.
Sardegna 4
ITINERARI SPECIALI DI “BELL’ITALIA”
NUMERO 29 - GIUGNO/LUGLIO 2000
ITINERARI SPECIALI DI BELL’ITALIA / NUMERO 29/ Sardegna
.
LIRE 12.000 (EURO 6,20)
4 / GIUGNO/LUGLIO 2000
L’ISOLA DA SFOGLIARE
COME UN LIBRO
UN VIAGGIO NEL RICORDO,
L’ANIMA DELLA GENTE,
GLI SPLENDORI DELL’ARTE,
I LUOGHI DELLE VACANZE
EDITORIALE GIORGIO MONDADORI
Gianmario Marras
SOMMARIO
Costa sarda di ponente: uno dei più affascinanti “quadri” è il golfo di Porto Conte che nell’antichità fu chiamato il “Porto delle Ninfe”.
Lo caratterizzano la dolcezza delle insenature, l’ampia spiaggia e la straordinaria trasparenza delle acque dai colori incredibili.
Un’isola da leggere ................................... 13
Preistoria..................................................... 15
La terra dei nuraghi
Come si parla ............................................. 27
Una lingua nata da sangue romano
Patrimonio verde....................................... 33
Santuari naturalistici
Musica tradizionale .................................. 47
Antica quanto l’alba
Giubileo 2000............................................. 57
Sulla via dei penitenti
Porti e porticcioli..................................... 223
Tra mille insenature
Consorzi turistici .................................... 227
A favore dell’impresa
Sostegni creditizi .................................... 229
Leggi e turismo
Trasporti ................................................... 231
Strada rotaia cielo e mare
Cagliari e la sua provincia
L’elefante ci invita........................................................................................................................... 68
Una piccola scultura è quasi il simbolo della città, della sua forza, della sua storia
Dove Come Quando: Capoluogo non per niente; unica difficoltà, saper scegliere
Nuoro e la sua provincia
Non solo pastori ............................................................................................................................. 108
Un territorio vasto ed eterogeneo dove un’antica cultura si mischia alla modernità
Dove Come Quando: Da un mare all’altro, l’animo segreto dell’isola
Oristano e la sua provincia
Un modo diverso di fare turismo .................................................................................................142
Natura intatta e antiche vestigia, una meta ideale lontana dalla mondanità
Dove Come Quando: Qui a tavola il pesce è re, tra le più famose pietanze della zona
Sassari e la sua provincia
“Todos caballeros” ..........................................................................................................................182
Una anomalia urbanistica e gli artistici ricordi delle glorie catalane
Dove Come Quando: Sulla costa dei vip, alberghi da capogiro ma anche per tutti
9
Sardegna.4
IN QUESTO NUMERO
ITINERARI SPECIALI DI “BELL’ITALIA”
Numero 29 - Giugno-Luglio 2000
Direttore responsabile: Carlo Maria Pensa
Hanno collaborato
per la redazione:
Marco Massaia (art director),
Michela Colombo (vicecaporedattore),
Lara Leovino
Coordinamento redazionale:
Daniela Bonafede
con Paolo A. Paganini
per la realizzazione grafica:
Paolo Pozzoni, Daniela Tediosi, Fabio Troiani,
Giovanna Lanciano
per la ricerca iconografica:
Paola Raineri (responsabile), Paola Paterlini
per la documentazione e l’archivio:
Susanna Scafuri
per la segreteria:
Orietta Pontani (responsabile)
Per i testi:
Mauro Lissia
Giovanni Adarocchi, Vito Biolchini,
Vasco Brici, Manlio Brigaglia,
Andrea Frailis, Mario Frongia, Francesco Luzzi,
Daniela Muscas, Angelo Porru,
Ludovica Romagnino
Fotografie di: Adriano Bacchella, Fabio Braibanti,
Gabriel Burma, Marco Crillissi, Gianfranco Curreli,
Clementina Frigo, Vittorio Giannella,
Il Dagherrotipo, Rita Marongiu, Gianmario Marras,
Adriano Mauri, Daniele Pellegrini, Piero Pes,
Giovanni Rinaldi, Massimo Ripani, Stefano Ruiu,
Antonio Saba, Valeria Serra
Disegni di: Francesco Corni, Mario Russo
Esecuzione pubblicità:
Franca Bombaci, Francesca Cappellato,
Gloria Maizza, Marco Scotognella
EDITORIALE GIORGIO MONDADORI S.P.A.
Consiglio di Amministrazione
Presidente: Urbano Cairo
Consiglieri: Antonio Guastoni,
Antonio Magnocavallo, Paolo Romano,
Maurizio Dell’Arti, Giuseppe Cairo
U
na nuova monografia di Bell’Italia dedicata alla Sardegna, che si unisce alle altre arricchendo il quadro di conoscenza dell’isola. Un viaggio nelle quattro province,
alla scoperta delle città capoluogo, delle città minori, dei borghi:
in una successione di bellezze naturali, di antiche vestigia, di pagine di storia, di curiosità, di un ricchissimo patrimonio d’arte.
Invito ad una vacanza, al piacere di un soggiorno e soprattutto ad
un incontro con la cultura e la civiltà di una terra dalle inesauribili risorse. Siamo nel pieno dell’estate, quindi in un momento
ideale; ma non dimentichiamo il fascino degli autunni, delle luminose primavere, dei silenzi invernali nell’abbraccio confortevole del mare. Troverete, in queste pagine, spunti e immagini assolutamente inediti o anche temi di cui s’è sentito spesso parlare
lasciando in noi una punta di curiosità. Angoli segreti, l’allegria
di certe feste popolari, i mille sapori della cucina, i lavori dell’artigianato locale. E naturalmente, tutte (o quasi tutte, tanto è vasto
il panorama) le informazioni utili per sperimentare la tradizionale ospitalità della Sardegna e della sua gente. Bell’Italia
Direzione, redazione ed amministrazione:
corso Magenta 55, 20123 Milano.
Telefono 02/433131 Telex: 314369 Giomon I.
Fax 02/437465. E-mail: [email protected].
Ufficio diffusione: telefono 02/43313333.
Ufficio abbonamenti: telefono 02/43313468.
Ufficio pubblicità: telefono 02/43313451.
Concessionaria esclusiva per la pubblicità
PK publikompass s.p.a.
Sede e direzione generale
via Giosuè Carducci 29, 20123 Milano
Telefono: 02/24424.611, fax 02/24424.631
Fotolito: Fotolito Veneta, via Disciplina 11, San
Martino Buon Albergo (Verona). Stampa: Elcograf
s.p.a., via Nazionale 14, Beverate di Brivio (Lecco).
Inchiostri speciali Colorama. Distribuzione per
l’Italia: SO.DI.P. “Angelo Patuzzi” S.p.A., via Bettola 18, 20092 Cinisello Balsamo (Mi). Distribuzione per l’estero: SIES s.r.l., via Bettola 18, 20092 Cinisello Balsamo (Mi).
© 2000 Editoriale Giorgio Mondadori S.p.A.
Periodico associato alla FIEG
(Feder. Ital. Editori Giornali)
Pubblicazione periodica registrata presso il
Tribunale di Milano il 20/6/95 numero 350
LA COPERTINA. Si chiama Rosa, questa spiaggia dell’isola
Budelli, per il colore della rena composta dai gusci di animali marini. È uno dei cento angoli affascinanti della Sardegna silenziosa e segreta (Fotografia di Massimo Ripani).
5
UN’ISOLA DA LEGGERE
C
stanno per approdare in uno dei servitissimi porti, dedichiamo il piacere di scorrere tutte le pagine di questa affascinante lettura. Cominciatela da dove volete.
Noi l’abbiamo idealmente percorsa e suddivisa nei
quattro “capitoli” che compongono le sue quattro province. Ma, qualunque sia il punto di partenza, o l’ordine d’impaginazione, non limitatevi alle bellezze del
sole e del mare. Affrontate la Sardegna anche nella sua
variegata complessità, compresa qualche scontrosa
asprezza. Sarà una lettura indimenticabile. Paolo A. Paganini
Giorgio Dettori
è un’infinità di ottime guide turistiche
sulla Sardegna. E c’è un’infinità di ottime
ragioni per non far rientrare questo nostro
“speciale” nell’elenco delle guide, anche
se pur sempre di guida si tratta. Ma di
una guida fuori dei soliti schemi. Attraverso i nostri servizi s’è tentato, infatti, di percorrere i
segreti tracciati dell’anima di quest’isola dal cuore antico, talvolta misterioso, mentre i settemila nuraghi che
punteggiano la Sardegna, sentinelle del tempo e dei
loro abissi preistorici, stanno lì ad ammonire che tutto
passa. Rimane il culto del ricordo, nel segno delle civiltà
che qui hanno sedimentato
la loro cultura. E, dunque, il
nostro è stato anche un viaggio nel ricordo, attraverso le
vestigia che tuttora ci parlano di Fenici, Cartaginesi,
Romani, Vandali, Bizantini,
Pisani, Aragonesi, Liguri, fino ai Savoia e al Regno d’Italia. E ci parlano di ricchi empori, di variopinti mercati,
di preziose mercanzie, di
spezie e di monili, che, fin
dall’antichità, avevano rese
famose Kàralis (Cagliari),
Sulcis, Tharros, Còrnus, Turris (l’attuale Porto Torres),
Olbia. E tuttora templi, necropoli, chiese, palazzi, affreschi di poderosa forza
espressiva, sculture di raffinate finezze, e poi linee, stili, fregi e decorazioni continuano a ricordarci, con i loro
plastici incantamenti, che la
Sardegna, contro i tanti luoghi comuni, non è soltanto
austera terra di pastori, nel
loro chiuso e poetico universo di fantasmagoriche tradizioni, di agresti sapori. La
Sardegna è un libro complesso. L’abbiamo aperto
per i nostri lettori, con l’umiltà di mettere, qua e là,
dei segnalibro. Ora, a quanti
Una delle tavole di Giuseppe Cominotti che illustrano l’ottocentesco diario di Alberto Lamarmora Viaggio in Sardegna:
è la rappresentazione di un festoso corteo nuziale nei pittoreschi costumi di un’epoca di cui resta ancor vivo il ricordo.
7
Preistoria
La terra dei nuraghi
Settemila fra necropoli e villaggi, alcuni dei quali
ancora intatti, come quello di Losa
Antonio Saba
I
nuraghi sono il simbolo del silenzio, la testimonianza ultima
e incrollabile di una civiltà
senza tempo e senza più voce.
I nuraghi raccontano i sardi
dell’origine, parlano con i segni, con le tracce millenarie di una
quotidianità perduta, trasformata in
ciò che resta degli oggetti rituali, in
cocci e detriti. Le pietre annerite dai
falò rimandano a un’epoca senza
data, calendario e scrittura. Un popolo remoto di cui i sardi sono eredi
e discendenti ha lasciato i nuraghi a
certificare inoppugnabilmente che
si è vissuto, per affidare alla perizia
e all’immaginazione dei ricercatori
moderni la risposta su come si è vissuto. Grandi costruzioni di macigni,
uniche al mondo. Capaci di reggere
senza cementi alla forza infinita del
tempo, del vento e delle piogge grazie a un’architettura insieme semplice e geniale. Edifici arrivati fino a
noi per portarci il messaggio di
un’umanità lontanissima, estranea a
un mondo mutato e in continua mutazione come il nostro. Nuraghi come porta di passaggio tra un mondo
arcaico, popolato di esseri dal volto
oscuro e dal linguaggio ignoto, in
Qui sopra: visto da occidente, il sito archeologico Su Nuraxi, a Barumini,
In basso: la piantina del villaggio, il più grande della Sardegna, attorno a una fortezza.
comunicazione con chissà quale cielo, e il mondo della storia scritto sui
documenti, scandito dal calendario
degli eventi, dei personaggi, delle
opere dell’ingegno.
I signori di allora costruivano i
nuraghi per abitarli, per proteggersi
dalla minaccia dei nemici, per dare
riparo e protezione a comunità isolate, che diffidavano
anche del placido mare che circonda
la Sardegna. Dai luoghi scelti per
edificare il nuraghe si poteva scrutare il territorio, vedere lontano, prepararsi a una difesa militare e allo
stesso tempo offrire alle popolazioni
un luogo di vita e di culto organizzato e tranquillo. Erano siti mai scelti a
caso, perché dovevano soddisfare
sia le esigenze militari sia quelle religiose. Se arrivava un attacco, la
tribù alloggiata nel villaggio
di capanne poteva trasferirsi
all’interno della cinta di
pietra. E la posizione
strategica della gran
parte dei nuraghi garantiva la visibilità reciproca fra le torri maggiori, per costituire
nell’insieme un sistema di monitoraggio continuo delle pianure circostanti. Per anni e ancora oggi gli studiosi, sulla scia
del mistero di Stonehenge, si sono affannati a
rintracciare una logica
15
Preistoria
Fotografie di Gianmario Marras
geometrica, astrologica, trascendentale alla dislocazione delle torri di
pietra sarde. La sola certezza raggiunta è che ciascuno dei settemila
nuraghi giunti fino a noi rappresenta di per sé un miracolo edilizio, destinato da solo a sollevare più d’un
interrogativo. Quello fondamentale
è comune alle piramidi d’Egitto:
com’è stato possibile realizzarli, sovrapporre pietre colossali l’una all’altra secondo un progetto elemen-
In alto e sopra, a destra: il nuraghe Losa, ad Abbasanta. È una costruzione di tipo trilobato.
A sinistra e nell’altra foto qui sopra: nuraghe e recinto megalitico di Santu Antine,
sul monte omonimo (591 metri). Provvisto di sei torri, risale al V secolo avanti Cristo.
tare, invariabile nei secoli, ma enormemente impegnativo?
Di certo ogni nuraghe è costato
energie inimmaginabili e forse qualche vita umana è stata immolata alla
necessità collettiva. Un errore e la
fatica di giorni, di settimane, forse
di mesi sfumava nella polvere di
crolli rovinosi. Perché assieme alla
16
conformazione dei blocchi è il peso
stesso dei macigni a garantire la stabilità della costruzione, ma è sempre il peso a minacciarne la struttura
portante: la differenza tra eterno e
precario poteva essere una questione di centimetri. Come in Egitto,
erano certamente i servi a prestare
le braccia indispensabili all’opera.
Ma le braccia non bastavano: per
raggiungere altezze spesso vicine ai
venti metri serviva la tecnica ingegneristica. E Giovanni Lilliu, archeologo insigne, accademico dei
Lincei e autorità massima della nuragologia, parla nei suoi studi di
piani inclinati dotati di rulli. Un sistema complesso, certo rudimentale
ma efficace per arrivare a quanto la
forza dei muscoli non poteva garantire. La reggia di Barumini rappresenta un po’ il plastico ideale di un
complesso nuragico, un riferimento
essenziale e irrinunciabile per
chiunque voglia esplorare il mistero
muto e inquietante di questi monumenti alla Sardegna che non c’è più.
Fu Lilliu a scavarlo, partendo dai ru-
Fotografie di Antonino Saba
Preistoria
Sopra e sotto: il nuraghe Arrubiu,
nei dintorni di Laconi, zona di notevole
interesse archeologico dov’è possibile
ammirare in situ le famose statue-menhir
scolpite, di età prenuragica.
In alto: il celebre “toro”, nella necropoli
di Sant’Andria Priu, presso Bonorva,
ritenuto da alcuni una misteriosa scultura;
ha all’interno un piccolo ipogeo.
18
deri e dai reperti affiorati dopo una
sequenza di temporali. Era il 1951.
Da una semplice collina, la mano
esperta e appassionata del grande
archeologo e del suo staff fece emergere un insieme articolato di ambienti, talmente originale da sorprendere studiosi di consumata
esperienza. Un torrione con due
piani all’interno, nucleo ed elemento originario della struttura. Con un
margine d’errore di due secoli la
prova del Carbonio 14 permise di
accertare che la torre risale al 1460
avanti Cristo, vale a dire all’epoca
nota come Bronzo medio. Negli anni,
gli scavi riportarono alla luce del sole
una cinta muraria incernierata da altre quattro torri e a ridosso delle mura i ricercatori scoprirono gli zoccoli
in pietra delle capanne di un villaggio, recinti dove probabilmente gli
antichi abitatori custodivano animali.
Le scoperte di Lilliu in quello che
fu battezzato Su Nuraxi, il nuraghe,
sconfessano la vecchia idea di un
19
Preistoria
mondo sardo preistorico chiuso e
impermeabile. Nella reggia e attorno alla reggia c’era la vita quotidiana di una comunità non certo estesa,
ma comunque comunità, dedita anche ad attività diverse da quella militare, votata alle divinità, pronta a
cimentarsi in un dialogo con l’aldilà
destinato ad essere parte integrante
della vita terrena. I sardi della preistoria erano uomini e donne capaci
di muoversi all’esterno, di rapportarsi con altre genti vicine, di cercare
nel territorio il necessario per vivere. L’immagine è quella di una civiltà rurale, sardi d’altri tempi che
quando non sono impegnati nelle
battaglie contro gli invasori cartaginesi e poi romani vivono attorno al
fuoco delle loro capanne, lavorano
alla fusione dei metalli con cui realizzano statuine votive in bronzo, faticano su pesanti macine di pietra
per produrre farina e pane. Di quel20
A sinistra: domus de janas, nella necropoli
di Sant’Andria Priu, tre gruppi
di tombe scavate nella roccia trachitica.
Sotto: la necropoli di Montessu,
nel Sulcis, scavata in un anfiteatro naturale.
Giovanni Rinaldi
Antonio Saba
degli uomini: chilometri dei famosi
muretti a secco che delimitano poderi e pascoli sardi sono costruiti
con le pietre nuragiche.
Più difficile danneggiare le domus
de janas, le case delle streghe. Nell’insieme formano città dei morti e
dei vivi, abitate nei secoli e oggi monumento a una civiltà scolpita. Necropoli rupestri, poi diventate dimora per i pastori e usate fino a decenni fa, a seguire inconsapevolmente
il ciclo naturale della vita, della morte e della vita che genererà nuova
morte. Siti magici, destinati a insegnare ai vivi che il viaggio verso l’aldilà non deve far paura. La Sardegna conta migliaia di domus de janas.
Ma la necropoli di Montessu a Villaperuccio, nel cuore antico del Sulcis,
per la conformazione geologica del
sito è l’esempio più emozionante e
significativo. Quasi nascosta in un
grande anfiteatro naturale su una
collina di pietra, Montessu è un ca-
la civiltà rimangono oggi alcune decine di nuraghi intatti, i cui esempi
classici sono il Losa, il più grande
dell’isola, il Santu Antine di Torralba e il nuraghe Arrubiu di Orroli.
Poi migliaia di torri in parte diroccate, a causa del tempo ma soprattutto
nale di comunicazione con un mondo remoto, dove sembrano agitarsi
ancora oggi gli spettri di un popolo
sospeso nel tempo. Profumi e suoni,
nella campagna mediterranea, cancellano i riferimenti alla nostra epoca. E l’incontro col Toro, la divinità
21
Preistoria
stilizzata nelle corna che decorano
gli ambienti di sepoltura, si carica di
emozioni imprevedibili. Entrare a
Montessu è come compiere un passo all’interno di una dimensione inquietante, ostile alla ragione che
cerca collegamenti sicuri e dimostrabili. Qui la scienza si ferma e comincia l’ignoto: chi ha scavato queste centinaia di sepolcri, intaccando
la roccia con l’accetta di pietra dura,
credeva nelle virtù segrete della magia, aveva fede nell’influsso benefico del dio e ne voleva celebrare l’immagine per l’eternità. Ed era convinto che la morte fosse solo un passaggio, se questo vuole la misteriosa
forza che regola la vita.
La virilità del Toro e la fertilità della Dea Madre: le tombe di Montessu
Antonio Saba
La tomba del Capo, a Sant’Andria Priu:
due sale principali collegate ad altri
quattordici ambienti da passaggi interni.
e quelle delle altre necropoli del neolitico sardo sono affidate a queste
due speranze di buona fortuna. Solo
grazie a loro i defunti saranno salvati
dall’orrore dell’annientamento, del
buio infinito e senza ritorno. Soltanto
nel segno della vitalità saranno aperte le porte verso nuovi giorni di caccia, di cibo, di bisogni da soddisfare
perché il cuore non si è fermato per
sempre, ma seguita a pulsare in un
aldilà contiguo alla realtà, invisibile
22
Preistoria
ma certo. Nelle domus de janas il culto si esprime con le forme del simbolo. Ma gli antichi visitatori dovevano avere anche altre manifestazioni di rispetto per i morti. La presenza di grandi focolari lascia supporre
la preparazione di pasti rituali, da
consumare in comunità. In questo
modo, immaginando di dividere il
cibo con i trapassati, si sarebbe confermato il legame tra i defunti e il loro clan. E l’idea di un contatto mai
interrotto si coglie anche in alcune
strutture delle domus.
La sepoltura riproduce spesso la
casa dei vivi: travi, colonne, tetti e
perfino finestre o letti vengono scolpiti per alloggiare degnamente i defunti. Così il soffitto della tomba a
capanna di Sant’Andria Priu, una
necropoli nel territorio di Bonorva,
in provincia di Sassari, imita fedelmente una costruzione con le assi e
la copertura di un tetto spiovente. Le
città dei morti sono apprezzate e utilizzate anche dalle genti dei nuraghi.
Continuano, gli eredi dei sardi neolitici, a onorare i luoghi che custodiscono le ossa di artigiani, cacciatori,
guerrieri, madri, dei secoli in cui
l’ossidiana del Monte Arci aveva il
valore di una pietra preziosa.
Ma assieme alle domus de janas,
l’arte funeraria adotta le architetture
delle tombe dei giganti. Solenni, maestosi, perfetti per rappresentare le
glorie di genti sempre pronte alla battaglia, questi monumenti megalitici
danno sepoltura collettiva ai caduti
della comunità. Lastre infisse nel terreno abbracciano un elemento centrale, l’esedra, che col suo sportello aperto sull’infinito sembra un passaggio al
dominio dell’ignoto. Ma è solo un’illusione, una prospettiva falsificata dal
punto di vista dei nostri giorni. La galleria che completava le tombe con la
facciata a esedra è scomparsa, inghiottita dai secoli. Il vuoto adesso introduce una vertigine tutta moderna, estranea allo spirito dei costruttori. Il messaggio estremo delle tombe cavalca il
tempo, ma il tempo lo stravolge a rivendicare il suo potere inarrestabile.
Mauro Lissia
23
Come si parla
Nata da sangue romano
Tutti i glottologi si trovano d’accordo: il sardo
è una lingua che discende dal latino
I
Gianmario Marras
da fu anche scritta: ci sono decine di
l sardo: lingua o dialetto? Una
Roma, per altri quattrocento il catadocumenti che uscivano dalle canrisposta fra tante: “Il sardo non
lano e il castigliano e da duecentocellerie dei “giudici” (signori dei
è un dialetto, ma lingua a sé,
cinquant’anni l’italiano.
quattro territori indipendenti in cui
quantunque non abbia una
Quando ricevettero la Sardegna, a
la Sardegna fu divisa fra il Mille e il
grande letteratura”. È Gramsci
conclusione di una delle tante guerTrecento) che sono scritti in una linche dal carcere di Turi scriveva
re dei primi del Settecento, i Savoia
gua “ufficiale” che è tutta sarda. Fucosì alla sorella Teresina. Lui, che alrimasero combattuti fra la possibirono, semmai, i Catalano-Aragonesi
l’Università di Torino aveva avuto
lità di lasciare che i sardi parlassero
(che conquistarono la Sardegna a
per maestro uno dei più grandi glote, soprattutto, scrivessero in spapartire dal 1323) e poi gli Spagnoli
tologi italiani, Matteo Bartoli, era rignolo e la necessità di mettere i loro
(che la tennero praticamente sin
masto molto legato alla parlata natafunzionari – che parlavano l’italiano
verso il 1720) a respingere il sardo
le, sebbene ormai vivesse da decene anche il francese – in condizioni di
ni lontano da casa. E alla
stessa sorella, che abitava
in Sardegna, chiedeva in
che lingua facesse parlare
il figlio: “Spero che lo lascerete parlare in sardo –
diceva – e non gli darete
dei dispiaceri a questo
proposito”.
È una delle mille testimonianze che si possono
citare sull’affetto che i sardi hanno per la loro parlata materna: che si chiama,
in sardo, sa limba, la lingua e basta. Del resto, anche per i linguisti, ormai
da più di due secoli, il sardo è una lingua: discende,
sì, dal latino dei Romani
che conquistarono la Sardegna 250 anni prima di
Cristo e furono padroni Panoramica di Bitti, importante centro del Nuorese, i cui abitanti ancor oggi difendono la loro “romanità”.
dell’isola sin dopo il 450,
verso i paesi, a costringere la gente
ma poi questa parlata si è evoluta
capire e di essere capiti.
ad usarlo soltanto nei rapporti locali
autonomamente. Gli scienziati, anzi,
Per quasi cinquant’anni i Piemone familiari. Facendolo retrocedere,
dicono che il sardo è la lingua neolatesi cercarono di andare avanti sendunque, a quelle che sono alcune
tina che ha conservato la maggior
za dare una risposta precisa a quedelle condizioni proprie del dialetquantità di parole e di caratteri della
sto problema. Poi decisero di importo: il fatto di essere usato soltanto in
lingua latina.
re l’italiano, grazie anche alla “reuna ristretta area geografica, di esA Bitti, che è un grosso e imporstaurazione” delle due Università,
sere utilizzato quasi esclusivamente
tante centro del Nuorese, addirittuquella di Cagliari e quella di Sassaper i rapporti familiari e, come dira si vantano di questa discendenza
ri, che diventarono le grandi centrali
re?, “confidenziali”, di avere al di
da Roma: “Semus de sàmbene
di diffusione dell’italiano fra i sardi:
sopra una lingua “alta”. Come è caromanu”, ci tengono a dichiarare,
ma ci sono atti notarili del 1820 (cenpitato al sardo, che ha avuto sopra di
“siamo di sangue romano”.
to anni dopo che erano arrivati i Piesé per settecento anni la lingua di
Nel Medioevo questa lingua sarmontesi) ancora scritti in catalano.
26
27
Come si parla
Un’altra delle condizioni che si
chiedono ad una lingua è – come sapeva anche Gramsci – di avere una
propria letteratura.
Questa letteratura, in effetti, esiste: è soprattutto poesia, e ci sono
poeti che scrivono in sardo (in un
sardo, diciamo così, “letterario”) a
cominciare già dalla fine del Cinquecento. In realtà per gran parte di
questa letteratura si tratta di poesia
orale, in genere tramandata a memoria, ma spesso anche scritta. Ed
oggi si comincia anche a scrivere romanzi e racconti.
Nel Novecento, poi, la richiesta
dell’autonomia politica (cui la Repubblica ha risposto con lo Statuto
speciale del 1948) è stata accompagnata dall’affermazione della necessità di tutelare e rilanciare il sardo:
una legge regionale del 1997 ha apprestato una serie di provvedimenti
cui ha aggiunto forza una recente
legge nazionale che riconosce l’importanza delle lingue delle minoranze regionali: e i sardi sono, con il
loro milione e seicentomila cittadini,
la minoranza… più grande d’Italia.
I linguisti, poi, per conto loro non
hanno mai avuto dubbi. Una materia che si chiama Linguistica sarda
non viene insegnata soltanto nelle
due Università sarde, ma ci sono
cattedre con lo stesso titolo in diverse parti del mondo: a Grenoble mi è
capitato di sentir parlare sardo, nell’Istituto di Linguistica, da studenti
del Terzo Mondo. E il massimo studioso della lingua sarda è stato, lungo quasi tutto il Diciannovesimo secolo (morì nel 1882), uno studioso tedesco, Max Leopold Wagner, a lungo professore nell’Università portoghese di Coimbra, al quale siamo
debitori anche di un esemplare “Dizionario etimologico del sardo”.
Il pastore che partiva col gregge
diceva alla moglie: “Pone mihi tres
panes in bertula”, “mettimi tre pani
nella bisaccia”.
Anche il mezzadro di Cicerone,
duemila anni fa, avrebbe detto lo
stesso, con le stesse parole. Manlio Brigaglia
28
29
Patrimonio verde
Santuari naturalistici
Fotografie di Fabio Braibanti e Valeria Serra
L’isola dei parchi: tra boschi, coste e stagni,
è tutelato quasi un quinto del suo territorio
32
Vittorio Giannella
Vittorio Giannella
I
n mezzo al Mediterraneo c’è
l’isola dei parchi. Boschi, coste,
stagni, paesaggi da difendere
dall’assalto di una modernità
senza regole. La Sardegna tutela il suo bene più prezioso,
l’ambiente, per complessivi 490 mila ettari (quasi un quinto dell’intera
regione), attraverso tre parchi nazionali, due regionali, tre aree marine
protette nazionali, otto parchi naturali, settantatré tra riserve naturali e
aree di interesse naturalistico. Un
paradiso allo stesso tempo reale e
ipotetico. Dopo il via libera formale,
solo poche comunità hanno infatti
abbandonato le polemiche sui confini delle perimetrazioni e offerto servizi per i visitatori. È una vicenda
contrastata di vincoli e opportunità,
proibizioni e possibilità, regole e
consuetudini. Il dilemma del Duemila: coniugare lo sviluppo economico agli usi consolidati di comunità millenarie, senza stravolgere
tradizioni uniche ma allo stesso
tempo facendo dell’ambiente una ri-
In questa pagina: immagini dell’Asinara.
In alto, da sinistra: Cala Scombro
di dentro e gli asinelli albini, esclusiva
dell’isola cui hanno dato il nome.
Qui sopra, dall’alto: la raganella verde
e un esemplare di falco pellegrino.
sorsa economica. La strada da percorrere è ancora lunga, ma qualcuno
è già arrivato al traguardo.
Non più isola maledetta ma oasi
naturale di straordinaria bellezza.
Chiuso il supercarcere, l’Asinara accoglie i visitatori (ben ventimila nei
primi due anni di attività) con i silenzi delle sue coste battute dal vento. L’isola è parco nazionale dal 1997
e si impone come uno dei più importanti santuari naturalistici di tutto il Mediterraneo. In questi cinquemila ettari di territorio nell’estremo
lembo nordoccidentale della Sardegna hanno casa 678 specie floreali
(un terzo di quelle censite nell’intera regione), inserite in una vegetazione dai tipici caratteri della macchia mediterranea. Ma anche la fauna riserva sorprese: qui si riproducono circa ottanta specie selvatiche e
tra queste molte rivestono rilevanza
scientifica a livello mondiale, come
il discoglosso sardo, il rospo smeraldino e la raganella. È un habitat ricco di suggestioni. Qui, tra scogliere
33
Fotografie di Massimo Ripani
Patrimonio verde
Qui sopra: le dune della bella spiaggia
di Cala Maiore, a La Maddalena.
A sinistra: la spiaggia Rosa di Budelli,
cosiddetta per il colore della rena,
costituita dai gusci di animali marini.
In basso: Cala Conneri, a Spargi.
