El Campanò
de San Giuseppe
2014
EL CAMPANÒ
DE SAN GIUSEPPE
Rivista di storia, società, tradizioni
a cura della
Biblioteca intercomunale “Luigi Dal Ri” di Mori
2014
In copertina: chiesetta di Santa Apollonia
in Val di Gresta, 26 gennaio 2014,
fotografo Guido Benedetti.
/DIRWRJUD¿DqVWDWDULSUHVDGDOO¶LQJUHVVR
del paese di Manzano (in prossimità del
nuovo parcheggio per il Nagià Grom).
Editore:
Redazione presso:
Biblioteca intercomunale “Luigi Dal Ri” di Mori
Via Scuole n. 7 – Tel. 0464 916260 Fax 0464 910684
mail: [email protected]
La redazione:
Katia Angeli
Paola Caneppele
Marco Guidotto
Renato Mattei
Edoardo Tomasi
“El Campanò de San Giuseppe” esce ogni anno in occasione della Ganzèga d’autunno a Mori
Anno XXIX – 2014
Aut. Tribunale di Rovereto n. 122 del 3.4.1986
Direttore responsabile: Marco Guidotto
Tiratura n. 800 copie
Per i numeri arretrati rivolgersi alla Biblioteca intercomunale di Mori
La collaborazione alla rivista è aperta a tutti. La Redazione lascia agli Autori la responsabilità
delle opinioni e dei giudizi espressi. È fatto divieto di riprodurre, anche parzialmente gli articoli
senza fare riferimento alla rivista ed agli Autori. La riproduzione (anche parziale) delle illustrazioni
presenti in questo numero è consentita solo previa autorizzazione dei legittimi proprietari.
Per inviarci articoli o per segnalazioni: [email protected]
Indice
5
Editoriale
di Flavio Bianchi
Storia. Epoca moderna
8
Variazioni catastali nella zona del lago di Loppio
di Renato Mattei
Storia. Epoca contemporanea
16
Mori e il ponte del Terzo Reich
a cura di Paola Caneppele
Storia. Società e tradizioni
44
53
58
L’industria del pane a Valle S. Felice
dal racconto di Ezio Ciaghi ed altre testimonianze
a cura di Rizzi Vittorina e Chiaghi Barbara
Mori negli anni Trenta e Quaranta attraverso i ricordi
GL*LRYDQQL%HQRQL¿JOLRGHO³UHPuW´FXVWRGHGL0RQWH$OEDQR
a cura di Paola Caneppele
Quando la piazza Cal di Ponte di Mori
si chiamava piazza Vittorio Emanuele III
a cura di Paola Caneppele
Personaggi
64
L’ultimo regalo di Ione
a cura di Edoardo Tomasi
Un’idea per il futuro
70
Scrivere la storia di Mori degli ultimi cento anni:
è possibile una storia contemporanea del nostro Comune?
a cura di Giuseppe Ferrandi
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4
Editoriale
La Proloco Mori Val di Gresta è orgogliosa di presentare anche quest’anno il
Campanò de San Giuseppe, rivista locale che ormai è giunta alla sua XXIX edizione.
Siamo sicuri che i lettori sapranno apprezzare lo sforzo fatto dai nostri scrittori
per realizzare un numero particolarmente curato negli aspetti documentali, ricco
di immagini anche inedite. Dietro ogni articolo c’è la passione di chi dedica del
tempo ad indagare la verità dei fatti, c’è l’attenzione di chi desidera conservare un
ricordo degno di essere tramandato, c’è la convinzione che la Storia è fatta anche
dai piccoli dettagli di vita locale.
In un’epoca in cui quotidianamente entriamo in contatto con informazioni che provengono simultaneamente da ogni angolo del mondo, il Campanò ci riporta con
lo sguardo sul nostro territorio, per conoscerne vicissitudini e peculiarità.
Ringraziamo pertanto tutti i collaboratori che si sono spesi gratuitamente per la
realizzazione di questo numero, che va ad arricchire un panorama editoriale ultimamente molto vivace e produttivo in tutto il Comune di Mori.
Ci auguriamo peraltro che questa pubblicazione, che è sempre stata aperta ai
contributi provenienti dal territorio, sia di stimolo per nuove collaborazioni. Perché
raccontare, documentare, indagare, analizzare l’ambito in cui si vive è un eserFL]LRGLULÀHVVLRQHFKHSRUWDDFDSLUHPHJOLRLOSUHVHQWHHVSHVVRDLPPDJLQDUQH
un futuro, non subendolo ma contribuendo a crearlo. E quindi la memoria, lungi
GDOO¶HVVHUHXQDPHUDIRWRJUD¿DGLXQSDVVDWRFKHQRQFLULJXDUGDSLGLYHQWDLQvece lo specchio del nostro presente e lo sfondo su cui costruire il nostro domani.
Pagina
5
Presidente della Pro Loco
Mori - Val di Gresta
Flavio Bianchi
Pagina
6
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PAN
Storia
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7
Epoca
moderna
Storia. Epoca moderna
VARIAZIONI CATASTALI
NELLA ZONA DEL LAGO DI LOPPIO
di Renato Mattei
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8
L’uso della moderna tecnologia ci permette di accedere con celerità agli archivi
telematici di tutto il mondo consentendoci di scoprire foto e documenti rimasti ad
invecchiare per secoli su polverosi scaffali tramite la consultazione dei quali si
ULHVFRQRDULFRVWUXLUHSHUTXDQWRSRVVLELOHYLFHQGHGHOSDVVDWR¿QTXLFRQRVFLXWH
solo tramite i racconti dei nostri predecessori.
Di recente, su segnalazione del bibliotecario di Mori signor Edoardo Tomasi, è
VWDWRSRVVLELOHSRUWDUHDOODOXFHXQDPDSSD¿QRUDDQRLVFRQRVFLXWDULJXDUGDQWH
la zona del lago di Loppio. Averla avuta a disposizione per poterla visionare è
merito di Bruno Bertolini che ne ha richiesto copia alla Bibliotheck Ferdinandeum
del Tiroler Landesmuseum di Innsbruck. La stesura della mappa in oggetto è
opera dell’ingegnere Gio. B.mio Scotini che l’ha redatta nel lontano 1787. Tale
GRFXPHQWR ROWUH FKH HVVHUH FKLDUR H SUHFLVR QHL ULOLHYL WRSRJUD¿FL q ULFFR GL
riferimenti riguardanti talune proprietà ed il collocamento del lago negli allora
comuni catastali di pertinenza. Inoltre dalla sua consultazione si possono
Storia. Epoca moderna
Pagina
9
desumere informazioni che forniscono precise conferme di quanto a suo tempo
WUDPDQGDWRFL RUDOPHQWH GDL QRVWUL DQ]LDQL GXUDQWH L TXRWLGLDQL ¿Oz 6RSUDWWXWWR
ci consentono di stabilire con esattezza l’ampiezza dell’area allora occupata
GDOO¶DFTXDHGLFRQ¿QLFDWDVWDOLULJXDUGDQWLODSDUWHRYHVWGHOODJRLTXDOLDTXHOOD
data interessavano i comuni di Brentonico, Nago Torbole e Valle.
Quello che le scritture sulla mappa non precisano chiaramente è di chi era la
proprietà del territorio occupato dall’acqua, limitandosi a dividere il lago in due
SDUWLDVVHJQDQGR OD SDUWH HVW OD SL DPSLD DOOD *LXULVGL]LRQH FDWDVWDOH GHO
comune di Valle e quella ad ovest alla Giurisdizione di Penede.
A riprova dell’allora divisione giurisdizionale del lago fra i due sopracitati enti
ci sono le attuali carte catastali con riportati i numeri delle relative particelle, la
n.1474/1 per la ex Giurisdizione di Penede e la n.1474/2 per la ex Giurisdizione
di Valle.
7XWWR TXHVWR SHUz QRQ FROOLPD FRQ TXDQWR ¿Q TXL VL FUHGHYD H FLRq FKH LO ODJR
originariamente appartenesse interamente al comune di Valle. Nemmeno si sa
con precisione quando i Conti Castelbarco ne vennero in possesso; la voce
popolare dice che i censiti di Valle S. Felice lo cedettero alla Contea per una
merenda, ma se casomai ci fossero i documenti che lo comprovassero, questi,
¿QRUDSHUTXDQWRVLVDQRQVRQRPDLVWDWLUHVLGLGRPLQLRSXEEOLFR
Limitiamoci dunque ad analizzare ed esporre quanto di certo la mappa ci dice.
/DSULPDFRVDFKHVDOWDDOODYLVWDqO¶DUHDDOORUDRFFXSDWDGDOO¶DFTXDDVVDLSL
vasta dell’attuale, che nella parte est del lago arrivava molto vicina alla dimora
dei Conti Castelbarco, dimora allora ubicata nell’attuale parco a nord ovest della
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Storia. Epoca moderna
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11
Storia. Epoca moderna
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Storia. Epoca moderna
chiesa. Questo avvalla quanto ci hanno raccontato coloro che a quel tempo
abitavano nella casa colonica della Contraa, ultima propaggine verso il lago del
grande complesso residenziale Castrobarcense. Queste persone affermavano
che durante le stagioni piovose l’acqua nell’alveo si espandeva al punto da
poter pescare senza spostarsi dalla propria abitazione, bastava gettare la lenza
GDOOD¿QHVWUDGLTXDOFKHORFDOHHGDVSHWWDUHFKHLSHVFLDEERFFDVVHUR$I¿QFKp
espandendosi ulteriormente l’acqua non debordasse provocando danni ai terreni
circostanti o alle case, negli ultimi 400 metri verso l’abitato, vennero realizzati
EHQWUHVEDUUDPHQWLDOORVFRSRGLUHJRODPHQWDUQHVLDODTXRWDFKHLOGHÀXVVR
All’imbocco dell’emissario, il rio Cameras, che allora correva tutto a cielo aperto,
esisteva una costruzione in legno chiamata “cataratta” per mezzo della quale si
presume venisse catturato il pesce che cercava di uscire dal lago. Della presenza
di codesto marchingegno si trova testimonianza pure in un documento relativo alla
descrizione di una processione delle “rogazioni”, tutt’ora depositato presso l’archivio
parrocchiale di Mori, datato nel lontano 4 maggio 1644, dove ad un certo punto
dello scritto si legge testualmente: “si traversò con un ponte fatto di legno sopra il
cameraso sotto subito la Peschera” (vedi il libro Loppio il passaggio di un’epoca,
pag. 212). Posizionata nell’acqua in prossimità del primo sbarramento ad ovest si
trovava una piccola costruzione in legno a forma di torretta denominata “burchio”.
Il nome burchio era dato a certi tipi di barche e siccome a quella data non esisteva
ancora l’attuale porticciolo della fossa si può ipotizzare che la struttura servisse
come ormeggio per le stesse. Questa situazione però mutò completamente nel
secondo decennio del 1800 quando la zona in questione venne sottoposta ad una
DPSLDRSHUDGLERQL¿FDDJUDULD'XUDQWHFRGHVWRLQWHUYHQWRYHQQHURFRVWUXLWLOD
fossa, il ponte, i viveri, la casetta dei pescatori ed il tunnel del rio Cameras. Tutto
ciò contribuì a rimodulare la quota dell’acqua all’interno dell’alveo permettendo
nel contempo la trasformazione, tramite il riporto sul posto di parecchio materiale
VDVVRVRHWHUUDGLXQDYDVWD]RQD¿QRDGDOORUDRFFXSDWDGDOO¶DFTXDVWHVVDLQ
terreno coltivabile, riducendo nel contempo il lago alle dimensioni attuali. La parte
SLHODERUDWDHGLQWHUHVVDQWHGHOODPDSSDqSHUzTXHOODFKHULJXDUGDO¶DUHDRYHVW
GHOODJRGRYHIUDO¶DOWURVRQRULSRUWDWLLFRQ¿QLIUDJOLDOORUDFRPXQLGL%UHQWRQLFR
1DJR7RUEROHH9DOOH'HWWLFRQ¿QLSDUWLYDQRGDOOD6WUDGD,PSHULDOHVLWXDWDDVXG
e passando sulla verticale della croce posta alla sommità della chiesetta di S.
Andrea, situata sull’omonima isola, frazionavano il lago fra i due comuni catastali
di Nago e Valle. Una novità assoluta si riscontra nella zona boschiva situata a
nord delle penisole della Giurisdizione di Penede che vedeva, allora, un tratto
di quest’area essere in comproprietà Comun Comunale fra i due sopranominati
comuni. Inoltre sulla mappa nella parte che riguarda la Giurisdizione di Penede
si trovano riportate in modo assai dettagliato sia le proprietà di alcuni terreni che
talune vendite a privati di aree agricole e di carezzeri. Per quanto riguarda le
proprietà nulla è segnalato dell’isola maggiore di S. Andrea, mentre si assegna
ai Conti Castelbarco il possesso delle quattro isole minori: l’isola o dosso dei
Carezzeri, del Salgaro, della Cucina, Isoletta (quest’ultima ora conosciuta con
il toponimo di Isola della Fede), quest’ultime quattro tutte situate nel catasto di
Nago Torbole. Nella Giurisdizione di Penede l’ingegnere Scottini si è premurato
di segnalare la presenza e l’ubicazione di talune calchère. Quest’ultime erano
manufatti in pietra, di forma circolare, della dimensione di una quindicina di
Storia. Epoca moderna
Pagina
Nelle pagine precedenti è pubblicata la 0DSSDWRSRJUD¿FDGHOODJRGL6DQW¶$QGUHDGHWWR
dell’Oppio con la descrizione di tutte le isole, penisole, dossi e paludi in quell’esisti con
gli aggiacenti campi e frate. Rilevata e delineata dall’Ing. Gio. B.mio Scotini. 1787
(Dip. 1370/41), per gentile concessione del Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum, Innsbruck
13
metri quadrati per circa tre di altezza, all’interno dei quali avveniva la cottura
dei sassi in seguito trasformati in calce spenta da adoperare nell’impasto della
PDOWDXVDWDQHOO¶HUH]LRQHGLPXULHGHGL¿FL&KHQHOOD]RQDFLIRVVHUREHQWUHGL
queste costruzioni deriva dal fatto che sul posto era facile reperire la materia
prima da cuocere, il calcare, portato a valle dalle varie frane. Già a quella data
si nota la presenza del capitello costruito in onore di S. Antonio, capitello che si
può ancora ammirare transitando sulla pista ciclabile una volta giunti all’inizio
della salita che porta al passo di S. Giovanni. Se confrontiamo i dati forniti dalla
mappa recentemente ritrovata con quelli riportati in quella attuale notiamo che
L FRQ¿QL FDWDVWDOL GHOOD ]RQD RYHVW GHO ODJR KDQQR VXELWR LQ TXHVWR ODVVR GL
tempo dei cambiamenti radicali. Tali mutamenti sono frutto del Regio Decreto
n. 3251 datato 30 dicembre 1923 con il quale si sopprimeva il comune di Valle
aggregandolo a quello di Mori, congiuntamente all’area catastale del comune di
Brentonico facente parte della Contea di Loppio. Con questa operazione tutti i
SRVVHGLPHQWLGHOOD&RQWHD¿QRDGDOORUDGLYLVLVXWUHFRPXQLFDWDVWDOL0RUL9DOOH
Brentonico, venivano incorporati in un unico comune dando esito favorevole alla
supplica presentata dalla popolazione di Loppio alla Dieta Provinciale ben dieci
anni prima, cioè nel dicembre 1913 (vedi El Campanò del 2011, pag. 36). Alla
data dell’applicazione del Regio Decreto tutto il lago era sicuramente divenuto
proprietà dei Conti di Castelbarco, dunque anche la zona che si estende ad ovest
oltre l’isola di S. Andrea, un tempo Giurisdizione di Penede. Per quanto riguarda il
territorio occupato dall’acqua, esso è passato al catasto del comune di Mori. Nella
nuova sistemazione territoriale l’area boschiva un tempo posseduta in Comun
Comunale fra le Comunità di Valle e di Penede venne divisa fra i due comuni
di Nago Torbole e Mori. Coloro che percorrono il sentiero lungo la sponda nord
del lago possono osservare il grosso masso con incisa la croce dipinta di rosso
FKHQHGRFXPHQWDODVSDUWL]LRQH/DPRGL¿FDFDWDVWDOHDYYHQXWDQHOqGD
includere nella lunga serie di liti giudiziarie che hanno visto contrapposti i comuni
GL%UHQWRQLFR0RUL1DJR7RUEROHSHUODGH¿QL]LRQHGHLORURFRQ¿QLFRQWURYHUVLH
delle quali si sente ancora parlare.
Quanto sopra in sintesi sono le novità e le conferme che il carteggio di recente
scoperto ci ha permesso di conoscere e rendere di dominio pubblico, dimostrando
la grande utilità della ricerca di documenti che riguardano il nostro passato.
ƒÃÖ
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PAN
Storia
Epoca
Pagina
15
contemporanea
Storia. Epoca contemporanea
MORI E IL PONTE
DEL TERZO REICH
a cura di Paola Caneppele
&+(&26$- I documenti che ci sono pervenuti erano conservati in un faldone
appartenuto all’ingegnere Constantin Gribovschi, un nobile della Bucovina, rifugiatosi a Nomesino in seguito all’arrivo degli Alleati.
DOVE - Il ponte doveva essere costruito
SRFRSLDPRQWHGLTXHOORHVLVWHQWHD5DL’opera del ponte potrebbe
vazzone. Ci troviamo tra Mori e Rovereto,
rientrare nella serie di infrain Vallagarina, territorio che all’epoca rienstrutture costruite a supporto
trava a pieno titolo nella cosiddetta Zona
del complesso sistema difend’operazione delle Prealpi o OZAV (Opesivo dell’Alpensfestung (Forrationszone Alpenvorland)1, direttamente
tezza delle Alpi) che, in area
controllata, per conto di Hitler, dal Gauleiter
italiana, fu denominato Blaue
)UDQ]+RIHU/DQRVWUDDUHDJHRJUD¿FDHUD
Linie (Linea blu).
interessata dalla costruzione di una linea
difensiva, la Blaue Linie2, l’ultimo baluardo
per la resistenza tedesca a sud del Terzo Reich e, nello stesso tempo, prima linea
SHURUJDQL]]DUHXQDYDOLGDHGHI¿FDFHFRQWURIIHQVLYDDOORVFRSRGLULFRQTXLVWDUHL
territori perduti. La linea (in realtà una fascia lunga circa quattrocento chilometri)
ULXWLOL]]DYDSDUWHGHOOHIRUWL¿FD]LRQLDXVWURXQJDULFKHGHOODSULPDJXHUUDPRQGLDOH
snodandosi dalla Svizzera all’Istria.
