Società Nazionale degli
Operatori della Prevenzione
Rivista trimestrale • giugno 2007 n. 71, anno 22
ISSN 1720-9714
DOSSIER GUADAGNARE SALUTE
Dallo statuto
è costituita l’associazione denominata “Società Nazionale
Operatori della Prevenzione”, in sigla
, con finalità
scientifiche e culturali. L’associazione, in quanto ente non
commerciale, si propone di:
• sostenere l’impegno politico e culturale per lo sviluppo di
un sistema integrato di prevenzione, finalizzato alla
rimozione dei rischi e alla promozione della salute negli
ambienti di vita e di lavoro, con particolare attenzione
alla rete dei servizi e presidi pubblici
• promuovere conoscenze e attività che sviluppino la
prevenzione e la promozione della salute dei lavoratori e
della popolazione in relazione a rischi derivanti dallo stato
dell’ambiente e dalle condizioni di vita e di lavoro
• favorire lo scambio di esperienze e informazioni fra gli
operatori e il confronto sulla metodologia e i contenuti
dell’attività, per raggiungere l’omogeneità delle modalità
di intervento perseguendo il miglioramento continuo di
qualità e l’appropriatezza delle attività di prevenzione a
livello nazionale
• promuovere il confronto e l’integrazione tra sistema di
prevenzione pubblico e sistema di prevenzione delle
imprese
• promuovere un ampio confronto con le istituzioni, le
forze sociali e le altre associazioni scientifiche su questi
temi
• diffondere l’informazione e la cultura della prevenzione.
L’associazione non ha fini di lucro.
Tariffa regime libero: Poste Italiane S.p.A.
Spedizione in Abbonamento Postale 70% - DRCB Roma
EMERGENZA CALDO, PARTE LA SORVEGLIANZA
LA GUERRA È UNA ZOONOSI?
indice
Rivista trimestrale della Società nazionale
degli operatori della prevenzione
Il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm)
e la rivista Snop collaborano per la diffusione e l’approfondimento dei temi contenuti nel Piano nazionale della prevenzione 2005-2007. Questa collaborazione è finalizzata a favorire la conoscenza, la riflessione critica e la partecipazione
da parte degli operatori dei servizi di sanità pubblica.
Editore: Snop • Società nazionale operatori
della prevenzione • via Prospero Finzi, 15 - 20126 Milano
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Direttore responsabile: Claudio Venturelli
Direttore: Alberto Baldasseroni
Direttore editoriale: Eva Benelli
Numero 71 giugno 2007 • anno 22
Cittadini del mondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 02
Vita da Snop
Cronaca di un successo annunciato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 03
Silvia Gasbarra
Alta definizione
Diamo un passaggio alla sicurezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 05
Giampiero Mucciaccio
Editoriale
Lavorare insieme per una vita in salute . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .07
Donato Greco
Dossier
Europa in movimento per una vita sana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
Sonja Kahlmeier, Francesca Racioppi, Brian Martin
In corsa per il counselling nelle vie di Trento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
Enrico Nava
Comitato scientifico di redazione:
Alberto Baldasseroni, Roberto Calisti, Emilio Cipriani,
Maria Elisa Damiani, Giorgio Di Leone, Annunziata
Giangaspero, Paolo Lauriola, Gianpiero Mancini, Luca
Pietrantoni, Luigi Salizzato, Domenico Spinazzola,
Domenico Taddeo, Claudio Venturelli, Luciano Venturi
A Cesena la comunità va a piedi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
Mauro Palazzi, Francesca Castoldi, Nicoletta Bertozzi, Patrizia
Vitali, Francesca Righi, Giulia Franzoso, Elena Prati, Chiara Reali
Redazione: Anna Maria Zaccheddu
Quando i giovani educano i giovani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
Elisabetta Benedetti, Annalisa Cardone
Progetto grafico e impaginazione: Corinna Guercini
Copertina: Bruno Antonini
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Camminare mette il cuore al sicuro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
Ferdinando Tripi, Gustavo Savino, Claudio Gavioli,
Mara Chiossi, Sabrina Severi, Gianfranco De Girolamo
Alcol e lavoro, un bicchiere mezzo pieno? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
Emilio Cipriani
“Prevenire creando”: un laboratorio per la salute . . . . . . . . . . . . . . . . 23
Germana Piancastelli, Gianalberta Savelli, Claudia Monti,
Franca Gentilini
Nelle Marche la lotta al fumo si fa in rete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
Rosanna Rossini, Giovanni Fiorenzuolo, Marco Nocchi,
Giuliano Tagliavento
Se Cupido ci mette lo zampino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27
Manuela Colonna
Prevenzione: attività praticata o ciliegina sulla torta? . . . . . . . . . . . . 28
Elsa Ravaglia
Dors, la parola d’ordine è condivisione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
Maria Elena Coffano, Claudio Tortone
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Finito di stampare nel mese di giugno 2007
Il buratto grosso
Tammurriata del certificato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
Giorgio Ferigo
Alta definizione
La lunga estate calda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
Fabiana Scotto, Stefano Zauli, Stefano Marchesi, Paolo Lauriola
Fin che la barca va… lasciarla andare? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
Fabrizia Riva, Lorenzo Papa
Medico competente, una figura anti-stress . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
Danilo Bontadi, Paola Torri, Piero Patanè
Ma la guerra è una zoonosi? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
Luca Sala, Carlo Brini
La parola a…
Quando il rischio è nell’aria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
Roberto Romizi
Cittadini del mondo
Rubrica di sanità pubblica internazionale a cura
di Patrizia Parodi e Maria Paola Di Martino,
della Direzione generale per i rapporti con
l’Unione Europea e i rapporti internazionali del
ministero della Salute
Collaborazione sanitaria, parte la task force internazionale
Diplomazia per la salute: il
nuovo approccio scelto dal
ministero della Salute per
la collaborazione internazionale si basa sul partenariato. L’idea centrale è
quindi operare attraverso
un sistema di relazioni istituzionali, su base paritaria
e solidale, articolato in tutti
i settori di reciproco interesse ed esteso alle componenti del mondo accademico, scientifico e della
società civile.
L’esperienza di collaborazione internazionale bilaterale in campo sanitario e
delle scienze mediche ha
messo in luce alcuni aspetti. Innanzitutto il valore
aggiunto della tutela della
salute come condizione per
la coesione, lo sviluppo e la
vita pacifica dei popoli, ma
anche la ritualità formale
di alcuni accordi bilaterali,
sottoscritti dai governi o
dai ministri della salute,
risultati poi di difficile
attuazione. Infine, si sa
molto poco di quanto istituzioni pubbliche e private
o singoli soggetti realizzano in specifiche aree geografiche: la percezione epidermica è una polverizzazione di generose e scienti-
ficamente pregiate iniziative e di grandi potenzialità
inesplorate.
Per ovviare a questi inconvenienti si è scelto di individuare delle aree geografiche prioritarie, in particolare Cina, Mediterraneo e
Medio Oriente ed Europa, e
di attivare una task force
inter-istituzionale per il
coordinamento delle attività internazionali. Inoltre,
verrà costituito un tavolo
di consultazione per i Paesi
del Mediterraneo e del
Medio Oriente, che sia di
servizio per tutti i partecipanti, favorisca la ricerca
di sinergie e promuova la
messa in rete delle informazioni. Questa nuova
fase, avviata solo di recente, si basa sulla convinzione della necessità e dell’urgenza di fare sistema e di
creare quelle condizioni in
cui tutti traggono vantaggi
da una politica coordinata,
da valorizzare nelle sedi
istituzionali di confronto
con gli altri Paesi.
Fonte Cdc
Raggiungere i poveri
Liberamente tratto da www.worldbank.org
2
Selezionare le strategie più
efficaci per assicurare che i
programmi sociosanitari
raggiungano i gruppi più
svantaggiati della popolazione. È questa l’anima di
“Raggiungere i poveri”,
programma realizzato
dalla Banca Mondiale,
dalla Gates Foundation e
dai governi di Svezia e
Paesi Bassi. Nei settori
della salute, della nutrizione e del sociale, come si
può ottimizzare l’efficacia
nel raggiungere i più poveri? Le informazioni, raccol-
te utilizzando le più moderne tecniche quantitative,
potranno così guidare i
politici sugli approcci da
adottare (ma anche da evitare) per sviluppare iniziative rivolte ai poveri. Il programma prevede poi di
incoraggiare sempre nuovi
soggetti ad applicare queste tecniche di valutazione.
Analizzando un campione
di 27 progetti, i migliori
sono risultati:
il programma messicano
che paga, piuttosto che
far pagare, le famiglie
povere per la frequenza
scolastica e le visite
sanitarie. Il programma
è rivolto a oltre 20 milioni di persone, il 60%
delle quali appartiene al
20% della popolazione
messicana più indigente
il programma colombiano che utilizza una raffinata tecnica individualizzata per fornire un’assicurazione sanitaria
sussidiata ai più poveri
il programma sperimen-
tale cambogiano che affida la realizzazione dei
programmi governativi
rurali di assistenza sanitaria di base alle organizzazioni non governative
i programmi di distribuzione di zanzariere trattate con insetticidi nelle
campagne di vaccinazione contro il morbillo, in
Ghana e Zambia, che
hanno aumentato l’uso
delle zanzariere nella
popolazione più povera
dal 3 a oltre il 90%.
cittadini del mondo • numero 71
cittadini del mondo
Salute pubblica, innovazione e proprietà intellettuale
Liberamente tratto da www.who.int/phi/en/index.html e integrato con altri documenti dell’Oms
Nonostante gli enormi progressi nella prevenzione,
diagnosi e trattamento
delle malattie, i Paesi in
via di sviluppo rimangono
ancora largamente esclusi
dai benefici della scienza
moderna.
Molte risoluzioni
dell’Assemblea mondiale
della sanità hanno affrontato il problema di come
migliorare l’accesso alle
cure sanitarie dei più poveri. Nel maggio del 2006, gli
Stati Membri hanno chiesto all’Oms di costituire un
gruppo di lavoro intergovernativo sulla salute pubblica, l’innovazione e la
proprietà intellettuale. Il
mandato è preparare una
strategia globale e un
piano d’azione sulle ricerche sanitarie essenziali per
migliorare le condizioni
che colpiscono in particolare i Paesi in via di sviluppo, presentato nel 2008. In
un rapporto del 2 gennaio
2007, l’Oms ha invitato i
diversi Paesi a inserire
nella propria legislazione i
meccanismi necessari per
applicare la flessibilità permessa dall’accordo sugli
aspetti legati al commercio
dei diritti di proprietà intellettuale (Trips,
www.wto.org/english/tratop_e/trips_e/trips_e.htm),
quando questo può risultare utile per promuovere,
fra l’altro, la ricerca legata
direttamente ai problemi
sanitari specifici dei Paesi
in via di sviluppo.
