Centro Studi Naturalistici Comunità Europea PROGRAMMA LEADER+ Regione Puglia C’ERA UNA VOLTA UNA LAGUNA GAL DaunOfantino C’era una volta una Laguna Sommario C’era una volta una Laguna L’Oasi Lago Salso Un salto nel passato I Dauni Opera cofinanziata dall’Unione Europea e dallo Stato Italiano nell’ambito dell’I.C. Leader Plus Regione Puglia 2000/2006 5 15 35 43 ISOLE TREMITI Marina di Chieuti Lido di Torre Mileto ISCHITELLA Lago di Varano sina Lago di Le VIESTE CARPINO SANNICANDRO GARGANICO Poggio Imperiale SERRACAPRIOLA CAGNANO VARANO O AN GARGMONTE APRICENA S.PAOLO DI CIVITATE S.MARCO IN LAMIS Michela Ingaramo SANT'ANGELO MATTINATA SAN SEVERO Testi Rignano Garganico TORREMAGGIORE S.GIOVANNI ROTONDO Casalnuovo Michela Ingaramo Monterotaro Carlantino Vincenzo Rizzi Casalvecchio di Puglia (sez. naturalistica)Lago Castelnuovo di della Daunia Occhito Celenza Gioseana DiomedeSan MarcoValfortore Pietra Montecorvino (sez. archeologica)la Catola Motta Foto VICO DEL GARGANO LESINA Chieuti Coordinamento e supervisione PESCHICI RODI GARGANICO Capoiale Volturara Appula Matteo Caldarella MANFREDONIA Golfo di Manfredonia Montecorvino LUCERA FOGGIA ZAPPONETA Volturino Alberona Disegni Lorenzo Starnini (uccelli) Giuseppe Santoro MARGHERITA DI SAVOIA Biccari Castelluccio Valmaggiore Roseto Valfortore Faeto TRINITAPOLI TROIA Carapelle ORTANOVA Celle S.Vito Orsara di Puglia Stornara Stornarella BOVINO Realizzazione editoriale Claudio Grenzi sas Via Le Maestre, 71 71100 Foggia www.claudiogrenzi.it [email protected] S.FERDINANDO DI PUGLIA Ordona Castelluccio dei Sauri Panni Monteleone di Puglia Accadia DELICETO ASCOLI SATRIANO S.AGATA DI PUGLIA Anzano di Puglia Lago di Capacciotti Candela Rocchetta S.Antonio CERIGNOLA Il Gal DaunOfantino, società di sviluppo locale, ha lo scopo di valorizzare e promuovere le risorse naturali e culturali del proprio territorio che da Manfredonia si estende fino all’area ofantina. È questo il tema catalizzatore che, affiancato alla valorizzazione dei prodotti tipici, costituisce il cuore pulsante del Piano di Sviluppo Locale che il Gal ha messo in atto. Nell’ambito dell’iniziativa comunitaria del Programma Leader Plus, finalizzato a promuovere lo sviluppo e la sostenibilità delle aree rurali, il Gal ha progettato la propria Rete Ecologica, quale strumento di pianificazione strategica di questa nuova filosofia di sviluppo. L’intervento finanziato al Centro Studi Naturalistici-onlus centra in pieno la mission che il Gruppo di Azione Locale si è prefissato, in quanto attraverso le attività di educazione ambientale proposte si mira ad ampliare la conoscenza delle zone umide, ecosistemi tra i più ricchi e produttivi della terra. Un intervento mirato alla qualificazione dell’attività ambientale, focalizzando le contestualità locali e potenziando gli aspetti ecologico/naturalistici, rivolgendosi in primis al mondo della scuola e, con uno sguardo più allargato, ad altre fasce d’utenza. Un tentativo che da un lato tende ad estendere ad un’utenza più vasta la ricchezza e la bellezza dell’Oasi Lago Salso, e dall’altro a catalizzare l’attenzione delle istituzioni preposte ad accrescere in modo più proficuo gli investimenti sul proprio territorio. Il Presidente del Gal DaunOfantino Luca D’Errico L’opuscolo realizzato dal Centro Studi Naturalistici onlus nell’ambito del progetto “C’era una volta una laguna” ha lo scopo di fornire uno strumento operativo, sia agli insegnanti che agli studenti, per conoscere la storia e le bellezze naturali del nostro territorio, da sempre modellato dall’uomo, attraverso millenni di pastorizia, agricoltura e di pesca. Questo mix dai forti contrasti, tra l’osservazione del volo di un airone sopra l’Oasi Lago Salso e l’impasto di argilla, nelle mani di un ragazzo, per fare un vaso come lo facevano un tempo gli antichi Dauni, permetterà di sperimentare un’alleanza che ci aiuti a ricostruire il nostro passato e a proiettarci nel futuro. È anche attraverso questo gioco che insegneremo ai nostri ragazzi a diventare adulti e forse a riparare i danni ambientali che abbiamo contribuito a fare. Con questo progetto intendiamo lasciar cadere un seme di conoscenza e consapevolezza nelle coscienze di queste nuove generazioni, per costruire e rafforzare il senso di appartenenza al territorio nella speranza che crescendo si oppongano alla distruzione della natura e della cultura a cui assistiamo oggi, dai cambiamenti climatici, alla perdita di biodiversità, alla cementificazione del territorio che addensano nere nubi sul loro futuro. Tutto questo lo viviamo quotidianamente anche in molte aree protette, dove l’urbanizzazione continua inesorabile, erosione della naturalità e sacralità dei luoghi, nell’indifferenza delle istituzioni preposte alla sua