Belluno Donna
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Centro Antiviolenza
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Materiale informativo realizzato nel 2001
... e lui mi diceva ...
...sei grassa, sei brutta, sei un sacco, mi faceva sentire incapace di fare tutto
...e io andavo davanti allo specchio non mi guardavo con gli occhi miei, mi
guardavo con gli occhi suoi
...mi dicevo ha ragione.
Sei minacciata o subisci violenza da qualcuno che conosci o che vive con te?
Hai paura per te e per i tuoi figli?
Ti senti insicura nella tua casa e non sai cosa fare?
Queste pagine sono per te
Troverai alcuni spunti di riflessione sul fenomeno della violenza domestica, alcune
indicazioni su cosa fare e su chi ti può aiutare.
Cos’è la violenza alle donne
La violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani: è un problema
sociale grave, che minaccia la sicurezza, l'equilibrio e la salute fisica e mentale di
ogni donna.
È una violenza che ha radici nella disuguaglianza tra i sessi, nella disparità di
potere tra uomini e donne esistente a livello sociale, culturale, economico e
politico; trova origine in una struttura della società di tipo patriarcale, in cui si
legittimano gli uomini ad avere il potere e il controllo sulla famiglia e sulla propria
partner.
Bambini e donne subiscono violenze di vario tipo: fisiche, sessuali, psicologiche,
che possono manifestarsi isolatamente o combinate assieme.
Nei paesi occidentali
1 donna su 5 subisce violenza fisica e/o sessuale da parte di un partner
nel corso della vita.
Fino a tempi molto recenti la violenza contro le donne è stata quasi invisibile,
perché talmente connaturata con la tradizione, i valori dominanti e le leggi, da
passare inosservata, quasi fosse un evento naturale.
Prima degli anni '70 in molti paesi occidentali anche le violenze più estreme, se
commesse nell'ambito della famiglia, erano legittime, socialmente accettate e
quindi invisibili in quanto "violenze"; il concetto stesso di "violenza contro le donne"
non esisteva, così come non esistevano ricerche che ne studiassero l'estensione e la
gravità.
1
Si è cominciato a parlarne apertamente da poco più di vent'anni, ma la conoscenza
di questo problema a livello sociale e istituzionale è ancora molto scarsa e i
pregiudizi sugli uomini che maltrattano e le donne che subiscono violenza sono
ancora molto diffusi.
Oggi esiste una letteratura scientifica internazionale, da cui emerge che la violenza
contro le donne è un fenomeno drammaticamente diffuso e trasversale, che
interessa ogni strato sociale, economico, culturale, senza differenze di razza,
religione, età; gli autori delle violenze contro le donne sono in larga maggioranza
uomini, spesso uomini "normali", senza problemi di alcool o di droga, né di disturbi
mentali.
È la casa e non la strada il luogo in cui bambine e donne corrono maggiormente il
rischio di essere picchiate, violentate, uccise; infatti nella maggioranza dei casi
l'autore è un uomo che la donna conosce: partner ed ex partner o persone che
hanno con la donna o la bambina un rapporto di fiducia, come familiari, amici,
insegnanti, professionisti; gli sconosciuti sono solo una minoranza.
È un fenomeno ancora sommerso e per questo sottostimato, che si comincia oggi a
riconoscere anche a livello internazionale come un problema di seria rilevanza
sociale; istituzioni come le Nazioni Unite, l'Organizzazione Mondiale della Sanità, il
Consiglio d'Europa e la Banca Mondiale si sono espresse su di esso sottolineandone
la gravità e invitando i singoli governi ad assumere iniziative in proposito.
Nell'Assemblea dell'ONU sui Diritti
delle Donne (05/06/2000) l'UNICEF ha
dichiarato che la violenza contro donne
e bambini è un' EMERGENZA MONDIALE
e riguarda tutti i paesi, nessuno
escluso: in alcuni paesi ne è vittima
una donna su due
La testimonianza delle donne maltrattate e il lavoro delle operatrici dei Centri
antiviolenza hanno contribuito in modo determinante a rendere visibile il fenomeno
della violenza: sfatando i pregiudizi e i luoghi comuni, analizzando il fenomeno nei
suoi molteplici aspetti e facendone conoscere le conseguenze su donne e bambini.
La violenza contro le donne rappresenta un problema complesso che deve essere
affrontato dall'intera collettività: nessun soggetto, istituzionale e non, è sufficiente
da solo a rispondere ai bisogni di una donna maltrattata.
Solo una coraggiosa azione sinergica può soddisfare i bisogni delle vittime,
aiutandole ad uscire dall'isolamento e dalla solitudine a cui si sentono condannate:
oggi sempre meno donne sono disposte a sopportare in silenzio, soprattutto se
hanno la possibilità di trovare all'esterno ascolto ed aiuto.