I Paesi in via di sviluppo
dovrebbero inoltre assicurare che le loro università
ed enti di ricerca mantengano le priorità della ricerca in linea con le necessità
di salute pubblica e gli
obiettivi di politica sociale.
Questo ovviamente non
esclude il sostegno alle
ricerche sanitarie con finalità industriali o di esportazione, che possono a loro
volta contribuire a migliorare la salute pubblica.
Gli accordi bilaterali non
dovrebbero comprendere
meccanismi protezionistici
più restrittivi di quelli previsti dall’accordo Trips,
per non ridurre l’accesso
alle cure nei Paesi più
poveri. L’Oms continuerà a
monitorare, dal punto di
vista della salute pubblica,
l’impatto dei diritti di proprietà intellettuale e di altri
fattori sullo sviluppo di
nuovi prodotti e sull’accesso alle medicine e altri prodotti sanitari nei Paesi in
via di sviluppo.
Fonte Cdc
Vita da Snop
Cronaca di un successo annunciato
Silvia Gasbarra
n’occasione per
scoprire il reale
significato della
parola prevenzione: è questo il cuore della giornata
di studio dedicata all’Ebp
in sanità veterinaria organizzata il 3 maggio a
Ozzano dell’Emilia dalla
facoltà di Medicina veterinaria dell’Università di
Bologna, in collaborazione
con la Snop e il gruppo
U
numero 71
“ProgettareLaVeterinaria”.
In un’atmosfera informale
e stimolante, dopo il saluto
del preside della Facoltà
Santino Prosperi, e la breve introduzione ai lavori di
Adriano Mantovani e Luciano Venturi, la giornata è
stata avviata da Luigi Salizzato, direttore del dipartimento di Sanità pubblica
di Cesena, nonché membro
dell’Ufficio di Presidenza
Un racconto vivace e partecipato della giornata di studio su Ebp e sanità pubblica veterinaria organizzata
da Snop e dal gruppo “ProgettareLaVeterinaria” lo
scorso 3 maggio a Ozzano dell’Emilia.
della Snop. Sono stati illustrati il percorso storico e
professionale e gli obiettivi
di quello che più che una
materia di studio è un vero
e proprio movimento cultu-
rale partito dagli stessi
operatori di sanità pubblica. L’Ebp è infatti una logica conseguenza delle indicazioni, promosse negli ultimi decenni dall’Organiz-
3
zazione mondiale della sanità, per una prevenzione
basata su obiettivi scelti
con criteri epidemiologici e
scientifici, su prove evidenti di efficienza del sistema
salute, sul coinvolgimento
della popolazione e su una
comunicazione del rischio
trasparente ed efficace.
In quest’ottica, la prima
azione da compiere è l’eliminazione di pratiche burocratiche obsolete che non
hanno nessuna efficacia,
ma in compenso appesantiscono notevolmente il carico di lavoro dei servizi e
creano spesso disorientamento e sfiducia nel cittadino. Contemporaneamente, è fondamentale promuovere studi e pratiche scientifiche in grado di rendere
più efficaci gli interventi di
prevenzione.
pubblica veterinaria.
Alberto Baldasseroni, della
Regione Toscana, ha dato
una visione tecnica delle
metodologie utilizzate in
Ebp, basate essenzialmente
su un’analisi accurata di
tutte le componenti che
intervengono in un problema di salute, compresa la
revisione della bibliografia
pertinente, dati epidemiologici e statistici che vengono a loro volta scomposti
per arrivare a formulare
l’obiettivo nel modo più
“evidente” e misurabile
Veterinari in fermento possibile. Claudio Gortani,
veterinario, e Giorgio
Ferigo, medico igienista,
Da questo movimento è
della regione Friuli Venezia
nata una commissione
ministeriale che sta attiva- Giulia hanno messo in luce
da un lato come l’attuaziomente lavorando, in collaborazione con il territorio e ne ottusa della legge da
parte dei servizi veterinari
le Regioni, soprattutto del
Nord, per valutare ed even- e di igiene pubblica abbia
tualmente proporre l’elimi- contribuito al depauperanazione di molte pratiche e mento economico, culturale
certificati inutili (vedi dos- e ambientale di zone monsier “Ebp e pratiche obsole- tane, con culture millenarie
legate alla tradizione delte”, Snop 69) e che ora sta
l’alpeggio e della caseificainiziando, anche grazie a
zione in malga. Dall’altro
un gruppo di veterinari
lato, invece, hanno sottolimotivati, ad applicare gli
neato come l’applicazione
stessi principi in sanità
delle evidenze scientifiche
abbia portato, nella stessa
l’autrice
Regione, a valutare e
implementare il Piano
Silvia Gasbarra
regionale di eradicazione
Asl Roma G Tivoli,
della rinotracheite infettiva
referente per la
del bovino (Ibr). Giampiero
formazione dei servizi
Mancini, medico del lavoro
veterinari
[email protected] della Asl di Imola, ha invece illustrato uno studio e
4
La sede dell’incontro su Ebp e sanità veterinaria
un intervento per la prevenzione degli infortuni
oculistici presenti nella sua
Asl, mentre Carlo Brini e
Luca Sala, veterinari della
Asl 12 di Biella, hanno
analizzato il cambiamento,
soprattutto culturale, che i
concetti dell’Ebp impongono alla sanità pubblica
veterinaria, partendo dall’analisi dei casi di carbonchio ematico verificatisi in
provincia di Biella. Cristina
Liverani, della Asl di
Ravenna, ha illustrato un
progetto di verifica dei
requisiti per l’accreditamento dei servizi.
Elemento di riflessione critica e pacata è stato l’intervento di Roberto Mattioli
dell’Ausl di Bologna, che si
è augurato che questo
movimento culturale, i cui
principi sono stati per alcuni aspetti recepiti in sanità
pubblica veterinaria con
l’emanazione dei regolamenti relativi alla sicurezza alimentare, non sia
ancora una volta una
moda, ma un’opportunità
reale di cambiamento.
Fabio Ostanello,
dell’Università di Bologna,
ha invece posto l’accento
sull’importanza dell’uso di
metodi epidemiologici e
sulla necessità di avere
strutture pubbliche accreditate o certificate.
Questa iniziativa promette
di poter applicare, finalmente in modo coordinato,
quei concetti che da molti
anni si sentono nei vari
convegni e bagni di folla
collettivi a cui partecipiamo, ma raramente vediamo
applicati sul territorio.
Attualmente siamo di fronte a una dicotomia accentuata fra esigenze del territorio, organizzazione dei
dipartimenti di
Prevenzione e legislazione,
promozione alla salute e
sistema repressivo (tecnici
contro burocrati) e questo
non fa che allontanare sempre più il cittadino e gli
stessi operatori dai servizi
pubblici. Con le conseguenze che viviamo in termini
di immagine, credibilità e
qualità professionale. Non
credo sia solo un caso che
chi scrive fosse l’unica rappresentante veterinaria più
a sud di Firenze: incontri
del genere vanno quindi
esportati.
Speriamo che questa giornata non resti solo un episodio formativo nel curriculum vitae di ognuno di
noi, ma sia l’inizio di un
percorso di crescita culturale che deve essere condiviso fin dal suo principio,
se si vuole garantire la partecipazione attiva degli
operatori.
Per chi fosse interessato, i
materiali prodotti nel corso
dell’evento sono disponibili
sul sito:
www.progettarelaveterinaria.it/spv/2007/EBP.html
vita da snop • numero 71
Alta definizione
Diamo un passaggio
alla sicurezza
Giampiero Mucciaccio
T
ra luglio e agosto,
sulle strade ci sono
più di mille vite da
salvare. Circa diciotto al
giorno. Sono quelle che,
secondo le statistiche più
recenti, rischiano di andare
perdute anche quest’anno
sulle strade che portano in
vacanza. Sarebbe un errore
imputare questa strage soltanto agli “incidenti”: troppe volte in strada non si
muore per caso, ma perché
in tanti non rispettano le
regole.
Per contrastare questa
strage annunciata e far crescere la consapevolezza
che il numero delle vittime
della strada si può ridurre
Droghe e riflessi: vignetta
di Danilo Maramotti
numero 71
drasticamente, torna per
l’ottavo anno sulle strade
italiane la campagna
“Vacanze coi fiocchi”, coordinata dal Centro
Antartide di Bologna
(www.centroantartide.it).
Fin dalla sua nascita, nel
1992, questo centro di studi
lavora infatti sull’educazione e la comunicazione
ambientale, in particolare
su temi come risparmio
idrico, rifiuti, mobilità e
trasporto pubblico, sicurezza stradale, educazione
civica e qualità urbana.
Sotto l’alto patronato del
Presidente della
Repubblica, saranno coinvolti molti personaggi del
mondo della scienza, della
cultura, dello spettacolo e
dello sport, accanto a una
schiera di… eroi dei fumetti. E così Snoopy si ritroverà al fianco di Diego
Abatantuono, Diabolik
insieme a Carmen Consoli,
Martin Mystère con Piero
Angela, Dylan Dog con
Carlo Lucarelli, Luporosso
con Giorgio Panariello, per
invitare tutti a mettere la
sicurezza al primo posto.
I messaggi chiave, oltre a
non lasciarsi sedurre dal
fascino dalla velocità,
Solo nel 2005, i giovani feriti a causa di incidenti
stradali sono stati oltre 115 mila, mentre i morti
sono stati ben 1700. Un bilancio preoccupante,
dovuto anche al fatto che spesso il rischio è vissuto
come una sfida personale. Quest’anno la campagna
di prevenzione degli incidenti stradali “Vacanze coi
fiocchi”, giunta all’ottava edizione, sarà rivolta
soprattutto ai più giovani. Con la collaborazione
non solo di molti personaggi del mondo della scienza, della cultura, dello spettacolo e dello sport, ma
anche di una folta schiera di eroi dei fumetti.
saranno evitare droghe,
alcol e medicinali prima di
mettersi in viaggio, utilizzare le cinture di sicurezza,
il casco e i seggiolini per i
bambini, evitare di distrarsi con il cellulare.
Altri volti noti presenti
saranno Margherita Hack,
Beppe Severgnini, gli scrittori Mario Rigoni Stern e
Gianrico Carofiglio, il campione olimpico Stefano
Baldini, il cantante
Caparezza, i comici Vito,
Vergassola e Marco Della
Noce, Carlo Petrini, Beppe
Carletti dello storico gruppo musicale dei Nomadi.
Alla campagna nazionale,
organizzata in collaborazione con l’Osservatorio per
l’educazione e la sicurezza
stradale dell’Emilia
Romagna e l’associazione
Rete italiana città sane
Oms, aderiranno oltre seicento tra istituzioni, associazioni, aziende sanitarie,
delegazioni Aci, società
autostradali e radio.