protezione. È per queste ragioni che sentiamo il dovere di continuare a raccontare questa terra, anche nella speranza che gli uomini di domani siano più saggi dei loro padri. Il Presidente del Centro Studi Naturalistici - onlus Vincenzo Rizzi C’era una volta una Laguna La Daunia, territorio oggi corrispondente alla provincia di Foggia, si compone di tre aree geografiche alquanto differenziate tra loro: il Tavoliere, la più vasta zona pianeggiante dell’Italia meridionale; il Gargano, promontorio montuoso ricco di boschi che si distende verso il mare; ed infine il Subappennino, la parte più interna, prevalentemente collinare. Quella che oggi è la foce del fiume Candelaro era sin dal Neolitico parte di un’estesa laguna costiera compresa tra le foci dei fiumi Candelaro e Ofanto. Essa raggiunse il suo massimo sviluppo durante l’età del Ferro, periodo in cui la sua area circostante venne intensamente popolata. Dobbiamo immaginare questa laguna con numerosi corsi d’acqua che vi si riversavano, isolotti emergenti, piccole baie. In seguito, durante i primi secoli dell’età romana, difficoltà ambientali e la aumentata portata dei corsi d’acqua crearono un progressivo colmamento ed infine interramento della stessa, come ci tramanda Livio. Oggi sopravvive solo il 5% delle zone umide che occupavano la nostra penisola prima che i romani le bonificassero per fare spazio a strade e campi coltivati. Malgrado tutto però, fino all’inizio del secolo scorso la piana di Manfredonia era un’enorme zona umida, che comprendeva paludi, laghi, stagni costieri e marane, cioè delle conche piene d’acqua, nell’area pianeggiante del Tavoliere, a causa di sorgenti che qui affioravano. Oggi, nonostante le sensibili riduzioni di superficie e le trasformazioni del territorio a seguito delle bonifiche, operate soprattutto nel secolo scorso, le paludi sipontine, insieme alle Lagune di Lesina e Varano sono tra le zone umide più importanti dell’Italia Meridionale, fondamentali, tra le altre cose, per la nidificazione, sosta e svernamento di molte specie di uccelli, poiché si trovano lungo le principali rotte di migrazione tra Europa ed Africa. 6 C’era una volta una Laguna C’era una volta una Laguna 7 Cosa sono le zone umide? Come dice il nome stesso, le zone umide sono aree caratterizzate dalla presenza permanente o temporanea di acqua stagnante o di un suolo impregnato di acqua, in cui, almeno per una parte dell’anno, crescono piante acquatiche. Sono ambienti di transizione, dove l’acqua e la terra si incontrano, e possono essere sia di acqua dolce che salmastra, sia naturali che artificiali. Pensiamo quindi alle foci dei fiumi alle paludi, ai prati allagati, alle lagune, agli acquitrini, agli stagni ma anche alle saline, alle dighe, alle risaie, ai canali. Occupano circa il 3% della superficie della Terra e circa il 75% della popolazione mondiale vive in zone umide (o in aree che un tempo lo sono state). Le zone umide sono tra gli ecosistemi più produttivi della terra. Una grandissima varietà di batteri, piante, insetti, pesci, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi vivono in questo delicato ecosistema. Caratteristiche chimiche e fisiche come il clima, la forma del paesaggio, la geologia ed il movimento e l’abbondanza di acqua determinano il tipo di piante e animali che vivono in ciascuna zona umida, intessendo tra di loro complesse relazioni conosciute come rete alimentare. 8 C’era una volta una Laguna C’era una volta una Laguna 9 Un supermercato biologico Zone umide Forse non tutti sanno che: Si può pensare alle zone umide come a dei “supermercati biologici”, poiché forniscono grandi quantità di cibo che attraggono molte specie animali che frequentano tali zone per parte o tutto il loro ciclo vitale. Le foglie ed i gambi delle piante morte cadono in acqua e quindi vengono sminuzzate dai detritivori in piccole particelle di materiale organico che servono da cibo per molti insetti acquatici, crostacei e piccoli pesci che a loro volta sono cibo dei più grandi pesci predatori, rettili, anfibi, uccelli e mammiferi. · sono tra le aree più produttive del mondo · sono tra gli ecosistemi più ricchi di biodiversità · controllano le piene improvvise e l’erosione · purificano e filtrano l’acqua · stabilizzano le linee di costa · forniscono molte risorse: materiali da costruzione, combustibili, cibo (pesca e acquacoltura) · Svolgono un ruolo fondamentale per i trasporti e le attività del tempo libero. Sebbene per molto tempo siano state considerate come terreni incolti e abbandonati, oggi si comincia a capire che rivestono un ruolo fondamentale nell’ecologia del paesaggio e forniscono numerosi servizi sia all’uomo che agli animali. Le zone umide giocano un ruolo fondamentale nell’ecologia delle