COOPER AZIONE E SVIL UPPO IN T U T T O IL M O N D O
118
Ottobre
2009
www.cesvi.org
CHiPO
e GLi ALTRi
Chipo ha 11 anni e le costole affioranti come scogli nella bassa marea. Il suo nome vuol dire “dono”.
Il dono che gli ha fatto suo zio lo
scorso Natale è stato portarlo in
città, ad Harare, la capitale dello
Zimbabwe. Viaggio in macchina.
Lo zio ha aperto la portiera, ha
scaricato Chipo ed è ripartito per
la campagna.
Come da noi si abbandonano i
cani. Da allora Chipo è un bambino di strada. Quando va bene
mangia una volta al giorno. Dorme in un vicolo sotto un cartone.
Le sue costole non impressionano
nessuno; in Zimbabwe denutriti si
nasce. E si resta. Su 10 milioni di
abitanti, secondo l’Onu almeno
5 hanno (avrebbero) bisogno di
aiuti alimentari. Lo zio di Chipo è
stato un bastardo, ma forse gli ha
fatto anche un favore. In città si
sta meglio che fuori. A Manghura,
250 km dalla capitale, i coetanei
di Chipo infilano bastoncini nei
termitai e catturano insetti per la
cena.
In Zimbabwe,
su 10 milioni
di abitanti,
oltre la metà
ha bisogno
di aiuti alimentari.
Squadre di vecchi e bambini lungo le strade aspettano che i rari
camion carichi di mais lascino giù
qualche chicco. Anche i chicchi
non digeriti che si trovano nello
sterco degli animali vengono lavati e recuperati. Ecco cos’è la fame
in Zimbabwe.
Ecco cos’è diventato il granaio
d’Africa, dopo la confisca delle
fattorie messa in atto a partire dal
2000. Aspettative di vita che si
fermano a 35 anni. E che in certe zone dipendono dalla capacità
degli umani di contendere frutti e
radici selvatiche a babbuini, sciacalli e capre.
A corto di derrate, in certe province si racconta che i soldati si nutrano con carne d’elefante. Zone
agricole vengono bruciate per
mettere in trappola piccoli roditori. Quest’anno un reparto di soldati si è presentato alla fattoria del
presidente della Banca Centrale,
Gideon Gono, il genio dell’inflazione a cento zeri, e ha portato via
176 galline.
Harare (Zimbabwe). i ragazzi
che vivono per le strade di
Harare sono più di un milione e
seicentomila e il loro numero è
in costante aumento.
segue a pag. 2
giorno la condizione di vita di chi
non ha niente ed è privato dei
diritti fondamentali, le donne in
primo luogo, in un Paese che otto
anni di guerra hanno fatto precipitare in un tunnel. «Non voglio
essere così pessimista da parlare di
tunnel senza uscita - confida Silvia
- ma l’attuale situazione economico-sociale è drammatica. Non ero
in Afghanistan prima della caduta del regime dei talebani, quindi
non posso vedere il cambiamento
che sicuramente c’è stato.
Herat, voglia di riscatto
di Gabriella Persiani*
foto Monika Bulaj
«Se si conoscessero meglio la forte identità culturale e la volontà
di riscatto del popolo afghano,
gli interventi stranieri sarebbero
più produttivi». L’invito arriva da
Silvia Risi, rappresentante Paese in Afghanistan per il Cesvi. È
rientrata in Italia prima del voto
afghano perché era troppo pericoloso restare, ma è già pronta a rientrare ad Herat, la provincia dove
l’associazione opera.
«Come tutte le Ong, abbiamo do-
vuto lasciare il Paese, ma abbiamo
preso la decisione di rientrare,
nonostante lì la situazione sia imprevedibile. Abbiamo la necessità
di tornare per vedere come sono
andati avanti i progetti in nostra
assenza». Silvia Risi svolge la sua
attività toccando con mano ogni
I media trasmettono
solo immagini di
guerra,
ma l’Afghanistan
è anche molto altro.
Ma l’idea, per esempio, che la condizione della donna sia nettamente migliorata è falsa. Certo, ci sono
libertà che prima non c’erano, ma
pochissime persone ne sono a conoscenza, quindi è come se non ci
segue a pag. 2
Poste Italiane S.p.A. – Sped. Abb. Post. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DcB Milano.
In caso di mancato recapito, si prega inviare al cPM Milano roserio per la restituzione al mittente che si impegna a pagare il diritto fisso dovuto.
di Michele Farina*
foto Giovanni Diffidenti
Harare (Zimbabwe).
Ragazzi di strada alle
prese con il lavaggio di
auto per guadagnare
qualche spicciolo.
segue dalla prima
Chipo e gli altri
La carne è un lusso per Chipo e
i ragazzi di strada di Harare. Vita
dura. La polizia li arresta, li tiene in prigione. In molte parti del
mondo prigione vuol dire almeno
cibo assicurato. Non in Africa,
non in Zimbabwe: i sopravvissuti
raccontano di giorni senza vitto,
di cadaveri tenuti nelle celle con
i vivi. Chipo non ha ancora provato la dieta carceraria. Mangia
una volta al giorno, a pranzo, alla
Casa del Sorriso, la comunità organizzata dal Cesvi. Un angolo di
miracolo. Chipo è l’ultimo venuto, il più magro.
Uomini e animali si
contendono il cibo:
questa è la fame
in Zimbabwe.
I bambini di strada arrivano al
mattino. C’è chi lava la sua unica maglietta e la fa asciugare al
sole. Chi partecipa ai corsi (uno
recente di computer). Chi si dedica alla fabbricazione di candele
(buona idea, nel Paese dei blackout). Si mangia su una lunga tavolata, piatto forte la sazda, un
purè insapore di mais. I fagioli
sono una leccornia saltuaria. Nel
pomeriggio i ragazzi tornano nelle strade. Passano la notte nei
loro piccoli accampamenti braccati dalla polizia.
Il quartiere più disastrato di Harare si chiama Epworth. È dove
comincia il bush. Le abitazioni
di fango, con il pozzo e la latrina:
due buchi vicini nel terreno, una
pacchia per i vibrioni del colera.
Anche qui si mangia una volta
sola, a metà pomeriggio. Sazda,
sazda e ancora sazda. All’interno
delle capanne, quando arriva un
ospite da lontano, come segno di
benvenuto compare un cestino di
frutti. Ananas, banane, arance.
Frutti di plastica, made in China.