Tutte e tre le isole menzionate fanno parte
dell’arcipelago della Maddalena,
dalla fine del 1998 divenuto riserva marina
nazionale per i suoi pregi ambientali.
un’articolata sentieristica terrestre e
marina. Da ovest a est, sempre nel
Capo di Sopra, la natura regala lo
spettacolo delle isole che compongono l’arcipelago di La Maddalena.
È una riserva marina nazionale, istituita alla fine del ‘98 e subito operativa grazie ad una intelligente opera
di mediazione tra le esigenze della
tutela dell’ambiente e le consolidate
attività dei residenti. L’area (poco
meno di cinquemila ettari) ricade
infatti sul territorio di numerosi comuni, alcuni dei quali hanno fatto
dello sviluppo turistico un vero e
proprio business di dimensioni internazionali. Siamo nel regno della
Costa Smeralda: di fronte a Porto
Cervo la riserva tutela le isole delle
Bisce e Nibani, Porto Rotondo fa la
guardia all’isola del Mortorio e a
quella dei Soffi. Ma il cuore del parco è più a nord: Caprera, La Maddalena, Santo Stefano, Spargi e Budelli
(la mitica isola con la spiaggia Rosa),
stupiscono i visitatori con panorami
unici e colori che cambiano con il
volgere della giornata.
Un patrimonio unico che il neonato ente si appresta a tutelare con gli
strumenti adeguati (numerose sono
infatti le fasce interdette, con diverse modalità, alla pesca e alla navigazione) e la valorizzazione delle risorse locali. Si punta a incentivare di
nuovo la pesca, le escursioni, e il recupero delle tradizioni, come quella
dei maestri d’ascia, la cui arte non
verrà dispersa grazie ad un corso di
formazione professionale. Ma la tutela passa dalla conoscenza: nasceranno così il Centro di educazione
ambientale con la Scuola internazionale di ecologia marina, il Centro didattico per le scuole superiori, insieme al giardino botanico e ai Musei
di storia naturale e del mare.
Montagne selvagge, vette frastagliate, calette di sabbia bianchissima, grotte profonde. Dal livello del
e spiagge, il visitatore è incantato
dalle traiettorie del Gabbiano corso,
del Marangone dal ciuffo e del Falco
pellegrino. Ma il vero re di questo
territorio è l’asinello bianco, tanto
caratteristico da dare il nome all’isola, battezzata in questo modo dai toscani nel tredicesimo secolo. Alla tutela non sfugge il mare dell’Asinara,
con una fascia di rispetto di mille
metri nei quali è interdetta la pesca
e la navigazione. Il futuro del parco
(il cui territorio ricade interamente
nel comune di Porto Torres) passa
attraverso la realizzazione di progetti già avviati, come l’istituzione di
un Centro di educazione Ambientale, l’Osservatorio ornitologico,
34
35
Patrimonio verde
l’istituzione avvenuta con decreto
del presidente della repubblica), la
battaglia in atto da quarant’anni si
preannuncia ancora lunga. Nel frattempo il parco che verrà custodisce
l’aspro paesaggio del Supramonte
(un massiccio altipiano calcareo di
ben cinquanta chilometri quadrati),
le falesie sul Golfo di Orosei e la
grotta del Bue Marino, i millenari silenzi del villaggio nuragico di Tiscali, dove vivono i mufloni (fino a
qualche anno fa in via di estinzione)
e volteggia l’aquila reale insieme alla poiana, allo sparviere e all’astore.
Foreste di lecci si alternano a macchie di corbezzolo e ginepro, piante
dai nomi inusuali (ramno di Sardegna, elicriso del Moris, aquilegia
nuragica e tante altre) costituiscono
una microflora di grande significato
scientifico. Una Sardegna completamente diversa da quella conosciuta
dal grande turismo, attratta soltanto
dalle bellezze delle coste. Ma qui
Sotto, da sinistra: grotta del Bue Marino,
a Cala Gonone, nel golfo di Orosei,
che assume il nome da foche superstiti
di una specie ormai rarissima
che sopravvivono in queste acque,
e Punta Corrasi, la più elevata
della catena calcarea del Supramonte.
In basso, da sinistra: parco
naturale del Gennargentu, il villaggio
nuragico di Tiscali e un muflone.
Vittorio Giannella
Adriano Bacchella
Fotografie di Gianmario Marras
mare fino a punta La Marmora, con i
suoi 1834 metri la cima più alta dell’isola. È il parco del Gennargentu e
del Golfo di Orosei, 76 mila ettari divisi tra ventiquattro comuni della
provincia di Nuoro. Nel gennaio del
2001 entreranno in vigore i vincoli di
tutela del territorio, la cui applicazione è stata temporaneamente sospesa viste le fortissime critiche arrivate da una parte di residenti e comuni, contrari all’istituzione dell’area protetta e uniti nel sentire il parco come una intollerabile intrusione
in comunità dalle regole millenarie.
Ma il parco del Gennargentu è ormai una realtà, anche se (nonostante
36
37
Fotografie di Gianmario Marras
Patrimonio verde
A sinistra: Cala Luna, perla
del golfo di Orosei, con le sue
sei enormi grotte, il bosco
di oleandri, e l’alto sperone
roccioso che la protegge
a meridione dai venti di scirocco.
Sopra e sotto: stagno Sale
Porcus, nella penisola del Sinis.
Sotto, a sinistra: girasoli
presso lo stagno di Cabras, sito
a nord-ovest di Oristano,
uno tra i più grandi d’Europa.
non manca certo la scelta: il parco
del Gennargentu offre straordinariamente sia una tra le più belle
spiagge del Mediterraneo (Cala
Luna) che il canyon di Su Gorroppu, un’impressionante gola nel Supramonte di Dorgali. Un territorio
unico che racchiude in sé tutte le
bellezze e le contraddizioni della
Sardegna.
Storia e natura assieme. Gli imponenti resti dell’antica Tharros e la
ricchezza delle coste e degli stagni
di Mistras o Sale Porcus. In provincia di Oristano, nel comune di Cabras, l’area marina della penisola
del Sinis si protende sino all’isola di
Mal di Ventre, curiosa traduzione
della denominazione sarda (De malu ’entu) che in realtà richiama alla
pericolosità dei venti che qui spirano con forza incessante. L’area protetta si estende per trentamila ettari.
La costa, bassa e sabbiosa, a tratti
presenta piccole scogliere o imponenti falesie, come quelle di Torr’e
Seu. Anche l’ambiente marino è caratterizzato dall’estrema varietà, con
fondali sabbiosi e coralligeni ricoperti da praterie di Posidonia oceanica dove spicca lo spettacolo offerto delle madrepore e delle spugne.
38
In queste acque delfini e tartarughe
marine regalano ai visitatori emozioni generalmente associate a località internazionali più rinomate. A
otto chilometri dalla costa, l’isola di
Mal di Ventre sorprende per le sue
spiaggette e i resti di antichi nuraghi. Tutta la costa occidentale è ora
riserva integrale, mentre le escursioni di visitatori (sconsigliate nel
periodo di nidificazione degli uccelli, tra marzo e maggio) devono essere improntate sempre al massimo rispetto di questo habitat, tanto unico
quanto delicato nei suoi equilibri.
Nell’entroterra del parco, l’abbondanza di varietà di uccelli presenti, stanziali e ospiti, rende la penisola del Sinis un paradiso anche
per chi voglia dedicarsi al birdwatching. Le grandi distese palustri
svolgono infatti un importante stazione di sosta per gli uccelli migratori e come luogo di nidificazione. E
intorno, il fascino della storia, con
Tharros ma anche l’oasi di Seu, gestita dal Wwf. Una struttura che, nonostante l’esiguità del territorio tu39
Patrimonio verde
Gianmario Marras
Gianmario Marras
A destra, dall’alto: esemplare di cervo
sardo nella zona del monte Arcosu,
un raro ungulato endemico della regione,
e uno dei fenicottero rosa che vivono
numerosi presso stagni a salinità elevata.
Sotto, da sinistra: la piccola oasi di Seu,
e uno scorcio dei monti dei Sette Fratelli,
ambiente dominato da rocce scolpite.
apprezzare anche le bellezze di una
regione che non regala solo mare e
coste, ma anche un’entroterra di sorprendente bellezza.
Parchi aperti ai visitatori, parchi
che verranno. Dopo un inizio promettente, l’area protetta dei Sette
Fratelli (in provincia di Cagliari) ha
subito uno stop inatteso, determinato dal dietrofront dei comuni che
avevano inizialmente aderito al progetto. Maggiori speranze arrivano
invece dalla riserva marina di Capo
Carbonara (interamente compresa
nel comune di Villasimius), vero paradiso per gli amanti delle immersioni subacquee. A Molentargius
migliaia di fenicotteri nidificano invece tra lo sguardo meravigliato dei
Fotografie di Vittorio Giannella
telato (appena centoundici ettari)
offre numerosi servizi ai suoi visitatori, attraverso visite guidate, una
sentieristica efficiente e la possibilità di effettuare campi di lavoro o
escursioni didattiche.
In attesa di diventare cuore del
futuro parco del Sulcis, è diventata
un’oasi vera e propria, strappata dal
Wwf alla speculazione e al degrado.
In provincia di Cagliari, l’area di
monte Arcosu (nel comune di Uta) si
estende per ben 3600 ettari. È il regno del cervo sardo, salvato dall’estinzione e ora invece vero dominatore di questo territorio dove alti e
maestosi picchi di granito segnano
una foresta mediterranea a lecci e
sughere. Macchie di corbezzoli, eriche, ginepri, mirto, lentisco e filliree
si alternano a popolamenti di tasso,
una conifera estremamente rara in
Sardegna, così come alti crescono
salici, ontani e oleandri. Anche la
fauna è molto ricca. Insieme al cervo, si possono facilmente osservare
la martora, la donnola, il cinghiale e
il gatto selvatico sardo. Una varietà
che non manca neppure tra gli uccelli: avvistare il picchio rosso mag40
giore, il corvo imperiale, il falco pellegrino o la poiana è tra le sorprese
di una visita a monte Arcosu, capace
di regalare incontri unici, come
quello con l’aquila reale o il grifone.
Ma il vero padrone del territorio è il
cervo sardo. Le guide sanno consigliare le zone migliori e più facili da
raggiungere dove questi maestosi
animali si possono ammirare in tutta
tranquillità. Ora sono circa un migliaio e la loro popolazione consente
di restituire ad altre zone dell’isola
questo importante patrimonio naturale. L’oasi di monte Arcosu (aperta
tutto l’anno, tranne i mesi di agosto
e settembre) s’impone come tappa
obbligata del visitatore capace di
visitatori e dei cagliaritani, ancora
sorpresi da questo miracolo che si
ripete da qualche anno. L’area ha bisogno di una tutela immediata, per
sfruttare al meglio anche la bonifica
dello stagno, in corso ormai da tempo e, si spera, in fase di rapida conclusione. Un parco già istituito formalmente, ma intorno a cui le quattro amministrazioni interessate (in
principal modo quelle cagliaritana e
quartese) non trovano uguale motivo di interesse. I fenicotteri, nel frattempo, continuano a volteggiare sopra Molentargius. Per ammirarli basta
un binocolo. In attesa della nascita del
parco, speriamo non volino via. Vito Biolchini
41
Musica tradizionale
Antica quanto l’alba
Un folklore che entusiasmò D’Annunzio, tuttora
apprezzato per l’originalità corale e solistica
L
ormai il ruolo di emblema alle launeddas, invenzione originale dei
musicisti isolani. L’andamento sinuoso di sa oghe, la voce solista che
disegna la melodia iniziale, evoca
subito la risposta ritmata degli altri
tre elementi. Così le sillabe scandite
in coro, il Bom Bim Bam Bo che esalta i toni ruvidi del basso, sono attese
e previste dagli ascoltatori che hanno capito il gioco. Un gioco di inca-
Fotografie di Gianmario Marras
a voce inizia a cantare in
perfetta solitudine. Modula parole che raccontano
d’amore, o di uomini valorosi, o di paesi e luoghi da
guardare con gli occhi commossi da tanta bellezza. Poi il canto
si interrompe. Il silenzio regna per
meno di un secondo, ma si avverte
come se fosse un colpo brusco e fragoroso. Adesso attaccano sa contra,
Qui sopra e a destra: Andrea Parodi e i tenores di Bitti, un quartetto di voci
di una sorprendente forza arcaica, amata e apprezzata perfino dai fans del rock.
su bassu e sa mesa oghe: il quartetto a
tenores mette in scena tutta la sua
forza arcaica, l’armonia sorprendente di un suono gutturale che incontra registri e intonazioni più vicini
alle regole dettate nei conservatori.
L’accordo di queste quattro voci è
diventato un simbolo della musica
tradizionale della Sardegna. Scoperta e apprezzata anche da qualche
protagonista del rock o del jazz, l’arte dei tenores ha trovato palcoscenici
importanti. È arrivata nelle sale da
concerto, ha un posto nei cataloghi
di prestigiose etichette discografiche, frequenta gli studi televisivi e
di festival internazionali. Contende
46
stri fra timbri vocali, di distanze che
si accorciano e si allungano, di effetti
armonici spesso spericolati nei loro
percorsi. Ma è proprio l’accordo tra
componenti diverse, e quasi in conflitto, l’obbiettivo del canto a tenores.
Per questo in qualche zona della Sardegna si chiama cuncordu, in altre è
noto come cuntrattu, in altre ancora si
parla di cunzertu, richiamando il senso più giuridico che musicale della
parola “concerto”.
La Barbagia è la patria riconosciuta
dei tenores. Nei paesi di questa area
della provincia di Nuoro, la tradizione è ancora viva e diffusa. Non è raro, infatti, incontrare giovani che in-
tonano i versi e le armonie ereditate
dai loro antenati. Si canta nei bar,
nei ritrovi, persino in piazza o nelle
strade. In base ai temi e ai moduli
musicali adottati, saranno esecuzioni a sa seria, a passu torrau, a mutos:
varianti che tengono conto di usi e
aspettative del pubblico d’un tempo, riunito da momenti di festa o di
sentimento comunitario. I testi prendono facilmente in prestito le rime
della poesia in lingua locale, ma non
mancano composizioni originali.
Negli anni della contestazione studentesca, e dei conflitti sociali più
duri, i tenores cantarono anche con i
toni della passione politica. Fabbri47
Musica tradizionale
Giovanni Rinaldi
A destra: suonatori
di launeddas
durante le feste
di Sant’Efisio.
Nella foto sotto:
a Tadasuni,
don Giovanni Dore
ha allestito
un singolare museo
degli strumenti
musicali con “pezzi”
di vero interesse,
giusto come questo
che sta mostrando.
che, padroni, giustizia e lavoro affiancarono le dichiarazioni d’amore
o gli inni alla terra d’origine. I fatti
di Pratobello, con i pastori in rivolta
contro le occupazioni militari, finirono presto in un racconto con il contrappunto drammatico di mesa oghe,
contra e bassu. E anche un pezzo di
storia sarda, il Procurade ’e moderare
scritto nel Settecento per condannare i residui di feudalesimo nella nobiltà isolana, venne adottato come
una bandiera di lotta.
I paesi che danno il loro nome alle
formazioni di tenores più conosciute
sono: Bitti, Oniferi, Orosei, Neoneli.
Ma il panorama del canto in Sardegna si allarga ben oltre queste località e questi modelli. In Gallura, lo
schema a tenores si modifica nei numeri e negli equilibri. La tasgia, da
pronunciare con il suono della “j”
francese, accoglie una quinta voce,
lu falzittu, acuta ed estranea alla tradizione barbaricina. Aggius e Tempo
Pausania possono vantare le migliori
espressioni di questo stile, inserito
da Dario Fo in uno dei suoi spettacoli degli anni Settanta: Ci ragiono e
canto. Fu un gruppo di Aggius, il
“Galletto di Gallura”, a rappresentare allora il contributo della Sardegna
al mosaico di voci e identità regionali messo in scena da Fo. Si ripeteva,
così, la scelta che cinquant’anni prima aveva portato un altro coro aggese alla ribalta nazionale. Accompagnati dal musicologo Gavino Gabriel, un tempiese che lascerà fonda48
mentali studi sul patrimonio musicale sardo, cinque ultrasessantenni salirono sul palcoscenico del teatro
Quirino, a Roma. In programma c’era una conferenza-concerto che entusiasmò i recensori dell’epoca. È il
1921, e la cultura europea va ricercando i colori dell’esotico nelle sue regioni più lontane e
“selvagge”. Il premio Nobel a
Grazia Deledda, sei anni dopo, coronerà questa tendenza.
Le novelle e i personaggi a
tinte forti della scrittrice avevano conquistato l’Accademia
di Svezia, come la tasgia aveva
affascinato Gabriele d’Annunzio. Canto “antico quanto l’alba”, scrive il Vate in una lettera indirizzata a uno dei componenti del coro di Aggius,
che aveva ospitato al Vittoriale. E senza paura di alimentare una cattiva fama per gli isolani, la stessa carta suggerisce:
“Se tu e gli altri quattro veramente mi amate, rapitemi stanotte e portatemi... in una capanna, in un bosco di sòveri”.
Delle stesse latitudini degli
accademici di Svezia, giungeranno
ancora segni d’interesse per la cultura popolare della Sardegna. Sul finire degli anni Cinquanta, un giovane danese sbarca nell’isola dotato di
registratore e di molta curiosità. Andreas Fridolin Weis Bentzon girovaga nella parte meridionale della regione, incidendo voci e melodie tra-
mandate di generazione in generazione. Si appassiona soprattutto alle
launeddas, strumento a tre canne che
accompagna cerimonie religiose e
danze di gruppo. Suoni antichissimi, forse ereditati dalle genti dei nuraghi: una statuetta votiva sembra
ritrarre proprio un virtuoso delle
canne ronzanti. Il Campidano, la
Trexenta e il Sarrabus fanno il territorio dove questa musica trova esecutori che interpretano composizioni imparate da anziani maestri.
Bentzon studia, classifica, registra. E
riversa tutto in un libro, editato a
Copenaghen, dove le launeddas vengono analizzate con metodo e amore
nello stesso tempo. È così che l’unione di mancosa, mancosedda e tumbu,
come si chiamano le tre parti che
compongono lo strumento, si declina nelle diverse intonazioni possibi-
li. Il ricercatore danese scopre negli
interpreti un’abilità manuale che
non è solo creazione di musica. Chi
suona le launeddas è anche, quasi
sempre, il costruttore del proprio
strumento. Dunque sa scegliere le
canne, inciderle, equilibrarle con cera d’api. Sa, perché gli sono stati affidati i segreti della costruzione, co49
Piero Pes
Piero Pes
Musica tradizionale
50
ve uomini e donne si scambiano battute piccanti. E qualche volta cerca
accenti altrettanto arditi il trallallero
adottato in gran parte della Sardegna adoperando allusioni e figure
capaci di far arrossire i custodi del
pudore. Le voci, in questi casi, possono rinunciare senza rimpianti all’accompagnamento di strumenti. È
la regola di ugole spesso lasciate sole nella Sardegna che fa musica. E se
la scelta si spiega quando sono in
scena le armonie polifoniche dei tenores, troppo corpose per sentire il
bisogno di altri apporti sonori, non è
difficile capire anche l’autosufficienza di s’anninnia, la ninna nanna
destinata a cullare i neonati, o il lamento funebre di s’attitidu, docu-
Giampiero Marras
me trasformare tre pezzi di fibra vegetale in una mediana, un fiorassiu,
un punto d’organo o un’altra versione di questo immancabile corredo di
processioni e feste.
Il ballo, ancora una volta, ispira e
indirizza la musica popolare della
Sardegna. I passi di su ballu tundu, o
comunque delle forme che assume
la danza, sono il metro tenuto presente dai maestri di launeddas come
dai suonatori di organetto, altra presenza richiestissima nelle occasioni
di riunione della comunità. Ma non
meno perentori sono i richiami dei
riti e delle ricorrenze della chiesa.
Qui la musica torna ad essere soprattutto un affare di voci in accordo. Confraternite e gruppi corali
cantano il dolore del Cristo morto, la
buona novella del Natale, o la devozione alla Madonna, intonando
un’Ave Maria dove il registro dei
bassi crea risonanze accostabili alle
armonie dei tenores. L’influenza del
canto gregoriano è una delle componenti di questo repertorio sotto il segno della Croce. Basta però partecipare all’intesa celebrazione del Lunissanti, momento della Passione
nelle strade di Castelsardo, per
comprendere quanto sia lontana l’idea dell’imitazione da questo
straordinario esempio di musicalità.
Pia e devota quando entra in chiesa,
la musica dei sardi sa essere anche
sfacciata e beffarda. Succede a Sassari con le gobbule, che prendono di
mira peccati e difetti dei personaggi
in vista, o con i muttetti tempiesi do-
Giampiero Marras
Sopra: a sinistra, un’artistica fisarmonica, che in dialetto sardo è indicata col nome generico di sonu, usato anche per l’organetto;
a destra, la matracca, caratteristico congegno suonato durante la Settimana santa; si distingue dalla matracca a roda, con ruota dentata.
Sotto: il musicista Totore Chessa, di Irgoli, suonatore e uno dei massimi conoscitori di organetto e di musica sarda.
Nella foto in basso: Marcello Peghin e Roberto Pellegrini, mentre si esibiscono in un concerto dedicato al folklore tradizionale.
51
Musica tradizionale
mento di una cultura mediterranea
che lega le donne sarde alle prefiche
della Grecia di Omero. L’aria del
Mediterraneo si avverte ancora nel
duru-duru, filastrocca per i bambini
dove i ritmi evocano le sponde arabe del mare attraversato da pirati e
mercanti. Ma nemmeno in questa
occasione, splendida opportunità
per le percussioni della musica sarda, la voce richiede il soccorso degli
strumenti. Eppure non mancherebbero le risorse da sfruttare, come testimonia il museo realizzato a Tadasuni, sulle rive del lago Omodeo,
dalla pazienza da collezionista di
don Giovanni Dore.
La rivincita degli accompagnatori
sarà allora nel canto a chitarra, con
le corde trattate da mani che cercano sonorità spigolose. Voci maschili
e femminili confidano nell’appoggio delle note aggregate dal plettro,
pronte però a tacere quando la chitarra passa a cucire le strofe arpeggiando in primo piano. Sui palchi
delle feste, quando un paese si tassa per offrirsi lo spettacolo della
musica in piazza, questo canto può
precedere con i suoi toni struggenti
la sfida attesissima dei cantadores.
Si gareggia improvvisando versi di
poesia estemporanea, da comporre
secondo una metrica che ha cadenze di musica d’Oriente. Stabilito il
tema, i poeti cantanti estraggono
dalla loro memoria immagini e concetti da esporre in rima baciata.
Dalle gesta degli eroi omerici ai patriarchi della Bibbia, dai sonetti d’amore alle terzine della Divina Commedia, tutto è materia di combinazione, citazione, rifacimento. In una
delle parlate della Sardegna, come
cavalieri medievali i poeti in gara
usano le armi dell’espressione fiorita e dell’accostamento ad effetto.
Vince la fantasia sorretta dalla tecnica più collaudata che asseconda il
gusto della giuria. Gli sfidanti rivestono i panni di contadini, pastori,
artigiani. Fino alla prossima festa,
alla prossima gara e al prossimo
verdetto. Angelo Porru
52
53
Giubileo 2000
Sulla via dei penitenti
Un percorso di fede e di arte tra basiliche,
cattedrali, santuari e chiesette di campagna
56
Fotografie di Gianmario Marras
I
n principio erano giorni e giorni
di viaggio. Sotto la pioggia battente, il vento gelido o il sole
che seccava la gola, riparati da
un grande cappello e da un
manto lungo sino ai piedi. Calzando scarpe logore, con un bastone
per far presa sui sentieri più impervi,
il pellegrino medievale attraversava
boschi coperti di neve, insicuri ponti
di corda tesi da una sponda all’altra
dei fiumi, pianure nebbiose. Esausto,
avanzava verso la città dei papi e la
salvezza eterna. La bisaccia era tutto:
un fiasco d’acqua, una sacchetta di farina, qualche soldo da spendere nelle
luride locande lungo la strada e,
spesso, una copia della Veronica, il
sudario di Cristo, come ammonimento e conforto. Dapprima solo i colpevoli dei crimini più efferati, poi migliaia di penitenti presero a cercare la
via di San Pietro per la remissione dei
peccati
Nell’Anno Santo di secoli e secoli
fa, tutto l’Occidente guardava a Roma, la desiderava e la invocava. Fino
a trovarla. Come un fiume in piena, i
romei si riversavano nelle chiese, alla
luce delle candele bisbigliavano una
litania ininterrotta di preghiere. Giù
Sopra: l’interno della cattedrale
di Ozieri, centro principale del Logudoro,
ricostruita in forme neoclassiche
su un edificio gotico-aragonese del ’500.
Qui sotto: la facciata neoclassica
della cattedrale di Nuoro (1836-1854).
dall’Inghilterra alla Francia, verso la
Liguria e la Toscana, o la Corsica, la
Sardegna e l’isola d’Elba, per giungere finalmente alla meta santa. Il perdono aveva il prezzo di un percorso
infinito.
Ma per i credenti che abitano la
Sardegna, il 1390 porta un regalo a
lungo sperato. Quando regna Eleonora d’Arborea, una Bolla papale concede l’indulgenza per un pentimento
conquistato tutto nelle chiese dell’isola. Col cuore rivolto a Roma, chi
vuole mondarsi delle sue colpe si inginocchia nei templi di casa, e così rigenera l’anima. Dovrà però versare il
danaro corrispondente al costo del
viaggio e di un soggiorno di quindici
giorni nella città dei papi. L’offerta
servirà al restauro degli edifici religiosi più malandati e per altre opere
pie. Ancora oggi il fedele isolano può
lucrare (così dice la terminologia canonica) il Giubileo senza varcare il
mare. Un gran numero di basiliche,
cattedrali, santuari e persino chiesette di campagna invitano i nuovi camminatori di Dio. Ma il pellegrinaggio
moderno cerca spesso anche i segni
dell’arte e della storia.
Forme romaniche, catalano-aragonesi, barocche e neoclassiche si offrono agli occhi dei penitenti. E la declinazione continua dei colori dell’arenaria, del calcare, del basalto e della
trachite accompagnano le tappe fra le
architetture religiose. Tutte le cattedrali dei centri maggiori della Sardegna rientrano nell’elenco del Giubileo alle soglie del Secondo millennio.
Ha una facciata neoclassica quella di
Ozieri, che tradisce l’interno barocco
e il grande polittico cinquecentesco
del Maestro col nome della cittadina.
Un frontone e colonnine ioniche descrivono linee simili anche nel duomo di Nuoro. Qui, nel tempio dedicato alla Madonna della Neve, una tela
attribuita alla scuola di Luca Giorda57
Antonio Saba
no convive con i dipinti di Bernardino
Palazzi, Carmelo Floris e Giovanni
Ciusa Romagna, esempi d’arte sarda
tra Ottocento e Novecento. Un prospetto di classica semplicità sembra
allontanare la cattedrale di Alghero
dalla storia catalana che imbeve strade e monumenti della città. Ma la cinquecentesca Santa Maria riuscirebbe
ad occultare le sue origini solo se non
rimanessero ancora la Porta Petita, le
tre navate con transetto, la cupola e il
campanile ottagonali. Della storia che
incalza e modifica si avverte l’opera
nel 1720. Alghero, col resto dell’isola,
diventa dominio sabaudo: l’altare
centrale si veste allora di marmi policromi, mentre il duca di Monserrato,
nobile piemontese morto prima che
finisca l’epoca dei Lumi, riceve in
premio alla memoria un fastoso monumento funebre.
Correzioni, aggiunte, riedificazioni
per ripristinare quello che il tempo
ha troppo offeso, o il gusto mutato
non gradisce più, sono un segno costante delle case di preghiera vecchie
di storia. Nella cattedrale di Cagliari
poche sopravvivenze confermano la
grandezza delle maestranze pisane.
La più importante è il pergamo di
Guglielmo, scolpito tra il 1159 e il
1162. Collocata prima nella città tosca-
Fotografie di Gianmario Marras
Giubileo 2000
Sopra e in alto a sinistra: pronao
ottocentesco e campanile ottagonale
d’ispirazione tardogotica
catalana della cattedrale di Alghero.
Nelle altre due foto: uno dei leoni
che in origine appartenevano all’ambone
scolpito da Maestro Guglielmo,
ora nel presbiterio del duomo di Cagliari,
e il transetto neoclassico nel duomo
di Oristano, opera di Giuseppe Cominotti.
na e inviata nel 1312 in dono ai cagliaritani, quando era urgente rinsaldare
gli antichi legami minacciati dalla
pressione aragonese, la scultura testimonia il potere di Pisa nella roccaforte strappata alla giudicessa Benedetta. Perduta la facciata romanica, il
duomo ridisegnato all’interno dall’architetto Pietro Fossati, nel 1702, sollecita una visita senza fretta. Sarà così
possibile rinvenire le tracce aragonesi e classiche, insieme alle altre pisane, tra l’esuberanza delle forme barocche.
A Sassari, il duomo viene riedificato nel ’500 su un’antica pieve romanica secondo la tipologia gotico-catalana, per mescolare più tardi stilemi
del tardobarocco e del barocchetto
piemontese. Barocca è pure la nuova
immagine di Santa Maria Assunta di
58
59
Giubileo 2000
trionfo di decorazioni. Settemila scudi sardi pagano marmi e legni intagliati, che si aggiungono al tesoro di
ori e argenti sbalzati e cesellati, in
gran parte dono della contessa Violante Carroz. Ma la nobildonna si fa
ricordare anche per un altro motivo:
la padrona del castello di Barumele,
oggi ridotto a un rudere nelle campagne attorno al paese, legò il suo nome
alla morte di un giovane prete, trovato impiccato nel palazzo.
Preziosi oggetti d’argento, opera
dei migliori artigiani sardi, sono spesso custoditi nelle chiese. Nel tempio
che Bosa dedica all’Immacolata, il
pezzo migliore di un ricco corredo
che conta piatti, lampade e calici di
fabbricazione isolana, con apporti napoletani, genovesi e piemontesi, è un
reliquiario del Sedicesimo secolo di
scuola cagliaritana, forse arrivato in
occasione dell’episcopato di Antonio
Cavaro, membro di una celebrata famiglia di pittori. Nel duomo di Santa
Chiara a Iglesias, che alla fine del
Cinquecento ha mutato il modello pisano in stile gotico-catalano, una comunità facoltosa si concesse un teso-
Qui sopra: navata in stile gotico-aragonese con cappelle laterali
e copertura a volte stellari della cattedrale di Iglesias dedicata a Santa Chiara.
Sopra a destra: le caratteristiche cupolette in forme tardobarocche
della cattedrale di Bosa, risalente al XV secolo, intitolata all’Immacolata.
Sotto: a sinistra, la statua policroma del ’500 di Sant’Antonio Abate
nel transetto della cattedrale di Castelsardo; a destra, la cattedrale stessa.
60
ro di opere cesellate di fino, coltivando così le sue grandi aspirazioni
nel gusto della Spagna opulenta.