acque. La combinazione di acqua poco profonda, e di livelli elevati di nutrienti è ideale per lo sviluppo degli organismi che sono alla base della rete alimentare. Molte specie di uccelli e di mammiferi vivono nelle zone umide proprio perché qui GOBBO RUGGINOSO GABBIANO REALE GUFO COMUNE RAMARRO 10 C’era una volta una Laguna C’era una volta una Laguna 11 L’ecosistema piÇ ricco... e piÇ minacciato possono trovare cibo in abbondanza, acqua e riparo, particolarmente durante la migrazione e la riproduzione. Le zone umide però fanno molto di più che fornire un habitat ideale a piante e animali. Quando un fiume straripa, le zone umide fungono da spugna, aiutando così ad assorbire e a rallentare il flusso d’acqua. Le zone umide assorbono anche l’eccesso di nutrienti, sedimenti ed inquinanti prima che raggiungano fiumi, laghi e altri corpi d’acqua. Sono inoltre luoghi ideali per fare birdwatching, passeggiate, escursioni e anche interessanti programmi di educazione ambientale. Gli scienziati inoltre stanno cominciando a rendersi conto che il mantenimento delle caratteristiche dell’atmosfera può essere una funzione supplementare delle zone umide. Le piante immagazzinano il carbonio all’interno del proprio fusto e nel suolo piuttosto che liberarlo nell’atmosfera sotto forma di anidride carbonica e in questo modo le zone umide, come le foreste, contribuiscono a ridurre l’effetto serra e i cambiamenti climatici. La conservazione delle zone umide è una priorità. Gli ambienti umidi sono fondamentali per la conservazione degli uccelli, e sono sottoposti a gravi minacce quali le bonifiche, la distruzione, l’intensificazione delle pratiche agricole, l’estrazione di acqua, la riduzione della qualità delle acque, la costruzione di infrastrutture, il turismo, l’urbanizzazione, la caccia e l’introduzione di specie esotiche. Si stima che circa due terzi delle zone umide europee siano ormai scomparse. In Italia in epoca storica almeno il 10% del territorio era costituito da zone umide. Attualmente sono miracolosamente sopravvissute a secoli di bonifiche per fini agricoli e sanitari (la malaria era presente in Italia fino alla metà del secolo scorso) meno di 300.000 ettari dei circa 3.000.000 originari. Di questi il 58% è da considerarsi di notevole rilevanza nazionale o internazionale. Degli oltre 80.000 ettari di zone umide che si estendevano nella Daunia attualmente ne rimangono complessivamente meno di 30.000. 12 C’era una volta una Laguna C’era una volta una Laguna La protezione delle zone umide Nel 1971 nella città iraniana di Ramsar è stata sottoscritta la Convenzione per la Protezione delle Zone Umide di Importanza Internazionale (nota come Convenzione di Ramsar), dedicata soprattutto alla salvaguardia dell’avifauna acquatica. Questo trattato intergovernativo prevede l’individuazione, sulla base di criteri ecologici, botanici, zoologici, ideologici e sociali (e conseguente gestione) di “Zone Umide di Importanza Internazionale” TRAMONTO ALL’OASI FENICOTTERI 13 L’Oasi Lago Salso Tra le zone umide sipontine, un posto di riguardo è dato dall’Oasi Lago Salso, una palude di 500 ettari ricoperta da folti canneti alternati a zone di acqua aperta, i cosiddetti chiari. È una delle aree più importanti dell’Italia meridionale per la riproduzione di anatre e aironi e, oltre ad essere compresa nel perimetro del Parco Nazionale del Gargano, è parte di un’area più vasta di elevata valenza naturalistica, proposta quale Sito d’Importanza Comunitaria (pSIC) ai sensi della Direttiva 92/43/CEE. 16 L’Oasi Lago Salso L’Oasi Lago Salso 17 La regina della palude Sulle rive di una zona umida di acqua dolce come l’Oasi Lago Salso cresce la fascia del canneto, costituita per la grandissima parte da un’unica specie, la cannuccia di palude. Questa pianta è diffusissima negli ambienti umidi della pianura o degli altipiani dove crea distese che circondano le rive pianeggianti. Anche a distanza è inconfondibile per la statura delle piante, di 2-3 metri almeno e poi per la presenza dei pennacchi che si sviluppano all’apice del fusto. Si tratta delle infiorescenze della pianta. Anche le tife sono piante molto frequenti ai bordi degli stagni; sono molto resistenti all’inquinamento e possono comparire insieme alla cannuccia. Sono riconoscibili per la spiga cilindrica e compatta, verde alla fioritura e bruna alla maturazione dei frutti. Questi caratteristici “sigari” marroni sono composti da migliaia di frutti minuscoli strettamente stipati l’uno all’altro in attesa di essere dispersi dal vento. Sia le cannucce che le tife tendono a lasciare poco spazio per lo sviluppo di specie più delicate. In alcuni casi al loro posto si possono sviluppare carici e scirpi dai fusti più esili e delicati che permettono ad altre piante