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Direz. e Redaz.: Piazza di Trevi, 86 00187 ROMA
ANNO XXIV N. l 1 Novembre 1976
Spedizione in abbonamento postale Gruppo 111/70
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ORGANO
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MENSILE
dal quartiere alla regione
per una Comunità europea federale
D E L L ' A I C C E , ASSOCIAZIOhlE
UNITARIA
DI
appello del M.F.E. agli italiani
Per l'ltulia è gitriito il rno~?ieiitodella sceltu: o l'ltaliu iir E u r o p a , o la fine delle sperailze d i fare tlell'ltalia u n paese m o d e r n o e civile. Qlte.stu scelta riguarda t u t t i , iie.sslir7o
escllrso. Con l'elezione europea del 1978, e ciò che si può fare sin da ora per ottenere i l
miglior risultato possibile, tutti sono in causa. E bisogna tener presente che l'elezione europea sarà un successo se, e solo se, ciascuno farà quanto è nelle sue possibilità perchk la
opera dei partiti, pur essendo necessaria, non è certo sufficiente.
C'è un punto su cui far leva: il programma elettorale europeo dei partiti. E, a patto
di chiedere l'essenziale, e di chiederlo in molti, si può riuscire perché ogni partito temerebbe di perdere voti se il suo programma non corrispondesse alle aspettative manifestate dagli elettori. D'altra parte, agendo per la formazione di buoni programmi europei. si agisce
nel contempo per garantire l'interesse e la partecipazione degli elettori, per accelerare la
trasformazione europea dei partiti, e per sviluppare la tendenza già in atto verso la candidatura europea delle grandi personalità. Due problemi sono dunque ci-uciali: l'essenziale in
materia di programmi europei, e il modo per fai- sì che siano in molti a chiederlo ai partiti.
Circa il programma europeo, va premesso che il Mercato Comune non può reggere
ancora per molto tempo senza una moneta europea e un esecutivo europeo. Con l'economia
europea del Mercato Comune, le monete dei paesi meno forti sono condannate alla debolezza. E' il caso italiano. Tutti sanno che la necessità di difendere la lira obbliga l'Italia ad
una politica protezionistica che la distacca dall'Europa, anche se nessuno dice apertamente
che questa politica divide I'Europa e riconduce l'Italia all'impoverimento. Bisogna dunque
chiedere un esecutivo europeo - in pratica un coIlegamento diretto tra la Commissione della Comunità e i l Parlamento europeo - e la moneta europea, per togliere di mezzo la causa
della divergenza delle politiche nazionali e consentii-e il progressivo sviluppo di una politica
europea. Circa il modo per far sì che siano in molti a rivolgere questa richiesta ai partiti,
e per evitare che pervenga agli stessi partiti una somma disordinata di richieste particolari che non servii-ebbe a nulla, il Movimento Federalista Europeo offre agli Italiani i suoi
servigi. Da p i ì ~di trent'anni il M.F.E. è alla testa della lotta per l'Europa; e per dimostrare
con i fatti che I'Europa non è un interesse di parte ma I'interesse di tutti, non ha mai partecipato alle elezioni politiche. Per la stessa ragione non parteciperà nemmeno all'elezione
europea.
I1 M.F.E. può dirr~qite costituire il trurnite ti7ediaiite il quale i cittudirqi d i tirtte le parti
dei71ocratiche po.ssoiio chiedere ctl proprio partito, o a1 partito per il quale votano, d i inserire
tiel loro progrtrrnma europeo la m o n e t u europea e l'esecirtivo eltropeo. A q u e s t o scopo il M.F.E.
ha predisposto zrri t e s t o che k u disposizione d i t u t t i i cittadini. Ofrcndo agli Italiani la possibilità di intervenire direttamente nel processo di formazione del programma europeo dei
partiti, il M.F.E. ha fatto il primo passo.
Il secondo passo, la vigilanza sulla formazione di questi programmi, con la possibilità
di far pesare, anche durante la campagna elettorale europea, la minaccia della pubblica denuncia dei parfiti che non inserissero nei loro programmi la moneta europea e l'esecutivo
europeo, potrà essere compiuta solo se un grande numero di cittadini sosterrà l'azione del
M.F.E.
L'Ettropu è la i ~ i ndella rc~giorre.I n questa oru graile, itclla qliale la ragiorie s e m b r a d i
iiiioilo traiwltu, il M.F.E. esorta gli Itulicriii ad ai1ere fi(i~tciaiiellu rugiorze.
autarchia o Europa
la Coinriiissione italiana tiel
M.F.E. riunita a Konia il 22-24 ottobre l976
corq.stcrter c o n stupore r preoccupciziorie
che le misure decise dal governo italiano per fronteggiare la crisi economica - tra le
quali di particolare gravità è quella che impone una tassa del 7% sugli acquisti di
valuta - sono tali da avviare l'Italia sul disastroso cammino dell'autarchia, dell'allontanamento dal Mercato comune e della divisione dell'Europa, e ciò proprio mentre si
preparano le elezioni europee del 1978 e si prospetta la possibilità di creare una moneta
europea;
f 11 <> S S e r l >(1 r C
che, a causa della dimensione internazionale della crisi economica, non t pensabile,
per superai-la, altra soluzione che quella europea;
- che solo nella prospettiva europea è possibile ristabilire un'economia sana, giusta
ed equilibrata, e impostare un piano di riconvei-sione industriale proiettato verso lo
avvenire e non rivolto verso il passato;
- che gli stessi provvedimenti a breve termine devono essere presi in stretta concertazione con gli altri pnrtners europei e con gli organi comunitari coinvolgendo la loro
responsabilità;
clriede perturito al governo
-
di dire chiaramente agli italiani se intende mantenere l'Italia
sulla strada dell'isolamento e dell'autarchia.
in
Europa o condurla
COMUNI,
PROVINCE,
REGIONI
P i ù eyiinl pnrtnersh ij):>
I governi europei avrebbero preferito che
vincesse Ford. Dopo diverse tempeste le relazioni Europa-Stati Uniti si erano assestate
ma soprattutto la politica estera di Kissinger
aveva messo le capitali europee in uno stato
di responsabilità limitata che andava incontro in fondo ai loro desideri in un periodo
in cui le preoccupazioni interne sono dominanti per tutti. Invece ha vinto Carter, uno
sconosciuto per le cancellerie. Quel che per
a Jimmy chi? » è stato un ostacolo difficile
da superare nei confronti dell'elettoi-ato americano sarà una difficoltà da risolvere anche
con i suoi colleghi europei.
Si è manifestato tuttavia un interesse delle forze europee più aperte e di progresso
per questo nuovo presidente democratico,
che dei presidente democratici sembra voler raccogliere le iniziative più coraggiose.
E' un interesse attento, non una fiducia cieca. Le premesse di questo interesse si compielidono: Carter, a differenza di Kissinger
(parliamo di Henrv piuttosto che dei presidenti incolori che egli ha rappresentato),
sembra non voler deresponsabilizzare 1'Europa, ma, al contrario, dai-le più
spazio J);
sembra volerla chiamare ad assolvere un
ruolo piuttosto che rivolgerle ammonimenti,
divieti, limitazioni; sembra voler abbandonare lo schema rigorosamente bilaterale con
centro a Washington seguito negli ultimi
sette anni e rivalutare un sistema istituzionale e multilaterale che rientra nella tradizione democratica americana. Sembra, ripeto: Carter avrà modo, fin dai primi mesi
della sua presidenza, di incoraggiare o di
deludere questa aspettativa delle forze europee di progresso.
Le questioni sul tappeto curo-americano
sono molte: esse sono politiche, economiche e militari e vanno dall'energia alla i-iforma della Nato, dall'interdipendenza di
economie divergenti ai negoziati di disarmo. Più che le risposte conterà la metodologia: sarà il presidente americano disposto
a discuterne con gli europei, cercando soluzioni di comune accordo? accetterà gli
sviluppi politici che nei paesi europei si
disegnano, così come chiede ad essi di accettare le novità americane? o vorrà imporre all'Europa una dimensione regionale e
una sovranità limitata? E' la differenza fra
leadei-ship ed egemonia.
((
Cesare Merlini
ilire~rorc ~ ~ / / ' I . ~ Iprr
~II~/~J
gli
A//ur; it~rrrtiu:i~~ii~ti
COMUNI D'EUROPA
2
.-.-pp.----ppp-p--.-...---p--..-..-..-.--
Addio Kissinger
C,'
Addio Kissitiger. Lo conohhi in baiiclrina
a Netv Y o r k nel Iitglio 1953, all'arrivo dellii
Queen Mary, sulla qiiale venivo da Clrerbourg
diretto a un International Seminar della
Harvurd. Sapevo che era I'atiitnatore della
rivista Confluente, ma il pritno iticontro fu
pratico: tni domandò se avevo il ticket per
il ' h ~ i sche tioi~evaportare m e e ultri N invit u t i , u Bostoti. Poche sere dopo Jiii ci cena
tiella situ casa di Cambridge; m i fece un
honihardnmento di quattro ore .sttlla Kultur
ropeo non andai~arioper nirlla d'accordo: del
resto il tnio interlocutore alla Harvard era
itno studioso iissui più anziano di noi dite, uti
suo conterrarieo che credo Kissinger noti
amasse affritto, Carl Jogchim Frieclrich (curotore, con Robert R. Aoivie, degli S t u d i a
in Federalism, che uscirono in francese u
Bruxelles in quell'atliio - eratio i tempi dell'Assemblea a d hoc - e nel '54 a Bostoti, nel
testo originale: le edizioni di Coniut7ità li
pubhlicaroilo in italiatio nel 1959).
iraliaria
m0n7enro:
Ponte e Calunian
clrei (Enriqites Agnoletti andò alla Harvard,
Ritornato in Europa, ilori h o più avuto
col futuro segretario di s t a grandi
'(
ricordo, poclre stagioni dopo d i me)*
Vittoritti
('
('
\lese, Moravici, Alberto Curocci, storici, po!itologi e iirha~iisti,itn po' rnerio i filosofi, tni
.se
"p
"p
pare poco o niet7te di scieriza ( f o r s e gli Parlai di Plicciunti e di Corhirio e delle rlue corrlute n rli fisici, quella (li Pisu e quella di Rotna); natctraltne~itesi parlò [li Adriano Olivetti, che era .stuto il no.stro trait-d'union ( e
tielle edizioni di Cotniinita gli abbiamo poi
pubblicato C L'ora della scelta D).
Formalmeilte contava ancora cissai poco in
faco/tÙ, ma il vecchio e potente William Y .
Elliot (siio tutor tiella tesi di laurea .su « Il
.significato della storia: riflessioni sii Sperigler, Tovnhee e Kunt D) gli lasciava abbotldat7temente IU corda sul collo nell'ùt?ibito del
Sernit7ario intertiaziot7ale, ove Heinz Alber21
Henrv si faceva le ossa e si creava rnoiteplici
legami intercontinentali (giovani leaders, si
ititetide, n7u quasi tutti cori le mani in pasta). Salvo per il riconoscitrlento della Cina
rossa » e per la sua eritrata nell'ONU - sti
citi erailamo eritrumbi d'accordo - il suo gollisnio crvatiti lettera e il mio federalismo eli-
t
SOMMARIO
Pag.
Appello del Movimento Federalista
. . . . l
Europeo agli italiani
Più equa1 partrierslrip?, di Cesare
Merlitii
. . . . . . . . . .
1
Addio Kissinger, di U.S.
. . . . .
2
L'eurocomunismo,
rulli
. . . .
Piero
di
Pie-
. . . . . . .
3
L'avvenire della politica regionale
della Comunità europea, di Giatifranco Martini . . . . . . .
4
. . . . . .
5
S t r u t t u r e amministrative e sviluppo regionale nei Paesi della Comunità europea . . . . . . .
8
Vigilare e premere
Verso il diritto di voto comunale
dei cittadini europei, di Mario
. . . . . . . . . . . 12
Sica
novembre 1976
.
.
.
p
-
.
de, coute q u e coute, l'immobilità dei coperchi.
Q~iestecose - senza l'esperienza « di poi )I
- gliele dicevatno giù a Canibridge nell'estate del '53. Dico C dicei~anio», perché al fermi,712 del seniinario iriternuziotiale, malgrado
Henrp insistesse che fossi io a parlare per
gli italiani del Seminar, tiel m i o incomprensibile inglese, irisistetti che pretidesse la parola Piero D'Orazio - il pittore « non » figurritivo che ora vive (beato liti) e lailora presso Todi -: e Piero, dopo averlo concertato
con me, fece uti divertentissimo « panoram a » in cui l'avanguardia artistica e letteraria si mescolava con il federalismo Incichiavellico-hun7ilroniano
d i ,41fiero Spinelli,
Kissinger - debbo atn~netterlo- disse che
to, ma indubbiamente .sembrava fondamen- qliello
era
a il
i,7teresscoite
tale unche u m e - sia pure con esiti diver- dei pat7rlrami
Certamente
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U. S.
mo, in tutti gli uti,7i succe.ssiili, urla sola voitu
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,,,izzaZione,, il fatto che poco tem-
Kissinger correva a destra e a
si,listrci per il nlondo, avendogli clriesto con
~
~
~i4na copiu
h
idel slio
,
saggio sti Metternich e Castlereagh (che m i
occorreva nel testo origii7ale), dieci giorni
rlopo nij vidi arrivare il pacchetto, con le
sclrse di Lln segretario perché il signor Kissi,7gm '. - che mi; su[lltava cordialmente era in
e ,lo,? poteva rispondermi diretta,netite, ma ariche coli U ~ I L Iserie
.
di iridicaziorii iltili su qitunto m i accirigevo presiimibilmerite scrivere.
F I A vera
Ripeto:
dissenso è
po fa,
della
radicale dalla ,sila
teoria dell,equilihrio itlter17azionale (,se
dalla sua dottrit7a dellroliè lecito dir
e rlucleare) e ancor più
gopolio
nella
pse14do-realismo ,7el
strategiu per I'« ordine » interrlazionale, i
rapporti fra gli Stati, trasc~iratidola dialetricci Stato-societii (i17sommuegli tnira sempre
a petltola e coperchio, ariche quando l'acqiru
bolle ed P itievitabile che contiriui a bollire): mci bisogtiu dargli otto che si è reso
beli conto del rapporto terrihilme~ite instubile fra politica e tecriologia e delle tragedie
che si profilano dietro qrirsta ilistahilità, gi~idicatido giustatnetite - u rnio aili~iso- che
l'anarchia internazioriule è probabilmente più
Jailorei~oleal dottor Strutranlore che ui tolstoiani. L'unica co.sci - e notr è poco - che
ho setllpre rimproverato e rimprovero a qitesto conservcrtore illtttninato è dunque che
non si può chiudere il discorso all'alternatiI'U tra it~iperiali~trio
(con primato, itid~ihbiatìiente, della politica) e trt~urchiu,perché bisogna lottare invece per la soliczione federulista: it7sornmci per i/~tellache abbicimo chiutricito « cogestione democratica n del mot7do.
Sembra la solitziotre più ictopistica, tnu, a ben
vedere, è quella che hu più i piedi per tcrrii: iti rtltri tertnitii è qiiellii clir tiori preteri-
~
~
SOCIALI
~ QUOTE
~
~
~
E IMPEGNO EUROPEO
Malgrado l'inflazione galoppante, le
fonti finanziarie dell'AICCE sono rimaste quasi invariate. Occorre, però, che
tutte le quote dei
Province e delle Regioni ci arrivino tempestivamente. Vorremmo ricordare a tale
proposito ai nostri soci
o a quelli
dei nostri Soci che eventualmente si
sentano trascurati - che la nostra attivith non consiste solo in un « servizio
europeo ,,, ma anche e soprattutto nella
difesa (nelle opportune sedi europee)
del punto di vista dei poteri locali e
regionali a noi aderenti e in nome dei
quali parliamo. Quest'opera, non sempre appariscente ma - crediamo
estremamente efficace, va appoggiata
ANCHE col pagamento delle quote: noi
non possiamo fare miracoli.