Nello stesso secolo, in pieno dominio aragonese, Sant’Antonio Abate
sorgeva a Castelsardo, il borgo fortificato fondato dai genovesi all’epoca delle lotte con Pisa. In questa
chiesa che guarda il mare, oltre agli
arredi in legno intarsiato, opera del-
Fotografie di Gianmario Marras
Adriano Mauri
Oristano, che nel 1733 trasformò radicalmente l’antica chiesa dei Giudici
d’Arborea e degli Aragonesi, risparmiandone appena qualche angolo.
Stesse forme anche per la cattedrale
di Ales, costruita fra il 1683 e il 1688,
quando il dominio spagnolo era ormai al crepuscolo. Domenico Spotorno la progetta con cupola e due campanili ai lati, e vuole per l’interno un
61
la migliore scuola ebanista tra Seicento e Settecento, non si potranno tralasciare i dipinti di un anonimo maestro cinquecentesco, protagonista di
spicco della pittura isolana.
Ma non solo le cattedrali sono
pronte ad accogliere i pellegrini del
Giubileo. Tutte le diocesi sarde hanno
esteso i passi della salvazione ai santuari più importanti, così come a una
nutrita serie di templi meno rappresentativi, ma ugualmente cari ai credenti. Il catalogo dei luoghi di penitenza include allora buona parte delle
architetture religiose più nobili sotto
il profilo artistico. Nobiltà che ha regalato nei secoli una grande forza spirituale a questi luoghi dell’anima.
La diocesi ozierese invita alla ricerca del perdono attraverso la pietra lavica che veste di scuro Santa Maria
del Regno ad Ardara, e con i conci neri e rossi di Sant’Antioco di Bisarcio.
Se la chiesa romanica innalzata alla
Madonna mantiene intatto il suo bel
prospetto a modanature verticali, segnato da un doppio arco sovrastato
da una bifora, ben diverse sono le
condizioni del tempio consacrato al
martire cristiano. Eppure, quello che
fu uno splendido edificio, costruito
nello spazio di tre secoli, dal X al XII,
continua ad affascinare nonostante il
cupo senso di rovina e di morte che
avvolge il visitatore, mentre risale lo
sperone roccioso sulla piana di Ozieri. Nata per onorare la sede arcivesco-
Fotografie di Gianmario Marras
Giubileo 2000
vile, Sant’Antioco patì l’abbandono
quando il suo territorio divenne parte
di altra arcidiocesi. L’offesa dei venti,
l’incuria degli uomini, il fulmine che
ha spezzato a metà il campanile qua-
In alto e sopra: la chiesa di Santa Maria del Regno, ad Ardara, e la basilica
di San Pietro di Sorres, splendidi esempi dell’arte romanico-pisana.
Qui sotto: la basilica di San Gavino, a Porto Torres, iniziata tra il 1063 e il 1065.
62
drato, non hanno però cancellato del
tutto i segni della passata ricchezza.
Archetti e capitelli foggiati nella pietra da abili scalpellini ostentano
un’abbondanza decorativa fatta di foglie, rosoni, volti e animali, che compensa le ferite sofferte dalle pietre.
Alla diocesi di Sassari fanno capo altre due chiese che eguagliano per dignità artistica il maltrattato gioiello
del santo di Bisarcio.
San Gavino di Porto Torres ha conosciuto un destino simile: cattedrale
fino al 1441, quando la sede vescovile
viene trasferita a Sassari è privata del
suo rango e inizia l’inevitabile decadenza. Considerata un’eccellente applicazione dello stile romanico in Sardegna, venne edificata da maestranze pisane fra il 1065 e il 1111. Questi
costruttori erano guidati da un gusto
severo, che la luminosità della trachite chiara non bastava a mitigare, e da
un altrettanto rigoroso senso di economia, che portò a sfruttare le decorazioni di ruderi romani.
La vocazione al risparmio non impedì però le rotonde forme di due absidi contrapposte, che assicurarono
alla basilica voluta da Gonario-Comita, giudice di Torres e di Arborea, una
caratteristica unica. San Pietro di Sorres, vicino a Borutta, sembra accentuare l’inversione di rotta rispetto alla
pulizia architettonica che evoca morigeratezza. Seduce col suo ritmo di
calcare bianco e di trachite nera sin
nella facciata, inventa rombi, occhielli, piccole raggiere, quasi punti di un
63
niniani. Passato in mano dei Benedettini di Montecassino, nel 1112, il complesso si sviluppò tanto da divenire
il più importante insediamento dell’ordine in Sardegna.
L’organizzazione passava dalla
preghiera a una solida gestione economica: l’abate esercitava infatti diritti su una schiera di servi e vassalli,
ottenendo proventi da terre e saline.
La chiesa che ancora esiste fu costruita un secolo dopo, a esprimere
con la facciata intinta nel rosso della
trachite e nel biondo chiaro del calcare, e rallegrata da archetti, rosone e
formelle intarsiate, una visione della
vita ottimistica e fiduciosa. Alla potenza economica degli ordini conventuali ha pure legato i suoi destini
l’abbazia di Santa Maria di Corte (o
64
Sopra: la chiesa di Nostra Signora di Tergu,
costruita nel primo quarto del ’200.
Sotto, da sinistra: San Simplicio, a Olbia,
tutta in conci di granito, e la basilica
di Bonaria, unica testimonianza rimasta
dell’insediamento aragonese a Cagliari.
In basso: scorcio dell’articolato interno
della Madonna dei Martiri, a Fonni.
Fotografie di Gianmario Marras
ricamo lavorato sui conci squadrati.
Sulla strada dei penitenti il vescovo di Tempio-Ampurias apre l’antica
chiesa di Olbia votata a San Simplicio. Spoglia e lineare nel granito della
facciata, appena segnato da modanature ed archetti, mostra all’interno
pilastri e colonne che sostengono il
tetto a capriate e le volte delle navate
laterali. A tanta severità di linee sembra fare quasi da contrappeso Nostra
Signora di Tergu, evocando nella memoria l’operosa vita dei monaci che
abitavano quelle terre. Nella campagna poco distante da Castelsardo, prima dell’anno Mille esisteva infatti un
monastero amministrato dagli Anto-
Massimo Ripani
Giubileo 2000
Cabuàbbas) a Sindia. Furono i monaci cistercensi, inviati in Sardegna a
metà del XII secolo da Bernardo di
Chiaravalle, su richiesta di Gonario II
giudice di Torres, a trasformare un
servizio religioso e una testimonianza culturale in una moderna impresa
economica. Con determinazione e
abilità, la campagna dalla Planargia
al Marghine fu organizzata secondo
il sistema delle grange, le aziende
agricole di stampo benedettino.
La rosa delle chiese giubilari continua con altre proposte di alta rilevanza artistica, come le romaniche Santa
Maria di Uta, San Pantaleo di Dolianova o Santa Maria di Monserrato a
Tratalias o come la gotica chiesetta di
Santa Maria de is Acquas, vicino a
Sardara, o come la duecentesca parrocchiale di San Giorgio a Suelli. Il
pio camminatore può però imboccare strade diverse da quelle
che portano ai tesori dell’arte, e cercare le tracce della
devozione antica per sentirsi vicino alla spiritualità dei
pellegrini nei secoli lontani.
Nella basilica della Madonna dei Martiri, a Fonni, potrà cercare il veneratissimo
simulacro della Madonna,
che la tradizione riporta alla
fine del Seicento.
Attorno alla chiesa, nel
cuore del paese, sosterà nelle “cumbessias”, le rustiche
stanze che davano ricovero
ai fedeli giunti dopo giorni
di cammino. Simili casette,
spoglie e poverissime, confortavano
anche chi accorreva a recitare la novena o a celebrare la festa della Madonna del Rimedio, nel santuario secentesco ristrutturato due secoli dopo ad Orosei. Ma pellegrinaggio era
anche, nella strada che sembrava non
finire mai, vedute improvvise su valli, monti, mare. Era la vista, inchiodata al sentiero e al bastone, che inaspettatamente si apriva alla luce dell’orizzonte a perdita d’occhio. Era un
sussulto dello spirito che si rallegrava
di aver superato fatiche e privazioni.
Un’emozione che a Cagliari la basilica di Bonaria, con la distesa di mare
che pare arrivare fin sotto la sua scalinata, può ancora restituire ai cercatori
di fede in viaggio verso la meta. Ludovica Romagnino
65
Cagliari e la sua provincia
L’ELEFANTE
CI INVITA
Una piccola scultura è quasi il simbolo
della città, della sua forza, della sua storia
DI FRANCESCO LUZZI - FOTOGRAFIE DI ANTONIO SABA
i
ina d
Cart
sso
o Ru
Mari
Nella foto grande: scorcio del capoluogo visto dai bastioni
di Santa Croce. L’immagine mette in evidenza la natura
della piazzaforte cagliaritana: muri a strapiombo, torri poderose,
e strutture bastionate d’intervento aragonese e spagnolo.
Sopra: il piccolo elefante in calcare inserito nell’omonima torre.
69
A
volo d’uccello. Come uno dei fenicotteri che
sono di casa fra gli stagni vicini alla città. Sarebbe il punto di vista migliore per avvicinarsi a Cagliari, cercando di mettere insieme
le molte anime che si nascondono, o si mostrano, in un panorama di pietra e di mare. C’è la Cagliari di acqua e di sole, approdo per i navigatori fenici che
ne fecero un loro scalo intorno al 1000 avanti Cristo. C’è
la Cagliari arroccata e diffidente dei soldati di Pisa. E c’è
la città di affari e di traffici che ci riporta all’impero di
Roma, assieme alla città di chiese e palazzi costruiti in
obbedienza e ossequio al re di Spagna. Bisogna imparare a districarsi tra la storia e il presente di questo capoluogo cresciuto rimarginando le ferite dei bombardamenti aerei nel 1943. Meglio attraversarlo a piedi, senza
paura per qualche salita che porta alla collina fortificata
di Castello. Qui le torri di San Pancrazio e dell’Elefante
fanno le sentinelle agli angoli di una cinta che solo in
parte ha resistito ai secoli. Sono il lascito della dominazione pisana e dell’ingegno trecentesco di Giovanni Capula. Il nome dell’autore è ancora visibile sulle pareti
Gianmario Marras
Trionfo barocco
Pagina precedente: cupola della chiesa
di San Giuseppe, costruita nel 1641
dagli Scolopi rifacendosi a una pianta
d’impronta controriformistica.
In alto: la porta Cristina, antico ingresso
all’arsenale regio; immette nell’area
già occupata dalla cittadella piemontese.
Dietro, la torre di San Pancrazio.
A destra: il presbiterio della cattedrale,
dedicata a Santa Maria. Recinto
da una balaustra marmorea del Seicento,
è adorno di preziosi arredi barocchi
in argento: due bei candelabri di marca
spagnola, un tabernacolo sardo,
un paliotto sbalzato di fattura spagnola,
una lampada di Giovanni Mameli,
artista cagliaritano che la eseguì nel 1602.
Sopra: uno dei quattro leoni pisani
posti a fianco dell’ingresso del presbiterio.
Il più bel panorama lo si gode dai 98 metri del monte Urpino
Fotografie di Gianmario Marras
Qui sopra: l’ampio panorama di Cagliari dal monte Urpino, la cui vetta, raggiungibile dal colle Bonaria, tocca i 98 metri.
Sotto a sinistra: la terrazza Umberto I nel quartiere Castello, dove in passato erano le sedi delle autorità politiche e religiose.
È qui che si trova il Museo archeologico nazionale sorto sull’area dove erano le carceri femminili.
Sotto a destra: la chiesa di San Giacomo, costruita, nel suo impianto originario, poco prima della metà del Quattrocento.
Nella pagina seguente: l’altare maggiore della chiesa di San Michele, tipico esempio di edificio barocco.
to e scultore, realizzò nel XII secolo. Divisa in due parti,
l’opera fu addossata ai lati dell’ingresso nel corso dei lavori per il nuovo assetto tardobarocco della cattedrale.
Andò meglio ai quattro leoni che reggevano le colonne:
la ristrutturazione di fine Seicento trovò un posto ai lati
dell’altare maggiore.
Usciti dalla cattedrale, le stradine strette di Castello
continuano ad evocare i climi della dominazione spagnola. È la città dei palazzi decaduti, di ombre e vicoli dove
un gruppo di congiurati (lo ricorda una lapide) poteva
attendere il suo bersaglio. È una scacchiera di portici e
portali, pronti a chiudersi agli sguardi indiscreti e però
capaci di regalare meraviglie improvvise e inaspettate. È
il luogo del potere, rappresentato dal palazzo Viceregio
(che qualcuno vorrebbe innalzare di rango per aver ospitato un re Savoia in fuga da Napoleone) oggi fresco di restauro. A Castello la città dei governanti si affianca spesso ai marmi degli altari. Così, in via Lamarmora, dietro
una cancellata di ferro e una facciata piatta, la chiesa cin-
quecentesca della Purissima attende visitatori nel suo interno tardogotico. In fondo a via Genovesi, nella parte
bassa del quartiere, Santa Maria del Sacro Monte di Pietà
nasconde volte a crociera e cupolette di matrice aragonese. Sul bastione di Santa Croce, una scalinata invita all’ingresso nella chiesa di uguale intitolazione, da cercare
in posizione di taglio rispetto allo spiazzo panoramico. E
dal basso la città vicina al mare chiede attenzione per i
suoi tesori. Chiama a gran voce l’anfiteatro romano, forse
perché frequentato dalle ugole robuste della stagione lirica estiva. Un discutibile involucro di legno ha tentato
di ricostruire le parti mancanti della gradinata, ingabbiando la pietra dove sedevano i cittadini del II secolo
dopo Cristo. Esaurito il programma di spettacoli, la camicia di forza dovrebbe essere smontata, per restituire aria
e luce al monumento oggetto di polemiche e difese d’ufficio. L’impronta di Roma si estende alla vicina Villa di
Tigellio, che probabilmente poco ha da spartire con questo poeta sardo di scarsa gloria artistica e amicizie altolo-
Anfiteatro e ville, vestigia romane
Gianmario Marras
delle due costruzioni. Ma ad attirare l’attenzione è soprattutto l’elefantino che battezza la torre affacciata sulla
prospettiva del golfo. Per i cagliaritani, questa piccola
scultura poggiata su una mensola è un’immagine familiare come il più classico dei sapori di casa.
A Castello si passeggia per cogliere anche altri segni
della storia. La facciata della cattedrale, ritmata da archetti e colonnine, racconta più di ogni altra architettura
l’effetto dei tempi che cambiano. Intitolata a Santa Maria,
la chiesa medievale in cima alla roccaforte aveva forme
duecentesche. Dall’inizio del Settecento, il duomo si è
presentato con un prospetto barocco. Poi anche questo è
stato cancellato, con un rifacimento in stile neoromanico
che nel 1930 sembra voler sconfessare la scelta di due secoli prima. L’impronta delle origini sopravvive nel campanile, nell’architrave dell’ingresso centrale, nelle porte
laterali e in due cappelle, una pisana e l’altra gotico-aragonese. Ma la matrice della chiesa si coglie anche nel
grande pulpito in marmo che Guglielmo Pisano, architet-
Nella foto grande: l’anfiteatro romano, grandioso monumento
cagliaritano del II secolo. Conserva buona parte
delle gradinate ellittiche, la cavea, le precinzioni, il podium,
e i sotterranei, usati, si presume, come riserve d’acqua.
Sopra e in alto: due particolari della villa di Tigellio, che sorge
nel capoluogo. Ma la relazione tra il complesso edilizio
e il nome del musico sardo, amico di Cesare e Cleopatra vissuto
nel I secolo avanti Cristo, del quale porta il nome, non è
per nulla dimostrabile, anche per motivi cronologici. Si tratta
infatti di tre domus, le residenze signorili dotate di atrio
a quattro colonne con impluvium, tablinum con ambienti laterali
e vani di servizio, in auge solo dal I secolo dopo Cristo.
75
cate. Non si può neppure parlare di villa in senso stretto.
Due isolati, separati da un vicolo, presentano una struttura termale da un lato, e tre domus schierate sul versante opposto. In questo complesso residenziale, del II o
del III secolo dopo Cristo, le colonne del peristilio, i resti
di figure dipinte, le tessere di un mosaico bianco e nero
parlano di una condizione agiata, benessere di provincia
lontano dagli splendori della capitale dell’impero.
Dai Cartaginesi, spodestati nel 238 avanti Cristo., i cittadini della Karales romana avevano ereditato quartieri,
acquedotti, fortificazioni e persino le necropoli di Tuvixeddu e del colle di Bonaria (dove si può visitare, entrando nell’ottocentesco cimitero monumentale, la sepoltura di Munatius Ireneus). Avevano costruito magazzini,
venerato luoghi sacri come la cripta (visitabile a richie-
Maschere e dei per fugare i mali
Nella foto grande: la necropoli punica di Tuvixeddu, che in sardo
significa “luogo perforato”. Costituita da sepolture a pozzo,
cela al suo interno pitture parietali in cui spiccano, nella tomba
dell’Ureo, maschere gorgoniche, cui era attribuito il compito
di tenere lontani i demoni e, nella tomba detta del Combattente,
l’evanescente figura di un guerriero che brandisce
una lancia, forse il divino Sid che fuga i mali temuti dall’uomo.
Sotto: la cripta della chiesa di Santa Restituta, a Cagliari;
ha tracce di affreschi bizantineggianti, forse del XII-XIII secolo.
77
sta) che il cristianesimo dedicherà a Santa Restituta, eretto edifici funebri ora inglobati nella chiesa di San Lucifero, scavato pozzi e realizzato, dove oggi sorge l’Orto botanico, un giardino attraversato da canali artificiali e dotato di giochi d’acqua. Ma sono stati anche autori di un
Sopra: un affresco conservato nella cripta di Santa Restituta. Lo contraddistingue la curiosa peculiarità di essere visibile solo se bagnato.
Pagina seguente: l’ingresso della Grotta della Vipera, a Cagliari, la grande tomba scavata nel calcare, il cui nome deriva
dai due serpenti che ornano il frontone. In origine, aveva la forma di un colombario, preceduto da un atrio con colonne, ora mancanti.
Vi era sepolta Atilia Pomptilia, la compagna di Cassio Filippo, esiliato a Cagliari, che volle dimostrare con le belle iscrizioni
poetiche latine e greche rinvenute sulla tomba, la sua devozione verso la donna che si profferse agli dei per liberarlo da una malattia.
78
Gianmario Marras
Eterno omaggio di Cassio Filippo alla donna che si sacrificò per lui
pezzo di città che invita al silenzio e alla commozione.
Quasi nascosta nel mezzo del viale Sant’Avendrace, alla
periferia cagliaritana, la Grotta della Vipera lega il suo
nome ai due serpenti incrociati che sono scolpiti sul frontone. L’emblema di questa tomba patrizia del I secolo do-
Il bianco lido del capoluogo
Gianmario Marras
Attrezzature balneari sulla spiaggia del Poetto, nel golfo
di Quartu. A godere della sua rena bianchissima e delle sue acque
cristalline sono soprattutto i cagliaritani, che lo considerano
un po’ il lido della città, approfittando della vicinanza di questa
località al capoluogo (ne è addirittura parte integrante).
Completano le strutture a disposizione di bagnanti e turisti anche
un porticciolo, un luna-park permanente e altre attrazioni.
80
81
po Cristo introduce alla sepoltura di Atilia Pomptilla,
moglie di Cassio Filippo, esiliato da Nerone in Sardegna.
Dodici iscrizioni sulle pareti ci dicono, con versi toccanti
in greco e in latino, che Atilia avrebbe offerto agli dei la
sua vita per salvare il suo sposo, gravemente ammalato. I
lasciti della città d’un tempo si trovano, ovviamente, anche tra le vetrine e nei percorsi della Cittadella dei Musei, ricavata da un antico arsenale, famosa per i suoi reperti della civiltà nuragica. E la sensibilità verso le testimonianze del passato trova molte altre occasioni per essere soddisfatta da luoghi, architetture ed esposizioni cagliaritane. Ma quando sono le tensioni del presente a farsi sentire, la rotta punta verso la costa.
Si va verso i paradisi di sabbia e acque trasparenti, irresistibili calamite della Sardegna turistica. Est od ovest,
il risultato della scelta non deluderà le attese. Diretti a
Da un proprietario all’altro
La parrocchiale di Quartu, intitolata a Sant’Elena.
Venne ultimata nel 1835 su una precedente
costruzione gotico-aragonese del ’500, devastata
sessant’anni prima da un incendio. Il borgo
di Quartu Sant’Elena era noto già in epoca romana,
come si legge anche in Cornelio Tacito;
ed è di chiara derivazione romana anche il toponimo,
evocante la distanza da Cagliari lungo la strada
che dal Sarrabus portava fino alla costa orientale.
Fu invasa molte volte nel corso della sua storia:
nel V secolo dai Vandali, nel VI dai Goti e infine,
nel IX, dai Saraceni. Poi, seguì la sorte
di tutti i paesi limitrofi a Cagliari: divenne proprietà
dei conti della Gherardesca (1298), di Pisa
e degli Aragonesi (1323), venne concessa in feudo
baronale ai De Sena (1426), quindi ritornò
patrimonio regio (1491). Ultimi a esserne proprietari
furono i Pes, ai quali fu sottratta
nel 1839, data che segnò l’abolizione dei feudi.
La nuova sfida artigiana
Vittorio Giannella
La cultura degli antenati e
i segni della contemporaneità. Metterli insieme, ridare senso ed eloquenza a
simboli arcaici o a figure da
scavo archeologico è la sfida di alcuni artigiani della
provincia di Cagliari. A
San Sperate, le ceramiche
di Gianpaolo Mameli rimodellano i tori e le decorazioni della gente protosarda. L’immagine taurina, che invocava la fertilità, diventa materia da plasmare, scomporre, combinare. La
lezione delle avanguardie del Novecento indirizza la
mano del ceramista. Linee e colori evitano il realismo
e si fanno allusione, evocazione, metafora. Le insegne
delle divinità o dei cacciatori, la spirale della vita come i disegni di archi e frecce si trasformano in esperimenti di un nuovo gusto per la decorazione. L’eco dei
millenni risuona così forte e chiaro, ma pronto a misurarsi con le attese e i desideri del tempo presente.
Nella stessa direzione, ma con richiami e stile diversi, lavorano anche altri ceramisti, come Francesco
Farci, o maestri di arte orafa, come Maria Conte, che
reinterpretano i gioielli creati per il lusso dei coloni fenici o delle corti giudicali. Non mancano all’appello
neppure le tessitrici di tappeti (nella foto), che a Villamassargia hanno la loro massima concentrazione. I
fili annodati al telaio della nonna possono così mostrare disegni straordinari e inediti, sia pure nel rispetto assoluto delle regole tramandate. Proprio come
aveva insegnato Eugenio Tavolara, protagonista negli
anni Cinquanta di un’altra scommessa che portò l’artigianato sardo nelle riviste del design. 82
83
Il mare entra ed esce
tra i fiordi della costa
La baia di Porto Sa Ruxi,
che si apre tra le scogliere di scisto
e granito della costa a ovest
di Villasimius, a una cinquantina
di chilometri dal capoluogo.
La zona è bagnata da uno dei mari
più belli dell’intera regione,
che s’incunea entro i veri e propri
fiordi nei quali è frastagliata
la costa di questo promontorio.
84
oriente, superata la spiaggia affollata del Poetto, la città
di Quartu Sant’Elena chiede almeno una sosta per conoscere la vita quotidiana di una famiglia sarda tra Ottocento e Novecento. Due le possibilità offerte: la casa-museo “Sa dom’e farra” (attualmente chiusa per riallestimento) o l’analoga ricostruzione di” Il ciclo della vita”.
Stando sul posto, vale la pena riservare un’occhiata alla
chiesa di Sant’Elena: il progetto di questo edificio sacro è
opera di un ingegnere militare, influenzato sicuramente
dalle sue provenienze piemontesi. Poi, il mare: calette
nascoste, sabbia bianchissima o rive di piccoli ciottoli,
come a Cala Regina. Le schiere compatte di case da vacanza a Torre delle Stelle, a Geremeas, a Solanas. Profumi che mischiano la salsedine alla macchia mediterranea
delle colline. Le insenature lunghe di Porto Sa Ruxi, di
Campus, di Capo Boi. Ecco Villasimius, paese che l’estate ingrandisce e anima nelle notti trascorse all’aria aperta. Le luci delle insegne quasi cancellano, così, il ricordo
di un povero borgo che attese ben più di altri l’arrivo
dell’energia elettrica. Rimettendosi in marcia, è arduo
Capo Carbonara, piccola lancia rocciosa a difesa del suo arenile
Qui sopra: l’incantevole vista di Capo Carbonara, un piccolo promontorio a forma di punta di lancia, roccioso su ogni lato salvo
quello situato a nord-est, dove si trova la spiaggia di Porto Giunco che a sua volta limita con il suo arenile lo stagno Notteri.
Nella pagina seguente: pavimento mosaicato della casa dell’Atrio tetrastilo a Nora, databile fra la fine del III e l’inizio del IV secolo.
86
Efisio, l’amico di famiglia
Il primo porto fenicio
Qualcuno lo chiama semplicemente Efisio. Non perché
ignori che sia santo, martire e protagonista della processione fastosa di ogni primo maggio a Cagliari (nella
foto, un momento della festa). È che Sant’Efisio diventa
pressappoco un amico di famiglia per la cerchia di devoti che lo ospita, custodendo questo privilegio generazione dopo generazione, in una delle tappe nel viaggio
verso Nora. Viaggio di una statua, che i cagliaritani
promisero di rinnovare all’infinito se fossero stati liberati da una feroce pestilenza scoppiata nel 1636.
Il cammino di questo amatissimo simulacro comincia dalla chiesetta in cui riposa durante l’anno. Raggiungerà la meta dopo circa quaranta chilometri di
strada. Ma prima, chiuso nel suo cocchio dorato,
avrà intorno la più ricca e colorata espressione della
religiosità popolare in Sardegna. Decine di paesi
partecipano alla processione con i loro costumi tradizionali. Carri trainati da buoi, cavalli montati da miliziani in divise sgargianti, donne ingioiellate, autorità in abito scuro precedono il santo scolpito come
un elegante gentiluomo spagnolo del Seicento. Lo
spettacolo strappa applausi e scatena i fotografi nelle vie del centro città. Più tardi, in periferia, senza
molti spettatori attorno, Efisio indossa vesti più comode, e va incontro ai suoi amici. Giovanni Rinaldi
Resti del tempio di Nora. La città fu uno dei più imponenti
scali fenici dell’isola: la sua ubicazione su una lingua
di terra protesa sul mare consentiva, infatti, l’attracco alle navi
in tutte le condizioni di ventosità. Il primo insediamento
data già dall’XI-IX secolo avanti Cristo, e la tradizione vuole
che fosse la prima città dell’isola, fondata da Norax
di Tartesso. Fu quindi centro punico, poi fiorente città romana,
quando ospitò il governatore della Sardegna
e fu municipio (I secolo avanti Cristo-I secolo dopo Cristo).
La città cominciò a decadere in età tardoimperiale,
forse per l’assenza da sempre di un entroterra fertile, benché
una strada litoranea la collegasse a Karalis e Bithia,
ma anche per l’affievolirsi dell’attività commerciale. Bersaglio
delle scorrerie saracene, anche se nel VII secolo
la città era ancora fortificata, e pagando lo scotto della lontananza
da Bisanzio, sotto il cui governo ricadeva la Sardegna,
venne a poco a poco abbandonata.
decidere una meta: da Cala Pira a Capo Carbonara, dalla
spiaggia di Sinzias a quelle di Quirra, vicine al confine
con l’Ogliastra, e dunque alla provincia di Nuoro, non
c’è una destinazione che manchi di fascino. C’è solo da
scegliere quale prezzo pagare alla fatica: costa qualche
minuto di cammino, infatti, l’atmosfera serena e rilassante degli arenili meno frequentati. Diverso, ma non meno
ricco di occasioni, il cammino verso ovest. All’altezza di
Pula, per esempio, l’area archeologica di Nora riuscirà
ad incuriosire persino i fanatici dell’abbronzatura inten-
88
89
Il cuore selvaggio della famosa Costa
Porto di Teulada, cui si accede facilmente dalla strada panoramica,
dominato dalla torre Budello. Il settore costiero di Teulada rappresenta
il cuore selvaggio della famosa Costa del Sud. È segnato dal profilo
mosso e frastagliato delle sue rocce, da declivi a volte dolci a volte aspri,
che sovente scendono fino al mare, tra cui si schiudono calette
sabbiose e dune ammantate di ginepro, da scogli e isolotti affioranti.
La vegetazione costiera, varia e rigogliosa, annovera cisto,
lentisco, olivastro, euforbia arborea e, in minor misura, alberi di leccio.
90
91
Il costume che ha fatto
innamorare tanti artisti
Il cappellone a tesa larga lo distingue a prima vista. Il costume tradizionale di Teulada, paese del Sulcis che si affaccia sul mare, veste gli uomini con un’eleganza insolita per
la Sardegna. Non adotta la “berritta” a calza che domina
sulle teste maschili nel resto dell’isola. Ispirato da modelli
spagnoli, arrivati insieme alle leggi e ai viceré di quella
terra, il cappello teuladino spicca su un colletto altrettanto rigido e ampio. Due bottoni in filigrana preziosa, d’oro o
d’argento, fermano queste ali spiegate sopra la camicia.
Poi, è il nero a conquistare la figura. Nere le giacche d’orbace. Neri i pantaloni, larghi e già conclusi all’altezza del
polpaccio. Nere le ghette di tessuto sulle scarpe, robuste
come conviene a chi percorre campagne polverose. Ma il
rosso del corpetto accende i suoi toni caldi e illumina tessuti ricamati, preziosi lavori sui polsini decorati a punto
Teulada. Un tocco di verde spunta ai bordi del nero, segnando il taglio ben modellato dei sarti. Un tratto nobile e
ruvido insieme, un’armonia spartana di forme e ornamenti, è lo straordinario effetto di questa combinazione di elementi. Per la delizia dei tanti artisti del Novecento in Sardegna che se ne sono innamorati. Qui, tra il ’500 e il ’600, sorse una rete di sentinelle
Una delle torri che “sorvegliano” la Costa del Sud. Vere e proprie sentinelle del mare, costituivano un sistema
di difesa approntato per l’area di Teulada tra il Cinquecento e il Seicento. Oltre alla già ricordata
torre di Budello, ne facevano parte la torre di Piscinnì insieme con la vicina torre di Malfatano, che domina uno dei capi
più scenografici della costa sulcitana, e la torre di Chia, alta sulle rovine dell’antica Bithia.
L’antica Bithia divisa tra promontorio, spiaggia e isoletta
siva. Scoperta dai Fenici, occupata dai Cartaginesi, conquistata dai Romani, questa bella insenatura custodisce
un complesso di abitazioni, magazzini, banchine, templi,
terme e teatro che sembra raccontare a ogni nuovo venuto i doveri e i piaceri di due millenni or sono. Non lontano, l’insediamento di Bithia conferma l’importanza di
questi approdi per le navi dei mercanti fenici. Ma le du-
92
La scogliera di Chia e l’isoletta Su Cardulinu (che significa
del funghetto), unita alla terraferma da una lingua
di sabbia. Nella località sorgono, per lo più ricoperte
dalla sabbia, le rovine di Bithia, una delle città
cartaginesi più importanti dell’isola. I resti dell’abitato
vennero riconosciuti, sul promontorio, nel 1835
da Alberto La Marmora, mentre la necropoli, sulla spiaggia,
fu messa allo scoperto da una mareggiata nel 1933.
