COOPER AZIONE E SVIL UPPO IN T U T T O IL M O N D O 118 Ottobre 2009 www.cesvi.org CHiPO e GLi ALTRi Chipo ha 11 anni e le costole affioranti come scogli nella bassa marea. Il suo nome vuol dire “dono”. Il dono che gli ha fatto suo zio lo scorso Natale è stato portarlo in città, ad Harare, la capitale dello Zimbabwe. Viaggio in macchina. Lo zio ha aperto la portiera, ha scaricato Chipo ed è ripartito per la campagna. Come da noi si abbandonano i cani. Da allora Chipo è un bambino di strada. Quando va bene mangia una volta al giorno. Dorme in un vicolo sotto un cartone. Le sue costole non impressionano nessuno; in Zimbabwe denutriti si nasce. E si resta. Su 10 milioni di abitanti, secondo l’Onu almeno 5 hanno (avrebbero) bisogno di aiuti alimentari. Lo zio di Chipo è stato un bastardo, ma forse gli ha fatto anche un favore. In città si sta meglio che fuori. A Manghura, 250 km dalla capitale, i coetanei di Chipo infilano bastoncini nei termitai e catturano insetti per la cena. In Zimbabwe, su 10 milioni di abitanti, oltre la metà ha bisogno di aiuti alimentari. Squadre di vecchi e bambini lungo le strade aspettano che i rari camion carichi di mais lascino giù qualche chicco. Anche i chicchi non digeriti che si trovano nello sterco degli animali vengono lavati e recuperati. Ecco cos’è la fame in Zimbabwe. Ecco cos’è diventato il granaio d’Africa, dopo la confisca delle fattorie messa in atto a partire dal 2000. Aspettative di vita che si fermano a 35 anni. E che in certe zone dipendono dalla capacità degli umani di contendere frutti e radici selvatiche a babbuini, sciacalli e capre. A corto di derrate, in certe province si racconta che i soldati si nutrano con carne d’elefante. Zone agricole vengono bruciate per mettere in trappola piccoli roditori. Quest’anno un reparto di soldati si è presentato alla fattoria del presidente della Banca Centrale, Gideon Gono, il genio dell’inflazione a cento zeri, e ha portato via 176 galline. Harare (Zimbabwe). i ragazzi che vivono per le strade di Harare sono più di un milione e seicentomila e il loro numero è in costante aumento. segue a pag. 2 giorno la condizione di vita di chi non ha niente ed è privato dei diritti fondamentali, le donne in primo luogo, in un Paese che otto anni di guerra hanno fatto precipitare in un tunnel. «Non voglio essere così pessimista da parlare di tunnel senza uscita - confida Silvia - ma l’attuale situazione economico-sociale è drammatica. Non ero in Afghanistan prima della caduta del regime dei talebani, quindi non posso vedere il cambiamento che sicuramente c’è stato. Herat, voglia di riscatto di Gabriella Persiani* foto Monika Bulaj «Se si conoscessero meglio la forte identità culturale e la volontà di riscatto del popolo afghano, gli interventi stranieri sarebbero più produttivi». L’invito arriva da Silvia Risi, rappresentante Paese in Afghanistan per il Cesvi. È rientrata in Italia prima del voto afghano perché era troppo pericoloso restare, ma è già pronta a rientrare ad Herat, la provincia dove l’associazione opera. «Come tutte le Ong, abbiamo do- vuto lasciare il Paese, ma abbiamo preso la decisione di rientrare, nonostante lì la situazione sia imprevedibile. Abbiamo la necessità di tornare per vedere come sono andati avanti i progetti in nostra assenza». Silvia Risi svolge la sua attività toccando con mano ogni I media trasmettono solo immagini di guerra, ma l’Afghanistan è anche molto altro. Ma l’idea, per esempio, che la condizione della donna sia nettamente migliorata è falsa. Certo, ci sono libertà che prima non c’erano, ma pochissime persone ne sono a conoscenza, quindi è come se non ci segue a pag. 2 Poste Italiane S.p.A. – Sped. Abb. Post. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DcB Milano. In caso di mancato recapito, si prega inviare al cPM Milano roserio per la restituzione al mittente che si impegna a pagare il diritto fisso dovuto. di Michele Farina* foto Giovanni Diffidenti Harare (Zimbabwe). Ragazzi di strada alle prese con il lavaggio di auto per guadagnare qualche spicciolo. segue dalla prima Chipo e gli altri La carne è un lusso per Chipo e i ragazzi di strada di Harare. Vita dura. La polizia li arresta, li tiene in prigione. In molte parti del mondo prigione vuol dire almeno cibo assicurato. Non in Africa, non in Zimbabwe: i sopravvissuti raccontano di giorni senza vitto, di cadaveri tenuti nelle celle con i vivi. Chipo non ha ancora provato la dieta carceraria. Mangia una volta al giorno, a pranzo, alla Casa del Sorriso, la comunità organizzata dal Cesvi. Un angolo di miracolo. Chipo è l’ultimo venuto, il più magro. Uomini e animali si contendono il cibo: questa è la fame in Zimbabwe. I bambini di strada arrivano al mattino. C’è chi lava la sua unica maglietta e la fa asciugare al sole. Chi partecipa ai corsi (uno recente di computer). Chi si dedica alla fabbricazione di candele (buona idea, nel Paese dei blackout). Si mangia su una lunga tavolata, piatto forte la sazda, un purè insapore di mais. I fagioli sono una leccornia saltuaria. Nel pomeriggio i ragazzi tornano nelle strade. Passano la notte nei loro piccoli accampamenti braccati dalla polizia. Il quartiere più disastrato di Harare si chiama Epworth. È dove comincia il bush. Le abitazioni di fango, con il pozzo e la latrina: due buchi vicini nel terreno, una pacchia per i vibrioni del colera. Anche qui si mangia una volta sola, a metà pomeriggio. Sazda, sazda e ancora sazda. All’interno delle capanne, quando arriva un ospite da lontano, come segno di benvenuto compare un cestino di frutti. Ananas, banane, arance. Frutti di plastica, made in China. *tratto dal Corriere della Sera del 20/6/09 Un sorriso per i bambini di Harare In Zimbabwe il problema degli orfani dell’Aids sta assumendo dimensioni drammatiche. Sono ormai più di 1.600.000 e il loro numero è in costante aumento. Ragazzi e bambini, a volte piccolissimi, vivono per strada o in alloggi di fortuna in condizioni di povertà, degrado e abbandono. Grazie alla collaborazione con le associazioni