Trento, 20 aprile 2009
Università degli studi di Trento
Facoltà di Giurisprudenza
Dipartimento di Scienze Giuridiche (Progetto Biodiritto)
Incontri di Biodiritto:
Gli hard cases e i limiti della
medicina
Dr. Prof. Fabio Cembrani
Direttore U.O. Medicina Legale
Azienda provinciale Servizi sanitari di Trento
SOMMARIO:
 Gli “hard (penumbral) cases”: definizione e
problematicità (esempi pratici)
Le due prevalenti (opposte) visioni di concettualizzare la
visione del mondo: il paradigma di stampo cattolico e di
stampo laico
I “corto-circuiti” dell’ ermeneutica giuridica
La indicazioni della Deontologia medica nell’ inizio e nel
fine vita
Alcune proposte operative
Mi scuso subito …
per la “pericolosa”
invasione di
campo …
… che ha il solo
scopo di stimolare
la riflessione e il
dibattito tra
Discipline affini
DEFINIZIONE:
Gli “hard (penumbral) cases” sono quei casi (“difficili” o “tragici”) nei
quali nessuna delle disposizioni desunte dalle norme vigenti può
essere assunta ad ombrello al di sotto del quale i medesimi possono
essere unanimamente collocati né utilizzando la via delle categorie
interpretative teorizzata da Ronald Dworkin (moral reading:
ricostruzione del senso del testo giuridico, del suo pedigree, della
open structure di una norma considerata nel senso di un testo
aperto ad interpretazioni costruttive, ancorchè non previste dell’
intenzione originaria del Legislatore), né quella argomentativa
proposta da Robert Alexy e da Manuel Atienza che postula, nell’
universalizzazione possibile di un argomento desunto attraverso le
regole della pragmatica universale, il fit ontologico della loro
corretta interpretazione ermeneutica.
Gli “hard (penumbral) cases”
Non sono un terreno riservato a pochi eletti ma un banco di prova per
saggiare la tenuta dei principi solidaristici una società liberale e democratica
Consentono di tessere le fila di un discorso che mette realmente alla prova
la capacità dei professionisti della salute di confrontarsi con i limiti della
medicina e con i diritti inviolabili (fondamentali) della persona
Costituiscono un caposaldo che mette realmente alla prova l’ ermeneutica
giuridica costituzionale ancora intrisa di una matrice gius-positivistica
(accurata analisi grammaticale e sintattica del testo per individuare la
volontà del Costituente) a discapito dell’ argomentazione di matrice giusnaturalistica che individua nella Costituzione non già precetti imperativi
(=regole di condotta) ma valori e principi messi in relazione reciproca
(Zagrebelsky e Mengoni)
Sono una forte occasione per (ri)-discutere (e ridefinire) i rapporti tra la
Costituzione scritta e quella vivente
Tre esempi pratici di “hard (penumbral) cases”:
1. Piergiorgio Welby
2. Eluana Englaro
3. Davide Marasco
La vicenda umana di Piergiorgio Welby (“fine vita”):
Caro Presidente, scrivo a Lei, e attraverso Lei mi rivolgo anche a quei cittadini che avranno la possibilità
di ascoltare queste mie parole, questo mio grido, che non è di disperazione, ma carico di speranza umana
e civile per questo nostro Paese. Fino a due mesi e mezzo fa la mia vita era sì segnata da difficoltà non
indifferenti, ma almeno per qualche ora del giorno potevo, con l’ausilio del mio computer, scrivere,
leggere, fare delle ricerche, incontrare gli amici su internet. Ora sono come sprofondato in un baratro da
dove non trovo uscita. La giornata inizia con l’allarme del ventilatore polmonare mentre viene cambiato
il filtro umidificatore e il catheter mounth, trascorre con il sottofondo della radio, tra frequenti
aspirazioni delle secrezioni tracheali, monitoraggio dei parametri ossimetrici, pulizie personali,
medicazioni, bevute di pulmocare. Una volta mi alzavo al più tardi alle dieci e mi mettevo a scrivere sul
pc. Ora la mia patologia, la distrofia muscolare, si è talmente aggravata da non consentirmi di compiere
movimenti, il mio equilibrio fisico è diventato molto precario. A mezzogiorno con l’aiuto di mia moglie e
di un assistente mi alzo, ma sempre più spesso riesco a malapena a star seduto senza aprire il computer
perchè sento una stanchezza mortale. Mi costringo sulla sedia per assumere almeno per un’ora una
posizione differente di quella supina a letto. Tornato a letto, a volte, mi assopisco, ma mi risveglio
spaventato, sudato e più stanco di prima. Allora faccio accendere la radio ma la ascolto distrattamente.
