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Il marketing
concept
GLI OBIETTIVI DI QUESTO CAPITOLO
Obiettivo del primo capitolo è introdurre il concetto di marketing e illustrare come i
marketing manager e il microambiente in cui essi operano vengano influenzati dai cambiamenti del macroambiente. Gli argomenti trattati sono:
il marketing concept
le stategie di approccio al mercato
l’importanza dell’orientamento verso il cliente
l’evoluzione del marketing
gli obiettivi di questo libro
L
in bianco e nero andò in onda pubblicamente
alla Fiera Mondiale di New York del 1939.1 Già nel 1945 negli Stati Uniti erano
sorte nove emittenti televisive commerciali e nel 1950 ben 145 aziende producevano televisori. Nel 1953 la Commissione Federale per le Comunicazioni adottò uno standard di trasmissione a colori; i primi televisori a colori furono immessi sul mercato nel 1956 e oggi
quasi il 100% delle famiglie americane ne possiede almeno uno.
Nei primi anni Settanta l’Associazione delle Industrie Elettroniche (EIA), un’associazione professionale globale dei produttori di elettronica, iniziò a interessarsi al miglioramento della qualità della trasmissione a colori. La qualità dell’immagine si misura in base
al numero di linee orizzontali e verticali presenti sullo schermo: maggiore è il numero di
linee, migliore sarà la definizione. Per molti anni nel Nord America è stato adottato lo standard NTSC (National Television Systems Committee) che prevede 525 linee, un rapporto
di immagine 4:3 e 300 000 pixel (pic(ture) el(ement), componente elementare dell’immagine, nonché unità di misura della risoluzione dell’immagine). Nel resto del mondo, invece,
il sistema più usato è il PAL (Phase Alternating Line) o SECAM (Sequential Color with
Memory), che offre una migliore risoluzione dell’immagine senza tuttavia discostarsi molto
dal sistema NTSC.
In seguito l’EIA rivolse la propria attenzione alla televisione ad alta definizione
(HDTV), in grado di aumentare il numero di linee presenti sul video fino a raddoppiare la
risoluzione orizzontale e verticale, tanto da poter eguagliare per qualità la fotografia a 35mm.
Nel 1970 la NHK, l’emittente di stato giapponese, propose un nuovo standard per
l’HDTV. Introdurre un nuovo sistema però comporta l’immissione di un ulteriore tipo di
apparecchio nel quadro della produzione mondiale. L’esistenza, ad esempio, dei diversi
standard PAL, NTSC e SECAM implica che un apparecchio acquistato a Hong Kong non
A PRIMA TRASMISSIONE TELEVISIVA
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potrà essere utilizzato negli USA.2 La definizione di uno standard di prodotto determina
effetti importanti sulla competitività delle imprese di un paese a livello globale e sulla possibilità delle stesse di vendere e distribuire in tutto il mondo. Per questo motivo, nel caso
HDTV, l’azienda televisiva giapponese dovette aspettare più di venticinque anni per lo sviluppo dei nuovi prodotti.
Consideriamo adesso la situazione alla fine degli anni Novanta: gli apparecchi HDTV,
adesso chiamati televisori digitali (DTV), furono immessi sul mercato statunitense nell’autunno 1998 (la prima azienda produttrice fu la Panasonic) e la programmazione digitale
prese avvio il primo novembre dello stesso anno. Oggi i DTV hanno grandi dimensioni, lo
schermo raggiunge i 150 cm e il costo si aggira intorno ai $ 10 000. La qualità dell’immagine è sorprendente: 1080 linee per fotogramma (contro 525 dell’NTSC), due milioni di
pixel (contro 300 000) e un rapporto di immagine 16:9 (contro 4:3). Le aziende leader al
momento sono Hitachi, Thomson, Samsung, Sony e Zenith.
La Tabella 1.1 mostra la pianificazione dei tempi di introduzione della tecnologia digitale negli Stati Uniti. Oggi la tecnologia ha raggiunto questo traguardo; resta da verificare
se verrà accolta dai consumatori. In mancanza di uno sviluppo adeguato dei programmi digitali l’acquisto di un DTV, pur garantendo una migliore qualità dell’immagine nella ricezione dei programmi tradizionali, non giustifica una spesa di $ 10 000. I clienti acquisteranno
un DTV solo se riterranno che la fruizione della programmazione digitale compensi la spesa
da affrontare. Ciò significa che le emittenti televisive devono acquistare nuove attrezzature
per la trasmissione del segnale digitale (le emittenti che trasmettono via satellite prevedono
già la trasmissione digitale), ma a sua volta l’entità di questi investimenti dipende dalla diffusione dei DTV. Inoltre, i produttori di televisori stanno progettando dei decoder che, collegati a un televisore tradizionale, consentono di ricevere i programmi digitali. Il marketing
manager di un’azienda produttrice di DTV dovrà essere in grado di convincere i clienti ad
acquistare i propri prodotti, ma in che modo? È possibile che pur esistendo un’avanzata tecnologia il consumatore non sia disposto a spendere per usufruirne? Quale sarà l’influenza
delle vendite di DTV sulle vendite dei televisori analogici tradizionali finché questi ultimi
resisteranno sul mercato?3
Cercando di dare risposta a questi e molti altri interrogativi, il presente libro è stato
scritto per aiutare i marketing manager che operano sia in organizzazioni che hanno come
Tabella 1–1 La pianificazione dei tempi di introduzione della tecnologia negli USA
Maggio 1999: Le emittenti di rete dei primi 10 mercati televisivi devono trasmettere
almeno la metà della loro programmazione analogica anche in digitale.
Novembre 1999: Le emittenti di rete dei restanti 20 mercati devono trasmettere in
digitale.
Maggio 2002: Tutte le emittenti commerciali devono dare avvio alla programmazione
digitale.
Aprile/Maggio 2003: Le emittenti non commerciali devono iniziare a trasmettere il 50%
della loro programmazione analogica anche in digitale.
Aprile 2004: Tutte le emittenti devono trasmettere almeno il 75% della loro programmazione analogica anche in digitale.
Aprile 2005: Tutte le emittenti devono trasmettere tutti i programmi in analogico e in
digitale.
31 Dicembre 2006: Termine per la cessazione della programmazione analogica per tutte
le emittenti e la chiusura di tutti i canali analogici. Tuttavia questa scadenza è soggetta
a future rettifiche e al momento appare alquanto improbabile.
Fonte: The Digital Television Transition Guide (1998), pubblicata da Twice Magazine, p. 6.
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obiettivo il profitto, sia in organizzazioni no-profit a elaborare strategie di marketing più
efficaci, prendere decisioni più incisive e quindi lanciare sul mercato prodotti e servizi di
maggior successo.
Definire il marketing è estremamente difficile. Molte organizzazioni, tra cui la American Marketing Association, nonché un grande numero di autori hanno proposto differenti
definizioni di cosa sia il marketing e quali siano le competenze dei responsabili di questa
attività. L’istituzione dell’area funzionale marketing presso molte aziende sta creando una
pericolosa confusione. In alcuni casi, infatti, i manager ritengono che il marketing all’interno del sistema impresa sia rappresentato esclusivamente dai servizi curati dall’area funzionale marketing, ovvero la realizzazione di opuscoli, la creazione di slogan,
l’organizzazione di eventi promozionali e altre attività di questo genere. Questo concetto si
rivela pericoloso perché dà l’idea che gli addetti alla tradizionale area funzionale marketing siano gli unici a svolgere attività di marketing.
Ad esempio, la newsletter ai clienti di una piccola banca locale della California conteneva un articolo su una dipendente di una filiale in una cittadina vicina a San Francisco. Una
cliente aveva manifestato un grande disagio nel non riuscire a far quadrare i propri assegni
con l’estratto del conto corrente – situazione peraltro piuttosto frequente – e aveva telefonato
alla banca più volte chiedendo assistenza. Pur dovendo affrontare un lungo viaggio in automobile la cassiera ha assunto personalmente l’impegno di recarsi presso l’abitazione della
cliente per aiutarla a risolvere il problema. Ovviamente la cliente è rimasta molto colpita da
un servizio così personalizzato e sarà probabilmente cliente a lungo termine della banca.
In una prospettiva meramente organizzativa la cassiera non faceva parte dell’area funzionale marketing, ma il servizio reso ha avuto un impatto significativo sulla possibilità che
la cliente mantenga il conto presso quella banca nel lungo termine. L’impiegata peraltro non
ha svolto attività tradizionalmente considerate di marketing: non ha discusso di prezzi, dei
vantaggi di affidarsi alla propria banca, né ha cercato di convincere la cliente a fare qualcosa.
È estremamente complicato stabilire cosa sia il marketing e chi esattamente lavori in
questo campo. Diciamo piuttosto che qualunque dipendente di un’azienda in contatto (effettivo o potenziale) con il pubblico svolge un’attività di marketing, che questo rientri formalmente nelle sue competenze o meno. Chiunque possa potenzialmente acquisire o perdere
clienti è nel marketing. Questa definizione riguarda e coinvolge i ruoli più diversi all’interno delle organizzazioni, dall’addetto all’accoglienza dei clienti, all’effettivo marketing
manager che prende decisioni strategiche sui prodotti, ai responsabili della catena di produzione che cercano di assicurare una qualità del prodotto compatibile con la strategia di
marketing adottata.
Piuttosto che fornire una definizione di marketing, che si può trovare sui principali
manuali, è opportuno descrivere in quali circostanze si possano sfruttare gli strumenti e le
tecniche analizzate in questo libro. Il marketing è utile e necessario ogni qualvolta un individuo o un’organizzazione si trovino dinnanzi a una scelta. Si tratta senza dubbio di una
definizione molto vaga, ma il grado di genericità è voluto. Si possono così includere situazioni comunemente ritenute attinenti al marketing (“Quale marca di dentifricio compro?”)
e situazioni personali (“Vado in vacanza a Parigi o in visita dai parenti in Sicilia?”).
