15-18. Aritzo: Collezione etnografica, via Marconi (0784.629223), ogni giorno dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle19. Seui: Museo della civiltà contadina, pastorale artigianale, della miniera e dell’emigrante e carcere baronale, via Roma (0782.54611), visite su appuntamento. Lanusei: Museo diocesano dell’Ogliastra, via Roma 106, lunedì e mercoledì 15-18.30. Laconi: Museo delle statue menhir, via Amsicora (0782.869020) aperto tutti i giorni, escluso il lunedì, 9-13. INFORMAZIONI Nuoro: ente provinciale del turismo (0784.30083-32307). I SITI DI INTERNET www.regione.sardegna.it/ital/turismo/nuoro/albnuoro.htm www.ailun.nuoro.it/ept/italian/it ine-1.htm www.sardiniapoint.it. s ra ar M 143 Oristano e la sua provincia UN MODO DIVERSO DI FARE TURISMO Una natura ancora intatta, fra stagni e fenicotteri, e soprattutto le vestigia di antiche civiltà, come i resti di Tharros, stanno diventando la meta ideale d’una vacanza lontana dalla mondanità DI GIOVANNI ADAROCCHI - FOTOGRAFIE DI GABRIEL BURMA “ S tagna eius sunt pisculentissima”: scriveva così il viaggiatore latino Caio Giulio Solino nel III secolo avanti Cristo. Parlava di Cabras, la cittadina degli stagni, ricchezza passata attraverso i secoli, dall’epoca romana a quella feudale, fino ai giorni nostri. Il tempo e le bonifiche hanno cancellato buona parte degli specchi d’acqua, ma restano ancora 5.600 ettari di superficie, in parte trasformati in peschiere. E se i prodotti ittici non sono più abbondanti come una volta, gli stagni di Ca- Lo stagno di Cabras, con il suo fantastico panorama, animato dai fenicotteri rosa, è un’attrazione di eccezionale interesse naturalistico. I fenicotteri arrivano a grandi stormi verso la metà d’agosto disegnando nel cielo colorate traiettorie geometriche per poi calare tutti insieme verso lo stagno. Già abitato settemila anni fa bras e di Santa Giusta rimangono un’attrazione naturalistica di grande valore per la presenza costante dei fenicotteri rosa. I meravigliosi uccelli dalle lunghe e sottilissime zampe arrivano in grandi stormi verso la metà del mese di agosto, disegnando nel cielo traiettorie geometriche coloratissime. Poi calano tutti insieme sulle acque ferme degli stagni. Ogni anno il numero degli 150 esemplari cresce, ormai se ne contano circa diecimila, come dire l’uno per cento della popolazione mondiale. In questi stagni trovano ancora nutrimento e un habitat accogliente. Assieme ad altri volatili pregiati, come il falco di palude che vola sui canneti, il cavaliere d’Italia e l’avocetta. Nello stagno di Cabras vivono gli ultimi polli sultani d’Italia. A confermare quanto sia assoluta- mente eccezionale la ricchezza naturalistica della zona umida attorno a Oristano. Ma questa non è certo una novità. La natura nell’Oristanese è generosa. Le grandi piane della provincia sono fertili e adatte alla coltivazione della vite. Vigneti di qualità come quelli di Zeddiani, dove si produce la celebre vernaccia, e quelli di Cabras e Baratili, a nord del Cartina di Mario Russo A sinistra: il giallo dei girasoli, tra il verde e l’azzurro, un policromo paesaggio che sarebbe piaciuto a Van Gogh, un trionfo di filari lungo lo stagno di Mistras. Sopra: un singolare aspetto dello stagno di Cabras, il più vasto dell’Oristanese, che qui sembra richiamare un livido fiordo nordico. L’area, come dimostrano alcuni importanti ritrovamenti archeologici, è stata certamente abitata tra il quinto e il terzo millennio avanti Cristo. L’abitato risulta invece menzionato, in un documento risalente al XII secolo, col nome “masone de capras”. 151 capoluogo. Fino alle grandi vigne che si trovano a sud, ad Arborea e a Mogoro, e verso l’interno a Samugheo, patria dei celebri tappeti. Una ricchezza spesso minacciata dalla siccità, che danneggia la vendemmia pur senza incidere sulla proverbiale bontà dei vini. Qualche esempio? La vernaccia, che rappresenta un po’ il simbolo del vino sardo: dicono che il nome derivi dal latino vite vernacula, quindi originaria del luogo, come scriveva lo storiografo romano Marco Giulio Columella. Ma esistono riscontri storici sull’esistenza del celebre vino già a Tharros, l’antichissima città punico-romana di cui oggi restano maestose vestigia. Un prodotto di tradizione millenaria, dunque. Che ancor oggi nasce secondo le regole antiche in una superficie di milleduecento ettari per non più di quarantamila ettolitri all’anno. La vernaccia, spiegano gli esperti, raggiunge la sua piena maturità verso il terzo anno di vita, ma un invecchiamento più lungo le fa acquisire un profumo intenso Scorci pittorici di straordinaria suggestione intorno a Cabras lo stagno che, per la sua estensione, in antico era chiamato mare Nella pagina precedente: la torre, i fichidindia, la terra arsa dal sole, quasi un’oleografia studiata ad arte per la delizia di fotografi e di pittori della domenica; è invece uno dei mille aspetti di questa straordinaria provincia, che trova nello stagno di Cabras, in antico chiamato addirittura mare, “mar’ ’e Pontis”, un grande motivo di richiamo, non lontano dalle stupende vestigia di Tharros. Sotto: particolare della parrocchiale di Santa Maria, a Cabras, costruita nel Cinquecento, ma ristrutturata nel Seicento. 152 153 nel tempo la propria identità e le proprie terre. Paesaggi emozionanti, pieni di sorprese e di incontri inattesi. Girare per i paesi, risalire pian piano fino alle contrade del Montiferru, tuffarsi nelle dune del Sinis attraverso il borgo di San Giovanni e tornare alla piana del Campidano, per deviare magari verso il poco conosciuto ma spettacolare nuraghe S’Uraki, vicino a San Vero, significa compiere un grande salto all’indietro, nel passato re- Freddo è meglio Ecco gli ingredienti di un’apprezzata specialità oristanese, la burrida: gattuccio di mare, olio, prezzemolo, aglio, sale, noci, aceto, pane grattugiato. Si taglia a pezzi il gattuccio di mare; dopo averlo spellato e tagliato a trance, si fa lessare in acqua salata assieme al fegato. Quando tutto è cotto si pesta il fegato con un po’ di noci. Poi si fa un soffritto in olio d’oliva e di prezzemolo, aglio, al quale si unisce anche il fegato con le noci. Si fa cuocere ancora un poco e lo si unisce caldissimo al gattuccio. Quando tutto è freddo, si fa una salsa densa con aceto e pane grattugiato, che si versa sul gattuccio. Lasciare quindi riposare il tutto, in modo che s’impregni dei vari sapori, almeno per dodici ore in un recipiente coperto. Uno strano campanile duecentesco con cupola a cipolla Sopra: la cupola e la parte superiore di una delle due cappelle neoclassiche del duomo di Oristano edificato nel 1228. Sotto: della stessa cattedrale, spicca isolato, in primo piano, il campanile in conci d’arenaria. Rimane la torre La massiccia torre di San Cristoforo, conosciuta anche come torre di Mariano II (il giudice che nel 1291 la fece erigere) è ciò che oggi rimane della cinta muraria di Oristano. A pianta quadrilatera, costruita in blocchi di arenaria, è caratterizzata da una singolare torretta che contiene una campana datata 1430. che nella zona di produzione viene detto murruali. Cose d’altri tempi che coincidono con quelli di oggi. Un patrimonio che Oristano e la sua provincia possono vantare e offrire con orgoglio. Tutto com’era: il mare, le spiagge, le campagne, gli stagni, le feste popolari. È come se la terra della giudicessa Eleonora d’Arborea 154 avesse scelto di fermarsi, per guardare con distacco la corsa a perdifiato della Sardegna verso una ricchezza rimasta lontanissima. Forse non è stata una scelta, ma una conseguenza inevitabile degli eventi economici e sociali. Di certo questa provincia, ancora così estranea ai grandi flussi turistici, è riuscita a mantenere intatte Tridentino, austero, solenne e rifatto A sinistra: particolare del campanile a pianta quadrata della cattedrale di Santa Giusta, in gran parte rifatto; è stato costruito un secolo fa al posto dell’armonioso campaniletto a vela che esisteva in precedenza. Sotto: lo stemma sull’architrave della finestra sovrastante l’armonioso portale del seminario Tridentino, vicino al duomo di Oristano. Foto in basso: la facciata del seminario Tridentino, edificio imponente e di austera solennità, ultimato nel 1712, ma completamente rifatto, in diverse riprese, fra il 1744 e il 1834 e più tardi sopralzato. Santa Giusta, il prototipo di tante altre chiese della Sardegna Appena fuori Oristano sorge Santa Giusta, la grande cattedrale romanica, costruita nel 1135-1145 in conci d’arenaria. Di forme fondamentalmente pisane con influssi lombardi nella facciata e arabeggianti in alcune parti ornamentali, è stata il prototipo di numerose altre chiese della Sardegna. L’interno, austero e solenne, è a tre navate su colonne di marmo e di granito. 156 moto, per ritrovare una Sardegna che non c’è più. Ed è per questo che la provincia di Oristano, oggi la meno considerata dagli operatori turistici nazionali e internazionali, può candidarsi a diventare un obiettivo straordinario per chi cerca una vacanza diversa. Forse meno comoda, di certo più vicina all’idea di un’esperienza a contatto con la natura. D’altronde chi cercasse i paesaggi dorati della Costa Smeralda qui resterebbe deluso. Ma potrebbe rifarsi godendo di altre meraviglie. I monumenti, per esempio: pozzi sacri, stele, complessi nuragici di importanza mondiale. Un percorso lunghissimo attraverso i secoli che parte dal ricco centro storico 157 Un museo nato per amore L’Antiquarium Arborense è il frutto di un lavoro quasi maniacale, condotto nell’arco di una vita da un avvocato di nome Efisio Pischedda. Nato e cresciuto a Oristano fu questo giovane giurista a cogliere l’auspicio del padre dell’archeologia sarda, il canonico Giovanni Spano, che già nel 1851 nelle sue Notizie sull’antica città di Tharros aveva espresso una speranza allora legata al filo dell’incertezza: un museo, una grande raccolta organizzata di quanto le rovine del centro punico-romano avevano offerto ai ricercatori. Il museo venne inaugurato il 28 novembre del 1992 ed è oggi strutturato su due livelli: al piano terra si svolgono le mostre temporanee, al piano superiore si trovano le sale delle collezioni archeologiche, della pinacoteca e delle collezioni storiche. Prima collocate come semplice esposizione, ora le raccolte sono sistemate secondo un ordine cronologico che nell’insieme traccia una linea fra gli eventi storici dell’isola. Chi volesse conoscere da vicino la città di Tharros può ammirare il grande plastico ricostruttivo del centro punico romano, com’era al principio del IV secolo. Famosa fin dal tempo dei Fenici Sopra e nella foto grande: i resti della città fenicia di Tharros, il sito giustamente più famoso della provincia di Oristano. Tharros venne fondata alla fine dell’VIII secolo avanti Cristo. I Cartaginesi, subentrati nel VI secolo avanti Cristo, la trasformarono nella “Cartagine di Sardegna”, con un’impronta di grande città, con mura turrite, templi monumentali, abitazioni con provvidenziali cisterne d’acqua, botteghe artigiane di maestri orafi, finché la conquista romana della Sardegna nel 238/237 avanti Cristo non ne segnò l’inizio della decadenza. 