I l versamento può essere effettuato
sul c / c postale n. 1113964 o tramite accreditamento sul nostro c / c bancario
n. 14643 presso L'Istituto Bancario S a n
Paolo di Torino, Sede di Roma - nos t r o tesoriere - specificando la causale di versamento.
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Comuni
Fino a 6.000 ab.
d a 6.001 a 10.000
,l 10.001 » 20.000
D 20.001 ,
, 50.000
oltre 50.000
I
4.000
10.000
20.000
40.000
2,00 per ab.
Province:
L. 1,00 per abitante.
Regioni:
L. 2,50 per abitante.
Altri Enti: quota da definirsi, con un
minimo di L.. 30.000 annue.
L
l
1
novembre 1976
COMUNI D'EUROPA
L'eurocomunismo
di Piero Pieralli
Senatore
menihrf> del CC del PCI
E' stato coniato un
nuovo termine del
vocabolario politico
internazionale: I'eurocomunismo.
Così
viene
indicato
il
complesso processo
di elaborazione teorica e strategica che
ha condotto il PCI,
insieme ai maggiori
partiti comunisti dell'occidente europeo, a
definire in modo diverso dalle società socialiste oggi esistenti e tenendo conto di tutte
le esperienze del movimento operaio internazionale, i caratteri generali e comuni della trasformazione democratica socialista in
questa parte del mondo. Si tratta come è
noto del pieno sviluppo della democrazia,
della pluralità delle forze politiche e delle
correnti di pensiero, dell'espansione di tutte
le autonomie, sindacali, culturali, religiose,
locali. Con il termine eurocomunismo viene
indicata non soltanto una prospettiva ma
un'azione politica immediata che si fonda
sull'unità della sinistra europea, sulla convergenza di vaste forze democratiche, sull'intervento di grandi masse organizzate per uscire dalla crisi profonda che scuote 1'Europa, nella direzione della democrazia e del
socialismo.
Naturalmente I'eurocomunismo non è tutto racchiuso nei confini della CEE. E tuttavia per il PCI integrazione e democratizzazione delllEuropa costituiscono un cardine fondamentale di strategie democratica e
socialista. E riteniamo che l'Italia possa superare la gravissima crisi attuale non isolandosi dalla Comunità europea (con le sue
divisioni, i suoi squilibri, le sue difficoltà) ma
battendosi per soluzioni comuni, europeiste
e perché la CEE giuochi un ruolo di progresso, di pace, di cooperazione internazionale.
Per queste ragioni consideriamo che l'elezione diretta del Parlamento Europeo, nel '78
deve essere colta come una possibilità nuova di reale integrazione e di sviluppo democratico. E conseguentemente ci comporteremo nel Parlamento italiano perché il
nostro Paese rispetti gli impegni che in questo senso sono stati assunti.
Detto questo e proprio perché vogliamo
che le elezioni europee del '78 siano una cosa
seria non possiamo condividere i commenti
euforici e l'ottimismo irresponsabile, cui ha
dato luogo la firma della Convenzione per la
elezione diretta del Parlamento Europeo.
Intanto nella Convenzione è stato affermato che il nuovo Parlamento Europeo avrà
gli scarsi poteri di quello attuale. In secondo
luogo sono note le reticenze di almeno tre
governi europei (Francia. Gran Bretagna, Danimarca). Dal canto suo la Repubblica Federale Tedesca ha voluto sollevare, con la
rappresentanza di Berlino-Ovest, una complicata questione internazionale in evidente
contrasto con gli orientamenti della recente
Conferenza di Helsinki tra i capi di stato e
di governo di tutta l'Europa.
Infine l'assenza di una legge elettorale comune, basata sul sistema proporzionale, non
solo aumenta le riserve e le diffidenze ma
rischia di creare delle situazioni assurde: se
verrà mantenuto l'impegno del PCI, del PSI
e della DC per garantire la presenza delle
forze politiche minori al futuro Parlamento
Europeo ci sarà quasi sicuramente il PLI e
rischia di non esserci il partito liberale inglese ben più rappresentativo del confratello
italiano.
Noi pensiamo che sia giusto guardare la
realtà per quella che è e riteniamo pericoloso nasconderla dietro fragili costruzioni
unitarie. La DC italiana può anche giudicare
la creazione del Partito Popolare Europeo
come il raggiungimento di una reale unità
politica. Noi per parte nostra siamo curiosi
di sapere fino a che punto arrivano le affinità tra il partito di Franz Ioseph Strauss
e quello di Benigno Zaccagnini. Tant'è che
uno stesso personaggio della DC ha tenuto
un linguaggio di duro anticomunismo ad una
recente riunione del PPE e il giorno dopo
alla Camera dei Deputati si è diffuso in apprezzamenti lusinghieri per l'atteggiamento
responsabile del PCI di fronte alla crisi del
Paese. Ma quanto potrà durare di fronte ai
nodi concreti del presente e del futuro delI'Europa questa diiplicità e divaricazione?
E diciamo con franchezza che anche le
forze della sinistra europea manifestano i
segni dell'incertezza e della diffidenza verso
le elezioni del 1978 e l'accelerazione del processo di integrazione europea. Sono note le
posizioni di ostilità manifestate dal Partito
Comunista Francese e dal recente congresso
del Partito Laburista di Gran Bretagna. E
soltanto da poco tempo i sindacati si sono
dati efficaci strumenti d'intervento a livello
europeo.
Le ragioni della diffidenza e della diversità di atteggiamento della sinistra politica e
sindacale europea vanno ricercate nello stato e nella politica attuale della Comunità.
Mi sembrano da condividere le affermazioni
e le indicazioni del segretario del PSF, Francois Mitterrand, al recente congresso del partito socialista portoghese: 11 Noi non rifiutiamo una Europa organizzata qual'è oggi.
Ci siamo e continueremo ad esserci. Ma occorre fare un passo di più. L'Europa cui aspiriamo non può essere solo I'Europa dei trust
del capitale o dei tecnocrati. Bisogna trasformare il contenuto delllEuropa Occidentale
perché debbono essere i popoli e i lavoratori a farlo ».
In direzione dello sviluppo di lotte unitarie sul piano europeo vanno le frequenti
iniziative di dibattito, di scambio di esperienze che vedono riuniti i rappresentanti dei
partiti comunisti dei Paesi della CEE come
il recente convegno di Ferrara sulla politica agricola comunitaria.
Noi comunisti non ci sottrarremo, come
già ho detto, al necessario dibattito sulla preparazione delle elezioni eiiropee. Tuttavia richiamiamo l'attenzione del governo, dei partiti democratici, delle autonomie locali, delle
organizzazioni sociali su ciò che occorre fare subito percht! l'Italia non sia sospinta og-
gi ai margini della Comunità, per non ritrovarsi tra due anni ad eleggere, nel disinteresse delle masse popolari, un parlamento
che non varrebbe molto di più di un vuoto
guscio di noce.
La crisi economica e il turbine valutario
stanno dividendo l'Europa comunitaria in
un'area forte e una debole e accentuandone
gli squilibri, mentre si evidenzia sempre di
più il rischio di una egemonia conservatrice
americano-tedesco occidentale su questa parte del continente.
Occorre quindi non solo che l'austerità italiana abbia una sua coerenza europeista ma
anche un forte rilancio dell'azione delllItalia complessivamente intesa (governo, parlamento, regioni, comuni, partiti, sindacati,
ecc.) attorno ad alcuni nodi essenziali che
possono essere così sommariamente riassunti:
1) lo sviluppo della politica estera comunitaria volta a stabilire rapporti diretti con
i Paesi produttori di materie prime, a facilitare la cooperazione internazionale tra paesi di diverso regime sociale, a frenare la
speculazione sulle monete, alla creazione di
una nuova divisione internazionale del lavoro e di un nuovo ordine nell'economia mondiale;
2) il diverso uso dei meccanismi correttivi adottati dalla CEE, l'introduzione di nuove misure volte a combattere gli squilibri
nello sviluppo economico della Comunità, la
profonda modifica della politica agricola comunitaria, la adozione di uno statuto europeo per l'emigrazione? una politica sociale
comunitaria basata sull'intervento crescente
dei sindacati e delle masse organizzate;
3) tutte le questioni della democrazia
tra le quali spiccano sia la pressione per lo
stabilimento di una piena democrazia in
Spagna come condizione per la sua associazione alla Comunità, sia la esaltazione di
tutte le autonomie locali, nelle forme originali che le esprimono nei vari paesi dell'Europa comunitaria.
Noi comunisti non riteniamo affatto che
la gravità della crisi che attanaglia il nostro Paese costituisca una condizione di inferiorità, una posizione « menomata » per lo
sviluppo di una forte azione delllItalia in direzione della CEE. Se l'Italia ha bisogno dell'Europa, I'Europa non può fare a meno
dell'Italia.
La nostra forza principale in quest'azione
(e al tempo stesso il contributo più importante che possiamo dare alla costruzione delI'Europa pacifica, democratica, progredita) è
costituita dagli avanzati processi politici unitari che si esprimono nei rapporti tra i partiti democratici, tra le grandi masse organizzate, in tutte le istituzioni democratiche
della nostra Repubblica.
ULTIME ADESIONI
DI ENTI TERRITORIALI LOCALI
ALL'AICCE
Cornztne di:
Boschi Sant'Anna (VR)
Gardone Riviera (BS)
Polistena (RC) . . .
Porano (TR) . . . .
abitanti
.
.
.
.
.
.
.
.
1.272
2.651
10.722
I .l 13
novembre 1976
COMUNI D'EUROPA
4
L'avvenire della politica regionale della Comunità europea
(*I
C
ilalz~tazioi7edella prima fase della politica regionale coinr~nitaria- la partecipazione
degli enti locali e regionali - le coildiziolzi di una società europea pii! equilibrata
di Gianfranco Martini
I l programma della Conferenza prevede tre
relazioni: - quella dell'on. Thomson, responsabile della politica regionale della Comunità europea in seno alla Commissione; - il
prescnte rapporto; - quello di sintesi dei
lavori e di conclusioni, affidato all'on. Cravatte. Questa collocazione della presente relazione non è indifferente per il suo contenuto. Essa infatti potrà opportunamente utilizzare, senza superflue ripetizioni, le informazioni e le considerazioni contenute nello
intervento dell'on. Thomson (che presumibilmente provvederà ad aggiornare il primo rapporto annuale 1975 sul Fondo europeo di
sviluppo regionale, documento di grande interesse politico e pratico la cui conosccnza c' importante anche ai fini della presente
conferenza); potrà inoltre evitare, deliberatamente, di enunciare conclusioni e proposte
operative, compito questo spettante all'onorevole Cravatte, sulla base dei risultati del
dibattito.
Tuttavia la presente relazione ha u n suo
spazio e una sua autonomia. Essa si propone infatti:
u ) di analizzare e valutare la situazione
- nel nostro caso i fatti che hanno prece-
duto, preparato e ?ccompagnato l'entrata
in vigore del Fondo europeo di sviluppo
regionale (che d'ora in poi, per brevità,
sarà indicato con la sigla FESR) - nell'ottica degli enti regionali e locali dei nove
Paesi membri, i n piena autonomia dai giudizi della Commissione delle Comunità europee e da quelli dei singoli governi nazionali;
h ) di fornire stimoli al dibattito, ricercando le cause dell'attuale insoddisfacente
situazione della politica regionale comunitaria, tracciando, a grandi linee, le condizioni
di un'azione tendente a rendere territorialmente più equilibrato lo sviluppo globale
della società europea e ponendo ai partecipanti alla Conferenza dei precisi interrogativi sui quali potrà orientarsi la discussione.
Significato e obiettivi della Conferenza
Pur circoscritto in tal modo l'ambito proprio di questo rapporto, il compito del relatore rimane assai arduo: il t e m a della
politica regionale, infatti, n o n è u n tema
settoriale, m a presenta implicazioni complesse sotto il profilo dei fenomeni socioeconomici, dei livelli istituzionali, delle decisioni politiche, delle condizioni culturali.
Queste varie implicazioni non potranno essere ignorate, m a è evidente che si potrà
procedere solo per cenni e flashes n, onde
rispettare i limiti di t e m p o previsti dal programma della Conferenza.
((
(*) E' il tesi» della ielririone ~ h eGianfr-anco M a r t i n i . rcsponsahile del settore studi del Consiglio dei
Coniurii d'Eiiropa e segretario della Coinrnissione per
In politica regionale del CCE. ha prcdispohto per la
1 Conlercnza generale dei Pi-csidrnti d i Regioni o di
E n t i o i \ t i t i i i i o n i nrialoghe dei nove Paesi mcmhi-i
dcll;i C i i n i i i n i l i curopca, indetta dalla nostra o r p a n i l ~.;i/ionc \oprriria/i~>naIc (P:ii-ipi. 7-8 diccrnhi-e 1976).
V a n n o innanzitutto sottolineati: a ) il carattere di novità di questo incontro plenario
di autorità ed enti regionali ( o similari, nei
Paesi ove non esiste u n ordinamento regionale in senso proprio) della Comunità europea; esse sono pienamente legittimate ad
aA'rontare i problemi dello sviluppo regionale per i loro compiti istituzionali, per la
loro incidenza sulla politica degli investimenti e sulla finanza pubblica, per la loro
rappresentanza democratica della popolazione, per il loro ruolo di interpreti e di portavoce delle esigenze reali dell'uomo situato
sul territorio; b ) l'importanza prutica del tem a trattato, essendo gli squilibri territoriali
e la politica regionale strettamente collegati
con le difficoltà e le possibilità di u n progresso reale dell'uomo e della società europea nel suo complesso; C ) le conseguenze
della politica regionale su tutto il processo
di integrazione europea (sia nell'attuale situazione, sia, ancor più, se altri Paesi, ad
es. la Grecia e il Portogallo e - verificatesi
le necessarie condizioni politiche - la Spagna, aderiranno di pieno diritto alla Comunità) e sull'imrnagine stessa che i cittadini
europei si fanno della Comunità e delle
sue prospettive future e , quindi, sul loro
impegno a contribuire a questa storica impresa.
Ma al di là di questi motivi di interesse
generale e permanente, ve ne è u n altro
più specilico ed attuale: alla fine del 1977
si conclude il primo triennio di applicazione
del FESR e la Comunità europea dovrà t e m pestivamente procedere al rinnovo del Fondo, rafforzandone e migliorandone le caratteristiche e la dotazione finanziaria. Questa
Conferenza delle regioni consentirà di sottoporre in t e m p o utile valutazioni, suggerimenti e proposte all'attenzione degli organi comunitari e degli Stati membri.
La Conferenza ha obiettivi ambiziosi, m a
ciò non significa assolutamente ignorare o
fuggire la realtà. Mai come in questo moment o la Comunità europea si trova ad u n bivio:
o procedere coraggiosamente verso una vera solidarietà non solo economica m a anche
politica o continuare stancamente nella gestione del quotidiano, senza prospettive, rimettendo in gioco persino le conquiste già
raggiunte. Oggi essere realisti significa rendersi conto di questa alternativa e scegliere
la via, più difficile certo, del progresso politico ed istituzionale della Comunità, dal quale
dipende, direttamente, anche u n nuovo mod o di affrontare i problemi della politica
regionale, come sarà precisato nel corso
della relazione.
Da t e m p o si lamenta che il processo di
integrazione si svolga lontano dal cittadino,
più nelle sedi governative che con la sua
partecipazione ( e quindi risvegliando il suo
interesse): proprio per questo la decisione
di organizzare le elezioni dirette del Parlamento europeo è stata accolta con viva soddisfazione e con grandi speranze, come elemento determinante della democratizzazione
della Comunità. Questa Conferenza di amministratori regionali e locali si colloca nel-
la stessa prospettiva e nasce dalla necessità
- connaturata ad ogni sistema democratico
- di ascoltare le esigenze e le proposte che
salgono dalla base e dai loro rappresentanti
elettivi.
