Quaderni dei "Bagienni" 2 Sintesi PREGHIERA DIPINTA ITINERARI ARTISTICI E NATURALISTICI FRA TANARO E STURA a cura dell’ASSOCIAZIONE "TERRA dei BAGIENNI" PREMESSA La guida storico-artistica “Preghiera Dipinta ” nasce a tre anni di distanza dalla pubblicazione dell’opuscolo omonimo che si era proposto di creare un itinerario attraverso i monumenti, dislocati per lo più nel monregalese, che contenessero affreschi del Quattrocento e del Cinquecento, ossia dell’epoca definita tardogotica e del primo Rinascimento. Grazie ad un contributo dell’Amministrazione Provinciale, vennero dotati tutti i siti presenti nell’itinerario di un pannello indicatore. Questa guida si propone come un ulteriore sviluppo alla precedente pubblicazione, abbracciando un territorio più vasto, coniugando strettamente l’immensa risorsa culturale ed artistica con il paesaggio naturalistico in cui sorge. La pubblicazione è stata concepita in una veste tipografica completamente rinnovata. Grazie alla collaborazione preziosa di molte associazioni che lavorano per la valorizzazione di questi monumenti artistici, è stato possibile effettuare preliminarmente un vero e proprio censimento artistico del territorio compreso fra Tanaro e Stura, oggetto dei nuovi itinerari. Antiche chiese, pievi, cappelle disseminate nella campagna o tra le colline, testimoni di devozione popolare, di passaggio di viandanti e pellegrini e di un mondo cancellato dalle trasformazioni della modernità, sono preziosi scrigni che racchiudono un tesoro artistico identificabile come un grande “museo diffuso”. La guida è organizzata in più sezioni: Quattro brevi saggi forniscono al visitatore un quadro generale dell’evolversi degli avvenimenti storici con particolare attenzione a come andò organizzandosi e come si modificò il Cristianesimo sul nostro territorio, delle caratteristiche storiche, stilistiche ed iconografiche che contraddistinguono la pittura medievale e soprattutto il Quattro – Cinquecento, della biografia degli autori conosciuti e delle principali caratteristiche ambientali e risorse naturalistiche; il tutto corredato da note bibliografiche per ulteriori approfondimenti. Le pagine centrali della guida sono invece dedicate agli itinerari, organizzati in quattro percorsi, suddivisi per ambiti territoriali contigui e volti ad agevolare la visita per il fruitore. La guida è stata concepita, oltre che per diffondere la conoscenza del patrimonio artistico che caratterizza in modo particolare il basso Piemonte ad un pubblico sempre più vasto, per stimolare le istituzioni alla valorizzazione di questi beni come sicura ed importante risorsa turistico – culturale. Associazione “Terra dei Bagienni” 2 TESTIMONIANZE PITTORICHE MEDIOEVALI TRA TANARO E STURA Il territorio che si estende tra il corso del fiume Stura e quello del Tanaro si è rivelato incredibilmente ricco di testimonianze pittoriche di epoca medioevale; non solo i centri urbani principali, ma anche le borgate minori presentano spesso una o più cappelle o piloni affrescati. In alcuni casi si tratta di cicli completi che narrano le vicende della vita della Vergine o di un santo, in altri di semplici riquadri o immagini votive; ovunque però testimoniano una forte devozione da parte delle popolazioni locali, una volontà di costruire nuovi edifici di culto ed abbellire quelli già esistenti, anche per tramandare memoria di sé, del proprio ruolo sociale, degli avvenimenti della propria epoca. A seconda delle proprie possibilità economiche, ma anche del gusto e delle inclinazioni personali, i committenti si rivolgevano allora all’una o all’altra bottega. Gli ultimi studi hanno dimostrato come l’utilizzo di incisioni che riproducevano le grandi opere dei maestri nordici o i capolavori del Rinascimento fosse una pratica molto diffusa già a partire dal XV secolo; questo ha permesso, nel tempo, che le tendenze della maniera fiamminga o i modelli dei grandi pittori piemontesi e toscani del Cinquecento giungessero, se pure reinterpretati e semplificati, fino alle nostre cappelle e pievi di campagna. La visita degli edifici inseriti in questi percorsi dimostra immediatamente la netta predilezione per alcuni soggetti, che si ripetono in molti cicli pittorici del territorio; filo conduttore è la devozione verso alcune figure sacre cui si chiede protezione ed aiuto in diversi frangenti dell’esistenza. La più invocata è certamente Maria Vergine, le cui storie sono rappresentate in diversi santuari a lei intitolati; fonte primaria di questa narrazione sono i Vangeli Apocrifi, testi scritti nei primi secoli del Cristianesimo per rispondere alla devozione popolare che si domandava quale fosse la storia di questa fanciulla scelta dal Signore come interprete del progetto divino. Questi testi, per quanto poi non approvati dalla Chiesa, rimasero comunque un caposaldo nel racconto delle vicende mariane e costituirono la principale fonte d’ispirazione nei cicli pittorici a lei dedicati. Le Storie della vita della Vergine iniziano, così con le immagini dei suoi genitori, Anna e Gioacchino, e proseguono con la giovinezza di Maria, l’incontro con Giuseppe e, infine, le vicende connesse alla nascita di Gesù Bambino ed alla sua educazione nei primi anni di vita, fino ad arrivare alla morte ed all’assunzione di Maria in cielo, dove viene accolta da schiere angeliche festanti. Un posto particolare, in questa narrazione, spetta alla scena dell’Annunciazione: poiché questo è uno dei fondamenti essenziali della dottrina cattolica ed è il momento in cui la Vergine diviene parte della storia cristiana, all’immagine è 3 di solito riservato un posto d’onore, come l’arcone trionfale, la parete alle spalle dell’altare o un riquadro maggiormente caratterizzato rispetto agli altri. Le richieste dei fedeli e dei committenti erano quanto mai concrete e semplici: riguardavano la buona riuscita dei raccolti o la salute del bestiame, il soccorso durante i lunghi viaggi intrapresi per raggiungere le mete dei pellegrinaggi, la protezione dai malanni più dolorosi e dai morbi letali che allora si diffondevano con facilità micidiale. Un’impressione analoga di meraviglia e curiosità viene suscitata dalle immagini macabre che nei cicli di affreschi spesso si affiancano alle scene sacre, come accade al santuario della Madonna Lunga di Montanera o nella cappella di San Sebastiano a Sale San Giovanni. Teschi, scheletri e cadaveri, che oggi impressionano il visitatore delle nostre cappelle, in realtà erano un monito preciso ed un messaggio diretto per l’uomo medioevale: essi costituivano un crudo richiamo alla realtà delle cose, alla caducità della bellezza umana ed alla fragilità del corpo, così corruttibile rispetto all’anima dei giusti, ed ammonivano apertamente sull’imprevedibilità della morte, che colpisce chiunque in ogni momento, annullare così ogni diversità tra gli uomini. Se oggi buona parte degli interni di queste chiese appaiono spogli o modificati da interventi successivi, all’epoca erano invece rivestiti da importanti cicli ad affresco che, secondo le intenzioni delle alte sfere della chiesa, avevano il