158 159 La storica Carta della giudicessa Gianmario Marras Piazza Eleonora, ad Oristano, con il monumento marmoreo dedicato alla giudicessa Eleonora d’Arborea e sul quale s’affaccia il seicentesco palazzo Comunale, all’origine convento degli Scolopi, ristrutturato nelle attuali linee neoclassiche ai primi del ’900 da Antonio Cano. Alla figura della giudicessa è legata la famosa “Carta de Logu”, promulgata attorno al 1390, simbolo e sintesi di una concezione statale totalmente sarda, anche se di diretta derivazione romana. La Carta comprendeva un codice civile, un codice penale e uno rurale, per complessivi 198 capitoli, e segnava una tappa fondamentale verso i diritti d’uguaglianza. 160 161 di Oristano e dal curatissimo Antiquarium Arborense per condurre fino a Tharros, dove s’incontrano la civiltà punica e quella romana. Una città sul mare, nel Capo San Marco, proprio all’estremità della penisola del Sinis, che fu un porto fiorente fino all’anno Mille, quando venne abbandonata per ragioni misteriose. Di quel centro popoloso e organizzato oggi resta una distesa sterminata di rovine, strade, i resti dell’acquedotto, due grandi edifici termali cui si accede seguendo il cardo maximus, l’antica strada romana. Un’immagine suggestiva, incorniciata in un mare dall’azzurro intenso, sempre increspato dal vento. Tharros è già oggi una meta culturale e turistica di grande richiamo. Anche se paga la lontananza dal grande circuito tradizionale delle vacanze. Ma la storia di Oristano e della sua provincia è legata soprattutto a Eleonora d’Arborea, la giudicessa che lotta strenuamente contro il dominio degli Spagnoli. A lei si deve la Carta de logu, una raccolta di leggi ancor oggi straordinariamente attuali. Sempre alla sua figura ormai entrata nel mito si riconduce il ruolo di rilievo che ha nell’isola la donna, nella famiglia ma anche nella società. Quel matriarcato che segna in modo netto i passaggi storici e culturali della Sardegna e che sopravvive soprattutto nei centri dell’interno. Chi immaginasse una terra deserta e selvaggia però si sbaglia. Al contrario di quanto avviene in altre province dell’isola, solo una piccola parte del territorio non è Le tipiche capanne di Sinis fatte con canne, tronchi e fascine In alto: il monumento ad Eleonora d’Arborea, ad Oristano, opera del fiorentino Achille Cambi, inaugurato nel 1881. Qui sopra e a destra: l’esterno dell’antica chiesa paleocristiana di San Giovanni di Sinis e il suggestivo interno a tre navate. La chiesa, sorta in età bizantina intorno al VI secolo, con pianta a croce greca e corpo copulato centrale, fu poi ampliata nell’assetto attuale nel IX-X secolo con l’aggiunta dell’avancorpo a tre navate, passando così da croce greca a croce latina. Foto in alto nella pagina seguente: a sinistra, una capanna di pescatori a San Giovanni di Sinis, costruita sulla costa con canne e fascine, tenute insieme da un telaio di tronchi; a destra, sempre nella zona di Sinis, una vecchia torre. 162 Una vera tavolozza di colori L’incredibile tavolozza della costa del Sinis, verso lo stagno di Cabras, che per la sua estensione ha meritato in passato la denominazione di mare, “Mar’ ’e Pontis”, ad indicare anche l’importanza del ponte romano collegato a Tharros. Il paesaggio dolce e solenne della penisola del Sinis, a seconda delle stagioni, offre multiformi mutazioni di colori che vanno dal verde azzurro delle acque alle varie gradazioni del verde maculato dei fiori. S’Uraki e Losa, due famosi nuraghi risalenti all’età del bronzo Nella prima foto della pagina precedente: blocchi di basalto del complesso nuragico S’Uraki, uno fra i più vasti della Sardegna. Nell’altra foto e qui sotto: il nuraghe Losa (seconda metà del secondo millennio avanti Cristo), presso Abbasanta, monumento preistorico fra i più importanti, si articola in una torre centrale a due piani con bastione trilobato e cinta muraria. Le spericolate, selvagge acrobazie a cavallo della Sartiglia Fotografie di Giovanni Rinaldi La Sartiglia nel Carnevale di Oristano (nelle foto) è una corsa selvaggia ed emozionante. L’origine è una giostra militare saracena, appresa forse dai cavalieri cristiani della seconda crociata e importata in Europa nel XII secolo. Gli oristanesi se ne innamorarono quando videro le evoluzioni dei soldati di Pietro D’Aragona, nel 1323, coi quali dovettero vivere i nove lunghi mesi dell’assedio stretto attorno a Villa di Chiesa. Il nome è di derivazione spagnola e per un secolo e mezzo quella giostra così emozionante restò un gioco riservato ai cavalieri d’alto rango. Poi, col passare dei decenni, entrò nelle tradizioni del Carnevale e comparvero le maschere, forse per l’odio profondo che gli oristanesi avevano maturato nei confronti del dominio aragonese. E la partecipazione fu estesa a chiunque fosse in grado di compiere le spericolate acrobazie a cavallo, che ne sono l’aspetto più caratterizzante. La storia di Oristano d’altronde sembra essere rappresentata dal cavallo. Le altre due grandi manifestazioni folcloristiche della provincia, l’Ardia di Sedilo e “Sa carrela ’e nanti” di Santu Lussurgiu, non sono che emozionanti tornei per cavalieri mascherati per le vie del centro. In queste corse folli su percorsi mozzafiato si mettono in mostra giovani che spesso diventano i protagonisti del celebre Palio di Siena. Giovani di straordinaria abilità e prestanza, nati e cresciuti coi cavalli e capaci di compiere con essi qualsiasi impresa. 166 Testimonianze di una vita remota Il primato del nuraghe Losa (in sardo “losa” significa “tomba”) è dovuto all’eccezionale complessità della costruzione. La cinta muraria, dotata di torri, racchiudeva sia il fortilizio sia il villaggio di capanne. All’esterno della muraglia, ad ovest, è stata individuata una tomba dei giganti, che integrava il complesso nuragico. In passato, gli scavi archeologici hanno consentito il recupero di importanti reperti, ora conservati al Museo nazionale di Cagliari ed anche nel piccolo ma ricco Antiquarium nell’area di Losa, dove sono esposti alcuni interessanti oggetti a testimonianza dell’età nuragica fino al periodo altomedievale. 168 169 Smontata e rimontata A sinistra: la chiesa di San Pietro, a Zuri. Questo tempio, con notevolissimi fregi romani e campaniletto a vela su arcate, realizzato nel 1291 da Anselmo da Como, ha una storia singolare e molto avventurosa. L’edificio, di forme romanico-lombarde, subì nel Trecento il rifacimento dell’abside in stile gotico-catalano. Nel ’500, con la costruzione del campanile, si rifece la parte superiore della facciata. Infine, nel 1922-1923, la chiesa di San Pietro stava per essere sommersa dalle acque del lago Omodeo. Allora, pezzo per pezzo, l’edificio venne smontato con cura e rimontato più a monte, salvando così il prezioso insieme architettonico. Nelle foto sotto e in basso: fregi e capitelli sui pilastri delle tre arcate esterne. Il pozzo sacro di Santa Cristina di Paulilatino Il pozzo del santuario nuragico di Santa Cristina di Paulilatino, che si presume risalente al X secolo avanti Cristo, situato nell’ambito d’un villaggio di carattere sacro; si compone d’un vestibolo a forma rettangolare, di una scalinata in discesa e d’un pozzo vero e proprio, sormontato da una “tholos”, tipica dell’architettura mediterranea arcaica. produttiva. L’olivo è secondo solo alla vite nella graduatoria delle coltivazioni più diffuse, ma un ruolo fondamentale va attribuito all’allevamento, vera colonna dell’economia sarda. Pecore, poi vacche, suini e capre. A parte, l’arte del cavallo. Da queste parti un vero amico dell’uomo, utile per il lavoro, gli svaghi e purtroppo anche per la produzione di carne. Chi non teme la fatica potrebbe provare a compiere la traversata “da costa a costa” dell’isola, partendo da Oristano per arrivare al mare strabiliante dell’Ogliastra. È un modo diverso di fare turismo, certo non troppo riposante ma senz’altro adatto a chi vuole un contatto con la natura senza mediazioni. Natura, sempre natura e tradizioni. Oristano è Sardegna sino in fondo, niente da queste parti s’allontana dalle radici storiche del popolo isolano. Si può andare verso nord, fino a Paulilatino, fino ad Abbasanta, per trovare il nuraghe Losa, il più grande dell’isola. Oppure giù, fino alle terme romane di Fordongianus. Ma dappertutto compaiono i segni del passato, a testimoniare un’appartenenza forte e incrollabile a stili di vita lontani nel tempo eppure ancora attualissimi. Capaci di mantenere la propria grandezza e dignità anche all’interno di una città moderna e disincantata come Oristano. La conferma viene dal palazzo Arcivescovile, 170 costruito dai piemontesi e rimaneggiato nel XX secolo. Ancor più dal duomo con il suo campanile del XVI secolo, segnato dalle tracce remote dell’epoca giudicale e persino del gotico. In piazza Roma, nel cuore pulsante del capoluogo, la torre di Mariano II ricorda agli oristanesi il dominio pisano del XIII secolo. È la sola traccia dell’antica cinta muraria, distrutta come sono andate distrutte chissà perché tutte le altre fortificazioni cittadine nell’isola. Chi volesse ammirare un esempio davvero esaltante del romanico nell’isola non ha che da percorrere pochi chilometri per arrivare a Santa Giusta, un piccolo paese costruito, a quanto sembra, sui resti del centro punico di Othoca. La cattedrale omonima risale al 1135 e rappresenta un riferimento culturale e artistico importantissimo. Natura, arte, storia, tradizioni, folclore, cavalli, gastronomia, prodotti della terra e del mare: se almeno nella provincia di Oristano si riuscisse a organizzare un giusto mix di queste componenti per offrirlo in modo corretto sul mercato mondiale delle vacanze, l’esempio sarebbe importantissimo. Perché dimostrerebbe che quanto i veri custodi dell’ambiente sostengono da sempre, lo sviluppo compatibile, si può realizzare. Costruire strutture turistiche umane su un territorio quasi selvaggio è teoricamente più semplice, 171 Detenne a lungo il primato di maggiore lago artificiale d’Europa Sotto: il lago Omodeo, formato dal Tirso, accanto a Ghilarza. Realizzato fra il 1918 e il 1924, dall’ingegner Angelo Omodeo detenne a lungo il primato di maggiore lago artificiale d’Europa. Ha una lunghezza di oltre venti chilometri e una larghezza massima di tre. È importante per la produzione d’energia elettrica e per irrigare il Campidano di Oristano. Saporita ricetta di pescatori Ingredienti per la tipica ricetta della merca oristanese: muggini, sale, ziba (nella foto: i pesci salati e insaporiti di erbe palustri). Si prendono le muggini (preferite quelle piccole chiamate birinbua), si lessano o si arrostiscono e si salano più o meno a seconda di quanto devono durare (massimo cinque giorni). Si avvolgono una per una in un’erba palustre detta ziba, dove devono stare almeno ventiquattr’ore. Questa è una preparazione tipica dei pescatori degli stagni attorno ad Oristano perché, stando al largo anche diversi giorni, hanno la necessità di conservare il pesce sino al loro rientro. 