locali Streets Ahead e Mashambazou Care Trust, nel 2004 Cesvi ha creato una “Casa del Sorriso” nella città di Harare, un luogo protetto dove i ragazzi sono accolti in un clima sereno e ospitale. La Casa offre loro attività educative e di svago - teatro, pittura, sport - per avvicinarli di più alla struttura e ridurre il tempo trascorso sulla strada. La Casa è un punto di riferimento importante: in qualsiasi momento i ragazzi possono avere un pasto, farsi una doccia calda, lavare e cambiare i propri abiti, parlare con qualcuno di fidato. I più grandi possono seguire laboratori creativi e corsi di formazione, finalizzati ad acquisire abilità pratiche e competenze specifiche per reinserirsi nel mondo del lavoro. Ma la Casa del Sorriso non è soltanto uno spazio fisico: è anche il cuore di un lavoro a più vasto raggio che si realizza sul campo, nelle periferie e per le strade di Harare, dove avviene il primo approccio con i ragazzi di strada attraverso la distribuzione di cibo e vestiti e l’appoggio psicosociale. Cesvi organizza corsi di formazione per le donne. A sinistra, attività di cucito, a destra una parrucchiera e produzione di oggetti artigianali. segue dalla prima Herat, voglia di riscatto fossero. Le infrastrutture, poi, e il sistema sanitario, giudiziario, educativo sono inesistenti: realtà rimaste pressoché invariate a prima del 2001». «Quello di stabilizzazione - continua - è un processo lunghissimo; non so se e quando si potranno vedere dei risultati che resisteranno all’uscita degli stranieri dal Paese». Nell’attesa del risultato elettorale, la popolazione di Herat continua a vivere «in un contesto urbano che è sicuramente migliore delle zone rurali circostanti, ma in una situazione economica e sociale 2 critica: la maggior parte delle persone non ha istruzione, assistenza sanitaria, lavoro. Eppure sono forti il desiderio e la voglia di migliorare la propria condizione. C’è un forte orgoglio, una forte identità che sarebbe bene arrivasse in Italia, visto che passano solo immagini di guerra e distruzione». Dal 2008 l’attività del Cesvi in Afghanistan si concentra a Herat con progetti di carattere sanitario (equipaggiamento con macchinari da laboratorio e da radiologia nell’ospedale pediatrico costruito dal governo italiano) e di formazione professionale per uomini e donne scelti tra ex rifugiati, deportati, sfollati per disastri naturali o guerra. Da febbraio sono in corso altri progetti per praticantato e cooperative sociali. I corsi sono da idraulico, carpentiere, saldatore, imbianchino, piastrellista, elettricista e fotografo per gli uomini; per le donne: produzione di piccoli oggetti di artigianato, parrucchiera, ricamo, cucito e fotografia. Si cura anche l’alfabetizzazione, mentre sono destinati alle donne corsi di computer e di inglese. «La popolazione risponde positivamente a queste proposte - spiega Silvia Risi - e in una zona così conservatrice come Herat la presenza costante delle donne, approvata dalle famiglie, è un piccolissimo passo verso l’emancipazione femminile». *tratto da L’Eco di Bergamo del 6/9/09 FOTO Maria Vittoria Trovato focus educazione Educazione senza frontiere di Chiara Magni I n Italia e in Europa, Cesvi svolge attività di educazione per sviluppare la cultura della solidarietà mondiale, per allargare la base dei donatori e dei volontari e per influenzare imprese private e istituzioni pubbliche nel sostegno ai progetti di cooperazione per lo sviluppo, si legge nel documento di missione Cesvi varato nel 2000. Cesvi propone un percorso che va dalla conoscenza dei temi dello sviluppo all’azione informata. L’educazione non è un’attività collaterale, ma fa parte da sempre della strategia del Cesvi e, se nel corso degli anni gli strumenti e il linguaggio dell’educazione sono cambiati, l’obiettivo principale è rimasto lo stesso: educare i cittadini del Nord del mondo ai concetti di solidarietà e responsabilità. Alla base vi è la consapevolezza che una più diffusa conoscenza del concetto di sviluppo internazionale sostenibile e la comprensione delle cause e degli effetti delle “questioni globali” siano ele- menti indispensabili per una lotta efficace contro la povertà. I migranti possono divenire “fattore di sviluppo” per i loro stessi Paesi d’origine. Le campagne Cesvi propongono un percorso che dalla conoscenza delle tematiche legate allo sviluppo giunge all’impegno personale e all’azione informata. Campagne diverse fra loro ma con un tratto comune: la formula informarsi - comprendere - agire e la volontà di rivolgersi a tutti, dal bambino al giovane, dall’insegnante e al genitore, da chi è già informato e impegnato a chi ancora non lo è. Negli ultimi decenni le società “industrializzate” si stanno caratterizzando sempre di più come società multietniche e multiculturali a causa del flusso crescente di migranti, in particolare dai Paesi del Sud del Mondo. L’Italia vive il passaggio da Paese di emigrazione a Paese di immigrazione: ciò non manca di provocare forti tensioni sociali e politiche, in parte connaturate ai processi migratori e in parte alimen- tate da una mancanza di memoria storica e cultura civile. Cesvi vuole stare al passo con i tempi rispondendo ai bisogni di una società in continuo mutamento: ecco perché nel settore educazione trova posto il co-sviluppo, i cui progetti considerano i migranti un fattore di sviluppo per i loro stessi Paesi d’origine. Così il migrante - da destinatario delle iniziative di sensibilizzazione - diventa protagonista e risorsa sulla quale investire per favorire lo sviluppo al Sud. I progetti educativi non possono infatti rivolgersi solo ai cittadini italiani ed europei: non si può prescindere dal coinvolgimento della società civile dei Paesi in via di sviluppo sia come fonte primaria delle informazioni e dei contenuti educativi sia come destinatari di un messaggio “di ritorno” che costituisce il punto d’arrivo del dialogo Nord-Sud. Punti di vista di Emanuela Bussolati A volte per poter “vedere” bisogna usare lenti particolari. Gli occhi non sono