Centro Studi
Naturalistici
Comunità Europea
PROGRAMMA
LEADER+
Regione Puglia
C’ERA UNA VOLTA UNA LAGUNA
GAL DaunOfantino
C’era una volta
una Laguna
Sommario
C’era una volta una Laguna
L’Oasi Lago Salso
Un salto nel passato
I Dauni
Opera cofinanziata
dall’Unione Europea
e dallo Stato Italiano
nell’ambito
dell’I.C. Leader Plus
Regione Puglia
2000/2006
5
15
35
43
ISOLE TREMITI
Marina di Chieuti
Lido di Torre Mileto
ISCHITELLA
Lago di
Varano
sina
Lago di Le
VIESTE
CARPINO
SANNICANDRO
GARGANICO
Poggio
Imperiale
SERRACAPRIOLA
CAGNANO
VARANO
O
AN
GARGMONTE
APRICENA
S.PAOLO
DI CIVITATE
S.MARCO
IN LAMIS
Michela Ingaramo
SANT'ANGELO
MATTINATA
SAN SEVERO
Testi
Rignano
Garganico
TORREMAGGIORE
S.GIOVANNI
ROTONDO
Casalnuovo
Michela Ingaramo
Monterotaro
Carlantino
Vincenzo Rizzi
Casalvecchio
di Puglia
(sez. naturalistica)Lago
Castelnuovo
di
della Daunia
Occhito Celenza
Gioseana DiomedeSan MarcoValfortore Pietra
Montecorvino
(sez. archeologica)la Catola
Motta
Foto
VICO
DEL GARGANO
LESINA
Chieuti
Coordinamento
e supervisione
PESCHICI
RODI
GARGANICO
Capoiale
Volturara
Appula
Matteo Caldarella
MANFREDONIA
Golfo di
Manfredonia
Montecorvino
LUCERA
FOGGIA
ZAPPONETA
Volturino
Alberona
Disegni
Lorenzo Starnini
(uccelli)
Giuseppe Santoro
MARGHERITA
DI SAVOIA
Biccari
Castelluccio
Valmaggiore
Roseto
Valfortore
Faeto
TRINITAPOLI
TROIA
Carapelle
ORTANOVA
Celle S.Vito
Orsara
di Puglia
Stornara
Stornarella
BOVINO
Realizzazione editoriale
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71100 Foggia
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S.FERDINANDO
DI PUGLIA
Ordona
Castelluccio
dei Sauri
Panni
Monteleone
di Puglia Accadia
DELICETO
ASCOLI
SATRIANO
S.AGATA
DI PUGLIA
Anzano
di Puglia
Lago di
Capacciotti
Candela
Rocchetta
S.Antonio
CERIGNOLA
Il Gal DaunOfantino, società di sviluppo locale, ha lo scopo di
valorizzare e promuovere le risorse naturali e culturali del proprio
territorio che da Manfredonia si estende fino all’area ofantina.
È questo il tema catalizzatore che, affiancato alla valorizzazione
dei prodotti tipici, costituisce il cuore pulsante del Piano di Sviluppo
Locale che il Gal ha messo in atto.
Nell’ambito dell’iniziativa comunitaria del Programma Leader Plus,
finalizzato a promuovere lo sviluppo e la sostenibilità delle aree rurali,
il Gal ha progettato la propria Rete Ecologica, quale strumento di
pianificazione strategica di questa nuova filosofia di sviluppo.
L’intervento finanziato al Centro Studi Naturalistici-onlus centra in pieno
la mission che il Gruppo di Azione Locale si è prefissato, in quanto
attraverso le attività di educazione ambientale proposte si mira ad
ampliare la conoscenza delle zone umide, ecosistemi tra i più ricchi e
produttivi della terra. Un intervento mirato alla qualificazione dell’attività
ambientale, focalizzando le contestualità locali e potenziando gli aspetti
ecologico/naturalistici, rivolgendosi in primis al mondo della scuola e,
con uno sguardo più allargato, ad altre fasce d’utenza.
Un tentativo che da un lato tende ad estendere ad un’utenza più vasta
la ricchezza e la bellezza dell’Oasi Lago Salso, e dall’altro a catalizzare
l’attenzione delle istituzioni preposte ad accrescere in modo più proficuo
gli investimenti sul proprio territorio.
Il Presidente del
Gal DaunOfantino
Luca D’Errico
L’opuscolo realizzato dal Centro Studi Naturalistici onlus nell’ambito
del progetto “C’era una volta una laguna” ha lo scopo di fornire uno
strumento operativo, sia agli insegnanti che agli studenti, per conoscere
la storia e le bellezze naturali del nostro territorio, da sempre modellato
dall’uomo, attraverso millenni di pastorizia, agricoltura e di pesca.
Questo mix dai forti contrasti, tra l’osservazione del volo di un airone
sopra l’Oasi Lago Salso e l’impasto di argilla, nelle mani di un ragazzo,
per fare un vaso come lo facevano un tempo gli antichi Dauni,
permetterà di sperimentare un’alleanza che ci aiuti a ricostruire il nostro
passato e a proiettarci nel futuro.
È anche attraverso questo gioco che insegneremo ai nostri ragazzi
a diventare adulti e forse a riparare i danni ambientali che abbiamo
contribuito a fare.
Con questo progetto intendiamo lasciar cadere un seme di conoscenza
e consapevolezza nelle coscienze di queste nuove generazioni,
per costruire e rafforzare il senso di appartenenza al territorio nella
speranza che crescendo si oppongano alla distruzione della natura e
della cultura a cui assistiamo oggi, dai cambiamenti climatici,
alla perdita di biodiversità, alla cementificazione del territorio
che addensano nere nubi sul loro futuro.
