Trento, 20 aprile 2009 Università degli studi di Trento Facoltà di Giurisprudenza Dipartimento di Scienze Giuridiche (Progetto Biodiritto) Incontri di Biodiritto: Gli hard cases e i limiti della medicina Dr. Prof. Fabio Cembrani Direttore U.O. Medicina Legale Azienda provinciale Servizi sanitari di Trento SOMMARIO: Gli “hard (penumbral) cases”: definizione e problematicità (esempi pratici) Le due prevalenti (opposte) visioni di concettualizzare la visione del mondo: il paradigma di stampo cattolico e di stampo laico I “corto-circuiti” dell’ ermeneutica giuridica La indicazioni della Deontologia medica nell’ inizio e nel fine vita Alcune proposte operative Mi scuso subito … per la “pericolosa” invasione di campo … … che ha il solo scopo di stimolare la riflessione e il dibattito tra Discipline affini DEFINIZIONE: Gli “hard (penumbral) cases” sono quei casi (“difficili” o “tragici”) nei quali nessuna delle disposizioni desunte dalle norme vigenti può essere assunta ad ombrello al di sotto del quale i medesimi possono essere unanimamente collocati né utilizzando la via delle categorie interpretative teorizzata da Ronald Dworkin (moral reading: ricostruzione del senso del testo giuridico, del suo pedigree, della open structure di una norma considerata nel senso di un testo aperto ad interpretazioni costruttive, ancorchè non previste dell’ intenzione originaria del Legislatore), né quella argomentativa proposta da Robert Alexy e da Manuel Atienza che postula, nell’ universalizzazione possibile di un argomento desunto attraverso le regole della pragmatica universale, il fit ontologico della loro corretta interpretazione ermeneutica. Gli “hard (penumbral) cases” Non sono un terreno riservato a pochi eletti ma un banco di prova per saggiare la tenuta dei principi solidaristici una società liberale e democratica Consentono di tessere le fila di un discorso che mette realmente alla prova la capacità dei professionisti della salute di confrontarsi con i limiti della medicina e con i diritti inviolabili (fondamentali) della persona Costituiscono un caposaldo che mette realmente alla prova l’ ermeneutica giuridica costituzionale ancora intrisa di una matrice gius-positivistica (accurata analisi grammaticale e sintattica del testo per individuare la volontà del Costituente) a discapito dell’ argomentazione di matrice giusnaturalistica che individua nella Costituzione non già precetti imperativi (=regole di condotta) ma valori e principi messi in relazione reciproca (Zagrebelsky e Mengoni) Sono una forte occasione per (ri)-discutere (e ridefinire) i rapporti tra la Costituzione scritta e quella vivente Tre esempi pratici di “hard (penumbral) cases”: 1. Piergiorgio Welby 2. Eluana Englaro 3. Davide Marasco La vicenda umana di Piergiorgio Welby (“fine vita”): Caro Presidente, scrivo a Lei, e attraverso Lei mi rivolgo anche a quei cittadini che avranno la possibilità di ascoltare queste mie parole, questo mio grido, che non è di disperazione, ma carico di speranza umana e civile per questo nostro Paese. Fino a due mesi e mezzo fa la mia vita era sì segnata da difficoltà non indifferenti, ma almeno per qualche ora del giorno potevo, con l’ausilio del mio computer, scrivere, leggere, fare delle ricerche, incontrare gli amici su internet. Ora sono come sprofondato in un baratro da dove non trovo uscita. La giornata inizia con l’allarme del ventilatore polmonare mentre viene cambiato il filtro umidificatore e il catheter mounth, trascorre con il sottofondo della radio, tra frequenti aspirazioni delle secrezioni tracheali, monitoraggio dei parametri ossimetrici, pulizie personali, medicazioni, bevute di pulmocare. Una volta mi alzavo al più tardi alle dieci e mi mettevo a scrivere sul pc. Ora la mia patologia, la distrofia muscolare, si è talmente aggravata da non consentirmi di compiere movimenti, il mio equilibrio fisico è diventato molto precario. A mezzogiorno con l’aiuto di mia moglie e di un assistente mi alzo, ma sempre più spesso riesco a malapena a star seduto senza aprire il computer perchè sento una stanchezza mortale. Mi costringo sulla sedia per assumere almeno per un’ora una posizione differente di quella supina a letto. Tornato a letto, a volte, mi assopisco, ma mi risveglio spaventato, sudato e più stanco di prima. Allora faccio accendere la radio ma la ascolto distrattamente. Non riesco a concentrarmi perché penso sempre a come mettere fine a questa vita. Verso le sei faccio un altro sforzo a mettermi seduto, con l’aiuto di mia moglie Mina e mio nipote Simone. Ogni giorno vado peggio, sempre più debole e stanco. Dopo circa un’ora mi accompagnano a letto. Guardo la tv, aspettando che arrivi l’ora della compressa del Tavor per addormentarmi e non sentire più nulla e nella speranza di non svegliarmi la mattina. Io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso – morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita – è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio ... è lì, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti Montanelli mi capirebbe. Se fossi svizzero, belga o olandese potrei sottrarmi a questo oltraggio estremo ma sono italiano e qui non c’è pietà. Starà pensando, Presidente, che sto invocando per me una “morte dignitosa”. No, non si tratta di questo. E non parlo solo della mia, di morte. La morte non può essere “dignitosa”; dignitosa, ovvero decorosa, dovrebbe essere la vita, in special modo quando si va affievolendo a causa della vecchiaia o delle malattie incurabili e inguaribili. La morte è altro. Definire la morte per eutanasia “dignitosa” è un modo di negare la tragicità del morire. È un continuare a muoversi nel solco dell’occultamento o del travisamento della morte che, scacciata dalle case, nascosta da un paravento negli ospedali, negletta nella solitudine dei gerontocomi, appare essere ciò che non è. Cos’è la morte? La morte è una condizione indispensabile per la vita. Ha scritto Eschilo: “Ostico, lottare. Sfacelo m'assale, gonfia fiumana. Oceano cieco, pozzo nero di pena m'accerchia senza spiragli. Non esiste approdo”. L’approdo esiste, ma l’eutanasia non è “morte dignitosa”, ma morte opportuna, nelle parole dell’uomo di fede Jacques Pohier. Opportuno è ciò che “spinge verso il porto”; per Plutarco, la morte dei giovani è un naufragio, quella dei vecchi un approdare al porto e Leopardi la definisce il solo “luogo” dove è possibile un riposo, non lieto, ma sicuro. In Italia, l’eutanasia è reato, ma ciò non vuol dire che non “esista”: vi sono richieste di eutanasia che non vengono accolte per il timore dei medici di essere sottoposti a giudizio penale e viceversa, possono venir praticati atti eutanasici senza il consenso informato di pazienti coscienti. Per esaudire la richiesta di eutanasia, alcuni paesi europei, Olanda, Belgio, hanno introdotto delle procedure che consentono al paziente “terminale” che ne faccia richiesta di programmare con il medico il percorso di “approdo” alla morte opportuna. Una legge sull’eutanasia non è più la richiesta incomprensibile di pochi eccentrici. Anche in Italia, i disegni di legge depositati nella scorsa legislatura erano già quattro o cinque. L’associazione degli anestesisti, pur con molta cautela, ha chiesto una legge più chiara; il recente pronunciamento dello scaduto (e non ancora rinnovato) Comitato Nazionale per la bioetica sulle Direttive Anticipate di Trattamento ha messo in luce l’impossibilità di escludere ogni eventualità eutanasica nel caso in cui il medico si attenga alle disposizioni anticipate redatte dai pazienti. Anche nella diga opposta dalla Chiesa si stanno aprendo alcune falle che, pur restando nell’alveo della tradizione, permettono di intervenire pesantemente con le cure palliative e di non intervenire con terapie sproporzionate che non portino benefici concreti al paziente. L’opinione pubblica è sempre più cosciente dei rischi insiti nel lasciare al medico ogni decisione sulle terapie da praticare. Molti hanno assistito un famigliare, un amico o un congiunto durante una malattia incurabile e altamente invalidante ed hanno maturato la decisione di, se fosse capitato a loro, non percorrere fino in fondo la stessa strada. Altri hanno assistito alla tragedia di una persona in stato vegetativo persistente. Quando affrontiamo le tematiche legate al termine della vita, non ci si trova in presenza di uno scontro tra chi è a favore della vita e chi è a favore della morte: tutti i malati vogliono guarire, non morire. Chi condivide, con amore, il percorso obbligato che la malattia impone alla persona amata, desidera la sua guarigione. I medici, resi impotenti da patologie finora inguaribili, sperano nel miracolo laico della ricerca scientifica. Tra desideri e speranze, il tempo scorre inesorabile e, con il passare del tempo, le speranze si affievoliscono e il desiderio di guarigione diventa desiderio di abbreviare un percorso di disperazione, prima che arrivi a quel termine naturale che le tecniche di rianimazione e i macchinari che supportano o simulano le funzioni vitali riescono a spostare sempre più in avanti nel tempo. Per il modo in cui le nostre possibilità tecniche ci mantengono in vita, verrà un giorno che dai centri di rianimazione usciranno schiere di morti-viventi che finiranno a vegetare per anni. Noi tutti probabilmente dobbiamo continuamente imparare che morire è anche un processo di apprendimento, e non è solo il cadere in uno stato di incoscienza. Sua Santità, Benedetto XVI, ha detto che “di fronte alla pretesa, che spesso affiora, di eliminare la sofferenza, ricorrendo perfino all'eutanasia, occorre ribadire la dignità inviolabile della vita umana, dal concepimento al suo termine naturale”. Ma che cosa c’è di “naturale” in una sala di rianimazione? Che cosa c’è