Non riesco a concentrarmi perché penso sempre a come mettere fine a questa vita. Verso le sei faccio un
altro sforzo a mettermi seduto, con l’aiuto di mia moglie Mina e mio nipote Simone. Ogni giorno vado
peggio, sempre più debole e stanco. Dopo circa un’ora mi accompagnano a letto. Guardo la tv, aspettando
che arrivi l’ora della compressa del Tavor per addormentarmi e non sentire più nulla e nella speranza di
non svegliarmi la mattina. Io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i
capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia,
una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco
depresso – morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita – è solo un
testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo
non è più mio ... è lì, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti
Montanelli mi capirebbe. Se fossi svizzero, belga o olandese potrei sottrarmi a questo oltraggio estremo
ma sono italiano e qui non c’è pietà. Starà pensando, Presidente, che sto invocando per me una “morte
dignitosa”. No, non si tratta di questo. E non parlo solo della mia, di morte. La morte non può essere
“dignitosa”; dignitosa, ovvero decorosa, dovrebbe essere la vita, in special modo quando si va affievolendo
a causa della vecchiaia o delle malattie incurabili e inguaribili. La morte è altro. Definire la morte per
eutanasia “dignitosa” è un modo di negare la tragicità del morire. È un continuare a muoversi nel solco
dell’occultamento o del travisamento della morte che, scacciata dalle case, nascosta da un paravento negli
ospedali, negletta nella solitudine dei gerontocomi, appare essere ciò che non è. Cos’è la morte? La morte
è una condizione indispensabile per la vita. Ha scritto Eschilo: “Ostico, lottare. Sfacelo m'assale, gonfia
fiumana. Oceano cieco, pozzo nero di pena m'accerchia senza spiragli. Non esiste approdo”. L’approdo
esiste, ma l’eutanasia non è “morte dignitosa”, ma morte opportuna, nelle parole dell’uomo di fede
Jacques Pohier. Opportuno è ciò che “spinge verso il porto”; per Plutarco, la morte dei giovani è un
naufragio, quella dei vecchi un approdare al porto e Leopardi la definisce il solo “luogo” dove è possibile
un riposo, non lieto, ma sicuro. In Italia, l’eutanasia è reato, ma ciò non vuol dire che non “esista”:
vi sono richieste di eutanasia che non vengono accolte per il timore dei medici di essere
sottoposti a giudizio penale e viceversa, possono venir praticati atti eutanasici senza il consenso
informato di pazienti coscienti. Per esaudire la richiesta di eutanasia, alcuni paesi europei,
Olanda, Belgio, hanno introdotto delle procedure che consentono al paziente “terminale” che
ne faccia richiesta di programmare con il medico il percorso di “approdo” alla morte opportuna.
Una legge sull’eutanasia non è più la richiesta incomprensibile di pochi eccentrici. Anche in Italia, i
disegni di legge depositati nella scorsa legislatura erano già quattro o cinque. L’associazione degli
anestesisti, pur con molta cautela, ha chiesto una legge più chiara; il recente pronunciamento dello
scaduto (e non ancora rinnovato) Comitato Nazionale per la bioetica sulle Direttive Anticipate di
Trattamento ha messo in luce l’impossibilità di escludere ogni eventualità eutanasica nel caso in cui il
medico si attenga alle disposizioni anticipate redatte dai pazienti.
Anche nella diga opposta dalla Chiesa si stanno aprendo alcune falle che, pur restando nell’alveo della
tradizione, permettono di intervenire pesantemente con le cure palliative e di non intervenire con
terapie sproporzionate che non portino benefici concreti al paziente. L’opinione pubblica è sempre più
cosciente dei rischi insiti nel lasciare al medico ogni decisione sulle terapie da praticare. Molti hanno
assistito un famigliare, un amico o un congiunto durante una malattia incurabile e altamente invalidante
ed hanno maturato la decisione di, se fosse capitato a loro, non percorrere fino in fondo la stessa strada.
Altri hanno assistito alla tragedia di una persona in stato vegetativo persistente.
Quando affrontiamo le tematiche legate al termine della vita, non ci si trova in
presenza di uno scontro tra chi è a favore della vita e chi è a favore della morte: tutti i
malati vogliono guarire, non morire. Chi condivide, con amore, il percorso obbligato
che la malattia impone alla persona amata, desidera la sua guarigione. I medici, resi
impotenti da patologie finora inguaribili, sperano nel miracolo laico della ricerca
scientifica. Tra desideri e speranze, il tempo scorre inesorabile e, con il passare del tempo, le speranze
si affievoliscono e il desiderio di guarigione diventa desiderio di abbreviare un percorso di disperazione,
prima che arrivi a quel termine naturale che le tecniche di rianimazione e i macchinari che supportano o
simulano le funzioni vitali riescono a spostare sempre più in avanti nel tempo. Per il modo in cui le
nostre possibilità tecniche ci mantengono in vita, verrà un giorno che dai centri di rianimazione
usciranno schiere di morti-viventi che finiranno a vegetare per anni. Noi tutti probabilmente dobbiamo
continuamente imparare che morire è anche un processo di apprendimento, e non è solo il cadere in uno
stato di incoscienza. Sua Santità, Benedetto XVI, ha detto che “di fronte alla pretesa, che spesso affiora, di
eliminare la sofferenza, ricorrendo perfino all'eutanasia, occorre ribadire la dignità inviolabile della vita
umana, dal concepimento al suo termine naturale”.