Il tophet della città era ubicato invece sull’isoletta.
Scenografico passaggio a nord-ovest
Il mare quasi perennemente agitato che da millenni qui si frange,
insieme con l’azione erosiva del vento, ha prodotto
sulle esposte rocce trachitiche di Cala Fico uno scenario d’intenso
impatto visivo. La zona preannuncia infatti il Capo Sandalo,
punto di passaggio dalle coste settentrionali a quelle occidentali
dell’isola di San Pietro, un ambiente costiero tra i più intatti.
I liguri vi sbarcarono per primi
Adriano Mauri
Sopra e sotto: il borgo di Calasetta, nell’isola di Sant’Antioco,
sorto nel 1769 attorno alla torre preesistente, e le acque
terse di Carloforte, capoluogo dell’isola di San Pietro, altra isola
dell’arcipelago Sulcitano. Entrambe le città furono fondate
da pescatori liguri profughi da Tabarka, sulle coste della Tunisia.
A sinistra: la torre spagnola di Portoscuso, nato nel Seicento
allorché nei pressi di questa torre venne costruita una tonnara.
ne di Chia, una delle spiagge più scenografiche della
Sardegna, fanno una concorrenza spietata ai richiami archeologici. La prosecuzione a Teulada garantisce vedute
da cartolina, e una serie di tentazioni per stendersi al sole in zone di esercitazioni militari. A questo punto, potrebbe pure farsi sentire una voglia di cambiare registro.
Accontentiamola seguendo la direzione per Santadi: le
grotte di Is Zuddas offrono l’emozione della Sala dell’Organo con una colonna di stalattiti e stalagmiti che ricorda
lo strumento a canne, il bianco abbagliante della Sala
delle Eccentriche, gli ambienti solenni della Sala del Teatro. Da Santadi a Giba, riguadagnata la costa, l’istmo di
Sant’Antioco permetterà di raggiungere l’ex isola (il collegamento è artificiale) che ci ricollega ancora ai commerci e agli approdi dei Fenici. Un museo, con due
splendidi leoni scolpiti, gioielli e altri elementi dei
94
corredi funebri, testimonia queste presenze insieme ai
passaggi dei soliti Punici e Romani. Altrettanto succede
con la necropoli, carica di leggende ormai sfatate sul sacrificio dei bambini. Da non trascurare, però, il santuario dedicato a Sant’Antioco, che unisce le catacombe paleocristiane alle tracce altomedievali e ai dettami del barocco.
Calasetta, sulla sponda opposta dell’isola collegata alla
terraferma, ha la fisionomia squadrata voluta dal progettista che la ideò e fece costruire tutta insieme, a fine Settecento. Dal suo porticciolo salpano i traghetti per Carloforte, approdo nell’isola di San Pietro. I tonni trovavano in
queste acque le reti e gli arpioni della mattanza: la pesca
non è scomparsa, ma la vocazione turistica ha modificato
orizzonti e attività dei carlofortini. La bellezza delle coste
95
Adriano Mauri
La montagna si spaccò: nel suo ventre, una galleria naturale di 850 metri
chitetture che oggi trovano occhi disposti ad apprezzarne gli equilibri senza turbamenti ideologici. Iglesias gioca invece la carta delle sue glorie medievali per sedurre i
viaggiatori che la sfiorano. La cattedrale di Santa Chiara,
la chiesa di San Francesco, il santuario di Santa Maria
delle Grazie, il castello di Salvaterra e un centro storico
accattivante sostengono le aspirazioni di questa città. Poco rimane, al contrario, della vita altomedievale di Domusnovas: la grotta di San Giovanni, attraversata da una
strada asfaltata, è comunque una ragione sufficiente per
farci tappa. L’interesse per il Medioevo propone allora
una lunga deviazione fino al castello di Sanluri, l’unica
integra fra le fortezze sarde dell’epoca. Al suo interno,
un Museo del Risorgimento e delle armi viene curato
Daniele Pellegrini
rocciose, l’erosione del mare che s’insinua creando pozze,
grotte, tagli sulle falesie e su pareti a strapiombo continua
infatti a conquistare gli animi dei visitatori.
Sbarcando a Portoscuso, accesso alternativo all’isola di
San Pietro, è il Sulcis delle miniere e dell’industria in crisi a farsi incontro. Carbonia, altra creazione sorta dal nulla in pochi mesi, rivela la nascita in epoca fascista con ar-
La sagra di Sant’Antioco è la più antica tra quelle che
si celebrano in Sardegna, con le sue 481 edizioni, e
viene festeggiata nel centro della Sardegna meridonale ogni lunedì che ricade quindici giorni dopo la Pasqua. Sant’Antioco contende, poi, al cagliaritano
Sant’Efisio la palma di Patrono dell’Isola, ma in realtà
la sagra che viene celebrata ogni primo maggio nella
città capoluogo della Sardegna è molto più partecipata, sfarzosa e conosciuta. La storia narra di un Antioco nato in Mauritania attorno all’anno 95, avviato alla professione medica dal padre ed educato alla fede
cristiana dalla madre. Esiliato per motivi religiosi a
Sulci (l’odierna Sant’Antioco), raccolse attorno a sé
una comunità di cristiani, ebbe fama di guaritore e
morì in una grotta dove fu condotto dai soldati romani
prima di essere interrogato dal governatore della città.
Il culto di Sant’Antioco è antichissimo: ne
sono state trovate tracce in un periodo antecedente il Cinquecento. Oggi, la sagra
richiama fedeli da tutta la Sardegna e si
svolge nell’arco di tre giorni; uno dei momenti più significativi è costituito dalla
processione de “is coccois” (pani tipici
portati in processione prima di essere usati per adornare la statua del santo), che si
svolge il pomeriggio del sabato, ma il culmine della festa è il lunedì con la processione per le vie di Sant’Antioco del simulacro e delle reliquie del santo. Adriano Mauri
Bernardino Mezzanotte
La più antica delle sagre
Dai grandiosi impianti minerari la vista spazia verso la Costa Verde
Adriano Mauri
In alto e sotto: vasche di decantazione e vista d’insieme della miniera di Montevecchio, un tempo fra le più produttive e funzionali
del nostro Paese. L’insediamento, ormai spopolato, ha gradevoli edifici abitativi in pietra a vista e grandiosi impianti
inseriti in uno scenario paesaggistico di grande pregio: da qui la vista spazia, al di là delle colline boscose, verso la Costa Verde.
Qui sopra, nelle prime due foto: il nuraghe “S’omu e s’orcu”,
a Domusnovas, e la grotta di San Giovanni, a nord di Domusnovas,
formatasi sulla parete del monte Acqua per un cedimento,
con spaccatura alla base, dell’enorme massa calcarea. La tortuosa
galleria naturale venutasi così a costituire è lunga 850 metri.
Sopra, a destra: cortile del castello di Eleonora d’Arborea, a Sanluri.
In basso: vista sui resti delle mura aragonesi, che sostituirono,
nel XIV secolo, quelle pisane e il castello di Salvaterra, a Iglesias.
dalla famiglia che possiede il maniero. Antichi fasti appartengono pure a Villamar, che nei secoli dei Giudicati
sardi fu capoluogo della curatoria di Marmilla. Che si
parli ancora di Medioevo sarà chiaro osservando la particolarissima chiesa, dedicata a San Pietro ed edificata da
maestranze arabe in arrivo dalla Spagna. Nello stesso
paese, ma in un’altra chiesa, l’età moderna porterà uno
Il suo aspetto è piemontese
La parrocchiale di Sanluri, capoluogo del Campidano
centrale, vista dalla terrazza del castello detto
di Eleonora d’Arborea, maniero edificato forse quando
il giudicato di Cagliari era sotto l’influenza di Pisa,
e dotato di quattro torri angolari merlate nel Trecento.
La chiesa, intitolata alla Madonna delle Grazie,
conserva, delle primitive forme gotico-aragonesi, la parte
inferiore del campanile, sopraelevato nel 1794
con un coronamento rococò. L’aspetto attuale è dovuto
a una profonda modificazione di Giuseppe Viana
in stile barocco piemontese attuata tra il 1781 e il 1786.
Anche per la cucina cagliaritana ecco due ricette.
Malloreddus (gnocchetti, letteralmente: vitellini)
Ingredienti: semola, acqua, sale, zafferano. Lavorare bene
la semola fina con acqua tiepida leggermente salata sino a
una consistenza piuttosto dura. Staccare meno di un
quarto di pasta e unirvi lo zafferano. Fare dei bastoncini,
di circa un centimetro, e schiacciarli col pollice su “unu
ciuliri” (canestro fatto col culmo secco del fieno) arrotolati su se stessi, rimanendo all’esterno leggermente rigati. I
Malloreddus si cuociono in acqua bollente salata e si condiscono come normale
pasta asciutta, col sugo
di pomodoro fresco e l’aroma del basilico. (Nella
foto: un canestro di Malloreddus).
98
Gianmario Marras
Quella pasta fatta in casa d’un bel colore zafferano
Arselle a schiscionera
Ingredienti: arselle, olio, aglio, prezzemolo, sale, pane, limone. Dal giorno prima mettere a spurgare un chilo di arselle in acqua, coperte con un colapasta. Il giorno seguente
metterle a fuoco lento in una casseruola senza acqua e lasciare che si aprano (quelle che non si aprono si buttano,
essendo evidentemente morte). Conservare l’acqua in cui
hanno spurgato le arselle e lasciarla decantare in modo che
la sabbia si raccolga sul fondo. Aprire le arselle, lasciandole con i loro gusci, e farle rosolare in olio d’oliva cui sia stato aggiunto un battuto di aglio, prezzemolo e sale. Aggiungere l’acqua lasciata decantare badando bene a non versare
la sabbia del fondo e far bollire lentamente per circa dieci
minuti. Unire una presa di pane grattugiato e lasciar cuocere ancora un poco rimescolando ogni tanto. Volendo, prima di servire, aggiungere un po’ di succo di limone. 99
dei migliori esiti della pittura sarda di tema sacro; è il 1518
quando Pietro Cavaro dipinge per l’altare della parrocchia
di San Giovanni il suo elegante Retablo della Vergine.
Sardegna vuol dire però soprattutto gente dei nuraghi.
Dunque, da Guspini a Villamar, a Villanovaforru, a Sardara, a Barumini, il popolo dei bronzetti e delle pietre sovrapposte ritorna in musei, scavi, rievocazioni che illustrano
questa civiltà di re pastori, sacerdoti, schiavi e artigiani.
Una civiltà che nel villaggio di Barumini, raccolto intorno a
un nuraghe possente, concepito come un baluardo contro
gli aggressori, trova la sua spettacolare apoteosi. Francesco Luzzi
Trattali: che cosa sono
Una ricetta, per chi non è vegetariano: le trattali.
Ingredienti: interiora d’agnello o di capretto, sale, pepe.
Si mette la coratella d’agnello o di capretto al forno sino
a mezza cottura. Intanto si puliscono le budelline conservando anche “sa nappa” (reticella). Tolte dal forno, si tagliano le coratelle in pezzi regolari e s’infilano in uno
spiedo sottile alternandole con pezzetti di grasso e fettine
di pane appena abbrustolito. Infilata la coratella, si aggiusta di sale e di pepe, si ricopre con la reticella e la si lega allo spiedo intrecciandovi intorno le budelline. Si arrostisce nel caminetto o all’aperto con fuoco di legna. Nuraghi d’autore
Nelle foto a sinistra: scorci
del villaggio Su Nuraxi, vicino
a Barumini, considerato
una delle più insigni espressioni
architettoniche della civiltà
megalitica protosarda. Il complesso
rientrava in un sistema
abitativo-difensivo d’importante
valore strettamente connesso
con gli altri nuraghi e villaggi
della Giara di Gesturi.
In alto: la facciata della chiesa
di San Pietro, che sorge
al centro del borgo di Villamar.
Di stile romanico, risale
alla seconda metà del Duecento;
in origine era a navata
unica; poi ne venne accostata
un’altra, più piccola,
da architetti spagnoli ricalcando
modelli d’ispirazione araba.
100
101
Dove, come, quando
Capoluogo non per niente
Una sola difficoltà per chi voglia o debba
soggiornare a Cagliari: l’imbarazzo della scelta
100/300 mila lire, doppia 200/560 mila.
Iglesias: Pan di Zucchero (0781.47114)
propone la singola a 45/63 mila lire e la
doppia a 70/84 mila; ad Artu (0781.
22492) la singola costa 75/95 mila e la
doppia 125/145 mila.
Sant’Antioco: Maladroxia, in località
omonima (0781.817012); i prezzi vanno
dalle 75 alle 115 mila lire per la singola
fino alle 140 mila lire per la doppia.
Carloforte (isola di San Pietro): Hotel
Hieracon (0781.854028), singola 55/80
ALBERGHI
Cagliari: al Caesar’s Hotel (070.340750)
mila lire e doppia 130/140 mila; Galman,
i prezzi vanno dalle 150 alle 180 mila lire
in località Bellavista (0781.852088) dove
per la singola e dalle 180 alle 250 mila
la singola costa 83/114 mila lire e la
per la doppia; Mediterraneo (070.301271):
doppia 120/180 mila; La Valle, in località Commende (071.
857001), che offre la
singola a 110/130 mila
lire e la doppia da 130
a 190 mila.
Pula: Is Molas golf
hotel nella località
che gli dà il nome
(070.9241006), i prezzi
vanno dalle 155/195
mila lire per la singola
alle 230/310 mila per
la doppia; affacciato
Da sinistra: l’ingresso alla Cittadella dei Musei, a Cagliari,
sull’incantevole baia
e, ancora nel capoluogo, un angolo dell’Orto Botanico.
di Nora in località Su
la singola 157/218 mila lire, la doppia
Guventeddu il Baia di Nora (070.
230/278 mila; panoramico e particolare
9245557) offre la singola con mezza penil Calamosca sul mare (070.371628): la sinsione a 210/300 mila lire e la doppia a
gola costa 90/110 mila lire, la doppia
410/540 mila. A Pula-Santa Margherita
120/140 mila. Altre possibilità per un alsi può scegliere tra il Flamingo
loggio confortevole al Panorama
(070.9208361) – singola 150/180 mila lire
(070.307691), dove si può spendere per
e doppia 230/300 mila –, Le Dune
la singola 120/200 mila lire e per la dop(070.92171) – dove il prezzo della singola
pia 180/240 mila; al Regina Margherita
è di 995 mila lire e quello della doppia
(070.670342), che offre la singola a 215
un milione 730 mila –, e il Forte Village
mila lire e la doppia a 275 mila.
(070.92171), dove la singola costa
Domus de Maria: Grand Hotel Chia La475/578 mila lire e la doppia 690/896
guna, località Chia (070.92391): singola
mila lire. L’Abamar (070.921555) offre alagliari è il capoluogo della
Sardegna e della provincia
omonima. È servita da un efficiente e moderno aeroporto, quello di Elmas, a dieci
minuti dalla città. Mentre il
porto commerciale si trova
proprio di fronte alle maggiori vie del
centro storico, sull’antico quartiere della
Marina. Ospitalità per tutte le esigenze.
102
Antonio Saba
Antonio Saba
C
L’Aquarium, nel Centro Le Moresche,
a Maracalagonis, tempio della cucina sarda.
loggi estivi a 93/108 mila lire per la singola e 178/202 mila per la doppia.
Villasimius: Cala Caterina (070.797410),
presso l’omonima località, offre la singola con mezza pensione a 340/400 mila lire e la doppia a 580/700 mila; Stella Maris, a Campulongu (070.797100), propone la singola con mezza pensione a
240/295 mila lire e la doppia a 320/450
mila. Immersi in un paradiso terrestre si
può pernottare anche al Capo Boi, nell’omonima località, in via Cagliari
(070.798815), dove la singola con pensione completa costa 280/450 mila lire e la
doppia 250/680 mila; Tanka, in località
Ripresa d’alto delle Thermae del Parco,
una delle strutture del Forte Village, a Pula.
Dove, come, quando
In alto, da sinistra: lo Stella Maris, e il Tanka
Village, sulla costa di Villasimius.
Sopra: una camera del nuovissimo Timi
Ama, a Villasimius in località Notteri.
RISTORANTI
Cagliari: nei ristoranti
viene offerto il meglio
della gastronomia tradizionale e della cucina nazionale e internazionale. Si mangia al
Corsaro, in viale Regina Margherita 28
(070.664318); Antica
Hostaria, in via Cavour
60 (070.665870) con un
104
Gianmario Marras
Tanca Elmas (070.7951), dove un monolocale con due letti costa dalle 193 alle
292 mila lire e un bilocale con quattro
letti dalle 350 alle 466 mila lire. Da quest’estate è inoltre possibile usufruire dei
servizi offerti dal Timi Ama Resort, in località Notteri, che viene riaperto dopo la
ristrutturazione completata dal gruppo
Mazzella.
Muravera: Hotel Free Beach, Costa Rei
(070.991041), singola 165/240 mila lire e
doppia 175/285 mila.
Castiadas: Hotel Sant’Elmo, in località
Sant’Elmo (070/995161), singola 110/495
mila lire e doppia 200/795 mila.
Sardara: Hotel Terme di Sardara, in località Santa Maria (070.9387200), dove una
notte di “benessere” tra la natura silenziosa costa 50/100 mila lire per la singola e 75/140 mila per la doppia.
conto medio di 50/60 mila lire, da
Crackers in corso Vittorio Emanuele 195
(070.653912) per 40/45 mila lire; Italia in
via Sardegna 30 (070.657987) per un
prezzo di circa 50 mila lire. Pesce freschissimo e crostacei Da Lillicu in via
Sardegna 78 (070.652970) e al Quattro
Mori, in via Angioy 93 (070.650269), con
un conto di circa 50 mila lire. Specialità
della cucina mediterranea all’Arissa, in
via Eleonora d’Arborea 29 (070.658416),
dove si spendono 40 mila lire.
Pula: Su Gunventeddu, vicino alle rovine
di Nora (070.9209092); Piatto d’Oro, via
Lamarmora 9 (070.9208150); Bacchixeddu,
statale 195 al km 33,300 (070.9209653)
spendendo dalle 40 alle 60 mila lire.
Carloforte: Da Nicolò, in via Cavour 32
(0781.854048); Tonno di Corsa, in via Marconi 47 (0781.855106), dove il conto è attorno alle 60 mila lire.
Portoscuso: a La Ghinghetta, in via Cavour 26 (0781.508143), si spendono circa
70 mila lire.
Villasimius: Miraggio, località Campus,
sull’omonima spiaggia (070.798021) con
circa 40 mila lire.
Maracalagonis: Acquarium, al Centro
Le Moresche (070.786012), prezzo intorno alle 45 mila lire.
Santadi: specialità isolane al Mauritania, in via Veneto 11 (0781.955455), 40 mila lire il conto medio.
Villanovaforru: piatti tipici sardi alle
Colline, località Sa Sedda (070.9300123), il
conto raramente supera le 40 mila lire.
MUSEI
Cagliari: alla Cittadella dei Musei in
piazza Arsenale, Museo
Al Tonno di Corsa, a Carloforte,
archeologico nazionale
si gusta la cucina tabarchina.
(070.655911), 9-19 tutti i
giorni, e la Pinacoteca nazionale (070.670157), aperta negli stessi giorni e
ore; Orto Botanico in viale Sant’Ignazio da Laconi
11 (070.6753523), aperto
da aprile a settembre
8.30-13.30 e 15-18.30, visite guidate chiamando
allo 070.6753522; Museo
sardo di antropologia ed etnografia in via
Porcell 2 (070.659294), aperto ogni mattina tranne i festivi; Galleria Comunale
d’arte in viale Regina Elena (070.490727)
aperta 9-13 e 17-21, tranne il lunedì.
Pula: Museo archeologico in corso Vittorio Emanuele 67 (070.9209610), aperto
tutti i giorni dalle 9 alle 19 e Centro di
Educazione Ambientale Laguna di Nora
presso la località omonima, aperto tutti i
giorni tranne il lunedì con orari dalle
10.30 alle 12 e dalle 17 alle 18.30.
Sant’Antioco: Mostra archeologica di
Sant’Antioco, via Regina Margherita 113
(0781/800596), aperta tutti i giorni, e da
giugno a settembre con orari 9-13 e 15.3019; Museo Agropastorale del Sulcis, via Necropoli 6 (0781.800596), aperto tutti i giorni dalle 9 alle 13 e
dalle 15.30 alle 18.
Iglesias: Museo
mineralogico, ubicato in via Roma 45
(0781.22304), aperto ogni mattina e il
pomeriggio con
preavviso.
Sanluri: Museo risorgimentale E.F. Duca d’Aosta ospitato
nel castello di Eleonora d’Arborea (070.
9307105), aperto
martedì, mercoledì
e giovedì 17-20.
La sala da pranzo
Campuomu, nei della Ghinghetta,
e raffinato
dintorni di Sinnai: raccolto
locale di Portoscuso.
Museo del cervo sardo nella caserma forestale Umberto Noci
(070.27991), aperto tutti i giorni 8-12 e 13-16.
INFORMAZIONI
Cagliari: Esit in piazza Deffenu 9
(070.604241; azienda autonoma di soggiorno e turismo in via Mameli 97
(070.664195-96).
I SITI DI INTERNET
www.aast.ca.it/vacanze-cagliari/speciale-alberghi.htm. Ancora su Internet
www.Sardegna.com.www.zonanet.com.
e www.sardiniapoint.it. 105
Il grandioso panorama di Bosa,
una delle più caratteristiche città storiche
dell’isola, già centro nuragico,
poi fenicio-punico e infine dominio romano.
È attraversata dal Temo, unico fiume
navigabile della Sardegna. In secondo piano,
nella foto, spicca il castello dei Malaspina,
nuovi signori del luogo fin dal XII secolo.
Diedero notevole impulso alla città, prima
del periodo aragonese, quando Bosa ottenne
grandi privilegi come libero Comune.
Nuoro e la sua provincia
NON SOLO PASTORI
Secondo l’immaginario collettivo, il “cuore della Sardegna”sarebbe abitato
da uomini e donne perennemente chiusi nei loro costumi; al contrario, è un territorio
vasto ed eterogeneo, dove un’antica cultura si mischia con i segni della modernità
DI VITO BIOLCHINI - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS
Cartina di Mario Russo
Q
uattro percorsi per la provincia più misteriosa
dell’isola. Per tutti è il “cuore di Sardegna”,
dai tratti duri e contrastanti, montagne inaccessibili e foreste mai toccate dall’uomo, ma
attenti alle facili semplificazioni: assieme a una cultura
tradizionale capace di dare un ritmo antico alla quotidianità delle comunità dell’interno, la provincia di Nuoro
raccoglie un territorio vasto (poco meno di settemila chilometri quadrati) ed eterogeneo, dove i segni della modernità si colgono con sempre maggiore frequenza, si mischiano e si fondono (se non quando entrano in conflitto),
e creano una realtà ben diversa da quella presente nell’immaginario collettivo, abitata esclusivamente da pastori o donne chiuse nel loro perenne costume nero.
Bosa e il suo porto fluviale
Barche e barconi da pesca sono attraccati nelle vicinanze
del ponte Nazionale, lungo il fiume Temo, a Bosa.
Un tempo, l’economia della città si basava sui floridi traffici
commerciali, collegati con la presenza del fiume
e del porto, specie sulle rotte verso la Spagna nel periodo
della dominazione aragonese; a testimonianza
rimangono gli interessanti edifici abbandonati, sulla sinistra
del Temo, Sas Conzas (le concerie), oggi motivo
di curioso interesse turistico, insieme con le barche di legno
dei pescatori bosani, vivacemente dipinte e ormeggiate
sulla banchina di questo porto fluviale, unico in Sardegna.
110
111
112
Centro di potere
dei Malaspina
Fra pittoresche
rampe e viuzze
Il castello dei Malaspina,
o di Serravalle, a Bosa,
nell’ultimo tratto della via
del quartiere Sa Costa.
L’edificio è uno degli esempi
di architettura civile
e militare del Medioevo sardo
tra i più interessanti.
Piccole piazze, viuzze,
portici e slarghi, collegati
da rampe e scalinate
del pittoresco quartiere
Sa Costa, a Bosa,
con le sue case di tufo rosa
o verdastro, spesso
con decorazioni aragonesi.
113
Nuoro, ad esempio, non è più la città di Grazia Deledda, ma un centro dinamico dove ha sempre maggiore importanza il settore terziario, polo di attrazione di un’ampia economia che gravita intorno alla capitale della Barbagia. Un capoluogo la cui importanza per l’isola non è
certo ben rappresentata dalla debole consistenza demo-
Il mondo della Deledda
Venne chiamato Anselmo da Como per onorare due volte
San Pietro in stile lombardo-romanico
114
Nella foto grande qui sopra: la facciata della chiesa di San Pietro,
la cattedrale di Bosa, attribuita ad Anselmo da Como,
che costruì anche la chiesetta di Zuri pure dedicata a San Pietro.
In alto a destra: particolare del rilievo in calcare sull’architrave.
Oggetti personali, ma anche
fotografie, pagine autografe,
prime edizioni di libri che
hanno fatto la storia della
letteratura mondiale. A
Nuoro la casa natale della
scrittrice Grazia Deledda è
diventata un museo. Inaugurato dal 1983 e gestito
dall’Istituto etnografico,
propone ai visitatori una
raccolta di testimonianze
sulla vincitrice Nobel nel 1926. In una delle stanze sapientemente ripristinate spicca anche la riproduzione
del diploma di conferimento del premio, così come risalta per l’importanza e la bellezza la cucina (ricostruita secondo la descrizione fattane dalla stessa Deledda nel suo romanzo pubblicato postumo Cosima),
e il cortile, dalla misteriosa bellezza. Assieme alla casa
un altro luogo deleddiano per eccellenza è la chiesetta
della Solitudine (nella foto), lungo la strada che porta
al monte Ortobene, dove la scrittrice è sepolta. Assieme a Nuoro, anche Galtellì propone ai visitatori atmosfere e paesaggi tanto cari ai romanzi di Grazia
Deledda. In questo comune sta nascendo un parco letterario, per conservare e preservare i luoghi dove la
scrittrice ha ambientato numerose vicende, oggi care a
lettori di tutto il mondo. 115
Dal corpo centrale
alla navata nord la storia
di un secolo e mezzo
Vista d’insieme della chiesa di San Pietro,
che sorge a due chilometri da Bosa
risalendo la sponda sinistra del fiume Temo.
È raggiungibile anche in barca.
La sua vicenda costruttiva si articola in tre
momenti diversi: il corpo centrale,
d’impianto romanico-lombardo, venne eretto
tra il 1062 e il 1073; poi fu la volta
dell’abside con le due campate contigue,
di quattro campate verso la facciata,
del campanile e di una parte dei muri laterali,
costruiti nel secondo decennio
del XII secolo; gli ultimi dieci anni del ’200
videro la nascita del prospetto,
di parte della fiancata sinistra, di due sottarchi
della navata nord, edificati in forme
gotico-francesi importate dai Cistercensi,
titolari a Bosa di due monasteri.
grafica (appena trentacinquemila abitanti) ma dall’apporto di intelligenze e professionalità che questa città ha
garantito per lungo tempo. Una città letteraria: Grazia
Deledda, Sebastiano Satta e Salvatore Satta sono i nomi
che meglio hanno raccontato le strade strette dei quartie-
116
ri di San Pietro o di Seuna. Della scrittrice Premio Nobel
nel 1926 si può visitare la casa museo, che sorge nei pressi della piazza dedicata al poeta Sebastiano Satta. Anche
qui una casa natale attende di essere trasformata in museo. Ma Nuoro è anche la bellezza del monte Ortobene
(dove si staglia la statua del Redentore, epicentro della
grande festa tradizionale del mese di agosto), la straordinaria ricchezza del Museo etnografico, l’appartata bellezza della chiesa della Solitudine, estrema dimora della
Deledda, e ancora le case basse e antiche del quartiere di
San Pietro, il più caratteristico della città.
Baricentrica rispetto ad un territorio vastissimo, Nuoro
è il punto di partenza obbligato per chi voglia conoscere i
centri più importanti della provincia. Guardando a ovest,
meritano una visita Macomer e Bosa. È questa una zona
117
La vita di San Giovanni Battista raccontata per immagini
sulla volta della chiesa di Siniscola a lui dedicata
Uno scorcio del maestoso interno della parrocchiale intitolata a San Giovanni Battista che sorge a Siniscola, il centro maggiore
della Baronia omonima (o di Posada). Costituito da tre navate, è interamente rivestito di affreschi; quelli che illustrano
episodi della vita del Battista si trovano sulla volta della cupola. Vennero eseguiti tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.
ricca di nuraghi, che spuntano come sentinelle ad ogni
tornante. Sull’altopiano di Campeda, sorge il nuraghe
Santa Barbara, risalente al X secolo avanti Cristo. È uno
dei più belli della Sardegna e regala uno straordinario
panorama sulla città e la piana di Abbasanta. Costruita
su un ciglione basaltico, Macomer racconta il suo antico
passato preistorico, ma anche lo sviluppo di un centro
florido, capace di sfruttare la sua posizione di crocevia
tra Cagliari, Sassari e Nuoro. Nel Cinquecento prende
forma la chiesa di San Pantaleo, uno dei più importanti
esempi di stile gotico-aragonese, dominante in Sardegna
nel 1500, ancora ben conservata nel suo campanile e nelle cappelle nobiliari.
Un passato di fasti che esplode a Bosa, tra i centri più
Spazio agli artisti sardi
Da poco più di un anno è stato inaugurato il Museo
d’arte di Nuoro (Man). Sistemato in un palazzo ottocentesco nel centro storico della città, fra corso Garibaldi e piazza Sebastiano Satta (telefono
0784.25.21.10), il museo dispone di due sale al primo
e al secondo piano, in cui sono ospitate collezioni di
arte sarda del ’900, da un olio di Ballero datato 1908
sino a creazioni risalenti agli anni Settanta. Inoltre,
una sala ubicata al terzo piano è destinata a mostre.
In totale, lo spazio espositivo annovera seicento metri quadrati. Un occhio di riguardo verrà riservato
ad artisti italiani e internazionali con particolare attenzione al territorio. La collezione vanta prestigiose
opere di artisti del calibro di Biasi, Floris, Ciusa,
Ciusa Romagna, Manca, Nivola e molti altri. Nell’ambito delle attività del Museo Man sono previste
attività di ricerca storico-artistiche, con scambi di
collezioni con altri musei nazionali, con esposizioni
di architettura, grafica e video-art, senza trascurare incontri periodici con il pubblico su tematiche riguardanti le diverse espressioni artistiche. Ingresso, a pagamento, dal martedì alla domenica dalle 10
alle 13, dalle 16 alle 20. Il suo cuore antico
Pagina precedente: un altro scorcio
della parrocchiale di Siniscola.
