Quaderni dei "Bagienni" 2
Sintesi
PREGHIERA DIPINTA
ITINERARI ARTISTICI E NATURALISTICI
FRA TANARO E STURA
a cura
dell’ASSOCIAZIONE "TERRA dei BAGIENNI"
PREMESSA
La guida storico-artistica “Preghiera Dipinta ” nasce a tre anni di distanza dalla pubblicazione dell’opuscolo
omonimo che si era proposto di creare un itinerario attraverso i monumenti, dislocati per lo più nel
monregalese, che contenessero affreschi del Quattrocento e del Cinquecento, ossia dell’epoca definita
tardogotica e del primo Rinascimento. Grazie ad un contributo dell’Amministrazione Provinciale, vennero
dotati tutti i siti presenti nell’itinerario di un pannello indicatore. Questa guida si propone come un ulteriore
sviluppo alla precedente pubblicazione, abbracciando un territorio più vasto, coniugando strettamente
l’immensa risorsa culturale ed artistica con il paesaggio naturalistico in cui sorge. La pubblicazione è stata
concepita in una veste tipografica completamente rinnovata.
Grazie alla collaborazione preziosa di molte associazioni che lavorano per la valorizzazione di questi
monumenti artistici, è stato possibile effettuare preliminarmente un vero e proprio censimento artistico del
territorio compreso fra Tanaro e Stura, oggetto dei nuovi itinerari.
Antiche chiese, pievi, cappelle disseminate nella campagna o tra le colline, testimoni di devozione popolare,
di passaggio di viandanti e pellegrini e di un mondo cancellato dalle trasformazioni della modernità, sono
preziosi scrigni che racchiudono un tesoro artistico identificabile come un grande “museo diffuso”.
La guida è organizzata in più sezioni:
Quattro brevi saggi forniscono al visitatore un quadro generale dell’evolversi degli avvenimenti storici con
particolare attenzione a come andò organizzandosi e come si modificò il Cristianesimo sul nostro territorio,
delle caratteristiche storiche, stilistiche ed iconografiche che contraddistinguono la pittura medievale e
soprattutto il Quattro – Cinquecento, della biografia degli autori conosciuti e delle principali caratteristiche
ambientali e risorse naturalistiche; il tutto corredato da note bibliografiche per ulteriori approfondimenti.
Le pagine centrali della guida sono invece dedicate agli itinerari, organizzati in quattro percorsi, suddivisi per
ambiti territoriali contigui e volti ad agevolare la visita per il fruitore.
La guida è stata concepita, oltre che per diffondere la conoscenza del patrimonio artistico che caratterizza in
modo particolare il basso Piemonte ad un pubblico sempre più vasto, per stimolare le istituzioni alla
valorizzazione di questi beni come sicura ed importante risorsa turistico – culturale.
Associazione “Terra dei Bagienni”
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TESTIMONIANZE PITTORICHE MEDIOEVALI TRA TANARO E STURA
Il territorio che si estende tra il corso del fiume Stura e quello del Tanaro si è rivelato
incredibilmente ricco di testimonianze pittoriche di epoca medioevale; non solo i centri urbani
principali, ma anche le borgate minori presentano spesso una o più cappelle o piloni affrescati. In
alcuni casi si tratta di cicli completi che narrano le vicende della vita della Vergine o di un santo, in
altri di semplici riquadri o immagini votive; ovunque però testimoniano una forte devozione da
parte delle popolazioni locali, una volontà di costruire nuovi edifici di culto ed abbellire quelli già
esistenti, anche per tramandare memoria di sé, del proprio ruolo sociale, degli avvenimenti della
propria epoca.
A seconda delle proprie possibilità economiche, ma anche del gusto e delle inclinazioni personali, i
committenti si rivolgevano allora all’una o all’altra bottega. Gli ultimi studi hanno dimostrato come
l’utilizzo di incisioni che riproducevano le grandi opere dei maestri nordici o i capolavori del
Rinascimento fosse una pratica molto diffusa già a partire dal XV secolo; questo ha permesso, nel
tempo, che le tendenze della maniera fiamminga o i modelli dei grandi pittori piemontesi e toscani
del Cinquecento giungessero, se pure reinterpretati e semplificati, fino alle nostre cappelle e pievi di
campagna.
La visita degli edifici inseriti in questi percorsi dimostra immediatamente la netta predilezione
per alcuni soggetti, che si ripetono in molti cicli pittorici del territorio; filo conduttore è la
devozione verso alcune figure sacre cui si chiede protezione ed aiuto in diversi frangenti
dell’esistenza.
La più invocata è certamente Maria Vergine, le cui storie sono rappresentate in diversi
santuari a lei intitolati; fonte primaria di questa narrazione sono i Vangeli Apocrifi, testi scritti
nei primi secoli del Cristianesimo per rispondere alla devozione popolare che si domandava
quale fosse la storia di questa fanciulla scelta dal Signore come interprete del progetto divino.
Questi testi, per quanto poi non approvati dalla Chiesa, rimasero comunque un caposaldo nel
racconto delle vicende mariane e costituirono la principale fonte d’ispirazione nei cicli
pittorici a lei dedicati. Le Storie della vita della Vergine iniziano, così con le immagini dei
suoi genitori, Anna e Gioacchino, e proseguono con la giovinezza di Maria, l’incontro con
Giuseppe e, infine, le vicende connesse alla nascita di Gesù Bambino ed alla sua educazione
nei primi anni di vita, fino ad arrivare alla morte ed all’assunzione di Maria in cielo, dove
viene accolta da schiere angeliche festanti. Un posto particolare, in questa narrazione, spetta
alla scena dell’Annunciazione: poiché questo è uno dei fondamenti essenziali della dottrina
cattolica ed è il momento in cui la Vergine diviene parte della storia cristiana, all’immagine è
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di solito riservato un posto d’onore, come l’arcone trionfale, la parete alle spalle dell’altare o
un riquadro maggiormente caratterizzato rispetto agli altri.
Le richieste dei fedeli e dei committenti erano quanto mai concrete e semplici: riguardavano la
buona riuscita dei raccolti o la salute del bestiame, il soccorso durante i lunghi viaggi intrapresi per
raggiungere le mete dei pellegrinaggi, la protezione dai malanni più dolorosi e dai morbi letali che
allora si diffondevano con facilità micidiale. Un’impressione analoga di meraviglia e curiosità viene
suscitata dalle immagini macabre che nei cicli di affreschi spesso si affiancano alle scene sacre,
come accade al santuario della Madonna Lunga di Montanera o nella cappella di San Sebastiano a
Sale San Giovanni. Teschi, scheletri e cadaveri, che oggi impressionano il visitatore delle nostre
cappelle, in realtà erano un monito preciso ed un messaggio diretto per l’uomo medioevale: essi
costituivano un crudo richiamo alla realtà delle cose, alla caducità della bellezza umana ed alla
fragilità del corpo, così corruttibile rispetto all’anima dei giusti, ed ammonivano apertamente
sull’imprevedibilità della morte, che colpisce chiunque in ogni momento, annullare così ogni
diversità tra gli uomini. Se oggi buona parte degli interni di queste chiese appaiono spogli o
modificati da interventi successivi, all’epoca erano invece rivestiti da importanti cicli ad affresco
che, secondo le intenzioni delle alte sfere della chiesa, avevano il compito di tradurre in figure ciò
che i fedeli sentivano dai sermoni o dalle letture: una vera e propria Bibbia per i poveri, illustrata
sulle pareti degli spazi sacri. Sebbene più del 90% di queste pitture sia andato perduto, gli esempi
rimasti chiariscono piuttosto bene le tendenze della pittura romanica nel basso Piemonte. Il posto
d’onore al centro dell’abside spetta di diritto al Pantocratore, a cui vanno aggiunti i simboli degli
Evangelisti - sempre vivaci ed animati nei colori e nelle pose - la teoria degli Apostoli, che come
pilastri sostengono la chiesa dalle sue fondamenta e, talvolta, la Madonna in trono.