*tratto dal Corriere della Sera
del 20/6/09
Un sorriso per i bambini di Harare
In Zimbabwe il problema degli orfani dell’Aids sta assumendo dimensioni drammatiche. Sono ormai più di 1.600.000 e il loro numero è
in costante aumento. Ragazzi e bambini, a volte piccolissimi, vivono
per strada o in alloggi di fortuna in condizioni di povertà, degrado e
abbandono. Grazie alla collaborazione con le associazioni locali Streets Ahead e Mashambazou Care Trust, nel 2004 Cesvi ha creato una
“Casa del Sorriso” nella città di Harare, un luogo protetto dove i ragazzi
sono accolti in un clima sereno e ospitale. La Casa offre loro attività
educative e di svago - teatro, pittura, sport - per avvicinarli di più alla
struttura e ridurre il tempo trascorso sulla strada. La Casa è un punto di
riferimento importante: in qualsiasi momento i ragazzi possono avere
un pasto, farsi una doccia calda, lavare e cambiare i propri abiti, parlare
con qualcuno di fidato. I più grandi possono seguire laboratori creativi
e corsi di formazione, finalizzati ad acquisire abilità pratiche e competenze specifiche per reinserirsi nel mondo del lavoro. Ma la Casa del
Sorriso non è soltanto uno spazio fisico: è anche il cuore di un lavoro a
più vasto raggio che si realizza sul campo, nelle periferie e per le strade
di Harare, dove avviene il primo approccio con i ragazzi di strada attraverso la distribuzione di cibo e vestiti e l’appoggio psicosociale.
Cesvi organizza
corsi di formazione
per le donne.
A sinistra, attività
di cucito, a destra
una parrucchiera e
produzione di oggetti
artigianali.
segue dalla prima
Herat, voglia di riscatto
fossero. Le infrastrutture, poi, e il
sistema sanitario, giudiziario, educativo sono inesistenti: realtà rimaste pressoché invariate a prima del
2001». «Quello di stabilizzazione
- continua - è un processo lunghissimo; non so se e quando si potranno vedere dei risultati che resisteranno all’uscita degli stranieri dal
Paese». Nell’attesa del risultato
elettorale, la popolazione di Herat
continua a vivere «in un contesto
urbano che è sicuramente migliore
delle zone rurali circostanti, ma in
una situazione economica e sociale
2
critica: la maggior parte delle persone non ha istruzione, assistenza
sanitaria, lavoro. Eppure sono forti
il desiderio e la voglia di migliorare
la propria condizione. C’è un forte
orgoglio, una forte identità che sarebbe bene arrivasse in Italia, visto
che passano solo immagini di guerra e distruzione».
Dal 2008 l’attività del Cesvi in
Afghanistan si concentra a Herat
con progetti di carattere sanitario
(equipaggiamento con macchinari da laboratorio e da radiologia
nell’ospedale pediatrico costruito
dal governo italiano) e di formazione professionale per uomini e
donne scelti tra ex rifugiati, deportati, sfollati per disastri naturali o
guerra. Da febbraio sono in corso
altri progetti per praticantato e
cooperative sociali. I corsi sono da
idraulico, carpentiere, saldatore,
imbianchino, piastrellista, elettricista e fotografo per gli uomini; per
le donne: produzione di piccoli oggetti di artigianato, parrucchiera,
ricamo, cucito e fotografia. Si cura
anche l’alfabetizzazione, mentre
sono destinati alle donne corsi di
computer e di inglese. «La popolazione risponde positivamente a
queste proposte - spiega Silvia Risi
- e in una zona così conservatrice
come Herat la presenza costante
delle donne, approvata dalle famiglie, è un piccolissimo passo verso
l’emancipazione femminile».
*tratto da L’Eco di Bergamo
del 6/9/09
FOTO Maria Vittoria Trovato
focus educazione
Educazione
senza
frontiere
di Chiara Magni
I
n Italia e in Europa, Cesvi svolge
attività di educazione per sviluppare la cultura della solidarietà mondiale, per allargare la base dei donatori
e dei volontari e per influenzare imprese private e istituzioni pubbliche nel sostegno ai progetti di cooperazione per lo
sviluppo, si legge nel documento di
missione Cesvi varato nel 2000.
Cesvi propone
un percorso che va
dalla conoscenza
dei temi dello sviluppo
all’azione informata.
L’educazione non è un’attività collaterale, ma fa parte da sempre della
strategia del Cesvi e, se nel corso
degli anni gli strumenti e il linguaggio dell’educazione sono cambiati,
l’obiettivo principale è rimasto lo
stesso: educare i cittadini del Nord
del mondo ai concetti di solidarietà e responsabilità. Alla base vi è la
consapevolezza che una più diffusa
conoscenza del concetto di sviluppo
internazionale sostenibile e la comprensione delle cause e degli effetti
delle “questioni globali” siano ele-
menti indispensabili per una lotta
efficace contro la povertà.
I migranti
possono divenire
“fattore di sviluppo”
per i loro stessi
Paesi d’origine.
Le campagne Cesvi propongono un
percorso che dalla conoscenza delle
tematiche legate allo sviluppo giunge all’impegno personale e all’azione informata. Campagne diverse fra
loro ma con un tratto comune: la formula informarsi - comprendere - agire
e la volontà di rivolgersi a tutti, dal
bambino al giovane, dall’insegnante
e al genitore, da chi è già informato e
impegnato a chi ancora non lo è.
Negli ultimi decenni le società “industrializzate” si stanno caratterizzando sempre di più come società
multietniche e multiculturali a causa del flusso crescente di migranti,
in particolare dai Paesi del Sud del
Mondo. L’Italia vive il passaggio
da Paese di emigrazione a Paese di
immigrazione: ciò non manca di
provocare forti tensioni sociali e
politiche, in parte connaturate ai
processi migratori e in parte alimen-
tate da una mancanza di memoria
storica e cultura civile. Cesvi vuole
stare al passo con i tempi rispondendo ai bisogni di una società in
continuo mutamento: ecco perché
nel settore educazione trova posto il
co-sviluppo, i cui progetti considerano i migranti un fattore di sviluppo per i loro stessi Paesi d’origine.
Così il migrante - da destinatario
delle iniziative di sensibilizzazione - diventa protagonista e risorsa
sulla quale investire per favorire lo
sviluppo al Sud. I progetti educativi
non possono infatti rivolgersi solo ai
cittadini italiani ed europei: non si
può prescindere dal coinvolgimento
della società civile dei Paesi in via
di sviluppo sia come fonte primaria
delle informazioni e dei contenuti educativi sia come destinatari di
un messaggio “di ritorno” che costituisce il punto d’arrivo del dialogo
Nord-Sud.
Punti di vista
di Emanuela Bussolati
A volte per poter “vedere” bisogna usare
lenti particolari. Gli occhi non sono in grado di percepire ogni cosa: i microscopi o
i telescopi aiutano. Attraverso le lenti si
focalizzano dei particolari che sfuggirebbero. Oppure è la nostra “intenzione” che,
grazie alla costrizione dello sguardo all’interno di uno spazio più contenuto, riesce
a focalizzare meglio? Perché è vero che
la percezione appartiene tanto alla fisicità quanto allo spirito. Vediamo quello che
vogliamo vedere. D’altra parte anche lo
sguardo d’insieme è utile, perché, unendo
i tanti particolari, ha una “visione” fisica e
spirituale più ampia.