in grado di percepire ogni cosa: i microscopi o i telescopi aiutano. Attraverso le lenti si focalizzano dei particolari che sfuggirebbero. Oppure è la nostra “intenzione” che, grazie alla costrizione dello sguardo all’interno di uno spazio più contenuto, riesce a focalizzare meglio? Perché è vero che la percezione appartiene tanto alla fisicità quanto allo spirito. Vediamo quello che vogliamo vedere. D’altra parte anche lo sguardo d’insieme è utile, perché, unendo i tanti particolari, ha una “visione” fisica e spirituale più ampia. Queste riflessioni coinvolgono anche la fotografia che erroneamente viene descritta come un testimone imparziale e “scientifico”. In quanto mezzo espressivo con- tenuto nel confine dell’obiettivo, non può essere obiettiva, perché guidata da uno sguardo, da una emozione. È importante allora dare ad ognuno la possibilità di raccontarsi in prima persona e di raccontare la propria personale percezione della realtà anche attraverso la fotografia, più immediata e comunicativa, a volte, della parola. La parola “casa”, per esempio, esiste in tutte le lingue. La casa è un bisogno primario e il concetto corrispondente sembrerebbe facilmente condivisibile. Eppure se si esce dallo stereotipo del disegno infantile per cercare di esprimere che cosa è la casa, le definizioni sono molte. Quali sono le immagini, i sentimenti che rappresentano questa parola, per dei ragazzi fuggiti dalle zone di guerra, per le segue a pag. 4 cooperando 118 - OTTOBRE 2009 3 focus educazione segue dalla terza pUNti di vista Fondazioni4Africa Le tematiche dei conflitti dimenticati e del ritorno a casa raccontati attraverso gli occhi e i vissuti di un gruppo di giovani ugandesi sono al centro di un percorso educativo rivolto alle classi delle scuole primarie di Lombardia, Piemonte, Toscana e Emilia romagna nell’ambito del progetto “Fondazioni 4 Africa”, finanziato dalle Fondazioni cariplo, compagnia di San Paolo, cariparma e Monte dei Paschi di Siena. Le classi aderenti alla proposta sono chiamate a visitare una mostra itinerante e a partecipare ai laboratori allestiti nell’ambito della mostra. Oltre alla mostra e ai laboratori, la proposta alle scuole comprende anche un kit didattico gratuito con due fascicoli: il primo, attraverso le fotografie e le testimonianze raccolte a Kalongo da Fotografi Senza Frontiere, offre alle classi stimoli, proposte didattiche e percorsi di lavoro per l’approfondimento delle tematiche dell’intercultura, dei campi sfollati e del ritorno a casa. Il secondo è un manuale tecnico per la costruzione di un laboratorio di fotografia, destinato agli insegnanti che intendono avvicinare i propri studenti all’uso della macchina fotografica per realizzare piccoli reportage e mostre. Per informazioni e adesioni le scuole interessate possono inviare un’e-mail a [email protected] o telefonare al numero 035-2058036 (lun-ven, ore 9-13 e 14.30-18.30). 4 cOOPErAnDO 118 - OTTOBrE 2009 Uganda, nuovi sviluppi C ome molti Paesi africani, anche l’Uganda è stata una colonia britannica a partire dalla fine del 1800. Da quando nel 1962 ha ottenuto l’indipendenza, ha conosciuto un susseguirsi di dittature e guerre tribali, causate dalla convivenza forzata di popoli con culture diverse. In questa situazione di conflittualità, alcuni leader carismatici sono riusciti ad ottenere le simpatie delle popolazioni escluse dalla gestione del potere dando vita a movimenti di guerriglia. Uno di questi capi si chiama Joseph Kony, capo del Lord Resistance Army (LrA): dal 1986 il governo ugandese si trova a fronteggiare una guerra portata avanti dall’LrA, un esercito che non riconosce l’autorità centrale e che lotta per l’indipendenza della regione del nord-est, chiamata Acholi land. giornalismo e si sono allenati a sviluppare e stampare fotografie nella camera oscura allestita in un’aula della scuola St. charles. A ognuno dei 20 ragazzi che hanno partecipato al corso è stato insegnato come scattare fotografie di reportage e svolgere interviste. Organizzati in piccole troupe, hanno girato con macchina fotografica e registratore chiedendo alle persone di raccontare la loro vita. nel box sottostante proponiamo la testimonianza di Mariana. Kalongo (nord Uganda). i partecipanti al laboratorio di Fotografi senza Frontiere osservano con entusiasmo i negativi. Sotto, mostrano orgogliosi le loro fotografie. Una proposta didattica per raccontare ai ragazzi italiani la realtà dei campi di sfollati attraverso gli occhi dei loro coetanei ugandesi. nel 2006 è stata firmata una fragile tregua, ma la strada per raggiungere un accordo di pace sembra ancora lunga. I ribelli agiscono attaccando i villaggi e rapendo i bambini, maschi e femmine, per arruolarli e farne dei soldati. Per sfuggire a queste aggressioni, molte persone abbandonano i villaggi e cercano rifugio presso ospedali e missioni, dove si concentrano i campi di sfollati. Qui migliaia di persone vivono in condizioni di forte disagio, privati dei servizi di base (acqua, sanità, istruzione) e delle fonti di sussistenza (agricoltura). cesvi, Amref e coopi, insieme a Fotografi Senza Frontiere, hanno deciso di documentare la vita nei campi di sfollati per raccontarla ai ragazzi italiani: per farlo, hanno scelto di far diventare fotografi e giornalisti un gruppo di ragazzi di Kalongo, in modo che loro stessi potessero spiegare la dura realtà di un campo che ospita oltre 20.000 persone. Per un mese i ragazzi hanno partecipato alle lezioni teoriche su fotografia e Mariana 17 anni, clan Kwong S ono nata a Kalongo, ma mi sposto spesso per seguire mio padre; sono l’unica femmina e devo aiutarlo nelle faccende domestiche. Ho sei fratelli. Mi sveglio alle 5 di mattina per sbrigare i lavori di casa, ma quando c’è la scuola prendo solo l’acqua. Durante la guerra non potevamo uscire prima delle 10 del mattino perché in giro c’erano i ribelli. Da grande voglio diventare una commercialista: abbiamo sofferto tanto e voglio migliorare la situazione della mia famiglia. Qui a Kalongo siamo tutti migrati, come