La presente relazione seguirà il seguente
schema: analisi del quadro di riferimento
(economico e politico insieme) nel quale si
colloca necessariamente la politica regionale della Comunità europea; esame del FESR
e della sua applicazione, anche alla luce
dei giudizi provenienti dagli enti regionali
e locali; interrogativi che essi si pongono
circa il futuro della società europea e orientamenti generali che ne derivano.
Gli squilibri regionali nella Comunità europea
Sono note le gravi disparità che sussistono ancora tra le diverse regioni (intese in
senso socio-economico) della Comunità. Altrettanto nota è la tendenza al loro aggravamento: basterà citare testualmente alcuni
passi della prima relazione annuale (1975)
sul FESR pubblicata nel giugno 1976 dalla
Commissione comunitaria. « Quanto al reddito pro capite, negli ultimi cinque anni si
è osservato un impressionante aumento del
divario tra gli Stati membri. Mentre nel
1970 il prodotto interno lordo pro capite nei
tre paesi colpiti dalle maggiori difficoltà economiche e regionali (Irlanda, Italia e Regno
Unito) era rispettivamente pari al 53,6, 70,3
e 88,8 per cento della media comunitaria,
nel 1975 le cifre equivalenti sono state il
48,0, 60,l e 77,7 per cento. Inversamente, le
stesse cifre per la Danimarca e la Germania
sono aumentate dal 128,7%0 e 124,5% rispettivamente al 136,2O/o e 130,7U/o.1 raffronti tra
regioni sono ancora più allarmanti. Nel 1970
i l prodotto interno lordo pro capite ad Amburgo e nella regione parigina è stato rispettivamente di cinque e quattro volte superiore a quello registrato dalle più povere
regioni della Comunità, l'Irlanda occidentale e il sud delllItalia continentale. Nel 1975
le cifre relative ad Amburao
- e alla regione
parigina hanno rispettivamente superato di
sei e cinque volte la cifra più bassa n. E' evidente che le disparità regionali a livello comunitario sono assai superiori a quelle esistenti nell'interno degli Stati membri.
I1 fenomeno della disoccupazione è allarmante i n tutti i nove Paesi membri: m a nelle regioni sviluppate i l tasso di disoccupazione è tuttora inferiore a quello delle regioni
svantaggiate.
I confronti ytiunritutii)i sono signiticativi
m a non esaurienti: accanto agli squilibri
in termini di reddito o di disoccupazione,
vanno tenuti presenti anche gli aspetti yllulitniiiji degli squilibri regionali, cioè le loro
ripercussioni sociali, in termini di condizioni
di vita e di organizzazione della convivenza
umana, sia nelle aree meno sviluppate sia
in quelle caratterizzate da fenomeni di congestione industriale ed urbana.
Siamo costrctli a rinunciare ad ogni eseniplitic;iiione in proposito sia per ragioni di
COMUNI D'EUROPA
novembre 1976
~
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spazio, sia perché gli inconvenienti e i pericoli lamentati sono presenti, spesso per
esperienza diretta, ai partecipanti alla Conferenza, sia perché interessanti richiami sono facilmente rintracciabili i n numerosi documenti nazionali e negli stessi rapporti comunitari (basti ricordare fra gli altri il « Rapporto sui problemi regionali nella Comunità
allargata » pubblicato a Bruxelles nel maggio 1973 e il progetto di IV Programma di
politica economica a medio termine della
Comunità per il periodo 1976-1980).
Ciò che invece preme sottolineare, è la
visione globule che deve ispirare ogni corretto approccio dei problemi dello squilibrio
regionale e dello scambio ineguale all'intern o della Comunità. Le conseguenze di questi problemi fanno sentire certamente la loro i n c i d e n ~ ain particolar modo sulle regioni più deboli caratterizzate da insufficienza
di reddito, estesa disoccupazione e sottoccupazione, emigrazione forzata, depressione
culturale. Ma esse sono acute - anche se
di segno diverso - persino nelle zone più
5
-
taria i n favore di una crescita regionale più
equilibrata trova fondamento, quindi, non
solo i n principi generali di giustizia e i n
motivazioni politiche, m a anche in esplicite
previsioni giuridiche, e in preoccupazioni di
sviluppo ottimale della Comunità nel suo
complesso. Nel rapporto « Europa più trenta » redatto da u n apposito gruppo di lavoro sulla base di una decisione del Consiglio dei Ministri della Comunità del 14 gennaio 1974, si f a giustamente notare che, sino
ad oggi, la valutazione tipica di una politica
consisteva nel rilevare i suoi risultati medi,
mentre ora ci si preoccupa sempre più della
distribuzione di tali risultati tra diverse
nazioni, aree, gruppi di età, sesso, classi socio-economiche.
Questa sensibilità per una valutazione disaggregata - specie dal punto di vista territoriale - dell'azione comunitaria viene ulteriormente accentuata dalla profonda crisi
economica in atto. Essa ha infatti generalizzato i problemi strutturali, estendendoli anche ad alcune regioni diverse da quelle tra-
aspetti dell'azione della Comunità e degli
Stati membri che vanno fortemente criticat i , m a senza ignorare - a parte la sostanziale e perdurante validità dell'ideale di unificazione europea - i benefici che il Mercato
Comune ha portato alla Comunità nel suo
corizplesso.
La ricerca delle cause reali del perdurare
e dell'aggravarsi delle disparità regionali
non può prescindere da un'analisi seria e
approfondita dei meccanismi di scambio e
delle interrelazioni economiche che sono all'origine di detti squilibri.
Questa analisi è favorita da una larga correntc di interesse scientifico, di studi e di
esperienze che i n epoca piuttosto recente
hanno polarizzato la loro attenzione sui problemi regionali che per molto t e m p o la teoria economica aveva insufficientemente considerato: basti pcnsarc ai modelli neoclassici di equilibrio automatico dell'allocazione delle risorse e alla concentrazione dello
interesse della dottrina economica sulla teoria generale dell'occupazione, nel periodo fra
vigilare e premere
Approvata il 20 settembre a livello intergovernativo la Convenzione per le elezioni europee, siamo ora al momento delle
battaglie per le ratifiche della Convenzione nei parlamenti nazionali e per la approvazione delle leggi elettorali conseguenti. I
gruppi politici del Parlamento italiano si sono già espressi, nell'àmbito di una riunione convocata dal Consiglio italiano del
Movimento europeo, a favore di una rapidissima ratifica italiana - che serva anche di pressione per qualche « partner » riluttante - e di una altrettanto rapida approvazione della nostra legge elettorale « a d hoc », al fine di far entrare presto i partiti
politici nel clima di battaglia, che li richiamerà ai loro doveri europei ed anche a collocare la soluzione della crisi economica
italiana nell'unico quadro realistico, che e quello europeo: nia occorre che i nostri Comuni, le nostre Province, le nostre Regioni
siano vigilanti, affinché dalle parole si passi realmente ai fatti.
In pari tempo I'AICCE esorta tutti i Comuni, che hanno rapporti di gemellaggio con la Francia e con la Gran Bretagna, ad
aprire un dibattito con le Amministrazioni consociate, affinché queste contribuiscano nei loro Paesi alla vittoria del « partito
europeo », contro atteggiamenti nazional-conservatori, nazional-socialisti (si chiamano pudicamente socialisti nazionali), corporativi.
congestionate, specie nei settori dei servizi
pubblici, delle aree edificabili, dei trasporti,
dell'inquinamento, in una parola, della qualità di vita. Inflazione da domanda e inflazione da costi si intrecciano in una spirale estremamente pericolosa per l'intera Comunità:
la lettura del cosiddetto « rapporto Maldague n sui « Problemi dell'inflazione~, recentemente reso pubblico, è particolarmente
indicativa sulle cause strutturali di questo
grave fenomeno e sulle sue conseguenze
drammatiche non solo sull'economia, m a anche sull'insieme delle relazioni sociali che
possono giungere sino a mettere i n causa
la pace sociale e la stessa democrazia.
Questa coesistcnza di situazioni di sottosviluppo e di forte concentrazione economica concorre a frenare ed ostacolare la stabilità e l'espansione economica generale,
mettendo ancor più in evidenza la necessità
di una reale solidarietà comunitaria che va
tenuta ben distinta da una semplice politica di assistenza, d i filantropia e di dono
delle regioni ricche verso le regioni povere.
I 1 Trattato di Roma istitutivo della Comunità economica europea, indicando espressamente - nel prearnbolo e nell'art. 2 - l o
obiettivo di u n armonioso sviluppo delle
varie regioni della Comunità, prevede una
solidarietà giuridicamente garantita e una
giusta distribuzione dei benefici ricavabili
dall'integrazione. Una etticace azione comuni-
dizionalmente m e n o favorite: ha ridotto il
livello generale degli investimenti; ha ridimensionato i bilanci pubblici e quindi gli
aiuti regionali; ha modificato alcune priorità nella scelta dei settori di investimento,
non sempre coincidenti con le priorità regionali.
Gli squilibri regionali e l'attuale modello di
sviluppo nella Comunità europea
Come si è giunti a questa situazione così
preoccupante? La domanda viene spontanea
ed essa provoca u n attento esame delle sue
cause. Gli attuali squilibri regionali nei
Paesi membri della Comunità europea hanno
certamente radici spesso lontane nel t e m p o
e sempre complesse perché essi sono la risultante di specifiche situazioni economiche,
di fenomeni sociali, di vicende storiche, di
collocazioni geografiche. Questa relazione
n o n è certo la sede adatta per fare un'indagine così difficile ed ampia. E' invece necessario - e possibile - cercare di rendersi
conto del perche la creazione di u n unico,
vasto mercato e l'avvio di u n processo di
integrazione comuiiitaria non abbia avuto
come risultato la attenuazione di questi squilibri, m a li abbiano conservati e , come appare dai rapidi dati sopra richiamati, persino
aggravati. Si tratta di una ricerca che deve
essere condotta senza preconcetti; vi sono
la prima e la seconda guerra mondiale. Fin
dal 1945, Gunnar Myrdal e Francois Perroux
avevano messo i n evidenza la natura squilibrante di uno sviluppo affidato alle sole
forze di mercato, m a senza riuscire a vincere l'influenza ancora dominante della teoria dell'equilibrio. A loro volta i risultati
positivi, negli Stati Uniti, della teoria keynesiana dell'occupazione servirono di sostegno
all'ipotesi secondo cui una serie di accorgimenti di politica regionale (incentivi e sussidi alle imprese) avrebbe garantito u n qualche equilibrio regionale i n condizioni di piena occupazione ( 1 ) .
Questa combinazione di teoria keynesiana e neoclassica è stata sempre più posta
in discussione dal persistere e dall'aggravarsi delle ineguaglianze regionali; le sue cause
sono infatti più profonde di quanto l'analisi
insita nei modelli neoclassici di equilibrio
automatico sembra ritenere.
In realtà il gioco automatico delle forze di
(1) Tra I'enorriie letteratura in proposito. ci limitianio a ricordare due libri assai recenti:
STI~ART
kio1.1.4~»,Capital versils the Regions, 1976.
M. VAI.ERIA
AGOS.I.TNT,
Regioni europee e scambio irregi~ale - Verso fina politica regionale comunitaria? Ed.
« I1 Mulino n, 1976.
(Qucst'ultimo libro è frutto di una ricerca promossa
dalla Sezione italiariri del Consiglio dei Comuni d'Europa d'intesa cori I'lstituto Atfari Internazionali, membro del Transeuropean Political Studies Association
T.E.P.S.A.).
-
COMUNI D'EUROPA
6
mercato, lungi dal promuovere uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle varie economie regionali e nazionali, mette in moto
un meccanismo citintllativo di sviluppo e di
arretratezza che, se non contrastato d a
efficaci politiche globali, tende continuanicnte ad allargare a forbice le disparità esistenti. Per questo gli squilibri regionali, ad
ogni livello territoriale, debbono essere considerati unitariamente come un fenomeno
complessivo nel quale sovrasviluppo e sottosviluppo si presentano come realtà strutturali strettamente interdipendenti tra loro,
come due tacce, cioè, di una stessa medaglia. Già all'epoca della f r m a del Trattato
di Roma (1957) istitutivo della Comunità economica europea, vi fu chi espresse le sue
preoccupazioni circa i riflessi che la costituzione del Mercato Comune avrebbe potuto
esercitare sullo sviluppo dell'industrializ~azione, sulla ripartizione geografica della popolazione e sulla concentrazione della ricchezza in certe regioni a scapito di altre.
Questi avvertimenti rimasero inascoltati e
prevalse, in quel momento, l'orientamento
verso una vasta liberalizzazione degli scambi.
L'art. 2 dello stesso Trattato CEE (2) sem(2) 11 testo dcll'ai-ticoli> e il seguente; n la Comunità
ha il conipito di pr-oniuo\reI.e, rncdianle t'instaui-azione
di un mercato comune e il graduale ravvicin;tmcnto
dcllc politiche economiche ilegli Stati mcmbri, uno sviluppo armonioso delle attività economiche nell'insieme
della Lomunito, un'espansione continua ed equilibrata,
una stabilitii accrcsciuta, un iriiglioramcrito srnipre più
rapido del tenorc di \,ita e più strctlr rrlnziorii fra gli
Stati che ad essa partri:ip;iiio n .
bra anzi espressamente considerare la costituzione del Mercato Comune non già come
un processo di per sé squilibrante e che
quindi necessita di correttivi per non determinare ripercussioni negative sulle regioni
economicamente più deboli, ma come uno
degli strumenti per conseguire lo sviluppo
armonioso e un'espansione continua ed equilibrata. E' vero che lo stesso art. 2 prevede che la Comunità ha il compito di costituire non solo un Mercato comune ma anche
un « graduale ravvicinamento delle politiche
economiche degli Stati membri », m a I'attuazione del Trattato ha di Eatto privilegiato il
primo dei due momenti. Si sono perciò
realizzate, nei tempi previsti dal Trattato,
l'unione doganale e la liberalizzazione degli
scambi, ma in materia di politica economica
comune i progressi sono stati invece assolutamente insufficienti e ci si è limitati a fissare degli obiettivi e delle procedure interne per raggiungerli, senza alcuna reale delega di sovranità nazionale agli organi comunitari. Una conferma di questo scompenso
tra le due componenti essenziali dell'integrazione europea - unione doganale e unione
economica - si ha negli artt. 92-94 del Trattato CEE; essi, che costituiscono l'unica
base operativa per la politica regionale prevista espressattietzte nel Trattato, pongono il
problema in termini essenzialmente negativi; essi intendono evitare che gli aiuti allo
sviluppo regionale predisposti dagli Stati
siano tali da recare pregiudizio alla concorrenza, considerata a quei tempi come la chiave di volta del bistema comunitario.
