PERIODICO INDIPENDENTE CULTURALE - ECONOMICO DI FORMAZIONE ED INFORMAZIONE REGIONALE Via Lucifero 40 - CROTONE - Tel. 0962/905192 - Fax 1920413 DIREZIONE - REDAZIONE - AMMINISTRAZIONE - Via Lucifero 40 - Crotone 88900 - Tel.(0962) 905192 - Fax (0962) 1920413 Iscr.Reg.Naz. della Stampa n. 4548 del 12.02.1994 - ROC n. 2734 SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - 45% art. 2 comma 20/b L. 662/96 - Poste Italiane Filiale di Catanzaro - Gruppo 3° - mensile pubblicità inferiore al 50% - tassa pagata - tax paid Direttore Editoriale Pino D’Ettoris - Direttore Responsabile Tina D’Ettoris - Abbonamenti: euro 26,00 - Contributo Sostenitore euro: 50,00 - Estero euro: 100,00 c.c.p. 15800881 intestato a IL CORRIERE DEL SUD Sito Web: www.corrieredelsud.it - E-Mail: [email protected] - [email protected] - [email protected] ASSOCIATO ALL’USPI 1,00 Anno XVIII N° 7/2009 - 15 maggio UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA C REGIONALE Via Lucifero 40 - CROTONE - Tel. 0962/905192 - Fax 1920413 La lotta agli sbarchi clandestini non è uno scandalo anche perché “vengono trovati in acque internazionali” Contrasto all’immigrazione clandestina L’Italia multietnica e multiculturale è “un valore’’ ed esiste gà “di fatto’’. Lo ha detto il segretario generale della Cei mons. Mariano Crociata Giorgio Lambrinopulos N essuna retromarcia sul contrasto all’immigrazione clandestina nonostante la preoccupazione espressa dal Vaticano per il respingimento di alcuni barconi con a bordo uomini e donne provenienti dalla Libia. A confermare la linea della fermezza è il premier Silvio Berlusconi che, nel corso di una conferenza stampa a palazzo Chigi con il titolare della Farnesina Franco Frattini per illustrare la politica estera nel primo anno di governo, ne approfitta per chiarire le differenze tra l’attuale esecutivo e la sinistra che “ha aperto le porte e che era ed è quella di un’Italia multietnica”. Una politica che non è poì quella del governo attuale: “Noi chiarisce - abbiamo un’idea diversa”. Ora, fa capire bene il capo del governo, l’Italia accoglierà “solo chi ha le condizioni per ottenere l’asilo politico”. La lotta agli sbarchi clandestini dunque prosegue, anzi Berlusconi precisa che sulla materia non deve esserci “nessuno scandalo” anche perché i clandestini “ven- Clandestini aiutati dalla Guardia di Finanza gono trovati in acque internazionali”. In questo caso, è il ragionamento di Berlusconi, “vale il nostro diritto di respingerli”. Le scelte in materia di immigrazione non comporteranno però una modifica della cosidetta ‘Bossi-Fini’, legge attual- mente in vigore: “Non sarà cambiata - dice - e non è arrivata nessuna proposta al mio tavolo”. A rafforzare la tesi del presidente del Consiglio ci pensa il ministro degli Esteri Franco Frattini che ricorda come la politica messa in campo dal nostro Paese rispecchi “le norme contenute nel patto europeo firmato a fine dicembre”, allo scadere della presidenza francese dell’Unione europea. E se la sinistra è criticata per la politica sull’immigrazione clandestina, l’opposizione è presa Franceschini attacca Berlusconi I l segretario del Pd: ‘’L’Italia non è via dei Coronari, è un’altra cosa’’. E attacca: ‘’Berlu- sconi si è costruito questo grande reality, in cui si è imprigionato e in cui vorrebbe coinvolgere anche il Paese”. Sul terremoto: ‘’Il Cavaliere è stato in tenda solo con Gheddafi, per chi ci vive questa estate la situazione non sarà sopportabile’’ ‘’Non votate per protesta Di Pietro, è in gioco la democrazia’’, dice il segretario del Pd Dario Franceschini. ‘’Siamo noi il vero voto utile’’, replica Antonio Di Pietro. E’ Il leader del PD, Dario Franceschini lite sul prossimo voto europeo tra Partito democratico e Italia dei Valori. Ad accendere la miccia è stato l’appello a votare Pd rivolto agli elettori dal segretario Franceschini. “Rischiamo di risvegliarci in un Paese con un padrone assoluto”, ha detto sottolineando l’importanza del distacco tra il Pd e Berlusconi. Dunque no “all’astensione o al voto di protesta, perché quello per Antonio Di Pietro non può essere altro che un voto di protesta”. ‘’Il 7 e l’8 giugno si svolgerà una partita che determinerà la qualità della democrazia italiana nei prossimi anni - spiega - perché le democrazie sono basate su un rapporto di forza’’. ‘’Il paese - sottolinea Franceschini - corre il rischio di cadere in uno squilibrio troppo forte’’. ‘’Attenzione perché l’8 potremmo svegliarci in paese diverso da quello che ci hanno consegnato i nostri padri’’, avverte. Le europee, aggiunge il leader del Pd, ‘’sono uno spartiacque’’. Il giorno dopo ‘’si misurerà la distanza tra il Pdl e il Pd e si capirà se Berlusconi ha stravinto o se l’Italia ha ancora un equilibrio di forza’’. Il leader del Pd chiede al premier di ‘’girare un po’ per il Paese reale”. “Dice che parla con tutti - insiste -, che gli piace scambiare opinioni con i tassisti, stare con la gente comune, poi ieri è andato a fare un’immersione nel mondo reale a via dei Coronari tra gli orafi e gli antiquari...”. Il premier Continua a pag 2 di mira anche per l’atteggiamento tenuto per affrontare la crisi economica: “I suoi effetti - spiega - sono dovuti in parte al fattore psicologico” e, attacca il Cavaliere, “sfortunatamente c’é un’opposizione che guarda all’esistenza della crisi quasi con soddisfazione”. L’Italia multietnica e multiculturale e’ ‘’un valore’’ ed esiste gia’ ‘’di fatto’’. Lo ha detto ai Giornalisti e alle Agenzie il segretario generale della Cei mons. Mariano Crociata osservando che ‘’il problema e’ invece il modo in cui le culture e le presenze si rapportano’’ perché ‘’non si cresce insieme in una accozzaglia disordinata e sregolata’’. Secondo il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, le questioni legate alla multietnicità e alla multiculturalità in Italia ‘’sono discorsi superati, nel senso che la molteplicità è un fatto. Ed è anche un valore’’. ‘’Il problema - ha avvertito mons. Crociata è invece il modo in cui le culture e le presenze si rapportano’’. ‘’Non si cresce insieme - ha spiegato - in un’ accozzaglia disordinata e sregolata ma a partire da un tessuto storico, sociale e culturale comune che costituisce il volto, l’identità di un paese’’. Non si vuole, ha precisato il vescovo, ‘’cancellare l’identità di ciascuno’’ ma nemmeno teorizzare ‘’un’irreale parificazione che è cosa diversa dall’eguaglianza’’. ‘’L’appiattimento infatti non aiuta lo stare insieme, anzi lo distrugge’’, ha aggiunto concludendo che è necessario ‘’coordinarsi all’interno di un orizzonte di fondo condiviso, di un tessuto comune che avvolga tutti, anche chi viene’’ da fuori, come gli immigrati. Il respingimento dei barconi di clandestini intercettati in acque internazionali risponde ‘’alla doverosa applicazione delle regole europee’’. A spiegarlo, in collegamento telefonico con il Tg4, il ministro degli Esteri Franco Frattini, sottolineando che ‘’non si tratta di razzismo o intolleranza’’, ma di dare un segnale chiaro: ‘’In Italia e Continua a pag 2 Renato Brunetta Rivoluzione in corso Mondadori pp. 271 €. 18,00 “Il succo di queste pagine è: cambiare si può, quindi si ha il dovere di farlo. Uno dei mali che affligge il nostro Paese è proprio la diffusa convinzione che tutto sia difficile, e forse anche inutile. Invece capita di verificare che una forte determinazione porta a risultati importanti, anche immediati. Politica 2 Segue dalla prima in Europa si entra solo rispettando la legge’’. ‘’Le motovedette - ha rilevato Frattini - non hanno la facoltà ma il dovere, per conto dell’Unione europea, di intercettare’’ chi non ha ancora oltrepassato i confini Ue, ‘’perche’ quando uno entra in Italia e’ entrato anche in Europa’’ e può andare in qualsiasi dei suoi paesi. ‘’Siamo obbligati dall’Unione a pattugliare il Mediterraneo - ha concluso il ministro - e lo facciamo’’ come lo devono fare gli altri paesi. Se, ad esempio, l’intercettamento avviene da parte di una motovedetta spagnola - ha spiegato il ministro - scattano gli stessi obblighi. Quelli cioè di ‘’identificare i paesi da cui sono partiti riportare lì i clandestini’’. I respingimenti, oltre ad essere un obbligo imposto dalle norme Ue, rappresentano ha concluso il ministro - anche un ‘’principio di credibilità: come si fa a parlare di politiche migratorie se non si distinguono i clandestini dagli immigrati che vengono per lavorare?’’. Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni ha riassunto l’ultima azione del governo contro l’immigrazione clandestina messa in atto questa mattina. “Questa mattina (11 maggio ndr) mi ha chiamato il capo della polizia Antonio Manganelli e quando chiama il capo della polizia sono sempre un pò preoccupato - dice Maroni -: o è una buona notizia o è una cattiva. Purtroppo lui ha sempre la stessa voce e all’inizio non si capisce che notizia sia. Per fortuna questa volta mi ha detto ‘ministro, le confermo che alle 8.15 abbiamo riportato a Tripoli altri 240 clandestini’”. Maroni ricorda che “abbiamo cominciato dopo 10 mesi di trattativa complicata con la Libia ad applicare il principio del respingimento. Sulle acque internazionali che sono di tutti e di nessuno non possiamo lasciarli? Bene non facciamo altro che riportarli da dove sono venuti”. “Abbiamo cominciato cinque giorni fa - sottolinea il ministro -. Sino a oggi abbiamo respinto oltre sei barconi per circa 500 clandestini che sarebbero dovuti essere ospitati da noi. Una svolta importante non è una novità in assoluto, ma assoluta nei confronti della Libia da cui arrivano oltre il 90% degli sbarchi avvenuti a Lampedusa. Chiudendo l’emorragia dalla Libia, possiamo dire che la piaga dell’immigrazione clandestina può dirsi risolta. Non è stato facile. Confermo e garantisco che le critiche, le accuse anche violente che ci vengono fatte da qualche rappresentante dell’Onu, che non è l’Onu, e da qualche organizzazione cattolica, che non è il Vaticano, mi entrano da una parte e escono dall’altra. Siamo i garanti per tutta Europa non solo per l’Italia”. “La nostra linea fa proseliti”. Lo ha detto il segretario federale della Lega Nord, Umberto Bossi, arrivando a Vicenza per partecipare agli Stati Generali del Carroccio, facendo riferimento alle posizioni di maggioranza e del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, sull’immigrazione. L’intervento del presidente del Consiglio che rifiuta un’Italia multietnica, per Roberto Calderoli, “sottolinea un passaggio rivoluzionario rispetto al passato”. Calderoli lo ha osservato a Vicenza a margine degli Stati Generali della Lega Nord. “I respingimenti non sono mai esistiti prima d’oggi - ha proseguito - sono merito della Bossi Fini e oggi si possono realizzare”. Calderoli nega che questo nuovo corso di Berlusconi possa influire sul consenso elettorale. Giorgio Lambrinopulos Segue dalla prima si è ‘’costruito questo grande reality - attacca Franceschini -, in cui si è imprigionato e in cui vorrebbe coinvolgere anche il Paese”. ‘’Io sono stufo di sentir dire che Berlusconi e i ministri non vogliono sentir parlare della crisi - continua -. Vorrebbero una opposizione addomesticata e silenziosa, complice di questa copertura intollerabile”. sottolinea Franceschini - corre il rischio di cadere in uno squilibrio troppo forte’’. ‘’Attenzione perché l’8 potremmo svegliarci in paese diverso da quello che ci hanno consegnato i nostri padri’’, avverte. Le europee, aggiunge il leader del Pd, ‘’sono uno spartiacque’’. Il giorno dopo ‘’si misurerà la distanza tra il Pdl e il Pd e ì si capirà se Berlusconi ha stravinto o se l’Italia ha ancora un equilibrio di forza’’. G. L. N el sud dell’Italia la realtà sociale è oggettivamente difficile e complicata. Le particolari vicissitudini storiche che questa parte del Paese ha vissuto dall’unità nazionale in poi ne hanno condizionato e ne condizionano tuttora in maniera rilevante i processi di modernizzazione. Alcuni gravosi problemi, come la disoccupazione e l’incapacità di produrre autonomamente ricchezza diffusa, non sono stati ancora risolti, altri, come le mafie, sono addirittura aumentati, le quali, divenute vere e proprie imprese multinazionali del crimine con fatturati finanziari esorbitanti, continuano a corrodere con violenza le deboli fondamenta dello Stato. In ciò aiutate da una endemica e diffusa corruzione politica ed economica a livello nazionale. Il fatto che nel Sud Italia l’illegalità sia diventata fondamentalmente legittima e che essa venga utilizzata come sistema alternativo di regolazione sociale è certamente uno degli effetti più significativi, e nello stesso tempo più nefasti, della debolezza del nostro sistema democratico. E poiché l’illegalità genera illegalità, il risultato è che nel sud dell’Italia il grado di perversione dell’organizzazione sociale è elevatissimo e ogni tentativo di miglioramento civile è nella maggior parte dei casi inconveniente e faticoso, in quanto deve resistere alla corrente contraria e vorticosa della mentalità dominante pregna di sfiducia, rassegnazione, complicità, paura, sconforto, affezione al sistema. Noi cittadini meridionali questo lo sappiamo bene e lo sappiamo da tempo: la famosa espressione popolare partenopea secondo cui “ca nisciun è fess” (qui nessuno è fesso) dimostra appunto che siamo più o meno tutti consapevoli che il sistema funzioni male e che, in virtù di tale contezza, più o meno tutti ci adeguiamo ad esso per non diventarne a nostra volta vittime. E’ un ragionamento non certo giustificabile ma quantomeno comprensibile se si pensa che non è facile, anzi è assai difficile, comportarsi correttamente in un contesto N° 7/2009 - ANNO XVIII - 15 maggio Le positività del Sud, motivo di fiducia dove ognuno ha imparato ad arrangiarsi per soddisfare l’interesse personale e familiare, anche quando ciò dovesse recare danno agli altri, nella convinzione che anche gli altri facciano altrettanto. Non è facile, per dirla in altre parole, essere angeli all’inferno. La rappresentazione che noi meridionali abbiamo adottato della nostra realtà finora, il modo cioè attraverso cui noi ci siamo percepiti e ci siamo raccontati quotidianamente attraverso le pagine dei giornali e dei libri, le notizie e i programmi radiofonici e televisivi, la letteratura cinematografica e teatrale, ci è servita ad approfondire tale consapevolezza, per cercare di capire quello che siamo stati e quello che siamo oggi, quali i nostri pregi ma soprattutto i nostri difetti, gli errori da evitare, i problemi da risolvere, i comportamenti demoniaci da esorcizzare e stigmatizzare. E così hanno fatto anche scrittori, giornalisti, studiosi e registi non meridionali e non italiani che si sono interessati alla nostra questione e che hanno cercato di svelare i motivi della nostra arretratezza e della nostra diversità dal resto del Paese. E’ grazie anche e soprattutto alle persone che hanno finora studiato, raccontato, interpretato e rappresentato la realtà sociale del Mezzogiorno d’Italia in questi decenni se oggi siamo in grado di diagnosticarne efficacemente, e con una certa precisione, le principali patologie e disfunzioni; è grazie anche e soprattutto a costoro se il Mezzogiorno d’Italia ha fatto, e continua fare, nonostante tutto, notevoli progressi culturali ed economici. Ciò nonostante, il vortice vizioso in cui è risucchiata la nostra mentalità è forte, impetuoso e travolgente ed esso, fagocitando impietosamente i nuovi entusiasmi, continua a pregiudicare un cambiamento reale e duraturo del modo di costruire collettivamente la realtà. Come fare dunque per neutralizzare questo vortice o fare in modo che la sua energia possa essere convertita in positivo e diventare virtuosa? Come contribuire al progresso del Mezzogiorno, seria difficoltà dell’Italia di oggi e vera opportunità dell’Italia di domani? Essendo assiomatico che la realtà e la sua rappresentazione si muovano congiuntamente e si condizionino reciprocamente ed essendo complicato e rischioso agire direttamente sulla realtà per modificarla, uno dei modi efficaci per imprimere una svolta decisiva al sistema è quello di modificare la rappresentazione che facciamo e che diamo pubblicamente della realtà stessa. Se, infatti, il teorema del sociologo Thomas è vero, secondo il quale ‘ciò che gli individui percepiscono come reale, esso diventa reale nelle sue conseguenze’, ne risulta che fino a quando noi percepiremo come reale il fatto che la nostra società sia impermeabile ad un autentico cambiamento, l’autentico cambiamento non si concretizzerà mai. Così come, fintanto che noi continueremo a pensare alla Calabria e alle altre regioni del Sud solo e soltanto come patria di delinquenti, ladri, truffatori, persone incivili, noi non avremo speranza di risanamento, di emancipazione, di risorgimento, di riscatto. Se invece iniziamo a promuovere e celebrare la parte migliore di noi, i tanti buoni esempi, le tante eccellenze, le tante positività, gli eroi e le eroine di cui i nostri territori hanno abbondato e abbondano, e che con grande sforzo hanno lotta- to e lottano ogni giorno per contrastare la decadenza, allora il cambiamento lo inizieremo a percepire, ed esso non tarderà a diventare reale. Si realizzerà. Al pari di una profezia che si auto-avvera. Non si tratta, è ovvio, di nascondere le notizie negative, quelle di cronaca nera, quelle per cui il Sud è tristemente famoso in Italia e nel mondo e che riempiono i nostri giornali, telegiornali, i nostri immaginari e le nostre menti. Si tratta semplicemente di privilegiare ed evidenziare le notizie positive e propositive che affiorano in superficie ma che presto affondano nel mare magnum del dimenticatoio, e magari soltanto accennare a quelle negative come avviene, non a caso, in altre parti del Paese. Privilegiare, enfatizzare e premiare, dunque, chi costruisce.. e non chi contribuisce a distruggere. Le notizie negative del resto, ormai lo abbiamo imparato, non hanno bisogno di tanta pubblicità, si promuovono da sole, corrono veloci di bocca in bocca, di tastiera in tastiera, essendo noi esseri umani – come diceva Tito Livio - più sensibili al dolore che al piacere. Sarà per questo che tante buone notizie non riescono spesso a bilanciare l’influenza esercitata da una sola cattiva notizia. Quanti gesti eroici, quanti piccoli e celati successi non riescono a creare la stessa eco di quella emanata da uno stupro, da uno scippo, da un accoltellamento o da un atto intimidatorio di stampo mafioso. Un rapporto impari, sintetizzato egregiamente da un antico proverbio, che recita: ‘fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce’. Ma noi meridionali non siamo solo mafiosi, truffatori, vagabondi e sfaticati. Noi siamo, e siamo soprattutto, gente onesta e lavoratrice, persone intelligenti ed ingegnose, valorose, creative, determinate e coraggiose. Tantissime le eccellenze umane, artistiche, professionali e istituzionali, infiniti i primati positivi, numerosi gli artigiani, i liberi professionisti e i sani imprenditori, che pur non rubando finanziamenti, con notevoli sforzi si affermano brillantemente da anni nei mercati nazionali ed internazionali, offrendo lavoro a decine e centinaia di persone. Il sud è strapieno di gente come questa, giovane e meno giovane, che offre ogni giorno agli altri il proprio entusiasmo, la propria energia, il proprio tempo, i propri valori per migliorare il posto in cui vive. Il sud è pieno di persone che denunciano le illegalità e gli atti di prepotenza mafiosa. Eppure, di tutta questa gente non si sa nulla, o molto poco. Di loro, e dei loro successi, si parla poco o quasi niente, e quando se ne parla, lo si fa in maniera spesso fugace, distratta e sbrigativa. Gente che ha deciso di non andar via e di resistere alla corrente, e che ogni giorno è costretta a districarsi in un organismo sociale che nel peggiore dei casi li ostacola, nel migliore li ignora. E considerando che il nostro è un contesto sociale difficile e complicato, non celebrandoli li mortifichiamo, perché raggiungere da noi risultati positivi è un merito doppio, triplo, che farlo in contesti sociali favorevoli, e di converso, è doppia ed è tripla la colpa che si ha nel non glorificare tali sforzi e nel lasciarne implodere e consumare la potenza nell’indifferenza generale. Vi sarà un motivo se tra le condizioni del successo della società statunitense, alcuni studiosi annoverano proprio