172 173 C’è anche una foresta pietrificata Il caviale del Mediterraneo Vittorio Giannella Non solo pesce, dai ricchi stagni di Cabras. Ma comunque una varietà di piatti a base di prodotti del mare e degli stagni, compresi mitili e crostacei. La specialità per eccellenza è la bottarga, diffusa in tutta Italia. Il “caviale del Mediterraneo”, uno dei più squisiti antipasti della cucina nazionale (e, macinato, ideale sugli spaghetti), si ottiene prelevando le uova di muggine, un pesce molto diffuso nel golfo di Oristano. Le uova vengono salate e pressate fortemente tra due legni. Altra pietanza tipica è la panada, un calzone di pasta ripieno di anguille oppure di verdure. Celebre il pane decorato, soprattutto quello di Ghilarza, Paulilatino, Fordongianus e Sedilo (nella foto: una mugnaia di Paulilatino). Nel Montiferru si produce su zicchi, pagnotte attaccate fra loro con una pagnotta segnata a metà, sa covazzedda, focaccia con il buco. Inoltre non si può ignorare il formaggio pecorino, piccante e saporito; e i dolci, come i gueffus a base di mandorle, i mostaccioli, le zippulas e gli amaretti. 174 Sopra: tipico villaggio di case tradizionali a Santa Cristina. Qui sotto: uno scorcio del lago Omodeo, non lontano dal nuraghe di Losa; è un luogo ricco di interessanti attrattive, come la foresta fossile vecchia di cinquanta milioni di anni, nel tratto dove le acque hanno sommerso l’abitato storico di Zuri, o la diga di Santa Chiara, che ha creato il bacino artificiale, o Ghilarza, il “paese di Gramsci”, forse di origine fenicia, o il Museo degli strumenti musicali nella casa parrocchiale di Tadasuni. purché si resista alla tentazione di abbandonarsi alla speculazione e ai guadagni facili. Diventa ancora più semplice se all’offerta di un soggiorno nella Sardegna reale corrisponde una domanda fondata sugli stessi criteri, prima di tutti l’intelligenza. Giovanni Adarocchi 175 Dove, come, quando Qui a tavola il pesce è re Crostacei, frutti di mare e la celebre bottarga fra le più famose pietanze della zona ALBERGHI Oristano: Mistral, via Martiri di Belfiore (0783.212505), singola 65/80 mila lire, doppia 100/130 mila; Villa delle Rose, piazza Italia (0783. 310101) singola 60/80 mila lire, doppia 90/130 mila lire; Mistral 2, via XX Settembre (0783.210389), singola 80/105 mila lire, doppia 130/160 mila lire compresa la colazione. Cuglieri: S’Istella, corso Amsicora (0785.38484), in località S’Archittu, singola con mezza pensione 80/90 mila, doppia 70/80 mila lire; La Baja, via Scirocco (0785.38105), singola 70/90 mila lire, doppia 80/120 mila lire. Arborea: Ala Birdi, strada 24 (0783.801083), singola 100/120 mila lire, doppia 160/190 mila. Marina di Torregrande: Del Sole, via Duca degli Abruzzi (0783. 22000), singola 110 mila lire, doppia 180 mila. Tresnuraghes: Piccolo Alabe, località Porto Alabe (0785.359056), singola 60/80 mila lire, doppia 100/120 mila. Marco Crillissi O ristano si può raggiungere da Cagliari e da Sassari percorrendo la statale 131 Carlo Felice. Non c’è un aeroporto e neppure un porto marittimo: quelli più vicini sono gli scali aerei di Cagliari-Elmas, che dista una novantina di chilometri, e quello di Alghero-Fertilia, a 150 chilometri. I porti sono quelli di Cagliari e di Porto Torres. Sopra e sotto: i resti delle terme romane di Fordongianus, costruite forse nel I secolo dopo Cristo e alimentate da sorgenti calde ancora attive. RISTORANTI A Oristano e nel suo territorio si possono assaggiare alcune fra le più gustose pietanze sarde a base di pe- Piero Pes Marco Crillissi Gli aerofani, strumenti a fiato o ad aria, fanno parte dell’importante Museo di strumenti musicali, ordinati nella casa parrocchiale di Tadasuni, vicino a Oristano. 176 USE sce, di crostacei e di frutti di mare, compresa la celebre bottarga. Oristano: Da Salvatore, via Carbonia 1 (0783.357134); il Faro, via Bellini 25 (0783.70002); La Forchetta d’oro, via Giovanni XXIII (0783.302731); Craf, via De Castro 34 (0783.70669); Da Giovanni, via Colombo 8, località Torregrande (0783.22051). Siamaggiore: Renzo, al chilometro 177 Dove, come, quando Gianmario Marras 178 I MONUMENTI DELLA STORIA Dopo Tharros, la grande e suggestiva città punico-romana di cui sono rimaste imponenti rovine sulla A sinistra: la bottarga, tipica specialità sarda ormai celebre in tutta Italia. Sotto: sapori e buon gusto. costa oristanese, gli appassionati dell’archeologia hanno un’altra meta inevitabile: le terme romane di Fordongianus, un complesso di ruderi che risalgono al primo secolo dopo Cristo. I resti più interessanti sono quelli della piscina, dove l’acqua calda fluisce ancor’oggi da una bella fonte a forma di testa leonina. NURAGHE LOSA È il più grande e maestoso dell’isola: al bivio che dalla Statale 131 Carlo Felice verso Abbasanta, imboccando una deviazione dalla carreggiata maggiore. LA CASA DI GRAMSCI A Ghilarza, paese d’infanzia del pensatore e uomo politico Antonio Gramsci, in corso Umberto 57. Qui Gramsci, fondatore del partito comunista italiano, visse dal 1898 al L’accogliente sala del ristorante Il Faro di Oristano: tipiche le specialità isolane. Clementina Frigo e Rita Marongiu 99.200 della Carlo Felice statale 131 (0783.33658). Il conto va dalle 40 alle 60 mila lire. Cuglieri: Meridiana, via Littorio 1 (0785.39400), conto medio, 40 mila lire; Pedras Longas, sulla statale 292 (0785.38433). Cabras: Sa Funtà, via Garibaldi 25 (0783.290685); Al Caminetto, via Cesare Battisti 8 (0783.391139), 35/40 mila lire. Terralba: Cipò Qibo, via Marceddì 193 (783. 83730). Ghilarza: Da Marchi, via Concezione 4 (0785. 52280), circa 40 mila lire. MUSEI Oristano: Antiquarium Arborense, via Vittorio Emanuele, palazzo Parpaglia (0783.74433-791262), orario continuato dalle 9 alle 20, ingresso 6000 lire. Sono conservati fra l’altro i reperti punici e romani dell’antica città di Tharros. Cabras: Museo Civico, via Tharros (0783.391999) tutti i giorni su richiesta, tranne il lunedì. Arborea: Collezione civica archeologica, viale Omodeo 1, palazzo comunale (0783.80331), dalle 9 alle 13, il lunedì e martedì anche dalle 15.30 alle 18.30, domenica chiuso. Tadasuni: raccolta di strumenti musicali della tradizione sarda, via Adua 7, nella casa parrocchiale. Santulussurgiu: Museo della tecnologia contadina, via Deodato Meloni 2 (0783.550617), sono esposti 1400 strumenti da lavoro e oggetti di uso quotidiano dei secoli scorsi. Ingresso su appuntamento. Paulilatino: Museo archeologico ed etnografico, via Nazionale/via Barione, palazzo Attori(0336.811756). Orari dal mese di maggio a settembre: 9-13 e 17-20. Lunedì chiuso. Gianmario Marras Nelle due foto sotto: l’hotel Ala Birdi, immerso in una folta pineta, uno dei più attrezzati centri equestri. 1914, mentre la famiglia vi abitò fino al 1937. Nelle stanze vengono custoditi ed esposti oggetti, libri e opuscoli appartenuti a Gramsci. INFORMAZIONI Oristano: Informacittà del Comune, piazza Eleonora (0783. 791306) E-mail: <[email protected]>; Ente provinciale per il turismo, via Cagliari 278 (0783. 74191). 179 L Sassari e la sua provincia Un’anomalia urbanistica rende il capoluogo diverso da tutte le altre città e la catalana Alghero ricorda ancora il nobile riconoscimento concesso da Carlo V DI VASCO BRICI - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS Cartina di Mario Russo “TODOS CABALLEROS” a storia della Sardegna del Nord passa per Sassari, città della cultura, della politica, delle tradizioni e capoluogo della provincia più turistica dell’isola. Circondata dalle campagne della Nurra, è nata nel XII secolo attorno a un borgo che si chiamava Tathari. Diventata presto capitale del giudicato di Torres, offre oggi monumenti ed edifici di valore storico fondamentale. Il centro storico di Sassari, fatto di vie irregolari, vicoli e minuscole piazze, rappresenta una felice anomalia urbanistica che caratterizza la città e la rende diversa da tutte le altre. Dal duomo di San Nicola di Bari alla maestosa chiesa di Santa Maria fi- L’isola dell’Asinara, vista dalla dolcissima spiaggia di Torre Pelosa, vicino a Stintino. L’Asinara, divenuta parco dopo lo smantellamento del carcere di massima sicurezza, è oggi un paradiso di grande e suggestiva attrattiva naturalistica, con un ricco patrimonio di intatti e preziosi doni della natura. 182 183 Un capolavoro di marmo e acqua A sinistra: scorcio d’angolo della sassarese fontana del Rosello, con una delle quattro statue che simboleggiano le stagioni. Sotto: una veduta d’insieme del complesso artistico, eretto nel 1606 da artisti genovesi. Si compone di due parallelepipedi di marmo bianco e nero, sormontati da due archi incrociati; al vertice, la statua equestre di San Gavino. L’acqua sgorga da diverse maschere leonine poste ai quattro lati dell’edificio. no alla basilica di San Pietro in Silki è un succedersi di bellezze architettoniche inserite in una città insieme antica e moderna, di cui la perla indiscussa è la fontana del Rosello, eretta da artisti genovesi nel 1606, dove l’acqua sgorga da diverse maschere di leone. Sassari offre il suo più alto contributo alla tradizione con la festa dei Candelieri, che si celebra il 14 agosto nelle vie affollate di turisti. È l’espressione più genuina dell’anima sassarese e risale ai primi del Cinquecento, epoca in cui la città cominciò a crescere demograficamente, per acquistare l’importanza che ha oggi. La processione Romanico e barocco insieme In alto: un imponente scorcio del duomo di San Nicola a Sassari. Il campanile, fino al terzo ordine, è l’unico resto dell’originaria costruzione romanica del XII secolo. Il complesso è stato più volte rimaneggiato fino al Seicento. A destra: un particolare della famosa facciata barocca. 184 185 Luogo d’incontro e di passeggio La spaziosa ed elegante piazza d’Italia, edificata a Sassari nel 1872, sulla superficie di un ettaro; in primo piano nella foto il monumento dedicato a Vittorio Emanuele II. Sulla piazza, luogo d’incontro e di passeggio serale, s’affaccia il notevole palazzo della Provincia, progettato dagli ingegneri Sironi e Borgnini e costruito fra il 1873 e il 1880 in stile neoclassico, con tre ordini di finestre. Particolarmente interessante all’interno del palazzo il ciclo pittorico di episodi di storia cittadina, dipinti nel 1881 dal pittore Giuseppe Sciuti. Sul lato opposto di piazza d’Italia, il palazzo Giordano, in stile neogotico, progettato nel 1878 dall’architetto Luigi Fasoli. 