Anno XXXIV n° 11 Redazione: piazza Duomo, 12 Brindisi E-mail: [email protected] 15 Dicembre 2011 tel. 340.2684464 | fax 0831.524296 editoriale Una vedova al nostro presepe Angelo Sconosciuto È tempo di presepi. È tempo nel quale ciascuno, anche in modo visibile, è portato a considerare il Dio-con-noi. Al “tempo del decreto di Cesare Augusto” i primi a presentarsi furono i pastori; al “tempo del decreto del governo Monti” proviamo a immaginare chi siano quelli che attendono... In questo tempo di indubbie incertezze sulle cose alle quali forse maggiormente siamo legati, sembra mancarci quell’orizzonte del quale più e più volte abbia parlato, perché avvertiamo tutto il peso di decisioni assunte da qualcun’altro e che ricadono su di noi. Arrendersi? Ribellassi? Rispondere alle regole che da sempre sono scritte nel nostro cuore, sapendo che anche da noi, dalle nostre condotte dipende il futuro di tutto. Crediamo, ad esempio, sia necessario testimoniare ogni giorno la nostra solidarietà e la nostra condivisione con quanti, da queste settimane di intensa sofferenza, usciranno con minori certezze e minori speranze. Ma è altrettanto necessario - in questi frangenti in cui tutti pensiamo a stringere la cinghia - che ciascuno si impegni per mettere al centro la famiglia, che non solo è chiesa domestica, ma è il vero futuro dell’uomo. Da qui l’impegno di ciascuno perché si vigili, si insista, si porti sempre al centro la dignità di ciascuna persona nell’unica istituzione che compendia e determina i destini personali e collettivi. È tempo di presepi. Ogni tradizione, anno per anno, “aggiorna” le proprie statuine attualizzando la venuta dell’Emmanuele. Quest’anno vogliamo aggiornarlo con un giovane che guarda al futuro con un abbozzo di sorriso e con la vedova: quella che nelle casse del tempio adagiò le ultime monetine. Lasciò il necessario e fu esempio per quelli che volevano intendere. Sentiva i propri doveri verso Dio e nel contempo verso la società che pure la considerava ultima, senza diritti, senza garanzie. Un esempio anche per noi, che pure qualche diritto abbiamo, connesso a qualche dovere. Oggi, in questo tempo di crisi, purtroppo non solo economica. € 1,00 N el Natale Dio si è fatto uno di noi, entrando nella storia ha assunto la nostra condizione umana. Gesù, “nella pienezza dei tempi”, nascendo nell’umile grotta di Betlemme, ha condiviso la fragilità dell’uomo e tutte le sue povertà, da quelle materiali a quelle spirituali. Le fragilità, oggi, sono rappresentate dalla “crisi” che coinvolge la vita dell’uomo in ogni sua dimensione. La crisi spirituale è l’eclissi di Dio, la crisi culturale è la perdita dei valori, la crisi morale è il silenzio della coscienza, la crisi economica è lo spreco oltre misura, la crisi educativa è il rifiuto delle regole. Ogni crisi crea affanno, turbamento, squilibrio, sfiducia e può Messaggio del Padre Arcivescovo Natale in tempo di crisi generare “strutture di peccato” che rendono l’uomo schiavo di se stesso, della legge, della società… Dalla crisi, però, ciascuno sente il desiderio di uscire, perché chiamato a vivere nella gioia, come quando ci si rialza da una caduta, che crea immobilismo, pronti a riprendere con slancio il cammino. La crisi, da momento negativo, può divenire opportunità di crescita e di rinascita in cui l’uomo può riconoscersi e riscoprire la sua vera identità che lo riporta al disegno originario dell’essere immagine e somiglianza di Dio. L’uomo credente, sempre alla ri- Primo Piano Vita Diocesana Il Messaggio del Papa per la 45ª Giornata Mondiale della Pace A pagina cerca della Verità, spesso rischia di perdere Dio e la sua gloria. Gesù, nascendo nell’umile grotta di Betlemme, fa germogliare la Speranza. A Natale nasce il Redentore, viene al mondo un bambino povero, ma ricco di Dio che dona prospettive sempre nuove. Non importa se in questo Natale ci sarà austerità nelle luminarie, o negli spettacoli o nei concerti. L’austerità nelle cose non ci privi della ricchezza dello Spirito. La generosità di chi sta meglio, insieme all’attenzione da parte delle istituzioni, diventi condivi- 3 Concattedrale. La Congregazione concede il titolo di Basilica minore A pagina 5 sione, perché ogni cuore, soprattutto a Natale, sia felice. Riscopriamo nella nostra vita la presenza di Gesù Cristo; facciamo rinascere nel nostro cuore il valore dell’amore; risvegliamo nel nostro animo la voce della coscienza, torniamo alla sobrietà nei consumi e all’impegno nel campo educativo. Queste “virtù natalizie” ci faranno uscire da ogni crisi. A tutti auguro di vivere l’esperienza del Natale come rinascita e resurrezione. Buon Natale. Brindisi, 15 dicembre 2011 Vita di Chiesa Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato A pagina 19 Un mare di disperati Nelle foto di Mario Gioia gli scogli di Santa Sabina, luogo della tragedia, e nel riquadro alcuni migranti sopravvissuti «M entre come sempre la nostra Chiesa si prepara ad accogliere i migranti, questa volta dobbiamo prepararci anche a pregare per le loro anime, oltre che a soccorrere chi è riuscito a trarsi in salvo». Sono le 20 di sabato 26 novembre scorso, ed all’uscita da una celebrazione, Padre Arcivescovo viene informato di quanto accaduto a Santa Sabina. Il bilancio è provvisorio, ma l’affermazione è definitiva riguardo l’ennesimo capitolo del dramma dell’immigrazione vissuto nei nostri luoghi, che già hanno conosciuto altre tragedie ed altri morti, con il mare che, di tanto in tanto, restituendo resti mortali, rinnova il ricordo senza cadenze fisse, anche a distanza di molti mesi. Questa volta, con una barca a vela battente bandiera americana - e dal nome vagamente importante «Gloria» - infrantasi sugli scogli di località Mezzaluna a Santa Sabina, litorale di Carovigno, diverse decine di uomini dell’Asia centrale hanno cercato di raggiungere l’Occidente. Ed il bilancio – definitivo? - dice di tre morti, 43 superstiti, 25 dei quali sono minorenni. Sono afgani e curdi, irakeni, iraniani e cingalesi: una varia, dolente, umanità che dai propri luoghi d’origine ha raggiunto la Turchia in mille maniere, nascosta prevalentemente nei cassoni di camion. E dalla Turchia sembra sia partita la barca: tutti hanno pagato; hanno navigato, per cinque giorni almeno, stipati come bestiame; hanno visto più volte in faccia la morte; hanno conosciuto le angherie di chi avevano pagato per guadagnare, più che un posto al sole, una speranza di sopravvivenza , quella che li ha spinti, una volta raggiunta la costa, a disperdersi nel buio di quel sabato, ad allontanarsi, se possibile, dal luogo del naufragio. Ecco perché non si saprà mai, precisamente, quanti erano… Non erano uomini, ma ombre d’uomo, clandestini, non uomini, numeri appunto… Nessuno aveva documenti, ma schede telefoniche o telefoni cellulari, il loro unico collegamento col mondo. Uomini? Numeri, così evidenziato da quel braccialetto al polso dei cadaveri e non solo; una sigla per l’anagrafe del ricatto e della sopraffazione, che forse poco servirà ad inchiodare alle gravi responsabilità chi ha organizzato non un viaggio per persone, ma un traffico indegno per oggetti animati. Ecco: ora sono nel Centro di accoglienza dei richiedenti asilo a Restinco e la Procura brindisina procede contro ignoti per diversi reati che vanno dal naufragio al traffico di clandestini: se ne occupa il Pm Jacoviello ed il procuratore capo Dinapoli. Oltre i risultati, ciò che conta, oltre la vita fisica, è che questi 43 sono tornati uomini: hanno di nuovo un nome, hanno qualche diritto. Se non avranno diritto all’asilo torneranno indietro, ma da uomini, non da cose o da bestie. 15 dicembre 2011 Primo Piano 3 giornata mondiale della pace Reso noto il tradizionale Messaggio di Benedetto XVI Educare i giovani alla giustizia e alla pace “C ari giovani, voi siete un dono prezioso per la società”. È quanto scrive Benedetto XVI, nel messaggio per la Giornata mondiale della pace, che si celebrerà il 1° gennaio sul tema: “Educare i giovani alla giustizia e alla pace”. La parte finale del testo è un appello diretto ai giovani: “Non lasciatevi prendere dallo scoraggiamento di fronte alle difficoltà e non abbandonatevi a false soluzioni, che spesso si presentano come la via più facile per superare i problemi. Non abbiate paura di impegnarvi, di affrontare la fatica e il sacrificio, di scegliere le vie che richiedono fedeltà e costanza, umiltà e dedizione. Vivete con fiducia la vostra giovinezza e quei profondi desideri che provate di felicità, di verità, di bellezza e di amore vero! Vivete intensamente questa stagione della vita così ricca e piena di entusiasmo”. E ancora: “Siate coscienti di essere voi stessi di esempio e di stimolo per gli adulti, e lo sarete quanto più vi sforzate di superare le ingiustizie e la corruzione, quanto più desiderate un futuro migliore e vi impegnate a costruirlo. Siate consapevoli delle vostre potenzialità e non chiudetevi mai in voi stessi, ma sappiate lavorare per un futuro più luminoso per tutti”. “Non siete mai soli”, garantisce il Papa: “La Chiesa ha fiducia in voi, vi segue, vi incoraggia e desidera offrirvi quanto ha di più prezioso: la possibilità di alzare gli occhi a Dio, di incontrare Gesù Cristo, Colui che è la giustizia e la pace”. Fiducia e impegno. “Guardare il 2012 con atteggiamento fiducioso”. È lo speciale augurio del Papa con cui si apre il messaggio. “È vero – ammette Benedetto XVI – che nell’anno che termina è cresciuto il senso di frustrazione per la crisi che sta assillando la società, il mondo del lavoro e l’economia; una crisi le cui radici sono anzitutto culturali e antropologiche”. “Sembra quasi – la suggestiva immagine scelta dal Papa – che una coltre di oscurità sia scesa sul nostro tempo e non permetta di vedere con chiarezza la luce del giorno”. Tuttavia, “in questa oscurità il cuore dell’uomo non cessa di attendere l’aurora”. Un’“attesa”, questa, “particolarmente viva e visibile nei giovani”, i quali “con il loro entusiasmo e la loro spinta ideale, possono offrire una nuova speranza al mondo”. “Essere attenti al mondo giovanile, saperlo ascoltare e valorizzare – ammonisce il Pontefice – non è solamente un’opportunità, ma un dovere primario di tutta la società, per la costruzione di un futuro di giustizia e di pace”. Di qui la necessità di “comunicare ai giovani l’apprezzamento per il valore positivo della vita, suscitando in essi il desiderio di spenderla al servizio del bene”. Un compito in cui, per il Papa, “tutti siamo impegnati in prima persona”. I desideri dei giovani. “Il desiderio di ricevere una formazione che li prepari in modo più profondo ad affrontare la realtà, la difficoltà a formare una famiglia e a trovare un posto stabile di lavoro, l’effettiva capacità di contribuire al mondo della politica, della cultura e dell’economia per la costruzione di una società dal volto più umano e solidale”: questi, secondo Benedetto XVI, alcuni tra i desideri che i giovani “vivono con apprensione”. “È importante che questi fermenti e la spinta ideale che contengono trovino la dovuta attenzione in tutte le componenti della società”, l’appello del Pontefice, che ricorda che la famiglia è “la prima scuola dove si viene educati alla giustizia e alla pace” e chiede ai genitori di “non perdersi d’animo”. “Aiutare concretamente le famiglie e le istituzioni educative ad esercitare il loro diritto-dovere di educare”, potendo “scegliere liberamente le strutture educative ritenute più idonee per il bene dei propri figli”, e offrire “ai giovani un’immagine limpida della politica, come vero servizio per il bene di tutti”. È il doppio appello rivolto dal Papa ai politici. Benedetto XVI ha rivolto un appello anche “al mondo dei media, affinché dia il suo contributo educativo” in ordine alla giustizia e alla pace. La vera libertà. L’autentica libertà “non è l’assenza di vincoli o il dominio del libero arbitrio, non è l’assolutismo dell’io”. CHIESA E ICIRisposta a una polemica strumentale Il beneficio esiste anche per lo Stato T ra le misure contemplate nella cosiddetta manovra “Salva-Italia” la reintroduzione dell’Ici sulla prima casa. Puntuale è tornata a farsi sentire la già nota polemica sui presunti benefici fiscali della Chiesa che si allarga anche ad altri “privilegi”. A rilanciarla, tra gli alti, è stato un quotidiano nazionale che ha parlato di “evasione fiscale legalizzata”, e di Chiesa “prodiga di consigli sull’equità della manovra” ma “attaccata ai suoi privilegi”. Il SIR ha incontrato il giurista e rettore della Lumsa, Giuseppe Dalla Torre. Oggetto di polemica è soprattutto l’esenzione dal pagamento dell’Ici… «L’esenzione dall’Imposta comunale sugli immobili beneficio fiscale di cui gode non solo la Chiesa, ma anche la pluralità di organizzazioni ed enti ‘laici’, pubblici o privati, non commerciali e riconducibili al no profit – ha la sua ragione di essere nel servizio sociale che la Chiesa garantisce attraverso le sue diverse realtà e che si traduce in mense per indigenti, scuole materne, case famiglia e di riposo, strutture di accoglienza per studenti e lavoratori fuori sede. Tutti servizi di alta rilevanza sociale che lo Stato non è in grado di gestire e, se lo facesse, li sosterrebbe a costi certamente più elevati di questi enti nei quali è attiva anche una forte presenza di volontariato, o addirittura in alcuni casi si svolge tutto su base volontaria». L’esenzione dall’Ici è dunque, in ultima analisi, “van- taggiosa” anche per lo Stato? «Senza dubbio. Rappresenta in sostanza un’agevolazione volta ad assicurare alle fasce più deboli della società, che diversamente verrebbero ulteriormente marginalizzate, una serie di servizi altrimenti inesistenti o più costosi. Si tratta di un sistema vantaggioso sia per la cittadinanza sia per lo Stato. Sotto il profilo strettamente economico è interesse di quest’ultimo continuare a consentire agli enti no profit di farsi carico di questi servizi». Occorre chiarire l’equivoco secondo il quale la Chiesa non è mai soggetta a tassazione… «L’esenzione dall’Ici è riconosciuta solo per gli immobili non commerciali. Per gli altri la Chiesa o gli enti religiosi proprietari sono assoggettati, come tutti, a tassazione. A Roma, ad esempio, a causa del suo consistente patrimonio immobiliare spesso locato a fine di reddito, uno dei maggiori contribuenti dell’Ici è il Vaticano attraverso la Congregazione di propaganda fide». Tra le “accuse” mosse in questi giorni alla Chiesa, anche quella di pretendere dallo Stato “stipendi” per i cappellani militari, delle carceri e degli ospedali… «La Costituzione afferma, tra l’altro, che tutti i cittadini hanno il diritto di professare la propria fede religiosa, e che lo Stato deve abbattere gli ostacoli – che possono essere di ordine normativo, economico, culturale – che impediscono (art. 3 sul principio di uguaglianza) ad alcune categorie di cittadini la fruizione o l’esercizio di questo Così il Papa spiega ai giovani che “l’uomo che crede di essere assoluto, di non dipendere da niente e da nessuno, di poter fare tutto ciò che vuole, finisce per contraddire la verità del proprio essere e per perdere la sua libertà”. In altre parole, “la libertà è un valore prezioso, ma delicato: può essere fraintesa e usata male”, soprattutto se è confusa con un “orizzonte relativistico” in cui “non è possibile una vera educazione”, perché “senza la luce della verità prima o poi ogni persona è condannata a dubitare della bontà della stessa vita”. In questa prospettiva, “l’esercizio della libertà è intimamente connesso alla legge morale naturale”. Anche i giovani, per il Papa, devono “fare un uso buono e consapevole della libertà”. Andare controcorrente. Nel nostro mondo, “il valore della persona è seriamente minacciato dalla diffusa tendenza a ricorrere esclusivamente ai criteri dell’utilità, del profitto e dell’avere”. La giustizia, spiega il Papa, “non è una semplice convenzione umana”: discorso analogo per la pace, che “non è la semplice assenza di guerra” ma “opera da costruire”. Per essere veramente “operatori di pace” dobbiamo “educarci alla compassione, alla solidarietà, alla collaborazione, alla fraternità”: di qui l’impegno a “promuovere la giustizia, secondo le proprie competenze e responsabilità”. Ai giovani, che “hanno sempre viva la tensione verso gli ideali”, spetta il compito di “avere la pazienza e la tenacia di ricercare la giustizia e la pace, di coltivare il gusto per ciò che è giusto e vero, anche quando tutto ciò può comportare sacrificio e andare controcorrente”. diritto. Se i nostri soldati in Afghanistan avvertono l’esigenza di assistenza spirituale, lo Stato, in caso non la garantisse loro, non sarebbe laico e violerebbe il principio di libertà religiosa, diritto costituzionalmente garantito. Questo vale anche per i degenti negli ospedali, gli anziani nelle case di cura, i carcerati: tutte persone a diverso titolo gravemente limitate nella propria liberta personale. Non si tratta di ‘regalie’ alla Chiesa, bensì di remunerazioni per un lavoro svolto. Del resto la figura del cappellano militare a carico dello Stato, perché svolge un servizio a suo favore, esiste anche in paesi non concordatari come Francia, Germania e Stati uniti». Quale, allora la risposta che può dare la Chiesa? «A questa polemica strumentale e mistificatoria e la Chiesa dovrebbe rispondere in un solo modo: con un impegno ancora maggiore nell’ambito del venire incontro alle situazioni di sofferenza, disagio, emarginazione; un’azione che svolge da sempre ma che evidentemente non è ben conosciuta. Il suo impegno caritativo è a 360 gradi, ma non ostenta medaglie al merito. Verrebbe da dire: rendiamo pubblico il resoconto di tutte le attività svolte affinché la gente ne tocchi con mano la consistenza, ma sarebbe contrario al nostro stile e al nostro spirito. La manovra porterà certamente all’emersione di ulteriori forme di povertà e bisogno. Tra queste magari l’usura, fenomeno gravissimo al quale lo Stato risponde esclusivamente con l’azione penale, mentre le diocesi hanno dato vita a Fondazioni in grado di ‘accompagnare’ le persone, le famiglie o le piccole aziende coinvolte per aiutarle ad uscirne. Ritengo che la testimonianza più significativa che la Chiesa e tutte le istituzioni facenti capo al mondo cattolico possono dare non sia il beau geste di rinunciare all’esenzione dall’Ici - colpo mortale che le costringerebbe a chiudere attività divenute non più sostenibili - ma quella di un rafforzamento del proprio impegno». 4 Vita Diocesana 15 dicembre 2011 IL 24 NOVEMBRE In occasione del quarantennale della fondazione in Italia Caritas, in udienza dal Papa per ripartire di slancio «L e Caritas devono fedeltà alla Chiesa e nel riessere come ‘senspetto dell’identità delle votinelle’, capaci di stre istituzioni, utilizzando accorgersi e di far accorgere, gli strumenti che la storia vi di anticipare e di preveniha consegnato e quelli che la re, di sostenere e di propor‘fantasia della carità’ - come re vie di soluzione nel solco diceva il beato Giovanni sicuro del Vangelo e della Paolo II - vi suggerirà per dottrina sociale della Chiel’avvenire. Nei quattro desa», Con queste parole il 24 cenni trascorsi, avete potuto novembre scorso, Benedetto approfondire, sperimentare XVI, ha accolto gli operatori e attuare un metodo di lavoCaritas provenienti da ogni ro basato su tre attenzioni tra Operatori e volontari Caritas della nostra Diocesi in piazza San Pietro © S.Licchello loro correlate e sinergiche: angolo d’Italia, in occasione dell’udienza concessa alla ascoltare, osservare, discerCaritas italiana nel quarantenere, mettendolo al servizio simo di fondazione. della vostra missione: l’aniAll’importante appuntamazione caritativa dentro le mento hanno preso parte ancomunità e nei territori». che i volontari, gli animatori «Per tutti noi è stato un bel e gli operatori Caritas della momento di fraternità – ha raccontato Salvatore Licnostra Diocesi, guidati dal chello. È stato bello vedere Padre Arcivescovo, dal diretl’entusiasmo per l’udienza tore della Caritas diocesana e con il Papa e le significative da diversi sacerdoti e suore, testimonianze di semplici tra cui: don Adriano Miglietvolontari, direttori e gente ta, don Luciano Chetta, don che vive la Caritas. BenedetFranco Pellegrino, don Pio Benedetto XVI attraversa la Basilica Vaticana © S.Licchello Il Card. Angelo Bagnasco con Papa Benedetto XVI © Sir to XVI ha ricordato che «al di Conte, don Vanni Bisconti, sopra dell’aspetto puramente suor Elena Romano. materiale della nostra attività, deve emergePrima dell’udienza, i “pellegrini della Cari- naturali imperiosi - come terremoti o allu- Tundo. tas” hanno partecipato ad una celebrazione vioni - o si debbano fronteggiare fenomeni «La nostra presenza all’incontro con il Pon- re la sua prevalente funzione pedagogica», eucaristica presieduta, nella Basilica Vatica- sociali improvvisi, si pensi all’immigrazione, tefice in San Pietro è stata davvero importan- che è rappresentato dall’importante compina, dal cardinale Angelo Bagnasco, presiden- la Caritas è sempre pronta a rigenerare fidu- te – ha dichiarato Rino Romano. Questi 40 to educativo di «assumere la responsabilità te della Conferenza Episcopale Italiana. cia e ancor prima ad offrire una prossimità anni di Caritas, che ci fanno portare addosso dell’educare alla vita buona del Vangelo, che «A nome dei vescovi italiani e mio persona- mai scontata, in grado di restituire dignità e un grande bagaglio di esperienza, ci radi- è tale solo se comprende in maniera organile - ha detto Bagnasco - desidero ringraziare fiducia». cano sempre più nella fede, una fede viva, ca la testimonianza della carità». «Il distintivo del cristiano – ha detto infatdi cuore la Caritas italiana nella felice circoL’incontro con il Papa ha chiuso un lungo energica e piena di vita. Il camino di questi stanza del suo quarantesimo anniversario, percorso fatto di programmi e appuntamen- 40 anni ci conforta nel momento in cui ci ti il Pontefice - è che la fede si rende operoperché - come ebbe a dire il Papa Paolo VI di ti, iniziati nel mese di luglio e culminato, chiediamo verso quale direzione vogliamo sa nella carità: ciascuno di voi è chiamato a venerata memoria - il suo aspetto spirituale nel 35esimo convegno nazionale delle Cari- andare, soprattutto in questo periodo di dare il suo contributo affinché l’amore con cui siamo da sempre e per sempre amati da non si misura con cifre e bilanci, ma con la tas diocesane tenutosi a Fiuggi dal 21 al 23 grandi difficoltà». capacità che essa ha di sensibilizzare le Chie- novembre, appuntamento al quale hanno «Cari amici - ha detto Benedetto XVI - non Dio divenga operosità della vita, forza di serse locali e i singoli fedeli al senso e al dovere partecipato il direttore della Caritas dioce- desistete mai da questo compito educativo, vizio, consapevolezza della responsabilità». della carità. Nel nostro Paese, - ha sottoline- sana, Rino Romano, il coordinatore dei Ser- anche quando la strada si fa dura e lo sforAntonella Di Coste ato - laddove ci si trova di fronte e fenomeni vizi, Salvatore Licchello e l’infaticabile Adele zo sembra non dare risultati. Vivetelo nella formazione P. Sorge ha aperto il nuovo anno della scuola politica Il ruolo dei cattolici nella vita pubblica di oggi è “illuminare” il confronto nella società L a prima lezione della scuola di formazione all’impegno sociale e politico, che inaugura il suo nuovo anno accademico, si è tenuta lo scorso 17 novembre presso l’Auditorium “Mons. Antelmi” dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose e ha visto la partecipazione di un relatore d’eccezione, padre Bartolomeo Sorge, un simpatico gesuita 82enne, famoso per aver diretto una importante rivista teologica (La Civiltà Cattolica), che ha discusso insieme a noi sul tema dell’incontro, cioè “Il ruolo dei cattolici nella vita pubblica di oggi”. E lo ha fatto con una grande enfasi, mediante la quale ha ripercorso tutte le tappe dell’evoluzione della questione sociale, dalla Rerum Novarum alla Caritas in Veritate, tra citazioni dotte ed esempi di vita concreta, mettendoci di fronte alla problematicità delle sfide che attendono i cattolici oggi ma, allo stesso tempo, riempiendoci il cuore di speranza sulla buona riuscita del nostro impegno. L’intervento introduttivo è stato affidato a Mons. Rocco Talucci il quale, dicendosi compiaciuto per la numerosa partecipazione a questa prima lezione, ha sottolineato l’importanza delle scuole di formazione socio-politica, che si inseriscono in un contesto educativo e propositivo. «Basta con le lagnanze sulla caduta dei valori - ha detto Sua Eccellenza. I valori camminano con gli uomini: cadono se cadono gli uomini e si rialzano se si rialzano gli uomini. Il nostro impegno è quello per il bene comune: la nuova generazione non è quella dei politici cattolici, ma dei cattolici impegnati in politica». Subito dopo ha preso la parola padre Sorge il quale, avvalendosi della sua conoscenza della dottrina sociale della Chiesa, ha ripercorso l’evoluzione della questione sociale, enciclica per enciclica, partendo dalla prima, la Rerum Novarum, scritta da Papa Leone XIII nel 1891 che rappresentò, per l’epoca, un vero e proprio «manifesto per la riscossa dei cristiani, che trovano nel Vangelo le risposte per la soluzione dei gravi problemi sociali». Il Papa, nell’enciclica, prende chiaramente le distanze dal marxismo e dal liberismo proponendo, con Pio XI, che nel 1931 scrisse la Quadragesimo Anno, la “terza via” per i cattolici, che è quella della cristianità: cioè la fede e la politica sono su due piani distinti, che si incontrano sul piano intermedio dell’etica. E, come affermò trent’anni dopo il Concilio Vaticano II, smentendo la tesi di Jacques Maritain, spetta ai laici e non alla Chiesa il compito di mediare tra fede e politica e la laicità è un valore cristiano che ha un fondamento teologico: tale principio segna la fine della Chiesa clericale. Quindi la Gaudium et Spes, del 1965, rivoluziona l’approccio dei cristiani alla politica, costruendolo su un metodo induttivo che propone la seguente sequenza: vedere, giudicare, agire. La codificazione di questo metodo la si ha nella Octogesima Adveniens, l’enciclica scritta da Papa Paolo VI nel 1971, che al n. 4 afferma: “Data la molteplicità delle situazioni, ci