48$1'2 - La durata del cantiere coincise con gli ultimi mesi della seconda
guerra mondiale (seconda metà del gennaio 1945 - 23 aprile 1945), mesi in cui i
UDLGDHUHLVLHUDQRIDWWLSLLQWHQVLLQSDUWLFRODUHOXQJRLO%UHQQHURDVVHVWUDWHJLFD
per rifornire di uomini e mezzi le truppe tedesche e per raggiungere il cuore del
Reich.
1
Essa comprendeva le province di Trento, Bolzano e Belluno.
Per la parte della Blaue Linie sud-occidentale del Trentino, è uscito di recente il testo BEN APPLEBY, ALDO MIORELLI, ANTONELLA PREVIDI (a cura di), Sulla Blaue Linie con la Decima Divisione
da Montagna (USA), I bunker, le vicende, i documenti, le immagini (Garda Trentino 27 Aprile - 2
Maggio 1945), Nago-Torbole (TN), Associazione Culturale Benàch, 2013.
Per la parte sud-orientale, rimando ai testi di LUCA VALENTE e PAOLO SAVEGNAGO (Cierre Edizioni).
Pagina
16
2
Storia. Epoca contemporanea
CHI - La costruzione del
ponte era stata commissionata
dall’Organizzazione
Todt (OT)3 alla ditta SCAC4,
che metteva a disposizione
alcuni dipendenti specializzati in diverse mansioni. Il
FRPPLWWHQWH HUD SL SUHFLsamente, la Oberbauleitung
VI5 la cui sede, come riportato sui rapportini tecnici,
risultava essere a Villa Lagarina6.
Come le altre linee (ad es. la Linea Gotica o Gotenstellung, ribattezzata poi Grüne
Linie, la Linea verde), dobbiamo immaginare
la Blaue Linie come una fascia che si dipanava in profondità nel territorio, sfruttando non
VRORRSHUHDUWL¿FLDOLPDDQFKHGLIHVHQDWXUDli. Questa articolata serie di elementi doveva
rallentare l’avanzata verso nord degli alleati,
in base alla tattica della “ritirata combattuta”,
e causare al nemico il maggior numero di
perdite.
PERCHÉ - Costruire un secondo ponte nei pressi di Ravazzone avrebbe garantito
la presenza di un ulteriore collegamento lungo le seguenti direttrici: Brennero (la
OLQHD SL LPSRUWDQWH GL ULIRUQLPHQWR GHO IURQWH PHULGLRQDOH$OWR *DUGD GRYH VL
trovavano le Tunnel Factories7- le fabbriche in galleria), Rovereto e le montagne
venete.
Archivio privato Fam. Caneppele
Pagina
L’OT, istituita nel 1933, sovrintendeva la costruzione delle infrastrutture e provvedeva alla manodopera inquadrando, attraverso il lavoro coatto, donne e uomini del fronte interno (militarizzazione dei civili). L’OT disponeva di cantieri, depositi, magazzini e si avvaleva di ditte specializzate
che fornivano squadre di lavoratori con determinate competenze.
4
6RFLHWj&HPHQWL$UPDWL&HQWULIXJDWLRSHUDWLYD¿QGDO/RVWDELOLPHQWRVLWURYDYDDVXG
della Stazione di Mori, dove ora sorge l’Area 22. La sede amministrativa, nel 1945, era a Trento.
5
OberbauleitungVLJQL¿FD³'LUH]LRQHVXSHULRUHGHLODYRUL´1HOOH2EOODYRUDYDSHUVRQDOHWHGHVFR
HSHUVRQDOHVSHFLDOL]]DWRGL¿GXFLD
6
Si veda anche PAOLO SAVEGNAGO, Le organizzazioni Todt e Pöll in provincia di Vicenza, Cierre,
2012, vol. 1, p. 108.
7
Si legga a tal proposito il testo di GIORGIO DANILO COCCONCELLI.
17
3
Storia. Epoca contemporanea
,17(59,67$$//¶(63(572
,O ¿XPH$GLJH H OD ORFDOLWj
Ischia in prossimità dell’imbocco della galleria Adige
Garda.
Pagina
18
)RWRJUD¿D G¶HSRFD GL SURSULHtà di Nicola Perini, già pubblicata sul
Campanò (1995) e in Mori e Val di
Gresta centodieci anni di immagini,
HG/D*UD¿FD0RUL7QS
Storia. Epoca contemporanea
,QWHUYLVWDDOO¶LQJ&DUOR$OGLSURIHVVLRQLVWDHGLOH
Ci può illustrare la tipologia dei documenti che ha analizzato?
Si tratta di quattro diverse tipologie, tutte riguardanti il cantiere per la realizzazioQHGHO³3RQWHVXO¿XPH$GLJH5DYD]]RQH0RUL´,OWLWRORFRVuFRPHqVFULWWRIUDOH
virgolette, compare nell’intestazione dei disegni di progetto.
Elenco le tipologie:
‡ disegni esecutivi, in parte carenti nei dettagli, relativi al Progetto 8186/30
eseguiti da “SCAC – Trento” (come si può leggere nelle intestazioni stesse).
In questi disegni non compare il nome del Committente. I disegni comprendono:
a) una raccolta di sette tavole di disegno del ponte vero e proprio datate gennaio 1945, così titolate:
ƒTAV. 1. Prospetto e pianta (cinque formati A4) [FIG. 5];
ƒTAV. 2. Sezione trasversale (tre formati);
ƒTAV. 3. Spalla destra (tre formati);
ƒTAV. 4. Spalla sinistra (tre formati);
ƒTAV. 5. Pile (tre formati);
ƒTAV. 6. Armatura spalla destra (quattro formati);
ƒTAV. 7. Armatura pile (quattro formati);
b) due tavole riguardanti il “Ponte di Servizio”.
b1. Nella prima, si inserisce su una copia della tav. 1. il disegno in
pianta e prospetto del ponte di servizio stesso [FIG.6]. La parte
riguardante il ponte di servizio è fatta a matita, quindi si tratta di
un originale, forse unico esemplare. Sul frontespizio di questa
tavola è aggiunta la scritta “ARBEITSBRÜCKE – II.E LÖSUNG”
3RQWHGLVHUYL]LRVHFRQGDVROX]LRQH&LzVLJQL¿FDFKHHVLVWHYD
anche una prima soluzione già dall’inizio e che il Committente
aveva optato per la seconda.
b2. Una seconda tavola da un formato, non datata, con la titolazione
“P. RAVAZZONE; Ponte di Servizio” rappresenta la “Stilata”, cioè
ODSLODWLSRLQ¿VVDQHOJUHWRGHO¿XPHGHOSRQWHGLVHUYL]LRVWHVso;
1
Incompleto, nota del traduttore.
Pagina
‡ un documento redatto in lingua tedesca, intitolato “Proposta – Elenco
Prezzi – Prestazioni con computo metrico estimativo1 – PER LA REALIZZAZIONE DEL PONTE DI DEVIAZIONE SULL’ADIGE IN RAVAZZONE
PRESSO MORI” [FIG. 1]. La data è 6.3.1945. Per la maggior parte delle
19
‡ l’elenco del personale impiegato nel cantiere suddiviso per mansioni [FIG. 8];
Storia. Epoca contemporanea
Pagina
20
voci dell’elenco sono indicate le quantità, ma non il computo metrico dettagliato. Nessun prezzo unitario è indicato ma è riportato invece il prezzo
IRUIHWWDULR¿QDOHDPDWLWD/LUH0ROWHYRFLGHOGRFXPHQWRFRVu
FRPHOD³3UHPHVVD´VRQRSRVWLOODWHFDQFHOODWHRPRGL¿FDWHDPDWLWD1HO
documento Il committente e il costruttore sono genericamente indicati come
Bauherr e Unternehmer senza precisarne la corrispondente denominazione. In fondo al documento sono elencati i nominativi di quattro persone
(cognomi tedeschi). Probabilmente si trattava delle persone che avrebbero
dovuto approvare il documento.
[FIG. 1]. La prima pagina del “Foglio di patti e Condizioni con Elenco-Prezzi”
per la realizzazione del ponte di deviazione sull’Adige in Ravazzone presso Mori.
Storia. Epoca contemporanea
‡ raccolta rapportini giornalieri [FIG. 3 - 4]. I rapportini descrivono gli eventi e i lavori che si sono susseguiti nel cantiere in un determinato giorno:
VSHFL¿FDGHLODYRULHVHJXLWLPDWHULDOLHPH]]LG¶RSHUDFKHDUULYDQRHYHQWL
particolari o imprevisti. In questo caso, data la particolarità dell’opera, è
riportato anche il livello delle acque nonché la durata degli allarmi aerei. È
riportato inoltre il personale impiegato suddiviso per categorie: assistenti,
carpentieri, muratori, fabbri, manovali eccetera. Oltre a ciò compare anche il
numero degli addetti e dei fruitori del servizio mensa. I rapportini giornalieri
sono compilati e redatti dal personale SCAC e indirizzati alla Obl 6 di Villa
/DJDULQD/D2EO2EHUEDXOHLWXQJ9,HUDXQRGHJOLLPSRUWDQWLXI¿FLWHUULtoriali coordinatori (Direzione Superiore dei Lavori) in cui era suddivisa l’OT
(Organizzazione Todt) in Italia.
Pagina
[FIG. 3 - 4]. Ultimo dei rapportini tecnici in fronte retro, datato 23.04.1945. Ogni rapportino reca,
sulla sinistra, i lavori eseguiti, gli allarmi aerei, le ore di sospensione effettuate, il tempo con le
temperature e le indicazioni idrometriche. Sulla destra le categorie degli addetti ai lavori, con l’inGLFD]LRQHGHOQXPHURGHOOHRUHVYROWH7DOYROWDYLHUDQRGHOOHDJJLXQWHRGHOOHPRGL¿FKHQHOIURQWH
con un pastello viola è corretto l’orario della durata degli allarmi.
21
[FIG. 2]. Ingrandimento del timbro della SCAC
FRQOD¿UPDGHOO¶DVVLVWHQWHLQFDULFDWRGHOODUHGDzione dei rapportini stessi. Dovrebbe trattarsi di
Cesare Rosanelli che compare nell’elenco dei
lavoratori.
Storia. Epoca contemporanea
Pagina
22
[FIG. 5]. Prospetto e pianta (cinque formati A4).
[FIG. 6]. Disegno in pianta e prospetto del ponte di servizio.
,QURVVRHJULJLROHSDUWLUHDOL]]DWHHODERUD]LRQHJUD¿FDDFXUDGHOO¶LQJ&DUOR$OGL
Pagina
23
Storia. Epoca contemporanea
Storia. Epoca contemporanea
Quali dovevano essere le dimensioni del ponte una volta ultimato?
Se il ponte fosse stato realizzato completamente sarebbe stato costituito da otto
campate, ciascuna di 12,72 m per 101,76 m complessivi. Il progetto prevedeva
XQDFDUUHJJLDWDODUJDPFRQXQDFRUVLDFDUUDELOHGLPSLGXHPDUFLDSLHGLGL
1 m su ogni lato [FIG. 6].
L’impalcato stradale prevedeva una struttura portante di nove travi in legno chioGDWHGHOO¶DOWH]]DGLPHWULHXQPDQWRG¶XVXUDORVWUDWRVXSHU¿FLDOHDFRQWDWWR
con i veicoli) pure in legno, dello spessore di 6 centimetri. Le pile di appoggio per
le campate erano costituite ciascuna da 10 pali centrifugati SCAC in cemento
DUPDWRGLDPFLUFDFPPRGL¿FDWLFRQSXQWD]]HHVFDUSHLQIHUURLQ¿VVLQHO
JUHWRGHO¿XPHFRQXQDLQFOLQD]LRQHGLVHLJUDGLULVSHWWRDOODYHUWLFDOHHFROOHJDWL
fra loro in sommità, con un getto in calcestruzzo armato.
Dove sarebbe dovuto sorgere?
1HLGRFXPHQWLSHUYHQXWLHGHVDPLQDWLQRQHVLVWHXQDFRURJUD¿DQpXQDSODQLPHtria generale che localizzi il luogo preciso dell’intervento. La dicitura “... in Ravazzone presso Mori” ha tuttavia indirizzato le ricerche. Dalle foto aeree del marzo
1945, risulta evidente il cantiere del ponte, che si trova a circa 250 m a Nord
GHOO¶LPERFFRGHOODJDOOHULD$GLJH*DUGDLQVSRQGDGHVWUDGHO¿XPH4XLHUDQR
iniziati i lavori. La posizione della spalla sinistra coinciderebbe all’incirca con lo
stacco dell’attuale ponte dell’autostrada. Ciò risulta dalla sovrapposizione della
foto aerea dell’epoca con una foto aerea attuale. La composizione dell’immagine
si è ottenuta riferendosi a quattro punti precisi invariati rispetto al 1945. È forse il
caso di rilevare che la posizione individuata è a soli 700 m circa a Nord del ponte
di Ravazzone.
Perché un altro ponte così vicino a quello esistente? E quali sono le diverse
caratteristiche tecniche messe a confronto nei due ponti?
La risposta alla prima questione è abbastanza evidente, ed è del resto implicitamente dichiarata nell’intestazione del documento “Proposta di elenco prezziprestazioni”. Si tratta di un “ponte di deviazione” che sostituisca la funzione del
ponte esistente nel caso di un bombardamento che lo rendesse inutilizzabile.
Risulta chiaro come l’Organizzazione Todt, responsabile delle strutture logistiche
alle spalle del fronte nei territori di fatto occupati come il nostro, annettesse granGHLPSRUWDQ]DDOFROOHJDPHQWRFRQOD]RQDGHOO¶$OWR*DUGDWDQWRGDUHQGHUORSL
sicuro con la costruzione di questo secondo ponte. Le ragioni di questo atteggiamento qui non si approfondiscono. È curioso tuttavia rilevare che il ponte di Ravazzone sia stato in effetti risparmiato dai bombardamenti alleati, evidentemente
per ragioni opposte a quelle dello Stato tedesco2.
Pagina
24
2
Da parte tedesca: oltre al già menzionato collegamento stradale con l’Alto Garda, forse anche la
continuità della “Blaue Linie”, ultima barriera difensiva contro l’avanzata degli alleati; la possibilità
di uno sfogo rapido per una ritirata verso il Brennero nel caso di una veloce avanzata degli alleati
nella zona Lombardia-Lago di Garda (in questo caso doveva esser prevista in seguito la distruzioQHGLWXWWLHGXHLSRQWLWUDQVLWRGLPH]]LULIRUQLPHQWLHPDWHULDOLYHUVR7RUEROHVHGHGHOOD2I¿FLQD
Caproni nella parte terminale della galleria Adige-Garda; rifornimento della fantomatica pista di
lancio per le bombe volanti V1 che secondo voci (o leggende?) sarebbe esistita presso la Bocchetta di Navene sul Baldo. Per quanto riguarda il motivo del “risparmio” del ponte di Ravazzone
Storia. Epoca contemporanea
Per quanto riguarda il confronto fra i due manufatti, ricordiamo la descrizione già
fatta nelle risposte precedenti. Il ponte di Ravazzone, quello esistente, era formato da una campata unica con una luce di 69 metri. La struttura era (ed è ancora)
costituita da due travi reticolari in ferro, con andamento parabolico collegate superiormente in centro e sotto l’impalcato. La carreggiata era di metri 5,70 (ora è
di metri 6,90). Il ponte da realizzarsi invece prevedeva una carreggiata di 5 metri
SLGXHPDUFLDSLHGLGLXQPHWURFLDVFXQR'DOSXQWRGLYLVWDGHOODYLDELOLWjGXQTXH
le due opere sono circa equivalenti. Di gran lunga migliore invece la riparabilità
del nuovo ponte in legno, grazie alla piccola luce delle singole campate, 12,70
metri contro 69 metri, e grazie alla leggerezza, reperibilità e lavorabilità del maWHULDOHXVDWROHJQRDQ]LFKpIHUUR4XHVWRVLJQL¿FDFHOHULWjGHOULSULVWLQRLQFDVR
di danneggiamento.
Pagina
da parte dei bombardamenti alleati, si può osservare che a loro interessavano soprattutto i ponti
ferroviari come risulta dalle foto delle ricognizioni aeree dell’epoca. In secondo luogo l’agibilità del
tratto Lago di Garda – Rovereto e quindi del ponte di Ravazzone poteva servire loro per incalzare
il nemico in ritirata verso il Brennero, come poi in effetti è avvenuto (si veda anche, nelle pagine
che seguono, la testimonianza di Spartaco Avanzini).
3
PAOLO SAVEGNAGO, Le organizzazioni Todt e Pöll in provincia di Vicenza, vol. 1, op. cit.
25
Chi ha commissionato l’opera e chi era incaricato di realizzarla?
Gli “attori”, cioè le parti in gioco nella costruzione del ponte, risultano chiaramente dai documenti esaminati. Essi sono: il Committente, ovvero il “Bauherr” che è
la”Obl VI” di Villa Lagarina e il Costruttore, ovvero l’Impresario ovvero “der UnterQHKPHU´FKHqOD³6&$&VWDELOLPHQWRGL0RUL´/¶LGHQWL¿FD]LRQHGHOFRPPLWWHQWH
risulta dai rapportini giornalieri precedentemente nominati.