S o t t o il patrocinio della Regioiie Pttglia e dell'Eilte Fiera, il M o v i m e n t o Federalista Europeo ha orgaiiizzato alla Fiera del Lei~tlnteuna a Ciorriuta dlEttropa ». Fra i ilari interventi,
d i particolare iiiterr.s.se quello del presidente del Coiisiglio regioliale, L ~ i i g i Trtrricone, che
k u sottoliiieato c o m e l'upertttra della Coin~inificeuropea alla Grecia, Spagna e Portogallo
determinerà lo spostati?eiito pii1 a sud del hariceiitro politico ed rcoiioi?iico della C E E che
potrà così passare da t i i ~ ( i coinitiiità della cot7,serilazione >> ad ~ t i i uK coinui~iràilello sviluppo P, creailtlo i411 ttiaggiore eqitilihrio tra i Paesi del nord e qttelli rneridionuli. Nella relazione prii~cipale Alfonso Jozzo, vice segretario iiazioi~uledel MFE, d o p o aver derro che solo
itiiu prograiiiinuzioiie ecoiloinica a livello soi~ranazioi~ule
picò eilitare c h e l'iiigresso dei Paesi
ttiediterranei nella C E E m e t t a ancora piìt in crisi il nostro niercato agricolo, ha sostenuto
che urla irtiporturite tappa verso la sol~tzionrdel prohleinu i.stitlizionale p o t r a i ~ i ~ darlo
o
le
elezioiii tc suffragio ttnii~ersulediretto del Parlamento eitropeo previste per il 1978, elezioiii
che o h h l i g k e r a n t ~ oi partiti e i sir~dacutia trasforinare la loro orgaiiizzazione e i loro prog r a m m i ad ttria dinietlsiot~e europea, c o m e già sta u i ~ i ~ e n e n d oA. conclusione dei lavori il
presidetite Tarricone ha c o n f e r m a t o l'irnpegi~oeiiropeista della sttu Regiorle, iiel q ~ t u d r odell ' r ~ z i o i ~del
e Coiisiglio dei Comztiii d'Europa.
Nella foto ( d a siiiistra): il segretario regiviiole del MFE, C o s i m o Pitarra, coti il vice
segretario iiuzionale, Alf»n.so Jozzo; il presideiite del Cor~siglioregionale, 1,uigi T a r r i c o ~ i e ;il
presideiite tlella sezioiie fedrrcilista d i Bari, Alberto Bagi~oli.
C
novembre 1976
Questa filosofia « liberista » si è rivelata
ingannevole anche perché si sta verificando
pure in Europa quanto J. K. Galbraith scriveva nel 1973 nel suo « Economics and the Public Purpose » a proposito dei rapporti intercorrenti negli U.S.A. tra il sistema di pianificazione privata (di tipo monopolistico e
oligopolistico) e sistema di mercato. I cambiamenti dell'impresa capitalistica inoaerna
intervenuti dopo gli anni '50 hanno introdotto dimensioni nuove nello squilibrio regionale. Tra il livello macro-economico della teoria e della politica e il livello micro-economico della piccola impresa concorrenziale, si
va affermando sempre più un settore mesoeconoiwico (così definito nel linguaggio un
po' sofisticato degli economisti): esso ormai, anche nei paesi -europei, domina la
metà superiore dell'ambito regionalmente
più mobile dell'economia, cioè l'industria
manifatturiera, e si espande in senso multinazionale indebolendo la possibilità dello
Stato di imbrigliarne le risorse per lo sviluppo delle regioni arretrate.
A loro volta la « prassi » comunitaria e i l
prevalere dei negoziati intergovernativi sul
metodo comunitario (che avrebbe dovuto
ispirare l'attuazione del Trattato), hanno contribuito largamente ad ostacolare la messa
in opera di una reale politica regionale, in
quanto i progressi dell'integrazione europea
sono stati fatti dipendere sempre più da una
serie di vantaggi reciproci ed immediati concordati tra i Paesi membri più influenti. Da
questo insieme di presupposti, di comportamenti e di omissioni si è rafforzato il carattere dualistico del sistema economico comunitario. I vantaggi dell'appartenenza alla
Comunità si sono ripartiti in misura ineguale tra gli Stati membri aggravando gli
squilibri preesistenri; l'emigrazione massiccia di lavoratori dai Paesi nieno sviluppati
ha contribuito larsamcnte alla crescita economica degli Stati ospitariti, provocando al
tempo stesso decadimento sociale e impoveriniento nelle aree di esodo; la spropor/.ione Ira capacita produttiva r spinte consumistiche in alcuni Paesi membri pesa negutivarner-rtc sulle loro capacità di sviluppo.
Con queste constatazioni non si vuole proriunciare una superliciaie e generale condariiia del processo di integrazione e disconoscere i vantaspi delle economie di scala. Si
vuole solo r-riettrre in evidenza, proprio perch6 se ne tenga cwnto in avvenire. alcuni
errori e lacune dell'impostazione originaria
del processo di integrazione e del comportamento dei Paesi rntsmbri nell'attuazione dei
'Trat iati.
Ciò che ci prerne sottolineare è la rilevanza globale di questa grave situazione
percht': proprio I'iriterdipendenza crescente
delle economie nazionali all'in~erno della
Comunità (ci limitiamo a ricordare I'importanza quantitativa degli scambi commerciali
infracomunitari) fa sì che la permanenza e
l'aggravamento degli squilibri regionali pregiudichino non solo la coesione comunitaria
e le economie dei Paesi più deboli, m a gli
stessi .shoccki d i inercrrto dei Paesi a produzione più iiitensa.
Se la politica regionale continua ad essere
considerata un fatto secondario e puramente accessorio dell'integrazione europea, una
specie di sottoprodotto della crescita economica, l'ipotesi di unlEuropa a due vclocità - nonostante il suo unanime rifiuto
verbale - è destinata a consolidarsi e a rafforzarsi. Del resto proprio l'urto della crisi
novembre 1976
economica che ha colpito una Comunità europea indebolita da queste contraddizioni e
da questi squilibri, con danno di tutti, ricchi e poveri, provoca sempre più di frequente decisioni nazionali chiaramente contrastanti con i principi dell'integrazione (spinte protezionistiche, ripristino di dazi generalizzati) che, se non revocate, minacciano
di disgregazione progressiva l'intera Comunità.
E' noto che al problema del superamento
delle disparità regionali e di una maggiore
coesione comunitaria si è cercato da alcuni
di dare una risposta di carattere <C monetario » basata sull'elinlinazione dei margini di
Huttuazione tra le monete dei Paesi membri e sulla creazione di una parità unica all'esterno. La realtà, invece, ha dimostrato che
gli Stati nazionali, costretti a scegliere tra
esigen7e non rinunciabili di politica economica interna e i l sacrificio delle parità monetarie, si sottraggono prima o poi agli impegni assunti in tal senso. Per i Paesi più
deboli, infatti, le manovre di aggiustamento
dei cambi sono rimaste uno dei pochi strumenti di controllo delle economie nazionali
ancora utilizzabili dopo l'abolizione delle barriere doganali e la progressiva integrazione
dei mercati: in tali condizioni. se detti Stati
rinunciano a questa forma di difesa senza
che esista contemporaneamente un meccanismo adeguato di rcdistribuzione delle risorse, rimangono esposti alle sole forze di mercato che, come si C già detto, tendono a
crearcB uno \quilibrio cumulativo. Non va
inoltre dinlenticato che la tissazione di una
parità unica all'esterno per un gruppo di
Paesi che hanno diversa poterizialità economica provoca l'ancoraggio dei Paesi più deboli che ne fanno parte a rapporti monetari
non corrispondenti alla loro reale situazione
economico-produttiva.
Si deve perciò concludere che la sincroni~zazionedei meccanismi monetari non comporta automaticamente la c.onvergen/.a delle
econoniie e il superamento delle disparità
tra Paesi c ti-a regioni caratterizzati da un
diverso %rado di sviluppo.
11 ragionamento va invece capovolto. Proprio per una 'tficace unione monetaria vanno realizzate alcune pre-condizioni che comprendoilo un'armonizzaziune concertata degli
obiettivi ccoiioniici e clegli strumenti di politica monetaria. un'etficaccs politica regionale e una politica tiscale comunitaria cori trasferimenti :i~itoniatici <li redditi su vasta
scala ( 3 ) .
Esclusa 121 strategia moriciaria. la via l i i l
q ~ i ibattuta tlalla Comunità pc.r attenuareb gli
squilibri territoriali è stata quella di creare
degli sirumeriti tìnrin~iaria linalità o cciniLci1que ad iiicidenza regioiiale ( i l Feosa, i l Forido sociale. i l Fondo europeo di sviluppo
regionale, gli interventi CECA e, ricl settore
dei prestiti e garaiizic, la BEI). hla questi
fondi - compreso i l FESR che pure teridc
a coprire tutta In gamina dci possibili interventi a favore dello sviluppo, a differ.eri/a
degli altri strumenti settoriali - non devono essere confusi con la politica regionale
di cui la Comunità europea ha urgente bisogno, come del resto lo stesso membro
della Commissione comunitaria responsabile
COMUNI D'EUROPA
per la politica regionale ha più volte espressamente riconosciuto. Questi Fondi costituiscono solo degli strumenti parziali e per
di più di incidenza limitata, sia per le ridotte risorse finanziarie di cui dispongono,
sia per i l loro funzionamento poco differenziato rispetto alle esigenze del riequilibrio
regionale, sia per l'insufficiente coordinamento.
L'atteggiamento degli enti regionali e locali
dei Paesi membri della Comunità rispetto
al FESR e all'azione comunitaria avente
incidenza regionale
(3) Si possono utilmente coiisultare, in proposito:
GIOUNNI M ~ G N I F I C O . Etrropea,t Moneiary unifica li or^;
Macrnitlan Press Ltd., London and Basingstoke, 1973;
Su questo quadro generale si innesta la
analisi del FESR. della sua concezione, del
suo funzionamento, dei suoi risultati. 1.e valutazioni che precedono circa i l meccanismo
generale che ha caratterizzato lin qui I'integrazione europea sul piano econonlico e
politico non sono quindi un indebito allargamento della tematica assegnata a questa
Conferenza, ma il presupposto necessario
per intendere correttamenle lo stesso signilicato e le reali possibilitii del Fondo e per
indicare la via per un suo miglioramento.
Agli enti partecipanti alla Confercnz~i 6
stato inviato a suo tempo un (luestioriario
per conoscere le loro reazioni di l'rc.>nte alI'att~iale FESR ncl suo primo periodo di
applicazione. Ogni question:irio ha i suoi limiti: esso va quindi considerato realisticamente solo Lino strunlento. e per cli più
parziale. di conoscenza c.he sarà opportunamente integrato dal dibattito che seguirà
questa relazione. Crediamo comunque che i l
questionario abbia contribuito a stimolare
gli enti regionali e locali a rivolgere urla
maggiore attenzione all'azione della Comunità in favcire dello sviluppo regionale e alle
sue responsabilità in tale campo.
Questa Conferenza non si occupa delle
strutture istituzionali a livello regionale e
locale nci Paesi membri: tuttavia C stata
predisposta per i partecipanti una « Nota n
schematica sullc situazioni nazionali per l'acilitare la comprensione delle risposte, assai
diversificate, date al questionario e condizionate i'n tal~inicasi dalla varietà degli ordinamenti e dcllc funzioni riconosciute ai vari
livelli politico-amministralivi.
Per ragioni di spazio raggrupperemo le 1.isposte al questioiinrio i n cinque cateyorie di
problemi:
t ! ) i l'apporti tra gfi interventi del FESK
e ?li aiuti a lìnalità regionali degli Stati
inc.inbri e, pii1 in gerier.ale. i l ruolo rispettivo
della Commissione c, <Iellr autorità nazionali
nell'utilizio del Fondo;
h ) i l raggio di azione del FESK sotto
il protilo clelle suc. disponibilità finanziarie
c delle aree L. settori di intervento e. le
modalità clel s ~ i olunzionamrrito;
I . ) i problenli dell'inl'ormazione sull'attività del FESR c sulle decisioni comunitarie
chc lo riguardano;
11) i l coordinamento - sul piano della
Comunità curopca e sul piano nazionale tra politica regionale e altre politiche comuni c tra interventi del FESR e quelli
degli altri strumenti europei aventi incidenza regionale (Feoga, Fondo sociale, finanziamenti CECA, BEI);
e) il ruolo delle autorità regionali e locali nella politica regionale comunitaria e,
in particolare, nell'utilizzo del FESK.
I l rapporto preparato sullo stcsso tema da un Gruppo
di studio del Federal T i ~ i s t lor Education and Reseavrh e pubblicato i 1.ond1.a nel 1972.
Vediamo, in modo assai schematico e senza citare nrcessariamente tutte le risposte
al questionario, quali sono state le prese
di posizione su questi vari problemi, tenendo presente che le risposte risentono della
notevole differenza di situazione econoinicosociale all'interno dei singoli Paesi e quindi
di un diverso grado di interesse per gli interventi del FESR.
a ) Per quanto riguarda i rapporti tra gli
interventi del FESR e l'azione regionale degli Stati membri, l'accento delle risposte è
stato posto prevalentemente sul problema
della CC complementarietà » del Fondo e della
effettiva ripartizione dei ruoli tra la Commissione e le autorità nazionali. Sono noti
i problemi che sono emersi nell'attuazione
di questo criterio: la Commissione ha sempre considerato come un impegno politico
preso dagli Slati membri la dichiarazione
ligurante nel preambolo del regolamento istitutivo del Fondo (Reg. CEE n. 724175 del
Consiglio) in base alla quale « i l Fondo non
deve indurre gli Stati membri a ridurre i
propri sforzi in materia di sviluppo regionale. ma deve essere complementare a quelli ». 1.n Commissione ha anche precisato che
il compito del Fondo non consiste necessariamente nel lornire un aiuto integrativo a
ciascun investimento lasciando invariato il
numero totale dei nuovi progetti di investimento tinanziati. bensì nell'aumentare il numero totale di questi investimenti: il principio generale della addizionabilità previsto
nel prearnbolo viene quindi considerato molto piu importante della possibilità di cumulo prevista nell'art. 4 per il singolo investimento. Da alcune risposte al questionario
(quella britannica e francese ad esempio)
emerge la preoccupazione che gli aiuti del
Fondo vadano a progetti già approvati, senLa provocare progetti addizionali, e che il
Fondo venga considerato un rimborso piuttosto che L I ~ I concorso aggiuntivo.
Dalle risposte nel loro complesso si ricava
l'impressione - parliamo deliberatamente
di impressione perché, come tra poco vedremo. l'informazione sulle operazioni del Fondo e sui progetti tinanziati t , nell'ambito
nazionale, assolutamente insoddisfacente che gli interventi del Fondo rispondano prevalentemente a preoccupazioni e ad esigenze nazionali più che ad un disegno globale
di priorità comunitarie. Non vi è dubbio che
la politica regionale europea è un'azione comune della Comunità e degli Stati membri,
ma ogni sforzo deve essere fatto affinché
questi ultimi non rappresentino dei domini
riservati ma armonizzino le loro decisioni
con pli orientamenti comunitari volti a dare
priorità, nell'utiliizo del Fondo, a certi settori economici o :i certe aree.
h ) Sul campo d'azione del FESR, sulle sue
disponibilità finanziarie, sui settori interessati e sulle aree di intervento, tutte le risposte hanno sottolineato l'inadeguatezza delle risorse di cui esso t dotato in rapporto
alla gravità degli squilibri esistenti e, con
riferimento alla crisi in corso, all'erosione
progressiva del suo valore reale a seguito
dell'inllazione. Alc~inerisposte hanno lamentato una eccessiva dispersione territoriale degli aiuti iad esempio in Francia): in Italia il
governo ha invec.e stabilito che il FESR possa intervenire solo nelle regioni comprese
nell'area di competenza della Cassa del Mezzogiorno, ente pubblico creato per lo sviluppo di questa area meno sviluppata del paese. La risposta britannica auspica che in
Ico~iririiia a pag. 131
-
novembre 1976
COMUNI D'EUROPA
8
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struttiire anirninistrative e sviluppo regionale
nei Paesi della Comunità europea (*I
I
forma del governo locale e Furono introdotte sovvenzioni generali del governo centrale.