Un lacerto di affresco lungo la navata raffigurante il momento della Creazione permette di
introdurre l’altro grande filone tematico della pittura romanica: le storie tratte dall’Antico
Testamento, a cui si ispirano molti dei cicli dell’epoca.
Ancora in bilico tra il rigore romanico e la mondanità gotica, la pittura del XIV secolo si
caratterizza per una decisa vivacità cromatica ed un’attenzione al linearismo ed al gusto per
l’abbigliamento e le acconciature mutuato dalla coeva pittura oltralpina; nonostante l’identità di
soggetti con cicli di epoca romanica, infatti, è ben evidente l’evoluzione in senso decorativo degli
affreschi trecenteschi, come testimonia, ad esempio, l’abside di Santa Maria della Vigne presso
Carassone (secondo quarto del XIV secolo):
Le espressioni, le pose stereotipate e la mancanza di prospettiva richiamano alla mente modelli
arcaici, ma le pettinature ricercate, i tessuti e le aureole decorati con motivi vegetali a stampo, il
gusto cromatico nell’accostamento della campiture costituiscono già una forte caratterizzazione in
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senso gotico. La crescita della pittura trecentesca monregalese dovette avvenire soprattutto nella
seconda metà del secolo quando, dopo la creazione della diocesi nel 1388, si susseguirono le
commissioni di prestigio che diedero lavoro a botteghe in grado di far penetrare in Piemonte le
grandi novità della pittura giottesca, che in quegli anni stava rinvigorendo l’arte dell’intera penisola.
La riflessione sull’umanità dei personaggi, la tenerezza dei gesti, ma anche una evidente ricerca di
illusionismo prospettico ed una spasmodica cura nella resa dei materiali emergono chiaramente
dalla Madonna in trono con Bambino della Cattedrale di Mondovì ed ancor di più nel ciclo ad
affresco della Cappella del castello di Saliceto, che rimane una delle prove qualitativamente più
alte, da ricondursi ad un pittore di ambito fiorentino attivo allo scadere degli anni Ottanta.
Colpiscono, nella pittura di Rufino, i colori preziosi dalle molteplici sfumature, i visi un po’
stereotipati, ma dai tratti delicati, gli abiti e le armature dalle fogge ricercate ed originali. Questa
ripetizione dei modelli di inizio secolo, affiancata alla mancata volontà di aggiornamento,
caratterizza l’operato della maggior parte delle botteghe itineranti che lavorano nel territorio a
cavallo tra Piemonte e Liguria e che fungono da filtro tra le maniera monregalese e le esperienze
costiere. E’ il caso, ad esempio, della bottega attiva al Santuario della Madonna dei Boschi di Boves
che, utilizzando cartoni preparatori e modelli precostituiti, riesce a conquistarsi le commissioni nei
principali santuari mariani tra basso cuneese ed entroterra di Imperia, lasciando immagini solari e
delicate, scene essenziali pervase da una luce morbida e gradevole. Accanto a queste botteghe di
anonimi frescanti, abbiamo però un buon numero di maestri più conosciuti, che appongono la
propria firma su alcuni dei cicli pittorici più significativi della zona: è il caso di Segurano Cigna,
largamente documentato in tutta l’area monregalese (Cerisola, Pamparato, Prunetto) a partire dalla
metà del secolo con prove efficaci che conquistarono i committenti più autorevoli; di Antonio da
Monteregale, anche lui attivo tra Piemonte e Liguria, a cui si è attribuito il bel ciclo della Cappella
del cimitero di Castelnuovo di Ceva (1459); di Giovanni Mazzucco, che, nonostante un tratto
ingenuo e semplificato, appare largamente apprezzato dalla committenza locale e affascina per le
note di vita quotidiana che inserisce, ad esempio, negli affreschi della Madonna del Brichetto di
Morozzo (1491) o dell’ex Convento dei Domenicani di Peveragno (1487); di Frater Henricus,
erroneamente identificato con il fratello di Mazzucco, che nel 1451 firma gli affreschi della
Cappella di San Bernardo di Piozzo.
Intorno al 1513 i conventi francescani della città di Cuneo (San Francesco, Sant’Antonio da Padova
ed il Santuario della Madonna degli Angeli) sono protagonisti di un radicale rinnovamento
dell’arredo pittorico e vedono salire su tre dei propri altari altrettante ancone dipinte, commissionate
alle botteghe di Defendente Ferrari e Gerolamo Giovenone, pittori attivi, in quegli anni, per le
chiese più prestigiose del Piemonte, quali il Duomo di Torino o la Sacra di San Michele. Appare
evidente come queste opere abbiano impressionato sia i pittori che i committenti, tanto che è
possibile rintracciare, su tutto il territorio, delle repliche puntuali che sanciscono il successo e la
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popolarità riscossi da questi polittici in cui si uniscono la ricchezza materica degli ori e delle
sfumature alle novità spaziali ed ideali della maniera moderna. Il polittico con la Madonna in Trono
con Gesù Bambino tra Santi Francesco, Sebastiano e Marta ed il beato Angelo Carletti – oggi al
Museo Borgogna di Vercelli, ma un tempo sull’altar maggiore del Santuario della Madonna degli
Angeli – dovette essere una delle opere più ammirate, poiché ne ritroviamo memoria puntuale negli
affreschi della Cappella di San Francesco di Boves, in quelli di San Nazario a Lesegno, e nella
lunetta sulla facciata di San Fiorenzo di Bastia.
Un processo analogo si verificò alla Pieve di Beinette: qui, nella scena della Circoncisione,
troviamo una copia fedele della tavola con il medesimo soggetto dipinta da Defendente Ferrari per
il San Francesco di Cuneo nel 1513 ed oggi esposta nel Museo civico cittadino. Ma la bottega attiva
a Beinette doveva avere, tra i suoi taccuini di disegni preparatori, una ben ampia scelta di modelli a
cui ispirarsi: emergono, infatti, chiari richiami al gruppo di incisioni delle Storie della vita della
Vergine realizzate da Albrecht Dürer ad inizio Cinquecento e pubblicate nel 1511, ma anche alle
opere dei grandi pittori piemontesi contemporanei (Gaudenzio Ferrari, Macrino d’Alba, Martino
Spanzotti) o ad alcuni cicli dell’area saluzzese (con particolare riferimento a Pascale Oddone) del
secondo decennio del secolo. Una molteplicità di fonti d’ispirazione mista ad una maturità pittorica
ormai compiuta che si ritrovano anche in altri cicli ad affresco ancora forse poco conosciuti, ma
quanto mai suggestivi e seducenti, come quello della Cappella del Buon Gesù a San Michele
Mondovì (1531) o l’abside destra dell’antico priorato di San Biagio.
L’utilizzo di modelli incisori di grande pregio continua poi anche nella seconda metà del XVI
secolo, quando ormai la pittura ha abbandonato la purezza rinascimentale e si è piegata allo stile del
Manierismo, che predilige colori innaturali, figure artefatte e rappresentazioni intellettuali e
visionarie più che realistiche. Un caso esemplare è rappresentato dalla bottega del cosiddetto
“Maestro di Cigliè”, che trae il nome dalla località che ospita la sua opera più estesa, la Cappella di
San Dalmazzo a Cigliè, appunto. Qui, nella redazione delle Storie della Passione (1573) il pittore
attinge a piene mani dai vertici dell’arte italiana ed europea del rinascimento: ancora una volta fonte
primaria di ispirazione sono le opere di Dürer, qui affiancate niente meno che da Raffaello, la cui
Deposizione dalla croce, filtrata attraverso un’incisione di Marcantonio Raimondi, funge da
modello per l’analoga scena della parete sinistra. Il committente, all’epoca parroco della cittadina,
era stato in passato uno dei più tenaci sostenitori dell’eresia ugonotta e, forse proprio per sancire
questa conversione, sceglie il tema del Giudizio e della Passione di Cristo per la decorazione del
santuario, che costituisce, ancor oggi, una delle più sorprendenti ed affascinanti prove pittoriche
della regione.