compito di tradurre in figure ciò che i fedeli sentivano dai sermoni o dalle letture: una vera e propria Bibbia per i poveri, illustrata sulle pareti degli spazi sacri. Sebbene più del 90% di queste pitture sia andato perduto, gli esempi rimasti chiariscono piuttosto bene le tendenze della pittura romanica nel basso Piemonte. Il posto d’onore al centro dell’abside spetta di diritto al Pantocratore, a cui vanno aggiunti i simboli degli Evangelisti - sempre vivaci ed animati nei colori e nelle pose - la teoria degli Apostoli, che come pilastri sostengono la chiesa dalle sue fondamenta e, talvolta, la Madonna in trono. Un lacerto di affresco lungo la navata raffigurante il momento della Creazione permette di introdurre l’altro grande filone tematico della pittura romanica: le storie tratte dall’Antico Testamento, a cui si ispirano molti dei cicli dell’epoca. Ancora in bilico tra il rigore romanico e la mondanità gotica, la pittura del XIV secolo si caratterizza per una decisa vivacità cromatica ed un’attenzione al linearismo ed al gusto per l’abbigliamento e le acconciature mutuato dalla coeva pittura oltralpina; nonostante l’identità di soggetti con cicli di epoca romanica, infatti, è ben evidente l’evoluzione in senso decorativo degli affreschi trecenteschi, come testimonia, ad esempio, l’abside di Santa Maria della Vigne presso Carassone (secondo quarto del XIV secolo): Le espressioni, le pose stereotipate e la mancanza di prospettiva richiamano alla mente modelli arcaici, ma le pettinature ricercate, i tessuti e le aureole decorati con motivi vegetali a stampo, il gusto cromatico nell’accostamento della campiture costituiscono già una forte caratterizzazione in 4 senso gotico. La crescita della pittura trecentesca monregalese dovette avvenire soprattutto nella seconda metà del secolo quando, dopo la creazione della diocesi nel 1388, si susseguirono le commissioni di prestigio che diedero lavoro a botteghe in grado di far penetrare in Piemonte le grandi novità della pittura giottesca, che in quegli anni stava rinvigorendo l’arte dell’intera penisola. La riflessione sull’umanità dei personaggi, la tenerezza dei gesti, ma anche una evidente ricerca di illusionismo prospettico ed una spasmodica cura nella resa dei materiali emergono chiaramente dalla Madonna in trono con Bambino della Cattedrale di Mondovì ed ancor di più nel ciclo ad affresco della Cappella del castello di Saliceto, che rimane una delle prove qualitativamente più alte, da ricondursi ad un pittore di ambito fiorentino attivo allo scadere degli anni Ottanta. Colpiscono, nella pittura di Rufino, i colori preziosi dalle molteplici sfumature, i visi un po’ stereotipati, ma dai tratti delicati, gli abiti e le armature dalle fogge ricercate ed originali. Questa ripetizione dei modelli di inizio secolo, affiancata alla mancata volontà di aggiornamento, caratterizza l’operato della maggior parte delle botteghe itineranti che lavorano nel territorio a cavallo tra Piemonte e Liguria e che fungono da filtro tra le maniera monregalese e le esperienze costiere. E’ il caso, ad esempio, della bottega attiva al Santuario della Madonna dei Boschi di Boves che, utilizzando cartoni preparatori e modelli precostituiti, riesce a conquistarsi le commissioni nei principali santuari mariani tra basso cuneese ed entroterra di Imperia, lasciando immagini solari e delicate, scene essenziali pervase da una luce morbida e gradevole. Accanto a queste botteghe di anonimi frescanti, abbiamo però un buon numero di maestri più conosciuti, che appongono la propria firma su alcuni dei cicli pittorici più significativi della zona: è il caso di Segurano Cigna, largamente documentato in tutta l’area monregalese (Cerisola, Pamparato, Prunetto) a partire dalla metà del secolo con prove efficaci che conquistarono i committenti più autorevoli; di Antonio da Monteregale, anche lui attivo tra Piemonte e Liguria, a cui si è attribuito il bel ciclo della Cappella del cimitero di Castelnuovo di Ceva (1459); di Giovanni Mazzucco, che, nonostante un tratto ingenuo e semplificato, appare largamente apprezzato dalla committenza locale e affascina per le note di vita quotidiana che inserisce, ad esempio, negli affreschi della Madonna del Brichetto di Morozzo (1491) o dell’ex Convento dei Domenicani di Peveragno (1487); di Frater Henricus, erroneamente identificato con il fratello di Mazzucco, che nel 1451 firma gli affreschi della Cappella di San Bernardo di Piozzo. Intorno al 1513 i conventi francescani della città di Cuneo (San Francesco, Sant’Antonio da Padova ed il Santuario della Madonna degli Angeli) sono protagonisti di un radicale rinnovamento dell’arredo pittorico e vedono salire su tre dei propri altari altrettante ancone dipinte, commissionate alle botteghe di Defendente Ferrari e Gerolamo Giovenone, pittori attivi, in quegli anni, per le chiese più prestigiose del Piemonte, quali il Duomo di Torino o la Sacra di San Michele. Appare evidente come queste opere abbiano impressionato sia i pittori che i committenti, tanto che è possibile rintracciare, su tutto il territorio, delle repliche puntuali che sanciscono il successo e la 5 popolarità riscossi da questi polittici in cui si uniscono la ricchezza materica degli ori e delle sfumature alle novità spaziali ed ideali della maniera moderna. Il polittico con la Madonna in Trono con Gesù Bambino tra Santi Francesco, Sebastiano e Marta ed il beato Angelo Carletti – oggi al Museo Borgogna di Vercelli, ma un tempo sull’altar maggiore del Santuario della Madonna degli Angeli – dovette essere una delle opere più ammirate, poiché ne ritroviamo memoria puntuale negli affreschi della Cappella di San Francesco di Boves, in quelli di San Nazario a Lesegno, e nella lunetta sulla facciata di San Fiorenzo di Bastia. Un processo analogo si verificò alla Pieve di Beinette: qui, nella scena della Circoncisione, troviamo una copia fedele della tavola con il medesimo soggetto dipinta da Defendente Ferrari per il San Francesco di Cuneo nel 1513 ed oggi esposta nel Museo civico cittadino. Ma la bottega attiva a Beinette doveva avere, tra i suoi taccuini di disegni preparatori, una ben ampia scelta di modelli a cui ispirarsi: emergono, infatti, chiari richiami al gruppo di incisioni delle Storie della vita della Vergine realizzate da Albrecht Dürer ad inizio Cinquecento e pubblicate nel 1511, ma anche alle opere dei grandi pittori piemontesi contemporanei (Gaudenzio Ferrari, Macrino d’Alba, Martino Spanzotti) o ad alcuni cicli dell’area saluzzese (con particolare riferimento a Pascale Oddone) del secondo decennio del secolo. Una molteplicità di fonti d’ispirazione mista ad una maturità pittorica ormai compiuta che si ritrovano anche in altri cicli ad affresco ancora forse poco conosciuti, ma quanto mai suggestivi e seducenti, come quello della Cappella del Buon Gesù a San Michele Mondovì (1531) o l’abside destra dell’antico priorato di San Biagio. L’utilizzo di modelli incisori di grande pregio continua poi anche nella seconda metà del XVI secolo, quando ormai la pittura ha abbandonato la purezza rinascimentale