la donna che ho intervistato: “ «Mi chiamo Okello rose e vivo nel campo di Kalongo. Siamo arrivati nel 2003 per sfuggire alle aggressioni dei ribelli e da allora viviamo qui. Prima abitavamo nel villaggio di Lapono: siamo fuggiti con ogni mezzo, a piedi e in bicicletta, lasciando quasi tutto nelle nostre capanne. Ora abbiamo assistenza dalle OnG che ci donano il minimo indispensabile per avere una vita dignitosa. Prima di fuggire vivevo una vita stupenda, avevo cibo per la mia famiglia. Adesso sono molto triste, soffro nel campo profughi, non ho nulla da dare alla mia famiglia e mi addolora aver abbandonato la mia terra d’origine dove avevo un terreno che offriva frutti sufficienti per i nostri bisogni. Per questo ho molta voglia di tornare al mio villaggio e di riprendere la mia vita». “ loro famiglie che hanno lasciato casa, lavoro, affetti per cercare una casa più sicura? E questa nuova è una casa? O il tetto e i muri sono rimpiazzati dalle persone conosciute, dalle loro storie, da un margine di accoglienza e sicurezza e soprattutto da una speranza nel futuro? La porta di questa casa fatta di relazioni è la possibilità di condividere le emozioni e i sogni? Di poterli raccontare a qualcuno per crederli possibili? nel momento in cui taglio l’inquadratura di una foto, faccio una scelta: evidenziare un aspetto oppure un altro. nel momento in cui vedo emergere l’immagine so che ho raccontato qualcosa del mondo e qualcosa di me insieme. Dunque la mia visione è importante. Posso essere ascoltato. Il mio punto di vista è importante come il tuo. ci possiamo confrontare. Queste esperienze riportano in mano a ogni persona la testimonianza dei suoi vissuti e in questo senso sono infinitamente più importanti di qualsiasi cronaca “ufficiale”. Vissute e narrate con un mezzo espressivo potente come la fotografia, sono estendibili a chiunque voglia usare la macchina fotografica non come turista della vita ma come testimone di una vita accanto ad altre vite, tutte con lo stesso diritto di raccontarsi. La fotografia è un linguaggio espressivo che si può imparare da piccoli, come il disegno, la parola, il canto. Allarga gli sguardi, a dispetto del fatto che la visione passi attraverso un obiettivo. È dunque materia significativa da insegnare a scuola, soprattutto là dove diversi “punti di vista” si incrociano e hanno bisogno di incontrarsi e non di scontrarsi. focus educazione A piedi nudi nei parchi Donna e bambino nel Gonarezhou National Park, Zimbabwe. Il Gonarezhou è parte del Parco Transfrontaliero del Gran Limpopo (foto Silvia Bettocchi). I l tema dello sviluppo sostenibile è il filo conduttore di “A piedi nudi nei parchi. Alla scoperta delle aree protette vicine e lontane”, percorso di educazione ambientale proposto da Cesvi a 100 classi del II ciclo delle scuole primarie della Lombardia, grazie al finanziamento di Fondazione Cariplo e Fondazione ASM. La proposta, interamente gratuita, si propone l’obiettivo di far conoscere agli studenti parchi e aree protette vicine e lontane. I Parchi lombardi coinvolti sono il Parco Adda Nord, il Parco Oglio Sud e il Parco del Mincio. “A piedi nudi nei parchi” unisce locale e globale, partendo dalla conoscenza dell’ambiente naturale più vicino per arrivare alla scoperta di un parco lontano e popolato da flora e fauna affascinanti: il Parco Transfrontaliero del Gran Limpopo. I bambini possono così scoprire differenze e somiglianze tra i vari ambienti naturali in un progetto didattico che è interdisciplinare, è proprio il caso di dirlo, per natura. Le classi sono protagoniste di un percorso educativo che si articola in diversi momenti: un intervento propedeutico da parte di operatori precedentemente formati, la distribuzione di un’unità di lavoro per gli insegnanti, un sito-gioco, la visita a un’area protetta in Lombardia, la partecipazione a un concorso sul tema. epoca in cui viviamo è connotata da un’accelerazione intensa di mutamenti in tutti i settori: politico, ideologico, economico, culturale e anche ambientale. La dimensione ambientale è una componente fondamentale dell’educazione alla complessità del reale, che possiamo considerare una finalità generale, una sorta di scenario che le diverse discipline scolastiche possono “riempire” con il loro bagaglio di concetti, conoscenze e metodologie. L’importanza dell’educazione ambientale è stata sottolineata nel corso della Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo sviluppo (UNCED), riunitasi a Rio de Janeiro nel 1992: l’educazione ambientale deve promuovere un approccio complessivo e di conseguenza un taglio interdisciplinare nelle relazioni tra il genere umano, la natura e l’universo (…) deve occuparsi di problemi cruciali a livello planetario, delle loro cause e relazioni interne, in un approccio sistemico e nel loro contesto storico e sociale. I temi fondamentali legati a sviluppo e ambiente, quali demografia, salute, pace, diritti umani, democrazia, fame, degrado di flora e fauna, devono essere intesi in questo modo. Le attività di educazione ambientale (come l’educazione alla pace, ai diritti, allo sviluppo sostenibile, all’intercultura) non sono esercitazioni fini a se stesse, ma mirano a cambiare sostanzialmente i comportamenti e gli atteggiamenti delle persone. È quindi importante considerare, in campo educativo, anche la dimensione affettiva e la motivazione che interagiscono con la dimensione cognitiva in modo inscindibile. In sintesi, per rispettare un ambiente devo non solo conoscerlo, ma anche amarlo e sentirmi parte di esso. Devo imparare a riconoscere criticamente la diversità, nelle forme in cui si manifesta (biodiversità, diversità culturale ecc.), come un valore e una risorsa preziosa da proteggere. L’educazione ambientale proietta l’individuo in un’ottica che parte dalla consapevolezza delle problematiche del presente per costruire un futuro della terra sostenibile ed è quest’ottica che Cesvi ha tentato di perseguire nella proposta culturale del progetto “A piedi nudi nei parchi”. Il filo conduttore