È necessario aumentare il sostegno alle vittime attraverso risposte sensibili e
adeguate delle Forze dell'ordine, del sistema della giustizia civile e penale, dei
servizi sociali e sanitari.
Assumere una posizione di condanna e attivarsi nella promozione di una cultura di
"tolleranza zero" alla violenza sono passi fondamentali per affrontare il problema:
la tolleranza o l'indifferenza nei confronti del maltrattamento alle donne incentiva
il comportamento violento degli uomini.
In questa prospettiva l'opuscolo si propone di offrire alle donne e alle persone che
sono loro vicine elementi per riconoscere le situazioni di violenza, per
comprendere il proprio sentire e trovare risposte e informazioni adeguate.
2
Cos'è la violenza domestica?
È la forma più frequente di violenza contro le donne.
In una rassegna di studi
compiuti in 35 paesi di tutto il mondo
il 25-50% delle donne adulte
intervistate ha dichiarato
di aver subito violenza
dal marito o compagno
nel corso della propria vita
(Radford)
Le ricerche rivelano infatti che la maggior parte delle violenze avviene nella
propria casa ed è compiuta da persone con cui si divide la vita quotidiana; l'autore
nella maggior parte dei casi è un uomo: il marito o compagno, l'ex-marito o excompagno .
La violenza domestica è la meno visibile e la più difficile da identificare, perché la
casa è considerata usualmente il luogo degli affetti, della sicurezza e della crescita
e non il luogo della violenza, della paura e dell'umiliazione.
Proprio perché si verificano nell'ambito di una relazione di fiducia, di affetto e di
convivenza, spesso le violenze non si risolvono in un unico episodio, ma si ripetono
per anni, lasciando segni profondi nel fisico e nella psiche delle vittime.
Una recente indagine dell'EURISPES*
rivela che in Italia esistono
12.000 famiglie in cui ogni giorno si
compiono atti di violenza
contro le donne.
(*EURISPES: istituto di studi italiano nel campo cerca politica, economica e sociale)
Quando si parla di violenza domestica contro le donne non ci si riferisce a generici
litigi o malesseri di coppia, né a episodi sporadici di reciproco conflitto, ma si fa
riferimento a un comportamento violento abituale e ripetuto nel tempo, attuato
consapevolmente e volontariamente per creare un clima di paura e di
intimidazione, per ferire la partner nella psiche e/o nel fisico, per mantenere una
posizione di dominio e di controllo all'interno della coppia.
Ricerche svolte in vari paesi rivelano che:
Il 25% delle donne subisce violenze
fisiche e/o sessuali dal marito
compagno o dall'ex,
Il 10-15% delle donne subisce almeno uno
stupro nel corso della vita,
Il 30% delle bambine-adolescenti subisce
molestie o violenze sessuali.
Solo nel 5-15% dei casi la violenza
viene denunciata
(P.Romito)
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Le forme della violenza
La violenza domestica si esprime in varie forme:
ma spesso è tutto questo insieme.
psicologica
fisica
sessuale
economica
Violenza psicologica
È violenza psicologica
ogni mancanza di rispetto
che offende e mortifica la tua persona
“Una pressione psicologica pazzesca... mi faceva sentire incapace di far
tutto, proprio tutto, mi diceva: sei brutta, sei un sacco, finirai in strada
prima o poi, vedrai che lavoro farai.”
“Mi chiudeva fuori dalla porta sotto la pioggia, mi impediva di andare in
chiesa, in casa mi buttava la roba, era un continuo tormentarmi, ha buttato
via tutte le mie foto di quando ero bimba, tutte le foto dei miei genitori,
voleva distruggere il mio passato.”
“Mi diceva che sono grassa, che sono brutta, che si vergognava a portarmi
fuori e io andavo davanti allo specchio, non mi guardavo con gli occhi miei,
mi guardavo con gli occhi suoi, mi dicevo ha ragione, e mi adagiavo. Difatti
ogni tanto sentivo che lui mi voleva un po' di bene o mi pareva, io come
rifiorivo.”
È violenza psicologica quando lui ti umilia, ti ridicolizza davanti agli altri, ti
insulta, ti minaccia, ti controlla, ti impedisce di uscire, di frequentare i tuoi
familiari ed amici, ti impedisce di avere interessi e spazi personali.
Le conseguenze più frequenti sulla donna sono la perdita dell'autostima e
dell'autonomia.
Violenza fisica
È violenza fisica
ogni forma di violenza contro di te,
il tuo corpo, le tue proprietà
“Mi ha spinta contro la porta di vetro, ho rotto tutto il vetro, otto giorni
dopo erano altri pugni, altri sputi; rompeva tutte le mie cose, un giorno ha
ribaltato per terra uova, pasta, tutto quello che stavo cucinando, era il suo
modo di dire io qua comando e faccio quello che voglio.”