e si è piegata allo stile del Manierismo, che predilige colori innaturali, figure artefatte e rappresentazioni intellettuali e visionarie più che realistiche. Un caso esemplare è rappresentato dalla bottega del cosiddetto “Maestro di Cigliè”, che trae il nome dalla località che ospita la sua opera più estesa, la Cappella di San Dalmazzo a Cigliè, appunto. Qui, nella redazione delle Storie della Passione (1573) il pittore attinge a piene mani dai vertici dell’arte italiana ed europea del rinascimento: ancora una volta fonte primaria di ispirazione sono le opere di Dürer, qui affiancate niente meno che da Raffaello, la cui Deposizione dalla croce, filtrata attraverso un’incisione di Marcantonio Raimondi, funge da modello per l’analoga scena della parete sinistra. Il committente, all’epoca parroco della cittadina, era stato in passato uno dei più tenaci sostenitori dell’eresia ugonotta e, forse proprio per sancire questa conversione, sceglie il tema del Giudizio e della Passione di Cristo per la decorazione del santuario, che costituisce, ancor oggi, una delle più sorprendenti ed affascinanti prove pittoriche della regione. 6 ITINERARI ARTISTICI DI PREGHIERA DIPINTA Primo itinerario: Dall’Alta Valle del Tanaro al Cebano Il primo itinerario ha inizio dalla Città di Ormea, in Alta Val Tanaro e prevede la visita dell’affresco raffigurante San Martino e il Cristo Pantocratore, ubicato nella Chiesa Parrocchiale di San Martino situata sull’omonima piazza. L’itinerario prosegue imboccando la SS 28 in direzione Ceva per raggiungere la Città di Garessio, che dista da Ormea circa 12 km. Presso il Salone degli Affreschi di Piazza Carrara, al piano terra del Palazzo Comunale, si può ammirare il ciclo degli Affreschi di Cerisola. La visita agli affreschi dell’Alta Val Tanaro prosegue in direzione Priola, dove, nell’assolata frazione di Casario, dopo un tratto di sentiero che porta al sommo di una collina, ha sede la Cappella di San Bernardo, risalente al XIII sec. Sempre proseguendo sulla SS 28, in direzione Ceva, dopo circa 6 chilometri si incontra l’abitato di Bagnasco, sede della Cappella di Santa Giulitta che sorge su di un’altura sovrastante il paese. Fu edificata verso l’anno 1000 dai bagnaschesi secondo la leggenda come ringraziamento per la liberazione del paese dalle invasioni saracene. Sempre proseguendo lungo la SS. 28, si raggiunge l’abitato di Ceva, posta al fondo dell’Alta Val Tanaro. Svoltando a destra al primo semaforo che si incontra nel centro, ci si ritrova in Piazza San Francesco, dove, sulla sinistra, sorge l’edificio che ospita le Scuole Medie e dove, sul muro del fabbricato dell’ex Ospedale, proprio sul lato prospiciente le scuole, si trova un affresco rappresentante la Madonna col Bambino risalente al 1400, opera del Maestro Ruffino. L’itinerario prosegue verso Lesegno, imboccando poi la deviazione per Castellino Tanaro. Nel capoluogo, in Via Roma, merita una visita la Cappella di San Rocco, considerata di rilevanza artistica già a partire dai primi del Novecento. Sulla facciata reca su di un affresco risalente al 1700, la rappresentazione dell’omonimo santo che mostra la piaga causatagli dalla peste. In Via G. B. Romano si trova invece la Cappella di San Cristoforo del 1728. Ritornando a Lesegno due cappelle sono degne di menzione. All’interno del cimitero troviamo la cappella di Santa Maria del Luchinetto, nella quale compare un affresco raffigurante il Cristo crocefisso con al di sotto l’iscrizione con data e committente (1572, Enrico Bella). In località Prata incontriamo la cappella più antica indicata dalle fonti; San Nazario 7 Secondo itinerario: Il Medio corso del Tanaro e la Langa monregalese Il secondo itinerario prosegue nella media Valle Tanaro, il paesaggio è omogeneo, caratterizzato da ampie anse del fiume e da imponenti “calanchi” formatisi nel tempo a seguito dell’erosione sia del fiume che delle acque piovane. Il primo paese che incontriamo è Roccacigliè; tra le varie cappelle e chiese dei secoli XVII e XVIII, si segnala la Chiesa dell’Assunta, antica parrocchiale ora inserita nel cimitero. Seguendo le anse del Tanaro si arriva a Niella Tanaro, già citata nel diploma del 1041 come “titulo Nigella cum castro et capellis”, e si trova la Parrocchiale dedicata a Maria Vergine Assunta, edificata sui resti di un antico tempio pagano Adiacente alla parrocchiale la medioevale Confraternita dei Disciplinati di Sant’Antonio Abate che conserva un intero ciclo pittorico del 1535–1537, in corso di restauro. Altre cappelle con affreschi coevi sono: la Cappella di Sant’Anna che custodisce un affresco riferito alla leggenda di San Giacomo Maggiore “il miracolo dell’impiccato” che suggerisce la presenza di una via di pellegrinaggio. La Cappella di San Pantaleone con un affresco ritraente la Madonna col Bambino e San Rocco. La Cappella di San Bernardo con all’interno un dipinto raffigurante la Madonna in Trono con il Bambino tra San Bernardo D’Aosta, Sant’Antonio Abate e San Gottardo Vescovo. La Cappella della Natività di Maria che custodisce sulle pareti della sacrestia tre iconografie della Madonna. Si segnalano, inoltre, su edifici privati, un Sant’Antonio Abate in piazzetta Santa Lucia e una Madonna con Bambino e San Bernardo d’Aosta in una nicchia della borgata Poggio. Dopo un breve tragitto si raggiunge, tra il verde, il comune di Cigliè. Nella frazione Peironi è da vedere la Chiesa di San Dalmazzo ottimo esempio di architettura romanica. Gli affreschi sono datati 1573 ed attribuiti al Maestro di Cigliè pittore manierista che trae principalmente ispirazione dai modelli michelangioleschi. Altre chiesette degne di interesse sono: la Cappella di San Giorgio e quella di San Rocco entrambe con affreschi del XV secolo, e la Confraternita di San Giovanni Battista con pitture del “Maestro di Cigliè”. Riscendendo a valle si raggiunge il comune di Bastia Mondovì e, prima dell’abitato presso il cimitero, si incontra la Chiesa di San Fiorenzo uno dei più importanti monumenti tardo gotici del Piemonte edificata tra il XIII ed il XV secolo. In questa Sacra rappresentazione, vera e propria “Bibbia Pauperum”, gli anonimi frescanti quattrocenteschi, influenzati dalla pittura Provenzale, hanno ritratto, in larghi spazi, le immagini 8 degli Evangelisti, del Cristo, del Paradiso e dell’Inferno, dell’Infanzia di Gesù e della Passione. Tutto doveva parlare, in modo semplice ed elementare, al cuore ed alla mente di chi guardava. Seguendo la fondovalle del Tanaro si raggiunge, su di un altopiano, il paese di Carrù, dove le più importanti testimonianze di pittura gotica sono custodite nella Cappella della Madonna di Campagna attuale chiesa cimiteriale. Anche qui troviamo l’iconografia della S.S. Trinità con la stessa impostazione già descritta nella Chiesa dell’Assunta di Roccacigliè; tre figure identiche raccolte in un unico manto mentre altre pitture (San Giuseppe, San Rocco, San Sebastiano, Sant’Antonio Abate, Santa Lucia, la Madonna del latte) decorano le pareti laterali. In località Ronchi, frazione di Carrù, da segnalare all’interno del Santuario di