Università Shaken Baby Syndrome: aspetti clinici e medico-legali Biagio Solarino*, Isabella Berlingerio**, Mariagrazia Foschino-Barbaro*** L INTRODUZIONE ’abuso sui minori è una tematica di interesse pluridisciplinare e di rilevanza mondiale. Nel 2006 un’ ampia valutazione sulla violenza, raccolta dal Centro di Ricerca Innocenti per lo Studio sulla violenza sui bambini del Segretario Generale dell’ONU (2006), ha determinato una stima compresa tra 500milioni ed un miliardo e mezzo di bambini che ogni anno patiscono varie forme di violenza. (United Nations Children’s Fund, “Monitoring Progress on Major Conventions, Declarations and Plans for Children” e “UNSG Study on Violence against Children: What are the limitations of the existing data and how can they be improved?”, UNICEF, New York, ottobre 2006. Un articolo pubblicato sul Lancet (Gilbert R, Widom CS, Browne K, Fergusson D, Webb E, Janson S. Burden and consequences of child maltreatment in highincome countries.Lancet. 2009 Jan 3;373(9657):68-81) ha riportato che circa 155.000 bambini di età inferiore ai 15 anni, in tutto il mondo ed ogni 30 Notiziario dicembre 2012 anno, muoiono a causa di abuso e trascuratezza. Solo il 33% di tali decessi sono classificati come omicidi, essendovi una sostanziale concordanza di opinioni nel sottostimare tale tipologia di reati, anche in ragione della differente metodologia di indagine adottata in proposito nei vari paesi del mondo. Negli USA, il paese industrializzato con il più alto numero di abusi, l’omicidio è la quinta causa di morte in bambini di età inferiore a 5 anni (Klevens J, Leeb RT. Child maltreatment fatalities in children under 5: Findings from the National Violence Death Reporting System.Child Abuse Negl. 2010 Apr;34(4):262-6.) e circa la metà è correlato alle sequele di maltrattamento. In Europa il minor numero di omicidi sui minori si verifica nei paesi scandinavi e nel sud rispetto al Centro ed all’Ovest (Gran Bretagna); il triste primato spetta, tuttavia, ai paesi dell’est e delle ex repubbliche sovietiche con un picco di incidenza soprattutto fra il 1993 e 2003, durante il periodo dei profondi cambiamenti culturali, economici e sociali. Statisticamente i genitori (anche adottivi) sono coloro che “abusano” e maltrattano più frequentemente i figli nei primi anni di vita. Nell’ambito degli abusi fisici, il traumatismo a livello cranico rappresenta l’evento maggiormente segnalato in letteratura, sia in ragione della frequente letalità dello stesso che della difficoltà nella diagnosi differenziale fra caso fortuito e lesioni volontariamente indotte. I bambini di età inferiore a 5 anni sono accidentalmente soggetti a cadute, sia durante i primi passi che dai lettini ovvero seggioloni ove sono posizionati. È invero tuttavia che la frustrazione di giovani genitori associata al pianto, irritabilità ed in generale alla gestione dei bambini sono considerate le giustificazioni più frequentemente enunciate nei casi di traumatismi cranici da abuso. In questa ampia tematica il Progetto GIADA (Gruppo Interdisciplinare Assistenza Donne e bambini Abusati), promosso dall’Assessorato alle Politiche della Salute della Regione Puglia e dall’Agenzia Regionale Sanitaria della Puglia, si propone di potenziare le attività assistenziali in favore di bambini/adolescenti e famiglie in condizioni di rischio e/o di abuso, ed ha creato, in collaborazione con tutte le aziende sanitarie della Puglia, una rete interdisciplinare ed interistituzionale sociosanitaria per fronteggiare il fenomeno dell’abuso. Numerosissimi incontri sono stati organizzati, nel corso degli anni, sulle varie tematiche dell’abuso e maltrattamento sui minori. A febbraio 2012 è stata lanciata una Campagna di Promozione della Salute dal titolo “Quando il pericolo è a portata di mano … affidati alla rete”, sono state programmate azioni su vari livelli (formazione per gli operatori e per i volontari ospedalieri, materiali di comunicazione sociale, bando per la scuola). Il principale canale prevenzione utilizzato è stato quello della formazione; infatti sono stati formati 300 Operatori sociosanitari della Regione Puglia e 200 Volontari Ospedalieri. In questa anno è stato deciso di puntare l’attenzione su due forme di violenza che riguardano fasi specifiche del ciclo di vita: la Shaken Baby Syndrome (SBS), attuata sui bambini della prima infanzia, ed i pericoli Università associati a Internet, che coinvolgono preadolescenti e adolescenti. Nel presente lavoro vogliamo focalizzare l’attenzione sulla Shaken Baby Syndrome, o sindrome del bambino scosso, una forma di maltrattamento fisico, che