Proteggere i giovani
In tutta Italia verrà distribuito un libretto informativo illustrato da vignettisti
del calibro di Vauro,
Massimo Bucchi, Danilo
Maramotti, Angelo Maria
Ricci, Nico Pillinini, Mario
Gomboli, Bruno D’Alfonso
(scaricabile dal sito
5
La prevenzione secondo Diabolik: vignetta di Angelo Maria Ricci
www.vacanzecoifiocchi.it).
Inoltre, molti personaggi
hanno accettato di associare la propria foto a messaggi di salute, mentre Franco
Taggi e Teodora Macchia
dell’Istituto superiore di
sanità hanno offerto le loro
riflessioni di esperti. E in
copertina Snoopy, il più
l’autore
Giampiero Mucciaccio
direttore
Centro Antartide
giampiero.mucciaccio@
centroantartide.it
famoso brachetto del
mondo.
Quest’anno occhi puntati
sui giovani. Per il 2005,
infatti, il bilancio giornaliero di giovani vittime della
strada è di cinque morti e
317 feriti, all’interno della
fascia di età che va dai 14 a
29 anni, mentre quello complessivo è di 1703 morti
(31% del totale) e 115.872
feriti (37% del totale).
Alla base di questa drammatica contabilità ci sono
numerosi fattori: motorizzazione precoce, stili di vita
trasgressivi, superficialità,
inesperienza, percezione
inadeguata del rischio e
scarsa capacità di valutare
le situazioni critiche, eccessiva fiducia in se stessi,
errata valutazione delle
proprie condizioni psicofisiche, attrazione per la velocità, atteggiamenti fatalistici, inadeguatezza delle
famiglie e del sistema educativo (e non solo). Pesa
inoltre la convinzione di
poter trasgredire le regole
senza rischi eccessivi di
sanzione. Il brivido del
rischio, soprattutto per i
giovani, spesso è emozione,
sfida personale, è mettersi
alla prova. “Sono forte per-
ché vado forte”: questo è il
meccanismo psicologico
che conta, soprattutto nei
ragazzi neopatentati. Per
quasi tutti i giovani guidare è divertente, se non addirittura eccitante. La guida
veloce attrae anche perché
implica un rischio. È paura
e piacere. Inoltre in strada
si scaricano spesso e volentieri le proprie tensioni
individuali. Sulla strada
non si può applicare il
detto di senso comune che
vale per tanti altri aspetti
della vita: “sbagliando si
impara”. Sbagliare non è
permesso.
6
alta definizione • numero 71
Editoriale
Lavorare insieme
per una vita in salute
Donato Greco
F
acilitare scelte di vita
salutari per ridurre i
fattori di rischio. Promuovere stili di vita sani
per influire positivamente
sullo stato di salute della
popolazione. Ridurre disabilità e morti premature per
malattie cardiovascolari, tumori, malattie respiratorie e
diabete per migliorare la
qualità della vita, ma anche
il bilancio sociosanitario del
nostro Paese. “Guadagnare
salute” è così, una catena
che si autoalimenta.
Si tratta del primo documento programmatico finalizzato alla realizzazione di
interventi per la tutela e la
promozione della salute
pubblica, concordati fra
istituzioni e governo.
Secondo l’Organizzazione
mondiale della sanità,
l’86% delle morti e il 75%
delle spese sanitarie sono
dovute alle malattie croniche, sia in Europa sia in Italia. Alla base di queste patologie c’è lo stesso denominatore comune, fatto di
quattro fattori di rischio
principali: fumo, abuso di
alcol, alimentazione scorretta e inattività fisica.
L’obiettivo primario di
“Guadagnare salute” è
numero 71
quindi agire su questi quattro fattori di rischio, per
migliorare la salute dei cittadini, ma anche eliminare
disuguaglianze sociali e,
contemporaneamente, continuare a garantire la sostenibilità del sistema sanitario, in termini economici e
di efficacia.
Una novità
chiamata sinergia
Per realizzare questo piano
ambizioso, però, serve una
nuova cultura della salute,
in cui siano gli individui i
veri protagonisti, responsabili della propria qualità di
vita. Ma è altrettanto indispensabile che il Governo,
nella sua globalità, attui
delle strategie efficaci che
mettano ogni persona nelle
condizioni di fare scelte di
vita salutari.
Una delle novità di “Guadagnare salute”, infatti, è proprio la sinergia di vari ministeri, per dare maggiore
credibilità ai messaggi da
veicolare, consolidare il
rapporto tra cittadini e istituzioni, assicurare un’informazione univoca e completa e favorire la conoscenza
dei progetti fra i diversi ministeri ed enti interessati,
realizzando una vera e propria piattaforma nazionale
della salute. Questo, però,
non può prescindere dal
coinvolgimento delle amministrazioni regionali e locali, del Servizio sanitario nazionale, ma anche del mondo della scuola, dell’impresa e delle associazioni. Bisogna arrivare, infatti, a
un’intersettorialità che garantisca a tutti una migliore
qualità della vita. Per guadagnare salute, appunto.
Il programma si realizzerà
concretamente anche attraverso campagne informative, a cui si darà la più ampia risonanza con tutti mezzi di comunicazione.
La comunicazione si baserà
sulla trasmissione di concetti e messaggi semplici
ma incisivi, in grado, con il
tempo, di creare una sorta
di “assuefazione” positiva e
duratura. Si attueranno iniziative all’interno delle
scuole, coinvolgendo innanzitutto i docenti e i ragazzi,
in modo da conoscerne gli
stili di vita e correggerne i
comportamenti ritenuti poco salutari.
Partendo dalla scuola si po-
tranno raggiungere anche i
genitori e diffondere così
abitudini sane anche in famiglia. La formidabile capacità dei bambini di acquisire conoscenze e recepire
concetti è nota a tutti: fare
un buon lavoro fin dalla
scuola primaria metterà
quindi delle buone basi per
avere un domani degli adulti che sceglieranno comportamenti e stili di vita adeguati, e che saranno in grado di trasferirli anche nel
proprio ambiente familiare,
lavorativo e sociale.
Anche i luoghi di lavoro saranno coinvolti nel programma, grazie a soluzioni
e modelli nuovi che avranno influenze positive non
solo in ambito lavorativo,
ma in generale sulle abitudini di vita.
Bisogna che tutti cambino
mentalità e riconoscano che
vivere in modo sano significa vivere bene. Facilitare le
scelte salutari è quindi la
sfida per il futuro.
Oltre a investire nella prevenzione, bisogna far maturare nel Paese un approccio
rivoluzionario alla salute,
che diventa così responsabilità di tutti e non solo del
mondo sanitario.
7
Mangiare bene, soprattutto
frutta e verdura, ridurre il
consumo di alcol e di bevande o alimenti altamente
calorici, non fumare, praticare attività fisica: concetti
che non solo hanno basi
scientifiche solide, ma che
devono progressivamente
entrare a far parte del patrimonio collettivo, e non essere solo mode passeggere.
Un’ambizione grande, a cui
l’autore
Donato Greco
direttore del Centro nazionale per la prevenzione e
il controllo delle malattie
del ministero della Salute
[email protected]
sono chiamati a collaborare
tutti, dalle istituzioni alle
amministrazioni, dal mondo economico a quello produttivo, dalle associazioni
agli stessi cittadini.
Voglia di concretezza
Un primo segno di questa
volontà di concretezza è
stata la firma dei protocolli
d’intesa tra il ministro della
Salute, Livia Turco, e i rappresentanti di 22 organizzazioni appartenenti al mondo delle imprese, dei sindacati e dell’associazionismo,
avvenuta il 3 maggio 2007
alla presenza del Presidente
del Consiglio, Romano Prodi. Questi impegni formali
rappresentano il primo passo nella giusta direzione e
sono il segno evidente di
una volontà comune. Tutti i
rappresentanti delle organizzazioni coinvolte, infatti,
si sono impegnati a realizzare alcune iniziative specifiche nei loro rispettivi ambiti: dall’introduzione di distributori automatici di
frutta e verdura nelle scuole al miglioramento dell’etichettatura degli alimenti, fino alla sorveglianza della
qualità dei cibi nelle mense
scolastiche, aziendali e
ospedaliere. E ancora, la ricerca di dinamiche di offerta favorevoli alla diffusione
di alimenti in linea con i
comportamenti salutari, la
progressiva eliminazione di
messaggi pubblicitari ingannevoli e distorti, in modo da garantire la tutela dei
consumatori, in particolare
dei bambini.
Il percorso è stato avviato,
ma per raggiungere i risultati auspicati serve non solo
una grande determinazione,
ma anche la condivisione
con i cittadini degli obiettivi
del programma. Occorre
quindi metterne in luce la
fattibilità, attraverso la presentazione di esperienze
positive già in corso, per stimolare sempre più, tra gli
attori dei diversi settori
coinvolti, il percorso della
programmazione condivisa
e della collaborazione fra
istituzioni, amministrazioni
e comunità territoriali.
8
editoriale • numero 71
GUADAGNARE SALUTE
Non fumare, mangiare in
modo sano, fare attività fisica, non eccedere nel consumo
di alcol: quattro lasciapassare
per una vita in salute. Ma
non sempre scegliere uno stile
di vita sano è a portata di
mano, a volte è quasi impossibile, anche a causa della
mancanza di consapevolezza:
l’obiettivo del programma di
Governo “Guadagnare salute” è proprio rendere più
facili le scelte salutari e modificare quei comportamenti
che favoriscono l’insorgenza
di malattie croniche invalidanti come cardiopatie, diabete, cancro. È soltanto grazie a un’azione integrata e
interdisciplinare, che accanto
al sistema sanitario coinvolga
altri soggetti istituzionali e
della società civile, che si
potrà creare un contesto globale adatto a favorire scelte
salutari. Nel dossier di questo
numero Snop propone quindi
un viaggio fra le esperienze e
le proposte di attività di
diverse realtà locali, dal
Trentino alle Marche,
dall’Emilia Romagna al
Veneto, fino al Piemonte.
Con un occhio anche a direttive di respiro internazionale,
come quelle dell’Oms
Europa.
Europa in movimento
per una vita sana
Sonja Kahlmeier, Francesca Racioppi, Brian Martin
guadagnare salute e…
attività fisica
Fare in modo che l’attività
fisica diventi parte integrante della vita quotidiana
e non resti solo un’attività
facoltativa da aggiungere
alla fine di una giornata già
piena. Anche grazie a un
ambiente di vita che stimoli
a lasciare a casa l’automobile e ad andare a piedi o in
bicicletta.
Questa prima parte del dossier si apre con Hepa Europe, la rete europea per la
promozione dell’attività fisica che lavora con l’Ufficio
regionale per l’Europa dell’Oms per raccogliere e rendere accessibili evidenze
scientifiche, esempi di azioni
già intraprese, strumenti di
intervento ed esperienze esistenti. Dall’Europa si passa
poi all’Italia, con la presentazione di alcune promettenti esperienze locali: “Comunità in movimento” a Cesena, le iniziative della Provincia di Trento particolarmente attente agli anziani,
“Cuore sicuro” a Modena.