dell’educazione ambientale unisce i bambini italiani che esplorano un parco regionale e in classe riflettono sull’importanza di rispettare piante e animali e i bambini africani che percorrono le rive del fiume Limpopo e, seduti per terra, davanti a una lavagna, studiano la grande fauna della savana. Sono i nuovi cittadini del Nord e del Sud del mondo che possono contrastare una delle tendenze epocali più evidenti che si manifesta, a livello planetario, con la distruzione sistematica di forme di vita animali e vegetali e del loro habitat. “La creatività, gli ideali e il coraggio della gioventù del mondo dovrebbero essere mobilitati per forgiare una collaborazione globale sì da ottenere uno sviluppo sostenibile e assicurare un futuro migliore per tutti”. (Carta dei Principi di Rio 1992). FOTO Giovanni diffidenti L’ di Daniela Invernizzi La storia dei Makuleke L a storia del Sudafrica insegna che la conservazione della natura può servire talvolta anche interessi politici, strategici e militari, a partire dalla creazione del Kruger National Park fino alla sua estensione a nord, avvenuta nel 1969. Con l’annessione dell’area di Pafuri, triangolo di terra sul confine tra Sudafrica, Mozambico e Zimbabwe, le popolazioni Makuleke sono state spostate oltre i confini del parco. I Makuleke, originari del Crook’s Corner (angolo dei briganti), risiedevano sia sul territorio mozambicano sia su quello sudafricano, e sono stati forzatamente spostati a sud proprio per inglobare la zona di Pafuri nel Parco Kruger. L’occupazione militare del Kruger è continuata fino ai primi anni ’90. Con il ritorno della democrazia in Sudafrica, i Makuleke hanno reclamato la loro terra e sono riusciti a vedere riconosciuti i propri diritti. “ Vettlee Sukani Macebele, Associazione dei Makuleke scegliemmo una co-gestione con Avevo 10 anni. Ci portarono l’Ente Parco: il contratto ci offriva attraverso il Kruger National Park fino la possibilità di ritornare a vivere a qui. Molti membri della comunità nelle zone da cui eravamo stati si dispersero tra lo Zimbabwe e rimossi, ma preferimmo dedicarci il Mozambico. L’insediamento in all’ecoturismo. Dopo l’accordo, questa zona non fu facile per gli invitammo gli investitori interessati allevatori: ci ritrovammo in un posto allo sviluppo turistico dell’area a nuovo con poche possibilità di contattarci. Creammo un comitato reperire frutti, accedere all’acqua, per la selezione del più appropriato pescare o coltivare. Qui siamo investitore capace di realizzare rimasti dal 1969 al 1996, quando un lodge e seguire lo sviluppo iniziò il processo per il recupero dell’area. Il nostro obiettivo era della terra. Ci appellammo al Land favorire l’insieme della comunità Restitution Act: un atto promosso e non i singoli individui. Il primo dal governo che riconosceva il lodge cominciò ad operare nel diritto alle popolazioni che avevano 2000 e qualche anno dopo ne fu perso la terra di richiederne il aperto un altro. Oggi più di 80 possesso. Così noi Makuleke ci giovani lavorano nelle due strutture organizzammo. I negoziati durarono turistiche, e le risorse generate sono 18 mesi. Si concordò che la terra investite dalla comunità Makuleke appartiene ai Makuleke. Poiché per il miglioramento delle proprie non avevamo alcuna conoscenza in condizioni di vita. tema di conservazione ambientale, “ Ambiente è futuro cooperando 118 - OTTOBRE 2009 5 focus educazione nella foto di Monika Bulaj, un bambino attraversa un guado in Tajikistan. “il futuro del Tajikistan” è uno dei progetti sostenuti con la raccolta fondi attiva sul portale www.cesviamo.org. Una scommessa contro la povertà N ello scenario italiano in cui la solidarietà, intesa come donazione, interessa solo il 34% della popolazione e il profilo- tipo del donatore è donna, con più di 55 anni, del Nord Ovest, Cesvi vuole creare una nuova cultura della donazione, moderna e capace di coinvolgere un pubblico più ampio. Una community di fund raiser giovani, dinamici e protagonisti. «Cesviamo si prefigge di abbattere i confini geografici, politici e d’età dei donatori italiani, parlando un linguaggio semplice, diretto, informale afferma Giangi Milesi, presidente Cesvi - Abbiamo immaginato una nuova modalità di coinvolgimento. Volevamo creare uno strumento che permettesse di esperire un nuovo aspetto della beneficienza, che creasse divertimento ed entusiasmo e permettesse di “fare gruppo” condividendo la gioia del donare. È nato Cesviamo: ne siamo orgogliosi e crediamo sia uno strumento educativo valido per avvicinare i più giovani alla solidarietà». di germano antonucci* M anuel si muoverà in ufficio saltando su un piede per un giorno intero: e così proteggerà i villaggi birmani dalla malaria. Mario si impegna a non bere alcolici per otto sabati di fila: e così porterà acqua potabile in Sudan. Deborah preparerà 20 teglie di tiramisù: e così proteggerà i neonati dello Zimbabwe dal contagio dell’Aids. E poi c’è chi si vestirà da Superman, chi smetterà di mangiarsi le unghie, chi riattaccherà le foglie cadute da un albero, chi andrà al cinema in bikini. Tutti impazziti? no, questa è gente che vuole cambiare il mondo. con una piccola, grande scommessa sul web. SOCiAL neTWORK - L’idea è venuta a quelli del cesvi: l’organizzazione ha lanciato cesviamo, il social network che trasforma ogni navigatore in un vero e Colpevole o innocente? “Il cioccolato alla sbarra”, “Carta: colpevole o innocente?”, “L’imputato Bacco assolto”: con questi titoli i principali quotidiani italiani hanno raccontato i singolari processi a imputati non-umani organizzati da cesvi, in collaborazione con Slow Food, negli ultimi anni. Processi al gambero, al cane, al cacao, alla carta, al vino: un modo nuovo, certamente originale, per portare all’attenzione dell’opinione pubblica tematiche importanti e attuali legate allo sviluppo sostenibile. 