Sopra: uno dei motivi architettonici
gotico-aragonesi in trachite
che ancora sopravvivono soprattutto
su portali e finestre del rione
storico di Santa Croce, e che furono
eseguiti da maestranze locali.
Nucleo di antica data, Santa Croce
sorse nel Medioevo attorno
a un maniero che fu distrutto nel 1478.
Qui a sinistra: il campanile
della chiesa di San Pantaleo, innalzato
nel 1574 dall’architetto
Michele Puig, nativo di Bolotana,
paese in provincia di Nuoro.
La chiesa si trova nel rione Santa Croce,
ed è caratterizzata anch’essa
da forme gotico-aragonesi realizzate
in pietra trachitica rossa.
121
caratteristici dell’isola. Merito anche del fiume Temo
(l’unico navigabile in Sardegna) che qui raggiunge il mare e regala prospettive inusuali a un panorama di grandi
suggestioni. Sul centro storico dell’antica Calmedia, incombe infatti il castello di Serravalle (o di Malaspina), la
cui edificazione ha avuto inizio nel 1112. La rocca è ben
conservata e presenta sul lato nord una torre innalzata
nel ’300 sul modello di quelle cagliaritane, così come, all’interno della cinta, merita una visita la chiesa di Nostra
Signora di Regnos Altos, caratteristica per i suoi affreschi
quattrocenteschi. Visitare Bosa significa anche perdersi
nel suo centro storico, ben conservato nel quartiere Sa
Costa, con rampe e scalinate, slarghi e piazzette. Il mare
fa da sfondo ad ogni panorama, incantevole come il tramonto e la bellezza della chiesa di San Pietro, fondata nel
1062 e arricchita nel periodo romanico da una facciata divisa da tre arconi a sesto acuto, con tre rosoni e l’architrave del portale principale scolpito. Una tappa immancabile prima di raggiungere la spiaggia di Bosa Marina e visitare la torre spagnola che si erge sull’isola Rossa.
Da un estremo all’altro, dalla costa occidentale a quella orientale. Un itinerario che parte da Siniscola, capitale della Baronia e centro turistico in forte espansione.
La bellezza delle spiagge impone una visita anche fuori
stagione: La Caletta è tappa obbligata, così come il litorale di Mar’e Flumene dove spicca la torre secentesca
di Santa Maria, costruita con mattoni e pietra basaltica
scura. Spingendosi ancora più a sud di Capo Comino, il
territorio di Siniscola offre spiagge deserte e suggestive; come quella di Bèrchida, magnifica nella sua solitudine e arricchita dallo spettacolo offerto da un sistema
di stagni. Risalendo la costa verso nord, risalta il profilo
inconfondibile di Posada, dominato dal castello della
Fava. Assieme alle mura esterne, è ben conservata la
torre (alta venti metri) che racconta il passato antico di
questo paese, capitale nel XII secolo del giudicato di
Gallura. Anche il centro storico merita una visita, con le
sue case più antiche spesso costruite direttamente nel
roccione, a precipizio sulla pianura.
In un itinerario dedicato alla Baronia, non può mancare
Le dune d’Oriente
albergano a Silita
La spiaggia di Silita a Capo Comino,
dove albergano le uniche vere
dune sabbiose di tutta la costa est.
Colonizzate da bellissimi
ginepri fenici e altre piante pioniere
erbacee ed arbustive, offrono
un incantevole colpo d’occhio, reso
ancor più marcato dal contrasto
fornito dal rosso del granito porfirico
dell’isola Ruia, che affiora
dal blu del mare a pochi metri dalla riva.
122
123
Qui c’era forse un insediamento romano
La torre quadrata del castello della Fava vigila sull’abitato antico di Posada, arroccato a scaglioni tra stretti vicoli sulle pendici calcaree
dello sperone che s’alza isolato per 94 metri al centro di una vasta piana litoranea dovuta alle alluvioni del rio Posada.
Dalla torre principale, alta venti metri, si può ammirare uno stupendo panorama che abbraccia tutta la vallata e il monte Albo,
e si spinge a est fino al mare, raggiungendo La Caletta e Santa Lucia. Secondo ipotesi non documentate, il primitivo
insediamento potrebbe essere ricollegato alla romana Feronia, centro agricolo e commerciale sulla strada litoranea Karalis-Olbia.
La caduta del baluardo che pareva inespugnabile segnò la fine del borgo
Ancora la torre del castello della Fava, che insieme a cospicui tratti delle cortine murarie e a ruderi del maschio,
è quanto rimane del maniero edificato nel XII secolo. Appartenuto al giudicato di Gallura, di cui Posada fu capitale per un certo
periodo, passò quindi, con alterne vicende, al giudicato di Arborea. Quando, nel 1323, gli Aragonesi invasero
la Sardegna, fu un ottimo baluardo di difesa, data la sua posizione dominante e pressoché inespugnabile, solidamente ancorato
com’è alla rupe a precipizio sul quale poggia. Nel 1388 fu acquistato dal re d’Aragona insieme con altre terre
circostanti, e costituito in baronia con vasta giurisdizione feudale. La decadenza del castello, dovuta alle frequenti incursioni
barbaresche, trascinò con sé anche la vita del borgo, favorendo l’ascesa del vicino paese di Siniscola.
Giochi scenografici
In queste pagine: immagini di Posada.
Nella foto grande: la parrocchiale
di Sant’Antonio Abate, che fu fondata
nel 1324 e ricostruita nel Seicento.
Qui a sinistra e in basso: due scorci
del centro storico, dove restano
soltanto alcune delle più antiche case
edificate nello sperone roccioso.
Il bianco solare della calce, l’austerità
della pietra, il gioco di scalinate,
vicoli e archi che lo percorrono, rendono
il paese altamente scenografico.
la capitale storica di questa sub regione isolana: Orosei.
Già importante centro romano col nome di Fanum Carisii, nel ’400 conobbe un periodo di floridezza, prima di
tornare nell’ombra a causa delle scorrerie barbaresche.
Di sicura attrazione ad Orosei sono le chiese: la parrocchiale di San Giacomo Maggiore, edificata tra il Sei e il
Settecento, con una facciata di grande impatto scenografico, e la chiesa di Sant’Antonio Abate, circondata da
cumbessias (le caratteristiche case basse costruite per accogliere i fedeli durante le lunghe feste tradizionali) e
protetta da una torre di probabile origine pisana. Storia
ma anche natura: fuori del paese la spiaggia di Osalla,
lunga circa cinque chilometri, regala al visitatore momenti di tranquillità anche nei mesi più caldi dell’assalto
turistico. È ormai invece una delle attrazioni più importanti dell’isola il paese di
Dorgali col suo sbocco a mare
di Cala Gonone. Il centro abitato è molto caratteristico e
offre una vasta varietà di prodotti tradizionali: dai vini ai
tappeti, dalle ceramiche alle
filigrane. L’entroterra si caratterizza per la forte presenza di aree archeologiche, tra
cui si segnala il famoso villaggio nuragico di Serra Orrios. Ma è soprattutto per il
mare che questa zona dell’i-
129
Nei suoi monumenti si legge il ruolo civile e religioso di Orosei
Sopra: ancora due scorci di Orosei, capoluogo della Baronia omonima. La città conserva numerose architetture civili e religiose
che attestano l’importante ruolo amministrativo e commerciale svolto nel corso dei secoli. Da sinistra: il campanile
di San Giacomo Maggiore, sorto tra ’600 e ’700, e la torre di Sant’Antonio, forse pisana, nel cortile della chiesa di Sant’Antonio Abate.
Carnevale in maschera
Confraternita sempre attiva
La chiesa delle Anime, a Orosei, fondata
durante il Settecento dall’omonima confraternita.
Quest’ultima, di origine antichissima,
è ancora molto attiva, e nella caratteristica tonaca
rossa e bianca i confratelli sono sempre presenti
nelle feste e nei riti religiosi che si tengono in città,
insieme con la confraternita del Rosario.
130
Ogni paese ha il suo santo, e il suo santo la sua festa. Ma se
volete vedere tutte assieme le tradizioni di questa provincia
l’occasione migliore è quella della festa del Redentore, in
programma a Nuoro l’ultima settimana di agosto. Migliaia
di fedeli in costume caratteristico sfilano dalla città fino alla
sommità del monte Ortobene dove spicca la gigantesca statua del Cristo in croce, realizzata nel 1900. Altro appuntamento da non perdere è quello con il Carnevale, che nei centri della provincia celebra riti unici. Il mistero delle origini
della civiltà agropastorale si riflette nelle maschere lignee
dei mamuthones di Mamoiada (nelle foto), accompagnati
nella loro sfilata dagli Issoccadores. Ma anche altri paesi recentemente propongono ai visitatori le loro maschere caratteristiche: Ottana, Orotelli, Gavoi e Fonni. Dal Carnevale si passa alla Quaresima e ai riti della Settimana Santa, notevoli per importanza e bellezza a Oliena e Bosa. Importanti anche le nuove feste legate ai prodotti tipici del territorio (come
la sagra delle castagne ad Aritzo), o di richiamo turistico come il palio di Fonni nel mese di agosto. 131
Cala Luna: un indimenticabile paesaggio fra stagni e oleandri
Le settanta costruzioni
del villaggio nuragico
Antonio Saba
Conosciutissima e fotografata da eserciti di appassionati, la spiaggia di Cala Luna, con il suo vasto arenile, rivela
una scenografia di indescrivibile bellezza. Si estende per oltre ottocento metri, con un fitto bosco di oleandri che in luglio
ed agosto si specchiano nello stagno dietro le dune. Sul versante nord della spiaggia si aprono sei caverne,
dove l’acqua scorre durante le alluvioni. Le sovrasta un alto colle di scura lava basaltica, il Fruncu Nieddu, ultimo esempio
di fenomeni vulcanici come si possono ritrovare solo verso l’entroterra, nel cuore del Supramonte di Baunei.
sola conosce anno dopo anno un sempre maggiore gradimento. Cala Gonone è un biglietto da visita eccezionale.
Da non perdere le escursioni via mare, non solo alla grotta del Bue Marino, ma anche alla spiaggia di Cala Luna,
ritenuta la più bella del Mediterraneo, per la presenza di
sei enormi grotte che si aprono sull’arenile e per il bosco
di oleandri che costeggia lo stagno, parallelo al mare. Nel
territorio di Dorgali ricade in gran parte anche l’ormai famosissimo villaggio nuragico di Tiscali. Il sito sconfina
anche nel territorio di Oliena, ultima tappa di questo itinerario nella provincia di Nuoro. Il paese alle falde del
Supramonte offre ai suoi visitatori escursioni naturalistiche di incomparabile bellezza. Dalle fonti carsiche di Su
132
A sinistra: un angolo del Golfo di Orosei,
cui è riconosciuto il titolo di Riserva naturale
a difesa dei rari esemplari di foca monaca.
Sotto: resti del villaggio nuragico di Serra Orrios,
nei dintorni di Dorgali fra cespugli e oliveti.
Si compone di settanta costruzioni che avevano
un pozzo in comune. Sono considerati
di grande interesse storico due tempietti a megaron:
uno conserva solo resti delle fondamenta,
e si trova all’esterno del villaggio, il secondo
è invece in ottimo stato conservativo,
come l’architrave posto all’ingresso e, all’interno,
il “sedile” nella sua posizione originale.
In basso: chiesetta sullo sfondo del Supramonte.
Da carcere a museo
Una collezione di teatri
in miniatura: ecco un’occasione insolita da cogliere al volo a Orosei,
dove nell’antico edificio
una volta adibito a carcere è allestito il Museo
Guiso, inaugurato all’inizio del 2000. Nei tre piani di questo palazzo signorile
(nella foto) ristrutturato dagli architetti Vittorio Gregotti, Cosimo Loddo e Nicolò Melis, trovano collocazione anche marionette e scenari teatrali, mobili di eccelsa
fattura, libri rari e di pregio artistico, pezzi d’artigianato unici e raffinati, donati al Comune dal notaio Giovanni Guiso. Mosso dalla inarrestabile passione del
collezionista, Guiso ha raccolto pure abiti e costumi, firmati da Dior, Versace, Curiel, Schubert e Valentino, ed
una selezione di opere realizzate dai protagonisti della
Scuola Romana, artisti come Raphael, Scipione o Mafai. E poi altre testimonianze del Novecento, con le
creazioni di Severini, Capogrossi, Guttuso, Levi, Maccari, Cagli, Papi, Purificato, assieme al Miracolo di
Elia dipinto nel Seicento da Raffaello Vanni, allievo di
Pietro da Cortona, a una Natività cinquecentesca, a un
ritratto di Alberto Moravia dovuto alla mano di Pier
Paolo Pasolini. Nei suoi primi mesi di attività, il Museo
Guiso ha già richiamato numerosi visitatori, attratti
dalla singolarità di tali collezioni, capaci di proporre un
tragitto originale tra epoche, soggetti e stili diversi. Aspro e incantevole Supramonte
Sopra: tra la ricca vegetazione e altipiani di roccia basaltica
si snoda il fiume Cedrino, che sbocca sul mare a nord di Orosei.
In basso: il massiccio di Supramonte di Oliena, non sempre
di agevole percorribilità in un ambiente selvaggio ma incantevole.
Gologone alla valle di Lanaittu fino al monte Corrasi, la
natura offre visioni da assaporare sempre con l’aiuto delle esperte guide locali.
L’Ogliastra: ovvero dal mare alla montagna in un batter
d’occhio. Lo scenario costiero è tra quelli più conosciuti:
le rocce rosse di Arbatax, mastodontici ammassi di graniti porfirici che salutano ogni anno migliaia di visitatori al
loro sbarco nell’isola. Il piccolo borgo si è sviluppato nel
XVII secolo intorno alla torre spagnola, ed oggi è sede di
un importante distretto industriale. Arbatax è una frazione del comune di Tortolì, centro più dinamico di questa
parte dell’isola, dove l’industria delle vacanze è in forte
espansione. Merito del mare e delle spiagge, come quel-
Le Rocce Rosse di Arbatax, giganteschi massi sul mare
le di San Giuliano, Orrì e Cea, tra le poche ancora risparmiate dall’invasione incontrollata di visitatori nei mesi
più caldi dell’estate.
Pochi chilometri e lo scenario cambia completamente.
Siamo a Lanusei, capitale storica dell’Ogliastra. A quasi
seicento metri d’altitudine, la cittadina sorge su un ripido colle aperto sulle pianure costiere e sul mare. La cattedrale di Santa Maria Maddalena, presenta le semplici
ma gradevoli forme in voga nei primi del Novecento.
Lungo la zona costiera di Arbatax sono motivo
di curioso interesse turistico le famose Rocce Rosse.
Si trovano nelle vicinanze del porto, dove fanno
scalo le navi traghetto per Genova e Civitavecchia.
Si tratta di giganteschi massi di graniti porfirici
in una straordinaria posizione panoramica. Arbatax,
alla base di Capo Bellavista, è oggi un centro
in espansione, lungo la strada con Tortolì e conserva
una torre spagnola del ’600. Aperto a nord,
il paese offre una splendida vista verso Lotzorai
fino al bastione calcareo di Baunei; a sud,
altre località marine con belle spiagge e resti spagnoli.
135
Gli affascinanti
misteriosi menhir
Qui a sinistra: una singolare successione
di menhir, pietre allungate infisse
verticalmente, non lontano da Tortolì.
Monumenti preistorici comuni
nell’Europa occidentale e nell’Africa
settentrionale, vengono fatti
risalire all’età del rame e del bronzo.
Sotto, da sinistra: torre spagnola
di Barì, sul promontorio che domina
Barisardo; e caratteristico
paesaggio montano dell’Ogliastra vicino
a Lanusei, punto di partenza
per piacevoli escursioni panoramiche
verso il mare e su tutta l’Ogliastra.
Lanusei è inoltre un buon punto di partenza per chi
volesse affrontare percorsi di trekking. Particolarmente interessanti, partendo da Lanusei e inoltrandosi verso il confine occidentale della provincia nuorese, saranno i paesi di Sadali (stupenda cascata di
San Valentino e grotte “de Is Janas”) e di Serri (notevoli resti archeologici). Se invece ad attirarvi è sempre il mare, l’ultima tappa di questo itinerario ogliastrino non può che essere Barisardo. Il paese ha intrapreso decisamente la strada dello sviluppo turistico, sfruttando le potenzialità della marina di Barì.
La spiaggia, dominata dalla torre secentesca, offre
una serie di servizi qualificati per chi voglia vivere
senza problemi una rilassante giornata all’insegna
del sole e del divertimento.
In Sardegna il mare non è tutto, ma solo l’ultima attrazione proposta al mercato dall’industria delle vacanze. La provincia di Nuoro stupisce invece per la
sua varietà di paesaggi, colori e tradizioni. Solo qui,
136
tra le montagne ricche di boschi e sorgenti, si scopre l’emozione antica della Sardegna. A dominare il paesaggio
è il profilo del Gennargentu e di Punta La Marmora, con i
suoi 1.834 metri la vetta più alta dell’isola. Alle falde del
massiccio sorge Fonni, capitale della Barbagia di Ollolai
ma anche centro turistico di sempre maggiore attrazione
sciistica. Un’escursione al monte Spada o al Bruncu Spina garantisce un panorama mozzafiato: nei giorni di
maggiore visibilità non è difficile ammirare la piana del
Campidano e le coste orientali, occidentali e meridionali
137
Gennargentu, la cui istituzione è contrastata da anni da
alcune comunità che chiedono un maggiore coinvolgimento nella gestione dell’area.
Tradizioni e natura sono anche le attrattive di Tonara,
uno dei centri più attivi di tutto il Nuorese sul fronte turistico. Qui si celebra il torrone, prodotto caratteristico
del paese e fonte economica di primaria importanza. La
castagna è invece il simbolo di Aritzo, prima località della provincia ad essere “scoperta” in chiave turistica e rinomata per il suo clima. Ma anche altri paesi ora guardano ad una nuova forma di sviluppo. A Desulo da anni si
svolge la rassegna “La montagna produce”: un modo per
aprirsi alla modernità, lasciando intatte le tradizioni che
fanno di questa zona il cuore antico della Sardegna. Vito Biolchini
dell’isola. Da Fonni l’itinerario può volgere a nord, verso
Mamoiada. Anche se non è carnevale, in ogni periodo
dell’anno si avverte la forza magnetica dei mamuthones,
le maschere lignee protagoniste conosciute ormai in tutto
il mondo. La loro è una sfilata la cui origine si perde nella notte dei tempi, rappresentazione della civiltà pastorale e appuntamento immancabile per chi voglia avvicinarsi alla Sardegna più tradizionale. Altra tappa obbligata è quella di Orgosolo. Famoso per i suoi murales e centro di lotte sociali negli anni ’60 e ’70, il paese oggi offre
le sue bellezze naturali, come il Supramonte. Qui, in
questo grande altipiano calcareo che si estende quasi fino al mare, abitato da mufloni e cinghiali, resiste una immensa foresta di lecci secolari, l’unica in Italia mai sottoposta al taglio. È questo il cuore del futuro parco del
I murales politici di Orgosolo
Massimo Ripani
Sopra: un aspetto della Marina di Barì, facilmente raggiungibile
e molto frequentata per la sua costa incontaminata.
Sotto e a destra: fra le caratteristiche stradine del centro storico
di Orgosolo si possono ammirare i famosi murales
dipinti sulle antiche abitazioni dalla fine degli anni Sessanta,
in genere d’argomento sociale e politico, come quello
rappresentato nella fotografia; oppure, altrettanto apprezzate,
sono le linde case, intonacate di tenui colori pastello,
con le loro porte e finestre incastonate nel bianco della calce.
138
139
Dove, come, quando
Da un mare all’altro
Qui c’è tutto quel che si può desiderare
per conoscere l’animo segreto dell’isola
La bella spiaggia del Villaggio Saraceno, in località San Gemiliano, presso Arbatax,
dalle caratteristiche Rocce Rosse. Nel complesso alberghiero, tennis, piscina e giardino.
N
uoro è il capoluogo storico della Barbagia e centro
culturale di antiche tradizioni. La città è perfettamente collegata agli altri
capoluoghi sardi dalla cosiddetta Trasversale, un’arteria a
quattro corsie che si dirama dalla
statale Carlo Felice all’altezza di Abbasanta, poche centinaia di metri dal
nuraghe Losa, il più grande dell’isola.
Non c’è l’aeroporto: lo scalo aereo più
vicino è quello di Olbia-Costa Smeralda, che si trova a circa un’ora d’auto.
Sempre a Olbia e nel vicino Golfo
Aranci si trovano i porti marittimi più
accessibili al Nuorese.
ALBERGHI
Nuoro: hotel Grazia Deledda, via
Lamarmora (0784.31257), singola
70/100 mila lire, doppia 100/140 mi-
140
la; Paradiso, via Aosta (0784.35585),
singola 90 mila lire, doppia 135 mila;
Il Grillo, via Monsignor Melas
(0784.38678), singola 88 mila lire,
doppia 117 mila.
Dorgali: Querceto (0784.96059),
singola 85/95 mila lire, doppia
120/130 mila; Cedrino, in località
Iriai (0784.94043), 130/150 mila lire
per singola e doppia.
Cala Gonone: Costa Dorada, via
Lungomare (0784.93333), singola
110/200 mila lire, doppia 160/310
mila; La Plaia, via Collodi
(0784.93106), singola 65/90 mila lire,
doppia 100/120 mila; villaggio turistico Palmasera, viale Bue Marino
(0784.93191), singola 100/140 mila lire, doppia 160/240 mila; Cala Luna,
via Lungomare (0784.93133), singola
da 72 a 87 mila lire, doppia da 108 a
113 mila; Ispinigoli, omonima località
(0784.95268) a due passi dalla celebre grotta, singola 90/120 mila lire,
doppia 120/160 mila.
Orosei-Cala Liberotto: Cala Ginepro, nella località omonima (0784.
91047), singola 160/180 mila lire,
doppia 180/240 mila.
Barisardo: La Torre, in località Torre
di Barì (0782.28030), singola 115 mila
lire, doppia 150/340 mila.
Lago di Gusana: hotel omonimo
(0784.53000), singola 60/80 mila lire,
doppia 90/120 mila.
Oliena: hotel-ristorante Su Gologone, in località Su Gologone, da Nuoro
20 chilometri (0784.287512).
Tortolì: Victoria, via Monsignor
Virgilio (0782.623457), singola
104/131 mila lire, doppia 148/178
mila; Il Giardino, via Umberto
(0782.623145), singola 89 mila lire,
doppia 110 mila.
Arbatax: La bitta, in località Porto
Frailis (0782.667080, singola 120/160
mila lire, doppia 170/250 mila; Villaggio Saraceno, in località San Gemiliano (0782.667318), singola 85/150
mila lire, doppia 120/200 mila; Cala
Moresca, in località omonima
(0784.667366), singola 130 mila lire,
doppia 174 mila.
Siniscola: L’ancora, via Sauro
(0784.810172), singola 70 mila lire,
doppia 120 mila; Aragosta, via Ciusa
(0784. 810046), singola 90/120 mila
lire, doppia 130/190 lire; Sardinia,
via Milano (0784.810060), singola 60
mila lire, doppia 80 mila.
Posada: Donatella, via Gramsci
(0784.854521, singola 60/80 mila lire,
doppia80/100 mila.
Lanusei: Belvedere, corso Umberto
(0782.42184), singola 70/90 mila lire,
141
doppia 90/130 mila.
Macomer: Su Talleri, via Cavour
(0785.71491), singola 60/70 mila lire,
doppia 85/90 mila.
Bosa: Mannu Hotel (0785.375306),
singola 50/80 mila lire, doppia
80/120 mila.
Bosa Marina: Al Gabbiano, viale
Mediterraneo (0785.374123), singola
75/98 mila lire, doppia 99/135 mila
lire; Turas, il località Turas
(0785.359230), singola 70/90 mila lire, doppia 85/110 mila.
RISTORANTI
Nuoro: Canne al vento, viale Repubblica 66 (0784.201762); Al rifugio, vicolo
del Pozzo 4 (0784.232355), prezzo medio per un pasto 45 mila lire.
Oliena: Su Gologone, omonima località, mediamente 50/60 mila lire.
Orgosolo: Monti del Gennargentu
(0784.402374), 35/45 mila lire.
Il Museo etnografico
Casa Marras a Galtellì.
In una residenza
settecentesca sono stati
ricostruiti tutti
gli ambienti della vita
e del lavoro tipici
delle Baronie, tra cui
il focolare, la stanza
per tessere, l’officina
del fabbro ferraio,
il magazzino macine,
la cantina con attrezzi
per vinificare, le stalle.
Sono esposti anche
arazzi, tappeti, monili,
costumi , oggetti
dell’artigianato legati
a quel territorio.
Gianmario Marras con il forno
Dove, come, quando
Baunei: Golgo, località Golgo, vicino
alla voragine delle Vergini (0782.
811828) 45/50 mila lire.
Gavoi: Gusana dei fratelli Ladu
(0784.53000), prezzo 40 mila lire.
Arbatax: Da Lenin, via San Gemiliano 19 (0782.624422): 45/55 mila lire.
Lotzorai: L’isolotto, via
Ariosto 6 (0782.669431),
prezzo intorno alle 50/60
mila lire.
MUSEI
Nuoro: Museo della vita e delle tradizioni popolari sarde, via Mereu
56 (0784.35561), da giugno a settembre tutti i
giorni con orario continuato; Museo Deleddiano, in via Grazia Deledda 42 (0784.242900) aperto tutti i giorni da giugno
a settembre con orario
continuato; museo etnografico Casa Marras a
L’angolo con il camino
del ristorante
Su Gologone, a Oliena,
in prossimità
delle sorgenti che danno
il nome alla zona,
e uno degli ottimi piatti
tradizionali che qui
si possono gustare, magari
innaffiati dal famoso
vino Nepente di Oliena.
io
ar
nm
ia
G
142
Galtellì, via Garibaldi (0784.90472), sede dell’associazione Pro Loco, da maggio a settembre 9-12 e 16-20.
Dorgali: Museo archeologico, via
Lamarmora (0784.06113), orario dalle
9 alle 13 e dalle 15 alle 17.
Orani: museo Nivola, via Gonare 2
(0784.730063), tutti i giorni tranne il
lunedì dalle 9 alle13 dalle 16 alle 23.
Teti: Museo archeologico, via Roma
(0784.68150), 9-13 e 15-18.
Aritzo: Collezione etnografica, via
Marconi (0784.629223), ogni giorno
dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle19.
Seui: Museo della civiltà contadina, pastorale artigianale, della miniera e dell’emigrante e carcere baronale, via Roma (0782.54611), visite
su appuntamento.
Lanusei: Museo diocesano dell’Ogliastra, via Roma 106, lunedì e mercoledì 15-18.30.
Laconi: Museo delle statue menhir,
via Amsicora (0782.869020) aperto
tutti i giorni, escluso il lunedì, 9-13.
INFORMAZIONI
Nuoro: ente provinciale del turismo (0784.30083-32307).
I SITI DI INTERNET
www.regione.sardegna.it/ital/turismo/nuoro/albnuoro.htm
www.ailun.nuoro.it/ept/italian/it
ine-1.htm
www.sardiniapoint.it. s
ra
ar
M
143
Oristano e la sua provincia
UN MODO DIVERSO
DI FARE TURISMO
Una natura ancora intatta, fra stagni
e fenicotteri, e soprattutto le vestigia
di antiche civiltà, come i resti di Tharros,
stanno diventando la meta ideale
d’una vacanza lontana dalla mondanità
DI GIOVANNI ADAROCCHI - FOTOGRAFIE DI GABRIEL BURMA
“
S
tagna eius sunt pisculentissima”: scriveva
così il viaggiatore latino Caio Giulio Solino nel III secolo avanti Cristo. Parlava di
Cabras, la cittadina degli stagni, ricchezza
passata attraverso i secoli, dall’epoca romana a quella feudale, fino ai giorni nostri. Il tempo e le
bonifiche hanno cancellato buona parte degli specchi
d’acqua, ma restano ancora 5.600 ettari di superficie, in
parte trasformati in peschiere. E se i prodotti ittici non
sono più abbondanti come una volta, gli stagni di Ca-
Lo stagno di Cabras, con il suo fantastico panorama,
animato dai fenicotteri rosa, è un’attrazione
di eccezionale interesse naturalistico. I fenicotteri
arrivano a grandi stormi verso la metà d’agosto
disegnando nel cielo colorate traiettorie geometriche
per poi calare tutti insieme verso lo stagno.
Già abitato settemila anni fa
bras e di Santa Giusta rimangono un’attrazione naturalistica di grande valore per la presenza costante dei fenicotteri rosa. I meravigliosi uccelli dalle lunghe e sottilissime zampe arrivano in grandi stormi verso la metà
del mese di agosto, disegnando nel cielo traiettorie geometriche coloratissime. Poi calano tutti insieme sulle
acque ferme degli stagni. Ogni anno il numero degli
150
esemplari cresce, ormai se ne contano circa diecimila,
come dire l’uno per cento della popolazione mondiale.
In questi stagni trovano ancora nutrimento e un habitat
accogliente. Assieme ad altri volatili pregiati, come il
falco di palude che vola sui canneti, il cavaliere d’Italia
e l’avocetta. Nello stagno di Cabras vivono gli ultimi
polli sultani d’Italia. A confermare quanto sia assoluta-
mente eccezionale la ricchezza naturalistica della zona
umida attorno a Oristano.
Ma questa non è certo una novità. La natura nell’Oristanese è generosa. Le grandi piane della provincia sono fertili e adatte alla coltivazione della vite. Vigneti di
qualità come quelli di Zeddiani, dove si produce la celebre vernaccia, e quelli di Cabras e Baratili, a nord del
Cartina di Mario Russo
A sinistra: il giallo dei girasoli, tra il verde e l’azzurro,
un policromo paesaggio che sarebbe piaciuto a Van Gogh,
un trionfo di filari lungo lo stagno di Mistras.
Sopra: un singolare aspetto dello stagno di Cabras, il più vasto
dell’Oristanese, che qui sembra richiamare un livido
fiordo nordico. L’area, come dimostrano alcuni importanti
ritrovamenti archeologici, è stata certamente abitata
tra il quinto e il terzo millennio avanti Cristo. L’abitato
risulta invece menzionato, in un documento
risalente al XII secolo, col nome “masone de capras”.
151
capoluogo. Fino alle grandi vigne che si trovano a sud,
ad Arborea e a Mogoro, e verso l’interno a Samugheo,
patria dei celebri tappeti. Una ricchezza spesso minacciata dalla siccità, che danneggia la vendemmia pur
senza incidere sulla proverbiale bontà dei vini. Qualche esempio? La vernaccia, che rappresenta un po’ il
simbolo del vino sardo: dicono che il nome derivi dal latino vite vernacula, quindi originaria del luogo, come
scriveva lo storiografo romano Marco Giulio Columella.