Ma che cosa c’è di “naturale” in una sala di rianimazione? Che cosa c’è di naturale in un buco
nella pancia e in una pompa che la riempie di grassi e proteine? Che cosa c’è di naturale in uno
squarcio nella trachea e in una pompa che soffia l’aria nei polmoni? Che cosa c’è di naturale in
un corpo tenuto biologicamente in funzione con l’ausilio di respiratori artificiali, alimentazione
artificiale, idratazione artificiale, svuotamento intestinale artificiale, morte-artificialmenterimandata? Io credo che si possa, per ragioni di fede o di potere, giocare con le parole, ma non
credo che per le stesse ragioni si possa “giocare” con la vita e il dolore altrui.
Quando un malato terminale decide di rinunciare agli affetti, ai ricordi, alle amicizie, alla vita e chiede di
mettere fine ad una sopravvivenza crudelmente ‘biologica’ – io credo che questa sua volontà debba essere
rispettata ed accolta con quella pietas che rappresenta la forza e la coerenza del pensiero laico. Sono
consapevole, Signor Presidente, di averle parlato anche, attraverso il mio corpo malato, di politica, e di
obiettivi necessariamente affidati al libero dibattito parlamentare e non certo a un Suo intervento o
pronunciamento nel merito.
Quello che però mi permetto di raccomandarle è la difesa del diritto di ciascuno e di tutti i cittadini di
conoscere le proposte, le ragioni, le storie, le volontà e le vite che, come la mia, sono investite da questo
confronto. Il sogno di Luca Coscioni era quello di liberare la ricerca e dar voce, in tutti i sensi, ai malati. Il
suo sogno è stato interrotto e solo dopo che è stato interrotto è stato conosciuto. Ora siamo noi a dover
sognare anche per lui. Il mio sogno, anche come co-Presidente dell’Associazione che porta il nome di
Luca, la mia volontà, la mia richiesta, che voglio porre in ogni sede, a partire da quelle politiche e
giudiziarie è oggi nella mia mente più chiaro e preciso che mai: poter ottenere l’eutanasia. Vorrei che
anche ai cittadini italiani sia data la stessa opportunità che è concessa ai cittadini svizzeri, belgi, olandesi.
La vicenda umana di Eluana Englaro (“fine vita”)
sentenza n. 21748/2007 prima Sezione civile della Corte di Cassazione
decreto n. 88 Corte di Appello di Milano, sezione I civile, del 25 giugno 2008,
sentenza n. 27145/2008 prima Sezione civile Corte di Cassazione con la quale è
stato dichiarato il difetto di impugnazione del Pubblico Ministero in relazione ad un
diritto costituzionalmente garantito (quello di auto-determinazione della persona
nel campo della cura) all’ esercizio del quale l’ Autorità Giudiziaria non può
contrapporsi fino al punto di impugnazione della decisione della domanda di tutela
formulata dal rappresentante legale di Eluana.
conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato sollevato dai 2 rami del Parlamento
la Corte Costituzionale (Ordinanza n. 324 dd. 8 ottobre 2008) ha dichiarato
inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzioni sollevati dai due rami del
Parlamento nei confronti della Corte di Cassazione e della Corte d’ Appello di
Milano che si sono limitati ad “… atti giurisdizionali … spieganti efficacia solo per
il caso di specie” e non già aventi “… funzioni di produzione normativa o per
menomare l’ esercizio del potere legislativo da parte del Parlamento, che ne è
sempre e comunque titolare”
ricorso presentato alla Corte europea dei diritti dell’ uomo contro la sentenza della
Corte di Cassazione.
La vicenda umana di Davide Marasco (“inizio vita”):
Davide è un neonato nato il 28 aprile 2008 negli Ospedali Riuniti di Foggia e che alla
nascita è stato riscontrato affetto da una rarissima patologia pluri-malformativa
(sindrome di Potter) che si esprimeva con la mancanza di entrambi i reni, l’ inadeguato
sviluppo degli ureteri, della vescica e dei polmoni, malformazioni intestinali e rettali.