Queste riflessioni coinvolgono anche la fotografia che erroneamente viene descritta
come un testimone imparziale e “scientifico”. In quanto mezzo espressivo con-
tenuto nel confine dell’obiettivo, non può
essere obiettiva, perché guidata da uno
sguardo, da una emozione.
È importante allora dare ad ognuno la possibilità di raccontarsi in prima persona e di
raccontare la propria personale percezione
della realtà anche attraverso la fotografia,
più immediata e comunicativa, a volte, della parola.
La parola “casa”, per esempio, esiste in
tutte le lingue. La casa è un bisogno primario e il concetto corrispondente sembrerebbe facilmente condivisibile. Eppure
se si esce dallo stereotipo del disegno infantile per cercare di esprimere che cosa è
la casa, le definizioni sono molte.
Quali sono le immagini, i sentimenti che
rappresentano questa parola, per dei ragazzi fuggiti dalle zone di guerra, per le
segue a pag. 4
cooperando 118 - OTTOBRE 2009
3
focus educazione
segue dalla terza
pUNti di vista
Fondazioni4Africa
Le tematiche dei conflitti dimenticati e
del ritorno a casa raccontati attraverso
gli occhi e i vissuti di un gruppo di
giovani ugandesi sono al centro di un
percorso educativo rivolto alle classi
delle scuole primarie di Lombardia,
Piemonte, Toscana e Emilia romagna
nell’ambito del progetto “Fondazioni
4 Africa”, finanziato dalle Fondazioni
cariplo, compagnia di San Paolo,
cariparma e Monte dei Paschi di
Siena. Le classi aderenti alla proposta
sono chiamate a visitare una mostra
itinerante e a partecipare ai laboratori
allestiti nell’ambito della mostra.
Oltre alla mostra e ai laboratori, la
proposta alle scuole comprende
anche un kit didattico gratuito con
due fascicoli: il primo, attraverso le
fotografie e le testimonianze raccolte a
Kalongo da Fotografi Senza Frontiere,
offre alle classi stimoli, proposte
didattiche e percorsi di lavoro per
l’approfondimento delle tematiche
dell’intercultura, dei campi sfollati e
del ritorno a casa. Il secondo è un
manuale tecnico per la costruzione di
un laboratorio di fotografia, destinato
agli insegnanti che intendono avvicinare
i propri studenti all’uso della macchina
fotografica per realizzare piccoli
reportage e mostre.
Per informazioni e adesioni le
scuole interessate possono
inviare un’e-mail a
[email protected] o telefonare
al numero 035-2058036
(lun-ven, ore 9-13 e 14.30-18.30).
4
cOOPErAnDO 118 - OTTOBrE 2009
Uganda,
nuovi sviluppi
C
ome molti Paesi africani, anche l’Uganda è stata una colonia britannica a partire dalla fine del 1800. Da quando nel 1962
ha ottenuto l’indipendenza, ha conosciuto
un susseguirsi di dittature e guerre tribali,
causate dalla convivenza forzata di popoli
con culture diverse. In questa situazione di
conflittualità, alcuni leader carismatici sono
riusciti ad ottenere le simpatie delle popolazioni escluse dalla gestione del potere
dando vita a movimenti di guerriglia. Uno
di questi capi si chiama Joseph Kony, capo
del Lord Resistance Army (LrA): dal 1986
il governo ugandese si trova a fronteggiare
una guerra portata avanti dall’LrA, un esercito che non riconosce l’autorità centrale e
che lotta per l’indipendenza della regione
del nord-est, chiamata Acholi land.
giornalismo e si sono allenati a sviluppare e
stampare fotografie nella camera oscura allestita in un’aula della scuola St. charles. A
ognuno dei 20 ragazzi che hanno partecipato al corso è stato insegnato come scattare
fotografie di reportage e svolgere interviste.
Organizzati in piccole troupe, hanno girato con macchina fotografica e registratore
chiedendo alle persone di raccontare la loro
vita. nel box sottostante proponiamo la testimonianza di Mariana.
Kalongo (nord Uganda).
i partecipanti al laboratorio
di Fotografi senza Frontiere
osservano con entusiasmo
i negativi.
Sotto, mostrano orgogliosi
le loro fotografie.
Una proposta didattica
per raccontare ai ragazzi
italiani la realtà dei campi
di sfollati attraverso gli occhi
dei loro coetanei ugandesi.
nel 2006 è stata firmata una fragile tregua,
ma la strada per raggiungere un accordo di
pace sembra ancora lunga. I ribelli agiscono attaccando i villaggi e rapendo i bambini,
maschi e femmine, per arruolarli e farne dei
soldati. Per sfuggire a queste aggressioni,
molte persone abbandonano i villaggi e
cercano rifugio presso ospedali e missioni,
dove si concentrano i campi di sfollati. Qui
migliaia di persone vivono in condizioni di
forte disagio, privati dei servizi di base (acqua, sanità, istruzione) e delle fonti di sussistenza (agricoltura).
cesvi, Amref e coopi, insieme a Fotografi
Senza Frontiere, hanno deciso di documentare la vita nei campi di sfollati per raccontarla ai ragazzi italiani: per farlo, hanno
scelto di far diventare fotografi e giornalisti
un gruppo di ragazzi di Kalongo, in modo
che loro stessi potessero spiegare la dura
realtà di un campo che ospita oltre 20.000
persone. Per un mese i ragazzi hanno partecipato alle lezioni teoriche su fotografia e
Mariana 17 anni, clan Kwong
S
ono nata a Kalongo, ma mi sposto spesso per seguire mio padre;
sono l’unica femmina e devo aiutarlo nelle faccende domestiche.
Ho sei fratelli. Mi sveglio alle 5 di mattina per sbrigare i lavori di
casa, ma quando c’è la scuola prendo solo l’acqua. Durante la guerra non
potevamo uscire prima delle 10 del mattino perché in giro c’erano i ribelli.
Da grande voglio diventare una commercialista: abbiamo sofferto tanto e
voglio migliorare la situazione della mia famiglia. Qui a Kalongo siamo
tutti migrati, come la donna che ho intervistato:
“
«Mi chiamo Okello rose e vivo nel
campo di Kalongo. Siamo arrivati nel
2003 per sfuggire alle aggressioni dei
ribelli e da allora viviamo qui. Prima
abitavamo nel villaggio di Lapono:
siamo fuggiti con ogni mezzo, a piedi
e in bicicletta, lasciando quasi tutto
nelle nostre capanne.