di naturale in un buco nella pancia e in una pompa che la riempie di grassi e proteine? Che cosa c’è di naturale in uno squarcio nella trachea e in una pompa che soffia l’aria nei polmoni? Che cosa c’è di naturale in un corpo tenuto biologicamente in funzione con l’ausilio di respiratori artificiali, alimentazione artificiale, idratazione artificiale, svuotamento intestinale artificiale, morte-artificialmenterimandata? Io credo che si possa, per ragioni di fede o di potere, giocare con le parole, ma non credo che per le stesse ragioni si possa “giocare” con la vita e il dolore altrui. Quando un malato terminale decide di rinunciare agli affetti, ai ricordi, alle amicizie, alla vita e chiede di mettere fine ad una sopravvivenza crudelmente ‘biologica’ – io credo che questa sua volontà debba essere rispettata ed accolta con quella pietas che rappresenta la forza e la coerenza del pensiero laico. Sono consapevole, Signor Presidente, di averle parlato anche, attraverso il mio corpo malato, di politica, e di obiettivi necessariamente affidati al libero dibattito parlamentare e non certo a un Suo intervento o pronunciamento nel merito. Quello che però mi permetto di raccomandarle è la difesa del diritto di ciascuno e di tutti i cittadini di conoscere le proposte, le ragioni, le storie, le volontà e le vite che, come la mia, sono investite da questo confronto. Il sogno di Luca Coscioni era quello di liberare la ricerca e dar voce, in tutti i sensi, ai malati. Il suo sogno è stato interrotto e solo dopo che è stato interrotto è stato conosciuto. Ora siamo noi a dover sognare anche per lui. Il mio sogno, anche come co-Presidente dell’Associazione che porta il nome di Luca, la mia volontà, la mia richiesta, che voglio porre in ogni sede, a partire da quelle politiche e giudiziarie è oggi nella mia mente più chiaro e preciso che mai: poter ottenere l’eutanasia. Vorrei che anche ai cittadini italiani sia data la stessa opportunità che è concessa ai cittadini svizzeri, belgi, olandesi. La vicenda umana di Eluana Englaro (“fine vita”) sentenza n. 21748/2007 prima Sezione civile della Corte di Cassazione decreto n. 88 Corte di Appello di Milano, sezione I civile, del 25 giugno 2008, sentenza n. 27145/2008 prima Sezione civile Corte di Cassazione con la quale è stato dichiarato il difetto di impugnazione del Pubblico Ministero in relazione ad un diritto costituzionalmente garantito (quello di auto-determinazione della persona nel campo della cura) all’ esercizio del quale l’ Autorità Giudiziaria non può contrapporsi fino al punto di impugnazione della decisione della domanda di tutela formulata dal rappresentante legale di Eluana. conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato sollevato dai 2 rami del Parlamento la Corte Costituzionale (Ordinanza n. 324 dd. 8 ottobre 2008) ha dichiarato inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzioni sollevati dai due rami del Parlamento nei confronti della Corte di Cassazione e della Corte d’ Appello di Milano che si sono limitati ad “… atti giurisdizionali … spieganti efficacia solo per il caso di specie” e non già aventi “… funzioni di produzione normativa o per menomare l’ esercizio del potere legislativo da parte del Parlamento, che ne è sempre e comunque titolare” ricorso presentato alla Corte europea dei diritti dell’ uomo contro la sentenza della Corte di Cassazione. La vicenda umana di Davide Marasco (“inizio vita”): Davide è un neonato nato il 28 aprile 2008 negli Ospedali Riuniti di Foggia e che alla nascita è stato riscontrato affetto da una rarissima patologia pluri-malformativa (sindrome di Potter) che si esprimeva con la mancanza di entrambi i reni, l’ inadeguato sviluppo degli ureteri, della vescica e dei polmoni, malformazioni intestinali e rettali. Quasi tutti i bambini affetti da questa gravissima patologia subito dopo la nascita (e di tanto sono stati informati i genitori) ma, nel caso di Davide, le cose sono andate diversamente se è vero, come riferiscono le cronache, che il bambino, a distanza di qualche giorno dalla nascita, ha ripreso la respirazione autonoma con un miglioramento della sua situazione clinica al punto che i sanitari ne hanno disposto il trasferimento in un Centro specializzato per iniziare l’ emodialisi. I genitori hanno chiesto un giorno per riflettere e di parlare con il Comitato etico ospedaliero ma i sanitari, senza dire nulla, hanno deciso di informare l’ Autorità Giudiziaria con un triplice risultato: la sospensione “… inaudita altera parte e senza ulteriori approfondimenti del caso” della potestà genitoriale (e la nomina di un tutore provvisorio), il trasferimento del neonato (avvenuto senza darne informazione ai genitori) nell’ Ospedale “Giovanni XXIII” di Bari dove lo stesso ha iniziato il trattamento emodialitico e la prescrizione esplicita fornita ai genitori di Davide di ottemperare alle indicazioni