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ITINERARI ARTISTICI DI PREGHIERA DIPINTA
Primo itinerario: Dall’Alta Valle del Tanaro al Cebano
Il primo itinerario ha inizio dalla Città di Ormea, in Alta Val Tanaro e prevede la visita
dell’affresco raffigurante San Martino e il Cristo Pantocratore, ubicato nella Chiesa Parrocchiale di
San Martino situata sull’omonima piazza.
L’itinerario prosegue imboccando la SS 28 in direzione Ceva per raggiungere la Città di Garessio,
che dista da Ormea circa 12 km. Presso il Salone degli Affreschi di Piazza Carrara, al piano terra
del Palazzo Comunale, si può ammirare il ciclo degli Affreschi di Cerisola.
La visita agli affreschi dell’Alta Val Tanaro prosegue in direzione Priola, dove, nell’assolata
frazione di Casario, dopo un tratto di sentiero che porta al sommo di una collina, ha sede la
Cappella di San Bernardo, risalente al XIII sec.
Sempre proseguendo sulla SS 28, in direzione Ceva, dopo circa 6 chilometri si incontra l’abitato di
Bagnasco, sede della Cappella di Santa Giulitta che sorge su di un’altura sovrastante il paese. Fu
edificata verso l’anno 1000 dai bagnaschesi secondo la leggenda come ringraziamento per la
liberazione del paese dalle invasioni saracene.
Sempre proseguendo lungo la SS. 28, si raggiunge l’abitato di Ceva, posta al fondo dell’Alta Val
Tanaro. Svoltando a destra al primo semaforo che si incontra nel centro, ci si ritrova in Piazza San
Francesco, dove, sulla sinistra, sorge l’edificio che ospita le Scuole Medie e dove, sul muro del
fabbricato dell’ex Ospedale, proprio sul lato prospiciente le scuole, si trova un affresco
rappresentante la Madonna col Bambino risalente al 1400, opera del Maestro Ruffino.
L’itinerario prosegue verso Lesegno, imboccando poi la deviazione per Castellino Tanaro. Nel
capoluogo, in Via Roma, merita una visita la Cappella di San Rocco, considerata di rilevanza
artistica già a partire dai primi del Novecento. Sulla facciata reca su di un affresco risalente al 1700,
la rappresentazione dell’omonimo santo che mostra la piaga causatagli dalla peste.
In Via G. B. Romano si trova invece la Cappella di San Cristoforo del 1728.
Ritornando a Lesegno due cappelle sono degne di menzione. All’interno del cimitero troviamo la
cappella di Santa Maria del Luchinetto, nella quale compare un affresco raffigurante il Cristo
crocefisso con al di sotto l’iscrizione con data e committente (1572, Enrico Bella).
In località Prata incontriamo la cappella più antica indicata dalle fonti; San Nazario
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Secondo itinerario: Il Medio corso del Tanaro e la Langa monregalese
Il secondo itinerario prosegue nella media Valle Tanaro, il paesaggio è omogeneo, caratterizzato da
ampie anse del fiume e da imponenti “calanchi” formatisi nel tempo a seguito dell’erosione sia del
fiume che delle acque piovane. Il primo paese che incontriamo è Roccacigliè; tra le varie cappelle e
chiese dei secoli XVII e XVIII, si segnala la Chiesa dell’Assunta, antica parrocchiale ora inserita
nel cimitero.
Seguendo le anse del Tanaro si arriva a Niella Tanaro, già citata nel diploma del 1041 come “titulo
Nigella cum castro et capellis”, e si trova la Parrocchiale dedicata a Maria Vergine Assunta,
edificata sui resti di un antico tempio pagano
Adiacente alla parrocchiale la medioevale Confraternita dei Disciplinati di Sant’Antonio Abate
che conserva un intero ciclo pittorico del 1535–1537, in corso di restauro. Altre cappelle con
affreschi coevi sono: la Cappella di Sant’Anna che custodisce un affresco riferito alla leggenda di
San Giacomo Maggiore “il miracolo dell’impiccato” che suggerisce la presenza di una via di
pellegrinaggio.
La Cappella di San Pantaleone con un affresco ritraente la Madonna col Bambino e San Rocco. La
Cappella di San Bernardo con all’interno un dipinto raffigurante la Madonna in Trono con il
Bambino tra San Bernardo D’Aosta, Sant’Antonio Abate e San Gottardo Vescovo. La Cappella
della Natività di Maria che custodisce sulle pareti della sacrestia tre iconografie della Madonna. Si
segnalano, inoltre, su edifici privati, un Sant’Antonio Abate in piazzetta Santa Lucia e una
Madonna con Bambino e San Bernardo d’Aosta in una nicchia della borgata Poggio.
Dopo un breve tragitto si raggiunge, tra il verde, il comune di Cigliè. Nella frazione Peironi è da
vedere la Chiesa di San Dalmazzo ottimo esempio di architettura romanica.
Gli affreschi sono datati 1573 ed attribuiti al Maestro di Cigliè pittore manierista che trae
principalmente ispirazione dai modelli michelangioleschi.
Altre chiesette degne di interesse sono: la Cappella di San Giorgio e quella di San Rocco entrambe
con affreschi del XV secolo, e la Confraternita di San Giovanni Battista con pitture del “Maestro
di Cigliè”. Riscendendo a valle si raggiunge il comune di Bastia Mondovì e, prima dell’abitato
presso il cimitero, si incontra la Chiesa di San Fiorenzo uno dei più importanti monumenti tardo
gotici del Piemonte edificata tra il XIII ed il XV secolo.
In questa Sacra rappresentazione, vera e propria “Bibbia Pauperum”, gli anonimi frescanti
quattrocenteschi, influenzati dalla pittura Provenzale, hanno ritratto, in larghi spazi, le immagini
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degli Evangelisti, del Cristo, del Paradiso e dell’Inferno, dell’Infanzia di Gesù e della Passione.
Tutto doveva parlare, in modo semplice ed elementare, al cuore ed alla mente di chi guardava.
Seguendo la fondovalle del Tanaro si raggiunge, su di un altopiano, il paese di Carrù, dove le più
importanti testimonianze di pittura gotica sono custodite nella Cappella della Madonna di
Campagna attuale chiesa cimiteriale. Anche qui troviamo l’iconografia della S.S. Trinità con la
stessa impostazione già descritta nella Chiesa dell’Assunta di Roccacigliè; tre figure identiche
raccolte in un unico manto mentre altre pitture (San Giuseppe, San Rocco, San Sebastiano,
Sant’Antonio Abate, Santa Lucia, la Madonna del latte) decorano le pareti laterali.
In località Ronchi, frazione di Carrù, da segnalare all’interno del Santuario di Nostra Signora dei
Ronchi, sull’altar maggiore, un pregevole affresco riferibile alla seconda metà del Quattrocento e
stilisticamente affine all’opera del Mazzucco, che raffigura la Vergine col Bambino il quale tiene
sul dito un uccellino. Riscendendo a valle si arriva a Farigliano dove, in aperta campagna, si
incontra la Cappella di San Nicolao nella località omonima, sotto forma di piccola costruzione con
portico. Il catino absidale, interamente affrescato, ritrae, al centro della volta, il Cristo benedicente
circondato dai Cherubini e dai simboli degli Evangelisti. Sotto, a semicerchio, sono ritratti i Santi
Nicola, Sebastiano, Lucia, Giovanni Battista, Michele e Teobaldo Roggeri.