si verifica quando i bambini sono afferrati dal torace o presi per le braccia e scossi violentemente in avanti e indietro. EPIDEMIOLOGIA E ASPETTI CLINICI DELLA SHAKEN BABY SYNDROME La fragilità nelle capacità genitoriali, la bassa soglia di tolleranza alla frustrazione ed una vulnerabilità con scarse capacità di controllo, così come condizioni sociali sfavorevoli, sono alcuni dei fattori di rischio per la SBS. Invero si può scuotere il bambino anche per gioco senza considerare la fragilità della sua muscolatura. In Italia non sono ancora disponibili stime del fenomeno, ma negli Stati Uniti il NCSBS (National Center of Shaken Baby Syndrome) ha calcolato che ogni anno 1.200-1.400 bambini sono vittime di questi eventi traumatici. È stato stimato che, sul totale delle vittime, un terzo non presenta esiti a distanza, un altro terzo ha serie conseguenze neurologiche persistenti ed il rimanente terzo non sopravvive. Da un punto di vista clinico tale forma di maltrattamento è caratterizzata dalla comparsa di una triade di segni che includono emorragia sub-durale, emorragie retiniche ed edema cerebrale massivo (Griest K. Pediatric Homicide Medical Investigation. CRC Press 2010). La genesi di tale lesività è correlata, appunto, al violento scuotimento del bambino, generalmente di età inferiore a 24 mesi, la cui testa è proporzionalmente di dimensioni maggiori rispetto al resto del corpo con masse muscolari del collo ipotrofiche ed immaturità cerebrale. Le forze di trazione associate alla rapida accelerazione del capo causano la rottura dei vasi a ponte fra la superficie dell’encefalo ed il seno sagittale supe- riore determinando emorragia subdurale e sub-aracnoidea. Sovente il capo, violentemente scosso, urta contro superfici solide determinando anche fratture craniche (Shaken impact syndrome). Le emorragie retiniche sono un altro segno fortemente sospetto di SBS, con una incidenza compresa fra il 70 e 90%. La eziopatogenesi non è chiara ancorchè le teorie più accreditate richiamino uno stiramento del nervo ottico con susseguente emorragia ovvero trazione su una parte del vitreo connessa alla retina con rottura dei vasi. I bambini, generalmente, perdono conoscenza nelle immediatezze dell’evento, descritto come accidentale dai genitori o tutori, a causa di una sopraggiunta lesività cerebrale di tipo ipossico-ischemico, piuttosto che in conseguenza di danno assonale diffuso, che può associarsi alle suddette lesioni; entrambi le circostanze possono causare la morte nei minori abusati. Altre lesioni, non patognomoniche di SBS, sono ecchimosi, escoriazioni e Notiziario dicembre 2012 31 Università ferite lacero-contuse, fratture costali (posteriori e laterali) e fratture metafisarie della ossa lunghe. Da un punto di vista clinico, e medicolegale, è estremamente importante fare una buona diagnosi differenziale con patologie non da abuso. In particolare nell’ambito delle lesioni cranio-encefaliche devono indagarsi malattie ematologiche (deficit fattori coagulazione, insufficienza epatica, deficit vitamina K), malattie metaboliche (glutarico aciduria tipo 1), infezioni (meningiti, encefaliti, sepsi), patologie craniche (cisti subaracnoidea, trombosi del seno, rottura di aneurismi/malformazioni vascolari, tumori). Parimenti le emorragie retiniche sono presenti nel 59% dei parti con lunghi travagli e distocici, nelle sepsi, meningiti, vasculiti e coagulopatie. È di piana evidenza l’importanza della raccolta del dato storico-circostanziale al fine di poter distinguere, ove possibile, un trauma da abuso da un evento accidentale. Le lesioni craniche oltre a rappresentare la causa più frequente di mortalità fra i neonati, determinano un elevato numero di soggetti affetti da invalidità permanente in ragione degli esiti delle lesioni encefaliche associate all’evento traumatico. In merito deve segnalarsi che i danni permanenti causalmente correlati alla shaken baby syndrome piuttosto che all’inflicted traumatic brain injury (TBI) sono di rado segnalati in letteratura; tale circostanza può associarsi alla difficoltà di seguire nel tempo i bambini vittime di tali abusi fisici essendo pertanto tale dato sottostimato. Nondimeno appare evidente l’importanza oltreché giuridica, anche sociale ed economica, degli effetti a lungo termine di tali forme di abuso considerando, ad esempio, le cure di cui possono necessitare tale minori e gli enormi costi ad esse correlate, spesso a totale carico dello Stato. In particolare un’ analisi di LaurentVannier (Laurent-Vannier A, Toure H, Vieux E, Brugel DG, Chevignard M. Long-term outcome of the shaken baby syndrome and medicolegal consequences: a case report. Ann Phys Rehabil Med. 2009 Jun;52(5):436-47) ha ribadito la ricorrenza di numerosi danni permanenti poliviscerali in conseguenza di una SBS. 32 Notiziario dicembre 2012 A livello neurologico, conformemente a quanto riportato da Barlow nel 2004 e 2005 su uno studio di 50 bambini vittime di tale tipologia di abuso (Barlow KM, Thomson E, Johnson D, Minns RA. Late neurologic and cognitive sequelae of inflicted traumatic brain injury in infancy. Pediatrics. 