La Obl VI (Oberbauleitung VI = Direzione Superiore delle Costruzioni) è una delle
SLLPSRUWDQWLVWUXWWXUHLQWHUPHGLHPDFRQIXQ]LRQLGLFRRUGLQDPHQWRGHOO¶272Uganizzazione Todt). Il compito per così dire “istituzionale” della OT era quello di
assicurare i collegamenti viari, ferroviari, marittimi ed aerei mediante la costruzione e la manutenzione delle relative strutture. Si occupava anche del reclutamento e della mobilitazione della “forza lavoro” necessaria per i vari cantieri, fornendo
addirittura vitto e alloggio per quelli lontani da casa; organizzava depositi di provviste e materiali. Tracce di tutte queste attività organizzative sono presenti anche
nel documento “Proposta – Elenco Prezzi – Prestazioni”. In questo cantiere la
OT “assegna” all’imprenditore 60 manovali, ma non gli specializzati; fornisce il
OHJQDPHQHFHVVDULRHPH]]LSHUO¶LQ¿VVLRQHGHLSDOLQHOJUHWRGHO¿XPHQRQFKpLO
ORURWUDVSRUWR¿QRDOFDQWLHUHIRUQLVFHDOORJJLRHYLWWRSHUJOLRSHUDLFKHQRQYLYRno nelle vicinanze; un rifugio antiaereo, una baracca da 5 m x 25 m per deposito
attrezzi e per gli alloggi e altre cose che si omettono per brevità. Il rappresentante
nel cantiere della Obl VI, con funzione di Direttore dei Lavori, è quasi sicuramente
l’ingegnere romeno Constantin Gribovschi che deteneva i documenti che stiamo
GHVFULYHQGR6HPEUDFKHLOUHFOXWDUHSHUVRQDOHTXDOL¿FDWRSHUXWLOL]]DUORLQ*HUmania o in altri stati occupati, in sostituzione di personale tedesco incaricato sui
vari fronti, sia stata una pratica utilizzata dal Reich3.
L’altro attore, il costruttore, è la SCAC di Mori Stazione il cui timbro compare nei
disegni e nei rapportini giornalieri [FIG. 2].
Storia. Epoca contemporanea
Pagina
26
La documentazione che ci è pervenuta era quella “consueta” per la costruzione di una simile opera?
È opportuno premettere che non è corretto confrontare la quantità e la qualità
degli elaborati di questo progetto con quelli necessari per una completa progettazione dei nostri giorni. Ciò premesso è tuttavia possibile osservare che la raccolta
GHLGRFXPHQWLHVDPLQDWLpDOTXDQWRLQFRPSOHWD0DQFDQRLQIDWWLXQDFRURJUD¿D
che localizzi l’opera, una planimetria generale che la posizioni esattamente nel
territorio dove dovrà sorgere, una relazione tecnica che riassuma tutti gli aspetti
FRVWUXWWLYLHGHFRQRPLFLPDQFDQRSDUWLFRODULFRVWUXWWLYLSLGHWWDJOLDWLSHUHVHPpio sull’impalcato stradale), eccetera. Può darsi inoltre che, per qualche ragione,
QRQWXWWDODGRFXPHQWD]LRQHVLDDUULYDWD¿QRDQRL
Dallo studio dei rapportini ha potuto ricavare utili informazioni sull’avanzamento dei lavori. Ci fa qualche esempio?
I rapportini giornalieri (in tutto sono 98, uno per ogni giorno di lavoro) sono sicuramente indispensabili per seguire l’andamento dei lavori. Ma testimoniano anche
altre cose interessanti.
1HFLWRDOFXQLVLJQL¿FDWLYL
‡ nel primo, del 16 gennaio, si testimonia l’inizio dell’attività per il cantiere, con
il colloquio alla sede SCAC di Trento di un assistente;
‡ nel quarto (datato venerdì 19 gennaio 1945) si indica l’inizio effettivo con i
rilievi in cantiere;
‡ il 23 gennaio, iniziano i lavori alla spalla destra (rapportino n° 8) e il 31 vengono effettuali il “Tracciamento” e gli “scavi spalla destra” (n° 16);
‡ LOIHEEUDLRDYYLHQH³O¶LQ¿VVLRQHSDOLOHJQRSHUODVWLODWDGHOSRQWHGLVHUYL]LR´
‡ ai primi di febbraio, per l’esattezza il 6,7 e l’8, i lavori vengono “sospesi per
bombe inesplose”; inizia ora la costruzione di un rifugio antiaereo;
‡ il 27 febbraio (rapportino n° 43) ha inizio la “contabilizzazione sospensione
effettiva dei lavori, dovuta ad allarme aereo”: su 3h e 5’, sono registrati solo
50 minuti. Fino ad ora si registrava solo il tempo degli allarmi di Rovereto. Si
applica quindi una prescrizione della Distinta prezzi - prestazioni: “All’impresario non viene risarcito uno speciale compenso per le ore di lavoro prestate
tra l’allarme di Rovereto e quello dell’«OT, Baugerätehofs»”;
‡ il 12 marzo hanno inizio i “lavori disboscamento per spalla sinistra”;
‡ VDEDWRPDU]RqLQGLFDWD³O¶LQ¿VVLRQHSDOLLQOHJQRSHU,DVWLODWDLQDFTXDOD
decima) per ponte di servizio”;
‡ LO PDU]R KD LQL]LR ³O¶LQ¿VVLRQH SDOL LQ FHPHQWR DUPDWR SHU VSDOOD GHVWUD
inizio registrazione dei fruitori del servizio mensa”. Anche in questo caso si
rispetta un’altra prescrizione della Distinta prezzi – prestazioni: “La comunicazione del numero di persone presenti ai pasti ha da farsi al “Z.V.L. der OT
di Mori – Tierno”. Evidentemente anche la ”Obl VI” di Villa Lagarina voleva
essere direttamente informata;
‡ VDEDWRPDU]RDFDXVDGHOODSLHQDGHO¿XPH$GLJHYLHQHIDWWRXQ³&RPputo materiali perduti causa piena”. Il livello massimo (-1,70 m) era stato raggiunto mercoledì 28 marzo;
‡ VDEDWRDSULOHKDLQL]LR³O¶LQ¿VVLRQHSDOLLQFHPHQWRDUPDWR,a Pila”;
‡ il giorno dopo, domenica 8 aprile, viene segnalato il “Recupero materiali di-
Storia. Epoca contemporanea
‡
‡
‡
‡
spersi per chiusura diga Montecatini”;
sabato 14 aprile si ha “l’inizio lavori di casseratura ed armatura spalla destra”
GRSRDYHU¿QLWRO¶LQ¿VVLRQHGHLSDOLLQFHPHQWRDUPDWR
domenica 15 aprile, alle ore cinque del mattino, viene segnalata la “Chiusura
paratoie diga Montecatini con conseguenti danni ai lavori fondazione spalla
destra”4.
mercoledì 18 aprile si segnala il “livello acqua a +2,15: Danni vari alla spalla
destra a causa chiusura paratoie Montecatini”;
il rapportino n° 96 risale a sabato 21 aprile e riporta l’indicazione “Avanzamento ponte di servizio per la 17a stilata; Avanzamento battipalo in ferro alla
IIa Pila”. Qui terminano praticamente i lavori nel cantiere5.
Leggendo i diversi documenti che cosa l’ha colpita?
La prima cosa che emerge dall’esame complessivo di questa raccolta di documenti è che essi denunciano una grande urgenza di realizzare il ponte e indirettamente la grande importanza che l’Organizzazione Todt, ovvero l’insieme delle
forze tedesche egemoni nel territorio, attribuivano all’opera stessa. Sulle ragioni
di questa fretta ho espresso la mia opinione in precedenza (si veda anche la nota
2). Gli elementi che fanno pensare a questa fretta sono diversi:
1) il documento descritto precedentemente al punto “Proposta di un foglio di patti
e condizioni con computo metrico” porta la data del 6 marzo 1945, ben 50 giorni dopo l’inizio dei lavori in cantiere ed allora era ancora in discussione la sua
VWHVXUDGH¿QLWLYD&LzVLJQL¿FDFKHLQRULJLQHQRQHUDVWDWRSUHYLVWRRVHORHUD
VWDWR QRQ HUD DGHJXDWR DOOR VFRSR PD O¶XUJHQ]D GL GH¿QLUH FRQ FKLDUH]]D LO
rapporto fra le due parti del committente e del costruttore lo rendeva necessario.
2) In aprile si lavora costantemente con almeno 55 addetti nel cantiere (si veda il
JUD¿FRUHODWLYDDOODSUHVHQ]DGHOSHUVRQDOHVXOFDQWLHUH[FIG. 7]); si lavora inoltre anche le due domeniche 8 e 15 aprile, mentre in precedenza si era sempre
rispettato il riposo festivo.
3) L’incompletezza relativa degli elaborati già accennata. Si ipotizza che il lavoro
VLDVWDWRDI¿GDWRTXDVL³FKLDYLLQPDQR´DOODGLWWD6&$&FRQXQDFFRUGR³GL¿ducia” o quanto meno generico, sempre per questioni di urgenza, ma poi, con
O¶LQL]LRHIIHWWLYRGHLODYRULVLVLDQRPDQLIHVWDWLGLI¿FROWjHGLVDFFRUGLFKHDQGDvano chiariti. D’altronde in quel particolare periodo bellico il committente, cioè
la Todt, col tramite della Obl VI di Villa Lagarina, forniva legnami, attrezzeria
PLQXWDHPDFFKLQDULLEDWWLSDORSHUOHLQ¿VVLRQL di pali in legno e in cemento
armato), assicurava la disponibilità della manovalanza comune, l’alloggio e le
provviste per il vitto degli addetti. Quindi c’era una commistione di funzioni e di
compiti che andava per forza regolata.
Pagina
Si lavora anche alla domenica, come del resto nella precedente (8 aprile). Ciò denota una certa
urgenza per i lavori in atto.
5
Siamo a due giorni prima del proclama del C.N.L.A.I. e la resa (29.4.1945) è imminente. Il 24.4
VLODYRUDDQFRUDHSRLLOFDQWLHUHVDUjDEEDQGRQDWRRFRPXQTXHQRQVLVWLODQRSLUDSSRUWLQL/¶XOWLPRVWDWRG¶DYDQ]DPHQWRYHGHTXLQGLFRPSOHWDPHQWHLQ¿VVLLSDOLLQFHPHQWRDUPDWRGHOODVSDOOD
e della Ia pila; vede completata la 16a (su 24) campata del ponte di servizio; vede un disboscaPHQWRGLSUHSDUD]LRQHVXOODVSRQGDVLQLVWUDGHO¿XPHGRYHGRYHYDLPSRVWDUVLODVSDOOD[FIG. 6].
27
4
Storia. Epoca contemporanea
Pagina
28
[FIG. 7].,OJUD¿FRUDSSUHVHQWDO¶DQGDPHQWRGHOODSUHVHQ]DGHJOLDGGHWWLLPSLHJDWLQHOFDQWLHUH
$GRJQLPDQVLRQHFRUULVSRQGHXQDVSHFL¿FDFRORUD]LRQHYHGLOHJHQGD
Le cuoche e le addette alla cucina sono indicate genericamente come “donne”
HODERUD]LRQHJUD¿FDDFXUHGHOO¶LQJ&DUOR$OGL
È interessante notare come alcuni dati dei rapportini vengano registrati non da
subito, ma solo a partire da un determinato giorno di lavoro: per esempio la distinzione fra la durata degli allarmi aerei e l’effettiva sospensione dei lavori che fa
riferimento al segnale dell’ “OT Baugerätehof”e non al segnale di Rovereto di durata maggiore (rapportino n° 43 del 27 febbraio). Altro esempio: la registrazione
delle persone presenti ai pasti comincia solo dal 73° giorno, pur essendo attivo il
VHUYL]LR¿QGDOO¶LQL]LR4XHVWLHSLVRGLFKHKDQQRSLFKHDOWURXQYDORUHGL³FXULRsità”, denunciano tuttavia l’insorgere di problemi nel corso dei lavori.
Altro elemento emerso nel 90° giorno, con conseguenze e notevoli danni nei giorni successivi, è la chiusura delle paratoie della diga allo stabilimento Montecatini,
FKHKDIDWWRLQQDO]DUHLOOLYHOORGHOO¶DFTXD¿QRDPULVSHWWRDOOLYHOORQRUPDOH
di -2,35 m. Questo episodio fa pensare ad uno scoordinamento fra il cantiere e
lo stabilimento Montecatini, o quantomeno fa ritenere che il controllo esercitato
dalla Todt non solo sulle opere infrastrutturali, ma anche su settori dell’attività
industriale, non fosse molto pressante.
Pagina
Oggi ci sono elementi visibili di tale struttura?
Da ricognizione effettuata sul luogo individuato per la costruzione, non risulta
visibile alcun elemento appartenente al ponte. Ciò è d’altra parte comprensibile
visto il livello attuale delle acque, vista l’attività di recupero materiali dell’immeGLDWRGRSRJXHUUDHYLVWRLOSXQWRLQFXLO¶RSHUDQRQSLQHFHVVDULDHUDDUULYDWD
LOSRQWHGLVHUYL]LRUHDOL]]DWR¿QRDOODa stilata, costruito interamente in legno e
quindi con materiale quasi completamente recuperabile. Le opere che dovevano
HVVHUGH¿QLWLYHGHOQXRYRSRQWHVLOLPLWDQRDLSDOLLQFHPHQWRDUPDWRLQ¿VVLQHO
greto dell’Adige per la spalla destra e per la prima pila. Tali pali, secondo i disegni esecutivi, avrebbero dovuto sporgere almeno per 1,80 m dal livello attuale
GHOO¶DFTXD/DORUR]RQDGLLQ¿VVLRQHDOWHPSRGHLODYRULHUDLQXQDSDUWHDVFLXWWD
del greto: probabilmente sono stati recuperati anch’essi, sia pure con qualche
GLI¿FROWj1RQqHVFOXVRFKHVLULHVFDWXWWDYLDDGLQGLYLGXDUHLUHOLWWLGHLSDOLVXO
IRQGRGHO¿XPHPHGLDQWHXQVRSUDOOXRJRVXEDFTXHR
29
Storia. Epoca contemporanea
Storia. Epoca contemporanea
I nomi degli addetti alla costruzione del ponte
Pagina
30
Riportiamo l’elenco dei nominativi che compaiono su due fogli dattiloscritti [FIG.8].
[FIG. 8]. Dattiloscritti con l’elenco del personale (suddiviso per mansioni) impiegato nel cantiere.
Tra i manovali compare il nome di Spartaco Avanzini (al numero 25), la cui intervista è pubblicata
nelle pagine seguenti.
Storia. Epoca contemporanea
,QJ$OGLSXzVSLHJDUFLPHJOLRODGLIIHUHQ]DWUDOHGLYHUVHPDQVLRQL"
Il documento riporta i nomi dei lavoratori suddivisi per mansioni: quattro assistenti; tre battipalisti e specializzati; sette carpentieri; cinque muratori; quattro
ferraioli; nove fabbri; 34 manovali. In tutto 66 addetti. Non vi sono riferimenti alla
committenza o alla ditta esecutrice.
7UDODVFLDQGR OH FDWHJRULH H OH GHQRPLQD]LRQL SL FRPXQL VL GHVFULYRQR EUHYHmente le altre, non a tutti note:
‡ battipalista: é un operaio specializzato cui è richiesta un’esperienza speFL¿FD SHU XQD PDFFKLQD SDUWLFRODUH LO ³EDWWLSDOR´ FKH VHUYH SHU LQ¿JJHUH
pali nel terreno. Si tratta di una struttura pressoché piramidale a traliccio
metallico, con una slitta verticale sulla quale può scorrere un blocco metallico di notevole peso. Questo peso si solleva mediante un argano, quindi lo
VLODVFLDFDGHUHVXOODWHVWDVFDUSDGHOSDORFKHDSRFRDSRFRVLLQ¿JJH
‡ carpentiere: ha il compito di realizzare ogni tipo di costruzione in legno che
si renda necessaria. In questo cantiere la sua funzione era indispensabile
per il ponte di servizio, per le “casserature” o “casseforme” fatte con tavole
di legno assemblate mediante chiodatura, entro le quali si versano i getti
GLFDOFHVWUX]]RSHURWWHQHUHLPDQXIDWWLLQFHPHQWRDUPDWR3LWDUGLQHOOD
prosecuzione dei lavori, queste persone avrebbero dovuto assemblare tavole di vario spessore per costruire le grosse travi in legno dell’impalcato
stradale nonché curare la loro messa in opera, assieme a manto d’usura,
marciapiedi e parapetti nel ponte stesso, dopo l’ultimazione delle spalle e
delle pile in cemento armato;
‡ ferraiolo [FIG.9]: ha il compito di tagliare, piegare e assemblare tondini in
ferro, secondo i disegni esecutivi per realizzare le armature metalliche da
inserire nelle casserature dei getti in cemento armato.
Pagina
31
[FIG.9]. Nell’immagine (riferita al ponte di Nave S.
Rocco), tratta dall’Opuscolo SCAC n°59 Agosto
1941, anno XIX (pag.12),
si vedono due ferraioli intenti a preparare le testate
per collegarle alle strutture
superiori. In secondo piano
i pali centrifugati pronti per
O¶LQ¿VVLRQH DOO¶HVWUHPLWj
destra le puntazze) e, in
primo piano, due gruppi
GLSDOLSLORWLJLjLQ¿VVLQHO
terreno.
Storia. Epoca contemporanea
,17(59,67$$/7(67,021(
L’immagine ritrae un battipalo
in azione per la ricostruzione
del ponte sul Leno, bombardato durante la seconda guerra
mondiale.
Come ha rilevato l’ing. Aldi,
in secondo piano si notano le
VWUXWWXUH RUD QRQ SL HVLVWHQWL
dell’antico bersaglio in sponda
sinistra del Leno.
Pagina
32
Laboratorio di Storia di Rovereto (a cura del),
Il diradarsi dell’oscurità. Il Trentino, i Trentini
nella seconda guerra mondiale, 1939-1945,
Egon 2010, E. Zandonai Editore, p. 349.
Storia. Epoca contemporanea
,QWHUYLVWDD6SDUWDFR$YDQ]LQLWHVWLPRQHGLUHWWR
della costruzione del ponte commissionato dalla
Todt1 nella zona di Mori-Ravazzone
Da un allegato ai progetti del ponte siamo risaliti a uno dei testimoni diretti di
quell’opera, il sig. Spartaco Avanzini, classe 1928. Impiegato nei lavori di costruzione del ponte inizialmente con la mansione di manovale, ci racconta di essere
stato promosso al ruolo di battipalista2.