6 cOOPErAnDO 118 - OTTOBrE 2009 Il processo, ideato da Ettore Tibaldi, zoologo (e vicepresidente del cesvi fino alla sua morte nel 2008), è un format educativo basato sulla tecnica del gioco di ruolo che si presta particolarmente bene all’analisi critica di una realtà fatta di diritti e di doveri. Un format grazie al quale la partecipazione attiva del pubblico, spesso composto da studenti, è assicurata. cesvi e Slow Food, dunque, hanno messo in scena - anche in luoghi emblematici come la Cesviamo vuole coinvolgere i giovani in una nuova cultura della donazione basata sul “mettersi in gioco”. proprio “fund raiser” in grado di portare aiuto, sostegno e sviluppo dove ce n’è più bisogno. ciascuno può mettersi in gioco: basta inventarsi una scommessa - più è strana ed estrema, più avrà probabilità di successo - e comunicarla ad amici, colleghi e familiari, invitando tutti a contribuire con una donazione per raggiungere il budget prestabilito in un tempo massimo di raccolta. Ogni somma versata per “costringere” lo scommettitore a tenere fede al proprio impegno servirà a finanziare uno dei quattro progetti cesvi: «Fermiamo l’Aids sul na- scere», «case del Sorriso», «L’acqua è vita», «Angeli contro la malaria». OBieTTiVO - Per partecipare, bastano davvero piccoli gesti: rasarsi a zero, svegliarsi alle 4 di mattina e fare il verso del gallo, mangiare un piatto di broccoli con la nutella. Giorgia Surina, il primo vip ad aderire all’iniziativa, ha optato ad esempio «per una dieta fatta esclusivamente con alimenti di color arancio, proprio come il colore di cesviamo». «Tutto è valido - si legge sul sito - purché sia qualcosa che non faresti mai spontaneamente. Più i tuoi amici vorranno vedere come te la cavi, più doneranno per raggiungere l’obiettivo». Le SCOMMeSSe - A quelli di cinzia, ad esempio, basteranno 500 euro per obbligarla a presentarsi in ufficio con i tacchi a spillo. Stefania spera di raccogliere 50 euro, in cambio ballerà la danza del pinguino davanti al professore di psicologia clinica. roberto andrà a fare la spesa al supermercato in tuta da sub. E Pietro - per soli 50 euro - mangerà venti formiche, una ad una, senza pane. Lui è un tipo parecchio schizzinoso, e i suoi amici si faranno grasse risate davanti alla sua faccia schifata. I bambini del Sudan, tirando su dal pozzo acqua pulita e finalmente potabile, avranno per lui un pensiero diverso: «Apath apee». Significa «grazie». *tratto da Corriere.it Tamil nadu (india). Giulia con le bambine della Casa del Sorriso gestita dal Cesvi e dall’associazione locale ekta. Per informazioni sulle possibilità di volontariato con Cesvi: www.gapyear.it. piace davvero tanto e lo facciamo spesso. Non solo canzoni indiane, anche qualcosa di occidentale. Hanno già imparato “No women no cry”». Bob Marley in India, davvero uno spettacolo da non perdere. Ma Giulia lo sa, la danza è solo una delle molte attività del campo. «Oggi per la prima volta mi sono svegliata alle 5.30 per fare yoga con loro. Stare in giardino all’alba è bellissimo, ma devo ammettere che la sveglia è stata un po’ drammatica. Diciamo che devo ancora prendere il ritmo». Dopo l’attività fisica le ragazze studiano fino alle otto, «poi si fa colazione, tutti insieme, seduti per terra mangiando con le mani. Qui si mangia solo riso, ma va bene perché è buonissimo». In India con un sogno L a distanza non si sente, la voce al telefono è brillante. Giulia ha voglia di raccontare. Ha le idee chiare su cosa dire e sul perché parla da un telefono nel sud dell’India. «Sono qui per stare a contatto con le persone e non solo per vedere le cose come una turista. Quando sono partita non ero alla ricerca di un bel viaggio, ma piuttosto di un’esperienza di vita». Continua tutta d’un fiato, sulla scia dell’entusiasmo: «La mia idea di volontariato è piuttosto distante dall’immagine classica, anzi direi che è quasi il contrario. Credo siano proprio le persone che veniamo ad aiutare che finiscono per darci tantissimo». La teoria di Giulia Hansstein, vent’anni, studentessa di lettere alla Statale di Milano, finisce qui. corte d’Assise del Tribunale di Bergamo - veri e propri processi con tanto di interrogatori e contro-interrogatori, deposizioni di testimoni, consulenti e periti, arringhe di abili difensori e agguerriti accusatori. nel 2006 è stata la volta del cacao, accusato di danneggiare la biodiversità della foresta pluviale e causare dipendenza nei consumatori. A giudicare la delizia del palato un team di esperti, biologi, avvocati, nutrizionisti e medici che alla fine ha assolto l’imputato con formula piena. L’anno successivo è stata la carta a fare il suo ingresso nel Tutto il resto sono fatti e voglia di fare. Da un mese è nel centro di accoglienza Cesvi-Ekta di Cuddalore nello Stato del Tamil Nadu, sud-est Tribunale Penale, accusata di distruzione dell’ecosistema per via della deforestazione, di “ecocidio” per la diminuzione della barriera anti-anidride carbonica, di attentato alle risorse idriche mondiali impiegate nei processi di produzione, assunzione e spaccio di sostanze pericolose come gli sbiancanti. Dopo la testimonianza di esperti e consulenti, la giuria ha scagionato la carta costringendo però a un “affidamento ai servizi sociali” chi ne fa un uso indiscriminato. Quest’anno saranno i parchi e le aree protette ad essere messe dell’India. Vive nella Casa del Sorriso con ventisette bambine tra gli 8 e i 16 anni. «La maggior parte di loro sono orfane. Molti dei loro ge- sotto accusa. costituiscono un limite o una risorsa per la comunità? Sono luoghi di tutela della biodiversità, spazi da lasciare incontaminati, o intralci al libero sviluppo, antiquata e incoerente pretesa di naturalità? E che dire della loro “introduzione forzata” in territori sempre più antropizzati, come la Lombardia ad esempio, nei quali la limitazione alle costruzioni potrebbe diventare un grave handicap per il futuro? Mai come quest’anno il compito della giuria popolare, chiamata a decretare la sentenza, sarà arduo. Staremo a vedere. di Marco Berti Quattrini* nitori sono morti a causa dello tsunami del 2004, altri invece si sono suicidati. La gente ha perso tutto, l’onda di marea ha stravolto la popolazione. Non se ne parla ma