“Mi trascinava per la casa, mi dava dei calci, anche nel seno, mi meraviglio
adesso come facevo ad allattare.”
Le conseguenze più frequenti delle violenze fisiche sono: "occhio nero", ematomi,
ferite, fratture, ustioni, rottura di timpano, trauma cranico.
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Violenza sessuale
È violenza sessuale
ogni forma di coinvolgimento
in attività sessuali senza il tuo consenso
“Che poi, oltre alle legnate, lui ogni volta voleva fare l'amore, cioè voleva e
faceva... oltre al dolore fisico c'era anche quell' umiliazione, infatti adesso, a
me, guai anche solo a toccarmi.”
“I bambini erano piccoli, piangevano, non si volevano addormentare e lui con
il pallino del sesso, voleva farlo per forza. Sgridava i bambini...li buttava nel
lettino. E allora io con quale stato d'animo dovevo mettermi a letto e fare
l'amore con lui? Non riuscivo. E lui si arrabbiava, mi picchiava, mi faceva i
lividi.”
“Il suo ricatto era il letto, diceva: devi fare delle foto (pornografiche), io non
ti do una lira se non fai così e così. Se mi rifiutavo sessualmente non avevo
una lira, niente, non sapevo con cosa portare i ragazzi a scuola e cosa dargli
da mangiare, io facevo il pane a casa, davo disperatamente corsi privati, ma
non bastava.”
È stupro anche quando è il tuo fidanzato o marito che ti fa violenza, lo è anche per
il Codice penale italiano; è violenza anche quando lui non ti obbliga con la forza,
ma insiste, ti minaccia, ti ricatta, anche se non ci sono le botte.
Le conseguenze più frequenti della violenza sessuale sono: gravidanze indesiderate,
disturbi ginecologici e della sfera sessuale, infezioni urinarie e vaginali, AIDS e
altre malattie a trasmissione sessuale.
Violenza economica
È violenza economica
ogni forma di controllo
sul tuo denaro, sul tuo lavoro,
sulla tua autonomia economica
“Era geloso e allora ha voluto che mollassi il negozio , perché così sto a casa ,
sono sottomessa, forse se sono senza lavoro mi sento più inferiore ancora.”
“Mi ha sempre dato i soldi contati e io devo fare i salti mortali per far
quadrare i conti della spesa.”
È violenza economica quando lui ti controlla lo stipendio, ti priva del tuo denaro, ti
obbliga a lasciare il lavoro o ti impedisce di trovarlo, si appropria dei tuoi averi, ti
tiene all'oscuro delle entrate familiari e ti impedisce qualsiasi decisione in merito.
Violenza in gravidanza
La violenza
non risparmia le donne
nemmeno in gravidanza
“E poi, quando aspettavo mio figlio, ha tentato di uccidermi, mi ha portata in
un bosco e mi ha detto che mi avrebbe uccisa, ero di cinque mesi, mi ha preso
per il collo, sono svenuta, poi è arrivata gente e lui è scappato.”
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La violenza può cominciare durante la gravidanza o subito dopo il parto, può essere
la continuazione di una situazione iniziata prima della gravidanza, può
interrompersi mentre la donna è incinta e ricominciare subito dopo.
Le conseguenze possibili della violenza in gravidanza sono: aborto, parto pretermine, basso peso del nascituro.
Possono essere determinate dal trauma diretto oppure dallo stress conseguente alla
violenza .
Le conseguenze della violenza sulla salute delle donne
La donna maltrattata ha maggiori problemi di salute rispetto alle altre donne; si
presenta più spesso negli studi del medico di base, al pronto soccorso e nei
consultori.
La violenza ripetuta e protratta nel tempo (la durata dei maltrattamenti è molto
variabile, da pochi mesi a diversi anni) distrugge a poco a poco nella donna la stima
di sé, la fiducia negli altri e nel futuro e lascia spazio a uno stato continuo di ansia
e tensione: possono allora comparire depressione, ansia, attacchi di panico,
insonnia, disturbi alimentari fino all'anoressia-bulimia, disturbi gastro-intestinali,
difficoltà della sfera sessuale, disturbi urinari, cefalea ricorrente, stanchezza
cronica, uso e abuso di alcool, droghe o psicofarmaci per ridurre l'ansia.
Secondo una ricerca francese le donne maltrattate hanno un rischio di suicidio 5
volte maggiore rispetto alle donne che non subiscono violenze.
Le conseguenze negative delle violenze
non sono un destino:
dipende dall'esperienza singolare
di ogni donna, ma anche e soprattutto
dal tipo di aiuto e sostegno che ha
trovato nei familiari non abusanti,
nelle amiche e nei professionisti
a cui si è rivolta.