è difficile pronunciare una parola unica valida per tutti i casi, non è questa la nostra ambizione e neppure la nostra missione. Spetta alle comunità cristiane leggere i segni dei tempi, giudicarli alla luce del Vangelo e del Magistero della Chiesa, scegliere le cose da fare insieme a tutti gli uomini di buona volontà”. Infine, a dare ai cristiani le risposte che cercavano, in un mondo in continua evoluzione, che sperimenta la globalizzazione e i nuovi rapporti tra Nord e Sud, arriva la Caritas in Veritate, l’ultima enciclica, in ordine cronologico, della dottrina sociale della Chiesa, alla quale dà una svolta storica: cioè afferma che la questione sociale, con l’avvento della nuova era tecnologica e tecnocratica, è diventata questione antropologica; la politica e i partiti, oggi, devono confrontarsi con i problemi etici, con le decisioni che riguardano la vita e la morte. Per tali ragioni, la sfida più grande del nostro tempo è il relativismo etico, un “virus” che intacca la nostra cultura e che arriva al punto di voler cancellare le diverse fondamenta della civiltà umana, intaccando la dignità della persona, la quale da “essere in relazione” si riduce P. Sorge e il direttore della Scuola Cascione © G.Morelli L’uditorio alla lezione di Padre Sorge © G.Morelli a “individuo” chiuso in sé e non più membro della famiglia umana. L’egoismo e il razzismo sono le conseguenze di una cultura deteriore, che ha tolto valori certi. ll ruolo dei cattolici nella società di oggi, dunque, è quello di “illuminare” il dibattito politico e sociale all’interno del nostro Paese, ispirandolo ai principi cristiani che sono alla base della nostra fede, al fine di plasmare una società che ponga al centro dell’azione politica la “tutela della persona umana”. Ma, per far ciò, occorre prepararsi, formarsi: quindi, fondamentale è il ruolo delle scuole di formazione socio-politica in questo preciso momento storico, perché «non basta essere santi per essere dei bravi politici», ma è necessario che ciascun cittadino, che decide di prender parte attivamente al dibattito politico, abbia con sé un bagaglio di professionalità, che gli consenta di calare, nei meccanismi pratici della politica, i propri principi e le proprie idee. Francesco D’Onghia 5 Vita Diocesana 15 dicembre 2011 l’annuncioL’Arcivescovo ha reso noto il Decreto della Congregazione per il Culto Divino La Concattedrale di Ostuni ora è Basilica Minore È datato 22 novembre 2011, memoria liturgica di Santa Cecilia, il Decreto con il quale la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti concede il titolo di Basilica Minore alla chiesa concattedrale di Maria Santissima Assunta in Ostuni. Nella lettera di accompagnamento, a firma di J. Augustine Di Noia, O.P., Arcivescovo Segretario del Dicastero Vaticano, si legge: “La concessione del titolo di Basilica Minore a codesta importante chiesa, mentre intende intensificare il vincolo con la Chiesa di Roma e con il Santo Padre, ne promuove al tempo stesso l’esemplarità quale centro di particolare azione liturgica e pastorale nella Diocesi”. Il Decreto di riconoscimento porta la firma del card. Antonio Cañizares Llovera, Prefetto, e fa seguito ad una precisa istanza avanzata dal nostro Arcivescovo, il quale, ricevuto il nulla osta da parte della Conferenza Episcopale Italiana, ha inoltrato tale richiesta agli uffici della Congregazione, ottenendo risposta positiva in merito al riconoscimento di titolo e dignità di Basilica minore con tutti i diritti e concessioni liturgiche previste in tali casi. Con il riconoscimento alla Concattedrale di Ostuni, salgono a quattro le Chiese della nostra Diocesi che si fregiano del titolo di Basilica: oltre alla Concattedrale, infatti, sono Basiliche, la Cattedrale in Brindisi, la chiesa di Santa Maria della Vittoria in San Vito dei Normanni e la chiesa della Vergine SS. del Carmelo in Mesagne. Tale importante riconoscimento giunge all’indomani di un altro evento vissuto nella Concattedrale il 16 novembre scorso, giorno della dedicazione, quando S.E. l’Arcivescovo, al termine della celebrazione, ha benedetto la nuova nicchia nella quale è stata posta la statua argentea del santo protettore della città e della Diocesi, Oronzo, che da ora in poi potrà essere venerata in ogni giorno dell’anno. La nicchia, che si trova nella cappella dell’Immacolata, è stata interessata da lavori di restauro, pulizia, pitturazione e messa in sicurezza. La sistemazione della nicchia, progettata dall’arch. Carmine Specchia, è frutto dell’accordo tra la Diocesi e l’Amministrazione Comunale di Ostuni che ha finanziato l’opera. gio.mor. formazione Mons. Crociata a Brindisi per illustrare gli Orientamenti pastorali sulla sfida educativa A quale vita buona educare oggi? L’incontro con i giornalisti L’ Mons. Crociata tiene la sua relazione. Nel riquadro l’auditorium dell’Autorità Portuale gremito di gente © G.Morelli A quale vita buona educare oggi? A tale interrogativo, mons. Mariano Crociata ha voluto dare risposta nell’incontro di formazione organizzato dalla nostra Arcidiocesi e tenutosi il 18 novembre u.s., presso l’auditorium dell’Autorità portuale di Brindisi. Un appuntamento definito dall’Arcivescovo Talucci «esperienza di Chiesa sinodale», finalizzato a far risuonare, attraverso la persona del Segretario generale della Conferenza episcopale italiana, il pensiero dei Vescovi italiani sul tema della educazione, arte “delicata sublime ”, così come definita dal cardinale Bagnasco nella presentazione al documento della CEI “Educare alla vita buona del Vangelo”, che visualizza gli Orientamenti pastorali della Chiesa italiana per il decennio 20102020. Le stesse Linee pastorali diocesane dell’anno in corso puntano l’attenzione proprio sul tema dell’educazione e, nello specifico, sul ruolo della parrocchia, quale comunità educata ed educante nel contempo. Nell’ascolto attento ed operoso della parola dell’unico suo Maestro, Gesù Cristo, la comunità ecclesiale può e deve, a sua volta, assumere una responsabilità educativa nei confronti dei credenti e non, rispondendo primariamente al comando di Gesù di ammaestrare tutte le nazioni (cfr. Mt 28,19). L’intervento di mons. Crociata ha offerto la possibilità di rivisitare il documento dei Vescovi italiani per una ulteriore riflessione su un tema emergente ed urgente, tema fondamentale in un contesto sociale che oggi risente di una carenza educativa a tutti i livelli, su tutti i fronti e in tutte le direzioni. Partendo proprio dall’interrogativo iniziale, mons. Crociata ha delineato alcuni punti essenziali che riassumono il suo magistrale intervento. Egli ha anzitutto posto come nucleo centrale e fondamentale il concetto di persona: essa è soggetto ed oggetto del percorso educativo, che mira non semplicistica- mente alla pretesa di una rettitudine morale fine a se stessa, bensì ad una presa di coscienza dell’essere costitutivamente creati ad immagine e somiglianza del Creatore. La persona umana è buona se riscopre l’identità conferitale da Dio e vive secondo tale originaria natura. Non a caso, nell’incontro di Gesù con il giovane ricco, il Nazareno sottolinea che buono è solamente Dio, perché solo in lui vi è la bontà nella sua completezza. Educare allora è offrire la possibilità di andare alla radice di se stessi, per scoprire l’identità buona di sé, quell’identità bella, vera e perfetta che Dio partecipa ai suoi figli. Centralità della persona, dunque, dalla quale tirar fuori ciò che essa è, la sua interiorità ricca di aspirazioni, da canalizzare nel migliore dei modi, in vista del bene proprio e di quello comune. La realizzazione della persona non può non attuarsi allora nella dimensione della relazionalità, altro punto importante della lezione di Crociata. Richiamando il pensiero di Benedetto XVI, egli ha ribadito la necessità di un “tu” dinanzi al quale ritrovare il proprio “io”. L’educazione abbisogna di un incontro che risvegli nell’altro i desideri più profondi e più belli. Un educatore è buono nella misura in cui saprà far emergere nell’altro le potenzialità insite in lui e ciò può accadere primariamente attraverso la testimonianza personale. L’esempio rende possibile lo sviluppo nell’altro di ciò che egli saprà leggere in me, nel mio pensiero e nel mio modo di agire. Tra i fattori di rischio che minacciano un sano sviluppo della persona umana è stata ricordata proprio la mancanza di figure adulte autorevoli e motivate nella loro missione educativa; figure che aiutino i giovani anzitutto ad armonizzare ed unificare le diverse dimensioni costitutive della persona: la razionalità, l’affettività, la volontà, l’intelligenza, la spiritualità. L’educatore testimone ha il compito di responsabilizzare l’altro, ossia di aiutarlo a ri- spondere alla vita ricevuta in dono e a renderne conto agli altri e a Dio. L’educatore che vive con passione questo servizio aiuterà l’altro a scoprire la vita come vocazione, per viverla con impegno e dedizione. Terzo punto fondamentale per mons. Crociata è il tema delle alleanze educative. Famiglia, scuola, parrocchia sono ritenute quelle agenzie che più di tutte svolgono un’azione educativa diretta e sostanziale; non vanno però dimenticate le tante realtà entro le quali ci muoviamo ed esistiamo: l’amministrazione comunale, la provincia, le forze dell’ordine, i sindacati, gli organismi sportivi e così via. Tutte queste realtà dovrebbero collaborare strettamente, affinché si generi un mondo accogliente e buono, che trasmetta valori positivi, che lasci passare la bellezza della vita e il suo senso più autentico, che aiuti la persona a fare scelte definitive. Tutto questo è vera educazione umana e cristiana. I Vescovi italiani ribadiscono la dimensione trascendente dell’esistenza quale essenziale per una corretta e piena realizzazione di vita. L’eclissi di Dio non consente una maturazione umana globale, riduce le prospettive, limita l’orizzonte della speranza alla sola dimensione terrena. Il cristianesimo propone con coraggio una pienezza di umanità che vede in Cristo il modello perfetto, il vero uomo che ha condotto una vita buona, perché aperto a Dio e agli altri, coniugando dimensione terrena ed eterna nella unitarietà di una esistenza vissuta con e per gli altri sotto lo sguardo del Padre. In questa direzione, la persona può trovare la felicità verso la quale il suo cuore tende; una felicità che inizia sulla terra e si compie in pienezza nell’eternità. Per il cristiano non può esserci vita buona se non alla luce del Vangelo, dal quale – ha affermato mons. Crociata – bisogna lasciarsi plasmare, guidare e giudicare. Anna Rita Lamendola incontro pubblico con Mons. Crociata, è stato preceduto da una conferenza stampa tenutasi presso il Palazzo Arcivescovile. Mons. Crociata, con puntuali riferimenti agli orientamenti pastorali, ha invitato innanzi tutto a non lasciarsi toccare «da un clima che serpeggia, perché sarà superato fino a quando ci saranno genitori, docenti ed altri educatori disposti a spendersi per i giovani, per i ragazzi e per tutti coloro che stanno crescendo». Per Mons. Crociata educare alla vita buona diventa «preoccupazione a coltivare il senso civico, con la convinzione che una comunità vive dell’apporto del singolo cittadino, che la considera cosa propria e vive ciò che è proprio in una dimensione comunitaria». Ed ha quindi ribadito: «C’è grande bisogno di senso civico. Soprattutto in alcune parti del Paese – ha ricordato - dove si pensa che fare i “fatti propri” possa bastare, mentre quando si pensa solo a sé stessi è là che si danneggia maggiorente la collettività, perché la società vive dell’apporto di tutti e di ciascuno». Incalzato dai giornalisti, ha detto: «Ci vuole senso del bene; volontà di dedicarsi al bene per sé e per gli altri, secondo una scelta di valori». «Ma si può educare in chat?», gli è stato chiesto. E lui: «Non è un problema di strumento, ma di come esso venga utilizzato. La domanda è: Che cosa si cerca e che cosa si vuole trovare. E gli strumenti che ci circondano sono tutti straordinari». E alla giovanissima cronista che registrava con l’i-pad, mons. Crociata chiosava: «Siamo chiamati, da credenti, a mostrare come dalla fede discenda una visione della vita, che renda responsabili e spinga ad impegnarsi ancora di più». Pubblicazione quindicinale Reg. Tribunale Brindisi n. 259 del 6/6/1978 Direzione: Piazza Duomo 12 - Brindisi Tel. 340/2684464 - Fax 0831/524296 [email protected] Questo periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana Questo periodico è associato alla Federazione Italiana Settimanali Cattolici Direttore Responsabile: Angelo Sconosciuto Coordinatore di Redazione: Giovanni Morelli Hanno collaborato: Daniela Negro e Cecilia Farina Questo numero è stato chiuso in redazione alle ore 16 del 15 dicembre 2011 Spedizione in abbonamento postale art. 2 - comma 20 - legge 662/96 Abbonamento annuale € 15,00 conto corrente postale n. 2784160 intestato a: ASSOCIAZIONE CULTURALE FERMENTO Piazza Duomo, 12 - 72100 Brindisi Responsabile del trattamento dei dati personali: Angelo Sconosciuto Stampa Martano Editrice s.r.l. Viale delle Magnolie, 23 - Z.I. BARI - Tel. 080/5383820 6 Vita Diocesana 15 dicembre 2011 PASTORALE GIOVANILE A colloquio con il nuovo incaricato diocesano don Marco Candeloro Tre piste per essere davvero accanto ai giovani D a qualche mese la Pastorale Giovanile diocesana ha un nuovo Incaricato. Si tratta di Don Marco Candeloro, giovane sacerdote brindisino, attualmente vice parroco presso la parrocchia San Michele Arcangelo in San Michele Salentino, il quale da poco ha terminato gli studi in Teologia Pastorale presso la Pontificia Università Lateranense. Gli abbiamo posto qualche domanda sul nuovo cammino appena intrapreso. Don Marco, operare oggi nell’ambito giovanile è sicuramente una grande sfida. Sei d’accordo? «Sì e no. Sì, perché il mondo oggi è in continuo cambiamento e la galassia “giovani” è la prima ad essere coinvolta in queste trasformazioni. La possibilità di comunicare è quasi immediata e molto estesa, la tecnologia consente di ottenere in modo facile e veloce ciò che naturalmente sarebbe più complicato e richiederebbe maggior tempo. Gli stimoli provenienti dal contesto sociale sono veramente tanti e assumono fisionomie variegate. Certamente tutto ciò costituisce una sfida positiva perché richiede conoscenza e competenza operativa. Tuttavia questi aspetti che costituiscono delle risorse, possono anche diventare freni per la maturazione di una personalità adulta, autonoma, orientata da riferimenti sicuri e affidabili. Viviamo nella società complessa e i giovani sono immersi in questa complessità e a tutto ciò si accompagna un senso di confusione e di spaesamento. Operare nell’ambito giovanile vuol dire mettersi accanto ai giovani, camminare con loro nella vita e quindi tuffarsi in questo oceano magmatico in continuo cambiamento. E starci dentro non è facile, come non è facile accompagnare altri a saperci stare dentro! È questa la grande sfida, anche se non condivido tanto il termine “sfida”, perché esso indica che ci siano almeno uno sfidato ed uno sfidante, mentre formare i giovani non vuol dire convincerli delle nostre idee, anche se giuste! Non vuol dire imporre la propria posizione, men che meno quella di fede! Vuol dire piuttosto catalizzare dinamiche di crescita e maturazione condivise. Nell’educazione si vince insieme, si è alleati per la vita, per il bene, per i valori, per la fede, per l’amore. Come vivere oggi tutto questo? È questa la domanda che ci poniamo nell’odierno contesto». Come vedi la realtà giovanile, in particolare nella nostra comunità diocesana? «Innanzitutto credo che ci sia da fare una valutazione sulla presenza dei giovani. La provincia di Brindisi, essendo sguarnita di un forte polo universitario, tende a privarsi della presenza di giovani adulti, impegnati altrove per lo studio e il lavoro. Questo naturalmente ha un impatto anche sulle nostre comunità parrocchiali. Infatti si possono incontrare, con maggiore frequenza realtà associative giovanili più solide e organizzate che coinvolgono gli adolescenti. Raramente ci sono gruppi più cospicui di maggiorenni. Questo non esime le nostre Parrocchie dal progettare e realizzare percorsi formativi adatti anche per questa fascia d’età. Ad esempio, questa carenza potrebbe trasformarsi in una risorsa se le Parrocchie avessero la capacità creativa di lavorare in rete e costruire gruppi interparrocchiali come veri e propri laboratori per la vita e la fede delle persone, coinvolgenti e interessanti. A dire il vero anche i percorsi formativi per gli adolescenti sembrano perdere d’efficacia. Con grande facilità si incontrano ragazzi che pur frequentando i nostri ambienti, in poco o nulla si distinguono dagli altri. Questo deve interrogarci e provocarci! Va aumentando il numero di coloro che, una volta terminato l’itinerario di Iniziazione cristiana, chiude con la Chiesa, a volte anche con la fede e con Gesù Cristo. Cresce tra noi la presenza di giovani provenienti da altri Paesi europei e non. C’è bisogno di saper contattare e farsi accanto anche a questi fratelli. Come Chiesa abbiamo la responsabilità non solo di renderli partecipi dello stesso vangelo, ma anche di favorire la loro integrazione e promozione sociale. Infine è necessario anche costituire dei gruppi più stabili e consolidare realtà già presenti di giovani che si preoccupano di riflettere e agire per la risoluzione dei problemi riguardanti la disoccupazione». Nelle sue Linee Pastorali, l’Arcivescovo ha esortato la pastorale giovanile, in collaborazione con le famiglie, a mettersi in ascolto dei giovani e delle loro problematiche. Come intendi impostare il cammino ? «Ascolto…Una realtà difficile e poco praticabile oggi! C’è un’inflazione di parole che rendono faticoso l’ascolto di se stessi e degli altri. L’Arcivescovo indica due priorità riguardanti i giovani: ascoltare le ragioni della loro assenza e le loro domande, non sempre poste esplicitamente. È necessario rendere possibile la comunicazione di tutto ciò che abita il cuore dei giovani, possiamo far sì che i nostri gruppi diventino casa di comunione e condivisione, nel rispetto, nell’amicizia, nella fiducia. Per quanto riguarda la Pastorale giovanile, la Consulta diocesana si sta muovendo su tre piste. La prima è quella di una conoscenza più approfondita della realtà giovanile, ecclesiale e non, del nostro territorio. La seconda è quella della “formazione dei formatori” per la Pastorale giovanile. La terza è quella di fornire un supporto ai gruppi parrocchiali, senza interferenze o sostituzioni, ma favorendo un senso di unità (non unitarietà!) nello spirito della Chiesa diocesana». Secondo te la Chiesa di oggi è vicina ai giovani, risponde alle loro domande? E se non lo è, quale pensi sia la chiave di lettura per comprendere i giovani e andare incontro alle loro esigenze? «Da quello che si può constatare in modo diffuso e abbastanza comune forse c’è da rispondere negativamente. Le ragioni sono tante. Ne accenno semplicemente due. La prima è il mondo cambiato e in cambiamento di cui ho detto prima. La seconda è la percezione dell’identità della Chiesa e del suo agire multiforme che è, a mio parere e per così dire, in assestamento. Dopo il Concilio la Chiesa si è ricompresa in altro modo rispetto al passato ed ha assunto compiti che pur essendo già nel suo DNA di “sacramento universale di salvezza” tuttavia sono nuovi per i nostri tempi. Perciò occorre sano discernimento, spirito positivo e propositivo, senza “giocare sempre in difesa” come se fossimo continuamente attaccati, ma giocarci in una prospettiva di realismo e progettualità. Per quanto riguarda i giovani, essi, insieme agli adulti, devono diventare gli interlocutori privilegiati della nostra azione pastorale. Tante forze vengono messe in campo per la catechesi e l’iniziazione dei fanciulli e bambini, ma probabilmente non è lo stesso per i giovani. Non si può cedere allo scoraggiamento per le difficoltà o alla sfiducia per l’an- damento delle circostanze. Afferma Giovanni Paolo II che i giovani sono “per la Chiesa un dono speciale dello Spirito di Dio. C’è talvolta, quando si guarda ai giovani, con i problemi e le fragilità che li segnano nella società contemporanea, una tendenza al pessimismo”. (Novo Millennio Ineunte, 9). In particolare tre situazioni appaiono di una certa impellenza: una lettura cristiana della complessità sociale; il riscrivere le grandi narrazioni oggi in crisi; aiutare a scrivere un progetto nel tempo. La Chiesa, sostenuta dal prezioso tesoro di risorse del cristianesimo, ha tutte le carte in regola per poter reggere il confronto con questi processi in atto. È fuori discussione il primo passo da compiere: quello di cercare i giovani nei luoghi in cui normalmente vivono. Non si può aspettare sulla porta o peggio tra i muri di una chiesa perché arrivino i giovani. È inevitabile proporre occasioni di incontro, a partire da quelle meno formali e strutturate, fino alla vera e propria catechesi. Gradualmente, la comunità cristiana deve fornire ai giovani uno spazio in cui poter essere se stessi e confrontarsi con l’autenticità della fede. Invece spesso, accostandosi alla parrocchia, essi sperimentano come un impatto con un mondo passato e ormai superato che risulta inaccettabile e non condivisibile. Alcuni strumenti utili possono essere lo stile dell’animazione, coltivare una profonda e autentica spiritualità, l’attenzione formativa verso occasioni di assistenza e volontariato, la vicinanza a giovani disagiati, diversamente abili. Così l’azione pastorale si presenterà attenta alle domande culturali ed esistenziali dei giovani, radicata nella Parola di Dio, capace di gestire la debolezza e la fragilità, orientatrice di scelte concrete in un contesto pluralistico. Tutto però dovrà essere inserito dentro una progettualità organica che sappia trasmettere e concretizzare la cura della Chiesa verso i giovani e il loro mondo». Daniela Negro voci dal seminariO maggioreUn mese di dicembre particolarmente intenso La celebrazione dei Ministeri inserita nel cammino formativo L a III domenica di Avvento, detta Gaudete, così come la IV domenica di Quaresima, detta Laetare, sono, per il nostro Seminario di Molfetta, momenti centrali e di festa per il cammino comunitario. Infatti, in queste domeniche vengono conferiti ad alcuni di noi i Ministeri del Lettorato e dell’Accolitato; il cammino formativo del Seminario è caratterizzato da tali tappe, che dicono la bellezza ed anche la responsabilità di seguire il Signore nella via del presbiterato. Dal terzo anno, il cammino personale inizia ad orientarsi verso una scelta tendenzialmente definitiva; quindi, dopo i primi due anni, propriamente detti di discernimento, (anche se giammai si conclude il discernimento di una persona che sceglie di vivere con verità e intensità la propria vita!), si inizia a focalizzare l’attenzione sui ministeri e trova al terzo anno un momento decisivo, quello dell’ammissione agli ordini del diaconato e del presbiterato, che io definirei quasi “ianua”, porta per iniziare deci- samente ad essere conformi a Cristo Buon Pastore. In seguito, il IV anno, che è dedicato alla Parola, trova il suo “compimento” nel conferimento del ministero del lettorato: difatti, questo ministero, consegnando nelle mani del candidato la Parola di Dio, dice che la vita di un seminarista è orientata e plasmata dalla Parola, che interroga ed è criterio di discernimento per ciascuno di noi. Così si prega nella benedizione della liturgia d’istituzione: «Fa’, o Dio, che nella meditazione assidua della tua parola ne siano intimamente illuminati per diventare fedeli annunziatori ai loro fratelli». Pertanto, colui che diventa lettore è chiamato ad “immergersi” nel mistero profondo di Dio, per testimoniare agli altri lo splendore salvifico della Parola che incontra ogni uomo e donna. Infine, il V anno, che ha il suo tema centrale nell’Eucaristia come paradigma di servizio ai fratelli, è “sigillato” dal ministero dell’accolitato. Il rito nella benedizione sui candidati così prega: «Fa’, Padre clementissimo, che, assidui nel servizio dell’altare, di- stribuiscano fedelmente il pane della vita ai loro fratelli e crescano continuamente nella fede e nella carità per l’edificazione del tuo Regno». Inoltre, nei riti esplicativi c’è la consegna del pane o del vino, per simboleggiare che il candidato si sta accostando sempre più all’altare che, nell’ordinazione presbiterale, diventerà “ara” sacra, su cui si offrirà in comunione con Cristo, unico Sacrificio di salvezza: «Ricevi il vassoio con il pane per la celebrazione dell’Eucaristia, e la tua vita sia degna del servizio alla mensa del Signore e della Chiesa». Ma cosa significa accolito? Il termine deriva da una parola greca che significa seguire/conformarsi; questo termine lo troviamo in un brano del vangelo di Luca, nella cosiddetta chiamata dei discepoli o pesca miracolosa. Al termine della pericope l’evangelista dice che «lasciarono tutto e lo seguirono» (Lc 5,11): i quattro discepoli da uomini pescatori diventano collaboratori del Maestro, «pescatori di uomini», ovvero coloro che sottraggono gli uomini dalla morte eterna portandoli alla vita. In definitiva, l’accolito è colui che segue il Maestro e Signore, per poter essere Suo discepolo e per imparare ad essere segno vivente di salvezza per chiunque si accosterà alla sua vita; e questo concretamente lo si evince dal suo collaborare a preparare la mensa eucaristica e dal distribuire la comunione durante la celebrazione ed anche agli infermi che non vi possono partecipare. Concludendo, mi piace sottolineare che il tutto non è frutto di un avanzamento di carriera, bensì opera della Grazia che opera in ciascuno di noi. Come scriveva Mons. Mariano Magrassi «Non è il prete che fa alcunché, ma è la grazia dello Spirito che irrompe su di lui, lo copre con le sue ali, e compie questo sacrificio mistico.» Domenica 11 Dicembre due seminaristi della nostra Arcidiocesi, Alessandro Donno e, Giulio Andrea Nobile sono stati istituiti accoliti. Giulio Andrea Nobile 7 Vita Diocesana 15 dicembre 2011 santi giovani per giovani santi I primi appuntamenti nella Vicaria del Salento L’Arcivescovo incontra i giovani della Diocesi L L’incontro a Guagnano a sera del 28 novembre, nel salone della