Entrambe le tipologie di situazione hanno a che fare con il marketing perché ambedue prevedono una scelta, e qualche individuo o organizzazione sta tentando di influenzare il soggetto sulla decisione finale. L’insieme delle attività che mirano a influenzare una scelta del
consumatore riguardano il marketing.4
Ciò che rende il marketing affascinante è che le decisioni sono molto diverse a seconda
dei contesti in cui vengono prese e sia chi influenza queste decisioni sia chi ne è influenzato possono avere caratteristiche molto differenti. La tipica situazione di marketing vede
il brand manager della Coca Cola cercare di convincere il consumatore a comprare Coca
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Cola light piuttosto che Diet Pepsi. Allo stesso modo la Gateway 2000 investe ingenti
somme di denaro per cercare di convincere il cliente ad acquistare un PC con il proprio
brand piuttosto che dalla Dell, la Compaq, la Hewlett-Packard o altri marchi concorrenti.
In Giappone il marketing manager della Kao convincerà il consumatore a comprare i pannolini Kao piuttosto che quelli Procter & Gamble. La Visa vorrà che vengano utilizzate le
proprie carte di credito piuttosto che le American Express o MasterCard. Infine, riprendendo
l’esempio dei televisori digitali, la Zenith dovrà convincere l’acquirente a comprare un apparecchio che non solo sia digitale, ma che abbia il marchio Zenith.
Questa è solo una delle tante tipologie di applicazione del marketing. Pensiamo ad
esempio alla campagna contro il fumo del governo statunitense, alla campagna per ridurre
gli incidenti d’auto il sabato sera realizzata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri in
Italia o alla limitazione demografica perseguita dal governo cinese valorizzando l’importanza di avere un solo figlio, o ancora ai musei che mirano a dissuadere i potenziali visitatori dal rimanere a casa o andare a vedere una partita. Studenti neolaureati dovranno
convincere i loro futuri datori di lavoro a sceglierli tra un’ampia rosa di candidati qualificati; chiese, sinagoghe e altre congregazioni religiose devono cercare di conservare e
ampliare le rispettive comunità; le aziende e gli enti locali che offrono servizi in condizioni
di monopolio cercano spesso di persuadere gli utenti a ridurre i consumi per evitare i costi
di un eventuale aumento della fornitura.
La maggior parte delle organizzazioni deve capire il marketing e ha bisogno di applicare tecniche di marketing per accrescere il numero di “clienti” che preferiranno i servizi o
prodotti dell’azienda a quelli della concorrenza. Questo spiega la pervasività del marketing
nella maggior parte delle economie avanzate: il consumatore si trova dinnanzi a un’enorme
gamma di alternative, inclusa l’opzione di non fare nulla, quindi le organizzazioni che aspirano a un successo costante e al raggiungimento degli obiettivi aziendali non possono ignorare il marketing e i benefici che possono derivarne.
Allo stesso tempo, il marketing è una disciplina estremamente complessa. Una decisione efficace non è quasi mai il risultato di una formula – come il calcolo del valore attuale
netto in finanza. Una strategia di marketing per un prodotto può essere il risultato di un infinito numero di combinazioni di segmenti di mercato, scelte di posizionamento, budget pubblicitari, prezzi e altri fattori. Tenendo in considerazione restrizioni finanziarie, le
caratteristiche del prodotto o servizio, le mosse della concorrenza e altre variabili molte di
queste combinazioni restano solo ipotetiche. Di fatto, però, il marketing manager dovrà
comunque considerare un ampio ventaglio di alternative: di solito non c’è una risposta ovvia.
Il marketing è complicato, e per rendersene conto basta osservare la lunga lista di errori
e di servizi e prodotti che dopo un successo iniziale hanno conosciuto un tremendo declino:
la New Coke, i videoregistratori Sony Betamax, il software Lotus 1-2-3, i personal digital
assistant Newton, i videodisc, la Pan American Airlines e molti altri. Alcuni di questi prodotti o servizi esistono ancora e presentano una base di fedeli consumatori o fruitori, ma
perlopiù sono scomparsi o hanno registrato un significativo calo delle vendite. Non sempre
la responsabilità è da attribuire a un operatore di mercato incompetente o disattento. Il
declino della Apple, ad esempio, è stato imputato al suo direttore generale, John Sculley,
che veniva invece ritenuto uno dei migliori esperti di marketing al mondo quando lavorava
per la PepsiCo.5 Escludendo errori elementari come l’assenza di investimenti in ricerche di
mercato, offriamo di seguito una lista dei principali motivi che rendono complesse le decisioni nel marketing:
•
a differenza del personale aziendale finanziario, contabile o della produzione, per
un marketing manager la chiave del successo è trascorrere molto tempo a discutere
con i clienti;
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•
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•
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allo stesso tempo, non sempre i clienti sono in grado di spiegare con la massima precisione che tipo di prodotto desiderano;
è difficile prevedere le mosse dei concorrenti, soprattutto se si tratta di nuovi concorrenti esteri;
spesso si possono verificare dei cambiamenti nei gusti dei clienti e nelle tendenze
della società in generale;
è difficile attuare le strategie attenendosi scrupolosamente al piano di marketing.
Il macroambiente, il microambiente e la loro dinamica sono spesso fuori dal controllo del
marketing manager. Forse proprio questa sorprendente dinamicità costituisce la minaccia
più temibile per l’attuazione delle strategie e l’utilizzo degli strumenti di marketing.
Eppure alcune organizzazioni continuano a offrire prodotti e servizi di successo; pensiamo ad esempio alla catena McDonald’s (fast food), alla Johnson & Johnson (prodotti
sanitari e per la cura del bambino), alla Nestlé (alimentari), alla Procter & Gamble (beni di
alrgo consumo), alla General Electric (prodotti industriali e di consumo e servizi finanziari)
e alla Hewlett-Packard (elettronica). Per quanto alcuni di tali successi siano il risultato di
fattori indipendenti dal marketing, tutte queste aziende sono state elogiate per le loro competenze di marketing.
La Tabella 1.2 mostra dei dati estremamente interessanti sulle aziende leader in un’ampia gamma di generi di consumo nel 1923 e nel 1983. Ben 19 delle 25 aziende leader nel
Tabella 1–2 Posizione dei marchi per quota di mercato nel 1923 e nel 1983
Marchio
posizione nel 1923
Pancetta Swift Premium
Corn flakes Kellogg’s
Macchine fotografiche Eastman Kodak
Frutta in scatola Del Monte
Cioccolato Hershey
Strutto per dolci Crisco
Latte in scatola Carnation
Chewing gum Wrigley
Biscotti Nabisco
Batterie per torce Eveready
Farina Gold Medal
Mentine Life Savers
Vernice Sherwin-Williams
Carta Hammermill
Tabacco per pipa Prince Albert
Rasoi Gillette
Macchine da cucire Singer
Magliette Manhattan
Bibite Coca-Cola
Zuppe Campbell
Sapone Ivory
Copertoni Goodyear
Tè Lipton
Sapone da toletta Palmolive
Dentifricio Colgate
1
1
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1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
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1
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1
1
1
1
posizione nel 1983
1
3
1
1
2
2
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
top 5
1
1
1
1
1
2
2
Fonte: Advertising Age (1983), “Study: majority of 25 leaders in 1923 still on top”. 19 settembre,
p. 32
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1923 conservano questa posizione ancora nel 1983! Questi dati provano che, pur essendo
il marketing un’attività profondamente creativa, molto può essere insegnato e tramandato
all’interno del tessuto dell’organizzazione. Possiamo paragonare l’azienda a una squadra di
calcio dotata di un grande talento: nello sport come nel marketing la chiave del successo è
una severa formazione di base. Uno degli obiettivi di questo libro è fornire le basi che
daranno alle naturali abilità creative del lettore l’impostazione del marketing.
CHE COS’È IL MARKETING CONCEPT
“Marketing concept” è un termine molto difficile da tradurre in italiano in modo efficace.
Per marketing concept si intende qui l’attitudine dell’impresa a porre al centro della sua
attività il cliente e a organizzare le risorse con l’obiettivo primario di mettere a fuoco le
richieste e i bisogni del cliente e offrire prodotti e servizi che li soddisfino.
Sono state formulate molte definizioni di marketing concept e il concetto stesso si deve
al contributo di molti esperti.6 Tuttavia l’espressione più efficace per rendere l’importanza
dell’orientamento al cliente è quella fornita dal celebre guru del management Peter Drucker:7
Esiste una sola definizione di obiettivo aziendale: creare il cliente.
Secondo Drucker infatti l’obiettivo di un’azienda non è il profitto ma il cliente, dal momento
che il profitto si ottiene servendo il cliente in modo più soddisfacente rispetto alla concorrenza.
Questo concetto è stato elegantemente riformulato dal noto teorico di marketing Theodore Levitt:8
L’obiettivo di un’impresa è creare e conservare i propri clienti. Per raggiungere tale scopo
bisogna produrre e distribuire beni e servizi che soddisfino le richieste del cliente e che
rispetto alla concorrenza presentino prezzi e condizioni attraenti per un numero di clienti
sufficiente a rendere possibili tali condizioni.
Il marketing concept, dunque, nel proporre la focalizzazione sul cliente abbraccia anche l’aspetto – talvolta non percepito – dell’orientamento alla concorrenza e della realizzazione di
un profitto.
Quest’ultimo punto riveste una notevole importanza se si considera che spesso il marketing concept viene interpretato come l’obbligo di “soddisfare il cliente a tutti i costi”, concetto spesso sintetizzato dall’affermazione “il cliente ha sempre ragione” – secondo la quale
non esisterebbe quindi un cattivo cliente. Invece le cose stanno diversamente. Secondo il
marketing concept l’azienda dovrebbe servire solo determinati gruppi di clienti, e anzi
respingere quelli il cui soddisfacimento non reca alcun profitto.9 Il tempo e le risorse economiche impiegati per servire alcune categorie di clienti non sono compensati in termini di
profitto per l’azienda, e ciò spinge ad esempio società quali AT&T e Citibank ad allontanare questi utenti.