la capacità di rendere positivo ciò che non sembra esserlo, di mitizzare ciò che gli appartiene: come nel caso del cowboy, che da semplice mandriano è stato eretto a simbolo dell’uomo valoroso, temerario ed avventuriero. In conclusione, uscire da questa trappola della rappresentazione negativa della realtà meridionale non è affatto semplice, ma è possibile, soprattutto se si tende a commettere l’errore opposto: quello cioè di amplificare ed esaltare ciò che di buono e di positivo siamo, abbiamo e produciamo. Così facendo contribuiremo a restituire fiducia a noi stessi e alla nostra società, e ristabilendo la fiducia, invertiremo il circuito, ed invertendo il circuito, aumenteranno automaticamente per noi meridionali le occasioni di lavoro e di realizzazione personale e, una volta liberi di non emigrare, potremo accumulare l’ossigeno necessario a starnutire, una volta per sempre, i nostri mali. Francesco Lo Giudice Direzione - Redazione - Amministrazione Via Lucifero 40 - 88900 Crotone Tel. (0962) 905192 Fax (0962) 1920413 Direttore Editoriale Pino D’Ettoris Direttore Responsabile Tina D’Ettoris Iscriz. registro naz. della Stampa n. 4548 del 12.02.1994 - ROC n. 2734 Servizi fotografici, fotocomposizione e impaginazione c/c postale 15800881 Intestato a IL CORRIERE DEL SUD Associato U. S. P. I. UNIONE STAMPA PERIODICA ITALIANA Sito Internet: http://www.corrieredelsud.it E-Mail: [email protected] - [email protected] [email protected] N° 7/2009 - ANNO XVIII - 15 maggio ß Pagina Tre 3 San Nuno Alvares Pereira ß Il santo dell’indipendenza del Portogallo Massimo Introvigne L a data del 26 aprile 2009 è destinata a rimanere nella storia del Portogallo e della Chiesa per la canonizzazione di San Nuno Alvares Pereira (13601431), una figura senza la quale – come ha ricordato il vescovo di Beja mons. Vitalino Dantas O.C.D. – “il Portogallo non esisterebbe”. La canonizzazione di San Nuno ha una lunga storia. Nel 1438, sette anni dopo la sua morte, il re Edoardo I (1391-1438) ne chiede la canonizzazione al Papa Eugenio IV (1383-1447). Poiché San Nuno aveva trascorso gran parte della sua vita come militare e generale combattendo contro la Spagna per l’indipendenza del Portogallo, il veto spagnolo impedisce che si dia corso alla richiesta del re portoghese. La Spagna, grande potenza cattolica di cui non si può non tenere conto, continua a opporsi alle richieste di beatificazione e canonizzazione che giungono a Roma dal Portogallo ripetendosi in tutti i secoli, fino a che nel 1918 è riconosciuto – senza processo canonico sulla santità – il culto prestato da tempo immemorabile all’eroe portoghese, che Benedetto XV (1854-1922) iscrive nell’albo dei beati. Le richieste di canonizzazione continuano a incontrare però l’ostilità della Spagna. Nel 1940 Pio XII (18761958) vorrebbe canonizzare il Beato Nuno e proporlo come modello di soldato cristiano a quanti combattono nella Seconda guerra mondiale. Ma la canonizzazione per decreto non comporterebbe una cerimonia solenne in San Pietro. Il primo ministro portoghese António de Oliveira Salazar (1889-1970) insiste per tale cerimonia solenne. Pio XII rifiuta, sia per il tempo di guerra sia – ancora una volta – per evitare uno scontro con la Spagna appena uscita dalla guerra civile. Caduta la possibilità della canonizzazione per decreto, rimane l’interesse del Portogallo e dell’Ordine dei Carmelitani, di cui Nuno era diventato religioso negli ultimi anni della sua vita, per una ripresa della causa. È Giovanni Paolo II (1920-2005) – che si sente specialmente legato al Portogallo attraverso la sua devozione alla Madonna di Fatima – che s’interessa alla riapertura del processo canonico, la quale avviene nel 2004. Riesaminata la vita del beato, e approvato dalla commissione medica un miracolo (il recupero dell’uso di un occhio da parte della signora Gulhermina de Jesus, di Vila Franca de Xira), Benedetto XVI può procedere alla canonizzazione, 571 anni dopo la prima richiesta da parte del re Edoardo I. E non senza nuovi problemi con la Spagna: secondo la stampa portoghese insieme a San Nuno il 26 aprile avrebbero dovuto essere canonizzati anche due beati spagnoli, ma per loro la cerimonia è stata rimandata all’11 ottobre dopo un complesso negoziato fra la diplomazia vaticana e quella spagnola, ancora oggi ostile alla canonizzazione del genera- gli Oceani – non senza un disegno particolare di Dio – aprendo nuove rotte che avrebbero propiziato la diffusione del Vangelo di Cristo fino ai confini della Terra”. San Nuno è anzitutto una figura emblematica della cavalleria. Paggio alla corte del re è armato cavaliere, per speciale concessione del Gran Maestro dell’Ordine Militare di San Benedetto d’Avis, il futuro re Giovanni I il Buono (13571433), all’età di soli tredici anni. È coinvolto, giovaMassimo Introvigne davanti al Convento do nissimo, nella Carmo a Lisbona causa dell’indile che inflisse alla Spagna una pendenza portoghese e della sucdelle più gravi sconfitte militari cessione al re Ferdinando il Bello della sua storia. Per la verità non (1345-1383). La reggenza passa sono mancate neppure polemiche alla vedova, la regina Eleonora intra-cattoliche. Alcuni intellet- (1350-1386), notoriamente legata tuali “progressisti” e almeno un al partito filo-spagnolo, che affretvescovo hanno criticato la cano- ta le nozze fra la figlia (1372nizzazione affermando che San 1408) e il re Giovanni I di CastiNuno “fu soprattutto un guerriero glia (1358-1390), premessa e chi uccide il prossimo non meri- all’unione dei due regni e alla fine ta il titolo di santo”. Queste posi- dell’indipendenza portoghese. I zioni – che denotano peraltro una nobili e il popolo del Portogallo profonda incomprensione della insorgono e si rivolgono all’Ordinatura della santità cattolica – ne d’Avis, guidato dal Gran Maehanno condotto altri a insistere stro Giovanni, fratellastro del deesclusivamente sugli ultimi nove funto re Ferdinando. Giovanni I di anni della sua vita (1422-1431), Castiglia reagisce nel gennaio nei quali il santo – dopo avere fat- 1384 invadendo la Spagna. Il to costruire a sue spese il Conven- Gran Maestro Giovanni d’Avis, to do Carmo a Lisbona – vi si riti- appena acclamato re del Portogalra come frate carmelitano, lo con il nome di Giovanni I, nel interpretando questi anni quasi mese di aprile prende una decisiocome una penitenza per la passata ne che sembra avventata ma che si vita militare, vista come qualche rivelerà decisiva: nomina Nuno cosa di cui San Nuno avrebbe do- Alvares Pereira, che si è coperto vuto chiedere perdono a Dio e agli di valore nelle prime battaglie con uomini. Le parole di Benedetto gli spagnoli e ha appena guidato XVI nella solenne cerimonia di un distaccamento portoghese alla canonizzazione hanno fatto giusti- vittoria nella battaglia di Atoleizia di queste interpretazioni e di ros, ma ha solo ventiquattro anni, questi pregiudizi. Il Papa al con- Connestabile del Portogallo e cotrario ha esaltato la figura di cava- mandante supremo dell’esercito liere cristiano di San Nuno, impe- portoghese. Gli storici militari gnato nella militia Christi, cioè considerano Nuno Alvares Pereira nel servizio di testimonianza che uno dei più grandi generali euroogni cristiano è chiamato a dare al pei, e la battaglia di Aljubarrota – mondo. Caratteristiche del santo del 14 agosto 1385, decisiva per sono un’intensa vita di orazione e la vittoria portoghese – uno sconl’assoluta fiducia nell’aiuto divi- tro che merita di figurare nella no. Benché fosse un ottimo mili- storia delle guerre europee, pertare e un grande capo, non consi- ché consacra la superiorità (già derò le doti personali preminenti sperimentata dal futuro santo ad rispetto all’azione suprema che Atoleiros) degli eserciti leggeri e viene da Dio. San Nuno si sforza- molto mobili su forze numericava di non porre ostacoli all’azione mente preponderanti incentrate di Dio nella sua vita, imitando sulla cavalleria. Seimila portoNostra Signora di cui era devotis- ghesi sconfiggono trentamila spasimo e cui attribuiva pubblica- gnoli grazie a una strategia che mente le sue vittorie”. Così, il ge- prevede che la cavalleria pesante nerale Nuno Alvares Pereira castigliana sia attirata su un terrediventa “strumento di un disegno no costellato di palizzate apposisuperiore” di Dio, quello della tamente erette per rendere difficili fondazione della nazione porto- le manovre dei cavalli, i quali ghese indipendente dalla Spagna sono uccisi da fanti o da cavalieri come nazione missionaria desti- portoghesi capaci di smontare e nata a portare il Vangelo fino agli risalire rapidamente, mentre i caestremi confini della Terra. Grazie valieri spagnoli disarcionati e cola Nuno il Portogallo può “conso- ti di sorpresa sono uccisi in gran lidare la sua indipendenza dalla numero. Nuno Alvares Pereira Castiglia ed estendersi attraverso combatte personalmente in prima linea. La vittoria di Aljubarrota – seguita da quella nella lunga (due giorni e due notti) e sanguinosa battaglia di Valverde (15-16 ottobre 1385) – pone fine al sogno spagnolo di conquistare il Portogallo. Dopo la vittoria nella guerra contro la Castiglia, Nuno Alvares Pereira impegna le ricche ricompense ricevute dal re nel progetto di fondazione del grande Convento do Carmo a Lisbona, la cui costruzione inizia nel 1388. Non pensa ancora a diventare frate: il re gli chiede di riorganizzare l’esercito in vista di un’offensiva contro i musulmani del Nordafrica che, lungamente preparata, culminerà nella battaglia di Ceuta del 21 agosto 1415, l’ultima battaglia del Connestabile Nuno e l’inizio dell’espansione del Portogallo al di fuori dell’Europa. Vedovo, e privato anche della figlia Beatriz (1380-1415) che gli aveva dato dopo avere sposato il duca Alfonso I di Bragança (1377-1461), figlio naturale del re Giovanni I, tre nipoti – all’origine della casa reale e imperiale di Bragança di cui quindi San Nuno è considerato il capostipite – il Connestabile si ritira a vita privata e nel 1422 entra nel Convento do Carmo, dove pronuncia i voti – per umiltà come semplice “semi-fratello” (semi- stável a Lisbona. La canonizzazione di San Nuno, ha affermato Benedetto XVI, vuole mostrare alla Chiesa come “la vita di fede e di preghiera è presente anche in contesti apparentemente poco favorevoli alla stessa, ed è la prova che in qualunque situazione, anche in quelle di carattere militare e di guerra, è possibile mettere in atto e realizzare i valori e i principi della vita cristiana, soprattutto se questa è posta al servizio del bene comune e della gloria di Dio”. Se dunque vi è stato chi ha cercato di sminuire la lunga fase “militare e di guerra” della vita di San Nuno – quasi che solo “il tramonto della sua vita” in convento ne manifestasse la santità – Benedetto XVI al contrario dà rilievo alla “figura esemplare” del Connestabile anzitutto come cavaliere, miles Christi: una vocazione di cui la cavalleria è cifra e nomen,che certo in epoche diverse si manifesta in modi diversi ma che rimane una via eminente di santità per il laico cattolico che consacra la sua vita “al servizio del bene comune e della gloria di Dio”. Certo, Nuno Alvares Pereira vive in un’epoca in cui la cavalleria già inizia a decadere. Accanto a lui ad Aljubarrota combattono i figli delle più grandi famiglie portoghesi, duecento cavalieri che formano “l’ala degli innamorati” e che la leggenda del Portogallo assimila ai cavalieri della Tavola Rotonda. Il nome fa riferimento alle insegne della promessa sposa che ciascun cavaliere porta sul suo scudo, un segno della svolta della La tomba di san Nuno Alvares Pereira nella cavalleria verso moderna Igreja do Santo Condestável a un certo romantiLisbona cismo sentimentale che tuttavia alla frater), rifiutando tutte le cariche e vigilia di Aljubarrota San Nuno sa distinzioni che gli sono offerte – il correggere con un severo richia15 agosto 1423. In convento si se- mo alla preghiera e alla vita etergnala per la vita poverissima – lui na. Di fatto, l’“ala degli innamoche era stato considerato l’uomo rati” si batterà con straordinario più ricco del Portogallo – e per la valore e risulterà decisiva nella grande carità: ma il re Giovanni I vittoria portoghese. Anche l’attiviene spesso a chiedergli consi- vità “militare e di guerra” del sanglio. Era, come ha affermato Be- to ora canonizzato partecipa nedetto XVI, “il tramonto della dell’esemplarità della sua vita. Di sua vita”. La morte, nel 1431 – più: mantenendo nella guerra e sulla cui data gli storici disputano nelle battaglie la fiducia in Dio, la ma tradizionalmente fissata alla vita di orazione e una grandissima domenica di Pasqua, 1° aprile di devozione alla Madonna cui “atquell’anno – suscita grande emo- tribuiva pubblicamente le sue vitzione e ne mostra la fama di santi- torie”, San Nuno si mette al servità. Merita di essere citato il gesto zio di un “disegno particolare di della regina di Spagna Isabella I la Dio” il quale misteriosamente è Cattolica (1474-1504), che perso- alle origini dell’indipendenza delnalmente considera un santo e fa la nazione portoghese e del suo invocare nelle Messe celebrate a servizio missionario al Vangelo corte quello che era stato come attraverso le scoperte geografiche generale un fiero avversario del e le conquiste, “fino ai confini delsuo Paese. Nuno Alvares Pereira è la Terra”. Un mistero che nel 1917 sepolto nel Convento do Carmo la Madonna verrà a confermare a ma la tomba, il mausoleo e lo stes- Fatima promettendo che “in Porso convento saranno distrutti dal togallo si conserverà sempre il grande terremoto di Lisbona del dogma della fede”, non una picco1755 (del mausoleo rimane nei re- la promessa per una nazione che sti del convento, ora un museo, – avendo alle sue origini un santo, una copia lignea). I resti sono stati San Nuno Alvares Pereira – in ritrovati e dal 1951 riposano nella passato, al servizio della Chiesa, moderna Igreja do Santo Conde- fu spesso grande. Attualità 4 N° 7/2009 - ANNO XVIII - 15 maggio Gli incendi boschivi in Puglia, Sicilia e Calabria Cosimo Galasso Prima Parte P untuale come un orologio, ogni fin di primavera-inizio estate scoppia, in Italia, il grave problema degli incendi boschivi. Entro certi limiti, ciò è perfettamente normale; la peculiare posizione geografica della nostra penisola, sita al centro della fascia temperata nel cuore del mediterraneo, determina, infatti, per almeno 6 mesi l’anno e soprattutto nelle regioni centro-meridionali, un forte irraggiamento solare. Questo fattore, unito alla tipica aridità estiva mediterranea favorisce temperature elevate creando, così, le condizioni ottimali per lo scoppio d’incendi di una certa entità, in particolar modo in Sicilia, Calabria e Puglia, oggetto specifico di questo articolo. Prima di addentrarci dettagliatamente sul problema degli incendi boschivi e specificando subito che si tratta di uno dei maggiori pericoli per la nostra vegetazione, occorre anche ricordare che essa ha “sviluppato” delle strategie di difesa e di recupero dopo il passaggio del fuoco, come mi conferma l’esperto biologo e faunista Giacomo Marzano. D’altronde, questo non bisogna dimenticarlo, gli incendi di piccola entità hanno sempre fatto parte delle dinamiche naturali ed entro certi limiti, sono addirittura benefici. Il fuoco, è noto, influisce sulla composizione e sulla struttura delle comunità vegetali ed animali condizionandone, inevitabilmente, lo sviluppo e la perpetuazione nel tempo. In questo modo, piccoli ecosistemi perfettamente adattati - ad es. i canneti- possono ricostituirsi entro poco tempo, come ha spiegato il dott. Alessandro Ciccolella, - biologo e direttore del Consorzio che gestisce l’Area protetta di Torre Guaceto, in Puglia- riferendosi a quanto spesso è avvenuto nella Riserva da lui diretta. Gli effetti benefici di incendi piccoli possono così riassumersi: molte specie ricostruiscono la parte aerea, utilizzando le riserve rimaste intatte nella parte ipogea; infatti, occorre ricordare che durante gli incendi la temperatura del suolo può variare grandemente nel raggio di soli pochi centimetri, passando, così, dai 500 gradi in superficie a soli 50 gradi appena due centimetri più giù! Altre specie, invece, sono favorite nella riproduzione perché le alte temperature che si raggiungono durante gli incendi spaccano prima i tegumenti che avvolgono il seme, consentendo, Un incendio boschivo Canadair così, un più rapido assorbimento dell’acqua e, dunque, una sua anticipata germinazione. Normalmente queste specie, es. il ginepro coccolone, “affidano”la loro riproduzione all’apparato digerente di fauna ed avifauna: in questi casi i tegumenti avvolgenti il seme sono disciolti dai succhi gastrici. Persino i fumi degli incendi, contenenti etilene e gas ammoniacale, favoriscono la germinazione dei semi. Ciò detto per amore della verità scientifica, non è, ovviamente, un’istigazione alla piromania! L’incendio, di per sé, è incontrollabile e non bisogna approfittare delle capacità rigenerative della natura. Come ha detto il dott. Giorgio Corrado -Dirigente Superiore del Corpo forestale dello Stato- gli incendi boschivi sono in gran parte l’effetto, spesso non voluto né progettato, di un anomalo quanto errato uso del fuoco riconducibile allo stesso mondo agrosilvo-pastorale, che tuttavia ha abbandonato da tempo molte di quelle pratiche che erano efficaci per controllare il sottobosco ed allontanare il pericolo del fuoco. Non si possono inoltre disattendere i cambiamenti sociali ed economici, il progressivo esodo rurale e l’invecchiamento della popolazione agricola che hanno di fatto determinato una più marcata fragilità del bosco rispetto al pericolo incendio. Il dott. Corrado auspica, per migliorare la situazione, una rivisitazione della legge oggi vigente: Legge quadro n 353 del 21 novembre 2000. In pratica, questa legge, nazionale, impone alle regioni la redazione dei “Piani regionali per la programmazione delle attività di previsione, prevenzione e lotta attiva contro gli incendi boschivi.”Obiettivo primario di questa legge è non solo quello di ridurre il numero degli incendi, ma soprattutto di ridurre la quantità di superfici boscate percorse dal fuoco. Inoltre, si propone lo spostamento di risorse umane ed economiche dalla fase esclusiva dell’emergenza, a quella di prevenzione e controllo del territorio. Proprio in vista di un miglior controllo del territorio, un’Ordinanza del Consiglio dei Ministri - la 3606 del 28 agosto 2007 -ha disciplinato i cosiddetti incendi d’interfaccia ossia relativi a peculiari caratteristiche fisiche del territorio e alla vulnerabilità della vegetazione circostante una superficie boschiva. In pratica, i Comuni sono obbligati alla redazione di piani d’emergenza specifici per il territorio di loro pertinenza. Quanto descritto sopra è, almeno a grandi linee, il quadro generale: vediamo ora, nel dettaglio, la situazione specifica delle regioni di cui ci occupiamo in quest’articolo, iniziando dalla Puglia. Questa regione, molti lo ricorderanno, fu colpita da una serie d’incendi devastanti nell’estate 2007, particolarmente torrida; con temperature che per oltre 50 giorni superarono i 30 gradi con punte di 46, in particolare il 24 luglio, giorno del terribile incendio che sconvolse il Gargano; altro incendio imponente il 21 agosto, che interessò l’Area marina protetta di Torre Guaceto, nel brindisino. Quell’anno si registrarono quasi 600 incendi, molti dei quali di origine dolosa, in relazione alle superfici boscate. Il Corpo Forestale dello Stato, nella persona dell’ing. Flore ci ha fornito molti dati interessanti. Molti incendi sono ancora legati al pascolo e alla cattiva abitudine di usare il fuoco come elemento favorente il rinnovamento stagionale, in autunno e primavera, della vegetazione erbacea destinata al bestiame: ciò avviene, soprattutto, sul Gargano e nell’Alta Murgia barese. Una buona quota d’incendi, invece, è ascrivibile, ahinoi, a comportamenti colposi di gente irresponsabile che lancia mozziconi accesi di sigarette da auto che corrono su strade circoscriventi le aree boschive, con conseguenze facilmente immaginabili, specie in giornate con vento di scirocco. Dal punto di vista legislativo l’ente Regione Puglia, dopo la legge quadro nazionale, emanò una legge regionale-18 del 30/11/2000con successive delibere fino all’ultima, datata del 11 marzo 2009. In