10
L’
attività fisica è fondamentale per migliorare la
salute fisica e mentale
delle persone. La sedentarietà,
infatti, è ormai riconosciuta come
uno dei principali fattori di
rischio per numerose malattie
croniche, tra cui cardiopatie, diabete, cancro del colon e della
mammella, sovrappeso e obesità.
Nell’Unione Europea, circa i due
terzi della popolazione adulta
non sono sufficientemente attivi
rispetto alle quantità raccomandate per la salute.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, ogni anno nella
Regione europea muoiono circa
600 mila persone a causa dell’insufficiente attività fisica, e più di
un milione come conseguenza di
sovrappeso e obesità. L’attività
fisica apporta benefici anche dal
punto di vista sociale, perché facilita le interazioni tra le persone
e l’inserimento nella comunità. Le
stime più recenti sui costi dell’inattività fisica a carico dei sistemi sanitari e della società sono
dell’ordine di diverse centinaia di
euro per cittadino all’anno.
L’ordine di grandezza del problema impone lo sviluppo di nuovi
approcci e collaborazioni. In particolare, sta crescendo l’interesse
verso interventi su larga scala, a
lungo termine e multisettoriali,
che promuovano l’attività fisica
nell’intera popolazione come parte integrante della vita quotidiana, e non come un’attività facoltativa da aggiungere alla fine di
una giornata già piena. Un approccio che ribadisce l’importanza della promozione di cambia-
menti dell’ambiente che sostengano maggiormente l’adozione di
stili di vita sani.
Molti Paesi europei stanno affrontando questo tema in termini
di sviluppo sia di politiche nazionali, sia di interventi che coinvolgono anche settori esterni a quello sanitario: educazione, sviluppo
urbano, trasporti, ambiente, tempo libero e sport.
In questo contesto, nel maggio
del 2005 è stata fondata Hepa Europe (www.euro.who.int/hepa), la
rete europea per la promozione
dell’attività fisica per la salute,
che lavora a stretto contatto con
l’Ufficio regionale per l’Europa
dell’Oms.
L’obiettivo è fornire una piattaforma per condividere le conoscenze e facilitare la diffusione e
l’attuazione di politiche e strategie basate sulle evidenze scientifiche disponibili. Rendendo fruibili evidenze scientifiche, esempi
di azioni già intraprese, strumenti di intervento ed esperienze esistenti, Hepa Europe vuole stimolare ulteriormente i Paesi a sviluppare politiche per la promozione dell’attività fisica e di stili
di vita sani.
All’attenzione di chi decide
Nonostante la vasta letteratura,
non solo scientifica, disponibile
sull’attività fisica, non esistevano
a livello internazionale materiali
specificamente indirizzati a sensibilizzare i decisori politici sulla
dimensione del problema e sull’opportunità di affrontarlo con
dossier guadagnare salute • numero 71
Dossier guadagnare salute
un approccio multisettoriale. Con
il documento “Physical activity
and health in Europe: evidence
for action”, pubblicato nel 2006
(www.euro.who.int/InformationSo
urces/Publications/Catalogue/200
61115_2), Hepa Europe ha cercato di colmare questo vuoto e raggiungere i decisori politici di
un’ampia gamma di settori con
messaggi mirati.
Redatta in stretta collaborazione
con Hepa Europe e con esperti
del settore, questa pubblicazione
mostra ai decisori politici i legami tra attività fisica e salute, i fattori che influenzano l’attività fisica e i possibili approcci per renderla parte della vita di ogni giorno. Illustra inoltre le evidenze
scientifiche a favore dell’attività
fisica come strumento di salute,
fornisce esempi di azioni già
intraprese, sottolinea i contributi
che possono essere dati dai diversi settori, non solo quello sanitario. Oggi l’attività fisica dovrebbe
essere vista come una necessità,
non come un lusso, mentre l’azione dovrebbe basarsi su alcuni
principi chiave:
adottare un approccio che miri
alla salute dell’intera popolazione
usare una definizione ampia di
attività fisica
migliorare l’ambiente per renderlo favorevole alla pratica
dell’attività fisica
lavorare a più livelli
basare i programmi sui bisogni dichiarati dei cittadini
adottare approcci multisettoriali, ampi ed efficaci
aumentare l’equità
utilizzare le migliori evidenze
scientifiche disponibili
essere sostenibile.
Muoversi in città
L’organizzazione delle città, la
progettazione dell’ambiente urbano e l’accesso all’ambiente natunumero 71
rale possono influire notevolmente sull’attività fisica di chi vive
nelle città: è questo il messaggio
chiave di “Promoting physical activity and active living in urban
environments. The role of local
governments: the solid facts”
(www.euro.who.int/InformationSources/Publ ications/Catalogue/20061115_1), una pubblicazione complementare sull’attività
fisica nell’ambiente urbano realizzata dal programma della Rete
europea delle città sane dell’Oms
(www.euro.who.int/healthy-cities).
Il documento, inoltre, mostra le
barriere presenti nei diversi ambienti sociali in cui le persone lavorano, studiano, giocano e vivono. Spesso, le persone più povere
e socialmente svantaggiate sono
le stesse che presentano i maggiori effetti negativi della sedentarietà sulla salute. Diventa quindi
fondamentale assicurare equità e
completezza delle azioni di promozione dell’attività fisica e di
uno stile di vita attivo, tenendo in
considerazione i bisogni e l’apporto di tutti i cittadini.
Sono presentati validi esempi di
attività fisica all’interno dell’ambiente urbano, di politiche basate
sulle evidenze scientifiche e di
azioni a livello locale. A differenza dell’altra pubblicazione, che ha
un target più ampio, questa è
diretta essenzialmente alle amministrazioni locali e ai funzionari
di diversi settori. In particolare, è
interessante per le città che aderiscono alla Rete europea delle città
sane.
Entrambe le pubblicazioni hanno
costituito un contributo importante per la Conferenza ministeriale europea dell’Oms sulla lotta
all’obesità, che si è tenuta a Istanbul nel novembre 2006 (www.euro.who.int/obesity/conference2006
), con l’obiettivo di stabilire una
visione comune e un dialogo per
la salute tra i principali attori per
la promozione di uno stile di vita
attivo. Nella Regione europea l’attività fisica può essere vista, una
volta di più, come un elemento
prezioso e gradevole di una vita
quotidiana in salute, accanto ad
attività come studiare, lavorare,
imparare, incontrare i propri vicini, riposarsi e divertirsi nel tempo
libero.
Una preziosa banca dati
Sono sempre di più i Paesi che intraprendono lo sviluppo di politiche per la promozione dell’attività fisica: queste esperienze potrebbero rivelarsi di grande valore per altri Paesi che stanno valutando l’adozione di strategie simili. Tuttavia, fino a poco tempo fa
non esisteva una panoramica europea completa.
Per diffondere e facilitare l’accesso a queste esperienze, Hepa Europe ha creato un inventario elettronico degli approcci, delle politiche e degli obiettivi relativi alla
promozione dell’attività fisica
adottati in diversi Paesi del mondo, per diffondere le esperienze
esistenti ma anche facilitare l’accesso a informazioni e conoscenze non immediatamente disponibili. Inoltre, il database fornisce
informazioni di base per sviluppare, adattare, attuare e valutare
politiche, progetti e interventi a livello nazionale e locale e, nello
stesso tempo, identifica le aree
geografiche o gli argomenti per
cui non ci sono informazioni e
azioni sufficienti.
L’inventario, consultabile all’indirizzo http://data.euro.who.int/physicalactivity, viene aggiornato
gradualmente, usando una combinazione di metodi e fonti differenti e consente la ricerca di documenti per paese e per settore.
La prima fase ha riguardato l’identificazione di documenti di
politiche nazionali. Nell’ottobre
2006, il database conteneva oltre
350 documenti, di cui 275 provenienti da Paesi membri della Regione europea dell’Oms e un centinaio da Paesi esterni alla Regio-
11
attività fisica e
tipo di documento
promozione
della salute
sport
trasporti
ambiente
totale
livello nazionale
politiche
32
7
12
1
52
raccomandazioni e linee guida
8
3
7
0
18
legislazione
3
0
0
0
3
conoscenze e informazioni
59
9
32
0
100
attività e programmi
27
2
9
0
38
129
21
59
1
211
totale
livello locale
politiche
10
2
12
0
24
raccomandazioni e linee guida
3
0
10
0
13
legislazione
0
0
0
0
0
conoscenze e informazioni
5
0
10
0
15
attività e programmi
5
0
6
0
11
23
2
38
0
63
totale
totale generale
274
Documenti sulla promozione dell’attività fisica nei Paesi della Regione europea dell’Oms
presenti nell’inventario, per tipo di documento e settore coinvolto (aggiornata a ottobre 2006)
ne, oppure da istituzioni internazionali. I documenti di provenienza europea sono elencati nella tabella in alto, suddivisi per tipologia e settore coinvolto. La maggior parte (il 77%) ha valenza nazionale e riguarda attività fisica e
promozione della salute, oppure
attività fisica e trasporti, mentre
un numero inferiore riguarda attività fisica e sport o ambiente. Lo
gli autori
Sonja Kahlmeier,
Francesca Racioppi
Centro europeo Oms
per l’ambiente e la salute
[email protected]
12
Brian Martin
Swiss Federal Institute of Sports
stesso vale per i documenti a carattere locale, la maggior parte
dei quali, tuttavia, è riferita ad attività fisica e trasporti.
I 52 documenti a indirizzo politico nazionale finora identificati
provengono da 22 Stati membri,
19 dei quali presentano almeno
un documento di politica nazionale focalizzato su attività fisica e
salute pubblica, oppure sulla promozione della salute. Inoltre, in
cinque Paesi è stato identificato
un documento di politica nazionale su attività fisica e sport e in
otto un documento su attività fisica e trasporti.
L’importanza per la salute di stili
di vita sani e di condizioni favorevoli all’attività fisica è sempre più
sentita. Il quadro di riferimento
per lo sviluppo di politiche in
questo settore è fornito da due
strumenti internazionali: la Strategia mondiale dell’Oms su dieta,
attività fisica e salute e la Carta
europea sulla lotta all’obesità, che
riconosce il ruolo dell’attività fisica al di là dei benefici legati alla
riduzione del sovrappeso e dell’obesità e che sostiene una visione
della società «in cui le scelte di salute siano rese più accessibili e
semplici per gli individui». Hepa
Europe vuole contribuire ad affrontare questa sfida, rendendo
disponibili i dati di fatto, gli
esempi di azioni già intraprese,
gli strumenti di intervento e le
esperienze esistenti. Uno stimolo
in più per i diversi Paesi a sviluppare politiche efficaci per la promozione stili di vita sani, come
l’attività fisica, e a rivedere le politiche esistenti per renderle ancora più efficaci.
dossier guadagnare salute • numero 71
Dossier guadagnare salute
In corsa per il counselling
nelle vie di Trento
Enrico Nava
L
a promozione dell’attività
fisica è ormai un investimento consolidato per la
Provincia autonoma di Trento,
che da diversi anni punta sulla
promozione di stili di vita corretti. Già nel 2003 l’Azienda sanitaria trentina aveva promosso l’istituzione di un tavolo tecnico a cui
avevano partecipato non solo gli
operatori sanitari, ma anche tutti
i soggetti potenzialmente interessati a collaborare a un programma incentrato sull’attività fisica
rivolto in particolare alla popolazione adulta o anziana: le associazioni sportive e quelle che tutelano i diritti degli anziani, il mondo
del sociale, l’ambiente universitario, gli enti locali.