187 parte da piazza Castello, dove fino al 1877 si trovava un maniero aragonese demolito assieme al pessimo ricordo della dominazione spagnola. Il mare di Sassari è quello di Platamona, una località malinconica disseminata di vecchi stabilimenti anni Sessanta. Più in là, verso nord, i sassaresi frequentano d’estate il lido di Stintino, prezioso e dolcissimo lembo di costa sabbiosa che offre uno dei migliori esempi delle bellezze naturali sarde. È un luogo d’incanto, vicino all’antica Porto Torres e proprio di fronte all’isola dell’Asinara, divenuta parco dopo lo smantellamento del carcere di massima sicurezza che ha ospitato, negli ultimi decenni, il gotha del terrorismo e della malavita organizzata. Esclusiva, quasi irraggiungibile, paradiso perduto per ambientalisti nostalgici, preda ambìta di chi fa turismo mattone su mattone, l’Asinara è stata finora solo isola di sofferenza e di solitudine, legata a memorie antiche di deportazioni, dolore e fatica. Basta una breve navigazione per toccare le sue coste di granito, per accarezzare con lo sguardo la sua vegetazione incredibilmente rada, levigatissima, fatta di macchia bassa e da qualche traccia di lecceti. Grande non più di cinquantun chilometri quadrati, l’isola è formata da quattro blocchi rocciosi saldati fra loro da tre istmi pianeggianti. Così che, guardata dal mare, l’Asinara sembra un arcipelago di isolotti aspri e desolati. Le attrattive non mancano: suggestiva nel paesaggio e ricchissima di preziosi doni della natura, l’Asi- E nella campagna di Arzachena la preistoria diventa un museo all’aperto fra nuraghi e tombe di giganti “Sbarcammo il sabato ed andammo a cavallo alla chiesetta di Santa Maria, che con due altri piccoli fabbricati sorge su una montagna tutta ricoperta d’alberi, fuorché nella parte anteriore dove da uno spiazzo si domina una pianura di boschi”. Scriveva così l’ufficiale cartografo della Marina di Sua Maestà Britannica William Henry Smith: venuto in Sardegna per rilevare il profilo costiero, pubblicò a Londra, nel 1828, uno Sketch of the present State of the Island of Sardinia, che, edito da John Murray, è praticamente la prima guida inglese della Sardegna. Quella chiesetta di Santa Maria è Santa Maria della Neve, la parrocchiale di Arzachena. Spiazzi e boschi sono scomparsi, al posto loro c’è oggi un grosso paese, ormai quasi una cittadina di diverse migliaia di abitanti, che si fregia del titolo di capitale della Costa Smeralda. Un paese senza storia, se non quella recentissima del secolo appena passato. Ma con una preistoria così densa di memorie da fare della sua campagna un vero e proprio museo all’aperto. Per visitarlo si può partire verso sudovest, lungo la strada 427 che va a Sant’Antonio di Gallura, oppure verso nord-est, lungo la “nazionale” 125, che va verso Olbia. Partiamo verso sud-ovest. Dopo circa tre chilometri si svolta per Luogosanto: e dopo un paio di chilome- 188 Quella torre che sembra uscire dal mare A sinistra: il grande manufatto di origine aragonese dà il nome all’isoletta di Torre Pelosa, vicino a Stintino, famosa per la candida spiaggia e il mare dai colori straordinari. Sopra: tra il verde, l’azzurro e il grigio delle rocce, la policroma San Gavino a Mare vanta anche un’interessante chiesetta medievale arroccata su una rupe a strapiombo. tri si possono visitare la necropoli di Li Muri, le due “tombe di giganti” di Li Lolghi (nella foto a destra) e Coddhu ‘Ecchju (nella foto a sinistra), il nuraghe La Prisgiona. La necropoli di Li Muri si chiama così perché una serie di tombe è circondata da muretti a secco circolari. È un cimitero di 3200-2500 anni prima di Cristo. Li Lolghi e Coddhu ‘Ecchju sono due fra le più più belle “tombe di giganti” della Sardegna: chiamate così, perché la grandezza della costruzione faceva pensare a un popolo di uomini eccezionali che avevano innalzato e assemblato le grandi lastre di granito che le costituiscono. Una vasta esedra costruita intorno ad un’alta stele (quasi quattro metri) immette da uno stretto portello in un lungo corridoio che era il luogo della sepoltura. Furono frequentate dal 1800 al 1300 avanti Cristo. Il nuraghe La Prisgiona lì vicino (oggi molto mal ridotto) è una fortezza complessa, con un mastio centrale e una serie di torri più piccole a difesa. Se dal paese si va invece verso nord-est si incontra, a un paio di chilometri da Arzachena, proprio sul bordo della strada, il nuraghe Albucciu, dalla originale forma “a corridoio”, costruito e abitato fra il 1200 e il 750 avanti Cristo. Al tempietto di Malchittu si arriva partendo dallo stesso punto, ma sulla sinistra. Costruito sulla cima di un’altura, ha una inedita forma semicircolare (a mègaron, dicono gli archeologi): fu un luogo di culto dei primi Nuragici, fra il 1600 e il 1300 avanti Cristo. M.B. 189 La necropoli di San Gavino Fabio Braibanti e Valeria Serra Pagina precedente: scogli e anfratti lungo le coste dell’Asinara. Sopra: scorcio del cosiddetto palazzo di Re Barbaro a Porto Torres. Qui sotto: resti della necropoli di San Gavino sempre a Porto. 190 nara conserva un aspetto vagamente sinistro perché è disseminata di cimiteri. La conferma di una vocazione a terra di dolore che la storia, nel corso dei secoli, sembra averle inesorabilmente riservato. Guardare quelle tombe povere, sparse nel verde e confuse tra le rocce granitiche, riporta alla mente la violenza del passato che la storia ci tramanda. E sembra di vedere le sagome spettrali delle migliaia di prigionieri austroungarici, consegnati tra il 1915 e il 1916 dagli alleati serbi all’esercito italiano. Dovevano vivere laggiù, nella solitudine di quell’isola considerata luogo di dannazione. Ma vi morirono quasi tutti, uccisi da una spaventosa epidemia di colera che la medicina dell’epoca e l’isolamento non aiutarono a debellare. Porto Torres divide con Olbia il titolo di porta d’ingresso della Sardegna settentrionale. Plinio il Giovane parla della cittadina come di un’importante colonia romana e Antonio di Tharros descrive una città ricca di monumenti, con un tribunale, un maestoso ponte e persino un Campidoglio. Di certo Turris Libyssonis, l’attuale Porto Torres, era un centro commerciale strategico per il mondo antico. Dove i navigatori facevano tappa nei loro traffici fra i possedimenti dell’impero. In questo porto naturale, nel bel mezzo del golfo dell’Asinara, i bastimenti romani potevano caricare legname, granito e prodotti della terra da trasferire nella capitale. Forse proprio vicino al Capitolium cui accennano gli storiografi dell’epoca si trovava la pietra miliare che dava origine alla strada per Karales, l’antica Cagliari. Il lungo percorso che attraversa la Sardegna in tutta la sua lunghezza si chiama oggi Carlo Felice e ricalca il tracciato scelto allora dai Romani. L’esistenza di un collegamento così diretto, e per i tempi così difficile e faticoso da realizzare, testimonia la considerazione di Roma per la città di Torres. Ma turismo e storia nella provincia di Sassari fanno rima con Alghero, la città catalana dal passato prestigioso. C’è un’Alghero che richiama le bolge estive, il sole e le spiagge. Ma alle spalle del porto, resta un’Alguer tutta scritta in catalano, irta di torri, l’ordito fitto delle vie in acciottolato, gli stemmi nobiliari sulle facciate, gli austeri portali, le rughe profonde del tempo a segnare i palazzi. Qui prevale sempre la suggestione della storia che ritorna nel linguaggio, nei gesti, nelle tradizioni religiose antiche. Alghero è una città capace di offrire il suo passato come ricchezza per il presente. Una città in rapporto stretto con il mare, legata alle memorie di viaggiatori, di battaglie, di invasori arrivati da lontano. Forse non è giusto definire l’Alghero di oggi una città turistica, perché Bastioni, torri e stradine: qui siamo in Catalogna Pagina precedente: coppie di pilastri e colonne sulla strada lastricata delle Terme centrali, conosciute come palazzo di Re Barbaro; il complesso conserva ampi saloni con pavimenti a mosaico e frammenti di figure a testimonianza d’una raffinata bellezza. Sotto: Alghero di notte, vista dal porto. L’antica Alguer, cittadina di schietta impronta catalana, è oggi una famosa località turistica. 193 Massimo Ripani Nella “fortezza in forma di città” si parla ancora il catalano e catalano è anche lo stile tardogotico della cattedrale 194 Nelle ombre e nelle luci della notte, ancora Alghero, un tempo chiamata “fortezza in forma di città” e nella quale si parla tuttora il catalano. Sulla sinistra, l’antica cattedrale di Santa Maria, ispirata allo stile tardogotico catalano, come il campanile ottagonale e la parte absidale col ricco portale gigliato; l’interno è a tre navate su pilastri e colonne doriche. 195 Il magico porto frequentato dalle Ninfe Il golfo di Porto Conte che il grande astronomo alessandrino Claudio Tolomeo chiamò “Portus Nimpharum”, il porto delle Ninfe. È il più classico porto naturale del Mediterraneo: acque straordinariamente trasparenti, dal verde, all’azzurro cupo. La costa, qui, è caratterizzata da piccole insenature, da grotte semisommerse, da scoscesi dirupi e dall’ampia spiaggia di Mugoni. 196 197 C’era una volta un lazzaretto... Cala del Lazzaretto, incantevole insenatura a nord di Alghero, delimitata da capo Galera, prima del celebre Porto Conte; la bella spiaggia, tra rocce e finissima sabbia, prende il nome da un antico lazzaretto, del quale restano oggi scarsi ruderi. se è vero che i richiami non mancano è altrettanto vero che il borgo vecchio ha mantenuto i connotati urbanistici e architettonici d’un tempo. Gli abitanti hanno continuato a vivere con dignità i quartieri dei loro antenati. Quale che sia la direzione, Alghero offre una sequenza di scorci emozionante. In piazza Civica, ecco il palazzo d’Albis. Dalla finestra centrale dell’edificio, la storia narra che s’affacciò l’imperatore Carlo V per proclamare gli algheresi, che gli avevano tributato un’accoglienza davvero reale, "todos caballeros". Per arrivare alla piazza-salotto della città bisogna superare la cortina muraria dei bastio- Inespugnabile struttura muraria Sotto: la piazza Civica, “plaça de la Dressana”, ad Alghero, uno spazio a forma di imbuto; vi si affaccia il palazzo De Ferrera, o d’Albis, o De Arcayne, a seconda dei vari proprietari, con monofore e bifore, raro esempio di architettura civile gotica. A destra: interessante scorcio dei bastioni Magellano, complesso murario di una vasta struttura a difesa della città, imprendibile baluardo algherese fin dal XIV secolo. L’arte dell’intreccio I cestini di Castelsardo (foto in basso) sono famosi in tutta l'isola e rappresentano da sempre una ricchezza radicata nelle tradizioni artigiane del Nord Sardegna. Ottenuti con un paziente lavoro di intreccio fra giunchi e raffia, i cestini vengono prodotti anche a Sennori e a Sorso, dove l'attività condotta in prevalenza dalle donne resta fiorente nonostante la concorrenza dei produttori stranieri. Non è difficile incontrare tra i vicoli dell'antico borgo di Castelsardo anziane madri di famiglia impegnate nell'arte dell'intreccio. Dalle loro abilissime mani e dalla loro fatica incessante nascono gli splendidi canestri e le corbule, destinate a contenere il pane, i dolci e altri prodotti tipici di queste zone. Sul mercato si trovano oggi produzioni a intreccio che provengono da ogni angolo del mondo, ma un occhio esperto non può farsi trarre in inganno: Castelsardo rimane il riferimento per questo genere di prodotti, che sono assolutamente inconfondibili. Lo splendido scenario di Porto Conte ancora miracolosamente intatto Ecco Porto Conte, splendido golfo dalle straordinarie acque trasparenti, caratterizzato da piccole insenature, dirupi rocciosi, grotte semisommerse, fondali ricchi di pesci pregiati; sulla fascia litoranea si trova una rara e preziosa vegetazione. 