Ora abbiamo assistenza dalle
OnG che ci donano il minimo
indispensabile per avere una vita
dignitosa. Prima di fuggire vivevo
una vita stupenda, avevo cibo per
la mia famiglia. Adesso sono molto
triste, soffro nel campo profughi, non
ho nulla da dare alla mia famiglia e
mi addolora aver abbandonato la
mia terra d’origine dove avevo un
terreno che offriva frutti sufficienti per
i nostri bisogni. Per questo ho molta
voglia di tornare al mio villaggio e di
riprendere la mia vita».
“
loro famiglie che hanno lasciato casa, lavoro, affetti per cercare una casa più sicura? E
questa nuova è una casa? O il tetto e i muri
sono rimpiazzati dalle persone conosciute,
dalle loro storie, da un margine di accoglienza e sicurezza e soprattutto da una speranza nel futuro? La porta di questa casa fatta
di relazioni è la possibilità di condividere le
emozioni e i sogni? Di poterli raccontare a
qualcuno per crederli possibili?
nel momento in cui taglio l’inquadratura di
una foto, faccio una scelta: evidenziare un
aspetto oppure un altro. nel momento in
cui vedo emergere l’immagine so che ho
raccontato qualcosa del mondo e qualcosa di me insieme. Dunque la mia visione è
importante. Posso essere ascoltato. Il mio
punto di vista è importante come il tuo. ci
possiamo confrontare.
Queste esperienze riportano in mano a ogni
persona la testimonianza dei suoi vissuti
e in questo senso sono infinitamente più
importanti di qualsiasi cronaca “ufficiale”.
Vissute e narrate con un mezzo espressivo
potente come la fotografia, sono estendibili a chiunque voglia usare la macchina fotografica non come turista della vita ma come
testimone di una vita accanto ad altre vite,
tutte con lo stesso diritto di raccontarsi.
La fotografia è un linguaggio espressivo
che si può imparare da piccoli, come il disegno, la parola, il canto. Allarga gli sguardi, a dispetto del fatto che la visione passi
attraverso un obiettivo. È dunque materia
significativa da insegnare a scuola, soprattutto là dove diversi “punti di vista” si incrociano e hanno bisogno di incontrarsi e non
di scontrarsi.
focus educazione
A piedi nudi
nei parchi
Donna e bambino nel Gonarezhou
National Park, Zimbabwe.
Il Gonarezhou è parte del Parco
Transfrontaliero del Gran Limpopo
(foto Silvia Bettocchi).
I
l tema dello sviluppo sostenibile è il filo conduttore di “A piedi nudi nei
parchi. Alla scoperta delle aree protette vicine e lontane”, percorso di
educazione ambientale proposto da Cesvi a 100 classi del II ciclo delle
scuole primarie della Lombardia, grazie al finanziamento di Fondazione Cariplo
e Fondazione ASM. La proposta, interamente gratuita, si propone l’obiettivo
di far conoscere agli studenti parchi e aree protette vicine e lontane. I Parchi
lombardi coinvolti sono il Parco Adda Nord, il Parco Oglio Sud e il Parco
del Mincio. “A piedi nudi nei parchi” unisce locale e globale, partendo dalla
conoscenza dell’ambiente naturale più vicino per arrivare alla scoperta di un
parco lontano e popolato da flora e fauna affascinanti: il Parco Transfrontaliero
del Gran Limpopo. I bambini possono così scoprire differenze e somiglianze
tra i vari ambienti naturali in un progetto didattico che è interdisciplinare, è
proprio il caso di dirlo, per natura. Le classi sono protagoniste di un percorso
educativo che si articola in diversi momenti: un intervento propedeutico
da parte di operatori precedentemente formati, la distribuzione di un’unità
di lavoro per gli insegnanti, un sito-gioco, la visita a un’area protetta in
Lombardia, la partecipazione a un concorso sul tema.
epoca in cui viviamo è connotata da
un’accelerazione intensa di mutamenti in tutti i settori: politico, ideologico,
economico, culturale e anche ambientale.
La dimensione ambientale è una componente fondamentale dell’educazione alla
complessità del reale, che possiamo considerare una finalità generale, una sorta di
scenario che le diverse discipline scolastiche possono “riempire” con il loro bagaglio
di concetti, conoscenze e metodologie.
L’importanza dell’educazione ambientale
è stata sottolineata nel corso della Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo
sviluppo (UNCED), riunitasi a Rio de Janeiro nel 1992: l’educazione ambientale deve
promuovere un approccio complessivo e di
conseguenza un taglio interdisciplinare nelle relazioni tra il genere umano, la natura e
l’universo (…) deve occuparsi di problemi
cruciali a livello planetario, delle loro cause e
relazioni interne, in un approccio sistemico
e nel loro contesto storico e sociale. I temi
fondamentali legati a sviluppo e ambiente,
quali demografia, salute, pace, diritti umani,
democrazia, fame, degrado di flora e fauna,
devono essere intesi in questo modo.
Le attività di educazione ambientale (come
l’educazione alla pace, ai diritti, allo sviluppo sostenibile, all’intercultura) non sono
esercitazioni fini a se stesse, ma mirano
a cambiare sostanzialmente i comportamenti e gli atteggiamenti delle persone. È
quindi importante considerare, in campo
educativo, anche la dimensione affettiva
e la motivazione che interagiscono con la
dimensione cognitiva in modo inscindibile.
In sintesi, per rispettare un ambiente devo
non solo conoscerlo, ma anche amarlo e
sentirmi parte di esso. Devo imparare a
riconoscere criticamente la diversità, nelle forme in cui si manifesta (biodiversità,
diversità culturale ecc.), come un valore e
una risorsa preziosa da proteggere. L’educazione ambientale proietta l’individuo in
un’ottica che parte dalla consapevolezza
delle problematiche del presente per costruire un futuro della terra sostenibile ed è
quest’ottica che Cesvi ha tentato di perseguire nella proposta culturale del progetto
“A piedi nudi nei parchi”. Il filo conduttore
dell’educazione ambientale unisce i bambini italiani che esplorano un parco regionale
e in classe riflettono sull’importanza di rispettare piante e animali e i bambini africani che percorrono le rive del fiume Limpopo
e, seduti per terra, davanti a una lavagna,
studiano la grande fauna della savana.
Sono i nuovi cittadini del Nord e del Sud
del mondo che possono contrastare una
delle tendenze epocali più evidenti che si
manifesta, a livello planetario, con la distruzione sistematica di forme di vita animali e
vegetali e del loro habitat.
“La creatività, gli ideali e il coraggio della
gioventù del mondo dovrebbero essere mobilitati per forgiare una collaborazione globale sì da ottenere uno sviluppo sostenibile
e assicurare un futuro migliore per tutti”.