Il caso della AT&T
La società di telecomunicazioni AT&T adotta una strategia in linea con il principio
appena esposto. Quando un utente contatta la compagnia chiedendo informazioni sul servizio extraurbano la chiamata viene trasferita a uno dei tanti nodi telefonici. A questo punto
il sistema telematico dell’azienda identifica la chiamata, riconosce il numero telefonico del
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CHE COS’È IL MARKETING CONCEPT
cliente e lo associa alla rispettiva bolletta. Se l’importo mensile per le telefonate extraurbane è elevato la chiamata riceverà un trattamento privilegiato (l’utente potrà parlare con
un operatore). Altrimenti, se l’importo è al di sotto di un valore prestabilito – che al momento
è di $ 3 al mese – la chiamata sarà trasferita a un servizio più automatizzato.
Per la compagnia non ha importanza che un trattamento gestito da voci computerizzate
possa scoraggiare il cliente e indurlo a cambiare gestore. È stata infatti calcolata una perdita annua di circa 500 milioni di dollari dovuta ai 15-20 milioni di clienti che effettuano
poche chiamate extraurbane e recano invece all’azienda costi notevoli per l’acquisizione, il
saldo dei pagamenti e la fornitura dei servizi. Questa strategia si dimostra dunque in perfetta sintonia con il marketing concept.10
Oggigiorno il marketing concept e l’orientamento al cliente sono concetti essenziali
non soltanto nelle decisioni di marketing, ma in ogni attività aziendale. Vari tipi di organizzazioni si sono rese conto che offrire prodotti e servizi di ottima qualità non è sufficiente:
per avere successo e raggiungere gli obiettivi si deve scoprire cosa vuole il cliente e rendere
l’offerta più accattivante di quella dei concorrenti. Come accennato in precedenza, si tratta
di un progetto difficile e ambizioso, ma a partire dai sostenitori delle teorie di Total Quality
Management degli anni Ottanta11 fino ad arrivare agli autori che oggi insistono sull’importanza per le aziende di porre l’accento sul valore a lungo termine della relazione con il
cliente,12 si è sollevata una voce unanime sull’importanza della focalizzazione sul cliente.
Strategie di approccio al mercato
La premessa che la chiave del successo di un’azienda risieda nella focalizzazione sul cliente
può sembrare ovvia. Eppure da una analisi empirica del comportamento delle imprese è
possibile individuare quattro approcci differenti al mercato (vedi Figura 1.1), tre dei quali
non sono compatibili con il marketing concept descritto in precedenza.
Una prima strategia, che potrebbe essere definita di orientamento alle vendite, si basa
sul principio “ciò che si produce si vende”. Si tratta di norma di un approccio definito, anche
dalla letteratura italiana, di tipo push. In queste organizzazioni l’attività di vendita riveste
un ruolo centrale, invece il marketing si limita di solito alla produzione di materiale pubblicitario, al coordinamento di eventi promozionali e ad altre attività collaterali. Normalmente poca attenzione viene destinata all’ascolto del cliente, né ci si sforza di capire quali
siano i suoi bisogni e le sue richieste. L’obiettivo principale è vendere il maggior numero
di beni e raggiungere i livelli di vendita indicati nel budget. L’interesse risiede nel volume,
non nei profitti; si vende indistintamente a ogni tipo di cliente, i prezzi sono flessibili e si è
disposti a offrire crediti e sconti pur di concludere l’affare. Si cerca insomma di dare al
cliente tutto ciò che vuole anche se questo va contro i suoi interessi a lungo termine.
A tutti sarà certamente capitato di entrare in contatto con organizzazioni di questo tipo.
Le inattese e indesiderate chiamate di promotori telefonici che propongono offerte impossibili da rifiutare sono un chiaro esempio di questo approccio al mercato. I venditori al dettaglio che stanno sicuramente partecipando a concorsi di vendita o cercando di trarre profitto
dalle promozioni dei produttori danno l’impressione di non avere a cuore il bene del cliente,
Strategie di approccio al mercato
Orientamento
alle vendite
Orientamento
alla tecnologia
Orientamento
al cliente
Orientamento
al mercato
Figura 1–1
Strategie di approccio
al mercato
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il che spesso riflette uno scarso investimento nella formazione del personale. Si tratta
comunque di un chiaro segnale della politica dell’azienda nei confronti del cliente.
Un secondo approccio al mercato che si riscontra nella realtà è definibile Techonolgy driven (orientamento alla tecnologia). In questo caso all’interesse per le vendite si accosta una
focalizzazione sui gruppi di ricerca e sviluppo (R&S), che elaborano i prodotti e li affidano
poi al marketing e alle vendite perché siano proposti al consumatore. L’evoluzione tecnologica rende il prodotto sempre migliore, ma il problema non risiede nella qualità della tecnologia. Il punto è piuttosto che non sempre la tecnologia va incontro alle richieste dell’utente.
Un caso esemplificativo è l’immissione sul mercato dei personal digital assistant (PDA).
Il termine fu introdotto dalla Apple nel 1992 quando lanciò il Newton, un computer palmare
con interfaccia a pennino con le funzioni di organizer, memo e fax. Molte altre grandi
aziende quali Motorola, AT&T, Sony e Casio vedendo in questo mercato un enorme potenziale hanno investito ingenti risorse economiche nello sviluppo del prodotto. Eppure il Newton è stato un fallimento. Infatti il prodotto non era in grado di soddisfare i bisogni dei
consumatori: 13 il Newton era un piccolo gioiello tecnologico, ma il cliente non era disposto a spendere oltre $ 500. E questo non è stato l’unico fallimento nel mercato dei PDA, che
si è rivelato decisamente meno attraente del previsto. Le cause di questo insuccesso sono
state esposte in breve da uno dei pionieri nel settore, Jerry Kaplan, che fondò la GO (che,
in seguito agli investimenti della AT&T, ha assunto la denominazione EO) già prima dello
sviluppo del Newton:14
Riprendendo in esame le vicende della GO – EO nel loro insieme si è tentati di addurre il
fallimento a errori di management, a un’azione aggressiva della concorrenza e all’indifferenza di grandi partner aziendali. Ma pur non negando l’importanza di questi fattori il progetto avrebbe avuto un altro esito se fossimo riusciti a creare un prodotto utile, dal prezzo
ragionevole e che andasse incontro a un’effettiva richiesta del mercato.
Da quanto sopra pare evidente che una impresa può disporre di una tecnologia avanzata ma
ciò non significa avere automaticamente anche un gruppo di clienti disposti ad acquistare,
ed è proprio questo il rischio che si presenterà ai produttori di DTV.
Uno degli esempi più conosciuti di un prodotto ottimo sotto il profilo tecnologico ma che non ha incontrato le richieste del cliente è il Sony Betamax.15 Il mercato
dell’home video cominciò a svilupparsi nel 1971, ma l’attuale sistema standard di
videoregistrazione, il VHS, fu introdotto solo nel 1976. Oltre ai formati VHS e Betamax furono proposti l’InstaVideo della Ampex e l’U-matic della Sony. Il Betamax
nacque nel 1975, dopo il fallimento dell’U-matic, e un anno abbondante prima del
VHS. Non solo era precedente al VHS, ma tecnologicamente era anche ritenuto superiore. A che cosa si deve dunque il fallimento? Dopo le esperienze dell’InstaVideo e
dell’U-matic, con il Betamax la Sony introdusse sul mercato il primo formato di
videoregistrazione compatto, leggero ed economico. Un punto di forza era il segnale
portante a banda più larga rispetto al VHS; gli appassionati della videoregistrazione
ritennero infatti che il Betamax offrisse una qualità dell’immagine superiore. Anche
un più alto rapporto segnale/rumore contribuiva alla migliore definizione dell’immagine; alcuni critici si chiesero se il consumatore potesse effettivamente notare questo
miglioramento, ma alla fine la qualità superiore del formato Beta fu generalmente
riconosciuta.
A fare la differenza è stata invece la capacità di registrazione, di appena un’ora
per le cassette Beta contro le sei ore di quelle VHS. Nello sviluppo del prodotto la
Sony si era concentrata sull’aspetto tecnico ignorando le preferenze del consumatore.16 La RCA, pensando a una possibile collaborazione con la Sony, condusse delle
ricerche e scoprì che la capacità di registrazione minima richiesta dal cliente era di
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almeno due ore. L’azienda decise pertanto di non concludere l’accordo e di aspettare
un partner che producesse un formato con maggiore capacità di registrazione.
La Sony lanciò il Betamax nel 1975. Nonostante la RCA e altre aziende quali la
Panasonic si inserissero nel mercato con un anno di ritardo, con l’ingresso della concorrenza la Sony vide crollare la propria quota di mercato dal 100% nel 1975 a un
misero 28% nel 1981. In seguito, pur offrendo una maggiore capacità di registrazione,
il formato Beta non riuscì a risollevarsi perché il VHS era ormai diventato lo standard.
Gli apparecchi con il formato Beta, che resta tuttora il sistema preferito dagli appassionati, sono oggi quasi scomparsi.
Per la Sony quest’esperienza fu traumatica. Aver fallito nel tentativo di introdurre
uno standard lontano dalle richieste del cliente è stato un duro colpo; si è persino detto
che l’azienda avesse seriamente considerato l’ipotesi di abbandonare il mercato dei
prodotti di consumo. Un’ulteriore dimostrazione che le tecnologie più avanzate non
sempre portano l’impresa a un successo di mercato.
Il terzo tipo di approccio al mercato può essere definito market driven. In questo caso
l’azienda attribuisce fin troppa importanza al marketing, e investe ingenti risorse economiche in test e ricerche di mercato finché il prodotto non viene rifinito nei minimi particolari.