Parrocchia “S. Maria Assunta” di Guagnano, si è svolto il primo incontro di Mons. Talucci con i giovani della diocesi. È stato un momento vissuto con entusiasmo e partecipazione dai Gruppi Giovani e Giovanissimi della nostra Comunità e di Villa Baldassarri, alla presenza dei rispettivi parroci e del giovane seminarista Pierluigi Ruggiero. Con un canto abbiamo accolto l’Arcivescovo. Subito dopo è stato letto un brano della Prima Lettera di San Giovanni Apostolo: “Scrivo a voi giovani, perché siete forti…”. Subito dopo, l’Arcivescovo si è soffermato a commentare il brano, esortandoci ad essere forti e saldi nella fede. Mons. Talucci ha presentato il secondo volume “Santi giovani per giovani santi”: santi del nostro tempo, alcuni appartenenti alla nostra Diocesi, vicini a noi, che hanno vissuto le nostre stesse difficoltà, le nostre stesse situazioni, nelle quali hanno incontrato, seguito e amato Gesù, che hanno scelto come amico. Per questo possono essere per noi modelli da seguire sempre ed esempi di vita ed essere utili nel nostro cammino di fede. Con loro, possiamo esserne certi, siamo in buona compagnia. Dopo la presentazione è stato possibile conversare con l’Arcivescovo, dare la propria testimonianza di fede, confrontarsi ed esprimere le nostre difficoltà e speranze per il futuro. Alla fine dell’incontro, come segno di riconoscenza, di gratitudine e affetto all’Arcivescovo è stato consegnato un cd del cantautore Luciano Ligabue: un modo per far conoscere al Pastore i gusti musicali dei suoi giovani. Credo che le storie raccolte in questo libretto sono uno strumento prezioso per ciascuno di noi, perché danno messaggi di speranza per il futuro. Dal cielo questi nostri amici ci guardano e ci invitano ad avere coraggio, a non sciupare il tempo che abbiamo a disposizione e ad avere la forza di essere testimoni di Cristo. Tutto ciò con la certezza che la santità non è un’utopia, ma qualcosa che si può realizzare nella semplicità di ogni giorno, mettendo Gesù al centro della nostra vita, scegliendo la vita buona del vangelo, vivendo il presente in amicizia con Dio, per poter realizzare quel progetto d’amore che Lui ha su ciascuno di noi. Maria Pia Castrignanò U L’incontro a Cellino na serata ricca di emozioni e di tanti volti nuovi, quella svoltasi martedì 29 novembre nella parrocchia Ss. Marco e Caterina di Cellino San Marco. Sua Eccellenza Mons. Rocco Talucci, presentando il nuovo opuscolo, da lui curato, “Santi giovani per giovani santi 2”, ha voluto incontrare tutti i giovani delle diverse associazioni presenti sul territorio. Il parroco, infatti ha esteso l’invito ai cresimandi, ai Giovani dell’Azione Cattolica, alle Acli, al team del Cellino Calcio e tutti coloro che sentono la giovinezza nel cuore. L’Arcivescovo ha celebrato la Santa Messa in una chiesa gremita di giovani. Nell’omelia ha sottolineato che «bisogna allenarsi nello spirito, proprio come ci si allena nello sport. Come non saltate nessun allenamento e nessuna partita – ha detto Mons. Talucci - allo stesso modo dovete allenarvi nello Spirito, con tenacia ed impegno costante.» Si è poi rivolto a tutti gli educatori affermando: «Anche voi educatori, e catechisti, e chiunque di voi educhi, non perdete mai l’allenamento nello Spirito!» Subito dopo la celebrazione ha fatto dono dell’opuscolo sui Santi giovani, precisando la differenza tra il primo (presentato circa 2 anni fa sempre nel periodo di Avvento) e quest’ultimo: “In quell’occasione – ha affermato l’Arcivescovo - ho presentato dei modelli del tempo passato, riconosciuti nel mondo ed elevati agli onori degli altari; oggi, invece,desidero presentarvi diversi giovani del nostro tempo, alcuni dei quali sono vostri contemporanei, che hanno vissuto le vostre stesse situazioni, nelle quali hanno incontrato, seguito e amato Dio, oltre ad aver servito con gioia i fratelli. Alcuni di loro hanno vissuto nella nostra Diocesi e, attraverso queste brevi biografie, li conosceremo, per meglio scoprire il segreto della loro santità.» Ed ha concluso: «Vi consegno questo libretto perché, partendo dal loro esempio, sappiate bene allenarvi nello Spirito, essere degli ottimi testimoni del Vangelo e dei buoni modelli di santità!». Mariangela Pede L’incontro a San Donaci V ivere una vita nuova illuminata dall’esempio di Maria. È questo il messaggio che mons. Rocco Talucci ha voluto rivolgere ai giovani della parrocchia S. Maria Assunta di San Donaci. L’arcivescovo ha fatto tappa nel centro salentino il 30 novembre scorso. Nel momento vissuto insieme al Pastore della Diocesi, si è approfondito, anche grazie alla lettura del Magnificat, il tema della chiamata della Madonna ad una vita nuova, nella quale siamo noi stessi ad essere chiamati alla riscoperta della testimonianza e della sequela. Si è poi aperto un dialogo in cui i giovani hanno posto domande sulle iniziative della Chiesa diocesana per le giovani generazioni – in particolare è stato rivolto un appello a sopperire alle carenze di locali parrocchiali da destinare all’aggregazione giovanile – e agli immigrati. L’Arcivescovo ha spiegato di aver chiesto alla provincia la gestione dell’ala inutilizzata di Restinco, subito affidata a volontari che tuttora assistono immigrati che altrimenti non avrebbero fissa dimora; poi, pur sottolineando il fatto che «i giovani, per il loro spirito e la loro vitalità, possono riunirsi anche in mezzo a una strada; se mancano le strutture ci arrangiamo, se mancano i giovani è un problema», ha rassicurato che la Diocesi sta facendo di tutto per finanziare la costruzione di un oratorio su terreni di proprietà della parrocchia. Un gesto sicuramente gradito quello del vescovo, di aprire un confronto con i giovani delle parrocchie che saranno i fedeli di domani e che partecipano alla vita della comunità in modo significativo, soprattutto quando vengono promosse iniziative di questo tipo. Gianmarco Rizzo INCONTRI Trecento ragazzi dell’Azione cattolica si ritrovano ad Ostuni per “Walk in progress” Giovanissimi on the road, la festa diocesana S abato 26 novembre 300 ragazzi della nostra diocesi hanno vissuto “… Issimi on the road”, festa diocesana dei giovanissimi di Azione Cattolica. L’incontro si è svolto ad Ostuni, nel salone della parrocchia Santi Cosma e Damiano. L’ispirazione è scaturita dalla guida dei giovanissimi “Walk in progress”: il tema della festa è stato quello della strada. I ragazzi sono stati accompagnati nella riflessione da diversi contributi: spezzoni di film, musica, testimoni, artisti,.. L’accoglienza è stata festosa, con musica a tutto volume, luci soffuse, il nostro fotografo Alessandro Laterza in giro a racchiudere in un click ogni momento della giornata, un “confessionale” dove lasciare un videomessaggio, una bacheca per scrivere un pensiero e una montagna di palloncini coloratissimi che li ha travolti. Per iniziare la festa non ci siamo fatti mancare la preghiera, guidata dall’assistente diocesano del settore giovani don Luciano Chetta, e il saluto del presidente diocesano Piero Conversano che ha trascorso il pomeriggio insieme a noi. A questo punto eravamo davvero pronti per partire con la colonna sonora della nostra festa: il brano di Ligabue “Sulla mia strada”, cantato da Giulia Tanzarella di Ostuni accompagnata da una bravissima band di musicisti. Il primo tema sul quale abbiamo voluto riflettere è stato quello della strada come luogo per manifestare le proprie idee e in questo ci ha aiutato Adriano Ciraci, rappresentante d’Istituto del liceo classico “A. Calamo” di Ostuni, che ci ha spiegato con l’entusiasmo dei suoi 19 anni cosa significa partecipazione con la “P” maiuscola. A fare da collante tra gli interventi dei testimoni due sorprendenti attori: Monica Buongiorno e Angelo Scalone che ci hanno introdotti al tema della strada come luogo dove esercitare il senso civico e dove concretizzare l’amore per la città leggendo un estratto dal libro “Cuore” di E. De Amicis. A questo punto il testimone è passato a Grazia Turco, maglia rosa al giro d’Italia in handbike che ci ha raccontato la sua esperienza densa di fede, sofferenza e gioia al tempo stesso. Grazia ha spiegato ai ragazzi come si possa vivere la strada sulla sedia a rotelle e riuscire lo stesso a fare grandi cose, come vincere il Giro d’Italia. Le testimonianze sono arrivate dritte al cuore, ma si sa la musica parla il linguaggio dei giovani e allora abbiamo lasciato spazio a Matilde Ingrosso e alla sua bellissima voce che ha fatto un po’ cantare e ballare gli “…issimi on the road”, grazie anche alle splendide coreografie di Simona Mele. Un altro aforisma dei nostri attori ci ha presentato il tema della strada come luogo dove esercitare un servizio e di questo ci ha parlato Paride Minna, volontario della Protezione Civile di Ostuni. L’ultima testimonianza è stata quella della dottoressa Anna Palmisano, Vice questore aggiunto di Brin- disi e capo di Gabinetto. La dottoressa ha parlato ai ragazzi non solo come adulti di domani, ma anche come cittadini di oggi, e ha fatto loro presente che la strada, è sì luogo per esercitare la propria libertà, non di certo una libertà senza regole e senza confini, ma la strada, luogo pubblico per eccellenza, è espressione del Bene Comune, che lo Stato deve tutelare e i cittadini rispettare. Parlando di strada non potevamo di certo trascurare gli amici dell’AGESCI che hanno partecipato alla festa e ci hanno offerto il loro contributo attraverso le parole di due ragazzi, Francesco Roma e Chiara Zurlo. Per loro la strada è luogo di comunione e di servizio, è parte integrante del loro cammino associativo e hanno provato a farci capire cosa sia una route scout. Mentre tutti i nostri ospiti offrivano il loro contributo, in un angolo della sala due artisti lavoravano silenziosi: Diletta Sabato, pittrice estemporanea che ha realizzato per noi un bellissimo pannello e Giampiero Leo, vignettista che ci ha strappato una risata con le sue divertenti vignette. Al termine di tutti questi interventi in ogni ragazzo c’era di sicuro una gran voglia di mettersi in cammino su questa strada, ma certo il viaggio non si può fare da soli e quindi abbiamo chiesto a don Rocco Coppolella, assistente regionale dei giovani di AC, quale potesse essere una guida sicura e fidata lungo le strade del mondo. Indovinate un po’ da Chi ci ha suggerito di farci accompagnare? Giovanna Queraiti 8 Parrocchie & Associazioni 15 dicembre 2011 EVENTI Una due giorni intensa nella Vicaria di Brindisi La Famiglia Paolina ricorda don Alberione I l 24 e 25 novembre scorsi in Brindisi si è tenuta una intensa due giorni di ringraziamento al Signore per la particolare figura del Beato Giacomo Alberione, fondatore della Famiglia Paolina, a quarant’anni dalla sua nascita al cielo avvenuta il 26 novembre 1971. Ad organizzarla la vicaria di Brindisi e a gli appartenenti agli Istituti aggregati alla società San Paolo della Diocesi. La commemorazione ha assunto una peculiare e specifica importanza in quanto questo è il primo dei tre anni che intercorrono nel percorso di preparazione al “centenario” della nascita e fondazione dei Paolini avvenuta il 20 agosto 1914 e formata da dieci realtà: 5 Congregazioni Religiose (Soc. San Paolo, Figlie di San Paolo, Pie Discepole del Divin Maestro, Suore di Gesù Buon Pastore o Pastorelle, Suore dell’Istituto Regina Apostolorum o Apostoline); 4 Istituti di vita secolare consacrata: (Istituto Gesù Sacerdote, Istituto San Gabriele Arcangelo o Gabrielini, Istituto Maria SS. Annunziata o Annunziatine, Istituto Santa Famiglia); Un movimento laicale (I Cooperatori Paolini). Le manifestazioni e celebrazioni hanno avuto inizio nella serata di giovedì 24 novembre presso i nuovi locali della Libreria Paoline in Brindisi con l’intervento di don Domenico Soliman, religioso della Società San Paolo attualmente impegnato presso la Comunità di Bari. Tema dell’appuntamento “Tutto faccio per il Vangelo”… La Libreria Paoline luogo di incontro e di educazione alla Parola. Il relatore, con l’ausilio dei mezzi multimediali, ha tracciato la figura poliedrica e le radici bibliche dell’eredità alberioniana segnata dalla radicalità dell’essere (e del fare) “in Cristo, con Cristo, come Cristo”, delineando quel lungo processo di santificazione-cristificazione al quale ognuno deve protendere fino a “donec formetur Christus in Vobis” (Gal 4,19). Il beato, che nel totale suo annientamento “Kenosis” riconosceva l’opera grandiosa di Dio: “la mano del Signore sopra di me” (queste sono le sue stesse parole), come San Paolo è stato animato dalla medesima sua passione: portare Cristo nel cuore delle masse che vanno cercando ancora il “Dio ignoto”, e far udire la parola di salvezza a coloro che non ebbero mai la possibilità di ascoltarla. Per questi motivi, tra i tanti mezzi predilesse quelli della comunicazione sociale perché sono questi che consentono di arrivare presto a una grande platea di persone, raggiungendole là dove sono (se non vanno in Chiesa, andiamo là dove si trovano). Il fondatore e “primo Maestro” nel suo testamento spirituale Benedizione della piazzetta intitolata a don Alberione conferì una consegna a tutti i membri della Famiglia Paolina : vivere ed operare in modo tale da “essere San Paolo vivo oggi”. Spinti ed indirizzati da questi principi e propositi di vita, i paolini esprimono e traducono il loro impegno apostolico ed educativo di evangelizzazione della cultura moderna attraverso i molteplici compiti cui sono chiamati, non ultimo quello più tangibile svolto dalla libreria “Paoline”, inserendolo e incarnandolo nelle linee e nell’insegnamento della Chiesa universale e di quella particolare locale. A tal proposito il relatore ha dato uno speciale risalto a due recenti documenti: gli orientamenti per il decennio 2010/2020 della Conferenza Episcopale Italiana -“Educare alla vita buona del Vangelo” e le linee pastorali delineate dall’Arcivescovo Mons. Rocco Talucci per l’anno 2011/12 -“La Parrocchia: comunità educata ed educante”, coniugandone e risaltandone le caratteristiche e il comune cammino ecclesiale. È seguito l’intervento del Vicario Foraneo don Gianluca Carriero che ha ricordato come la comunità brindisina accolga il sempre attuale messaggio alberoniano, uomo di Dio e della Chiesa. Il pomeriggio di venerdì 25, alla presenza di S.E. Rev.ma Mons. Rocco Talucci si è svolto un breve rito di preghiera e la cerimonia di intitolazione della piazzetta Giacomo Alberione. Questa, ubicata alla fine del lungomare Regina Margherita e a stretto contatto con la più grande piazza dedicata al compatrono della città di Brindisi San Teodoro, ha suscitato singolari e profonde riflessioni da parte del Padre Arcivescovo che ha accostato le “mura (insieme di CRISTO RE Incontro, accoglienza, condivisione pietre disuguali)” sulle quali è stata posta l’artistica targa toponomastica in ceramica, prodotta dal laboratorio romano delle Pie Discepole del Divin Maestro, alle fondamenta stesse della Chiesa. La vicinanza e la presenza del “mare” hanno invece fatto ricordare l’impegno profetico e la grande “apertura” apostolica del beato che, come S. Paolo, nella “Missio ad gentes” ardeva di una duplice fiamma di un medesimo incendio: lo zelo per Dio ed il suo Cristo, e per gli uomini d’ogni paese. Nella Basilica Cattedrale è seguita la solenne celebrazione Eucaristica nei “Primi Vespri” della Festa liturgica del Beato Alberione. Oltre al Padre Arcivescovo hanno concelebrato don Domenico Soliman SSP, don Piero Tundo, membro dell’Istituto Gesù Sacerdote, don Adriano Miglietta, parroco della Basilica Cattedrale e don Giuseppe Apruzzi. La cerimonia liturgica è stata accompagnata dal coro dei giovani cantori della parrocchia San Vito martire di Brindisi. I membri della famiglia Paolina della Diocesi di Brindisi-Ostuni, pienamente consapevoli dei doni di grazia ai quali sono chiamati, dello stile di vita da costruire giorno dopo giorno avendo come esempio e modello San Paolo e dell’impegno apostolico loro affidato, gioendo esprimono grande riconoscenza e lode al Signore per aver donato alla Chiesa tutta nella persona del Beato Giacomo Alberione, un “apostolo del mondo moderno” che nello scrutare il segno dei tempi “visse come se vedesse l’invisibile” (Eb 11,27). La Famiglia Paolina della Diocesi OCCHI NUOVI Versi di bambini ostunesi Il Seminario a Mesagne Un Natale… speciale nel Santuario Mater Domini L a poesia è tra le forme espressive più belle per esprimere la ricchezza che il Natale porta in sè; ricchezza che i bambini, nella loro semplicità e purezza di cuore, sanno cogliere e trasmette come solo loro sanno fare. Fermiamoci un attimo a riflettere sulle parole di questa poesia redatta dagli alunni della 3ª A della Scuola primaria “Giovanni XXXIII” di Ostuni: esse esprimono i sentimenti più veri per cogliere l’essenza della festa del Bambino Gesù che viene nella storia di ogni uomo, anche di coloro i cui diritti, stabiliti sulla carta, purtroppo non trovano attuazione. Attraverso un percorso didattico mirato alla conoscenza dei Diritti che spettano anche ai piccoli, gli alunni così si sono espressi: UN NATALE…SPECIALE L a solennità di Cristo Re, il 20 novembre scorso, ha fatto da sottofondo ad una intensa giornata all’insegna dell’incontro, dell’accoglienza e della condivisione. La Comunità parrocchiale “Mater Domini” ha ospitato per un’intera giornata i giovani seminaristi del Seminario diocesano “Benedetto XVI”, accompagnati dal Rettore, don Alessandro Ruperto, e dal padre spirituale, don Cosimo Zecca. Per una comunità come quella di Mater Domini, che ha visto la nascita e l’evoluzione della vocazione di ben cinque dei suoi figli, ora tutti sacerdoti, e che continua ad essere “culla” vocazionale, con la presenza di Alessio Leo nel seminario regionale di Molfetta e di Renato Maizza nei Missionari della Consolata di Fermo, è stato un incontro dal “sapore familiare”, fortemente voluto e sentito. Un incontro attraverso il quale l’intera comunità parrocchiale ha sottolineato e ribadito la propria attenzione verso quei giovani della diocesi che decidono di non ignorare quello che don Alessandro ha efficacemente definito “disturbo vocazionale”: una chiamata che significa grazia e dono di Dio . Nella sua omelia, il Rettore ha evidenziato quanto sia importante che la Diocesi tutta senta forte il senso di appartenenza nei confronti del Seminario, incoraggiando tutte le comunità a coltivare continuamente i rapporti con i giovani che scelgono di intraprendere un percorso di discernimento della propria chiamata vocazionale. Una provvidenziale coincidenza ha voluto inoltre che, durante la stessa celebrazione, i Cresimandi della Comunità ricevessero il Credo dalle mani del Parroco don Giuseppe Pendinelli: giovani coetanei che, attorno allo stesso altare, rispondono ad una chiamata che è scelta di vita, come dice don Luperto, “scelta d’amore”. Ermanna Salamanna L’Avvento è un periodo speciale perchè ci accompagna al Natale la festa più bella dell’anno quando di Gesù è il compleanno. Il presepe allestiamo, l’albero addobbiamo, frenetica è la corsa per riempir di regali la nostra borsa. Tutto ciò si ripete per noi ogni anno da quando siamo nati perché siamo fortunati… Una famiglia che ci ama e ci protegge abbiamo e ogni giorno a scuola andiamo, se poi siamo ammalati veniamo subito curati e coccolati. Ma ciò che per noi è abituale, per tanti bambini del Mondo non è normale! È a loro che quest’anno vogliamo pensare e l’Avvento e il Natale dedicare: perché l’infanzia sia per tutti ovattata e non lesa e maltrattata. Ogni giorno un diritto scopriremo e col cuore lo invieremo a tutti i bambini meno fortunati che VOGLIAMO vengano più rispettati! Il nostro augurio è che anche loro il Natale possano festeggiare E la gioia nei loro cuori riesca ad affiorare! 9 Associazioni & Movimenti 15 dicembre 2011 FORMAZIONE Ha preso l’avvio il nuovo anno sociale 2011-12: sarà denso di impegni Il Serra Club e l’educazione alla vita buona I l Serra Club Brindisi ha inaugurato sabato 12 novembre, presso l’Auditorium del Palazzo Arcivescovile, il nuovo anno sociale 2011/2012, alla presenza di S.E:, Mons. Rocco Talucci. È intervenuto come relatore il presidente del Distretto 73 Puglia-Basilicata, avv. Savino Murro, che ha presentato una relazione dal tema “Nel terzo millennio è ancora possibile educare alla vita buona del vangelo?”. Oltre al vivace dibattito che si è sviluppato tra i numerosi partecipanti, da evidenziare anche l’intervento del presidente nazionale del Serra, avv. Donato Viti, il quale ha scelto proprio la sede e il Club di Brindisi per dare avvio ufficialmente alle attività istituzionali del Serra. Questo, a conferma del buon lavoro svolto in questi due anni che ha portato un forte impulso al tesseramento e alle attività spirituali. E, a proposito di queste ultime, da segnalare un ritiro spirituale per mercoledì 30 novembre presso Jaddico, la presentazione della figura di un sacerdote brindisino: don Giuseppe Cavaliere già parroco della Cattedrale e la programmazione per il mese di aprile 2012 di un viaggio spirituale a Roma “Sulle orme di Pietro e Paolo”. Anche Mons. Rocco Talucci ha espresso vivo apprezzamento per il tema scelto dal Serra Brindisi per l’inizio del nuovo anno sociale. E ha apprezzato, tra l’altro, la forma interrogativa del tema, poiché, e sono pa- role di Mons. Talucci, «chiedersi se nel terzo millennio sia ancora possibile educare alla vita buona del Vangelo vuol dire, se si risponde sì, che si possono ricercare varie e molteplici direttive su cui muoversi per riportare sulla retta via coloro che hanno smarrito la via maestra del Santo Vangelo». E il Vescovo, in questa occasione, ne ha indicate tantissime. «D’altro canto, se si rispondesse no, sarebbe inutile qualsiasi forma di dialogo e di iniziativa, con un punto senza ritorno». Quindi, il fatto di porsi quella domanda, indica già la risposta affermativa e, di conseguenza, l’apertura di un confronto serio e costruttivo. Il tutto partendo dalla famiglia, come ha fatto notare anche il presidente Viti, che rappresenta la cellula fondamentale per avviare lo sviluppo formativo dei ragazzi e degli adolescenti. Per poi arrivare alle varie fasi della formazione vera e propria, indirizzata agli adulti. La serata, dopo tanti interventi e tante testimonianze, tra cui quella del Console onorario del Guatemala, Claudia De Perez, si è conclusa con la benedizione di Mons. Talucci al nuovo gonfalone del Serra Club Brindisi, che rappresenterà d’ora in poi la via da seguire per i soci e per tutti coloro che vogliono avvicinarsi a questa meravigliosa e ricca esperienza di valori. Angelo Pomes apostolato della preghiera Il primo incontro di formazione a S. Maria del Casale Trinità. Le consonanze di un Dio musicale L’ Apostolato della Preghiera pone nella devozione al Cuore di Gesù il centro del suo esistere e della sua missione. Nella preghiera dell’offerta quotidiana, ci si abbandona fiduciosi nelle mani di Dio, sapendo che ogni evento della giornata è donato a Gesù, nella grazia dello Spirito Santo e a gloria del divin Padre. È un’offerta recitata e vissuta nel nome della Santissima Trinità, nel nome del Dio amore, per la salvezza degli uomini. Proprio la Trinità è stata oggetto di riflessione nel primo incontro formativo diocesano tenutosi nel santuario di Santa Maria del Casale in Brindisi, il 15 novembre u.s.; formazione che ha offerto l’opportunità di un arricchimento interiore, di meditazione sui misteri centrali della nostra fede, di ritrovamento di se stessi in un contesto comunitario di preghiera. Il relatore, don Gianluca De Candia, giovane sacerdote di Giovinazzo, docente di teologia fondamentale, ha condiviso con gli associati le sue riflessioni sul mistero trinitario, felicemente redatte in un suo recente libro dal titolo Trinità. Le consonanze di un Dio musicale. Nella semplicità dell’esposizione e nella ricchezza dei contenuti, il relatore ha saputo catturare l’attenzione dei suoi uditori, invitandoli ad entrare in sintonia, anche attraverso la musica, con il mistero Don Claudio Cenacchi e don Gianluca De Candia più grande della nostra fede e a saper rileggere il proprio vissuto spirituale alla luce della comunione di amore con un Dio unico e tripersonale. È singolare la tesi del relatore secondo il quale il Dio trinitario sarebbe un Dio musicale: un Dio in cui le tre persone divine vivono in sé un’armonia pari a quella udita nelle opere musicali, dove le diverse componenti della melodia sembrano condensarsi nell’unità del suono. L’uomo è un essere in relazione e può ritrovare l’unità in se stesso nella misura in cui stabilisce con gli altri rapporti di comunione, restando se stesso e accogliendo l’altro diverso da se, quale ricchezza di cui far tesoro. Alla luce del mistero della Trinità, anche la preghiera si arricchisce, perché la si riscopre essenzialmente trinitaria, vivendola dinanzi al Padre, con Gesù Cristo e nello Spirito Santo. In Dio, la cui essenza è intessuta di relazioni tra le Persone divine, il credente impara a vivere l’arte del dialogo, rispettando l’altro per ciò che è e amandolo a prescindere dalle proprie visioni personali. La Trinità insegna a guardarsi con gli occhi dell’altro e a saper guardare anzitutto se stessi nella verità, cogliendone i limiti e le fragilità. Partendo dall’esperienza umana di Gesù Cristo, don Gianluca ha evidenziato l’importanza della “solitudine” per entrare in un rapporto di relazione e comunione autentica con il prossimo. Il credente è chiamato a coltivare la solitudine per incontrare il Padre, in unione con Gesù, nel grembo dello Spirito Santo in cui siamo immersi. Dalla Trinità si impara ad entrare nella logica del vero amore: un amore che si dona senza perdersi e che, insieme all’amato, si apre agli altri, valorizzando ed esaltando tutto il buono presente in essi. Anna Rita Lamendola vocazioni Celebrato l’annuale Convegno diocesano dell’Opera Vocazioni Ecclesiastiche La preghiera per le vocazioni cuore dell’impegno educativo S i è svolto sabato 3 dicembre, presso il Seminario Arcivescovile “Benedetto XVI” di Brindisi, il consueto Convegno diocesano annuale dell’Opera Vocazioni Ecclesiastiche (O.V.E.) alla presenza del Padre Arcivescovo mons. Rocco Talucci. Il Convegno aveva come titolo “Pregate il Signore della messe. La preghiera per le vocazioni cuore dell’impegno