(Carta dei Principi di Rio 1992).
FOTO Giovanni diffidenti
L’
di Daniela Invernizzi
La storia dei Makuleke
L
a storia del Sudafrica insegna che la conservazione della natura può
servire talvolta anche interessi politici, strategici e militari, a partire
dalla creazione del Kruger National Park fino alla sua estensione a
nord, avvenuta nel 1969. Con l’annessione dell’area di Pafuri, triangolo
di terra sul confine tra Sudafrica, Mozambico e Zimbabwe, le popolazioni
Makuleke sono state spostate oltre i confini del parco. I Makuleke, originari
del Crook’s Corner (angolo dei briganti), risiedevano sia sul territorio
mozambicano sia su quello sudafricano, e sono stati forzatamente spostati a
sud proprio per inglobare la zona di Pafuri nel Parco Kruger. L’occupazione
militare del Kruger è continuata fino ai primi anni ’90. Con il ritorno della
democrazia in Sudafrica, i Makuleke hanno reclamato la loro terra e sono
riusciti a vedere riconosciuti i propri diritti.
“
Vettlee Sukani Macebele, Associazione dei Makuleke
scegliemmo una co-gestione con
Avevo 10 anni. Ci portarono
l’Ente Parco: il contratto ci offriva
attraverso il Kruger National Park fino
la possibilità di ritornare a vivere
a qui. Molti membri della comunità
nelle zone da cui eravamo stati
si dispersero tra lo Zimbabwe e
rimossi, ma preferimmo dedicarci
il Mozambico. L’insediamento in
all’ecoturismo. Dopo l’accordo,
questa zona non fu facile per gli
invitammo gli investitori interessati
allevatori: ci ritrovammo in un posto
allo sviluppo turistico dell’area a
nuovo con poche possibilità di
contattarci. Creammo un comitato
reperire frutti, accedere all’acqua,
per la selezione del più appropriato
pescare o coltivare. Qui siamo
investitore capace di realizzare
rimasti dal 1969 al 1996, quando
un lodge e seguire lo sviluppo
iniziò il processo per il recupero
dell’area. Il nostro obiettivo era
della terra. Ci appellammo al Land
favorire l’insieme della comunità
Restitution Act: un atto promosso
e non i singoli individui. Il primo
dal governo che riconosceva il
lodge cominciò ad operare nel
diritto alle popolazioni che avevano
2000 e qualche anno dopo ne fu
perso la terra di richiederne il
aperto un altro. Oggi più di 80
possesso. Così noi Makuleke ci
giovani lavorano nelle due strutture
organizzammo. I negoziati durarono
turistiche, e le risorse generate sono
18 mesi. Si concordò che la terra
investite dalla comunità Makuleke
appartiene ai Makuleke. Poiché
per il miglioramento delle proprie
non avevamo alcuna conoscenza in
condizioni di vita.
tema di conservazione ambientale,
“
Ambiente è futuro
cooperando 118 - OTTOBRE 2009
5
focus educazione
nella foto di Monika Bulaj,
un bambino attraversa
un guado in Tajikistan.
“il futuro del Tajikistan”
è uno dei progetti sostenuti
con la raccolta fondi attiva
sul portale www.cesviamo.org.
Una scommessa
contro la povertà
N
ello scenario italiano in cui la solidarietà, intesa come donazione,
interessa solo il 34% della popolazione e il profilo- tipo del donatore
è donna, con più di 55 anni, del Nord Ovest, Cesvi vuole creare una
nuova cultura della donazione, moderna e capace di coinvolgere un pubblico
più ampio. Una community di fund raiser giovani, dinamici e protagonisti.
«Cesviamo si prefigge di abbattere i confini geografici, politici e d’età dei
donatori italiani, parlando un linguaggio semplice, diretto, informale afferma Giangi Milesi, presidente Cesvi - Abbiamo immaginato una nuova
modalità di coinvolgimento. Volevamo creare uno strumento che permettesse
di esperire un nuovo aspetto della beneficienza, che creasse divertimento ed
entusiasmo e permettesse di “fare gruppo” condividendo la gioia del donare. È
nato Cesviamo: ne siamo orgogliosi e crediamo sia uno strumento educativo
valido per avvicinare i più giovani alla solidarietà».
di germano antonucci*
M
anuel si muoverà in ufficio saltando su un piede per un giorno
intero: e così proteggerà i villaggi birmani dalla malaria. Mario si impegna a
non bere alcolici per otto sabati di fila:
e così porterà acqua potabile in Sudan.
Deborah preparerà 20 teglie di tiramisù:
e così proteggerà i neonati dello Zimbabwe dal contagio dell’Aids. E poi c’è
chi si vestirà da Superman, chi smetterà
di mangiarsi le unghie, chi riattaccherà
le foglie cadute da un albero, chi andrà
al cinema in bikini. Tutti impazziti? no,
questa è gente che vuole cambiare il
mondo. con una piccola, grande scommessa sul web.
SOCiAL neTWORK - L’idea è venuta
a quelli del cesvi: l’organizzazione ha
lanciato cesviamo, il social network che
trasforma ogni navigatore in un vero e
Colpevole o innocente?
“Il cioccolato alla sbarra”,
“Carta: colpevole o innocente?”,
“L’imputato Bacco assolto”: con
questi titoli i principali quotidiani
italiani hanno raccontato i
singolari processi a imputati
non-umani organizzati da cesvi,
in collaborazione con Slow
Food, negli ultimi anni. Processi
al gambero, al cane, al cacao,
alla carta, al vino: un modo
nuovo, certamente originale,
per portare all’attenzione
dell’opinione pubblica tematiche
importanti e attuali legate allo
sviluppo sostenibile.
6
cOOPErAnDO 118 - OTTOBrE 2009
Il processo, ideato da
Ettore Tibaldi, zoologo (e
vicepresidente del cesvi fino
alla sua morte nel 2008), è
un format educativo basato
sulla tecnica del gioco di ruolo
che si presta particolarmente
bene all’analisi critica di una
realtà fatta di diritti e di doveri.
Un format grazie al quale
la partecipazione attiva del
pubblico, spesso composto da
studenti, è assicurata.
cesvi e Slow Food, dunque,
hanno messo in scena - anche
in luoghi emblematici come la
Cesviamo vuole
coinvolgere i giovani
in una nuova cultura
della donazione basata
sul “mettersi in gioco”.
proprio “fund raiser” in grado di portare
aiuto, sostegno e sviluppo dove ce n’è
più bisogno. ciascuno può mettersi in
gioco: basta inventarsi una scommessa
- più è strana ed estrema, più avrà probabilità di successo - e comunicarla ad
amici, colleghi e familiari, invitando tutti a contribuire con una donazione per
raggiungere il budget prestabilito in un
tempo massimo di raccolta. Ogni somma versata per “costringere” lo scommettitore a tenere fede al proprio impegno servirà a finanziare uno dei quattro
progetti cesvi: «Fermiamo l’Aids sul na-
scere», «case del Sorriso», «L’acqua è
vita», «Angeli contro la malaria».