di crescere, come gli equiseti e i giaggioli dalle belle fioriture dorate e le foglie ampie a forma di spada. Dove l’acqua è più profonda il canneto si apre lasciando delle aree libere, con specchi d’acqua a lento scorrimento, detti chiari. In questi chiari crescono sia piante radicate al fondo che distendono foglie e fiori in superficie (come la ninfea comune, la castagna d’acqua, il ranuncolo d’acqua, le brasche e i millefoglie); che piante che galleggiano liberamente formando talvolta estesi tappeti, come la minuscola lenticchia d’acqua. GIAGGIOLO GIALLO 18 L’Oasi Lago Salso L’Oasi Lago Salso 19 Aironi, i signori della palude Tra le specie di uccelli che frequentano le zone umide, i più vistosi sono senz’altro gli aironi, alcuni dei quali, per riprodursi, costituiscono delle vere e proprie colonie che prendono il nome di garzaie composte talvolta da migliaia di nidi e situate in genere in boschetti circondati da lagune, paludi, o nei pressi del fiume. Questi uccelli sono dei trampolieri, così detti per le zampe, oltre a becco e collo, molto lunghe. Quando volano sono facilmente riconoscibili per le ali larghe, il volo lento e soprattutto per il collo piegato a S. La maggior parte si nutre di piccoli animali catturati nelle acque basse. All’Oasi Lago Salso si possono osservare varie specie di aironi: Airone AIRONE ROSSO cenerino, Airone rosso, Airone bianco maggiore, Airone guardabuoi, Nitticora, Garzetta, Sgarza ciuffetto, Tarabuso e Tarabusino. Garzette, Nitticore, Sgarze ciuffetto formano una garzaia mista, su un filare di eucalipti, tra le più importanti dell’Italia meridionale. L’Airone rosso, il Tarabuso e il Tarabusino nidificano invece nel folto del canneto. Le altre specie 20 L’Oasi Lago Salso invece, benché presenti, non nidificano nell’oasi. Ogni anno, quando alla fine della stagione riproduttiva tutti i piccoli si sono involati, le colonie vengono abbandonate. La maggior parte degli aironi migra poi verso l’Africa, ma qualcuno passa l’inverno nelle zone umide sipontine. La primavera seguente, quando inizia una nuova stagione riproduttiva quasi tutte le colonie vengono rioccupate e solo occasionalmente se ne formano di nuove. L’Airone cenerino deve il suo nome al colore del suo piumaggio, grigio come la cenere, con collo bianco striato di nero. È il più grande airone (è lungo circa 1 m). Ha un becco molto lungo che usa per catturare la preda, stando immobile e facendolo poi scattare come una molla, aiutato dal lungo collo. Molti individui passano l’inverno all’Oasi Lago Salso. L’Airone rosso è leggermente più piccolo del cenerino e in generale sembra più slanciato. Il collo, in particolare, è lungo e magro. Il piumaggio è rosso ruggine con strie castane e nere. Si mimetizza bene tra le canne e i giunchi, restando immobile con il collo e il becco verticali. In genere costruisce il nido nei canneti fitti, nascondendolo bene tra la vegetazione. L’Airone bianco maggiore è il più grosso airone (insieme al cenerino): è lungo circa 90 cm, ha il piumaggio bianco ed è simile alla garzetta da cui si distingue per le dimensioni maggiori, i piedi scuri e il becco giallo. Nidifica nei canneti (ma non nelle paludi sipontine) in colonie di solito numerose, costruendo un nido di canne ed erbe palustri. A volte si riproduce sugli alberi. L’Airone guardabuoi generalmente frequenta zone più asciutte. A distanza sembra completamente bianco come la garzetta; in estate, visto da vicino, appare L’Oasi Lago Salso 21 color nocciola chiaro sul capo, gola e parte del dorso. Si distingue dalla garzetta per il becco giallognolo corto e tozzo come il collo. Migra in lunghi stormi disordinati a quote relativamente basse. La Garzetta è un piccolo airone (lungo circa 60 cm) dal piumaggio interamente bianco. I piedi gialli spiccano sulle zampe nere. Caratteristiche sono due penne filiformi che compaiono dietro la nuca nel periodo della nidificazione. La sua tecnica di caccia preferita consiste nel camminare nell’acqua inseguendo le prede e colpendole con rapidi colpi di becco. La Nitticora, il cui nome significa “corvo della notte”, è lunga solo 55 cm in media. Questo uccello dalla voce rauca, simile da lontano a quella di un corvo, è stato spesso osservato in volo di notte. Questo airone è molto meno slanciato degli altri. Il bel piumaggio è grigio lavagna sul dorso e bianco sulla pancia. Anche la Nitticora come la Garzetta, ha delle piume filiformi sul capo. La Sgarza ciuffetto è lunga meno di mezzo metro ed è caratterizzata da piumaggio giallastro, con presenza di penne filiformi. Le parti inferiori sono chiare. Il becco è di colore azzurro intensissimo. È una specie poco conosciuta e poco numerosa. Ha un temperamento solitario e schivo; la si può osservare posata su alberi o