questo corpus legislativo sono stati definiti sia lo schema sia i contenuti del piano regionale. Tale piano è stato materialmente redatto dal Corpo Forestale dello Stato di concerto con il Servizio Foreste ed il Servizio Protezione civile: sono stati utilizzati appositi software, dati statistici, nonché le superfici boscate già percorse da incendi. Il Piano di previsione per la protezione dagli incendi boschivi è stato approvato dalla Regione nel 2005 ed esteso fino al 2012. Tra le altre cose, fornisce supporti cendi”. Oltre la vegetazione, in realtà, questa legge si proponeva lo scopo di proteggere il patrimonio forestale pubblico e privato, i terreni agricoli, i paesaggi e gli ambienti naturali e, naturalmente, le persone. Per potenziare e migliorare l’azione di difesa dagli incendi, fu emanata un’altra Legge Regionale, la n 10 del 15 maggio 2000, che istituì l’Ufficio Speciale Servizio Antincendi Boschivi sotto le dirette dipendenze dell’Assessore regionale dell’Agricoltura. Questo Ufficio è oggi diretto dall’Ing. Mario Arrigo che ne ha così tracciato i compiti: le competenze assegnate a questo Ufficio rientrano nell’ambito della Gestione del Rischio(…) e riguardano le seguenti attività: pianificazione, mappe dinamiche di rischio incendio, telerilevamento e innovazioni tecnologiche con applicazioni sperimentali, definizione di un nuovo programma di vigilanza, attuazione d’iniziative formative nel settore antincendio, altre attività del comparto d’intesa con il Dipartimento Regionale delle Foreste”. In pratica, il nocciolo duro del Piano Regionale Antincendio della Regione Sicilia, mutuato dalla Legge Quadro nazionale, è il seguente: Pianificazione –Previsione –Prevenzione -Lotta attiva agli incendi. Sempre nelle parole dell’ing. Arrigo, la redazione di tale Piano non deve essere vista come un evento occasionale e straordinario, ma come un punto di riferimento per Elicottero del Corpo Forestale dello Stato operativi ai tecnici e alle Amministrazioni per metterle nelle migliori condizioni di ottemperare alle decisioni di rispettiva competenza. Lo scorso anno, inoltre, la Giunta regionale ha assunto 20 unità lavorative che ha impiegato, così come prevede la legge quadro nazionale, nella Sala Operativa Unificata Permanente(SOUP), presso la sede del Servizio di Protezione Civile regionale. Il SOUP ha agito, nell’estate 2008, come struttura di coordinamento ed effettivamente, complici anche le migliori condizioni climatiche rispetto al 2007, si è avuta una riduzione sia nel numero degli incendi, sia nella riduzione delle superfici boscate danneggiate. Infine, la maggior parte dei comuni pugliesi ha provveduto-così come prevede la legge quadro nazionale- a censire, per mezzo di uno specifico catasto, i soprassuoli percorsi dal fuoco negli ultimi cinque anni. Passiamo ora a considerare la situazione della Sicilia. Dal punto di vista legislativo appare la più avanzata delle regioni considerate. Già dal 6 aprile 1996, infatti, si era dotata di una legge regionale, la n 16, che stabiliva la redazione di un “Piano per la difesa della vegetazione dagli in- ogni intervento successivo. A tale scopo è stata istituita una Struttura permanente che deve migliorare e potenziare il comparto antincendio. Uno degli strumenti realizzati dall’Ufficio Speciale è la Carta operativa delle aree a rischio incendi. Occorre ricordare che nelle passate stagioni estive la Sicilia è stata afflitta in misura ancor più grave della Puglia dalla piaga degli incendi; molti sembrano di origine dolosa. Inoltre, sono ancora pochi i comuni che hanno realizzato il catasto delle aree percorse dal fuoco: questo è un fatto grave, perché non consente di fermare all’origine la speculazione sugli incendi. I sindaci siciliani possono fare molto per mettere la parola fine a questa ciclica emergenza: accelerare nella compilazione del catasto, infatti, vuol dire difendere con maggior efficacia il proprio territorio e quindi garantirsi anche un futuro migliore. In conclusione, occorre affermare che la Regione Sicilia per meglio fronteggiare l’emergenza incendi ha deciso di stanziare sei milioni di euro per realizzare un progetto scientifico di alto profilo che dal 2010 prevede l’utilizzo di tecnologie satellitari per la prevenzione e la lotta agli incendi boschivi. Politica N° 7/2009 - ANNO XVIII - 15 maggio T I taglia lingue e il suicidio dell’Europa ra qualche mese si rinnoverà il Parlamento Europeo, chissà se la campagna elettorale affronterà quei temi che più volte Benedetto XVI ha affrontato, come quello dell’Europa prossima a congedarsi dalla storia. Un morire lento che si può riassumere, in alcuni passaggi come il mancato riconoscimento delle radici giudaico-cristiane nella Costituzione europea, la condanna di un uomo politico perché, nella propria sfera privata, afferma che il matrimonio omosessuale è contrario al suo credo cristiano la promozione nelle varie legislazioni della violazione di alcuni prin- cipi cristiani ed etici come l’aborto, l’eugenetica, l’eutanasia, la manipolazione degli embrioni, la tolleranza della poligamia, l’abbassamento delle difese legislative contro la pedofilia. Questa Europa scrive l’ex presidente del senato Marcello Pera non è capace di difendere un Papa, Benedetto XVI, attaccato perché in una sua lezione aveva sostenuto che il cristianesimo è religione del logos e non della spada e aveva chiesto all’islam di pronunciarsi in modo analogo. Inoltre impedisce a questo stesso Papa di parlare in una università, perché pubblica e laica. L’Europa nasconde i suoi simboli cristiani, non si augura più Buona Natale o Buona Pasqua perché dice di non voler offendere i non credenti o gli altri credenti. L’Europa concede nei propri Stati la massima libertà religiosa e di culto agli islamici, ma tollera che, nei loro Stati, questa stessa libertà sia conculcata fino al martirio dei cristiani, in Africa, in Cina, in Turchia, in India. L’Europa protegge sotto lo scudo della libertà d’espressione le opere d’arte blasfeme nei confronti del cristianesimo, ma sospende questa stessa libertà quando si tratti di irriverenza satirica nei confronti dell’islam. Infine que- Geert Wilders Roma Il Razzismo in Italia fra false accuse e inconfutabili verità I 5 l Commissario del Consiglio d’Europa Thomas Hommarberg, il 20 Aprile u.s. in occasione della vicenda PINAR (il cargo turco con 154 clandestini a bordo) ha affermato che gli italiani sono razzisti e xenofobi. Questo commissario che è stato giustamente definito un cialtrone e che è stato accompagnato nel suo tour italiano da esponenti di Rifondazione Comunista ha detto cose assolutamente false e che hanno nuociuto all’immagine dell’Italia. Le cronache della PINAR invece sono uno spaccato sostanziale di un Paese quale il nostro che non perde occasione per mostrare la propria umanità e la propria generosità verso chi arriva dalle zone più povere del pianeta. Sono stati infatti 154 i clandestini a cui è stata letteralmente salvata la vita dai nostri soldati pur essendo in acque territoriali maltesi. Malta a seguito di accordi con l’UE in- fatti, dovrebbe recuperare questi sventurati che finiscono nelle sue acque anche perché riceve dall’UE quantità inverosimili di denari per svolgere questo compito. Ma questo Consiglio d’Europa non ha mai ritenuto di richiamare i maltesi al loro dovere e che se ne fregano se qualche clandestino, passerà tra le più indicibili sofferenze, ad altra vita; mentre offende continuamente noi italiani che invece a gratis e per vero spirito umanitario salviamo questi poveretti. Questo esempio per capire come siamo ingiustamente trattati dall’Europa grazie ai veleni che ci regalano coloro che tradiscono la Patria per motivazioni politiche. Conclusione, gli italiani non sono né razzisti né xenofobi. Cosa diversa è invece quanto accade negli stadi calcistici dove giocatori di colore vengono offesi per la loro pelle. L’ultimo in ordine in ordine di tempo, esattamente nella stessa giornata Il giocatore dell’Inter, Mario Balotelli del 20 Aprile, Mario Balotelli giocatore dell’Inter. Attenzione! Balotelli è un maleducato strutturato con tendenze al bullismo e quindi attira su di se molte antipatie, ma da qui ai cori razzisti ce ne vuole. C’è nei nostri stadi una antica cultura razzista che resiste a tutto e a tutti. Allora delle due l’una: o i vertici del calcio italiano e il Governo intervengono ognuno per le proprie competenze per risolvere questo problema con pene severissime per i calciatori che provocano (bianchi o neri poco importa), e senza alcuna indulgenza per il tifo organizzato che si macchia di quest’onta, oppure nessuno si lamenti se poi ci dicono che siamo razzisti. E nessuna giustificazione potrà essere addotta, a maggior ragione quella del Presidente della Federcalcio Giancarlo Abete, che conosco personalmente e che stimo ma che stavolta è andato oltre nella sua difesa d’ufficio, quando ha cercato di trovare le attenuanti generiche al nostro movimento calcistico, “non siamo la feccia del mondo”, ha dichiarato Abete. E invece no, Presidente! Nel calcio siamo la feccia del mondo e la pessima reputazione che godiamo, stavolta è più che giustificata. E tutto ciò perché culturalmente tanti opinion leader di destra o di sinistra, atei o credenti, superficiali o impegnati continuano, in nome di una pseudo passione per i propri colori calcistici, a tollerare e difendere l’indifendibile, anziché prendere la giusta decisione per debellare questo triste fenomeno. Alessandro Pagano sta Europa reagisce flebilmente al fondamentalismo e al terrorismo islamici perché si considera colpevole di esportare la civiltà cristiana. (Marcello Pera, Perché dobbiamo dirci cristiani, Mondadori). E’ sempre la stessa Europa senza anima che rifiuta quella che la sua storia le ha dato, e che ha recentemente impedito di parlare alla Camera dei Lords a Londra a Geert Wilders, leader del PVV (partito della libertà olandese), autore del chiaccheratissimo film Fitna. Il parlamentare eletto nella democratica Olanda, invitato nella Camera dei Lord inglese, non ha potuto esprimersi. Il Regno Unito ha infranto una tradizione liberale vecchia di secoli. Certamente Geert Wilders si è più volte espresso contro l’islamismo integralista, in termini duri e decisi. “Ciò tuttavia non significa che il leader del Partito della Libertà intenda condannare “tutto” l’islamismo e “tutti” gli islamici, come si vuol far credere da certa stampa”. “La sua battaglia - ha scritto l’Associazione Una via per Oriana, che ha portato in Italia il leader del Pvv - contro la violenza e il terrorismo di matrice jihadista al contrario è una battaglia per la pace e contro ogni violenza e contro ogni fascismo. Pertanto è in favore di tutte le popolazioni dei paesi di tradizione musulmana, ostaggio di governi integralisti o di organizzazioni religiose (o pseudoreligiose) che praticano il terrorismo e la violenza”. Certo alcune posizioni di Wilders sono discutibili come quelle in cui equipara la lettura jihadista del Corano al nazismo, ma il leader olandese fa riferimento ai legami storici tra Mussolini, Hitler e l’islamismo politico, come dimostra tutta la biografia del Muftì di Gerusalemme e la divisione di SS arabe che ha combattuto sul fronte della Bosnia. Per questo motivo riteniamo che la decisione del governo inglese sia un suicidio politico e morale, tanto più visto che in Europa e negli USA vengono tollerate manifestazioni, slogan e manifesti che inneggiano alla distruzione dello Stato di Israele e all’uccisione degli ebrei. Intervistato da Asianews Samir Khalil Samir sj, noto islamologo ha affermato che il film Fitna non I sia utile: esso serve solo a provocare i musulmani perché rompano con la violenza, e i non musulmani perché reagiscano e non tacciano. D’altra parte, la reazione britannica non è nemmeno valida: essa non aiuta né i musulmani a fare l’autocritica, né a fermare la violenza in nome dell’Islam. È sempre più urgente un gruppo di musulmani e non musulmani che lottino insieme per la libertà di parola e di coscienza e siano capaci di dialogare; per far crescere l’autocritica delle persone e delle civiltà; separando con precisione religione e politica. Non va in questa direzione le varie querele che va gettando addosso a giornalisti, scrittori, e studiosi, una nota associazione islamica presente in Italia, lo ha scritto Maria Giovanna Maglie su Il Giornale. L’associazione, che opera per terrorizzare invita a risarcire immediatamente i danni patrimoniali e non. Ad oggi oltre alla Maglie, tra i querelati c’è e non poteva mancare, Cristiano Magdi Allam, Valentina Colombo, Souad Sbai, Andrea Ronchi, Andrea Nardi, Antonello Palazzi, Giancarlo Loquenzi, Carlo Panella, Dimitri Buffa, Massimo Introvigne, Alberto Giannoni, Massimiliano Lussana, Andrea Morigi, Ahmad Giampiero Vincenzo, Daniela Santanchè, Yassim Belkazei. Cito qualche giornale: il Giornale, Libero, La Stampa, il Corriere della Sera, Tempi, l’Opinione, l’Occidentale, la Padania. L’elenco, è approssimativo, scrive la Maglie. Ai metodi terroristici tradizionali ora l’islam vicino al movimento dei Fratelli musulmani, ha progettato di aggiungere un altro tipo di jihad, quello che si svolge nei tribunali e che ottiene lo scopo di spaventare personalmente ed anche economicamente. Chiunque, giornalista, politico o studioso che sia, si occupi di islam, rischia di venire citato in tribunale per «oltraggio nei confronti di un gruppo di persone in ragione della loro religione». Gruppi minoritari e perfino isolati nella popolazione musulmana si spacciano per suoi rappresentanti unici. (Maria Giovanna Maglie, Islam, il terrorismo delle querele, 14.4.09 Il Giornale). Domenico Bonvegna I Verdi contro i Verdi Verdi contro i Verdi, si potrebbe sintetizzare. Dire oggi che i gloriosi Verdi, ovvero quelli che della lotta alla difesa dell’ambiente naturale e cittadino, e dunque in primo luogo dell’uomo stesso, avevano fatto la bandiera della loro stessa esistenza, sono sull’orlo dell’estinzione (così come la natura che hanno cercato di difendere) forse è solo un eufemismo. Se i Verdi non vogliono definitivamente scomparire, almeno come tali, debbono ritornare ad imbracciare le armi nonviolente di quel movimento edificato sugli ideali e sul volontariato abbandonato a se stesso da coloro che invece hanno portato i Verdi italiani sull’orlo della scomparsa. I Verdi avevano probabilmente un’ultima chance per non rischiare di scomparire del tutto: alle prossime elezioni Europee, a costo di non eleggere alcun rappresentante al Parlamento europeo, avrebbero dovuto presentarsi da soli e con il proprio simbolo e senza che questo venisse deturpato o mimetizzato. Solo questa scelta avrebbe potuto riabilitare agli occhi dei cittadini i Verdi e le loro uniche peculiarità. Mi riferisco in primo luogo a coloro che anni addietro davano loro il voto garantendone, essi sì, la presenza in ogni parte del territorio italiano e così facendo garantendo quell’osmosi contaminante ecologista che in parte è riuscita a “condizionare” gli amministratori delle città e coloro che promulgano le leggi di Stato e Regioni. Alfio Lisi Politica 6 N° 7/2009 - ANNO XVIII - 15 maggio Il vero successore di Berlusconi, secondo Dario Franceschini, sarà suo figlio Pier Silvio dopo Silvio La dimostrazione? I giochi di Palazzo - Macherio come Versailles U na sola persona ha capito tutto, in questo momento, e mi pare che questa persona sia Dario Franceschini, quando in una sua recente intervista al quotidiano “La Stampa” (27 aprile 2009) ha dichiarato: “Dopo Silvio ci sarà Pier Silvio”. Non che ci sia antipatico, per carità, il rampollo della famiglia Berlusconi. Anzi, è chiaro che l’erede presunto (in anni che auguriamo al Presidente del Consiglio siano lontanissimi) è una persona estremamente aziendale, seria e preparata. Ma tanti avvenimenti, dichiarazioni, giochi di facciata, stanno dimostrando con più o meno garbo che quanto avviene in queste settimane nei saloni delle residenze pubbliche o private di Silvio Berlusconi assomiglia molto più a una trama degna di Versailles che agli uffici della Presidenza del Consiglio. Un lungo servizio sui quarant’anni di Pier Silvio, andato in onda su un Telegiornale Mediaset ha consacrato il ruolo di presenza pubblica del “delfino” naturale e ufficiale, con un commento entusiastico che senza molta discrezione e mezzi termini ha ribadito i meriti e la dedizione al lavoro di questo giovane uomo. Le successive dichiarazioni della signora Veronica sulle veline candidate, hanno consentito di aggiustare il tiro, e la dama, più che una moglie inquieta e aspirante divorziata per disperazione, indispettita dalle affascinanti frequentazioni del marito, ci è sembrata una delle settecentesche mogli del Sultano di Costantinopoli che dedicavano tutta la vita a sorvegliare e riequilibrare il potere di figli e pretendenti all’interno del Palazzo imperiale. Per poi poter diventare un giorno la persona più importante dello Stato: la Sultana Validè, ossia la madre del Sovrano in carica, onnipotente ed ossequiata presenza istituzionale dall’influenza politica incalcolabile. E’ chiaro che per bellezza, intelligenza e per la discrezione che l’hanno caratterizzata, la signora Veronica non ha niente a che invidiare alle madri degli Imperatori islamici. Ma è chiaro anche che le sue dichiarazioni, più che la normale stizza di una moglie che mal sopporta tante ragazze in giro intorno a un importante consorte, a qualcuno sono sembrate un voler spezzare le righe, voler azzerare i conti, proprio nel momento in cui alla corte di Berlusconi sta crescendo l’importanza del ruolo del figlio maggiore. Se dal punto di vista economico non abbiamo alcun dubbio che il Presidente del Consiglio disporrà equamente dei suoi beni, non così sarà per i suoi incarichi aziendali, per quelle posizioni di prestigio del mondo dell’informazione e dell’imprenditoria che oltre e più del danaro, sono in grado di conferire il potere. Ci auspichiamo che le parti in causa sappiano gestire una vicenda così delicata con il buon gusto necessario. Ma certo, come ha sostenuto Rosi Bindi, personaggi così pubblici non possono aspirare al silenzio della stampa. Un uguale silenzio non è stato preteso per la Regina Elisabetta o Piersilvio Berlusconi Terremoto, una catastrofe annunciata R ovinarono in gran parte le Chiese di S.Massimo, di S.Giusta, di S.Agostino, di S.Domenico, di S.Silvestro, di S.Maria in Paganica, ed altre pure assai. Nel Palazzo del Capitanio furono oppresse assai genti, e le strade pubbliche, per i cimenti rovinati, non potean pratticarsi. Fu per ordine del Vescovo fatto un altare in piedi alla Piazza, nel quale fu collocato il Santissimo Sacramento, ritrovato nell’Altare di Colle Majo, e quivi si celebravan le Messe, ed il Popolo stava ad udirle su la Piazza, non si confidando di star sotto i tetti. Furono trovate circa 80 persone sotto le rovine oppresse per questi gran terremoto, oltre molti poveri, che nell’Ospedale di S.Pietro di Sassa, e di S.Giacomo alla porta Paganica perirono. Nel suo linguaggio seicentesco Marcello Bonito, l’Autore del volume Terra tremante, edito a Napoli nel 1691, descrive con precisione gli effetti del catastrofico terremoto che il 5 dicembre 1456 sconvolse L’Aquila e la regione vicina, producendo danni incalcolabili in un’area che risulta identica a quella del recente sisma che tanti morti ha provocato prima di Pasqua. E’ da molti anni, ormai, che gli esperti di sismologia hanno avvertito l’opinione pubblica come non sia ancora possibile prevedere i terremoti ma come sia invece assolutamente certo sapere le aree che saranno interessate dai fenomeni. Più che lo studio delle dinamiche fisiche, è la lettura delle notizie storiche a renderci consapevoli del fatto che quando un terremoto ha colpito una zona, esso si ripeterà nei decenni e nei secoli futuri, con la stessa intensità, le medesime caratteristiche e con una gradazione nella scala Mercalli che esattamente corrisponde a quella già registrata in passato, se si tiene conto dei danni che ci vengono riportati dalle cronache. Insomma, non si conosce il quando ma si conosce il dove. Basterebbe ricordare, a proposito del terremoto del 1980 che sconvolse la Campania e la Basilicata, come la catastrofe si verificò con assoluta precisione nelle stesse aree interessate ad altri fenomeni simili già avvenuti nei secoli