OBieTTiVO - Per partecipare, bastano davvero piccoli gesti: rasarsi a zero,
svegliarsi alle 4 di mattina e fare il verso
del gallo, mangiare un piatto di broccoli
con la nutella. Giorgia Surina, il primo
vip ad aderire all’iniziativa, ha optato ad
esempio «per una dieta fatta esclusivamente con alimenti di color arancio,
proprio come il colore di cesviamo».
«Tutto è valido - si legge sul sito - purché sia qualcosa che non faresti mai
spontaneamente. Più i tuoi amici vorranno vedere come te la cavi, più doneranno per raggiungere l’obiettivo».
Le SCOMMeSSe - A quelli di cinzia,
ad esempio, basteranno 500 euro per
obbligarla a presentarsi in ufficio con i
tacchi a spillo. Stefania spera di raccogliere 50 euro, in cambio ballerà la danza del pinguino davanti al professore di
psicologia clinica. roberto andrà a fare
la spesa al supermercato in tuta da sub.
E Pietro - per soli 50 euro - mangerà
venti formiche, una ad una, senza pane.
Lui è un tipo parecchio schizzinoso, e i
suoi amici si faranno grasse risate davanti alla sua faccia schifata. I bambini
del Sudan, tirando su dal pozzo acqua
pulita e finalmente potabile, avranno per
lui un pensiero diverso: «Apath apee».
Significa «grazie».
*tratto da Corriere.it
Tamil nadu (india).
Giulia con le bambine
della Casa del Sorriso
gestita dal Cesvi
e dall’associazione
locale ekta.
Per informazioni sulle
possibilità di volontariato
con Cesvi: www.gapyear.it.
piace davvero tanto e lo facciamo
spesso. Non solo canzoni indiane, anche qualcosa di occidentale.
Hanno già imparato “No women no
cry”». Bob Marley in India, davvero
uno spettacolo da non perdere.
Ma Giulia lo sa, la danza è solo
una delle molte attività del campo.
«Oggi per la prima volta mi sono
svegliata alle 5.30 per fare yoga con
loro. Stare in giardino all’alba è bellissimo, ma devo ammettere che la
sveglia è stata un po’ drammatica.
Diciamo che devo ancora prendere il ritmo». Dopo l’attività fisica le
ragazze studiano fino alle otto, «poi
si fa colazione, tutti insieme, seduti
per terra mangiando con le mani.
Qui si mangia solo riso, ma va bene
perché è buonissimo».
In India con un sogno
L
a distanza non si sente, la
voce al telefono è brillante.
Giulia ha voglia di raccontare. Ha le idee chiare su cosa dire e
sul perché parla da un telefono nel
sud dell’India. «Sono qui per stare a
contatto con le persone e non solo
per vedere le cose come una turista. Quando sono partita non ero
alla ricerca di un bel viaggio, ma
piuttosto di un’esperienza di vita».
Continua tutta d’un fiato, sulla scia
dell’entusiasmo: «La mia idea di
volontariato è piuttosto distante
dall’immagine classica, anzi direi
che è quasi il contrario. Credo siano proprio le persone che veniamo
ad aiutare che finiscono per darci
tantissimo».
La teoria di Giulia Hansstein,
vent’anni, studentessa di lettere
alla Statale di Milano, finisce qui.
corte d’Assise del Tribunale di
Bergamo - veri e propri processi
con tanto di interrogatori e
contro-interrogatori, deposizioni
di testimoni, consulenti e periti,
arringhe di abili difensori e
agguerriti accusatori. nel 2006
è stata la volta del cacao,
accusato di danneggiare
la biodiversità della foresta
pluviale e causare dipendenza
nei consumatori. A giudicare
la delizia del palato un team
di esperti, biologi, avvocati,
nutrizionisti e medici che alla
fine ha assolto l’imputato con
formula piena.
L’anno successivo è stata la
carta a fare il suo ingresso nel
Tutto il resto sono fatti e voglia di
fare. Da un mese è nel centro di accoglienza Cesvi-Ekta di Cuddalore
nello Stato del Tamil Nadu, sud-est
Tribunale Penale, accusata di
distruzione dell’ecosistema
per via della deforestazione, di
“ecocidio” per la diminuzione
della barriera anti-anidride
carbonica, di attentato alle
risorse idriche mondiali
impiegate nei processi di
produzione, assunzione e
spaccio di sostanze pericolose
come gli sbiancanti. Dopo
la testimonianza di esperti
e consulenti, la giuria
ha scagionato la carta
costringendo però a un
“affidamento ai servizi sociali”
chi ne fa un uso indiscriminato.
Quest’anno saranno i parchi e le
aree protette ad essere messe
dell’India. Vive nella Casa del Sorriso con ventisette bambine tra gli
8 e i 16 anni. «La maggior parte di
loro sono orfane. Molti dei loro ge-
sotto accusa. costituiscono
un limite o una risorsa per
la comunità? Sono luoghi di
tutela della biodiversità, spazi
da lasciare incontaminati,
o intralci al libero sviluppo,
antiquata e incoerente pretesa
di naturalità? E che dire della
loro “introduzione forzata” in
territori sempre più antropizzati,
come la Lombardia ad esempio,
nei quali la limitazione alle
costruzioni potrebbe diventare
un grave handicap per il futuro?
Mai come quest’anno il compito
della giuria popolare, chiamata
a decretare la sentenza, sarà
arduo. Staremo a vedere.
di Marco Berti Quattrini*
nitori sono morti a causa dello tsunami del 2004, altri invece si sono
suicidati. La gente ha perso tutto,
l’onda di marea ha stravolto la popolazione. Non se ne parla ma la
depressione qui è davvero un problema». Giulia, assieme al personale del posto, organizza giochi e attività d’intrattenimento, oltre a dare
un aiuto con i compiti e tenere lezioni d’inglese. Nel suo curriculum,
però, ha un’arma segreta: dieci anni
di danza. È partita dall’Italia con un
progetto ben chiaro, coinvolgere le
ragazze del centro e organizzare un
grande spettacolo di ballo. Ha riempito la valigia di cd e preparato
qualche passo di danza: «Delle semplici coreografie, per lo più musica
occidentale: alle ragazze piace molto e sono entusiaste dell’idea dello
spettacolo. Poi ballano sempre con
un’energia incredibile, sono davvero bravissime».