200 201 ni Magellano e il Portal del Mar. Pochi passi e subito l’incontro con l’architettura gotico-catalana, ricca di dettagli arabeggianti, che rimanda al periodo tra il XV e il XVI secolo. Appena più avanti lo scenario superbo della cattedrale, di forme tardo gotiche e catalane con uno spettaco- lare campanile a cinque ripiani e la cuspide a gattelli, il più bello della Sardegna. All’interno, il mausoleo di Maurizio Savoia, testimonianza del governo sabaudo sulla città. Sulla vecchia strada che collega Sassari ad Alghero una deviazione di pochi chilometri conduce a un Il campanile di Santa Maria e il fascino dei contrasti Gianfranco Curreli Il campanile ottagonale della cattedrale di Santa Maria, ad Alghero, è uno dei più caratteristici esempi del tardogotico catalano della metà del XVI secolo. Qui la purezza dello stile, che continua sulla parte absidale con un ricco portale gigliato, sulle monofore e i doccioni, è compromessa dai successivi interventi che non hanno giovato all’unità architettonica della chiesa. Anche l’interno a tre navate è segnato dal contrasto tra l’impostazione tardorinascimentale del corpo longitudinale e l’impianto gotico cinquecentesco della parte presbiteriale. sito di straordinaria suggestione. Potrebbe essere un paesaggio classico, spiagge e acqua azzurra. Con ville e residences, ristoranti e discoteche. Niente di tutto questo: è l’Argentiera, un agglomerato di edifici spettrali, legno scuro e travi, una cartolina d’altri tempi, una fotografia in bianco e nero che appare come d’incanto all’uscita dell’ultimo tornante. Ed è un’immagine quasi spaventosa, che richiama alla memoria un tempo in cui la sofferenza, la fatica, la lotta per sopravvivere erano cose di ogni giorno. Niente turismo d’alto bordo, dunque: all’Ar- Presso la spiaggia di Porto Palmas, è l’antico centro minerario dell’Argentiera, un affascinante reperto di archeologia industriale. Il vecchio centro minerario è diventato ora un villaggio turistico. gentiera solo un tentativo abortito in partenza di cancellare le tracce del passato, qualche fila di casette squallide schierate a offendere il paesaggio. Sono passati quasi quarant’anni dal giorno in cui gli ingranaggi della laveria portarono a termine l’ultimo giro. La miniera si fermò, raggiunta e superata dalle tecnologie moderne. E così bella che ci si dimentica anche di tutti quei gradini Seicentocinquantasei gradini a picco sul mare conducono alla grotta di Nettuno, ai piedi delle immense pareti rocciose di Capo Caccia, vicino ad Alghero. Una discesa estenuante e meravigliosa, con l'azzurro intenso del mare e la vista dell'isola Foradada, giù per l'Escala Cabirol (la scala del capriolo) fino all'ingresso della grotta, dove domina il bianco intenso delle incredibili concrezioni. Un piccolo ma agevole sentiero conduce attraverso la sequenza delle sale: da quella delle Rovine, chiamata così per gli scempi compiuti dai visitatori dell'Ottocento, fino alla sala della Reggia, passando ai margini del grande lago Lamarmora, i cui riflessi blu colorano stupendamente le pareti e le volte della grotta. Quasi in fondo ecco la spiaggetta della Reggia, anche questo paradiso perduto delle foche monache. Due lapidi ricordano le visite del re Carlo Alberto, che giunse alla grotta via mare nel 1829 e nel 1842. La sala dell'Organo, la tribuna della Musica: i nomi scelti per gli ambienti straordinari che compongono la grotta rendono l'idea di uno scenario naturale stupefacente. 202 203 Tutto all’Argentiera, in questa punta selvaggia a nordovest della Sardegna, precipitò nel silenzio. Il vecchio borgo dei minatori pian piano si spopolò, gli abitanti cercarono altrove una vita nuova e diversa. Abbandonando quelle rovine affascinanti all’aggressione del tempo e all’indifferenza degli uomini. Ma non si può lasciare il Sassarese senza una visita a Ittiri, coi suoi palazzotti liberty. E a Torralba, operoso centro dominato dal celebre nuraghe di Santu Antine, gioiello culturale della cittadina. Più in là, verso la Gallura, il paesaggio si trasforma e compaiono i primi graniti, simbolo di una terra che sem- bra rimasta ferma nel tempo, attraverso le epoche e la storia. Da Ozieri, con la chiesa e il convento di San Francesco in un panorama in cui campeggia uno splendido palazzo del Cinquecento, si punterà fino al lago del Coghinas, specchio d’acqua incantato fra il verde e le colline (una deviazione, da Ozieri, meriterà anche Pattada, dove vengono prodotti i più rinomati coltelli dell’isola). Tempio Pausania, capoluogo storico della Gallura, è patria del Carnevale forse più ricco e trasgressivo della Sardegna. Il mare e lo sfavillio del turismo d’alto bordo qui sono lontani. Attraversare queste vallate, intorno a Tempio e ad Aggius, significa respirare una Sardegna antica, legata alla sua natura dolce e selvaggia insieme. Da Tempio a Olbia, capitale delle vacanze, centro turistico e nodo dei trasporti della provincia orientale. Importante porto romano, Olbia fu sede dei giudici di Gallura con il nome di Civita. Nell’Ottocento assunse il nome di Terranova Pausania per riacquisire quello romano di Olbia solo nel 1939. Oggi la storia della città si legge nell’elegante e suggestivo centro storico, nella splendida chiesa romanica di San Simplicio, eretta alla fine dell’XI secolo e origine della festa principale della città, il 16 maggio. E ancora nei resti dell’antico porto romano, riferimento essenziale per i navigatori dell’epoca e per il commercio del granito. Olbia può essere considerata punto di partenza di un percorso turistico che attraversi Golfo Aranci, porto marittimo e centro di pesca che negli anni non ha perso d’importanza. Quindi la celebre e celebratissima Costa Smeralda, fondata agli inizi degli anni Sessanta dall’Aga Khan Karim e oggi meta turistica internazionale. Porto Lo spettacolare cuore della Gallura Nella pagina a sinistra: il nuraghe Santu Antine, presso Torralba, uno degli esempi più rappresentativi dell’architettura protosarda. Per la sua imponenza è noto anche come “reggia nuragica”. Sopra a destra: a Tempio Pausania le case sono di pietra granitica. A destra: la spettacolare cresta rocciosa del monte Limbara, nel cuore della Gallura, stupendo punto panoramico di tutta la Sardegna settentrionale. Sotto: il lago Coghinas, bacino artificiale, ma di grande bellezza paesaggistica. Capitale del lusso e della mondanità Massimo Ripani Porto Cervo, il centro turistico più importante, in Costa Smeralda, realizzato a partire dal 1962. Anfiteatro di alberghi ed edifici residenziali, costruiti intorno al breve fiordo della baia dalla quale prende il nome, il centro, che dispone di fornitissime banchine per ogni tipo di nautica, è caratterizzato da un rispettoso utilizzo degli spazi verdi e costruttivi; il tutto è improntato a un senso pittorico di suggestivo impatto turistico. Sul vecchio porto si affaccia la famosa Piazzetta, ben nota per il lusso dei suoi negozi e per la mondanità dei nomi che la frequentano. In posizione panoramica, la chiesa Stella Maris ospita un prezioso organo del Seicento napoletano. 207 La famosa roccia che sembra un orso Massimo Ripani Capo d’Orso: è questo il nome che, da secoli, viene dato alla roccia granitica, alta sul promontorio che si affaccia sul mare di Palau e sullo sfondo di Caprera. La roccia, erosa dalle intemperie e dal tempo, vista da lontano, ha una straordinaria somiglianza con un plantigrado dal capo rivolto verso il mare. La singolare “scultura” è la classica meta di escursionisti e fotografi dilettanti, provenienti da Palau, importante centro turistico, dotato di un’ottima ricettività alberghiera. Palau è anche il punto di imbarco dei traghetti in partenza per l’arcipelago della Maddalena. 209 Sfilate tra fede e storia La Settimana Santa di Alghero è come un salto dentro la storia, per rivivere il clima di quegli anni e insieme una festa densa di significati. La città diventa uno scenario inimitabile di folla in movimento, di costumi, di tradizioni che ritornano nelle orazioni delle antiche confraternite (nella foto: confraternita della Santa Croce di Aggius), impegnate a sfilare tra le mura e i bastioni portando con devozione le effigie che riproducono la Passione del Cristo. Negli anni, grazie al lavoro incessante dell’Azienda di soggiorno e turismo, la Settimana Santa s’è arricchita di nuove presenze, che richiamano alle feste di località lontane, dalle confraternite della Corsica a quelle cagliaritane di Sant’Efisio, fino alla confraternita di Varazze, luogo d’origine di quell’oscuro commerciante che portò ad Alghero il celebre Cristo ligneo. È una manifestazione che, attraverso le procedure sacre contenute nel protocollo religioso, ripercorre i passaggi del popolo algherese con le sue memorie e tradizioni catalane. Dove i riti pasquali, dal “desclavament” del Cristo alla deposizione, tra voli di colombi, fiaccolate, concerti e preghiere, sanno suscitare emozioni indimenticabili. Stefano Ruiu Cervo resta il centro più rinomato, grazie ai suoi servizi e alle sue strutture di altissimo livello. Arzachena, Palau e Santa Teresa di Gallura sono considerate un po’ le capitali del granito, circondate come sono di straordinarie rocce dalle forme impressionanti. Ad Arzachena è famosissima la roccia a forma di fungo, a Palau il grande orso di pietra che dà il nome al capo omonimo. A Santa Teresa, elegantissimo centro per le vacanze estive, si trovano ancor oggi su una spiaggia vicina alla cittadina colonne romane in parte lavorate, destinate ai monumenti della città eterna e rimaste sulla sabbia per chissà quale evento. La storia del Sassarese passa ancora per Castelsardo, antichissimo borgo sormontato da un castello, patria dei celebri cestini intrecciati, dove il Lunedì Santo si celebra la suggestiva processione del Lunissanti. Il viaggio nella provincia di Sassari si può chiudere idealmente a Sedini, dove si trova la famosa “domus de janas” della Rocca, una fra le più belle dell’isola. Situata al centro del paese Il masso di Sedini Sopra a sinistra: Capo Testa, nei pressi di Santa Teresa di Gallura, con le sue tipiche rocce. A sinistra: Castelsardo nelle luci della notte. In posizione naturalmente fortificata, il paese conserva un centro storico intatto, di straordinario interesse. Qui sopra: la domus de janas di Sedini, scavata in un enorme masso, con una serie di cellette sepolcrali. 