arbusti durante il giorno mentre è più attiva all’imbrunire. Il Tarabuso è un trampoliere dal piumaggio bruno chiazzato che vive nelle zone umide, preferendo i margini del canneto folto, anche in AIRONE GUARDABUOI GARZETTA 22 L’Oasi Lago Salso L’Oasi Lago Salso 23 Battiti d’ali sull’acqua acque piuttosto profonde, e del giuncheto soprattutto per la nidificazione. Per alimentarsi utilizza invece le aree marginali e i prati allagati dove caccia soprattutto anfibi e piccoli pesci avanzando circospetto e scrutando l’acqua oppure stando fermo ad aspettare che sia la preda a venirgli a tiro. È parzialmente diurno ma molto schivo ed è pertanto difficile vederlo anche per le sue incredibili capacità mimetiche: se deve difendersi da un possibile nemico sfrutta il mimetismo del suo piumaggio ed assume una curiosa posizione verticale, con il becco verso l’alto, confondendosi con le canne. Solo se messo alle strette vola via o allarga le ali minaccioso. Il Tarabusino è il più piccolo degli aironi. La femmina e i giovani sembrano dei tarabusi in miniatura il maschio invece possiede una bella colorazione crema, nera e bianca evidente soprattutto durante i suoi brevi, ma frequenti voli. È presente in primavera ed estate nei canneti dell’Oasi Lago Salso, suo habitat prediletto. Questi ambienti sono ricchi di vita. La vegetazione presente è alla base della rete alimentare che passando attraverso insetti, piccoli crostacei, molluschi, pesci, anfibi, rettili giunge agli uccelli, veri sovrani dei chiari, ossia delle zone di acque aperte all’interno di un canneto. Tra le specie più rappresentative dei chiari troviamo le anatre, che possono essere tuffatrici, così chiamate perché si tuffano e nuotano sott’acqua per procurarsi il cibo, oppure di superficie, quelle che per cibarsi immergono solo testa e collo nell’acqua. Le prime possiedono una palmatura delle zampe molto più estesa delle anatre di superficie cosicché le loro zampe funzionano da vere e proprie pinne. Tra le numerose anatre che popolano i chiari possiamo osservare germani reali, alzavole, la bella Moretta tabaccata, piuttosto rara, TARABUSO MORETTA TABACCATA VOLPOCA SGARZA CIUFFETTO I PRATI ALLAGATI DELL’OASI LAGO SALSO LIBELLULA 24 L’Oasi Lago Salso dal piumaggio color ruggine e il collo e becco piuttosto lunghi, moriglioni e marzaiole mentre cercano cibo. Anche i cormorani, dal potente becco ad uncino, frequentano i chiari, ed è facile osservarli dove vi sono dei pali o supporti che fuoriescono dall’acqua, mentre si asciugano le ali nere al sole per poter alzarsi nuovamente in volo. Oltre alle anatre, si osserva anche l’elegante Svasso maggiore, campione di immersione grazie al corpo affusolato e senza coda, al piumaggio lucente, compatto e soffice, perfettamente impermeabile, alle zampe arretrate, che offrono la minima resistenza all’acqua e le dita lobate per migliorare la spinta. Piuttosto comune è invece la Folaga, un uccello nero con il becco bianco, una vistosa chiazza frontale bianca e gli occhi rossi (nell’adulto) che forma gruppi numerosi che nuotano su e giù per i canali e i chiari che si aprono nel canneto. La Gallinella d’acqua è un’altra specie molto diffusa in Italia per la sua estrema L’Oasi Lago Salso 25 adattabilità. Simile alla folaga se ne distingue per le dimensioni minori, la placca frontale e il becco rosso vivo, le zampe verdi e una banda bianca sui fianchi e sul sottocoda. Inoltre non è gregaria e pertanto solitamente la si osserva da sola o con pochi altri individui. Sui chiari compare talvolta un minuscolo uccello azzurro che sfreccia veloce: è il Martin pescatore, che, come dice il nome, pesca tuffandosi a capofitto dopo essersi librato in aria per individuare un pesce. Lo si può vedere anche posato su una canna, intento a scrutare l’acqua sottostante alla ricerca di qualche preda. Nell’area è facile scorgere anche molte specie di rapaci, dai grossi falconi come il Lanario e il Falco pellegrino, al Falco di palude, al Falco Pescatore, alle diverse specie di albanelle. Spettacolare è in primavera il passo dei Falchi cuculi che investe tutta l’area posta ai piedi del Gargano. CORMORANO SVASSI MAGGIORI MARTIN PESCATORE GALLINELLA D’ACQUA 26 L’Oasi Lago Salso L’Oasi Lago Salso 27 Birdwatching in palude Gli uccelli sono creature interessanti da osservare poiché sono relativamente grandi, spesso molto colorati, in grado di volare e si comportano frequentemente in modo attivo e dinamico; si trovano quasi ovunque, sono ben visibili e si possono vedere anche da relativamente vicino. L’attenta osservazione degli uccelli in libertà, il cosiddetto “birdwatching”, è un vero e proprio hobby naturalistico notevolmente diffuso in molti Paesi e in crescita anche in Italia, che necessita solo di tanta