Questo ciclo pittorico, per analogia con altri della stessa zona, è databile alla seconda metà del XV
secolo ed attribuibile alla bottega di Giovanni Mazzucco. Ultimo paese di questo secondo itinerario
è Piozzo custode di due chiese con affreschi tardo gotici. La Cappella del Santo Sepolcro e la
chiesetta di San Bernardo. La prima, esempio mirabile di architettura romanica, è collocata in
prossimità del cimitero e conserva al suo interno un ciclo pittorico firmato Giovanni Mazzucco e
datato 1481. La seconda è posta al centro del paese su una piccola altura. Gli affreschi datati 1451
sono firmati da Frater Enricus.
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Terzo itinerario: Mondovì e Valli Monregalesi
L'itinerario prende le mosse da Pamparato, centro montano circondato dal verde dei castagneti
nell’alta Valle del Casotto. Al limite superiore dell’abitato si erge l'antica Cappella di San
Bernardo, forse l'originaria chiesa parrocchiale, che conserva un ricco ciclo di affreschi raffiguranti
la vita di San Bernardo di Chiaravalle
Risalendo sul versante sinistro della valle attraverso l'abitato di Roburent si arriva a Montaldo.
Dell'antico Romitorio di Sant’Ambrogio non rimangono che tenui tracce degli antichi affreschi
della cappella. Dall'abitato di Montaldo si raggiunge il borgo medievale di Roà Marenca dove si
trova la Cappella di San Rocco.
Scendendo lungo la Valle Corsaglia poco prima di raggiungere l'abitato di Torre Mondovì, si
incontra il santuarietto di San Gottardo eretto intorno ad un antico pilone nel XVII secolo
Poco oltre, presso il bivio che porta a Torre Soprana parte il ripido sentiero che, inerpicandosi
attraverso i boschi, consente di raggiungere dopo circa tre quarti d'ora la pregevole Cappella di
Sant'Elena (m. 716), che si presenta esteriormente come un edificio rurale a pianta rettangolare
fronteggiato da un portico.
Uscendo dal paese, alla confluenza fra i torrenti Corsaglia e Casotto si trova la Cappella di
Sant'Antonio che conserva all'esterno, protetto da un porticato, un affresco del 1470 raffigurante
scene della crocifissione.
Al fondo della Valle si trova l'abitato di San Michele, paese che nel nome porta i segni di un'origine
longobarda. Sormontato dai resti del castello medievale e noto per essere stato sede nel 1796 di una
celebre battaglia in cui le truppe austro-piemontesi tentarono di fermare l'avanzata di Napoleone, è
circondato da numerose cappelle affrescate poste ai vari accessi del paese e sulla cima delle colline
che sovrastano tali vie d'accesso. Prima di raggiungere il paese, ancora sulla statale che collega
Torre a San Michele, si vede sulla sinistra, la Cappella detta del Buon Gesù.
Nella borgata Villa in direzione Niella Tanaro, la Cappella di San Sebastiano conserva sopra
l’altare un trittico con una Madonna in Trono circondata da San Sebastiano e San Bovo databile
alla metà del XV secolo.
Nella borgata Codovilla, la parte del paese posta più ad Ovest, dalla Cappella di San Magno
(inizio Settecento), si accede al preesistente Sant’Antonio, con affreschi di epoche e mani
differenti.
Risalendo per una strada sterrata su una collina a Ovest del paese, si raggiunge San Giovanni, che
conserva dietro l'altare tracce di un affresco forse anche risalente al XII secolo.
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Salendo dal paese in direzione della Bicocca di San Giacomo, al limite superiore della borgata
Castello si trova la Cappella di San Bernardino.
Fuori dall'abitato in direzione di Mondovì, la Cappella della Madonna di Guarene, ricostruita nel
XVII secolo, conserva un affresco quattrocentesco della Madonna: pregevole l’altare riccamente
decorato con angeli a stucco.
Percorrendo la Statale 28 in direzione di Mondovì lo sguardo è attratto dalla maestosa mole del
Santuario della Natività di Maria Santissima in Vicoforte, che si staglia con la sua cupola e i suoi
quattro campanili sullo sfondo della catena delle Alpi Marittime. L'edificio, racchiude al suo interno
un antico pilone su cui è raffigurata una Madonna col bambino di autore ignoto risalente alla fine
del Quattrocento.
Dal Santuario salendo verso l'abitato di Vicoforte in direzione di Briaglia si incontra la Cappella di
San Giovanni; l’attuale edificio, forse risalente all’XI secolo, è quanto resta di una struttura più
complessa comprendente anche la Chiesa di Santa Maria.
Dal paese, in direzione di Mondovì piazza si raggiunge la frazione Fiamenga la cui Chiesa
Parrocchiale dedicata ai Santi Pietro e Paolo, derivata da un antica Pieve.
La città di Mondovì è straordinariamente ricca di testimonianze artistiche di questo periodo nelle
numerose cappelle sparse nel territorio circostante il Monteregale.
La cattedrale che si presenta oggi nelle forme barocche realizzate dal celebre architetto Francesco
Gallo, cela al suo interno negli ambienti della sacrestia, interessanti affreschi tardogotici,
provenienti con ogni probabilità da altri istituti religiosi della città.
Lasciata Piazza, lungo la strada collinare che conduce a Vicoforte, ancora nell’abitato, si incontra la
piccola Cappella di Santa Croce che conserva al suo interno cicli pittorici di assoluta bellezza;
databili al primo quarto del Quattrocento.
Quattro cappelle disposte quasi a semicerchio intorno al Monteregale, un tempo in piena campagna
ed in prossimità di vie di comunicazione, presentano importanti cicli pittorici QuattroCinquecenteschi. Esse sono: il sito di Santa Maria delle Vigne che si trova a circa 1 Km da
Mondovì Carassone, sulla strada di Santa Maria delle Vigne.
La piccola Cappella dei Santi Pietro e Paolo (S. Po) (Parrocchia di Carassone) si trova a circa 2 km
da Mondovì sulla strada di Gratteria in direzione di San Giovanni dei Govoni.
Questa piccola cappella conserva nel presbiterio una quattrocentesca Madonna in Trono opera del
così detto Maestro S. Po. La Cappella di San Bernardo delle Forche ad aula unica è situata sulla
Via Vecchia di Cuneo a circa 1,5 Km da Mondovì in direzione Sant’Anna d’Avagnina
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All’interno sono presenti affreschi databili intorno al 1473, attribuiti ad Antonio Dragone del
Monteregale.
La Cappella di San Bernolfo (Parrocchia del Ferrone) si trova sulla strada per Villanova pare fosse
stata utilizzata nel Cinquecento come lazzaretto in seguito allo scoppio di una epidemia di peste con
conseguente perdita degli affreschi dovuti alla disinfezione delle pareti. Rimane tuttora una
notevole pala d’altare di fine Quattrocento attribuita al così detto Maestro di San Bernolfo.
Lasciata Mondovì sulla destra orografica dell’Ellero si incontra Monastero di Vasco.
A Roapiana, dominata dai ruderi del castello medievale, si incontra il Santuario della Madonna
delle Lame sorta probabilmente intorno ad un pilone affrescato con una Madonna in Trono con
Bambino ritenuta miracolosa e già citata in un ordinato della città di Mondovì nel 1549.