210 211 Protetti da una cresta montuosa Massimo Ripani Cala Granara, splendida spiaggia sul lato est di Spargi, la terza isola, per superficie, dell’arcipelago della Maddalena. Di forma rotondeggiante, conserva un entroterra intatto, con folte distese di macchia-foresta incastonate tra belle rocce affioranti. Le sue coste sono impervie e la cresta del colle Guardia Presposti con i suoi 155 metri è la più elevata. lungo la strada principale, è costituita da un grande masso di calcare isolato, scavato a più piani da una serie di camere sepolcrali. Le celle vennero usate fino al 1850 come prigioni, poi anche come abitazione. Ma un percorso immaginario nel Nord della Sardegna non può avere che una conclusione degna nell’arcipelago della Maddalena. Divenuto Parco nazionale, l’arcipelago è un paradiso rimasto quasi per incanto intatto. Contiene storia, scenari naturali favolosi e una ricchezza ambientale solo in parte esplorata e sfruttata fino ad oggi. Da Santa Maria a Spargi, fino a Caprera, dimora ultima e sepolcro di Giuseppe Garibaldi, le isole rappresentano l’immagine di una Sardegna autentica, come i sardi migliori vorrebbero che fosse anche in futuro. Vasco Brici Fotografie di Massimo Ripani Ricetta d’un piatto tipico sassarese (ma non solo) Tra i piatti della cucina sarda, eccone uno tipico sassarese (ma non solo). Ingredienti: pomodori ben maturi, piedini d’agnello, cipolla, aglio, prezzemolo, olio, sale, pepe. Lavare in acqua calda i piedini d’agnello. Una volta puliti, sistemarli in una pentola con acqua salata e lasciarli cuocere. Il punto di cottura sarà evidente solo quando la cartilagine comincerà a staccarsi dalle ossa. Quindi scolarli e dividere la polpa, che si farà rosolare in olio d’oliva insieme con un trito di cipolla, prezzemolo e aglio. Regolare con sale e pepe, aggiungendo per ultimi i pomodori pelati e spezzettati. Cuocere per circa mezz’ora e servire tiepido. Sette le isole dell’arcipelago, un solo centro abitato: La Maddalena Sopra: rocce plasmate dal vento sull’isola della Maddalena. L’isola, la maggiore delle sette che compongono l’arcipelago omonimo, è anche l’unica ad avere un centro urbano stabile (caratterizzato dallo stesso nome), situato sulla costa meridionale. Sotto: le smeraldine acque di Cala Conneri, nell’isola di Spargi, una delle mete più frequentate dalle imbarcazioni private e per turisti. 214 Dove, come, quando Ecco la costa dei vip assari è il capoluogo storico del Nord Sardegna. Può contare sull’aeroporto di Alghero-Fertilia e sul grande porto commerciale di Porto Torres. Nei progetti della Regione sarda c’è l’istituzione di una nuova provincia per la Gallura, chiamata Olbia-Tempio. S ALBERGHI Sassari: al Grazia Deledda (079. 271235) singola 100/130 mila lire, doppia 150/180 mila; Carlo Felice (079.271440) singola 100/120 mila lire, doppia 140/160 mila; Leonardo da Vinci (079.280744) singola 95/125 mila lire, doppia 153/175 mila. Alcune specialità de La Lepanto, ad Alghero. Sorso: Villaggio dei pini, località Platamona (079.310224) singola 75/190 mila lire, mezza pensione 70/205 mila lire. Alghero: Calabona in località omonima (079.975728) singola 147/202 mila lire, doppia 214/304 mila; Green Sporting Club Hotel (079.978124) singola 140/170 mila lire, doppia 170/220 mila; Carlos V (079.979501) singola 180/200 mila lire, doppia 200/240 mila; Grand hotel Catalunya (079.953172) singola e mezza pensione 130/175 mila lire, doppia 210/300 mila. Porto Conte: El Faro (079.942010) 216 Fotografie di Gianmario Marras Alcuni alberghi hanno prezzi da capogiro ma ce ne sono anche per tutte le borse Albergo Villa Las Tronas, ad Alghero. singola 245/280 mila lire, doppia 430/480 mila; Baia di Conte (079.949000) singola 200/375 mila lire, doppia 240/475 mila. Arzachena: Albatros (0789.83333) singola 100/125 mila lire, doppia 200/270 mila; Cormorano (0789.99020) singola 240 mila lire, doppia 420 mila; La Rocca, in località Pulicinu (0789.933131) doppia 125/240 mila, suite 140/255 mila lire; Olimpia (0789.99176) singola 80/125 mila lire, doppia 138/200 mila; Cervo Hotel, località Porto Cervo (0789.931111) singola 950/1 milione 600 mila lire, doppia un 1 milione 300/2 milioni; Recidence Capriccioli, località Capriccioli (0789.96016) 60/310 mila lire e 80/380 mila; Hotel Capriccioli, in località omonima (0789.96004) singola 230 mila lire, doppia 420 mila; Piccolo Pevero, in località Porto Cervo (0789.94551) singola 130/150 mila lire, doppia 180/270 mila. Consorzio Costa Smeralda: Cala Di Volpe, omonima località (0789.976111) singola 1 milione e 570 mila/2 milioni e 500 mila, doppia 2 milioni e 160 mila/3 milioni; Pitrizza (0789.930111) singola 1 milione e 788 mila/3 milioni e 47 mila lire, doppia 2 milioni e 485 mila/tre milioni e 960 mila; Ginestre (0789.92030) singola 340/510 mila lire, doppia 680/1 milione e 40 mila; Romazzino (0789.977111) singola 1 milione e 950 mila/2 milioni e 900 mila, doppia 2 milioni e 600 mila/3 milioni e 200 mila. Castelsardo: Riviera (079.470143) singola 90/150 mila lire, doppia 100/240 mila; Hotel Villaggio Pedraladda (079.470383) singola 95/115 mila lire, doppia 130/160 mila; Baja Ostina, nella cala omonima (079.470127) singola 110 mila lire, doppia 180 mila. La Maddalena: Excelsior (0789. 737020) singola 105/145 mila lire, doppia 140/190 mila; Gabbiano (0789. 722507) singola 110 mila lire, doppia 140 mila; Miralonga, via Don Vico (0789.722563) singola 140/160 mila lire, doppia 200/220 mila; hotel villaggio Valtur, isola di Santo Stefano (0789.708574) singola 230/385 mila lire, doppia 275/490 mila. Olbia: Martini (0789.260066) singola 125/160 mila lire, doppia 190/250 mila; Mediterraneo, via Montello 3 (0789.24173) singola 160/230 mila lire, doppia 220/360 mila; Gallura (0789.24648) singola 100/110 mila lire, doppia 140/160 mila; Li Cuncheddi presso Capo Ceraso (0789.36126) sinL’aragosta catalana, uno dei tanti piatti prelibati del Pavone di Alghero. Dove, come, quando con prezzi da 95 mi978333), mesi estivi 10-13 gola 245/375 mila lire, doppia 385/455 la lire a 310 mila per e 17-23 ogni giorno, festimila; Palumbalza Sporting Hotel gli alberghi, e da vi 16-21. (0789.32005) singola 165/355 mila lire, 200 mila a tre milioStintino: Il ricordo della doppia 190/610 mila. ni 213 mila per i rememoria, Museo della Strada provinciale Olbia-Golfo Una sala del Museo della Valle sidence, rivolgersi tonnara (079.293413), Aranci: Luna Lughente (0789.57521) dei Nuraghi, a Torralba. presso le agenzie. aperto tutti i giorni 18-24. singola 125/178 mila lire, doppia Ozieri: Museo archeologico, piazza 168/272 mila; Hotel Residence Pozzo RISTORANTI San Francesco (079.787638), ogni giorSacro (0789.57855) singola 90/150 mila no 9-13 e 16-19, tranne il lunedì. lire, doppia 110/200 mila. Sassari: Florian (079.236251), prezzo Torralba: Museo della Valle dei NuraPorto Rotondo: Hotel Sporting medio per un pasto 50 mila lire. ghi del Luogodoro-Meilogu, via Carlo (0789.34005) singola 1 milione e 31 mila Alghero: Tuguri (079.976772); Pavone, Felice (079.847298), da maggio a setlire, doppia 1 milione e 292 mila/1 mi(079.979584); La Lepanto, (079.979116), tembre ogni giorno 9-20. lione e 640 mila; Green Park Hotel tutti a 50/60 mila lire. Fertilia: Da BruIsola di Caprera: Museo nazionale (0789.380100) doppia 136/266 mila lire. no, località La Fighera (079.930272), codel Compendio Garibaldino (0789. San Pantaleo: Hotel Rocce Sarde sto 40 mila lire. 727162), tutti i giorni 9-13.30. (0789.65265) singola 94/160 mila lire, Castelsardo: Guardiola (079.470755), La Maddalena: Museo archeologico doppia 188/320 mila. con un prezzo medio di 50 mila lire. navale Nino Lamboglia, località MonOzieri: Nuraghe, località Sa Uppara Olbia: Gallura (0789.24648), costo di giardino sulla strada panoramica (079.758733) singola 70/90 mila lire con circa 60 mila lire; Leone e Anna (0789.790660), tutti i giorni 8.30-13.30. mezza pensione, doppia 70/100 mila. (0789.26333), con un conto medio di Castelsardo: Museo dell’Intreccio Oschiri: Italy (079.733035) singola 55/60 mila lire. Mediterraneo, nel castello dei Doria, in 30/40 mila lire, doppia 50/60 mila. Santa Teresa di Gallura: Canne al via Marconi (079.471380), aperto luSanta Teresa di Gallura: Grand Hovento (0789.754219), con una spesa inglio e agosto 9-13 e 14-24. tel Corallaro presso la località Rena torno alle 50 mila lire. Bianca (0789.755475) singola 155/175 San Pantaleo: Giagoni (0789.65205), INFORMAZIONI mila lire, doppia 250/260 mila; Majore qui la media è di 55 mila lire. (0789.755001) singola 128/200 mila liStintino: Antonio (079.523077), dove Sassari: Ente provinciale del turismo, re, doppia 196/300 mila; Bacchus si spende sulle 40/45 mila lire. viale Caprera 36 (079.299544-299415); (0789.754556) singola 80 mila lire, dopAzienda autonoma di soggiorno e tupia 130/140 mila. MUSEI rismo, viale Umberto 72 (079.233.534). Stintino: Cala Rosa, località Ovile Olbia: Azienda autonoma di sogSassari: Museo archeologico-etnogradel Mercante (079.520005) singola giorno e turismo, via Catello Piro 1 fico Giovanni Antonio Sanna, via Roma pensione 140/220 mila lire, doppia (0789.21453). 64 (079.272203), ogni mattina dalle 9 160/320 mila; Rocca Ruja, località CaSanta Teresa: piazza Vittorio Emaalle 14; Museo della Brigata Sassari, po Falcone (079.529200) singola nuele 24 (0789.754127). piazza Castello 9 (079.233303), ogni 110/200 mila lire, doppia 200/280 mila. La Maddalena: Cala Gavetta (0789. giorno (festivi su richiesta) 9-12 e 14Tempio Pausania: Delle Sorgenti 7363221). 16.30; Museo geo-mineralogico Aurelio (079.630033) singola 80/90 mila lire, Palau: via Nazionale 94 (0789. Serra, via De Nicola 9 (079.229264), doppia 120/130 mila. 709570). ogni mattina 8.30-13.30: si possono faPer la catena di alArzachena: Paolo Dettori 43 (0789. re visite guidate con berghi e residence che Castelsardo: Museo dell’intreccio. lezioni di mineralogia, 82624). annovera Cala di Falco, Alghero: piazza Portaterra 9 (079. geologia e pedologia. Arzachena, località 979054). Porto Torres: AntiCannigione, Cala di Lequarium Turritano, in pre, Palau, località Cala I SITI DI INTERNET via Ponte Romano di Lepre, Capo d’Orso, (079.514433), ogni matwww.comune.sassari.it/città/ Palau, località Cala Catina 9-13.30, martedì e uffici_ turistici_sassari.htm pra, il Mirto, Palau, logiovedì 15-19.30. www.regione.sardegna.it/ital/turicalità Cala Capra, Le Alghero: Mare Nosmo/sassari/alb-sassari.htm. Rondini, Isola Rossa, Le strum Aquarium, via www.sardiniapoint.it. dune, Badesi Mare, XX Settembre 1 (079. (A cura di Vasco Brici) 218 219 Porti e porticcioli Tra mille insenature Da Alghero a Villasimius, da Sant’Antioco a Cala Gonone, ecco dove attraccare 2 4 6 Massimo Ropano 222 una decina di minuti d’auto dal capoluogo e la struttura offre carburante, carenaggio, acqua, luce, guardiania, gru fino a 60 tonnellate, bar e ristorante. Anche al rifatto porticciolo turistico di Villasimius – dove crescono le prenotazioni per le gite a baie e isolotti, come i Cavoli e Serpentara – si trovano servizi e assistenza di primo piano. D’altronde, il paese permette ai vacanzieri in barca spostamenti rapidi in direzione di Costa Rei e Torre delle Stelle, oasi dalle acque turchesi. Inoltrandoci verso Arbatax si supera Porto Corallo e si arriva a Santa Maria Navarrese (anche qui gru fino a 15 tonnellate, alaggio e cantieri di carenaggio) e Cala Gonone, nel cui porticciolo si noleggiano surf, gommoni, gozzi e anche qualche piccola barca a vela. Proseguendo ci si imbatte in La Caletta, Ottiolu – vero esempio di moderno ed efficiente design marinaro –, Marina di Puntaldìa, Olbia e Golfo Aranci. Nolo, acqua, luce, guardiania, operazioni di carenaggio e manutenzione ordinaria e straordinaria eccetera eccetera accolgono navigatori e marinai senza limiti di cabotaggio. E siamo in Costa Smeralda. In una manciata di miglia si incontrano autentici e avanzati gioielli portuali di fama internazionale: Marina di Portisco, Punta Marina, Porto Rotondo, Porto Cervo, Palau e Canniggione. Il porticciolo dell’affascinante frazione di Arzachena accoglie con disinvoltura natanti di medio e piccolo cabotaggio. In altri termini, è inutile dire che i servizi