dei medici pena l’ adozione di ulteriori provvedimenti limitativi della libertà personale. Nonostante le terapie intensive cui Davide è stato sottoposto nell’ Ospedale di Bari lo stesso è lì deceduto il 18 luglio Un quadro di sintesi (problematicità): Gli hard (penumbral) cases riguardano, distintamente, l’ inizio ed il fine della vita, pur avendo in comune: le nuove condizioni del vivere e del morire rese possibili dall’ impiego delle tecniche di rianimazione e di sostegno vitale l’ adesione ad un’ opzione “vitalistica” che aderisce al paradigma della sacralità (santità) della vita: imposta giudiziariamente (nel caso di Davide) assunta autonomamente dai medici (nel caso di Piergiorgio e di Eluana) e, subordinatamente, proposta agli organi giudiziari (crocevia degli hard cases) ancorchè per esigenze processuali diverse Le opposte visioni paradigmatiche di concettualizzare la visione del mondo (G. Fornero) Sacralità (o santità) della vita e sua indisponibilità Qualità della vita e sua relativa disponibilità Piano divino del mondo (trascendente e metafisico) che si riflette nell’ ordine naturale del creato Piano evoluzionistica del mondo fondato sull’ idea di una ragione pratica indipendente da Dio Posizione di garanzia del medico forte a favore della sacralità della vita Posizione di garanzia del medico meno rigida che coniuga il rispetto della vita e la qualità della vita stessa Beneficienza (paternalismo medico) Autonomia (rispetto e promozione della libertà decisionale) Fermati o Sole … Il Sole si immobilizzò nel mezzo dei cieli e ritardò di quasi un intero giorno il suo tramonto… (Libro di Giosuè, X, 12-13) Schema del sistema Copernicano tratto dal De rivolutionibus orbium coelestium, 1543. Paradigmi ed ermeneutica giuridica: “… Ed allora ritiene questo Giudice che il diritto alla vita, nella sua sacralità, inviolabilità e indisponibilità, costituisca un limite per tutti gli altri diritti che, come quello affermato dall’ art. 32 Cost., siano posti a tutela della dignità umana . … in merito non si può che ribadire la necessità di una normativa che preveda delle regole alle quali attenersi in simili casi, fissando, in particolare, il momento in cui la condotta del medico rientri nel divieto di accanimento terapeutico; in assenza di tale disciplina normativa, però, al principio di cui all’ art. 32 Cost. o alle altre norme internazionali o di grado secondario non può essere riconosciuta unì estensione tale da superare il limite insuperabile del diritto alla vita. … Tribunale di Roma, Ufficio del Giudice per le indagini preliminari Ordinanza 7 giugno 2007 Paradigmi ed ermeneutica giuridica (i cortocircuiti interpretativi) Art. 579 c.p. (Omicidio del consenziente) Art. 580 c.p. (Istigazione e aiuto al suicidio) Art. 32 Cost. (2° comma) Art. 5 (Atti di disposizione del proprio corpo) Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della . integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume. Art. 2 Cost. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Ermeneutica giuridica: a) Sembra influenzata dai diversi modi paradigmatici di interpretare la realtà del mondo b) Sembra ancora condizionata dal positivismo giuridico (=regole di condotta imposte in forma di precetto, applicate come tali attraverso il sillogismo deduttivo di sussunzione) c) Sembra essere ancora distante dall’ approccio gius-naturale secondo il quale le norme costituzionali non sono riconducibili al modello delle regole di condotta ma a quello dei principi e dei valori che vanno interpretati ricorrendo all’ argomentazione etica e pratica-discorsiva d) Sembra non condividere il valore aggiunto di una Costituzione vivente che si affianca a quella scritta attraverso l’ interprete costituzionale ed altre fonti (Codice di Deontologia medica) e) Sembra non riconoscere la gerarchia delle fonti e rinnegare che il bilanciamento tra principi e valori deve avvenire utilizzando un rigoroso metodo ermeneutico che non privilegia le personali preferenze del giurista. La gerarchia (e la storicità) delle fonti: Costituzione (1948) Codice civile (R.D. 16 marzo 1942, n. 262 “Approvazione del testo del Codice Civile”) Codice penale (Regio Decreto 19 ottobre 1930, n. 1398) I punti di forza della Costituzione scritta: Predispone la forma politica e di governo di un ordinamento Fissa principi e valori all’ interno di un tutto dotato di senso e coerenza in cui i singoli elementi sono collegati intenzionalmente tra loro sì da determinare il modo in cui uno Stato deve essere organizzato e messo in grado di funzionare Positivizza principi sostanzialmente etici non solo attraverso una dichiarazione di diritti (Boezio ed Hobbes) ma formulando un sistema di valori (e di principi) messi in reciproca relazione in modo che a certi diritti siano speculari determinati interessi pubblici (art. 32 Cost.) e che a certe opzioni di valore (liberà