educativo della comunità cristiana”. Il Rettore, don Alessandro Luperto e la presidente dell’Opera, insieme alla Comunità del Seminario, hanno accolto con gioia i convenuti, provenienti da tutti i paesi della diocesi: ogni anno, infatti, il Convegno inaugurale è molto partecipato in quanto è occasione di incontro, di scambio di esperienze, di ascolto, di arricchimento reciproco. È una Grazia di Dio. Dopo la preghiera iniziale vi è stato un momento particolarmente toccante che ha interessato e coinvolto fortemente i partecipanti: le testimonianze dei seminaristi. Essi, in forma dialogica, rispondevano alle domande del Rettore riguardo alla esperienza comunitaria in seminario, al loro rapporto con l’Arcivescovo, alla esperienza scolastica con i loro coetanei, al legame con le parrocchie di provenienza. Il cuore del Convegno è stato l’intervento dell’Arcivescovo, seguito da un momento di condivisione e di risonanze da parte della Assemblea. Il Padre, commentando il brano del Vangelo di Matteo (9, 35-38) proposto per il Convegno, ha sottolineato magnificamente le due “immagini” che Gesù offre ai suoi Apostoli nel vedere le folle “stanche e sfinite”: il pastore ed il suo gregge; la messe matura e gli operai. Gesù, l’unico Maestro, dal quale ogni insegnamento deriva, si commuove, ha “compassione” per la folla smarrita che considera “come pecore senza pastore”, inoltre chiede agli Apostoli di essere come Lui, pastori “buoni”, pazienti, veri educatori, punti di riferimento, per coloro che avrebbero incontrato nella loro missione evangelizzatrice. Inoltre, invita, esorta i discepoli a pregare il Padre perché invii al popolo numerosi e santi “pastori” che siano da guida sicura nel cammino incerto della vita. Con le sue parole il padre Arcivescovo ha riscaldato il cuore dei partecipanti, ha esortato ad amare i pastori ed a riconoscere il dono, alto, del Sacerdozio. Ha inoltre invitato a pregare costantemente per il cammino spirituale e formativo dei seminaristi della diocesi, quelli di Brindisi, del Seminario minore, come quelli di Molfetta. L’incontro si è concluso in prima serata: grati al Signore per la buona riuscita del convegno, ognuno è ritornato nelle proprie comunità di appartenenza, arricchito spiritualmente e, come il sasso che caduto in uno stagno forma cerchi concentrici sempre piu larghi, così il dono ricevuto diventi ricchezza per le nostre comunità. Anna Maria De Matteis TESTIMONIANZA La coerenza e l’esempio dei coniugi Beltrame Quattrocchi Vita di coppia via alla santità «N on hanno fondato congregazioni. Non sono partiti missionari per terre lontane. Semplicemente hanno vissuto il loro matrimonio come un cammino verso Dio facendosi santi». Giulia Paola Di Nicola e Attilio Danese , presidenti di “A.Mar.Lui” (Associazione Maria e Luigi), riassumono così il convegno “Cristiani: cittadini autentici. Sulle orme di Luigi e Maria”, che si è svolto il 25 novembre - giorno del loro matrimonio celebrato in Santa Maria Maggiore nel 1905, e della loro memoria liturgica - in Campidoglio, sulla figura e l’eredità dei coniugi Beltrame Quattrocchi, beatificati da Giovanni Paolo II il 21 ottobre 2001, nel ventesimo anniversario della “Familiaris Consortio”. «In quell’occasione, per la prima volta nella storia della Chiesa - continuano i coniugi Danese - abbiamo visto elevata alla gloria degli altari una coppia di sposi, beati non ‘malgrado’ il matrimonio, ma proprio in virtù di esso», segnando così «una svolta storica sul modo comune di concepire la santità: non più soltanto appannaggio di suore, sacerdoti e singoli fedeli, ma un cammino aperto e praticabile da tutti gli sposi cristiani». Santi e cittadini. «Quando si parla dei miei genitori, si parla spesso del matrimonio, della famiglia, dell’educazione ai figli - ha dichiarato Enrichetta Beltrame Quattrocchi, quarta e ultima figlia dei due coniugi, ospite d’eccezione del convegno - mai però di quella che è stata la loro vita cittadina, altrettanto intensa». La coerenza di una testimonianza. Quella dei Beltrame I coniugi beati Beltrame-Quattrocchi incontri L’opera P. Mauri a Brindisi Quattrocchi è stata una «profonda esperienza di cristiani, cioè di cittadini autentici». Lo ha detto Maria Voce , presidente del Movimento dei focolari, definendo la vita coniugale di Maria e Luigi una vita fatta di «fusione e condivisione». «I figli, più di due genitori che li amano, hanno bisogno di due genitori che si amano», ha aggiunto, sottolineando come i due beati hanno sempre tenuto presente che «i figli, prima di essere dei genitori, sono di Dio»: un «atteggiamento dell’anima», questo, che «assume concretezza nel sano distacco dalle aspettative dei genitori, per aiutarli a scoprire il disegno che Dio ha su ciascuno dei figli. Quando, in breve successione di tempo, tutti e tre i figli più grandi, in assoluta indipendenza, ad uno ad uno, manifestano la volontà di accogliere con giovanile entusiasmo la chiamata di Dio, i genitori d’accordo, all’unisono, acconsentono sereni, consci dell’onore che Dio fa loro». «Luigi Beltrame Quattrocchi propone un’immagine dell’avvocato forse poco comune oggi», ha detto Antonio Conte , presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma, secondo il quale «il ruolo di mediatore sociale dell’avvocato lo obbliga ad assumere un ruolo guida nella società», attraverso «competenza, attenzione, ma anche una grande umanità»: tutte doti presenti in Luigi, che ha dimostrato come l’avvocatura sia un’«istituzione a garanzia e in difesa della libertà», ma anche un’istituzione «fatta di uomini - come Luigi - che dovrebbero dare un’anima alla libertà, non solo circoscriverne l’esercizio». benedetto xvi Discorso al Pontificio Consiglio Sposi in Cristo dal centro sud Vangelo della Chiesa domestica L’ a nuova evangelizzazione dipende in gran parte dalla Chiesa domestica. Nel nostro tempo, come già in epoche passate, l’eclissi di Dio, la diffusione di ideologie contrarie alla famiglia e il degrado dell’etica sessuale appaiono collegati tra loro. E come sono in relazione l’eclissi di Dio e la crisi della famiglia, così la nuova evangelizzazione è inseparabile dalla famiglia cristiana»: lo ha detto Benedetto XVI, ricevendo in udienza i partecipanti all’assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per la famiglia in occasione del duplice 30° anniversario dell’Esortazione apostolica “Familiaris Consortio” di Giovanni Paolo II e dell’istituzione del dicastero stesso. Il Papa ha tenuto un ampio discorso nel quale ha anzitutto evidenziato gli aspetti teologici riferiti alla famiglia: «La famiglia fondata sul sacramento del Matrimonio – ha affermato - è attuazione particolare della Chiesa» ed «essa è chiamata ad accogliere, irradiare e manifestare nel mondo l’amore e la presenza di Cristo». La famiglia manifesta tale «amore divino» con la «dedizione reciproca dei coniugi», la «procreazione generosa e responsabile», la «cura ed educazione dei figli», ®nel lavoro e nelle relazioni sociali», associazione “Sposi in Cristo” appartenente all’Opera di Padre Mauri in Sestri Levante, ha avuto il primo incontro per gli sposi del centro-sud a Brindisi, presso il Santuario della Madonna di Jaddico. A condurre l’incontro sono stati il sacerdote Don Przemokwiatkowski, scelto dall’Opera come guida e pastore per gli sposi, e la coppia di giovani presidenti Davide e Nicoletta, sempre scelta dall’Opera. Anch’essi, come il sacerdote, si occupano di dare delle direttive spirituali e pratiche agli sposi. Il tema del convegno è stato “Trovate approdo nei vostri corpi, troverete approdo al vostro amore”. “Non è bene che l’uomo sia solo, i due saranno una sola carne”. “Accogliendo il Sacramento del matrimonio si accoglie Dio e la corporeità dell’altro”. “Il nostro corpo è un punto di incontro che ci permette di guardarci negli occhi.” Questa proposta formativa ci ha aiutati a capire l’importanza del corpo e dell’anima perché tutti e due ci sono stati dati in dono da Dio. Il nostro corpo, donato al coniuge attraverso tutti i nostri movimenti e gesti, per arrivare a quello totale del dono di sè all’altro. È attraverso i nostri gesti, il nostro comportamento che noi lasciamo passare e comunichiamo l’amore di Dio al coniuge e agli altri. È da questo nostro cercarci, desiderarci, toccarci, che capiamo quanto Dio ci desidera; si dona con il suo Corpo e ci ama di un Amore totale ed infinito. Dio si è fatto carne per avere un contatto più diretto con la sua creatura. Perciò prendiamoci cura dei nostri corpi, dentro e fuori, affinché possiamo esprimere la divinità di Dio nell’umano. Le coppie che hanno partecipato, proveniente dalla nostra regione, sono state circa 25. Abbiamo avuto una nutrita adesione di coppie provenienti da Copertino accompagnate dal loro sacerdote don Salvatore. L’incontro si è svolto dal pomeriggio di sabato 12 novembre alla mattina della domenica 13. La presenza che più ci ha onorato, per noi coppie di Brindisi, è stata quella di don Massimo Alemanno che, come responsabile della Commissione diocesana, ha voluto dare a questa associazione un benvenuto per camminare insieme verso l’unica meta, “Cristo Sposo”. «L «nell’attenzione ai bisognosi», nelle «attività ecclesiali» e nell’ «impegno civile». Il Papa ha quindi messo in relazione la missione della famiglia con quella dei presbiteri, affermando che «i due Sacramenti detti ‘del servizio della comunione’, Ordine Sacro e Matrimonio, vanno ricondotti all’unica sorgente eucaristica». «Entrambi questi stati di vita hanno, infatti, nell’amore di Cristo, che dona se stesso per la salvezza dell’umanità, la medesima radice; sono chiamati ad una missione comune: quella di testimoniare e rendere presente questo amore a servizio della comunità per l’edificazione del popolo di Dio». A questo riguardo ha indicato alcuni «ambiti in cui è particolarmente urgente il protagonismo delle famiglie cristiane in collaborazione con i sacerdoti e sotto la guida dei Vescovi»: «educazione di bambini, adolescenti e giovani all’amore, inteso come dono di sé e comunione»; «preparazione dei fidanzati alla vita matrimoniale con un itinerario di fede»; «formazione dei coniugi, specialmente delle coppie giovani»; «esperienze associative con finalità caritative, educative e di impegno civile»; «pastorale delle famiglie per le famiglie, rivolta all’intero arco della vita». celebrazione L’Associazione Familiari e Vittime della Strada ha ricordato i giovani morti Il sacrificio, luce che riafferma il valore della vita I l 20 novembre scorso è stata celebrata la Giornata Mondiale Vittime della strada con una celebrazione in tutte le cattedrali d’Europa in suffragio delle tante vittime di incidenti stradali. Una Giornata che, ogni anno, vuole essere un’occasione di riflessione ed un invito al rispetto, non solo, della propria vita, ma anche di quella degli altri. Ogni due ore in Italia una persona muore a causa di un incidente stradale che rappresenta la prima causa di decesso per i giovani al di sotto dei 30 anni. Nonostante gli incidenti stiano diminuendo, nel 2010 si sono registrate 4.090 vittime ed oltre 20 mila persone sono diventate permanentemente invalide. L’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada dedica, quindi, la terza domenica di novembre al coinvolgimento sociale e sceglie il simbolo di una candela che si consuma producendo luce “perché - come spiega il Presidente dell'AIFVS Giuseppa Cassaniti Mastrojeni - la strage non sia sottovalutata, venga illuminata e perché il sacrificio è luce che riafferma il valore della vita”. In occasione di questo annuale appuntamento anche la nostra Diocesi ha voluto esprimere la sua vicinanza alle famiglie col- pite da questi gravi lutti, con la Santa Messa presieduta da Mons. Rocco Talucci, nella chiesa di San Benedetto in Brindisi, alla presenza di don Massimo Alemanno, delegato arcivescovile per la Pastorale della famiglia. Alla celebrazione eucaristica hanno partecipato numerose famiglie rappresentate dall’Associazione Italiana Familiari e Vittime della strada, insieme alla Commissione Famiglia della diocesi e al Gruppo “Genitori in cammino”. L’Arcivescovo ha esortato i fedeli presenti a lasciarsi guidare da Dio che ci attende al termine del corso della vita guardando a Maria che ha saputo sperimentare la gioia e, in seguito, il dolore per la morte del Figlio, certa, però, di incontrarlo nella risurrezione. «È grande il dolore per la scomparsa tragica di un figlio – ha detto Mons. Talucci nell’omelia – ma è grande anche la speranza perché i vostri figli hanno atteso l’incontro con il Signore, seppur in maniera così drammatica». Grande incoraggiamento da parte dell’Arcivescovo a tutti i genitori perché «la morte in realtà non ci separa da Dio e da chi amiamo, è nell’incontro con Lui che avviene l’incontro con i nostri cari». Daniela Negro formazionePrimo incontro per gli accompagnatori delle famiglie che chiedono il Battesimo Chiamati per nome. Alla riscoperta della propria identità «D isponetevi pure alla migliore preparazione perché è vero che possiamo essere bravi ad insegnare, ma se non siamo testimoni, il nostro insegnamento svanisce». Questa è l’esortazione di Mons. Arcivescovo rivolta ai fedeli laici nell’introduzione al primo incontro di formazione per le coppie accompagnatrici delle famiglie giovani che chiedono il Battesimo per i loro figli. La competenza, la conoscenza, la formazione che devono essere alla base dell’ azione educativa rivolta alle famiglie dei battesimandi, devono accompagnarsi alla gioia di essere cristiani coerenti e alla capacità di far acquisire la consapevolezza che col Battesimo l’uomo conquista una dignità vera e la capacità di amare in quanto figlio di Dio. “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla” sono le parole del Salmo con cui si è pregato all’inizio della presentazione del tema “Chiamati per nome”, introdotto da Mons. Massimo Alemanno e sviluppato dal dott. Luigi Russo, psicologo e ricercatore. Il Salmo esprime la fiducia e l’abbandono della creatura in Dio che ha donato la vita e si propone come un progetto di vita a tutti coloro che devono compiere un cammino per diventare figli di Dio nel mondo. Per questo, ha sostenuto don Massimo, è importante analizzare il rito del Battesimo, «non perché si vuole diventare maestri o nel senso di voler individuare un metodo su come condurre un incontro, ma perché vogliamo vivere bene la nostra fede sia nel contesto delle nostre comunità cristiane, sia come testimonianza nel contesto sociale in cui viviamo». È in questa prospettiva, ha continuato don Alemanno, che assume una funzione centrale il progetto dell’Iniziazione Cristiana che, lungi dal considerarsi qualcosa di formale, è un percorso che coinvolge tutta la vita aprendo alla fede e facendo crescere in essa. Sarà necessario aiutare i fedeli a riconoscere che il Sacramento del Battesimo è un dono e non un momento qualsiasi, è un dono come un dono è la vita: nessuno ha chiesto di nascere, nessuno di noi ha chiesto di vivere, ma tutto ci è stato donato. Al bambino, inconsapevole nel giorno del Battesimo, padrini e genitori glielo ricorderanno con la testimonianza della loro vita; in questo senso educare non significa tanto preparare ai Sacramenti, «quanto maturare la vita cristiana attraverso i Sacramenti». Per far comprendere il sacramento del Battesimo, sarà opportuno, ha precisato don Massimo, partire dal nuovo rito del matrimonio sin dalla fase della preparazione dei giovani che decidono di sposarsi nel nome del Signore: il primo momento della celebrazione, infatti, è proprio la memoria del Battesimo, cioè il riconoscersi in Dio e sentirsi amati sempre da Lui. Questo cammino, si è augurato Mons. Arcivescovo, saprà orientare le famiglie e farà scoprire loro la bellezza di appartenere ad una più grande famiglia, nella quale ognuno, riconoscendosi figlio di Dio, si apre alla civiltà dell’amore. Proprio in riferimento a quest’ultimo obiettivo ha preso Fisco e famiglia Un peso ingiusto “U n Paese potrà continuare a definirsi civile solo quando la nascita di un figlio non costituirà un elemento di impoverimento per la sua famiglia, bensì di ricchezza per l’intero Paese”. Così Roberto Falcone, presidente dell’Associazione nazionale tributaristi (Lapet), al convegno “Se hai dei figli devi pagare meno. Il Fattore famiglia, strumento di equità fiscale e di rilancio dell’economia” promosso dalla stessa Lapet e dal Forum delle associazioni familiari. L’incontro è stato l’occasione per presentare la seconda parte di un’indagine condotta dall’associazione dei tributaristi in collaborazione con il Forum e l’Università Telma–La Sapienza di Roma, dedicata agli aspetti economici e all’impatto che l’introduzione del Fattore famiglia (criterio per quantificare l’effettiva capacità contributiva delle famiglie proposto dal Forum nel novembre 2010) avrebbe sulla ripresa dell’economia nazionale. «La famiglia – ha detto ancora Falcone – è un bene primario costituzionalmente riconosciuto; l’art. 32 stabilisce in maniera inequivocabile che lo Stato la sostenga». Di qui la logica conseguenza della necessità di una «riforma del sistema fiscale più equa in cui il prelievo fiscale sia commisurato ai carichi familiari». Il costo del provvedimento è stimato in 16,9 miliardi ma, sottolinea il presidente Lapet, «esistono i presupposti economici e finanziari per un suo autofinanziamento». «L’Ue non ci ha chiesto solo il pareggio di bilancio ma anche il rilancio dell’economia», rammenta Francesco Bel- avvio l’intervento, centrale nella serata, del dott. Luigi Russo, articolato in quattro punti attraverso i quali egli ha voluto sottolineare il carattere relazionale del percorso formativo, in cui la responsabilità dell’educatore deve coniugarsi con la libertà di scelta dell’educando, in quanto l’obiettivo fondamentale del percorso educativo consiste nel mettere l’altro nelle condizioni di leggere un’alternativa, di comprenderla e di operare una scelta autonoma. Il processo formativo, secondo il relatore, comincia col «dare un nome», atto che assume una valenza differente man mano che avanza la crescita sotto la tensione relazionale fra educatore ed educando. Quest’ultimo viene descritto come il risultato «dell’incontro originario di due storie», capace però di generare una nuova creatura, con la quale si entra in relazione sin dal momento del suo concepimento, fortemente legata al mondo emozionale della famiglia che la accoglie e dalla quale è strettamente dipendente. L’attribuzione del nome, nella fase successiva, coincide con la scoperta di una nuova persona che diventa «altro da noi»: il bambino da educare assume una nuova identità pur conservandosi fedele a quella iniziale; in quanto “ha un nome” acquista il senso di sé, la percezione di essere amato e di potersi fidare delle persone che lo circondano. Il suo ingresso nel mondo sarà profondamente influenzato dalla qualità e dalla complessità del modo di vivere l’esperienza di relazione con l’ambiente familiare perchè il bambino è in grado di cogliere quanto valore egli ha per gli altri e quanto questi ne hanno per lui: rivela di conseguenza modalità di comportamento che lo portano a relazionarsi con gli altri negativamente o positivamente. «Dare il nome» per la famiglia e per l’educatore significa guardare la persona di cui si ha cura con responsabilità, che vuol dire mettersi nella condizione di continuare la relazione tra l’adulto e il bambino senza che la propria azione formativa diventi «un esercizio di potere o di dominio». Richiamandosi alla Scrittura il relatore ha ricordato che a conclusione della creazione Dio chiamò l’uomo per vedere come avrebbe chiamato tutti gli animali della terra: “dare il nome” a quelle creature significava averne cura, sentirne la responsabilità. Allo stesso modo, al Fonte Battesimale gli adulti sono chiamati a prendersi cura di chi è stato loro affidato, ad essere presenti giorno dopo giorno nel cammino che la nuova creatura deve compiere per arrivare ad essere matura e relazionarsi correttamente col mondo. Il relatore non ha riconosciuto alcuna validità all’atteggiamento pedagogico dello “stile esplicativo”, abusato ai nostri giorni, con il quale si da sempre e a tutto, una risposta risolutiva e vincolante. L’assunzione di responsabilità, ha continuato, deve invece inaugurare un modo d’essere ben diverso, uno stile di vita fortemente «esplorativo». Genitori ed educatori, proprio perché vedono in colui che è stato affidato una «persona altra da sé», hanno il dovere di esercitare la propria responsabilità semplicemente ponendosi nei con- letti, presidente del Forum. Per soddisfare le richieste di Bruxelles «dobbiamo ricominciare ad investire sul tessuto produttivo ma anche sulla famiglia – sostiene -, e proprio su questo continueremo ad insistere in joint-venture con la Lapet sfidando non solo il governo ma anche le segreterie politiche per costruire un grande patto per la famiglia, luogo che custodisce l’umano e il bene comune, e intorno al quale ruota la questione sociale che è anzitutto antropologica». Di qui una precisazione: «Agire per un fisco a misura di famiglia non è richiesta di misure assistenziali, ma di uno strumento di sviluppo economico». Il Fattore famiglia prevede una no tax area sottratta all’imposizione fiscale che viene moltiplicata per un fattore (il Fattore famiglia, appunto) che tiene conto dei familiari a carico e delle situazioni che contribuiscono ad appesantire l’economia familiare (disabilità, monogenitorialità, vedovanza). Nuovo modello di sviluppo. «Dimmi qual è la tua idea di famiglia e ti dirò quale società vuoi costruire». Così mons. Lorenzo Leuzzi, rettore della chiesa di S. Gregorio Nazianzeno alla Camera dei deputati, sintetizza lo spirito che deve ispirare i decisori politici giacché «il tema della famiglia è direttamente collegato a quello del bene comune, impossibile da conseguire senza la promozione dell’istituzione familiare». Per mons. Leuzzi, proprio la «questione della famiglia, e della vita, costituisce la grande sfida culturale e antropologica odierna», e per la costruzione «di un nuovo modello di sviluppo occorre recuperare il rapporto fra famiglia e nuova prospettiva sociale». Concorda il vicepresidente della Camera Rocco Buttiglione, che si sofferma in particolare sulla crisi demografica legata all’impoverimento e all’insicurezza delle famiglie, e sulla riforma delle pen- Il Papa amministra il Sacramento del Battesimo fronti dell’altro come “esploratori” della sua storia e delle sue risposte, come soggetti capaci di sollecitare nell’altro l’autoconsapevolezza, con pazienza confidando sia sulla “qualità” del tempo, che si dedica alla relazione, sia sulla “quantità”. La relazione educativa, che a noi cristiani viene consigliata nelle Scritture, ha precisato il relatore, si propone un obiettivo importante e prioritario: il diritto e il dovere di far vivere ai nostri figli, tramite i nostri comportamenti, un’alternativa, dare cioè l’opportunità, a chi ha un’identità diversa dalla nostra, di effettuare liberamente le sue scelte. A conclusione dell’intervento del dott. Russo e dopo aver ascoltato l’esperienza di un ragazzo raccontata dai suoi genitori, don Massimo Alemanno ha illustrato le diverse fasi del Battesimo e il loro significato e si è augurato che genitori e padrini possano essere custodi coerenti ed attenti finchè colui che è stato loro affidato non sarà capace di volare con le proprie ali. Giuseppe e Maria Carmela De Riccardis sioni. Tema, quest’ultimo, che «richiede un segnale forte da dare alle famiglie. Più di qualsiasi riforma si possa mettere in campo – afferma -, la ripresa della natalità è elemento di equilibrio del sistema pensionistico e va pertanto incoraggiata, anche se l’innalzamento dell’età pensionabile, quantunque duro, rimane un provvedimento necessario». Costo o investimento? Il Fattore famiglia rappresenta un costo o un investimento per lo Stato? Secondo Giancarlo Puddu, presidente del Centro studi Lapet, «la riduzione delle imposte» che il provvedimento comporta «non rappresenta un reale costo per lo Stato perché aumenta la ricchezza nazionale». Si tratta piuttosto di una sorta di «anticipazione di cassa». «In presenza di una riduzione delle imposte stimata in un valore di 16,9 miliardi di euro (il costo del Fattore famiglia) - spiega -, l’incremento della ricchezza sarebbe infatti pari a 17,6 miliardi». Ad illustrare l’indagine è Pasquale Sarnacchiaro, docente di statistica all’Università di Roma. In Italia, spiega, «le famiglie in condizioni di povertà assoluta sono 1.156mila, il 4,6% del totale. Il 44% si trova al sud». Diminuiti progressivamente negli ultimi anni, e anche nel secondo trimestre 2011 rispetto al primo, la propensione al risparmio e il potere d’acquisto della maggioranza delle famiglie. Sono proprio i nuclei con uno o più figli a ridurre anche i consumi di beni primari. Di qui l’importanza del Fattore famiglia Speciale 12 15 dicembre 2011 15 dicembre 2011 Speciale 13 Il tempo, un patrimonio, un dono, un maestro, il nostro domani TEMPO DELLA CHIESA Nel 50° di apertura del Concilio GUARDANDO INDIETRO Appunti per un bilancio del 2011 2012, l’Anno della Fede guardando alla Famiglia Un anno importante, ma problematico I l 2012 è ormai alle porte...ed un altro anno si appresta a chiudere i battenti lasciandosi alle spalle gioie e dolori, cambiamenti ed eventi che andranno ancora a riempire le pagine della nostra storia. Ma cosa ci lascia il 2011? È stato un anno che ha visto la cattura e la morte di due esponenti di spicco nello scenario internazionale: Osama Bin Laden, capo di Al- Qa-ida e il dittatore libico Muammar Gheddafi. Ricordiamo anche la caduta della dittatura di Ben Ali in Tunisia a seguito di violente proteste e la liberazione dell’Egitto voluta dal popolo insorto. Innumerevoli vittime si sono registrate, purtroppo, anche nel terremoto in Giappone che ha provocato la morte di 11 mila persone, di quello avvenuto in Turchia con quasi mille morti senza tralasciare l’incidente della centrale nucleare di Fukushima con la conseguente fuoriuscita di materiale radioattivo. Ed è stato anche l’anno del 10° anniversario dell’attacco terroristico alle Torri Gemelle del World Trade Center di New York che si non può e si non deve dimenticare. Ma non sono mancati eventi che, in un