la depressione qui è davvero un problema». Giulia, assieme al personale del posto, organizza giochi e attività d’intrattenimento, oltre a dare un aiuto con i compiti e tenere lezioni d’inglese. Nel suo curriculum, però, ha un’arma segreta: dieci anni di danza. È partita dall’Italia con un progetto ben chiaro, coinvolgere le ragazze del centro e organizzare un grande spettacolo di ballo. Ha riempito la valigia di cd e preparato qualche passo di danza: «Delle semplici coreografie, per lo più musica occidentale: alle ragazze piace molto e sono entusiaste dell’idea dello spettacolo. Poi ballano sempre con un’energia incredibile, sono davvero bravissime». La data precisa non è ancora fissata ma Giulia sogna uno show in piena regola. Non sono da escludere performance canore, perché se non si studia o non si balla, nella Casa del Sorriso si canta. «È una cosa che «Le persone che veniamo ad aiutare finiscono per darci tantissimo». Dopo aver portato le bambine a scuola «andiamo nei villaggi a far visita alle loro famiglie. È un’esperienza importante perché ti permettere di conoscere davvero le persone». Dopo lo studio, il pomeriggio è dedicato allo sport e alle attività ricreative: «Abbiamo organizzato una caccia al tesoro, un torneo di pallavolo e giochi da tavolo». Tutti sono capaci di lanciare dadi o muovere pedine, «e noi costruiamo tutto partendo solo da qualche foglio di cartoncino. Lo Scarabeo in lingua inglese è già pronto, adesso stiamo lavorando a quello in tamil, la lingua locale dello Stato. È molto più complicato, colpa delle lettere strane». Tra qualche giorno Giulia tornerà in Italia portando con sé il sorriso delle ragazze indiane, «un sorriso che, nonostante la situazione drammatica, ti sconvolge: un sorriso incredibile, che ti graffia il cuore». *tratto da La Repubblica ed. Milano del 27/9/09 7 PERSONE E FATTI IN BREVE - PERSONE E FATTI IN BREVE - PERSONE E FATTI IN BREVE- -LETTERE E MESSAGGI - L LETTERE E MESSAGGI PERSONE E FAT 6 luglio-30 settembre Il Grup- 10-20 agosto Varigotti (SV). favorire l’occupazione di gioHo ricevuto i materiali infor- le” si batte con “ricette locali”. po Cotifa e le Farmacie associate sostengono il progetto “Angeli contro la malaria” del cesvi: in 300 farmacie del lombardo-veneto, aderenti all’iniziativa “Mondo Bimbo in Farmacia”, l’acquisto di un prodotto della linea Hipp, Mellin-Milupa e Pampers aiuta a salvare la vita di un bambino. 13 settembre novellara (rE). “Immaginare futuro”, maratona di incontri ideata da Uguali diversi per discutere di crisi, giovani e culture promossa dal Comune di novellara con il Comune di Reggio emilia e la Provincia di Reggio emilia. cesvi allestisce un info-point per la distribuzione di gadget e materiale informativo. 13 settembre Palazzago (BG). “Palazzago: i luoghi, i sapori”, manifestazione gastronomico-culturale con degustazioni e concerto jazz. L’evento sostiene la casa del Sorriso del cesvi di Manguinhos, rio de Janeiro. Allestita la mostra “Keep the Promise”, sezione Brasile, con fotografie di emanuela Colombo. Grazie al dott. Roberto Pogna. 6 settembre Schiranna (VA). Il Comitato Venti9 organizza “La tribù che corre”, camminata non competitiva intorno al Lago di Varese che contribuisce alla raccolta fondi per la casa del Sorriso del cesvi di Harare, in Zimbabwe. 2 settembre carvico (BG). Il gruppo Amici del Cesvi di Carvico allestisce uno stand per la distribuzione di gadget e materiali informativi sulle attività del cesvi in occasione della festa di fine estate. 31 agosto Bergamo. Alle Piscine Italcementi, “Festa dell’acqua”: un giorno e una notte per pensare e vivere l’acqua tra sport, cinema, musica, cultura, scienza. cesvi partecipa con l’intervento “Il mondo è assetato. c’è acqua per tutti?” a cura di Myrta Canzonieri. Proiezione di foto di Giovanni diffidenti. 21 agosto rio de Janeiro (Brasile). Il sindacato nazionale dei lavoratori della Fondazione Fiocruz consegna la medaglia “Jorge careli per i diritti umani” a Casa Viva per le attività a favore dei ragazzi nella favela di Manguinhos. Alla cerimonia partecipano Giulia donnici del cesvi e elizabeth Campos di redeccAP. Mostra fotografica di Pietro Carulli a sostegno dei progetti del cesvi e dei Lions (World Food Program) in Sri Lanka. A disposizione anche materiali di aggiornamento e informazione sulle attività umanitarie in corso. 17 luglio Harare (Zimbabwe). Lo staff cesvi consegna radio, motociclette e biciclette alla clinica rurale di rutope e ad altre strutture sanitarie. Presenti il direttore sanitario dei distretti di Bindura e Mazowe, Paolo Cernuschi, coordinatore cesvi in Zimbabwe, e i rappresentanti della comunità locale. 31 luglio roma. Il consiglio dei Ministri nomina Giulio Terzi di Sant’Agata, già rappresentante italiano alle nazioni Unite, nuovo ambasciatore italiano a Washington. Terzi di San’Agata è membro del collegio dei Fondatori ad Honorem del cesvi. nella foto, con il presidente Giangi Milesi e Cristina Parodi al Premio Takunda 2007. 13 luglio Sarajevo (Bosnia Erzegovina). 13a edizione de “Le vie dell’Amicizia”: Riccardo Muti in concerto. In platea gli abiti realizzati dal centro per le Donne di Breza, piccola impresa locale sostenuta dal progetto di Re.Te. e cesvi per vani e donne. 7 luglio caracas (Venezuela). consegna dei diplomi alle 25 ragazze che hanno partecipato ai corsi di formazione in panetteria e pasticceria organizzati da cesvi e dalla Congregazione delle Suore Adoratrici nell’ambito del progetto di attenzione integrale allo sfruttamento sessuale infantile nella capitale venezuelana. 20 giugno Verdello (BG). Un’intera giornata insieme alla Compagnia Brincadera: teatro, musica, fotografia, cortometraggi. cesvi partecipa con uno stand allestito dai volontari. 