individuale: art. 13 Cost.) corrispondano precisi principi istituzionali (divisione dei poteri) … E si torna al timore di restare in balia d’ una politica senza principi o fortemente connotata da un unilateralismo religioso o ideologico o economico … Proprio per evitare questo rischio, o almeno per ridurne l’ incidenza, si è progressivamente accentuato il rilievo dei diritti fondamentali in quanto tali … Con un significativo mutamento linguistico, si ricorre sempre più spesso all’ aggettivo “fondamentale” al posto del tradizionale “inviolabile, per mettere in evidenza l’ intrinseco valore assunto da alcuni diritti nel caratterizzare non solo le posizioni individuali, ma il sistema politico-istituzionale nel suo complesso … Stefano Rodotà (La vita e le regole. Tra diritto e non diritto. Feltrinelli, 2006) I diritti “fondamentali” della persona: Indivisibili (non gerarchizzati né gerarchizzabili) indisponibili (non riducibili alla logica dello scambio ed alla dinamica dei rapporti mercantili) Sintonie Dichiarazione universale dei diritti dell’ uomo (1948) Carta Costituzionale (1948) Convenzione sui diritti dell’ uomo e sulla bio-medicina adottata ad Oviedo il 4 aprile 1997 (e recepita con Legge 28 marzo 2001, n. 145) Carta dei diritti fondamentali dell’ Unione europea (2000) Carta europea dei diritti del malato (2003) Codice di Deontologia medica (2006) Dichiarazione universale dei diritti dell’ uomo Preambolo Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo; Art. 1 -Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. Art. 2 -Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. … Art. 3 -Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona. I diritti “fondamentali” della persona Art. 2 -La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’ uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’ adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Art. 3 -E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’ eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’ effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’ organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Art. 13 -La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’ autorità giudiziaria. In casi eccezionali di gravità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’ autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’ autorità giudiziaria … È punita ogni violenza fisica o morale sulle persone sottoposte a restrizione della libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva. Art. 32 -La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’ individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Art. 19 -Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume. Art. 38 -Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L'assistenza privata è libera. Legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del Servizio sanitario nazionale) Art. 1 … La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana. Art. 33 (Norme per gli accertamenti e i trattamenti sanitari volontari e obbligatori) Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono di norma volontari. … Gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori di cui ai precedenti commi devono essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato. L’ unità sanitaria locale opera per ridurre il ricorso ai suddetti trattamenti sanitari obbligatori, sviluppando le iniziative di prevenzione e di educazione sanitaria e i rapporti organici tra servizi e comunità. … LA CONVENZIONE SUI DIRITTI DELL’ UOMO E SULLA BIOMEDICINA adottata ad Oviedo il 4 aprile 1997 (“quasi ratificata” con legge 28 marzo 2001, n. 145) Art. 5 (Regola generale) Qualsiasi intervento in campo sanitario non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato il proprio consenso libero e informato. Questa persona riceve preventivamente un’ informazione adeguata in merito allo scopo e alla natura dell’ intervento nonché alle conseguenze e ai suoi rischi. La persona interessata può liberamente ritirare il proprio consenso in qualsiasi momento. Art. 6 (Protezione delle persone che non hanno la capacità di dare consenso) Sotto riserva degli articoli 17 e 20, un intervento non può essere effettuato su una persona che non ha capacità di dare consenso, se non per un diretto beneficio della stessa. Quando, secondo la legge, un minore non ha la capacità di dare consenso a un intervento, questo non può essere effettuato senza l’autorizzazione del suo rappresentante, di un’autorità o di una persona o di un organo designato dalla legge. Il parere di un minore è preso in considerazione come un fattore sempre più determinante, in funzione della sua età e del suo grado di maturità. Allorquando, secondo la legge, un maggiorenne, a causa di un handicap mentale, di una malattia o per un motivo similare, non ha la capacità di dare consenso ad un