Oggi le autorità locali e le contee ricevono
sovvenzioni secondo oggettivi criteri di newssità di spesa », vale a dire che « I'ammont j r e delle spese necessarie » di un ente locacompiti tra governo centrale e autorità lole
o di una contca è considerato come un
cali e contee sono state fissate per statuto,
indice importante della relativa incidenza
mia non esiste nessuna delimitazione statuiaria dei problemi che devono essere trat- delle esigenze individuali sui bilanci delle autorità locali moltiplicate per la percentuale
tati rispettivamente a livello regionale o locale. Di regola i servizi pubblici e le infra- di popolazione nazionale dell'ente locale,. in
un'età rispondente alle esigenze in questrutture sono di competenza locale e devostione. Così il numero di persone nel
no essere trattati a livello regionale o locale
mentre la politica industriale, I'amministra- gruppo di età da O a 6 anni (che abbisogna
di istituti per bambini) determina un carizione della giustizia e della difesa e la polico del 5 per cento sull'ammontai-e dellc spetica estera sono di competenza del governo
centrale. I limiti del governo locale sono se necessarie delle autorità locali, i l numero di persone da 7 a 16 anni (che necessita
lissati per legge. Si può ricordare a questo
di
istruzione primaria) determina un carico
proposito la facoltà delle autorità locali di
clel 6 per cento nel bilancio delle autorità
imporre tasse.
locali, il numero di abitanti sotto o sopra
i 50 anni il 24 e il 36°%)rispettivamente (magRiforma della ripartizione delle funzioni
giore o minore necessità di cure ospedaLa riorganizzazione i11 vigore dal 1" apri- liere).
Nella zona di Copenhagen viene applicato
le 1970 delle circoscrizioni amministrative regionali e locali tali da avere come risultato uno schenia perequativo speciale.
Inoltre, le auiorità locali ricevono sovvenunità più ampie e indipendenti fornì la base
per una più estesa attribuzione dei compiti, zioni per percquorc le tasse calcolate sulla
base delle disparità tra i l reddito medio
che lino a quel momento erano stati gestiti
sottoposto
ad iniposte nella regione intea livello centrale o sotlo stretto controllo
del potere centrale, alle autorità locali e ressata piìi i l 20"'n del valore del terreno,
e la media nazionale.
alle contee.
Gli enti locali e regionali possono impieLa distribuzione delle funzioni tra i due
livelli locali t. stata realizzata in mo- gare le sovvenzioni a loro discrezione.
In origine, le sovvenzioni erano fissate in
do tale che compiti che possono essere
modo
da compensare le perdite delle autoadempiuti a livello locale sono stati trasmessi ad autorità locali mentre compiti che in- rità locali e regionali, rispettivamente, come conseguenza dell'abolizione del sistema
teressano una ampia superficie geografica
di
rimborsi. L'attribuzione di nuove funzioni
sono stati trasferiti ai consigli di contea. I
ai poteri locali e alle contee è stato inizialproblemi della pianificazione regionale - sia
la pianificazione settoriale che l'assetto ge- mente bilanciato da un pari aumento delle
nerale del territorio - sono anch'essi di sovvenzioni. Le sovvenzioni sono state concesse in rapporto al prodotto interno lordo.
competenza cli tali consigli.
Le autorità annettono oggi grande imporRiforma del bilancio e della contabilità
tanza alla preparazione di orientamenti e di
direttive che riguardano la pianificazione loL'alto livello di autonomia raggiunto dai
cale e regionale mentre i progetti preparali
consigli di contea e locali per quanto riguardalle autorità locali e regionali (per i vari
da le domande di sovvenzioni e i l peso cresettori amministrativi) devono essere appro- scente delle autorità locali e delle contee nel
vati dal potere centrale e diventano poi ob- settore dell'utilizzo pubblico delle risorse,
bligatori per le autorità locali; con I'appro- ha indotto i l governo centrale a chiedere un
vazione del potere centrale si ottiene un
alto grado di uniformità per quanto riguarquadro generale del conlplessivo sviluppo da la stesura del bilancio dei governi locali
del paese.
e la contabilità al fine di ottenere un quadro
generale delle spese del settore del governo
Rapporti finanziari tra governo centrale, en- locale. Per agevolare la gestione finanziaria
delle autorità locali e la politica economica
ti locali e contee
del governo centrale saranno introdotti biUna caratteristica fondamentale del go- lanci che coprano un periodo di diversi anni
vcrno locale sia a livello regionale che lo- a partire dal 1' gennaio 1977.
cale è sempre stato il diritto di imporre
Bilancio e contabilità saranno redatti sultasse. Secondo la riforina del governo lo- la base di schemi-tipo della contabilità cocale del I" aprile 1970, le autorità locali e Ic mune ad autorità locali e contee che percontee sono autorizzate a imporre tasse sui
mettano una articolata specificazione delle
redditi e tasw 5ugli immobili.
spese per i progetti di sviluppo e la natura
delle spese.
Riforma delia distribuzione degli oneri
Investimenti del governo locale
In un primo tempo, i l governo centrale
In aggiunta alla politica economica prerimborsava la spesa in alcuni settori specitici interamente o in parte dove era auspi- disposta dal governo centrale sono stati fiscabile che le autorità locali o le contec rea- sati negli ultimi anni dei limiti ai prestiti
ed agli investimenti destinati agli enti locali
lizzassero o rafforzassero certe misure.
Ouesto sistema I L I semplificato con la ri- e alle conter.
Danimarca
(<
Lo 1egi.slozioi~e ì. rappresentata clal Parlamento danese, i l Folkeiirig ( e la Resina). Il
Folkeiirrg ì. un'asscmblea unicamerale in carica per un periodo di 4 anni ed eletto attraverso elezioni generali. L'appartenenza al
Folketing non esclude lo possibilità che la
stessa persona sia niembro di un'associazione di enti locali o regionali nello stesso
tempo.
Il polere e.\~.cc~lii~o
C rappresentato dalla
Regina che esercita tale potere attraverso i
ministri. Il Go\,ei.no e i singoli ministri nei
rispettivi settori aono i.esponsabili dell'azionc degli orpaiii 9ovcrnativi. I siiigoli ministri
sono anche la piìi alta riutoi.ità amministrativa nel proprio sctiorc. I ministri possono
essere - e iiormalmeiiie lo aorio - membri
del Folkeiii~q. I ministi-i che non aono membri del Folketiiig hanno facoltà tli parlare nel
Folkeiri~g - i l che i. necessario al liiie di
mantenere la responsabilità politico - ma
non hanno diritto di voto.
La Costituzione prevede i l diritto delle autorità locali di prendere decisioni sulle questioni interne sotto la supcrvisionc~del Governo, ma noli contiene disposizioni dettagliate sull'organizzazione dell'amministi-azione dcl governo locale.
Decentramento
Dal I " aprile 1970 la struttura amministrativa del paese è stata suclclivisa a livello regionale e locale. In tal inotto i l paese (superticie totale 13.000 chilomclri quadrati) è
diviso in 14 contce e 273 s~iddivisionilocali.
Questa divisione non comprende le autorità
locali di Copenhagen e Fredei-iksberg che
hanno uno statuto speciale. A parte Copenhagen e Fredei-iksberg tutte le autorità locali Fanno parte di una contea.
Lo scopo della nuova divisione regionale
era la creazione di contee coli 200.000 o
250.000 abitanti. I i i pratica, il livello della
popolazione delle coiitee sale da circa 180.000
a circa 650.000 pet.sone. in una superticie
che varia da 421 a 6.171 chilometri quadrati. Ogni contea coiiiprende da 11 a 32 enti
locali. Nell'area della Grande Copenhagen
e stato costituito un consiglio speciale. il
Consiglio della Grande Copenha-en. che deve
adempiere a certe funzioni che delineano
settori diversi all'interno di questa area,
come il traliico, la distribuzione dell'acqua,
l'organizzazione ospedaliei-a e la pianilicazione regioiiale. Il Consiglio della Grande Copenhagen comprende le regioni di Copcnhagen, Frederilisborg e Roskilde come anche le autorità locali di Copeiihagen e di
Fi-ederi ks borg.
Problemi del governo locale
Caratteristica del governo locale danese è
che le linee direttrici nella distribuzione dei
(") Continuiamo la pubblicazione delle note
sulle strutture amministrative e lo sviluppo regionale nei Paesi della Comunità, curate dalle
Sezioni niizionali del CCE.
COMUNI D'EUROPA
novembre 1976
Percentuali
Compiti istituzionali del Consiglio di contea
Sul totale delle entrate nazionali nel 1975
pari a 163.030 milioni di corone danesi, il
52,4 per cento è stato riscosso attraverso
tasse e prelievi dallo Stato e dalle autorità
locali. Di questa percentuale il 35 per cento
è andato allo Stato, circa il 13 per cento
alle autorità locali e il 4 per cento alle
autorità regionali.
Econoinia e pianificazione
Il Consiglio di contea
I1 Consiglio di contea t' composto da 13 fino a 31 membri. Il numero dei membri viene deciso nella singola contea. Non vi è
necessariamente una connessione tra il numero dei consiglieri regionali e l'entità della
popolazione nella regione stessa.
I1 Consiglio di contea viene eletto ogni 4
anni con elezioni dirette che si svolgono col
sistema proporzionale nella circoscrizione
elettorale del Consiglio di contea.
In precedenza il presidente del Consiglio
di contea era nominato tra funzionari del
governo; la riforma del governo locale
del 1" aprile 1970, ha stabilito che il presidente deve essere eletto democraticamente.
L'appartenenza al Consiglio di contea è dovere civile ct di conseguenza non viene retribuita ad eccezione del presidente che viene
retribuito come uil impiegato a tempo pieno e dei presidenti delle commissioni permanenti che sono retribuiti come impiegati
a meta tempo.
Altri membri ricevono indennità per partecipare a convegni come corrispettivo del
lucro cessante.
I1 Consiglio di contea ha facoltà di concedere sovvenzioni. La Commissione finanziaria si occupa di problemi finanziari e amministrativi su incarico del Consiglio di contea, compresi problemi retributivi e salariali
del personale. Inoltre, la Commissione è responsabile della preparazione del bilancio
del consiglio di contea e del controllo affinche questo sia rispettato. La Commissione finanziaria è anche una commissione addetta alla pianificazione (soprattutto pianificazione territoriale ed economica).
9
Ospedali
Il Consiglio di contea dovrà:
elaborare un piano per l'adempimento
dei compiti dell'autorità di contea in materia di ospedali;
farsi carico dello sviluppo rispetto al
numero dei letti, dei convalescenziari, delle specialità;
farsi carico del
ospedali esistenti;
coordinamento
degli
curare la collaborazione tra ospedali e
settori ad essi collegati;
sorvegliare gli ospedali nell'ambito del
consiglio di contea.
(;emellaggio ,, Piemonte - worcester
Commissioni
Secondo la legislazione in materia di poteri locali e i regolamenti fissati dal governo
centrale che i-iguardano l'organizzazione dell'amn1inistrazione. il Consiglio di contea si
può suddividere nelle seguenti commissioni
permanenti:
Commissione finanziaria (con il presidente del consiglio come presidente);
Commissione
liera;
per
l'assistenza
ospeda-
Cominissione per il benessere sociale e
la sanità;
Commissione per l'istruzione e la cultura;
Commissione per i problemi tecnici e
ambien tali.
Le Commissioni si occupano dell'amministrazione, gestiscono cnti ed istituti, e sono responsabili della pianificazione nelle
loro rispettive zone di competenza. Le
commissioni operano entro i limiti del bilancio annuale. Le misure che richiedono
spese non previste dal bilancio annuale come pure le misure che possono a lungo
termine implicare conseguenze economiche
per le autorità di contee non pos.sono esserc decise dalle Commissioni, ma devono essere sottoposte attraverso la Commissione
finanziaria all'intero consiglio di contea per
l'approvazione. Inoltre un membro della
Commissione può chiedere che un argomenio particolare sia sottoposto all'inrero con.;iglio di contra.
Szr itlviro del Foreign Office, una delegaziorie del Coizsiglio regionale del Piemotite si è
recata i11 lnghilrerru, dul 20 al 24 settembre, allo scopo di avviare dei contatti permanenti
con la contea di Worcester, clze presenta unulagie, pcr conformazione economica e per diineilsiotie di popolazioi~e, con la nostra Regione.
La delegazione piemontese era composta di rappresentanti della Gizrnra e del Consiglio e ne faceiluno parte Dino Sarilorenzo, presidente del Consiglio regionale e vice presidente dell'A1CCE; Luigi Rivalta, iii rappresentanzu del presidente della Giunta regionale; Mario Michele Martini (DC); Rinaldo Bontempi (PCI); Nino Carazzotli (MSI-DN); Mario Debenedetti ( P S D I ) : Giovalini Ferrero (PCI) e Carlo Felice Rossotto (ULD).
Durante la visita sono stati uffrontari sopratttrtto problemi politici e amministrativi:
in particolare, la delegazione iraliana ha approfoildito a Londra, con i portavoce del purtito
laburista e del partito conservatore, la posizioiie di questi partiti nei confronti del processo di uiiificazione europea, noriclzé .su aspetti della regionalizzazioi~ee della polirica generale. Gli incontri coi1 i rappreseilranti dei due partiti inglesi, ed anclze del partito liberale,
si sono rintiovati a Birmiiighanz e a Worcester, dove sono stati presi in esame soprattutto
si L. concrei problemi dei governi locali. L'approfondimenro del canipo amniit~istratii~o
rizzato maggiormerite negli incontri con il Lord Mayor di Birmingham, con il presidente della coiltea di Worcesrer e con il Minisrero della pianificazione inglese.
Nel corso del viaggio sono state effettirate visite ad alciltie realizzazioni sociali ed S
.stato preso contatto sia con la cornunità di imvligrati italiani di Birmingham, C0i~eritr.v e
Worcester sia, nel corso di una coriferenza stampa a Londra, coi1 i corrispondenti dei giornali locali. A questo viaggio di studio seguirà u n aiialogo viaggio di una deleguzione della conrea di Worcester e della città di Birmingham che si recherunno prossimurnente in Piemonte
per ripetere urla utili.ssima esperienza di incontri diretti coi1 i gruppi polirici ed esponenti
dell'amnzii~istruziorie regionule e locale sui problemi dell'integruziorie europea e della regionalizzazione, oltre che per conoscere le realizzazioi~i particolarmente positive delle arrronomie
loculi in Piemonte.
Nella foto: il presiderite Sanlorenzo cori il Lord Mavor di Birmii~ghanl.
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COMUNI D'EUROPA
novembre 1976
-
Gli ospedali psichiatrici dal 1' aprile '76
devono essere amministrati dalle autorità di
contea invece che dal governo centrale come avveniva prima e devono essere integrati
in futuro con gli ospedali generici.
Benessere sociale e salute
I1 Consiglio di contea dovrà:
preparare un piano di sviluppo per la
azione delle autorità regionali in favore del
benessere sociale e della salute sulla base
dei progetti delle autorità locali minori;
amministrare i pagamenti dell'assistcnza medica e dentistica, per assicurazioni sitlla salute dei drogati, dei nomadi entro i l
raggio d'azione della legge danese per la sicurezza e la salute ~ u b b l i c a .
fornire assistenza (cioè consigli pratici)
ai comitati per il benessere sociale delle
autorità locali minori;
assumersi l'incarico di scegliere e di
ammettere i bambini agli asili nido, ecc.;
sovrintendere alle istituzioni delle autorità locali e delle contee;
svolgere le funzioni di segreteria per un
certo numero di tribunali del governo centrale al livello di contea: tribunali per la
riabilita~ionee le domande di pensione, ecc.