Questa tipologia di azienda rappresenta il cliente ideale per i consulenti in ricerche di mercato: il budget è alto e si impiegano tutte le tecniche esistenti, vecchie e nuove. Queste
aziende preferiscono basarsi sui bisogni attuali del cliente piuttosto che correre dei rischi
cercando di anticiparli; le figure professionali che, con maggiore frequenza, operano in queste aziende sono i brand manager, gli associate manager e gli assistant brand manager, con
un processo decisionale gerarchico. Le imprese che operano con un approccio market driven sono i grandi produttori di beni di largo consumo, quali ad esempio la Procter & Gamble e la Kraft. I maggiori successi di queste aziende sono stati registrati nella diversificazione
delle linee di prodotti già esistenti (ad esempio con l’introduzione di nuovi gusti o profumazioni) piuttosto che nel lancio di una nuova categoria di prodotti.
Il principale problema che queste imprese devono affrontare è la scarsa reattività nel
rispondere ai cambiamenti del mercato. La Coca-Cola Company era già sul mercato da quasi
100 anni quando introdusse finalmente un nuovo prodotto con il marchio, la Coca Cola light,
che si rivelò un vero successo. Ma quando uscì la Coca Cola light la categoria delle bibite
senza zucchero era già sul mercato da molti anni. Oggigiorno, con la tendenza alla riduzione dei livelli gerarchici in azienda, con l’introduzione di team multifunzionali per l’elaborazione dei nuovi prodotti e un generale snellimento dell’area funzionale marketing
all’interno dell’azienda, l’approccio di tipo market driven si individua con minor frequenza.
L’orientamento al cliente
Dopo aver analizzato gli altri tre approcci aziendali al mercato cerchiamo di capire come
opera un’organizzazione orientata al cliente. Innanzi tutto è importante capire cosa il cliente
non vuole:
Il cliente non vuole acquistare prodotti. L’acquisto implica sempre un costo. Il cliente compra il prodotto per i benefici che può trarne.
Per capire come la propria azienda possa orientarsi verso il cliente bisogna tenere conto
di una distinzione fondamentale: l’azienda vende automobili, il cliente acquista autonomia
nel trasporto, prestigio e divertimento. L’azienda vende reti informatiche, il cliente acquista la possibilità per i propri dipendenti di condividere agevolmente dei documenti e mandare e-mail. L’azienda vende detersivi per il bucato, il cliente acquista abiti puliti e
profumati. La banca offre mutui, il cliente acquista una casa.
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CAPITOLO 1 IL MARKETING CONCEPT
Un’azienda orientata al cliente sa bene che c’è una differenza tra il prodotto fisico
spesso descritto dagli ingegneri e il prodotto acquistato dal cliente. Le aziende vendono i
benefici connessi ai prodotti, quali la velocità dei microprocessori, i tassi di interesse, l’identificazione delle chiamate e l’ABS; il cliente acquista un processore più veloce, la possibilità di comprare una macchina nuova, il vantaggio di sapere chi ci sta telefonando e
maggiore sicurezza in automobile. Il compito del marketing è capire quali sono i benefici
ricercati dal cliente, tradurli in prodotti e poi riconvertire il servizio o prodotto fisico in termini di benefici, appetibili per il cliente.
L’orientamento al cliente di un’organizzazione può essere descritto anche in termini di
relazione a lungo o a breve termine con il cliente. Il marketing è stato spesso accusato di
indurre l’acquirente a comprare qualcosa che in realtà non vuole. Tutti ci saremo trovati in
questa situazione qualche volta, ma ciò che conta è se abbiamo riacquistato il prodotto o
scelto nuovamente quella marca e come ne abbiamo parlato ad altri. Come abbiamo sottolineato in precedenza, il marketing concept consiste nel creare e ri-creare i clienti. È raro
che un prodotto abbia successo senza avere generato soddisfazione per il cliente. Altra
accusa frequente, rivolta in particolare alle aziende quotate in Borsa, è quella di avere un
orientamento al profitto di breve termine. Una simile strategia non è in linea con l’orientamento al cliente; infatti i responsabili dell’area funzionale marketing dovrebbero essere – e
spesso sono – in contrasto con i manager dell’area funzionale finanza.
Un esempio di conflitto tra la finanza e il marketing è offerto dall’acquisizione da parte
di Kohlberg, Kravis e Roberts (KKR) nel 1987 della società R.J. Reynolds mediante una
operazione di leveraged buyout. Negli anni Ottanta, e persino negli anni Novanta, quando
un’azienda veniva rilevata o venduta i marchi di proprietà venivano valorizzati come immobilizzazioni immateriali iscritte nello stato patrimoniale attivo del bilancio. Dalla prospettiva del marketing il problema è che solitamente nell’acquisizione di una società si trascura
l’attenzione per il cliente. Nel caso di R.J. Reynolds l’azienda, che produceva tabacco, ha
risentito profondamente della gestione del nuovo management KKR. Se un’azienda viene
rilevata attraverso una operazione di leveraged buyout diventa indispensabile per il management generare un flusso di cassa positivo per estinguere i debiti accesi per l’acquisto della
azienda. Di contro, investire per la ricerca dei nuovi bisogni del cliente assume un’importanza secondaria. Negli anni successivi all’acquisizione i rispettivi marchi leader dell’impresa acquisita (Winston, Camel e Salem) subirono gravi perdite di quota di mercato contro
la Marlboro di Philip Morris, la Kool di Brown & Williamson e gli altri marchi con prezzi
più competitivi. Non è semplice essere orientati al cliente se l’obiettivo principale è mantenere un certo margine di profitto e produrre liquidità. Un altro modo per verificare se una
azienda è orientata al cliente ed è capace di stabilire relazioni di lungo termine con il cliente
è analizzare come essa reagisce in una situazione di crisi.
La Johnson & Johnson è un esempio di azienda orientata al cliente, se si analizza
la reazione alle crisi del 1982 e 1986 dovute a decessi per avvelenamento da Tylenol.
Nel 1982 sette consumatori morirono dopo aver ingerito capsule analgesiche di Tylenol extra-forte piene di cianuro. I Laboratori McNeil, la divisione della Johnson &
Johnson che produce il Tylenol, ritirarono immediatamente il prodotto e distribuirono
in breve tempo una nuova fornitura provvista di confezioni a prova di manomissione.
Nel 1986 un’altra donna fu avvelenata da una capsula alterata. Nuovamente la McNeil
subito ritirò il prodotto e poi decise di interromperne la produzione. In entrambi i casi
la quota di mercato del Tylenol si è risollevata grazie alla pronta reazione dell’azienda.
I clienti sono stati rassicurati dall’impressione che la McNeil e la Johnson & Johnson
antepongano il consumatore e il rapporto a lungo termine tra l’azienda e il consumatore al profitto a breve termine.
L’azienda automobilistica tedesca Audi (controllata della Volkswagen), invece, non ha
avuto una risposta analoga alla crisi del 1986, quando fu accusata da alcuni enti governa-
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tivi statunitensi di non aver rivelato un possibile difetto del modello 5000. Si trattava di una
“accelerazione improvvisa” che si manifestava quando il cambio automatico passava dalla
modalità folle alla retromarcia o alla marcia avanti. La situazione peggiorò quando il difetto
fu notato e discusso dal famoso programma televisivo 60 Minutes, e in seguito quando la
Audi negò l’esistenza di un problema sistematico e attribuì la responsabilità al cattivo uso
del consumatore. Non avendo intrapreso un’azione incisiva volta alla tutela del cliente la
Audi ottenne una grande pubblicità negativa. Il risultato fu un crollo delle vendite da circa
74 000 unità nel 1985 a 23 000 nel 1988.17
Infine è utile esaminare l’atteggiamento di un’azienda nei confronti dei costi di marketing. La pubblicità viene considerata un investimento a favore del marchio che genera un
valore per il cliente o semplicemente un costo per l’organizzazione? E per quanto riguarda
gli investimenti nel servizio assistenza clienti? La Federal Express ha investito centinaia di
milioni di dollari nell’assistenza, dall’iniziale sistema telefonico agli attuali terminali PowerShip, i software FedEx Ship e il sito Web che consentono al cliente di verificare in ogni
momento dove i beni spediti si trovano. Molti osservatori attribuiscono il successo della
azienda alla capacità di distinguersi dai concorrenti (UPS, DHL, Emery, U.S. Postal Service) per l’alto livello del servizio assistenza clienti.
È possibile sintetizzare quanto sopra in alcuni punti:
•
•
le aziende orientate al cliente sanno che il cliente ricerca benefici, non prodotti. Il
compito del marketing è tradurre questi benefici in prodotti e servizi che siano più
soddisfacenti di quelli della concorrenza così da realizzare un profitto;
le aziende orientate al cliente investono principalmente nel cliente e nel soddisfacimento del cliente a lungo termine.
In che modo un’azienda può raggiungere questo tipo di orientamento al cliente? Ecco
una serie di suggerimenti:18
•
•
•
le informazioni sui fattori significativi che influenzano l’acquisto dovrebbero essere
fornite a tutte le funzioni aziendali. I risultati delle ricerche di mercato dovrebbero
essere condivisi non solo dal personale dell’area marketing e dalla forza di vendita,
ma anche dalle aree funzionali di produzione, R&S, dai progettisti e da tutti coloro
che intrattengono un contatto con il cliente;
le decisioni strategiche e tattiche dovrebbero essere interfunzionali e interdivisionali. Spesso i marketing manager di una divisione entrano in competizione per la
distribuzione delle risorse con le altre divisioni. È fondamentale, invece, essere in
grado di evitare questi conflitti perché ciascuno raggiunga il massimo successo. Inoltre, è necessario che le diverse aree funzionali dell’impresa siano coinvolte nei processi chiave quale lo sviluppo di un nuovo prodotto. Spesso al giorno d’oggi gli
addetti al marketing, alla R&S e al servizio assistenza clienti lavorano insieme allo
sviluppo di nuovi prodotti;
manager che rivestono cariche differenti e che lavorano in divisioni diverse dovrebbero prendere decisioni coordinate e attuarle con impegno e responsabilità. Ad esempio, la decisione di introdurre un sofisticato sistema informativo telematico per poter
meglio soddisfare i bisogni del cliente non è legata a un singolo prodotto, ma
potrebbe essere adottata a livello dell’intera azienda.