'DLGRFXPHQWLULVXOWDFKHOHLHUDXQGLSHQGHQWHGHOOD6&$&3 prestato alla Todt.
$TXDQWLDQQLKDFRPLQFLDWRDODYRUDUH"(UDODYRURYRORQWDULRRFRDWWRLOVXR"
$YHYRVFHOWRLRGLDQGDUHDOOD6&$&DYHYRDQQL$VFXRODQRQVLSRWHYDSLDQGDre ormai. A Mori Stazione la Ditta Zontini legnami tagliava i tronchi, e quindi le tavole, e
io andavo a piedi, partendo da casa, tirando un carretto a mano, di quelli con due ruote, a prendere legna, “i scorzeti”, le parti laterali. E lì credo di aver avuto l’informazione
FKHDOOD6&$&FHUFDYDQRSHUVRQDOH6RQRDQGDWRFRVuQHJOLXI¿FLGHOODVRFLHWjHPL
hanno detto “VuERFLDGDL, abbiamo bisogno”. La paga era settimanale, in lire, non
ricordo di quanto fosse. Non le dico i primi tempi lì alla SCAC che belli che sono stati,
meravigliosi per me! Mi avevano messo subito a tagliare i ferri su misura per la costru]LRQHGHLIDPRVLSDOL6&$&,IHUULHUDQRTXHVWLVSH]]RQLGLWRQGRFKH¿QLYDQRVHPSUH
con un gancio per collegarli al plinto. Poi mi hanno messo per la realizzazione dei ferri
SHULIDPRVLEXQNHUHSRLLQRI¿FLQDGRYHVLSUHSDUDYDQROHSRUWHLQIHUUR0LDYHYDQR
assegnato al tornio (visto che avevo fatto tre anni di avviamento professionale e conoscevo questi strumenti) a costruire i portanti, i cardini di queste porte in ferro. E lì ho
trovato un ambiente bellissimo. E poi, o perché io ero in esubero o per reale necessità,
mi hanno staccato da lì e mi hanno messo alla costruzione del ponte dapprima come
manovale a portare carriole di bulloni, di chiodi, di cemento. Il ponte era già in fase
avviata. Poi mi hanno assegnato alla manovra del battipalo, ed era una meraviglia per
me mettere in piedi questo palo attraverso questa torre che è come una torre di trivellazione per il petrolio: raddrizzavi il palo, lo piombavi in posizione a seconda di come
andava da progetto e lì cominciavo con questa mazza che scendeva dal battipalo a
battere il palo… Fra centinaia di colpi, arrivavano i cacciabombardieri, e via di corsa…
I suoi genitori avevano condiviso la sua scelta?
I miei genitori lavoravano: mia madre in Manifattura, e mio padre faceva il barbiere. Ho deciso in comune accordo con loro di andare a lavorare.
Pagina
Organizzazione tedesca (OT) del Reich che si occupava della messa in opera delle infrastrutture (strade, ponti, opere difensive, impianti industriali…). Essa utilizzava, oltre ai prigionieri di
guerra, anche civili militarizzati e ditte dei territori occupati che “mettevano a disposizione” i propri
ODYRUDWRUL'DOOD¿QHGHOO¶DUUXRODPHQWRGLPDQRGRSHUDGLYHQQHFRDWWRHULJXDUGDYDDQFKHL
giovani non ancora maggiorenni.
2
,OEDWWLSDORqXQDPDFFKLQDXVDWDSHULQ¿JJHUHSDOLQHOWHUUHQR
3
Società Cementi Armati Centrifugati, situata a Mori Stazione ove oggi sorge l’Area22.
33
1
Storia. Epoca contemporanea
$YHYDDOWULIDPLOLDULLPSLHJDWLSHUOD7RGW"
No, non ne avevo.
&RVDIDFHYDSULPDGLDQGDUHDOOD6&$&"&KHVFXROHDYHYDIUHTXHQWDWR"
Prima di andare alla SCAC ho frequentato la quinta elementare a Mori, la sesta e
la settima (l’avviamento) ad indirizzo agrario sempre a Mori. Poi mi sono iscritto
alla seconda avviamento industriale a Rovereto, e fra i professori ricordo l’insegnante di disegno, Piero Coelli, un artista, dipingeva soprattutto acquerelli. Lì ho
fatto la seconda e la terza avviamento, e poi la guerra ha avuto il sopravvento.
Per avere un diploma io dovevo andare a Trento ma non avevo fatto le medie,
e alla base ci voleva la conoscenza del latino, e si doveva sostenere un esame
integrativo. Mia sorella aveva provato ad insegnarmi latino. Ma non riuscivo ad
“ingoiarlo”, e i miei genitori ci tenevano che io avessi un titolo di studio!
$JXHUUD¿QLWDQHO¶FDGHODQHFHVVLWjGHOO¶HVDPHGLODWLQRSHUO¶DPPLVVLRQHH
FRVuPLVRQRLVFULWWRD7UHQWRDEELDPRFRPLQFLDWRLQHDEELDPR¿QLWRLQ
+RWHUPLQDWRQHO$YHYRGXHDQQLSLGHJOLDOWULSDUWLWRFRQODYDOLJLDSHUOD
YLWDPLOLWDUHDVVHJQDWRDOO¶DUWLJOLHULDKRVFHOWRGLIDUHLOFRUVRXI¿FLDOL0DTXLVL
apre un’altra storia.
Si ricorda l’orario di lavoro? Si lavorava anche di notte?
No, non si lavorava di notte. Alla SCAC lavoravo dalle 7.30 alle 12.00, meno di
XQ¶RUDGLSDXVDSHULOSUDQ]RHSRL¿QRDOOH
C’erano altre persone della sua età?
$OSRQWHHURLOSLJLRYDQH
Ricorda in quanti eravate a lavorare al ponte? Vi erano anche prigionieri?
Non so se vi fossero prigionieri. Ma sul ponte eravamo pochi, una decina.
Pagina
34
Come raggiungeva l’area di costruzione del ponte? Faceva la strada con altri
operai? C’erano posti di blocco nel tragitto tra Mori e Mori Stazione?
1RQF¶HUDQRSRVWLGLEORFFR$QGDYRJLLQELFLFOHWWDVROR5LFRUGRXQHSLVRGLR
tornavo di sera, era l’imbrunire, forse avevo fatto qualche straordinario, mi trovavo proprio all’inizio di via Roma, e un camion di tedeschi mi è venuto addosso
portandomi via mezzo manubrio della bicicletta. Il conducente ha tirato dritto. Mi
sono fermato contro un palo della SCAC. Quel palo mi ha salvato la vita.
$OFXQLWHVWLPRQLULIHULVFRQRFKHDOO¶HVWHUQRGHOODJDOOHULDGDOODSDUWHGL0RUL
dopo l’occupazione tedesca, vi fossero dei depositi.
Non solo all’esterno della galleria, ma soprattutto all’interno: l’imbocco della galleria era usato come deposito di attrezzi, utensili e macchinari vari (troncatrici per
metalli, saldatrici…) da impiegare nella costruzione del ponte o anche per altri
usi, che potevano essere per la SCAC o per la Todt. Ricordo che la maggior parte
di essi era nuova.
9LHUDQRDQFKHXI¿FL"
$OO¶LQWHUQRGHOODJDOOHULDQRQULFRUGRXI¿FL
Storia. Epoca contemporanea
Si ricorda di Maria Bona? In un’intervista4ULODVFLDWDDOO¶$VVRFLD]LRQHGL$UFR
³$UDED)HQLFH´ODVLJQRUDDIIHUPDYDGLDYHUODYRUDWRQHLSUHVVLGHOODJDOOHULD
HGLDYHUVHUYLWRFDIIqDJOLXI¿FLDOLWHGHVFKL6HODULFRUGDFRPHLQVHUYLHQWHR
cuoca nelle cucine della mensa vicino alla galleria?
6uPHODULFRUGRPDQRQODULFRUGRLQTXHOO¶DPELWR&KHJOLXI¿FLDOLDYHVVHURXQD
mensa lì non me lo ricordo. Noi non eravamo proprio dipendenti della Todt, mangiavamo il nostro panino e basta.
Le gallerie erano profonde? È vero che venivano usate come rifugio antiaereo? Dove iniziava la parte che si era allagata5? Lo spazio rimanente poteva
contenere sia merci sia persone?
/HJDOOHULHHUDQRXQWXQQHOSURIRQGRHUDQRDOODJDWHPROWRSLLQGHQWURHTXLQGL
erano percorribili per un centinaio di metri. Erano usate come deposito ma soprattutto come rifugio. Temevamo le incursioni dei cacciabombardieri americani, che
ce l’avevano a morte con due batterie tedesche in località Ischia a 100-200 metri
dall’imbocco della galleria verso Sacco. Qui c’erano due batterie antiaeree mitragliere della FlaK6. E queste batterie aspettavano gli stormi degli aerei, che venivano fuori a nuvole dal Biaena per andare sul ponte sul Leno all’ingresso di Rovereto
o altrimenti alla chiusa di Serravalle. Questi addetti alle mitragliere continuavano
a sparare, davano fastidio, e allora venivano prima questi cacciabombardieri e
cercavano di tartassarli, ed erano quelli che facevano paura, perché facevano un
primo giro, li intercettavano, sganciavano le loro due bombe, e poi altro giro e miWUDJOLDWHDOWURJLURHPLWUDJOLDWH«*XDUGLFKHWLUDYDQJLHGqLOWHUPLQHFRUUHWWRL
FROOHJKLWHGHVFKLGHOOD)OD.WLUDYDQOHWWHUDOPHQWHJLLPLWUDJOLHULGDOOHSRVWD]LRQL
delle mitragliatrici che erano come morti, svenuti, spaventatissimi. E gli Alleati mitragliando loro, mitragliavano anche noi che eravamo al ponte, e allora dentro di
corsa in galleria, e dentro di corsa in galleria, e dentro di corsa in galleria!
'LUHFHQWHVRQRVWDWHULSULVWLQDWHOHWULQFHHHODSRVWD]LRQHVXOO¶$VPDUD7$OHL
risulta che fossero usate durante la seconda guerra mondiale?
Sì, questo mi risulta. Sono quelle due tre caverne che si trovano prima di andare
su alla località Fojaneghe, sull’Asmara. Peccato, è andato distrutto quel fabbricato, quella torretta… era un pezzo di storia. Lì ci sono queste caverne dove
quelli di Ravazzone hanno fatto per diversi anni il presepio vivente, ma questo è
DYYHQXWRLQDQQLSLUHFHQWL(TXHOOHHUDQRDGRSHUDWHSHUSURWH]LRQHSHUULIXJLR
Non credo da parte di quelli della galleria, perché non si arrivava ad andar su, lì
c’era tutta la roccia, lo sperone di roccia lì davanti. Ma per quelli di Ravazzone,
per i censiti di Ravazzone o per quelli vicini.
4
http://www.arabafenice.tn.it/attachments/article/247/Bona%20Maria.pdf.
I lavori alla galleria Adige Garda erano stati sospesi in quel periodo, per essere ripresi dopo la
¿QHGHOVHFRQGRFRQÀLWWR
6
La contraerea tedesca. Il nome deriva dal termine FlugabwehrKanone.
7
Il ponte in questione doveva sorgere sull’Adige a poca distanza da alcune trincee che conducono al caposaldo dell’Asmara, una piccola altura a Nord di Ravazzone, da cui si ha un’ampia
visuale sulla valle dell’Adige. Recentemente risistemate, le trincee sono nella proprietà della famiglia Spagnolli (www.unterritorioduefronti.com/images/stampa/adige20042014.pdf).
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35
5
Storia. Epoca contemporanea
Dietro le baracche esterne che costeggiavano la roccia, in prossimità dell’imbocco della galleria, vi erano anche altri rifugi scavati? Si potrebbe trovare
ancora qualche testimonianza secondo lei?
Non mi ricordo. So che con la SCAC si stavano facendo i progetti per la costruzione di certi bunker che erano delle botti grandi, belli, con due porte in ferro.
Però quelli venivano, così mi si diceva, interrati, prima di tutto a protezione dei
soldati ma soprattutto anche per uscire al momento del passaggio del nemico,
americani o chi per loro, e sorprenderli alle spalle. Quei bunker erano proprio un
bell’esempio di costruzione in cemento armato.
Ha avuto notizia di furti, o di qualche atto di indisciplina o di sabotaggio?
1RQULFRUGRVDERWDJJLHQRQULFRUGRIXUWLVHQRQGRSROD¿QHGHOODJXHUUD'HQWUR
la galleria ce n’era di roba, e anche costosa!
Lei vedeva spesso movimenti di camion nella zona di Mori Stazione? Vi era un
deposito di camion da quelle parti?
$ 0RUL YL HUDQR GXH GHSRVLWL GL FDPLRQ XQR HUD VXOO¶H[ SLD]]DOH GHOOD ¿HUD el
spiaz della fera /u F¶HUD OD 63((5 RI¿FLQH GL ULSDUD]LRQH FDPLRQ H GHSRVLWR
camion. In piazza, ai giardini, con i due Cameras, perché allora c’erano due Cameras che attraversavano i giardini, vi era un campo di deposito degli OM8. I Tedeschi avevano requisito tutti i camion, come ad esempio i Taurus (della OM), in
VHJXLWRSUHOHYDWLGDO&RPLWDWRGL/LEHUD]LRQHGL0RUL/DJJLDOOD6WD]LRQHQRQ
ricordo depositi di camion. Magari ci saranno anche stati.
Ha conosciuto il sig. Gilberto Di Cecco? In un’intervista9 rilasciata alla già ciWDWDDVVRFLD]LRQH³$UDED)HQLFH´UDFFRQWDGLXQPDJD]]LQRD0RUL6WD]LRQH
Sì, con Gilberto siamo andati a scuola insieme. Fra Mori Stazione e la ditta Zontini legnami, che si trovava tra la stazione e la SCAC, c’era un grande magazzino
soprattutto di materiale ferroviario. E poi, quello che non mi sono mai spiegato:
Mori era diventato un grande magazzino di ferri di cavallo. Ce n’erano a camion.
&¶HUDQROHRI¿FLQHGL0RULFKHODYRUDYDQRDFRWWLPRLIHUULGLFDYDOORF¶HUDQRJLj
QHOOHRI¿FLQHVLIDFHYDQRLIRULHVL¿OHWWDYDQRSHUIDUSDVVDUHOHYLWLSHU¿VVDUOLDOOR
zoccolo. So che in via Teatro i tedeschi avevano requisito i cavalli alla famiglia
Regolini. Era come aver tolto loro la fonte di guadagno, di vita, perché li usavano
sia per i trasporti sia per lavorare in campagna.
/H PRVWUR XQ GRFXPHQWR GDWDWR JHQQDLR FRQVHUYDWR QHOO¶DUFKLYLR
VWRULFRGHOFRPXQHGL5RYHUHWRFKHULSRUWDLOQRPHGLXQDGLWWDWHGHVFDOD
3ROHQVN\=|OOQHUGL0RQDFRFKHODYRUDYDSHUOD7RGW$FFDQWRDOODGDWDq
VSHFL¿FDWRLOOXRJR³%DXVWHOOH7LHUQRGL0RUL´/HLKDYLVWRTXHVWRFDQWLHUH"
Io mi ricordo che alle masere Chizzola, in via Battisti, dopo la chiesetta della Cau/DVLJOD202I¿FLQH0HFFDQLFKHLQGLFDXQDGHOOHSULQFLSDOLGLWWHLWDOLDQHSURGXWWULFHLQXQSULmo tempo, di automobili, e poi specializzatasi nella costruzione di autocarri e macchine agricole.
Dal 1933 l’OM entra a far parte del gruppo Fiat. Tra i modelli prodotti tra gli anni Trenta e Quaranta
YLVRQRLO/RFSRLVRVWLWXLWRQHJOLDQQL¶GDOSLIDPRVRPRGHOOR/HRQFLQRHLO7DXUXV
9
http://www.arabafenice.tn.it/attachments/article/247/Di%20Cecco%20Gilberto.pdf.
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36
8
Storia. Epoca contemporanea
sa Pia, c’era qualcosa, come anche nelle masere Galassi (detti Moscòni) e nelle
masere Ferdigandi, cioè Gazzini.
Tornando al documento della ditta Polensky & Zöllner, vi è un elenco di nomi
di persone che avevano, cito testualmente, “abbandonato arbitrariamente il
lavoro”10$OFXQL GL TXHVWL QRPL FRPSDLRQR DQFKH QHOO¶HOHQFR GHL ODYRUDWRUL
impiegati nella costruzione del ponte, nello stesso elenco in cui si legge anche
il suo nome.
Sono tutti nomi che mi sono familiari. Questi sono scappati via, come sono scapSDWRLR0DLRVRQRVFDSSDWRDOOD¿QHGHOODJXHUUDTXDQGRVLHUDFDSLWRFKHRUPDL
F¶HUDVRORGDPRULUHDVWDUHOu(UDYDPRDOOD¿QHGLDSULOHQRQFHODIDFHYRSL
Dove è scappato?
6RQRVFDSSDWRGDOOD*DOOXSSLDOOD¿QHGLDSULOHPDQFDYDQRSRFKLJLRUQLDOPDJgio, data dell’entrata degli americani a Mori, e sono scappato dritto a San Felice.
Si ricorda dell’arrivo degli americani con i caterpillar?