Quasi tutti i bambini affetti da questa gravissima patologia subito dopo la nascita (e di
tanto sono stati informati i genitori) ma, nel caso di Davide, le cose sono andate
diversamente se è vero, come riferiscono le cronache, che il bambino, a distanza di
qualche giorno dalla nascita, ha ripreso la respirazione autonoma con un miglioramento
della sua situazione clinica al punto che i sanitari ne hanno disposto il trasferimento in
un Centro specializzato per iniziare l’ emodialisi. I genitori hanno chiesto un giorno per
riflettere e di parlare con il Comitato etico ospedaliero ma i sanitari, senza dire nulla,
hanno deciso di informare l’ Autorità Giudiziaria con un triplice risultato: la sospensione
“… inaudita altera parte e senza ulteriori approfondimenti del caso” della potestà
genitoriale (e la nomina di un tutore provvisorio), il trasferimento del neonato (avvenuto
senza darne informazione ai genitori) nell’ Ospedale “Giovanni XXIII” di Bari dove lo
stesso ha iniziato il trattamento emodialitico e la prescrizione esplicita fornita ai genitori
di Davide di ottemperare alle indicazioni dei medici pena l’ adozione di ulteriori
provvedimenti limitativi della libertà personale. Nonostante le terapie intensive cui
Davide è stato sottoposto nell’ Ospedale di Bari lo stesso è lì deceduto il 18 luglio
Un quadro di sintesi (problematicità):
Gli hard (penumbral) cases riguardano, distintamente, l’ inizio ed il
fine della vita, pur avendo in comune:
 le nuove condizioni del vivere e del morire rese possibili dall’
impiego delle tecniche di rianimazione e di sostegno vitale
 l’ adesione ad un’ opzione “vitalistica” che aderisce al paradigma
della sacralità (santità) della vita:
imposta giudiziariamente (nel caso di Davide)
assunta autonomamente dai medici (nel caso di Piergiorgio e di
Eluana) e, subordinatamente, proposta agli organi giudiziari (crocevia
degli hard cases) ancorchè per esigenze processuali diverse
Le opposte visioni paradigmatiche di concettualizzare la
visione del mondo (G. Fornero)
Sacralità (o santità) della vita e sua
indisponibilità
Qualità della vita e sua relativa
disponibilità
Piano divino del mondo (trascendente
e metafisico) che si riflette nell’ ordine
naturale del creato
Piano evoluzionistica del mondo
fondato sull’ idea di una ragione pratica
indipendente da Dio
Posizione di garanzia del medico forte a
favore della sacralità della vita
Posizione di garanzia del medico meno
rigida che coniuga il rispetto della vita e
la qualità della vita stessa
Beneficienza (paternalismo medico)
Autonomia (rispetto e promozione della
libertà decisionale)
Fermati o Sole …
Il Sole si immobilizzò nel
mezzo dei cieli e ritardò di
quasi un intero giorno il suo
tramonto…
(Libro di Giosuè, X, 12-13)
Schema del sistema Copernicano
tratto dal De rivolutionibus orbium
coelestium, 1543.
Paradigmi ed ermeneutica giuridica:
“… Ed allora ritiene questo Giudice che il diritto alla vita, nella sua
sacralità, inviolabilità e indisponibilità, costituisca un limite per tutti gli
altri diritti che, come quello affermato dall’ art. 32 Cost., siano posti a
tutela della dignità umana .
… in merito non si può che ribadire la necessità di una normativa che
preveda delle regole alle quali attenersi in simili casi, fissando, in particolare,
il momento in cui la condotta del medico rientri nel divieto di accanimento
terapeutico; in assenza di tale disciplina normativa, però, al principio di
cui all’ art. 32 Cost. o alle altre norme internazionali o di grado
secondario non può essere riconosciuta unì estensione tale da superare
il limite insuperabile del diritto alla vita. …
Tribunale di Roma, Ufficio del Giudice per le indagini preliminari
Ordinanza 7 giugno 2007
Paradigmi ed ermeneutica giuridica (i cortocircuiti interpretativi)
Art. 579 c.p. (Omicidio del consenziente)
Art. 580 c.p. (Istigazione e aiuto al suicidio)
Art. 32 Cost.
(2° comma)
Art. 5 (Atti di disposizione del proprio corpo)
Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati
quando cagionino una diminuzione permanente della
.
integrità
fisica, o quando siano altrimenti contrari alla
legge, all'ordine pubblico o al buon costume.
Art. 2 Cost.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali
ove si svolge la sua personalità, e richiede
l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà
politica, economica e sociale.
Ermeneutica giuridica:
a) Sembra influenzata dai diversi modi paradigmatici di interpretare la realtà del
mondo
b) Sembra ancora condizionata dal positivismo giuridico (=regole di condotta
imposte in forma di precetto, applicate come tali attraverso il sillogismo
deduttivo di sussunzione)
c) Sembra essere ancora distante dall’ approccio gius-naturale secondo il quale le
norme costituzionali non sono riconducibili al modello delle regole di
condotta ma a quello dei principi e dei valori che vanno interpretati
ricorrendo all’ argomentazione etica e pratica-discorsiva
d) Sembra non condividere il valore aggiunto di una Costituzione vivente che si
affianca a quella scritta attraverso l’ interprete costituzionale ed altre fonti
(Codice di Deontologia medica)
e) Sembra non riconoscere la gerarchia delle fonti e rinnegare che il
bilanciamento tra principi e valori deve avvenire utilizzando un rigoroso
metodo ermeneutico che non privilegia le personali preferenze del giurista.