pazienza, un binocolo e un taccuino su cui segnare i particolari a cui prestare attenzione quando si incontra un uccello che non si conosce. È meglio non fidarsi solo della propria memoria! Cosa annotare: · Dimensioni e forma · Forma e colori del piumaggio, del becco e delle zampe · Comportamento: il modo in cui un uccello si muove e quello che fa possono aiutare ad identificarlo. Per le anatre e le oche è necessario prestare attenzione a come volano, come nuotano, se si tuffano, se corrono lungo la superficie dell’acqua prima di prendere il volo o se si sollevano con un balzo ecc. · Canti e richiami OCHE SELVATICHE GOBBO RUGGINOSO BASETTINO TUFFETTO CAVALIERE D’ITALIA SPATOLA 28 L’Oasi Lago Salso L’Oasi Lago Salso 29 FENICOTTERI 30 L’Oasi Lago Salso L’Oasi Lago Salso 31 Basta saper guardare Se è vero che gli uccelli sono l’attrazione principale questo non vuol significare che nelle zone umide si trovino solo aironi e anatre. Anzi! Aguzzando un po’ la vista si noteranno, soprattutto nella bella stagione, molte specie di anfibi e di rettili: le rane, la Raganella, i rospi, i tritoni, la Natrice dal collare, la Natrice tessellata, la Testuggine d’acqua e tante altre specie. Tra i mammiferi, pochi sono quelli la cui esistenza è strettamente dipendente dalle zone umide, come la Lontra, ormai estinta sul Gargano, ma moltissimi sono invece quelli che dipendono da esse in certe fasi della loro vita. Tra i più tipici: l’Arvicola terrestre e la Puzzola. Spesso però è quasi impossibile avvistare gli animali e pertanto le tracce che essi lasciano diventano gli unici indizi di questa vita “nascosta”. Tra i segni della presenza degli animali vi sono le impronte che si rinvengono con maggior frequenza sul terreno molto umido e fangoso, sui banchi di limo e sabbia di paludi, foci e spiagge. Anche il ritrovamento di un nido, di resti di un pasto, di escrementi, di una penna, della pelle di un serpente persa durante la muta o di un ciuffo di peli può fornire utili informazioni sulle specie animali che frequentano la zona e contribuire ricostruire abitudini, comportamenti e vicende. RAGANELLA GERMANI REALI RANA VERDE BISCIA DAL COLLARE PUZZOLA IMPRONTE 32 L’Oasi Lago Salso L’Oasi Lago Salso 33 La vita nell’acqua Nei chiari e nei canali del canneto vivono varie specie di pesci, quasi tutti introdotti dall’uomo, tra cui il Carassio, la Carpa e la Gambusia. Talvolta è possibile osservare anche le bisce d’acqua che vivono in prossimità della palude e, esperte nuotatrici, si spostano nei chiari andando anche in profondità dove sono in grado di rimanervi per parecchi minuti alla ricerca di pesci e larve di anfibi e di insetti. E sono soprattutto questi ultimi i più abbondanti nell’ambiente palustre. Tra i Coleotteri acquicoli il grosso Ditisco è un eccellente nuotatore che ha come organi propulsori le zampe posteriori trasformate in potenti remi. Si nutre di girini, piccoli pesci e qualsiasi altro essere vivente che riesce a catturare. Sulla superficie dell’acqua si osservano anche i delicati Gerridi che pattinano grazie alle quattro zampe posteriori provviste di fitti cuscinetti pelosi idrorepellenti che consentono loro di correre sull’acqua senza affondare. Altri insetti ancora si spostano sostenuti dalla pellicola superficiale dell’acqua o appesi sotto di essa o semplicemente nuotano, o camminano oppure ancora stanno rintanati sul fondo a caccia di prede vive. Anche i Crostacei sono molto comuni, soprattutto quelli di piccole dimensioni come la Dafnie o gli Ostracodi, dalla caratteristica forma a fagiolo bivalve di 2 mm al massimo. SPATOLE GERRIDE PIOVANELLI DITISCO GOBBO RUGGINOSO Un salto nel passato MORETTA, MORIGLIONI E FOLAGHE 36 Un salto nel passato Un salto nel passato 37 Chi è l’archeologo? Non solo reperti Quante volte vi hanno detto a scuola che “l’archeologo è colui che studia le antichità, le civiltà passate” ? Ma queste poche parole non vi hanno lasciato soddisfatti. E allora qualcuno di voi avrà immaginato un anziano signore che trascorre tutte le sue giornate scavando, scavando, scavando....magari alla ricerca di un fantomatico tesoro.... O c’è chi avrà pensato allo studente universitario con barba lunga e sciarpone a righe... O chi a un “topo” da biblioteca, sommerso L’archeologo studia allora le civiltà passate... e come lo fa? Attraverso i REPERTI che vengono alla luce durante uno scavo e sono tra gli elementi fondamentali a datare gli strati ed utili a ricostruire il contesto in cui vivevano i nostri progenitori (ricordatelo: è il contesto la cosa più importante!) da valanghe di libri polverosi da cui non alza mai la testa.. O ad un esimio professore universitario in giacca e cravatta.... Non vi siete sbagliati. L’archeologo è tutto questo... ed ALTRO ancora... S’intende per contesto l’insieme delle circostanze che hanno determinato un certo modo di vita, dal periodo in cui si è vissuto agli usi e rituali più diffusi. REPERTI RINVENUTI DURANTE UNO SCAVO Insomma, scavando un’area s’individua ciò che è avvenuto nell’area indagata. Non è allora il singolo reperto ad essere importante ai fini di una ricostruzione storica ma è tutto il contesto a fornirci un’idea precisa - o almeno abbastanza attendibile dei segni lasciati dall’uomo del passato. 