nautici nella costa più bella del mondo sono a cinque stelle. Ma anche Santa Teresa di Gallura, La Maddalena, Castelsardo, Stintino e Porto Torres vantano credenziali nautiche collaudate. Impossibile non riFotografie di Gianmario Marras U n’oasi di inebriante 1 benessere nel cuore del Mediterraneo. L’isola delle mille insenature si presenta ricca di nuove e feconde opportunità per quanti solcano il mare nostrum. Negli ultimi cin3 que anni la qualità delle strutture portuali regionali ha subìto un notevole incremento. Se è vero che ancora tanto rimane da fare, è altrettanto inoppugnabile un deciso balzo in avanti. Da Alghero a Sant’Antioco, da Villasimius a Palau, da Bosa a Cala Gonone, 5 è stata una corsa all’adeguamento delle banchine, dei servizi e delle attrezzature dedicati ai natanti. In sostanza, per tre alberi e yacht, cabinati e gommoni aumentano le opzioni d’attracco e assistenza. E con queste sale la 7 potenzialità dell’offerta turistica made in Sardinia. Un’offerta che proprio sulla capacità ricettiva delle sue coste gioca una partita molto importante. Insomma, non solo il lusso della Porto Cervo di fama mondiale, ma anche una serie crescente di luoghi all’altezza delle esigenze di un diportismo marittimo che coinvolge decine di migliaia di appassionati. Ma andiamo con ordine. Cagliari, ormai meta del crocerismo mediterraneo, ha potenziato gli scali di Marina Piccola e Su Siccu, e strizza l’occhio a skipper e navigatori. Lo scalo commerciale, in attesa del definitivo decollo del Porto Canale, destinato ad ospitare le grandi navi portacontainer, si è abbellito e ha notevolmente migliorato gli standard ricettivi. Bacini di carenaggio e cantieri di pronta assistenza sorgono sia sulla statale per Pula sia a poche centinaia di metri dal centro, a Su Siccu. In quest’area si tengono anche i mondiali di motonautica: come dire, un’altra sicu- Nelle foto, contrassegnate con i numeri, alcune delle principali strutture: 1. Marina Piccola, a Cagliari; 2. porto turistico di Villasimius; 3. Porto Rotondo; 4. Porto Cervo, sulla Costa Smeralda; 5. Cala Reale, presso Capo Testa, a Santa Teresa di Gallura; 6. il porto di Alghero; 7. La Maddalena. ra pagella dai voti alti. Ma la riscossa delle vele e dei supergommoni nel capoluogo ha per nome la completa ristrutturazione di Marina Piccola. Il caratteristico porticciolo sovrastato dalla Sella del Diavolo, una sorta di cornice naturale per i nove chilometri del candido arenile del Poetto, a detta degli esperti, è ormai in grado di ospitare i marinai più esigenti. Proseguendo verso est in direzione Villasimius si incontra Porto Armando nella marina di Capitana. Siamo a 223 Gianmario Marras Porti e porticcioli Gianmario Marras Porti e porticcioli Porto turistico di Stintino, nel golfo dell’Asinara, regno dei lupi di mare. cordare la consolidata e tipica aria marinaresca di Stintino, regno dei lupi di mare, e Santa Teresa di Gallura, scuola e patria di grandi pescatori subacquei. Il tutto a poche miglia da Porto Pollo o l’isola dei Gabbiani: templi mondiali per gli specialisti del surf. Andando verso ccidente ci si imbatte nei moli di Alghero. La città catalana – base di partenza per la visita alle grotte di Nettuno – è da sempre all’altezza delle richieste dei grandi navigatori del Mediterraneo. E d’altronde, il porto di Alghero non può che essere il giusto e funzionale complemento di una città che ha raggiunto le vette del turismo continentale. A una decina di chilometri si trova l’approdo di Bosa, patria della Malvasia – un eccezionale e raro vinello da dessert –, adagiata sul fiume Temo. Ancora più giù, ma con una preponderanza dei traffici mercantili, c’è Oristano. Il capoluogo del centro Sardegna ha comunque avallato un’importante operazione di restyling volgendo lo sguardo al piccolo e medio cabotaggio turistico. In effetti, oltre alle rovine romane semisommerse di Tharros, l’intera zona merita una sosta prolungata. Per chi naviga la penisola di San Giovanni di Sinis, l’isoletta di Mal di Ventre e la costa di Torre Verde sono interessanti escursioni. Puntando la prua a sud, Buggerru, Portoscuso, Carloforte e Calasetta presentano strutture di buon livello. Identico il discorso riguardante le mete: Pan di Zucchero, Ingurtosu, Plage e Mesu sono solo alcuni dei luoghi da non perdere. Ma è Sant’Antioco, fin dai tempi degli antichi Romani, snodo dei traffici mediterranei, a vantare recenti e avveniristiche strutture per veleggiatori 224 Barche ormeggiate a Castelsardo, dotata di attrezzati servizi nautici. e motonauti. Il nuovo porticciolo è da segnalare con un positivo circoletto rosso. E una volta in zona, va suggerita una visita alle innumerevoli locande e trattorie: il cibo e i vini sono stratosferici. Infine, in questa sorta di circumnavigazione, prima di riapprodare a Cagliari, ecco i porticcioli di Teulada, Cala Verde e Perd’e Sali. Ci sarebbe anche Porto Marratzu ma ricade sotto la giurisdizione militare. I diportisti trovano acqua, alaggio, guardiania, luce, telefono e bar, oltre ad alberghi e ristoranti di qualità superlativa, come il Forte Village, Chia Laguna o Is Molas, regno dei golfisti di mezzo mondo. Ma a pochi chilometri dalle banchine si trovano spiagge e coste straordinarie ben avallate dal lavoro umano: impianti sportivi, ristoranti tipici, discoteche, pizzerie, teatri e cine all’aperto, agriturismo, laboratori di erbe officinali e aziende artigianali dedite alla produzione dei prodotti tipici dell’enogastronomia. Dunque, per timonieri e capitani mare e non solo. Anzi, solidi motivi di svago genuino si intrecciano alle bellezze ambientali. Un menu che rende quanto meno indimenticabile una vacanza. Questi i numeri telefonici delle Capitanerie di porto: Alghero 079.953174; Porto Torres 079.502258; Olbia 0789.21243; Porto Cervo 0789.94498; Stintino 079.523381; Santa Teresa 0789.754602; Porto Conte 079.930565; Golfo Aranci 0789.46880; La Maddalena 0789.737095; Palau 0789.709419; Castelsardo 079.470916; Cagliari 070.656059; Calasetta 0781.88930; Carloforte 0781.854023; Sant’Antioco 0781.83071; Arbatax 0782.667093; Oristano 0783.72262. Numero blu 167.090.090. Daniela Muscas 225 Consorzi turistici A favore dell’impresa Come ottenere, per statuto, finanziamenti pubblici a sostegno degli investimenti dei privati 226 Gianmario Marras I n Sardegna i consorzi turistici realmente operativi sul territorio ai fini della promozione e della possibilità di ricevere contributi sono una ventina; gli altri sono molto piccoli e hanno scarse possibilità di proporsi sui mercati, anche perché possono contare su un ristretto numero di posti-letto. Quelli più importanti funzionano, in pratica, da strumenti di programmazione negoziata avendo previsto nei rispettivi statuti la possibilità di ricevere finanziamenti pubblici a sostegno degli investimenti dei privati. Si attivano in modo da ricevere contributi da tutte le leggi di settore, e si adoperano per promuovere l’immagine e il nome del territorio di competenza. Molto spesso, però, i vari consorzi finiscono col sovrapporsi e, talvolta, a scontrarsi, e non sono rari i casi di imprenditori che fanno parte di più consorzi. Non esiste, insomma, una legge che li regolamenti, e c’è, quindi, la necessità di individuare in primo luogo aree omogenee sulle quali incentivare la presenza di imprenditori e, in subordine, dell’ente territoriale. La Regione, e in particolare il neoassessore del turismo Roberto Frongia, vuole mettere al centro del suo programma di settore l’impresa, sollecitato in questo dai Comuni che, sicuramente meglio degli imprenditori, conoscono leggi e previsioni politiche. Si parte dalle zone servite da aeroporti, per poi passare a quelle con i porti e così via; ecco, quindi, subito individuate le aree di Cagliari, Olbia e Alghero e poi, a cascata, gli ambiti territoriali più piccoli. Ma, poi, c’è il momento di natura economica; l’imprenditore che vuole impiantare un’attività turistica deve studiare le possibilità di riunirsi in consorzio con altri imprenditori, oppure affrontare da solo l’impresa . Ma i consorzi sono importanti, anzi determinanti, in una Sa Pedra Longa, a Baunei, territorio che vanta un eccezionale valore ambientale. realtà dove il fattore della produzione diventa irrilevante di fronte al problema della commercializzazione del prodotto; in poche parole, sole e mare passano in secondo piano di fronte al- le difficoltà che si possono incontrare nel collocare la vacanza sul mercato internazionale. Ecco, perché, diventa più importante saper rimanere sul mercato, ancor più che arrivarci, e se non ci si attrezza, magari associandosi, si fa alla svelta a finire “fuori” dal mercato stesso. L’Esit (l’ente regionale di promozione dell’industria turistica) ha storicamente ben operato nei confronti dei consorzi, cercando di incentivare l’associazionismo, seguendo e consigliando gli imprenditori. Un po’ meno presente è stata la Regione a livello politico, ma questo fa parte di un complesso di scelte che affonda le sue radici nei decenni precedenti. Andrea Frailis 227 Sostegni creditizi Leggi e turismo Speciali contributi finanziari agli imprenditori grazie alle normative dello Stato e della Regione I l sostegno creditizio alle imprese industriali che operano nel settore turistico è stato, e parzialmente è ancora, un problema in Sardegna. Esiste una legge nazionale, la 488, che prevede incentivazioni alle industrie e che, di recente, è stata estesa alle imprese turistiche; è stata la Regione a fornire i criteri di applicabilità sul territorio, accoppiando i suoi parametri a quelli dello Stato . La dotazione finanziaria è di trecento miliardi di lire all’anno, una cifra sicuramente non eccezionale, e comunque nettamente inferiore rispetto alle richieste giunte da parte dei promotori delle diverse iniziative. Ma esiste anche la legge numero 40 del 1993, pensata solo per il settore turistico, che consente l’abbattimento degli interessi nella misura del 60 per cento del tasso di riferimento e finanzia il 30 per cento della spesa ammissibile. Alcuni istituti di credito, ultimo dei quali in ordine di tempo è stato il Banco di Sardegna, hanno rinunciato allo ”spread” applicando quindi un tasso inferiore di due punti a quello ufficiale: 2,25 per cento anziché il 4,25 applicato in questo particolare momento. Nel 1998, inoltre, è stata varata la legge numero 9 che prevede l’erogazione di contributi fino al 40 per cento per finanziare ristrutturazioni e adeguamenti e con l’esclusione, almeno nella formulazione iniziale, delle nuove attività. Ma nel recente “collegato” alla legge finanziaria, la Giunta regionale ha proposto la modifica della destinazione del provvedimento, includendo quindi anche le nuove costruzioni nella tipologia degli interventi. La legge, peraltro, prevede una distinzione tra le zone interne della Sardegna e quelle a vocazione turistica riconosciuta; questo per evitare che si possa creare un conflitto fra attività non omogenee. Di conseguenza, oggi, un imprenditore che voglia metter su un’attività turistica in Sardegna può contare su un contributo finanziario a fondo perduto pari al 40 per cento dell’investimento e di un