Tutto questo lo viviamo quotidianamente anche in molte aree protette,
dove l’urbanizzazione continua inesorabile, erosione della naturalità e
sacralità dei luoghi, nell’indifferenza delle istituzioni preposte alla
sua protezione.
È per queste ragioni che sentiamo il dovere di continuare a raccontare
questa terra, anche nella speranza che gli uomini di domani siano più
saggi dei loro padri.
Il Presidente del
Centro Studi Naturalistici - onlus
Vincenzo Rizzi
C’era una volta
una Laguna
La Daunia, territorio oggi corrispondente alla provincia di Foggia, si
compone di tre aree geografiche alquanto differenziate tra loro:
il Tavoliere, la più vasta zona pianeggiante dell’Italia meridionale;
il Gargano, promontorio montuoso ricco di boschi che si distende
verso il mare; ed infine il Subappennino, la parte più interna,
prevalentemente collinare.
Quella che oggi è la foce del fiume Candelaro era sin dal Neolitico
parte di un’estesa laguna costiera compresa tra le foci dei fiumi
Candelaro e Ofanto. Essa raggiunse il suo massimo sviluppo
durante l’età del Ferro, periodo in cui la sua area circostante venne
intensamente popolata. Dobbiamo immaginare questa laguna
con numerosi corsi d’acqua che vi si riversavano, isolotti emergenti,
piccole baie. In seguito, durante i primi secoli dell’età romana,
difficoltà ambientali e la aumentata portata dei corsi d’acqua
crearono un progressivo colmamento ed infine interramento della
stessa, come ci tramanda Livio.
Oggi sopravvive solo il 5% delle zone umide che occupavano la
nostra penisola prima che i romani le bonificassero per fare spazio
a strade e campi coltivati.
Malgrado tutto però, fino all’inizio del secolo scorso la piana di
Manfredonia era un’enorme zona umida, che comprendeva
paludi, laghi, stagni costieri e marane, cioè delle conche piene
d’acqua, nell’area pianeggiante del Tavoliere, a causa di sorgenti
che qui affioravano.
Oggi, nonostante le sensibili riduzioni di superficie e le
trasformazioni del territorio a seguito delle bonifiche, operate
soprattutto nel secolo scorso, le paludi sipontine, insieme alle
Lagune di Lesina e Varano sono tra le zone umide più importanti
dell’Italia Meridionale, fondamentali, tra le altre cose, per la
nidificazione, sosta e svernamento di molte specie di uccelli,
poiché si trovano lungo le principali rotte di migrazione tra Europa
ed Africa.
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C’era una volta una Laguna
C’era una volta una Laguna
7
Cosa sono
le zone umide?
Come dice il nome stesso, le zone umide
sono aree caratterizzate dalla presenza
permanente o temporanea di acqua
stagnante o di un suolo impregnato di
acqua, in cui, almeno per una parte
dell’anno, crescono piante acquatiche.
Sono ambienti di transizione, dove l’acqua e
la terra si incontrano, e possono essere sia
di acqua dolce che salmastra, sia naturali
che artificiali. Pensiamo quindi alle foci dei
fiumi alle paludi, ai prati allagati, alle
lagune, agli acquitrini, agli stagni ma anche
alle saline, alle dighe, alle risaie, ai canali.
Occupano circa il 3% della superficie della
Terra e circa il 75% della popolazione
mondiale vive in zone umide (o in aree che
un tempo lo sono state).
Le zone umide sono tra gli ecosistemi più
produttivi della terra. Una grandissima
varietà di batteri, piante, insetti, pesci, anfibi,
rettili, uccelli e mammiferi vivono in questo
delicato ecosistema.
Caratteristiche chimiche e fisiche come il
clima, la forma del paesaggio, la geologia
ed il movimento e l’abbondanza di acqua
determinano il tipo di piante e animali che
vivono in ciascuna zona umida, intessendo
tra di loro complesse relazioni conosciute
come rete alimentare.
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C’era una volta una Laguna
C’era una volta una Laguna
9
Un supermercato
biologico
Zone umide
Forse non tutti
sanno che:
Si può pensare alle zone umide come a dei
“supermercati biologici”, poiché forniscono
grandi quantità di cibo che attraggono molte
specie animali che frequentano tali zone per
parte o tutto il loro ciclo vitale.
Le foglie ed i gambi delle piante morte
cadono in acqua e quindi vengono
sminuzzate dai detritivori in piccole particelle
di materiale organico che servono da cibo
per molti insetti acquatici, crostacei e piccoli
pesci che a loro volta sono cibo dei più
grandi pesci predatori, rettili, anfibi, uccelli e
mammiferi.
· sono tra le aree più produttive del mondo
· sono tra gli ecosistemi più ricchi
di biodiversità
· controllano le piene improvvise e l’erosione
· purificano e filtrano l’acqua
· stabilizzano le linee di costa
· forniscono molte risorse: materiali
da costruzione, combustibili, cibo
(pesca e acquacoltura)
· Svolgono un ruolo fondamentale per
i trasporti e le attività del tempo libero.
Sebbene per molto tempo siano state
considerate come terreni incolti e
abbandonati, oggi si comincia a capire che
rivestono un ruolo fondamentale nell’ecologia
del paesaggio e forniscono numerosi servizi
sia all’uomo che agli animali.