Quella non la dimenticherò mai. E la racconto anche ai ragazzi, quando li guido
attraverso il percorso delle trincee del Nagià Grom. Racconto che andavo a vedere se arrivavano ‘sti americani da Torbole, era l’86° battaglione da montagna…
Lì in piazza di San Felice mi ricordo che c’erano due signorine, le Girardelli, e
F¶HUD DQFKH PLD VRUHOOD DQFKH OHL VL HUD ULIXJLDWD ODVV SHUFKp IUD LO 3LSSR OD
notte, e tutto il resto, quella stava morendo dalla paura. Sono scappato su da mia
sorella mentre i miei erano qui, vivi, all’inizio di via Teatro in casa Rizzardi dove
siamo nati e vissuti. “Senti sorela, tegneme qua, che mi no stago pù lazò, son
scapà via´2UPDLODJXHUUDHUDSUHVVRFKp¿QLWD7XWWLLJLRUQLDQGDYRIXRULVRWWR
il dosso di S. Anna dove si domina il lago di Loppio e lì aspettavo gli americani,
HGqDYYHQXWRTXHOIDWWRFKHSHUPHqVWDWDOD¿QHGHOPRQGR/D¿QHGHOPRQGR
,RHUROuFRVuFKHJXDUGDYRLQJLIRUVHSHUFKpQRQPLYHGHVVHURPDFKLqFKH
mi vedeva… ad un certo momento mi si è alzata la terra sotto lo stomaco, un
ERDWRFKHVHPEUDYDYHQLVVHJLLOPRQGRHSRLVLqRVFXUDWRLOFLHORGLQHURGL
grigio. I tedeschi avevano riempito di esplosivo tutte le trincee della linea di difesa
costruita a suo tempo, durante la prima guerra mondiale, dagli Austroungarici.
Questa linea era là, sulla Bordina e sull’Altissimo, poi abbandonata perché gli
Austroungarici non ce la facevano a coprire quel fronte, e si sono ritirati qui, sul
YHUVDQWH RSSRVWR TXHOOR GHO 1DJLj *URP SHUFKp QRQ DYHYDQR SL XRPLQL H
avevano costruito altre trincee… Ha presente lo slargo dove talvolta si fermano i
camion a Loppio? Ecco, è quello che ha lasciato quella mina…. Come è andata
via la polvere ed è tornato il sole, arrivano due caterpillar, con ‘ste pale davanti,
Pagina
Archivio Storico Comune di Rovereto c/o B.C.R., Repertorio 1945 408/1 (documento dattiloscritto su carta intestata “Polensky & Zöllner – Süddeutsche Tiefbaugesellschaft München 23
Martiusstr. 8/III r.” indirizzato al Comune di Rovereto, ove è pervenuto in data 25 gennaio ‘45):
“I sottoscritti operai, dipendenti della SCAC Mori e da questa messi a nostra disposizione, hanno abbandonato arbitrariamente il lavoro. Preghiamo perciò cod. Comune di volerli invitare a
riprendere immediatamente servizio, avvertendoli che in caso diverso saranno presi severi provvedimenti a loro carico”. Segue l’elenco dei nomi e di alcune località (Lizzana, Rovereto, Sacco,
Noriglio, Marco).
37
10
Storia. Epoca contemporanea
uno a destra e uno a sinistra e i tedeschi avevan detto col cavolo che gli americani vengono su da Torbole!+DQWLUDWRJLPH]]DPRQWDJQDLWHGHVFKL«non
passan più quelli (gli americani)… Dieci minuti, dieci minuti e hanno aperto la
strada: un caterpillar sulla rampa e poi, quello mi è piaciuto, queste jeep con su
gli americani, tutti bellissimi, sul parafanghi, in piedi sul cofano, e vanno a Mori!
Mi dirigo di corsa da San Felice lungo il rio Càmeras: a quei tempi correvo come
una lepre, ho un titolo italiano dei 1500 a mio favore, e sono arrivato a Mori davanti all’Albergo Italia e gli americani, sempre sui loro cingolati e non cingolati,
FKHGLVWULEXLYDQRWUHFRVHODFLRFFRODWDODFLFFDDPHULFDQDHTXHOODSLXWLOHLO
DDT11 . Allora sono arrivati i veri liberatori, la vera liberazione: dal giogo fascista,
dal giogo tedesco, ma soprattutto dalle cimici, dalle pulci, dai pioci. Quella, per
me, allora, era stata la vera liberazione. Ma intendiamoci: senza nulla togliere ai
partigiani e alla Resistenza!
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38
'RSRODJXHUUDFKH¿QHKDIDWWRODSDUWHGLSRQWHFKHDYHYDWHFRVWUXLWR"
Dopo la guerra è stata demolita o, per meglio dire, “recuperata”. Hanno adoperato gli stessi battipali, distruggendo ciò che avevamo, avevo fatto. L’argano estraeva a colpetti il palo. Sul treno che mi portava a scuola a Trento, era inevitabile
che mi scappasse un occhio verso il mio ponte, il mio sudore.
11
Potente e, per l’epoca, “miracoloso” insetticida, il cui impiego oggi è bandito in numerosi Paesi
e comunque regolato dalla Convenzione di Stoccolma (del 2001) sotto il controllo dell’OMS. Esso
qLQIDWWLWXWW¶RUDXWLOL]]DWRLQPDQFDQ]DGLDOWHUQDWLYHHFRQRPLFKHQHOOHDUHHSLSRYHUHRYHOD
malaria è endemica.
Pagina
Un giovane (e per ora sconosciuto) lavoratore inquadrato nella Todt,
come si nota dalla scritta sulla fascia al braccio sinistro
(lastra n. 18077 del Fondo R. Parziani - Biblioteca Luigi Dal Ri)
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Storia. Epoca contemporanea
Storia. Epoca contemporanea
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40
Copertina dell’Opuscolo SCAC numero 59, Agosto 1941, anno XIX
Storia. Epoca contemporanea
1RQDYHQGRIRWRJUD¿HGHOSRQWHFKHGRYHYDHVVHUHFRVWUXLWRQHOD5DYD]]RQHDWLWRORGL
curiosità riportiamo un documento relativo ad un’infrastruttura che la SCAC aveva realizzato pochi anni prima tra Marco e Mori (1940).
Pagina
41
A pag. 13 dell’opuscolo, si vede un
esempio di battipalo a motore utilizzato
dalla SCAC nel 1940 per la costruzione,
a Marco, del ponte della Società “Industria Nazionale dell’Alluminio” e delle
FF.SS.
Lungo 86,75 m, fu realizzato in soli 83
giorni.
In basso viene immortalata una delle
fasi del collaudo dello medesimo ponte.
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PAN
Storia
Società
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43
e tradizioni
Storia. Società e tradizioni
L’INDUSTRIA DEL PANE A VALLE S. FELICE
DAL RACCONTO DI
EZIO CIAGHI ED ALTRE TESTIMONIANZE
a cura di Rizzi Vittorina e Ciaghi Barbara
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Nell’estate del 2013 Ezio Ciaghi, ricoverato all’ospedale di Rovereto, raccontò
per un’ultima volta la storia del suo forno per il pane che gli fu servitore ed amico
durante i lunghi anni di lavoro da “panetèr”. Ci teneva però a sottolineare che il
suo forno era ancora in funzione in un paese remoto del pianeta e produceva
SDQHSHUJHQWHSLSRYHUDHELVRJQRVDGLQRL
All’inizio del suo racconto egli ricordò i “pistori“ che operarono a Valle S. Felice e
GHLTXDOLHVLVWHDQFRUDPHPRULD,OSDQL¿FLRSLYHFFKLRWXWW¶RUDYLYRQHOULFRUGR
delle persone anziane, era quello di Massimo Ferrari. Il Ferrari abitava in via
XXII maggio nella casa attualmente di Felice e Germano Maffei. Lì aveva il suo
forno a cupola di mattoni rossi, che accumulavano il calore della legna per poi
diffonderlo durante la cottura del pane; essi però costituivano un’enorme massa,
che lasciava poco spazio alla camera di cottura ed esigeva eccessivo dispendio di
legna. Mediante i “se conta che ...” (si narra che ...) possiamo ancora immaginare
delle persone che, avuta la fortuna di raccattare in qualche bosco una fascina o
una sdragola de legna, si dirigevano verso il forno di Massimo per farsi cuocere il
Massimo Ferrari e la moglie Evelina
Storia. Società e tradizioni
Santo Gelmini e la moglie Pierina Noventa
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pane impastato in casa, oppure per avere in cambio dei panini molto apprezzati.
Sì, il suo era un forno alla buona che produceva pane da vendere, ma che sapeva
mettersi anche al servizio della comunità. In occasione della sagra molte donne
del paese portavano a cuocere nel forno del Ferrari torte, biscotti, brazadei,
poiché sfornato il pane, il calore ancora conservato dai mattoni era quello ideale
per assicurare loro un’ottima riuscita. Una curiosità: dopo la sua demolizione, i
mattoni rossi saranno usati per pavimentare la stalla dei Ciaghi.
Sicuramente Massimo era panettiere di Valle S. Felice già diversi anni prima
della guerra ’14-’18. In un documento dell’ex Comune di Valle si riporta infatti
che “… anche Domenico Girardelli Sindaco del Comune di Valle S. Felice cerca
di recuperare i suoi crediti. Prima della guerra il Comune aveva appaltato la
SDQL¿FD]LRQHD0DVVLPR)HUUDULHGRUDHVLJHFRURQHDQFKHVHQRQHVLVWH
più una documentazione scritta che attesti il debito” (Alessio Less, Valle S. Felice
e la sua famiglia Cooperativa).
Da quanto si può dedurre dai documenti pubblicati da Claudio Antonelli
sul Campanò del 2003, i Ferrari di Valle S. Felice erano persone attive ed
intraprendenti. Un certo Giuseppe Ferrari con lettera datata “Rovereto 27 febbraio
1798” chiede all’,PS 5HJLR 8I¿FLR &LUFRODUH ³O¶DXWRUL]]D]LRQH SHU FRVWUXLUH
un mulino su uno stabile dotato d’un canal d’acqua… ov’egli ha già da tempo
LPPHPRUDELOHHGL¿FDWRun (GL¿FLRGL6HJD´In un allegato spiega che l’erezione
di un nuovo mulino sarebbe necessaria per recare alla popolazione maggiori
VHUYLJL'HWWDLVWDQ]DWUDOHDOWUHSRUWDOD¿UPDGLXQ%DWWLVWD)HUUDULpistore che
fabrica il pane.
Raccontano che Santo Gelmini, da ragazzo, abbia lavorato ed imparato molto
bene da Ferrari Massimo l’arte di fare il pane. Dopo un’esperienza nelle pampas
Storia. Società e tradizioni
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argentine ed in Germania, Santo era alle dipendenze di un certo Vettori di Riva,
commerciante di farina e carbone. È certo che il Vettori, intuito che il giovane
aveva estro e talento per produrre buon pane, lo incoraggiò ad avviare l’attività
a Valle S. Felice. Si offrì a proprie spese di fornire ed installare nella sua casa
il forno, con la speranza che Santo avrebbe lentamente saldato il debito. (In
caso contrario il forno sarebbe sempre rimasto di proprietà del Vettori). Questo
nuovo forno portava la targa “Pietro Alimonto - Trento” mentre la sua porta era
stata costruita dalla famosa ditta Gebrüder-Oberle di Willingen. Esso funzionava
con il vapore prodotto dalla combustione di legna o carbone. Era una struttura
di mattoni molto ingombrante e, rispetto alla sua mole, lo spazio per la cottura
era veramente poco. Ad ogni modo Santo sapeva produrre dell’ottimo pane che
diffondeva il suo profumo per tutta la via; faceva spaccate (ciòpe), baguettes,
cornetti (bèchi) e kaiser semmel, un tipo di rosetta fatta a mano. Il pane di Valle S.
)HOLFH¿QLYDD5RQ]R&KLHQLVH3DQQRQHWUDVSRUWDWRDGRUVRGLPXORD0DQ]DQR
e Nomesino veniva portato con la gerla a piedi ed una parte di esso prendeva
anche la via del fondovalle, procurandogli però spiacevoli questioni con i panettieri
di Mori. La sua attività durò circa dal 1929 al 1940-’41.
Collaborarono con lui il cognato Evaristo Noventa e Giovanni Terzi detto
“Naneto”, addetto alla vendita. Santo riuscì a guadagnare, saldare il suo debito e
a comperare anche della campagna, ma per lui si avvicinavano i tempi duri della
VHFRQGDJXHUUDPRQGLDOHFRQLOFUROORGLGLVSRQLELOLWj¿QDQ]LDULHPDQFDQ]DGL
generi alimentari ed il loro razionamento.
La porta originale del forno di Santo Gelmini conservata dal nipote Lucio Girardelli
(per gentile concessione)
Storia. Società e tradizioni
Giovanni Terzi detto Naneto, collaboratore di Santo Gelmini
(per gentile concessione del sig. Alvise Romani)
Pagina
,OSDQHHURGHYDJUDQSDUWHGHOODWHVVHUDDQQRQDULDTXLQGLVLHYLWDYDLOSLSRVVLELOHGLFRPSHrarlo.
1
47
Ancora qualche passo tolto dal sopraccitato libro di Alessio Less ci può dare
O¶LGHDGLTXDOLGLI¿FROWjHUHVWUL]LRQLDQGzLQFRQWURODYHQGLWDGHOSDQH
“Il 15 gennaio 1940 inizia la distribuzione delle carte o tessere annonarie per il
razionamento dei prodotti di consumo”1 .
“Il 22 febbraio 1941 si decide di vendere a contanti pane, zucchero e farina gialla”.
“ Il 13 marzo 1942 la razione giornaliera nazionale di pane è ridotta a 150 grammi”.
Per le nostre comuni famiglie era ormai impossibile acquistare pane, ogni donna
GLYHQQH FRVu XQ¶HVSHUWD SDQL¿FDWULFH ,Q FDVD VL FRQVHUYDYD LO OLHYLWR PDGUH VL
impastava la farina del proprio frumento fatto macinare a Pannone o a Mori dal
Ragnoto, si cuoceva nelle fornelle o sul fogolar sotto una padella ricoperta di
brace e così accanto alla quotidiana polenta si aveva anche un buon pane. Però
quello di Santo rimaneva sempre una squisitezza purtroppo quasi proibita.
Ormai egli aveva ridotto drasticamente la sua produzione e ben presto fu costretto
DVRVSHQGHUODFRPSOHWDPHQWHFRVuODYDOOHULPDVHVHQ]DLOVXRSDQL¿FDWRUH
“Il 2 agosto del 1947 la Famiglia Cooperativa discute se fare il pane per il paese
HSHUWXWWDODYDOOHHDWDO¿QHVLYDOXWDVHULOHYDUHLOIRUQRGLSURSULHWjGL6DQWR
Gelmini, forno non più in funzione. Esso tuttavia risulta troppo piccolo e quindi
non conveniente. Allora si decide di acquistare il pane di Giovanni Benedetti di
Storia. Società e tradizioni
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48
Ezio Ciaghi al lavoro
Mori. Il pane sarà trasportato dal “Ragnoto” (Alessio Less, op. cit.).
Verso gli anni 1950-1951 i fratelli Bruno, Ezio e Mariano Ciaghi decisero di
DYYHQWXUDUVL QHOOD SDQL¿FD]LRQH H UHVWLWXLUH D 9DOOH 6 )HOLFH XQ SDQL¿FLR
Acquistarono così il primo forno, un forno Novecento, a Palazzolo sull’Oglio.
Esso aveva comunque lo stesso difetto di quello di Santo: una grande mole e
poco spazio cottura, neanche 8 metri quadrati di piano. A causa del cambiamento
GL XQD OHJJH (]LR GRYHWWH SDUWLUH SHU LO VHUYL]LR PLOLWDUH SXU HVVHQGR ¿JOLR
primogenito di madre vedova; tuttavia Bruno e Mariano con l’aiuto di un esperto
RSHUDLRFRPLQFLDURQRO¶DWWLYLWjGLSDQL¿FD]LRQHFKHDQGzYLDYLDFRVWDQWHPHQWH
aumentando. Verso il 1968 i Ciaghi per far fronte alle considerevoli richieste e
potenziare così la loro produzione, dovettero pensare ad un ammodernamento
GHOSDQL¿FLRD0RGHQDDFTXLVWDURQRLOIRUQRZenith, che funzionava a gasolio, un
forno moderno, automatico, con tre camere indipendenti per un totale di 12 metri
quadri di piano cottura.
Successivamente, in ottemperanza ad una nuova legge che prevedeva i
pezzi delle macchine a contatto con la pasta in acciaio inox, vennero aggiunti
un’impastatrice, una formatrice Gruppo Fornarina, una spezzatrice per spaccatine,
XQDDUURWRQGDWULFH:HUQHU)OHLGHUXQFLOLQGURSHUUDI¿QDUHODSDVWDGXUDHGXQ
FDUUHOORGLLQIRUQDPHQWR,OQXRYRHPRGHUQRSDQL¿FLRGHL)UDWHOOL&LDJKLYHQQH
pure dotato di un generatore da 12 kW dell’esercito americano proveniente
dall’Inghilterra che garantiva il funzionamento e l’illuminazione in caso di blackRXW&RQO¶DXWRPDWL]]D]LRQHODSURGX]LRQHGHOSDQHQRQQHFHVVLWDYDRUPDLSLGL
tanta manodopera: Bruno aveva già trovato lavoro presso le Ferrovie dello Stato
mentre Ezio e Mariano si assunsero pure l’onere di gestire a Ronzo-Chienis il
Storia. Società e tradizioni
I giovani panettieri cubani con il forno di Valle S. Felice
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negozio di generi alimentari con rivendita pane del cognato Eduino. Mariano si
occuperà della gestione del negozio di generi misti con rivendita pane, mentre
Ezio diventerà a tutti gli effetti il panettiere di Valle S. Felice. Egli venne aiutato nei
primi tempi da qualche operaio e successivamente da alcuni giovani del paese.
Negli ultimi anni saranno i suoi familiari ad aiutarlo nei momenti di grande lavoro.
Il forno Zenith lavorò a Valle S. Felice dal ’68 al ’94, anno in cui i fratelli Ciaghi
vennero consigliati di andare in pensione per le favorevoli condizioni INPS
GHO PRPHQWR &RQ OD FKLXVXUD GHO SDQL¿FLR OH PDFFKLQH SL PRGHUQH YHQQHUR
ULWLUDWHGDDOFXQLSDQL¿FDWRULPDSHULOIRUQRRUPDLQRQSLDOO¶DOWH]]DGHLIRUQL
industriali, si prospettava solo la demolizione. Rattristato al solo pensiero di dover
distruggere il suo forno, Ezio decise di giocare un’ultima carta: fece correre la
voce tra i rivenditori che egli intendeva donare il suo vecchio forno ad un paese
in via di sviluppo rivolgendo il pensiero ai paesi dell’Est, ma la sua donazione fu
immediatamente accolta con grande entusiasmo da un’associazione di sostegno
all’isola di Cuba, l’associazione Italia-Cuba di Trento. Questa associazione aveva
LQSURJUDPPDGDWHPSRODFRVWUX]LRQHGLXQSDQL¿FLRD-DLPDQLWDVXQTXDUWLHUH
SHULIHULFRGHOODFLWWjGHOO¶$YDQDSURJHWWROHQWRDSDUWLUHSHUODGLI¿FROWjGLUHSHULUH
i macchinari e trasportarli a causa dell’embargo.