La data precisa non è ancora fissata
ma Giulia sogna uno show in piena
regola. Non sono da escludere performance canore, perché se non si
studia o non si balla, nella Casa del
Sorriso si canta. «È una cosa che
«Le persone che
veniamo ad aiutare
finiscono per darci
tantissimo».
Dopo aver portato le bambine a
scuola «andiamo nei villaggi a far
visita alle loro famiglie. È un’esperienza importante perché ti permettere di conoscere davvero le persone». Dopo lo studio, il pomeriggio
è dedicato allo sport e alle attività
ricreative: «Abbiamo organizzato
una caccia al tesoro, un torneo di
pallavolo e giochi da tavolo». Tutti sono capaci di lanciare dadi o
muovere pedine, «e noi costruiamo
tutto partendo solo da qualche foglio di cartoncino. Lo Scarabeo in
lingua inglese è già pronto, adesso
stiamo lavorando a quello in tamil,
la lingua locale dello Stato. È molto
più complicato, colpa delle lettere
strane». Tra qualche giorno Giulia
tornerà in Italia portando con sé il
sorriso delle ragazze indiane, «un
sorriso che, nonostante la situazione drammatica, ti sconvolge: un
sorriso incredibile, che ti graffia il
cuore».
*tratto da La Repubblica
ed. Milano del 27/9/09
7
PERSONE E FATTI IN BREVE - PERSONE E FATTI IN BREVE - PERSONE
E FATTI
IN BREVE- -LETTERE E MESSAGGI - L
LETTERE
E MESSAGGI
PERSONE
E
FAT
6 luglio-30 settembre Il Grup- 10-20 agosto Varigotti (SV).
favorire l’occupazione di gioHo ricevuto i materiali infor- le” si batte con “ricette locali”.
po Cotifa e le Farmacie associate sostengono il progetto “Angeli contro la malaria”
del cesvi: in 300 farmacie del
lombardo-veneto, aderenti all’iniziativa “Mondo Bimbo in
Farmacia”, l’acquisto di un
prodotto della linea Hipp, Mellin-Milupa e Pampers aiuta a
salvare la vita di un bambino.
13 settembre novellara (rE).
“Immaginare futuro”, maratona di incontri ideata da Uguali
diversi per discutere di crisi,
giovani e culture promossa
dal Comune di novellara con
il Comune di Reggio emilia e
la Provincia di Reggio emilia.
cesvi allestisce un info-point
per la distribuzione di gadget
e materiale informativo.
13 settembre Palazzago (BG).
“Palazzago: i luoghi, i sapori”,
manifestazione gastronomico-culturale con degustazioni e concerto jazz. L’evento
sostiene la casa del Sorriso
del cesvi di Manguinhos, rio
de Janeiro. Allestita la mostra
“Keep the Promise”, sezione Brasile, con fotografie di
emanuela Colombo. Grazie
al dott. Roberto Pogna.
6 settembre Schiranna (VA).
Il Comitato Venti9 organizza
“La tribù che corre”, camminata non competitiva intorno
al Lago di Varese che contribuisce alla raccolta fondi per
la casa del Sorriso del cesvi
di Harare, in Zimbabwe.
2 settembre carvico (BG). Il
gruppo Amici del Cesvi di
Carvico allestisce uno stand
per la distribuzione di gadget
e materiali informativi sulle attività del cesvi in occasione
della festa di fine estate.
31 agosto Bergamo. Alle
Piscine Italcementi, “Festa
dell’acqua”: un giorno e una
notte per pensare e vivere
l’acqua tra sport, cinema, musica, cultura, scienza. cesvi
partecipa con l’intervento “Il
mondo è assetato. c’è acqua
per tutti?” a cura di Myrta
Canzonieri. Proiezione di foto
di Giovanni diffidenti.
21 agosto rio de Janeiro (Brasile). Il sindacato nazionale dei
lavoratori della Fondazione
Fiocruz consegna la medaglia
“Jorge careli per i diritti umani” a Casa Viva per le attività a
favore dei ragazzi nella favela
di Manguinhos. Alla cerimonia
partecipano Giulia donnici
del cesvi e elizabeth Campos di redeccAP.
Mostra fotografica di Pietro
Carulli a sostegno dei progetti del cesvi e dei Lions (World
Food Program) in Sri Lanka. A
disposizione anche materiali
di aggiornamento e informazione sulle attività umanitarie
in corso.
17 luglio Harare (Zimbabwe).
Lo staff cesvi consegna radio,
motociclette e biciclette alla
clinica rurale di rutope e ad
altre strutture sanitarie. Presenti il direttore sanitario dei
distretti di Bindura e Mazowe,
Paolo Cernuschi, coordinatore cesvi in Zimbabwe, e i
rappresentanti della comunità
locale.
31 luglio roma. Il consiglio
dei Ministri nomina Giulio Terzi di Sant’Agata, già rappresentante italiano alle nazioni
Unite, nuovo ambasciatore
italiano a Washington. Terzi di
San’Agata è membro del collegio dei Fondatori ad Honorem del cesvi. nella foto, con
il presidente Giangi Milesi e
Cristina Parodi al Premio Takunda 2007.
13 luglio Sarajevo (Bosnia
Erzegovina). 13a edizione de
“Le vie dell’Amicizia”: Riccardo Muti in concerto. In platea
gli abiti realizzati dal centro
per le Donne di Breza, piccola
impresa locale sostenuta dal
progetto di Re.Te. e cesvi per
vani e donne.
7 luglio caracas (Venezuela).
consegna dei diplomi alle 25
ragazze che hanno partecipato ai corsi di formazione
in panetteria e pasticceria
organizzati da cesvi e dalla
Congregazione delle Suore Adoratrici nell’ambito del
progetto di attenzione integrale allo sfruttamento sessuale infantile nella capitale
venezuelana.
20 giugno Verdello (BG).
Un’intera giornata insieme
alla Compagnia Brincadera: teatro, musica, fotografia,
cortometraggi. cesvi partecipa con uno stand allestito dai
volontari.
13-14 giugno Bergamo. In
occasione della giornata mondiale di lotta allo sfruttamento del lavoro minorile, mostra
“Workers. Storie di infanzia
negata” con foto di Cristina
Francesconi presso lo Spazio Polaresco. In mostra anche
le opere degli studenti del Liceo Artistico Statale, tra cui
l’opera vincitrice del progetto
“Scream” promosso dall’ILO.
mativi “ricette per sfamare il
mondo”. Pur versando il mio
contributo e riconoscendo che
cesvi gode di buona stima per
la serietà con cui procede nella sua attività di cooperazione
internazionale, mi sembra giusto comunicarvi che non ho
apprezzato questa campagna
di comunicazione. L’Africa l’Uganda nello specifico - non
è il calderone dove sperimentare le nostre “ricette” perché se
la “torta” (o meglio la cassava
con fagioli..) poi non esce bene
i danni sono ingenti… E, in secondo luogo, chi è cesvi, chi
siamo noi per elargire “ricette
per sfamare il mondo”? È una
campagna di comunicazione
e come tale deve colpire, persuadere, provocare la giusta
risposta emotiva, ma - personalmente - è proprio l’impatto
emotivo che è stato negativo.