Nostra Signora dei Ronchi, sull’altar maggiore, un pregevole affresco riferibile alla seconda metà del Quattrocento e stilisticamente affine all’opera del Mazzucco, che raffigura la Vergine col Bambino il quale tiene sul dito un uccellino. Riscendendo a valle si arriva a Farigliano dove, in aperta campagna, si incontra la Cappella di San Nicolao nella località omonima, sotto forma di piccola costruzione con portico. Il catino absidale, interamente affrescato, ritrae, al centro della volta, il Cristo benedicente circondato dai Cherubini e dai simboli degli Evangelisti. Sotto, a semicerchio, sono ritratti i Santi Nicola, Sebastiano, Lucia, Giovanni Battista, Michele e Teobaldo Roggeri. Questo ciclo pittorico, per analogia con altri della stessa zona, è databile alla seconda metà del XV secolo ed attribuibile alla bottega di Giovanni Mazzucco. Ultimo paese di questo secondo itinerario è Piozzo custode di due chiese con affreschi tardo gotici. La Cappella del Santo Sepolcro e la chiesetta di San Bernardo. La prima, esempio mirabile di architettura romanica, è collocata in prossimità del cimitero e conserva al suo interno un ciclo pittorico firmato Giovanni Mazzucco e datato 1481. La seconda è posta al centro del paese su una piccola altura. Gli affreschi datati 1451 sono firmati da Frater Enricus. 9 Terzo itinerario: Mondovì e Valli Monregalesi L'itinerario prende le mosse da Pamparato, centro montano circondato dal verde dei castagneti nell’alta Valle del Casotto. Al limite superiore dell’abitato si erge l'antica Cappella di San Bernardo, forse l'originaria chiesa parrocchiale, che conserva un ricco ciclo di affreschi raffiguranti la vita di San Bernardo di Chiaravalle Risalendo sul versante sinistro della valle attraverso l'abitato di Roburent si arriva a Montaldo. Dell'antico Romitorio di Sant’Ambrogio non rimangono che tenui tracce degli antichi affreschi della cappella. Dall'abitato di Montaldo si raggiunge il borgo medievale di Roà Marenca dove si trova la Cappella di San Rocco. Scendendo lungo la Valle Corsaglia poco prima di raggiungere l'abitato di Torre Mondovì, si incontra il santuarietto di San Gottardo eretto intorno ad un antico pilone nel XVII secolo Poco oltre, presso il bivio che porta a Torre Soprana parte il ripido sentiero che, inerpicandosi attraverso i boschi, consente di raggiungere dopo circa tre quarti d'ora la pregevole Cappella di Sant'Elena (m. 716), che si presenta esteriormente come un edificio rurale a pianta rettangolare fronteggiato da un portico. Uscendo dal paese, alla confluenza fra i torrenti Corsaglia e Casotto si trova la Cappella di Sant'Antonio che conserva all'esterno, protetto da un porticato, un affresco del 1470 raffigurante scene della crocifissione. Al fondo della Valle si trova l'abitato di San Michele, paese che nel nome porta i segni di un'origine longobarda. Sormontato dai resti del castello medievale e noto per essere stato sede nel 1796 di una celebre battaglia in cui le truppe austro-piemontesi tentarono di fermare l'avanzata di Napoleone, è circondato da numerose cappelle affrescate poste ai vari accessi del paese e sulla cima delle colline che sovrastano tali vie d'accesso. Prima di raggiungere il paese, ancora sulla statale che collega Torre a San Michele, si vede sulla sinistra, la Cappella detta del Buon Gesù. Nella borgata Villa in direzione Niella Tanaro, la Cappella di San Sebastiano conserva sopra l’altare un trittico con una Madonna in Trono circondata da San Sebastiano e San Bovo databile alla metà del XV secolo. Nella borgata Codovilla, la parte del paese posta più ad Ovest, dalla Cappella di San Magno (inizio Settecento), si accede al preesistente Sant’Antonio, con affreschi di epoche e mani differenti. Risalendo per una strada sterrata su una collina a Ovest del paese, si raggiunge San Giovanni, che conserva dietro l'altare tracce di un affresco forse anche risalente al XII secolo. 10 Salendo dal paese in direzione della Bicocca di San Giacomo, al limite superiore della borgata Castello si trova la Cappella di San Bernardino. Fuori dall'abitato in direzione di Mondovì, la Cappella della Madonna di Guarene, ricostruita nel XVII secolo, conserva un affresco quattrocentesco della Madonna: pregevole l’altare riccamente decorato con angeli a stucco. Percorrendo la Statale 28 in direzione di Mondovì lo sguardo è attratto dalla maestosa mole del Santuario della Natività di Maria Santissima in Vicoforte, che si staglia con la sua cupola e i suoi quattro campanili sullo sfondo della catena delle Alpi Marittime. L'edificio, racchiude al suo interno un antico pilone su cui è raffigurata una Madonna col bambino di autore ignoto risalente alla fine del Quattrocento. Dal Santuario salendo verso l'abitato di Vicoforte in direzione di Briaglia si incontra la Cappella di San Giovanni; l’attuale edificio, forse risalente all’XI secolo, è quanto resta di una struttura più complessa comprendente anche la Chiesa di Santa Maria. Dal paese, in direzione di Mondovì piazza si raggiunge la frazione Fiamenga la cui Chiesa Parrocchiale dedicata ai Santi Pietro e Paolo, derivata da un antica Pieve. La città di Mondovì è straordinariamente ricca di testimonianze artistiche di questo periodo nelle numerose cappelle sparse nel territorio circostante il Monteregale. La cattedrale che si presenta oggi nelle forme barocche realizzate dal celebre architetto Francesco Gallo, cela al suo interno negli ambienti della sacrestia, interessanti affreschi tardogotici, provenienti con ogni probabilità da altri istituti religiosi della città. Lasciata Piazza, lungo la strada collinare che conduce a Vicoforte, ancora nell’abitato, si incontra la piccola Cappella di Santa Croce che conserva al suo interno cicli pittorici di assoluta bellezza; databili al primo quarto del Quattrocento. Quattro cappelle disposte quasi a semicerchio intorno al Monteregale, un tempo in piena campagna ed in prossimità di vie di comunicazione, presentano importanti cicli pittorici QuattroCinquecenteschi. Esse sono: il sito di Santa Maria delle Vigne che si trova a circa 1 Km da Mondovì Carassone, sulla strada di Santa Maria delle Vigne. La piccola Cappella dei Santi Pietro e Paolo (S. Po) (Parrocchia di Carassone) si trova a circa 2 km da Mondovì sulla strada di Gratteria in direzione di San Giovanni dei Govoni. Questa piccola cappella conserva nel presbiterio una quattrocentesca Madonna in Trono opera del così detto Maestro S. Po. La Cappella di San Bernardo delle Forche ad aula unica è situata sulla Via Vecchia di Cuneo a circa 1,5 Km da Mondovì in direzione Sant’Anna d’Avagnina 11 All’interno sono presenti affreschi databili intorno al 1473, attribuiti ad Antonio Dragone del Monteregale. La Cappella di San Bernolfo (Parrocchia del Ferrone) si trova sulla strada per Villanova pare fosse stata utilizzata nel Cinquecento come lazzaretto in seguito allo scoppio di una epidemia di peste con conseguente perdita degli affreschi dovuti alla disinfezione delle pareti. Rimane tuttora una notevole pala d’altare di fine Quattrocento attribuita al così detto Maestro di San