Nell’estate del 1995 una squadra di tecnici e volontari assieme alla famiglia Ciaghi
si mise al lavoro: il forno venne smontato pezzo per pezzo ed ogni operazione
fotografata e numerata. Con i pezzi del forno ed altri macchinari fu riempito un
Storia. Società e tradizioni
Pagina
50
,OSDQL¿FLRGL-DLPDQLWDVFRVWUXLWRFRQODVROLGDULHWjWUHQWLQD
dall’Associazione Italia-Cuba
container, le operazioni di trasporto verso l’isola caraibica durarono alcuni anni,
PDDOOD¿QHLOIRUQRYHQQHVFDULFDWRGDOODQDYHQHOSRUWRGH/¶$YDQDHULPRQWDWRGDL
volontari Italia - Cuba con l’aiuto dei giovani ingegneri cubani. La preoccupazione
GL(]LRFKHLFXEDQLQRQULXVFLVVHURDULPRQWDUORVLULYHOzLQHIIHWWLVXSHUÀXDHVVL
si dimostrarono abilissimi nel recupero e riutilizzo di qualsiasi congegno, abilità
acquisita per la scarsità di materiali causata sempre dall’embargo.
,OSDQL¿FLRGL-DLPDQLWDVFRVWUXLWRLQWHUDPHQWHFRQODVROLGDULWjqRJJLXQRGHL
EHLHGL¿FLGHO0XQLFLSLR3OD\DD/¶$YDQDHODVXDOXPLQRVDLQVHJQDHVWHUQDQH
ha fatto punto di ritrovo privilegiato per i giochi dei bambini nelle lunghe e calde
serate cubane. Nell’inverno del ’98 il nipote di Ezio, Alessandro, decise di visitare
l’isola di Cuba; ebbe il piacere di constatare che il forno, seppur da poco tempo,
funzionava a pieno regime ed era esattamente tale e quale.
1HO SXUH OD ¿JOLD %DUEDUD DVVLHPH DO PDULWR VL UHFz QHOO¶LVROD FDUDLELFD
DFFROWD FRQ JUDQGH FDORUH GDOOD FRPXQLWj GL -DLPDQLWDV , QXRYL SDQHWWLHUL GHO
forno Zenith erano dei ragazzi molto giovani che non solo sfornavano pane, ma
producevano anche prodotti di pasticceria. Erano molto contenti del forno ed
erano riusciti a correggere anche alcuni difetti congeniti che esso aveva. Barbara
H0DXURWURYDURQRDOORJJLRLQFDVDGLSDQHWWLHULFKHODYRUDYDQRIXRUL-DLPDQLWDV
LQXQSDQL¿FLRFRQXQIRUQRGLPDWWRQLURVVL«
Il nostro Massimo, soprannominato “pistòr´DOOHYzEHQ¿JOL*LRYDQQL5HQDWR
Storia. Società e tradizioni
Vecchio forno a cupola di mattoni ancora conservato a Valle S. Felice
(per gentile concessione dei signori Sana Sassi e Kamal Essahi)
Forno interno
Pagina
51
Forno esterno
Storia. Società e tradizioni
Viola, Ugo, Daria, Ines, Armida, Mariota, Elena, Beatrice. Uno di loro è morto
ancora in tenera età.
Quando Bice (Beatrice) tornava da Verona al suo paese natio, raccontava spesso
come lei, ancora ragazzina, collaborava all’azienda familiare trasportando il pane,
FRQO¶DVLQR¿QRD0DQ]DQR3XUHDOHLHUDFRQVHQWLWRVDOLUHLQJURSSDDOO¶DQLPDOH
ma doveva osservare le regole della morale che non permettevano alle donne di
indossare i pantaloni. Costretta dalla gonna doveva così mettersi per traverso con
entrambe le gambe unite, ma lei, superata la chiesa ed il cimitero, luoghi degni di
rispetto, via “a Derna” non esitava a scoprire le gambe ed issarsi comodamente
sopra il suo asino.
Massimo Ferrari era persona impegnata anche nel sociale. Egli fece parte dei
primi due Consigli di Amministrazione della Famiglia Cooperativa in momenti
YHUDPHQWHGLI¿FLOLQHOIXFRQVLJOLHUHHGDODOIX3UHVLGHQWH1HO
1915, al momento dell’esodo, non gli fu consentito di partire assieme ai suoi cari,
PD IX PLOLWDUL]]DWR H WUDWWHQXWR TXL QHOOD YDOOH FRPH SDQL¿FDWRUH SHU O¶HVHUFLWR
austriaco. La moglie Evelina dovette invece emigrare da sola con tutti i suoi
¿JOL'RSRODJXHUUDRJQLVXDDWWLYLWjYHQQHWURQFDWDSHUFKpHJOLPRUuQHOD
VROLDQQL1HVVXQRGHL¿JOLSRUWzDYDQWLODWUDGL]LRQHGLIDPLJOLDHGLOYHFFKLR
IRUQRFHVVzODVXDDWWLYLWj4XDVLWXWWLL¿JOLGL0DVVLPRODVFLDURQRLOSDHVHSHU
cercarsi un’occupazione in altri parti del mondo: ben quattro di essi emigrarono in
Argentina. Chi d’ora in poi continuerà l’arte del pane a Valle S. Felice?
Pagina
52
Si ringraziano Giorgio Benoni e Piera Ciaghi per la preziosa collaborazione
Storia. Società e tradizioni
MORI NEGLI ANNI TRENTA E QUARANTA
ATTRAVERSO I RICORDI DI GIOVANNI BENONI,
FIGLIO DEL “REMÌT”, CUSTODE DI MONTE ALBANO
a cura di Paola Caneppele
La vita non è quella che si è vissuta,
ma quella che si ricorda
e come la si ricorda per raccontarla.
GABRIEL GARCÌA MÀRQUEZ, VIVERE PER RACCONTARLA
EL REMÌT - Giovanni Benoni è nato a Mori il 4 ottobre 1927. La sua famiglia,
SURYHQLHQWHGD*DUGPRHUDQRWDFRPHODIDPLJOLDGHL³5DQqUL´1. A Ronzo i suoi
bisnonni erano pastori, lavoravano la lana nella zona sopra Pannone. Si erano
trasferiti a Mori, in via Teatro, dopo aver acquistato la casa da una famiglia del
Casato Fiumi. Suo padre, di nome Domenico (HO UHPuW), agricoltore impiegato
come mezzadro (o manente2), badava alle capre e curava i castagneti. Arrotondava lavorando talvolta a Corno3 come spaccapietre per sminuzzare materiale
impiegato nell’edilizia. La madre, Maria Albina Rech, era casalinga. Per vent’anni, dal 1937 al 1957, la sua famiglia visse a Monte Albano4.
$6&82/$ - Giovanni non è mai andato all’asilo, perché allora la presenza di ciascun
componente della famiglia era richiesta nei campi, dove il lavoro non mancava praticamente mai. Aveva frequentato i cinque anni di scuola elementare e la sesta classe
a Mori5, per poi continuare con il settimo anno a Rovereto6 e l’ottavo a Trento, sempre
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Inizialmente il soprannome “Lanèri” si riferiva al fatto che la famiglia si occupava di pastorizia. Il
termine, dalla Val di Gresta a Mori, ha subìto un cambiamento dell’iniziale da L a R (rotacismo).
2
Il termine dialettale corrispondente è quello di manènt. Il sostantivo deriva dalla forma accusativa del participio presente del verbo latino mănĕo, mănes, mansi, mansum, mănēre che corrisponde
all’italiano rimanere, restare. Il manente aveva il compito di risiedere nel fondo per coltivarlo con
l’obbligo di fornire alcune prestazioni al proprietario.
3
Vasta località costituita da vigneti, campi e terreno sassoso posta a nord-ovest dell’abitato di
Tierno, a sud di Mori (voce a cura di ALESSIO LESS, pubblicata ne Il Dizionario toponomastico trentino consultabile all’indirizzo http://www.trentinocultura.net/).
4
I custodi del Santuario erano detti “i remìti” (UHPuW al singolare).
5
$0RULDYHYDIUHTXHQWDWRVRORODVHVWDFODVVHGHOO¶$YYLDPHQWRSHUFKpHUDSLLQFHQWUDWDVXOOHDWtività agricole: oltre alle ore normali di lezione, Giovanni ricorda che durante la settimana per due
mezze giornate si andava a lavorare negli orti situati tra l’asilo Peratoner e la chiesa parrocchiale
di S. Stefano.
6
A Rovereto Giovanni ci andava con la corriera che prendeva nell’allora Piazza della Fiera, l’attuale piazzale Kennedy, che era anche la fermata per il trenino della M.A.R. (Mori Arco Riva).
Parlando della M.A.R., mi cita una curiosità. Il percorso del trenino era molto articolato: oltre
53
1
Storia. Società e tradizioni
nella scuola di avviamento: entrambe si differenziavano da quella moriana perché
RIIULYDQROH]LRQLSLVSHFL¿FKHSHULPSDUDUHDODYRUDUHLOIHUURHLOOHJQR7. Prima di iscriversi a Rovereto ricorda di essere andato dal professor Gino Dal Ri per prendere delle
lezioni di tedesco e colmare così le sue lacune8.
Non era facile la vita dello studente, a quel tempo. Quando era alle scuole elementari, la mattina si doveva alzare molto presto per distribuire di casa in casa
sette o otto litri di latte fresco. Quindi doveva riportare la ramina9, il contenitore
GHOODWWHDFDVDGHOODPDGUHDI¿QFKpORSXOLVVHSHULOJLRUQRVHJXHQWHHGRSR
DYHUIDWWRFROD]LRQHSRWHYD¿QDOPHQWHUHFDUVLDVFXROD$OULWRUQRODPDWWLQDWD
VFRODVWLFDDOORUDWHUPLQDYDDOOHGRYHYDSDVVDUHLQSDQL¿FLR10 per comperare il pane. E poi, nel pomeriggio, di nuovo a scuola. Durante il fascismo ci fu
un periodo in cui era stata istituita la refezione obbligatoria, e tutti gli alunni delle
scuole elementari si ritrovavano, per pranzare, sotto l’attuale asilo Peratoner in
una sala adibita a mensa. Ricorda ancora che di giovedì si rimaneva a casa e che
invece il sabato era così suddiviso: la mattinata in classe11, il pomeriggio in piazza
per i rituali previsti dal sabato fascista.
Pagina
54
$/3$6&2/268//$3$/$ - Da ragazzo lavorava in campagna, nel bosco, o
ancora portava al pascolo le due o tre mucche che la sua famiglia possedeva
nei dintorni di Sano e le capre a Monte Albano, sulla Pala12, un ampio pianòro
a metà parete. Per condurre al pascolo le capre era necessario essere in due,
perché in alcuni punti il dislivello tra i massi era tale che occorreva sollevarle con
delle corde. Là le capre rimanevano a brucare per mesi e mesi, talvolta vi traVFRUUHYDQRDQFKHO¶LQYHUQR8QDFDSUHWWDSLYLYDFHGHOOHDOWUHDYHYDDWWLUDWROD
VXDDWWHQ]LRQHSHUFKpHUDULXVFLWDSLYROWHDVFDSSDUHGDOSLDQzUR'RSRDYHUOD
tenuta d’occhio, Giovanni scoprì un ulteriore passaggio per scendere dalla Pala,
DULGRVVRGLXQDQLFFKLDXWLOL]]DWDGXUDQWHODSULPDJXHUUDPRQGLDOHFRPHRI¿FLQD
per ferrare i cavalli13.
Mori Vecchio il tragitto prevedeva il passaggio vicino a una collinetta che si trovava in località
“Alla croce”, collinetta costituita da materiale dismesso della prima guerra mondiale. Il cumulo
raggiungeva circa i 4 metri. Proprio in prossimità del dislivello, era necessario che i passeggeri
del trenino, in inverno, scendessero dalle carrozze e lo spingessero per “aiutarlo” ad affrontare la
salita, perché le ruote slittavano. Ricorda anche che il treno andava a circa 36 km orari.
7
In base al piano di studi ogni settimana si alternavano i due laboratori, quello del legno e quello
del ferro, gestiti dalla scuola.
8
Giovanni spiega che all’epoca era obbligatorio sostenere l’esame di tedesco perché il sesto
anno svolto presso la scuola di Mori era considerato ancora scuola elementare.
9
Contenitore in rame molto capiente, dotato di coperchio e di beccuccio (caratteristiche che lo
differenziavano dal raminel). Oltre alla ramina, Giovanni portava con sé un misurino da mezzo
OLWURSHUYHUVDUHYHUL¿FDQGRODODTXDQWLWjULFKLHVWD
10
$OORUDD0RULFHQ¶HUDQRWUH%HQHGHWWL6DUWRULHLOSLDQWLFRGHLWUH3DVVHULQL
HVLVWHQWH¿QRDO
11
A scuola indossava un grembiulino nero con il colletto blu, mentre le ragazze portavano un
colletto rosa.
12
Ripiano boscoso posto a nord del Santuario di Monte Albano (voce a cura di A. LESS, op. cit.).
LUIGI DALRÌ nel testo 0RUL1RWHVWRULFKHGDOOHRULJLQLDOOD¿QHGHOOD,JXHUUDPRQGLDOHspiega che
³3DOD q XQ WHUPLQH PHGLWHUUDQHR SUHURPDQR VSHFL¿FDWDPHQWH GHOOH$OSL HG KD LO VLJQL¿FDWR GL
rupe, roccia a picco, parete verticale”.
13
A questo punto Giovanni recita la poesia “La fera de Sam Biasi a Mori” (la versione di Raffaele
Cusanelli si trova pubblicata sul Campanò del 1994, mentre nel testo di LUIGI DALRÌ, op. cit., si può
Storia. Società e tradizioni
Tornando alla sua esperienza vissuta tra i massi di Monte Albano, mi spiega che
ogni sasso aveva un nome ben preciso, ed era utilizzato come segnaletica per
orientarsi (“ne vedem al Maroc14IHQG´³WHDVSHWRDOD0zWD´15).
/$&255(17((/(775,&$ - Giovanni ricorda che nella abitazione di Monte Albano, annessa all’omonima chiesetta (la camera da letto era proprio dietro l’altar
maggiore), non c’era la corrente elettrica come invece nelle altre case della conWUDGD/DOXFHIXSRUWDWD¿QODVVVRORSHUO¶LOOXPLQD]LRQHGHOO¶RURORJLRHVVDTXLQGL
veniva accesa di sera, ed era collegata alle luci dell’illuminazione pubblica. Due
le stanze dotate di corrente elettrica: la cucina e la stalla. L’interruttore, in ceramica, era unico, ed era in cucina: un quarto di giro, e la luce si accendeva in quella
stanza, con un ulteriore scatto invece si spegneva in cucina e si accendeva nella
stalla. Quando la luce non c’era, si utilizzavano i ceri della chiesa.
'XUDQWH OD VHFRQGD JXHUUD PRQGLDOH L ¿OL FKH SRUWDYDQR OD FRUUHQWH DOO¶RURORJLR
furono tagliati per evitare che, illuminandosi, diventasse un punto di riferimento
per il nemico. A proposito degli anni della guerra, la famiglia di Giovanni utilizzava
come rifugio antiaereo un foro nella roccia, di origine naturale, collocato proprio
sotto le mura dell’antico castello che guardano verso Loppio, mura tutt’oggi visibili.
Pagina
leggere la versione del poeta Tonolli, già edita nel 1931), dedicata al mercato del bestiame che si
svolgeva ogni anno il 3 febbraio e che attirava moltissima gente, proveniente non solo dalle zone
e vallate circostanti.
14
Maroc, o marochVLJQL¿FDPDVVR6HXVDWRLQVHQVRPHWDIRULFRYXROGLUHEDORUGRLQVHQVDWR
(GIAMBATTISTA AZZOLINI, Vocabolario vernacolo-italiano pei distretti roveretano e trentino, compendiato e dato alla luce da G.B., 1856, fatto ristampare di recente, nel 2013, dalla Cassa Rurale di
0RUL9DOGL*UHVWDLQRFFDVLRQHGHLDQQLGDOODVXDIRQGD]LRQH,OWRSRQLPR³0DUzFIHQG´D
Monte Albano, viene riportato da L. DALRÌ , op. cit.
15
Dos Mota, nei pressi del Santuario, altura situata a ovest del Santuario di Monte Albano (pop.
Madòna), a est della località Mòta (voce a cura di A. LESS, op. cit.). Si legge in L. DALRÌ, op. cit.,
che “sulla sommità del Dos Mota si rizzava probabilmente una torre di cui esiste ancora un basamento di muro largo 2 metri e mezzo. Forse la torre doveva essere parte del castello di Monte
Albano”. A questo luogo è legata la leggenda del “Tesoro del Dos Motta”. Secondo la tradizione,
vi sarebbe “nascosto un tesoro che, per un certo periodo, fu custodito dal demonio” (L. DALRÌ, op.
cit.).
16
In G. AZZOLINI, op. cit., si legge che il termine equivale a sorgente, sorgiva.
17
Al ritorno da scuola Giovanni, talvolta, percorreva la salita verso Monte Albano con due secchi
pieni d’acqua.
18
In G.AZZOLINI, op. cit., viene riportata la voce liscia, in veneziano OuVVLD, acqua passata per la
cenere o bollita con essa, che serve per fare il bucato. )DUOuVVLD e OuVVLDUVLJQL¿FDQRTXLQGLIDUHLO
EXFDWR,QVHQVR¿JXUDWRIDUOuVVLDVLJQL¿FDfar ripulisti, ossia consumare ogni cosa, fare pulizia
(in GIUSEPPE BOERIO, DANIELE MANIN, Dizionario del Dialetto Veneziano, Vol. 1).