Ma esistono riscontri storici sull’esistenza del celebre
vino già a Tharros, l’antichissima città punico-romana
di cui oggi restano maestose vestigia. Un prodotto di
tradizione millenaria, dunque. Che ancor oggi nasce secondo le regole antiche in una superficie di milleduecento ettari per non più di quarantamila ettolitri all’anno. La vernaccia, spiegano gli esperti, raggiunge la sua
piena maturità verso il terzo anno di vita, ma un invecchiamento più lungo le fa acquisire un profumo intenso
Scorci pittorici di straordinaria suggestione intorno a Cabras
lo stagno che, per la sua estensione, in antico era chiamato mare
Nella pagina precedente: la torre, i fichidindia, la terra arsa dal sole, quasi un’oleografia studiata ad arte per la delizia di fotografi
e di pittori della domenica; è invece uno dei mille aspetti di questa straordinaria provincia, che trova nello stagno di Cabras,
in antico chiamato addirittura mare, “mar’ ’e Pontis”, un grande motivo di richiamo, non lontano dalle stupende vestigia di Tharros.
Sotto: particolare della parrocchiale di Santa Maria, a Cabras, costruita nel Cinquecento, ma ristrutturata nel Seicento.
152
153
nel tempo la propria identità e le proprie terre. Paesaggi emozionanti, pieni di sorprese e di incontri inattesi.
Girare per i paesi, risalire pian piano fino alle contrade
del Montiferru, tuffarsi nelle dune del Sinis attraverso
il borgo di San Giovanni e tornare alla piana del Campidano, per deviare magari verso il poco conosciuto ma
spettacolare nuraghe S’Uraki, vicino a San Vero, significa compiere un grande salto all’indietro, nel passato re-
Freddo è meglio
Ecco gli ingredienti di un’apprezzata specialità oristanese, la burrida: gattuccio di mare, olio, prezzemolo,
aglio, sale, noci, aceto, pane grattugiato. Si taglia a
pezzi il gattuccio di mare; dopo averlo spellato e tagliato a trance, si fa lessare in acqua salata assieme al
fegato. Quando tutto è cotto si pesta il fegato con un
po’ di noci. Poi si fa un soffritto in olio d’oliva e di
prezzemolo, aglio, al quale si unisce anche il fegato
con le noci. Si fa cuocere ancora un poco e lo si unisce
caldissimo al gattuccio. Quando tutto è freddo, si fa
una salsa densa con aceto e pane grattugiato, che si
versa sul gattuccio. Lasciare quindi riposare il tutto,
in modo che s’impregni dei vari sapori, almeno per
dodici ore in un recipiente coperto. Uno strano campanile duecentesco con cupola a cipolla
Sopra: la cupola e la parte superiore di una delle due cappelle neoclassiche del duomo di Oristano edificato nel 1228.
Sotto: della stessa cattedrale, spicca isolato, in primo piano, il campanile in conci d’arenaria.
Rimane la torre
La massiccia torre di San Cristoforo,
conosciuta anche come torre
di Mariano II (il giudice che nel 1291
la fece erigere) è ciò che oggi
rimane della cinta muraria di Oristano.
A pianta quadrilatera, costruita
in blocchi di arenaria, è caratterizzata
da una singolare torretta
che contiene una campana datata 1430.
che nella zona di produzione viene detto murruali.
Cose d’altri tempi che coincidono con quelli di oggi.
Un patrimonio che Oristano e la sua provincia possono
vantare e offrire con orgoglio. Tutto com’era: il mare, le
spiagge, le campagne, gli stagni, le feste popolari. È come se la terra della giudicessa Eleonora d’Arborea
154
avesse scelto di fermarsi, per guardare con distacco la
corsa a perdifiato della Sardegna verso una ricchezza rimasta lontanissima. Forse non è stata una scelta, ma
una conseguenza inevitabile degli eventi economici e
sociali. Di certo questa provincia, ancora così estranea
ai grandi flussi turistici, è riuscita a mantenere intatte
Tridentino, austero, solenne e rifatto
A sinistra: particolare del campanile a pianta quadrata della cattedrale
di Santa Giusta, in gran parte rifatto; è stato costruito un secolo fa al posto
dell’armonioso campaniletto a vela che esisteva in precedenza.
Sotto: lo stemma sull’architrave della finestra sovrastante l’armonioso
portale del seminario Tridentino, vicino al duomo di Oristano.
Foto in basso: la facciata del seminario Tridentino, edificio imponente
e di austera solennità, ultimato nel 1712, ma completamente
rifatto, in diverse riprese, fra il 1744 e il 1834 e più tardi sopralzato.
Santa Giusta, il prototipo di tante altre chiese della Sardegna
Appena fuori Oristano sorge Santa Giusta, la grande cattedrale romanica, costruita nel 1135-1145 in conci d’arenaria.
Di forme fondamentalmente pisane con influssi lombardi nella facciata e arabeggianti in alcune parti ornamentali, è stata il prototipo
di numerose altre chiese della Sardegna. L’interno, austero e solenne, è a tre navate su colonne di marmo e di granito.
156
moto, per ritrovare una Sardegna che non c’è più. Ed è
per questo che la provincia di Oristano, oggi la meno
considerata dagli operatori turistici nazionali e internazionali, può candidarsi a diventare un obiettivo straordinario per chi cerca una vacanza diversa. Forse meno
comoda, di certo più vicina all’idea di un’esperienza a
contatto con la natura. D’altronde chi cercasse i paesaggi dorati della Costa Smeralda qui resterebbe deluso.
Ma potrebbe rifarsi godendo di altre meraviglie. I monumenti, per esempio: pozzi sacri, stele, complessi nuragici di importanza mondiale. Un percorso lunghissimo attraverso i secoli che parte dal ricco centro storico
157
Un museo nato per amore
L’Antiquarium Arborense è il frutto di un lavoro quasi
maniacale, condotto nell’arco di una vita da un avvocato di nome Efisio Pischedda. Nato e cresciuto a Oristano fu questo giovane giurista a cogliere l’auspicio
del padre dell’archeologia sarda, il canonico Giovanni
Spano, che già nel 1851 nelle sue Notizie sull’antica
città di Tharros aveva espresso una speranza allora
legata al filo dell’incertezza: un museo, una grande
raccolta organizzata di quanto le rovine del centro punico-romano avevano offerto ai ricercatori. Il museo
venne inaugurato il 28 novembre del 1992 ed è oggi
strutturato su due livelli: al piano terra si svolgono le
mostre temporanee, al piano superiore si trovano le
sale delle collezioni archeologiche, della pinacoteca e
delle collezioni storiche. Prima collocate come semplice esposizione, ora le raccolte sono sistemate secondo
un ordine cronologico che nell’insieme traccia una linea fra gli eventi storici dell’isola. Chi volesse conoscere da vicino la città di Tharros può ammirare il
grande plastico ricostruttivo del centro punico romano, com’era al principio del IV secolo. Famosa fin dal tempo dei Fenici
Sopra e nella foto grande: i resti della città fenicia di Tharros,
il sito giustamente più famoso della provincia di Oristano.
Tharros venne fondata alla fine dell’VIII secolo avanti Cristo.
I Cartaginesi, subentrati nel VI secolo avanti Cristo,
la trasformarono nella “Cartagine di Sardegna”, con un’impronta
di grande città, con mura turrite, templi monumentali,
abitazioni con provvidenziali cisterne d’acqua, botteghe artigiane
di maestri orafi, finché la conquista romana della Sardegna
nel 238/237 avanti Cristo non ne segnò l’inizio della decadenza.
158
159
La storica Carta
della giudicessa
Gianmario Marras
Piazza Eleonora, ad Oristano,
con il monumento marmoreo dedicato
alla giudicessa Eleonora d’Arborea
e sul quale s’affaccia il seicentesco
palazzo Comunale, all’origine
convento degli Scolopi, ristrutturato
nelle attuali linee neoclassiche
ai primi del ’900 da Antonio Cano.
Alla figura della giudicessa
è legata la famosa “Carta de Logu”,
promulgata attorno al 1390,
simbolo e sintesi di una concezione
statale totalmente sarda,
anche se di diretta derivazione romana.
La Carta comprendeva un codice
civile, un codice penale e uno rurale,
per complessivi 198 capitoli,
e segnava una tappa fondamentale
verso i diritti d’uguaglianza.
160
161
di Oristano e dal curatissimo Antiquarium Arborense
per condurre fino a Tharros, dove s’incontrano la civiltà
punica e quella romana. Una città sul mare, nel Capo
San Marco, proprio all’estremità della penisola del Sinis, che fu un porto fiorente fino all’anno Mille, quando
venne abbandonata per ragioni misteriose. Di quel centro popoloso e organizzato oggi resta una distesa sterminata di rovine, strade, i resti dell’acquedotto, due
grandi edifici termali cui si accede seguendo il cardo
maximus, l’antica strada romana. Un’immagine suggestiva, incorniciata in un mare dall’azzurro intenso, sempre increspato dal vento. Tharros è già oggi una meta
culturale e turistica di grande richiamo. Anche se paga
la lontananza dal grande circuito tradizionale delle vacanze. Ma la storia di Oristano e della sua provincia è
legata soprattutto a Eleonora d’Arborea, la giudicessa
che lotta strenuamente contro il dominio degli Spagnoli. A lei si deve la Carta de logu, una raccolta di leggi ancor oggi straordinariamente attuali. Sempre alla sua figura ormai entrata nel mito si riconduce il ruolo di rilievo che ha nell’isola la donna, nella famiglia ma anche
nella società. Quel matriarcato che segna in modo netto
i passaggi storici e culturali della Sardegna e che sopravvive soprattutto nei centri dell’interno.
Chi immaginasse una terra deserta e selvaggia però si
sbaglia. Al contrario di quanto avviene in altre province
dell’isola, solo una piccola parte del territorio non è
Le tipiche capanne di Sinis
fatte con canne, tronchi e fascine
In alto: il monumento ad Eleonora d’Arborea, ad Oristano,
opera del fiorentino Achille Cambi, inaugurato nel 1881.
Qui sopra e a destra: l’esterno dell’antica chiesa paleocristiana
di San Giovanni di Sinis e il suggestivo interno a tre navate.
La chiesa, sorta in età bizantina intorno al VI secolo, con pianta
a croce greca e corpo copulato centrale, fu poi ampliata
nell’assetto attuale nel IX-X secolo con l’aggiunta dell’avancorpo
a tre navate, passando così da croce greca a croce latina.
Foto in alto nella pagina seguente: a sinistra, una capanna
di pescatori a San Giovanni di Sinis, costruita sulla costa
con canne e fascine, tenute insieme da un telaio di tronchi;
a destra, sempre nella zona di Sinis, una vecchia torre.
162
Una vera tavolozza di colori
L’incredibile tavolozza della costa del Sinis, verso lo stagno
di Cabras, che per la sua estensione ha meritato
in passato la denominazione di mare, “Mar’ ’e Pontis”,
ad indicare anche l’importanza del ponte romano
collegato a Tharros. Il paesaggio dolce e solenne della penisola
del Sinis, a seconda delle stagioni, offre multiformi
mutazioni di colori che vanno dal verde azzurro delle acque
alle varie gradazioni del verde maculato dei fiori.
S’Uraki e Losa, due famosi nuraghi risalenti all’età del bronzo
Nella prima foto della pagina precedente: blocchi di basalto del complesso nuragico S’Uraki, uno fra i più vasti della Sardegna.
Nell’altra foto e qui sotto: il nuraghe Losa (seconda metà del secondo millennio avanti Cristo), presso Abbasanta,
monumento preistorico fra i più importanti, si articola in una torre centrale a due piani con bastione trilobato e cinta muraria.
Le spericolate, selvagge acrobazie a cavallo della Sartiglia
Fotografie di Giovanni Rinaldi
La Sartiglia nel Carnevale di Oristano (nelle foto) è una
corsa selvaggia ed emozionante. L’origine è una giostra militare saracena, appresa forse dai cavalieri cristiani della
seconda crociata e importata in Europa nel XII secolo. Gli
oristanesi se ne innamorarono quando videro le evoluzioni
dei soldati di Pietro D’Aragona, nel 1323, coi quali dovettero vivere i nove lunghi mesi dell’assedio stretto attorno a
Villa di Chiesa. Il nome è di derivazione spagnola e per un
secolo e mezzo quella giostra così emozionante restò un
gioco riservato ai cavalieri d’alto rango. Poi, col passare
dei decenni, entrò nelle tradizioni del Carnevale e comparvero le maschere, forse per l’odio profondo che gli oristanesi avevano maturato nei
confronti del dominio aragonese. E la partecipazione fu estesa a chiunque fosse in grado di compiere le spericolate acrobazie a cavallo, che ne sono l’aspetto più caratterizzante. La storia di Oristano d’altronde sembra essere rappresentata dal cavallo.
Le altre due grandi manifestazioni folcloristiche della provincia, l’Ardia di Sedilo e
“Sa carrela ’e nanti” di Santu Lussurgiu, non sono che emozionanti tornei per cavalieri mascherati per le vie del centro. In queste corse folli su percorsi mozzafiato si mettono in mostra giovani che spesso diventano i protagonisti del celebre Palio di Siena.
Giovani di straordinaria abilità e prestanza, nati e cresciuti coi cavalli e capaci di compiere con essi qualsiasi impresa. 166
Testimonianze
di una vita remota
Il primato del nuraghe Losa
(in sardo “losa” significa “tomba”)
è dovuto all’eccezionale
complessità della costruzione.
La cinta muraria, dotata
di torri, racchiudeva sia il fortilizio
sia il villaggio di capanne.
All’esterno della muraglia, ad ovest,
è stata individuata una tomba
dei giganti, che integrava il complesso
nuragico. In passato, gli scavi
archeologici hanno consentito il recupero
di importanti reperti, ora conservati
al Museo nazionale di Cagliari ed anche
nel piccolo ma ricco Antiquarium
nell’area di Losa, dove sono esposti
alcuni interessanti oggetti
a testimonianza dell’età nuragica
fino al periodo altomedievale.
168
169
Smontata e rimontata
A sinistra: la chiesa di San Pietro, a Zuri.
Questo tempio, con notevolissimi
fregi romani e campaniletto a vela su arcate,
realizzato nel 1291 da Anselmo da Como,
ha una storia singolare e molto avventurosa.
L’edificio, di forme romanico-lombarde,
subì nel Trecento il rifacimento dell’abside
in stile gotico-catalano. Nel ’500,
con la costruzione del campanile, si rifece
la parte superiore della facciata.
Infine, nel 1922-1923, la chiesa di San Pietro
stava per essere sommersa dalle acque
del lago Omodeo. Allora, pezzo per pezzo,
l’edificio venne smontato con cura
e rimontato più a monte, salvando così
il prezioso insieme architettonico.
Nelle foto sotto e in basso: fregi e capitelli
sui pilastri delle tre arcate esterne.
Il pozzo sacro di Santa Cristina di Paulilatino
Il pozzo del santuario nuragico di Santa Cristina di Paulilatino, che si presume risalente al X secolo avanti Cristo,
situato nell’ambito d’un villaggio di carattere sacro; si compone d’un vestibolo a forma rettangolare, di una scalinata in discesa
e d’un pozzo vero e proprio, sormontato da una “tholos”, tipica dell’architettura mediterranea arcaica.
produttiva. L’olivo è secondo solo alla vite nella graduatoria delle coltivazioni più diffuse, ma un ruolo fondamentale va attribuito all’allevamento, vera colonna dell’economia sarda. Pecore, poi vacche, suini e capre. A
parte, l’arte del cavallo. Da queste parti un vero amico
dell’uomo, utile per il lavoro, gli svaghi e purtroppo anche per la produzione di carne. Chi non teme la fatica
potrebbe provare a compiere la traversata “da costa a
costa” dell’isola, partendo da Oristano per arrivare al
mare strabiliante dell’Ogliastra. È un modo diverso di
fare turismo, certo non troppo riposante ma senz’altro
adatto a chi vuole un contatto con la natura senza mediazioni. Natura, sempre natura e tradizioni. Oristano è
Sardegna sino in fondo, niente da queste parti s’allontana dalle radici storiche del popolo isolano. Si può andare verso nord, fino a Paulilatino, fino ad Abbasanta, per
trovare il nuraghe Losa, il più grande dell’isola. Oppure giù, fino alle terme romane di Fordongianus.
Ma dappertutto compaiono i segni del passato, a testimoniare un’appartenenza forte e incrollabile a stili di
vita lontani nel tempo eppure ancora attualissimi. Capaci di mantenere la propria grandezza e dignità anche
all’interno di una città moderna e disincantata come
Oristano. La conferma viene dal palazzo Arcivescovile,
170
costruito dai piemontesi e rimaneggiato nel XX secolo.
Ancor più dal duomo con il suo campanile del XVI secolo, segnato dalle tracce remote dell’epoca giudicale e
persino del gotico. In piazza Roma, nel cuore pulsante
del capoluogo, la torre di Mariano II ricorda agli oristanesi il dominio pisano del XIII secolo. È la sola traccia
dell’antica cinta muraria, distrutta come sono andate distrutte chissà perché tutte le altre fortificazioni cittadine nell’isola. Chi volesse ammirare un esempio davvero esaltante del romanico nell’isola non ha che da percorrere pochi chilometri per arrivare a Santa Giusta, un
piccolo paese costruito, a quanto sembra, sui resti del
centro punico di Othoca. La cattedrale omonima risale
al 1135 e rappresenta un riferimento culturale e artistico
importantissimo. Natura, arte, storia, tradizioni, folclore, cavalli, gastronomia, prodotti della terra e del mare:
se almeno nella provincia di Oristano si riuscisse a organizzare un giusto mix di queste componenti per offrirlo in modo corretto sul mercato mondiale delle vacanze, l’esempio sarebbe importantissimo. Perché dimostrerebbe che quanto i veri custodi dell’ambiente sostengono da sempre, lo sviluppo compatibile, si può
realizzare. Costruire strutture turistiche umane su un
territorio quasi selvaggio è teoricamente più semplice,
171
Detenne a lungo il primato di maggiore lago artificiale d’Europa
Sotto: il lago Omodeo, formato dal Tirso, accanto a Ghilarza. Realizzato fra il 1918 e il 1924, dall’ingegner Angelo Omodeo
detenne a lungo il primato di maggiore lago artificiale d’Europa. Ha una lunghezza di oltre venti chilometri
e una larghezza massima di tre. È importante per la produzione d’energia elettrica e per irrigare il Campidano di Oristano.
Saporita ricetta di pescatori
Ingredienti per la tipica ricetta della merca oristanese:
muggini, sale, ziba (nella foto: i pesci salati e insaporiti
di erbe palustri). Si prendono le muggini (preferite quelle piccole chiamate birinbua), si lessano o si arrostiscono
e si salano più o meno a seconda di quanto devono durare
(massimo cinque giorni). Si avvolgono una per una in
un’erba palustre detta ziba, dove devono stare almeno
ventiquattr’ore. Questa è una preparazione tipica dei pescatori degli stagni attorno ad Oristano perché, stando al
largo anche diversi giorni, hanno la necessità di conservare il pesce sino al loro rientro. 172
173
C’è anche una foresta pietrificata
Il caviale del Mediterraneo
Vittorio Giannella
Non solo pesce, dai ricchi stagni di Cabras. Ma comunque una varietà di piatti a base di prodotti del mare e degli stagni, compresi mitili e crostacei. La specialità per eccellenza è la bottarga, diffusa in tutta Italia.
Il “caviale del Mediterraneo”, uno dei più squisiti antipasti della cucina nazionale (e, macinato, ideale sugli spaghetti), si ottiene prelevando le uova di muggine, un pesce molto diffuso nel golfo di Oristano. Le
uova vengono salate e pressate fortemente tra due legni. Altra pietanza tipica è la panada, un calzone di
pasta ripieno di anguille oppure di verdure. Celebre il
pane decorato, soprattutto quello di Ghilarza, Paulilatino, Fordongianus e Sedilo (nella foto: una mugnaia
di Paulilatino). Nel Montiferru si produce su zicchi,
pagnotte attaccate fra loro con una pagnotta segnata
a metà, sa covazzedda, focaccia con il buco. Inoltre
non si può ignorare
il formaggio pecorino, piccante e saporito; e i dolci, come i
gueffus a base di
mandorle, i mostaccioli, le zippulas e
gli amaretti.
174
Sopra: tipico villaggio di case tradizionali a Santa Cristina.
Qui sotto: uno scorcio del lago Omodeo, non lontano
dal nuraghe di Losa; è un luogo ricco di interessanti attrattive,
come la foresta fossile vecchia di cinquanta milioni di anni,
nel tratto dove le acque hanno sommerso l’abitato storico di Zuri,
o la diga di Santa Chiara, che ha creato il bacino artificiale,
o Ghilarza, il “paese di Gramsci”, forse di origine fenicia, o il Museo
degli strumenti musicali nella casa parrocchiale di Tadasuni.
purché si resista alla tentazione di abbandonarsi alla
speculazione e ai guadagni facili. Diventa ancora più
semplice se all’offerta di un soggiorno nella Sardegna
reale corrisponde una domanda fondata sugli stessi criteri, prima di tutti l’intelligenza. Giovanni Adarocchi
175
Dove, come, quando
Qui a tavola il pesce è re
Crostacei, frutti di mare e la celebre bottarga
fra le più famose pietanze della zona
ALBERGHI
Oristano: Mistral, via Martiri di
Belfiore (0783.212505), singola 65/80
mila lire, doppia 100/130 mila; Villa
delle Rose, piazza Italia (0783.
310101) singola 60/80 mila lire, doppia 90/130 mila lire; Mistral 2, via
XX Settembre (0783.210389), singola
80/105 mila lire, doppia 130/160
mila lire compresa la colazione.
Cuglieri: S’Istella, corso Amsicora
(0785.38484), in località S’Archittu,
singola con mezza pensione 80/90
mila, doppia 70/80 mila lire; La
Baja, via Scirocco (0785.38105), singola 70/90 mila lire, doppia 80/120
mila lire.
Arborea: Ala Birdi, strada 24
(0783.801083), singola 100/120 mila
lire, doppia 160/190 mila.
Marina di Torregrande: Del Sole,
via Duca degli Abruzzi (0783.
22000), singola 110 mila lire, doppia
180 mila.
Tresnuraghes: Piccolo Alabe, località Porto Alabe (0785.359056), singola 60/80 mila lire, doppia
100/120 mila.
Marco Crillissi
O
ristano si può raggiungere da Cagliari e da Sassari
percorrendo la statale 131
Carlo Felice. Non c’è un
aeroporto e neppure un
porto marittimo: quelli
più vicini sono gli scali aerei di Cagliari-Elmas, che dista una novantina di chilometri, e quello di Alghero-Fertilia, a 150 chilometri. I porti
sono quelli di Cagliari e di Porto
Torres.
Sopra e sotto: i resti delle terme romane
di Fordongianus, costruite forse
nel I secolo dopo Cristo e alimentate
da sorgenti calde ancora attive.
RISTORANTI
A Oristano e nel suo territorio si
possono assaggiare alcune fra le più
gustose pietanze sarde a base di pe-
Piero Pes
Marco Crillissi
Gli aerofani, strumenti a fiato o ad aria, fanno parte dell’importante Museo
di strumenti musicali, ordinati nella casa parrocchiale di Tadasuni, vicino a Oristano.
176
USE
sce, di crostacei e di frutti di mare,
compresa la celebre bottarga.
Oristano: Da Salvatore, via Carbonia 1 (0783.357134); il Faro, via Bellini 25 (0783.70002); La Forchetta d’oro,
via Giovanni XXIII (0783.302731);
Craf, via De Castro 34 (0783.70669);
Da Giovanni, via Colombo 8, località
Torregrande (0783.22051).
Siamaggiore: Renzo, al chilometro
177
Dove, come, quando
Gianmario Marras
178
I MONUMENTI DELLA STORIA
Dopo Tharros, la grande e suggestiva città punico-romana di cui sono rimaste imponenti rovine sulla
A sinistra: la bottarga,
tipica specialità sarda ormai
celebre in tutta Italia.
Sotto: sapori e buon gusto.
costa oristanese, gli appassionati
dell’archeologia hanno un’altra meta inevitabile: le terme romane di
Fordongianus, un complesso di ruderi che risalgono al primo secolo
dopo Cristo. I resti più interessanti
sono quelli della piscina, dove l’acqua calda fluisce ancor’oggi da una
bella fonte a forma di testa leonina.
NURAGHE LOSA
È il più grande e maestoso dell’isola: al bivio che dalla Statale 131
Carlo Felice verso Abbasanta, imboccando una deviazione dalla carreggiata maggiore.
LA CASA DI GRAMSCI
A Ghilarza, paese d’infanzia del
pensatore e uomo politico Antonio
Gramsci, in corso Umberto 57. Qui
Gramsci, fondatore del partito comunista italiano, visse dal 1898 al
L’accogliente sala del ristorante Il Faro
di Oristano: tipiche le specialità isolane.
Clementina Frigo e Rita Marongiu
99.200 della Carlo Felice statale 131
(0783.33658). Il conto va dalle 40 alle
60 mila lire.
Cuglieri: Meridiana, via Littorio 1
(0785.39400), conto medio, 40 mila
lire; Pedras Longas, sulla statale 292
(0785.38433).
Cabras: Sa Funtà, via Garibaldi 25
(0783.290685); Al Caminetto, via Cesare Battisti 8 (0783.391139), 35/40
mila lire.
Terralba: Cipò
Qibo, via Marceddì 193 (783.
83730).
Ghilarza: Da
Marchi, via Concezione 4 (0785.
52280), circa 40
mila lire.
MUSEI
Oristano: Antiquarium Arborense,
via Vittorio Emanuele, palazzo Parpaglia (0783.74433-791262), orario
continuato dalle 9 alle 20, ingresso
6000 lire. Sono conservati fra l’altro
i reperti punici e romani dell’antica
città di Tharros.
Cabras: Museo Civico, via Tharros
(0783.391999) tutti i giorni su richiesta, tranne il lunedì.
Arborea: Collezione civica archeologica, viale Omodeo 1, palazzo comunale (0783.80331), dalle 9 alle 13,
il lunedì e martedì anche dalle 15.30
alle 18.30, domenica chiuso.
Tadasuni: raccolta di strumenti
musicali della tradizione sarda, via
Adua 7, nella casa
parrocchiale.
Santulussurgiu:
Museo della tecnologia contadina, via
Deodato Meloni 2
(0783.550617), sono
esposti 1400 strumenti da lavoro e
oggetti di uso quotidiano dei secoli
scorsi. Ingresso su
appuntamento.
Paulilatino: Museo archeologico ed etnografico, via
Nazionale/via Barione, palazzo Attori(0336.811756). Orari dal mese di
maggio a settembre: 9-13 e 17-20.
Lunedì chiuso.
Gianmario Marras
Nelle due foto sotto: l’hotel Ala Birdi,
immerso in una folta pineta,
uno dei più attrezzati centri equestri.
1914, mentre la famiglia vi abitò fino al 1937. Nelle stanze vengono
custoditi ed esposti oggetti, libri e
opuscoli appartenuti a Gramsci.
INFORMAZIONI
Oristano: Informacittà del Comune, piazza Eleonora (0783.
791306) E-mail: <[email protected]>; Ente provinciale per il turismo,
via Cagliari 278 (0783.
74191).
179
L
Sassari e la sua provincia
Un’anomalia urbanistica rende il capoluogo diverso da tutte le altre città
e la catalana Alghero ricorda ancora il nobile riconoscimento concesso da Carlo V
DI VASCO BRICI - FOTOGRAFIE DI GIANMARIO MARRAS
Cartina di Mario Russo
“TODOS CABALLEROS”
a storia della Sardegna del Nord passa per
Sassari, città della cultura, della politica, delle
tradizioni e capoluogo della provincia più turistica dell’isola. Circondata dalle campagne
della Nurra, è nata nel XII secolo attorno a un
borgo che si chiamava Tathari. Diventata presto capitale
del giudicato di Torres, offre oggi monumenti ed edifici
di valore storico fondamentale. Il centro storico di Sassari, fatto di vie irregolari, vicoli e minuscole piazze, rappresenta una felice anomalia urbanistica che caratterizza
la città e la rende diversa da tutte le altre. Dal duomo di
San Nicola di Bari alla maestosa chiesa di Santa Maria fi-
L’isola dell’Asinara, vista dalla dolcissima spiaggia
di Torre Pelosa, vicino a Stintino. L’Asinara, divenuta parco
dopo lo smantellamento del carcere di massima sicurezza,
è oggi un paradiso di grande e suggestiva attrattiva naturalistica,
con un ricco patrimonio di intatti e preziosi doni della natura.
182
183
Un capolavoro
di marmo e acqua
A sinistra: scorcio d’angolo
della sassarese fontana del Rosello,
con una delle quattro statue
che simboleggiano le stagioni.
Sotto: una veduta d’insieme
del complesso artistico, eretto
nel 1606 da artisti genovesi.
Si compone di due parallelepipedi
di marmo bianco e nero,
sormontati da due archi incrociati;
al vertice, la statua equestre
di San Gavino. L’acqua sgorga
da diverse maschere leonine
poste ai quattro lati dell’edificio.
no alla basilica di San Pietro in Silki è un succedersi di
bellezze architettoniche inserite in una città insieme antica e moderna, di cui la perla indiscussa è la fontana del
Rosello, eretta da artisti genovesi nel 1606, dove l’acqua
sgorga da diverse maschere di leone.
Sassari offre il suo più alto contributo alla tradizione
con la festa dei Candelieri, che si celebra il 14 agosto nelle vie affollate di turisti. È l’espressione più genuina dell’anima sassarese e risale ai primi del Cinquecento, epoca in cui la città cominciò a crescere demograficamente,
per acquistare l’importanza che ha oggi. La processione
Romanico e barocco insieme
In alto: un imponente scorcio del duomo di San Nicola
a Sassari. Il campanile, fino al terzo ordine, è l’unico resto
dell’originaria costruzione romanica del XII secolo.
Il complesso è stato più volte rimaneggiato fino al Seicento.
A destra: un particolare della famosa facciata barocca.
184
185
Luogo d’incontro
e di passeggio
La spaziosa ed elegante
piazza d’Italia, edificata a Sassari
nel 1872, sulla superficie
di un ettaro; in primo piano nella foto
il monumento dedicato
a Vittorio Emanuele II. Sulla piazza,
luogo d’incontro e di passeggio
serale, s’affaccia il notevole palazzo
della Provincia, progettato
dagli ingegneri Sironi e Borgnini
e costruito fra il 1873 e il 1880
in stile neoclassico, con tre ordini
di finestre. Particolarmente
interessante all’interno del palazzo
il ciclo pittorico di episodi
di storia cittadina, dipinti nel 1881
dal pittore Giuseppe Sciuti.
Sul lato opposto di piazza d’Italia,
il palazzo Giordano, in stile
neogotico, progettato nel 1878
dall’architetto Luigi Fasoli.
187
parte da piazza Castello, dove fino al 1877 si trovava un
maniero aragonese demolito assieme al pessimo ricordo
della dominazione spagnola.