La gerarchia (e la storicità) delle fonti:
 Costituzione (1948)
 Codice civile (R.D. 16 marzo 1942, n. 262 “Approvazione del testo
del Codice Civile”)
 Codice penale (Regio Decreto 19 ottobre 1930, n. 1398)
I punti di forza della Costituzione scritta:
Predispone la forma politica e di governo di un ordinamento
Fissa principi e valori all’ interno di un tutto dotato di senso e
coerenza in cui i singoli elementi sono collegati intenzionalmente tra
loro sì da determinare il modo in cui uno Stato deve essere
organizzato e messo in grado di funzionare
Positivizza principi sostanzialmente etici non solo attraverso una
dichiarazione di diritti (Boezio ed Hobbes) ma formulando un sistema
di valori (e di principi) messi in reciproca relazione in modo che a certi
diritti siano speculari determinati interessi pubblici (art. 32 Cost.) e che
a certe opzioni di valore (liberà individuale: art. 13 Cost.)
corrispondano precisi principi istituzionali (divisione dei poteri)
… E si torna al timore di restare in balia d’ una politica senza
principi o fortemente connotata da un unilateralismo religioso o
ideologico o economico … Proprio per evitare questo rischio, o
almeno per ridurne l’ incidenza, si è progressivamente accentuato
il rilievo dei diritti fondamentali in quanto tali … Con un
significativo mutamento linguistico, si ricorre sempre più spesso
all’ aggettivo “fondamentale” al posto del tradizionale
“inviolabile, per mettere in evidenza l’ intrinseco valore assunto
da alcuni diritti nel caratterizzare non solo le posizioni
individuali, ma il sistema politico-istituzionale nel suo complesso
…
Stefano Rodotà (La vita e le regole. Tra diritto e non diritto. Feltrinelli, 2006)
I diritti “fondamentali”
della persona:
 Indivisibili (non
gerarchizzati né
gerarchizzabili)
 indisponibili (non
riducibili alla logica
dello scambio ed alla
dinamica dei rapporti
mercantili)
Sintonie
 Dichiarazione universale dei diritti dell’ uomo (1948)
 Carta Costituzionale (1948)
 Convenzione sui diritti dell’ uomo e sulla bio-medicina adottata ad
Oviedo il 4 aprile 1997 (e recepita con Legge 28 marzo 2001, n. 145)
 Carta dei diritti fondamentali dell’ Unione europea (2000)
 Carta europea dei diritti del malato (2003)
Codice di Deontologia medica (2006)
Dichiarazione universale dei diritti dell’ uomo
Preambolo
Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della
famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento
della libertà, della giustizia e della pace nel mondo;
Art. 1 -Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi
sono dotati di ragione di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in
spirito di fratellanza.
Art. 2 -Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati
nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza,
di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro
genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra
condizione.
…
Art. 3 -Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della
propria persona.
I diritti “fondamentali” della persona
Art. 2 -La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell’ uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si
svolge la sua personalità, e richiede l’ adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art. 3 -E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’
eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della
persona umana e l’ effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’
organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Art. 13 -La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma
alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né
qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto
motivato dell’ autorità giudiziaria. In casi eccezionali di gravità ed
urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’ autorità di pubblica
sicurezza può adottare provvedimenti che devono essere comunicati
entro quarantotto ore all’ autorità giudiziaria … È punita ogni
violenza fisica o morale sulle persone sottoposte a restrizione della
libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione
preventiva.
Art. 32 -La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’
individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli
indigenti.
Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario
se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso
violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Art. 19 -Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa
in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di
esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti
contrari al buon costume.
Art. 38 -Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per
vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle
loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia,
disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento
professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti
predisposti o integrati dallo Stato.
L'assistenza privata è libera.
Legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del Servizio
sanitario nazionale)
Art. 1 … La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel
rispetto della dignità e della libertà della persona umana.
Art. 33 (Norme per gli accertamenti e i trattamenti sanitari volontari e
obbligatori)
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono di norma volontari. …
Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori di cui ai
precedenti commi devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad
assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato.
L’ unità sanitaria locale opera per ridurre il ricorso ai suddetti
trattamenti sanitari obbligatori, sviluppando le iniziative di
prevenzione e di educazione sanitaria e i rapporti organici tra servizi e
comunità. …
LA CONVENZIONE SUI DIRITTI DELL’ UOMO E
SULLA BIOMEDICINA
adottata ad Oviedo il 4 aprile 1997
(“quasi ratificata” con legge 28 marzo 2001, n. 145)
Art. 5 (Regola generale)
Qualsiasi intervento in campo sanitario non può essere effettuato se
non dopo che la persona interessata abbia dato il proprio consenso
libero e informato.
Questa persona riceve preventivamente un’ informazione
adeguata in merito allo scopo e alla natura dell’ intervento nonché
alle conseguenze e ai suoi rischi.
La persona interessata può liberamente ritirare il proprio consenso
in qualsiasi momento.
