F. BASSANINI - VERSO UN FUTURO SOSTENIBILE: IL RUOLO DEGLI INVESTIMENTI A LUNGO TERMINE
Discorso di Apertura di Franco Bassanini “Verso un Futuro Sostenibile: Il Ruolo degli Investimenti a Lungo Termine”1 28-29 Ottobre 2010
Venezia, Isola di San Clemente2
Signore e signori,
Stiamo per affrontare due giornate di dibattiti molto intense e interessanti.
Partiamo dalla ferma convinzione che il tema degli investimenti a lungo termine sia cruciale per
il futuro dell’economia mondiale e per il futuro della civiltà e del benessere umano. Una visione
a lungo termine implica necessariamente una politica fatta di investimenti strategici pubblici,
privati e pubblico-privati destinati a infrastrutture, energia, scienza, tecnologia e capitale
umano e sociale. Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda quei progetti che hanno forti
“esternalità positive” ai fini di una crescita bilanciata e sostenibile e della prosperità della
società umana nel suo insieme. Questi potrebbero giocare un ruolo decisivo nel restituire
stabilità ai mercati finanziari.
La crisi finanziaria sta avendo un notevole impatto sulla finanza pubblica di quasi tutti i paesi
del mondo. Considerando le 33 economie avanzate definite dal World Economic Outlook,
possiamo verificare che nel 2009 il valore medio del deficit di bilancio si aggirava intorno al 9%,
mentre nel 2007 era solo pari all’1 %. Il rapporto tra debito pubblico e PIL dei paesi del G-7 ha
raggiunto i livelli del dopo-guerra. Per quanto riguarda le “economie avanzate” all’interno del
G-20, questo rapporto ha raggiunto il 102% nel 2009 e ci si aspetta che raggiungerà il 122% nel
2014, mentre il debito pubblico dei paesi emergenti dovrebbe rimanere per lo più stabile su
livelli molto inferiori.
Ciò vuol dire che nelle prossime decadi non solo si verificheranno profonde trasformazioni
strutturali nel flusso di risparmi e beni come parte della globalizzazione del mercato ma, inoltre,
avverrà una modifica – un cambiamento sostanziale all’interno del paradigma – della teoria e
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Edoardo Reviglio, Capo Ufficio Studi della CDP, ha contribuito attivamente alla stesura di questo discorso.
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Conferenza organizzata dalla Cassa Depositi e Prestiti, per conto del Long Term Investors’ Club, dell’OCSE e del
Ministero dell’Economia e delle Finanze
© Documento ad uso esclusivo da parte dell’Aspen Institute Italia ai fini istituzionali
della pratica dell’economia valutaria globale così come l’abbiamo conosciuta sino ad ora. Il
contrasto tra vecchi e nuovi mondi sarà ancora più forte. Il vecchio mondo, ricco e potente, sta
invecchiando ed è sempre più oppresso dai debiti. Il nuovo mondo, ancora debole e povero, è
giovane, ha pochissimi debiti e si sta espandendo rapidamente: dunque il nuovo mondo ha
maggiori possibilità di accumulare risparmi. Dove andranno a finire questi flussi di risparmi nei
prossimi 20 o 30 anni? Quale valuta di riserva sceglieranno le banche centrali nel mondo? Quali
titoli di stato sceglieranno per i propri portafogli la nuova classe media cinese, indiana,
brasiliana e russa? Al momento, circa l’80% dei risparmi finanziari sono in mano ai paesi
occidentali. Ma le risorse finanziarie dei paesi emergenti stanno crescendo a ritmi molto elevati
(il doppio o il triplo rispetto alla crescita del PIL). Sul lungo termine dovremo aspettarci enormi
cambiamenti strutturali, tra cui anche disequilibri globali.
Lo scenario appena delineato pone molte difficili domande. Dovremmo aspettarci un “pesante”
riequilibrio dei flussi monetari dal vecchio mondo al nuovo? Il vecchio mondo accetterà il lento
e inesorabile declino senza reagire o, come ha sempre fatto in passato, deciderà di agire di
nuovo (spero non militarmente)? I potenti giganti del capitalismo mondiale potrebbero decidere
di amministrare un’elevata dose di inflazione per ridurre il peso del debito, con il rischio di
innescare “nuove follie ideologiche” – provocando in questo modo gravi danni sociali e
distruzione? La BCE e la Federal Reserve rimarranno a guardare e permetteranno che questo
malaugurato scenario prenda forma? Gli interessi contrastanti possono venire riconciliati
attraverso un sistema di “governance economica mondiale”, capace di mettere in pratica
politiche importanti e a lungo termine in favore di una sostenibilità ambientale, sociale,
demografica, commerciale e monetaria?