Le zone umide giocano un ruolo
fondamentale nell’ecologia delle acque. La
combinazione di acqua poco profonda, e di
livelli elevati di nutrienti è ideale per lo sviluppo
degli organismi che sono alla base della rete
alimentare.
Molte specie di uccelli e di mammiferi vivono
nelle zone umide proprio perché qui
GOBBO RUGGINOSO
GABBIANO REALE
GUFO COMUNE
RAMARRO
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C’era una volta una Laguna
C’era una volta una Laguna
11
L’ecosistema piÇ ricco...
e piÇ minacciato
possono trovare cibo in abbondanza, acqua
e riparo, particolarmente durante la
migrazione e la riproduzione.
Le zone umide però fanno molto di più che
fornire un habitat ideale a piante e animali.
Quando un fiume straripa, le zone umide
fungono da spugna, aiutando così ad
assorbire e a rallentare il flusso d’acqua.
Le zone umide assorbono anche l’eccesso di
nutrienti, sedimenti ed inquinanti prima che
raggiungano fiumi, laghi e altri corpi d’acqua.
Sono inoltre luoghi ideali per fare
birdwatching, passeggiate, escursioni e
anche interessanti programmi di educazione
ambientale.
Gli scienziati inoltre stanno cominciando a
rendersi conto che il mantenimento delle
caratteristiche dell’atmosfera può essere una
funzione supplementare delle zone umide.
Le piante immagazzinano il carbonio
all’interno del proprio fusto e nel suolo
piuttosto che liberarlo nell’atmosfera sotto
forma di anidride carbonica e in questo
modo le zone umide, come le foreste,
contribuiscono a ridurre l’effetto serra e i
cambiamenti climatici.
La conservazione delle zone umide è una
priorità. Gli ambienti umidi sono
fondamentali per la conservazione degli
uccelli, e sono sottoposti a gravi minacce
quali le bonifiche, la distruzione,
l’intensificazione delle pratiche agricole,
l’estrazione di acqua, la riduzione della
qualità delle acque, la costruzione di
infrastrutture, il turismo, l’urbanizzazione, la
caccia e l’introduzione di specie esotiche.
Si stima che circa due terzi delle zone umide
europee siano ormai scomparse. In Italia in
epoca storica almeno il 10% del territorio era
costituito da zone umide. Attualmente sono
miracolosamente sopravvissute a secoli di
bonifiche per fini agricoli e sanitari (la
malaria era presente in Italia fino alla metà
del secolo scorso) meno di 300.000 ettari
dei circa 3.000.000 originari. Di questi il 58%
è da considerarsi di notevole rilevanza
nazionale o internazionale. Degli oltre
80.000 ettari di zone umide che si
estendevano nella Daunia attualmente ne
rimangono complessivamente meno di
30.000.
12
C’era una volta una Laguna
C’era una volta una Laguna
La protezione
delle zone umide
Nel 1971 nella città iraniana di Ramsar è
stata sottoscritta la Convenzione per la
Protezione delle Zone Umide di Importanza
Internazionale (nota come Convenzione di
Ramsar), dedicata soprattutto alla
salvaguardia dell’avifauna acquatica.
Questo trattato intergovernativo prevede
l’individuazione, sulla base di criteri
ecologici, botanici, zoologici, ideologici e
sociali (e conseguente gestione) di “Zone
Umide di Importanza Internazionale”
TRAMONTO ALL’OASI
FENICOTTERI
13
L’Oasi
Lago Salso
Tra le zone umide sipontine, un posto di
riguardo è dato dall’Oasi Lago Salso, una
palude di 500 ettari ricoperta da folti canneti
alternati a zone di acqua aperta, i cosiddetti
chiari.
È una delle aree più importanti dell’Italia
meridionale per la riproduzione di anatre e
aironi e, oltre ad essere compresa nel
perimetro del Parco Nazionale del
Gargano, è parte di un’area più vasta di
elevata valenza naturalistica, proposta
quale Sito d’Importanza Comunitaria (pSIC)
ai sensi della Direttiva 92/43/CEE.
16 L’Oasi Lago Salso
L’Oasi Lago Salso
17
La regina
della palude
Sulle rive di una zona umida
di acqua dolce come l’Oasi
Lago Salso cresce la fascia
del canneto, costituita per la
grandissima parte da
un’unica specie, la
cannuccia di palude. Questa
pianta è diffusissima negli
ambienti umidi della
pianura o degli altipiani
dove crea distese che
circondano le rive
pianeggianti. Anche a
distanza è inconfondibile per
la statura delle piante, di 2-3
metri almeno e poi per la
presenza dei pennacchi che
si sviluppano all’apice del
fusto. Si tratta delle
infiorescenze della pianta.
Anche le tife sono piante
molto frequenti ai bordi degli
stagni; sono molto resistenti
all’inquinamento e possono
comparire insieme alla
cannuccia. Sono riconoscibili
per la spiga cilindrica e
compatta, verde alla fioritura
e bruna alla maturazione
dei frutti. Questi caratteristici
“sigari” marroni sono
composti da migliaia di frutti
minuscoli strettamente
stipati l’uno all’altro in attesa
di essere dispersi dal vento.
Sia le cannucce che le tife
tendono a lasciare poco
spazio per lo sviluppo di
specie più delicate. In alcuni
casi al loro posto si possono
sviluppare carici e scirpi dai
fusti più esili e delicati che
permettono ad altre piante
di crescere, come gli equiseti
e i giaggioli dalle belle
fioriture dorate e le foglie
ampie a forma di spada.