La Tabella 1.3 presenta un questionario che vi aiuterà a determinare se la vostra azienda è
orientata verso il cliente.
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Tabella 1–3 Questionario di verifica per l’orientamento al cliente
1. È facile trattare con la nostra azienda?
È facile contattarci?
Siamo rapidi nel fornire informazioni?
È facile effettuare un ordine?
Facciamo promesse ragionevoli?
2. Manteniamo le promesse?
Per le prestazioni dei prodotti?
Per le consegne?
Per l’installazione?
Per la formazione?
Per i servizi?
3. Ci atteniamo agli standard stabiliti?
Nello specifico?
In generale?
Conosciamo gli standard?
4. Siamo reattivi?
Sappiamo ascoltare il cliente?
Riusciamo ad interagire con il cliente?
Interroghiamo il cliente sulle sue
motivazioni?
Adottiamo un trattamento
personalizzato?
5. Riusciamo a collaborare?
Condividiamo le responsabilità?
Condividiamo le informazioni?
Collaboriamo nel prendere
le decisioni?
Sappiamo dare soddisfazione?
Fonte: Benson P. Shapiro (1998), “What the hell is ‘market oriented’?” Harvard Business Review, 88
(novembre-dicembre), pp. 119-125.
Una prospettiva alternativa
Dopo l’esempio del Sony Betamax citato poc’anzi, la filosofia aziendale esposta da Akio
Morita, tra gli ultimi illuminati direttori generali della Sony, che riportiamo qui di seguito
non desterà alcuna sorpresa:19
Preferiamo guidare il pubblico verso i nuovi prodotti piuttosto che lasciarci guidare dalle
richieste del consumatore. Il pubblico non sa cosa è possibile realizzare, noi sì. Allora al
posto di dedicarci a grandi ricerche di mercato ci concentriamo su un prodotto e il suo utilizzo e poi cerchiamo di creare un mercato per le nostre proposte educando il pubblico e
avvalendoci di un’efficace comunicazione.
Un libro di grande successo scritto da G. Hamel e C.K. Prahalad ci fa notare che i consumatori non hanno mai richiesto telefoni cellulari, fax, fotocopiatrici per uso domestico,
lettori di compact disc, sportelli bancomat e altri prodotti e servizi che invece negli ultimi
anni hanno riscontrato un enorme successo.20 Dunque in futuro per assumere la leadership
del proprio settore un’azienda dovrà essere in grado di indirizzare il consumatore piuttosto
che lasciarsi guidare dalle richieste di quest’ultimo. Per esplicitare il concetto il libro fornisce lo schema cartesiano riportato in Figura 1.2, dove ai due assi corrispondono le tipologie di cliente (servito, non servito) e le richieste del cliente (articolate, non articolate). Lo
schema mostra che oggi la gran parte delle imprese coglie solo le opportunità racchiuse nel
terzo quadrante (clienti serviti, bisogni espressi). Ci si limita cioè alla realizzazione di prodotti che soddisfano determinate categorie di consumatori e che vengono sviluppati basandosi sulle esigenze emerse dai sondaggi e dai focus group, esigenze che queste categorie di
clienti hanno saputo descrivere in modo chiaro ed esaustivo. Hamel e Prahalad vogliono
dimostrare invece che per un’azienda la grande maggioranza delle opportunità di sviluppare una crescita innovativa e sostenuta si trova negli altri tre quadranti, e per i due terzi in
settori che il consumatore non è in grado di concettualizzare. Queste possibilità rimangono
pertanto aperte ai concorrenti che oseranno puntare sull’intuito.
Questa prospettiva è stata ripresa anche da una rivista, nel 1995, in un articolo intitolato
provocatoriamente “Ignora il tuo cliente”.21 Alcuni esempi di prodotti sviluppati senza il supporto delle ricerche di mercato sono la minivan della Chrysler, il Systempro Compaq (il primo
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Figura 1–2
Il pericolo di lasciarsi
guidare dal cliente
Non espressi
Espressi
Bisogni del consumatore
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Fonte: G. Hamel
e C.K. Prahalad (1994),
Competing for the Future
(Boston: Harvard Business
School Press).
Area di mercato
coperta
dalle imprese
Serviti
Non serviti
Tipologie di consumatori
server di rete per PC), la Urban Outfitters (catena di dettaglianti di abbigliamento e arredamento all’avanguardia destinati alla gioventù metropolitana). Esempi di prodotti che invece
nonostante grandi ricerche di mercato si sono rivelati un fallimento sono la New Coke, l’hamburger dietetico McLean della McDonald’s e la pizza ipocalorica della Pizza Hut.
Le leggi della probabilità impongono che, indipendentemente dall’entità degli investimenti nelle ricerche di mercato, alcuni prodotti risulteranno vincenti mentre una percentuale
ben più alta sarà un fallimento. Ma l’importante è capire che un forte orientamento al cliente
non porterà a vere innovazioni. Allora, se il marketing concept può solo portare a miglioramenti marginali del prodotto (ad esempio per la diversificazione di una linea di prodotti già
esistente), fino a che punto è utile? Come conciliare questi punti di vista apparentemente
opposti?
Consideriamo le due componenti dell’R&S, la ricerca e lo sviluppo. Quest’ultima attività altro non è che la parte del processo in cui, dopo aver ideato un modello, si sviluppa il
prodotto vero e proprio. La ricerca di base verso i nuovi traguardi della scienza e della tecnica, quali ad esempio il microprocessore progettato dai Laboratori Bell, una migliore comprensione delle catene di DNA, la tecnologia degli schermi ultra-piatti e i DTV, verrà
effettuata indipendentemente dalle prospettive commerciali immediate o dalla possibilità di
generare benefici per il cliente. L’orientamento al cliente, invece, è un elemento critico nella
fase di sviluppo, ed è necessario che all’interno dell’organizzazione vi sia una persona dotata
di un certo intuito per riconoscere le eventuali prospettive commerciali del nuovo prodotto.
A questo punto l’azienda dovrebbe chiedersi: “Siamo in grado di produrre televisori ad alta
risoluzione che trasmettono immagini paragonabili a fotografie; come possiamo realizzare
un prodotto che incontrerà il favore dei consumatori?” La risposta del cliente è una componente essenziale quando si passa dalla ricerca allo sviluppo.
Un esempio. La Bernoulli box della Iomega, una periferica per PC per il salvataggio della memoria di massa con cartucce estraibili da cinque pollici e un minimo
di 44 megabyte di memoria, era stato un discreto successo. Tuttavia la domanda
restava scarsa perché il costo era elevato ($ 500) e perché la Iomega non era riuscita
ad avere successo nel mercato dei cosiddetti OEM (Original Equipment Manufacturer). In pratica l’azienda non era riuscita a convincere i produttori di PC a includere
la Bernoulli box nei loro computer, come avviene invece per i tradizionali floppy disk
da 3 pollici e mezzo e 1,44 MB. Senza condurre alcuna ricerca sul consumatore la
Iomega e altre aziende progettarono dei dischetti di dimensioni standard ma con la
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capacità dei dischetti Bernoulli. A quel punto, prima di sviluppare un nuovo drive,
realizzarono 1000 interviste e istituirono 100 focus group, quindi elaborarono lo Zip
drive, che con un costo di soli $ 150 consente l’utilizzo dei dischetti estraibili da 100
megabyte: dalla sua uscita nel marzo 1995 ne sono state vendute più di un milione di
unità. Forte del successo dello Zip drive la Iomega sviluppò anche il Jaz drive, con
una capacità di un gigabyte.
In altre parole, il marketing concept non riguarda solamente il soddisfacimento delle
richieste espresse e contingenti.22 Anche un marketing manager che intuisce una nuova concezione di prodotto che può potenzialmente soddisfare i bisogni non espressi dei consumatori, e che decide di svilupparla tenendo sempre presente questo obiettivo, è in perfetta
sintonia con il marketing concept.
Infine, dobbiamo tener presente che non sempre il consumatore sarà in grado di esprimere che tipo di prodotto vorrebbe, soprattutto se si tratta di nuove tecnologie. Come disse
Morita, il cliente non può spiegare che prodotti vuole perché non sa cosa è possibile realizzare, ma può sempre esprimere le proprie sensazioni in termini di esigenze e benefici
ricercati. I consumatori non hanno mai richiesto telefoni cellulari o fax, come ci hanno fatto
notare Hamel e Prahalad. Eppure domandando a un potenziale acquirente se gli piacerebbe
poter chiamare i bambini a casa dall’automobile quando resta imbottigliato nel traffico probabilmente la risposta sarebbe affermativa. E alla domanda: “Le piacerebbe poter trasmettere istantaneamente documenti non confidenziali da un luogo a un altro?”, la risposta
sarebbe nuovamente: “Sì.” Il fallimento della New Coke non si deve a una mancanza di sincerità da parte del consumatore sul gradimento del prodotto, ma a un errore di valutazione
commesso dall’area marketing, che ha ritirato la Coca Cola tradizionale dal mercato, piuttosto che affiancare semplicemente il nuovo prodotto all’originale. Non solo è determinante
quale domanda si pone al cliente, ma anche come la si pone.