Nel territorio bellunese
La prima e unica ricerca sulla violenza alle donne condotta nel nostro territorio,
realizzata nel 2001 dai Medici di medicina generale di Ponte nelle Alpi con la
collaborazione di due assistenti sociali e coordinata da Patrizia Romito, mostra che
anche in provincia di Belluno le violenze contro le donne sono drammaticamente
frequenti; dai dati raccolti attraverso un questionario anonimo, compilato da più di
400 pazienti maggiorenni, risulta che:
- un quarto delle donne intervistate ha subito violenza fisica e/o sessuale da un
uomo nel corso della propria vita e 1 su 10 l'ha subita da parte del partner o expartner; nell'ultimo anno circa 1 donna su 25 ha subito violenze fisiche o sessuali
da un partner o ex: la frequenza è però più elevata tra le donne che hanno meno
di 40 anni (1 su 10 subisce violenze), tra le separate o divorziate (quasi 1 su 10)
e tra quelle che aspettano un bambino o hanno un bambino piccolo (1 su 7
subisce maltrattamenti fisici o sessuali);
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-
le violenze psicologiche da parte di un partner sono molto più frequenti ; le
donne anziane (che subiscono meno spesso violenze fisiche e sessuali) possono
subire invece, se sposate o conviventi, violenze e abusi psicologici;
- 35 donne in totale hanno subito nel corso della loro vita violenze sessuali gravi:
solo nel 6% dei casi l'autore era uno sconosciuto, nel 63% dei casi era il partner o
ex, nel 20% dei casi un familiare;
- alcune donne hanno subito violenza fisica e/o sessuale e/o psicologica anche
durante la gravidanza;
- tra le donne che hanno subito violenza, 1 su 2 soffre di depressione; le donne
vogliono parlare delle violenze subite: 1'83% delle intervistate pensa che il
medico curante dovrebbe chiedere a tutte le pazienti se hanno subito violenze
nel corso della loro vita.
Chi è la donna maltrattata
Qualsiasi donna può subire violenza, senza distinzione di razza, età, estrazione
sociale, culturale ed economica.
Ne sono vittima più frequentemente le donne più giovani, le nubili, le separate o
divorziate; infatti spesso la violenza non si interrompe quando le donne lasciano i
partner violenti, anzi, in un terzo dei casi, si intensifica.
“In dieci anni che ci siamo lasciati mi ha fatto terrorizzare sempre: con
telefonate di minacce, ancora adesso mi telefona, mi ha pestata per strada,
mi ha sfondato la porta due volte.”
“...poi una domenica suonano, apro, era il mio ex-marito, mi ha sferrato un
cazzotto che mi ha mandato fuori la mandibola, mi ha rotto due coste.”
Riferiscono più violenze le donne che non hanno una autonomia economica:
casalinghe, studentesse, precarie e disoccupate. Le donne a volte, per sfuggire alle
persecuzioni dell' ex-marito violento devono cambiare città, lasciare un lavoro
sicuro per uno precario, molte hanno rinunciato al lavoro per le pressioni di un
marito che le voleva "tutte per sé": per questo la precarietà economica o professionale può non precedere il maltrattamento, ma esserne invece una conseguenza.
La violenza, in particolare quella sessuale, non trova spiegazione in atteggiamenti
provocanti o comportamenti poco prudenti delle donne: questo è un luogo comune
che sposta ancora una volta la responsabilità della violenza sulla vittima e non
sull'aggressore. In realtà l'età e l'aspetto fisico non sono importanti, poiché la
violenza sessuale viene usata per controllare, umiliare e ferire la donna.
Non sono i comportamenti "irragionevoli" o "nevrotici" della donna a far perdere il
controllo all'uomo e non esistono giustificazioni all'uso della forza per risolvere i
conflitti: nessuno "merita" di subire violenza!
Le vittime della violenza non sono necessariamente donne fragili, passive:
subiscono a volte per anni le violenze perché non riconoscono di avere la forza e la
capacità sufficienti per interrompere la relazione violenta; a ciò si aggiunge la
paura di perdere i figli, il timore che le violenze peggiorino dopo la separazione, le
difficoltà economiche e l'isolamento da parte della famiglia e degli altri.
Non sono masochiste, non provano piacere ad essere picchiate: in realtà sperano
che le violenze cessino, come lui promette ogni volta dopo le botte.
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Le donne con esperienze di violenza
sono delle sopravvissute:
anche quelle che hanno subito per anni,
sono persone coraggiose,
che hanno saputo resistere a situazioni
a volte terribili,
sempre pesanti e dolorose, mettendo in
atto delle strategie di sopravvivenza.
Chi è l'autore della violenza
Nei casi di maltrattamento le donne figurano molto più spesso come vittime e gli
uomini come responsabili.