intervento, questo non può essere effettuato senza l’autorizzazione del suo rappresentante, di un’autorità o di una persona o di un organo designato dalla legge. La persona interessata deve nei limiti del possibile essere associata alla procedura di autorizzazione. Il rappresentante, l’autorità, la persona o l’organo menzionati ai paragrafi 2 e 3 ricevono, alle stesse condizioni, l’informazione menzionata all’articolo 5. L’autorizzazione menzionata ai paragrafi 2 e 3 può, in qualsiasi momento, essere ritirata nell’interesse della persona interessata. Art. 9 (Desideri precedentemente espressi). I desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in considerazione. Art. 10 (Vita privata e diritto all’informazione) (1) Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata allorché si tratta di informazioni relative alla propria salute. (2) Ogni persona ha il diritto di conoscere ogni informazione raccolta sulla propria salute. Tuttavia, la volontà di una persona di non essere informata deve essere rispettata. (3) A titolo eccezionale, la legge può prevedere, nell’interesse del paziente, delle restrizioni all’esercizio dei diritti menzionati al paragrafo 2. Gli Stati membri della Convenzione di Oviedo Carta dei diritti fondamentali dell’ Unione europea TITOLO I: DIGNITA' Articolo II-63: Diritto all'integrità della persona 1. Ogni persona ha diritto alla propria integrità fisica e psichica. 2. Nell'ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: a) il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge b) il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare di quelle aventi come scopo la selezione delle persone c) il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro d) il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani. Indicazioni forti che non potevano non essere accolte dai Codici di deontologia professionale che hanno, progressivamente, hanno perso la loro originaria connotazione “corporativa” con un progressivo e graduale allargamento di orizzonte Da una regolamentazione prevalentemente interna (o corporativa) si è passati ad una visione molto più ampia in cui trovano ampio spazio le regole di condotta professionali in rapporto alle istituzioni, alle altre professioni sanitarie e, soprattutto, in rapporto ai destinatari dell’ azione professionale ed ai diritti fondamentali della persona. Codice di Deontologia medica TITOLO II DOVERI GENERALI DEL MEDICO CAP. I Libertà, indipendenza e dignità della professione Art. 3- Doveri del medico Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell'Uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza distinzioni di età, di sesso, di etnia, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia, in tempo di pace e in tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera. La salute è intesa nell'accezione più ampia del termine, come condizione cioè di benessere fisico e psichico della persona. Art. 39 - Assistenza al malato a prognosi infausta In caso di malattie a prognosi sicuramente infausta o pervenute alla fase terminale, il medico deve improntare la sua opera ad atti e comportamenti idonei a risparmiare inutili sofferenze psichicofisiche e fornendo al malato i trattamenti appropriati a tutela, per quanto possibile, della qualità di vita e della dignità della persona. In caso di compromissione dello stato di coscienza, il medico deve proseguire nella terapia di sostegno vitale finché ritenuta ragionevolmente utile evitando ogni forma di accanimento terapeutico. La deontologia medica inserisce le misure di sostegno vitale tra le terapie, a differenza di quanto approvato recentemente dal Senato della Repubblica d.d.l. Senato 10 -A- Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento Art. 3 (Contenuti e limiti della dichiarazione anticipata di trattamento) … 6. Anche nel rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, l’alimentazione e l’idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, sono forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze fino alla fine della vita. Esse non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento. Art. 20 - Rispetto dei diritti della persona Il medico deve improntare la propria attività professionale al rispetto dei diritti fondamentali della persona. Art. 16 - Accanimento diagnostico-terapeutico – Il medico, anche tenendo conto delle volontà del paziente laddove espresse, deve astenersi dall’ostinazione in trattamenti diagnostici e terapeutici da cui non si possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della qualità della vita. Art. 17 - Eutanasia Il medico, anche su richiesta del malato, non deve effettuare né favorire trattamenti finalizzati a provocarne la morte. … E’ di grandissima importanza … distinguere tra eutanasia e astensione dall’ accanimento terapeutico, due termini spesso confusi. La prima si riferisce ad un gesto