passati, ed in particolare nel 1694. I paesi colpiti furono gli stessi, i morti e i danni maggiori si lamentarono negli stessi luoghi. Nel periodo che seguì il sisma, si scoprì che in una provincia come quella di Salerno che aveva avuto tante vittime (si pensi al solo comune di Laviano, completamente raso al suolo e dove morirono circa 300 persone), nessun paese era classificato a rischio sismico. Sarebbe bastato scorrere le pagine di libri non solo antichi o i fogli di un registro parrocchiale, per diventare consapevoli di una realtà fisica ben diversa, e cioè che in molte parti d’Italia il terremoto è sempre in agguato e che quindi può ripetersi con puntuale dinamica. Il libro di Marcello Bonito che costituisce un monumento letterario con la sua immensa per gli affari di cuore del Principe Carlo, e quindi nessuno lo pretenda. Diremo invece che a noi non interessa se un giorno la Presidenza (o le Presidenze) del Consiglio o della Repubblica diventeranno ereditarie. O se questa ereditarietà sarà in linea primogenita o all’islamica, ossia conferita al parente più capace o più anziano. Qualche anno fa, un gruppo di giovani milanesi aveva già proposto che l’Italia diventasse una monarchia e che la corona fosse assunta da Silvio Berlusconi. Che male ci sarebbe? Chi è in grado di gestire il potere liberandosi da eletti, portaborse, ricattatori, affaristi, se lo prenda. I tempi imposero che Napoleone Bonaparte diventasse imperatore dei Francesi; a Firenze i Medici prima di Lorenzo il Magnifico (si pensi a Cosimo il Vecchio) erano i signori di fatto dello Stato senza neppure che uno di loro assumesse cariche ufficiali, e si limitavano a governare “consigliando” i pubblici reggitori; in tante città italiane (come fecero a Mantova i Gonzaga) i Capitani del Popolo trasformarono la loro funzione in principato ereditario. Non troverei niente di male se, mentre Emanuele Filiberto cerca di propagandarsi ballando e candidandosi, il figlio di Silvio Berlusconi si prepara ad una vera successione. “Chi sarà il successore di Berlusconi”, è stato chiesto a Franceschini. E lui: “A volte temo che sarà Pier Silvio, il figlio. Non sto scherzando. In Italia purtroppo nessuno si scandalizzerebbe. Anzi temo che alla gente piacerebbe”. E a tutti e due i coniugi di cui oggi tanto si parla, tanti auguri di felicità e di serenità. Carmelo Currò pubblicamente, in televisione, del perché troppe facoltà italiane continuino a produrre laureati che sono assolutamente inadatti mole di notizie riguardanti l’Italia in cui il fenomeno fu avvertito. ai loro futuri ruoli. Ho ricordae il mondo, ha avuto una gran- E invece no. Ancora una volta to come la vecchia rete di amide fortuna, ed è stato ristampato abbiamo scoperto che tecnici ed cizie e di raccomandazioni sia nel 1980 con molta pubblicità. Si amministratori non si sono nep- in grado di far superare esami, tratta, dunque, di un volume che pure sognati di andare a vedere aumentare i voti, sorvolare su ha avuto notevole circolazione e che cosa sia accaduto nelle loro tesi cretine, introdurre nel mondo che dovrebbe essere conosciu- città e nei loro paesi in passato. del lavoro personaggi che rimanto agli addetti ai lavori, presente Ancora una volta una distratta re- gono per tutta la vita assolute nullinelle biblioteche universitarie, lazione di un qualsiasi laureato (e tà ma che in pratica possono avere utilizzato come manuale di con- si sa come vengono conseguite in mano interi paesi e vite umane. sultazione quotidiana per chi si certe lauree) abbia potuto decidere Se a questo si unisce la cupidigia appresta a costruire e disegnare. la vita di tante persone. Possibile del guadagno, l’avidità di danaro Così come dovrebbero essere co- che, con tanti tecnici e tanti con- che il Papa ha recentemente indinosciuti, consultati, divorati, i vo- sulenti strapagati che affollano gli cato come la vera causa dei granlumi pubblicati da anni dall’Enea enti pubblici italiani, nessun abbia di mali morali ed economici degli e che contengono studi di valore pensato di andare a cercare un libro ultimi tempi, la situazione appare incalcolabile sui terremoti. Mi in biblioteca per rendersi conto di spiegata in tutta la sua gravità. riferisco, ad esempio, a quello di eventuali pericoli che incombeva- Noi possiamo fare molto, oltre Magri e Molin “Il terremoto del di- no sul territorio? Abbiamo sentito che protestare. In primo luogo, cembre 1456 nell’Appennino cen- notizie inimmaginabili che sono al possiamo non rieleggere chi ci ha tro-meridionale”, in cui si trovano limite della fantascienza. Come è deluso, evitando il rispetto umano annotate con estrema precisione possibile introdurre nelle pareti la che ci induce a sopportare, sorrile località che furono colpite, le “plastica espansa”? è vero? perché dere ed affidare la nostra sorte ad descrizioni dei danni e il calco- vi è stata messa? risultava un mate- assoluti incapaci che ci ricambialo dei gradi della scala Mercal- riale insicuro?e se si trovava nelle no con sorrisi e strette di mano. I li dall’epicentro fino alle zone mura della facoltà di ingegneria professori possono bocciare senza a L’Aquila, è remissione chi in università o ai possibile che concorsi si presenta impreparato, sia stata uti- respingendo le raccomandazioni lizzata anche di personaggi che si rivestono di altrove? Gli in- autorevolezza. I sacerdoti o i sinterrogativi che daci possono pretendere relazioni ci attanagliano tecniche e storiche dettagliate, sono molti e prima di affidare a un professiogravissimi. Ma nista la realizzazione dei lavori in probabilmente parrocchia o in un centro abitaanche questi to. Da fare c’è molto ma prima non avranno di tutto, come sempre, c’è da risposta. Come vincere il nostro maggior difetnon avran- to: quello del tacere “perché pare no risposta le brutto”. domande che mi sono fatto C. C. Un’immagine del terremoto in Abruzzo INSERTO Corriere Letterario N° 7/2009 - ANNO XVIII - 15 maggio A cura di Antonio D’Ettoris Il crocifisso del samurai Andrea Bartelloni I l Giappone è un paese lontano da noi non solo geograficamente, ma anche e soprattutto da un punto di vista culturale, filosofico e religioso. Sicuramente non mancano testi e manuali che approfondiscono la storia e la cultura di questo paese, ma, spesso, il romanzo e quello storico in particolare, sono efficaci veicoli di conoscenza. Rino Cammilleri è un autore di saggi e romanzi. Ultimamente ci ha abituati a letture che portano ad approfondire la storia dei periodi in cui si svolgono le vicende raccontate. Non fa eccezione la sua ultima fatica (Il crocifisso del samurai, Rizzoli) che affronta la storia del Giappone, degli anni dal XVI al XIX secolo, attraverso la storia dell’evangelizzazione cristiana. Ne parliamo con l’autore iniziando a chiedergli cosa lo ha spinto ad affrontare questo periodo di storia e della storia di questo particolare paese. Ci sono state, nella storia, situazioni in cui i cristiani perseguitati hanno cercato di difendere il loro diritto alla libertà religiosa con le armi. Questi episodi sono poco conosciuti, anche perché per certa sensibilità odierna il cristiano dovrebbe solo fare il martire e non reagire al sopruso. Ma la Chiesa ha una precisa dottrina sulla «guerra giusta» che il cristiano può, se del caso, intraprendere. Così, ho voluto far conoscere un episodio cruciale della cristianità giapponese, la grande rivolta cristiana del 1638, di cui solo pochi sanno, sebbene sia fondamentale per l’intera storia del Giappone. Letta nella giusta prospettiva, quella cattolica, è ignota anche ai giapponesi stessi. L’evangelizzazione del Giappone ha caratteristiche particolari, ma nello stesso tempo simili a quella delle nazioni “barbare” dell’Europa. Dove stanno le analogie e le differenze? Il primo evangelizzatore, s. Francesco Saverio, si rese presto conto della similitudine: se si fossero convertiti i capi, il popolo avrebbe seguito l’esempio. Così, in breve tempo, parecchi signori feudali del Giappone accettarono il battesimo e i cristiani arrivarono prestissimo alle 300mila unità. Ma fu proprio questo a perderli: quando lo Shogun si accorse che i battezzati obbedivano a Dio piuttosto che a lui, iniziò la persecuzione. C’è una parte del suo libro (la vicenda si svolge tra il 1637 e il 1638) dove i cristiani superstiti della prima evangelizzazione fanno una specie di esame al sacerdote che li trova. Quali insegnamenti possiamo trarne? I gesuiti evangelizzatori avevano insegnato ai loro padri che la Cristianità era divisa e che parte dell’Europa era diventata protestante. I discendenti dei pochi cristiani giapponesi sopravvissuti alle persecuzioni, quando nel XIX secolo incontrarono un missionario, vollero accertarsi che fosse cattolico. Una buona evangelizzazione, operata in profondità e accolta di cuore, non si cancella e, concretizzandosi nella virtù della speranza, attraversa i secoli. Il popolo giapponese ha un carattere estremamente forte, estremo in tutte le sue manifestazioni, è forse questo che ha consentito ai personaggi del suo romanzo di conservare la fede? I personaggi del mio romanzo, tranne pochissimi, sono tutti realmente esistiti. I giapponesi erano (e sono) educati fin da piccoli all’autodisciplina e alla fedeltà fino alla morte alle istanze superiori. I pagani usavano questa loro virtù con l’Imperatore, i cristiani lo fecero (e lo fanno) con Cristo. Nagasaki. È una città che si ritrova spesso come sede di persecuzioni dei cristiani. La bomba atomica del 1945 è forse stata l’ultima di queste? Nagasaki era il porto obbligato per gli occidentali e là si concentrava la maggior parte dei cristiani. Furono decimati là nel 1638 e una seconda volta nel 1945. Le bombe furono due, una a Hiroshima e l’altra a Nagasaki. Ancora oggi, nelle commemorazioni, si usa dire da quelle parti che «Hiroshima protesta, Nagasaki prega». In fondo, tutt’ora gli storici non hanno una spiegazione soddisfacente sul perché si voll e Stefania Limiti L’anello della Repubblica Chiarelettere pp. 337 €. 16,00 Seguendo le tracce del “noto servizio”, il libro rivela il coinvolgimento di questa struttura in tre episodi fondamentali: la fuga del nazista Kappler dal Celio, frutto di un accordo tra governo italiano e tedesco; la trattativa del Vaticano con le Brigate rosse per la liberazione di Aldo Moro; l’accordo con la camorra per la liberazione dell’assessore democristiano Ciro Grillo. Con la prefazione di Giuseppe De Lutiis. I Tableaux firmati da Christofle de Savigny Annarita Angelini (1587) individuano nell’enciclopedia la formula Metodo ed enciclopedia nel più funzionale alla diffusione di un sapere utiCinquecento francese le alla vita, che aggancia alla riforma di Pietro Olschki Ramo gli esiti più aggiornati della cultura tar- 2 vol. pp. 594 €. 63,00 docinquecentesca. Il primo tomo è dedicato al contesto filosofico, scientifico e politico entro il quale si composero i Tableaux; il secondo comprende l’edizione critica del testo cinquecentesco con ampio apparato di fonti e traduzione italiana. Relegate ai margini della lotta per il potere, che Alain Touraine ruolo hanno oggi le donne nel mondo globalizIl mondo è delle donne zato? Come interpretano l’eredità del femminiIl Saggiatore smo? Che definizione danno di sé? Un gruppo di pp. 242 €. 20,00 ricercatori coordinati da Alain Touraine ha posto questi interrogativi a un gruppo di donne di varia estrazione sociale e diversa religione, ottenendone l’unanime risposta: “Io sono una donna, io costruisco me stessa in quanto donna attraverso la mia sessualità”. Un’introduzione alla figura e all’opera di Ingmar Bergman (1918-2007) attraverso l’analisi dei suoi film più amati (Monica e il desiderio, II settimo sigillo, II posto delle fragole, Persona, Sussurri e grida, Fanny e Alexander) e una curiosa incursione nella sua attività di realizzatore di short pubblicitari. A cura di Antonio Costa Ingmar Bergman Marsilio pp. 189 €. 12,50 2 7 Gli ultimi giorni di Benito Mussolini 8 aprile 1945: Benito Mussolini e Claretta Petacci vengono fucilati a Giulino di Mezzegra. Il giorno dopo, i loro corpi - con quelli degli altri gerarchi fascisti uccisi a Dongo - sono esposti a Milano, in piazzale Loreto. La morte di Mussolini chiude tragicamente il ventennio fascista e segna al tempo stesso la fine di una gigantesca caccia all’uomo. Sono in molti a voler catturare il duce, primi tra tutti gli americani, che vorrebbero sottoporlo a un regolare processo. Bruciati dall’azione dei partigiani comunisti, più veloci di loro a mettere le mani sulla colonna in fuga, i servizi segreti statunitensi vogliono capire subito come e perché il loro piano è fallito e incaricano uno dei loro più abili agenti, Valerian Lada-Mocarski, di ricostruire la disperata fuga e la fine di Mussolini. Pochi giorni di indagine sul campo e di colloqui con i testimoni e, dopo una prima relazione più approssimativa, il 30 maggio 1945 l’agente numero 441 dell’OSS è in grado di inviare al suo capo, Allen Dulles, un rapporto definitivo. Ora questo materiale è tornato finalmente alla luce. È un documento in presa diretta, scritto a caldo, che racconta con precisione e uno stile essenziale ma vivido l’episodio più drammatico e significativo della recente storia italiana. Soprattutto, il rapporto di Lada-Mocarski fa piazza pulita, una volta per tutte, delle fantasiose ipotesi sulla fine di Mussolini, a cominciare dalle reticenti ricostruzioni del Partito comunista italiano. Il libro G. Cavalleri, F. Giannantoni, M. J. Cereghino La fine Garzanti pp. 273 €. 16,60 colpire con l’atomica non una ma due volte, e la seconda proprio a Nagasaki. Padre Bernard Petijean, il gesuita al quale viene raccontata l’epopea dei cristiani giapponesi da parte dei discendenti dei superstiti, fa un paragone tra le persecuzioni subite in Giappone e quelle che i cristiani dell’Africa mediterranea subirono da parte dei musulma- Enrico Tiozzo La letteratura italiana e il premio Nobel Olschki pp. VIII-358 €. 34,00 Il presente volume raccoglie il materiale inedito contenuto nell’archivio privato dell’Accademia di Svezia, riguardante i candidati italiani al premio Nobel per la letteratura dal 1901 al 1957. Le lettere di candidatura, i giudizi degli esperti, le motivazioni politiche, le simpatie personali, gli errori di valutazione vengono analizzati sulla base di documenti finora sconosciuti. Il volumeIl volume espone le ricerche più aggiornate sulle delicate e importanti fasi iniziali del collezionismo a Venezia, dal Trecento al Cinquecento, attraverso saggi critici e analisi di casi studio, seguiti da quaranta voci biografiche e da un’appendice documentaria con testamenti e inventari inediti di oggi. Gian Piero Brunetta Il cinema neorealista italiano Laterza pp. XI-313 €. 17,00 ni. Dove stanno, se ci sono le differenze? Tranne alcuni casi, l’Africa romana non subì una persecuzione religiosa ma una conquista militare. I musulmani tolleravano i cristiani, purché restassero nella posizione subordinata di dimmi. Non così in Giappone, dove il cristianesimo, a differenza di tutte le altre fedi (buddismo, shintoismo, confucianesimo), fu quasi completamente cancellato. Hochmann. Luber, Mason Il collezionismo d’arte a Venezia Marsilio pp. 422 €. 35,00 Il cinema del dopoguerra attraversa, in modo più o meno inconsapevole, la storia del paese. Per merito di Rossellini e De Sica, ma anche di De Santis, Visconti, Germi, Lattuada, Soldati, Castellani, Zampa e di titoli che in vario modo rientrano nel campo di tensioni del neorealismo, si assiste a una bruciante scoperta dell’Italia, con tutti i suoi problemi e la sua voglia di ripartire da zero”. Questo manuale non ha la pretesa di insegnare: serve semmai da “buca del suggeritore” per chiunque - giovane e meno giovane - voglia avvicinarsi a un mestiere che, nonostante una certa inflazione e la conseguente qualità al ribasso, non ha ancora perso il suo fascino. Massimo Tecca Il giornalismo sportivo Gremese pp. 156 €. 18,00 LIBRI DA LEGGERE 8 Napoleone Bonaparte Manuale del capo Einaudi pp. XI-99 €. 12,00 In questo libro sono raccolti i pensieri, i consigli, gli ordini, i giudizi, che Napoleone ha dedicato alla difficile arte di comandare, di condurre forze militari, di governare una nazione. L’ultimo fascismo R LIBRI INSERTO oberto Chiarini, ordinario di storia contemporaneamente alla Statale di Milano e presidente del “Centro studi e documentazioni sul periodo storico della Rsi” (con sede in Salò), ne L’ultimo fascismo (Marsilio ed., pp. 144 con ill., € 18) ricostruisce sinteticamente la storia della guerra civile fra il 1943 e il ’45. Guarda essenzialmente al fascismo repubblicano, con una lettura che tiene conto di ricordi e di polemiche del dopoguerra, evitando il più possibile i facili vezzi del “politicamente corretto”. Chiarini ripercorre con durezza limiti, errori, colpe della Rsi. Il dramma di quel fascismo è – forse – sintetizzabile in due affermazioni di Mussolini. La prima è la frase con la quale egli iniziò il discorso da Radio Monaco il 18 settembre del ’43, poco dopo essere stato liberato dalla prigionia e recato in volo da Hitler. “Dopo un lungo silenzio ecco che nuovamente vi giunge la mia voce e sono sicuro che voi la riconoscerete. È la voce che vi ha chiamato a raccolta in momenti difficili e che ha celebrato con voi le giornate trionfali della Patria.” Invece, quella voce non fu riconosciuta, perché non sembrava più quella di Mussolini, tanto era stanca, vecchia, debole. I prodromi indicavano limiti e difficoltà del cammino poi intrapreso. L’altra frase fu pronunciata durante un breve discorso tenuto a un piccolo gruppo di militari, su un palco da comizio di provincia, ben lontano dal balcone di Piazza Venezia: senza il 25 luglio, “a quest’ora io vi parlerei in una piazza del Cairo, non in un sobborgo di Brescia”. Era la tragedia di un uomo che ammetteva la propria sconfitta e che misurava quanto fossero distanti realtà e ambizioni di pochi anni prima dall’amara quotidianità dei giorni sentiti come finali. Marco Bertoncini C Serge Latouche Mondializzazione e decrescita Dedalo pp. 121 €. 14,00 (da un antico detto monastico) a cura di Maria Grazia D’Ettoris L’economia liberale di Luigi Einaudi F rancesco Forte, successore di Luigi Einaudi sulla cattedra torinese di diritto finanziario e scienza delle finanze, poi politico di lungo corso e ministro, oggi acuto osservatore di vicende economiche, politiche e finanziarie, raccoglie nel vasto v o l u m e L’ e c o n o m i a liberale di Luigi Einaudi. Saggi (Olschki ed., pp. XVIII + 368, € 41) un’ampia serie di poderosi e documentati studi sul grande maestro del liberalismo italiano. Forte rilegge Einaudi sia nella prospettiva storica dei suoi tempi, sia per comprenderne gl’insegnamenti sempre attuali che ci ha donato. Gli aspetti della produzione scientifica di Einaudi sono analizzati tanto con vastità di riferimenti, quanto con un esame diffuso dei molteplici settori in cui il gran- Roberto Mazzarella L’uomo d’onore non paga il pizzo Città Nuova pp. 184 €. 13,00 L’Autore disegna una lucida radiografia del fenomeno “mafia”; ne evidenzia le caratteristiche, le attività di mantenimento e sviluppo; ne esplicita la cultura e i valori di cui è portatrice, mettendo in luce, di contro, le forze positive - come l’Associazione” Addiopizzo” - che operano nei più vari ambienti sociali per la promozione di una cultura della legalità. Un libro di denuncia forte e appassionata. Thibault Damour Albert Einstein Einaudi pp. IX-238 €. 