Anche gli uomini possono subire violenza da parte delle donne, ma in questi casi la
violenza è meno frequente, meno pericolosa e raramente mortale. Inoltre la
violenza femminile raramente assume le caratteristiche di sistematicità che
caratterizzano il maltrattamento maschile, vale a dire che solo in casi sporadici è
abituale e ripetuta nel tempo e attuata consapevolmente e volontariamente con
l'obiettivo di dominare e umiliare il partner.
Non va dimenticato che una significativa percentuale di aggressioni e di omicidi
compiuti dalle donne nei confronti del partner maschile si verifica a scopo di
autodifesa e in risposta a gravi situazioni di minaccia per la propria sopravvivenza.
Secondo l' EURISPES 9 volte su dieci
l'autore degli omicidi che avvengono
in famiglia è un uomo
e nel 60% dei casi il delitto è premeditato.
Le stesse testimonianze degli uomini violenti confermano che la maggior parte
degli episodi di violenza all'interno della famiglia sono premeditati, non sono
causati da una momentanea "perdita di controllo": non è un caso che l'uomo tenda
a colpire in parti del corpo dove le lesioni sono meno visibili e quando non ci sono
testimoni.
Non corrisponde a verità la vecchia tesi che vuole l'uomo violento come qualcuno
affetto da patologia psichiatrica, di modesta istruzione, con problemi di
integrazione sociale e di alcool, vittima e/o testimone di violenza nell'infanzia:
nella maggior parte dei casi alcool, droghe e disturbi psichici non sono cause della
violenza, ma elementi che possono far precipitare la situazione.
Oltre il 70% di coloro che maltrattano
la propria moglie è rappresentato da
uomini insospettabili, che hanno una
vita assolutamente normale, un lavoro, buone relazioni sociali
L'uomo violento nega la propria responsabilità, nega gli episodi di violenza o ne
minimizza le conseguenze, si giustifica con la gelosia o dicendo che è colpa
dell'alcool, accusa la donna di provocarlo con le parole o con i comportamenti.
Spesso dopo gli episodi di violenza piange, chiede perdono e promette che non lo
farà più: tutto ciò fa parte del "ciclo della violenza", non significa che ha capito la
gravità di quello che ha fatto né che è realmente cambiato.
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Se hai figli
“lo e i miei figli non siamo in grado di essere degli esseri viventi normali....
non possiamo ridere e scherzare apertamente, non possiamo ricevere
nessuno, perché se no lui diventa aggressivo e maleducato.”
“Quando ce ne siamo andati di casa mio figlio aveva nove anni; lui ha visto
sempre tutte le violenze che ho subito, è sonnambulo e fa ancora la pipì a
letto di notte...penso che sia perché quando aveva due anni suo padre l'ha
preso di peso per la testa, non so se ce l'aveva con me o con lui... l'ha
sbattuto così, robe da spaccargli l'osso del collo...poi, appena suo padre lo
chiamava, si faceva la pipì addosso.”
“Mio marito ha un metro e novanta, con cento chili e passa e io non arrivo a
difendermi assolutamente, nei momenti che i ragazzi sono a casa gli saltano
addosso; anche quando erano piccoli si mettevano in mezzo e venivano
sbatacchiati anche loro.”
I figli sono sempre coinvolti nei maltrattamenti: indirettamente, perché assistono
alle violenze contro la madre o direttamente, perché le subiscono anch'essi;
possono rimanere a loro volta feriti cercando di difendere la madre.
In un caso su due di violenza domestica
anche i figli vengono maltrattati
In più della metà delle famiglie in cui la madre è maltrattata anche i figli subiscono
violenze fisiche e/o sessuali da parte del padre: le violenze sui figli possono
iniziare dopo la separazione, in occasione proprio degli incontri con il padre e sono
un modo da parte dell'uomo per esercitare ancora potere e controllo sulla donna,
anche dopo che se n'è andata.
Circa il 90% delle aggressioni in famiglia denunciate dalle donne alle Forze
dell'ordine si sono verificate in presenza dei figli: l'assistere ad episodi di violenza
del padre contro la madre è per un bambino un'esperienza traumatica; vive in un
clima di paura e di tensione, perché non comprende quanto accade e spesso pensa
di essere la causa degli atti violenti.
La violenza domestica priva i bambini
di un ambiente sicuro in cui giocare,
crescere e vivere serenamente la propria infanzia.
Il bambino può assumersi responsabilità da adulto cercando di proteggere la madre
e i fratelli dalle violenze, può esprimere rabbia e aggressività in casa o a scuola con
i compagni o chiudersi in sé stesso ed essere eccessivamente tranquillo e passivo;
può avere problemi del sonno, incubi ricorrenti, disturbi dell'alimentazione,
difficoltà scolastiche.