Probloni educativi e culturali
11 Consiglio di contea dovrà:
portare avanti la preparazione di un piano di sviluppo per l'intero sistema educati-
vo della contea (scuole primarie, scuole
giovanili, impiego del tempo libero). I1 progetto deve essere perfezionato in collaborazione con le autorità preposte all'istruzione
primaria. Per quanto riguarda le attività previste per l'istruzione scolastica oltre la scuola primaria (ciot: la scuola secondaria e il
periodo di addestramento professionale), si
aspettano criteri direttivi da parte del Ministero dell'Educazione;
dirigere le scuole zecondarie e i centri
regionali per gli aiuti all'insegnamento;
curare i l coordinamento e le sovrastrutture delle biblioteche pubbliche locali:
sovrintendere alla direzione delle scuole
primarie atIìdata alle autorità locali, gestire
gli aiuti del governo centrale alle attività
educative delle autorità locali minori;
curare l'istruzione scolastica primaria
degli alunni handicappati come pure I'insegnamento negli ospedali;
rilasciare autorizzazioni per la costruzione di edifici non agricoli in aperta campagna;
preparare progetti e rilasciare autorizzazioni per lo sfruttamento delle materie prime della zona;
stabilire obiettivi da raggiungere in materia di qualità dell'acqua dolce e salata nel
territorio della regione, controllare gli impianti per la depurazione delle acque di
scolo e concedere l'approvazione per iniziative particolarmente inquinanti come la costruzione di nuovi edifici e di sistemi di drenaggio;
elaborare progetti per futuri rifornimenti di acqua e fornire permessi per lo sfruttamento dell'acqua (pei-messi per un più limitato uso dell'acqua possono essere concessi dalle autorità locali);
controllare la manutenzione dei corsi di
acqua della contea.
gestire l'amministrazione dei sussidi per
attività teatrali;
adempiere a compiti di coordinamento
tra i musei situati nelle contee.
Problemi tecnici e' ambientali
Il consiglio di contea dovrà:
gestire lo sviluppo e la manutenzione
delle strade di contea (oltre a queste esistono strade statali e comunali);
Legge di riforma della pianificazione del territorio
La legge di pianificazione nazionale e regionale del 1973 e l'atto di pianificazione comunale del 1975 hanno fornito le basi per la
pianificazione generale del territorio e il
coordinamento tra i diversi settori. Lo scopo
della legge di pianificazione nazionale e regionale 2 quello di rendere possibile:
- l'utilizzazione delle risorse naturali e
territoriali del paese da un punto di vista
eminentemente <ociale al hne di promuovere
tra l'altro uno sviluppo equilibrato del paese;
La harzdirra d'Europa
- la determinazione degli usi a cui destinare il territorio in modo da prevenire
l'inquinamento dell'aria, dell'acqua e del territorio e i danni dei rumori i-iocivi, ad esempio separando nel modo piìi eflicace le attività che possoiio danneggiare l'ambiente dalle aree destinate alle abitazioni.
Ve1lrt ri
- i l coordinamento delle misure individuali con l'intera pianificazione economica e
wciale.
L,u picinificuziot~e regiom~le è gestita dal
Consiglio di contea il quale ha innanzitutto
i l compito di informare i poteri locali sulla situazione attuale dei diversi settori e s ~ i i
settori addetti alla pianilicazione a livello
cli governo centrale e di contea. Su questa
base i poteri locali predispongoi-io indicazioni geiicrali del piano regionale nella misura
in cui Ic singole autorità locali sono interessate. Sul la base del le indicazioni generali
predisposte dalle autorità locali i l Consiglio
di contea prepara altre indicazioni generali del contenuto del piano regionale che
vengono sottoposti ad un dibattito pubblico
in base al quale viene perfezionato i l piano regionale finale e adottato dal Consiglio
di contea. Dopo l'adozione del piano' deve
passare una seconda fase di valutazione du11 30 ottobre scorso si e svolta u Velletri 10 rnanifestaziot?e della Consegria del Drapeail d'honrrelrr x alla cittadina laziale in ricot?o.sci>~iento
delle iniziative che da m o l t i anni rante il quale le proposte fatte - con le
condirce i t ~favore della costruzione sovra~iaziot?aledell'Eilropa (iniziative fra le quali spic- possibili variazioni - devono essere adotcano qilelle prese nel qiludro del geinellaggio che lega Velletri c o altre
~
citrii della Cotnir- tate ancora dal Consiglio di contea ed alla
nitu europea). La bai?dieru è stata consegnata al sindaco Silvio C r e m o l ~ i t i itial vice Presi- fine vengono sottoposte all'approvazione del
dente dell'As.semblea consultiva del Consiglio d'Europa, Frederich Piket, nella salu r~irlr~i- Ministro per l'ambiente. I1 Ministro per
cipale, dove erano coi?vei?ilte numerose rappresentanze delle scirole rii ogni ordirle e grado l'ambiente durante la procedura necessaria
all'approvazione dovrà raccogliere le opinonché cittadini e autoritu locali.
nioni di altre autorità centrali sui piani reNella f o t o : parla il sindaco d i Velletri Cremonini; alla s ~ i a s i t i i ~ t r a il rappresetitante
gionali proposti.
del Consiglio dlEitropa.
((
novembre 1976
Il piano regionale dovrà stabilire criteri
in m a t e r i a di:
- distribuzione della f u t u r a crescita urbana;
- dimensioni e collocazione di centri
direzionali, sistemi d i circolazione stradale
e grandi istituzioni pubbliche;
- localizzazione d i imprese ecc. in rapp o r t o alle quali devono essere f a t t i studi
particolari sulla posizione geografica allo
scopo d i prevenire l'inquinamento;
- destinazione d i alcune a r e e a d indus t r i e agricole e allo s f r u t t a m e n t o di materie
p r i m e del territorio;
- estensione e collocazione di a r e e destinate a residenze estive o a altri scopi ricreativi.
COMUNI D'EUROPA
ll
e m e n d a m e n t i alle leggi e la preparazione delle n o r m e amministrative.
Essi controllano congiuntamente varie istituzioni locali: Kottzinirnedata I / S (il c e n t r o
elettronico delle a u t o r i t à locali e regionali
in Danimarca) c h e adempie alla maggior
p a r t e dei compiti richiesti dai poteri locali
e di contea a d u n c o m p u t e r , il Kommunale
Hojskole (Scuola superiore comunale in Danimarca) che p r e p a r a corsi per funzionari e d
eletti dei poteri locali, i l Koinmunernes Rei~isionsaldeling (dipartimento p e r la i-evisio-
Belgio
'
Per rispondere alle aspirazioni d i u n a
maggiore a u t o n o m i a delle n o s t r e comunità
e delle nostre collettività locali e regionali,
l'ultima revisione della Costituzione h a dovuto incidere sulla stessa « s t r u t t u r a della
società politica stessa n.
Con queste aggiunte, la s t r u t t u r a tradizionale del n o s t r o Paese - con i suoi t r e
livelli: S t a t o , Province e Comuni - è divent a t a più complessa.
Accanto a queste t r e istituzioni esistono
o r a tre cotn~tt~itilculturali: la francese, la
olandese e la tedesca; quattro regioni linguistiche: quella di lingua Francese, quella
d i lingua olandese, quella bilingue d i BruLa legge rli picit7ificazione cotwunule con tie- xelles-capitale e quella di lingua tedesca; e
n e informazioni più dettagliate riguardo al
tre regioni: quella vallone, quella fiammincontenuto e d alle singole p a r t i della pianifi- ga e quella di Bruxelles, c h e non vanno
cazione delle a u t o r i t à locali.
confuse con le precedenti. Non dimentichiam o poi le agglomeiazioni u r b a n e , quella d i
Bruxelles, quella d i Anversa, quella di Liegi,
Coordinamento
quella di Ganci e quella di Charleroi.
La C o s t i t u ~ i o n e ha previsto anche nuovi
A livello regionale il Consiglio regionale ha
organi:
d u e gruppi linguistici (francese e
u n a funzione e s t r e m a m e n t e i m p o r t a n t e com e coordinatore t r a le varie sfere della le- olandese) in s e n o alle Camere legislative;
t r e Consigli Culturali ( u n o per ogni comugislazione.
nità c u l t u r a l e ) ; e , per I'agglomerato di
Bruxelles (regione bilingue) Una CommissioAmministrazione delle contee
n e fi-ancese e d una olandese della Cultura
che, insieme, formano u n a niiova entità: le
11 Presidente del Consiylio di contea è in- Commissioni riunite.
caricato della gestione quotidiana dell'ammiD'altra p a r t e il legislatore ( P a r l a m e n t o ) h a
n i s t r a ~ i o n edella contea. Le a u t o r i t à di con- a v u t o il compito di creare delle vere e protea h a n n o sviluppato u n sistema ammini- prie istituzioni regionali a t t u a n d o l'articolo
strativo per la preparazione delle politiche
107 qrtutcr della Costituzione. Infine, in map e r il Consiglio di contea e p e r i comitati e
teria economica, alcune leggi h a n n o permesper rendere operative le loro decisioni. Il sin- s o di riorganizzare lo sviluppo della nostra
golo Consiglio è libero d i scegliere la sua pro- economia secondo u n a ottica regionale. La
pria s t r u t t u r a amministrativa. Di solito le regionalizzazione in Belgio è quindi fondata
amministrazioni s o n o organizzate parallelas u tre piani: culturale, politico ed econom e n t e con la s t r u t t u r a del Comitato in mo- mico.
d o c h e esiste una amministrazione centrale
La legge del I" agosto 1974 ha c r e a t o delle
aflidata al Cortnty T o w n Clerk e a m m i n i s t r a - istituzioni regionali a titolo « preparatorio
zioni settoriali p e r gli ospedali, il benessere
per l'attuazione dell'articolo 107 qttater delsociale e la salute, l'istruzione e gli affari
la Costituzione. S o n o soltanto organi conculturali e i problemi tecnici e relativi allo
sultivi, sprovvisti d i qualsiasi potei-e deciambiente.
sionale.
Infatti il Parlamento conserva interament
e
il s u o potere normativo e la legge del
Le organizzazioni del governo locale
l" agosto 1974 non deriva a f f a t t o dall'artiL'associazione c h e raggruppa consigli di colo 107 qttuter, perchb quest'ultimo mira socontea è l'Associazione dei Consigli d i con- p r a t t u t t o a ripartire nuove competenze t r a
il potere centrale e le a u t o r i t à regionali.
tea in Danimarca ( A n ~ t r u d s f o r e n i i ~ g e ne ) ,la
La legge del 1" agosto 1974 c h e istituisce
associazione c h e raggruppa le a u t o r i t à locali
di p r i m o grado, t r a n n e Copenhagen e Fre- una regionalizzazione sperimentale, prevede
per ogni regione un Consiglio regionale comderiksberg, è l'Associazione Nazionale delle
Autorità locali in Danimarca (Komn~ttnernes posto di m a n d a t a r i eletti e un Comitato
ministeriale degli AH'ari regionali, c h e ragLundsfore~iing).
g r u p p a , in linea di massima, i Ministri e
Le organizzazioni a d e m p i o n o a vari servizi
Segreiari di S t a t o con competenza regionale
e d altri compiti c o m u n i a i m e m b r i , quali
che fanno p a r t e del Governo nazionale.
negoziati c o n il governo in r a p p o r t o con gli
Attualmente (estate 1976) le a u t o r i t à locali
- in a c c o r d o con la procedura descritta sop r a - s t a n n o p r e p a r a n d o progetti alternativi. Una sola contea, B o r n h o l m , h a com u n q u e concluso il dibattito sulle propos t e alternative e s t a a t t u a l m e n t e lavorando
alla preparazione della proposta tinale per
un piano regionale.
Un piano regionale deve essere p r e p a r a t o
per ciascuna contea, ma nella a r e a della
G r a n d e Copenhagen un piano unico d i sviluppo regionale si s t a p r e p a r a n d o d a p a r t e
del Consiglio della G r a n d e Copenhagen.
n e dei conti del governo locale) che p r e p a r a
la revisione legale dei conti p e r la maggior
p a r t e delle a u t o r i t à locali il Kottzmidnernes
Gensidige Forsikrings.selskalb (Compagnia d i
assicurazione del governo locale) c h e h a com e clienti la maggior p a r t e delle a u t o r i t à
locali.
Le organizzazioni tutelano a n c h e gli interessi dei consigli d i contea e locali nella loro
veste d i datori d i lavoro e i c o n t r a t t i di
lavoro in m a t e r i a di paghe e condizioni d i
lavoro s o n o negoziati dalle organizzazioni.
Nota: per avere un'idea sintetica di questi problemi di regionalizzazione in Belgio
si vedano gli eccellei~ti articoli di CLAUDE
PHFCDHOMME,
P a n o r a m a del Belgio regionalizzato, apparsi nel bollettino del Credito Comunale Belga n. 116 e 117.
M AohrAhAmo
d'Italia
Rivista delllUnione Nazionale
Comuni ed Enti Montani
Roma
-
Viale del Castro Pretorio, 116
Direttore i-esp.: Giuseppe Piazzoni
dal sommario
ATTUALITA'
dell,,-,NCEM per la ricostruzione delle
zone tcrreinotate del Friuli-Vcnezia ~
i
~
Solidarietà delle Comunità niontane per il Friuli
Fabio Fabbri: Dall'intcsa prosrarnmatica di Firenze ad un'azione olit tira unitaria oer la rinascita dei territori irioniani
Rozza di legge rcgionalc predisposta dall'UNCEM
per l'attuazione della Direttiva comunitaria
268,1975 CEE per I'agricoltura d i n,ontaena
delle zone s\,antaog-iate
di cui a l l a- I - r, c > ~10 ~ ~
maggio 1976, n. 352
Giuseppe Piazzo~~i:
Le lepgi regionali dclla Lombardia c dell'Emilia sull'attuazione delle Direttive CEE pcr l'agricoltura
Angelo Pasquini: Usi civici - dal goclirnento singolo e personale all'impresa niodcrna
Promulgata in Lombardia la legge che regola i
rapporti tra le Comunità monlane e Consorzi
RliM
Nuove leggi sulle Comunità montane in Rasilicata
-
PROBLEMI EUROPEI
Attività della Confrrenia europea per la montagna
Riunito il gruppo di lavoro a cconomia Eorestale » dclla CEA
Abbonamenti a:
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I1 Montanaro M
Viale del Castro Pretorio, 116
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00185 Roma
~
Verso
novembre 1976
COMUNI D'EUROPA
12
diritto
voto comunale
dei cittadini europei
di Mario Sica
L'AICCE si occirpa da tempo dei problemi
dei lavoratori migranti e Comuni d'Europa
ha più volte riservato le sue colonne ad articoli e saggi su questo tema la cidi rilevanza, non solo sociale ma politica, è evidente.
Fra i ~ittlnerosiproblemi posti dall'i~geirte
flttsso migratorio verso i Paesi membri della
Comco~itueitropea econoniicatnet-ite piic /orti, la nostra Associazione ha rii~oltosempre
ttna particolare attenzione a qitello della partecipaziotie rieqli imriligrati alla vita della
comitnitù che li accoglie, nei cuoi aspetti
.tociali, czrlt~truli e politici.
Il riconoscimento iiei diritti elettorctli, attivi e passivi, a livello locale a questi immigrati, in presenza di determinate condizioni
(ad esempio dopo ttna certa durata di pernzarienza nello stesso Comune), rimane uno
degli obiettivi fondamerztali per i quali il
Consiglio dei Comurii d'Europa e più in particolare I'AICCE, corne Sezione di io1 Paese
di larga emigrazione, .si batte da tempo con
~rt-ict coerente azione a livello dellu Comunitu, dei governi nazionctli e degli enti territoriali. Per qttesto motivo pubblichiamo volentieri l'articolo di Mario Sica, ilella Direzione per l'emigraziorze del Ministero Affari
Esteri, s ~ t ldiritto di voto dei cittadi~iieltropei nell'ambito comunale.