Dove l’acqua è più profonda
il canneto si apre lasciando
delle aree libere, con
specchi d’acqua a lento
scorrimento, detti chiari.
In questi chiari crescono sia
piante radicate al fondo che
distendono foglie e fiori in
superficie (come la ninfea
comune, la castagna
d’acqua, il ranuncolo
d’acqua, le brasche e i
millefoglie); che piante che
galleggiano liberamente
formando talvolta estesi
tappeti, come la minuscola
lenticchia d’acqua.
GIAGGIOLO GIALLO
18 L’Oasi Lago Salso
L’Oasi Lago Salso
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Aironi, i signori
della palude
Tra le specie di uccelli che
frequentano le zone umide, i
più vistosi sono senz’altro gli
aironi, alcuni dei quali, per
riprodursi, costituiscono delle
vere e proprie colonie che
prendono il nome di garzaie
composte talvolta da migliaia
di nidi e situate in genere in
boschetti circondati da
lagune, paludi, o nei pressi
del fiume.
Questi uccelli sono dei
trampolieri, così detti per le
zampe, oltre a becco e collo,
molto lunghe. Quando
volano sono facilmente
riconoscibili per le ali larghe, il
volo lento e soprattutto per il
collo piegato a S. La maggior
parte si nutre di piccoli
animali catturati nelle acque
basse.
All’Oasi Lago Salso si
possono osservare varie
specie di aironi: Airone
AIRONE ROSSO
cenerino, Airone rosso,
Airone bianco maggiore,
Airone guardabuoi, Nitticora,
Garzetta, Sgarza ciuffetto,
Tarabuso e Tarabusino.
Garzette, Nitticore, Sgarze
ciuffetto formano una garzaia
mista, su un filare di eucalipti,
tra le più importanti dell’Italia
meridionale. L’Airone rosso, il
Tarabuso e il Tarabusino
nidificano invece nel folto del
canneto. Le altre specie
20 L’Oasi Lago Salso
invece, benché presenti, non
nidificano nell’oasi.
Ogni anno, quando alla fine
della stagione riproduttiva tutti
i piccoli si sono involati, le
colonie vengono
abbandonate. La maggior
parte degli aironi migra poi
verso l’Africa, ma qualcuno
passa l’inverno nelle zone
umide sipontine. La
primavera seguente, quando
inizia una nuova stagione
riproduttiva quasi tutte le
colonie vengono rioccupate e
solo occasionalmente se ne
formano di nuove.
L’Airone cenerino deve il suo
nome al colore del suo
piumaggio, grigio come la
cenere, con collo bianco
striato di nero. È il più grande
airone (è lungo circa 1 m). Ha
un becco molto lungo che
usa per catturare la preda,
stando immobile e facendolo
poi scattare come una molla,
aiutato dal lungo collo. Molti
individui passano l’inverno
all’Oasi Lago Salso.
L’Airone rosso è leggermente
più piccolo del cenerino e in
generale sembra più
slanciato. Il collo, in
particolare, è lungo e magro.
Il piumaggio è rosso ruggine
con strie castane e nere. Si
mimetizza bene tra le canne
e i giunchi, restando
immobile con il collo e il
becco verticali.
In genere costruisce il nido nei
canneti fitti, nascondendolo
bene tra la vegetazione.
L’Airone bianco maggiore è
il più grosso airone (insieme
al cenerino): è lungo circa 90
cm, ha il piumaggio bianco
ed è simile alla garzetta da
cui si distingue per le
dimensioni maggiori, i piedi
scuri e il becco giallo. Nidifica
nei canneti (ma non nelle
paludi sipontine) in colonie di
solito numerose, costruendo
un nido di canne ed erbe
palustri. A volte si riproduce
sugli alberi.
L’Airone guardabuoi
generalmente frequenta
zone più asciutte. A distanza
sembra completamente
bianco come la garzetta; in
estate, visto da vicino, appare
L’Oasi Lago Salso
21
color nocciola chiaro sul
capo, gola e parte del dorso.
Si distingue dalla garzetta per
il becco giallognolo corto e
tozzo come il collo. Migra in
lunghi stormi disordinati a
quote relativamente basse.
La Garzetta è un piccolo
airone (lungo circa 60 cm) dal
piumaggio interamente
bianco. I piedi gialli spiccano
sulle zampe nere.
Caratteristiche sono due
penne filiformi che
compaiono dietro la nuca nel
periodo della nidificazione. La
sua tecnica di caccia preferita
consiste nel camminare
nell’acqua inseguendo le
prede e colpendole con
rapidi
colpi di becco.
La Nitticora, il cui nome
significa “corvo della notte”, è
lunga solo 55 cm in media.
Questo uccello dalla voce
rauca, simile da lontano a
quella di un corvo, è stato
spesso osservato in volo di
notte. Questo airone è molto
meno slanciato degli altri. Il
bel piumaggio è grigio
lavagna sul dorso e bianco
sulla pancia. Anche la
Nitticora come la Garzetta, ha
delle piume filiformi sul capo.
La Sgarza ciuffetto è lunga
meno di mezzo metro ed è
caratterizzata da piumaggio
giallastro, con presenza di
penne filiformi. Le parti
inferiori sono chiare. Il becco è
di colore azzurro
intensissimo. È una specie
poco conosciuta e poco
numerosa. Ha un
temperamento solitario e
schivo; la si può osservare
posata su alberi o arbusti
durante il giorno mentre è più
attiva all’imbrunire.