A Vasco, posto sul panoramico spartiacque tra la Val del Niera e la Valle Ermena, nel punto più
alto della collina si incontra l’antica Chiesa di San Lorenzo. Costruita nel XII secolo forse sui resti
di una precedente struttura.
Ritornando sulla provinciale per Lurisia incontriamo Villanova Mondovì. La villa vecchia posta su
un promontorio alle spalle dell’attuale nucleo abitato, conserva nel suggestivo borgo disseminato di
case dall’impronta architettonica tardo-medievale e rinascimentale, la Chiesa di Santa Caterina.
Oggi parrocchiale, la chiesa ha origini molto antiche.
Dello stesso periodo vanno segnalati inoltre gli affreschi della Cappella dell’Annunziata, lungo la
strada per Mondovì e dei santuari di Madonna del Pasco, nell’omonima frazione, e di Santa Lucia,
abbarbicata alla parete rocciosa sulla destra della via per Roccaforte.
Proseguendo si incontra Roccaforte Mondovì. Fuori dell’abitato sulla vecchia strada per Mondovì
incontriamo sulle prime pendici del rilievo dove un tempo sorgeva il castello edificato dai signori di
Morozzo, la bellissima Chiesa di San Maurizio, popolarmente definita “pieve”. In realtà si tratta di
un edificio sorto nei primi anni del XI secolo ed originariamente intitolato a San Pietro.
Di grande interesse è il ciclo dell’abside minore con il Cristo Pantocratore tra Serafini ed Apostoli,
le scene tratte dalla Genesi ed il Bacio di Giuda, opera in stile romanico-bizantina databile ai
decenni a cavallo fra l’XI ed il XII secolo tra le meglio conservate dell’intero Piemonte.
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Quarto itinerario: Dalla Bisalta al corso del Pesio
L’ultimo itinerario prende le mosse dalla città di Boves e precisamente dal Santuario della
Madonna dei Boschi, dove accanto al superbo apparato decorativo, gli scavi archeologici hanno
messo in luce il susseguirsi nei secoli delle fasi di costruzione. Su di un edificio quadrangolare di
grandi dimensioni probabilmente alto medievale (IX–X sec. a.C.), venne costruita la primitiva
chiesa con abside semicircolare, tuttora visibile attraverso la pavimentazione a vetro.
Di grande bellezza ed unicità è l’affresco, attribuito al cosiddetto Maestro di Cigliè che ricopre la
volta e rappresenta il Giudizio Universale in forme molto simili al celeberrimo affresco
michelangiolesco della Cappella Sistina.
A circa 200 m. dal Santuario in direzione di Boves sorge la piccola Cappella di San Francesco; ad
aula unica con volta a botte, presenta un antico altare in muratura addossato alla parete di fondo
affrescato con un Cristo Risorto.
L’itinerario prosegue verso la località di Peveragno, raggiungibile in pochi minuti e la visita può
cominciare dall’ex Chiesa di San Domenico. Situata nell’omonima piazzetta ai piedi della collina
di San Giorgio; la chiesa fu costruita probabilmente intorno alla metà del Quattrocento dall’Ordine
dei Frati Domenicani.
Poco distante si possono ammirare resti di affreschi quattrocenteschi sia nella Chiesa di San
Giorgio, posta sulla sommità della omonima collina, sia esternamente sulla Cappella di San Rocco
all’imbocco della strada per Beinette.
Circa un chilometro a sud di Peveragno, alle prime pendici della Bisalta, nella località oggi
chiamata Madonna dei Boschi, sono ancora visibili i resti del Castello di Forfice.
La località citata nel 1153 precedette l’insediamento di Peveragno e conserva alcune testimonianze
artistiche degne di nota.
Lo splendido affresco raffigurante una Madonna con Bambino, spostato dalla distrutta Chiesa di
Santa Maria del Borgato alla chiesa attuale e gli antichi affreschi della piccola Cappella di San
Pietro, nella quale rimangono pochi riquadri, mentre due grandi e pregevoli Madonne in Trono con
corteo di Santi furono staccati e tuttora si possono ammirare presso il Centro Incontri della
Provincia a Cuneo.
Il percorso incontra ora Chiusa di Pesio ed è opportuno che la visita alle testimonianze artistiche
molto disseminate sul territorio inizi dal complesso monumentale della Certosa di Santa Maria di
Pesio. Dominata dall’imponente mole rocciosa del Marguareis (m 2651) ed immersa nel verde, la
certosa venne fondata nel 1173 sulle proprietà concesse dai Signori di Morozzo ai monaci della
Grande Chartreuse.
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Una bella struttura cinta da muraglione, tuttora visibile sulla sponda opposta del Pesio, detta la
Correria, dove rimane la piccola chiesa nel cui portale conserva una lunetta ad arco acuto affrescata
con una cinquecentesca Madonna.
A Chiusa di Pesio si può ammirare una splendida Trinità affrescata su un’antica casetta vicina
all’ex palazzo del Marchese di Ceva, ora sede del Municipio.
Poco distante dal paese, sulla strada delle Combe, è ancora possibile visitare la Cappella di San
Bernardo (1507) dove campeggia nell’abside una Madonna in Trono con i Santi Pietro, Bernardo,
Giovanni Battista e Antonio.
Dirigendosi poi verso Beinette, dopo appena 3 Km, si incontra nei pressi della grande risorgiva del
Lago di Beinette, l’antico Monastero di Santo Stefano alla fonte del Brobrio.
L’edificio privato molto rimaneggiato conserva al suo interno i resti dell’antica chiesa ed alcuni
stralci di affreschi del Quattrocento.
Il Castello dei Di Rudinì si erge con la sua mole nei pressi del centro del paese. La struttura
originaria, di cui rimane la massiccia torre, fu inglobata negli ampliamenti del Settecento voluti
dall’allora proprietario, il Marchese Ferrero d’Ormea, conserva una bella sala decorata con gli
stemmi della famiglia degli Iesselini che nel Quattrocento ne erano signori e proprietari.
L’edificio artisticamente più rilevante è indiscutibilmente il Santuario della Madonna della Pieve.
Sorta sopra un’area cimiteriale di età romana, di cui rimangono alcuni ritrovamenti, la Pieve è citata
per la prima volta nel 1041.
Tra la metà del Quattrocento ed i primi decenni del Cinquecento diversi pittori o botteghe, tuttora
anonimi, compirono campagne d’affresco. Alla fase più antica risale la decorazione del presbiterio
con una delicata Madonna in Trono e Teoria di Santi oltre ad un San Cristoforo di grandi
dimensioni affrescato sulla parete nord della navata. Il catino absidale è dominato da una Mater
misericordiae di fine Quattrocento che con l’immenso manto protegge il popolo sottostante. Ai
primi decenni del secolo successivo appartengono i 15 riquadri di grandi dimensioni che si
dipanano a partire dall’ingresso su entrambe le pareti dell’unica navata e che narrano la Vita della
Vergine.
Lasciata la Pieve, proseguendo lungo la via che le passa accanto si incrocia la provinciale per Carrù
e dopo 3 Km si incontra l’abitato di Margarita, con il centro storico dominato dall’antica Torreporta del ricetto, di grande pregio architettonico e risalente al XIII secolo.
Dopo appena tre Km si incontra l’abitato di Morozzo, molto interessante dal punto di vista artistico
ma anche e soprattutto storico per essere stato il centro che diede il nome alla famiglia protagonista
nei secoli centrali del medioevo della storia della nostra zona. Su di una piccola altura alle spalle
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dell’attuale chiesa parrocchiale, tra gli alberi si può scorgere la facciata neo-gotica del Santuario
del Bricchetto; il presbiterio della chiesa è ciò che resta dall’antica Chiesa di Santa Maria de castro
murato che deve l’appellativo al fatto di sorgere all’interno della recinzione del castello dei
Morozzo.