Un caso interessante (ma forse apocrifo) riguarda lo sviluppo del coltello elettrico della
General Electric nel 1948. La commissione di valutazione era entusiasta del concetto che
stava dietro al prodotto: si trattava di uno strumento elettrico – e pertanto in sintonia con gli
altri elettrodomestici dell’azienda –, il costo al dettaglio era di soli $ 10, era efficiente quasi
come un coltello tradizionale e facile da usare. Ma secondo gli esiti delle ricerche di mercato il pubblico non sembrava interessato all’acquisto, così il progetto fu accantonato. Nel
1954 un nuovo direttore generale della sezione piccoli elettrodomestici rispolverò le vecchie proposte che erano state abbandonate prima di raggiungere il mercato. L’idea del coltello elettrico gli piacque immediatamente, vedendolo come un regalo perfetto per degli
sposi o dei parenti acquisiti. Il prezzo era adeguato, non era impegnativo e sarebbe stato
usato raramente. Le ricerche hanno ampiamente confermato queste intuizioni e il prodotto
ha avuto un lungo ciclo di vita.
Riassumendo, l’orientamento al cliente (o customer driven) e l’orientamento al mercato (o market driven) non sono incompatibili con la creazione di prodotti innovativi. È
compito del marketing manager saper esporre i concetti in modo accessibile per il cliente,
ovvero in termini di benefici. Non sempre il cliente saprà dire quali prodotti vuole e desidera, ma sarà invece sempre in grado di esporre i problemi che incontra con i prodotti già
esistenti e i benefici che spera di trarre da un prodotto nuovo.
L’EVOLUZIONE DEL MARKETING
Negli ultimi anni il macroambiente e il microambiente sono stati sconvolti da significativi
cambiamenti che hanno influenzato anche l’elaborazione delle strategie e dei piani di marke-
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ting e il marketing stesso. In alcuni casi il cambiamento interessa un aspetto ben preciso,
come ad esempio la rapida diffusione del direct mail come tecnica di comunicazione con
privati e aziende (l’argomento verrà ripreso nel Capitolo 9). Inoltre, l’incisivo sviluppo delle
tecnologie di base continua a incoraggiare la nascita di nuovi prodotti e processi in molti
settori, tra cui le biotecnologie, le telecomunicazioni e la robotica.
Un tema ricorrente di questo libro, tutavia, sono le ripercussioni di quattro fattori determinanti, le cui conseguenze si estendono pressoché a ogbi aspetto del marketing. Questi fattori sono:
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•
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l’incremento degli investimenti nei sistemi informativi e nell’information technology da parte delle aziende e degli intermediari dei canali di distribuzione;
la rapida diffusione di Internet, in particolare del World Wide Web;
la crescente tendenza alla globalizzazione dell’economia;
l’importanza della relazione di lungo periodo con il cliente, anche attraverso l’utilizzo dei database.
La diffusione dell’information technology
Nel 1995 le aziende statunitensi investirono una somma esorbitante – più di 200 miliardi di
dollari – nell’acquisto di hardware per lo sviluppo di sistemi informativi basati perlopiù sul
cliente.23 Sempre negli Stati Uniti nel 1996 circa il 97% delle vendite delle catene al dettaglio di alimentari veniva registrato da scanner elettronici. Questo sistema si sta diffondendo
rapidamente anche in Europa, dove catene di vendita al dettaglio quali Sainsbury e Tesco
cercano di ottenere informazioni più precise sull’andamento delle vendite di determinate
marche o categorie di prodotti per le proprie politiche di vendita e per i produttori. Questa
tecnologia si sta affermando anche nei discount e nei convenience store.
Grazie a quest’innovazione si possono raccogliere più informazioni con maggiore rapidità,24 e se ciò si deve in parte al miglioramento delle telecomunicazioni e dell’informatica,
anche la crescente competitività sul mercato gioca un ruolo non indifferente. I piccoli punti
vendita di alimentari devono essere più efficienti se vogliono competere con le grandi catene
distributive; non possono permettersi di occupare i pochi scaffali di cui dispongono con prodotti che non si smerciano rapidamente. Allo stesso tempo i produttori devono essere in
grado di dimostrare che il proprio marchio vende più della concorrenza e dovranno lavorare con i dettaglianti per aiutarli ad accrescere i loro profitti.25
Ne consegue che un ingente flusso di denaro circola nei sistemi informativi basati sulle
transazioni (TBIS, Transaction-Based Information System) e nei sistemi EDI (Electronic
Data Interchange), termine più generico per indicare lo scambio di informazioni elettronico. L’aumento degli investimenti nell’EDI su scala mondiale è stato stimato intorno al 2025%.26 Questi sistemi ricevono tutte le informazioni disponibili in una transazione mediante
terminali POS (point-of-sale), che hanno ormai sostituito i vecchi registratori di cassa, e le
mettono a disposizione di molti intermediari presenti nel canale di distribuzione perché il
processo decisionale sia più efficiente ed efficace. Aziende quali la Wal-Mart, la Safeway,
la Nintendo, la General Electric e la American Greetings si avvalgono di queste tecnologie
per gestire i loro archivi, mettere alla prova nuove proposte e conoscere meglio il comportamento del consumatore per poterlo servire con maggiore efficienza. Il volume delle informazioni raccolte è così ampio che alcuni studiosi ritengono che attualmente il processo
decisionale si svolga in tempo reale grazie all’istantanea disponibilità di informazioni e per
l’esigenza di agire tempestivamente.27
Alcune di queste tecnologie vengono impiegate anche in contesti globali:28
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in Italia l’Istituto Bancario San Paolo-Imi (analogamente a molte altre banche) offre
ai propri clienti la possibilità di fare la spesa utilizzando la carta Bancomat; l’importo viene detratto direttamente dal conto corrente;
la British Airways consente ai passeggeri di acquistare gli articoli duty-free direttamente dal proprio posto a sedere sull’aereo grazie a un sistema di computer palmari
che riconoscono le carte di credito. I dati vengono trasmessi via satellite e la merce
viene spedita presso l’albergo ove alloggia il cliente;
la SuperTag, una joint-venture tra un’azienda sudafricana e una britannica, ha applicato una targhetta magnetica a ogni prodotto che può essere acquisita mediante uno
scanner direttamente dal cliente al momento dell’acquisto.
La diffusione dell’information technology non si limita comunque a queste applicazioni. Le aziende stanno affrontando ingenti investimenti in servizi di diverso genere, tra
cui operazioni di assistenza clienti, la compilazione di database più efficienti che consentano di rivolgersi a segmenti di mercato circoscritti, e sistemi che aiutino il personale di vendita nelle presentazioni ai potenziali clienti offrendo informazioni sempre aggiornate sulla
concorrenza. I marketing manager saranno sempre più influenzati dalla quantità di informazioni disponibili, dalla velocità alla quale possono essere trasmesse e dal modo in cui
possono essere aggregate per consentirne un utilizzo mirato a un processo decisionale più
efficiente ed efficace.
Il crescente impiego dell’information technology è alimentato dallo sviluppo del personal computer (PC). Nel 1997 sono stati venduti 100 milioni di televisori e ben 90 milioni
di PC, e in molti prevedono un sorpasso nelle vendite dei PC rispetto ai televisori.29 Due
delle principali beneficiarie di questo intenso sviluppo del mercato sono state le aziende leader nella produzione di PC (Compaq, Dell e IBM) e il principale fornitore dei sistemi operativi per PC, la Microsoft.30 Tuttavia, la vera guida dell’ascesa dei PC è l’incredibile
aumento in potenza del “cervello” del computer, il microprocessore.
La combinazione di un’eccezionale potenza di calcolo e dimensioni ridotte non solo ha
fatto esplodere le vendite di PC distruggendo virtualmente i minicomputer e rendendo i calcolatori centrali obsoleti per molte applicazioni, ma ha anche fatto nascere l’industria dei prodotti multimediali, che si basa sulle numerose possibilità di sfruttamento del microprocessore:
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calcolatori: PC, server (per reti telematiche), computer portatili e palmari;
strumenti di comunicazione: telefoni cellulari, cercapersone, telefoni intelligenti;
periferiche: stampanti, scanner, macchine fotografiche digitali, proiettori con lo
schermo a cristalli liquidi (LCD), fax, fotocopiatrici e attrezzature per videoconferenza;
dispositivi elettronici per uso personale o domestico: videocamere, lettori CD,
impianti satellitari.
Il PC, insomma, è alla base della rivoluzione dell’information technology, che ha avuto un
profondo impatto sul marketing, sull’economia e sulla società in generale.
La rapida diffusione di Internet
La nascita di Internet risale agli anni Sessanta, ma il suo potenziale commerciale si è rivelato solo con lo sviluppo del World Wide Web (abbreviato in WWW, altrimenti detto il Web
o semplicemente la Rete). Sostanzialmente il Web è una rete di “pagine” (documenti connessi da collegamenti ipertestuali) nelle quali aziende (ma anche altre organizzazioni e pri-
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vati) possono condividere informazioni, comunicare con i clienti, ricevere informazioni dai
clienti, effettuare transazioni e inviare messaggi, prodotti e servizi personalizzati ai propri
clienti. Grazie all’utilizzo di insiemi non lineari di documenti contenenti informazioni di
varia natura di detti ipertesti, di collegamenti intelligenti che consentono di spostarsi agevolmente da un sito a un altro, di motori di ricerca grazie ai quali si possono cercare informazioni digitando una o più parole chiave e varie modalità di pagamento, tra cui le carte di
credito e il denaro elettronico, il Web è diventato un’area di grande interesse per il marketing.31
Ogni giorno la Dell Computer Corporation vende in rete PC per un valore approssimativo di dieci milioni di dollari negli USA e due milioni in Europa. Rapportate al mercato
globale complessivo queste cifre non sono esorbitanti, ma il potenziale è enorme se consideriamo che ogni giorno il numero degli utenti della Rete in tutto il mondo va aumentando.
Il fenomeno dello sviluppo di Internet e del commercio elettronico non può essere sottovalutato, anche se oggi la crisi di molte imprese che hanno creato modelli di business
basati sul Web ha segnato un ripensamento delle potenzialità e delle prospettive di crescita
per il futuro.