Il mare di Sassari è quello di Platamona, una località
malinconica disseminata di vecchi stabilimenti anni Sessanta. Più in là, verso nord, i sassaresi frequentano d’estate il lido di Stintino, prezioso e dolcissimo lembo di
costa sabbiosa che offre uno dei migliori esempi delle
bellezze naturali sarde. È un luogo d’incanto, vicino all’antica Porto Torres e proprio di fronte all’isola dell’Asinara, divenuta parco dopo lo smantellamento del carcere
di massima sicurezza che ha ospitato, negli ultimi decenni, il gotha del terrorismo e della malavita organizzata.
Esclusiva, quasi irraggiungibile, paradiso perduto per
ambientalisti nostalgici, preda ambìta di chi fa turismo
mattone su mattone, l’Asinara è stata finora solo isola di
sofferenza e di solitudine, legata a memorie antiche di
deportazioni, dolore e fatica. Basta una breve navigazione per toccare le sue coste di granito, per accarezzare con
lo sguardo la sua vegetazione incredibilmente rada, levigatissima, fatta di macchia bassa e da qualche traccia di
lecceti. Grande non più di cinquantun chilometri quadrati, l’isola è formata da quattro blocchi rocciosi saldati
fra loro da tre istmi pianeggianti. Così che, guardata dal
mare, l’Asinara sembra un arcipelago di isolotti aspri e
desolati. Le attrattive non mancano: suggestiva nel paesaggio e ricchissima di preziosi doni della natura, l’Asi-
E nella campagna di Arzachena la preistoria
diventa un museo all’aperto fra nuraghi e tombe di giganti
“Sbarcammo il sabato ed andammo a cavallo alla chiesetta
di Santa Maria, che con due altri piccoli fabbricati sorge su
una montagna tutta ricoperta d’alberi, fuorché nella parte
anteriore dove da uno spiazzo si domina una pianura di boschi”. Scriveva così l’ufficiale cartografo della Marina di
Sua Maestà Britannica William Henry Smith: venuto in
Sardegna per rilevare il profilo costiero, pubblicò a Londra,
nel 1828, uno Sketch of the present State of the Island of
Sardinia, che, edito da John Murray, è praticamente la prima guida inglese della Sardegna. Quella chiesetta di Santa
Maria è Santa Maria della Neve, la parrocchiale di Arzachena. Spiazzi e boschi sono scomparsi, al posto loro c’è oggi un grosso paese, ormai quasi una cittadina di diverse migliaia di abitanti, che si fregia del titolo di capitale della Costa Smeralda. Un paese senza storia, se non quella recentissima del secolo appena passato. Ma con una preistoria così
densa di memorie da fare della sua campagna un vero e proprio museo all’aperto. Per visitarlo si può partire verso sudovest, lungo la strada 427 che va a Sant’Antonio di Gallura,
oppure verso nord-est, lungo la “nazionale” 125, che va
verso Olbia. Partiamo verso sud-ovest. Dopo circa tre chilometri si svolta per Luogosanto: e dopo un paio di chilome-
188
Quella torre che sembra uscire dal mare
A sinistra: il grande manufatto di origine aragonese dà il nome all’isoletta di Torre Pelosa,
vicino a Stintino, famosa per la candida spiaggia e il mare dai colori straordinari.
Sopra: tra il verde, l’azzurro e il grigio delle rocce, la policroma San Gavino a Mare vanta
anche un’interessante chiesetta medievale arroccata su una rupe a strapiombo.
tri si possono visitare la necropoli di Li Muri, le due “tombe
di giganti” di Li Lolghi (nella foto a destra) e Coddhu ‘Ecchju (nella foto a sinistra), il nuraghe La Prisgiona. La necropoli di Li Muri si chiama così perché una serie di tombe è
circondata da muretti a secco circolari. È un cimitero di
3200-2500 anni prima di Cristo. Li Lolghi e Coddhu ‘Ecchju
sono due fra le più più belle “tombe di giganti” della Sardegna: chiamate così, perché la grandezza della costruzione faceva pensare a un popolo di uomini eccezionali che avevano
innalzato e assemblato le grandi lastre di granito che le costituiscono. Una vasta esedra costruita intorno ad un’alta stele
(quasi quattro metri) immette da uno stretto portello in un
lungo corridoio che era il luogo della sepoltura. Furono frequentate dal 1800 al 1300 avanti Cristo. Il nuraghe La Prisgiona lì vicino (oggi molto mal ridotto) è una fortezza complessa, con un mastio centrale e una serie di torri più piccole
a difesa. Se dal paese si va invece verso nord-est si incontra,
a un paio di chilometri da Arzachena, proprio sul bordo della strada, il nuraghe Albucciu, dalla originale forma “a corridoio”, costruito e abitato fra il 1200 e il 750 avanti Cristo.
Al tempietto di Malchittu si arriva partendo dallo stesso
punto, ma sulla sinistra. Costruito sulla cima di un’altura, ha
una inedita forma semicircolare (a mègaron, dicono gli archeologi): fu un luogo di culto dei primi Nuragici, fra il 1600
e il 1300 avanti Cristo. M.B.
189
La necropoli di San Gavino
Fabio Braibanti e Valeria Serra
Pagina precedente: scogli e anfratti lungo le coste dell’Asinara.
Sopra: scorcio del cosiddetto palazzo di Re Barbaro a Porto Torres.
Qui sotto: resti della necropoli di San Gavino sempre a Porto.
190
nara conserva un aspetto vagamente sinistro perché è
disseminata di cimiteri. La conferma di una vocazione a
terra di dolore che la storia, nel corso dei secoli, sembra
averle inesorabilmente riservato. Guardare quelle tombe povere, sparse nel verde e confuse tra le rocce granitiche, riporta alla mente la violenza del passato che la
storia ci tramanda. E sembra di vedere le sagome spettrali delle migliaia di prigionieri austroungarici, consegnati tra il 1915 e il 1916 dagli alleati serbi all’esercito
italiano. Dovevano vivere laggiù, nella solitudine di
quell’isola considerata luogo di dannazione. Ma vi morirono quasi tutti, uccisi da una spaventosa epidemia di
colera che la medicina dell’epoca e l’isolamento non
aiutarono a debellare.
Porto Torres divide con Olbia il titolo di porta d’ingresso della Sardegna settentrionale. Plinio il Giovane
parla della cittadina come di un’importante colonia romana e Antonio di Tharros descrive una città ricca di monumenti, con un tribunale, un maestoso ponte e persino
un Campidoglio. Di certo Turris Libyssonis, l’attuale
Porto Torres, era un centro commerciale strategico per il
mondo antico. Dove i navigatori facevano tappa nei loro
traffici fra i possedimenti dell’impero. In questo porto
naturale, nel bel mezzo del golfo dell’Asinara, i bastimenti romani potevano caricare legname, granito e prodotti della terra da trasferire nella capitale. Forse proprio
vicino al Capitolium cui accennano gli storiografi dell’epoca si trovava la pietra miliare che dava origine alla
strada per Karales, l’antica Cagliari. Il lungo percorso
che attraversa la Sardegna in tutta la sua lunghezza si
chiama oggi Carlo Felice e ricalca il tracciato scelto allora
dai Romani. L’esistenza di un collegamento così diretto,
e per i tempi così difficile e faticoso da realizzare, testimonia la considerazione di Roma per la città di Torres.
Ma turismo e storia nella provincia di Sassari fanno rima con Alghero, la città catalana dal passato prestigioso.
C’è un’Alghero che richiama le bolge estive, il sole e le
spiagge. Ma alle spalle del porto, resta un’Alguer tutta
scritta in catalano, irta di torri, l’ordito fitto delle vie in
acciottolato, gli stemmi nobiliari sulle facciate, gli austeri
portali, le rughe profonde del tempo a segnare i palazzi.
Qui prevale sempre la suggestione della storia che ritorna nel linguaggio, nei gesti, nelle tradizioni religiose antiche. Alghero è una città capace di offrire il suo passato
come ricchezza per il presente. Una città in rapporto
stretto con il mare, legata alle memorie di viaggiatori, di
battaglie, di invasori arrivati da lontano. Forse non è giusto definire l’Alghero di oggi una città turistica, perché
Bastioni, torri e stradine: qui siamo in Catalogna
Pagina precedente: coppie di pilastri e colonne sulla strada lastricata delle Terme centrali, conosciute come palazzo di Re Barbaro;
il complesso conserva ampi saloni con pavimenti a mosaico e frammenti di figure a testimonianza d’una raffinata bellezza.
Sotto: Alghero di notte, vista dal porto. L’antica Alguer, cittadina di schietta impronta catalana, è oggi una famosa località turistica.
193
Massimo Ripani
Nella “fortezza in forma di città” si parla ancora il catalano
e catalano è anche lo stile tardogotico della cattedrale
194
Nelle ombre e nelle luci della notte, ancora Alghero, un tempo chiamata “fortezza in forma di città” e nella quale si parla
tuttora il catalano. Sulla sinistra, l’antica cattedrale di Santa Maria, ispirata allo stile tardogotico catalano,
come il campanile ottagonale e la parte absidale col ricco portale gigliato; l’interno è a tre navate su pilastri e colonne doriche.
195
Il magico porto frequentato dalle Ninfe
Il golfo di Porto Conte che il grande astronomo alessandrino Claudio Tolomeo
chiamò “Portus Nimpharum”, il porto delle Ninfe. È il più classico porto
naturale del Mediterraneo: acque straordinariamente trasparenti, dal verde,
all’azzurro cupo. La costa, qui, è caratterizzata da piccole insenature,
da grotte semisommerse, da scoscesi dirupi e dall’ampia spiaggia di Mugoni.
196
197
C’era una volta un lazzaretto...
Cala del Lazzaretto, incantevole insenatura a nord di Alghero,
delimitata da capo Galera, prima del celebre Porto Conte;
la bella spiaggia, tra rocce e finissima sabbia, prende il nome
da un antico lazzaretto, del quale restano oggi scarsi ruderi.
se è vero che i richiami non mancano è altrettanto vero
che il borgo vecchio ha mantenuto i connotati urbanistici
e architettonici d’un tempo. Gli abitanti hanno continuato a vivere con dignità i quartieri dei loro antenati. Quale
che sia la direzione, Alghero offre una sequenza di scorci
emozionante. In piazza Civica, ecco il palazzo d’Albis.
Dalla finestra centrale dell’edificio, la storia narra che
s’affacciò l’imperatore Carlo V per proclamare gli algheresi, che gli avevano tributato un’accoglienza davvero
reale, "todos caballeros". Per arrivare alla piazza-salotto
della città bisogna superare la cortina muraria dei bastio-
Inespugnabile struttura muraria
Sotto: la piazza Civica, “plaça de la Dressana”, ad Alghero,
uno spazio a forma di imbuto; vi si affaccia il palazzo De Ferrera,
o d’Albis, o De Arcayne, a seconda dei vari proprietari,
con monofore e bifore, raro esempio di architettura civile gotica.
A destra: interessante scorcio dei bastioni Magellano,
complesso murario di una vasta struttura a difesa della città,
imprendibile baluardo algherese fin dal XIV secolo.
L’arte dell’intreccio
I cestini di Castelsardo (foto in basso) sono famosi in
tutta l'isola e rappresentano da sempre una ricchezza
radicata nelle tradizioni artigiane del Nord Sardegna.
Ottenuti con un paziente lavoro di intreccio fra giunchi e raffia, i cestini vengono prodotti anche a Sennori
e a Sorso, dove l'attività condotta in prevalenza dalle
donne resta fiorente nonostante la concorrenza dei
produttori stranieri. Non è difficile incontrare tra i vicoli dell'antico borgo di Castelsardo anziane madri di
famiglia impegnate nell'arte dell'intreccio. Dalle loro
abilissime mani e dalla loro fatica incessante nascono
gli splendidi canestri e le corbule, destinate a contenere il pane, i dolci e altri prodotti tipici di queste zone.
Sul mercato si trovano oggi produzioni a intreccio che
provengono da ogni angolo del mondo, ma un occhio
esperto non può farsi trarre in inganno: Castelsardo
rimane il riferimento per questo genere di prodotti, che
sono assolutamente inconfondibili. Lo splendido scenario di Porto Conte ancora miracolosamente intatto
Ecco Porto Conte, splendido golfo dalle straordinarie acque trasparenti, caratterizzato da piccole insenature,
dirupi rocciosi, grotte semisommerse, fondali ricchi di pesci pregiati; sulla fascia litoranea si trova una rara e preziosa vegetazione.
200
201
ni Magellano e il Portal del Mar. Pochi passi e subito l’incontro con l’architettura gotico-catalana, ricca di dettagli
arabeggianti, che rimanda al periodo tra il XV e il XVI secolo. Appena più avanti lo scenario superbo della cattedrale, di forme tardo gotiche e catalane con uno spettaco-
lare campanile a cinque ripiani e la cuspide a gattelli, il
più bello della Sardegna. All’interno, il mausoleo di
Maurizio Savoia, testimonianza del governo sabaudo
sulla città. Sulla vecchia strada che collega Sassari ad Alghero una deviazione di pochi chilometri conduce a un
Il campanile di Santa Maria e il fascino dei contrasti
Gianfranco Curreli
Il campanile ottagonale della cattedrale di Santa Maria, ad Alghero, è uno dei più caratteristici esempi
del tardogotico catalano della metà del XVI secolo. Qui la purezza dello stile, che continua sulla parte absidale
con un ricco portale gigliato, sulle monofore e i doccioni, è compromessa dai successivi interventi
che non hanno giovato all’unità architettonica della chiesa. Anche l’interno a tre navate è segnato dal contrasto tra l’impostazione
tardorinascimentale del corpo longitudinale e l’impianto gotico cinquecentesco della parte presbiteriale.
sito di straordinaria suggestione. Potrebbe essere un
paesaggio classico, spiagge e acqua azzurra. Con ville e
residences, ristoranti e discoteche. Niente di tutto questo: è l’Argentiera, un agglomerato di edifici spettrali, legno scuro e travi, una cartolina d’altri tempi, una fotografia in bianco e nero che appare come d’incanto all’uscita
dell’ultimo tornante. Ed è un’immagine quasi spaventosa, che richiama alla memoria un tempo in cui la sofferenza, la fatica, la lotta per sopravvivere erano cose di
ogni giorno. Niente turismo d’alto bordo, dunque: all’Ar-
Presso la spiaggia di Porto Palmas, è l’antico centro minerario
dell’Argentiera, un affascinante reperto di archeologia industriale.
Il vecchio centro minerario è diventato ora un villaggio turistico.
gentiera solo un tentativo abortito in partenza di cancellare le tracce del passato, qualche fila di casette squallide
schierate a offendere il paesaggio. Sono passati quasi
quarant’anni dal giorno in cui gli ingranaggi della laveria portarono a termine l’ultimo giro. La miniera si
fermò, raggiunta e superata dalle tecnologie moderne.
E così bella che ci si dimentica anche di tutti quei gradini
Seicentocinquantasei gradini a picco sul mare conducono alla grotta di Nettuno, ai piedi delle immense pareti rocciose di Capo Caccia, vicino ad Alghero. Una discesa estenuante e meravigliosa, con l'azzurro intenso del mare e la vista
dell'isola Foradada, giù per l'Escala Cabirol (la scala del capriolo) fino all'ingresso della grotta, dove domina il bianco intenso delle incredibili concrezioni. Un piccolo ma agevole
sentiero conduce attraverso la sequenza delle sale: da quella
delle Rovine, chiamata così per gli scempi compiuti dai visitatori dell'Ottocento, fino alla sala della Reggia, passando ai
margini del grande lago Lamarmora, i cui riflessi blu colorano
stupendamente le pareti e le volte della grotta. Quasi in fondo
ecco la spiaggetta della Reggia, anche questo paradiso perduto
delle foche monache. Due lapidi ricordano le visite del re Carlo
Alberto, che giunse alla grotta via mare nel 1829 e nel 1842. La
sala dell'Organo, la tribuna della Musica: i nomi scelti per gli
ambienti straordinari che compongono la grotta rendono l'idea
di uno scenario naturale stupefacente. 202
203
Tutto all’Argentiera, in questa punta selvaggia a nordovest della Sardegna, precipitò nel silenzio. Il vecchio
borgo dei minatori pian piano si spopolò, gli abitanti cercarono altrove una vita nuova e diversa. Abbandonando
quelle rovine affascinanti all’aggressione del tempo e all’indifferenza degli uomini. Ma non si può lasciare il Sassarese senza una visita a Ittiri, coi suoi palazzotti liberty.
E a Torralba, operoso centro dominato dal celebre nuraghe di Santu Antine, gioiello culturale della cittadina.
Più in là, verso la Gallura, il paesaggio si trasforma e
compaiono i primi graniti, simbolo di una terra che sem-
bra rimasta ferma nel tempo, attraverso le epoche e la
storia. Da Ozieri, con la chiesa e il convento di San Francesco in un panorama in cui campeggia uno splendido
palazzo del Cinquecento, si punterà fino al lago del Coghinas, specchio d’acqua incantato fra il verde e le colline (una deviazione, da Ozieri, meriterà anche Pattada,
dove vengono prodotti i più rinomati coltelli dell’isola).
Tempio Pausania, capoluogo storico della Gallura, è
patria del Carnevale forse più ricco e trasgressivo della
Sardegna. Il mare e lo sfavillio del turismo d’alto bordo
qui sono lontani. Attraversare queste vallate, intorno a
Tempio e ad Aggius, significa respirare una Sardegna
antica, legata alla sua natura dolce e selvaggia insieme.
Da Tempio a Olbia, capitale delle vacanze, centro turistico e nodo dei trasporti della provincia orientale. Importante porto romano, Olbia fu sede dei giudici di Gallura
con il nome di Civita. Nell’Ottocento assunse il nome di
Terranova Pausania per riacquisire quello romano di Olbia solo nel 1939. Oggi la storia della città si legge nell’elegante e suggestivo centro storico, nella splendida chiesa romanica di San Simplicio, eretta alla fine dell’XI secolo e origine della festa principale della città, il 16 maggio.
E ancora nei resti dell’antico porto romano, riferimento
essenziale per i navigatori dell’epoca e per il commercio
del granito.
Olbia può essere considerata punto di partenza di un
percorso turistico che attraversi Golfo Aranci, porto marittimo e centro di pesca che negli anni non ha perso
d’importanza. Quindi la celebre e celebratissima Costa
Smeralda, fondata agli inizi degli anni Sessanta dall’Aga
Khan Karim e oggi meta turistica internazionale. Porto
Lo spettacolare
cuore della Gallura
Nella pagina a sinistra: il nuraghe
Santu Antine, presso Torralba,
uno degli esempi più rappresentativi
dell’architettura protosarda.
Per la sua imponenza è noto anche
come “reggia nuragica”.
Sopra a destra: a Tempio Pausania
le case sono di pietra granitica.
A destra: la spettacolare cresta rocciosa
del monte Limbara, nel cuore
della Gallura, stupendo punto panoramico
di tutta la Sardegna settentrionale.
Sotto: il lago Coghinas, bacino artificiale,
ma di grande bellezza paesaggistica.
Capitale del lusso
e della mondanità
Massimo Ripani
Porto Cervo, il centro turistico
più importante, in Costa Smeralda,
realizzato a partire dal 1962.
Anfiteatro di alberghi ed edifici
residenziali, costruiti
intorno al breve fiordo della baia
dalla quale prende il nome,
il centro, che dispone di fornitissime
banchine per ogni tipo di nautica,
è caratterizzato da un rispettoso utilizzo
degli spazi verdi e costruttivi;
il tutto è improntato a un senso pittorico
di suggestivo impatto turistico.
Sul vecchio porto si affaccia la famosa
Piazzetta, ben nota per il lusso
dei suoi negozi e per la mondanità
dei nomi che la frequentano.
In posizione panoramica, la chiesa
Stella Maris ospita un prezioso
organo del Seicento napoletano.
207
La famosa roccia
che sembra un orso
Massimo Ripani
Capo d’Orso: è questo il nome
che, da secoli, viene dato alla roccia
granitica, alta sul promontorio
che si affaccia sul mare di Palau
e sullo sfondo di Caprera.
La roccia, erosa dalle intemperie
e dal tempo, vista da lontano,
ha una straordinaria somiglianza
con un plantigrado dal capo
rivolto verso il mare. La singolare
“scultura” è la classica meta
di escursionisti e fotografi dilettanti,
provenienti da Palau, importante
centro turistico, dotato di un’ottima
ricettività alberghiera.
Palau è anche il punto di imbarco
dei traghetti in partenza
per l’arcipelago della Maddalena.
209
Sfilate tra fede e storia
La Settimana Santa di
Alghero è come un salto
dentro la storia, per rivivere il clima di quegli
anni e insieme una festa
densa di significati. La
città diventa uno scenario inimitabile di folla in
movimento, di costumi,
di tradizioni che ritornano nelle orazioni delle
antiche confraternite (nella foto: confraternita della
Santa Croce di Aggius), impegnate a sfilare tra le
mura e i bastioni portando con devozione le effigie che
riproducono la Passione del Cristo. Negli anni, grazie
al lavoro incessante dell’Azienda di soggiorno e turismo, la Settimana Santa s’è arricchita di nuove presenze, che richiamano alle feste di località lontane, dalle
confraternite della Corsica a quelle cagliaritane di
Sant’Efisio, fino alla confraternita di Varazze, luogo
d’origine di quell’oscuro commerciante che portò ad
Alghero il celebre Cristo ligneo. È una manifestazione
che, attraverso le procedure sacre contenute nel protocollo religioso, ripercorre i passaggi del popolo algherese con le sue memorie e tradizioni catalane. Dove i
riti pasquali, dal “desclavament” del Cristo alla deposizione, tra voli di colombi, fiaccolate, concerti e preghiere, sanno suscitare emozioni indimenticabili. Stefano Ruiu
Cervo resta il centro più rinomato, grazie ai suoi servizi e
alle sue strutture di altissimo livello.
Arzachena, Palau e Santa Teresa di Gallura sono considerate un po’ le capitali del granito, circondate come sono di straordinarie rocce dalle forme impressionanti. Ad
Arzachena è famosissima la roccia a forma di fungo, a Palau il grande orso di pietra che dà il nome al capo omonimo. A Santa Teresa, elegantissimo centro per le vacanze
estive, si trovano ancor oggi su una spiaggia vicina alla
cittadina colonne romane in parte lavorate, destinate ai
monumenti della città eterna e rimaste sulla sabbia per
chissà quale evento.
La storia del Sassarese passa ancora per Castelsardo,
antichissimo borgo sormontato da un castello, patria dei
celebri cestini intrecciati, dove il Lunedì Santo si celebra
la suggestiva processione del Lunissanti. Il viaggio nella
provincia di Sassari si può chiudere idealmente a Sedini,
dove si trova la famosa “domus de janas” della Rocca,
una fra le più belle dell’isola. Situata al centro del paese
Il masso di Sedini
Sopra a sinistra: Capo Testa,
nei pressi di Santa Teresa di Gallura,
con le sue tipiche rocce.
A sinistra: Castelsardo nelle luci
della notte. In posizione
naturalmente fortificata, il paese
conserva un centro storico
intatto, di straordinario interesse.
Qui sopra: la domus de janas
di Sedini, scavata in un enorme masso,
con una serie di cellette sepolcrali.
210
211
Protetti da una cresta montuosa
Massimo Ripani
Cala Granara, splendida spiaggia sul lato est di Spargi,
la terza isola, per superficie, dell’arcipelago della Maddalena.
Di forma rotondeggiante, conserva un entroterra intatto,
con folte distese di macchia-foresta incastonate tra belle rocce
affioranti. Le sue coste sono impervie e la cresta
del colle Guardia Presposti con i suoi 155 metri è la più elevata.
lungo la strada principale, è costituita da un grande masso di calcare isolato, scavato a più piani da una serie di
camere sepolcrali.
Le celle vennero usate fino al 1850 come prigioni, poi
anche come abitazione. Ma un percorso immaginario nel
Nord della Sardegna non può avere che una conclusione
degna nell’arcipelago della Maddalena. Divenuto Parco
nazionale, l’arcipelago è un paradiso rimasto quasi per
incanto intatto. Contiene storia, scenari naturali favolosi
e una ricchezza ambientale solo in parte esplorata e
sfruttata fino ad oggi. Da Santa Maria a Spargi, fino a
Caprera, dimora ultima e sepolcro di Giuseppe Garibaldi, le isole rappresentano l’immagine di una Sardegna
autentica, come i sardi migliori vorrebbero che fosse anche in futuro. Vasco Brici
Fotografie di Massimo Ripani
Ricetta d’un piatto tipico
sassarese (ma non solo)
Tra i piatti della cucina sarda, eccone uno tipico sassarese (ma non solo). Ingredienti: pomodori ben maturi,
piedini d’agnello, cipolla, aglio, prezzemolo, olio, sale,
pepe. Lavare in acqua calda i piedini d’agnello. Una
volta puliti, sistemarli in una pentola con acqua salata
e lasciarli cuocere. Il punto di cottura sarà evidente solo quando la cartilagine comincerà a staccarsi dalle ossa. Quindi scolarli e dividere la polpa, che si farà rosolare in olio d’oliva insieme con un trito di cipolla,
prezzemolo e aglio. Regolare con sale e pepe, aggiungendo per ultimi i pomodori pelati e spezzettati. Cuocere per circa mezz’ora e servire tiepido. Sette le isole dell’arcipelago, un solo centro abitato: La Maddalena
Sopra: rocce plasmate dal vento sull’isola della Maddalena. L’isola, la maggiore delle sette che compongono l’arcipelago omonimo,
è anche l’unica ad avere un centro urbano stabile (caratterizzato dallo stesso nome), situato sulla costa meridionale.
Sotto: le smeraldine acque di Cala Conneri, nell’isola di Spargi, una delle mete più frequentate dalle imbarcazioni private e per turisti.
214
Dove, come, quando
Ecco la costa dei vip
assari è il capoluogo storico
del Nord Sardegna. Può
contare sull’aeroporto di
Alghero-Fertilia e sul grande porto commerciale di
Porto Torres. Nei progetti
della Regione sarda c’è l’istituzione di una nuova provincia per
la Gallura, chiamata Olbia-Tempio.
S
ALBERGHI
Sassari: al Grazia Deledda (079.
271235) singola 100/130 mila lire, doppia 150/180 mila; Carlo Felice
(079.271440) singola 100/120 mila lire,
doppia 140/160 mila; Leonardo da Vinci (079.280744) singola 95/125 mila lire, doppia 153/175 mila.
Alcune specialità de La Lepanto, ad Alghero.
Sorso: Villaggio dei pini, località Platamona (079.310224) singola 75/190 mila
lire, mezza pensione 70/205 mila lire.
Alghero: Calabona in località omonima (079.975728) singola 147/202 mila lire, doppia 214/304 mila; Green
Sporting Club Hotel (079.978124) singola 140/170 mila lire, doppia 170/220
mila; Carlos V (079.979501) singola
180/200 mila lire, doppia 200/240 mila; Grand hotel Catalunya (079.953172)
singola e mezza pensione 130/175 mila lire, doppia 210/300 mila.
Porto Conte: El Faro (079.942010)
216
Fotografie di Gianmario Marras
Alcuni alberghi hanno prezzi da capogiro
ma ce ne sono anche per tutte le borse
Albergo Villa Las Tronas, ad Alghero.
singola 245/280 mila lire, doppia
430/480 mila; Baia di Conte
(079.949000) singola 200/375 mila lire,
doppia 240/475 mila.
Arzachena: Albatros (0789.83333)
singola 100/125 mila lire, doppia
200/270 mila; Cormorano (0789.99020)
singola 240 mila lire, doppia 420 mila;
La Rocca, in località Pulicinu
(0789.933131) doppia 125/240 mila,
suite 140/255 mila lire; Olimpia
(0789.99176) singola 80/125 mila lire,
doppia 138/200 mila; Cervo Hotel, località Porto Cervo (0789.931111) singola 950/1 milione 600 mila lire, doppia
un 1 milione 300/2 milioni; Recidence
Capriccioli, località Capriccioli
(0789.96016) 60/310 mila lire e 80/380
mila; Hotel Capriccioli, in località
omonima (0789.96004) singola 230 mila lire, doppia 420 mila; Piccolo Pevero, in località Porto Cervo (0789.94551)
singola 130/150 mila lire, doppia
180/270 mila.
Consorzio Costa Smeralda: Cala Di
Volpe, omonima località (0789.976111)
singola 1 milione e 570 mila/2 milioni e 500 mila, doppia 2 milioni e 160
mila/3 milioni; Pitrizza (0789.930111)
singola 1 milione e 788 mila/3 milioni e 47 mila lire, doppia 2 milioni e
485 mila/tre milioni e 960 mila; Ginestre (0789.92030) singola 340/510 mila
lire, doppia 680/1 milione e 40 mila;
Romazzino (0789.977111) singola 1 milione e 950 mila/2 milioni e 900 mila,
doppia 2 milioni e 600 mila/3 milioni
e 200 mila.
Castelsardo: Riviera (079.470143)
singola 90/150 mila lire, doppia
100/240 mila; Hotel Villaggio Pedraladda (079.470383) singola 95/115 mila lire, doppia 130/160 mila; Baja Ostina,
nella cala omonima (079.470127) singola 110 mila lire, doppia 180 mila.
La Maddalena: Excelsior (0789.
737020) singola 105/145 mila lire, doppia 140/190 mila; Gabbiano (0789.
722507) singola 110 mila lire, doppia
140 mila; Miralonga, via Don Vico
(0789.722563) singola 140/160 mila lire, doppia 200/220 mila; hotel villaggio Valtur, isola di Santo Stefano
(0789.708574) singola 230/385 mila lire, doppia 275/490 mila.
Olbia: Martini (0789.260066) singola
125/160 mila lire, doppia 190/250 mila; Mediterraneo, via Montello 3
(0789.24173) singola 160/230 mila lire,
doppia 220/360 mila; Gallura
(0789.24648) singola 100/110 mila lire,
doppia 140/160 mila; Li Cuncheddi
presso Capo Ceraso (0789.36126) sinL’aragosta catalana, uno dei tanti piatti
prelibati del Pavone di Alghero.
Dove, come, quando
con prezzi da 95 mi978333), mesi estivi 10-13
gola 245/375 mila lire, doppia 385/455
la lire a 310 mila per
e 17-23 ogni giorno, festimila; Palumbalza Sporting Hotel
gli alberghi, e da
vi 16-21.
(0789.32005) singola 165/355 mila lire,
200 mila a tre milioStintino: Il ricordo della
doppia 190/610 mila.
ni 213 mila per i rememoria, Museo della
Strada provinciale Olbia-Golfo
Una sala del Museo della Valle
sidence, rivolgersi
tonnara (079.293413),
Aranci: Luna Lughente (0789.57521)
dei Nuraghi, a Torralba.
presso le agenzie.
aperto tutti i giorni 18-24.
singola 125/178 mila lire, doppia
Ozieri: Museo archeologico, piazza
168/272 mila; Hotel Residence Pozzo
RISTORANTI
San Francesco (079.787638), ogni giorSacro (0789.57855) singola 90/150 mila
no 9-13 e 16-19, tranne il lunedì.
lire, doppia 110/200 mila.