Il Tarabuso è un trampoliere
dal piumaggio bruno
chiazzato che vive nelle zone
umide, preferendo i margini
del canneto folto, anche in
AIRONE GUARDABUOI
GARZETTA
22 L’Oasi Lago Salso
L’Oasi Lago Salso
23
Battiti d’ali
sull’acqua
acque piuttosto profonde, e
del giuncheto soprattutto per
la nidificazione.
Per alimentarsi utilizza invece
le aree marginali e i prati
allagati dove caccia
soprattutto anfibi e piccoli
pesci avanzando circospetto
e scrutando l’acqua oppure
stando fermo ad aspettare
che sia la preda a venirgli a
tiro. È parzialmente diurno
ma molto schivo ed è
pertanto difficile vederlo
anche per le sue incredibili
capacità mimetiche: se deve
difendersi da un possibile
nemico sfrutta il mimetismo
del suo piumaggio ed
assume una curiosa
posizione verticale, con il
becco verso l’alto,
confondendosi con le canne.
Solo se messo alle strette
vola via o allarga le ali
minaccioso.
Il Tarabusino è il più piccolo
degli aironi. La femmina e i
giovani sembrano dei
tarabusi in miniatura il
maschio invece possiede una
bella colorazione crema,
nera e bianca evidente
soprattutto durante i suoi
brevi, ma frequenti voli. È
presente in primavera ed
estate nei canneti dell’Oasi
Lago Salso, suo habitat
prediletto.
Questi ambienti sono ricchi
di vita.
La vegetazione presente è
alla base della rete
alimentare che passando
attraverso insetti, piccoli
crostacei, molluschi, pesci,
anfibi, rettili giunge agli
uccelli, veri sovrani dei chiari,
ossia delle zone di acque
aperte all’interno di un
canneto. Tra le specie più
rappresentative dei chiari
troviamo le anatre, che
possono essere tuffatrici,
così chiamate perché si
tuffano e nuotano
sott’acqua per procurarsi il
cibo, oppure di superficie,
quelle che per cibarsi
immergono solo testa e
collo nell’acqua. Le prime
possiedono una palmatura
delle zampe molto più
estesa delle anatre di
superficie cosicché le loro
zampe funzionano da vere
e proprie pinne.
Tra le numerose anatre che
popolano i chiari possiamo
osservare germani reali,
alzavole, la bella Moretta
tabaccata, piuttosto rara,
TARABUSO
MORETTA
TABACCATA
VOLPOCA
SGARZA
CIUFFETTO
I PRATI ALLAGATI DELL’OASI LAGO SALSO
LIBELLULA
24 L’Oasi Lago Salso
dal piumaggio color ruggine
e il collo e becco piuttosto
lunghi, moriglioni e
marzaiole mentre cercano
cibo.
Anche i cormorani, dal
potente becco ad uncino,
frequentano i chiari, ed è
facile osservarli dove vi sono
dei pali o supporti che
fuoriescono dall’acqua,
mentre si asciugano le ali
nere al sole per poter alzarsi
nuovamente in volo.
Oltre alle anatre, si osserva
anche l’elegante Svasso
maggiore, campione di
immersione grazie al corpo
affusolato e senza coda, al
piumaggio lucente,
compatto e soffice,
perfettamente
impermeabile, alle zampe
arretrate, che offrono la
minima resistenza all’acqua
e le dita lobate per
migliorare la spinta.
Piuttosto comune è invece la
Folaga, un uccello nero con
il becco bianco, una vistosa
chiazza frontale bianca e gli
occhi rossi (nell’adulto) che
forma gruppi numerosi che
nuotano su e giù per i canali
e i chiari che si aprono nel
canneto.
La Gallinella d’acqua è
un’altra specie molto diffusa
in Italia per la sua estrema
L’Oasi Lago Salso
25
adattabilità. Simile alla
folaga se ne distingue per le
dimensioni minori, la placca
frontale e il becco rosso vivo,
le zampe verdi e una banda
bianca sui fianchi e sul
sottocoda. Inoltre non è
gregaria e pertanto
solitamente la si osserva da
sola o con pochi altri
individui.
Sui chiari compare talvolta
un minuscolo uccello
azzurro che sfreccia veloce:
è il Martin pescatore, che,
come dice il nome, pesca
tuffandosi a capofitto dopo
essersi librato in aria per
individuare un pesce. Lo si
può vedere anche posato
su una canna, intento a
scrutare l’acqua sottostante
alla ricerca di qualche
preda. Nell’area è facile
scorgere anche molte
specie di rapaci, dai grossi
falconi come il Lanario e il
Falco pellegrino, al Falco di
palude, al Falco Pescatore,
alle diverse specie di
albanelle. Spettacolare è in
primavera il passo dei Falchi
cuculi che investe tutta l’area
posta ai piedi del Gargano.
CORMORANO
SVASSI
MAGGIORI
MARTIN PESCATORE
GALLINELLA D’ACQUA
26 L’Oasi Lago Salso
L’Oasi Lago Salso
27
Birdwatching
in palude
Gli uccelli sono creature
interessanti da osservare
poiché sono relativamente
grandi, spesso molto colorati,
in grado di volare e si
comportano frequentemente
in modo attivo e dinamico; si
trovano quasi ovunque, sono
ben visibili e si possono
vedere anche da
relativamente vicino. L’attenta
osservazione degli uccelli in
libertà, il cosiddetto
“birdwatching”, è un vero e
proprio hobby naturalistico
notevolmente diffuso in molti
Paesi e in crescita anche in
Italia, che necessita solo di
tanta pazienza, un binocolo
e un taccuino su cui
segnare i particolari a cui
prestare attenzione quando
si incontra un uccello che
non si conosce.