certo senso, hanno dipinto di rosa una pagina di questa nostra storia. Due coppie reali hanno infatti pronunciato il tanto atteso e fatidico sì all’altare: stiamo parlando dell’erede al trono il principe William d’Inghilterra con Miss Kate Middleton e del principe Alberto II di Monaco con l’ex nuotatrice e modella Charlene Wittstock. Per il nostro Paese è stato l’anno del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, celebrato ufficialmente il 17 marzo con una serie di iniziative, durate tutto l’anno, che hanno coinvolto e, chissà, anche dato quel senso, a volte smarrito, di unità, al popolo italiano. Ma non sono stati risparmiati avvenimenti che hanno, invece, messo in ginocchio alcune zone dell’Italia, come le alluvioni in Liguria, Piemonte e Sicilia. Motivo di grande gioia per tutti è stata la beatificazione di Giovanni Paolo II proclamata da Benedetto XVI, il 1° maggio, in una Roma gremita di fedeli giunti da tutto il mondo. E nello stesso spirito di festa si è celebrata, nel mese di agosto, con migliaia di giovani, la XXV Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid. Il Santo Padre, in quest’anno, ha continuato il suo pellegrinaggio nel mondo, compiendo viaggi apostolici in Croazia, Repubblica di San Marino, Germania e recentemente nel Benin. E dopo 25 anni dall’ultimo incontro che tutti ricordiamo, voluto da Giovanni Paolo II, Benedetto XVI ha invitato nuovamente tutti i capi religiosi del mondo per una giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace, sempre nella splendida cornice di Assisi. Una pace, probabilmente non desiderata da tutti, come ha dimostrato la manifestazione mondiale degli Indignados contro le misure economiche varate dai governi internazionali, e che a Roma, tra disordine e vandalismo, ha provocato circa 70 feriti. Dolore che si è aggiunto ad altro dolore per la perdita durante l’anno, di 10 soldati italiani in Afghanistan. Giovani che perdono la vita per la patria e giovani che, nella fugacità di un attimo, rinunciano ai loro sogni, e a volte, per i loro sogni, come Marco Simoncelli, che l’Italia ha pianto per la sua morte avvenuta durante la gara di Moto GP in Malesia, alla guida dalla sua Honda. Insomma, un anno difficile per il nostro Paese, afflitto anche dai continui sbarchi clandestini sulle nostre coste e dalla crisi europea, con la rassegna delle dimissioni del premier Berlusconi e la nascita di un governo tecnico guidato dal Prof. Mario Monti. Guardando al nostro territorio, il 2011 sarà ricordato da tutti come un anno importante. La nostra diocesi di Brindisi – Ostuni ha celebrato il Sinodo diocesano con la pubblicazione del Liber Synodalis; il porto di Brindisi ha ottenuto il riconoscimento dall’UNESCO come Monumento e sito messaggero di una cultura di pace. Ed è stato l’anno in cui la città PROTAGONISTI Michele Conenna e la meteorologia Il tempo e i suoi segni naturali A d Ostuni vive un ragazzo appassionato del tempo, visto dal punto di vista meteorologico. Si chiama Michele Conenna, ha 19 anni e studia Scienze Geologiche all’Università di Bari. Quando gli chiediamo come nasce questa sua passione, Michele ci racconta che una mattina, quando aveva 8 anni, aveva sentito dalla televisione che quel giorno ad Ostuni avrebbe nevicato. Da bambino curioso e attento qual era, non poteva credere che una giornata così bella si sarebbe potuta trasformare in una giornata di neve. E invece, ci racconta ancora con l’emozione di allora Michele, «con grande sorpresa, mentre ero a scuola, all’improvviso il tempo cambiò e, nel giro di qualche ora, su Ostuni cadde una quantità copiosa di neve, suscitando la gioia e lo stupore dei tanti bambini che con il naso appiccicato alla finestra ammiravano quell’insolito spettacolo». Da quella imprevista nevicata è nata in Michele la passione per la meteorologia, «una vera e propria “malattia”» - la definisce lui stes- so. Tra i suoi primi giocattoli un barometro e un termometro: «li mettevo fuori di casa e più volte al giorno uscivo per verificare i dati registrati». Negli anni successivi «grazie ai risparmi accumulati con i regali, ho comprato altra attrezzatura con la quale, sul terrazzo di casa, ho costruito una stazione meteo amatoriale tuttora funzionante». Ma Michele non è l’unico ragazzo della sua età ad avere questa passione per il “tempo”, perché sono diversi i suoi coetanei ostunesi con i quali condivide questo interesse. Grazie a internet, inoltre, Michele mette in rete il frutto della sua passione: ha creato il sito www. meteostuni.it, fa previsioni, scrive articoli, collabora con alcune emittenti televisive del territorio, fa parte del gruppo di Ostuni della Protezione Civile… Quando gli chiediamo che tempo farà nel 2012, come fosse un metereologo navigato ed esperto, Michele ci risponde senza indugio: «Il nuovo anno porterà neve, tutti i modelli sono concordi nell’affermare che tale fenomeno “P ha celebrato il ventennale dello sbarco degli Albanesi avvenuto nel 1991, quando Brindisi dimostrò una solidarietà ed accoglienza senza precedenti. Dopo un lungo periodo di lavori di restauro è tornato agli antichi splendori il santuario di S. Maria degli Angeli, dove sorgeva la casa di San Lorenzo. E sullo sfondo vorremmo sia diversa, ma senza la quale non potremmo avere quella speranza, la stessa di sempre che non delude mai, di vivere un anno migliore, nel bene e nel male, con la consapevolezza che sarà, comunque, diverso dall’altro...auguri a tutti !!! Daniela Negro NOVITÀ Un’esperienza tutta nuova ad Ostuni Da “Kronos” a “Kairòs” e nasce una banca N si potrà verificare dalla seconda metà di gennaio e fino a marzo». E poi la chiosa finale: «Per amare la meteorologia si deve essere amanti della natura. Questa va rispettata così che lei possa rispettare l’uomo, il quale, invece, troppo spesso la deturpa e la distrugge. Per gli appassionati di meteorologia anche una nuvola nel cielo è qualcosa da ammirare: puoi darle una forma astratta, un significato, seguire l’evoluzione del tempo nell’arco di qualche ora». Una passione “inedita per un giovane dell’età di Michele. Una passione che lui stesso si augura possa diventare, un giorno, la sua professione. Giovanni Morelli politico, il 2011 saluta il sindaco di Brindisi Domenico Mennitti che ha rassegnato le dimissioni per una nuova stagione che, speriamo, continui a contribuire per la crescita della nostra città. E così un altro anno se ne va...rendendoci ancora attori e spettatori principali di una storia che a volte el mio lavoro di insegnante, quando in prima classe si doveva iniziare lo studio della storia, intesa soprattutto come apprendimento dei concetti temporali più semplici, quali la successione o la contemporaneità, chiedevo ai miei alunni di domandare ai genitori o ai nonni, se conoscevano proverbi o modi di dire relativi alla parola “tempo”. Dal contenuto delle risposte spesso veniva fuori la saggezza popolare comune o particolare come proverbi in dialetto, che riguardavano le varie accezioni della parola “tempo” quali per esempio, il divenire delle cose, il ritorno ciclico delle stagioni, i sentimenti, il modo di vivere o più semplicemente gli effetti del tempo inteso meteorologicamente. Col trascorrere degli anni questo patrimonio di memoria storica è andato sempre più impoverendosi e ultimamente gli unici proverbi che i giovani genitori e i nonni, ancor giovani anch’essi ricordavano, erano: “Chi ha tempo non aspetti tempo” e “Rosso di sera bel tempo si spera” che rappresentano il modo di vivere dei nostri tempi, il mordi e fuggi e lo sperare che la gita fuori porta non sia disturbata dalla pioggia! Ora che il “tempo” della pensione è arrivato ed ho molto più tempo a disposizione, sono stata incuriosita dalla nascita della Banca del Tempo ad Ostuni e così ho partecipato ad uno dei primi incontri pubblici nel quale la professoressa Teresa Legrottaglie illustrava sia il logo che il nome dell’associazione: “Kairòs … vivi il tempo”. I greci, per definire il tempo, adoperavano il termine Kronos che rappresenta il passato, il presente, il futuro, il trascorrere delle ore, il tempo misurabile, quantificabile, scandito dalle stagioni o dal sole, dalla luna o da eventi importanti. C’è però un altro termine Kairòs che indica il contenuto del tempo, ciò che in esso avviene, l’esperienza personale che in esso si vive. Spesso, infatti, parlando con gli alunni del tempo soggettivo, si faceva proprio l’esempio della differenza che c’è tra un’ora trascorsa in compagnia degli amici (è già finita?) e una da soli e magari con qualcosa da studiare (non passa mai!). Il tempo è sempre lo stesso, ma la sostanza molto diversa. Può apparire strano parlare della Banca del Tempo in un mondo in cui molti dicono: “Non ho tempo, mi manca il tempo!”. Questo mi ha fatto venire in mente alcuni dipinti di Dalì in cui i suoi orologi molli ben rappresentano, secondo me, il nostro voler dilatare il tempo per realizzare quante più cose possibili. Oggi il tempo è diventata una risorsa preziosa da investire con attenzione, da valorizzare anche attraverso nuove modalità e la Banca del Tempo può essere una di queste, poiché non solo valorizza lo scambio di tempo tra le persone, ma sviluppa e promuove nuovi valori. Nella Banca del Tempo non si deposita denaro e non si riscuotono interessi, ma si deposita soltanto disponibilità a scambiare, con gli altri aderenti, prestazioni, socialità, attività, servizi, saperi e i propri hobby, usando il “tempo” come unità di misura gratuita degli scambi. Il sistema si basa sul principio della pari dignità delle attività scambiate. Nella Banca del Tempo si recuperano le abitudini ormai perdute del mutuo soccorso, tipiche dei rapporti di buon vicinato di un tempo, estendendole anche a persone prima sconosciute. Ogni persona ha qualcosa da offrire agli altri: fare la spesa, accompagnare in macchina, dare acqua alle piante, riparare qualcosa ecc…e può aver bisogno di qualcosa che gli altri possono darle: andare a teatro insieme, ritirare certificati, aiutare nei compiti, tradurre in lingua straniera, ecc... La Banca favorisce lo scambio di tempo, garantisce la parità sociale indipendentemente dalla professione, dalle condizioni economiche delle singole persone e dall’attività lavorativa svolta, perché è fondamentale il principio della “pari dignità” delle attività scambiate. Un’ora vale sempre un’ora a prescindere dal servizio scambiato e questo permette di imparare a dare e a ricevere tempo, con fiducia. Nessuno, quando scambia, perde del tempo! La Banca del Tempo è il luogo in cui i desideri e la disponibilità si incontrano per consentire a chi ha bisogno di tempo di prenderlo in prestito e, a chi ha tempo libero, di impiegarlo in attività di cui altri necessitano. In questo modo il Kronos si trasforma in Kairòs, tempo del fare, delle relazioni, del fare qualcosa di interessante ed utile per me e per gli altri. Myria Barriera roprio per dare rinnovato impulso alla missione di tutta la Chiesa di condurre gli uomini fuori dal deserto in cui spesso si trovano verso il luogo della vita, l’amicizia con Cristo che ci dona la vita in pienezza (…) ho deciso di indire un “Anno della Fede”, che avrò modo di illustrare con un’apposita Lettera apostolica. Esso inizierà l’11 ottobre 2012, nel 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, e terminerà il 24 novembre 2013, Solennità di Cristo Re dell’Universo. Sarà un momento di grazia e di impegno per una sempre più piena conversione a Dio, per rafforzare la nostra fede in Lui e per annunciarLo con gioia all’uomo del nostro tempo”. Le parole di papa Benedetto XVI dicono appieno l’anno intenso che ci attende, soprattutto perché egli ha già stabilito il “passo” di marcia: “Il Servo di Dio Paolo VI indisse un analogo “Anno della fede” nel 1967, in occasione del diciannovesimo centenario del martirio degli Apostoli Pietro e Paolo, e in un periodo di grandi rivolgimenti culturali. Ritengo che, trascorso mezzo secolo dall’apertura del Concilio, legata alla felice memoria del Beato Giovanni XXIII, sia opportuno richiamare la bellezza e la centralità della fede, l’esigenza di rafforzarla e approfondirla a livello personale e comunitario, e farlo in prospettiva non tanto celebrativa, ma piuttosto missionaria, nella prospettiva, appunto, della missione ad gentes e della nuova evangelizzazione”. Valore della testimonianza e riaffermazione del nostro credere a 50 anni dall’avvio del Concilio, nel- la nuova temperie ben descritta dalla Caritas in Veritate, dicono l’urgenza dell’anno indetto dal Papa, che certamente lo concluderà con la condensazione del “Simbolo” di questo Popolo di Dio davanti al “Cristo di ieri, di oggi e di sempre”. Egli - che da docente scrisse la fondamentale “Introduzione al Cristianesimo” e ha illustrato il credo apostolico che è quello dei testimoni diretti – dovrà riconfermarci testimoni. E lo farà declinando questo annuncio anche nei viaggi apostolici previsti: America Latina, Libano ed Ucraina che ha donato l’ albero di Natale per Piazza San Pietro e gli alberi più piccoli per l’ appartamento del Papa e per la Curia, segno delle differenti Chiese Cattoliche di Ucraina che hanno piena comunione con il Papa di Roma e l’una con l’altra. E quest’anno avremo tutti occasione di essere testimoni, di scoprire e riaffermare la nostra fede. Entriamo, da cattolici italiani, nel vivo del progetto pastorale per questo decennio e lo facciamo guardando all’italianissima Milano, dove dal 30 maggio al 3 giugno si svolgerà il VII Incontro mondiale delle famiglie. “Nella mia lettera di convocazione all’Incontro di Milano chiedevo “un adeguato percorso di preparazione ecclesiale e culturale”, perché l’evento riesca fruttuoso e coinvolga concretamente le comunità cristiane in tutto il mondo”, ha detto di recente il Santo Padre e col “prezioso sussidio con catechesi” sul tema “La famiglia: il lavoro e la festa”, questo cammino sembra avviato speditamente e i frutti non mancheranno. Angelo Sconosciuto UNA LETTERA C’è chi scrive al nuovo anno Caro 2012,… C aro 2012, presto arriverai con tutte le tue sorprese e il mio futuro in tasca. E sinceramente ho un po’ paura. “Dai - mi dico - è solo un altro anno”. No invece, ogni anno è diverso e tu, tu non sarai come gli altri, tu sarai un anno importante, lo sai, l’anno della maturità e delle grandi scelte, quelle che un po’ segnano la tua vita e che devi ponderare bene, perché senti che il “futuro” di cui tutti parlano è alle porte e non puoi permetterti di fare la scelta sbagliata. Chissà quante richieste ti sono già arrivate: “quest’anno vorrei un po’ di fortuna”, “vorrei un po’ di felicità”, “vorrei l’amore”, “vorrei…”, “vorrei…”, “vorrei..”. Nessuno mai si chiede però cosa ti aspetti tu da noi, cosa possiamo fare noi per renderti unico e indimenticabile. Io non voglio farti richieste, perché so che, come ogni anno, le cose belle, come le cose brutte, non saranno scritte su una lista di propositi fatta a fine Dicembre, saranno invece quelle che arriveranno all’improvviso e sono certa che tu me ne riservi tante. Mi piace immaginare che mentre ti fai strada tra la folla, come un tedoforo che porta in mano la fiaccola per accendere il tripode delle Olimpiadi, arriverai con in mano la speranza, la speranza che il futuro non sarà poi così brutto come dicono, che le scelte che farò saranno quelle giuste, che forse il mondo si sveglierà dal suo sonno e capirà che deve prendere in mano la propria vita e non aspettare che un nuovo anno migliori le cose. Appena le luci si saranno spente, i festeggiamenti saranno finiti e la vita tornerà quella di ogni giorno, i dubbi assaliranno la mia mente: “chissà cosa accadrà quest’anno” inizierò a domandarmi, “speriamo che non succeda nulla di brutto”. È un pensiero che paralizza, ogni anno ha i suoi momenti bui, e ogni anno speri che qualcosa cambi e che questi non arrivino mai perché ti senti satura di quei momenti, vorresti, certe volte, premere il tasto “pausa” e vivere solo quelli belli. Ma i brutti periodi fanno parte della vita e ogni anno puntuali arriveranno. E sono proprio quei momenti che ti fanno davvero apprezzare quegli attimi in cui senti che tutto è perfetto e che niente potrebbe andare meglio di così. Poi penso però, che alla fine ho solo 18 anni e che tu non sarai solo l’anno delle scelte difficili, della speranza, del futuro ma sarai anche l’anno degli amici, del divertimento, dell’amore, sarai il mio presente e il presente va vissuto giorno per giorno, senza preoccuparsi troppo di ciò che accadrà domani. Quindi 2012, arriva presto perché non vedo l’ora di viverti. Ti aspetto con ansia, Marika Del Zotti Lettera dell’Arcivescovo agli sposi cattolici in situazioni particolari Carissimi, Mi spinge a scrivervi il desiderio di mettermi accanto a voi, nelle difficoltà che attraversano le vostre famiglie e nelle vostre ferite personali. Mi rivolgo a voi con sentimento paterno, con spirito di fede e senza alcun giudizio, per incoraggiarvi a non abbandonare il cammino di fede che può aiutare non poco con la sua luce in ogni situazione d’ombra. A volte vi siete sentiti non compresi o forse giudicati. Voglio invece assicurarvi che continuate ad essere amati dalla Chiesa, che comprende ogni sofferenza umana anche quando deve ricordare che certe scelte sono in contraddizione con il Vangelo di Gesù Cristo. Proprio in queste situazioni non bisogna isolarsi e, anzi, è necessario sentirsi accompagnati. Anche durante il Sinodo Diocesano abbiamo pensato a voi e alle vostre difficoltà e lo abbiamo fatto con delicata fraternità. Le Parrocchie, il Consultorio familiare e la Commissione famiglia sono a vostra disposizione per ogni necessità, soprattutto per assicurarvi la compagnia, la fraternità e l’aiuto della fede. È desiderio mio e dei Parroci venirvi incontro e parlarvi, per aiutarvi a gustare la Parola di Dio e la preghiera, per invitarvi alla speranza e alla responsabilità educativa, per esortarvi a rimanere nell’amore di Dio e del prossimo. Questo assicurerà un più ampio respiro spirituale in casa, una maggiore serenità cristiana nel cammino di ogni giorno. Con questo non voglio nascondere i problemi, ma desidero porre davanti a voi le possibilità reali che possono continuare a dare senso cristiano alla vita e farvi coltivare un rapporto filiale con Dio che ha sempre compassione dell’uomo, lo attende per abbracciarlo, lo guida anche nei sentieri difficili. Abbiamo preparato un sussidio che ha l’intento di aiutarvi nelle grandi difficoltà che attraversate e di indicarvi il possibile cammino spirituale per voi e per i vostri figli. È a vostra disposizione di singole persone e di coppie. Abbiamo poi il desiderio di incontravi, nel dialogo e nel confronto, che non può mai fare a meno della verità nella carità. Non si deve cioè temere la verità delle situazioni, ma nella carità del Vangelo dobbiamo sentirci nelle mani di Dio anche quando la sofferenza tocca la sensibilità delle persone. Nella ineluttabilità di determinate situazioni, voi non chiedete sconti e non ponete pretese, ma comprensione e fiducia. Personalmente, a nome di Dio, nostro Padre, e della Chiesa, nostra Madre, Maestra di vita ed esperta in umanità, desidero accompagnarvi nel sentiero della fede, da cui non siete lontani. È vero, in alcune situazioni, è impossibile accostarsi alla comunione eucaristica, ma c’è sempre la comunione della preghiera che da respiro all’anima, l’ascolto della Parola che il- lumina i nostri passi e la lettura personale del Vangelo che educa alla vita buona, la carità verso il prossimo che rende il nostro cuore simile a quello di Dio, l’adempimento dei doveri professionali, educativi e sociali, che rendono serena la coscienza, la fiducia nella misericordia del Signore, Pastore delle nostre anime, che legge, nella verità e nell’amore, l’intimo di ognuno. Questa comunione, grande, bella, serena, trova la sua espressione più viva, ed anche comunitaria, nella S. Messa domenicale, che è la convocazione dei figli di Dio, santi e peccatori insieme: santi, perché amati da Dio, peccatori, perché sempre deboli ed esposti a rischi, ma capaci di ritornare sui propri passi, per dimorare nell’amore del Padre, nelle cui mani pongono la vita, la storia, le ansie e le speranze. Nel vostro cammino di fede troverà senso quello dei vostri figli, che voi indirizzate alla catechesi dell’Iniziazione cristiana, in Parrocchia. Essi comprenderanno che alcune esperienze critiche da voi affrontate hanno causato, senza volerlo, delle esclusioni, che vanno comprese nel tempo. In questo clima sereno sentiranno l’appartenenza alla Chiesa e godranno della identità della famiglia e della loro dignità di figli. Scrivo questi pensieri nel tempo di Avvento, mentre siamo prossimi al Natale, che ricorda a tutti noi che è sempre il Signore per primo a venire verso di noi. Noi dobbiamo solo accoglierlo. D’altra parte ogni tempo è sempre, nel cuore di ogni persona, attesa di cose migliori. La conversione, di cui parla il Vangelo in questo periodo, è già un dono di Dio che ci fa scoprire il suo venire verso di noi e la possibilità liberante che abbiamo di andare verso di Lui. È il suo amore infatti, che ci salva, ci purifica, ci eleva. Il nostro amore per Lui deve diventare amore verso il prossimo, qualunque prossimo che ha bisogno di noi. Quello che desideriamo per noi deve essere un bene anche per gli altri. E quel bene che rendiamo agli altri il Signore Gesù lo riterrà fatto a Lui. È nell’amore che saremo sicuramente riconosciuti dal Signore. In questo è la nostra speranza, quella che non delude. Questa nuova stagione pastorale vorrà segnare maggiormente la nostra vicinanza di Chiesa e, spero anche, la vostra gioia di riscoprirvi nell’amicizia e nella comunione con Dio. Dio fa fiorire anche il “deserto” ci ricorda la Bibbia . Vi formulo i miei migliori auguri di vita. Di cuore vi benedico. Brindisi 08.12.2011 Solennità dell’Immacolata Concezione 15 dicembre 2011 15 Attualità QUESTA ITALIA La decisioni e le modifiche del decreto “salva nazione” del Governo Monti Lavoro, rapporto tra generazioni, tessuto sociale sempre più fragili? S e c’era da salvare l’Italia (così è stata infatti denominata la manovra approntata dal governo Monti), si fa questo e altro, figurarsi. C’era da rastrellare una trentina di miliardi di euro in brevissimo tempo, e i metodi per arrivarci sono sempre i soliti: aumento della benzina, più tasse, un giro di vite sulle pensioni. Le accise sui carburanti sono regolabili nel tempo; le imposte si possono alzare o diminuire (ultimamente in Italia la seconda leva è assai arrugginita, siamo arrivati al massimo del prelievo fiscale di ogni tempo). Ma certe decisioni sulla previdenza rischiano di fotografare per molti anni una situazione molto ambigua. Lasciamo perdere il pur discutibile congelamento dell’adeguamento inflazionistico per una parte - quella sopra i 1.400 euro - delle pensioni erogate. Inizialmente era più punitivo, ora sicuramente meno. È una decisione ingiusta, più nel metodo che nella logica: andrebbe considerato il reddito complessivo della persona, non il suo assegno pensionistico. Puntiamo, invece, l’attenzione sull’innalzamento dei limiti di accesso alla pensione stessa, limiti che ora sono all’avanguardia nel mondo occidentale. Lo diciamo senza alcuna gioia, è un’avanguardia che nessuno ci invidia. Nel 1995 - anno della riforma previdenziale decisa da un altro governo “tecnico”, quello di Lamberto Dini - si andava mediamente in pensione a 55 anni. Quel “mediamente” significava che una bella fetta di italiani ci andava ben prima. Si alzarono i limiti: 57 anni. Quindi, nel corso dell’ultimo decennio, tra “scaloni” e “quote”, si è arrivati a minimo 62 anni; a qualsiasi età invece con 4 decenni di contributi. Quest’estate le manovre governative hanno peggiorato ancora la situazione: equiparazione tra uomini e donne (verrebbe da dire: tra nonni e nonne); “finestre” sempre più lontane; tentativi di cancellare le pensioni di anzianità, quelle che si maturano somman- S metterla di piangersi addosso e «riscoprire la stima che tanti di noi hanno verso il proprio Paese e i luoghi in cui vivono”, rendendo visibile “quell’orgoglio dell’essere italiani» e per «la bellezza di ciò che abbiamo». Edoardo Patriarca, segretario del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei cattolici italiani, commenta così il Rapporto Censis presentato il 2 dicembre a Roma sulla situazione sociale del Paese invitando a «raccontare un po’ di più» quel Paese che sembra sfuggire alle grandi statistiche, «fatto di persone, comunità e famiglie che ancora investono, soprattutto in ambito locale, nei territori nei quali vivono». Per Patriarca, «i dati raccolgono una percezione di stanchezza, sfilacciamento, paura di non farcela che effettivamente è diffusa» ma «siamo di fronte a una svolta e quel senso di comunità in grado di superare ogni avversità non è più così scontato». «Però – evidenzia il segretario delle Settimane Sociali – c’è anche tutto un altro Paese, fatto di persone, comunità e famiglie che ancora investono», ed «è lì che si gioca la novità», con «esperienze d’imprenditoria profit e non profit legate al territorio». Oggi «dobbiamo e vogliamo tornare a investire, a mettere in gioco le risorse. Attenzione, perciò, a letture rigorose dei problemi del Paese, che però non vedono la reazione che pure c’è. Il problema, semmai, è raccontare tutte queste esperienze, metterle in rete per dar vita a un’ondata di speranza e di positività, di cui abbiamo estremo bisogno». Circa la «responsabilità collettiva pronta a entrare in gioco» cui fa riferimento il Censis, Patriarca nota una diffusa «volontà di riprendere in mano il governo del territorio, le politiche a livello locale, non per egemonia, ma per essere protagonisti – conclude – del proprio futuro». do un minimo di età (62 anni) con un minimo di contributi (35 anni). E altro ancora. Già così, si erano in pratica spostati per tutti i limiti minimi di pensionamento. Non meno di 60 anni, spesso attorno ai 65 anni. Infine c’è stato da salvare l’Italia. S’è detto che non lo dovessero fare i “soliti noti” (lavoratori e pensionati). S’è omesso di dire la frase intera: “Non lo devono fare solo i soliti noti, ma anche loro balleranno questo valzer”. Sulle pensioni, le decisioni prese dal ministro del Welfare Elsa Fornero hanno