38 Un salto nel passato Un salto nel passato 39 Come avviene la scoperta di un sito archeologico? Attraverso una ricognizione di superficie: si tratta di lunghe passeggiate in cui gruppi di archeologi, di solito in autunno o primavera, ispezionano i terreni alla ricerca di strutture archeologiche e reperti, segnalando su una cartina il punto esatto, la quantità e la cronologia dei rinvenimenti. O attraverso le fonti scritte: studiosi antichi che hanno raccontato di un popolo o di una città. O ancora attraverso metodi moderni come la fotografia aerea ed il metodo geoelettrico. STORNI FOTOGRAFIA AEREA DEL VILLAGGIO NEOLITICO DI PASSO DI CORVO Quest’ultimo è un trasferimento di corrente nel sottosuolo tramite elettrodi; se il sottosuolo è omogeneo, le linee di corrente non avranno problemi; se invece la corrente incontra qualcosa, l’apparecchio rileva e misura il grado di resistenza. 40 Un salto nel passato Un salto nel passato 41 Come si scava Cosa sono gli strati Dopo aver individuato la superficie da scavare, prese le misure esatte con un apparecchio elettronico chiamato teodolite, l’archeologo deve scavarne i vari strati. S’intende per strato il risultato di un’attività compiuta dalla natura o dall’uomo. Ogni strato di terra è diverso dagli altri per consistenza, colore, natura del terreno. Pensate ad una torta formata da tanti strati di pan di spagna farciti di crema al cioccolato e panna. La prima ad essere mangiata ... ooops scavata ... sarà lo strato di panna e poi tutto il resto in ordine inverso a quello in cui si sono formati. È evidente che gli strati superiori siano quelli più recenti; quelli inferiori i più antichi. È facile immaginare l’archeologo al lavoro. STRATIGRAFIA ARCHEOLOGICA SIPONTO RESTI DELLA BASILICA Quali strumenti sono utilizzati? Dopo aver individuato lo strato, si asporta scavandolo con gli strumenti più appropriati. A volte l’archeologo deve misurarsi con strati piuttosto spessi e consistenti che vanno eliminati con attrezzi “pesanti” come pala e piccone. Se invece gli strati richiedono più attenzione, lo strumento utile è la trowel, una piccola cazzuola di forma romboidale con cui si riesce, grazie alla sua punta aguzza, a pulire con precisione uno strato. E nel caso di sepolture o di reperti fragili si usano pennelli, bisturi, piccoli incisori etc. 42 Un salto nel passato I Dauni Metodo scientifico È, quindi, fondamentale il lavoro dell’archeologo durante lo scavo, purchè operi in modo puntuale e preciso, “scientifico”. A lui spetta osservare con attenzione che nessuna delle informazioni provenienti dal passato venga persa irrimediabilmente, documentare i dati emersi nel modo più corretto (attraverso schede, disegni, fotografie), infine studiarli e trasmettere gli elementi acquisiti a tutti coloro che non hanno preso parte allo scavo. La pubblicazione è, infatti, un elemento imprescindibile e necessario affinché non solo gli specialisti del settore ma anche il pubblico dei non addetti ai lavori conoscano i risultati della ricerca archeologica. L’arrivo del “nuovo” popolo Proprio grazie al lavoro degli archeologi abbiamo oggi notizie sul mondo dei Dauni, genti che abitarono nella zona compresa tra i fiumi Fortore a Nord ed Ofanto a Sud, stando alle testimonianze degli studiosi antichi, dal IX-VIII sino al III secolo a.C. Si trattava di popoli che giunsero sulle nostre coste via mare dalla sponda orientale dell’Adriatico (Illiria, Grecia, Creta), a partire dalla fine del II millennio a.C. in varie ondate migratorie. Questi, sottomettendo ed unendosi alle popolazioni locali, diedero vita alla civiltà japigia. Da questa poi si svilupparono le tre distinte culture pugliesi: la daunia, la peucezia (zona intorno Bari) e la messapica (Puglia meridionale). Per secoli queste genti conservarono il predominio in questa regione sino alla loro sottomissione da parte dei Romani. Il personaggio che dà il nome alla regione, Dauno, figlio del re dell’Arcadia Licaone, giunse in queste zone, secondo alcune fonti, ai tempi della guerra di Troia. Nello stesso periodo altre fonti ricordano che vi approdò anche Diomede, re dell’Etolia, tra gli eroi greci che più si distinsero per valore e astuzia nella guerra di Troia. Il richiamare l’eroe mitico come capostipite della stirpe era il modo per questo popolo fiero di garantirsi delle origini privilegiate. 