Art. 6 (Protezione delle persone che non hanno la capacità di dare consenso)
Sotto riserva degli articoli 17 e 20, un intervento non può essere effettuato su
una persona che non ha capacità di dare consenso, se non per un diretto
beneficio della stessa. Quando, secondo la legge, un minore non ha la capacità di
dare consenso a un intervento, questo non può essere effettuato senza
l’autorizzazione del suo rappresentante, di un’autorità o di una persona o di un
organo designato dalla legge. Il parere di un minore è preso in considerazione come
un fattore sempre più determinante, in funzione della sua età e del suo grado di
maturità. Allorquando, secondo la legge, un maggiorenne, a causa di un
handicap mentale, di una malattia o per un motivo similare, non ha la capacità
di dare consenso ad un intervento, questo non può essere effettuato senza
l’autorizzazione del suo rappresentante, di un’autorità o di una persona o di un
organo designato dalla legge. La persona interessata deve nei limiti del possibile
essere associata alla procedura di autorizzazione. Il rappresentante, l’autorità, la
persona o l’organo menzionati ai paragrafi 2 e 3 ricevono, alle stesse condizioni,
l’informazione menzionata all’articolo 5. L’autorizzazione menzionata ai paragrafi 2
e 3 può, in qualsiasi momento, essere ritirata nell’interesse della persona interessata.
Art. 9 (Desideri precedentemente espressi).
I desideri precedentemente espressi a proposito di
un intervento medico da parte di un paziente
che, al momento dell’intervento, non è in grado
di esprimere la sua volontà saranno tenuti in
considerazione.
Art. 10 (Vita privata e diritto all’informazione)
(1) Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata
allorché si tratta di informazioni relative alla propria salute.
(2) Ogni persona ha il diritto di conoscere ogni informazione
raccolta sulla propria salute. Tuttavia, la volontà di una
persona di non essere informata deve essere rispettata.
(3) A titolo eccezionale, la legge può prevedere, nell’interesse del
paziente, delle restrizioni all’esercizio dei diritti menzionati al
paragrafo 2.
Gli Stati membri della Convenzione di Oviedo
Carta dei diritti fondamentali dell’ Unione
europea
TITOLO I: DIGNITA'
Articolo II-63: Diritto all'integrità della persona
1. Ogni persona ha diritto alla propria integrità fisica e
psichica.
2. Nell'ambito della medicina e della biologia devono
essere in particolare rispettati:
a) il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le
modalità definite dalla legge
b) il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare di quelle aventi
come scopo la
selezione delle persone
c) il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali
una fonte di lucro
d) il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani.
Indicazioni forti che
non potevano non
essere accolte dai Codici
di deontologia
professionale che
hanno,
progressivamente,
hanno perso la loro
originaria connotazione
“corporativa” con un
progressivo e graduale
allargamento di
orizzonte
Da una regolamentazione
prevalentemente interna (o
corporativa) si è passati ad
una visione molto più ampia
in cui trovano ampio spazio le
regole di condotta
professionali in rapporto alle
istituzioni, alle altre
professioni sanitarie e,
soprattutto, in rapporto ai
destinatari dell’ azione
professionale ed ai diritti
fondamentali della persona.
Codice di Deontologia medica
TITOLO II
DOVERI GENERALI
DEL MEDICO
CAP. I
Libertà, indipendenza e dignità
della professione
Art. 3- Doveri del medico Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica
dell'Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della
dignità della persona umana, senza distinzioni di età, di sesso, di etnia,
di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in
tempo di pace e in tempo di guerra, quali che siano le condizioni
istituzionali o sociali nelle quali opera.
La salute è intesa nell'accezione più ampia del termine, come
condizione cioè di benessere fisico e psichico della persona.
Art. 39 - Assistenza al malato a prognosi infausta In caso di malattie a prognosi sicuramente infausta o pervenute alla
fase terminale, il medico deve improntare la sua opera ad atti e
comportamenti idonei a risparmiare inutili sofferenze psichicofisiche e fornendo al malato i trattamenti appropriati a tutela, per
quanto possibile, della qualità di vita e della dignità della persona.
In caso di compromissione dello stato di coscienza, il medico deve
proseguire nella terapia di sostegno vitale finché ritenuta
ragionevolmente utile evitando ogni forma di accanimento
terapeutico.
La deontologia medica inserisce le misure di sostegno vitale tra le terapie, a
differenza di quanto approvato recentemente dal Senato della Repubblica
d.d.l. Senato 10 -A- Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di
consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento
Art. 3 (Contenuti e limiti della dichiarazione anticipata di trattamento)
…
6. Anche nel rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle
persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006,
l’alimentazione e l’idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la
tecnica possono fornirle al paziente, sono forme di sostegno vitale e
fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze fino alla fine della
vita. Esse non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di
trattamento.
Art. 20 - Rispetto dei diritti della persona Il medico deve improntare la propria attività professionale al
rispetto dei diritti fondamentali della persona.
Art. 16 - Accanimento diagnostico-terapeutico –
Il medico, anche tenendo conto delle volontà del paziente
laddove espresse, deve astenersi dall’ostinazione in trattamenti
diagnostici e terapeutici da cui non si possa fondatamente
attendere un beneficio per la salute del malato e/o un
miglioramento della qualità della vita.
Art. 17 - Eutanasia Il medico, anche su richiesta del malato, non deve effettuare né
favorire trattamenti finalizzati a provocarne la morte.