È meglio non fidarsi solo
della propria memoria!
Cosa annotare:
· Dimensioni e forma
· Forma e colori del
piumaggio, del becco e
delle zampe
· Comportamento: il modo
in cui un uccello si muove e
quello che fa possono
aiutare ad identificarlo.
Per le anatre e le oche
è necessario prestare
attenzione a come volano,
come nuotano, se si
tuffano, se corrono lungo
la superficie dell’acqua
prima di prendere il volo o
se si sollevano con un
balzo ecc.
· Canti e richiami
OCHE SELVATICHE
GOBBO RUGGINOSO
BASETTINO
TUFFETTO
CAVALIERE D’ITALIA
SPATOLA
28 L’Oasi Lago Salso
L’Oasi Lago Salso
29
FENICOTTERI
30 L’Oasi Lago Salso
L’Oasi Lago Salso
31
Basta saper
guardare
Se è vero che gli uccelli sono
l’attrazione principale questo
non vuol significare che
nelle zone umide si trovino
solo aironi e anatre. Anzi!
Aguzzando un po’ la vista si
noteranno, soprattutto nella
bella stagione, molte specie
di anfibi e di rettili: le rane, la
Raganella, i rospi, i tritoni, la
Natrice dal collare, la Natrice
tessellata, la Testuggine
d’acqua e tante altre specie.
Tra i mammiferi, pochi sono
quelli la cui esistenza è
strettamente dipendente
dalle zone umide, come la
Lontra, ormai estinta sul
Gargano, ma moltissimi
sono invece quelli che
dipendono da esse in certe
fasi della loro vita. Tra i più
tipici: l’Arvicola terrestre e la
Puzzola.
Spesso però è quasi
impossibile avvistare gli
animali e pertanto le tracce
che essi lasciano diventano
gli unici indizi di questa vita
“nascosta”. Tra i segni della
presenza degli animali vi
sono le impronte che si
rinvengono con maggior
frequenza sul terreno molto
umido e fangoso, sui banchi
di limo e sabbia di paludi,
foci e spiagge.
Anche il ritrovamento di un
nido, di resti di un pasto, di
escrementi, di una penna,
della pelle di un serpente
persa durante la muta o di
un ciuffo di peli può fornire
utili informazioni sulle specie
animali che frequentano la
zona e contribuire ricostruire
abitudini, comportamenti e
vicende.
RAGANELLA
GERMANI REALI
RANA VERDE
BISCIA DAL COLLARE
PUZZOLA
IMPRONTE
32 L’Oasi Lago Salso
L’Oasi Lago Salso
33
La vita
nell’acqua
Nei chiari e nei canali del
canneto vivono varie specie
di pesci, quasi tutti introdotti
dall’uomo, tra cui il Carassio,
la Carpa e la Gambusia.
Talvolta è possibile osservare
anche le bisce d’acqua che
vivono in prossimità della
palude e, esperte nuotatrici,
si spostano nei chiari
andando anche in
profondità dove sono in
grado di rimanervi per
parecchi minuti alla ricerca
di pesci e larve di anfibi e di
insetti. E sono soprattutto
questi ultimi i più
abbondanti nell’ambiente
palustre. Tra i Coleotteri
acquicoli il grosso Ditisco è
un eccellente nuotatore che
ha come organi propulsori
le zampe posteriori
trasformate in potenti remi.
Si nutre di girini, piccoli pesci
e qualsiasi altro essere
vivente che riesce a catturare.
Sulla superficie dell’acqua si
osservano anche i delicati
Gerridi che pattinano grazie
alle quattro zampe posteriori
provviste di fitti cuscinetti
pelosi idrorepellenti che
consentono loro di correre
sull’acqua senza affondare.
Altri insetti ancora si
spostano sostenuti dalla
pellicola superficiale
dell’acqua o appesi sotto
di essa o semplicemente
nuotano, o camminano
oppure ancora stanno rintanati
sul fondo a caccia di prede
vive.
Anche i Crostacei sono molto
comuni, soprattutto quelli di
piccole dimensioni come la
Dafnie o gli Ostracodi, dalla
caratteristica forma a fagiolo
bivalve di 2 mm al massimo.
SPATOLE
GERRIDE
PIOVANELLI
DITISCO
GOBBO RUGGINOSO
Un salto
nel passato
MORETTA,
MORIGLIONI E
FOLAGHE
36 Un salto nel passato
Un salto nel passato
37
Chi è
l’archeologo?
Non solo reperti
Quante volte vi hanno detto a scuola che
“l’archeologo è colui che studia le antichità,
le civiltà passate” ?
Ma queste poche parole non vi hanno
lasciato soddisfatti. E allora qualcuno di voi
avrà immaginato un anziano signore che
trascorre tutte le sue giornate scavando,
scavando, scavando....magari alla ricerca
di un fantomatico tesoro....
O c’è chi avrà pensato allo studente
universitario con barba lunga e sciarpone
a righe...
O chi a un “topo” da biblioteca, sommerso
L’archeologo studia allora le civiltà passate...
e come lo fa? Attraverso i REPERTI che
vengono alla luce durante uno scavo e
sono tra gli elementi fondamentali a datare
gli strati ed utili a ricostruire il contesto in cui
vivevano i nostri progenitori (ricordatelo: è il
contesto la cosa più importante!)
da valanghe di libri polverosi da cui non
alza mai la testa.. O ad un esimio
professore universitario in giacca e
cravatta....
Non vi siete sbagliati. L’archeologo è tutto
questo... ed ALTRO ancora...