Sassari: Florian (079.236251), prezzo
Torralba: Museo della Valle dei NuraPorto Rotondo: Hotel Sporting
medio per un pasto 50 mila lire.
ghi del Luogodoro-Meilogu, via Carlo
(0789.34005) singola 1 milione e 31 mila
Alghero: Tuguri (079.976772); Pavone,
Felice (079.847298), da maggio a setlire, doppia 1 milione e 292 mila/1 mi(079.979584); La Lepanto, (079.979116),
tembre ogni giorno 9-20.
lione e 640 mila; Green Park Hotel
tutti a 50/60 mila lire. Fertilia: Da BruIsola di Caprera: Museo nazionale
(0789.380100) doppia 136/266 mila lire.
no, località La Fighera (079.930272), codel Compendio Garibaldino (0789.
San Pantaleo: Hotel Rocce Sarde
sto 40 mila lire.
727162), tutti i giorni 9-13.30.
(0789.65265) singola 94/160 mila lire,
Castelsardo: Guardiola (079.470755),
La Maddalena: Museo archeologico
doppia 188/320 mila.
con un prezzo medio di 50 mila lire.
navale Nino Lamboglia, località MonOzieri: Nuraghe, località Sa Uppara
Olbia: Gallura (0789.24648), costo di
giardino sulla strada panoramica
(079.758733) singola 70/90 mila lire con
circa 60 mila lire; Leone e Anna
(0789.790660), tutti i giorni 8.30-13.30.
mezza pensione, doppia 70/100 mila.
(0789.26333), con un conto medio di
Castelsardo: Museo dell’Intreccio
Oschiri: Italy (079.733035) singola
55/60 mila lire.
Mediterraneo, nel castello dei Doria, in
30/40 mila lire, doppia 50/60 mila.
Santa Teresa di Gallura: Canne al
via Marconi (079.471380), aperto luSanta Teresa di Gallura: Grand Hovento (0789.754219), con una spesa inglio e agosto 9-13 e 14-24.
tel Corallaro presso la località Rena
torno alle 50 mila lire.
Bianca (0789.755475) singola 155/175
San Pantaleo: Giagoni (0789.65205),
INFORMAZIONI
mila lire, doppia 250/260 mila; Majore
qui la media è di 55 mila lire.
(0789.755001) singola 128/200 mila liStintino: Antonio (079.523077), dove
Sassari: Ente provinciale del turismo,
re, doppia 196/300 mila; Bacchus
si spende sulle 40/45 mila lire.
viale Caprera 36 (079.299544-299415);
(0789.754556) singola 80 mila lire, dopAzienda autonoma di soggiorno e tupia 130/140 mila.
MUSEI
rismo, viale Umberto 72 (079.233.534).
Stintino: Cala Rosa, località Ovile
Olbia: Azienda autonoma di sogSassari: Museo archeologico-etnogradel Mercante (079.520005) singola
giorno e turismo, via Catello Piro 1
fico Giovanni Antonio Sanna, via Roma
pensione 140/220 mila lire, doppia
(0789.21453).
64 (079.272203), ogni mattina dalle 9
160/320 mila; Rocca Ruja, località CaSanta Teresa: piazza Vittorio Emaalle 14; Museo della Brigata Sassari,
po Falcone (079.529200) singola
nuele 24 (0789.754127).
piazza Castello 9 (079.233303), ogni
110/200 mila lire, doppia 200/280 mila.
La Maddalena: Cala Gavetta (0789.
giorno (festivi su richiesta) 9-12 e 14Tempio Pausania: Delle Sorgenti
7363221).
16.30; Museo geo-mineralogico Aurelio
(079.630033) singola 80/90 mila lire,
Palau: via Nazionale 94 (0789.
Serra, via De Nicola 9 (079.229264),
doppia 120/130 mila.
709570).
ogni mattina 8.30-13.30: si possono faPer la catena di alArzachena: Paolo Dettori 43 (0789.
re visite guidate con
berghi e residence che Castelsardo: Museo dell’intreccio. lezioni di mineralogia,
82624).
annovera Cala di Falco,
Alghero: piazza Portaterra 9 (079.
geologia e pedologia.
Arzachena, località
979054).
Porto Torres: AntiCannigione, Cala di Lequarium Turritano, in
pre, Palau, località Cala
I SITI DI INTERNET
via Ponte Romano
di Lepre, Capo d’Orso,
(079.514433), ogni matwww.comune.sassari.it/città/
Palau, località Cala Catina 9-13.30, martedì e
uffici_ turistici_sassari.htm
pra, il Mirto, Palau, logiovedì 15-19.30.
www.regione.sardegna.it/ital/turicalità Cala Capra, Le
Alghero: Mare Nosmo/sassari/alb-sassari.htm.
Rondini, Isola Rossa, Le
strum Aquarium, via
www.sardiniapoint.it. dune, Badesi Mare,
XX Settembre 1 (079.
(A cura di Vasco Brici)
218
219
Porti e porticcioli
Tra mille insenature
Da Alghero a Villasimius, da Sant’Antioco
a Cala Gonone, ecco dove attraccare
2
4
6
Massimo Ropano
222
una decina di minuti d’auto dal
capoluogo e la struttura offre carburante, carenaggio, acqua, luce,
guardiania, gru fino a 60 tonnellate, bar e ristorante. Anche al rifatto porticciolo turistico di Villasimius – dove crescono le prenotazioni per le gite a baie e isolotti, come i Cavoli e Serpentara – si
trovano servizi e assistenza di
primo piano. D’altronde, il paese
permette ai vacanzieri in barca
spostamenti rapidi in direzione
di Costa Rei e Torre delle Stelle,
oasi dalle acque turchesi. Inoltrandoci verso Arbatax si supera
Porto Corallo e si arriva a Santa
Maria Navarrese (anche qui gru
fino a 15 tonnellate, alaggio e
cantieri di carenaggio) e Cala Gonone, nel cui porticciolo si noleggiano surf, gommoni, gozzi e anche qualche piccola barca a vela.
Proseguendo ci si imbatte in La
Caletta, Ottiolu – vero esempio
di moderno ed efficiente design
marinaro –, Marina di Puntaldìa,
Olbia e Golfo Aranci. Nolo, acqua, luce, guardiania, operazioni
di carenaggio e manutenzione ordinaria e straordinaria eccetera eccetera
accolgono navigatori e marinai senza
limiti di cabotaggio. E siamo in Costa
Smeralda. In una manciata di miglia si
incontrano autentici e avanzati gioielli
portuali di fama internazionale: Marina di Portisco, Punta Marina, Porto
Rotondo, Porto Cervo, Palau e Canniggione. Il porticciolo dell’affascinante frazione di Arzachena accoglie
con disinvoltura natanti di medio e
piccolo cabotaggio. In altri termini, è
inutile dire che i servizi nautici nella
costa più bella del mondo sono a cinque stelle.
Ma anche Santa Teresa di Gallura,
La Maddalena, Castelsardo, Stintino e
Porto Torres vantano credenziali nautiche collaudate. Impossibile non riFotografie di Gianmario Marras
U
n’oasi di inebriante 1
benessere nel cuore
del Mediterraneo. L’isola delle mille insenature si presenta ricca di nuove e feconde
opportunità per quanti solcano il
mare nostrum. Negli ultimi cin3
que anni la qualità delle strutture portuali regionali ha subìto un
notevole incremento. Se è vero
che ancora tanto rimane da fare,
è altrettanto inoppugnabile un
deciso balzo in avanti. Da Alghero a Sant’Antioco, da Villasimius
a Palau, da Bosa a Cala Gonone, 5
è stata una corsa all’adeguamento delle banchine, dei servizi e
delle attrezzature dedicati ai natanti. In sostanza, per tre alberi e
yacht, cabinati e gommoni aumentano le opzioni d’attracco e
assistenza. E con queste sale la
7
potenzialità dell’offerta turistica
made in Sardinia. Un’offerta che
proprio sulla capacità ricettiva
delle sue coste gioca una partita
molto importante. Insomma, non
solo il lusso della Porto Cervo di
fama mondiale, ma anche una serie
crescente di luoghi all’altezza delle
esigenze di un diportismo marittimo
che coinvolge decine di migliaia di
appassionati. Ma andiamo con ordine.
Cagliari, ormai meta del crocerismo mediterraneo, ha potenziato gli
scali di Marina Piccola e Su Siccu, e
strizza l’occhio a skipper e navigatori.
Lo scalo commerciale, in attesa del
definitivo decollo del Porto Canale,
destinato ad ospitare le grandi navi
portacontainer, si è abbellito e ha notevolmente migliorato gli standard ricettivi. Bacini di carenaggio e cantieri
di pronta assistenza sorgono sia sulla
statale per Pula sia a poche centinaia
di metri dal centro, a Su Siccu. In quest’area si tengono anche i mondiali di
motonautica: come dire, un’altra sicu-
Nelle foto, contrassegnate con i numeri,
alcune delle principali strutture:
1. Marina Piccola, a Cagliari; 2. porto
turistico di Villasimius; 3. Porto Rotondo;
4. Porto Cervo, sulla Costa Smeralda; 5.
Cala Reale, presso Capo Testa,
a Santa Teresa di Gallura; 6. il porto
di Alghero; 7. La Maddalena.
ra pagella dai voti alti. Ma la riscossa
delle vele e dei supergommoni nel capoluogo ha per nome la completa ristrutturazione di Marina Piccola. Il caratteristico porticciolo sovrastato dalla
Sella del Diavolo, una sorta di cornice
naturale per i nove chilometri del candido arenile del Poetto, a detta degli
esperti, è ormai in grado di ospitare i
marinai più esigenti.
Proseguendo verso est in direzione
Villasimius si incontra Porto Armando nella marina di Capitana. Siamo a
223
Gianmario Marras
Porti e porticcioli
Gianmario Marras
Porti e porticcioli
Porto turistico di Stintino, nel golfo
dell’Asinara, regno dei lupi di mare.
cordare la consolidata e tipica aria marinaresca di Stintino, regno dei lupi di
mare, e Santa Teresa di Gallura, scuola e patria di grandi pescatori subacquei. Il tutto a poche miglia da Porto
Pollo o l’isola dei Gabbiani: templi
mondiali per gli specialisti del surf.
Andando verso ccidente ci si imbatte nei moli di Alghero. La città catalana – base di partenza per la visita
alle grotte di Nettuno – è da sempre
all’altezza delle richieste dei grandi
navigatori del Mediterraneo. E d’altronde, il porto di Alghero non può
che essere il giusto e funzionale complemento di una città che ha raggiunto le vette del turismo continentale.
A una decina di chilometri si trova
l’approdo di Bosa, patria della Malvasia – un eccezionale e raro vinello da
dessert –, adagiata sul fiume Temo.
Ancora più giù, ma con una preponderanza dei traffici mercantili, c’è
Oristano. Il capoluogo del centro Sardegna ha comunque avallato un’importante operazione di restyling volgendo lo sguardo al piccolo e medio
cabotaggio turistico. In effetti, oltre alle rovine romane semisommerse di
Tharros, l’intera zona merita una sosta prolungata. Per chi naviga la penisola di San Giovanni di Sinis, l’isoletta
di Mal di Ventre e la costa di Torre
Verde sono interessanti escursioni.
Puntando la prua a sud, Buggerru,
Portoscuso, Carloforte e Calasetta
presentano strutture di buon livello.
Identico il discorso riguardante le
mete: Pan di Zucchero, Ingurtosu,
Plage e Mesu sono solo alcuni dei
luoghi da non perdere.
Ma è Sant’Antioco, fin dai tempi
degli antichi Romani, snodo dei traffici mediterranei, a vantare recenti e avveniristiche strutture per veleggiatori
224
Barche ormeggiate a Castelsardo,
dotata di attrezzati servizi nautici.
e motonauti. Il nuovo porticciolo è da
segnalare con un positivo circoletto
rosso. E una volta in zona, va suggerita una visita alle innumerevoli locande e trattorie: il cibo e i vini sono stratosferici. Infine, in questa sorta di circumnavigazione, prima di riapprodare a Cagliari, ecco i porticcioli di Teulada, Cala Verde e Perd’e Sali. Ci sarebbe anche Porto Marratzu ma ricade sotto la giurisdizione militare. I diportisti trovano acqua, alaggio, guardiania, luce, telefono e bar, oltre ad alberghi e ristoranti di qualità superlativa, come il Forte Village, Chia Laguna
o Is Molas, regno dei golfisti di mezzo
mondo. Ma a pochi chilometri dalle
banchine si trovano spiagge e coste
straordinarie ben avallate dal lavoro
umano: impianti sportivi, ristoranti tipici, discoteche, pizzerie, teatri e cine
all’aperto, agriturismo, laboratori di
erbe officinali e aziende artigianali
dedite alla produzione dei prodotti tipici dell’enogastronomia. Dunque,
per timonieri e capitani mare e non
solo. Anzi, solidi motivi di svago genuino si intrecciano alle bellezze ambientali. Un menu che rende quanto
meno indimenticabile una vacanza.
Questi i numeri telefonici delle Capitanerie di porto:
Alghero 079.953174; Porto Torres
079.502258; Olbia 0789.21243; Porto
Cervo 0789.94498; Stintino 079.523381;
Santa Teresa 0789.754602; Porto Conte
079.930565; Golfo Aranci 0789.46880;
La Maddalena 0789.737095; Palau
0789.709419; Castelsardo 079.470916;
Cagliari 070.656059; Calasetta
0781.88930; Carloforte 0781.854023;
Sant’Antioco 0781.83071; Arbatax
0782.667093; Oristano 0783.72262.
Numero blu 167.090.090. Daniela Muscas
225
Consorzi turistici
A favore dell’impresa
Come ottenere, per statuto, finanziamenti pubblici
a sostegno degli investimenti dei privati
226
Gianmario Marras
I
n Sardegna i consorzi turistici
realmente operativi sul territorio ai fini della promozione e
della possibilità di ricevere contributi sono una ventina; gli altri
sono molto piccoli e hanno scarse possibilità di proporsi sui mercati,
anche perché possono contare su un
ristretto numero di posti-letto. Quelli
più importanti funzionano, in pratica,
da strumenti di programmazione negoziata avendo previsto nei rispettivi
statuti la possibilità di ricevere finanziamenti pubblici a sostegno degli investimenti dei privati. Si attivano in
modo da ricevere contributi da tutte
le leggi di settore, e si adoperano per
promuovere l’immagine e il nome del
territorio di competenza. Molto spesso, però, i vari consorzi finiscono col
sovrapporsi e, talvolta, a scontrarsi, e
non sono rari i casi di imprenditori
che fanno parte di più consorzi. Non
esiste, insomma, una legge che li regolamenti, e c’è, quindi, la necessità
di individuare in primo luogo aree
omogenee sulle quali incentivare la
presenza di imprenditori e, in subordine, dell’ente territoriale.
La Regione, e in particolare il
neoassessore del turismo Roberto
Frongia, vuole mettere al centro del
suo programma di settore l’impresa,
sollecitato in questo dai Comuni che,
sicuramente meglio degli imprenditori, conoscono leggi e previsioni politiche. Si parte dalle zone servite da
aeroporti, per poi passare a quelle
con i porti e così via; ecco, quindi, subito individuate le aree di Cagliari,
Olbia e Alghero e poi, a cascata, gli
ambiti territoriali più piccoli. Ma, poi,
c’è il momento di natura economica;
l’imprenditore che vuole impiantare
un’attività turistica deve studiare le
possibilità di riunirsi in consorzio con
altri imprenditori, oppure affrontare
da solo l’impresa . Ma i consorzi sono
importanti, anzi determinanti, in una
Sa Pedra Longa, a Baunei, territorio
che vanta un eccezionale valore ambientale.
realtà dove il fattore della produzione
diventa irrilevante di fronte al problema della commercializzazione del
prodotto; in poche parole, sole e mare
passano in secondo piano di fronte al-
le difficoltà che si possono incontrare
nel collocare la vacanza sul mercato
internazionale. Ecco, perché, diventa
più importante saper rimanere sul
mercato, ancor più che arrivarci, e se
non ci si attrezza, magari associandosi, si fa alla svelta a finire “fuori” dal
mercato stesso. L’Esit (l’ente regionale
di promozione dell’industria turistica)
ha storicamente ben operato nei confronti dei consorzi, cercando di incentivare l’associazionismo, seguendo e
consigliando gli imprenditori. Un po’
meno presente è stata la Regione a livello politico, ma questo fa parte di
un complesso di scelte che affonda le
sue radici nei decenni precedenti. Andrea Frailis
227
Sostegni creditizi
Leggi e turismo
Speciali contributi finanziari agli imprenditori
grazie alle normative dello Stato e della Regione
I
l sostegno creditizio alle imprese industriali che operano
nel settore turistico è stato, e
parzialmente è ancora, un problema in Sardegna. Esiste una
legge nazionale, la 488, che
prevede incentivazioni alle industrie e che, di recente, è stata estesa
alle imprese turistiche; è stata la Regione a fornire i criteri di applicabilità sul territorio, accoppiando i suoi
parametri a quelli dello Stato .
La dotazione finanziaria è di trecento miliardi di lire all’anno, una
cifra sicuramente non eccezionale, e
comunque nettamente inferiore rispetto alle richieste giunte da parte
dei promotori delle diverse iniziative. Ma esiste anche la legge numero
40 del 1993, pensata solo per il settore turistico, che consente l’abbattimento degli interessi nella misura
del 60 per cento del tasso di riferimento e finanzia il 30 per cento della spesa ammissibile. Alcuni istituti
di credito, ultimo dei quali in ordine
di tempo è stato il Banco di Sardegna, hanno rinunciato allo ”spread”
applicando quindi un tasso inferiore di due punti a quello ufficiale:
2,25 per cento anziché il 4,25 applicato in questo particolare momento.
Nel 1998, inoltre, è stata varata la
legge numero 9 che prevede l’erogazione di contributi fino al 40 per
cento per finanziare ristrutturazioni
e adeguamenti e con l’esclusione,
almeno nella formulazione iniziale,
delle nuove attività. Ma nel recente
“collegato” alla legge finanziaria, la
Giunta regionale ha proposto la modifica della destinazione del provvedimento, includendo quindi anche
le nuove costruzioni nella tipologia
degli interventi. La legge, peraltro,
prevede una distinzione tra le zone
interne della Sardegna e quelle a vocazione turistica riconosciuta; questo per evitare che si possa creare
un conflitto fra attività non omogenee. Di conseguenza, oggi, un imprenditore che voglia metter su
un’attività turistica in Sardegna può
contare su un contributo finanziario
a fondo perduto pari al 40 per cento
dell’investimento e di un abbattimento della quota interessi nella misura del 30 per cento. Questo, è bene precisarlo, non per regalare soldi
all’imprenditore e compiere, un’operazione di puro sapore assistenziale, ma perché nell’odierno mercato globale del turismo occorre fare i
conti con quei Paesi nei quali è lo
Stato a sostenere, in vari modi, l’iniziativa turistica nell’ambito di una
economia assistita; da noi non c’è la
“mano pubblica” che ti regala il terreno o ti paga gran parte del salario
delle maestranze, e al contrario i costi per la realizzazione di alberghi o
altre strutture sono onerosi. Ed è allora nella direzione di colmare il gap
esistente con questi Paesi, che vanno leggi come quella appena descritta. Discorso a parte meritano le
banche, per le quali valgono le leggi
di mercato né più né meno che le altre imprese; libera è la scelta delle
banche da convenzionare con la Regione, così come libero è l’accesso
al credito. Nell’isola opera un pool
di banche sarde e continentali in regime di convenzione, ma esistono
grandi gruppi turistici che si avvalgono del sostegno di banche di fiducia e che, nella maggior parte dei
casi, rinuncia anche alle leggi di sostegno e incentivazione. A.F.
CON LA FORMULA
BED AND BREAKFAST
necessità e le richieste degli ospiti, tutto
l’anno e in tutto il territorio isolano: mare, montagna, collina. Non solo: alcune
famiglie hanno di proprietà frutta, verdura, animali, che possono consentire
agli ospiti caratteristiche cene a base di
prodotti tipici e genuini, insieme con le
famiglie ospitanti. La società che gestisce
il circuito è a disposizione per richieste e
informazioni, per prenotare gli alloggi e
per assistere gli ospiti nello loro esigenze
logistiche. I prezzi variano da 35 mila lire a persona, in camera doppia con prima colazione e bagno comune con la famiglia, a 50 mila lire con il bagno ad uso
privato e in case di particolare pregio
storico ed ambientale. Sono previsti
sconti speciali per i bambini. “Sardegna
B&B Reservation”, via Stampa 7, 09131
Cagliari. Telefono 070.4520403. A
nche in Sardegna, come in altre
regioni d’Italia e d’Europa, è possibile alloggiare nei Bed and Breakfast,
cioè dormire presso famiglie che offrono
anche la prima colazione. Le famiglie,
selezionate e classificate, sono dislocate
in un circuito in grado di soddisfare le
228
Il Banco di Sardegna, uno degli istituti
che applicano particolari agevolazioni.
229
Trasporti
Strada rotaia cielo e mare
Da una costa all’altra, un reticolo di ottime
vie di comunicazione, buoni scali e porti
L
Fotografie di Gianmario Maras
a Sardegna, terqualche tempo per renra che profuma
dere agevole permadi mirto, lentinenza e spostamenti,
sco e salsedine,
specie quelli meno
è oggi in grado
consueti, ai visitatori. E
di condurre i
cominciano ad intravvisitatori in ogni suo anvedersi i primi risultagolo o quasi. Domus de jati: i dati del ’99 sui monas (case delle streghe) e
vimenti dei vacanzieri
nuraghi, calette incontanon facenti capo ai soliminate e maestosi dirupi
ti luoghi marinari, svesfidati solo da branchi di
lano un aumento del 25
mufloni e dai rapaci,
per cento. E altre notimontagne silenziose
zie utili a quanti intenquanto impervie: l’isola
dono muoversi all’inregala emozioni raggiunterno dell’isola, oltre
gibili con servizi oramai
che nelle agenzie di
Dall’alto, in senso orario: una nave della Moby Lines sulla rotta
qualificati. Da Cagliari,
viaggi, si possono troSanta Teresa/Bonifacio; una nave della Tirrenia nel porto di Cagliari;
una nave della regionale Saremar; e un aereo in hangar a Olbia.
Sassari, Nuoro e Oristano
vare negli aeroporti di
in direzione dei luoghi di
Cagliari-Elmas, Alghevilleggiatura più noti così come per
ro-Fertilia, Tortolì e Olbia-Costa
di coincidenze legate agli arrivi da
sagre, oasi naturalistiche, agrituriSmeralda. Box informazioni si trovaCivitavecchia e ai voli su Elmas. È
smo, siti storico-archeologici, ci si
no anche negli scali marittimi di
grosso modo lo stesso discorso ripuò muovere con una certa flessiPorto Torres, Cagliari, Arbatax,
guardante la gita – da non perdere –
bilità. Ferrovie dello Stato (070.
Golfo Aranci e Oristano.
a La Maddalena. Il capoluogo di un
657994/1478.88088), Ferrovie meriDa segnalare, oltre ai citati serviarcipelago che ha nel parco omonidionali sarde (800.044553), Arst
ces pubblici, anche le autolinee Pani
mo un forziere straordinario – meta
(800.865042) e Ferrovie della Sarde(079.236983), Turmo Travel (0789.
principale per gli amanti delle imgna (070.580075) garantiscono plu26101) e Deplanu (0784.201518).
mersioni, delle foto subacquee e dericollegamenti giornalieri su treno
Queste ultime collegano l’aeroporto
gli sport acquatici –, è servito dalle
e pullman.
Costa Smeralda con Nuoro e attracompagnie Saremar, Tris e Trrm.
Rotte che vantano un’opportuna
versano l’intera fascia costiera
Il ventaglio degli orari è molto amtrasversalità: con un briciolo di buoorientale. Per intenderci, Siniscola,
pio: le corse si aprono alle 5.00 e si
na volontà dai quattro capoluoghi si
San Teodoro, i villaggi di San Paolo,
chiudono alle 0.15. Per raggiungere
può raggiungere senza troppi salti
le spiagge di Budoni, Capo Comino
la Corsica si cambia armatore. Santa
mortali qualsiasi centro turistico isoe Cala Liberotto sono a portata di
Teresa di Gallura, cittadina che melano. Per esempio, sul fronte maritmano per le decine di migliaia di virita una visita approfondita anche
timo è la Tirrenia a issare un “ponsitatori provenienti da Olbia (navi
per le stupende dorsali orientali e
te” tra l’isola maggiore e due sue
Tirrenia) e Golfo Aranci (traghetti
occidentali ricche di spiaggette e
perle poco distanti: Carloforte e La
delle Ferrovie dello Stato).
scogliere da fiaba, è collegata con
Maddalena. I traghetti della compaMa i bus Deplanu offrono un valiBonifacio dai traghetti Moby lines.
gnia di bandiera che collegano la
do riferimento anche per quanti
Insomma, un quadro che intriga. Tra
Sardegna all’isola di San Pietro pergiungono in aereo al “Costa Smerall’altro, va rilevato che tutti i vettori
mettono partenze di primo mattino
da” e intendono raggiungere i centri
offrono informazioni e prenotazioni
(6.10) e rientri a notte inoltrata
della Barbagia come Orgosolo (il
per telefono e su Internet. Ma anche
(23.50). E per raggiungere gli imbarpaese dei murales), Oliena (la patria
le Aziende autonome di soggiorno,
chi di Calasetta e Portovesme da
del vino Cannonau), Mamoiada (il
gli Enti del turismo – con l’Esit in teCagliari si può scegliere tra i bus
tempio dei mamuthones, le maschesta, Numero verde 167.013153 –, e i
dell’Arst e i treni Fs, con una serie
re caratteristiche note in mezzo
vari assessorati sono all’opera da
230
231
Sardegna.4
Trasporti
ITINERARI SPECIALI DI “BELL’ITALIA”
Concessionaria esclusiva
per la pubblicità
Sede e Direzione generale
20123 Milano, via G. Carducci 29,
tel. 02/24424.611, fax 24424.631
Filiali e punti di vendita:
10126 Torino, corso Massimo D’Azeglio 60,
tel. 011/6665211, fax 6665300.
16121 Genova, via G. D’Annunzio 2/109,
tel. 010/530700, fax 590858.
35100 Padova, via Gattamelata 108,
tel. 049/775224-8073144, fax 775819.
40121 Bologna, via Amendola 13,
tel. 051/255952-255289-255439-255649, fax 254939.
50132 Firenze, via Don Minzoni 46,
tel. 055/561192-573668, fax 5001315.
00187 Roma, via Barberini 86,
tel. 06/420089.1, fax 42011668.
70100 Bari, via Amendola 166/5,
tel. 080/5485111, fax 5482832.
95131 Catania, c.so Sicilia 37/43,
tel. 095/7306311, fax 322085.
98100 Messina, via Umberto Bonino 15/c,
tel. 090/2930855, fax 2930771.
90133 Palermo, via Lincoln 19,
tel. 091/6235100, fax 6176863.
09100 Cagliari, via Ravenna 24,
tel. 070/305250, fax 343905.
Testi e fotografie non richiesti non vengono restituiti
232
l’Arst e delle Ferrovie meridionali.
mondo), o magari la valle di Tiscali.
Gli orari? Anche in questo caso coorE per stare al “Costa Smeralda”, sono
dinati con l’arrivo delle navi-trale linee dell’Arst a collegare il cuore
ghetto e degli aerei. E possono essedelle vacanze a cinque stelle con le
re pianificati pure gli spostamenti
località dei super vip: Porto Rotondo,
da Alghero-Fertilia verso l’interno,
Porto Cervo, Liscia di Vacca, Poltu
da Porto Torres per le spiagge di
Quatu, Arzachena, Baia Sardinia,
Platamona, Stintino, Badesi e l’Isola
Cannigione, Santa Teresa di Gallura
Rossa. Nel Meridione dell’isola,Vile Palau. Fondali superbi e storia al
lasimius da un lato e Santa Marghetempo stesso: ad Arzachena si può
rita di Pula dall’altro possono essere
ammirare la tomba dei giganti e, una
raggiunte comodamente in autobus
manciata di chilometri più giù, visida Cagliari.
tare le ventitrè chiesette campestri di
Ma oltre alle tappe
Luogosanto. Anzi, il
consuete per gli amancaratteristico paesino
ti delle onde e della
di 1.700 anime vanta
tintarella, sono molto
anche una porta santa:
gettonati i siti storici e
fu posta nel 1200 da paquelli minerari. Tra i
pa Onorio II nella basiprimi, citare il villaglica di Santa Maria. Atgio nuragico di Barutraversarla significa,
mini e il Museo di Vilnell’anno del Giubileo,
lanovaforru, che ospita
preghiere speciali e inattualmente una modulgenze.
stra con i dinosauri di
Spostandoci verso il
Spielberg ed è curato
centro, è impossibile
dal Consorzio Sa Coroscordare Cala Gonone:
na Arrubia, è d’obblibase per le minicrociego. Entrambi i luoghi –
re alle incantevoli cale
Una caratteristica
di rilievo archeologico
di Goloritzè, Mariolu e
locomotiva d’altri tempi
della Barbagia Exp.
mondiale – si raggiunSisine. Alla tanto affolgono facilmente con i
lata quanto affascinanpullman dell’Arst. E sono in costante
te località marittima orientale si
aumento anche i visitatori diretti alle
giunge in autobus sia da Nuoro che
zone minerarie dismesse.
dal capoluogo isolano. Turmo Travel
L’area di Arbus, Guspini, Ingurtoè invece presente su Alghero e Olsu, Buggeru e ovviamente Montepobia. L’autolinea unisce le due cittani ad Iglesias compendia in maniera
dine a partire dalle 7.30. Infine, i
esemplare la passione per il mare e
bus della Pani. Le corse tra Cagliari
quella per l’archeologia legata alle
e Sassari della storica compagnia
cave di piombo e carbone. Inutile
sassarese sono studiate tenendo
sottolineare i collegamenti: i treni
conto sia degli arrivi aerei sia di
Fs, i bus Ferrovie meridionali sarde
quelli marittimi. Tra l’altro, i collee Arst garantiscono un’ampia gamgamenti tra Nord e Sud prevedono
ma di orari e coincidenze utili a ragfermate anche ad Oristano e Macogiungere alcuni paesi dell’interno
mer: snodi interessanti per mettere
come Santadi; da non perdere le
piede nelle suggestive aree di Bosa
grotte di Is Zuddas, e, un passo ine Cuglieri e per Mal di Ventre,
dietro, ad una manciata di chilomeTharros e Capo Pecora.
tri da Cagliari, Capoterra. Quest’ulIn breve, l’intero pacchetto riguartimo, a Monte Arcosu nell’oasi natudante i trasporti interni è studiato
ralistica del Wwf, custodisce specie
prevedendo una buona serie di inrarissime in via di estinzione come
dispensabili coincidenze. Per dirne
il cervo sardo. una, chi sbarca a Cagliari e intende
Mario Frongia
raggiungere il Sulcis trova i bus delGianmario Marras
PK publikompass s.p.a.
233
Scarica

l`isola da sfogliare come un libro un viaggio nel ricordo, l`anima della