… E’ di grandissima importanza … distinguere tra eutanasia e
astensione dall’ accanimento terapeutico, due termini spesso confusi. La
prima si riferisce ad un gesto che intende abbreviare la vita, causando positivamente
la morte; la seconda consiste nella “rinuncia … all’ utilizzo di procedure mediche
sproporzionate e senza ragionevole speranza di esito positivo (Compendio
catechismo della Chiesa, n. 471). Evitando l’ accanimento terapeutico “non si vuole
procurare la morte; si accetta di non poterla impedire” (Catechismo della Chiesa
Cattolica, n. 2278) assumendo così i limiti propri della condizione umana mortale. Il
punto delicato è che per stabilire se un intervento medico è appropriato non ci si
può richiamare ad una regola generale, ma occorre un attento discernimento che
consideri le condizioni concrete, le circostanze e le intenzioni dei soggetti coinvolti.
In particolare non può essere trascurata la volontà del malato in quanto a lui compete
… di valutare se le cure che gli vengono proposte, in tali casi di eccezionale gravità,
sono effettivamente proporzionate. … Forse sarebbe più corretto parlare non
di “sospensione dei trattamenti” (e ancor meno di “staccare la spina”)
ma di limitazione dei trattamenti. Risulterebbe così più chiaro che l’
assistenza deve continuare, commisurandosi alle effettive esigenze della
persona, assicurando ad esempio la sedazione del dolore e le cure
infermieristiche.
Carlo Maria Martini, 21 gennaio 2007 (Il Sole 24 ore)
… Il Cardinale propone una definizione in questi termini: “Un gesto
che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte”.
Ora questa definizione risulta, a mio parere, insufficiente perché
riguarda soltanto la cosiddetta eutanasia attiva; mentre è eutanasia
anche la “omissione” di una terapia efficace e dovuta, la cui privazione
causa intenzionalmente la morte. In questo senso si realizza appunto l’
eutanasia omissiva (non è appropriato chiamarla “passiva” con un
termine eticamente debole e neutro). I documenti principali del
magistero, sia la Dichiarazione sulla eutanasia che l’ Evangelium
Vitae, definiscono eutanasia un’ azione o un’ omissione che per
natura sua e nell’ intenzione di chi la compie provoca la morte con l’
intenzione di alleviare il dolore (E.V., n. 65). Si sa anche che la
gravità morale dell’ eutanasia omissiva è uguale rispetto a
quella dell’ azione positiva … Si tratta sempre di morte
provocata intenzionalmente.
Elio Sgreggia, Il Corriere della Sera, 23 gennaio 2006
… Quello che invece mi ha profondamente turbato è stato il
passaggio che il Prof. Melazzini ha dedicato al Cardinal
Martini: come correttamente riportato dal Vostro cronista,
egli ha affermato che, a differenza di Papa Paolo Giovanni II
che aveva la malattia di Parkinson e tremava perché non
faceva alcuna terapia, il Cardinal Martini, pure affetto da
Parkinson, non trema perché assume certe terapie che
togliendo il tremore alterano le capacità cognitive. Come a
dire: il Cardinal Martini ha scritto quel famose articolo al
Sole 24 Ore non nel pieno possesso delle sue capacità
intellettive. Questa affermazione è molto grave e al limite
della diffamazione: Purtroppo ha suscitato un applauso e
uno scoppio di risa di una parte della platea …
Sen. Paolo Bodini, L’ Unità, 6 febbraio 2007
In queste dolorose vicende, assai spesso si fa un uso terroristico
della parola “eutanasia” per cercare di creare un clima di sospetto
e di stigmatizzazione intorno a casi che, invece, presentano
caratteristiche del tutto diverse. La correttezza del discorso
pubblico e lì onestà intellettuale … dovrebbero imporre di
partire in ogni caso da una premessa: la riflessione e le regole sul
rifiuto di cure e l’ accanimento terapeutico hanno
definitivamente chiarito che si tratta di situazioni che non
possono essere qualificate come eutanasia, termine che è
correttamente adoperato solo in presenza di un intervento attivo
in condizioni diverse da quelle definite nei casi di rifiuto e di
accanimento. Anzi per non cadere in questo tipo di equivoci si
evita il riferimento all’ eutanasia e sempre più spesso di preferisce
parlare di suicidio assistito, proprio per segnare con nettezza un
confine. …
Stefano Rodotà, 2008
Art. 33 -Informazione al cittadino-
Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi,
sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnosticoterapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate.
Il medico dovrà comunicare con il soggetto tenendo conto delle sue capacità
di comprensione, al fine di promuoverne la massima partecipazione alle
scelte decisionali e l’adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche.
Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere
soddisfatta.
Il medico deve, altresì, soddisfare le richieste di informazione del cittadino
in tema di prevenzione.
Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter
procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere fornite
con prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza escludere
elementi di speranza.
La documentata volontà della persona assistita di non essere informata o di
delegare ad altro soggetto l’informazione deve essere rispettata.