fatto piangere pure lei nell’annunciarle. Il giorno dopo, quando sono state comprese appieno, a farle compagnia sono stati milioni di italiani. In particolare quelli della classe 1952: per effetto delle novità in materia, da pochi mesi il traguardo s’è spostato di sei anni. Almeno 72 mesi in più di lavoro, alla vigilia dei 60 anni di età. Ma se loro piangono, i quaranta-cinquantenni certo non ridono. Addio pensioni di anzianità, di fatto dal 2018; futura età media di pensionamento delle donne: 66 anni; degli uomini: 67-69 anni. Uno spiffero d’aria e si arriva ai 70. Ricapitolando. C’è chi è andato in pensione - non nel Neolitico - a 52-53 anni; chi con 15 anni di contributi versati; e chi ci andrà a 70 con una quarantina d’anni di lavoro alle spalle come minimo. Tutto qui. Non è questione di giustizia (lo sarebbe) o di equità (pure). Né si valuta la diatriba tra chi ha mangiato e chi alla fine pagherà il conto. In fondo si tratta di un regolamento di conti tra padri e figli. La vera questione da esaminare è quella occupazionale e sociologica. Il cosiddetto ricambio lavorativo, nei prossimi quindici- vent’anni sarà ridotto ai minimi termini. Già oggi non è che sia così semplice, per un giovane, trovare occupazione... Giovani che non piangono né si disperano per queste manovre semplicemente perché per loro, di fatto, il sistema previdenziale così come l’abbiamo conosciuto nel Novecento è stato abolito. L’estensione totale del sistema contributivo (tot versamenti, tot pensione) porta al superamento dei limiti di età, delle mensilità di contributi versati: tra trent’anni una richiesta d’informazioni all’ente previdenziale farà conoscere seduta stante all’interessato quale sarà il suo assegno pensionistico a una data età. Se ridicolo, avanti a lavorare anche fino a 90 anni. Se giudicato sufficiente per la propria situazione personale, se ne chiederà l’erogazione. Spariranno pure i nonni, e quel welfare familiare che permetteva ai giovani di avere qualcuno a fianco soprattutto nella cura dei figli. Nonna non c’è, è al lavoro. Nonno pure. Rivalutiamo i bisnonni? Ma la preoccupazione più grave è un’altra, tale da cambiare un intero modo di affrontare la vita. Questa è stata una riforma talmente estrema che, in verità, lascia scontenti pure gli industriali. Che si troveranno dipendenti ultrasessantenni a carico: cioè poco aggiornati, meno flessibili, meno produttivi, soprattutto più cari perché certo più costosi di un giovane tirocinante. C’è da scommettere che, nei fatti, un ultracinquantacinquenne diventerà un peso, da togliere in qualsiasi modo. Da licenziare, se sarà più facile farlo. Finora, lo sventurato aveva il problema di tirare avanti quei 3-4 anni che lo separavano dalla pensione. Ma RAPPORTO CENSIS Più stima di se stessi Volontà di costruire il futuro Alcuni dati del Rapporto. Dal 45° Rapporto Censis emerge che “la società è fragile, isolata e eterodiretta” ma “il passo lento del nostro sviluppo segue una solida traccia: valore dell’economia reale, lunga durata, articolazione socio-economica interna, relazionalità, rappresentanza”. Lo studio evidenzia come nel “picco della crisi 2008-2009 avevamo dimostrato una tenuta superiore a tutti gli altri, guadagnandoci una buona reputazione internazionale”; tuttavia, “ora siamo fragili a causa di una crisi che viene dal non governo della finanza globalizzata e che si esprime sul piano interno con un sentimento di stanchezza collettiva e di inerte fatalismo rispetto al problema del debito pubblico. Siamo isolati, perché restiamo fuori dai grandi processi internazionali. E siamo eterodiretti, vista la propensione degli uffici europei a dettarci l’agenda. I nostri antichi punti di forza non riescono più a funzionare”. Il Rapporto mostra come negli italiani, “in tempi difficili come quelli attua- li, c’è una responsabilità collettiva pronta a entrare in gioco che, come spesso è accaduto nei passaggi chiave della storia nazionale, può essere decisiva nel fronteggiare le difficoltà”. Il 57,3% dei cittadini è disponibile a sacrificare il proprio tornaconto personale per l’interesse generale del Paese (anche se, di questi, il 45,7% limita la propria disponibilità ai soli casi eccezionali). Identità italiana. L’identità italiana è per sua natura “molteplice”, ma ancora oggi “i pilastri del nostro stare insieme fanno perno sul senso della famiglia, indicata dal 65,4% come elemento che accomuna gli italiani. Seguono il gusto per la qualità della vita (25%), la tradizione religiosa (21,5%), l’amore per il bello (20%)”. Tuttavia, per avere un’Italia più forte le idee di cosa andrebbe messo al centro dell’attenzione sono abbastanza chiare: “Per più del 50% la riduzione delle diseguaglianze economiche. Moralità e onestà (55,5%) e rispetto quando gli anni mancanti saranno 15, e nessuno più ti vorrà assumere “perché sei vecchio, perché costi?”. Andate a vedere com’è l’America in recessione di oggi, per capire come sarà l’Italia di domani. Nicola Salvagnin per gli altri (53,5%) sono i valori guida indicati dalla maggioranza degli italiani. Ed emerge la stanchezza per le tante furbizie e violazioni delle regole. L’81% condanna duramente l’evasione fiscale: il 43% la reputa moralmente inaccettabile perché le tasse vanno pagate tutte e per intero, per il 38% chi non le paga arreca un danno ai cittadini onesti”. Stando al Rapporto, “la reputazione del nostro Paese all’estero è meglio dell’autostima italiana: siamo uno dei Paesi al mondo dove è più forte lo scarto tra quello che all’estero si pensa di noi e la reputazione che noi stessi attribuiamo all’Italia”. Nuovi media e accesso a internet. Per quanto riguarda la relazione degli italiani con i nuovi media, secondo il Censis, la televisione “resta sempre il mezzo più diffuso nel panorama mediatico italiano: il 97,4% della popolazione la utilizza”. Anche nel mondo dell’informazione la “centralità dei telegiornali è ancora fuori discussione, visto che l’80,9% degli italiani li utilizza come fonte principale. Tra i giovani, però, il dato scende al 69,2%, avvicinandosi molto al 65,7% riferito ai motori di ricerca su Internet e al 61,5% di Facebook. Per la popolazione complessiva, al secondo posto si collocano i giornali radio (56,4%), poi la carta stampata con i quotidiani (47,7%) e i periodici (46,5%). Dopo ci sono il televideo (45%), i motori di ricerca come Google (41,4%), i siti web d’informazione (29,5%), Facebook (26,8%), i quotidiani on line (21,8%)”. Circa l’accesso a Internet, l’Italia – viene registrato nel Rapporto – “continua a rimanere indietro rispetto a molti Paesi dell’Unione europea, sia per quel che riguarda la diffusione dell’accesso a Internet, sia per la qualità della connessione. Il nostro Paese si colloca al ventunesimo posto in entrambi i casi”. 16 Territorio 15 dicembre 2011 giubileo Da 25 anni i Carmelitani Scalzi sono a Santa Maria Madre della Chiesa Jaddico, rinnovata presenza accanto alla Madonna I l santuario «Santa Maria Madre della Chiesa» è officiato dai Padri Carmelitani Scalzi o Teresiani, da venticinque anni. Domenica 27 novembre prossimo verrà celebrato l’evento giubilare , con la solenne liturgia presieduta dall’Arcivescovo, mons. Rocco Talucci. Eventi di grazia per la comunità ecclesiale brindisina e per tutta la terra di Puglia che dal 1986 avvertono il calore materno della Madonna di Jaddico (Gallico), nuovo faro di luce evangelica irradiato dalla spiritualità dei figli del Carmelo. Senza enfasi e fuori da ogni retorica, il riferimento alla luce nasce dalla storia vera compiutasi dal 1962-63 vicino all’affresco sbiadito, rimasto tra i ruderi della cappella medievale – crollata sul finire del 1700 – eretta dai crociati in partenza dai lidi della città per la Terra Santa. L’icona fu venerata di Cavalieri del Santo Sepolcro e invocata per la liberazione della patria di Gesù a sostegno dell’impresa cristiana. Sì, proprio nella riscoperta della sacra icona della beata Vergine con il bambino, all’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso, nel buio della campagna selvaggia, l’immagine in diverse circostanze volte avvolta da tanta luce davanti alla piccola folla di fedeli in preghiera, raccolta accanto a Teodoro D’Amici, il primo “chiamato” dalla Madre di Dio a recarsi in quel luogo sul quale ora sorge il Santuario. La soave chiamata della Madre celeste raggiunse tanti altri figli, alcuni testimoni ancora viventi, che, solleciti e fervorosi accorsero, raccogliendosi in preghiera, con il rosario tra le mani, nel buio della sera inoltrata e nonostante l’inclemenza del tempo. Si congregarono nella Associazione dei Servi di Maria, per alimentare e diffondere il dono di quella luce ineffabile, che li avvolse e li inebriò con il fascino dell’amore di Maria, rivelatasi ai loro cuori. Fu Maria a scegliere quei laici ai quali affidò il messaggio della sua rinnovata presenza in Brindisi per rinvigorire la fede nella nuova stagione che si delineava sull’orizzonte della primavera ecclesiale, con il Concilio Ecumenico Vaticano II. Uomini e donne del popolo di Dio, mossi dallo Spirito, prima ancora che arrivasse l’accompagnamento della Chiesa gerarchica, ebbero il dono per primi di vivere il momento di grazia. La pietà filiale dei pionieri di Santa Maria di Jaddico ebbe il suo gradimento il 27 novembre 1986, con la “chiamata” dei Padri Carmelitani, con una circostanza che sembrerebbe fortuita, ma certamente voluta dalla madre del Signore. Chi scrive, allora Vicario generale, incrociò davanti alla chiesa l’allora Padre provinciale Innocenzo Parente, accompagnato da Padre Cirillo Di Rienzo, che si recavano a Taranto al Monastero Gesù Sacerdote. Si parlò degli accadimenti di Jaddico; auspicai la presenza di una comunità religiosa per l’incremento della pietà mariana, che vi cresceva di giorno in giorno… Padre Innocenzo e Padre Cirillo, espressero una generica disponibilità, che colsi subito, e ne parlai all’Arcivescovo, mons. Settimio Todisco, e il sogno divenne realtà. Come non leggere in tali avvenimenti, apparentemente casuali, il progetto del buon Dio, con il dono materno della Beata Vergine dei “Figli del Carmelo”? Fu un segno dei tempi alla nostra comunità, ripensando al ritorno dei Carmelitani a Brindisi, presenti nella chiesa di S. Teresa, eretta nell’omonima piazza nel sec. XVIII, uno scrigno di arte architettonica e pittorica, attigua al convento, poi caserma, ora sede dell’Archivio di stato. Il seme che sembrava soffocato dal turbine massonico-laicista, che soppresse gli Ordini religiosi nell’Ottocento, è rifiorito ai nostri giorni con intenso vigore. I Padri Teresiani custodiscono, dunque, da 25 anni la presenza di Maria come Cenacolo della Pentecoste, con l’oasi contigua, completata ed ampliata a proprie spese, per gli incontri di spiritualità, iniziando dal ritiro mensile del clero diocesano, dal gruppo di preghiera, dalla giornata di spiritualità la seconda domenica del mese, dalla giornata mariana, il 27 di ogni mese, con la processione per i viali del parco ove sorgono le statue dei misteri del Rosario. E ciò senza dimentica l’adorazione eucaristica del mercoledì e il pellegrinaggio automobilistico dell’8 dicembre per la festa dell’Immacolata. E tra qualche anno, ancora, celebreremo un altro evento giubilare: l’8 dicembre 1965, infatti, la chiesa fu benedetta dall’allora vicario generale, mons. Armando Franco. Fu dedicata a «Maria Madre della Chiesa»: il titolo che attribuì a Maria, papa Paolo VI a conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II. La coincidenza storica con la conclusione del Concilio è anche questo un segno di predilezione, che conferisce al nostro santuario il respiro delle ecclesialità cattolica, cioè universale. Un titolo, quello di “Madre della Chiesa”, che dice come Maria ci sia sempre accanto e grazie ai Padri Carmelitani di Jaddico, davvero sentiamo la Vergine vicina, come esprime lo stesso Concilio: «L’opera di Maria continua fino a che tutti gli uomini non siano condotti nella patria beata». Angelo Catarozzolo 17 Territorio 15 dicembre 2011 meic Il 5 dicembre convegno pubblico organizzato dal gruppo di San Pancrazio Salentino Per una riforma del sistema finanziario e monetario I l gruppo MEIC (Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale) di San Pancrazio Salentino, lo scorso 5 dicembre, ha dato avvio alle iniziative dell’anno sociale con la celebrazione di un Convegno pubblico sul documento del Pontificio Consiglio per la Giustizia e per la Pace “Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale”. Il Convegno si è tenuto presso l’Aula Consiliare del Comune di San Pancrazio e ad esso hanno partecipato, fra gli altri, alcuni esponenti delle associazioni ecclesiali e numerose personalità del mondo della cultura, della politica e dell’amministrazione comunale. Dopo i saluti del Presidente del gruppo Meic di San Pancrazio, Pietro Puricella, del Sindaco, Salvatore Ripa, del Parroco, don Pierino Manzo e di don Michele Arcangelo Martina, già assistente del Meic, ha introdotto i lavori l’Avv. Salvatore Lezzi, delegato regionale Meic per la Puglia il quale ha evidenziato le ragioni del Convegno nella particolarità del momento storico, «caratterizzato dalla profondità della crisi economico-finanziaria che acuisce ancor più le disuguaglianze tra cittadini e tra popoli e che per la sua virulenza e ingiustizia ci interpella, come cittadini e come credenti» ed obbliga tutti a «sviluppare in maniera approfondita le analisi sulle cause di essa e sulle possibili soluzioni», a coglierne il senso più recondito, secondo le indicazioni contenute nel Documento, per capire se, insieme alla realtà economica, «non siano entrati in crisi anche altre realtà, - principi e valori morali, culturali e di civiltà- che stanno alla base della convivenza umana». Il Prof. Fortunato Sconosciuto, illustrando la relazione di base del Convegno, ha definito il Documento un «contributo inatteso, audace e coraggioso, attraversato da una grande tensione ideale, pervaso da una profonda e forte vicinan- ha più contatti con l’economia reale, la produzione; ciò è stato reso possibile dall’affermarsi di una pericolosa miscela ideologica composta dal liberismo, dall’utilitarismo e dalla tecnocrazia; • occorre che la globalizzazione sia governata da una autorità pubblica mondiale, non sostitutiva delle autorità nazionali o regionali; • è necessaria una riforma del sistema finanziario e monetario il cui presupposto necessario sia il riconoscimento del primato Nella foto (da sinistra) Fortunato Sconosciuto, Pietro Puricella, Salvatore Lezzi della politica sull’economia e sulla finanza; Alla conclusione dei lavori, dopo un inteza all’uomo», un Documento che «ponendosi su un pia- ressante dibattito, l’Avv. Lezzi ha indicato alcuni strumenti no esclusivamente etico, svolge delle analisi profonde che di lavoro per quanti, ai vari livelli di responsabilità, hanno il esprimono un sapere sapienziale e globale e costituisce un dovere di proseguire la riflessione. Sul piano più strettamente culturale e sociale occorre ricontributo offerto alle donne e agli uomini del nostro tempo prendere «coraggio per la costruzione del futuro», aprendosi e alla comunità dei credenti». Il documento pontificio, ha continuato il Prof. Sconosciuto, alla «speranza del domani possibile» in una logica di “imma«ha inteso offrire anzitutto una nota di metodo che potrebbe ginazione prospettica” (Octogesima Adveniens), ossia di una essere riassunta nella doverosità per tutti, credenti e non, di capacità di percepire nel presente le tracce del futuro, che sia capire le cause della crisi ed affrontare i temi della sua solu- allo stesso tempo una “immaginazione prospettica comunizione». Un documento che si pone come «lettura approfon- taria” la quale, in quanto tale, si apra alla collaborazione fedita degli ultimi trenta anni di storia e che incrocia, su un conda di tutti e per ciò stesso sia capace di delineare i conpiano mondiale le grandi lotte tra imperialismi finanziari per torni di una nuova democrazia economica”. Su un piano più specificatamente ecclesiale, occorre riil dominio sui mercati, sul piano nazionale, la crisi di credibilità delle istituzioni politiche, la cultura del declino, secon- prendere una nuova teologia della speranza che sia capace di do la espressione dell’ultimo rapporto CENSIS, il disincanto tradursi in una nuova pastorale della speranza che dia senso giovanile, e, nel contesto meridionale e salentino, la evidente e contenuti anche ad una nuova stagione di “politica della speranza”, intesa come capacità di progettare “cose nuove”, e crescente marginalità che ne caratterizza la realtà». Il documento, -ha concluso il Prof. Sconosciuto-, pone l’esi- anche se ciò, - per riprendere testualmente alcune parole del genza di un nuovo processo di mobilitazione, «capace di ri- Documento- potesse apparire destabilizzante nei confronti mettere al centro delle azioni, l’idea che il mondo appartiene degli equilibri attuali, creati dalle forze economoco-finana tutti» e a tale scopo esso offre tre fondamentali piste di ri- ziarie che esercitano il dominio sui deboli. flessione: Gruppo Meic San Pancrazio S.no • il mondo finanziario è sempre più autoreferenziale, non esperienza Inedita presentazione di un libro Se la cultura entra in carcere C hi poteva immaginare che un libro diventasse uno strumento per un incontro di umanità, di riscatto, di speranza. Chi poteva immaginare che dell’Anno Europeo del Volontariato si parlasse anche in un carcere. Eppure ciò è avvenuto a Brindisi grazie al CSV Poiesis, all’autore del libro Franco Colizzi, alla Direttrice del carcere Anna Maria Dello Preite, agli operatori della sicurezza, agli educatori e agli stessi detenuti che non hanno fatto mancare a noi relatori, la loro attenzione ed il loro affetto. Non nascondo che all’inizio ci siamo sentiti un po’ smarriti o forse non adeguati al compito al quale eravamo stati chiamati. Non era la solita presentazione di un libro o il solito intervento sul volontariato, c’era una responsabilità che segnava i nostri pensieri, c’erano tante storie umane che non meritavano frasi di circostanza o ragionamenti che non fossero stati bagnati nelle acque delle nostre emozioni. Dopo l’introduzione della Direttrice che ha speso parole di gratitudine nei confronti del Csv Poiesis e dei “suoi” volontari, è intervenuto il Dott. Franco Colizzi che ha impresso alla presentazione del libro i toni della tenerezza e della fermezza, parlando delle strade del male e del dolore, della nonviolenza, del diventare persone e dell’amore, del confine tipico delle istituzioni totali (noi di qua, loro di là...), di questo nostro mondo che ha bisogno dell’apporto di tutti, anche di coloro che si trovano in una situazione detentiva. Quando il microfono è arrivato fra le mie mani, ho sentito forte il desiderio di portare ai detenuti, il saluto dei volontari della provincia di Brindisi, unito alla speranza che dalla temporaneità della restrizione della libertà, si possa ripartire per un nuovo progetto di vita fondato sui valori della solidarietà e della legalità. È stata l’occasione anche per riflettere sul progetto appena concluso “il carcere degli innocenti”, con il quale abbiamo iniziato il rapporto di collaborazione con la Casa Circondariale e che ha visto la partecipazione responsabile e competente dei volontari e delle associazioni impegnati in attività di accoglienza ed animazione dei figli dei detenuti, che attendevano il proprio genitore in una sala d’attesa, trasformata, in un vero e proprio laboratorio di giochi e di animazione. Mi è sembrato doveroso ricordare, infine, come è nata l’idea di quel progetto, a seguito del vibrante appello lanciato ai volontari da Padre Giovannino durante il Convegno promosso dal CSV e dall’Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni: aiutateci ad alleviare le sofferenze “ingiuste” di tanti bambini ed evitare di traumatizzarli ancor di più. Quella voce fu ascoltata dai volontari e dagli operatori del CSV che con entusiasmo e serietà hanno intrapreso un percorso di collaborazione che ha portato a far emergere con semplicità la dimensione creativa della cultura del dono, che in quanto tale, ha arricchito di umanità i volontari e le associazioni che hanno reso possibile la realizzazione di un luminoso segno di prossimità e di solidarietà. La serata della cultura e del volontariato nel carcere di Brindisi, si è conclusa con gli interventi del Consigliere Regionale Tony Matarrelli e del Cappellano Padre Giovannino Fabiano. All’uscita, quel pubblico speciale che aveva seguito con attenzione le nostre riflessioni, ci ha donato un “tesoro” inaspettato: le loro strette di mano, il loro grazie, la loro profonda umanità. Non potevamo immaginare una conclusione di serata così emozionante e calorosa, che ha fatto dire ad ognuno di noi: “auguri di vita nuova, il volontariato ha bisogno anche di voi”. Rino Spedicato I Accendi una stella l carcere, così come è in realtà, aggiunge troppo spesso alla solitudine del detenuto, la distruzione dei suoi legami familiari. L'impatto della detenzione è aggravato dalla privazione dei rapporti che il padre o la madre ha con i figli. Per il detenuto non vederli più, non sentirli, non poterli abbracciare, è una sofferenza. Da parte loro, i figli soffrono per questa privazione del loro rapporto con il padre o con la madre, essenziale per il loro sviluppo. I bambini con genitori detenuti soffrono molte forme di discriminazione. Non solo vengono privati di uno dei genitori, ma devono sostenere il peso della prepotenza, le difficoltà economiche, l'esclusione sociale e la vergogna. Ma questi bambini non hanno fatto nulla di male, e malgrado le numerose sfide che devono affrontare, non sono visti come un gruppo con diritti propri. È "il carcere degli innocenti"! Siamo ormai vicini al Natale, la festa per eccellenza dei bambini... A Natale ogni bambino si aspetta un regalo...anche i bambini, figli di detenuti. Si può avere il coraggio di rimanere indifferenti e far subire loro una ulteriore discriminazione? Il carcere di Brindisi, (dirigenti, volontari, cappellano), anche quest'anno ha preso l'iniziativa di regalare un dono ai bambini(da 0 a 15 anni) che vengono a visitare il loro genitore in carcere nella settimana prima di Natale. Per questo facciamo appello al buon cuore e alla generosità di tutti (parrocchie, ditte, singoli) per poter reperire i regali da donare ai bambini… È un dono per Gesù Bambino. È accendere la stella della solidarietà... A nome dei bambini e dei loro genitori "grazie" con l'augurio di buon Natale e felice anno nuovo. P. Giovanni Fabiano e i Volontari Missionaria da San Pancrazio ad Haiti Sono ad Haiti da poco più di due settimane ma non vi nascondo che ho l’impressione di essere qui da molto più tempo. Vado sempre in giro con il mio zaino che contiene medicine e materiale per le medicazioni e, credetemi, in ogni posto, ovunque mi giro, ci sono malati. Ormai iniziano a conoscermi e quando passo la gente stessa mi ferma per dirmi “vieni, qui c’è un malato” . […] Con la gente del posto abbiamo organizzato le visite infermieristiche. […] Sono venuti molti malati, soffrono di malattie della pelle, di anemia ma soprattutto vedo che la malattia peggiore è la fame. […] In questa zona chiamata Los Cacaos non ci sono medici né infermieri. […] L’ospedale più vicino si trova a circa 17 Km e non ci sono mezzi per andare se non asini e cavalli. […] Ciò che mi commuove e mi da una profonda gioia è vedere che la gente stessa ci aiuta nella missione. […] Trasportano i tubi e le pietre per costruire l’acquedotto e far arrivare l’acqua nei villaggi. Noi coordiniamo, lavoriamo con loro, una suora della comunità è esperta in questo tipo di opere, ma la manodopera è loro. […] Mi affido alle vostre preghiere insieme ai nostri fratelli di Haiti. Sr. Simona De Pace 18 Territorio 15 dicembre 2011 solidarietà La Fondazione Alessandra Bisceglia “W Ale” opera in tutta Italia Obiettivo: abbattere le barriere della disabilità C on l’obiettivo di studiare e curare le patologie vascolari del bambino, da circa due anni opera sul territorio nazionale la fondazione Alessandra Bisceglia “W Ale” Onlus. L’iniziativa è partita da amici e colleghi di Alessandra Bisceglia, giovane giornalista di Lavello prematuramente scomparsa a 28 anni a causa della malattia che l’ha accompagnata sin dalla nascita. Obiettivi prioritari della Fondazione: - abbattere le barriere architettoniche e culturali relative alla disabilità; - fornire sostegni concreti ai minori, affetti da patologie vascolari, - creare punti di riferimento per le famiglie, che vivono spesso con enorme difficoltà la malattia del proprio figlio, per le ricadute che tale patologia ha livello sociale, personale, relazionale ed emotivo. Per raggiungere tali obiettivi, la Fondazione opera in sinergia con Amministrazioni Pubbliche, Aziende Sanitarie Locali, Istituti di ricerca scientifica, Università e Associazioni. Tra le iniziative già realizzate: - il finanziamento di un dottorato in Chirurgia Rigenerativa presso l’Università Tor Vergata a Roma; - il finanziamento di una borsa di studio per la ricerca epidemiologica presso l’Istituto Superiore di Sanità a Roma; - la formazione di personale medico e paramedico con la realizzazione di due convegni su “Angiomi e Anomalie vascolari” presso l’ASP di Potenza; - la realizzazione del servizio radio taxi accessibile a Roma; - la pubblicazione della guida per l’autonomia possibile rivolata alle famiglie di bambini con disabilità. Significativa, al riguardo, risulta l’apertura presso l’Ospedale San Francesco di Venosa delle “Stanze di Ale”. Fondazione e Asp operano insieme per ottimizzare il percorso di diagnosi e cura dei pazienti affetti da malformazioni vascolari congenite. Si tratta, infatti, di patologie, poco frequenti, che per la loro gravità rappresentano spesso motivo di enorme disagio per la famiglia e per gli operatori. Attraverso azioni programmate e coordinate si tenta di ridurre questa criticità socio-sanitaria. Sono coinvolte nel progetto diverse figure specialistiche (pediatri, esperti in malattie vascolari, psicologi, volontari) che insieme accompagnano la famiglia, creando una rete di relazioni positive ed efficaci in grado di assicurare un intervento mirato e adeguato. Con l’apertura