In origine di fronte alla chiesa doveva sorgere un porticato, più volte testimoniato dalle fonti, dove
nel 1173 venne rogato l’atto in cui i Signori di Morozzo donavano ad Ulderigo i terreni per la
fondazione della Certosa di Pesio. La chiesa si presenta a pianta rettangolare ad una sola navata, con
volta a botte. Nel presbiterio si incontra la più completa rappresentazione della Vita della Vergine
(18 riquadri), oltre alle vicende del beato Guglielmo ed una raffinata Madonna in Trono e Santi
inserita nella scena dell’Annunciazione, opera di Giovanni Mazzucco su committenza di Biagio
Fauzone datata 30 aprile 1491. Va segnalata inoltre a Morozzo la Cappella di Santo Stefano, posta
sull’omonima via poco fuori il centro in direzione Cuneo, che presenta affreschi dedicati alla vita
del santo, in uno stile molto rigido nei movimenti e dal linearismo sottile attribuibile forse ai primi
decenni del Quattrocento. Scendendo dal Bricchetto verso il Pesio, dopo appena un chilometro,
passato il ponte, adagiate sulla sponda fluviale ricca di vegetazione si scorgono le suggestive ed
antiche strutture ed il duecentesco campanile del Monastero di San Biagio.
Un meticoloso restauro condotto alcuni anni fa, ha restituito un importante apparato decorativo
databile ai primi anni del Cinquecento che si estende nel presbiterio e nell’abside centrale.
Ritornando a Morozzo, un breve excursus di una ventina di chilometri permette la visita di altre
chiese assolutamente degne di nota. Il primo paese che si incontra è Castelletto Stura; provenendo
da Morozzo si incontra facilmente la piccola Cappella di San Bernardo poco prima dell'abitato e
nei pressi del cimitero. Fu probabilmente costruita nel Quattrocento e sicuramente affrescata da
pittore ignoto nel 1483.
Lasciato Castelletto pochi chilometri bastano per raggiungere Montanera, dove sorge la Chiesa
dell’Assunta, più comunemente nota come “Madonna Lunga”.
Proseguendo in direzione di Sant’Albano Stura, passato il paese dopo 2 Km si incontra l’abitato di
Trinità. L’antica Cappella dell’Annunziata, ridotta nelle attuali dimensioni nel 1858, presenta al
suo interno alcuni affreschi degni di una visita.
Nella Cappella di San Rocco è raffigurata in un falso polittico una Pietà con Santi di gusto nordico,
ma di pittore monregalese databile al secondo quarto del XVI secolo.
Ancora nel paese è possibile ammirare in via IV Novembre una Madonna del Latte dai tratti
piuttosto ingenui, databile alla metà del Quattrocento.
Verso Rocca de’ Baldi; l’antico borgo che si trova sulla sponda destra del Pesio si risale
incontrando subito ai margini della via la Cappella di San Rocco annunciata da un bel abside
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poligonale. Internamente sono conservati gli affreschi del ciclo absidale con sette riquadri (il primo
a sinistra perduto) ricavati da campiture corrispondenti agli spicchi del catino in cui sono conservati
una Madonna in Trono in centro con corteo di Santi. Inoltre è parzialmente visibile sull’arco
trionfale parte della scena dell’Annunciazione. Terminata la salita all’incrocio che immette nel
borgo medievale si incontra la splendida Cappella della Crocetta a pianta quadrata ornata di
interessanti affreschi tardogotici. Non si conoscono né l’autore né la data in cui furono realizzati gli
affreschi, anche se sono visibili alcuni graffiti di cui uno reca la data 1461 (o 1462).
Nel suggestivo borgo medievale dominato dalla struttura del Castello e dalla Torre Civica si
possono ancora ammirare affreschi del Quattrocento, purtroppo menomati da picchettature, nella
controfacciata della Parrocchiale di San Marco.
Rimanendo su quel versante del Pesio, Breolungi, attuale frazione di Mondovì luogo di
insediamenti umani già a partire dall’XI secolo a.C. da popolazioni di Liguri Bagienni, ed attraverso
i secoli, fino ai giorni nostri. Probabilmente a partire dall’età carolingia fu il centro di un comitato
che da esso prendeva nome come suggeriscono le fonti del X–XI secolo, cioè Bredulum. L’antica
Pieve di Santa Maria in Bredulo, oggi Parrocchia di M.V. Assunta, presenta sia all’esterno sulla
facciata, che nelle pareti interne affreschi di grande valore, in parte ancora da portare in luce.
All’esterno sul muro di facciata coperto da un porticato aggiunto in epoca successiva, è il bel trittico
di inizio Quattrocento attribuito a Rufino d’Alessandria. L’interno è caratterizzato da numerosi
riquadri scoperti sotto le decorazioni e l’intonaco barocco tra cui spicca un trittico attribuito a Frater
Henricus, anch’esso quattrocentesco, ed una Vergine Assunta con Bambino del secolo successivo
attribuita al fossanese Sebastiano Fusari.
Lungo la Statale per Torino si incontra ancora la Cappella in stile gotico detta della Fucinetta che
conserva preziosi affreschi cinquecenteschi.
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L’AMBIENTE NATURALE DALLA PIANURA ALLE MARITTIME
Il Tanaro
Il Tanaro è un corso d’acqua dalla storia piuttosto complessa: nasce a Sud della catena alpina nel
tratto delle Alpi Liguri, dalla confluenza dei torrenti Tanarello e Neurone una decina di chilometri a
monte di Ormea. Si dirige verso Est costeggiando esternamente le testate delle Valli Monregalesi
(Pesio, Ellero e Corsaglia), poi volge a Nord, erodendo trasversalmente la catena montuosa e
successivamente a Nord-Ovest e raccogliendo le acque delle valli sopraccitate.
Dalle carte topografiche, ma ancora di più dalle foto aeree, risulta ben visibile la tendenza evolutiva
dei meandri: sulla piana alluvionale di fondovalle spiccano alcuni tratti in cui il Tanaro, con una
portata probabilmente molto superiore a quella attuale, percorreva il fondovalle disegnando ampi
meandri oggi abbandonati, come ad esempio a Piantorre presso Castellino Tanaro, presso Isola,
presso la cascina Braia (Piozzo) e presso il Molino di Monchiero. La tendenza evolutiva del fiume è
quella di erodere questo tratto fino al momento in cui il meandro verrà saltato per il taglio del
peduncolo; in questa occasione il Tanaro riprenderà il suo corso in maniera più rettilinea, dando
origine successivamente ad un meandro più a valle.
Fontanili e Risorgive
Nella zona di passaggio tra l’alta e la bassa pianura le acque della falda, una specie di fiume
sotterraneo, affiorano in superficie formando le risorgive, fenomeno ampiamente diffuso nell’Italia
settentrionale. Si creano così delle zone umide e paludose. Solo verso il 1500 (XVI secolo) si iniziò
ad utilizzare le acque dei fontanili per irrigare i campi. Da allora l’importanza dei fontanili per
l’agricoltura andò via via crescendo raggiungendo il suo massimo sviluppo tra la fine del 1800 e
l’inizio del 1900. L’introduzione di pratiche agricole innovative e lo sviluppo dell’industria con il
conseguente sfruttamento delle acque hanno causato l’abbassamento della falda portando il
progressivo abbandono dei fontanili, i quali, o per la mancanza di acqua, o per la presenza di
inquinanti o per interramento rischiano di perdere le proprie caratteristiche ecologiche.
Nell’ecosistema del fontanile è possibile trovare molte specie di vegetali appartenenti a diverse
tipologie: alghe, piante acquatiche, arbusti e alberi. Le alghe sono presenti soprattutto durante
l’estate nella testa del fontanile.