E se non fosse stato che cesvi garantisce per il “prodotto”, avrei cestinato il volantino.
Scrivo queste poche righe con
spirito di critica costruttiva.
Laura Binacchi, Limbiate (MI)
Grazie Laura sia per il sostegno che per la “critica costruttiva” che volentieri pubblichiamo. Cesvi si riconosce in
pieno nell’atteggiamento a cui
ci richiama Laura: l’esperienza
dell’aiuto internazionale è lastricata di iniziative nate a fin di
bene, ma che - con la pretesa
di “insegnare” esportando modelli occidentali - hanno generato più danni che sviluppo. Il
progetto agricolo Cesvi per
l’autosufficienza alimentare in
Karamoja (regione dell’Uganda ancora isolata) va invece
contro le logiche della cosiddetta “rivoluzione verde” (che
anzi stanno affamando i Paesi
poveri) per puntare sui saperi
e sulle risorse umane e naturali
locali. E proprio allo spirito del
“chilometro zero” è ispirata la
stessa ricetta della cassava coi
fagioli, tradizionale ugandese,
che è stata inviata ai donatori
con un titolo che vuole proprio
significare che la “fame globa-
Bello davvero il Bilancio di
missione cesvi se non fosse
per la (per me…) insopportabile
confusione fra inglese e italiano
nell’impaginato che mi toglie la
voglia di leggere. Suggerisco
di tenere le due lingue distinte,
meglio se in fascicoli separati.
Toni Muzi Falconi,
presidente Methodos
Ho apprezzato il Bilancio Cesvi
per la sua innovatività, gradevolezza e completezza. Ho letto i risultati del lavoro che avete
fatto con altre organizzazioni
non profit riguardo agli indicatori di efficienza condivisi. Ho
presentato alla Giunta e al consiglio Direttivo l’idea di mettere
a disposizione delle otto organizzazioni con cui anche cesvi sta lavorando l’entusiasmo
dell’Associazione sui progetti
che state portando avanti.
Gabriele Gabrielli,
Luiss Business School
Ho guardato tre elementi del
Bilancio cesvi - ovviamente oltre alla grafica e alla sensazione “a prima vista” - e ho compreso subito quanto bene fate
le cose a Bergamo!
Piero Vecchiato,
vice-presidente Ferpi,
Vecchiato P.r.consulting,
Padova
Grazie per l’invio dell’interessante Bilancio di missione e
d’esercizio 2008 a dimostrazione dell’importante opera che
svolgete a favore dei poveri di
tutto il mondo.
Alberto Meomartini,
Presidente Assolombarda
cooperando
dieci
anni fa
Dopo i successi ottenuti in Cambogia,
la campagna Cesvi di prevenzione
della malaria e della dengue realizza
nuovi traguardi in Indonesia e Laos.
Ne dà conto Cooperando n° 55,
Settembre ’99. 180.000 beneficiari in
Laos e oltre 1.420.000 in Indonesia
dove la dengue causa micidiali
epidemie infantili. Tra Dicembre 1998
e Maggio 1999, per la prevenzione
della malaria, Cesvi distribuisce
zanzariere impregnate d’insetticida
a 89.851 abitanti del Borneo e a
110.709 isolani in aree di difficile
accesso dell’arcipelago a est di
Bali. In ogni villaggio un’equipe di
volontari, oltre a distribuire 102.000
zanzariere, insegna come impregnarle
ogni sei mesi d’insetticida contro la
zanzara Anophele. Ma soprattutto i
volontari coinvolgono l’intera
Ho ricevuto il Bilancio di
Missione 2008. Mi è gradita
l’occasione per formulare i migliori auguri di buon lavoro agli
Organi Sociali del cesvi, eletti
nell’Assemblea dei Fondatori
del 20 aprile scorso.
Lorenzo Ornaghi,
rettore Università cattolica
del Sacro cuore, Milano
bimestrale
cesvi
Direttore responsabile: Giangi Milesi
Redazione: Nicoletta Ianniello
Cesvi Via Broseta 68/a - 24128 Bergamo
tel. 035 2058058 fax 035 260958
[email protected]
Cooperando 117 è stato spedito a 79.365 donatori Cesvi.
Abbonamento annuo: 15,00 €, gratuito per i sostenitori
Grafica: In.Studio, Bergamo
Stampa: More System Srl, Ponte S. Pietro (BG)
Su carta riciclata
Autorizzazione: Trib. di Bergamo n. 21 del 15.4.1986
Iscrizione ROC n. 3457
Cesvi protegge i tuoi dati.
Per saperne di più: www.privacy.cesvi.org
popolazione in una grande campagna d’informazione
(pubbliche riunioni, opuscoli per adulti e fumetti per i
bambini, manifesti, striscioni ecc.).
Per la prevenzione della dengue, i volontari
distribuiscono 15 tonnellate di larvicida della zanzara
Aedes, responsabile della trasmissione del virus della
febbre emorragica. In questo caso l’obiettivo sono
le città di Balikpapan (444.476 abitanti), Mataram
(312.800), Samarinda (271.446), Bima (113.808) e
Sumbawa Besar (79.335). Contro la dengue, per la
campagna d’informazione si può anche contare sui
messaggi radiofonici.
Editore: Cesvi fondazione onlus
ONG costituita il 18/1/85 riconosciuta il 14/9/88
Ente Morale n. 1 Reg. persone giuridiche Pref. BG
Consiglio d’Amministrazione: Giangi Milesi (pres.),
Nando Pagnoncelli (vice-pres.), Gianluca Belotti,
Pierluigi Bernasconi, Massimo Gualzetti
Collegio dei Garanti: Stefano Mazzocchi (pres.),
Lella Costa, Giovanni Moro
Collegio dei Revisori: Francesca Maconi (pres.),
Alberto Finazzi, Dino Fumagalli
Presidente onorario: Maurizio Carrara
Consigliere per le relazioni internazionali: Paolo Magri
Collegio dei fondatori ad honorem: Pierluigi Bernasconi,
Cristina Parodi, Carlo Pesenti, Gigi Riva,
Giulio Terzi di Sant’Agata, Emilio Zanetti
Comitato esecutivo: Giangi Milesi, Paolo Cattini,
Myrta Canzonieri, Piersilvio Fagiano, Stefano Piziali
Cesvi è il membro italiano della rete europea
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Herat, voglia di riscatto