delle “Stanze di Ale” si vuole facilitare e sostenere il cammino che la famiglia deve affrontare per trovare risposte adeguate ai suoi bisogni. All’interno della struttura (aperta il martedì, dalle 10.00 alle 12.00, e il giovedì, dalle 16.00 alle 18.00) opera il prof. De Stefano, che offre gratuitamente la sua consulenza medica alle famiglie che fanno richiesta presso lo spazio dell’Asp. Le prenotazioni si possono effettuare chiamando (nei giorni indicati) i numeri 339/1601371, oppure 0972/39245. Le varie attività richiedono un grande impegno da parte dei membri della Fondazione, che mettono a disposizione tempo e risorse. La realizzazione è subordinata ai contributi inviati da gente sensibile a queste problematiche, che ha creduto nella possibilità di veder realizzati tanti sogni in pochi anni. Solo con l’aiuto di tutti è possibile continuare a far splendere quel sorriso, che Alessandra sapeva donare con gratuità e forza, insieme al messaggio che è possibile “farcela nonostante tutto”. Raffella Restaino convegno Ad Ostuni a cura della Società Italiana di Pediatria Il bambino, l’adolescente e il web U na ricorrenza importante quella del 20 novembre scorso, data in cui è stata celebrata la Giornata Mondiale per i Diritti dell’Infanzia, il 22° anniversario dell’approvazione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (20 novembre 1989), il trattato più ratificato nella storia della comunità internazionale (193 Paesi) ed il più importante strumento giuridico di enunciazione e tutela dei Diritti di ogni Bambino e Bambina, ragazzo e ragazza. La Società Italiana di Pediatria (SIP) ha festeggiato tale ricorrenza indicendo in tutte le Regioni Italiane la “Giornata degli Stati Generali della Pediatria”, avente per tema: “Il Bambino, l’Adolescente e il web”. In Puglia il consiglio direttivo della SIP ha scelto Ostuni come location ideale per l’evento, in quanto città nota a livello nazionale ed internazionale per l’interesse culturale tradizionalmente profuso nei confronti dell’infanzia e della sua tutela. La manifestazione si è svolta nella mattinata del 19 novembre presso il Cinema Teatro Roma, con la formula del “talk show” mediata dal giornalista Francesco Roma, e con la partecipazione delle scuole secondarie di I e II grado e le ultime tre classi della primari, con un concorso sul tema “Il Bambino, l’Adolescente ed il web”. “L’appuntamento svoltosi ad Ostuni ha riscosso particolare interesse e una significativa partecipazione» - ha dichiarato il dottor Giuseppe Colucci, della segreteria scientifica e organizzativa. «Con questa giornata è stato abbiamo inteso promuovere, tra i bambini e gli adolescenti, un uso più consapevole del web, che valorizzi le opportunità e minimizzi i rischi». L’argomento di strettissima attualità – ha evidenziato il dottor Colucci - ha visto, medici, pediatri, educatori, insegnanti, giornalisti, forze dell'ordine, famiglie e istituzioni unite nella consapevolezza che un mezzo come il web, sia sì una grande opportunità, ma comporta dei rischi seri soprattutto per i minori. In questa attività di convegno A Brindisi a cura della Provincia Figli si nasce, genitori si diventa “F supporto ai bambini e agli adolescenti ad un uso più consapevole di internet sono fondamentali le figure dei genitori e degli insegnanti che dovrebbero avere cura di educare ad un utilizzo conscio soprattutto per i pericoli e le insidie che si nascondono nel web». E proprio al mondo della scuola è stato dedicato un concorso “Il bambino, l'adolescente ed il web”, al quale hanno aderito numerose realtà scolastiche del territorio. Nel corso dell'evento, promosso dalla Società Italiana di Pediatria, sono stati assegnati tre premi: uno per le elementari, uno per le medie ed uno per gli istituti superiori. Per le Elementari il 1° premio è stato assegnato alla 5ª D della scuola primaria 3° Circolo "Giovanni XXIII di Ostuni; premio speciale alla 1 ª e 2ª C della scuola primaria 2° Circolo “Vitale” plesso “La Nostra Famiglia” di Ostuni; per le secondaria I grado il 1° premio è andato alla 3ª F della scuola media “N.O. Barnaba di Ostuni”; premio speciale alla 3ª B della scuola secondaria I grado “Dante Alighieri” di Villa Castelli; per la secondaria II grado primo premio ex aequo alla 5ª A dell'Istituto tecnico Commerciale “J. Monnet” di Ostuni, alla 5ª A del Liceo Polivalente “Don Punzi” di Cisternino, e al Liceo Scientifico “L. Pepe” di Ostuni. Antonella Di Coste igli si nasce, genitori si diventa”, è stato il tema del convegno organizzato il 24 novembre presso l’Auditorium del Museo Archeologico Provinciale di Brindisi, dal Centro Risorse Famiglia in collaborazione con la Regione Puglia e la Cooperativa “F. Aporti” di Brindisi. All’incontro, avviato dal coordinatore del Centro Risorse Famiglia Paolo Danza, hanno partecipato Oliviero Rossi, psicologo e psicoterapeuta, Maria Mancarella, psicologa e docente di Sociologia della famiglia presso l’Università di Lecce e Ada Marseglia, presidente dell’Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e i minori. «Abbiamo scelto questo tema perché è di grande attualità sempre – ha detto Paolo Danza – e l’obiettivo è quello di coinvolgere tutte le figure che ne fanno parte, dal legale al sociologo allo psicologo, per provare a dare una visione unitaria della complessità della genitorialità». Essere genitori oggi, infatti, non riguarda solo un aspetto individuale ma anche la coppia in sé, quindi bisogna assolvere insieme questo compito di grande responsabilità. Partendo dal commento del film “Il monello” di Charlie Chaplin è stata condotta un’analisi del tema dal punto di vista psicoanalitico per definire, con l’intervento del dott. Oliviero, l’aspetto emotivo nel rapporto genitori – figli. La dott.ssa Mancarella ha offerto un contributo sul tempo della genitorialità e la presenza dei figli nella vita dei genitori descrivendo il loro ruolo nel contesto familiare, contestualizzando il tutto, con l’intervento dell’avv. Marseglia, attraverso una carrellata dei cambiamenti verificatisi in questi anni, con le nuove leggi, che hanno rivestito di una nuova responsabilità il compito educativo della coppia nella crescita della prole. Attraverso i contributi degli esperti, l’incontro ha evidenziato la complessità della bi-genitorialità, che non è relativa solo alla nascita biologica: essa esercita, infatti, un ruolo notevole, a livello individuale e relazione, nella vita di ogni genitore. Quanto emerso dal convegno ha sottolineato particolarmente che non esiste certamente un format per essere un genitore perfetto, né tanto meno si può adottare sempre lo stesso identico stile educativo senza tener conto dell’età dei propri figli, dei cambiamenti e dei canali comunicativi e relazionali più giusti che devono essere adottati in merito. Daniela Negro 15 dicembre 2011 19 Vita di Chiesa MIGRANTI E RIFUGIATI Messaggio del Papa per la Giornata 2012 Migrazioni e nuova evangelizzazione “L’ ora presente chiama la Chiesa a compiere una nuova evangelizzazione anche nel vasto e complesso fenomeno della mobilità umana, intensificando l’azione missionaria sia nelle regioni di primo annuncio, sia nei Paesi di tradizione cristiana”: lo scrive Benedetto XVI nel messaggio per la 98ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato (15 gennaio 2012), sul tema “Migrazioni e nuova evangelizzazione”. Il testo, presentato il 25 ottobre in Vaticano dal presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale per i migranti e gli itineranti, mons. Antonio Maria Vegliò, evidenzia “l’urgenza di promuovere, con nuova forza e rinnovate modalità, l’opera di evangelizzazione in un mondo in cui l’abbattimento delle frontiere e i nuovi processi di globalizzazione rendono ancora più vicine le persone e i popoli, sia per lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, sia per la frequenza e la facilità con cui sono resi possibili spostamenti di singoli e di gruppi”. Il Papa formula in apertura del messaggio un invito ai fedeli: “In questa nuova situazione dobbiamo risvegliare in ognuno di noi l’entusiasmo e il coraggio che mossero le prime comunità cristiane a essere intrepide annunciatrici della novità evangelica”. scorso anno per questa Giornata mondiale”. Aggiunge che “il nostro tempo è segnato da tentativi di cancellare Dio e l’insegnamento della Chiesa dall’orizzonte della vita, mentre si fanno strada il dubbio, lo scetticismo e l’indifferenza, che vorrebbero eliminare persino ogni visibilità sociale e simbolica della fede cristiana”. Quindi gli stessi migranti cristiani rischiano di “perdere il senso della fede”. Tuttavia, secondo il Papa “l’odierno fenomeno migratorio è anche un’opportunità provvidenziale per l’annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo”. Aprirsi all’accoglienza. Benedetto XVI incoraggia gli operatori pastorali ad “aggiornare le tradizionali strutture di attenzione ai migranti e ai rifugiati” e invita stampa e media a “far conoscere, con correttezza, oggettività e onestà, la situazione di chi ha dovuto forzatamente lasciare la propria patria”. Alle comunità cristiane chiede di aprirsi alle nuove situazioni, sostenendo la “promozione di nuove progettualità politiche, economiche e sociali, che favoriscano il rispetto della dignità di ogni persona umana, la tutela della famiglia, l’accesso ad una dignitosa sistemazione, al lavoro e all’assistenza”. Il Papa richiama poi la situazione di “numerosi studenti internazionali che affrontano problemi d’inserimento, difficoltà burocratiche, disagi nella ricerca di alloggio e di strutture di accoglienza”. Chiede “in modo particolare” di essere “sensibili verso tanti ragazzi e ragazze che, proprio per la loro giovane età, oltre alla crescita culturale, hanno bisogno di punti di riferimento e coltivano nel loro cuore una profonda sete di verità e il desiderio di incontrare Dio”. Di qui l’invito alle Università d’ispirazione cristiana ad essere “luogo di testimonianza e d’irradiazione della nuova evangelizzazione, seriamente impegnate a contribuire, nell’ambiente accademico, al progresso sociale, culturale e umano”. Opportunità per l’annuncio. Benedetto XVI non nasconde che la prospettiva dell’evangelizzazione oggi è alquanto problematica. “Le attuali ed evidenti conseguenze della secolarizzazione, l’emergere di nuovi movimenti settari, una diffusa insensibilità nei confronti della fede cristiana, una marcata tendenza alla frammentarietà, rendono difficile focalizzare un riferimento unificante che incoraggi la formazione di ‘una sola famiglia di fratelli e sorelle in società che si fanno sempre più multietniche e interculturali, dove anche le persone di varie religioni sono spinte al dialogo, perché si possa trovare una serena e fruttuosa convivenza nel rispetto delle legittime differenze’, come scrivevo nel messaggio dello mass media e dintorni Un’idea offensiva e demenziale Indignazione unanime per la pubblicità su Papa e Imam L a foto è stata ritirata, ma la gravità della trovata resta intatta, come lo scalpore che ha generato. Il riferimento è all’immagine scandalosa che ritraeva papa Benedetto XVI nell’atto di baciare sulla bocca l’imam di Al Ahzar, Ahmed al-Tayyeb. Nell’ambito della stessa campagna pubblicitaria, sono comparse le gigantografie di altri baci fra i principali esponenti politici di tutto il mondo: il presidente Usa, Barack Obama, e il presidente cinese, Huu Jintao, il cancelliere tedesco, Angela Merkel, e il presidente francese, Nicholas Sarkozy, i leader della Corea del Nord e della Corea del Sud, Kim Jong e Lee Myung Bak, il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, e il premier israeliano, Benjamin Natanyahu... Ma il bacio fra il Papa e l’Imam è stato raffigurato in maniera ancora più passionale, probabilmente in virtù della connotazione religiosa che avvolge i due protagonisti, con tanto di mano dell’Imam poggiata sul collo del Papa per stringerlo a sé. Più che di sorpresa, la reazione è stata d’indignazione e di fastidio da parte non soltanto delle gerarchie vaticane ma del pubblico in genere. Le immagini – ispirate alla famosa fotografia del bacio fra Leonid Breznev, allora presidente dell’Urss, ed Erich Honecker, presidente della Germania Est – sono state ottenute con fotomontaggi e abili artifici tecnici, ma questo non toglie nulla alla loro potenzialità evocativa. La campagna pubblicitaria è stata realizzata da Fabrica, la divisione che cura la comunicazione di Benetton, già protagonista in passato di altre proposte a effetto anche con la consulenza di Oliviero Toscani. Quest’ultimo, intervistato da “la Repubblica”, ha dichiarato che non si tratta di una campagna shock, ma di una campagna “patetica”, aggiungendo: “Non colgo il messaggio, è solo volgarità”. Se perfino lui, provocatore nato, ha preso le distanze, qualcosa vorrà pur dire... Messa sotto accusa, l’azienda produttrice di abbigliamento ha dichiarato che in realtà l’obiettivo della campagna non era quello di scandalizzare bensì quello di contrastare la cultura dell’odio promuovendo la vicinanza fra popoli, fedi e culture. Ma, “per non urtare la sensibilità dei fedeli”, ha deciso comunque di ritirare immediatamente l’immagine da ogni pubblicazione. Intanto, però, l’effetto mediatico era già stato ottenuto e il clamore suscitato dal bacio fra il Papa e l’Imam è decisamente superiore a quello generato dalle altre immagini della serie. Oltre alla figura del Santo Padre e a ciò che essa rappre- senta per i fedeli e per il mondo intero, anche il significato di un gesto d’amore così profondo e denso di senso come è il bacio è stato svilito in maniera ingiustificata, diventando così un elemento di attrazione morbosa dell’attenzione pubblica, a scopi non certo sociali o educativi ma meramente commerciali. Non è inutile ricordare le immagini che in passato hanno accompagnato di volta in volta le altre campagne pubblicitarie della Benetton, dalle navi cariche di clandestini alle uniformi insanguinate di soldati uccisi, dal bacio fra un giovane prete e una giovane suora al malato di Aids morente ritratto come fosse un Cristo, dall’immagine della modella anoressica alle file di profilattici colorati. Che cosa c’entra tutto questo con un marchio di abbigliamento? Discutibile è anche il modo in cui la campagna di comunicazione è stata lanciata, con una serie di azioni dal vivo che hanno portato all’improvvisa esposizione dei manifesti con le foto in luoghi simbolo: la gigantografia del bacio fra il Papa e l’Imam è stata srotolata a Roma, quella di Obama e Jintao a Milano e l’invasione è continuata sul web, dove la memoria visiva si mantiene più a lungo grazie alla possibilità dei supporti elettronici di archiviare qualunque contenuto rendendolo sempre disponibile agli utenti con un click. Oltre alla questione etica e agli obblighi dettati dal buonsenso, c’è anche un preciso risvolto deontologico che ha a che fare con i doveri dei pubblicitari e di chi si affida a loro. Il “Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale” (www.iap.it), in vigore dal 1966 e giunto alla sua 52ª edizione, sancisce nell’art. 7 che la pubblicità “non deve offendere le convinzioni morali, civili e religiose” e “deve rispettare la dignità della persona umana in tutte le sue forme”. È rivolto a tutti noi l’invito di padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, che dichiara: «Bisogna esprimere una decisa protesta per un uso del tutto inaccettabile dell’immagine del Santo Padre, manipolata e strumentalizzata nel quadro di una campagna pubblicitaria con finalità commerciale. Si tratta di una grave mancanza di rispetto verso il Papa, di un’offesa dei sentimenti dei fedeli, di una dimostrazione evidente di come nell’ambito della pubblicità si possano violare le regole elementari del rispetto delle persone per attirare attenzione attraverso la provocazione». Marco Deriu Nuovo Nunzio per l’Italia È mons. Adriano Bernardini, finora Nunzio Apostolico in Argentina, il nuovo nunzio apostolico in Italia e nella Repubblica di San Marino. Originario della diocesi di San Marino - Montefeltro, è stato ordinato sacerdote il 31 marzo 1968 e si è incardinato nella diocesi di Roma. È laureato in teologia e filosofia. Entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede nel 1973, successivamente ha prestato la propria opera nelle rappresentanze pontificie in Pakistan, Angola, Giappone, Venezuela e Spagna. Il 7 gennaio 1989 è stato nominato incaricato d’affari nella Nunziatura apostolica in Cina. Il 20 agosto 1992 è stato eletto alla sede titolare di Faleri con dignità di arcivescovo e nominato nunzio in Bangladesh. Il successivo 15 novembre ha ricevuto l’ordinazione episcopale. Il 15 giugno 1996 è stato trasferito alle nunziature in Madagascar, Maurizio e Isole Seychelles, con funzioni di delegato apostolico per La Réunion e le Isole Comore. Il 24 luglio 1999 è divenuto nunzio in Thailandia, in Singapore e in Cambogia e delegato apostolico in Myanmar, in Laos, in Malaysia e in Brunei. Il 26 aprile 2003 è stato trasferito alla rappresentanza pontificia in Argentina. Nuovo Vescovo a Taranto Il Santo Padre ha nominato il Vescovo Filippo Santoro, Arcivescovo Metropolita di Taranto (superficie: 1.056; popolazione: 408.481; cattolici: 405.542; sacerdoti: 236; religiosi: 384; diaconi permanenti: 16), Italia. L’annuncio è stato dato il 21 novembre scorso. L’Arcivescovo eletto, dal 2004 Vescovo di Petropolis (Brasile), è nato a Carbonara (Italia) nel 1948 ed è stato ordinato sacerdote nel 1972; dal 1984 al 1996 è stato Sacerdote fidei donum nell’Arcidiocesi di São Sebastião do Rio de Janeiro (Brasile); nel 1992 è stato Membro della Delegazione della Santa Sede per la Conferenza Mondiale sull’ambiente; nel 1996 ha ricevuto l’ordinazione episcopale. Succede all’Arcivescovo Luigi Papa, O.F.M.Cap., del quale il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della medesima Arcidiocesi metropolitana, presentata per raggiunti limiti d’età. A S.E. Mons. Santoro, che prenderà il possesso canonico nelle prossime settimane, l’augurio di un fecondo lavoro al servizio della Diocesi di Taranto e dell’intera Chiesa di Puglia. 20 «È di Michael Davide necessario tornare continuamente a Betlemme, per ripartire sempre da Betlemme quel luogo di riconoscimento e di adorazione percepito e vissuto nella piccolezza, nell’inermità, nella marginalità. Si potrebbe dire che, in quel luogo, per la prima volta l’uomo ha potuto sentire il profumo di Dio, riconoscendovi qualcosa di simile al suo proprio odore di divina umanità. Come un pane appena “sfornato”, il bambino, adagiato nella mangiatoia (Lc 2, 16), è là per essere consegnato allo sguardo dei pastori, il cui amore può già mangiarlo, proprio come da credenti facciamo durante la celebrazione liturgica e nei momenti di adorazione silenziosa davanti all’eucaristia». Ci sembra, se non il cuore, una delle pagine più significative scritte da Fratel MichaelDavide nel suo «Betlemme la casa del pane. Il futuro è possibile», un agile volumetto di 67 pagine appena che, con prefazione di mons. Marcello Semeraro, è pubblicato nella collana «Cammini di Chiesa» nelle edizioni Dehoniane di Bologna. «L’autore, monaco benedettino - scrive mons. Semeraro -, non è soltanto un maestro spirituale, ma ha pure il dono di una forza narrativa essenziale, ma sempre efficace; mai sganciata dal racconto biblico e capace di introdurre suggestioni e aprire piste di meditazione. A Betlemme accadono storie lontane - aggiunge -, che non soltanto c’interessano, ma ci coinvolgono, e noi vi entriamo con le nostre domande, le nostre perplessità, le nostre gioie, le nostre consolazioni. A Betlemme si vivono “affetti” e si svelano “fragilità”: sono gli ambiti di vita nei quali il simbolo di Betlemme si lega in particolare all’eucaristia». Del resto Betlemme è la «casa del pane» ed il luogo di grido e di lamento - notiamo in queste pagine pensando a Rut ed a Rachele ed agli Innocenti - e nel contempo sappiamo che l’eucaristia si pone e ci pone tra la mangiatoia e la croce. «La carne del Verbo si è rivelata e si è donata nella kenosi - leggiamo - abbassamento e dolore, che è la vita di ogni discepolo e della Chiesa». E così Fratel MichaelDavide, in questo approfondimento spirituale dell’eucaristia, propone prima una meditazione su «il pane della speranza», quindi su «il forno dell’incarnazione» ed ancora, spezzettandoci come pane «una brutta storia» ed «una storie bellissima», invita tutti: «Andiamo a Betlemme», evocata come luogo di nascita e di morte. E ciascuno così è portato a considerare come «l’eucaristia rimane il pane vero dei poveri e dei viandanti, l’eucaristia annuncia la possibilità di fare della vita, con le sue contraddizioni e i suoi patimenti, il luogo del culto “in Spirito e Verità”». Angelo Sconosciuto «M Il «sequestrato di Dio» di Edmondo Soave ons. Giuseppe Vairo - Il “sequestrato” di Dio», di Edmondo Soave (Osanna Edizioni, pp. 291, euro 16), è prima di tutto un omaggio che l’autore - giornalista nella redazione Rai di Potenza - ha voluto offrire ad una figura di vescovo che, senza questo libro, sarebbe rimasta nell’ombr a in cui è finita quando ha lasciato il servizio e più ancora dopo la sua morte. Monsignor Vairo non è una figura facile da affrontare e non è facile muoversi «nel suo nomadismo pastorale di episcopio in episcopio», in Calabria, in Puglia e in Basilicata. Egli nacque a Paola nel 1917 e morì a S. Giovanni Rotondo nel 2001, la sua «cifra» indiscutibile? La scelta (dichiarata) della povertà: «Cento pezze sui pantaloni e sulle camicie», dice un testimone potentino. E sono almeno tre i «capitoli» della storia di questo presule, che Soave ha trasformato nei capisaldi del suo volume. Primo: la sua partecipazione al Concilio Vaticano II. A Roma, monsignor Vairo dà un contributo «decisivo addirittura nella definizione stessa di Chiesa che andava avanzando tra i padri conciliari». Il frutto è nella «Lumen Gentium», la Costituzione dogmatica sulla Chiesa. Il secondo tema «forte» del libro è quasi un saggio nel saggio: la vicenda della contestazione post conciliare, delle comunità di base, che ebbe a Lavello un protagonista assoluto in don Marco Bisceglia. Il terzo «pilastro» del libro data dall’arrivo di monsignor Vairo a Potenza, dove «non era desiderato», come dice senza mezzi termini un altro testimone. È stato arcivescovo di Potenza dal 1977 al 1993: un certo pregiudizio, forse anche la fama di «freddo» che il vescovo si portava dietro dai tempi di Gravina-Irsina, la sua grande cultura, soprattutto teologica, che fa pensare che non si faccia capire, fanno sì che la sua strada a Potenza sia subito in salita. Bisogna riconoscere - e Soave lo annota - che anche monsignor Vairo aveva le sue convinzioni su una Basilicata che «aveva conosciuto solo feudatari» e su un «peso» della politica, che è una pagina tutta da approfondire. Vairo - dice il libro - interruppe il «collateralismo» e ciò non lo rese «simpatico», in particolare alla Dc. Nell’intervista in fondo al volume c’è un giudizio durissimo sul partito democristiano e sulla sua «involuzione». C’è da domandarsi però (e qui la storia lucana è stata scritta solo in piccola parte) fino a dove sia valida la tesi di un’interruzione del collateralismo e soprattutto a chi si limiti. Vi sono state poi le vicende del terremoto del 1980, il sinodo diocesano, convocato nel 1990, con programmi e progetti rimasti per lo più sulla carta, il seminario maggiore di Potenza. Tutte tappe del percorso di un pastore d’anime: contributo alla storia della chiesa italiana del ‘900. 