Art. 35 - Acquisizione del consenso –
Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza
l’acquisizione del consenso esplicito e informato del paziente.
Il consenso, espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e nei casi in cui
per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o per le
possibili conseguenze delle stesse sulla integrità fisica si renda opportuna una
manifestazione documentata della volontà della persona, è integrativo e non
sostitutivo del processo informativo di cui all'art. 33.
Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeutico che possano
comportare grave rischio per l'incolumità della persona, devono essere intrapresi
solo in caso di estrema necessità e previa informazione sulle possibili
conseguenze, cui deve far seguito una opportuna documentazione del consenso.
In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace, il medico deve
desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun
trattamento medico contro la volontà della persona.
Il medico deve intervenire, in scienza e coscienza, nei confronti del paziente
incapace, nel rispetto della dignità della persona e della qualità della vita, evitando
ogni accanimento terapeutico, tenendo conto delle precedenti volontà del
paziente.
Art. 37 - Consenso del legale rappresentante -
Allorché si tratti di minore o di interdetto il consenso agli interventi
diagnostici e terapeutici, nonché al trattamento dei dati sensibili,
deve
essere
espresso
dal
rappresentante
legale.
Il medico, nel caso in cui sia stato nominato dal giudice tutelare un
amministratore di sostegno deve debitamente informarlo e tenere
nel massimo conto le sue istanze.
In caso di opposizione da parte del rappresentante legale al
trattamento necessario e indifferibile a favore di minori o di incapaci,
il medico è tenuto a informare l'autorità giudiziaria; se vi è pericolo
per la vita o grave rischio per la salute del minore e dell’incapace, il
medico deve comunque procedere senza ritardo e secondo necessità
alle cure indispensabili.
Art. 38 - Autonomia del cittadino e direttive anticipate -
Il medico deve attenersi, nell’ambito della autonomia e indipendenza
che caratterizza la professione, alla volontà liberamente espressa della
persona di curarsi e deve agire nel rispetto della dignità, della libertà e
autonomia della stessa.
Il medico, compatibilmente con l’età, con la capacità di comprensione
e con la maturità del soggetto, ha l’obbligo di dare adeguate
informazioni al minore e di tenere conto della sua volontà.
In caso di divergenze insanabili rispetto alle richieste del legale
rappresentante deve segnalare il caso all’autorità giudiziaria;
analogamente deve comportarsi di fronte a un maggiorenne infermo
di mente.
Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria
volontà, deve tenere conto nelle proprie scelte di quanto
precedentemente manifestato dallo stesso in modo certo e
documentato.
Art. 53 - Rifiuto consapevole di nutrirsi Quando una persona rifiuta volontariamente di nutrirsi, il medico
ha il dovere di informarla sulle gravi conseguenze che un digiuno
protratto può comportare sulle sue condizioni di salute. Se la
persona è consapevole delle possibili conseguenze della propria
decisione, il medico non deve assumere iniziative costrittive né
collaborare a manovre coattive di nutrizione artificiale nei
confronti della medesima, pur continuando ad assisterla.
Mi avvio a
concludere
…
Il Codice di Deontologia medica non
rappresenta un decalogo astratto di
regole e di principi ma assume il
valore di una vera e propria “guida”
che modula, in senso unificante, i
comportamenti professionali
conferendo loro:
quella sinergia di interventi e di
azioni professionali che devono
tendere alla presa in carico della
persona, rispettando e
promuovendone i diritti
fondamentali;
quell’ identità professionale
purtroppo disillusa con il ricorso ad
una prassi spesso difensiva, orientata
sulla pre-costituzione di cause di
giustificazione;
un’ autentica responsabilità.
La responsabilità è
l’impegno positivo
del medico che
opera nell’interesse
di salute della
persona o della
collettività, secondo
idonee regole di
condotta
Si tratta della
responsabilità che
costruisce il progetto
di vita dell’assistito,
considerandone la
sofferenza,
valutandone i bisogni,
ispirandosi alla
solidarietà con l’altro.
E’ la responsabilità che
fonda, in un obiettivo
condiviso, l’alleanza fra
il medico ed il
cittadino
E’ la responsabilità
del sapere, del
saper essere e del
saper fare, della
competenza e della
lealtà,
dell’impegno, della
prudenza, della
solidarietà più
autentica
… Diceva Charlie Chaplin che la
vita è una tragedia in primo
piano, ma una commedia in
campo lungo … Ecco, se faccio
qualche passo indietro, vedo un
establishment che è sempre
rapido nel condannare chi
chiede una legge per “uscire
dalla comune” ma più lento
di un bradipo quando è
chiamato in causa per
rendere più vivibile il
disagio della malattia …
Piergiorgio Welby, 4 gennaio 2003
Ho concluso
grazie per l’ attenzione (… scusandomi
ancora per l’ invasione di campo)
Dr. Prof. Fabio Cembrani
Direttore Unità Operativa Medicina Legale
Azienda provinciale per i Servizi sanitari di Trento
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slides - Giurisprudenza - Università degli Studi di Trento