18,00 de liberale volle soffermarsi: dalla storia economica, ai tributi, dall’economia di guerra, alla finanza, dall’europeismo, ai monopolii, dal liberismo (molte le pagine dedicate alla polemica con Croce sulla relazione fra libertà etico-politica e libertà economica), alla moneta, dalla scuola, ai rapporti con politici, economisti, studiosi. Ne emerge un compiuto ritratto di Einaudi, che Forte espressamente sente come un maestro (non mancano specifiche pagine dedicate agli allievi di Einaudi). m. b. A cura di aa.Vv. Italia non spagnola e monarchia spagnola tra ‘500 e ‘600 Olschki pp. XII-238 € 25,00 Gli undici saggi qui raccolti ripropongono i frutti ancora attuali di un incontro tenuto a Pisa nel 1998 tra studiosi spagnoli, italiani e francesi sui rapporti tra gli Stati italiani e la Spagna durante il periodo della “preponderanza” di quest’ultima. Tema classico, che è stato considerato in questo caso in un’ottica interdisciplinare e alla luce degli scambi di civiltà (politici, culturali, letterari) che si sono stabiliti fra i diversi poli nel corso del Cinque-Seicento. Si estende su tutti i continenti l’Impero britannico nel 1897. Le Indie, il Sudafrica, il Kenia, il Sudan, la Rhodesia, il Canada, i Caraibi, e poi ancora tutta l’Oceania, persino la gelida Terra di Graham nella penisola antartica. La regina Vittoria può festeggiare il giubileo di diamante del suo regno vantando il più vasto e potente dominio coloniale di tutti i tempi. Ne è trascorso di tempo da quel 20 giugno 1837, quando la diciannovenne Vittoria venne incoronata. Allora la ricchezza della Gran Bretagna era già incalcolabile, la sua flotta e la sua supremazia commerciale, alimentata dalla Compagnia delle Indie orientali, non avevano rivali. Su queste solide fondamenta la regina e Benjamin Disraeli costruirono il loro immenso potere. “Per volontà del cielo” ripercorre l’ascesa della potenza britannica, la storia di sessant’anni di ambizioni e progressi tecnologici, di guerre feroci e di oppressione coloniale. Farian Sabahi Storia dell’Iran 1890-2008 Bruno Mondadori pp. 266 €. 20,00 Per spiegare il presente è necessario conoscere la storia: è intorno a questa premessa che nasce “Storia dell’Iran”, un libro importarne per comprendere una realtà complessa dove il Novecento inizia con qualche anno di anticipo: nel 1890. quando i religiosi stringono alleanza con i mercanti per protestare con un vero e proprio boi- cottaggio - contro la decisione dello scià di dare a uno straniero la concessione del tabacco. Un’alleanza, quella tra religiosi e mercanti, destinata a riannodarsi lungo tutto il secolo e a culminare, nel 1979, nella rivoluzione che trasformerà l’Iran in teocrazia. Un’alleanza che sembra B Tutti sanno che Einstein ha creato la fisica del XX secolo con i suoi lavori sulla relatività e i quanti. Ma cosa sappiamo veramente delle idee fondamentali che ha offerto alla cultura contemporanea? Come vi è arrivato? Che cosa rimane oggi degli sconvolgimenti concettuali da lui inaugurati? Jan Morris Per volontà del cielo Il Saggiatore pp. 503 €. 24,00 CULTURA Una casa senza biblioteca è come una fortezza senza armeria onservali nella tua In una forma accessibile al grande pubblico, Latouche mette a fuoco, con competenza e passione, temi e questioni che riguardano da vicino, oggi più che mai, il presente e il futuro dell’umanità e del nostro pianeta. Nel contesto di una severa analisi della logica dello sviluppo occidentale, interamente votata ai (dis)valori della proprietà e del profitto, sorda agli autentici bisogni delle persone e dell’ambiente, sale alla ribalta l’ambivalente situazione africana. è LEGGERE N° 7/2009 - ANNO XVIII - 15 maggio però compromessa dall’ingresso sulla scena politica dei pasdaran rappresentati dal presidente Ahmadinejad. iblioteca Felipe Fernandez-Armesto Amerigo Bruno Mondadori pp. 221 €. 18,00 Chi era in realtà Amerigo Vespucci, l’uomo al quale la storia ha deciso di intitolare un intero continente? Protettore di prostitute, mercante di gioielli, stregone dedito alle pratiche di magia: con le sue contraddizioni e le sue zone d’ombra, Amerigo incarna l’emblema dell’avventuriero moderno, capace di fallimenti disastrosi e imprese straordinarie. Giovanni Codovini Geopolitica del conflitto arabo israeliano palestinese Bruno Mondadori pp. VIII-311 €. 20,00 Calando la lettura degli eventi nella cornice dei delicati equilibri geopolitici mediorientali e mondiali, l’autore amplia la nostra visione del conflitto e della questione israeliano palestinese, esaminandola da un’angolazione più complessa, capace di coniugare il rigore dell’indagine storica all’attualità scottante dell’analisi geopolitica, geoeconomica e geoculturale. Enrico Castelnuovo Arte delle città, arte delle corti Einaudi pp. XVI-109 €. 18,50 A partire dalla nascita della nozione dello stile gotico in architettura (opus francigenum), “Arte delle città, arte delle corti” illumina, attraverso la produzione artistica dei principali centri propulsori, gli scambi intercorsi tra l’arte italiana e quella d’Oltralpe dal tardo XII al XIV secolo. A cura di Alessandro Campi e Angelo Mellone La destra nuova Marsilio pp. 205 € 11,00 La trasformazione della destra come categoria politica si intreccia con l’emersione di nuove sfide sociali - la sicurezza individuale e sociale, il rapporto tra immigrazione e cittadinanza, la riforma del welfare state, l’emersione della questione ambientale - che superano le vecchie dicotomie e le ridefiniscono in chiave di modernizzazione dell’offerta politica. Religione N° 7/2009 - ANNO XVIII - 15 maggio La guerra del comunismo alla religione Domenico Bonvegna A vent’anni di distanza dall’abbattimento del Muro di Berlino, il mensile cattolico di informazione e formazione apologetica Il Timone, nel numero di Marzo ha proposto un Dossier, dal titolo, Chiesa perseguitata nell’Europa dell’Est, per ricordare le persecuzioni che la Chiesa Cattolica ha subito in Urss e in tutti i Paesi dell’est, dalla fine della seconda guerra mondiale fino al 1989. “Sono cifre importanti e dimenticate, o forse addirittura mai conosciute se non dagli specialisti. Infatti, fa scalpore il fatto che ancora oggi, vent’anni dopo la caduta dei regimi comunisti dell’Est europeo, la memoria della persecuzione religiosa subita da quei popoli – ben superiore a quella patita dai soli cattolici, basti pensare alle Chiese ortodosse in Russia, Romania, Bulgaria, Albania – stenti a penetrare nella cultura condivisa degli europei”. Il costo umano totale del comunismo in Russia e in Europa, deve ancora essere approfondito, si parla di quasi 100 milioni di morti. A vent’anni dalla caduta del più grande impero della Storia, quello sovietico, è necessario fare un esame approfondito di quello che è successo al di là della Cortina di Ferro, per dare un giudizio storico a quello che realmente è stata l’ideologia socialcomunista. Un ottimo contributo lo potrebbe dare il recente film, Katyn, un vero e proprio capolavoro del regista Andrzey Wajda, che racconta il massacro delle milizie sovietiche di oltre 22 mila ufficiali polacchi. Ma anche Katyn si è imbattuto nella censura silenziosa dei guardiani della memoria. Victor Zaslavsky intervistato da Tempi, non riesce a comprendere il boicottaggio. E’ il segno che in Italia A cura di Maurizio Tagliaferri Pier Damiani L’eremita, il teologo, il riformatore (1007-2007) Edb pp. 4000 €. 28,00 La riforma monastica ed ecclesiastica del secolo XI, l’azione politica e spirituale, le relazioni di ampio respiro sono solo alcuni dei motivi che segnalano Pier Damiani fra gli intellettuali più raffinati e dinamici del tempo. Eremita, teologo, riformatore: questi i nuclei attorno a cui si sono mossi i vari contribuiti degli studiosi, che ben sintetizzano la complessità di una vita spesa “tra cielo e terra”. Suor Emmanuelle Straccivendola con gli straccivendoli Messaggero pp. 160 €. 20,00 In questo suo libro suor Emmanuelle racconta lo choc del suo incontro con gli abitanti delle baraccopoli della capitale egiziana. Nel 1972, a sessantatré anni, sfidando il fango, i topi, le malattie, le botte date alle donne, suor Emmanuelle fa sorgere scuole, cooperative, dispensari e rivela la loro dignità a quei paria del Cairo che sono gli straccivendoli. manca ancora una sensibilità storica, culturale. Il film di Wajda per Zaslavsky spiega come pochi altri cosa fu il Novecento e cos’è l’ideologia. Si riuscirà a far diventare l’anticomunismo come lo è l’antifascismo un modo di pensare condiviso da tutti? La risoluzione su “coscienza europea e totalitarismi”, proposta recentemente dall’onorevole Mario Mauro e di altri 10 deputati del Gruppo del Partito Popolare europeo, va in questa direzione. La risoluzione chiede che l’Europa riconosca il totalitarismo comunista come parte integrante e terribile della storia comune d’Europa e che la responsabilità per i suoi crimini sia accettata a livello europeo, così come da decenni si agisce per i crimini del nazismo e del fascismo. “Infatti, una persona con meno di trent’anni, cresciuta in un Paese occidentale, dove ha frequentato le scuole in cui sono adottati gli attuali libri di testo di storia (salvo poche eccezioni), rischia veramente di non conoscere che cosa il comunismo abbia rappresentato nella storia europea o, peggio, di riceverne un’interpretazione stravolta dell’ideologia”. Purtroppo anche negli ambienti anticomunisti è difficile incontrare la percezione dell’importanza della persecuzione religiosa nell’opera di distruzione della società dell’Est. Si comprende la devastazione economica che ha causato il totalitarismo comunista, ma si fa fatica a cogliere la “catastrofe antropologica” prodotta perseguendo la religione, facendola, di fatto, scomparire. Marta Dell’Asta, direttrice di La Nuova Europa, a questo proposito ha detto che l’eliminazione violenta della fede dalla vita delle varie società dell’Est ha avuto una profonda incidenza sull’aspetto spirituale e materiale di questi paesi. Tagliando i legami con il passato, i comunisti hanno fatto perdere la speranza nel futuro. Le società dell’est impregnate di violenza, I L Bernard Sesboue Fuori dalla Chiesa nessuna salvezza San Paolo pp. 344 €. 34,00 Una biografia essenziale, che segue le tappe, tra vita attiva e contemplativa, penitenza ed entusiasmo, di un cammino che per 44 anni porta san Leonardo in missione in innumerevoli città italiane, dove raduna, intorno alla Croce, folle alle quali raccomanda, da autentico figlio di san Francesco d’Assisi, santità di vita e preghiera incessante. Francesco di Sales, Giovanna Chantal Missione e spirito Città Nuova pp. 72 €. 4,50 Nel 1604 Francesco di Sales incontra a Dijon Giovanna di Chantal. La profonda amicizia spirituale che subito li lega è all’origine della Congregazione femminile della Visitazione di Santa Maria che Francesco di Sales fonda ad Annecy nel 1610. In essa la vita comune di contemplazione viene unita ad una vita di azione nell’esercizio della carità verso i poveri e gli ammalati. “Fuori dalla Chiesa nessuna salvezza”. Come comprendere questo detto? È la domanda che si pone il teologo Bernard Sesboué. Non costituisce l’espressione più compiuta di un atteggiamento di esclusione nei confronti di tutti quelli che non condividono la fede cattolica? “Maria non è mai stata una causa di separazione tra Giancarlo Bruni le Chiese. Al contrario, essa ne è diventata la vittima, Mariologia ecumenica addirittura l’espressione esacerbata. Su di lei si poEdb larizzano e in lei si riflettono numerosi altri fattori di pp. 576 €. 44,90 disunione”. In questo modo netto e deciso si esprime il documento ecumenico di Dombes sulla Madonna. Lucia e Francesco A tu per tu con il diavolo San Paolo pp. 240 €. 13,00 Una famiglia normale, un lavoro ben avviato, due figli. L’esistenza di Lucia e Francesco (nomi di fantasia per tutelare la privacy degli autori) è sconvolta improvvisamente da malattie inspiegabili, rumori improvvisi, folate di aria gelida, percezione di presenze ostili, difficoltà sul lavoro. Inutili le visite da psichiatri e specialisti, fino alla scoperta sconvolgente di essere oggetto delle attenzioni del Demonio. Nella società francese del XIX secolo, cattoliYves Ledure cesimo sociale e questione ebraica si incontrano Antisemitismo cristiano? e si incrociano. Con l’avvento del capitalismo, Il caso di Leone Dehon il rapido sviluppo dell’industria trova ingenti Edb risorse presso i grandi esponenti della finanza pp. 216 €. 16,60 del tempo, in larga parte ebrei, come i Rotschild o i Pereire. Questa configurazione genererà una situazione sociale catastrofica per il mondo del lavoro e una ventata antigiudaica molto marcata nella seconda metà del secolo. Essa investirà anche la maggior parte degli attori sociali cattolici dell’epoca, fra cui p. Leone Dehon. hanno prodotto il calo demografico, l’alcolismo, la crisi della famiglia, i suicidi. Due anni dopo la caduta del Muro, i vescovi europei dell’est, dell’Europa centrale e occidentale si sono riuniti insieme per la prima volta, in un Sinodo speciale, hanno stilato un vero e proprio Manifesto programmatico per la riconquista dell’Europa alla fede cristiana, un documento di fondamentale importanza, non solo perché gettavano le basi per una nuova evangelizzazione dell’Europa dopo la caduta dei regimi comunisti. I vescovi ricordano che quanto è accaduto in Europa oltre alle ragioni economiche e politiche, ci sono sicuramente delle ibri dello Katalin Soltész Frattaioli Leonardo da Porto Maurizio Città Nuova pp. 112 €. 9,00 Riflettiamo con i Libri 9 S pirito Rinaldo Falsini Celebrare e vivere il mistero eucaristico Edb pp. 160 €. 14,00 Il volume vede la luce a pochi mesi dalla scomparsa dell’autore, ma da lui era stato fortemente voluto, tant’è che egli stesso aveva affidato alle EDB l’incarico di provvedere alla cura redazionale di una selezione di articoli e studi che aveva pubblicato nell’arco di un trentennio. Il suo insegnamento assume così un carattere profetico e testamentario. Godfried Danneels Non abbiate paura... Edb pp. 72 €. 4,90 A volte si punta il dito anche contro il cristianesimo e più di una persona ha preso le distanze dalla propria educazione cattolica, ritenendola responsabile di ‘tarpare le ali’ rispetto alla possibilità di inseguire i propri desideri. Il cardinale Danneels invita ad andare alle vere cause di tanto malessere, a non conformarsi alla mentalità del secolo, a superare un’immotivata condizione di vergogna, a non avere paura di annunciare a chiare lettere il messaggio del Risorto: “La pace sia con voi!”. ragioni soprannaturali; la caduta del comunismo sa del miracoloso. Soprattutto i vescovi ricordano che i problemi non sono finiti, l’ideologia comunista ha lasciato profonde ferite nelle persone che gli sono sopravvissute, sia di natura morale sia materiale. E ricordano che “Il crollo del comunismo mette in questione l’intero itinerario culturale e socio-politico dell’umanesimo europeo, segnato dall’ateismo non solo nel suo esito marxista”. Invitano a ripensare completamente la storia dell’Occidente dal Rinascimento ad oggi, evidenziando quelle tappe che hanno poi portato agli orrori dell’ideologia marxista. Maria Tondo Con Maria di Magdala Edb pp. 208 €. 15,70 Maria di Magdala, di cui parlano i Vangeli di Luca e Giovanni, è diventata soggetto della narrativa e dell’arte lungo i secoli. I credenti la contemplano come la discepola del Signore. “Tale io la vedo e voglio continuare a guardarla come fonte d’ispirazione. Quando mi accosto al giardino pasquale per capire “chi cerco” nella mia vita, trovo in lei la risposta soprattutto nei momenti di assenza e di perdita.” (dalla Introduzione). A cura di G. Giorgio e M. Melone Credo nello Spirito Santo Edb pp. 240 €. 21,60 I saggi raccolti nel volume rappresentano i contributi offerti all’XI Simposio della SIRT in collaborazione con il Servizio nazionale per il progetto culturale della CEI: essi vertono attorno all’ottavo articolo del simbolo apostolico “Credo nello Spirito Santo” e si dedicano a una ricognizione, complessa ma stimolante, delle questioni connesse alla figura e al ruolo della terza persona della Santissima Trinità. Economia 10 Libretto casa bocciato già otto volte Corrado Sforza Fogliani Presidente Confedilizia L a crisi finanziaria in atto (che trova la sua prima origine nel fatto, creduto per più anni, che fosse possibile creare ricchezza prescindendo dall’economia reale, l’unica che produce invece concreta ricchezza) non ha insegnato nulla ai sostenitori del lavoro “buroindotto” (indotto da prescrizioni della burocrazia, cioè). Anzi, il terremoto in Abruzzo - per rimediare ai cui danni occorrono risorse vere, che non vanno perciò distolte da questo obiettivo per essere destinate a spese improduttive - ha paradossalmente consentito ai professionisti (e ai politici che ne cercano il facile consenso, a spese dei terzi) di rilanciare la vetusta idea di dotare ogni unità immobiliare di un “libretto casa”. L’idea - nata, ovviamente, per iniziativa di tecnici - risale al Governo D’Alema e quindi a più di 10 anni fa. Ma da allora ad oggi, i Giudici non hanno mai voluto saperne e, sempre investiti della questione dalla Confedilizia, l’hanno bocciata con ben 8 decisioni: una della Corte costituzionale, tre del Consiglio di Stato, due del Tar Lazio e due del Tar Puglia. Ma tant’è: ora, per rilanciare il “libretto” e sottoporre condòmini e proprietari di casa in genere alla spesa-tassa relativa (circa 5mila euro almeno, per appartamento), si sfrutta anche il terremoto, che pure con il libretto in questione non c’entra niente. Sarà allora bene ricordare che il Tar Lazio (con sentenza integralmente confermata dal Consiglio di Stato) ha sottolineato che il libretto casa non fa che mettere insieme documenti e dati già noti. I giudici amministrativi l’hanno proprio per questo - nella citata decisione, e tanto per citarne una - cassato, testualmente rilevando come il libretto non possa “legittimamente essere il duplicato dei dati già acquisiti o esistenti presso la P.A. e che sono richiesti sol perché essa non è in grado di ordinarli e valutarli correttamente” ed aggiungendo, anche, che è “illegittima l’imposizione di oneri complessi e di peso eccessivo per tutti i tipi di edifici”. Il Tar ha altresì detto che accertamenti generalizzati sono consentiti solo in caso di evidente, indifferibile necessità (argomento che non può essere superato solo cambiando le prescrizioni previste per l’erezione del libretto). E la Corte costituzionale - dando una sonora lezione di (vera) socialità ai politici che l’avevano varato - ha duramente condannato l’imposizione, attraverso l’obbligatorietà del libretto, di oneri gravosi a tutti i proprietari di casa e, quindi, anche a quelli di più modeste condizioni economiche. Molti dei quali hanno problemi economici quotidiani, con i quali mal si accoppia il solo obiettivo di procurare lavoro ai professionisti. L Tutti i principali aspetti dello sviluppo del sistema imprenditoriale vengono analizzati nei capitoli di questo libro, sia per quanto riguarda le tipologie d’impresa sia per quel che concerne la relazione con il sistema istituzionale. Un forte accento viene posto sull’azione e la responsabilità di imprenditori e manager, determinanti nel configurare assetti direzionali da cui è dipeso il successo economico delle loro organizzazioni. Donald Thompson Lo squalo da 12 milioni di dollari Mondadori pp. 370 €. 18,00 Don Thompson Racconta il modo di operare delle case d’aste (colossi come Christie’s e Sotheby’s), ma anche di galleristi e collezionisti, e ci svela la psicologia sottesa a questo particolare mercato, mostrando quanto esso sia connotato da smania di possesso, ricerca di status, potere del brand e da clamorosi conflitti di interesse, esattamente come molti altri sistemi economici. A cura di Gianfranco D’Ettoris È COMUNE L’INTERCAPEDINE ESISTENTE TRA IL PIANO DI POSA DELLE FONDAZIONI E IL PIANO TERRA Si domanda se l’intercapedine esistente tra il piano di posa delle fondazioni e il piano terra di un edificio condominiale possa ritenersi di proprietà comune. Al quesito ha risposto la Cassazione, la quale ha precisato che lo spazio di cui trattasi, “se non risulta diversamente dai titoli di acquisto delle singole proprietà, appartiene, come parte comune, a tutti i condòmini”, in quanto destinato “all’aerazione e alla coibentazione del fabbricato” (sent. n. 3854 del 15.2.’08). AGENZIA IMMOBILIARE E DIRITTO DI PRELAZIONE Si domanda se vada riconosciuto il diritto di prelazione al con- Affitti e condominio Confedilizia risponde La rubrica fornisce risposta solo a quesiti di interesse generale. Non saranno, pertanto, presi in considerazione quesiti né a carattere personale né relativi a questioni già pendenti innanzi all’Autorità Giudiziaria. I quesiti vanno inoltrati alla Confedilizia tramite le oltre 200 Associazioni territoriali aderenti alla stessa e presso le quali è possibile attingere anche ogni ulteriore informazione. Per gli indirizzi delle Associazioni consultare i siti www.confedilizia.it www.conf ed il iz ia.e u oppure telefonare al numero 06.67.93.489. duttore che svolga nell’immobile a lui locato l’attività di agente immobiliare. La risposta è positiva, purché l’attività di intermediazione immobiliare sia rivolta a soddisfare le esigenze di una indistinta generalità di persone, “raggiunta attraverso la diffusione dei messaggi tipici per tale tipo di attività (inserzioni sui giornali, cartelli affissi all’esterno dei locali da affittare o vendere, manifesti, ecc.) ed incanalata attraverso tali messaggi verso la sede dell’azienda” (Cass. sent. n. 1363 del 20.1.’09). DIVIETO DI BATTITURA DEI TAPPETI In un condominio è stato deliberato - a maggioranza - di aggiungere ai divieti già elencati nel regolamento anche quello di battitura dei tappeti. Si chiede un parere al riguardo. “E’ nulla la delibera con cui l’assemblea condominiale abbia, a semplice maggioranza e non all’unanimità, deliberato di aggiungere ai divieti già elencati dal regolamento la voce battitura tappeti” (Trib. Brescia, sent. n. 3066 del 6.7.’00). Indagine conoscitiva sulla finanza locale a Confedilizia l’ha proposta nel luglio dell’anno scorso. Il Parlamento l’ha varata alla fine di gennaio, dopo soli 6 mesi. Dobbiamo esserne grati (per la sensibilità portata al tema) alla presidenza, ed ai rappresentanti dei gruppi parlamentari, della Commissione Bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei deputati. Parliamo dell’Indagine conoscitiva sulla finanza locale. La stessa – come risulta dal suo “programma”, ufficialmente adottato dalla precitata Commissione – dovrà fra l’altro soffermarsi (ed in questo esattamente consisteva la proposta della Confedilizia) ad analizzare “l’effettiva gestione economico-finanziaria de- Franco Amatori La storia d’impresa come professione Marsilio pp. 627 €. 