Bernolfo. Lasciata Mondovì sulla destra orografica dell’Ellero si incontra Monastero di Vasco. A Roapiana, dominata dai ruderi del castello medievale, si incontra il Santuario della Madonna delle Lame sorta probabilmente intorno ad un pilone affrescato con una Madonna in Trono con Bambino ritenuta miracolosa e già citata in un ordinato della città di Mondovì nel 1549. A Vasco, posto sul panoramico spartiacque tra la Val del Niera e la Valle Ermena, nel punto più alto della collina si incontra l’antica Chiesa di San Lorenzo. Costruita nel XII secolo forse sui resti di una precedente struttura. Ritornando sulla provinciale per Lurisia incontriamo Villanova Mondovì. La villa vecchia posta su un promontorio alle spalle dell’attuale nucleo abitato, conserva nel suggestivo borgo disseminato di case dall’impronta architettonica tardo-medievale e rinascimentale, la Chiesa di Santa Caterina. Oggi parrocchiale, la chiesa ha origini molto antiche. Dello stesso periodo vanno segnalati inoltre gli affreschi della Cappella dell’Annunziata, lungo la strada per Mondovì e dei santuari di Madonna del Pasco, nell’omonima frazione, e di Santa Lucia, abbarbicata alla parete rocciosa sulla destra della via per Roccaforte. Proseguendo si incontra Roccaforte Mondovì. Fuori dell’abitato sulla vecchia strada per Mondovì incontriamo sulle prime pendici del rilievo dove un tempo sorgeva il castello edificato dai signori di Morozzo, la bellissima Chiesa di San Maurizio, popolarmente definita “pieve”. In realtà si tratta di un edificio sorto nei primi anni del XI secolo ed originariamente intitolato a San Pietro. Di grande interesse è il ciclo dell’abside minore con il Cristo Pantocratore tra Serafini ed Apostoli, le scene tratte dalla Genesi ed il Bacio di Giuda, opera in stile romanico-bizantina databile ai decenni a cavallo fra l’XI ed il XII secolo tra le meglio conservate dell’intero Piemonte. 12 Quarto itinerario: Dalla Bisalta al corso del Pesio L’ultimo itinerario prende le mosse dalla città di Boves e precisamente dal Santuario della Madonna dei Boschi, dove accanto al superbo apparato decorativo, gli scavi archeologici hanno messo in luce il susseguirsi nei secoli delle fasi di costruzione. Su di un edificio quadrangolare di grandi dimensioni probabilmente alto medievale (IX–X sec. a.C.), venne costruita la primitiva chiesa con abside semicircolare, tuttora visibile attraverso la pavimentazione a vetro. Di grande bellezza ed unicità è l’affresco, attribuito al cosiddetto Maestro di Cigliè che ricopre la volta e rappresenta il Giudizio Universale in forme molto simili al celeberrimo affresco michelangiolesco della Cappella Sistina. A circa 200 m. dal Santuario in direzione di Boves sorge la piccola Cappella di San Francesco; ad aula unica con volta a botte, presenta un antico altare in muratura addossato alla parete di fondo affrescato con un Cristo Risorto. L’itinerario prosegue verso la località di Peveragno, raggiungibile in pochi minuti e la visita può cominciare dall’ex Chiesa di San Domenico. Situata nell’omonima piazzetta ai piedi della collina di San Giorgio; la chiesa fu costruita probabilmente intorno alla metà del Quattrocento dall’Ordine dei Frati Domenicani. Poco distante si possono ammirare resti di affreschi quattrocenteschi sia nella Chiesa di San Giorgio, posta sulla sommità della omonima collina, sia esternamente sulla Cappella di San Rocco all’imbocco della strada per Beinette. Circa un chilometro a sud di Peveragno, alle prime pendici della Bisalta, nella località oggi chiamata Madonna dei Boschi, sono ancora visibili i resti del Castello di Forfice. La località citata nel 1153 precedette l’insediamento di Peveragno e conserva alcune testimonianze artistiche degne di nota. Lo splendido affresco raffigurante una Madonna con Bambino, spostato dalla distrutta Chiesa di Santa Maria del Borgato alla chiesa attuale e gli antichi affreschi della piccola Cappella di San Pietro, nella quale rimangono pochi riquadri, mentre due grandi e pregevoli Madonne in Trono con corteo di Santi furono staccati e tuttora si possono ammirare presso il Centro Incontri della Provincia a Cuneo. Il percorso incontra ora Chiusa di Pesio ed è opportuno che la visita alle testimonianze artistiche molto disseminate sul territorio inizi dal complesso monumentale della Certosa di Santa Maria di Pesio. Dominata dall’imponente mole rocciosa del Marguareis (m 2651) ed immersa nel verde, la certosa venne fondata nel 1173 sulle proprietà concesse dai Signori di Morozzo ai monaci della Grande Chartreuse. 13 Una bella struttura cinta da muraglione, tuttora visibile sulla sponda opposta del Pesio, detta la Correria, dove rimane la piccola chiesa nel cui portale conserva una lunetta ad arco acuto affrescata con una cinquecentesca Madonna. A Chiusa di Pesio si può ammirare una splendida Trinità affrescata su un’antica casetta vicina all’ex palazzo del Marchese di Ceva, ora sede del Municipio. Poco distante dal paese, sulla strada delle Combe, è ancora possibile visitare la Cappella di San Bernardo (1507) dove campeggia nell’abside una Madonna in Trono con i Santi Pietro, Bernardo, Giovanni Battista e Antonio. Dirigendosi poi verso Beinette, dopo appena 3 Km, si incontra nei pressi della grande risorgiva del Lago di Beinette, l’antico Monastero di Santo Stefano alla fonte del Brobrio. L’edificio privato molto rimaneggiato conserva al suo interno i resti dell’antica chiesa ed alcuni stralci di affreschi del Quattrocento. Il Castello dei Di Rudinì si erge con la sua mole nei pressi del centro del paese. La struttura originaria, di cui rimane la massiccia torre, fu inglobata negli ampliamenti del Settecento voluti dall’allora proprietario, il Marchese Ferrero d’Ormea, conserva una bella sala decorata con gli stemmi della famiglia degli Iesselini che nel Quattrocento ne erano signori e proprietari. L’edificio artisticamente più rilevante è indiscutibilmente il Santuario della Madonna della Pieve. Sorta sopra un’area cimiteriale di età romana, di cui rimangono alcuni ritrovamenti, la Pieve è citata per la prima volta nel 1041. Tra la metà del Quattrocento ed i primi decenni del Cinquecento diversi pittori o botteghe, tuttora anonimi, compirono campagne d’affresco. Alla fase più antica risale la decorazione del presbiterio con una delicata Madonna in Trono e Teoria di Santi oltre ad un San Cristoforo di grandi dimensioni affrescato sulla parete nord della navata. Il catino absidale è dominato da una Mater misericordiae di fine Quattrocento che con l’immenso manto protegge il popolo sottostante. Ai primi decenni del secolo successivo appartengono i 15 riquadri di grandi dimensioni che si dipanano a partire dall’ingresso su entrambe le pareti dell’unica navata e che narrano la Vita della Vergine. Lasciata la Pieve, proseguendo lungo la via che le passa accanto si incrocia la provinciale per Carrù e dopo 3 Km si incontra l’abitato di Margarita, con il centro storico dominato dall’antica Torreporta del ricetto, di grande pregio architettonico e risalente al XIII secolo. Dopo appena tre Km si incontra