S’intende per contesto l’insieme delle
circostanze che hanno determinato un certo
modo di vita, dal periodo in cui si è vissuto
agli usi e rituali più diffusi.
REPERTI RINVENUTI DURANTE UNO SCAVO
Insomma, scavando un’area s’individua ciò
che è avvenuto nell’area indagata.
Non è allora il singolo reperto ad essere
importante ai fini di una ricostruzione storica
ma è tutto il contesto a fornirci un’idea
precisa - o almeno abbastanza attendibile dei segni lasciati dall’uomo del passato.
38 Un salto nel passato
Un salto nel passato
39
Come avviene la
scoperta di un sito
archeologico?
Attraverso una ricognizione di superficie: si
tratta di lunghe passeggiate in cui gruppi di
archeologi, di solito in autunno o primavera,
ispezionano i terreni alla ricerca di strutture
archeologiche e reperti, segnalando su una
cartina il punto esatto, la quantità e la
cronologia dei rinvenimenti.
O attraverso le fonti scritte: studiosi antichi
che hanno raccontato di un popolo o di una
città.
O ancora attraverso metodi moderni come
la fotografia aerea ed il metodo geoelettrico.
STORNI
FOTOGRAFIA AEREA
DEL VILLAGGIO NEOLITICO
DI PASSO DI CORVO
Quest’ultimo è un trasferimento di corrente
nel sottosuolo tramite elettrodi; se il
sottosuolo è omogeneo, le linee di corrente
non avranno problemi; se invece la corrente
incontra qualcosa, l’apparecchio rileva e
misura il grado di resistenza.
40 Un salto nel passato
Un salto nel passato
41
Come si scava
Cosa sono gli strati
Dopo aver individuato la superficie da
scavare, prese le misure esatte con un
apparecchio elettronico chiamato teodolite,
l’archeologo deve scavarne i vari strati.
S’intende per strato il risultato di un’attività
compiuta dalla natura o dall’uomo. Ogni
strato di terra è diverso dagli altri per
consistenza, colore, natura del terreno.
Pensate ad una torta formata da tanti strati
di pan di spagna farciti di crema al
cioccolato e panna. La prima ad essere
mangiata ... ooops scavata ... sarà lo strato
di panna e poi tutto il resto in ordine inverso
a quello in cui si sono formati. È evidente
che gli strati superiori siano quelli più recenti;
quelli inferiori i più antichi.
È facile immaginare l’archeologo al lavoro.
STRATIGRAFIA ARCHEOLOGICA
SIPONTO RESTI DELLA BASILICA
Quali strumenti sono
utilizzati?
Dopo aver individuato lo strato, si asporta
scavandolo con gli strumenti più
appropriati. A volte l’archeologo deve
misurarsi con strati piuttosto spessi e
consistenti che vanno eliminati con attrezzi
“pesanti” come pala e piccone. Se invece gli
strati richiedono più attenzione, lo strumento
utile è la trowel, una piccola cazzuola di
forma romboidale con cui si riesce, grazie
alla sua punta aguzza, a pulire con
precisione uno strato. E nel caso di sepolture
o di reperti fragili si usano pennelli, bisturi,
piccoli incisori etc.
42 Un salto nel passato
I Dauni
Metodo scientifico
È, quindi, fondamentale il lavoro
dell’archeologo durante lo scavo, purchè
operi in modo puntuale e preciso,
“scientifico”. A lui spetta osservare con
attenzione che nessuna delle informazioni
provenienti dal passato venga persa
irrimediabilmente, documentare i dati
emersi nel modo più corretto (attraverso
schede, disegni, fotografie), infine studiarli e
trasmettere gli elementi acquisiti a tutti
coloro che non hanno preso parte allo
scavo. La pubblicazione è, infatti, un
elemento imprescindibile e necessario
affinché non solo gli specialisti del settore
ma anche il pubblico dei non addetti ai
lavori conoscano i risultati della ricerca
archeologica.
L’arrivo del
“nuovo” popolo
Proprio grazie al lavoro degli archeologi
abbiamo oggi notizie sul mondo dei Dauni,
genti che abitarono nella zona compresa
tra i fiumi Fortore a Nord ed Ofanto a Sud,
stando alle testimonianze degli studiosi
antichi, dal IX-VIII sino al III secolo a.C.
Si trattava di popoli che giunsero sulle nostre
coste via mare dalla sponda orientale
dell’Adriatico (Illiria, Grecia, Creta), a partire
dalla fine del II millennio a.C. in varie ondate
migratorie. Questi, sottomettendo ed
unendosi alle popolazioni locali, diedero vita
alla civiltà japigia. Da questa poi si
svilupparono le tre distinte culture pugliesi:
la daunia, la peucezia (zona intorno Bari) e
la messapica (Puglia meridionale).
Per secoli queste genti conservarono il
predominio in questa regione sino alla loro
sottomissione da parte dei Romani.
Il personaggio che dà il nome alla regione,
Dauno, figlio del re dell’Arcadia Licaone,
giunse in queste zone, secondo alcune
fonti, ai tempi della guerra di Troia. Nello
stesso periodo altre fonti ricordano che vi
approdò anche Diomede, re dell’Etolia, tra
gli eroi greci che più si distinsero per valore
e astuzia nella guerra di Troia. Il richiamare
l’eroe mitico come capostipite della stirpe
era il modo per questo popolo fiero di
garantirsi delle origini privilegiate.