“Mi picchia , ma con i bambini è buono”
questo dicono spesso le madri che si rivolgono ai centri antiviolenza: ricordati che
mostrare affetto e attenzione verso i propri figli non può compensare il fatto che,
facendoli assistere alla violenza, si nega loro il diritto a una infanzia felice.
Il bambino vittima o testimone di atti violenti non diventerà necessariamente un
adulto che esercita o subisce violenza, ma è dai genitori che impara come muoversi
nel mondo e come comportarsi con gli altri.
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Perché non lo lasci?
“Ho paura che possa diventare ancora più violento se tento di lasciarlo”
“Non ho un lavoro, non ho una casa mia”
“Temo di perdere i miei figli”
“Spero sempre che lui cambi”
“Penso di essere una pessima moglie e una cattiva madre e quindi di meritare
i maltrattamenti (è quello che lui continuamente mi ripete)”
“Mi vergogno a parlane e temo che nessuno mi crederebbe”
“Non so a chi chiedere aiuto, mi sento sola, non ho amici e non posso
rivolgermi ai miei familiari”
“Penso che devo sopportare per il bene della famiglia”
Se ritieni di essere l'unica a vivere o aver vissuto episodi di violenza, se stai
pensando che non ci sono soluzioni, se desideri solo che la violenza finisca al più
presto:
Ricordati che non sei tu il problema!
Il percorso di uscita dalla violenza può essere lungo e difficile. Nel 70-80% dei casi
le violenze da parte del partner iniziano dopo il matrimonio: la prima reazione
della donna di fronte alla violenza è di incredulità, non può ammettere nemmeno
con se stessa che l'uomo che ama e con il quale ha fatto un progetto di vita possa
farle questo.
All'inizio tende a minimizzare, anche perché gli episodi di violenza possono essere
intervallati da lunghi periodi di relativa tranquillità e perché, dopo ogni violenza,
lui le chiede perdono e giura che non lo farà più.
In questa fase la donna non cerca aiuto all'esterno, ma fa leva esclusivamente sulle
sue risorse personali, sviluppando delle strategie di sopravvivenza: cerca di evitare
le violenze e di prevenirle modificando il proprio comportamento, andando
incontro alle richieste del partner, cercando di cambiare se stessa, nell'illusione di
poter salvare il rapporto.
Con il ripetersi e l'aggravarsi delle violenze, le prime richieste di aiuto sono rivolte
a familiari, amici e parenti, poi a medici, assistenti sociali, Centri antiviolenza,
infine alle Forze dell'ordine.
Le donne raccontano le violenze subite più spesso di quanto si creda; lo fanno
quando trovano persone disposte ad ascoltarle e a credere loro, senza giudicarle.
Quando si rivolge ai familiari a volte la donna non viene creduta, si sente dire che è
lei a provocare la violenza oppure le viene consigliato di sopportare perché è suo
dovere mantenere unita la famiglia.
Anche quando si rivolge ad una figura istituzionale (Servizi sociali, Forze
dell'Ordine, medici...) non sempre le viene offerto un aiuto concreto:
frequentemente le risposte sono solo di sostegno morale, di indifferenza oppure
negative.
Questo fa crescere nella donna il senso di colpa , di vergogna, di isolamento, di
abbandono.
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I tuoi diritti
Hai il diritto
di essere trattata sempre con rispetto,
di avere le tue opinioni e di esprimerle, di guadagnare e controllare il tuo
denaro, di prendere decisioni che ti riguardano,
di controllare la tua vita,
di dire di no.
Se ti allontani dal domicilio familiare con i tuoi figli, se questi sono minorenni devi
avvertire i Carabinieri o la Polizia o, in caso di convivenza, il Tribunale dei minori.
['importante che tu invii al più presto un telegramma a tuo marito, con il seguente
testo:
- se avete figli minori "A causa del tuo comportamento violento sono stata
costretta ad allontanarmi da casa insieme ai nostri figli per tutelarli; sono
reperibile al seguente numero di telefono... (è obbligatorio dare una reperibilità
telefonica!); mi riservo quanto prima di iniziare le pratiche per la separazione
(se è questa la tua intenzione)".
- se non avete figli non sei obbligata a comunicargli la reperibilità telefonica,
quindi il testo sarà "A causa del tuo comportamento violento sono stata costretta
ad allontanarmi da casa; mi riservo quanto prima di iniziare la prati-che per la
separazione".
È importante portare con sé carta d'identità, passaporto, patente, libretto di
lavoro, titoli di studio, dichiarazione dei redditi, eventuali denunce di
maltrattamento e certificazione medica, bancomat, libretto assegni ed eventuali
altri documenti (ad es. permesso di soggiorno).
Nel caso abbiate un conto corrente cointestato è opportuno che tu apra un conto a
tuo nome in una banca diversa e vi trasferisca l'ammontare che ti spetta (il 50%
della somma totale in caso di comunione dei beni).