Il Web non è l’unica innovazione apportata dalle tecnologie basate sui PC che ha
influenzato il rapporto tra il venditore e il consumatore. Con la diffusione dei computer, in
particolare dei computer multimediali dotati di CD-ROM e modem, sta aumentando anche
la popolarità dei servizi Internet offerti previa iscrizione; ne è un esempio America Online
(AOL), che consente, tra le altre cose, di consultare gli orari dei voli e registrare le prenotazioni, acquistare un’ampia gamma di articoli e discutere la performance di un prodotto
con altri consumatori. Una famiglia di Chicago, San Francisco e altre città statunitensi può
fare la spesa da casa utilizzando un software della Peapod Inc. Il servizio consente di effettuare una ricerca entro determinate categorie merceologiche in base a caratteristiche quali
prezzo, apporto calorico, quantità di zuccheri presente nel prodotto e dimensione della confezione. Società automobilistiche quali la BMW inviano regolarmente CD-ROM contenenti
filmati sui nuovi modelli e dati sulle automobili prodotte dalla BMW e dalla concorrenza.
Lo shopping virtuale consente ai ricercatori di mercato di simulare con grande verosimiglianza il comportamento dell’acquirente in un supermercato reale.
Queste tecnologie informatiche sono un esempio di quello che viene chiamato CME
(computer-mediated environments).32 In generale definiamo CME un legame tra uno “sponsor” (cioè un venditore) e un “utente” (cioè un consumatore) che preveda:
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l’impiego dell’information technology;
feedback (ovvero interazione);
un approccio personalizzato.
Un CME non offre necessariamente agli utenti libero accesso e la possibilità di comunicare.
AOL, ad esempio, è un servizio a sottoscrizione, ma nella maggioranza dei casi la Rete consente libero accesso ai servizi. Sia il Web che AOL, al contrario di Peapod, consentono la
comunicazione tra gli utenti.
La Rete offre agli operatori di marketing una grande varietà di applicazioni, ma principalmente si pone come:
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un mezzo di comunicazione. Molte aziende pagano i siti Web perché facciano comparire il proprio banner di sponsorizzazione. Spesso si tratta di semplice pubblicità
tradizionale, ma di solito facendo clic con il mouse sull’annuncio si viene collegati
al sito ufficiale dello sponsor, dove si potranno trovare informazioni più dettagliate;
un canale di distribuzione. Sono state effettuate molte stime sulle dimensioni del
mercato delle transazioni telematiche. Molte aziende vendono con successo i loro
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prodotti via Internet in tutto il mondo. Fra queste la Land’s End, azienda di vendita
al dettaglio via catalogo, la Southwest Airlines, il sito di aste telematiche eBay e il
club di vini Virtual Vineyards;
un mezzo di diffusione di informazioni su prodotti e servizi. Quasi tutti i siti aziendali includono informazioni sulle linee di prodotti e indicano a chi rivolgersi per
ulteriori informazioni; spesso vengono incluse anche le prime informazioni nella
fase di lancio dei nuovi prodotti e informazioni utili di altro genere. Un esempio ci
è offerto dalla Hewlett-Packard e dalla Gateway 2000, che si occupa di vendite
dirette di PC;
un supporto tecnico. Il cliente può spesso ricevere assistenza tecnica dallo staff dell’azienda inviando i propri quesiti per e-mail tramite il sito ufficiale.
La Figura 1.3 mostra parte della home page della Intuit, l’azienda produttrice di
software conosciuta per il programma Quicken, adoperato per gestire gli acquisti della famiglia. Nel sito ritroviamo le quattro categorie generali delle applicazioni della Rete.
Figura 1–3
Il sito Web della Intuit
Intuit, Inc.
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L’EVOLUZIONE DEL MARKETING
Due tecnologie legate a Internet sono l’intranet e l’extranet. L’intranet è una rete
interna aziendale alla quale si accede dall’esterno solo con dei codici speciali (le barriere
fra l’intranet e l’esterno sono chiamate firewall). Il vantaggio dell’intranet è la possibilità
di collaborare pur non essendo geograficamente vicini, condividendo ad esempio informazioni su una nuova campagna pubblicitaria. Il prodotto finito, compreso di animazioni, può
essere poi spedito via intranet per una group discussion; decisamente un passo avanti rispetto
al fax. L’extranet è una rete telematica che collega un’azienda ad altre organizzazioni, quali
ad esempio gli intermediari del canale distributivo. Anche in questo caso dei firewall proteggono la rete da una fruizione non autorizzata. L’extranet viene realizzata, ad esempio,
per condividere informazioni con agenzie pubblicitarie, per ottenere feedback sul cliente e
per fornire agli intermediari del canale distributivo informazioni aggiornate sul prodotto.
La crescente globalizzazione dell’economia
Al giorno d’oggi non è possibile lanciare un prodotto sul mercato senza curarsi dei mercati
esteri. Persino negli Stati Uniti, il Paese con l’economia più grande al mondo, i marketing
manager pensano a come lanciare i propri prodotti sui mercati esteri e si preoccupano dei
concorrenti esteri che si affacciano sul mercato. Spesso la carta vincente è la joint-venture,
e la partnership tra la Xerox e la Fuji Photo Film Company, che prosegue ormai da più di
30 anni, ne è un perfetto esempio: la Fuji distribuisce in Giappone le fotocopiatrici Xerox.
Il miglioramento dell’informazione reso possibile dai progressi nelle comunicazioni e
dalla maggiore esposizione a strumenti di marketing quali la pubblicità ha portato a un
aumento dei consumatori su scala mondiale, facendo quindi crescere la domanda di beni e
servizi. Dunque, quando un mercato interno diventa maturo e si riduce il suo potenziale di
crescita, si dovranno ricercare nuove opportunità sui mercati esteri. Nonostante la dottrina
stia discutendo su come il marketing debba affrontare i consumatori di diversi paesi e aree
geografiche e rapportarsi alle loro origini storiche e culturali, non vi sono dubbi sul carattere globale del marketing management.
L’esigenza di confrontarsi con problematiche di marketing globale si manifesta in una
fase in cui quasi tutti i settori a livello mondiale si trovano di fronte a profondi cambiamenti
dell’ambiente politico ed economico, e ciò crea nuove opportunità per i global player.
Offriamo di seguito un elenco di alcuni dei cambiamenti più significativi:
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con l’introduzione dell’Euro dal primo gennaio 1999 l’Europa si è mossa verso una
moneta unica, che agevola il flusso di beni e servizi oltre i confini e favorirà la crescita delle economie di alcuni paesi dell’ex-blocco orientale quali l’Ungheria e la
Polonia. A ciò si aggiunge una base industriale già ampia e sofisticata nelle maggiori economie del continente, Germania, Gran Bretagna, Francia e Italia. Questo
rende i paesi dell’Unione Europea il secondo mercato al mondo per dimensioni;
lo scioglimento dell’Unione Sovietica e la crescente democratizzazione della Russia generano nuove opportunità di mercato. Molti imprenditori stanno realizzando
infrastrutture economiche e finanziarie che aiuteranno il Paese a modernizzare i
sistemi di distribuzione e comunicazione se non vi saranno agitazioni politiche e
sociali;
nonostante la crisi del 1998 e 1999 in Asia si stanno creando molti nuovi mercati
nelle economie emergenti. I nuovi mercati dell’India, del Vietnam e della Thailandia stanno diventando terreno fertile per gli investimenti dei paesi occidentali e dell’Asia orientale (Giappone e Corea), che si aggiungono alle potenze asiatiche
emergenti (Singapore, Malaysia e Indonesia) e a quelle più tradizionali (Hong Kong,
Giappone, Taiwan e Corea). Potenzialmente la Cina potrebbe far impallidire tutti que-
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sti mercati; molte aziende, tra cui anche la Procter & Gamble, stanno cercando di
creare un mercato dei beni di consumo in questo Paese, che ospita sì la popolazione
più numerosa del mondo, ma che presenta infrastrutture estremamente carenti;
l’America latina è un mercato emergente, nonostante abbia dovuto affrontare e continui in alcuni casi ad affrontare delle crisi economiche e politiche ricorrenti.
Questa è solo una rapida visione d’insieme della global economy. Lungo tutto il libro
verranno analizzati e discussi i problemi e le opportunità che si presentano agli operatori
del mercato globale.
Il valore della base di clienti
Molte ricerche hanno dimostrato che è più oneroso per l’impresa acquisire nuovi clienti che
mantenere quelli esistenti. Questi ultimi infatti conoscono già i prodotti, ne sono soddisfatti
(almeno in linea ideale) e hanno già familiarità con il marchio. Per convincere un acquirente ad acquistare i nostri prodotti o servizi abbandonando quelli della concorrenza si dovrà
ricorrere a un incentivo finanziario (una promozione che riduca i prezzi) o a un programma
di comunicazione particolarmente efficace studiato appositamente per il segmento di mercato al quale ci si rivolge. Entrambi gli approcci impongono però costi elevati.
Allora qual è la novità? I marketing manager si stanno rendendo conto che non solo è
più produttivo mirare a conservare i clienti, ma che anzi, considerando i vantaggi nel lungo
termine, ci si deve impegnare su questo fronte più che in passato. Molto è stato scritto sul
valore del ciclo di vita del cliente, ovvero il valore corrente del flusso di ricavi derivante
potenzialmente da ciascun cliente. Molti operatori hanno tradizionalmente riconosciuto nella
transazione la realizzazione dei loro sforzi di marketing, ma i marketing manager del terzo
millennio dovranno puntare piuttosto sul rapporto tra l’organizzazione e il cliente quale
risultato finale di una strategia di marketing di successo.33 Infatti conservare un maggior
numero di clienti riuscendo a soddisfarli meglio dei concorrenti significa garantire prodotti
di successo nel lungo termine.