abbattimento della quota interessi nella misura del 30 per cento. Questo, è bene precisarlo, non per regalare soldi all’imprenditore e compiere, un’operazione di puro sapore assistenziale, ma perché nell’odierno mercato globale del turismo occorre fare i conti con quei Paesi nei quali è lo Stato a sostenere, in vari modi, l’iniziativa turistica nell’ambito di una economia assistita; da noi non c’è la “mano pubblica” che ti regala il terreno o ti paga gran parte del salario delle maestranze, e al contrario i costi per la realizzazione di alberghi o altre strutture sono onerosi. Ed è allora nella direzione di colmare il gap esistente con questi Paesi, che vanno leggi come quella appena descritta. Discorso a parte meritano le banche, per le quali valgono le leggi di mercato né più né meno che le altre imprese; libera è la scelta delle banche da convenzionare con la Regione, così come libero è l’accesso al credito. Nell’isola opera un pool di banche sarde e continentali in regime di convenzione, ma esistono grandi gruppi turistici che si avvalgono del sostegno di banche di fiducia e che, nella maggior parte dei casi, rinuncia anche alle leggi di sostegno e incentivazione. A.F. CON LA FORMULA BED AND BREAKFAST necessità e le richieste degli ospiti, tutto l’anno e in tutto il territorio isolano: mare, montagna, collina. Non solo: alcune famiglie hanno di proprietà frutta, verdura, animali, che possono consentire agli ospiti caratteristiche cene a base di prodotti tipici e genuini, insieme con le famiglie ospitanti. La società che gestisce il circuito è a disposizione per richieste e informazioni, per prenotare gli alloggi e per assistere gli ospiti nello loro esigenze logistiche. I prezzi variano da 35 mila lire a persona, in camera doppia con prima colazione e bagno comune con la famiglia, a 50 mila lire con il bagno ad uso privato e in case di particolare pregio storico ed ambientale. Sono previsti sconti speciali per i bambini. “Sardegna B&B Reservation”, via Stampa 7, 09131 Cagliari. Telefono 070.4520403. A nche in Sardegna, come in altre regioni d’Italia e d’Europa, è possibile alloggiare nei Bed and Breakfast, cioè dormire presso famiglie che offrono anche la prima colazione. Le famiglie, selezionate e classificate, sono dislocate in un circuito in grado di soddisfare le 228 Il Banco di Sardegna, uno degli istituti che applicano particolari agevolazioni. 229 Trasporti Strada rotaia cielo e mare Da una costa all’altra, un reticolo di ottime vie di comunicazione, buoni scali e porti L Fotografie di Gianmario Maras a Sardegna, terqualche tempo per renra che profuma dere agevole permadi mirto, lentinenza e spostamenti, sco e salsedine, specie quelli meno è oggi in grado consueti, ai visitatori. E di condurre i cominciano ad intravvisitatori in ogni suo anvedersi i primi risultagolo o quasi. Domus de jati: i dati del ’99 sui monas (case delle streghe) e vimenti dei vacanzieri nuraghi, calette incontanon facenti capo ai soliminate e maestosi dirupi ti luoghi marinari, svesfidati solo da branchi di lano un aumento del 25 mufloni e dai rapaci, per cento. E altre notimontagne silenziose zie utili a quanti intenquanto impervie: l’isola dono muoversi all’inregala emozioni raggiunterno dell’isola, oltre gibili con servizi oramai che nelle agenzie di Dall’alto, in senso orario: una nave della Moby Lines sulla rotta qualificati. Da Cagliari, viaggi, si possono troSanta Teresa/Bonifacio; una nave della Tirrenia nel porto di Cagliari; una nave della regionale Saremar; e un aereo in hangar a Olbia. Sassari, Nuoro e Oristano vare negli aeroporti di in direzione dei luoghi di Cagliari-Elmas, Alghevilleggiatura più noti così come per ro-Fertilia, Tortolì e Olbia-Costa di coincidenze legate agli arrivi da sagre, oasi naturalistiche, agrituriSmeralda. Box informazioni si trovaCivitavecchia e ai voli su Elmas. È smo, siti storico-archeologici, ci si no anche negli scali marittimi di grosso modo lo stesso discorso ripuò muovere con una certa flessiPorto Torres, Cagliari, Arbatax, guardante la gita – da non perdere – bilità. Ferrovie dello Stato (070. Golfo Aranci e Oristano. a La Maddalena. Il capoluogo di un 657994/1478.88088), Ferrovie meriDa segnalare, oltre ai citati serviarcipelago che ha nel parco omonidionali sarde (800.044553), Arst ces pubblici, anche le autolinee Pani mo un forziere straordinario – meta (800.865042) e Ferrovie della Sarde(079.236983), Turmo Travel (0789. principale per gli amanti delle imgna (070.580075) garantiscono plu26101) e Deplanu (0784.201518). mersioni, delle foto subacquee e dericollegamenti giornalieri su treno Queste ultime collegano l’aeroporto gli sport acquatici –, è servito dalle e pullman. Costa Smeralda con Nuoro e attracompagnie Saremar, Tris e Trrm. Rotte che vantano un’opportuna versano l’intera fascia costiera Il ventaglio degli orari è molto amtrasversalità: con un briciolo di buoorientale. Per intenderci, Siniscola, pio: le corse si aprono alle 5.00 e si na volontà dai quattro capoluoghi si San Teodoro, i villaggi di San Paolo, chiudono alle 0.15. Per raggiungere può raggiungere senza troppi salti le spiagge di Budoni, Capo Comino la Corsica si cambia armatore. Santa mortali qualsiasi centro turistico isoe Cala Liberotto sono a portata di Teresa di Gallura, cittadina che melano. Per esempio, sul fronte maritmano per le decine di migliaia di virita una visita approfondita anche timo è la Tirrenia a issare un “ponsitatori provenienti da Olbia (navi per le stupende dorsali orientali e te” tra l’isola maggiore e due sue Tirrenia) e Golfo Aranci (traghetti occidentali ricche di spiaggette e perle poco distanti: Carloforte e La delle Ferrovie dello Stato). scogliere da fiaba, è collegata con Maddalena. I traghetti della compaMa i bus Deplanu offrono un valiBonifacio dai traghetti Moby lines. gnia di bandiera che collegano la do riferimento anche per quanti Insomma, un quadro che intriga. Tra Sardegna all’isola di San Pietro pergiungono in aereo al “Costa Smerall’altro, va rilevato che tutti i vettori mettono partenze di primo mattino da” e intendono raggiungere i centri offrono informazioni e prenotazioni (6.10) e rientri a notte inoltrata della Barbagia come Orgosolo (il per telefono e su Internet. Ma anche (23.50). E per raggiungere gli imbarpaese dei murales), Oliena (la patria le Aziende autonome di soggiorno, chi di Calasetta e Portovesme da del vino Cannonau), Mamoiada (il gli Enti del turismo – con l’Esit in teCagliari si può scegliere tra i bus tempio dei mamuthones, le maschesta, Numero verde 167.013153 –, e i dell’Arst e i treni Fs, con una serie re caratteristiche note in mezzo vari assessorati sono all’opera da 230 231 Sardegna.4 Trasporti ITINERARI SPECIALI DI “BELL’ITALIA” Concessionaria esclusiva per la pubblicità Sede e Direzione generale 20123 Milano, via G. Carducci 29, tel. 02/24424.611, fax 24424.631 Filiali e punti di vendita: 10126 Torino, corso Massimo D’Azeglio 60, tel. 011/6665211, fax 6665300. 16121 Genova, via G. D’Annunzio 2/109, tel. 010/530700, fax 590858. 35100 Padova, via Gattamelata 108, tel. 049/775224-8073144, fax 775819. 40121 Bologna, via Amendola 13, tel. 051/255952-255289-255439-255649, fax 254939. 50132 Firenze, via Don Minzoni 46, tel. 055/561192-573668, fax 5001315. 00187 Roma, via Barberini 86, tel. 06/420089.1, fax 42011668. 70100 Bari, via Amendola 166/5, tel. 080/5485111, fax 5482832. 95131 Catania, c.so Sicilia 37/43, tel. 095/7306311, fax 322085. 98100 Messina, via Umberto Bonino 15/c, tel. 090/2930855, fax 2930771. 90133 Palermo, via Lincoln 19, tel. 091/6235100, fax 6176863. 09100 Cagliari, via Ravenna 24, tel. 070/305250, fax 343905. Testi e fotografie non richiesti non vengono restituiti 232 l’Arst e delle Ferrovie meridionali. mondo), o magari la valle di Tiscali. Gli orari? Anche in questo caso coorE per stare al “Costa Smeralda”, sono dinati con l’arrivo delle navi-trale linee dell’Arst a collegare il cuore ghetto e degli aerei. E possono essedelle vacanze a cinque stelle con le re pianificati pure gli spostamenti località dei super vip: Porto Rotondo, da Alghero-Fertilia verso l’interno, Porto Cervo, Liscia di Vacca, Poltu da Porto Torres per le spiagge di Quatu, Arzachena, Baia Sardinia, Platamona, Stintino, Badesi e l’Isola Cannigione, Santa Teresa di Gallura Rossa. Nel Meridione dell’isola,Vile Palau. Fondali superbi e storia al lasimius da un lato e Santa Marghetempo stesso: ad Arzachena si può rita di Pula dall’altro possono essere ammirare la tomba dei giganti e, una raggiunte comodamente in autobus manciata di chilometri più giù, visida Cagliari. tare le ventitrè chiesette campestri di Ma oltre alle tappe Luogosanto. Anzi, il consuete per gli amancaratteristico paesino ti delle onde e della di 1.700 anime vanta tintarella, sono molto anche una porta santa: gettonati i siti storici e fu posta nel 1200 da paquelli minerari. Tra i pa Onorio II nella basiprimi, citare il villaglica di Santa Maria. Atgio nuragico di Barutraversarla significa, mini e il Museo di Vilnell’anno del Giubileo, lanovaforru, che ospita preghiere speciali e inattualmente una modulgenze. stra con i dinosauri di Spostandoci verso il Spielberg ed è curato centro, è impossibile dal Consorzio Sa Coroscordare Cala Gonone: na Arrubia, è d’obblibase per le minicrociego. Entrambi i luoghi – re alle incantevoli cale Una caratteristica di rilievo archeologico di Goloritzè, Mariolu e locomotiva d’altri tempi della Barbagia Exp. mondiale – si raggiunSisine. Alla tanto affolgono facilmente con i lata quanto affascinanpullman dell’Arst. E sono in costante te località marittima orientale si aumento anche i visitatori diretti alle giunge in autobus sia da Nuoro che zone minerarie dismesse. dal capoluogo isolano. Turmo Travel L’area di Arbus, Guspini, Ingurtoè invece presente su Alghero e Olsu, Buggeru e ovviamente Montepobia. L’autolinea unisce le due cittani ad Iglesias compendia in maniera dine a partire dalle 7.30. Infine, i esemplare la passione per il mare e bus della Pani. Le corse tra Cagliari quella per l’archeologia legata alle e Sassari della storica compagnia cave di piombo e carbone. Inutile sassarese sono studiate tenendo sottolineare i collegamenti: i treni conto sia degli arrivi aerei sia di Fs, i bus Ferrovie meridionali sarde quelli marittimi. Tra l’altro, i collee Arst garantiscono un’ampia gamgamenti tra Nord e Sud prevedono ma di orari e coincidenze utili a ragfermate anche ad Oristano e Macogiungere alcuni paesi dell’interno mer: snodi interessanti per mettere come Santadi; da non perdere le piede nelle suggestive aree di Bosa grotte di Is Zuddas, e, un passo ine Cuglieri e per Mal di Ventre, dietro, ad una manciata di chilomeTharros e Capo Pecora. tri da Cagliari, Capoterra. Quest’ulIn breve, l’intero pacchetto riguartimo, a Monte Arcosu nell’oasi natudante i trasporti interni è studiato ralistica del Wwf, custodisce specie prevedendo una buona serie di inrarissime in via di estinzione come dispensabili coincidenze. Per dirne il cervo sardo. una, chi sbarca a Cagliari e intende Mario Frongia raggiungere il Sulcis trova i bus delGianmario Marras PK publikompass s.p.a. 233