Il panorama regionale
Come confermano le più recenti
indagini multiscopo dell’Istat, la
Provincia di Trento è sopra la media nazionale per quanto riguarda
l’attività motoria e sportiva praticata dai cittadini. Tuttavia, nell’ambito del tavolo di lavoro sono
emersi comunque dei margini di
miglioramento e la possibilità di
realizzare iniziative ulteriori. Inoltre, si è visto che all’interno del
target di popolazione considerato
possono esserci dei fattori che
ostacolano la scelta di praticare
attività fisica, primo fra tutti l’obbligo della certificazione medica
per iscriversi a corsi sportivi. Al
punto che una successiva delibera della Giunta provinciale nel
2004 ne ha decretato l’abolizione,
assimilando questo tipo di attinumero 71
vità a esercizi ludico-ricreativi.
Sempre nel 2004, sono state svolte alcune indagini per conoscere
meglio il fenomeno.
Tra queste, un censimento delle
iniziative per incentivare l’attività fisica, che ha messo in luce
come in circa il 45% dei comuni
trentini esista un’offerta attiva
prevalentemente orientata alla
ginnastica dolce o alla palestra, e
uno studio condotto tra i medici
di medicina generale per sondare
sia le conoscenze sul tema dei benefici dell’attività motoria nella
popolazione, sia la propensione
dei professionisti a consigliare i
propri assistiti.
Da entrambi gli studi è emerso
che le aree geografiche in cui c’è
una maggiore offerta di interventi
sono le stesse in cui i medici sono
più attivi sul fronte del counselling. Non per niente, la formazione mirata sui professionisti della
salute (prima i medici di assistenza primaria e poi infermieri del
territorio) è stata considerata una
priorità: nel 2004 e nel 2006 sono
stati realizzati interventi mirati di
formazione, organizzati con il
supporto scientifico del Centro di
bioingegneria e scienze motorie
dell’Università di Trento (Cebism,
www.form.unitn.it/cebism/).
A supporto della formazione, e
dell’attivazione di un counselling
efficace, è stata elaborata la “Guida per la promozione dell’attività
motoria nella popolazione anziana”, che ha rappresentato lo strumento per gli operatori per approfondire le conoscenze e acquisire le competenze per esercitare
un’azione efficace, orientando gli
attività fisica
utenti sulle proposte di attività fisica sul territorio.
Un successivo accordo di programma di promozione della salute ha coinvolto la Provincia autonoma di Trento, l’Azienda sanitaria, l’università e l’Istituto regionale di studi e ricerca sociale
(nel cui contesto opera l’Università della terza età), per implementare azioni comuni e integrate in questi campi: informazione e
sensibilizzazione a livello generale sui benefici dell’attività motoria, elaborazione di proposte per
un inquadramento regolamentato
delle attività di educazione motoria, definizione del livello qualitativo dell’offerta, promozione di
iniziative per la formazione e la
qualificazione di operatori, istruttori, insegnanti di educazione motoria impegnati in interventi sul
territorio, attuazione di azioni di
studio e ricerca sulle tipologie
qualificanti dell’offerta di educazione motoria rivolta agli anziani.
Il ruolo
dei medici di famiglia
In questo scenario, l’Azienda
sanitaria trentina ha esercitato
indubbiamente un ruolo proatti-
13
vo di advocacy nello stimolare
l’interesse delle istituzioni sul
sostegno a interventi di provata
efficacia.
Oltre ai corsi di formazione per
operatori sanitari, sono state realizzate anche iniziative di sensibilizzazione come la campagna
informativa sul ruolo dell’attività
fisica nella popolazione adulta e
anziana e, più recentemente, la
campagna sulla promozione dell’uso delle scale al posto dell’al’autore
Enrico Nava
unità operativa di assistenza
territoriale,
Distretto sanitario di Trento
[email protected]
scensore, che ha interessato tutte
le strutture gestite dalla pubblica
amministrazione provinciale e
dall’azienda sanitaria stessa.
Per il 2007 è in previsione la promozione dell’attività del camminare attraverso un progetto che
metta in rete le associazioni più
rappresentative del mondo sportivo locale.
In questo modo si cercherà di
organizzare in modo sufficientemente capillare sul territorio le
iniziative per coinvolgere i sedentari e creare occasioni ed eventi
per muoversi maggiormente.
Da una prima valutazione basata
sullo studio Passi (www.epicentro.iss.it/passi/) ed effettuata attraverso interviste campionarie a un
numero rappresentativo di cittadini trentini, è emerso che il con-
siglio a fare maggiore attività
fisica viene anche dal proprio
medico di famiglia. Un’altra ricerca, più mirata sui medici trentini
(oltre il 90% ha risposto all’indagine), ha evidenziato come le azioni di sensibilizzazione e formazione operate nei loro confronti
abbia permesso di incrementare
in modo sensibile il livello di
counselling praticato.
Possiamo quindi guardare con
soddisfazione il percorso di sensibilizzazione e di promozione del
counselling portato avanti finora
nella provincia di Trento: l’intenzione è quindi proseguire su questa strada mantenendo viva l’offerta formativa, ma anche cercando di coinvolgere gli operatori
sanitari in iniziative mirate sul
territorio in cui operano.
A Cesena
la comunità va a piedi
Mauro Palazzi, Francesca Castoldi, Nicoletta Bertozzi, Patrizia Vitali,
Francesca Righi, Giulia Franzoso, Elena Prati, Chiara Reali
attività fisica
M
14
ancanza di attività fisica
e sovrappeso: un binomio pericoloso, che può
pregiudicare anche in modo
drammatico la qualità e la durata
della vita. Secondo la letteratura
scientifica, l’attività fisica è fondamentale per la salute: svolgen-
done regolarmente la quantità
raccomandata si può infatti ridurre del 10% la mortalità dovuta a condizioni associate alla sedentarietà e a patologie gravi e
diffuse di natura cardiovascolare,
osteoarticolare, metabolica, tumorale, ma anche a traumi da caduta e depressione.
Tuttavia, le persone che svolgono
una sufficiente e regolare attività
fisica sono ancora poche (la
quantità raccomandata è di trenta minuti di attività moderata per
almeno cinque giorni alla settimana, oppure più di venti minuti
di attività intensa per almeno tre
giorni).
La situazione nel cesenate
Secondo i più recenti dati dello
Studio Passi (vedi anche Snop 68,
“Passi… avanti nella salute”), nel
territorio dell’Ausl di Cesena il
13% della popolazione conduce
una vita sedentaria e il 42% non
pratica sufficiente attività fisica.
La sedentarietà è più diffusa
soprattutto fra le persone di oltre
cinquant’anni, con basso titolo di
studio e di sesso femminile.
Per quanto riguarda il peso, la
stessa indagine ha rilevato che il
38% della popolazione è in sovrappeso e l’8% ha problemi di
obesità, un problema che aumendossier guadagnare salute • numero 71
Dossier guadagnare salute
ta con l’età e che sembra colpire
maggiormente la popolazione
maschile.
Per sviluppare un’azione di contrasto efficace bisogna partire
dalla conoscenza dei fattori che
possono influenzare l’adozione di
uno stile di vita sedentario, soprattutto fra gli adulti e gli anziani: cause intrapersonali, interpersonali, sociali e ambientali, da
considerare in modo integrato.
Tra i fattori intrapersonali ci sono la percezione soggettiva del
proprio stato di salute, il senso di
autoefficacia, le aspettative (o le
credenze) sui benefici dell’attività
fisica e la sperimentazione di situazioni di successo.
Per agire su questi fattori servono interventi di tipo informativo
ed educativo, come il counselling
da parte del medico di famiglia,
che nell’arco di uno o due anni
viene a contatto con tutti i propri
assistiti e può adattare ai singoli
le tecniche motivazionali.
Il supporto sociale, da parte di
amici, familiari, operatori sanitari è forse il fattore interpersonale
più importante: vanno quindi privilegiati gli interventi che prevedono attività fisica da svolgersi in
gruppo e coinvolgono famiglia e
amici.
Tra i fattori socioculturali, bisogna prestare particolare attenzione ai pregiudizi rivolti agli anziani, considerati non adatti a praticare attività fisica in quanto fragili o malati, che possono produrre un supporto sociale negativo
da parte dei familiari.
Inoltre, l’ambiente di vita può
condizionare in modo decisivo i
comportamenti individuali, incoraggiando condotte non salutari
(utilizzo eccessivo di automobili,
scale mobili e ascensori, troppo
tempo dedicato a guardare la televisione, lavoro spesso sedentario)
e favorendo lo sviluppo di sovrappeso e obesità soprattutto in
chi è già geneticamente predisposto. La pratica dell’attività fisica è
molto condizionata anche dal clinumero 71
ma e dalle stagioni, ma per favorirla è importante che ci sia una
buona disponibilità di spazi verdi, parchi attrezzati, piste ciclabili, percorsi pedonali sicuri e ben
tenuti. La fruibilità di questi spazi dipende anche dall’eventuale
presenza di traffico e dai tassi di
criminalità, reali e percepiti.
Le amministrazioni pubbliche devono quindi impegnarsi a fondo
per offrire queste condizioni al
cittadino, che a sua volta ha un
compito importante: più persone
camminano liberamente nelle
strade e negli spazi verdi, più la
presenza di eventuali malintenzionati diminuisce e la città diventa sicura.
Sul modello dei Cdc
La Task Force on Community
Preventive Services dei Cdc di
Atlanta ha condotto diverse revisioni sistematiche sugli interventi di comunità per incrementare
l’attività fisica e individuato sei
tipi di interventi raccomandati:
due informativi (campagne di
informazione per la comunità e
invito all’utilizzo delle scale collocato in punti strategici), tre sociocomportamentali (educazione all’attività fisica nelle scuole, interventi di supporto sociale nella comunità, come facilitare la creazione di gruppi di amici o di contatti con altre persone per condurre
specifici livelli di attività fisica,
cambiamenti dello stile di vita relativi al singolo individuo) e uno
di carattere politico e ambientale
(creazione o facilitazione dell’accesso alle strutture in cui si pratica attività fisica in associazione
ad attività di informazione).