In altre parole, il valore del ciclo di vita del cliente è un modo di quantificare il valore
di un prodotto o servizio. Due prodotti con gli stessi livelli di vendita nell’anno corrente
possono avere valori del ciclo di vita del cliente differenti: il prodotto di un’azienda che si
basa su acquirenti incostanti (a bassa fedeltà di marca) avrà un valore del ciclo di vita del
cliente decisamente inferiore rispetto a quello di un’azienda con una clientela ad alta fedeltà
di marca.
Il marketing orientato alla relazione con il cliente abbraccia diverse attività, tutte mirate
a incrementare il valore del ciclo di vita del cliente Tra queste ricordiamo:
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database marketing. Per essere competitiva un’azienda deve avvalersi di database
esaustivi che consentano di offrire servizi migliori e correlare i propri prodotti ai
rispettivi target. I database vengono compilati in base a transazioni, sondaggi, documenti di garanzia e altre fonti; avvalendosi di questo prezioso strumento prodotti
tradizionalmente commercializzati per il mercato di massa sembreranno studiati per
il singolo cliente – da qui l’espressione personalizzazione di massa.34 La Levi
Strauss ha adottato questa strategia con la linea di jeans da donna, dal taglio e la
vestibilità studiati sulle esigenze delle clienti; la Andersen Windows consente ai
clienti di disegnare le proprie finestre presso il rivenditore grazie a un programma
di design, e di inviare direttamente lo schizzo allo stabilimento di produzione. La
diffusione dei database è strettamente legata alla rivoluzione della information technology, che sta influenzando notevolmente il marketing;
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GLI OBIETTIVI DI QUESTO LIBRO
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customer satisfaction. Un obiettivo fondamentale per molte organizzazioni è continuare a soddisfare il cliente, anche quando il prodotto o servizio è identico a quello
offerto dalla concorrenza. Per raggiungere questo risultato l’azienda punta sull’ottimizzazione del servizio di assistenza clienti (l’argomento verrà trattato nel Capitolo 14) e sul miglioramento della qualità del prodotto o servizio. Grazie al TQM,
citato in precedenza in questo capitolo, si è riusciti a innalzare il livello di qualità
medio del prodotto in molti settori, ad esempio in quello automobilistico. Ciò ha
portato a un più alto tasso di customer satisfaction.
Possiamo dire quindi che uno degli obiettivi principali di un marketing manager è fare leva
sulla base di clienti esistente creando un’alta fedeltà di marca e ponendo quindi le basi per
alti tassi di riacquisto.
GLI OBIETTIVI DI QUESTO LIBRO
Al termine di questo libro il lettore sarà in grado di rispondere alle seguenti domande:
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Di che cosa si occupa un marketing manager? Come è organizzato il marketing?
(Capitolo 2)
Quali sono le componenti di una strategia di mercato? Come posso elaborare una
strategia che differenzi il mio prodotto o servizio da quello dei concorrenti per
migliorare la mia posizione sul mercato? (Capitolo 3)
Di quali informazioni ho bisogno per prendere delle decisioni di marketing? Da quali
fonti e in che modo posso raccogliere informazioni sui consumatori, sui concorrenti
e sull’ambiente esterno? (Capitoli 4, 5, 6 e 7)
Come posso gestire le variabili del marketing mix e prendere decisioni relative alla
comunicazione (Capitolo 8), ai canali di distribuzione (Capitolo 9), alla forza di vendita (Capitolo 10), ai prezzi (Capitolo 11) e alla promozione delle vendite (Capitolo
12)?
Quali considerazioni devo tenere presenti per costruire una solida relazione a lungo
termine con il cliente? (Capitolo 13)
Quali sono i principali elementi da tenere presenti per il marketing dei servizi? (Capitolo 14)
Quali sono le implicazioni strategiche nella gestione del marketing dei prodotti ad
alta tecnologia? (Capitolo 15)
In che modo il marketing globale si differenzia dal marketing a livello di singolo
paese? (Capitolo 16)
Quali sono i diversi approcci allo sviluppo di un nuovo prodotto? (Capitolo 17)
Questo libro ha un particolare orientamento ai settori e alle imprese high tech. Come
abbiamo visto, un marketing manager non può permettersi di non sapere in che modo
l’informatica e l’information technology influenzano il suo lavoro. Se consideriamo la rapidità del progresso tecnologico alcuni esempi e riferimenti saranno probabilmente già superati al momento della lettura di questo testo, ma data la pervasività della tecnologia
nell’economia così come nella vita di tutti i giorni siamo disposti a correre questo rischio.
Per un riscontro sempre aggiornato rimando comunque all’URL (Universal Resource Locator, l’indirizzo Web) del booksite di questo libro: www.apogeonline.com/libri/00804/allegati/. Ai margini del testo sono presenti delle icone che guidano il lettore al sito del libro,
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Oggigiorno molte aziende stanno accogliendo il principio della personalizzazione di massa, in base al
quale prodotti tradizionalmente studiati per il mass market vengono personalizzati per soddisfare i bisogni di ciascun cliente. Ad esempio, la Andersen Windows, azienda produttrice di finestre, piuttosto che
far scegliere i clienti tra una gamma di prodotti preconfezionati, offre loro la possibilità di partecipare
attivamente alla realizzazione del design grazie ad un programma che consente di personalizzare il prodotto in base alle proprie esigenze. (Per gentile concessione della Andersen Windows.)
dove si potranno trovare gli URL specifici dei siti cui si fa riferimento. In caso di cambiamento (o scomparsa) dell’URL verranno introdotti degli aggiornamenti sul Web, un mezzo
molto più dinamico rispetto alla carta stampata.
IN SINTESI
Ecco alcuni dei concetti chiave trattati in questo capitolo:
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il marketing è pervasivo; ci troviamo dinnanzi a una situazione di marketing ogni
qualvolta un consumatore debba scegliere tra più alternative, fra le quali anche l’opzione di non acquistare (o non agire, secondo il contesto);
nel marketing il dinamismo del macroambiente e del microambiente rende estremamente difficile prendere delle decisioni: le condizioni degli acquirenti e dei concorrenti, della tecnologia e della società in genere cambiano costantemente;
l’obiettivo del marketing è creare e ri-creare il cliente;
il marketing concept antepone l’orientamento al cliente e alla concorrenza alla realizzazione di un profitto, intesa come un risultato e non un punto di partenza;
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LETTURE DI APPROFONDIMENTO
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le organizzazioni orientate al cliente sanno che il cliente acquista benefici, non prodotti,
e investono principalmente nel cliente e nel suo soddisfacimento a lungo termine;
essere orientati al cliente non significa rinunciare all’innovazione tecnologica;
la rapida diffusione dell’information technology, la crescita di Internet, la globalizzazione dell’economia e il crescente valore dei clienti fidelizzati di un’organizzazione sono cambiamenti significativi per il marketing e stanno influenzando il lavoro
dei marketing manager.
TEMI DI DISCUSSIONE E DOMANDE
1. Confronta la situazione dei produttori di DTV con il problema della vendita di videoregistratori alla fine degli anni Settanta. Quali sono le affinità e le divergenze dal punto
di vista del consumatore?
2. Pensa a un altro prodotto o servizio che dopo una grande popolarità ha subito un crollo
delle vendite. Quali sono le cause di questo declino?
3. Dai un esempio di un’azienda produttrice di beni o servizi che ti ha offerto un ottimo
trattamento (che sembra cioè orientata al cliente). Che cosa l’ha condotta a tale successo? Che impressione hai di quest’azienda? La consigli ad amici e parenti? Presenta
prezzi più elevati rispetto alla concorrenza?
4. Pensa a quattro aziende, ciascuna delle quali adotta una delle strategie di approccio al
mercato presentate nella Figura 1.1.
5. Pensa a un’azienda o un prodotto che ha recentemente attraversato una pesante crisi
come quelle del Tylenol o della Audi descritte in questo capitolo. Come ha reagito l’azienda davanti alla crisi? Secondo te ha avuto un approccio orientato al cliente?
6. Il marketing è stato spesso accusato di costringere la gente ad acquistare prodotti che
non vuole, che non si può permettere o di cui non ha bisogno. Esponi le tue considerazioni sull’argomento.
LETTURE DI APPROFONDIMENTO
Day, G.S. (1994) “The capabilities of market-driven organizations,” Journal of Marketing,
58 (October), pp. 37-52.
Han, J.K., Namwoon Kim, Rajendra K. Srivastava (1998), “Market orientation and organizational performance: is innovation a missing link?” Journal of Marketing, 62 (October), pp. 30-45.
Kohli, Ajay K., Bernard J. Jaworski, Ajith Kumar (1993), “MARKOR: a measure of market
orientation,” Journal of Marketing Research, 30 (November), pp. 467-477.
Narver, John C., Stanley F. Slater (1990), “The effect of a market orientation on business
profitability,” Journal of Marketing, 54 (October), pp. 20-35.
AA.VV. (2000) Global player, G. Giappichelli Ed., Torino.
Bagozzi, R. (2001) Fondamenti di marketing, Il Mulino, Bologna
Collesei, U. (2000) Marketing, Cedam, Padova.
Cozzi, G., Ferrero, G. (1996) Marketing. Principi, metodi, tendenze evolutive, G. Giappichelli Ed., Torino.
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Golinelli, M.G. (2000) L’approccio sistemico al governo dell’impresa. L’impresa sistema
vitale, Cedam, Padova.
Guatri L., Vicari, S., Fiocca, R. (1999) Marketing, McGraw-Hill, Milano.
Kotler P., Armstrong, G., Saunders, J., Wong, V. (2001) Principi di marketing, ISEDI,
Milano.
Lambin, J.J. (2000) Marketing strategico e operativo - Market-driven management,
McGraw-Hill, Milano.
Pellicelli, G. (1999) Il Marketing, UTET, Torino, seconda edizione.
Stanton, W.J. (1986) Marketing, Il Mulino, Bologna.
Valdani, E. (1995) Marketing strategico. Un’impresa proattiva per sviluppare capacità
market driven e valore, Etas Libri, Milano.
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