Il fenomeno delle risorgive è legato a questa diversa natura dei suoli: quando l’acqua di falda
raggiunge la zona di passaggio tra alta e bassa pianura e incontra uno strato impermeabile tende a
riaffiorare.
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Infine si segnala, a Beinette, nell’ampia area denominata Regione Paschi il fontanile del Foss
situato alla sinistra della strada statale per Mondovì appena fuori dal paese che presenta ancora
inalterati molti aspetti naturalistici tipici di questo delicato ecosistema. L’area è raggiungibile a
piedi o in bicicletta e può essere visitata contestualmente al Santuario della Madonna della Pieve.
Il Carsismo
Le vallate delle Alpi Liguri, soprattutto le vallate monregalesi, hanno come caratteristica peculiare il
fenomeno del carsismo. Si pensi alla grotta di Bossea aperta al pubblico già nel 1874 e alle
esplorazioni delle grotte intensificatesi dagli anni 1973-74 dato l’avvento di materiali per
l’esplorazione, tecnicamente evoluti e sicuri. L’acqua percolando filtrava tra le fessure e nel tempo
andò a creare meandri, gallerie, pozzi originando fenomeni carsici ipogei di ingenti dimensioni come
il complesso del Marguareis, del Mongioie, della Val Corsaglia e altipiani carsici di rara bellezza
quali la Conca delle Carsene. Per chi accede alla Conca delle Carsene, dalla Capanna Morgantini
può ammirare l’enorme distesa di rocce calcaree ascrivibili a tre importanti unità cronostratigrafiche
appartenenti al Mesozoico (da 225 a 100 milioni di anni fa) il Trias, il Giurese e il Cretaceo. Da qui
si scorge uno dei due valloni glacio-carsici principali della conca che confluiscono nella depressione
del Gias dell’Ortica che è il punto più basso delle Carsene. Le grotte, i quali ingressi si localizzano in
questo settore, annoverano uno sviluppo di 16 Km e una profondità di 759 m. Quest’altipiano
assieme a Pian Ambrogi, alla testata della Valle Roya, è una delle due aree assorbenti che
convogliano le acque nella sorgente del Pis del Pesio, cascata suggestiva in parete da ammirare in
primavera, situata a 1450 m di altezza. Di bellezza impareggiabile anche la “Fuze” in Alta Valle
Tanaro nei Pressi di Upega, ma già in provincia di Imperia, nella quale convogliano le acque di
scioglimento delle nevi della Conca di Piaggiabella e della zona del Ferà, che scorrendo per molti
chilometri in grotte sotterranee creano un singolare spettacolo.
Nelle Valli Monregalesi oltre alla più conosciuta grotta di Bossea sono attualmente visitabili altre tre
cavità di particolare interesse turistico e scientifico; in bassa Valle Maudagna dove si è originata la
grotta del Caudano e la grotta dei Dossi nei pressi di Branzola, a Villanova Mondovì.
Le Alpi Liguri
Iniziano dal Colle di Cadibona per andare a toccare al Colle di Tenda le Alpi Marittime che
terminano al Colle della Maddalena. Il massiccio calcareo del Marguareis è la cima più alta delle
Alpi Liguri con i suoi 2651 m.s.l.m, mentre l’Argentera, tetto delle Marittime, raggiunge i 3297 m.
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Più a sud le montagne tra la più elevate delle Liguri sono il Pian Ballaur (2589 m.s.l.m.), cima delle
Saline (2612 m.s.l.m.) e il Mongioie (2630 m.s.l.m.) ubicato alla testata della valle Tanaro, valle
Ellero e valle Corsaglia. L’orogenesi delle Alpi, compresa tra 75 e 40 milioni di anni fa, ha visto la
formazione delle più importanti catene montuose europee, dovuta allo spostamento del continente
africano verso quello euroasiatico. Nel punto in cui i continenti si avvicinarono maggiormente ci fu
uno scorrimento della crosta africana su quella euroasiatica con il successivo sollevamento in
moltissime pieghe pluristratificate del sedimento del lembo oceanico, la Tetide, compresso fra i due
continenti.
L’innalzamento tuttora prosegue al ritmo di un millimetro circa all’anno. Ciò è dovuto alla estrema
vicinanza del mare di cime elevate, situazione che crea un’alternanza di distretti climatici differenti
fra loro che conferiscono singolare ricchezza di specie botaniche. Oltre ad essere il settore
botanicamente più prestigioso di tutta la catena alpina che termina al passo della Vrata (al confine
con le Alpi Dinariche) presenta caratteristiche geologiche singolari. Questa caratteristica associata
ad altri fattori quali ad esempio spaccature importanti della roccia dette di faglia, ha contribuito ad
originare nei millenni, soprattutto nelle Alpi Liguri, complessi carsici fra i più importanti del
mondo.
Parco Naturale Alta Valle Pesio e Tanaro
Alcuni itinerari che collegano siti descritti in questa guida toccano territori di grande valenza
ambientale che negli anni ottanta, attraverso un’apposita legge regionale, furono inseriti nel novero
delle aree protette, più conosciute come Parchi e Riserve Naturali.
Di qui si dipanano numerosi itinerari alla scoperta di aspetti più diversi dell’area protetta: le stazioni
botaniche ai piedi del massiccio del Marguareis ospitano essenze vegetali endemiche, meta di
appassionati di flora montana e di studiosi provenienti da diversi paesi europei; la zona compresa
tra il contrafforte del Marguareis e il confine francese, denominata non a caso “Carsene”
rappresenta un ambiente di grande interesse geomorfologico: qui il fenomeno del carsismo è
evidente in tutta la sua bellezza, mentre nel sottosuolo si dipana una immensa ragnatela di grotte,
più di 700, già catalogate ed esplorate, che costituiscono alcuni sistemi tra i maggiori in Italia per
lunghezza delle cavità e profondità delle stesse.
Sul versante italiano la zona carsica dà origine alle stupende cascate del Pis del Pesio come pure le
acque dei torrenti Ellero e Tanaro provengono da grandi bacini di raccolta sotterranei.
L’area Parco è contraddistinta da una straordinaria varietà di boschi con la presenza massiccia
dell’abete bianco, in particolare nella zona a monte della Certosa dove i boschi del Prel e del
Buscaiè sono inseriti nel registro nazionale forestale dei boschi da seme.
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Sul versante della Val Tanaro troviamo il bosco delle Larzelle, costituito da pini uncinati (parenti
prossimi del pino mugo) e il maestoso bosco delle Navette con larici e abeti bianchi.
Negli ultimi anni si è registrato un notevole incremento sia in termini di densità degli ungulati,
specie già presenti, che di caprioli e cervi, specie reintrodotte.
Moltissime sono le specie botaniche rare come la “scarpetta di venere” (Cypripedium calceolus) e
numerose orchidee che insieme a otto specie endemiche esclusive delle Alpi Liguri e Marittime
rappresentano un forte richiamo per gli appassionati e studiosi.
Per quanto riguarda la fruizione da segnalare, oltre ai tanti percorsi guidati, agli itinerari tematici
dentro e fuori dell’area protetta ma comunque tabellati a cura del Parco, anche le attività didattiche
rivolte alle scuole di ogni ordine e grado: l’ente da oltre 10 anni è sede del Laboratorio Territoriale
che fa parte della Rete Regionale dei Servizi per l’Educazione Ambientale.
Oasi di Crava-Morozzo
In pianura, alle confluenze del torrente Pesio con il Brobbio, una importante area umida costituita
dai laghi artificiali di Crava e Morozzo realizzati nel 1928 a scopi idroelettrici, dopo essere
diventata area protetta della L.I.P.U. nel 1979, ha assunto il ruolo di Riserva Naturale Speciale
Regionale affidata in gestione al Parco Alta Valle Pesio a fine degli anni ottanta.