55
/¶$&48$(,/5,72'(//$/,6&,$ - Altra scomodità: a Monte Albano non vi
erano sortive16, né rivi. L’acqua era così preziosa17 che, per abbeverare gli animali, la sera da Monte Abano si conducevano le mucche alla fontana situata nella
piazzetta di via Teatro, per poi riportarle nella stalla situata dietro il Santuario,
proprio sotto le camere. Le donne, per lavare i panni, utilizzavano in parte l’acqua
piovana che veniva raccolta nel pozzo. Questa operazione si indicava con l’espressione IDUODOuVFLD18, e richiedeva tanto tempo e fatica. I panni grandi, come
ad esempio le lenzuola, si lavavano solo una volta al mese. Si mettevano a ba-
Storia. Società e tradizioni
gno con acqua e sapone, e poi venivano trasferiti in una tinozza (detta brenta19)
di legno (facendo attenzione che non fosse in legno di castagno, perché esso
colorava i tessuti) dove rimanevano nell’acqua bollente mescolata a cenere per
una notte e mezza. Poi si passava al risciacquo, operazione che di solito avveniYDQHO&jPHUDVVLVFHQGHYDGD0RQWH$OEDQR¿QRDOSXQWRLQFXLODVSRQGDGHO
rio era fornita di assi sia sulla destra che sulla sinistra, percorrendo la scaletta del
Zòchel o, da via Teatro, raggiungendo la zona vicina all’ex macello. Maria GiuliaQLPRJOLHGL*LRYDQQLDJJLXQJHFKHLOULWRUQRHUDUHVRGLI¿FLOHGDOSHVRGHLSDQQL
che non potevano essere strizzati perfettamente a mano.
/$6(&21'$*8(55$021',$/((/$72'7 - Durante la seconda guerra
mondiale nel 1942 Giovanni aveva trovato lavoro alle dipendenze dei falegnami
Filagrana di Mori, i fratelli Germano e Silvio. Si lavorava soprattutto per costruire
botti per le cantine. In seguito all’occupazione tedesca, avvenuta nel 1943, era
stato assoldato dalla organizzazione Todt20 per, come dice Giovanni, “aiutare i
cruchi21 a condurre le mucche”, provenienti dalla pianura veneta22, da S. Marco
(Tierno23 H SL SUHFLVDPHQWH GDOOH màsere24 “dei Moscòni”25 ¿QR DG $OGHQR
Si partiva alle sei o alle quattro del mattino in squadre di 12-14 uomini per il
trasporto del bestiame per evitare l’utilizzo dei treni, facile bersaglio dei cacciabombardieri o delle mitragliatrici posizionate sugli aerei. Il percorso era fatto tutto
DSLHGLHDGRJQLSHUVRQDYHQLYDQRDI¿GDWLFLUFDGRGLFLFDSL,OEHVWLDPHJLjGL
provenienza “sospetta”, subiva delle sostituzioni durante il percorso, di solito in
punti strategici, quando la strada si biforcava. Ai tedeschi interessava solo che
tornasse il numero dei capi, il totale. Questo rendeva facile la sostituzione, effettuata sempre da un responsabile dell’esercito tedesco, di animali di una certa
mole con vitellini o altre bestie di stazza minore. Gli animali venivano condotti ad
Aldeno26 cinque volte in settimana, dal lunedì al venerdì, per essere macellati e
destinati alla città di Trento. Al sabato invece la transumanza si fermava a San
La brenta è un recipiente di legno. In G. AZZOLINI, op. cit., la brenta per la liscia è chiamata anche
la conca pel bucato, o raniere. Questo contenitore era formato da legni tenuti insieme solo da cerchi in ferro (detti sérci o zérci, come quelli delle botti) che svolgevano la funzione di contenimento
quando la tinozza era piena, e che ricadevano a terra una volta che il legno si era perfettamente
asciugato. Nella parte superiore vi erano due assi che sporgevano oltre il limite per permettere
il trasporto a mano e una terza sporgenza per riporvi un’ulteriore asse, asportabile, usata come
appoggio per lavare.
20
Impresa che si occupava di infrastrutture, attiva nella Germania Nazista e nei territori da essa
annessi o occupati, che prende il nome dal suo fondatore, l’ingegnere tedesco Fritz Todt.
21
Crucco (o cruco), s. m. (f. –a, pl. m. -chi) è un adattamento del serbocroato KruhFKHVLJQL¿ca «pane». Nel vocabolario Treccani è riportato che durante la seconda guerra mondiale i soldati
italiani usavano questo appellativo per chiamare “gli abitanti della Iugoslavia meridionale con i
quali erano a contatto. In un secondo tempo fu riferito (anche nella forma cruco), dai soldati che
combattevano in Russia e poi dai partigiani, ai soldati tedeschi” (http://www.treccani.it/).
22
Erano capi che i tedeschi sequestravano ai contadini della pianura.
23
,OEHVWLDPHYHQLYDFRQGRWWRGDDOWULVHPSUHDSLHGLGDOODSLDQXUDYHURQHVH¿QRD7LHUQRGRYH
veniva controllato e trattenuto per una notte. Da qui ripartiva il giorno seguente.
24
Le màsere erano stabilimenti dove si essiccava e si lavorava il tabacco. Durante il periodo di
occupazione tedesca la Todt aveva requisito, tra le altre, le màsere dei signori Galassi.
25
Soprannome della famiglia Galassi.
26
Da Mori ad Aldeno vi sono circa 25 km!
Pagina
56
19
Storia. Società e tradizioni
Giorgio di Rovereto, nella piazza dell’attuale chiesa. Qui gli animali venivano macellati per la Città della Quercia. Dopo la consegna dei capi di bestiame, Giovanni
HDOWULVXRLFRPSDJQLGRYHYDQRWRUQDUHGD$OGHQRRGD6DQ*LRUJLR¿QRD0RULD
piedi27VRORLSLIRUWXQDWLSRWHYDQRULHQWUDUHLQELFLFOHWWD/HELFLOHSRUWDYD¿QRDG
Aldeno il signor Rizzi, che di professione faceva il tramisier28, con un carro trainaWRGDXQFDYDOOR*LRYDQQLHUDLOSLJLRYDQHGHOJUXSSRGLTXHOOLFKHFRQGXFHYD
LOEHVWLDPH,OSLYHFFKLRLQYHFHHUD/XLJL%HUWROLQLGHWWR*LJLRWL1HPRO8QDOWUR
del gruppo era Ermanno Tasini, detto Mano Polo. Quando dovevano recarsi ad
Aldeno, il bestiame veniva fatto passare per un tratto, nei pressi di Isera, lungo
le sponde dell’Adige, perché non vi erano altre vie. Poi si ritornava sulle strade di
campagna. Costeggiare la ferrovia era molto pericoloso.
Il pranzo, un misero piatto di pasta, veniva servito ad Aldeno, ed era compreso
nello stipendio che veniva pagato settimanalmente.
CURIOSITÀ - A questo punto Giovanni mi mostra le cantine della casa: tra i vòlti29, dietro una porta di legno, compare una stalla usata durante la prima guerra
dai tedeschi come ricovero per i loro cavalli (o muli). Il bordo della mangiatoia è
stato masticato, lavorato nervosamente dai denti degli animali: muto testimone
di un piccolo pezzo della storia moriana che riprende vita attraverso questa preziosa testimonianza.
Particolare della mangiatoia della stalla sita in via Teatro.
Un tempo nella parte sovrastante era posizionata una greppia (dal tedesco
.ULSSHLQOHJQRRVVLDXQDUDVWUHOOLHUDFKHYHQLYDULHPSLWDGL¿HQR
1HOODWUDYHOLJQHDVLQRWDQRLIRULDFXLHUDQR¿VVDWHOHFDWHQHGHJOLDQLPDOL
Pagina
Giovanni ricorda che tornava sempre a piedi, e che era molto pericoloso perché i tedeschi potevano fermare chiunque per “chiedergli” di svolgere altri lavori, come ad esempio riparare tratti
di strade appena danneggiate dai bombardamenti.
28
Quella del tramessièr (o tramessèr, come è riportato in G. AZZOLINI, op. cit.) era l’attività di chi
portava materiali e rifornimenti ai vari negozi o a privati. Il signor Rizzi si occupava del trasporto
del collettame coprendo la tratta Rovereto-Mori, Mori-Rovereto.
29
Il termine vòltLQGLFDLOORFDOHVROLWDPHQWHSRVWRDOSLDQRWHUUDFRQLOVRI¿WWRFDUDWWHUL]]DWRGD
volta a crociera.
57
27
Storia. Società e tradizioni
QUANDO LA PIAZZA CAL DI PONTE DI MORI
SI CHIAMAVA PIAZZA VITTORIO EMANUELE III
a cura di Paola Caneppele
In questi mesi estivi, tutti noi abbiamo notato le nuove insegne e bacheche rosse
che ci accompagnano per le vie storiche della nostra borgata. Esse ci aiutano a
visualizzare ciò che era e come si è evoluto il territorio, ricordandoci che esso è
un patrimonio in divenire.
E anche la toponomastica fa parte di questo patrimonio, benché immateriale. A
tal proposito riportiamo due documenti1 conservati nell’Archivio Storico Comunale che hanno per oggetto “Denominazione di vie e piazze pubbliche”, e che riguardano la richiesta per un cambio di denominazione di alcuni dei principali luoghi di incontro e di passaggio dell’abitato2. La revisione di questi nomi “dal sapore
UHJLR´VLDPRQHODTXDOFKHPHVHGLGLVWDQ]DGDOOD¿UPDGHOO¶DUPLVWL]LRVL
era resa necessaria, in quel periodo particolare che corrisponde all’ultimo biennio
della seconda guerra mondiale, per “cancellare l’onta del tradimento” dell’allora
re Vittorio Emanuele III. La politica si fa anche con la toponomastica e, in alcuni
casi, proprio a partire da essa.
DOC. 1 Il primo documento, indirizzato dalla Prefettura di Trento al Commissario
Prefettizio del Comune di Mori, è datato 31 marzo 19443:
“In relazione alla nota N. 694 in data 13 corr. con la quale codesto Comune
chiede l’autorizzazione al cambiamento della denominazione di vie e piazze pubEOLFKHVLSUHJDGLIDUFRQRVFHUHG¶XUJHQ]DTXDOHHUDODGHQRPLQD]LRQHXI¿FLDOH
precedente a quella attuale di dette vie e piazze”.
DOC. 2/DULVSRVWD¿UPDWDGDOO¶DOORUD&RPPLVVDULR3UHIHWWL]LRGL0RUL0DOIDWWL
in data 11 aprile 1944:
“La piazza Vitt. Emanuele III era denominata piazza «Cal di Ponte».
La piazza Savoia era denominata «piazza di Tierno».
Il viale Regina Elena (oggi viale Cesare Viesi, n.d.c.) era denominato «via Prearua»”.
1
Archivio Storico del Comune di Mori, Carteggio ed atti, 1944.
Per approfondire: VERMONDO BUGNATELLI, La toponomastica come simbolo identitario e come
strumento politico, Rilessioni introduttive al convegno, in BOA (Bicocca Open Archive), Atti del
convegno Nomi, Luoghi, Identità. Toponomastica e Politiche Linguistiche (Names, Places, Identities. Toponymy and Linguistics Policies), Cividale del Friuli, 17 - 19 novembre 2011, disponibile
online.
3
N. 2747 Gab.
2
&$572/,1('¶(32&$
Le cartoline che seguono riportano le indicazioni
“Piazza Vittorio Emanuele III” e “Via Regina Elena”
(da non confondere con il Corso Regina Elena, attuale via G. Garibaldi)
Mori – Piazza Vittorio Emanuele III e Via Dr. Valentino Peratoner
&DUWROLQD(GL]LRQH3ULPR3HULQL0RUL7LSRJUD¿D6WDELOLPHQWR'DOOH1RJDUHH$UPHWWL
Milano, anno 1925, viaggiata il 18 ottobre 1939
Pagina
59
Proprietà Edoardo Tomasi
Storia. Società e tradizioni
Mori – Piazza Vittorio Emanuele III
&DUWROLQD(GL]LRQH3ULPR3HULQL0RUL7LSRJUD¿D6WDELOLPHQWR'DOOH1RJDUHH$UPHWWL
Milano, viaggiata il 2 giugno 1943
Pagina
60
Proprietà Nicola Perini
Storia. Società e tradizioni
Mori – Via Regina Elena
&DUWROLQD(GL]LRQH3ULPR3HULQL0RUL7LSRJUD¿D6WDELOLPHQWR'DOOH1RJDUHH$UPHWWL
Milano, viaggiata il 15 maggio 1940
Pagina
61
Proprietà Nicola Perini
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PAN
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63
Personaggi
Personaggi
L’ULTIMO REGALO DI IONE
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64
a cura di Edoardo Tomasi
Lo scorso 9 maggio 2013, alla veneranda età di 101 anni compiuti e vissuti intenVDPHQWH¿QRDOO¶XOWLPR,RQH%HQHGHWWLqYHQXWDDPDQFDUHSHUOHFRQVHJXHQ]H
di una banale caduta in casa.
La signorina Ione (lei ci teneva ad essere chiamata così) era un’affezionata lettrice della nostra rivista e fu tra le poche persone che quasi 25 anni fa rispose al
questionario che la Redazione di allora aveva inserito nel numero appena uscito
per raccogliere i suggerimenti e perché no, le critiche del pubblico.
&LFROSuVXELWRODEHOODFDOOLJUD¿DHODVXDIUDQFKH]]DQHOO¶LQGLFDUHTXHJOLDUJRPHQti che riteneva dovessero avere maggiore spazio nel Campanò. Le sue osserva]LRQLHUDQRSRQGHUDWHHFLSDUYHSLFKHJLXVWRRVSLWDUHJOLDUWLFROLGLXQDOHWWULFH
FRVuDWWHQWDHSUHFLVD/D5HGD]LRQHPLLQFDULFzGLFRQWDWWDUODHTXLQGL¿VVDLXQ
appuntamento a casa sua. Abitava a Rovereto, in via Paganini, in uno spazioso
appartamento letteralmente stipato di ricordi (documenti, libri, quadri, cartoline,
HFFFKHOHLDYHYDUDFFROWR¿QGDSLFFRODHFKHOHWHQHYDQRFRPSDJQLD1RQRstante l’età avanzata sapeva trovare in un battibaleno un qualsiasi pezzo della
sua sterminata collezione destreggiandosi senza incertezze in mezzo a quintali
di carta vissuta. Riponeva in cartellette i suoi scritti, divisi per argomento, annotando a chi li consegnava o a chi aveva prestato dei documenti, denotando un
ordine ed una precisione davvero invidiabili. Mi chiedevo come facesse ad orienWDUVLLQTXHOO¶DSSDUHQWHFDRVHODULSRVWDODWURYHUHWHDOOD¿QHGLTXHVWRDUWLFROR
Ogni anno, puntualmente spediva in biblioteca i suoi elaborati, sia dattiloscritti
che manoscritti, di cui conservava sempre una copia “in archivio” per controllare
che si pubblicasse esattamente quello che aveva scritto. Le piacevano la musica e la poesia, e lei stessa si dilettava a comporre poesie in dialetto, spesso in
rima baciata, che raccontavano episodi di vita vissuta con una briosità ed una
leggerezza inaspettata in una donna della sua età. Nel caso fossero destinati alla
pubblicazione, c’era sempre da discutere con Ione per via degli accenti e dell’orWRJUD¿DQRQVHPSUHHVDWWDPDVHHUDFRQYLQWDFKHXQVRVWDQWLYRDQGDYDVFULWWR
in un certo modo, non c’era verso di farle cambiare idea.
Da diversi anni viveva sola in casa ed era quasi un’istituzione per gli abitanti del
Paganìm che spesso incrociava per strada quando usciva con puntualità svizzera per assistere alla consueta messa delle 17.00 nella vicina chiesa di Loreto.
Una fede, la sua, autentica e intensa, che dimostrava nella vita di ogni giorno imSHJQDQGRVLQHOYRORQWDULDWRHQHOO¶DLXWRDLSLGHEROLRVIRUWXQDWL,RQH%HQHGHWWL
OD¿RODGHOJLXGL]H5DJQzWRFRPHVL¿UPDYDFRPSLDFLXWDTXLQGLGLXQVHUYLWRUH
dello Stato, dedicava tempo e risorse anche ai carcerati, procurando degli apparecchi radiofonici per alleviare la loro solitudine.
Era molto devota a S. Antonio da Padova tanto che s’era assunta il compito di
Personaggi
Pagina
Ione Bendetti durante una lezione tenuta in biblioteca agli alunni delle elementari
LQRFFDVLRQHGHOO¶2WWDQWHVLPR$QLYHUVDULRGHOOD¿QHGHOOD*UDQGH*XHUUDDQQR
scolastico 1997-’98
65
curare il decoro dell’edicola marmorea dedicata a quel santo posta proprio all’angolo di casa sua, all’incrocio tra Via Paganini e Via S. Giovanni Bosco. Implorava
l’aiuto di S. Antonio ogniqualvolta aveva bisogno di rintracciare qualcosa che
aveva smarrito in casa: era questo dunque il suo sistema infallibile per orientarsi
tra le sue collezioni. Recitava una sorta di cantilena-giaculatoria che le avevano
LQVHJQDWR¿QGDSLFFRODHFKHLQL]LDYDFRQ³VLTXDHULVPLUDFXOD´%HQVDSHQGR
che anche per un bibliotecario di professione è di fondamentale importanza avere sempre la situazione sotto controllo e non perdere i libri o i documenti che gli
VRQRDI¿GDWLPLWUDVFULVVHO¶LQWHURWHVWRLQODWLQRHODUHODWLYDWUDGX]LRQHFKHTXL
SXEEOLFKLDPRJDUDQWHQGRPLO¶HI¿FDFLDGHO³VLTXHULV´/RFRQVLGHURXQUHJDORSUHzioso perché, ci crediate o no, funziona davvero!