Da alcuni anni il dipartimento di
Sanità pubblica della Ausl di
Cesena ha avviato degli interventi di promozione dell’attività fisica, per combattere gli effetti negativi sulla salute legati allo stile di
vita sedentario nella popolazione,
soprattutto nelle fasce più a
rischio (anziani e persone obese o
in sovrappeso).
Per fornire informazioni a supporto della necessità dell’attività
fisica è stata organizzata una
campagna informativa: dal 2002
a oggi sono stati prodotti e ampiamente diffusi opuscoli, cartoline e
manifesti, sono stati realizzati
una ventina di incontri pubblici
con la popolazione, una decina di
trasmissioni televisive e interviste radiofoniche in emittenti locali e oltre trenta articoli sui quotidiani locali (progetto “Muoversi
di più per vivere meglio”). Inoltre,
nei locali della Ausl, negli alberghi e in altri locali pubblici sono
stati affissi dei cartelli vicino agli
ascensori per invitare all’utilizzo
delle scale (progetto “Sali le scale
e sale la salute).
Un altro progetto ha previsto invece una formazione specifica
per i medici di medicina generale
su come aumentare la motivazione al movimento e l’attività fisica
nei propri pazienti obesi o in sovrappeso attraverso il counselling, condotto secondo il protocollo Patient-centered Assessment
and Counselling for Exercise (Pace, www.paceproject.org).
Al progetto hanno partecipato
145 pazienti con Bmi superiore a
27, presentatisi nell’ambulatorio
di dieci Mmg tra il maggio 2002 e
l’aprile 2003. I medici, appartenenti a un nucleo di cure primarie, sono stati appositamente formati attraverso un corso.
L’intervento di counseling, della
durata di circa 3-5 minuti, è stato
condotto durante la visita routinaria, basandosi sul modello
transteoretico del cambiamento
di Prochaska-DiClemente, che distingue le diverse fasi in cui si
può trovare il soggetto rispetto al
cambiamento del comportamento
(fase precontemplativa, contemplativa, della determinazione, dell’azione e del mantenimento).
Sono stati rilevati i seguenti parametri: aumento dell’attività fisica,
cambiamento del livello motiva-
15
zionale riferito, Bmi e circonferenza addominale. Il follow up è stato di circa nove mesi.
Il 71% dei pazienti sottoposti a
counselling ha aderito al progetto, mostrando un cambiamento
significativo dello stato motivazionale (gli attivi sono passati dal
20% al 34%) e un incremento dell’attività fisica praticata nel 64%
dei casi, con una corrispondente
riduzione di Bmi e circonferenza
addominale.
Il progetto prevedeva anche la
possibilità di partecipare a gruppi di autoaiuto organizzati
dall’Ausl (ai quali hanno partecipato il 23% dei pazienti) o a corsi
con preparatori sportivi, appositamente formati per l’esercizio di
pazienti in sovrappeso (con adesione scarsa da parte dei pazienti). Nei partecipanti ai gruppi di
autoaiuto l’incremento dell’attività fisica praticata e il calo del
Bmi sono stati maggiori.
Facendo un bilancio, il counselling si è mostrato capace di favorire l’aumento di attività fisica e il
livello motivazionale nei pazienti
aderenti al progetto, soprattutto
se correlato all’attività dei gruppi
di autoaiuto.
La creazione di gruppi di autoaiuto è stata anche l’oggetto di
un progetto specifico, vista l’efficacia nel fornire conoscenze e
gli autori
Mauro Palazzi,
Francesca Castoldi,
Nicoletta Bertozzi, Patrizia
Vitali, Francesca Righi
servizio di Epidemiologia e
comunicazione, Ausl Cesena
[email protected]
Giulia Franzoso
medico dello sport
16
Elena Prati, Chiara Reali
scuola di specializzazione in
Igiene e medicina preventiva,
Università degli studi di Bologna
strumenti per modificare gli stili
di vita, in particolare abitudini
alimentari e attività fisica, fra
persone obese e in sovrappeso.
Dal 2003 a oggi sono stati realizzati diciotto gruppi di autoaiuto. I
dati attualmente disponibili si riferiscono ai corsi effettuati fino al
dicembre 2006 su 16 corsi e 200
partecipanti, dei quali l’81,5%
(163 persone) ha partecipato con
continuità. A partecipare sono
state soprattutto donne (86%)
cinquantenni.
La valutazione dei corsi fornisce
risultati incoraggianti: se prima
del corso il 45% dei partecipanti
dichiarava di mangiare in modo
poco sano, alla fine del corso questa percentuale si è ridotta al 4%
e contestualmente è salita la
quota di coloro che hanno adottato un regime alimentare sano o
abbastanza sano (rispettivamente
dal 9 al 37% e dal 46 al 59%).
Inoltre, la percentuale di coloro
che si dichiarano motivati a mangiare in modo più corretto è cresciuta dal 35 al 52%. Anche la
percentuale di partecipanti che
praticano attività fisica secondo i
livelli raccomandati è cresciuta,
passando dal 14% al 33%.
Per quanto riguarda invece i cambiamenti cognitivi, la maggior
parte delle persone ha dichiarato
che il corso è stato efficace nell’aumentare le competenze su alimentazione e attività fisica.
Sul peso va fatta una considerazione a parte: il calo ponderale
registrato è stato in generale inferiore a quello atteso, ma si è mantenuto con successo nel periodo
di frequenza ai corsi.
In realtà la riduzione del Bmi si
può considerare un obiettivo secondario; è più importante indurre un cambiamento generale nello
stile di vita a partire da un’alimentazione equilibrata, con particolare attenzione alla pratica dell’attività fisica, che risulta essere
un forte fattore protettivo nei confronti delle patologie legate all’obesità e sembra fornire benefici
indipendentemente dalla riduzione ponderale. Infine, si è cercato
non solo di creare, ma anche di facilitare l’accesso alle strutture dove si pratica attività fisica, intervenendo sulle condizioni socioambientali.
Il progetto “San Mauro si mette in
moto”, realizzato nel Comune di
San Mauro Pascoli, ha offerto alla
popolazione di partecipare a
quattro incontri settimanali gratuiti di ginnastica e di thai chi
chuan, svolti nei parchi del paese.
Nel 2003, hanno aderito alla prima fase del progetto circa duecento persone, soprattutto donne
(84%) tra i 45 e i 64 anni (51%).
Dall’analisi dei dati emerge che
l’attività fisica ha portato benefici a quasi tutti i partecipanti, sul
piano sia fisico sia relazionale.
Il progetto è proseguito anche nei
mesi invernali, in una palestra
messa a disposizione dal Comune
dove, con un piccolo contributo
mensile da parte dei partecipanti,
l’iniziativa continua tuttora.
Muoversi insieme
Nel 2004 è stata elaborata inoltre
la “Mappa delle risorse per la
pratica della attività fisica”, diffusa attraverso i giornali delle amministrazioni comunali e del volontariato a tutti i cittadini, specialmente agli anziani.
Di recente, lo scorso aprile è partito ufficialmente il progetto “Cesenatico cammina”, che propone ai
cittadini dei percorsi da praticare
in gruppo nelle vie della città, in
spiaggia e nei parchi. Alle prime
iniziative organizzate, camminate
collettive per far conoscere i percorsi e favorire la creazione di
gruppi di camminatori, hanno
partecipato circa 150 persone.
Guardando in prospettiva, i primi
risultati di tutte queste iniziative
sono incoraggianti e ci insegnano
come non basti la sola informazione ed educazione, ma sia fondamentale creare delle condizioni
dossier guadagnare salute • numero 71
Dossier guadagnare salute
ambientali e sociali che facilitino
il movimento e l’attività fisica.
Bisogna puntare sulle attività di
gruppo, che stimolano la socializzazione e il sostegno reciproco. E
in questo il medico di medicina
generale ha un ruolo strategico,
perché può riuscire a motivare
tutte quelle fasce di popolazione
come anziani, malati, persone con
basso livello di scolarizzazione
che, pur essendo più a rischio, sono più difficili da raggiungere.
La descrizione dettagliata di tutti
i progetti è disponibile sul sito del
dipartimento di sanità pubblica
dell’Ausl di Cesena (www.ausl-cesena.emr.it/Azienda/SanitàPubblica/tabid/200/Default.aspx), nella sezione dedicata alla promozione della salute.
Camminare
mette il cuore al sicuro
Ferdinando Tripi, Gustavo Savino, Claudio Gavioli, Mara Chiossi,
Sabrina Severi, Gianfranco De Girolamo
È
un atto automatico, che impariamo fin da piccoli. Fa
parte della vita quotidiana,
ma per il nostro organismo è molto di più: camminare fa bene innanzitutto al nostro stato psicologico e ai nostri muscoli, dal cuore
a quelli delle gambe e del tronco,
ma anche alle articolazioni. Non
solo: è importante per il controllo
del peso, modula il metabolismo
lipidico e contribuisce quindi alla
prevenzione del diabete e degli attacchi cardiaci, tanto da assumere una funzione riabilitativa dopo
eventi patologici come l’infarto
del miocardio. Senza dimenticare
l’effetto positivo sul metabolismo
osseo e quindi la protezione dall’osteoporosi, particolarmente importante in età avanzata. Oggi
agli anziani non si raccomanda
più il riposo assoluto in ogni caso:
il movimento è entrato a pieno diritto fra gli stili di vita corretti
che consentono di combattere
malattie cardiache, metaboliche e
dell’apparato locomotore. Ovviamente l’attività deve essere dosata al punto giusto, per non sovraccaricare un motore che ha già
accumulato molti chilometri. Se
poi al movimento viene associata
numero 71
una dieta equilibrata, l’effetto positivo aumenta ancora di più.
attività fisica
Un compito personalizzato
Che nella terza età “movimento e
sana alimentazione” sia un binomio vincente è ribadito anche dalle attuali evidenze scientifiche,
che invitano ad agire a più livelli
(Stati, Regioni, enti, servizi sanitari) per favorire le scelte più salutari. È in questo scenario che si
inserisce il progetto “Cuore sicuro”, avviato fin dal 1997 dal servizio di Medicina dello sport dell’Ausl di Modena, in stretta collaborazione con l’associazione “Gli
amici del cuore” della città e, dal
2006, anche con l’Unione italiana
sport per tutti (Uisp).
L’obiettivo è promuovere nella
terza età (55-75 anni) l’attività fisica e un’alimentazione sana, grazie a un’equipe di professionisti
composta da un medico esperto
in riabilitazione motoria, un medico cardiologo, un tecnico di cardiologia e un nutrizionista, con il
prezioso supporto dei volontari
dell’associazione “Gli amici del
cuore” per la gestione di alcuni
aspetti organizzativi.