l’abitato di Morozzo, molto interessante dal punto di vista artistico ma anche e soprattutto storico per essere stato il centro che diede il nome alla famiglia protagonista nei secoli centrali del medioevo della storia della nostra zona. Su di una piccola altura alle spalle 14 dell’attuale chiesa parrocchiale, tra gli alberi si può scorgere la facciata neo-gotica del Santuario del Bricchetto; il presbiterio della chiesa è ciò che resta dall’antica Chiesa di Santa Maria de castro murato che deve l’appellativo al fatto di sorgere all’interno della recinzione del castello dei Morozzo. In origine di fronte alla chiesa doveva sorgere un porticato, più volte testimoniato dalle fonti, dove nel 1173 venne rogato l’atto in cui i Signori di Morozzo donavano ad Ulderigo i terreni per la fondazione della Certosa di Pesio. La chiesa si presenta a pianta rettangolare ad una sola navata, con volta a botte. Nel presbiterio si incontra la più completa rappresentazione della Vita della Vergine (18 riquadri), oltre alle vicende del beato Guglielmo ed una raffinata Madonna in Trono e Santi inserita nella scena dell’Annunciazione, opera di Giovanni Mazzucco su committenza di Biagio Fauzone datata 30 aprile 1491. Va segnalata inoltre a Morozzo la Cappella di Santo Stefano, posta sull’omonima via poco fuori il centro in direzione Cuneo, che presenta affreschi dedicati alla vita del santo, in uno stile molto rigido nei movimenti e dal linearismo sottile attribuibile forse ai primi decenni del Quattrocento. Scendendo dal Bricchetto verso il Pesio, dopo appena un chilometro, passato il ponte, adagiate sulla sponda fluviale ricca di vegetazione si scorgono le suggestive ed antiche strutture ed il duecentesco campanile del Monastero di San Biagio. Un meticoloso restauro condotto alcuni anni fa, ha restituito un importante apparato decorativo databile ai primi anni del Cinquecento che si estende nel presbiterio e nell’abside centrale. Ritornando a Morozzo, un breve excursus di una ventina di chilometri permette la visita di altre chiese assolutamente degne di nota. Il primo paese che si incontra è Castelletto Stura; provenendo da Morozzo si incontra facilmente la piccola Cappella di San Bernardo poco prima dell'abitato e nei pressi del cimitero. Fu probabilmente costruita nel Quattrocento e sicuramente affrescata da pittore ignoto nel 1483. Lasciato Castelletto pochi chilometri bastano per raggiungere Montanera, dove sorge la Chiesa dell’Assunta, più comunemente nota come “Madonna Lunga”. Proseguendo in direzione di Sant’Albano Stura, passato il paese dopo 2 Km si incontra l’abitato di Trinità. L’antica Cappella dell’Annunziata, ridotta nelle attuali dimensioni nel 1858, presenta al suo interno alcuni affreschi degni di una visita. Nella Cappella di San Rocco è raffigurata in un falso polittico una Pietà con Santi di gusto nordico, ma di pittore monregalese databile al secondo quarto del XVI secolo. Ancora nel paese è possibile ammirare in via IV Novembre una Madonna del Latte dai tratti piuttosto ingenui, databile alla metà del Quattrocento. Verso Rocca de’ Baldi; l’antico borgo che si trova sulla sponda destra del Pesio si risale incontrando subito ai margini della via la Cappella di San Rocco annunciata da un bel abside 15 poligonale. Internamente sono conservati gli affreschi del ciclo absidale con sette riquadri (il primo a sinistra perduto) ricavati da campiture corrispondenti agli spicchi del catino in cui sono conservati una Madonna in Trono in centro con corteo di Santi. Inoltre è parzialmente visibile sull’arco trionfale parte della scena dell’Annunciazione. Terminata la salita all’incrocio che immette nel borgo medievale si incontra la splendida Cappella della Crocetta a pianta quadrata ornata di interessanti affreschi tardogotici. Non si conoscono né l’autore né la data in cui furono realizzati gli affreschi, anche se sono visibili alcuni graffiti di cui uno reca la data 1461 (o 1462). Nel suggestivo borgo medievale dominato dalla struttura del Castello e dalla Torre Civica si possono ancora ammirare affreschi del Quattrocento, purtroppo menomati da picchettature, nella controfacciata della Parrocchiale di San Marco. Rimanendo su quel versante del Pesio, Breolungi, attuale frazione di Mondovì luogo di insediamenti umani già a partire dall’XI secolo a.C. da popolazioni di Liguri Bagienni, ed attraverso i secoli, fino ai giorni nostri. Probabilmente a partire dall’età carolingia fu il centro di un comitato che da esso prendeva nome come suggeriscono le fonti del X–XI secolo, cioè Bredulum. L’antica Pieve di Santa Maria in Bredulo, oggi Parrocchia di M.V. Assunta, presenta sia all’esterno sulla facciata, che nelle pareti interne affreschi di grande valore, in parte ancora da portare in luce. All’esterno sul muro di facciata coperto da un porticato aggiunto in epoca successiva, è il bel trittico di inizio Quattrocento attribuito a Rufino d’Alessandria. L’interno è caratterizzato da numerosi riquadri scoperti sotto le decorazioni e l’intonaco barocco tra cui spicca un trittico attribuito a Frater Henricus, anch’esso quattrocentesco, ed una Vergine Assunta con Bambino del secolo successivo attribuita al fossanese Sebastiano Fusari. Lungo la Statale per Torino si incontra ancora la Cappella in stile gotico detta della Fucinetta che conserva preziosi affreschi cinquecenteschi. 16 L’AMBIENTE NATURALE DALLA PIANURA ALLE MARITTIME Il Tanaro Il Tanaro è un corso d’acqua dalla storia piuttosto complessa: nasce a Sud della catena alpina nel tratto delle Alpi Liguri, dalla confluenza dei torrenti Tanarello e Neurone una decina di chilometri a monte di Ormea. Si dirige verso Est costeggiando esternamente le testate delle Valli Monregalesi (Pesio, Ellero e Corsaglia), poi volge a Nord, erodendo trasversalmente la catena montuosa e successivamente a Nord-Ovest e raccogliendo le acque delle valli sopraccitate. Dalle carte topografiche, ma ancora di più dalle foto aeree, risulta ben visibile la tendenza evolutiva dei meandri: sulla piana alluvionale di fondovalle spiccano alcuni tratti in cui il Tanaro, con una portata probabilmente molto superiore a quella attuale, percorreva il fondovalle disegnando ampi meandri oggi abbandonati, come ad esempio a Piantorre presso Castellino Tanaro, presso Isola, presso la cascina Braia (Piozzo) e presso il Molino di Monchiero. La tendenza evolutiva del fiume è quella di erodere questo tratto fino al momento in cui il meandro verrà saltato per il taglio del peduncolo; in questa occasione il Tanaro riprenderà il suo corso in maniera più rettilinea, dando origine successivamente ad un meandro più a valle. Fontanili e Risorgive Nella zona di passaggio tra l’alta e la bassa pianura le acque della falda, una specie di fiume sotterraneo, affiorano in superficie formando le risorgive, fenomeno ampiamente diffuso nell’Italia settentrionale. Si creano così delle zone umide e paludose. Solo verso il 1500 (XVI secolo) si iniziò ad utilizzare le acque dei fontanili per irrigare i campi. Da allora l’importanza dei fontanili per l’agricoltura andò via via crescendo raggiungendo il suo massimo sviluppo tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900. L’introduzione di pratiche agricole innovative e lo sviluppo dell’industria con il conseguente sfruttamento delle acque hanno causato l’abbassamento della falda portando il progressivo abbandono dei fontanili, i quali, o per la mancanza di acqua, o per la presenza di inquinanti o per interramento rischiano di perdere le proprie caratteristiche ecologiche. Nell’ecosistema del fontanile è possibile trovare molte specie di vegetali appartenenti a diverse tipologie: alghe, piante acquatiche, arbusti e alberi. Le alghe sono presenti soprattutto durante l’estate nella testa del fontanile. Il fenomeno delle risorgive è legato a questa diversa natura dei suoli: quando l’acqua di falda raggiunge la zona di passaggio tra alta e bassa pianura e incontra uno strato impermeabile tende a riaffiorare. 