La possibilità per i cittadini della Comunitù europea residenti in u n Paese diverso
ilu qrtello proprio di origine, di poter godere
di diritti elettorali costitriisce del resto uno
dei prohlet7ii che le prossime elezioni dirette del Parlamer-ito eitropeo pongono in modo pressante: qiresto tema è diverso da qtcello ullrontato ~~ell'articolo
che ora pubblichiamo, ma entrunibi sono espressione di nrtove esigenze r di u n modo nuovo di concepire la cittadinanza e i diritti che ne coi-isegirono all'interno di un'area in via di integrazione qual'è qrtella ilella CEE.
*
t;
Con ogni probabilità, i prossimi anni vedranno la realizzazione graduale, ma inevitabile, dell'allargamento della partecipazione
politica dei cittadini della Comunità Euiopea residenti in un Paese diverso da quello
proprio di origine. La prima tappa verrà
attuata a livello della struttura politico-amministrativa di base, la più omogenea e comparabile nei nove Paesi: il comune. Un gruppo di esperti sta infatti lavorando a Bruxelles sul diritto di voto comunale, principio
verso cui ormai si orienta (come diritto
speciale del cittadino comunitario ») la maggioranza dei Paesi della CEE.
Attribuire a un italiano residente a Charleroi o ad un francese residente a Torino
il diritto di votare per il rinnovo dell'amministrazione comunale della città in cui risiede solleva, naturalmente, problemi di carattere pratico, relativi alla tenuta delle liste
elettorali, all'armonizzazione dei motivi di
perdita del diritto elettorale ecc.; e comporta inoltre - in cinque dei nove Paesi - una
modifica della Costituzione. Ma al di sopra
e al di là di questi aspetti tecnico-pratici o
tecnico-giuridici, ciò che occorre sottolineare è la portata politica del passo. Tutte le
legislazioni nazionali, e più ancora le men((
talità e il costume politico, sono fino ad oggi basati sulla dicotomia cittadino/straniero.
Ai cittadini sono concessi lo jcts civitatis e
lo jtts activae cii~itatis,allo straniero no. I
cittadini possono far politica, anzi nei Paesi
democratici vengono in vari modi sollecitati a farla: lo straniero, se fa politica, viene
diffidato, nei casi più gravi espulso. Attualmente, t: solo per il tramite dell'attività sindacale - e anche qui, con molta cautela che uno straniero comunitario può avvicinarsi a forme che, in senso lato, sono di
partecipazione politica.
Il diritto di voto, con i suoi presupposti
necessari sul piano delle libertà fondamentali - libertà di partecipare ad una campagna elettorale, d'informarsi, di far propaganda ecc. - costituisce quindi qualcosa
di più di una misura di allargamento del
suffragio: t: una intera nuova dimensione
che acquisteranno centinaia di migliaia di
uomini e donne che finora il Paese in cui
lavoravano e al cui sviluppo contribuivano
considerava soggetti di diritto esclusivamente nell'ambito economico-sociale.
La proposta del diritto di voto comunale
nel quadro CEE (la ciii origine risale alla
proposta Andreotti per una « cittadinanza
europea » al Vertice di Parigi del 1972) si
inserisce in una linea di tendenza del nostro tempo, volta ad allargare la partecipazione dei lavoratori migranti alla vita e alle
scelte politiche delle comunità locali in cui
vivono.
All'avanguardia di tale movimento sono i
Paesi nordici, e in particolare la Svezia, dove il 19 settembre scorso per la prima volta
i lavoratori migranti residenti da più di tre
anni hanno potuto recarsi alle urne per
eleggere i consigli comunali, le amministrazioni provinciali e - quelli tra di loro che
appartengono alla Chiesa luterana di Stato
- i consigli parrocchiali. Gli altri Paesi nordici si sono già accordati per iniziative simili, compresa la Danimarca che fa parte
della CEE. L'Assemblea Consultiva del Consiglio d'Europa, che già nel 1973 aveva approvato una raccomandazione che prevede,
tra i principi volti a facilitare l'integrazione
dei migranti, l'attribuzione del diritto di voto attivo e passivo dopo 5 anni di residenza,
sta attualmente lavorando su un nuovo e
più esplicito progetto di raccomandazione in
tal senso. La proposta di permettere ai lavoratori migranti al più tardi nel 1980, la
piena partecipazione alle elezioni locali, figura anche nel K Programma di azione a favore dei lavoratori migranti e delle loro
famiglie n, presentato dalla Commissione della CEE il 18 dicembre 1974 (ma il Consiglio
non l'ha finora fatta propria).
N6 va dimenticata l'instancabile azione di
orientamento e di stimolo svolta dalle organizzazioni non governative (come dice il
rapporto Tindemans proprio in apertura del
Cap. IV sull'Europa dei cittadini, K la costruzione europea è cosa diversa da una
forma di collaborazione tra Stati n). La Federazione Italiana Lavoratori Emigrati e Famiglie ha sottoposto fin dal 1973 con petizione al Parlamento Europeo un progetto
di Statuto del lavoratore migrante che con-
tiene, tra l'altro, il diritto di voto attivo e
passivo nelle elezioni amministrative. E a la
necessità di instaurare una vera partecipazione degli immigrati all'elaborazione delle
politiche che li concernono a livello comunale, che deve concretizzarsi al più presto
con la concessione etl'ettiva di una capacità
elettorale a livello locale, senza discriminaì: stata atfermata alla
zione di nazionalità
conferenza di Noordwijkerhout (Olanda) del
Consiglio dei Comuni d'Europa nell'ottobre 1973.
La tendenza all'integrazione socio-politica
del migrante C così marcata che persino un
Paese come la Svizzera non vi si t sottratto.
Il diritto di voto comunale del migrante
esiste da oltre 100 anni nel cantone di Neuchatel, ed è allo studio come emendamento
costituzionale nel Cantone di Argovia e come proposta costituzionale per il nuovo cantone del Giura; e la delegazione svizzera ha
votato insieme con quella italiana alla 11"
sessione della Confcrenza europea dei Poteri
regionali e locali (Strasburgo, 26-28 aprile
1976), in favore di una risoluzione - poi
approvata - che invita a studiare I'attribuzione al lavoratore migrante del diritto di
voto e di eleggibilità.
Tutte queste iniziative hanno elementi di
affinità con quella della CEE per il diritto di
voto comunale, in quanto costituiscono allargamento del suffragio in favore di cittadini
stranieri. Tuttavia l'originalità dell'iniziativa comunitaria risiede nel fatto che i suoi
destinatari sono i cittadini della Comunità,
ossia di quei Paesi che hanno scelto, con
una irreversibile opzione politica, di mettere in comune, nell'ambito della Comunità,
i propri destini.
L'anno di svolta del 1980 vedrà quindi questo diritto realizzato in molti dei Nove, sperabilmente in una maggioranza tra di essi.
Già alcune iniziative unilaterali precorrono
i tempi. In Irlanda gli stranieri (per il vero
poco numerosi) sono già ammessi al voto
comunale. Della Danimarca si è già detto.
Proposte di modifica della costituzione per
togliere l'impedimento costituzionale sono
all'esame del Parlamento in Italia e nei Paesi Bassi (va rilevato che la proposta italiana, del senatore socialista Minnocci, costituirebbe la prima menzione costituzionale
della Comunità Europea in quanto tale).
Ma gli ostacoli e le limitazioni non vanno
dissimulati. Almeno in un primo tempo, i
comunitari potranno votare, ma non essere
eletti: la restrizione, illogica in regime democratico, t: dovuta anche a certe funzioni
pubbliche dei sindaci, che non si vogliono
conferire a stranieri (in molti Paesi il sindaco è anche ufficiale di Governo P, in altri concorre in certi casi all'elezione del Senato). Vi sono poi, anche per il solo diritto
di voto, difficoltà di mentalità, di opinione
pubblica, di situazioni politiche locali. Mentre da un lato, i comunitari sono in Italia
una quantità irrilevante, gli italiani sono,
per fare qualche esempio, il 199.0 a Charleroi, il 160,o a Esch-sur-Alzettc, i l 12% a Liegi, 1'110/0 a Mons e a Bedford, il 10°/o a Lussemburgo e a Grenoble.
Anche ammettendo che tali percentuali diminuiscano a seguito della fissazione di un
requisito di residenza (poniamo di 5 anni),
si tratta di aliquote rilevanti di elettori che
nelle situazioni di maggioranze risicate in
cui versano molte amministrazioni comunali
in Europa possono essere sufficienti a mutare i rapporti di forza, e magari a provo)),
novembre 1976
care u n cambiamento di amministrazione
comunale, in qualche centro importante.
Ma in democrazia t: abbastanza naturale
che ogni allargamento del suffragio provochi modificazioni degli equilibri di potere.
Così è.stato nel passaggio dal suffragio limitato per censo o livello di istruzione al
suffragio universale; e, successivamente, nell'estensione del voto alle donne; e infine, ai
nostri giorni, nell'abbassamento dell'età di
voto a 18 anni. Ogni volta, dopo le prime
oscillazioni, si L: trovato un nuovo equilibrio ad un livello più alto di partecipazione
e quindi di democrazia e, in ultima analisi,
di dignità uniana.
COMUNI D'EUROPA
Questo attendono, in sostanza, i nostri cittadini nella Comunità Europea. Non già un
invito a trasferire nei Paesi di accoglimento
le loro querelles politiche di origine, ma
piuttosto un invito a farsi carico, assieme
al resto delle comunità in cui vivono, dei problemi della comunità medesima, ed a cercarne insieme e democraticamente le soluzioni. E' in questo essenziale riconoscimento
della loro nuova dimensione di cittadini
europei ancorato sia alla dignità del lavoratore e ai suoi irrinunciabili diritti che alla
opzione politica presa dai Nove, che la costruzione europea vedrà compiersi un nuovo, rilevante salto di qualità.
J,'avvenire della politica rmegionale della
futuro sia possibile adottare criteri piì~flessibili nella selezione dei progetti, soprattutto per quanto riguarda le infrastrutture e i
servizi. Traspare in proposito l'esigenza di
una interpretazione più ampia ed elastica dei
settori di intervento del Fondo che dovrebbe riguardare, in tempi più lunghi, le infrastrutture più propriamente sociali, culturali
c sanitarie in quanto esse, contribuendo al
miglioramento del tenore di vita nelle aree
depresse, aumenterebbero la possibilità della localizzazione in esse di iniziative industriali. Gli enti territoriali britannici, inoltre, hanno fatto uno specilico riferimento
alla particolare situazione dell'economia del
loro paese che richiede soprattutto la sostituzione della tradizionale industria con industrie basate su una moderna tecnologia:
essi vedrebbero quindi con favore inclusi
negli obiettivi del Fondo, nella sua seconda
fase di applicazione, anche progetti tendenti a far fronte alla obsolescenza industriale.
Anche gli enti locali danesi preferirebbero
più specifiche indicazioni per quanto riguarda gli interventi del Fondo nelle infrastrutture. I1 settore delle infrastrutture appare
di prevalente e diretta importanza per gli
enti regionali e locali e ciò spiega il loro interesse per una chiara definizione del concetto di infrastruttura suscettibile di finanziamento del FESR.
C ) Molto estese le risposte concernenti i
problemi dell'informazione sull'attività del
Fondo, sui progetti finanziati, sulle decisioni comunitarie. E' stato notato che la
Commissione non ha ancora dato esecuzione - almeno alla data delle risposte all'art. 14 n. 2 del Regolamento (CEE) numero 724175 che istituisce il Fondo; in base
ad esso l'elenco dei progetti che hanno beneficiato del contributo del Fondo stesso dovrebbe essere pubblicato ogni sei mesi nella
Gazzetta Ufficialedelle Comunità europee (").
E' stato lamentato che nei Paesi membri,
le autorità nazionali non prendano le iniziative necessarie per far conoscere all'opinione pubblica le potenzialità e i concreti interventi del Fondo. Le notizie sulle operazioni del Fondo provengono quasi esclusivamente dai comunicati-stampa degli Uffici nazionali della Commissione comunitaria, ripresi poi dalla stampa d'opinione e dalla
stampa specializzata. Rara è la possibilità di
conoscere in dettaglio le caratteristiche dei
('1
Menirc qucbta r c l a ~ i o n e teniva data alle atarripz
c \lata pubbliciitn la G'<i::.<:lra ll/ficiulr i11 qucstionc col
11iirni.i-o (' 267. tlel I ? ii<>verrihrr 1476 (11.d.r.).
CEE
progetti finanziati, specialmente per quelli
riguardanti le industrie e i servizi. La risposta inglese sottolinea una generale carenza
di informazioni anche circa gli altri fondi
comunitari: le Associazioni dei vari enti locali in Gran Bretagna stanno tentando perciò, attraverso l ' « European Joint Group »
(un organismo ad alto livello costituito prima dell'ingresso della Gran Bretagna nella
Comunità europea e rilanciato recentemente
con lo scopo di garantire una consulenza sulle politiche comunitarie che interessano gli
enti locali) di arrivare ad una più stretta
collaborazione tra governo centrale ed enti
locali nel settore dell'informazione, sia mantenendo contatti diretti con gli Uffici governativi sia utilizzando fonti proprie di informazione.
L'Uficio della Comunità europea a Londra
ha preparato, nel marzo 1975, un opuscolo
dal titolo « Notizie sui Fondi comunitari una breve guida per enti locali, sindacati,
industria e agricoltura », mentre I'Uficio di
Roma ha predisposto una serie di schede
monografiche (nella serie « CE Informazioni D).
La Sezione italiana del Consig.lio dei Comuni d'Europa (AICCE) già nel 1968 pubblicò
un opuscolo, destinato appunto agli enti locali, sul primo Fondo sociale europeo; nel
1072 la stessa Associazione ha provveduto alla pubblicazione di un libro: « La Regione
italiana nella Comunità europea D, nel quale
era inclusa una vasta panoramica informativa sui diversi strumenti finanziari di intervento della Comunità aventi incidenza regionale. Due appositi inserti sono stati inclusi nella rivista mensile dell1A1CCE (12 mila
copie), uno sul Feoga e uno sul Fondo europeo di sviluppo regionale.
Gli enti locali danesi auspicano che la
Comunità europea prepari una guida sui vari
tipi di azioni e di aiuti che sono possibili in
sede comunitaria.
Più in generale si chiede alla Commissione comunitaria di svolgere un'adeguata pressione sulle amministrazioni nazionali perché
le informazioni siano più ampie, più dettagliate e tempestive.
d ) I1 coordinamento tra gli interventi del
FESR e quelli degli altri strumenti comunitari non sembra sufficientemente garantito
all'interno degli Stati membri. Non vi sono
soddisfacenti collegame~iti tra amministrazioni ed organismi nazionali che si occupano dei diversi Fondi, così che riesce d i f f i cile far convergere i vari interventi verso
obiettivi comuni.
Il problema del coordinamento è. del resto,
strettamente legato a quello dell'informazione dato che il primo presuppone una esatta
conoscenza delle iniziative e dei progetti provenienti da vari organismi pubblici e privati: mancando questa conoscenza in tempo
utile, cade anche la possibilità del coordinamento.
Altre risposte al questionario sottolineano
invece con soddisfazione l'iniziativa presa
dalla Commissione comunitaria di istituire,
nel proprio seno, u n gruppo interservizi,
proprio per verificare in modo sistematico
- a livello europeo - i rapporti e la coerenza tra i vari interventi della Comunità
nella stessa regione.
e ) I1 questionario poneva poi il problema
del ruolo delle autorità regionali e locali nella politica regionale comunitaria e, piì~ in
particolare, nei riguardi dell'utilizzo del
FESR. Anche a tale proposito, la situazione
emersa dalle risposte è deludente.
Normalmente dette autorità regionali e locali non vengono direttamente interessate,
né consultate, né chiamate a partecipare in
modo organico all'utilizzazione del Fondo. La
risposta britannica fa riferimento ad un collegamento fra alcuni ministeri da u n lato
e i Cotlnty Councils (in Inghilterra e nel
Galles) e i Regional Coi~ncils(in Scozia), organi competenti per la pianificazione, per
quanto riguarda i progetti del governo centrale nelle rispettive aree, ma precisa che
essi non sono sottoposti ad u n controllo formale da parte di detti poteri. Essi, inoltre,
prendono conoscenza dei progetti delle imprese nazionalizzate in occasione dei controlli che essi esercitano.