45,00 N° 7/2009 - ANNO XVIII - 15 maggio gli Enti locali, anche al fine di valutare l’adeguatezza dei controlli previsti dal nostro ordinamento”. A tale proposito – dice testualmente il documento parlamentare – “appare significativa la circostanza che nel nostro Paese il sistema dei controlli è incentrato su forme di verifica di carattere essenzialmente interno, affidate ad un organo di revisione i cui componenti sono nominati dagli stessi enti locali mentre i controlli affidati alle sezioni regionali della Corte dei conti, che pure sono stati potenziati e aggiornati, in molti U tilità John Naish Basta! Fazi pp. 229 €. 16,50 Oggi, grazie alle moderne tecnologie, viviamo addirittura nell’eccesso: abbiamo molto più di quanto sia mai possibile usare, godere, permetterci. Ciò nonostante, continuiamo a volere di più, con la conseguenza che, pur di seguire questo istinto, finiamo per ammalarci, stressarci, ingrassare, arrabbiarci e indebitarci. Per non parlare delle ripercussioni sull’ambiente. Adesso è giunto il momento di smettere. Nino Luca Parentopoli Quando l’università è un affare di famiglia Marsilio pp. 315 €. 18,00 “I nostri figli sono più bravi perché hanno la forma mentis tipica di noi professori”. È normale, per questo docente, che il figlio abbia vinto il concorso universitario. È una questione di geni, di educazione, di ambiente. Una “selezione naturale”. Da questa storia pubblicata sul sito del Corriere.it è nato un libro-inchiesta, scritto grazie alle centinaia di e-mail spedite da tutta Italia. casi si limitano ad aspetti di carattere formale e sono, comunque, prevalentemente indirizzati agli stessi enti interessati dai controlli”. Con riferimento a tale ultimo aspetto – continua ancora il programma dell’Indagine – oltre ad un esame dell’effettivo funzionamento dei controlli previsti dalla legislazione vigente, appare opportuno svolgere un’analisi di tipo comparato dei sistemi di controllo sull’autonomia contabile e finanziaria degli Enti locali previsti nei principali ordinamenti continen- tali, che in molti casi consentono agli organismi di controllo interventi particolarmente incisivi ed efficaci. “Tale analisi – conclude in punto il documento parlamentare, ed è proprio quanto voleva la Confedilizia – potrebbe, infatti, consentire di individuare misure utili ad una migliore gestione delle risorse da parte degli Enti locali, le quali potrebbero tradursi in concrete proposte di riforma della normativa vigente”. C. S. F. A cura della CONFEDILIZIA di Crotone - Via Lucifero 40 - Tel. 0962/905192 Sito Internet: www.godel.it/confediliziakr G. Ciccarone, C. Gnesutta Moneta e finanza nell’economia contemporanea Carocci pp. 352 €. 28,50 Il libro illustra il funzionamento del sistema finanziario e la condotta della politica monetaria agli studenti dei primi anni delle lauree triennali e a tutti i lettori interessati alle attuali dinamiche finanziarie. Si analizzano le istituzioni monetarie e finanziarie e ciò che determina i prezzi dei titoli, la struttura dei tassi d’interesse, i tassi di cambio e l’ammontare del credito e della moneta. Luigi Furini L’Italia in bolletta Garzanti pp. 185 €. 11,00 Fino a pochi anni fa, gli italiani erano un popolo di risparmiatori. Oggi non più. Luigi Furini compie un viaggio-inchiesta tra gli italiani ormai strozzati dai debiti. Furini ci fa capire perché questa crisi ci sta toccando tutti e di certo non bastano gli inviti all’ottimismo, i salvataggi miliardari delle grandi banche e dei banchieri (gli stessi che ci hanno portato fino a questo punto) o le sparate demagogiche a rimetterci in carreggiata. Orazio Carabini Generazione no risk Elementi di autodifesa per risparmiatori Fazi pp. 212 €. 18,00 Lo scenario finanziario sembra molto tragico: era dai tempi della Grande Depressione, infatti, che non si verificava una congiuntura tanto negativa come quella degli ultimi due anni. Ma come è possibile difendersi? E cosa bisogna sapere per non ripetere gli stessi fatali errori? Grazio Carabini, analista del “Sole 24 Ore”, spiega, senza annoiare con formule matematiche o richiami giuridici, poche semplici regole da seguire. Andrea Zanzotto In questo progresso scorsoio Garzanti pp. 127 €. 13,00 Una certa teoria del progresso, sordida e indifferente all’etica, rischia di portarci verso l’autodistruzione. Sono riflessioni come queste ad angosciare oggi Andrea Zanzotto, maestro di coscienza, oltre che autore di versi fra i più importanti e profetici del Novecento. In queste conversazioni, frutto di una lunga amicizia e consuetudine, il poeta ripercorre con Marzio Breda la propria esperienza umana, culturale e creativa. Politica N° 7/2009 - ANNO XVIII - 15 maggio 11 Verso un «nuovo» 25 Aprile Oscar Sanguinetti T orna, puntuale come ogni anno dal 1945, il 25 Aprile. Nominalmente questa festa ha lo scopo di commemorare l’avvenuta liberazione dell’Italia dalla tragica occupazione del Terzo Reich nazionalsocialista e dall’ultimo regime mussoliniano e, inevitabilmente, le tante vittime: italiani e stranieri, militari e civili – caduti, giustiziati, torturati, deportati, in qualche modo colpiti nella salute, negli affetti o nei beni –, che questo sforzo collettivo è costato. Se cerchiamo di capire, in ordine di importanza, quali sono stati gli artefici di questa liberazione, al primo posto, ovviamente, non si possono non situare gli eserciti alleati: americano, inglese e della Francia Libera — con tutte le loro le propaggini coloniali: marocchini, maori, sikh, canadese, polacco, sudafricano, neozelandese, australiano – che hanno sconfitto militarmente le forze germaniche. Quindi il contingente italiano che dopo l’8 settembre 1943 iniziò ad affiancare gli Alleati nella riconquista della Penisola, combattendo con valore a Mignano Montelungo (Caserta) e Filottrano (Ancona). Solo dopo, quindi – non me ne voglia il Presidente Giorgio Napolitano, il quale nel suo discorso del 23 aprile a Forno di Coazze, in provincia di Torino, ha detto che la lotta partigiana fu «decisiva» e «determinante» –, vengono le formazioni irregolari promosse nel Centro-Nord innanzitutto da resti dell’esercito nazionale e poi anche dai partiti politici rinati dopo il ventennio autoritario: partigiani monarchici, azionisti, cattolici, socialcomunisti. Infine, vengono i privati cittadini, di tutti i ceti, che parteciparono alla lotta clandestina o furono coinvolti nel conflitto uti singuli. Fra costoro le vittime furono altissime: vittime di rappresaglie ed eccidi, persone arrestate perché ritenute sostenitori dei partigiani, semplici ostaggi, militari internati in Germania, civili e soldati arruolati nelle organizzazioni di lavoro forzato come la Todt. La celebrazione dovrebbe quindi seguire questa scala di precedenze e aprirsi con un tributo di onore ai tanti caduti alleati, da Salerno a Cassino, da Anzio fino alla Linea Gotica. In realtà, fin da principio le commemorazioni annuali della liberazione hanno seguito un altro e ben diverso copione: la componente del fronte resistenziale che, sovvertendo le precedenze, ha fatto la voce più grossa, indossando i panni del vincitore unico e definitivo, sono stati i reduci e gli epigoni delle formazioni armate socialcomuniste, inquadrati nell’Anpi, che un po’ alla volta è riuscita a eclissare tutto il resto della galassia associativa dei combattenti e dei resistenti trasformando il 25 aprile in una festa politica. Ovvero in un momento vessillare della solidarietà «ciellenistica» del 19431947, il cui ripristino è stato l’obiettivo costante delle forze di estrema sinistra dal 1948 in avanti, cioè un’occasione per ribadire Italiani in festa il 25 aprile 1945 che questa formula politica «escludente» era la sola legittimata a governare il Paese in quanto artefice unica della liberazione e della costruzione della Repubblica. Nonostante il riequilibrio imposto dalla riedificazione dello Stato di diritto, dalla nuova Costituzione e dalla rinascita di una nozione meno ideologica dell’identità nazionale con le elezioni del 1948, da una certa data in avanti il 25 aprile ha rappresentato costantemente l’occasione per lanciare al Paese il messaggio che vi era una parte degl’italiani legittimata a dirigere e un’altra – quanto grande fosse non importava – a subirne la volontà. Gli esclusi ovviamente erano i reduci dell’esperienza fascista sconfitta, i monarchici, i conservatori, i moderati, i cattolici «integralisti», gli anticomunisti, e via via sempre più selettivamente anche non pochi dei compagni di strada, a partire dai partigiani non comunisti alla Edgardo Sogno o alla Randolfo Pacciardi. L’antiamericanismo delle sinistre – in forte crescita negli anni della guerra del Vietnam del Sud (1962-1975) e il suo forte residuare successivo – faceva poi automaticamente mettere in secondo piano – se non proprio tacerlo – anche ai massimi livelli di autorità il ruolo svolto nella liberazione dalla coalizione militare anti-hitleriana messa in atto sotto la regia americana. Oltre a ciò, si dimenticava, ancora, che il fascismo era imploso da solo, che la Repubblica di Mussolini aveva oggettivamente attenuato il peso della vendetta germanica contro l’alleato traditore, che ben ottocentomila giovani italiani non erano, come tanti altri, andati a ingrossare sui monti le formazioni partigiane per sfuggire ai «bandi Graziani», ma avevano scelto di difendere a modo loro l’onore italiano e avevano combattuto con valore contro gli Alleati, che chi si arrogava il ruolo di nucleo «motore» della Resistenza era prevalso solo grazie ad altri, che i martiri della lotta non erano stati solo i comunisti, che enormi erano state le sofferenze di tutti gl’italiani e che queste talora erano state acuite proprio dal modo – cioè con pochi scrupoli, secondo i canoni della guerra sovversiva rivoluzionaria insegnata a Mosca – con cui le formazioni terroriste comuniste nelle città del Centro e del Nord avevano agito contro tedeschi e quadri fascisti. Se questo squilibrio di toni, se questa distorsione di visuale può essere comprensibile nell’immediato dopoguerra, quando l’abbrivio e le passioni della lotta sono ancora intensi, non si può certo giustificare nel prosieguo. Il 25 aprile non è mai stata una festa nazionale veramente e collettivamente sentita, nonostante il peso straordinario messo sulla bilancia in ogni occasione dalle istituzioni nazionali e locali. E questo non certo per l’offuscamento dell’icona resistenziale verificatosi oggettivamente negli anni dei governi democristiani – la mitologia resistenziale sarà rilanciata con straordinaria veemenza non appena saliti al potere i socialisti nel 1963 e conoscerà l’acme negli anni della devastante ventata neocomunista post-sessantottina –, ma perché l’appello era sentito in ultima analisi solo da una percentuale nemmeno elevatissima del corpo nazionale. In quella data, infatti, non tutti potevano gioire: per esempio i vinti del 1945, i congiunti – o semplicemente gli spettatori: mia madre mi raccontava delle montagne di cadaveri di militi fascisti e di civili che vide accatastati al Cimitero Maggiore di Milano nei giorni seguenti il 25 aprile 1945… – delle vittime della feroce e prolungata vendetta antifascista del 19451948, i cui estremi e le cui dimensioni solo ora stanno affiorando, insieme ai resti dei sepolti nelle fosse comuni e i familiari degl’«infoibati» dai comunisti jugoslavi. Senza dimenticare gli orfani dei morti nei bombardamenti dell’air force alleata, reclamati – pare – dal direttivo del Cln Alta Italia, le contadine «marocchinate» nei dintorni di Cassino, e i reduci dai duri campi di prigionia alleata. Infine, gli anticomunisti, cattolici e non, politicizzati e non, che vedevano esaurirsi un po’ alla volta la virata contraria al «vento» della Resistenza che il 1948 aveva impresso al Paese, così come, in generale, tutti coloro che capivano che l’enfasi sulla Resistenza e sulla Resistenza «rossa» avevano un carattere fondamentalmente fraudolento e ricattatorio. Così come la maggioranza degl’italiani, “anti-politica” da sempre, ma ancor di più dopo l’8 Settembre, in quella data ha sempre pensato piuttosto ad “andare al mare”, che non a scendere in piazza. Non voglio, dicendo quel che dico, porre sullo stesso piano nulla: anche in una guerra civile esistono ragioni e torti oggettivi, che non sono cancellati dalle scelte personali ed è più che ne astratte, all’ulteriore appesantimento della sfera pubblica, ai sacrifici patiti dell’accoppiamento di una sempre più rigorosa – e costosa – applicazione del «politicamente corretto» imposto dalla sfera politica con una carenza sempre più evidente di strutture efficienti di servizio e di sicurezza personale. Anzi, c’è addirittura chi parla di ripristinare la festa del 20 settembre 1870, quando la Roma di Pio IX fu occupata dal Regno d’Italia, una festa messa in sordina dal Concordato del 1929 e che solo i circoli anticlericali e le logge massoniche continuano a celebrare, così avremmo non una ma due ricorrenze altamente divisive, una che celebra la vittoria nella guerra civile, l’altra che solennizza la sconfitta politica e, anzi, preconizza l’imminente tramonto spirituale – questa volta non di un semplice partito o di un regime, ma – della Chiesa cattolica stessa. La discrasia fra la sfera dei presunti valori Silvio Berlusconi che durante la celebrazione del 25 Aprile legittimo per il Paese celebrare un evento importante come la Liberazione. Voglio solo denunciare un uso abusivo e ripetuto di una commemorazione piegata a finalità diverse da quelle «naturali» e accompagnata da pesanti omissioni e palesi ingiustizie. Se la giornata di aprile fosse stata promossa e vissuta con un diverso spirito, avrebbe potuto davvero diventare festa di tutti, la vera giornata della riconciliazione nazionale dopo le lacerazioni e i lutti di un quinquennio devastante. Ma non è andata così e gli appelli a «[…] ricomporre in spirito di verità la storia della nazione, la storia della Repubblica, per giungere finalmente ad un comune sentire storico», come auspica oggi il nostro Presidente, si rivelano forzatamente sterili. Molta acqua è passata sotto i ponti, ma nulla pare incrinare la ferrea determinazione di alcune residuali forze politiche di trasformare – fra ancor flebili distinguo delle più alte istituzioni – di nuovo il 25 aprile in un «tribunale rivoluzionario allargato», destinato a giudicare in nome di un popolo fittizio il popolo reale stesso e le sue scelte pubbliche. Pare non siano serviti la rimozione del muro di Berlino e la fine dell’Urss fra il 1989 e il 1991, né la fine dei partiti antifascisti del 1945 e del 1948, né i chiari segnali che il corpo sociale invia, almeno dal 1994, di una sua ogni giorno più forte allergia all’ideologia progressista, alle prese di posizio- che il 25 aprile — così com’è celebrato — veicola e la realtà di un mondo che non è più quello del 1945 pare oggi al culmine e bisogna quindi aver il coraggio di cambiare. I mezzi sono tanti, alcuni semplici – qualche segnale, di buona carica simbolica, viene dalla Presidenza del Consiglio –, altri invece di lungo periodo. Purtroppo, credo, che una rettificazione delle finalità e degli accenti della Festa della Liberazione potrà darsi solo quando i vertici della Repubblica accetteranno di rimettere in discussione quell’obsoleta pregiudiziale «antifascista» che, pur meno riscontrabile nelle carte fondamentali, grava di fatto come una pesante spada di Damocle su ogni azione che intenda a migliorare i lineamenti della convivenza civile dei popoli della Penisola. Ma soprattutto quando si abbandonerà la rigida, antistorica e ipocrita difesa dell’attuale Carta e si deciderà di riscrivere le regole del gioco tenendo conto non solo del nuovo, ma anche del passato – anche di quello più profondo – e di quanto il passato ci dice in relazione alle nostre radici comuni. Personalmente vedo oggi questo cammino assai difficile, in quanto l’attaccamento a paradigmi divisivi da parte di certe forze – vogliamo fare, per esempio, il nome della Cgil? – non è unicamente questione di debolezza di pensiero e di scarsa creatività, ma proprio unica ragione di sopravvivenza politica, rimossa la quale vi è solo il vuoto. Attualità 12 Una “Santa alleanza” tra giornalisti e avvocati Q uesta ipotesi, a nostro avviso, in primis, poggia su un recente fatto di cronaca registrato a Napoli. L’Ordine dei Giornalisti della Campania si è costituito parte civile nel processo che ha visto imputati alcuni congiunti di Salvatore Giuliano, condannato per l’omicidio di Annalisa Durante, avvenuta nel rione Forcella. Gli imputati sono stati accusati di minacce a violenza privata ai danni del giornalista Arnaldo Capezzuto, difeso dall’avvocato Cesare Amodio. I fatti si riferiscono al periodo in cui si svolse a Napoli il processo per l’uccisione della ragazza. A margine delle udienze, secondo l’accusa, alcuni parenti di Salvatore Giuliano avvicinarono, minacciarono e tentarono di intimidire il cronista che lavorava per il quotidiano “Napoli più”. Pertanto, poi, l’Ordine degli avvocati di Napoli ha deciso di assistere l’Ordine dei giornalisti nel procedimento giudiziario. Lo stesso presidente dell’Ordine degli avvocati, Francesco Caia e il consigliere penalista più anziano dell’ordine forense si sono costituiti, in giudizio, per conto del legale rappresentante dell’ordine dei giornalisti, il Presidente Ottavio Lucarelli. “Un’iniziativa, questa- hanno dichiarato congiuntamente i presidenti degli Ordini- per ribadire la collaborazione tra gli Ordini professionali campani sulla difesa della legalità”(Cfr. “Corriere del Mezzogiorno.it dell’1/12/2008). Poi, ci sono alcuni altri casi, di vita vissuta, che non possono essere ignorati. Il primo è la confluenza dei due Ordini professionali in un’unica persona. Si tratta dell’Avv. Osvaldo Papa, del libero Foro di Lucca, nonché, giornalista, Direttore della rivista “Il Giudice Tributario”. Il secondo è costituito dall’avv. Antonio Franchini, famoso penalista veneziano che nel raccontare il percorso della memoria per sua attività di penalista, si è fatto accompagnare dal giornalista, Giuseppe Pietrobelli, inviato speciale del Gazzettino, con il quale ha scritto questo volume:”Gli anni delle toghe/Appunti di un avvocato 1972-2007,”Gli specchi”,( Marzilio editore). Il terzo è rappresentato da un ForumAssociazione di donne giuriste, nel quale avvocatesse e giornaliste analizzano, a fondo, il fenomeno dello Stalking, con analisi comparate, raccontando il tutto, in un volume dal titolo”Stalking e violenza alle donne”;(Franco Angeli, editore). Ma c’è di più. Di recente, una sorta di “Bavaglio alla stampa”,( con le intercettazioni vietate), creato dal disegno di legge Alfano, ha visto crescere il fronte del no da parte degli N° 7/2009 - ANNO XVIII - 15 maggio Ordini di Avvocati e Giornalisti, nonchè di magistrati , giuristi e investigatori(Cfr. “Quotidiano” del 4 marzo 2009). Ebbene, sulla base di questi dati, riteniamo che ci possa essere una “Santa alleanza” tra le due categorie professionali, le quali, la possono sottoscrivere sulla base di due punti fondamentali. Il primo,- fermo restando che alla magistratura, in uno Stato di diritto compete un’alta responsabilità istituzionale,- è in difesa della “giustizia giusta”. Ovvero, riguarda la “vexata quaestio” della separazione delle carriere, o distinzione delle funzioni fra magistrati inquirenti e giudicanti, fra pubblici ministeri e giudici. Fino a quando nel processo non sarà garantita la parità tra accusa e difesa, e di conseguenza la “terzietà del giudice”, il ruolo dell’avvocato resterà inevitabilmente subalterno, nell’impossibilità concreta di svolgere indagini autonome. Il secondo punto riguarda i processi contro i giornalisti, quelli penali per diffamazione e quelli civili per risarcimento danni, magari in solido con i propri editori( Il futuro della famiglia tra speranze e difficoltà Paola Zerman P er riflettere sulla crisi della famiglia e studiare politiche concrete che aiutino a risolverla, l’associazione Famiglia Domani ha organizzato a Roma, in collaborazione con la Fondazione Lepanto, una tavola rotonda dal titolo: “La famiglia serbatoio culturale e morale: politiche familiari per la società di domani”. Introdotta dal professor Roberto de Mattei, presidente della Fondazione Lepanto, la serata ha visto la partecipazione di qualificati esperti e studiosi della famiglia tra cui Paola Zerman, avvocato dello stato, Paolo Floris, presidente del Forum delle Associazioni Familiari del Lazio e Giuseppe Brienza storico della famiglia, oltre all’assessore alla scuola e alla famiglia del Comune di Roma, Laura Marsilio. Nel primo intervento Zerman ha presentato il dossier “Famiglia Roma 2008”, curato dal Consiglio Comunale, e illustrato i dati relativi alla condi- zione della famiglia nel Lazio: soltanto lo 0,8% delle famiglie ha più di 6 componenti, mentre aumentano quelle composte da sole persone anziane (il rapporto con le altre è di 1 a 2). Se a questo si aggiunge che l’età media della popolazione italiana è di 43 anni, con 10 bambini ogni 150 anziani, si avrà forse un’idea della crisi demografica che l’Italia sta vivendo. La situazione di oggi però, non è casuale, ma determinata da precise cause storiche tra cui anzitutto, fin dal dopoguerra, l’assenza di una qualsiasi politica familiare nonché, in seguito, l’affermazione della mentalità individualistica di massa post-sessantottina per cui creare una famiglia viene considerato un ostacolo alla realizzazione del proprio ego personale. Si rileva infine, soprattutto in ambito parlamentare, un problema ideologico dovuto al fatto che la famiglia è identificata pregiudizialmente come un retaggio della cultura cattolica e non come la cellula fondamentale della società attorno a cui ogni società cresce e matura. Per affrontare questa situazione Zerman ha proposto essenzialmente tre rimedi: la creazione di un parametro che misuri l’incidenza reale dei provvedimenti legislativi sulle famiglie, l’istituzione di un’autorità garante della famiglia per tutelare la sua assoluta unicità e appropriate misure che aiutino i genitori a conciliare casa e lavoro, agevolando la maternità. Paolo Floris ha invece evidenziato come oggi più che mai occorre che alla famiglia “venga riconosciuta una soggettività sociale” che ne legittimi lo status di soggetto giuridico. Essa “non può essere ridotta a una mera somma di individui” ma va riconosciuta come realtà universale e società naturale, secondo lo stesso dettato della Costituzione (articolo 29). In questo senso, l’istituzione del quoziente familiare può essere un primo passo per inaugurare, finalmente, adeguate politiche fiscali e tributarie a suo sostegno. Non va peraltro dimenticato il problema della libertà di educazione che, pur sancita nella carta costituzionale e fortemente auspicata in ragione del principio di sussidiarietà, non ha mai trovato attuazione nel nostro Paese limitando fortemente l’offerta formativa per le giovani generazioni. A seguire Giuseppe Brienza, dialogando con l’assessore Marsilio, ha attirato l’attenzione sulla rivoluzione culturale in atto, soprattutto a livello mass-mediatico, che a partire dal linguaggio tenta di cambiare la realtà (come la pretesa di definire ‘famiglie’ coppie dello stesso sesso e nuclei monoparentali, marginalizzando così di fatto la famiglia in senso proprio) e auspicando una revisione dei criteri delle graduatorie per gli asili nido. Da parte sua Marsilio si è detta concorde aggiungendo che la “promozio- ne della cultura della famiglia” è senz’altro una questione centrale (“a livello nazionale si potrebbe istituire una festa della famiglia”) e che il potenziamento degli asili-nido della Capitale è nell’agenda politica della nuova Giunta. In conclusione il professor de Mattei ha riassunto i vari interventi raccolti nella serata auspicando che, “se la Cfr.”la Repubblica” del 15/XI/ 2008). Questo a volte può avvenire, in seguito ad una persecuzione politico-giudiziaria, pur di fronte all’esercizio di un diritto fondamentale di tutta l’informazione, previsto dalla nostra Costituzione. E qui non possiamo dimenticare che “L’obbligo del cronista di non omettere niente” è venuto fuori dal Palazzo di giustizia di Lecce, ovvero “ è arrivata una precisa, forte e motivata tutela del diritto di cronaca nell’interesse della collettività, quel diritto che sempre più spesso e da più parti si vuole mettere in discussione”; questo lo ha stabilito la sentenza del Gip, Ercole Aprile che ha assolto tre giornalisti querelati da un magistrato(si veda il “Quotidiano” di Lecce, del 5 ottobre 2007, pag.6)). Ecco, come si evince da questo caso, a nostro avviso, gli avvocati potrebbero solidarizzare con i giornalisti in una mobilitazione comune, per la difesa di quel diritto fondamentale di tutta l’informazione al servizio dei cittadini. Salvatore Resta mentalità radicale ha cambiato la famiglia italiana con la rivoluzione del Sessantotto, la rivoluzione anti-familista per eccellenza”, tuttavia non è ancora troppo tardi per rispondere con “una rivoluzione contraria di segno opposto, anzitutto culturale, che riporti la famiglia al centro della società e a svolgere la fondamentale funzione naturale che le spetta”. Omar Ebrahime Paolo Floris Il mito della Liberazione N ei giorni scorsi il presidente Napolitano, ha dichiarato che “la giornata del 25 aprile deve unire tutti gli italiani e che piaccia o non piaccia, il ruolo dei partigiani fu determinante per restituire dignità, indipendenza e libertà all’Italia”. Peccato che il mito della liberazione dell’Italia da parte dei partigiani rossi, altro non sia che una delle tante leggende metropolitane mantenute vive dalla sinistra per ottenere consensi, plausi, voti e gloria. Se l’Italia è rimasta un paese libero, lo si deve in primis all’intervento degli alleati, in infima parte ai partigiani, ma soprattutto alle “circostanze fortuite” della storia. Se la spartizione del bottino di guerra di Yalta avesse deciso diversamente, anche l’Italia avrebbe subito la medesima infausta sorte dell’Europa dell’est. I partigiani rossi, non è un mistero, avrebbero preferito che l’Italia cadesse sotto le grinfie dell’URSS. Dovettero accontentarsi dell’annessione dell’Istria e della Dalmazia da parte dei colleghi partigiani rossi titini. Per fortuna, il fato, o più probabilmente la mano di Dio, decise altrimenti. Circa l’operato dei “liberatori”a guerra finita, basti leggere i libri di Gianpaolo Pansa per avere una pallida idea di quali efferatezze furono capaci. Non solo ammazzarono per odio o vendetta, centinaia di colleghi di brigata “bianchi” o non filo sovietici, ma anche migliaia di inermi civili, rei di “simpatie” fasciste. Se non si vuole subire all’infinito i revisionismi storici imposti dai nipotini di Stalin, piaccia o non piaccia, si abolisca una volta per tutte l’inutile farsa del 25 aprile. Gianni Toffali Attualità N° 7/2009 - ANNO XVIII - 15 maggio 13 La capitale italiana è anche sinonimo di trappole e sporcizia (19%). Altra nota positiva il secondo posto in Europa (12%) dopo Barcellona e subito prima di Madrid - per l’accoglienza e disponibilità verso i turisti. La classifica delle metropoli d’Europa Roma in testa per bellezza architettonica e fascino degli abitanti P arigi la più amata in assoluto, Londra la meta più gettonata per i prossimi 12 mesi, pur se la più cara d’Europa. A Barcellona le migliori offerte turistiche e il miglior rapporto qualità-prezzo. Milano, 30 Aprile 2009 – Il vecchio continente non ha perso smalto né appeal per i turisti Web 2.0, che nel 90% dei casi dichiarano, nonostante la crisi, di avere in programma un viaggio in Europa nel corso dei prossimi 12 mesi, conservando nel 62% dei casi un budget invariato rispetto a quello delle vacanze targate 2008. A rivelarlo è il recente sondaggio condotto fra 700 turisti italiani di TripAdvisor® (www. tripadvisor.it), la più grande e rinomata community di viaggiatori al mondo, con oltre 10 milioni di utenti registrati, più di 25 milioni di visitatori mensili e 23 milioni di recensioni e opinioni, che ha stilato le classifiche delle principali città del vecchio continente. E anche questa volta, fedele alla promessa di raccontare sempre tutto, “il buono, il brutto e il cattivo” di ogni destinazione di viaggio, l’indagine di TripAdvisor svela una serie di interessanti curiosità e assegna anche le temute “maglie nere”. Europa: chi sale e chi scende In linea generale, Parigi rimane, secondo un turista su quattro, la regina fra le città più amate d’Europa, nonostante non si distingua certo per accoglien- Chiude la Top 3 delle più amate d’Europa Barcellona (11%), che – eletta la destinazione con il miglior rapporto qualità/prezzo e le migliori offerte per i turisti (25%) nonché la città con gli abitanti più amichevoli e ospitali (24%) consente di soddisfare la propria voglia di evasione anche in tempi di crisi. In ribasso invece le quotazioni generali di Venezia, Vienna, Firenze e Madrid, che chiudono la classifica europea. Parigi, la torre Eiffel za verso gli stranieri: è in vetta infatti anche tra le meno ospitali (23%) - insieme a Londra e Zurigo - e al 2° posto fra le città europee che più attentano al portafoglio dei viaggiatori internazionali (11%). Segue per gradimento generale la sempre affascinante Londra (19%) che continua ad attrarre turisti anche nel 2009: è in testa infatti tra le destinazioni più gettonate per quest’anno (17%), seguita da Parigi (13%) e da Barcellona (8%). Il forte richiamo della capitale britannica si deve probabilmente al fatto che - pur venendo giudicata la città più cara (32%) - vanta anche il record assoluto di città più verde d’Europa per parchi pubblici (47%) e di città con le più belle attrazioni gratuite (23%) – primati che evidentemente controbilanciano le spese di soggiorno elevate. La moda dell’esterofilia N ella messa di inizio pon- verno gentile e persuasivo. Chi ha tificato, il 24 aprile 2005, insinuato spaccature nella Curia, Benedetto XVI esordì con divisioni con la Segreteria di Stato, un sibillino “pregate per me, per- o ha dipinto l’immagine di un ponché io non fugga davanti ai lupi”. tefice isolato”. Strano non sia stato Meno di un mese prima nei testi inserito nell’elencazione il branco della Via Crucis, l’allora Cardi- di lupi in clergyman che predicano nale Ratzinger aveva esclamato” teologie pseudo cattoliche, (come quanta sporcizia c’è nella Chiesa, ad esempio il pacifismo, l’interprequanta superbia!”. Di recente nel- tazione letterale e soggettiva della lettera ai vescovi, ha citato San la Sacre Scritture, il modernismo Paolo e scritto “ancora oggi nella e la teologia della liberazione) o Chiesa c’è il mordersi e il divorarsi che negano l’esistenza dei miraa vicenda”. Nel corso del pontifi- coli, delle apparizioni, del diavolo cato, il vicario di Cristo ha tuttavia e dell’inferno. A quanto sembra, alluso ripetutamente a chi gli rema nell’ovile di Ratzinger, c’è ancocontro e alle lotte intestine in seno ra molta spazzatura da bruciare e alla Chiesa. A decifrare le critiche molti lupi da “castigare”. “lamentazioni” del papa ci ha pensato il direttore de L’Osservatore Gianni Toffali Romano, Giovanni Maria Vian che in un editoriale ha spiegato chi sono i lupi. “I più pericolosi – ha precisato Vian – sono quelli che si travestono e stanno nell’ovile. Gli oltranzisti delle due parti che nel caso dei lefreviani non hanno capito il suo gesto di misericordia. Chi è arrivato a negare la sua amicizia con l’ebraismo. Chi non condivide il suo go- Giovanni Maria Vian Roma: “Caput …Deceptionis et Pulchritudinis” - inganni e bellezze della capitale Roma – quarta classificata tra le mete preferite del vecchio continente – merita con le sue contraddizioni un capitolo a sé: è ritenuta infatti la città più bella d’Europa dal punto di vista architettonico (20%) – seguita da Firenze e Parigi (15%) – ma ha anche il demerito di essere la città dove è più facile imbattersi nelle cosiddette “trappole per turisti” (20%), un primato poco lusinghiero che condivide con un’altra perla italiana, Venezia (17%), seguite solo a notevole distanza da Parigi (7%) e da Istanbul (6%). Roma non se la passa bene nemmeno in termini di pulizia, seconda – con il 23% dei voti solo ad Atene (25%) tra le città più sporche d’Europa, ma riacquista un posto nel cuore dei turisti europei grazie alle sue “bellezze naturali”: siano esse infatti legate alle sue molteplici attrazioni gratuite (14%) - seconde solo a Londra - o al fascino dei suoi abitanti, giudicati anche quest’anno i più attraenti d’Europa (12%), le “grazie” di Roma rimangono saldamente in cima alle classifiche. Le note dello stornello “Fatece largo Barcellona, la Sagrada Familia Londra, il Parlamento che passamo noi” possono accompagnare anche un altro primato romano: quello dell’eleganza nel vestire. Col 36% dei voti infatti i cittadini romani ricevono il plauso dei meglio vestiti in Europa, seguiti dai Fiorentini (20%) e dai Parigini Roma, la cupola di San Pietro Le maglie nere: Zurigo e Bucarest ultime della classe I turisti intervistati non hanno dubbi: Zurigo - pur vantando il merito di essere in assoluto la città più pulita d’Europa (20%) - è una destinazione da evitare. Al terzo posto per la scortesia e poca disponibilità dei suoi abitanti verso gli stranieri (dopo Parigi e Londra), la metropoli svizzera è anche la più noiosa città d’Europa (12%), sbalzando dal podio del 2008 Bruxelles (11%), e seguita da Bucarest (6%). Quest’ultima fa un en plein di primati negativi: la capitale romena figura infatti in vetta tra le città architettonicamente più brutte (16%) e con i cittadini al terzo posto tra i meno attraenti d’Europa (10% dopo quelli di Istanbul e Atene) probabilmente non aiutati dalla mancanza di buon gusto nell’abbigliamento: sono infatti al top tra i peggio vestiti (15%), seguiti dagli abitanti di Londra (12%) e di Istanbul (7%). Gianfranco Nitti Cultura 14 Storia di Sophie Scholl e della Rosa Bianca Da sinistra Hans e Sophie Scholl, Christoph Probst è esistita una resistenza tedesca al Terzo Reich? Chi e quanti furono, se ci furono, gli oppositori del regime hitleriano? E’ vero che anche la Chiesa non fece nulla per denunciare quanto avveniva? Questi interrogativi, che periodicamente riemergono sui mezzi di comunicazione e nel dibattito pubblico suscitando non poche polemiche, vengono ora ripresi e sviluppati ampiamente in un saggio pubblicato da Lindau scritto a quattro mani da due studiosi ebrei, una giornalista e uno storico statunitensi (Annette Dumbach, Jud Newborn, Storia di Sophie Scholl e della Rosa Bianca, Lindau, Torino 2008, pp. 310, euro 22,00). Il titolo rimanda infatti ad uno dei gruppi tedeschi di opposizione al regime hitleriano (non l’unico) più noti, la cosiddetta Rosa Bianca di Monaco di Baviera. Si tratta di quel gruppo formato da cinque giovani universitari tedeschi che nel corso del 1942 e nelle prime settimane del 1943 sfidarono il regime nazionalsocialista stampando e diffondendo clandestinamente in Germania e Austria sei opuscoli contro Hitler. La Rosa Bianca fu un’organizzazione unica, tanto nei componenti quanto nei suoi ideali fondativi, che non era strutturata in nessun modo né diffusa capillarmente con collegamenti a livello di partito o sostegni internazionali, come poteva accadere ad esempio per altre esperienze del mondo ‘resistenziale’ nel Vecchio Continente (si pensi alla Francia o alla stessa Italia). Non fu infatti un’ideologia che spinse quei ragazzi all’azione, né tantomeno una convinzione politica. La leva che li spinse ad agire va invece ricercata in una passione genuina per la sacralità della vita e per l’affermazione della giustizia derivata ultimamente dalla fede e dal messaggio cristiano. La Rosa Bianca fu dunque un’espressione de ‘l’altra Germania’, quella che vide diversi uomini e donne tedeschi battersi per un mondo migliore, tra cui non pochi ecclesiastici e religiosi (ricordiamo tra questi l’eroico vescovo, soprannominato ‘il leone di Münster’ per il suo coraggio, Clemens August von Galen (1878-1946), il cardinale Michael von Faulhaber (1869-1952), il gesuita Rupert Mayer (1876-1945), alcuni di loro proclamati poi beati o santi (si pensi solo a Otto Neururer (1882-1940) o alla patrona d’Europa Edith Stein, Santa Teresa Benedetta della Croce (18891942)). Ad animare la Rosa Bianca (il nome agli occhi dei fondatori richiamava la purezza e l’innocenza contro l’enigma del male che agisce nella storia e aveva quindi una valenza simbolica artistica e poetica, più che politica), come detto, furono cinque ragazzi poco più che ventenni: So- phie Scholl (1921-1943), suo fratello Hans (1918-1943), Christoph Probst (1919-1943), Alexander Schmorell (1917-1943) e Willi Graf (1918-1943). Il saggio ripercorre la storia delle loro famiglie e delle loro amicizie concentrandosi principalmente sugli anni 1942-1943 che segnano la svolta decisiva della loro vita. Le riflessioni degli studiosi vengono accompagnate ad ampi stralci degli scritti dei protagonisti così che gran parte del lavoro è reso vivo di volta in volta dalla voce dei ragazzi, specchio di un animo teso alla ricerca delle cose ultime, come si può evincere da queste righe del diario di Sophie Scholl: “Molta gente crede che oggi la fine del mondo sia imminente e tanti spaventosi segni potrebbero farlo pensare. Ma quest’opinione non è forse di secondaria importanza? L’uomo, qualunque sia l’epoca in cui vive, non deve forse tener sempre presente che Dio gli può chiedere conto delle sue azioni nell’istante successivo? Posso forse sapere se sarò ancora viva domattina ?” (cit. a pag. 38). Così, non stupisce che anche un sant’Agostino (354-430) e la sua teologia possano entrare a pieno titolo nella ricostruzione storica sull’opposizione tedesca al regime hitleriano nella seconda guerra mondiale. Il santo di Ippona era infatti una delle letture preferite dei fratelli Scholl ed echi del suo pensiero si ritroveranno anche nei volantini che vorranno diffusi in Germania e che porteranno al loro arresto, laddove si sosterrà espressamente che ”lo stato deve manifestarsi in analogia con l’ordine divino” e che “la ‘civitas dei’ è il modello cui ogni governo deve in definitiva ispirarsi” (cit. a pag. 257). I volantini della Rosa Bianca iniziarono ad apparire a Monaco nel 1942, verso la metà di giugno. Ne uscirono rapidamente quattro a breve distanza l’uno dall’altro; più tardi, nell’inverno dell’anno successivo, ne verranno pubblicati altri due. Un settimo non farà in tempo ad uscire perché i tutti i membri del gruppo verranno arrestati e condannati a morte. Ricostruendo l’atmosfera di quei giorni i due autori notano che i volantini destarono grande impressione anzitutto perché Monaco di Baviera, dove furono diffusi in misura maggiore, era per certi versi la capitale del movimento nazista e veniva considerata la roccaforte più sicura dalla Gestapo (il termine è l’acronimo di Geheime Staatspolizei, la “Polizia segreta” del Terzo Reich), da sempre apparentemente fedele al regime. In secondo luogo appunto perché dimostravano l’esistenza di un’altra Germania, non visibile