Il protocollo di lavoro prevede una
visita generale, con particolare
attenzione ai disturbi di ossa,
muscoli e articolazioni, un elettrocardiogramma a riposo, la misurazione della pressione arteriosa e
un breve colloquio nutrizionale. Il
colloquio, insieme alla registrazione dei dati antropometrici (peso
corporeo, altezza e circonferenza
della vita), permette di individuare le eventuali abitudini alimentari che si possono migliorare.
A tutte le persone ritenute idonee
viene quindi effettuato un test del
cammino, con registrazione della
frequenza cardiaca, che consiste
nel percorrere a passo veloce la
distanza di due chilometri (vedi
tabella nella pagina successiva).
Dopo aver rielaborato i dati raccolti nei diversi passaggi, l’equipe
17
gli autori
Ferdinando Tripi, Gustavo
Savino, Claudio Gavioli,
Mara Chiossi
servizio di Medicina dello sport,
dipartimento di Sanità pubblica,
Ausl Modena
[email protected]
Sabrina Severi
Sian, unità operativa di Igiene
della nutrizione, dipartimento di
Sanità pubblica Ausl Modena
Gianfranco De Girolamo
servizio di Epidemiologia,
dipartimento di Sanità pubblica,
Ausl Modena
assegna a ogni utente una sorta
di compito: in una lettera indirizzata al medico curante, in cui sono riportati i dati più significativi
e una valutazione generale, si
suggerisce di percorrere tre chilometri a piedi almeno due volte alla settimana, in un arco di tempo
che è la proiezione del risultato
ottenuto con il test del cammino,
e di integrare quest’attività con
altri momenti dedicati all’attività
fisica strettamente personalizzati
(ginnastica dolce, nuoto, ecc).
Particolarmente rilevante è l’invito a raggiungere o a mantenere
un peso corporeo ragionevole,
identificato durante il colloquio
nutrizionale. Le valutazioni finali
sono archiviate in un’apposita
scheda, in formato sia cartaceo
sia elettronico, che consente il
confronto a distanza.
Inizialmente, tutti i partecipanti
venivano sottoposti a una visita
di controllo a dodici mesi di distanza e, per chi lo desiderava, il
protocollo si protraeva anche negli anni successivi. Nell’attuale
schema di lavoro i controlli sono
invece previsti a sei mesi e dopo
un anno, per focalizzare l’attenzione sui parametri di efficienza
motoria, flessibilità muscolare e
del rachide, funzionalità dell’apparato cardiocircolatorio, incremento della performance e sulla
variazione del peso corporeo. Al
controllo semestrale, gli utenti
che risultano aver seguito i suggerimenti proposti durante la prima visita sono invitati a continuare, mentre chi dimostra una
certa riluttanza e non ha svolto il
programma suggerito viene spronato a seguire i consigli e quindi
a migliorare le abitudini di vita.
Trasformare le abitudini
Dopo dieci anni di attività, il percorso proposto ha permesso di
coinvolgere circa tremila persone
dai 55 in su, ognuna delle quali
ha potuto toccare con mano il
proprio stato di salute e la propria efficienza fisica. Per molti è
stata la prima vera occasione per
svolgere attività fisica e l’incentivo per continuarla in sicurezza.
Per creare un percorso che potesse realmente incidere sulle scelte
di vita quotidiana sono stati comunque necessari diversi aggiustamenti in itinere.
Dai controlli è emerso molto entusiasmo tra gli anziani coinvolti,
molti dei quali sono stati stimolati a migliorare il loro stile di vita.
L’elaborazione dei dati raccolti in
Parametri medi di partenza dei partecipanti al progetto
“Cuore sicuro”
18
maschi
femmine
totale
Bmi
27,22 (±3,51)
26,34 (±3,98)
26,85 (±3,98)
tempo per 2 km (minuti)
18,92 (±2,57)
20,42 (±2,37)
19,58 (±2,59)
collaborazione con il servizio di
Epidemiologia ha messo in luce
una certa quota di utenti che,
nonostante gli stimoli, non hanno
modificato le loro abitudini. Si
sono quindi cercate alternative
per i più refrattari, per esempio
anticipando il primo controllo a
sei mesi e il secondo a dodici mesi
per incentivare l’adesione. Nei
controlli l’equipe ha evidenziato
l’adesione al programma suggerito e la messa in pratica dei consigli alimentari in base ai parametri
valutati.
Dai primi controlli abbiamo
riscontrato una maggiore osservanza del protocollo e soprattutto
abbiamo potuto sensibilizzare con
incisività i più refrattari. I controlli a un anno non sono ancora stati
effettuati e rappresenteranno una
tappa fondamentale per la valutazione complessiva del nuovo percorso di salute proposto.
Grazie alla collaborazione con Uisp, abbiamo potuto usufruire delle palestre e delle piscine comunali gestite direttamente dall’ente,
una risorsa importante per promuovere un’integrazione mirata
dell’attività motoria, attraverso
diversi tipi di ginnastica personalizzati in base alle singole esigenze e condizioni generali.
Inoltre, non sono secondari l’aspetto associativo e il piacere di
muoversi insieme, che promuovono e stimolano i contatti sociali
tra gli anziani, mettendoli a confronto con limiti da superare di
volta in volta.
Le risorse impiegate e i dati raccolti nei prossimi anni di attività
permetteranno poi di chiarire meglio le modalità e le tempistiche
più efficaci per programmare interventi di sanità pubblica in grado di migliorare le abitudini di vita nella terza età.
“Cuore sicuro” è quindi in ultima
analisi un’opportunità. Quella di
essere seguiti per un anno da una
squadra di professionisti della
salute e di trasformare i consigli
in abitudini di vita salutari.
dossier guadagnare salute • numero 71
Dossier guadagnare salute
Quando i giovani educano
i giovani
Elisabetta Benedetti, Annalisa Cardone
T
redici anni: è questa l’età
in cui mediamente i giovani vengono per la prima
volta a contatto con una bevanda
alcolica. Un’esperienza che spesso prende la forma di un’abitudine quotidiana, con proporzioni
via via sempre più rilevanti. Oggi
il consumo di alcol fra i giovani si
accompagna infatti anche a una
modificazione, in senso negativo,
delle abitudini, delle modalità e
delle ragioni che riguardano l’uso
e l’abuso di questa sostanza.
Tra i comportamenti a maggior
rischio c’è sicuramente il cosiddetto binge drinking, ovvero l’abitudine, tipica dei fine settimana, a
consumare eccessive quantità di
alcol in una sola occasione. Per far
fronte a queste problematiche,
l’attività di prevenzione è sempre
più orientata a migliorare la capacità delle persone di identificare, e
quindi di ridurre, i principali fattori di rischio, adottando invece
stili di vita corretti e positivi.
La prevenzione
arriva a tutti
Negli ultimi anni, nelle Marche
sono stati realizzati molti progetti a partire dal mandato istituzionale del “Testo unico per il contrasto alle tossicodipendenze” del
1990, che assegna ai servizi per le
Tossicodipendenze la funzione di
prevenzione, cura e riabilitazione
anche nella problematica dell’alcolismo. La prevenzione dell’uso
e dei rischi connessi al consumo
di alcol viene quindi effettuata
dai dipartimenti per le Dipendennumero 71
ze, all’interno della più ampia attività di prevenzione delle condotte a rischio.
La Delibera 747 della Giunta regionale del 2004 (“Atto di riordino
del Sistema regionale dei servizi
per le Dipendenze”) ha quindi
identificato la prevenzione come
aspetto prioritario e strategico
del sistema regionale, indicando
come gli interventi debbano svilupparsi su due piani tra loro
strettamente coordinati e interconnessi, anche per favorire l’emergere del cosiddetto “sommerso”: il piano della rete di promozione della salute e la funzione di
“antenna sensibile”, con interventi sul contesto socioambientale, e
il piano della rete di intercettazione del disagio e contatto precoce,
per ridurre i rischi e il danno e
progettare i primi interventi.
I progetti regionali si sviluppano
attraverso collaborazioni istituzionali tra aggregazioni di Comuni, Comuni, Zone territoriali Asur
(Ausl) e distretti, mentre gli operatori coinvolti appartengono sia
ai servizi pubblici sia ai servizi
del privato sociale accreditato e
del mondo della cooperazione. Le
attività vengono finanziate con
fondi regionali e hanno una programmazione annuale o al massimo triennale, aspetto questo di
particolare criticità.
A partire dai primi interventi
svolti nelle scuole (centri di informazione e consulenza, formazione dei formatori, campagne informative) e nei centri per i giovani
(centri di aggregazione giovanile,
Informagiovani, associazioni) si è
assistito successivamente a un
guadagnare salute e…
alcol
Nella Regione europea dell’Oms, circa il 60 per cento
del carico globale di malattia è causato da sette fattori
di rischio principali: tra
questi, l’alcol si colloca al
terzo posto, dopo ipertensione e tabagismo.
Non solo: è anche il fattore
principale di disabilità e di
mortalità fra i giovani europei e, soltanto in Italia, è responsabile di ben 30 mila
morti ogni anno.
In questa parte del dossier,
dedicata alla prevenzione
dell’abuso di alcol, presentiamo due interessanti esperienze regionali, una nelle
Marche e l’altra in Veneto,
che affrontano due particolari aspetti del problema:
l’aumento del consumo di
alcolici fra i giovani, sempre più precoci nell’iniziare
a bere, e l’impatto dell’alcolismo negli ambienti di lavoro, aspetto spesso sottovalutato (se non addirittura
completamente ignorato)
all’interno delle aziende.
19
ampliamento del ventaglio delle
proposte preventive anche attraverso le unità di strada (area del
divertimento giovanile, discoteche, rave party, eventi di piazza) o
realizzando eventi sportivi, formativi o di altra natura.
In generale, l’attività preventiva
tende a raggiungere anche quelle
persone che spontaneamente non
richiederebbero un aiuto in tal
senso (siti internet, campagne telematiche, materiale informativo,
manifesti), attraverso attività formative e informative tra gli operatori della notte, come dj, pr e
personale delle discoteche. Anche
gli strumenti si sono modificati e
aggiornati, fino a raccogliere e rilanciare i mezzi di comunicazione
più usati, spesso passivamente,
dai giovani in una formula del
tutto diversa: videogame sui temi
della prevenzione, Street tv di
quartiere, ricerca di slogan che
utilizzino i codici giovanili.
Dalla strada
al mondo della notte
In termini di target, ci sono stati
cambiamenti significativi: oltre a
dare continuità agli obiettivi legati alla prevenzione dell’abuso di
sostanze stupefacenti vecchie e
nuove (eroina, chetamina, ecstasy, anabolizzanti) e della trasmissione delle patologie sessualmente trasmesse (soprattutto Aids ed
epatiti), è cresciuto l’interesse verso temi prima poco affrontati come alcolismo, tabagismo, abuso
le autrici
Elisabetta Benedetti
servizio Salute Regione Marche
elisabetta.benedetti@
regione.marche.it
20
Annalisa Cardone
dipartimento Dipendenze
Asur Zona Territoriale 7,
Ancona
di psicofarmaci. Essendo rivolte
agli adolescenti, le attività preventive utilizzano percorsi alternativi e nuove strategie comunicative: materiali divulgativi (fumetti, opuscoli) ad hoc, consulenze sul disagio, promozione del
protagonismo giovanile, educazione alla salute.