Prima di tutto, dobbiamo considerare le possibili soluzioni per liberarci dalla “nuova crisi
fiscale dei governi”, almeno da quella del governo delle principali economie avanzate del G-20.
L’improvviso incremento del debito pubblico, ora indotto, non ha precedenti nella storia
occidentale, fatta eccezione per i periodi di guerra.
La maggior parte delle economie avanzate deve ridurre sostanzialmente i propri deficit e il
proprio debito. Alcune stanno già avvertendo una forte pressione del mercato finanziario.
Stando a quanto affermato dal FMI, saranno necessari da 10 a 15 anni di modifiche di bilancio
per tornare ai livelli del debito pubblico precedenti alla crisi. Quali rischi potrebbe generare
questa difficile modifica? Inoltre, negli anni a venire le economie avanzate si troveranno a dover
affrontare gli effetti negativi dei bassi livelli di crescita e l’aumento dei costi dell’assistenza
pubblica, in una società che mantiene una crescente popolazione di cittadini anziani.
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Il problema dunque è “strutturale” e non solo ciclico, e ristabilire un debito sostenibile nell’arco
del medio termine sarà certamente molto impegnativo.
Una forte inflazione potrebbe ridurre il debito pubblico. Ma si sa bene che un alto livello di
inflazione distorce notevolmente l’allocazione delle risorse, riduce il tasso di crescita, colpisce i
cittadini più poveri, crea un’instabilità sociale e politica. Per di più, una volta sbrigliata,
l’inflazione è difficile da contenere. Allora andrebbe mantenuta la stabilità dei prezzi e
sarebbero le banche centrali a doverla garantire.
I tagli alla spesa pubblica sono necessari ma politicamente difficili. Sul lungo termine
potrebbero compromettere seriamente il consenso politico dei governi. Quanto successo
recentemente in Francia e nel Regno Unito è un primo allarmante segnale delle potenziali
tensioni sociali che le modifiche di bilancio potrebbero provocare in futuro.
Unitamente a tagli alla spesa pubblica considerevoli ma sostenibili, l’innalzamento del tasso
medio di crescita del PIL diventa la soluzione più auspicabile per ridurre il debito pubblico al
livello del PIL.
Una condizione che non si ottiene facilmente. Le riforme per la liberalizzazione dei mercati, il
rilancio della competitività e l’alleggerimento delle zavorre burocratiche sono sempre
necessarie ma da sole hanno dimostrato di non essere ancora in grado di ottenere i risultati
sperati.
Un ulteriore rilancio per l’economia sul versante della domanda, come quello recentemente
approvato dai governi di Stati Uniti e Cina, potrebbe rappresentare un importante elemento
della soluzione. Aumentare gli investimenti è sempre decisivo per incoraggiare la crescita
economica. Durante la cosiddetta “Età dell’Oro” (1950-1973) i tassi di crescita annuali in Europa
superavano il 5%. I livelli del debito pubblico – stazionari al di sotto del 50% del PIL – erano
altamente sostenibili. Questi forti tassi di crescita erano possibili grazie a livelli molto alti di
investimento nelle infrastrutture. Gli investimenti nella green economy potrebbero giocare lo
stesso ruolo nelle prossime decadi.
Inoltre, gli investimenti in settori strategici – come infrastrutture, ricerca e innovazione
tecnologica, ambiente, fonti di energia rinnovabile, biotecnologie – potrebbero incrementare
competitività e produttività. Questi sono tutti settori che da soli potrebbero rendere elevati
ritorni di investimento, stimolare ulteriori investimenti e, di conseguenza, produrre crescita e
posti di lavoro. In più, questa tipologia di investimenti dovrebbe avere un ruolo centrale nel
cambiamento della crescita mondiale, aumentando la quota basata su “beni pubblici e comuni”
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(che generalmente riducono le emissioni di CO2) e diminuendo la quota prodotta dai “beni di
consumo” (che generalmente aumentano le emissioni di CO2).
Dunque: la soluzione più auspicabile per ridurre il debito pubblico al livello dei tassi del PIL e
per ristabilire una stabilità fiscale è quella di aumentare il tasso medio di crescita; una strada
percorribile per stimolare la crescita consiste nell’indirizzare i principali flussi di capitale a
lungo termine verso iniziative regionali e trans-frontaliere, con forti esternalità positive per il
sistema economico e la coesione sociale.