A pochi minuti dall’Oasi troviamo infatti il Priorato Benedettino di San Biagio risalente al 1014,
oggi centro di spiritualità aperto alle esperienze e alle relazioni interreligiose; il Santuario della
Madonna del Brichetto nei pressi di Morozzo, la Cappella della Crocetta, sulla strada che da Rocca
de’ Baldi porta a Pogliola, con affreschi del XV secolo, la cascina di San Quirico Sottano, con
antiche strutture del priorato benedettino che dipendeva dal Monastero di Bremmè della diocesi di
Pavia.
Il personale del Parco che opera in collaborazione con il personale della L.I.P.U. per la gestione
dell’area, oltre a svolgere attività di sorveglianza e di accoglienza dei gruppi in visita, si occupa di
monitoraggi e censimenti specie nel periodo delle migrazioni avviando anche progetti pilota di
miglioramento della biodiversità mediante la creazione di quelle situazioni ambientali necessarie ed
indispensabili ad incrementare la presenza dell’avifauna.
Seguendo il corso del Pesio dopo che lo stesso si è congiunto col Tanaro si trova una zona di grande
interesse storico, archeologico e naturalistico rappresentata dall’area di Bene Vagienna e l’adiacente
Riserva naturale costituita con la legge regionale n° 32 del 1993. Il sito, che trae le sue origini
dall’epoca romana quando venne fondata da Augusto alla fine del I° secolo a.C. la città di Augusta
Bagiennorum, deve la sua notorietà alle campagne di scavo nella zona di Roncaglia iniziate nel
1984 grazie alla tenacia e alla passione di Giuseppe Assandria, chimico benese e sindaco della
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cittadina tra il 1884 e il 1889. Nel 1925 grazie alle conoscenze storiche di Assandria e alle intuizioni
e capacità in campo topografico ed architettonico di Giovanni Vacchetta, professore ordinario di
Disegno Ornamentale al Real Museo Industriale di Torino, venne redatta la prima pianta
planimetrica della città romana. L’insieme dell’impianto urbanistico, grazie anche agli studi
effettuati, ai sondaggi e alle varie campagne di scavi risulta comunque ben definito nelle sue linee
essenziali. La riserva naturale di Augusta Bagiennorum, al di là della presenza di significativi
reperti che testimoniano la presenza romana nel basso Piemonte, deve la sua importanza ambientale
alla lettura che si può dare alle modificazioni introdotte dall’uomo nel paesaggio. Qui è possibile
infatti verificare direttamente i concetti di vegetazione potenziale e vegetazione reale attraverso
un’indagine territoriale che ben si presta ad uno studio comparato e all’analisi della attuale
configurazione della pianura cuneese e della sua genesi.
Per gli amanti della natura e per chi ama addentrarsi tra sentieri e stradine di campagna il percorso
che segue il torrente Mondalavia permette di osservare ed apprezzare tipici boschi dove la farnia è
preponderante rispetto all’olmo, alla robinia, al tiglio e al ciliegio.
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Informazioni
Per informazioni generali sulla presente pubblicazione e sui siti:
Associazione Culturale Onlus “Terra dei Bag ienni”
Tel 0171-384282/384012 --- cell. 3473252310 - 3381112757 – 3803180300 – 3394221201
E-mail: [email protected]
Ormea
Comune tel: 0174-391101
Parrocchia tel: 0174-391127
Garessio
Comune tel: 0174-805611
E-mail: [email protected]
Priola
Comune tel: 0174-88018
Parrocchia tel: 0174-88037
Bagnasco
Comune tel: 0174-76047
Parrocchia tel: 0174-76019
Ceva
Comune tel: 0174-721623
Parrocchia tel: 0174-701321
Castellino Tanaro
Comune tel: 0174-710004
Lesegno
Comune tel: 0174-77034
Parrocchia tel: 0174-77036
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Roccacigliè
Comune tel: 0174-785219
Niella Tanaro
Pro loco tel: 0174-226105
Cigliè
Comune tel: 0174-60132
Bastia
Associazione Culturale San Fiorenzo cel: 3384395585
Sito internet: www.sanfiorenzo.org
Carrù
Comune tel: 0173-757711
Sito internet: www.comune.carrù.cn.it
Parrocchia tel: 0173-75187
Farigliano
Comune tel: 0173-76109
Parrocchia tel: 0173-76132
Piozzo
Comune tel: 0173-795101
Pamparato
Municipio (Ufficio cultura) tel: 0174-351113
Sito internet: www.pamparato.com
Torre Mondovì
Municipio tel: 0174-329102
San Michele Mondovì
Municipio tel: 0174-222041
Parrocchia tel: 0174-222095
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Vicoforte
Municipio tel: 0174-563730
Parrocchia tel: 0174-563074
Parrocchia (Fiammenga) tel: 0174-563022
Santuario tel: 0174-565555
E-mail: [email protected]
Mondovì
Municipio tel: 0174-559211
Sito internet: www.comune.mondovì.cn.it
Ufficio Turistico Monregaltour tel: 0174-47428
Parrocchia di Carassone tel: 0174-42963
Parrocchia del Ferrone tel: 0174-42243
Monastero Vasco
Municipio tel: 0174-689104
Villanova Mondovì
Municipio tel: 0174-699042
Parrocchia di Santa Caterina tel: 0174-698152
Roccaforte Mondovì
Municipio tel: 0174-65139
Parrocchia tel: 0174-65154
Boves
Municipio tel: 0171-391811
Santuario Madonna dei Boschi tel: 0171-380003
Sito internet: www.madonnadeiboschi.org
Peveragno
Municipio tel: 0171-337711
Chiesa di San Domenico tel: 0171-385990
Chiusa di Pesio
Municipio tel: 0171-734009
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Pro loco Valle Pesio tel: 0171-734990
Certosa di Pesio tel: 0171-738123
Beinette
Municipio tel: 0171-384004
Parrocchia tel: 0171-384027
Associazione "Terra dei Bagienni" tel: 0171.-384282/384012
Margarita
Municipio tel: 0171-792383
Morozzo
Municipio tel: 0171-772001
Parrocchia tel: 0171-772712
Monastero di San Biagio (Mondovì)
Centro di spiritualità tel: 0174-686298
Sito internet: www.monasterosanbiagio.com
Castelletto Stura
Municipio tel: 0171-791115
Parrocchia tel: 0171-791121
Montanera
Municipio tel: 0171-798104
Parrocchia tel: 0171-798106
Rocca de’ Baldi
Municipio tel: 0174-587103
Parrocchia tel:0174-587130
Museo etnografico “Augusto Doro” tel: 0174-587605
Trinità
Municipio tel: 0172-66131
Parrocchia tel: 0172-66151
Breolungi (fraz. Mondovì)
Parrocchia tel: 0174-61504
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I più sinceri ringraziamenti vanno a tutto il gruppo di lavoro, e in particolare a:
Testi e ricerche:
Erika CHIECCHIO, Enrico FALCO, Livio FRANCHINO, Elisa GROSSO,
Laura MARINO, Caterina MUSSO, Erik ROLANDO
Stesura degli itinerari:
Edoardo BONA, Aldo CLERICO, Valter DRAGONE, Erica PEIRANO,
Simona ROBALDO, Emanuele ROVELLA, Domenica SERVETTI, Angelo SOMA’
Foto:
Aldo CLERICO, Archivio ENTE PARCO
Copertina:
Livio POLITANO
Progetto grafico:
Elisa GROSSO, Lino PONZO
Stampa:
TIPOLITOEUROPA - Cuneo
Ogni diritto è riservato
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preghiera dipinta - Terre dei Savoia