17 Infine si segnala, a Beinette, nell’ampia area denominata Regione Paschi il fontanile del Foss situato alla sinistra della strada statale per Mondovì appena fuori dal paese che presenta ancora inalterati molti aspetti naturalistici tipici di questo delicato ecosistema. L’area è raggiungibile a piedi o in bicicletta e può essere visitata contestualmente al Santuario della Madonna della Pieve. Il Carsismo Le vallate delle Alpi Liguri, soprattutto le vallate monregalesi, hanno come caratteristica peculiare il fenomeno del carsismo. Si pensi alla grotta di Bossea aperta al pubblico già nel 1874 e alle esplorazioni delle grotte intensificatesi dagli anni 1973-74 dato l’avvento di materiali per l’esplorazione, tecnicamente evoluti e sicuri. L’acqua percolando filtrava tra le fessure e nel tempo andò a creare meandri, gallerie, pozzi originando fenomeni carsici ipogei di ingenti dimensioni come il complesso del Marguareis, del Mongioie, della Val Corsaglia e altipiani carsici di rara bellezza quali la Conca delle Carsene. Per chi accede alla Conca delle Carsene, dalla Capanna Morgantini può ammirare l’enorme distesa di rocce calcaree ascrivibili a tre importanti unità cronostratigrafiche appartenenti al Mesozoico (da 225 a 100 milioni di anni fa) il Trias, il Giurese e il Cretaceo. Da qui si scorge uno dei due valloni glacio-carsici principali della conca che confluiscono nella depressione del Gias dell’Ortica che è il punto più basso delle Carsene. Le grotte, i quali ingressi si localizzano in questo settore, annoverano uno sviluppo di 16 Km e una profondità di 759 m. Quest’altipiano assieme a Pian Ambrogi, alla testata della Valle Roya, è una delle due aree assorbenti che convogliano le acque nella sorgente del Pis del Pesio, cascata suggestiva in parete da ammirare in primavera, situata a 1450 m di altezza. Di bellezza impareggiabile anche la “Fuze” in Alta Valle Tanaro nei Pressi di Upega, ma già in provincia di Imperia, nella quale convogliano le acque di scioglimento delle nevi della Conca di Piaggiabella e della zona del Ferà, che scorrendo per molti chilometri in grotte sotterranee creano un singolare spettacolo. Nelle Valli Monregalesi oltre alla più conosciuta grotta di Bossea sono attualmente visitabili altre tre cavità di particolare interesse turistico e scientifico; in bassa Valle Maudagna dove si è originata la grotta del Caudano e la grotta dei Dossi nei pressi di Branzola, a Villanova Mondovì. Le Alpi Liguri Iniziano dal Colle di Cadibona per andare a toccare al Colle di Tenda le Alpi Marittime che terminano al Colle della Maddalena. Il massiccio calcareo del Marguareis è la cima più alta delle Alpi Liguri con i suoi 2651 m.s.l.m, mentre l’Argentera, tetto delle Marittime, raggiunge i 3297 m. 18 Più a sud le montagne tra la più elevate delle Liguri sono il Pian Ballaur (2589 m.s.l.m.), cima delle Saline (2612 m.s.l.m.) e il Mongioie (2630 m.s.l.m.) ubicato alla testata della valle Tanaro, valle Ellero e valle Corsaglia. L’orogenesi delle Alpi, compresa tra 75 e 40 milioni di anni fa, ha visto la formazione delle più importanti catene montuose europee, dovuta allo spostamento del continente africano verso quello euroasiatico. Nel punto in cui i continenti si avvicinarono maggiormente ci fu uno scorrimento della crosta africana su quella euroasiatica con il successivo sollevamento in moltissime pieghe pluristratificate del sedimento del lembo oceanico, la Tetide, compresso fra i due continenti. L’innalzamento tuttora prosegue al ritmo di un millimetro circa all’anno. Ciò è dovuto alla estrema vicinanza del mare di cime elevate, situazione che crea un’alternanza di distretti climatici differenti fra loro che conferiscono singolare ricchezza di specie botaniche. Oltre ad essere il settore botanicamente più prestigioso di tutta la catena alpina che termina al passo della Vrata (al confine con le Alpi Dinariche) presenta caratteristiche geologiche singolari. Questa caratteristica associata ad altri fattori quali ad esempio spaccature importanti della roccia dette di faglia, ha contribuito ad originare nei millenni, soprattutto nelle Alpi Liguri, complessi carsici fra i più importanti del mondo. Parco Naturale Alta Valle Pesio e Tanaro Alcuni itinerari che collegano siti descritti in questa guida toccano territori di grande valenza ambientale che negli anni ottanta, attraverso un’apposita legge regionale, furono inseriti nel novero delle aree protette, più conosciute come Parchi e Riserve Naturali. Di qui si dipanano numerosi itinerari alla scoperta di aspetti più diversi dell’area protetta: le stazioni botaniche ai piedi del massiccio del Marguareis ospitano essenze vegetali endemiche, meta di appassionati di flora montana e di studiosi provenienti da diversi paesi europei; la zona compresa tra il contrafforte del Marguareis e il confine francese, denominata non a caso “Carsene” rappresenta un ambiente di grande interesse geomorfologico: qui il fenomeno del carsismo è evidente in tutta la sua bellezza, mentre nel sottosuolo si dipana una immensa ragnatela di grotte, più di 700, già catalogate ed esplorate, che costituiscono alcuni sistemi tra i maggiori in Italia per lunghezza delle cavità e profondità delle stesse. Sul versante italiano la zona carsica dà origine alle stupende cascate del Pis del Pesio come pure le acque dei torrenti Ellero e Tanaro provengono da grandi bacini di raccolta sotterranei. L’area Parco è contraddistinta da una straordinaria varietà di boschi con la presenza massiccia dell’abete bianco, in particolare nella zona a monte della Certosa dove i boschi del Prel e del Buscaiè sono inseriti nel registro nazionale forestale dei boschi da seme. 19 Sul versante della Val Tanaro troviamo il bosco delle Larzelle, costituito da pini uncinati (parenti prossimi del pino mugo) e il maestoso bosco delle Navette con larici e abeti bianchi. Negli ultimi anni si è registrato un notevole incremento sia in termini di densità degli ungulati, specie già presenti, che di caprioli e cervi, specie reintrodotte. Moltissime sono le specie botaniche rare come la “scarpetta di venere” (Cypripedium calceolus) e numerose orchidee che insieme a otto specie endemiche esclusive