Se vuoi separarti: esistono 2 tipi di separazione, consensuale e giudiziale;
- per chiedere la separazione consensuale devi presentare domanda (in forma di
ricorso) in carta bollata al Tribunale dove tu e tuo marito risiedete, allegando
certificato di residenza, stato famiglia, matrimonio; nel ricorso devi indicare le
condizioni che avrai preventivamente concordato con tuo marito (affidamento
dei figli, assegno di mantenimento, assegna-mento della casa familiare ecc);
verrà quindi fissata un'udienza alla quale dovrete comparire entrambi,
dopodiché il Tribunale riconoscerà tale accordo. Per questo tipo di separazione
non è obbliga-torio farsi assistere da un avvocato (ma spesso è consigliabile). In
genere il procedimento dura pochi mesi.
- per chiedere la separazione giudiziale devi presentare domanda al Tribunale
del luogo di residenza di tuo marito; il Tribunale deciderà a chi affidare i figli
minori, a chi assegnare la casa familiare, l'eventuale pagamento dell'assegno di
mantenimento in favore tuo o dei figli;
Se non hai redditi sufficienti per mantenerti puoi ottenere da tuo marito un
assegno mensile.
Se i figli vengono affidati a te puoi ottenere da tuo marito un assegno mensile per il
loro mantenimento (anche dopo che il figlio è diventato maggiorenne, fino a
quando non ha raggiunto l'indipendenza economica), puoi ottenere di continuare ad
11
abitare nella tua casa (anche se il con-tratto d'affitto è intestato a tuo marito),
puoi richiedere gli assegni familiari percepiti da tuo marito.
Se non versa gli assegni per il tuo mantenimento e quello dei figli, puoi ottenere
dal Giudice che sia il datore di lavoro a versarti direttamente una parte della
somma stabilita, prelevandola dal suo stipendio.
In questo tipo di separazione è obbligatorio farsi assistere da un avvocato; il
procedimento può durare anche alcuni anni, ma già nella prima udienza il
Presidente del Tribunale emana i provvedimenti provvisori ed urgenti in cui
vengono regolati tutti gli aspetti sopra indicati, nell'interesse dei coniugi e dei figli.
Se hai bisogno di un avvocato, ma la tua situazione economica non te lo permette,
puoi essere assistita gratuitamente, facendo domanda di Gratuito Patrocinio; ne
hai diritto quando il reddito familiare (devi sommare tutti i redditi del tuo nucleo
familiare) annuo è pari o inferiore a 9.296,22 euro (elevato di 1.032,91 euro per
ogni familiare convivente a carico). Il modulo per la domanda va ritirato presso
l'Ordine degli Avvocati ( a Belluno ha sede presso il Tribunale), dove potrai
richiedere i nominativi degli avvocati iscritti nell'elenco per il gratuito patrocinio.
Reati:
- procedibili a querela di parte: es. percosse, lesioni guaribili in meno di 20 giorni,
ingiurie, minacce, violenza sessuale... questi reati possono essere denunciati
solo dalla vittima ed entro 3 mesi dalla data del fatto; la querela può essere
ritirata in qualunque momento e comunque fino a prima della sentenza
definitiva di condanna.
- procedibili d'ufficio: es. lesioni guaribili in più di 20 giorni, alcuni tipi di violenza
sessuale, maltrattamento, sequestro di persona, violenza su minori, violenza
privata... questi reati possono essere denunciati da chiunque ne venga a
conoscenza; i Pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio (ad es. medici,
assistenti sociali, poliziotti ecc) che ne vengono a conoscenza nell'esercizio delle
loro funzioni hanno l'obbligo di denunciarli, anche se la vittima non è d'accordo;
una volta presentata la denuncia il procedimento prosegue anche se la persona
offesa decide di ritirarla.
Se hai subito violenza è consigliabile che ti rivolga a un medico (Pronto soccorso,
medico di famiglia, ginecologo...), perché una minuziosa documentazione medica
fornisce la prova concreta del maltrattamento, che può diventare cruciale in sede
legale: quindi fatti rilasciare ogni volta da un medico il referto che attesti le
lesioni riportate.
Controlla che il referto contenga tutti i dati necessari: le generalità della vitti-ma,
il luogo dove si trova attualmente, il luogo, il tempo e le altre circostanze
dell'intervento, le persone che hanno richiesto l'intervento del medico, le modalità
del fatto, i mezzi eventualmente usati, la descrizione puntuale delle lesioni
(possibilmente con documentazione fotografica), la prognosi. Il medico ha l'obbligo
di rilasciarti il referto se glielo chiedi, in caso contrario può essere denunciato per
omissione di referto. Inoltre, così come qualsiasi altro Pubblico ufficiale o
incaricato di Pubblico servizio (es. assistente sociale, poliziotto ecc.) è tenuto a
fare denuncia all'Autorità Giudiziaria solo nel caso in cui, nell'esercizio o a causa
delle sue funzioni, venga a conoscenza di un reato procedibile d'ufficio (es. lesioni
guaribili in più di 20 giorni, alcuni tipi di violenza sessuale, violenza su minori...).