Personaggi
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Personaggi
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Un’idea
per il futuro
Un’idea per il futuro
SCRIVERE LA STORIA DI MORI DEGLI ULTIMI CENTO
ANNI: È POSSIBILE UNA STORIA CONTEMPORANEA
DEL NOSTRO COMUNE?
a cura di Giuseppe Ferrandi
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Pubblicato nella prima edizione nel 1969 il testo del prof. Luigi Dal Ri è ancora
XQ¶RSHUDLPSUHVFLQGLELOH³0RUL1RWHVWRULFKHGDOOHRULJLQLDOOD¿QHGHOOD,JXHUUD
mondiale” è stato ed è ancora il punto di riferimento per chi voglia comprendere la
storia del nostro territorio e della nostra comunità. Quando lo lessi la prima volta
rimasi colpito dalla capacità di coniugare la ricerca rigorosa con il manifestarsi di
un profondo attaccamento alla comunità, quasi che scrivere e pubblicare quell’opera fosse innanzitutto un atto di amore e di responsabilità nei confronti della
propria borgata, delle generazioni che vi hanno vissuto, dedicata a dare senso e
prospettiva al nostro vivere civile. Rimasi altresì colpito dalla scelta di interrompere la ricostruzione con gli anni dell’immediato primo dopoguerra. Ripensandoci, e
collocando l’opera di Dal Rì nel contesto in cui venne scritta e pubblicata, penso
FKHHJOLDYHVVHGHOOHEXRQHUDJLRQL5DJLRQLGLWLSRVWRULRJUD¿FRPDDQFKHGL
complessivo approccio alla storia.
Le motivazioni della scelta dell’autore sono state esplicitate nelle poche righe
con le quali egli ha presentato la ristampa del 1987: “Non ho creduto opportuno
andare oltre la ricostruzione e la storia della borgata dopo la conclusione della 1a
grande guerra. Infatti così numerosi e consistenti sono gli avvenimenti accaduti
che si dovrebbe ricorrere ad un testo troppo voluminoso.
Penso invero che il nostro secolo abbia bisogno di una trattazione a sé stante e
condotta con altri criteri ed orientamenti storici”.1
In questa nota è mia intenzione affrontare alcune delle questioni legate, in modo
SUHOLPLQDUHDOODGH¿QL]LRQHGLXQSURJHWWRVWRULRJUD¿FRHGLWRULDOHFKHVRGGLV¿
l’auspicio di Dal Ri. Un’opera che susciti attenzione ed interesse da parte della
comunità, comunque destinataria privilegiata della “restituzione” della propria vicenda, ed in generale dei lettori appassionati di storia.
$PRQWHGHOODVFHOWDGLFRQFHSLUHWDOHSURJHWWRYDUL¿XWDWDO¶HWLFKHWWDXQSR¶ULGXWWLYDGL³VWRULDORFDOH´DIDYRUHGLXQDSLDPEL]LRVDHLPSHJQDWLYD³VWRULDDGLPHQsione locale”. Con questa seconda accezione si vuole sottolineare l’esigenza di
leggere la cosiddetta “grande storia” privilegiando una messa a fuoco circoscritta
e delimitata, propria di un ambito territoriale e/o comunitario. La “grande storia”,
segnata dalle trasformazioni epocali, da strutture ed eventi di valenza generale,
/'DOUu³0RUL1RWHVWRULFKHGDOOHRULJLQLDOOD¿QHGHOOD,JXHUUDPRQGLDOH´0RUL/D*UD¿FD
edizione voluta dalla Cassa Rurale di Mori in occasione del Novantesimo anniversario della sua
fondazione.
1
Un’idea per il futuro
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$OWUDSUREOHPDWLFDFKHPHULWHUHEEHXQDSSURIRQGLPHQWRVSHFL¿FRqTXHOODGHOODULFRVWUX]LRQH
PDWHULDOHGHOODERUJDWDQHJOLDQQLLPPHGLDWDPHQWHVXFFHVVLYLDOFRQÀLWWR
3
R. Adami, M. Bonazza, G. M. Varanini, “Premessa” al volume “Volano. Storia di una comunità”,
Rovereto, Nicolodi, 2005, p. 9.
2
71
va cercata nelle pieghe e negli ambiti apparentemente ristretti della dimensione
ORFDOH&RVuFRPHOHVSHFL¿FLWjGLXQDYLFHQGD³PLFUR´TXDQGRGLYHQJRQRRJJHWWR
di studio e di ricerca approfondita arricchiscono oltremodo il livello interpretativo
e narrativo “macro”, contribuendo a superare inutili generalizzazioni. In questa
VWDJLRQHVWRULRJUD¿FDFDUDWWHUL]]DWDGDOO¶LQWHUHVVHSHUOD*UDQGH*XHUUDqVLJQL¿FDWLYRRVVHUYDUHTXDQWROHULFHUFKHHJOLVXGLFKHKDQQRDYXWRSHURJJHWWROD
particolare situazione del Trentino possano dare un contributo decisivo per la
rilettura complessiva della Prima guerra mondiale. Si tratta delle ricerche avviate
dal gruppo roveretano di “Materiali di lavoro” a partire dagli anni Ottanta, poi proseguite e ampliatesi con l’apporto dei Musei storici che operano nella nostra proYLQFLD1RQqGLI¿FLOHFRQVWDWDUHSHUIDUHVRORXQHVHPSLRTXDQWRUHODWLYDPHQWH
SRFRVLDVWDWRGLVFXVVRHSXEEOLFDWRQHOO¶DPELWRGHOODVWRULRJUD¿DQD]LRQDOHHG
internazionale, il tema dei profughi, la questione di come, perché e con quali conseguenze sono stati spostati migliaia di civili dalle loro abitazioni verso regioni
lontane anche migliaia di chilometri. È su queste tematiche, dove ancora tanto
c’è da lavorare, che casi emblematici come quello di Mori potranno assumere un
VLJQL¿FDWRSDUWLFRODUH2 Ma potremmo fare anche altri esempi di come sia poten]LDOPHQWHYLUWXRVRLOUDSSRUWRWUDODVWRULDDGLPHQVLRQH ORFDOHHODVWRULRJUD¿D
SLJHQHUDOHJOLVWXGLHFRQRPLFR±VRFLDOLTXHOOLGHPRJUD¿FLHTXHOOLGHGLFDWLDL
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hanno costituito le “élites” delle realtà locali, il tema delle trasformazioni territoriali e della storia del paesaggio. Questioni ed ambiti dove il “caso locale” apre a
nuove prospettive di ricerca, suggerisce nuove piste e si presenta come antidoto
alla tendenza a osservare il territorio “dall’alto delle costruzioni ideale, e non dal
basso del rapporto reale tra ambiente e insediamenti umani”.3
Una considerazione a favore di un progetto editoriale dedicato alla storia contemporanea di Mori credo possa fondarsi su questa “rivalutazione” della dimensione
locale. Le condizioni di fattibilità poggiano ovviamente sul superamento del localismo, caratterizzato da uno sguardo limitato e limitante, per poter includere, al
contrario, livelli diversi, tracciando quadri d’insieme che danno il senso a ciò che
si vuole interpretare e rappresentare. Altra condizione, davvero indispensabile,
è che vi siano già dei solidi punti di partenza, ovvero che sulla storia “novecentesca” di Mori siano stati pubblicati saggi e articoli per rendere possibile un lavoro
FRPSOHVVLYRGLVLQWHVL6DSHQGRFKHVXLWHPLQRQLQGDJDWLVXI¿FLHQWHPHQWHqQHcessario impostare nuove ricerche, con l’individuazione e la consultazione delle
fonti documentarie relative.
Lo stato dell’arte è ben documentato nel patrimonio della Biblioteca comunale
“Luigi Dal Ri”. La stessa Biblioteca si è fatta carico di una serie di pubblicazioni.
Rilevante, in questo contesto, è anche il lavoro di riviste come “El Campanò de
San Giuseppe” e “I Quattro Vicariati”.
Si può sicuramente riconoscere la soddisfacente qualità di questa produzione
editoriale e il fatto che poche comunità, in Trentino, possano vantare una produ-
Un’idea per il futuro
]LRQHHGLWRULDOHFRVuDUWLFRODWDHGLIIXVD1HOORVSHFL¿FRGHOOHRSHUHVWRULRJUD¿FKHGLVLQWHVLWUDO¶DOWURYDQRWDWRTXDQWRVLDSURSRU]LRQDOPHQWHGLI¿FLOHWURYDUOH
quando la dimensione dei Comuni diventa ragguardevole, quando dal paese o
dalla piccola comunità passiamo alle realtà urbana.4
In questa sede non si pretende di esaminare e affrontare criticamente quello che
è stato pubblicato, segnalando in modo preciso i pregi o quali siano le lacune e i
limiti che caratterizzano questa produzione. Rispetto al periodo compreso tra la
Prima guerra mondiale e i primi anni Novanta, quando in modo convenzionale
VL¿VVDODFRQFOXVLRQHGHO³VHFROREUHYH´VLSXzVLFXUDPHQWHULFRQRVFHUHODULOHvanza, anche qualitativa, di studi e pubblicazioni con oggetto proprio la Grande
Guerra.5 6XO VHFRQGR FRQÀLWWR PRQGLDOH VL SXz GLUH FKH OD QRWHYROH DWWLYLWj GL
raccolta e di pubblicazione di memorie e di testimonianze permette di muovere
GHLVLJQL¿FDWLYLSDVVLLQDYDQWL6
Interessanti e validi sono i lavori dedicati alla dimensione della storia economica
e sociale della borgata. Si sono concentrati principalmente sulla storia del moviPHQWRFRRSHUDWLYRLQYLUWGHOOHPHULWRULHLQL]LDWLYHHGLWRULDOLULYROWHDOODFRPXQLWj
di riferimento per ricordare la propria vicenda da parte della Cassa Rurale e della
Cantina Sociale, ma nel contempo offrono degli spunti davvero utili per la comprensione del “caso moriano”7. Lo status di “caso studio”, relativamente a Mori,
FUHGRVLDDWWULEXLWRLQYLUWGHOODTXDOLWjHGHOODULOHYDQ]DGHOO¶HFRQRPLDDJULFROD
non dimenticando le strette relazioni tra questa e lo sviluppo, e poi il declino, della
bachicoltura e della tabacchicoltura. Solo accennato è invece il tema, di assoluto
rilievo per la storia della nostra comunità, dei processi di industrializzazione e
delle successive fasi che hanno accompagnato la storia dell’industria. Su questo
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PRGRHVVHUHFLUFRVFULWWDHQWURLFRQ¿QLDPPLQLVWUDWLYLGHO&RPXQH
Sulle grandi opere che hanno segnato il territorio un rilievo particolare è stato
dato in occasione del Centenario di costruzione alla Ferrovia MAR8, così come,
recentemente, la costruzione della galleria Adige Garda ha destato un interesse
nuovo per gli aspetti tecnico – costruttivi e per il vissuto di chi vi ha lavorato9.
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LYROXPLFKHKRSXEEOLFDWRSHUFRQWRGHOOD&DVVDUXUDOHGL7UHQWR³8Q¿XPHGLPHPRULH´³'LDULR
di una città fortezza” e “Con la guerra alle spalle”, Trento, Curcu e Genovese, 2004, 2005 e 2006.
5
Mi limito a segnalare: G. Fioroni “La Valle di Gresta e la Valle del Cameras nella Prima guerra
mondiale 1915-1918” Rovereto, Museo storico italiano della guerra, 1988 e il volume a cura di A.
Miorelli, “Senzza una metta, senzza destinazzione: diari, ricordi, testimonianze di profughi trentini
in esilio 1914-1919”, Mori, Biblioteca comunale, 1989.
6
“Mori e la II guerra mondiale: racconti dei Moriani sui bombardamenti, dai fronti e dai campi di
SULJLRQLD´DFXUDGL0%HQHGHWWL0RUL/DJUD¿FD
7
Faccio riferimento, in particolare, al volume di C. Grandi, Pastori Bassetto, G. Marocchi, G.
Meneghelli, “Mori e la sua Cassa rurale”, Mori, 1981, e ai numerosi articoli apparsi su queste
tematiche sulla rivista “I Quattro Vicariati”.
8
“MAR: storia di una ferrovia”, a cura di G. Nones, Mori, Biblioteca comunale e Riva del Garda,
Museo civico, 1993 “Atti del Convegno sulla MAR: convegno per il centenario della Ferrovia
Mori–Arco-Riva del Garda (1881-1991) “:, Mori, Biblioteca comunale e Riva del Garda, Museo
civico, 1993
9
3&DO]j³/DJDOOHULD$GLJH*DUGD´0RUL/D*UD¿FDHLOUHFHQWH**HOPL'
Riccadonna, G. Valente, “I ghe ciameva lingere de galeria. Storia degli uomini che hanno costruito la galleria Adige – Garda 1939 – 1959”, Riva del Garda, MAG, 2014.
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Un’idea per il futuro
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delle Istituzioni museali, di molti appassionati e all’apporto di alcune associazioni
FXOWXUDOLVLqLQWHQVL¿FDWDO¶RSHUDGLUDFFROWDFRQVHUYD]LRQHHUHVWLWX]LRQHGHOOH
testimonianze e della memorialistica. Seguendo la disponibilità a raccontare la
propria esperienza da parte di appartenenti alle diverse generazioni, si è riusciti
effettivamente a colmare delle lacune, allargando al secondo dopoguerra e giungendo a lambire gli anni settanta. A questo lavoro assolutamente imprescindibile,
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produrre o facilitare la produzione di memorie, è necessario ricondurre questa
D]LRQHDGXQODYRURVWRULRJUD¿FRHGLQWHUSUHWDWLYRLPSRVWDWRFRQULJRUH8QODYRro che permetta di relazionare positivamente la dimensione della memoria, con la
centralità delle testimonianze e delle fonti orali, e il “fare storia” stesso.
4XHVW¶XOWLPDULÀHVVLRQHSHUPHWWHGLDFFHQQDUHEUHYHPHQWHDOO¶LQWHUHVVDQWHSDnorama trentino delle cosiddette “storie a dimensione locale” che si sono aggiunte in questo ultimo periodo. Anche nei decenni precedenti non sono mancate
opere collettive che hanno dato contributi rilevanti e che potrebbero servire da
esempio per l’avvio del progetto editoriale sulla storia di Mori.
Complessivamente, salvo rare eccezioni, queste opere non vanno oltre la seconda metà del Novecento. Nessuna di queste si concentra sulla storia contemporanea, dando risalto alla prospettiva di “longue durée”.
Non recente, ma molto interessante, è l’opera curata da Sergio Bernardi su Besenello uscita nel 1990.10 Oltre al prestigio dei collaboratori, è rilevante la scelta
di articolare il volume in parti dedicate al paesaggio e alle forme dell’insediamento, agli uomini e alle istituzioni, con un percorso che va dalla preistoria agli anni
YHQWLGHO1RYHFHQWRODVWRULDHFRQRPLFDHVRFLDOHHGLQ¿QHOHFRVLGGHWWH³IRUPH
della cultura”.
Nel 2005 è uscito il volume dedicato alla storia di Volano, a cura di Roberto
Adami, Marcello Bonazza e Gian Maria Varanini.11 Opera di grande valore e di
LPSRVWD]LRQH VWRULRJUD¿FD ULJRURVD FKH VL VYLOXSSD D SDUWLUH GDL ULVXOWDWL GHOOD
ricerca geologica sulla zona di Volano e si sofferma, in modo particolare, sull’età
moderna. L’unico saggio che affronta il Novecento, di notevole interesse, è quello
di Andrea Leonardi dedicato ai “grandi mutamenti” tra “secolo lungo” e “secolo
breve”.
Del 2009 è “La storia di Pinè dalle origini alla seconda metà del XX secolo”, a
cura di Marco Bettotti.12 L’opera è costituita da un volume di quasi 700 pagine.
Per la storia del Novecento, e per l’attenzione che viene data agli aspetti economico – sociali, vanno presi in considerazione in particolare i saggi di Lorenzo
*DUGXPLVXOODVWRULDSROLWLFR±VRFLDOH¿QRDOODVHFRQGDJXHUUDPRQGLDOHGL&ODXdio Ambrosi intitolato “Dall’eredità contadina alla realizzazione del sogno turi-
Pagina
“Besenello. Storia e società”, a cura di S. Bernardi, Trento, edizioni UCT, 1990. Segnalo, tra gli
altri, il saggio di Rodolfo Taiani sulle condizioni igienico – sanitarie.
11
“Volano. Storia di una comunità”, a cura di R. Adami, M. Bonazza, G. M. Varanini, Rovereto,
Nicolodi, 2005.
12
“Storia di Pinè dalle origini alla seconda metà del XX secolo”, a cura di M. Bettotti, Pinè, Comune di Pinè, 2009
73
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A Bosentino è invece dedicato il volume curato da Gustavo Corni e Italo Franceschini.131HOO¶RSHUD¿JXUDQRLVDJJLGL9LQFHQ]R&DOuFKHVLFRQFOXGHFRQO¶LPPHdiato secondo dopoguerra dopo aver ricostruito i momenti salienti del passaggio
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e la vita materiale tra Otto e Novecento”, dove si utilizzano le fonti documentarie
dell’Archivio storico del Comune di Bosentino per affrontare temi quali la storia
dell’alimentazione, la situazione igienico – sanitaria, la scuola, la viabilità, la gestione dell’acqua.
Trarre delle conclusioni è davvero impegnativo. Agli interrogativi posti all’inizio di
queste pagine è necessario rispondere in modo collettivo. I primi ad essere coinvolti, credo, sono coloro che a vario titolo si occupano di storia o che comunque
fanno proprie, anche nel nuovo millennio, le “passioni” di uomini come Luigi Dal
Ri. A favore di questo impegno, e quindi anche della prospettiva di avviare un
progetto editoriale ambizioso e sicuramente faticoso dedicato alla storia contemporanea di Mori, vi è la crescente domanda rivolta a “comprenderci come comunità”, ad indagare le radici immediate del nostro presente.
13
“Nel tempo e fra la gente di Bosentino e Migazzone. Territorio, società, istituzioni”, a cura di G.
Corni e I. Franceschini, Trento, TEMI, 2010.
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