Ma dove prendiamo le risorse per finanziare programmi così ambiziosi di investimenti
strategici a lungo termine? L’incremento di debiti pubblici e deficit implica che, nella maggior
parte dei paesi avanzati, la spesa pubblica non sia in grado di procurare i livelli di investimento
desiderati, stando le effettive condizioni macroeconomiche. È evidente, ad esempio, che i paesi
europei non potranno finanziare questi investimenti principalmente con le proprie risorse di
bilancio così come invece potranno (e hanno deciso di fare) paesi con un alto livello di crescita e
un debito pubblico contenuto (come Cina, Corea, Russia e Australia). L’Europa deve quindi
mettere in pratica politiche per trovare (attrarre) capitali dal settore privato e dai settori pubblici
e privati extra-europei, per finanziare investimenti strategici europei.
L’Europa storicamente gode di elevati tassi di risparmio delle famiglie. I risparmi delle famiglie
europee potrebbero rappresentare una risorsa molto importante. Con l’andare del tempo i
mercati finanziari mondiali mostreranno probabilmente una straordinaria crescita nella
quantità di risparmi delle economie emergenti. Durante la recente crisi, si è verificata una
marcata intensificazione della competizione per i fondi da parte dei governi di paesi
economicamente avanzati, alla ricerca del modo di finanziare un debito pubblico in aumento. In
questa competizione, saranno avvantaggiate le economie solide e con una forte coesione sociale
che potranno vantare dei successi nella gestione tecnologica e ambientale, inspirando fiducia
negli investitori globali e attirando in questo modo le risorse. In questo contesto, l’ampio
sostegno ai fini di un euro forte e stabile giocherà in favore della UE, insieme alla solida
reputazione come area economica affidabile, anche grazie al Patto di Stabilità e Crescita e ad
una rigida politica anti-inflazione portata avanti dalla BCE.
Tuttavia, la richiesta di infrastrutture, energia, cambiamento climatico, infrastrutture strategiche
e urbane è molto elevata in tutto il mondo e possiamo attendere un suo rapido aumento nei
prossimi anni. Ad esempio, il costo complessivo della Rete Trans-europea di Trasporto (TEN-T),
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che deve ancora essere finanziato, è stato stimato in circa 500 miliardi di euro per il 2020. Il
costo complessivo degli investimenti europei in Energia e Cambiamento Climatico sono stati
stimati pari a più di 2.500 miliardi di euro per il 2020. Per finanziare un progetto così ambizioso
la UE deve incrementare la sua capacità di attrarre capitali privati e pubblico-privati a lungo
termine dai mercati globali. L’Unione Europea dovrebbe sostenere il rapporto di indebitamento
dell’euro, utilizzando una migliore combinazione di capitali a lungo termine e strumenti di
debito (come fondi azionari europei, project bond e comuni sistemi di garanzia) emessi da ampi
fondi europei e da altre istituzioni finanziarie simili e investitori pubblici e privati a lungo
termine. L’implementazione dei progetti strategici previsti dall’Agenda di Lisbona renderà
necessaria la creazione di joint venture europee, procurando capitali in ambienti industriali e
finanziari. Queste azioni, con il tempo insieme all’emissione di titoli da parte del debito sovrano
europeo, contribuiranno anche a rafforzare l’alleanza tra i popoli europei e assicurare la
coesione politica dell’Unione.
Tuttavia, il vero tema cruciale non consiste in come attirare capitali stranieri in Europa ma, in
una visione più ampia, come attirare capitali per finanziare investimenti strategici a lungo
termine in tutto il mondo, riequilibrando la deriva degli investimenti finanziari a breve termine.
È anche necessaria una nuova cornice normativa, più ben disposta verso gli investimenti a
lungo termine o quantomeno non discriminatoria. Ciò dovrebbe comportare l’adozione di
principi contabili, principi di prudenza, regole di corporate governance, così come anche nuove
regole e incentivi per PPP e PFI e sistemi di incentivi fiscali “ad hoc”, come proposto dal
Rapporto del Gruppo de Larosière su Normative Finanziarie e Supervisione e, molto
recentemente, dalla Conferenza di Eurofi che si è tenuta a Bruxelles a settembre e da quattro
Investitori Europei a Lungo Termine (BEI, KfW, CDC e CDP) con un documento presentato al
Commissario UE Michel Barnier il 30 settembre.
