CAMPIONATO DI GIORNALISMO MARTEDÌ 23 APRILE 2013 9 •• Scuola media ‘Caro’ — Montegranaro La pena di morte e il diritto alla vita Strage di Denver: Stati Uniti divisi tra favorevoli e contrari. Le nostre riflessioni ‘AMNESTY’ La condanna resiste in 58 Paesi ‘AMNESTY International’, la più grande organizzazione internazionale dei diritti umani, si batte da anni contro la pena di morte. Questa associazione ha ricevuto il premio Nobel per la Pace nel 1977, mentre l’anno seguente è stata insignita del premio delle Nazioni Unite per i diritti umani. Contro la pena di morte si batte anche l’associazione ‘Nessuno tocchi Caino’, una lega internazionale di cittadini e parlamentari fondata a Bruxelles nel 1993 dal Partito Radicale. Il suo nome è tratto dalla Bibbia, dove c’è scritto: «Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l’avesse incontrato». Dagli archivi di ‘Amnesty International’ sappiamo che sono 97 attualmente i Paesi che hanno abolito la pena di morte, 35 i Paesi abolizionisti de facto, cioè Stati in cui pur essendo in vigore la pena di morte, da almeno dieci anni non viene eseguita nessuna condanna, ma sono in totale 58 gli Stati che mantengono la pena di morte, con al primo posto l’Africa, con un totale di 17 Paesi. Per quanto riguarda i metodi di esecuzione, si va dall’impiccagione alla fucilazione mediante plotone, alla lapidazione, all’iniezione letale, sedia elettrica, camera a gas e decapitazione. Eppure già nel 1764 Cesare Beccaria nell’opuscolo «Dei delitti e delle pene» affermava che lo Stato con la pena di morte per punire un delitto ne commette un altro, mentre il suo compito dovrebbe essere garantire la sicurezza degli individui: l’uomo non può uccidere sé stesso, né dare la morte ad altri. Classe III A IN QUESTI giorni si è tornato a parlare del processo a James Holmes, ritenuto responsabile della strage avvenuta il 20 luglio scorso all’interno di un cinema di Aurora, a Denver negli Stati Uniti, che ha causato la morte di dodici persone e il ferimento di altre cinquantotto. La notizia della richiesta di condanna a morte per James Holmes ci ha spinti a riproporre il dibattito sulla pena di morte. In tutto il mondo molti movimenti chiedono da tempo l’abolizione della pena capitale in nome dei diritti umani riconosciuti dalla Dichiarazione universale, che all’articolo 3 recita: «Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona». All’articolo 5 la Dichiarazione ribadisce che nessuno potrà essere sottoposto a tortura o punito in modo crudele e inumano. Uno Stato non può togliere la vita ad un individuo, altrimenti diventa a sua volta colpevole di omicidio. Inoltre la condanna a morte è una pena discriminante, poiché la maggioranza dei condannati non ha mezzi per farsi difendere dai grandi avvocati. Negli Stati Uniti il 42% dei condannati a morte appartiene alla CRONISTI IN ERBA Gli alunni della scuola media di Montegranaro minoranza nera. C’è invece chi è favorevole alla pena di morte, perché sostiene — e questa è un’opinione particolarmente diffusa — che contribuisca a diminuire i crimini ed eviti ulteriori costi per la società, che così non deve più mantenere ergastolani. Inoltre molti pensano che le pene sono giuste se proporzionate alle colpe, quindi alla colpa di omicidio deve corrispondere la morte: solo in questo modo si può placare il rancore dei parenti, eliminando così la tentazione di vendette private. È STATO dimostrato tuttavia che la pena capitale non diminuisce i crimini e costa più dell’ergastolo. Fa riflettere l’intervista che Caryl Chessman, condannato a morte e giustiziato nel 1960, rilasciò pochi giorni prima dell’esecuzione. Egli dichiarò che l’idea della camera a gas «non impressiona un giovane attratto dalla violenza, ma spaventa solo gli onesti». Continuò dicendo che l’errore della società è di non cercare ciò che porta certi giovani al delitto, ciò che li spinge a «ribellarsi contro di essa senza curarsi della propria vita». Classe III A LA STORIA GIUSTIZIATI NEL 1921. SOLTANTO NEL 1977 IL MASSACHUSETTS RICONOBBE L’ERRORE GIUDIZIARIO Sacco e Vanzetti: innocenti sulla sedia elettrica SULLA STAMPA La notizia nei giornali dell’epoca NEGLI ANNI Venti negli Stati Uniti si scatenò una ventata di razzismo contro gli emigrati italiani. In quel tempo Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti furono arrestati, processati per omicidio e giustiziati sulla sedia elettrica, nonostante le prove li scagionassero da ogni accusa. Il 24 dicembre 1919 alcuni banditi assaltarono un furgone che trasportava le paghe di operai a Bridgewater, nel Massachusetts. Il 15 aprile 1920, due banditi rapinarono le paghe di dipendenti e uccisero il cassiere e un poliziotto. Subito la colpa fu data agli anarchici. Il 5 maggio 1920, Nicola e Bartolomeo furono arrestati perché nei loro cappotti nascondevano volantini anarchici e alcune armi e il 14 luglio 1921 i due furono condannati a morte. Il giudice li definì «anarchici bastardi», dato che si trattava di un periodo della storia americana caratterizzato da un’intensa paura degli anarchici e soprattutto dei comunisti. Sacco e Vanzetti non avevano avuto precedenti con la giustizia, né si consideravano comunisti, ma erano conosciuti dalle autorità, perché coinvolti in propaganda contro la guerra. La loro esecuzione scatenò proteste in tutto il mondo. Solo nel 1977 il governatore del Massachusetts riconobbe ufficialmente l’errore giudiziario e riabilitò la memoria di Sacco e Vanzetti. Che cosa è cambiato da allora? Nella stragrande maggioranza degli Stati dell’America la pena di morte esiste ancora, nonostante non siano mancati altri casi di innocenti condannati come Sacco e Vanzetti. Classe III A LA REDAZIONE ECCO gli alunni della classe III A della scuola media ‘Caro’ di Montegranaro: Chaima Amal, Andrea Andrenacci, Riccardo Biancucci, Giulia Bordolini, Federica Borroni, Gloria Cappella, Nicolas Cutini, Giu- lia Di Battista, Alberto Donnari, Alessandro Falappa, Matteo Lambertucci, Thomas Luconi, Melissa Marchionni, Valerio Melchiorri, Emanuele Pacini, Michele Pagliaricci, Alessio Quadrini, Francesca Romitel- li, Silvia Scoppa, Sofia Silenzi, Filippo Temperini, Chiara Viozzi. Nello svolgimento degli articoli in questa pagina gli alunni di Montegranaro sono stati coordinati dalla professoressa Maria Letizia Calamante.