13-14 giugno Bergamo. In occasione della giornata mondiale di lotta allo sfruttamento del lavoro minorile, mostra “Workers. Storie di infanzia negata” con foto di Cristina Francesconi presso lo Spazio Polaresco. In mostra anche le opere degli studenti del Liceo Artistico Statale, tra cui l’opera vincitrice del progetto “Scream” promosso dall’ILO. mativi “ricette per sfamare il mondo”. Pur versando il mio contributo e riconoscendo che cesvi gode di buona stima per la serietà con cui procede nella sua attività di cooperazione internazionale, mi sembra giusto comunicarvi che non ho apprezzato questa campagna di comunicazione. L’Africa l’Uganda nello specifico - non è il calderone dove sperimentare le nostre “ricette” perché se la “torta” (o meglio la cassava con fagioli..) poi non esce bene i danni sono ingenti… E, in secondo luogo, chi è cesvi, chi siamo noi per elargire “ricette per sfamare il mondo”? È una campagna di comunicazione e come tale deve colpire, persuadere, provocare la giusta risposta emotiva, ma - personalmente - è proprio l’impatto emotivo che è stato negativo. E se non fosse stato che cesvi garantisce per il “prodotto”, avrei cestinato il volantino. Scrivo queste poche righe con spirito di critica costruttiva. Laura Binacchi, Limbiate (MI) Grazie Laura sia per il sostegno che per la “critica costruttiva” che volentieri pubblichiamo. Cesvi si riconosce in pieno nell’atteggiamento a cui ci richiama Laura: l’esperienza dell’aiuto internazionale è lastricata di iniziative nate a fin di bene, ma che - con la pretesa di “insegnare” esportando modelli occidentali - hanno generato più danni che sviluppo. Il progetto agricolo Cesvi per l’autosufficienza alimentare in Karamoja (regione dell’Uganda ancora isolata) va invece contro le logiche della cosiddetta “rivoluzione verde” (che anzi stanno affamando i Paesi poveri) per puntare sui saperi e sulle risorse umane e naturali locali. E proprio allo spirito del “chilometro zero” è ispirata la stessa ricetta della cassava coi fagioli, tradizionale ugandese, che è stata inviata ai donatori con un titolo che vuole proprio significare che la “fame globa- Bello davvero il Bilancio di missione cesvi se non fosse per la (per me…) insopportabile confusione fra inglese e italiano nell’impaginato che mi toglie la voglia di leggere. Suggerisco di tenere le due lingue distinte, meglio se in fascicoli separati. Toni Muzi Falconi, presidente Methodos Ho apprezzato il Bilancio Cesvi per la sua innovatività, gradevolezza e completezza. Ho letto i risultati del lavoro che avete fatto con altre organizzazioni non profit riguardo agli indicatori di efficienza condivisi. Ho presentato alla Giunta e al consiglio Direttivo l’idea di mettere a disposizione delle otto organizzazioni con cui anche cesvi sta lavorando l’entusiasmo dell’Associazione sui progetti che state portando avanti. Gabriele Gabrielli, Luiss Business School Ho guardato tre elementi del Bilancio cesvi - ovviamente oltre alla grafica e alla sensazione “a prima vista” - e ho compreso subito quanto bene fate le cose a Bergamo! Piero Vecchiato, vice-presidente Ferpi, Vecchiato P.r.consulting, Padova Grazie per l’invio dell’interessante Bilancio di missione e d’esercizio 2008 a dimostrazione dell’importante opera che svolgete a favore dei poveri di tutto il mondo. Alberto Meomartini, Presidente Assolombarda cooperando dieci anni fa Dopo i successi ottenuti in Cambogia, la campagna Cesvi di prevenzione della malaria e della dengue realizza nuovi traguardi in Indonesia e Laos. Ne dà conto Cooperando n° 55, Settembre ’99. 180.000 beneficiari in Laos e oltre 1.420.000 in Indonesia dove la dengue causa micidiali epidemie infantili. Tra Dicembre 1998 e Maggio 1999, per la prevenzione della malaria, Cesvi distribuisce zanzariere impregnate d’insetticida a 89.851 abitanti del Borneo e a 110.709 isolani in aree di difficile accesso dell’arcipelago a est di Bali. In ogni villaggio un’equipe di volontari, oltre a distribuire 102.000 zanzariere, insegna come impregnarle ogni sei mesi d’insetticida contro la zanzara Anophele. Ma soprattutto i volontari coinvolgono l’intera Ho ricevuto il Bilancio di Missione 2008. Mi è gradita l’occasione per formulare i migliori auguri di buon lavoro agli Organi Sociali del cesvi, eletti nell’Assemblea dei Fondatori del 20 aprile scorso. Lorenzo Ornaghi, rettore Università cattolica del Sacro cuore, Milano bimestrale cesvi Direttore responsabile: Giangi Milesi Redazione: Nicoletta Ianniello Cesvi Via Broseta 68/a - 24128 Bergamo tel. 035 2058058 fax 035 260958 [email protected] Cooperando 117 è stato spedito a 79.365 donatori Cesvi. Abbonamento annuo: 15,00 €, gratuito per i sostenitori Grafica: In.Studio, Bergamo Stampa: More System Srl, Ponte S. Pietro (BG) Su carta riciclata Autorizzazione: Trib. di Bergamo n. 21 del 15.4.1986 Iscrizione ROC n. 3457 Cesvi protegge i tuoi dati. Per saperne di più: www.privacy.cesvi.org popolazione in una grande campagna d’informazione (pubbliche riunioni, opuscoli per adulti e fumetti per i bambini, manifesti, striscioni ecc.). Per la prevenzione della dengue, i volontari distribuiscono 15 tonnellate di larvicida della zanzara Aedes, responsabile della trasmissione del virus della febbre emorragica. In questo caso l’obiettivo sono le città di Balikpapan (444.476 abitanti), Mataram (312.800), Samarinda (271.446), Bima (113.808) e Sumbawa Besar (79.335). Contro la dengue, per la campagna d’informazione si può anche contare sui messaggi radiofonici. Editore: Cesvi fondazione onlus ONG costituita il 18/1/85 riconosciuta il 14/9/88 Ente Morale n. 1 Reg. persone giuridiche Pref. BG Consiglio d’Amministrazione: Giangi Milesi (pres.), Nando Pagnoncelli (vice-pres.), Gianluca Belotti, Pierluigi Bernasconi, Massimo Gualzetti Collegio dei Garanti: Stefano Mazzocchi (pres.), Lella Costa, Giovanni Moro Collegio dei Revisori: Francesca Maconi (pres.), Alberto Finazzi, Dino Fumagalli Presidente onorario: Maurizio Carrara Consigliere per le relazioni internazionali: Paolo Magri Collegio dei fondatori ad honorem: Pierluigi Bernasconi, Cristina Parodi, Carlo Pesenti, Gigi Riva, Giulio Terzi di Sant’Agata, Emilio Zanetti Comitato esecutivo: Giangi Milesi, Paolo Cattini, Myrta Canzonieri, Piersilvio Fagiano, Stefano Piziali Cesvi è il membro italiano della rete europea