delle Alpi Liguri e Marittime rappresentano un forte richiamo per gli appassionati e studiosi. Per quanto riguarda la fruizione da segnalare, oltre ai tanti percorsi guidati, agli itinerari tematici dentro e fuori dell’area protetta ma comunque tabellati a cura del Parco, anche le attività didattiche rivolte alle scuole di ogni ordine e grado: l’ente da oltre 10 anni è sede del Laboratorio Territoriale che fa parte della Rete Regionale dei Servizi per l’Educazione Ambientale. Oasi di Crava-Morozzo In pianura, alle confluenze del torrente Pesio con il Brobbio, una importante area umida costituita dai laghi artificiali di Crava e Morozzo realizzati nel 1928 a scopi idroelettrici, dopo essere diventata area protetta della L.I.P.U. nel 1979, ha assunto il ruolo di Riserva Naturale Speciale Regionale affidata in gestione al Parco Alta Valle Pesio a fine degli anni ottanta. A pochi minuti dall’Oasi troviamo infatti il Priorato Benedettino di San Biagio risalente al 1014, oggi centro di spiritualità aperto alle esperienze e alle relazioni interreligiose; il Santuario della Madonna del Brichetto nei pressi di Morozzo, la Cappella della Crocetta, sulla strada che da Rocca de’ Baldi porta a Pogliola, con affreschi del XV secolo, la cascina di San Quirico Sottano, con antiche strutture del priorato benedettino che dipendeva dal Monastero di Bremmè della diocesi di Pavia. Il personale del Parco che opera in collaborazione con il personale della L.I.P.U. per la gestione dell’area, oltre a svolgere attività di sorveglianza e di accoglienza dei gruppi in visita, si occupa di monitoraggi e censimenti specie nel periodo delle migrazioni avviando anche progetti pilota di miglioramento della biodiversità mediante la creazione di quelle situazioni ambientali necessarie ed indispensabili ad incrementare la presenza dell’avifauna. Seguendo il corso del Pesio dopo che lo stesso si è congiunto col Tanaro si trova una zona di grande interesse storico, archeologico e naturalistico rappresentata dall’area di Bene Vagienna e l’adiacente Riserva naturale costituita con la legge regionale n° 32 del 1993. Il sito, che trae le sue origini dall’epoca romana quando venne fondata da Augusto alla fine del I° secolo a.C. la città di Augusta Bagiennorum, deve la sua notorietà alle campagne di scavo nella zona di Roncaglia iniziate nel 1984 grazie alla tenacia e alla passione di Giuseppe Assandria, chimico benese e sindaco della 20 cittadina tra il 1884 e il 1889. Nel 1925 grazie alle conoscenze storiche di Assandria e alle intuizioni e capacità in campo topografico ed architettonico di Giovanni Vacchetta, professore ordinario di Disegno Ornamentale al Real Museo Industriale di Torino, venne redatta la prima pianta planimetrica della città romana. L’insieme dell’impianto urbanistico, grazie anche agli studi effettuati, ai sondaggi e alle varie campagne di scavi risulta comunque ben definito nelle sue linee essenziali. La riserva naturale di Augusta Bagiennorum, al di là della presenza di significativi reperti che testimoniano la presenza romana nel basso Piemonte, deve la sua importanza ambientale alla lettura che si può dare alle modificazioni introdotte dall’uomo nel paesaggio. Qui è possibile infatti verificare direttamente i concetti di vegetazione potenziale e vegetazione reale attraverso un’indagine territoriale che ben si presta ad uno studio comparato e all’analisi della attuale configurazione della pianura cuneese e della sua genesi. Per gli amanti della natura e per chi ama addentrarsi tra sentieri e stradine di campagna il percorso che segue il torrente Mondalavia permette di osservare ed apprezzare tipici boschi dove la farnia è preponderante rispetto all’olmo, alla robinia, al tiglio e al ciliegio. 21 Informazioni Per informazioni generali sulla presente pubblicazione e sui siti: Associazione Culturale Onlus “Terra dei Bag ienni” Tel 0171-384282/384012 --- cell. 3473252310 - 3381112757 – 3803180300 – 3394221201 E-mail: [email protected] Ormea Comune tel: 0174-391101 Parrocchia tel: 0174-391127 Garessio Comune tel: 0174-805611 E-mail: [email protected] Priola Comune tel: 0174-88018 Parrocchia tel: 0174-88037 Bagnasco Comune tel: 0174-76047 Parrocchia tel: 0174-76019 Ceva Comune tel: 0174-721623 Parrocchia tel: 0174-701321 Castellino Tanaro Comune tel: 0174-710004 Lesegno Comune tel: 0174-77034 Parrocchia tel: 0174-77036 22 Roccacigliè Comune tel: 0174-785219 Niella Tanaro Pro loco tel: 0174-226105 Cigliè Comune tel: 0174-60132 Bastia Associazione Culturale San Fiorenzo cel: 3384395585 Sito internet: www.sanfiorenzo.org Carrù Comune tel: 0173-757711 Sito internet: www.comune.carrù.cn.it Parrocchia tel: 0173-75187 Farigliano Comune tel: 0173-76109 Parrocchia tel: 0173-76132 Piozzo Comune tel: 0173-795101 Pamparato Municipio (Ufficio cultura) tel: 0174-351113 Sito internet: www.pamparato.com Torre Mondovì Municipio tel: 0174-329102 San Michele Mondovì Municipio tel: 0174-222041 Parrocchia tel: 0174-222095 23 Vicoforte Municipio tel: 0174-563730 Parrocchia tel: 0174-563074 Parrocchia (Fiammenga) tel: 0174-563022 Santuario tel: 0174-565555 E-mail: [email protected] Mondovì Municipio tel: 0174-559211 Sito internet: www.comune.mondovì.cn.it Ufficio Turistico Monregaltour tel: 0174-47428 Parrocchia di Carassone tel: 0174-42963 Parrocchia del Ferrone tel: 0174-42243 Monastero Vasco Municipio tel: 0174-689104 Villanova Mondovì Municipio tel: 0174-699042 Parrocchia di Santa Caterina tel: 0174-698152 Roccaforte Mondovì Municipio tel: 0174-65139 Parrocchia tel: 0174-65154 Boves Municipio tel: 0171-391811 Santuario Madonna dei Boschi tel: 0171-380003 Sito internet: www.madonnadeiboschi.org Peveragno Municipio tel: 0171-337711 Chiesa di San Domenico tel: 0171-385990 Chiusa di Pesio Municipio tel: 0171-734009 24 Pro loco Valle Pesio tel: 0171-734990 Certosa di Pesio tel: 0171-738123 Beinette Municipio tel: 0171-384004 Parrocchia tel: 0171-384027 Associazione "Terra dei Bagienni" tel: 0171.-384282/384012 Margarita Municipio tel: 0171-792383 Morozzo Municipio tel: 0171-772001 Parrocchia tel: 0171-772712 Monastero di San Biagio (Mondovì) Centro di spiritualità tel: 0174-686298 Sito internet: www.monasterosanbiagio.com Castelletto Stura Municipio tel: 0171-791115 Parrocchia tel: 0171-791121 Montanera Municipio tel: 0171-798104 Parrocchia tel: 0171-798106 Rocca de’ Baldi Municipio tel: 0174-587103 Parrocchia tel:0174-587130 Museo etnografico “Augusto Doro” tel: 0174-587605 Trinità Municipio tel: 0172-66131 Parrocchia tel: 0172-66151 Breolungi (fraz. Mondovì) Parrocchia tel: 0174-61504 25 I più sinceri ringraziamenti vanno a tutto il gruppo di lavoro, e in particolare a: Testi e ricerche: Erika CHIECCHIO, Enrico FALCO, Livio FRANCHINO, Elisa GROSSO, Laura MARINO, Caterina MUSSO, Erik ROLANDO Stesura degli itinerari: Edoardo BONA, Aldo CLERICO, Valter DRAGONE, Erica PEIRANO, Simona ROBALDO, Emanuele ROVELLA, Domenica SERVETTI, Angelo SOMA’ Foto: Aldo CLERICO, Archivio ENTE PARCO Copertina: Livio POLITANO Progetto grafico: Elisa GROSSO, Lino PONZO Stampa: TIPOLITOEUROPA - Cuneo Ogni diritto è riservato 26