44 Il mondo dei Dauni La vita quotidiana Sembra che i Dauni praticassero un tipo di vita semplice, basato su agricoltura, pesca, caccia e allevamento. Una società di contadini, dunque, che viveva all’interno di semplicissime capanne (sostenute da pali con pareti di canne) facenti parte di piccoli villaggi. Questi sorgevano o in luoghi difesi naturalmente, arroccati su piccoli promontori da cui si Il mondo dei Dauni 45 La vita ultraterrena potevano controllare i dintorni, come sul Gargano, o anche in zone pianeggianti, come il Tavoliere, dove l’unica difesa era costruire aggeri (cordoni di terra) intorno all’area abitata o sfruttare quelle che erano le caratteristiche naturali del territorio, come l’eventuale presenza di un fiume. Un altro importante villaggio sorse in questa fase ai margini dell’estesa laguna costiera presa in esame: restano tracce nella zona a Sud di Manfredonia, identificata come l’area di Cupola-Beccarini. Solo dalla metà del IV secolo a.C. si potrà parlare di veri e propri centri urbani dotati di mura, impianti viari regolari, case in muratura, costruite con pietre e mattoni crudi e con il tetto rivestito da tegole. Eppure questo popolo, costituito da genti semplici, sviluppò una civiltà autosufficiente, caratterizzata da specifici rituali funerari e produzioni artistiche originali. Le tombe erano nelle immediate vicinanze delle capanne, soprattutto in pianura: ciò vuol dire che non esisteva un cimitero com’è oggi da noi; i Dauni non ponevano alcuna distinzione tra il mondo dei morti e quello dei vivi. Eppure rivestiva una grande importanza per loro il mondo dell’oltretomba, cui tributavano un grande rispetto. I defunti erano di solito deposti su un fianco, in posizione rannicchiata, con il corredo costituito da vasi, ornamenti, armi. A parte rari casi di tombe con corredo più ricco e dimensioni PLANIMETRIA AGGERE DI ARPI NECROPOLI DI MONTE SARACENO SEPOLTURA IN POSIZIONE RANNICCHIATA O “FETALE” notevoli, probabilmente appartenenti ad una élite aristocratica, per lo più si trattava di tombe comuni con corredi piuttosto semplici. La tipologia di queste tombe era soprattutto “a fossa” (ricoperta da una lastra di pietra e da ciottoli) e dal V-IV secolo a.C. “a grotticella” (preceduta da un corridoio d’accesso o da un semplice pozzetto). 46 Il mondo dei Dauni Le sculture funerarie Esclusivo degli usi funerari del popolo dauno è il ritrovare spesso sul tumulo di pietre che ricopriva la tomba teste stilizzate (come a Monte Saraceno, Troia, Arpi) o stele (a Manfredonia, Arpi, Salapia) infisse verticalmente nel terreno. Le stele sono lastre in pietra calcarea, prodotte tra VIII e V secolo a.C., che raffigurano il defunto al momento della morte. Con una leggera incisione sono rappresentati motivi geometrici (forse decori della veste), particolari di armature (scudo, pettorale, spada), ornamenti (fibule, guanti decorati, collane, cinture, pendagli vari) e scene che ci offrono uno spaccato del modo di vivere di queste popolazioni (dalle processioni alle scene di caccia, pesca, vestizione di guerrieri, partenze, battaglie rituali). Il mondo dei Dauni 47 48 Il mondo dei Dauni Il mondo dei Dauni 49 La produzione ceramica Riguardo alla produzione ceramica, i Dauni continuarono a modellare i loro vasi a mano e alla ruota lenta ma utilizzarono anche il tornio per i prodotti più raffinati e recenti. Il tornio migliorò notevolmente la lavorazione della ceramica in termini di qualità e quantità. Si tratta di un grande disco (in legno, pietra o terracotta) che viene fatto girare tramite un perno sopra un asse verticale fissato a terra. La decorazione tipica è quella geometrica (zig zag marginati, triangoli, rombi, graticci, meandri) fino al IV secolo a.C., quando vennero ad inserirsi accanto a quelli geometrici elementi vegetali (foglie d’edera, alloro, mirto, palmette). Contemporaneamente si diffuse dall’area greca la ceramica a figure rosse in cui l’artigiano disegnava solo il contorno delle figure e dipingeva di nero il resto del vaso. In seguito alla cottura, l’interno delle figure, risparmiate dal colore nero, assumeva il colore rossoarancio tipico dell’argilla. Si diffuse anche quella di “Gnathia”, con la superficie completamente verniciata di nero e la decorazione (grappoli d’uva, tralci di vite ed edera) dipinta sopra, policroma. I Dauni producevano naturalmente anche ceramiche di uso comune per le esigenze connesse alle attività quotidiane. ELEMENTI DECORATIVI DEL “GEOMETRICO DAUNIO” VASO A FIGURE ROSSE VASO-FILTRO IN CERAMICA GEOMETRICA Centro Studi Naturalistici Comunità Europea PROGRAMMA LEADER+ Regione Puglia C’ERA UNA VOLTA UNA LAGUNA GAL DaunOfantino C’era una volta una Laguna