sui giornali e sulle televisioni ma non per questo meno vera. Infine, quei volantini sorprendevano per un richiamo forte ad un’altra tradizione e a ben altre radici spirituali, rispetto a quelle rivendicate da sempre dal regime: “Ogni singolo, cosciente della propria responsabilità come membro della cultura cristiana e occidentale, deve coscientemente difendersi con ogni sua forza, opporsi in quest’ultima ora al flagello dell’umanità […] Impedite che questa atea macchina da guerra N° 7/2009 - ANNO XVIII - 15 maggio La toponomastica in Italia va rivista ia Garibaldi dalle strade e dalle piazze siciliane e al suo posto mettiamo Federico II. La proposta, secondo quanto riferisce ‘Il Giornale’, arriva dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianfranco Miccichè. Apriti cielo! Subito si è sollevato un vespaio di polemiche come, del resto, sempre succede quando si toccano miti intoccabili come quello, nella fattispecie, di Garibaldi. Per fare chiarezza sul punto abbiamo intervistato Francesco Pappalardo, autore dell’opera Il mito di Garibaldi, edito nel 2002 da Piemme. Dottor Pappalardo ha sentito della polemica innescata dalle dichiarazioni del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianfranco Miccichè? Ho sentito e non mi stupiscono talune reazioni a difesa della «leggenda garibaldina», che è, in realtà, «il solo filo nazionale della nostra storia moderna», come sosteneva Giovanni Spadolini. Mi stupisce piuttosto il fatto che tali affermazioni non vengano più solo da esponenti di partiti politici radicati nel Settentrione d’Italia... Secondo il sottosegretario andrebbe tolto dalle vie dei comuni siciliani il nome di Garibaldi per sostituirlo con quello dell’imperatore Federico II di Svevia. Non è necessario sostituirvi solo e sempre l’imperatore Federico II, perché non mancano alla Sicilia glorie nazionali, ma sarebbe un’opera meritoria rivedere, e non solo nell’isola, la toponomastica, come primo passo verso una serena revisione della storia italiana e per ricostruire una memoria comune del nostro popolo, sulla quale fondare nuove regole di convivenza civile. Il sindaco di Salemi (TP), Vittorio Sgarbi ha affermato che «Le parole del sottosegretario sono un insulto al buon senso e alla storia». Poiché uno dei fattori di debolezza dell’identità italiana sta proprio nel fatto che la sua elaborazione si è fondata su una memoria pubblica ritagliata a seconda delle finalità politiche e ideologiche della cultura egemone, il vero insulto al buon senso e alla storia è tenere in vita il mito risorgimentale, sempre più in crisi sotto il profilo storiografico. Ma chi era davvero costui, chi era Giuseppe Garibaldi? Garibaldi era l’antitaliano per eccellenza, che si è impegnato apertamente nello sradicamento della cultura religiosa diffusa presso la stragrande maggioranza della popolazione, dopo aver guidato nel 1860 un’operazione compiuta da un gruppo di uomini armati non aventi alcuna legittimazione giuridica e condotta contro le più elementari norme del diritto internazionale. La partecipazione popolare, limitata e iniziale, si esaurisce non appena sono chiari gli scopi politici — l’annessione dell’ex Regno di Sicilia al costituendo Regno d’Italia — e socio-economici, cioè la salvaguardia dell’ordine esistente, come risulterà chiaro a Bronte, dove lo stesso Garibaldi autorizza la strage. Una figura tutt’altro che limpida ed esemplare, tanto nel- la prospettiva religiosa quanto in quella civile, una figura che contribuisce a dividere e non, come auspicato, a unire: accettarne l’icona equivarrebbe infatti ad accettare un’unità intossicata da una falsa e ideologica nozione d’italianità. Ma è proprio un male ricordare un passato che non c’è più, una storia comunque gloriosa come quella della dinastia dei Borbone di Napoli? «Parlar male» di Garibaldi non comporta necessariamente «parlar bene» della dinastia borbonica, cioè sostituire una leggenda rosa a una leggenda nera, però una maggiore attenzione alla storia locale aiuta a far chiarezza su una realtà, il Mezzogiorno d’Italia, che ebbe per secoli un’autonoma logica di sviluppo e le cui vicende non vanno concepite semplicemente come funzionali a un’inevitabile unità, ma che sopporta da tempo un processo di alienazione culturale, noto con il nome di Questione Meridionale, la cui soluzione passa attraverso la rinascita reli giosa e civile del Mezzogiorno e il ricupero delle sue radici storiche e nazionali, da tempo conculcate e disprezzate. continui a funzionare” (pag. 92). Emerge qui chiaramente che “le istanze intellettuali ed emotive di quella protesta contro i nazisti avevano un che di religioso: il ruolo della religione in quella resistenza fu cruciale” (pag. 95). E’ noto peraltro lo stato di sofferenza che i cristiani e anzitutto la Chiesa cattolica vivevano in quegli in Germania: che oggi a rimarcarlo siano due studiosi ebrei, oggettivamente, non può che far riflettere. Si apprende così, ad esempio, che migliaia di preti, suore e laici “furono arrestati per ‘immoralità’ o per ‘contrabbando di moneta straniera’, un’accusa surrettizia spesso impiegata dai nazisti nella loro folle caccia ai dissidenti” (pag. 96). Con gli anni poi, gli stessi dirigenti nazionalsocialisti, che pure si erano impegnati a firmare un Concordato, non nascosero il loro latente disprezzo per la religione e le istituzioni cattoliche: “gli ecclesiastici che osarono dar voce alle proprie idee finirono in galera; il segreto del confessionale fu violato molte volte dalla Gestapo; le pubblicazioni cattoliche non furono più soltanto censurate ma vennero costrette a chiudere i battenti, così come molti monasteri e conventi” (pag. 97). Furono anni di rapporti burrascosi, culminati in vari scontri tra cui merita di essere ricordato quello dell’aprile 1941 quando il Gauleiter (così veniva chiamato il capo di una sezione locale del partito nazista) dell’Alta Baviera e di Monaco, nonché ministro bavarese della cultura, Adolf Wagner, proclamò il bando di tutti i crocifissi dalle scuole. Seguì una reazione popolare veemente, talmente inaspettata (in alcuni villaggi i contadini marciarono sulle scuole e gettarono dalle finestre delle aule l’onnipresente ritratto di Hitler) che lo stesso Hitler si vide costretto a intervenire personalmente nella diatriba locale cancellando il decreto sul crocifisso. Tra l’estate del 1942 e l’inverno del 1943 uscirono gli altri volantini della Rosa Bianca, in quantità sempre maggiori: in essi si denunciava, tra l’altro, la spaventosa confitta di Stalingrado a lungo occultata dal regime (200.000 i tedeschi uccisi in battaglia, almeno 90.000 i prigionieri condotti nei campi di prigionia in Siberia), la persecuzione brutale dei dissidenti di ogni genere e specie, l’eliminazione fisica dei più deboli e indifesi (vennero avviati, come noto, veri e propri protocolli eutanasi- ci). Il 18 febbraio 1943 i fratelli Scholl furono sorpresi all’Università di Monaco mentre cercavano di diffondere i volantini contro Hitler nei locali dell’ateneo. Dopo un interrogatorio durato diciassette ore, il Tribunale del Popolo con un processo a dir poco discutibile decretò la pena di morte (tramite decapitazione) per tradimento contro lo Stato e il Führer. Insieme ai due fratelli furono ghigliottinati anche tutti gli altri membri della Rosa Bianca (Probst, Schmorell, Graf, Huber). Tre settimane dopo l’esecuzione, sul New York Times, apparve un editoriale dal titolo “Young German Martyrs” (Quei giovani martiri tedeschi) che per la prima volta rendeva nota al pubblico la vicenda dei cinque ragazzi auspicando che negli anni a seguire la loro memoria venisse onorata come meritava. Il volume si conclude con una ricca appendice (documentale e fotografica) che riporta il testo dei volantini diffusi, i più importanti atti del processo e alcuni articoli commemorativi apparsi nei principali quotidiani internazionali dal dopoguerra ad oggi. Giuseppe Garibaldi V Antonio D’Ettoris Federico II di Svevia Omar Ebrahime Cultura N° 7/2009 - ANNO XVIII - 15 maggio 15 Le cause economiche e politiche del terrorismo Omar Ebrahime A lan Krueger è uno degli economisti statunitensi attualmente più autorevoli: docente di Economia e Politiche Pubbliche all’Università di Princeton, è inoltre consulente del National Counterterrorism Center (uno dei principali centri-antiterrorismo americani) e ricercatore di livello internazionale specializzato in terrorismo. Esce ora in Italia il suo primo libro tradotto sulla materia, un agevole indagine riepilogativa che elabora i dati a disposizione sui più importanti attentati internazionali degli ultimi dieci anni (Terroristi, perché. Le cause economiche e politiche, Laterza, Bari 2009, pp. 187 €. 15,00). Il saggio, suddiviso in tre ampi capitoli si sofferma anzitutto sulla tipologia moderna del terrorista, la sua ‘storia’ e il suo retroterra culturale (“Chi diventa terrorista? Caratteristiche individuali”, pp. 13-49), quindi passa ad occuparsi delle cause-radici del terrorismo (“Dove nasce il terrorismo? Condizioni economiche e politiche”, pp. 51-97), infine analizza i risultati conseguiti secondo la più classica delle ottiche economiche di mercato: il rapporto costibenefici (“Quali risultati ottiene il terrorismo? Conseguenze economiche, psicologiche e politiche”, pp. 99-136). Conclude il lavoro una rassegna di interessanti domande poste all’Autore (con relative risposte) nel corso delle conferenze tematiche da lui tenute presso la prestigiosa London School of Economics and Political Science. Pur essendo di formazione liberal, l’Autore in quest’opera non ha tuttavia paura di affrontare i luoghi comuni più fuorvianti sul terrorismo internazionale diffusi dai mezzi di comunicazione e non solo, portando all’attenzione del pubblico una quantità rilevante di fonti e di dati, delle matrici più diverse. Solitamente, ad esempio, si pensa che una persona sia spinta ad abbracciare il terrorismo solo in presenza di condizioni atroci sotto le quali è condannata a vivere e che, se non ci fossero queste condizioni, non ci sarebbe nemmeno il terrorismo. Così si è portati a pensare, certi che non si sarà smentiti, che sono principalmente la povertà e la mancanza di istruzione a fare di una persona un terrorista: si crea in questo modo lo stereotipo dell’analfabeta senza niente da perdere. Tuttavia, osserva l’economista, la realtà fornisce dei dati assai differenti, se solo si avesse la pazienza di interrogarli. Krueger si sofferma anzitutto sugli attentatori della metropolitana di Londra del 7 luglio 2005: i loro profili parlavano di uomini benestanti ed istruiti, provenienti da famiglie pakistane e giamaicane residenti ormai da anni nei quartieri-bene di Leeds e Aylesbury. Persone sicuramente con un più di un buon curriculum alle spalle: generalmente di discreta cultura o comunque istruite al di sopra la media, motivate però da idee radicali e spinte non dalla ricerca del profitto o del benessere (che possedevano già in apparenza, o almeno si trovava alla loro portata) ma da una motivazione Villa Bellini in pericolo C atania - Ancora i lavori di riqualificazione non sono terminati, anche se sarebbero dovuti finire da mesi, e qualcuno all’interno dell’Amministrazione comunale pensa di dare in gestione(?) la Villa Bellini. Quello che fu il tempio della bellezza catanese, almeno fino a pochi decenni addietro, rischia di essere declassato al livello di una qualsiasi villetta moderna. Eppure gli Amministratori politici di questa città dovrebbero ben conoscere il valore storico e architettonico oltre, ovviamente, a quello peculiare delle numerose specie botaniche autoctone ed esotiche (che peraltro ospitano decine di varietà di animali selvatici) che ne fanno un vero giardino botanico. Se così è, e lo speriamo tutti, come si può pensare di dare in gestione, come se si trattasse di un’attività che produce incassi (forse si vuole mettere il biglietto d’ingresso?), un bene di così tanto valore culturale e artistico, simbolo esso stesso della nostra città? Non sarebbe invece il caso di attivare in modo formale e permanente un rapporto tecnico scientifico con la Facoltà di botanica? Aspettiamo con ansia una risposta pubblica dal Sindaco che smentisca quanto trapelato attraverso alcuni organi d’informazione cittadini. Alfio Lisi L’attentato alla metro di Londra del 7 luglio 05 politica totalizzante. Discorso analogo per i dirottatori dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, che erano in possesso addirittura di brevetti da pilota e perfettamente in grado di parlare due o tre lingue. Ne deriva che, se anche l’idea di “ricondurre la causa degli attentati terroristici alle condizioni economiche e alla mancanza di istruzione riscuote un certo consenso superficiale, i dati sono pressoché unanimi nel respingere le privazioni materiali e la scarsa istruzione quali motivazioni importanti alla base del sostegno al terrorismo o della partecipazione ad attività terroristiche” (pag. 4). Le giustificazioni comuni del terrorismo insomma, “sono semplicemente prive di fondamento empirico sistematico” (pag. 4). A costo di essere crudo l’Autore insiste con la logica stringente dell’economista: “La metà della popolazione mondiale vive con 2 dollari al giorno o meno. Nel mondo le persone con un livello di istruzione elementare o inferiore sono più di un miliardo, e circa 785 milioni di adulti sono analfabeti […] Se la povertà e la mancanza di istruzione fossero cause, anche minori del terrorismo, il mondo sarebbe pieno zeppo di terroristi pronti a distruggere il nostro stile di vita” (pag. 4). La verità è un’altra: numerosi sono ormai gli studi, tanto accademici quanto governativi, dai quali emerge come dato di fatto che, anziché essere reclutati tra le masse di poveri, i terroristi tendono a provenire da famiglie di ceto medio o alto con un buon livello di istruzione. Lo dimostra in dettaglio il primo capitolo, dove, cifre alla mano, l’Autore osserva che, come gruppo, i terroristi hanno un livello di istruzione più elevato e appartengono a famiglie più ricche rispetto all’individuo tipico della stessa fascia di età della società di provenienza. La popolazione analfabeta e sottoccupata, d’altronde, a ben vedere è lungi dall’esprimere un parere sulle questioni politiche poiché “probabilmente ha problemi più pressanti di cui occuparsi” (pag. 8). E’ questa una tendenza osservata più volte: le persone a più basso reddito danno priorità a vantaggi materiali rispetto agli obiettivi ideologici. Gli indicatori socioeconomici a disposizione (analfabetismo, mortalità infantile, prodotto interno lordo pro capite) sono insomma del tutto ininfluenti sulla scelta di una persona di partecipare ad attività terroristiche. Krueger cita peraltro studi vecchi e nuovi a dimostrazione di quanto afferma e del fatto che la sua tesi, ormai ampiamente fondata, non è certo una semplice provocazione: già negli anni Sessanta ad esempio, il sociologo Daniel Lerner (1917-1980) aveva pubblicato un famoso libro (La scomparsa della società tradizionale) in cui dopo aver raccolto e analizzato svariati rapporti sull’estremismo in sei paesi del Medio Oriente concludeva che “i dati confutano l’ipotesi tradizionale secondo cui gli estremisti sono semplicemente indigenti. La povertà è predominante soltanto tra le masse apolitiche” (cit. a pag. 32). Perfino gli operatori umanitari dell’ONU che lavorano nelle aree di crisi confermano quanto sopra, come emerge nel secondo capitolo. Krueger cita l’esempio di Nasra Mohammed Silique Khan Hassan, un’operatrice umanitaria in servizio in Cisgiordania e nella striscia di Gaza che ha recentemente pubblicato una testimonianza in prima persona in cui descrive le interviste condotte con 250 militanti e i loro sostenitori impegnati a vari livelli nella causa palestinese alla fine degli Novanta. Le conclusioni sono impressionanti: “Nessuno di loro era privo di istruzione, particolarmente povero, sprovveduto o depresso. Molti appartenevano alla classe media e, se non erano latitanti, avevano impieghi ben retribuiti. Due erano figli di milionari” (cit. a pag. 34). Eppure, osserva l’Autore a commento della citazione, per gli esperti di politica internazionale e gli operatori dell’informazione presenti nell’area questi dati non dovrebbero essere poi così sorprendenti dal momento che non è un segreto per nessuno che “sia Hamas sia il jihad islamico palestinese, cui si riferiscono questi dati, reclutano i loro membri principalmente negli ambienti universitari e […] gli studenti universitari sono tendenzialmente figli di famiglie benestanti e ricche” (pag. 35). Che cosa allora fa sì che una persona diventi un terrorista? Lo aveva confessato a suo tempo la mente degli attentati di Londra, Mohammed Sidique M Khan: “io e migliaia di persone come me stiamo rinunciando a tutto per ciò in cui crediamo. La nostra motivazione non deriva dai beni materiali che questo mondo ha da offrire” (cit. a pag. 45). La discriminante è data dal fattore-ideologia. I terroristi sono persone con convinzioni talmente salde da essere disposte a sacrificare la vita per la propria causa. Non è che non abbiano idee; ne hanno diverse e ne hanno di radicali. L’atto terroristico allora diventa nient’altro che una tattica, una strategia, per raggiungere la mèta che l’ideologia di riferimento propone loro in quel momento. Un mezzo per conseguire un fine, se si vuole. Per quanto assurdo possa sembrare, questi e numerosi altri dati portati all’attenzione del pubblico dall’Autore sembrano proprio indicare che “il terrorismo è spesso un atto razionale da parte delle organizzazioni terroriste” (pag. 155) e per chi è chiamato a rispondere alla sfida terroristica ignorare questa dimensione fondamentale del conflitto potrebbe davvero significare sbagliare la lettura degli avvenimenti presenti. E’ questo un rischio che, dinanzi all’inquietante minaccia che si è palesata all’orizzonte all’inizio del XXI secolo, l’Occidente non può certo permettersi. L’Islam e le donne entre in Occidente si discute se il burqa debba essere considerato un simbolo di libertà femminile alternativa a quella che conosciamo, nei giorni scorsi i media hanno mandato in onda scenette di ordinaria vita quotidiana islamica. Dalle donne afgane prese a sassate da connazionali maschi perché protestavano contro la legge che legalizzava lo stupro in famiglia, alla fustigazione pubblica di una giovane donna pachistana “rea” di essere stata vista a chiacchierare con un uomo che non era suo marito, per finire con la fucilazione in Pakistan di due presunti giovani amanti. Ciò che per ignoranza o accecamento ideologico, gli infatuati del multiculturalismo non riescono a ficcarsi in testa, è che la sharia, cioè il complesso degli ordinamenti giuridici dell’islam, è desunta dal Corano. Quindi intoccabile, e soprattutto sprezzante del principio di laicità occidentalmente inteso e dei diritti umani incentrati sulla Magna Charta dell’Onu. Bisogna capire una volta per tutte che il refrain dell’equipollenza di tutte religioni e culture, è una panzana inventata da chi vuole distruggere la civiltà occidentale. Gianni Toffali Jean Lahaye Fiori bianchi nel mese di maggio ogni grazia venga a noi segna san Bernardo. mese mariano per eccelMaria più desidera essere icurando materna protenche il tempo in cui traa invita alla meditazione gura, facendo tesoro dehe nel corso della storia devozione alla Madre di r arrivare al Cielo. conduce per mano per rdinarie meraviglie che noi. Jean Lahaye Fiori bianchi nel mese di maggio Riflessioni su Maria ISBN 978-88-89341-15-5 9 788889 341155 Jean Lahaye Fiori bianchi nel mese di maggio Riflessioni su Maria “è volontà di Dio che ogni grazia venga a noi per mezzo di Maria” insegna san Bernardo. Maggio è da sempre il mese mariano per eccellenza: il mese in cui Maria più desidera es- sere onorata e invocata, assicurando materna protezione ai Suoi figli. è anche il tempo in cui tradizionalmente la Chiesa invita alla meditazione della Sua celestiale figura, facendo tesoro degli esempi dei Santi che nel corso della storia hanno raccomandato la devozione alla Madre di Dio come via sicura per arrivare al Cielo. Padre Jean Lahaye ci conduce per mano per farci scoprire le straordinarie meraviglie che Maria ha preparato per noi. I-88900 Crotone, via Lucifero 40 tel. 0962/90.51.92 fax 0962/1920413 ISBN 978-88-89341-15-5 pp. 46, € 3,90