Nella recente Conferenza di New York in materia di fondi sovrani e di altri investitori di lungo
termine, Augustin de Romanet ha annunciato che queste proposte verranno sostenute dal
governo francese e verranno inserite nell’Agenda del G-20 alla prossima presidenza francese. Il
governo italiano condivide la stessa opinione: in effetti, senza cambiamenti sostanziali alle
normative in tema di prudenza, contabilità e tassazioni, gli obiettivi stabiliti dalla Strategia UE
2020 e dal Rapporto Mario Monti sulla strategia di mercato interno non potrebbero essere
raggiunti.
Alcune di queste regole sono in mano alla politica. Altre sono solo parzialmente in mano alla
politica, poiché esiste un complesso sistema di interessi contrastanti e organizzazioni, come nel
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caso di Basilea III e dei Principi Contabili Internazionali. Indubbiamente le norme tecniche
vanno sviluppate da parte di organizzazioni indipendenti specializzate; tuttavia, definire la
cornice generale delle regole e degli obiettivi che possano garantire beni comuni e interesse
pubblico è un compito delle autorità politiche.
Dopo una lunga fase in cui finanza ed economia hanno stabilito le regole del gioco, ora la
politica deve tornare al centro della scena in questo complesso sistema di governance multi
livello. Io ritengo che la politica, il potere pubblico, dovrebbe riconquistare il primato del
processo decisionale, almeno per il tempo necessario a cambiare le regole del gioco. Per troppo
tempo finora abbiamo lasciato che il mercato decidesse da solo; ora è il momento che la politica
torni a ridisegnare le regole per un futuro migliore per questa e per le prossime generazioni.
Signore e Signori,
Sono qui presenti i rappresentati di più di 30 gruppi di esperti internazionali provenienti da
tutti i continenti, Europa, America, Africa e Asia; molti altri gruppi di esperti sono stati
contattati e hanno mostrato grande interesse verso l’argomento e verso la possibilità di
partecipare ad una futura rete di investitori di lungo termine – potrete trovare la lista e le
informazioni su tutti questi gruppi di esperti nell’opuscolo che è stato distribuito insieme al
materiale della Conferenza.
Voglio dare a tutti voi il benvenuto e ringraziarvi di essere qui. Mi auguro che questo Forum
aiuterà a diffondere nel mondo il vangelo del lungo termine.
Abbiamo anche molti conferenzieri dagli Stati Uniti. Abbiamo recentemente partecipato ad una
importante Conferenza alla Columbia University sui fondi sovrani e altri investitori di lungo
termine, organizzata dalla Commissione sul Pensiero Globale, presieduta da Joseph Stiglitz e
Saskia Sassen, che oggi è qui con noi. Questo è un segno che l’argomento viene riconosciuto
come centrale su entrambe le sponde dell’Atlantico.
Lasciatemi dunque concludere con alcune riflessioni sulla relazione tra Europa e Stati Uniti e il
suo ruolo in una visione a lungo termine sul futuro del capitalismo.
Il momento è favorevole. Le nuove politiche avviate dall’amministrazione americana in tema di
energia rinnovabile, infrastrutture e, non ultima, la creazione di un servizio sanitario pubblico
americano sono argomenti molto familiari ai paesi europei. È dai tempi del New Deal che gli
Stati Uniti e l’Europa non condividono una simile visione sociale ed economica sul lungo
termine. La cooperazione e la concorrenza leale tra Europa e Stati Uniti su queste nuove ampie
agende politiche aprono una straordinaria “finestra di opportunità” perché questi due grandi
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continenti possano lavorare insieme per costruire un nuovo modello sostenibile di sviluppo.
Tale modello, basato sull’assistenza pubblica e una visione politico-economica a lungo termine,
dovrebbe diventare un esempio per tutto il mondo.
La globalizzazione ci ha dimostrato che viviamo tutti sullo stesso pianeta e che siamo
inestricabilmente interconnessi. Non c’è via di fuga da questo mondo. Abbiamo dunque
bisogno di stabilire principi generali comuni per un lungo futuro di pacifica coesistenza. L’idea
di un orizzonte fatto di politiche a lungo termine e di investimenti a lungo termine per
promuovere un’economia mondiale sostenibile potrebbero rappresentare uno di una serie più
ampia di principi globali generali, che dovrebbero essere condivisi da tutte le nazioni del
mondo o, almeno, da quanti più possibile.
Grazie.
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Verso un Futuro Sostenibile: Il Ruolo degli Investimenti a Lungo