che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte; la seconda consiste nella “rinuncia … all’ utilizzo di procedure mediche sproporzionate e senza ragionevole speranza di esito positivo (Compendio catechismo della Chiesa, n. 471). Evitando l’ accanimento terapeutico “non si vuole procurare la morte; si accetta di non poterla impedire” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2278) assumendo così i limiti propri della condizione umana mortale. Il punto delicato è che per stabilire se un intervento medico è appropriato non ci si può richiamare ad una regola generale, ma occorre un attento discernimento che consideri le condizioni concrete, le circostanze e le intenzioni dei soggetti coinvolti. In particolare non può essere trascurata la volontà del malato in quanto a lui compete … di valutare se le cure che gli vengono proposte, in tali casi di eccezionale gravità, sono effettivamente proporzionate. … Forse sarebbe più corretto parlare non di “sospensione dei trattamenti” (e ancor meno di “staccare la spina”) ma di limitazione dei trattamenti. Risulterebbe così più chiaro che l’ assistenza deve continuare, commisurandosi alle effettive esigenze della persona, assicurando ad esempio la sedazione del dolore e le cure infermieristiche. Carlo Maria Martini, 21 gennaio 2007 (Il Sole 24 ore) … Il Cardinale propone una definizione in questi termini: “Un gesto che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte”. Ora questa definizione risulta, a mio parere, insufficiente perché riguarda soltanto la cosiddetta eutanasia attiva; mentre è eutanasia anche la “omissione” di una terapia efficace e dovuta, la cui privazione causa intenzionalmente la morte. In questo senso si realizza appunto l’ eutanasia omissiva (non è appropriato chiamarla “passiva” con un termine eticamente debole e neutro). I documenti principali del magistero, sia la Dichiarazione sulla eutanasia che l’ Evangelium Vitae, definiscono eutanasia un’ azione o un’ omissione che per natura sua e nell’ intenzione di chi la compie provoca la morte con l’ intenzione di alleviare il dolore (E.V., n. 65). Si sa anche che la gravità morale dell’ eutanasia omissiva è uguale rispetto a quella dell’ azione positiva … Si tratta sempre di morte provocata intenzionalmente. Elio Sgreggia, Il Corriere della Sera, 23 gennaio 2006 … Quello che invece mi ha profondamente turbato è stato il passaggio che il Prof. Melazzini ha dedicato al Cardinal Martini: come correttamente riportato dal Vostro cronista, egli ha affermato che, a differenza di Papa Paolo Giovanni II che aveva la malattia di Parkinson e tremava perché non faceva alcuna terapia, il Cardinal Martini, pure affetto da Parkinson, non trema perché assume certe terapie che togliendo il tremore alterano le capacità cognitive. Come a dire: il Cardinal Martini ha scritto quel famose articolo al Sole 24 Ore non nel pieno possesso delle sue capacità intellettive. Questa affermazione è molto grave e al limite della diffamazione: Purtroppo ha suscitato un applauso e uno scoppio di risa di una parte della platea … Sen. Paolo Bodini, L’ Unità, 6 febbraio 2007 In queste dolorose vicende, assai spesso si fa un uso terroristico della parola “eutanasia” per cercare di creare un clima di sospetto e di stigmatizzazione intorno a casi che, invece, presentano caratteristiche del tutto diverse. La correttezza del discorso pubblico e lì onestà intellettuale … dovrebbero imporre di partire in ogni caso da una premessa: la riflessione e le regole sul rifiuto di cure e l’ accanimento terapeutico hanno definitivamente chiarito che si tratta di situazioni che non possono essere qualificate come eutanasia, termine che è correttamente adoperato solo in presenza di un intervento attivo in condizioni diverse da quelle definite nei casi di rifiuto e di accanimento. Anzi per non cadere in questo tipo di equivoci si evita il riferimento all’ eutanasia e sempre più spesso di preferisce parlare di suicidio assistito, proprio per segnare con nettezza un confine. … Stefano Rodotà, 2008 Art. 33 -Informazione al cittadino- Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnosticoterapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate. Il medico dovrà comunicare con il soggetto tenendo conto delle sue capacità di comprensione, al fine di promuoverne la massima partecipazione alle scelte decisionali e l’adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta. Il medico deve, altresì, soddisfare le richieste di informazione del cittadino in tema di prevenzione. Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere fornite con prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza. La documentata volontà della persona assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto l’informazione deve essere rispettata. Art. 35 - Acquisizione del consenso – Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso esplicito e informato del paziente. Il consenso, espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e nei casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse sulla integrità fisica si renda opportuna una manifestazione documentata della volontà della persona, è integrativo e non sostitutivo del processo informativo di cui all'art. 33. Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeutico che possano comportare grave rischio per l'incolumità della persona, devono essere intrapresi solo in caso di estrema necessità e previa informazione sulle possibili conseguenze, cui deve far seguito una opportuna documentazione del consenso. In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona. Il medico deve intervenire, in scienza e coscienza, nei confronti del paziente incapace, nel rispetto della dignità della persona e della qualità della vita, evitando ogni accanimento terapeutico, tenendo conto delle precedenti volontà del paziente. Art. 37 - Consenso del legale rappresentante - Allorché si tratti di minore o di interdetto il consenso agli interventi diagnostici e terapeutici, nonché al trattamento dei dati sensibili, deve essere espresso dal rappresentante legale. Il medico, nel caso in cui sia stato nominato dal giudice tutelare un amministratore di sostegno deve debitamente informarlo e tenere nel massimo conto le sue istanze. In caso di opposizione da parte del rappresentante legale al trattamento necessario e indifferibile a favore di minori o di incapaci, il medico è tenuto a informare l'autorità giudiziaria; se vi è pericolo per la vita o grave rischio per la salute del minore e dell’incapace, il medico deve comunque procedere senza ritardo e secondo necessità alle cure indispensabili. Art. 38 - Autonomia del cittadino e direttive anticipate - Il medico deve attenersi, nell’ambito della autonomia e indipendenza che caratterizza la professione, alla volontà liberamente espressa della persona di curarsi e deve agire nel rispetto della dignità, della libertà e autonomia della stessa. Il medico, compatibilmente con l’età, con la capacità di comprensione e con la maturità del soggetto, ha l’obbligo di dare adeguate informazioni al minore e di tenere conto della sua volontà. In caso di divergenze insanabili rispetto alle richieste del legale rappresentante deve segnalare il caso all’autorità giudiziaria; analogamente deve comportarsi di fronte a un maggiorenne infermo di mente. Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà, deve tenere conto nelle proprie scelte di quanto precedentemente manifestato dallo stesso in modo certo e documentato. Art. 53 - Rifiuto consapevole di nutrirsi Quando una persona rifiuta volontariamente di nutrirsi, il medico ha il dovere di informarla sulle gravi conseguenze che un digiuno protratto può comportare sulle sue condizioni di salute. Se la persona è consapevole delle possibili conseguenze della propria decisione, il medico non deve assumere iniziative costrittive né collaborare a manovre coattive di nutrizione artificiale nei confronti della medesima, pur continuando ad assisterla. Mi avvio a concludere … Il Codice di Deontologia medica non rappresenta un decalogo astratto di regole e di principi ma assume il valore di una vera e propria “guida” che modula, in senso unificante, i comportamenti professionali conferendo loro: quella sinergia di interventi e di azioni professionali che devono tendere alla presa in carico della persona, rispettando e promuovendone i diritti fondamentali; quell’ identità professionale purtroppo disillusa con il ricorso ad una prassi spesso difensiva, orientata sulla pre-costituzione di cause di giustificazione; un’ autentica responsabilità. La responsabilità è l’impegno positivo del medico che opera nell’interesse di salute della persona o della collettività, secondo idonee regole di condotta Si tratta della responsabilità che costruisce il progetto di vita dell’assistito, considerandone la sofferenza, valutandone i bisogni, ispirandosi alla solidarietà con l’altro. E’ la responsabilità che fonda, in un obiettivo condiviso, l’alleanza fra il medico ed il cittadino E’ la responsabilità del sapere, del saper essere e del saper fare, della competenza e della lealtà, dell’impegno, della prudenza, della solidarietà più autentica … Diceva Charlie Chaplin che la vita è una tragedia in primo piano, ma una commedia in campo lungo … Ecco, se faccio qualche passo indietro, vedo un establishment che è sempre rapido nel condannare chi chiede una legge per “uscire dalla comune” ma più lento di un bradipo quando è chiamato in causa per rendere più vivibile il disagio della malattia … Piergiorgio Welby, 4 gennaio 2003 Ho concluso grazie per l’ attenzione (… scusandomi ancora per l’ invasione di campo) Dr. Prof. Fabio Cembrani Direttore Unità Operativa Medicina Legale Azienda provinciale per i Servizi sanitari di Trento