15 dicembre 2011 IL LIBRO Betlemme la casa del pane RIVISTE IL LIBRO Libri Il popolo di Dio e i suoi pastori di Michele Pellegrino A 40 anni dalla pubblicazione della memorabile lettera pastorale «Camminare Insieme» ed a 25 anni dalla scomparsa di un presule così amato, la collana «Studia Taurinensia» - promossa dalla Sezione di Torino della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale – grazie alla «Effatà Editrice» (pp. 160, euro 18) si arricchisce di una sottosezione, che sarà di sicuro successo, perchè raccoglierà gli «Inediti Pellegrino», chiamati a dare ulteriore conferma – ove ve ne fosse bisogno - alla grande statura culturale e morale di quest’uomo di chiesa, unita alla sua grande capacità di «camminare insieme». Ed il primo volume , significativamente intitolato «Il popolo di Dio e i suoi pastori», presenta «Cinque conferenze patristiche». Il volume - a cura di Clementina Mazzucco, che più volte è intervenuta con studi sul cardinale torinese, e con la collaborazione di Chiara de Filippis - ripropone cinque conferenze tenute dal cardinale Michele Pellegrino presso la Facoltà autonoma di teologia protestante dell’Università di Ginevra nel 1978-79, l’ultimo del decanato di François Bovon, il quale scelse con il presule, accuratamente, il soggetto delle conferenze – ricorda il prof. Carlo Ossola, testimone di questa operazione culturale prestigiosissima - «nell’intento di trovare al dialogo ecumenico un terreno storico, piuttosto che dottrinale, di meditazione, utile all’una e all’altra confessione, al fine di riscoprire – presso i Padri della Chiesa – la radice e il nutrimento per incrementare quella speciale “sollecitudine” per il Popolo di Dio che i documenti del Concilio vaticano II avevano rilanciato e che costituiva una delle linee pastorali più continue della tradiziione riformata». E dunque ecco le conferenze su Ambrogio, Massimo di Torino, Agostino, Cesario di Arles e Gregorio Magno, cinque santi vescovi della Chiesa latina scelti da Pellegrino perchè «tutti caratterizzati da un’intensa attività pastorale e dall’aver meditato, parlato e scritto sul ruolo del pastore e sul suo rapporto con i propri fedeli». Il cardinale dimostrò con lo stile dell’accorto filologo e la sollecitudine del pastore d’anima, «come da Ambrogio, ad Agostino, a Gregorio, si amplia la realtà “di popolo di Dio” oggetto della loro cura pastorale e crescono, aggravandosi, le responsabilità del pastore», il cui asse portante di ogni impegno «è il “servizio della parola”, ossia la predicazione, accanto alla celebrazione della liturgia», «e fondamento della predicazione è la Bibbia», si aggiunge, che va spezzettata ai fedeli e che è elemento fondante «della comunione tra pastore e popolo di Dio». (a. scon.) 21 Cinema 15 dicembre 2011 CINEMA E FEDE All’Università Lateranense il convegno internazionale “Film and Faith” Il sacro attraverso il linguaggio delle immagini N ella più recente produzione cinematografica «il sacro emerge nei film a volte solamente sussurrato, come fosse una traccia da seguire». A rilevarlo è mons. Claudio Maria Celli , presidente del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali (Pccs), intervenuto al convegno internazionale “Film and Faith” tenutosi a Roma (Pontificia Università Lateranense) per iniziativa della Fondazione Ente dello Spettacolo con il patrocinio dei Pontifici Consigli cultura e comunicazioni sociali. Nell’odierno «bisogno di spiritualità», secondo mons. Celli il cinema può essere visto come «strumento per avvicinarsi al sacro attraverso il linguaggio privilegiato delle immagini». In particolare quando i registi «lasciano che sia lo spirito ad esprimersi», spingendo l’uomo a «confrontarsi con il mistero del mondo e della vita». Fede invocata o rinnegata. «Vogliamo guardare a una delle realtà importanti nella vita dei giovani, che è il mondo del cinema», e vedere come «entra in relazione con il mondo della fede». Così mons. Paul Tighe, segretario del Pccs. «Gran parte del mondo del cinema - spiega - si apre su un mondo a sua volta aperto alla trascendenza. Vogliamo vedere come una generazione di bambini cresciuti con Harry Potter e il Signore degli anelli» sia in grado di «pensare le domande più profonde della vita». Il rettore della Pul, mons. Enrico Dal Covolo , rileva la frequenza in molte opere cinematografiche di «una fede più o meno cosciente, invocata o rinnegata», che a volte si esprime in «una volontà anelante a comunicare con il divino». Laboratorio etico. «Il cinema resta ancora oggi un linguaggio potente, un medium capace di ri-mediarsi e ridefinire il suo ruolo e il suo significato anche nell’era digitale. E proprio questa doppia vocazione originaria continua a rendere il cinema sempre più prezioso in un’era come la nostra» che «ha bisogno di narrazione e di infinito», sostiene mons. Domenico Pompili , sottosegretario Cei e direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, per il quale il cinema e la narrazione in generale hanno due «funzioni fondamentali: la capacità di offrire una sorta di laboratorio etico» e «la capacità di costituire un ‘medium’». Il racconto é quindi un «laboratorio, una ‘palestra etica’» che «aiuta ad affrontare le questioni estremamente reali della nostra esistenza». È possibile, con l’arte cinematografica, narrare la fede nel contemporaneo ma questo non vuol dire necessariamente fare la trasposizione della Bibbia. Ne è convinto mons. Dario Edoardo Viganò, preside del Pontificio Istituto pastorale “Redemptor hominis” e presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo. «L’artista rende visibile ciò che spesso non è visibile - spiega -. Il cinema è quel testo che si fa incontro tra una storia, quella delle grandi strutture della fede custodita dalla Bibbia, e la vita che il regista con uno sguardo responsabile è chiamato a raccontare». «Ci sono forme di narrazione cinematografica in cui il fatto religioso trova spazio» e «le grandi strutture della fede» vengono raccontate «sullo sfondo del rapporto tra Dio e l’uomo. Più che la mano del regista o la sua eventuale fede, ciò che conta è il rapporto vitale che l’artista ha con il testo». LE NEVI DEL KILIMANGIARO MIDNIGHT IN PARIS regia: Robert Guediguian regia: Woody Allen Robert Guediguian torna al suo cinema: quello ambientato nella sua Marsiglia, quello che racconta il mondo dei lavoratori, quello che utilizza la sua famiglia di attori feticcio, prima su tutti Ariane Ascaride, sua moglie. E ha raccontato di essere tornato al suo cinema per poter indagare come e cosa fosse cambiato del suo mondo, per fotografare la nuova realtà lavorativa, familiare, umana della nostra complessa società. Lo spunto per “Le nevi del Kilimangiaro”, a breve nei cinema italiani, è venuto, però, al regista rileggendo una poesia di Victor Hugo, “La povera gente”, in cui si racconta di una coppia di pescatori che adotta i figli della loro vicina morta, dando loro un tetto e una nuova famiglia e offrendo così solidarietà a chi è meno fortunato. Il film è stato, dunque, costruito all’incontrario, sapendo che la conclusione sarebbe stata come quella raccontata dalla poesia di Hugo e facendo in modo che il resto degli avvenimenti portasse a quel finale positivo e aperto alla speranza. La pellicola racconta la storia di Michel, interpretato da Jean-Pierre Daroussin, e di sua moglie Claire. Nonostante Michel abbia perso il lavoro vive felice circondato dall’affetto della moglie, dei figli e dei nipoti. Oltre che da quello dei suoi ex-compagni di lavoro. La vita di questa coppia viene però messa alla prova il giorno in cui due sconosciuti irrompono nella loro casa derubandoli. Lo shock è ancora più forte quando scoprono che l’aggressore è un giovane operaio licenziato come Michel. Quella violenza è opera di uno come loro. Perché accade tutto ciò? Il regista riflette su un mondo operaio che è completamente cambiato, in cui non esistono più i lavoratori di una volta, dove tutti sono ormai colletti bianchi e ci sono meno morti sul lavoro ma sempre più suicidi. Una società in cui non si può più parlare di una coscienza di classe né tantomeno di solidarietà. È una società atomizzata in cui gli individui lottano per la sopravvivenza, ognuno per se stesso. In cui si è persa tutta una serie di valori fondamentali, che un tempo le vecchie generazioni trasmettevano alle nuove. Il film, infatti, girato in modo realistico e veritiero, mette di fronte lo scontro-incontro di generazioni differenti di “povera gente” che deve sopravvivere in una società sempre più desocializzata e in cui i giovani hanno perso ogni punto di riferimento, forse anche perché gli anziani non sono stati in grado di trasmettere loro il loro bagaglio di storia. Il regista invita quindi a ripensare il rapporto fra generazioni nell’ottica di uno scambio valoriale, ponendo l’attenzione sulla comunicazione e la trasmissione delle esperienze. Se la prima reazione di Michel è quella di denunciare il suo aggressore, poi sia lui sia la moglie decideranno di farsi carico della famiglia del loro aggressore (i suoi due fratelli più piccoli rimasti soli) e offrire loro solidarietà e amore. Dimostrando che in tempi difficili come quelli contemporanei una speranza è possibile e viene offerta dalla famiglia, il nucleo primario essenziale della società. Woody Allen torna ad uno dei suoi sempre eterni amori: Parigi. Dopo New York, infatti, che è la sua città natale, e il jazz, che è la colonna sonora della sua vita, la Ville Lumiere è sempre stata la città d’adozione del regista americano. Anche perché da sempre in Europa, e soprattutto in Francia, Allen è acclamato come un genio mentre in patria i suoi film sono ritenuti troppo intellettuali. Non a caso, generalmente, la distribuzione dei film di Woody Allen viene fatta al contrario: prima escono in Europa e poi negli Stati Uniti (mentre per tutte le altre pellicole americane è esattamente il contrario). “Midnight in Paris” ha come protagonista la città di Parigi e la pellicola è un vero omaggio al fascino, alla storia e soprattutto alla magia di questa eterna città. La storia è semplice quanto avvincente. Gil è uno sceneggiatore di successo, ma fortemente frustrato perché vorrebbe essere uno scrittore e, infatti, cerca disperatamente di finire il suo primo romanzo. È a Parigi con la fidanzata, nonché futura moglie, e i genitori di lei. Mentre la ragazza e la sua famiglia amano di Parigi solo lo shopping e i ristoranti di lusso, Gil ama passeggiare e perdersi per i vicoli della città, anche meglio se sotto la pioggia. È un sognatore, che ha la nostalgia del passato e pensa di essere nato nel tempo sbagliato. Un po’ come tutti i malinconici che si rifugiano nei loro pensieri e non riescono ad affrontare il presente. Mentre la ragazza, dopo aver incontrato due amici americani, passa sempre più tempo con loro, Gil preferisce respirare l’aria della città e immergersi nella sua atmosfera. Soprattutto dopo la mezzanotte. Eh già, perché dopo la mezzanotte Parigi si trasfigura e il nostro protagonista si trova catapultato niente di meno che in un’altra epoca: nella Parigi anni Venti, l’epoca che lui ritiene l’età dell’oro. Qui, tra un serata passata con Scott ed Ella Fitzgerald, con la musica di Cole Porter dal vivo, dopo quattro chiacchiere con Hemingway, Edith Stein (che gli dà anche consigli per il suo libro), Picasso e la combriccola dei pazzi surrealisti (Dalì, Man Ray e Luis Bunuel), Gil trova il tempo d’innamorarsi di una bellissima donna, musa di tanti pittori, che però crede che la Belle Époque sia la vera età dell’oro di Parigi. A questo punto il protagonista si rende conto che, per ogni generazione, le generazioni precedenti sembrano sempre migliori, che è tutta una fantasia romantica, che bisogna vivere il presente, senza però rinunciare ai propri sogni. E, infatti, Gil rimarrà a Parigi a scrivere il suo libro, lascerà l’insulsa fidanzata americana e troverà il vero amore. Forse... Woody Allen ritrova con questo film lo smalto di un tempo: tutta la leggerezza, la comicità, la raffinatezza del suo cinema, aiutato anche da un ottimo cast in cui spicca anche in una particina la “première dame” Carla Bruni. Una pellicola meno cupa rispetto alle precedenti, in cui il nichilismo tipico del pensiero alleniano si smorza di fronte alla bellezza di Parigi e della sua storia, dove, quando si volta un angolo di una strada qualsiasi, si entra in un mondo parallelo di fantasmi letterari e artistici che l’hanno popolata. Un film in cui vince la speranza e l’idea che la vita vada vissuta in pieno e nella sua realtà, senza però perdere uno sguardo romantico. Paola Dalla Torre Paola Dalla Torre 22 Sport 15 dicembre 2011 csi brindisiIl nuovo anno tra sport e formazione dei ragazzi Al via il progetto “coltiva un oratorio” C ome si conviene ad un viaggio, si prepara una valigia. E quella del CSI – Comitato Provinciale di Brindisi appare già ricca al primo sguardo. Un nuovo anno di attività sportive parte con un programma che non prende vita solo sui campi, ma inizia il suo percorso all’interno degli oratori, da sempre spazi di aggregazione per i giovani. È proprio con il progetto “Coltiva un oratorio” che si incentra lo sforzo del Centro Sportivo Italiano: far nascere una coscienza sportiva su un terreno fertile come quello degli oratori parrocchiali attraverso un torneo di calcio a 5, dal nome “Oratorio Cup”. Oltre alla buona riuscita di questa lodevole iniziativa, prevista anche dal programma nazionale del Centro Sportivo Italiano, il Comitato Provinciale di Brindisi vorrebbe intitolare questa manifestazione alla memoria di don Saverio Martucci, sacerdote mesagnese che ha sempre creduto nel valore formativo dello sport all’interno delle parroc- chie. Un’altra delle proposte fondanti la programmazione è costituita dalla festa polisportiva: per un giorno, le parrocchie si trasformeranno in un allegro luogo di ritrovo di gente di tutte le fasce d’età, che potranno così praticare differenti sport, divertendosi. Due iniziative che compongono solo una parte del progetto del Comitato Provinciale, che quest’anno vuole incentrare maggiori sforzi sulla fascia Under 12, accettando l’invito avanzato dalla presidenza nazionale. In tal modo, si lavora per garantire relazioni educative durevoli tra coetanei, per creare uno “spazio di crescita” dove si impara a stare insieme agli altri, imparando a conoscere se stessi. Lo sport come momento di aggregazione, non solo attività fisica ma soprattutto emozione, strumento e veicolo di educazione. Una scommessa, quella del CSI, vincente, perché iniziativeNella Parrocchia S. Leucio col Csi provinciale Vissuta la 3ª Festa del Catechismo S abato 26 novembre si è tenuta la terza edizione della “Festa del catechismo”, organizzata dalla parrocchia San Leucio in collaborazione con il Comitato Provinciale CSI di Brindisi. Questo evento ha visto la presenza di numerosi ragazzi del quartiere e della parrocchia, che da tre anni a questa parte non mancano di donarci la loro gioia e felicità. La giornata è iniziata con il saluto e la benedizione del parroco, don Claudio Macchitella, che ha invitato i ragazzi a divertirsi affidando la giornata alla grazia di Dio. Il presidente del comitato provinciale CSI, Francesco Maizza, ha dato poi il via alla festa, che ha visto coinvolti circa 100 ragazzi dai 6 ai 14 anni, che hanno potuto divertirsi attraverso i vari stand offerti dal CSI Brindisi. Tra pallavolo, calcetto e calcio-tennis, i ragazzi hanno dato sfogo alla loro gioia. Momento che ha suscitato maggiore attenzione e felicità è stato quello dei balli di gruppo e del divertentismo, dove piccoli e non solo, hanno danzato accompagnati e seguiti dall’equipe del CSI e da ragazze che ci hanno aiu- tato in questa festa. Un ringraziamento particolare per questa giornata va a tutte le catechiste e volontarie della parrocchia. Un grazie anche a don Claudio, grande fautore di questa festa che è diventata ormai tappa fissa nel calendario della parrocchia e del comitato CSI. Infine, un ringraziamento non può mancare per tutta l’equipe del CSI di Brindisi, che come ogni anno trovano sempre il modo di esserci e di offrire la loro disponibilità per la buona riuscita della festa. Il sorriso e la gioia dei ragazzi non può che essere per noi uno stimolo per riproporre nel corso degli anni questo magnifico evento. Paolo Colucci punta sull’esperienza maturata in passato e sulle esigenze dei ragazzi, veri protagonisti delle nostre manifestazioni. Agnese Poci al via il Progetto Estate in Parrocchia I l Comitato CSI di Brindisi mette in cantiere il nuovo progetto formativo “Estate in Parrocchia”. Il progetto questa volta parte dalla formazione dei volontari che vorranno diventare educatori/animatori dei centri estivi. Infatti, sia pur avvicinandoci sempre più al cuore dell’inverno, il CSI Brindisi comincia a programmare l’estate nelle nostre Parrocchie, ovvero preparare in modo adeguato un gruppo di giovani/adulti a pensare, programmare e realizzare i centri estivi presso le nostre parrocchie. Questa sarà la novità del programma formativo del Comitato che vedrà a breve giro di posta la partenza dei tradizionali corsi formativi per le figure necessarie al funzionamento dell’intero comitato, ovvero arbitri, giustizia sportiva, educatori allenatori. Sarà ripresentato il corso per dirigenti ed amministratori di società sportive, necessario affinché i già dirigenti e i nuovi si dotino degli strumenti basilari per meglio navigare nei dedali normativi che ormai attanagliano la gestione delle società sportive e l’attività sportiva anche di base. Per ulteriori informazioni contattare il Comitato CSI BRINDISI (0831/774891 – [email protected]). Santi giovani per giovani santi 2 a cura di Mons. Rocco Talucci La storia e la vita santa di: Antonietta Meo, Carla Ronci, Maria Marchetta, Maria Orsola Bussone, Maria Letizia Galeazzi, Mirella Solidoro, Lorena D’Alessandro, Santa Scorese, Antonella Moro, Chiara Badano, Teresa Lapenna, Antonio Legrottaglie, Lorenzo Sanna, Tiziana Semerano, Matteo Farina, Carlo Acutis La prenotazione dei libretti (costo 1 euro cadauno) può essere effettuata presso: Curia Arcivescovile di Brindisi, Piazza Duomo 12, Tel. 0831/523053 Libreria Paoline di Brindisi, V.le Commenda 182/184 ,Tel. 0831/430509 Redazione “Fermento” a Brindisi, Piazza Duomo 12, Tel. 340/2684464 15 dicembre 2011 Accadde nel.... CATTOLICI E LEGGE DELLE GUARENTIGIE I l 13 maggio del 1871 il Parlamento italiano approvò la legge n. 274, meglio nota come “legge delle guarentigie”. Nel 1851 già era stato stipulato il concordato tra Papa e Spagna, che consentì al papato ritornò nel possesso dei due terzi dei beni già espropriati ed il cattolicesimo divenne la sola religione ammessa in Spagna e nelle sue colonie. In Francia poi Napoleone III (1851-1871) ristabilì il potere imperiale e difese la religione cattolica, firmando un concordato con il Papa che garantiva ai vescovi l’ingresso in Senato, le necessità finanziarie della Chiesa furono messe a carico del bilancio statale e le nomine dei vescovi erano concordate. A Vienna la chiesa ottenne la fine della legislazione unilaterale dello Stato in materia religiosa, il governo fece un concordato con il Papa e la religione entrò nell’educazione scolastica. Roma era ormai capitale del Regno d’Italia, e lo Stato, di fronte alla dura reazione di Pio IX avverso alla breccia di Porta Pia, tentò di normalizzare unilateralmente il rapporto con la Santa Sede. La legge, 20 articoli in totale, garantiva al pontefice, già all’articolo dell’inviolabilità della persona e il conferimento degli onori sovrani (veniva dunque equiparato ai capi di Stato stranieri), la possibilità di mantenere guardie armate al proprio servizio, il possesso dei “sacri palazzi” (Vaticano, Laterano, villa di Castel Gandolfo nonché relative pertinenze), cui si garantiva l’extraterritorialità, libertà di comunicazioni postali e telegrafiche. All’articolo 4 la legge stabiliva una dotazione annua, a vantaggio della Curia romana, di 3.225.000 lire, la medesima cifra che, nell’ultimo bilancio dello Stato pontificio, era stata iscritta sotto il titolo “Sacri palazzi apostolici, Sacro collegio, Congregazioni ecclesiastiche, Segreteria di Stato ed Ordine diplomatico all’estero”. In sostanza, lo Stato italiano si impegnava a farsi carico delle spese di mantenimento della corte papale, ora che venivano a mancare, per i pontefici, gli introiti derivanti dal possesso di uno Stato autonomo. Infine la legge si prefiggeva di regolare i rapporti tra lo Stato e la Chiesa. Ai membri di questa, lo Stato garantiva la massima libertà di esercizio del culto, di riunione, di movimento e di testimonianza all’interno del Regno d’Italia. Il placet e l’exequatur (privilegi regi) però venivano aboliti. I vescovi, peraltro, non erano tenuti al giuramento di fedeltà al re. Nonostante le molteplici aperture e concessioni operate dallo Stato, la Chiesa oppose un rifiuto sdegnato della legge (che, a parere del pontefice, garantiva solo “futili privilegi e immunità”). Nella realtà la sinistra liberale, allora all’opposizione, avrebbe voluto che la Chiesa fosse trattata come un’associazione privata, voleva la nomina statale dei vescovi, non una libera Chiesa in libero Stato, ma la supremazia dello Stato verso tutte le religioni, erano contro indennizzi e assegni annui al Papa. Prevalse la via di mezzo della Legge delle guarentigie, che definì le prerogative del Pontefice: il Papa aveva diritto ad essere trattato come un sovrano straniero e non era responsabile davanti alla giurisdizione penale italiana, poteva ricevere diplomatici accreditati, disporre di una guardia, di telegrafo e di corrieri diplomatici; lo Stato rinunciava al controllo sulla Chiesa, alla nomina dei vescovi e al loro giuramento di fedeltà. La Legge delle guarentigie rimase 23 HUMANAE SALUTIS (1961) DONO DI NATALE H in vigore per 58 anni, fino al Concordato del 1929 con Mussolini: al Vaticano fu riconosciuta l’extraterritorialità e una rendita annua, il Papa si proclamava prigioniero e, per protesta, si chiuse entro le mura vaticane; Pio IX (1846-1878) era contro le dottrine moderne e con il non expedit, rimasto in vigore fino al 1904, impedì ai cattolici di partecipare alle elezioni. La Legge delle guarentigie del 13 maggio 1871 ebbe risonanza mondiale. Il Papa, senza sovranità territoriale, era dichiarato esente dalla giurisdizione penale italiana, si punivano attentati e ingiurie al Pontefice, con garanzie al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede; i cardinali potevano partecipare ai conclavi, gli stranieri titolari d’uffici ecclesiastici a Roma non potevano essere espulsi, il papa però rinunciò alla dotazione annua. La Legge delle guarentigie del 1871 riconosceva al Papa il diritto a nominare i vescovi in tutta Italia e non solo nel territorio dell’ex stato pontificio, questo diritto era stato sempre conteso dai principi, i vescovi non dovevano giurare fedeltà al re, lo Stato riconosceva al Papa sovranità e indipendenza in campo internazionale. La Chiesa respinse il risarcimento, ma accettò la congrua per i preti, introdotta la prima volta nel Concilio di Trento (1545-1563), la cui misura fu ritoccata negli anni dallo Stato italiano, a richiesta dei papi; in più lo Stato rinunciava al controllo sulle leggi ecclesiastiche e sugli atti delle autorità ecclesiastiche ed all’assenso governativo per i concili. Il terreno era già stato tastato con forza dal concordato del 1741 tra la Santa Sede e il Regno di Napoli. La biblioteca pubblica arcivescovile “A. De Leo conserva una preziosissima raccolta fatta dal Nicola Fraggianni che fu il Segretario della questione, che offre numerosissimi inediti che chiariscono tutta la fase preparatoria e le conclusioni di quel famoso concordato. Katiuscia Di Rocco ubert Jedin, uno dei più accorti studiosi delle vicende storiche della Chiesa, offrendo la «ricostruzione di un evento epocale per la Chiesa e il mondo», non ha avuto dubbi, quando ha ripercorso le fasi attraverso cui Giovanni XXIII annunciò il Concilio Ecumenico Vaticano II e quindi già si procedeva alla sua preparazione: «Più presto di quanto ci si aspettasse – ha scritto – il 25 dicembre 1961, con la costituzione Humanae salutis, il concilio fu convocato a Roma per l’anno seguente». Sulla solennità del documento, non c’è dubbio: il papa che, come capo della Chiesa, promulgava quell’atto, scelse la forma di documento particolarmente importante perché da servo dei servi di Dio la emanava «ad perpetuam rei memoriam». E dunque, papa Giovanni partì premettendo considerazioni che alcuni commentatori definirono «dolorose». Egli iniziò col notare che la comunità umana aspirava ad un «totale rinnovamento», ma il progresso non aveva avuto «nei beni dell’animo… pari passo come nei beni materiali», tanto che si ricercavano con negligenza «i valori che non vengono mai meno» (3). Ma il pontefice nutriva motivi di fiducia. Bisognava, su invito del Cristo, «interpretare “i segni dei tempi” (Mt 6,3)» e scorgervi «auspici di un’epoca migliore per la Chiesa e per l’umanità», la quale ultima avendo sperimentati gli orrori di cui era stata capace, sembrava essere più disponibile «a tenere conto delle indicazioni della Chiesa» (4). E questa, secondo il papa, con «vigile attenzione» aveva seguito il cammino dell’uomo; aveva contrastato «le ideologie di coloro che riconducono tutto a materia»; aveva trovato in sé, nei suoi pastori e nell’«azione di laici che si sono resi sempre più consapevoli della responsabilità loro affidata nella Chiesa», la vitalità necessaria per stare nel mondo, per resistere alle «persecuzioni di ogni genere per l’irriducibile costanza nella fede cattolica», tanto che agli occhi del Papa Buono si palesava una Chiesa «dotata… di una più robusta compattezza nell’unità; potenziata dal supporto di una più feconda dottrina, più bellamente fulgida per splendore di santità, sicchè essa appare – diceva il Papa – del tutto pronta a combattere le sante battaglie della fede» (5). Il Papa, insomma, notava da un lato «un’estrema povertà di valori dell’animo e dall’altra la Chiesa di Cristo fiorente per rigoglio di vitalità» e assumeva un dovere: «fare in modo che la Chiesa si dimostrasse sempre più idonea a risolvere i problemi degli uomini contemporanei». Da qui la conclusione che erano «ormai maturi i tempi per offrire alla Chiesa cattolica e a tutta la comunità umana un nuovo Concilio Ecumenico che continuasse la serie dei venti grandi Concili, che hanno ottimamente contribuito nel corso dei secoli all’incremento della grazia celeste negli animi dei fedeli e al progresso del cristianesimo» (6). La chiesa doveva dimostrare, cioè, la sua «perpetua giovinezza» consapevole di essere «sempre presente negli eventi umani», «restando sempre la stessa conforme a quella immagine a cui volle fosse configurata il suo divino Sposo, cioè Cristo Gesù, che l’ama e la protegge» (7). Il tema fondante era dunque cercare «punti della dottrina» ed «esempi di fraterna carità» dai quali i cristiani separati fossero spinti verso l’unità (8), mentre all’intera comunità umana il Concilio doveva offrire «l’opportunità di «avviare pensieri e propositi di pace» (9). E papa Giovanni prospettava il programma di lavoro: «Tutto ciò tocca le Divine Scritture, la sacra Tradizione, i sacramenti e le preghiere della Chiesa, la disciplina morale, le opere con cui viene esercitata la carità e si provvede ai poveri, l’apostolato dei laici, le iniziative missionarie» (10) e proseguendo nelle riflessioni convocava «per il prossimo anno 1962 il Sacro Concilio Ecumenico ed universale Vaticano II» (19), invitano ogni fedele e tutto il popolo cristiano non solo ad avere «ogni attenzione al Concilio», ma a rivolgere «a Dio Onnipotente fervide preghiere» (20). La Humanae salutis «fu il suo regalo per il Natale del 1961 e la sua prefazione al Vaticano», ha sostenuto Marco Roncalli, considerando quella costituzione «un testo sereno», un momento rilevante dell’intero svolgersi del Concilio e del pontificato giovanneo, riscontrandovi «l’espressione-chiave “segni dei tempi”», «usata dallo stesso Roncalli già all’alba del secolo, poi tornata più volte», per essere «cruciale per anni nella discussione teologica cattolica» e «ripresa dal Concilio in alcuni suoi documenti finali». Essa ci introduce in una serie di riflessioni sul Concilio a quasi mezzo secolo dal suo svolgersi; ci porta a considerare come possa declinarsi quell’«adesione», « che continuasse la serie dei venti grandi Concili, che hanno ottimamente contribuito nel corso dei secoli all’incremento della grazia celeste negli animi dei fedeli e al progresso del cristianesimo», come voleva papa Giovanni; ci guida ad un approccio sereno ed aperto all’evento considerando che «l’interpretazione delle novità insegnate dal Vaticano II – ha scritto in questi giorni Fernando Ocárez sull’Osservatore Romano – deve perciò respingere, come disse Benedetto XVI, l’ermeneutica della discontinuità rispetto alla tradizione, mentre deve affermare l’ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità». (a. scon.)