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Se ti rivolgi alle Forze dell'Ordine, puoi:
- sporgere querela: entro 3 mesi dal fatto se hai subito lesioni guaribili in meno di
20 giorni o minacce, entro 6 mesi se hai subito violenza sessuale;
- fare una semplice dichiarazione dei fatti: in questo modo rimarrà un verbale
che ti servirà da elemento di prova per avviare una procedura penale in un
secondo momento; Ricorda che se si tratta di un reato procedibile d'ufficio, il
poliziotto ecc. è obbligato a fare denuncia anche se tu non sei d'accordo.
Reato di maltrattamenti (art. 572 c.p.): per poter parlare di reato di maltrattamenti è necessario che i maltrattamenti (intesi come tutti quei fatti che producono
sofferenze fisiche o morali) si siano ripetuti nel tempo (non è sufficiente un unico
episodio); si parla di "condotta abituale". È un reato procedibile d'ufficio.
Con la legge n.154 del 2001 è possibile ottenere l'allontanamento del maltrattatore (coniuge, convivente o altro familiare) dalla casa ( anche se ne è esclusivo
proprietario) ed eventualmente anche dal luogo di lavoro, domicilio, istruzione
della vittima e dai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima o dai figli; inoltre
l'autore dei maltratta-menti può essere obbligato a versare un assegno periodico a
favore di chi resti privo di mezzi adeguati, anche se non vi sono figli e anche prima
dell'eventuale separazione.
La richiesta di allontanamento può essere presentata sia al Giudice civile che al
Giudice penale (non è quindi obbligatorio denunciare il violento per ottenerlo).
Violenza sessuale: il reato di violenza sessuale nei confronti di donna maggiorenne
è procedibile su presentazione di querela da parte della donna (cioè la denuncia
può essere fatta solo dalla vittima), la denuncia deve essere presentata entro 6
mesi dal fatto ed è irrevocabile.
In alcuni casi però la violenza sessuale diventa perseguibile d'ufficio:
- quando è connessa ad un delitto perseguibile d'ufficio (es. rapina, sequestro di
persona, uso di armi, tentato omicidio, lesioni guaribili in più di 20 giorni,
maltrattamento, sfruttamento della prostituzione, atti osceni in luogo
pubblico...);
- se compiuta da 2 o più persone (violenza di gruppo);
- se commessa da pubblico ufficiale o da incaricato di pubblico servizio
nell'esercizio delle sue funzioni (poliziotto, medico, insegnante...);
- quando la vittima ha meno di 14 anni;
- se il fatto è commesso dal genitore anche adottivo o dal di lui convivente, dal
tutore, ovvero da persona a cui il minore è affidato per ragioni di cura,
educazione, istruzione, vigilanza o custodia;
- quando l'atto sessuale è compiuto con un minore di età compresa tra i 14 e i 16
anni in cambio di denaro o di altra utilità economica.
Se sei vittima di molestie sessuali sul luogo di lavoro puoi:
- fare denuncia alle Forze dell'Ordine;
- rivolgerti al Comitato di Parità della tua azienda, previsto in quasi tutti i
contratti;
- rivolgerti al Coordinamento donne del Sindacato.
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Non sei sola: chi ti può aiutare
Se hai vissuto situazioni di questo tipo probabilmente hai bisogno di qualcuno che ti
ascolti, ti comprenda e ti creda.
Uscire dalla violenza si può:
riprendersi la vita è un percorso
faticoso ma sempre possibile.
Le case e i centri antiviolenza sono centri di accoglienza gestiti da gruppi di donne,
dove puoi trovare ascolto, sostegno e un aiuto concreto.
Offrono colloqui di accoglienza per chiarire insieme i problemi e definire le tappe
di un percorso di uscita dalla violenza, consulenza legale (diritti e doveri dei
coniugi, separazione, divorzio, affidamento dei figli, ecc), gruppi di auto-aiuto,
colloqui di consulenza psicologica, garantendo l'anonimato e la riservatezza.
Nei Centri che dispongono di una Casa rifugio viene offerta alle donne (sole o con
figli) che si trovano in situazioni di pericolo anche ospitalità temporanea in
residenze ad indirizzo segreto. Nel sito:
www.women.it/casadonne/comecitrovi
puoi consultare la mappa dei Centri antiviolenza d'Italia, compreso il nostro:
www.bellunodonna.it
Uscire dalla violenza è possibile,
insieme ad altre donne è più facile.
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Materiale informativo 2001 - Associazione Belluno Donna