44 Il mondo dei Dauni
La vita quotidiana
Sembra che i Dauni
praticassero un tipo di vita
semplice, basato su
agricoltura, pesca, caccia e
allevamento. Una società di
contadini, dunque, che viveva
all’interno di semplicissime
capanne (sostenute da pali
con pareti di canne) facenti
parte di piccoli villaggi. Questi
sorgevano o in luoghi difesi
naturalmente, arroccati su
piccoli promontori da cui si
Il mondo dei Dauni
45
La vita ultraterrena
potevano controllare i
dintorni, come sul Gargano,
o anche in zone
pianeggianti, come il
Tavoliere, dove l’unica difesa
era costruire aggeri (cordoni
di terra) intorno all’area
abitata o sfruttare quelle che
erano le caratteristiche
naturali del territorio, come
l’eventuale presenza di un
fiume. Un altro importante
villaggio sorse in questa fase
ai margini dell’estesa laguna
costiera presa in esame:
restano tracce nella zona a
Sud di Manfredonia,
identificata come l’area di
Cupola-Beccarini.
Solo dalla metà del IV secolo
a.C. si potrà parlare di veri e
propri centri urbani dotati di
mura, impianti viari regolari,
case in muratura, costruite
con pietre e mattoni crudi e
con il tetto rivestito da tegole.
Eppure questo popolo,
costituito da genti semplici,
sviluppò una civiltà
autosufficiente, caratterizzata
da specifici rituali funerari e
produzioni artistiche originali.
Le tombe erano nelle
immediate vicinanze delle
capanne, soprattutto in
pianura: ciò vuol dire che
non esisteva un cimitero
com’è oggi da noi; i Dauni
non ponevano alcuna
distinzione tra il mondo dei
morti e quello dei vivi. Eppure
rivestiva una grande
importanza per loro il mondo
dell’oltretomba, cui
tributavano un grande
rispetto. I defunti erano di
solito deposti su un fianco, in
posizione rannicchiata, con il
corredo costituito da vasi,
ornamenti, armi. A parte rari
casi di tombe con corredo
più ricco e dimensioni
PLANIMETRIA
AGGERE DI ARPI
NECROPOLI DI MONTE SARACENO
SEPOLTURA IN POSIZIONE RANNICCHIATA
O “FETALE”
notevoli, probabilmente
appartenenti ad una élite
aristocratica, per lo più si
trattava di tombe comuni con
corredi piuttosto semplici.
La tipologia di queste tombe
era soprattutto “a fossa”
(ricoperta da una lastra di
pietra e da ciottoli) e dal V-IV
secolo a.C. “a grotticella”
(preceduta da un corridoio
d’accesso o da un semplice
pozzetto).
46 Il mondo dei Dauni
Le sculture funerarie
Esclusivo degli usi funerari
del popolo dauno è il
ritrovare spesso sul tumulo
di pietre che ricopriva la
tomba teste stilizzate (come
a Monte Saraceno, Troia,
Arpi) o stele (a Manfredonia,
Arpi, Salapia) infisse
verticalmente nel terreno.
Le stele sono lastre in pietra
calcarea, prodotte tra VIII e V
secolo a.C., che raffigurano
il defunto al momento della
morte. Con una leggera
incisione sono rappresentati
motivi geometrici (forse
decori della veste),
particolari di armature
(scudo, pettorale, spada),
ornamenti (fibule, guanti
decorati, collane, cinture,
pendagli vari) e scene che ci
offrono uno spaccato del
modo di vivere di queste
popolazioni (dalle
processioni alle scene di
caccia, pesca, vestizione di
guerrieri, partenze, battaglie
rituali).
Il mondo dei Dauni
47
48 Il mondo dei Dauni
Il mondo dei Dauni
49
La produzione
ceramica
Riguardo alla produzione
ceramica, i Dauni
continuarono a modellare i
loro vasi a mano e alla ruota
lenta ma utilizzarono anche il
tornio per i prodotti più raffinati
e recenti.
Il tornio migliorò notevolmente
la lavorazione della ceramica
in termini di qualità e quantità.
Si tratta di un grande disco (in
legno, pietra o terracotta) che
viene fatto girare tramite un
perno sopra un asse
verticale fissato a terra.
La decorazione tipica è
quella geometrica (zig zag
marginati, triangoli, rombi,
graticci, meandri) fino al IV
secolo a.C., quando
vennero ad inserirsi accanto
a quelli geometrici elementi
vegetali (foglie d’edera,
alloro, mirto, palmette).
Contemporaneamente si
diffuse dall’area greca la
ceramica a figure rosse in
cui l’artigiano disegnava
solo il contorno delle figure e
dipingeva di nero il resto del
vaso. In seguito alla cottura,
l’interno delle figure,
risparmiate dal colore nero,
assumeva il colore rossoarancio tipico dell’argilla.
Si diffuse anche quella di
“Gnathia”, con la superficie
completamente verniciata di
nero e la decorazione
(grappoli d’uva, tralci di vite
ed edera) dipinta sopra,
policroma.
I Dauni producevano
naturalmente anche
ceramiche di uso comune
per le esigenze connesse
alle attività quotidiane.
ELEMENTI DECORATIVI DEL
“GEOMETRICO DAUNIO”
VASO
A FIGURE ROSSE
VASO-FILTRO IN
CERAMICA GEOMETRICA
Centro Studi
Naturalistici
Comunità Europea
PROGRAMMA
LEADER+
Regione Puglia
C’ERA UNA VOLTA UNA LAGUNA
GAL DaunOfantino
C’era una volta
una Laguna
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C`era una volta una Laguna - Centro Studi Naturalistici ONLUS