La mancanza di adeguate informazioni incide negativamente sulla partecipazione degli enti regionali e locali perché non vi può
essere partecipazione senza adeguata conoscenza dei problemi che si devono afl'rontare.
In Italia, fino ad oggi, i progetti finanziati
dal FESR sono solo quelli già 'esistenti
presso la Cassa del Mezzogiorno, già citata.
Allo stato attuale, quindi, la Regione non è
consultata al momento della redazione di
uno specifico progetto della Cassa e non è
informata dell'inoltro della domanda, se non
lo richiede. Fino a questo momento è in
vigore la legge 26 novembre 1975, n. 748 con
la quale, in attesa di una disciplina organica,
sul piano nazionale, per l'attuazione del regolamento istitutivo del Fondo si stabiliva la
competenza del Ministro per il Mezzogiorno per tutti gli adempimenti relativi alla presentazione delle domande per il FESR, sentite le Regioni interessate, e veniva attribuito
alla Cassa per il Mezzogiorno il compito dell'istruttoria delle domande. Nella stessa legge veniva anche indicata la procedura per
garantire il carattere addizionale del FESR
mediante la creazione di un apposito capitolo nel bilancio di previsione delle entrate
statali per l'iscrizione delle somme assegnate dalla Comunità europea allo Stato italiano e il contestuale trasferimento di tali Fondi alla Cassa del Mezzogiorno e, tramite
essa, agli altri soggetti beneficiari. In altre
parole, col sistema oggi in vigore ( e che non
risponde alle attese delle Regioni italiane),
la Cassa del Mezzogiorno, mediante l'utilizzazione dei mezzi finanziari resi disponibili
dai rimborsi del Fondo può realizzare u n
programma aggiuntivo di investimenti al
quale potrebbero partecipare le Regioni qualora avessero propri progetti. V a anche ri-
COMUNI D'EUROPA
14
cordato che con la recente legge n. 183 del
1976, che ha riformato la Cassa del Mezzogiorno, è prevista la presenza dei rappresentanti delle Regioni interessate nel suo
Consiglio di amministrazione e in apposito
Comitato chiamato a dare le necessarie indicazioni sui programmi e sul coordinamento tra interventi ordinari e straordinari.
Dalle risposte al questionario risulta, più in
generale, l'importanza che per il futuro ruolo delle regioni e degli altri enti locali nella
politica regionale comunitaria potrà avere
l'applicazione dell'art. 6 n. 1 del Regolamento (CEE) n. 724175 per il quale possono beneficiare del contributo del Fondo solo gli
investimenti che si inseriscono nel quadro
di un programma di sviluppo regionale. Pur
tenendo conto della diversità di situazioni e
di procedure nella preparazione di detti programmi nei vari Stati membri della Comunità, è prevedibile che le autorità regionali
e locali dovranno comunque essere associate
in misura più ampia e diretta all'elaborazione di questi programmi e potranno in tal
modo far sentire in maniera più efficace la
loro voce nelle varie Fasi di utilizzo del Fon-
do. E' interessante ricordare anche il particolare caso della città di Echtemach nel
Granducato di Lussemburgo che ha beneficiato degli interventi del FESR: il Governo
lussemburghese ha chiesto alla Commissione della Comunità europea di provvedere al
versamento dell'importo direttamente all'amministrazione comunale.
Siamo perfettamente consapevoli del carattere assai approssimativo di questa presentazione così schematica e affrettata delle risposte al questionario. Alcune di esse
presentano anche qualche difficoltà di interpretazione, perché collegate con specifiche
situazioni non sufficientemente note per chi
non ne abbia esperienza diretta. Le lacune
o le involontarie inesattezze di questa esposizione potranno tuttavia essere rettificate
nel corso del dibattito.
Verso una società europea più equilibrata:
le responsabilità degli enti regionali e l e
cali
Sui vari problemi schematizzati nel paragrafo precedente i partecipanti alla Conferenza esprimeranno e confronteranno le lo-
al tuo servizio
dove vivie lavori
Cassa
di Risparmio
tutti i servizi di banca per l'Italia e per I'Estero
operazioni di Leasing e di Factoring
Uffici di Rappresentanza a
Francoforte sul Meno, Londra, New York
novembre 1976
ro opinioni, fornendo gli elementi necessari
alle conclusioni operative. Tuttavia il dibattito non potrà limitarsi ad affrontare un
elenco di questioni particolari senza aggregarle attorno ad un progetto concreto di
società, e quindi politico, il solo in grado di
qualificarle e di fornire dila politica regionale
un quadro di riferimento coerente e una
reale possibilità di coordinamento con le
altre politiche ed azioni comunitarie. Si pensi, ad esempio, ai rapporti tra lo sviluppo
di certe regioni della Comunità e la politica
della pesca o la politica mediterranea di quest'ultima (4).
Se parliamo di un progetto concreto di sviluppo della società europea, non lo facciamo
per eludere i problemi reali: non si tratta
quindi di una fuga in avanti. Un progetto
di società è necessario invece per orientare
tutti gli sforzi verso un traguardo comune
che risponda alle attese non solo dei cittadini europei ma anche di altri popoli, specie di quelli che maggiormente soffrono di
situazioni di sottosviluppo: infatti non costruiamo l'Europa unita solo per noi stessi.
Si lamenta che il FESR abbia oggi una
dotazione finanziaria del tutto insufficiente:
ma a che servirebbe aumentarla se mancasse una vera politica regionale, cioè una concezione globale delle linee di sviluppo della
Comunità ed una adeguata programmazione
degli investimenti tanto più necessaria oggi,
dato che essi, per la loro scarsità, tendono
a localizzarsi prevalentemente nelle regioni
più forti? La politica regionale non è - lo
sottolineiamo ancora una volta - una semplice gestione di fondi, anche se cospicua.
Quali possono essere i risultati del rafforzamento delle singole politiche comunitarie
di settore (agricola, sociale ecc.) se esse non
vengono costantemente orientate per contribuire ad uno sviluppo territorialmente più
equilibrato anziché lasciare invariata la si.
tuazione o persino approfondire gli scarti
tra le regioni?
A che serve approvare ambiziosi progetti
nel campo energetico, delle industrie di trasformazione, delle infrastrutture ecc. se non
si adotta il metodo, in maniera permanente
e sistematica, di valutare preventivamente
le incidenze che l'esecuzione di questi programmi ha dal punto di vista territoriale?
(questa procedura ci sembra decisiva per
l'azione della Comunità e degli Stati membri). A quali criteri di priorità si devono
ispirare le azioni comunitarie se esse vogliono modificare realmente la situazione
esistente?
Questa serie di domande non è forse abituale per una relazione, ma è certamente
funzionale allo scopo che essa si prefigge:
quello di stimolare la riflessione e il dibattito e di individuare i veri nodi essenziali
della politica regionale. Sono domande che
la Conferenza deve porsi se si vuole evitare
il rischio che essa si riduca ad un a cahier
de doléance » e ad un'occasione di incontro, sempre utile, ma scarsamente efficace.
Questi interrogativi non sono di carattere
tecnico-finanziario, ma politici, anche se la
loro soluzione ha bisogno, ovviamente, di
contributi di carattere tecnico-finanziario: in-
(4) Si veda il recente documento all'esame della
Commissione della CEE Gli accordi mediterranei e la
politica agricola comune. Analisi e proposte n, contenente frequenti richiami ai problemi di sviluppo regionale.
novembre 1976
fatti la loro risposta presuppone delle precise scelte politiche ed istituzionali.
Se accettiamo la ipotesi che la politica
regionale della Comunità debba tenere conto
di certi obiettivi prioritari, che dalle regioni ricche vanno trasferite adeguate risorse alle regioni povere in modo coerente a
questi obiettivi e che nello stesso senso vanno orientati gli investimenti privati, non possiamo eludere alcune logiche conseguenze:
la necessità di un centro di decisione volitica capace di definire queste priorità e di
farle rispettare; la necessità di un bilancio
comunitario di sufficiente entità, alimentato
da risorse proprie (per renderlo autonomo
dai contributi e quindi dagli interessi particolari degli Stati membri) (5): la necessità di
un meccanismo di formazione di questo bilancio che non sia condizionato dal principio
del C do ut des n e del « giusto ritorno »
(inevitabili nei negoziati intergovernativi,
profondamente diversi dal metodo comunitario).
In sintesi, si può affermare che un'efficace
azione di riequilibrio regionale della Comunità europea dipende d a una risposta precisa
al seguente quesito: vogliamo che la Comunità europea sia semplicemente una delle
tante a organizzazioni internazionali » (nel
significato che questo termine ha nella dottrina politica e giuridica) o che essa divenga
invece un vero e proprio « sistema politico »,
capace di programmare il proprio sviluppo
e di mettere in opera gli strumenti a ci6
necessari sul piano istituzionale, finanziario
e tecnico?
Qualsiasi cittadino considera ovvia la nrcessità - nell'ambito dello Stato al quale
appartiene - di un governo e di un parlamento che, nell'esercizio delle rispettive
competenze, elaborano e attuano le politiche necessarie al superamento degli squilibri regionali interni; egli non nasconderebbe
il suo stuporr se si pretendesse di aRrontare questi problemi con trattative e compromessi tra le varie regioni che compongono
la realtà nazionale, senza una concezione
d'insieme ed organi di decisioni comuni.
Ci domandiamo allora come è possibile
attendersi che la Comunità europea possa
elaborare una efficace e democratica politica regionale, proporzionata alle dimensioni e al significato « europei N degli squilibri
territoriali, in mancanza di analoghe strutture, senza un proprio « governo » cioè un
vero centro di decisione politica (perche tale non è attualmente la Commissione. n6
possono esserlo il Consiglio dei Ministri e
il Consiglio Europeo troppo legati agli interessi - anche legittimi - dei singoli Paesi membri) r senza un Parlamento rappresentativo dei popoli europei capace di partecipare realmente alla funzione legislativa e
ad un incisivo controllo politico e tinanziario dell'Esecutivo.
Deve essere chiaro che nessuno auspica
un'unione europea intesa come una entità
accentrata, monolitica, dispotica sulle realtà nazionali. Gli eletti regionali e locali che
partecipano a questa Conferenza sono i migliori portavoce dell'esigenza di una artico( 5 ) 11 dibattito sul bilancio della Comunità svoltosi
in serio al Parlamento europeo nella sessione di ottol>re
1976 ha Cortemente criticato il suo carattere squilibra
io. insufficiciite e spesso aleatorio. Nel corso di tale
dibattito C stato sotto1 ineato che le spese della Coriiunilà rappresentano (anche se tutti gli aumeriti chieiti
dal Prirlanicnto europeo lolsero iiiolti), scilo I'l,YY. LICI
hilaiicio totale dei nove Psi.si rnernbii.
COMUNI D'EUROPA
lazione pluralistica del potere a diversi livelli e di una società che si ispira al principio - federalista - che a diverse dimensioni dei problemi devono corrispondere livelli diversi di decisione. Anche negli Stati
federali le esigenze degli Stati membri sono
prese in considerazione e tutelate, ma non
dallo stesso organo che deve rappresentare
gli interessi di tutta la Comunità federale. E'
in questa direzione che deve progredire la
evoluziotie costituzionale della Comunità europea. L'incapacità degli Stati membri di affrontare con successo, in modo solidale, la
crisi economica e monetaria attuale è il
frutto anche e soprattutto del rifiuto ad
operare questo salto di qualità sul piano politico ed istituzionale; e le conseguenze si
fanno sentire anche sulla politica regionale
che va considerata una dimensione perma.
nente di tutta la politica economica.
Qualcuno riterrà queste considerazioni interessanti e persino fondate, ma estranee all'ambito di competenza di una Conferenza di
eletti regionali e locali. Se ciò fosse vero, ci
si deve chiedere quale significato abbiano
le ripetute, autorevoli prese di posizione in congressi. conferenze, documenti ufficiali
- assunte in proposito sia dalla Commissione della Comunità (e successivamente fatte
proprie dal Consiglio dei Ministri) sia dal
Parlamento europeo. sia dai Governi degli
Stati membri; in esse si è riconosciuto che
senza la consultazione e la partecipazione
delle popolazioni e delle autorità regionali e
locali che le rappresentano, non è possibile
realizzare una politica regionale e di assetto del territorio pienamente efficace. Ricordiamo. tra le altre, la prima comunicazione
al Consiglio sulla politica regionale (1961), la
Nota sulla politica regionale nella Comunità (1969). il Rapporto sui problemi regionali
nella Comunità allargata (1973), i numerosi
rapporti (Motte, Birkelbach, Bersani, Delmotte) approvati dal P.E., le stesse dichiarazioni fnali delle Conferenze europee dei Ministri responsabili dell'assetto del territorio
(Bonn, settembre 1970), La Grande Motte
(settembre 1973), Bari (ottobre 1976), conferenze create nell'ambito del Consiglio d ' E u
ropa e non della Comunità europea, m a alle
quali partecipano, ovviamente, anche i rappresentanti dei governi dei nove Paesi membri di quest'ultima.
La dottrina ecoizotnica sottolinea sempre
più l'unità sostanziale e I'interdipendenza dei
fenomeni economici (basti pensare agli investimenti, all'inflazionr ecc.) e della finanza
pubblica a livello centrale e periferico; la
dottrina politica metfe in luce con crescente insistenza l'importanza della partecipazione e del consenso per assicurare risultati
positivi e carattere democratico ai processi
di « decision making ». Non si può quindi
ricostituire arbitrariamente un diaframma
- illogico e impossibile - tra problemi di
cui le autorità regionali e locali possono legittimamente occuparsi e altri nelle quali
esse non dovrebbero neppure f a r sentire la
loro voce. La partecipazione non significa
confondere i ruoli rispettivi del potere centrale e locale: essa perì) è necessaria a tutti
i livelli percht' alimenta di nuovi contributi
essenziali i l processo di formazione delle
decisioni e favorisce il consenso che le deve
sostenere.
Il rapporto Maldague sui problemi della
inflazione, già ricordato, insiste con vigore
sulla necessità di una vasta partecipazione
dei principali protagonisti della dialettica
economica e sociale alla programmazione e
alla contrattazione democratica (rappresentanti dei poteri pubblici centrali e regionali,
degli imprenditori e dei sindacati). Essi sono in grado di operare una mediazione coerente tra le finalità della società e i mezzi
per soddisfarle, fermo restando il primato
del dibattito politico e dunque l'intervcnto
decisivo del Parlamento. Sono considerazioni
la cui validità va oltre il problema dell'inflazione e che toccano gli sviluppi delle società nazionali e dell'intera Comunità europea.
Questa Conferenza di autonomi poteri ter.
ritoriali europei ha dunque tutti i titoli per
porsi gli interrogativi di fondo sopra indicati e per dare a d essi una valida risposta
con una visione ampia, non settoriale, delle
tendenze e dei problemP reali della società
europea, delle forze (politiche, sociali e culturali) e delle istituzioni che alla loro soluzione devono concorrere.
Questa Conferenza potrà portare un rilevante contributo anche ad una nuova immagine della Comunità che dalle ristrette
sedi di vertice ha bisogno di riaprire il dialogo con i cittadini e con la pubblica opinione nella nuova prospettiva aperta dalle
recenti decisioni sulle elezioni dirette del
Parlamento europeo.
Ottobre 1976.
4
COMUNI
D'EUROPA
Organo dell'A.1.C.C.E.
ANNO XXIV - N. 11 - NOVEMBRE 1976
Direttore resp.: UMBERTO SERAFINI
Redattore capo: EDMONDO PAOLINI
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