2005 Aug;116(2):e174-85; Barlow K, Thompson E, Johnson D, Minns RA. The neurological outcome of nonaccidental head injury. Pediatr Rehabil. 2004 Jul-Sep;7(3):195-203), gli esiti permanenti più frequentemente osservati sono, da un punto visita anatomico, microcefalia e severa atrofia corticale e sottocorticale; clinicamente è stato riscontrato un grave ritardo psicomotorio, quadriplegia spastica, forme più o meno gradi di epilessia. Oltre a disturbi neurologici puri sono stati osservati disturbi cognitivi con deficit del linguaggio, della memoria a breve e lungo termine, oltreché del quoziente intellettivo. Circa la metà dei bambini pre sentavano deficit della funzione visiva. La comparsa sia delle lesioni anatomiche oltreché delle manifestazioni cliniche variava nel tempo con un intervallo libero rispetto al trauma subito di un massimo di 20 anni. La gravità dei danni permanenti in precedenza menzionati e la necessità di trattamenti farmacologici e riabilitativi da eseguirsi continuativamente nel tempo giustifica, ulteriormente, la necessità di una sempre maggiore attenzione nella prevenzione, diagnosi nei confronti di tale tipologia di reato sui minori. ASPETTI PSICOLOGICI L’azione di scuotere il bambino - solitamente - si attua in risposta ad un pianto inconsolabile di cui l’adulto non coglie il significato comunicativo, quindi può sentirsi impotente, tanto da attivare inconsapevolmente, nel tentativo di calmarlo, dei comportamenti inappropriati. Gli autori della SBS sono prevalentemente i genitori, ma a questi si affiancano tutte le figure educative con cui si condivide l’accudimento dei bambini: nonni, babysitter, educatrici del nido. Il pianto, in realtà, rappresenta una forma di comunicazione; è il linguaggio usato per richiamare l’attenzione dei genitori sui bisogni primari e secondari del bambino: nutrimento, aiuto, protezione e conforto. I genitori devono imparare ad ascoltare e decodificare correttamente tale linguaggio, tanto da saper rispondere con il corrispondente comportamento più idoneo alle esigenze del minore. Ma la linearità di tale processo, quasi sempre, risulta assente poiché possono intervenire vari fattori di interferenza che ostacolano le adeguate risposte genitoriali: vissuti di impotenza, problematiche personali irrisolte, vissuti traumatici, conflitti familiari, “credenze” genitoriali irrealistiche, sono solo alcune delle cause che è possibile individuare. In particolare, il tema delle credenze genitoriali risulta molto importante, poiché a nostro avviso appare uno degli aspetti su cui le strategie di prevenzione possono intervenire attraverso azioni di ridefinizioni delle credenze dei singoli genitori e della coppia in generale. Le Università credenze genitoriali si possono determinare anche come conseguenza di azioni che sono ritenute efficaci, infatti nei casi non mortali di SBS spesso si attiva un meccanismo autoperpetuantesi che va a rinforzare il ripetersi del comportamento di scuotimento del bambino. Il genitore che per la prima volta reagisce al pianto del bambino con lo scuotimento, che determina l’interrompersi del pianto a causa di uno stato sub-commotivo del piccolo, ignaro dell’effetto dannoso della sua azione, acquisisce la convinzione che la sua azione è stata efficace, quindi probabilmente riproporrà altre volte lo stesso schema comportamentale, determinando tante micro lesioni che in seguito potranno manifestarsi in modo più palese nel bambino. ASPETTI MEDICO LEGALI Riguardo agli aspetti di tipo preminentemente medico-legale è bene segnalare che la SBS è una forma di maltrattamento e, come tale, prevista dall’art 571 c.p. “Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina” che reprime la condotta di coloro che, in forza della loro autorità, abusano dei mezzi di correzione e di disciplina nei confronti della persona loro sottoposta o a loro affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia o per l’esercizio di una professione o di un’arte, se dal fatto deriva un pericolo al corpo o alla mente”. I soggetti interessati, oltre ai familiari, sono una pletora di professionisti (dal personale della scuola, al maestro di bottega, al personale sanitario o penitenziario) titolari di un famigerato ius corrigendi, sul cui significato ruota l’intera fattispecie. L’art. 572 c.p. contempla il delitto di maltrattamenti nei confronti di “…una persona della famiglia o un minore di anni quattordici o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte…”. Il delitto di maltrattamenti in famiglia configura un’ipotesi di reato più grave rispetto al precedente, costituito da una condotta, per lo più commissiva, ma anche omissiva, che acquista rilevanza penale per la sua reiterazione nel tempo. La gravità delle lesioni della SBS può inoltre contemplare le lesioni personali dolose, previste dall’art. 582 c.p. “Chiunque cagiona a qualcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente…”; basti pensare che la perdita del visus prevede la ricorrenza di lesioni personali dolose gravissime. Nel caso di decesso, ovviamente, l’ipotesi di reato è quella di omicidio doloso. Tutte le circostanze summenzionate determinano un obbligo giuridico del medico/professionista sanitario di denunciare tale tipologia di reato all’autorità giudiziaria mediante gli strumenti del referto, qualora si rivesta la qualifica di esercente di un servizio di pubblica necessità (art 359 c.p.), ovvero della denuncia di reato se il riscontro del maltrattamento avviene in un Ospedale Pubblico ovvero durante un attività in convenzione con il Sistema Sanitario Nazionale (artt. 357-358 c.p.). A prescindere da tali ipotesi meramente giudiziarie e giustamente repressive nei confronti del maltrattamento, si ritiene che il medico debba promuovere iniziative atte a prevenire ed individuare precocemente dette condizioni. È noto che l’art. 32 del Codice di Deontologia Medica (2006) così recita: “Il medico deve impegnarsi a tutelare il minore, l’anziano e il disabile, in particolare quando ritenga che l’ambiente, familiare o extrafamiliare, nel quale vivono, non sia sufficientemente sollecito alla cura della loro salute, ovvero sia sede di maltrattamenti fisici o psichici, violenze o abusi sessuali, fatti salvi gli obblighi di segnalazione previsti dalla legge. Il medico deve adoperarsi, in qualsiasi circostanza, perché il minore possa fruire di quanto necessario ad un armonico sviluppo psico-fisico…. Il medico, in caso di opposizione dei legali rappresentanti alla necessaria cura dei minori e degli incapaci, deve ricorrere alla competente autorità giudiziaria”. Un obbligo deontologico, quello della tutela del minore, che certamente assume un significato peculiare attesa la condizione di fragilità intrinseca allo status della vittima. CONCLUSIONI Oltra ad identificare e segnalare il reato all’Autorità Giudiziaria, la primaria finalità della campagna promossa dal progetto Giada è di conoscere la Shaken Baby Syndrome per prevenire il verificarsi di nuovi casi di maltrattamento. In accordo con studi americani (Deyo G., Skybo T., Carroll A.: Secondary analysis of the “Love Me … Never Shake Me“ SBS education program. In: Child Abuse & Neglect. Vol. 32 (2008), Heft 11, S. 1017–1025), occorre ridurre i fattori di rischio, rafforzando i fattori di protezione partendo da processi educativi post-partum. Per fare ciò occorre implementare il sostegno domiciliare ma anche diffondere attività di consulenza alle famiglie con neonati, anche attraverso opuscoli informativi negli ambulatori pediatrici e nei reparti neonatali. In particolare gli infermieri che forniscono cure primarie per i neonati si trovano nella posizione ottimale per osservare e agire sui fattori di rischio della SBS, tale azione informativa e formativa può essere svolta anche al momento delle visite di controllo nei primi mesi di vita (Walls C. (2006): Shaken baby syndrome education: a role for nurse practitioners working with families of small children. Journal of Pediatr Health Care, SepOct;20(5):304-10). Quanto fatto in questi primi mesi della nostra campagna rappresenta un primo passo verso la strutturazione di un programma costante e capillare, con l’unico obiettivo di intervenire sui fattori di rischio che determinano la pratica dello scuotimento dei bambini, affinchè non si debba più vedere un bambino nato sano e che a causa della SBS diventa un grave disabile. * Dirigente Medico, Progetto Giada, Servizio di Psicologia, A. O. Policlinico-Giovanni XXIII di Bari. ** Psicologa, Progetto Giada, Servizio di Psicologia, A. O. Policlinico-Giovanni XXIII di Bari. *** Dirigente Responsabile, Progetto Giada, Servizio di Psicologia, A. O. Policlinico-Giovanni XXIII di Bari. Notiziario dicembre 2012 33