Tra le metodologie di intervento
adottate, la peer education (“educazione tra pari”) è una delle più
interessanti: si tratta di un processo educativo che offre, a un
gruppo motivato, l’opportunità
di sviluppare consapevolezza,
conoscenze e qualità necessarie
per diventare leader su un determinato argomento, che viene poi
trasmesso e condiviso nel gruppo
allargato. I peer educator agiscono quindi da facilitatori di cambiamento degli atteggiamenti nei
confronti dei loro coetanei. Per
quanto riguarda in particolare
l’alcol, vengono sviluppate azioni
di informazione, educazione e
sensibilizzazione per migliorare
la percezione del rischio associato
al consumo di bevande alcoliche,
la conoscenza degli effetti dell’alcol sull’organismo e di quanto
alcol è contenuto nelle diverse
bevande alcoliche.
Anche le attività preventive attuate tramite le Unità di strada
utilizzano strumenti nuovi, sperimentandone l’efficacia in spazi terapeutici e contesti diversi da
quelli offerti dai servizi tradizionali. Questi servizi cercano inoltre di effettuare una mappatura
dettagliata del territorio per stabilizzare le relazioni degli operatori delle unità mobili con la popolazione giovanile, anche coinvolgendo attivamente la comunità locale.
Le attività di informazione ed
educazione alla salute consistono
in campagne di sensibilizzazione,
counselling informale, informazione e, quando necessario, orientamento verso i servizi sociosanitari, ma anche azioni specifiche
rivolte al cosiddetto “mondo della
notte” (discoteche, pub, feste,
concerti), con il coinvolgimento di
forze dell’ordine, gestori dei locali e organizzatori di concerti. In
diversi casi è previsto l’utilizzo
dell’etilometro per la prevenzione
dell’abuso di alcolici, anche in
rapporto alla guida di automezzi.
In generale, gli interventi, oltre a
promuovere la salute e il benessere, mirano anche all’attivazione e
alla promozione sociale nel territorio raggiunto.
Questo obiettivo è tanto più realizzabile quanto più il sistema di
servizi è integrato e l’attività preventiva è frutto dell’incontro tra
istituzioni, enti e gruppi di popolazione diversi, oltre che del confronto tra operatori appartenenti
a contesti e servizi differenti.
I percorsi preventivi dovrebbero
nascere integrati sin dalla fase
dell’individuazione dei bisogni:
coinvolgendo a vari livelli, secondo le proprie peculiarità e competenze, i diversi soggetti territoriali, procedendo in termini di coprogettazione, sviluppandosi in azioni coerenti e coordinate e prevedendo un monitoraggio in itinere
e una valutazione congiunta, con
un’ampia circolarità degli esiti.
Per sostenere una rete che promuova salute e stili di vita sani in
maniera integrata in tutta la
Regione.
Questo articolo è una versione
sintetica di quanto contenuto
nel cd-rom “Manifestazioni di
interesse per progettualità
operative condivise
di integrazione sociosanitaria”,
a cura dell’Asur Marche.
dossier guadagnare salute • numero 71
Dossier guadagnare salute
Alcol e lavoro,
un bicchiere mezzo pieno?
Emilio Cipriani
P
roviamo a indossare i panni
di un imprenditore che in
azienda ha un lavoratore alcolista ed è preoccupato per la sicurezza. La sua associazione datoriale non sa dargli consigli facilmente percorribili. La Asl dice
che c’è una norma recente che
vieta il consumo di alcol sul lavoro, che prevede, tra l’altro, la possibilità di fare controlli alcolimetrici, però non è ancora in grado
di fornire procedure consolidate.
Sembra una situazione kafkiana.
In realtà è solo complessa e, come
tale, non può avere una soluzione
semplice.
Un quadro preoccupante
Innanzitutto c’è una grave carenza di conoscenze sulla correlazione tra alcol e salute, comportamenti sociali, lavoro. Per esempio,
è nota l’associazione tra alcol e
malattie del fegato: l’Italia detiene in Europa il primato della
mortalità per cirrosi epatica, con
un’incidenza del 34 per 100 mila
abitanti all’anno. Meno nota, invece, la relazione con molte altre
patologie: cancro dell’esofago e
dello stomaco, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, cardiopatie dilatative, pancreatiti, esofagiti, gastriti, miopatie, osteoporosi, infertilità, neuropatie, demenza precoce.
In Europa il 60 per cento del carico di malattia è causato da sette
fattori di rischio principali. Tra
questi, l’alcol è al terzo posto dopo ipertensione e tabagismo, davanti a ipercolesterolemia, sonumero 71
vrappeso, alimentazione scorretta, inattività fisica. Inoltre, l’alcol
è il fattore principale di disabilità
e di mortalità fra i giovani europei e, in Italia, è responsabile di
30 mila morti all’anno.
Il Piano nazionale alcol e salute,
pubblicato nel febbraio 2007, attribuisce all’alcol il 9 per cento
del totale delle cause di morte nella Regione europea dell’Oms.
Gli effetti dell’alcol sui comportamenti dei singoli, e quindi sugli
aspetti sociali, sono altrettanto
preoccupanti dei danni diretti
sulla salute. Per molte generazioni il consumo “normale” di alcol è
rimasto legato alle abitudini alimentari e il consumo di vino era
limitato ai pasti. Oggi i giovani
non bevono affatto alcolici a tavola. Piuttosto, li assumono fuori
pasto, negli happy hour e nei dopo cena, quando si sperimenta il
binge drinking. La tendenza, tipica degli ultimi anni, a bere fuori
pasto o per lo “sballo” aggiunge
così due nuove modalità di comportamento pericoloso, che tuttavia non rientrano ancora nel campo dell’alcoldipendenza.
Secondo uno studio della Federazione italiana di medicina generale (Fimmg), condotto in Veneto su
oltre 60 mila cittadini che frequentano l’ambulatorio del medico di base, il 3,5 per cento della
popolazione ha problemi di dipendenza franca da alcol, mentre
l’8,5 per cento ha comportamenti
pericolosi alcolcorrelati.
Questi comportamenti hanno
conseguenze sociali importanti
per i giovani: scarso rendimento
nello studio, abbandono scolasti-
alcol
co, conflitti in famiglia, violenze
di gruppo, ma anche ritardi al lavoro, errori di produzione, litigi
con i colleghi, assenteismo, alto
turnover nel lavoro, difficile adattamento al posto di lavoro, problemi nel lavorare in gruppo,
infortuni frequenti.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, almeno il 10
per cento degli infortuni sul lavoro sono attribuibili all’alcol e non,
come si è portati a pensare, a imprudenza, negligenza, mancata
informazione e formazione. Se il
comportamento pericoloso alcolcorrelato è causa di difficoltà scolastiche, infatti, non deve stupire
che sia anche causa di scarso apprendimento professionale, mancata osservanza di procedure e regole aziendali, disinteresse per il
lavoro.
Oltre la punta dell’iceberg
L’imprenditore, quindi, spesso
non sospetta che alcuni dei problemi che si ritrova nell’organizzazione del lavoro aziendale possano dipendere dall’alcol: vede
soltanto la punta dell’iceberg, ma
non il problema grave, che sta
sotto il livello di osservazione ma
21
l’autore
Emilio Cipriani
Spisal, Azienda Ulss 22,
Bussolengo (VR)
[email protected]
22
che oggi è indagabile con opportune metodiche. Anzi. La valutazione dei comportamenti pericolosi alcolcorrelati rientra tra gli
obblighi aziendali di sicurezza
(vedi articolo 4 del decreto 626),
in tutte quelle aziende che comprendono una delle attività elencate nell’allegato 1 del decreto del
16 marzo 2006 collegato alla
Legge 125 del 2001 (vedi Snop 68,
“Quando la prevenzione passa
per la bottiglia”).
La valutazione di un rischio che
non è ambientale, ma legato ai
comportamenti individuali dei lavoratori, va affrontata solo con
l’intervento del medico competente, nel ruolo di consulente del datore di lavoro e non di medico certificatore. Pur non avendo competenze diagnostiche, il servizio di
Prevenzione e protezione aziendale (Spp) può rilevare molti dati relativi alla produttività che non sono necessariamente segni di problemi alcolcorrelati, ma che è comunque opportuno segnalare al
medico aziendale: assenze per
malattia, ritardi al lavoro, infortuni, incidenti mancati, errori di
produzione, litigi, conflitti, comportamenti avversi. Grazie alla
valutazione dei comportamenti a
rischio per problemi correlati all’alcol, si possono promuovere interventi di assistenza, tutela e
prevenzione.
Il medico competente può valutare sia la situazione complessiva
aziendale, sia quella dei casi specifici, se considera le segnalazioni
dell’Spp, i risultati di studi epidemiologici avviati in azienda nel rispetto dell’anonimato, gli esami
di laboratorio routinari, l’anamnesi e l’osservazione clinica, even-
tualmente integrata in un rapporto di counselling con i lavoratori
(poco utile, invece, il ricorso alla
determinazione dell’alcolemia).
Quando la valutazione del rischio
mette in luce comportamenti non
corretti vanno programmati
interventi di informazione, sensibilizzazione e formazione rivolti a
tutta l’azienda, e non solo ai soggetti a rischio. La materia è molto
specialistica e il medico competente deve lavorare in stretta collaborazione con i dipartimenti di
Prevenzione e delle Dipendenze,
che possono fornire un contributo utile al datore di lavoro e ai
lavoratori.
In questo caso una corretta valutazione del rischio deve essere
preceduta da un’azione di informazione (marketing sociale) in
azienda, con la diretta partecipazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls), dopo
la necessaria condivisione delle
organizzazioni sindacali.
Potendo dimostrare di aver affrontato la questione con metodo
scientifico, ma anche analizzato
la situazione al di là delle apparenze e oltre il semplice obbligo di
legge, il nostro imprenditore potrà così tutelare se stesso da conseguenze legali in caso di incidente. Non solo. Avrà creato anche
un clima collaborativo utile anche
all’alcolista che, con l’aiuto del
medico competente e del servizio
di Alcologia della Asl, sarà più
facilmente indotto a entrare in terapia, superando l’ostacolo di ammettere il proprio problema, nel
pieno rispetto della privacy.
venzione, del volontariato sociale.
Il progetto intende riproporre a
livello provinciale il coinvolgimento delle parti sociali nella diffusione presso le aziende di un
modello di intervento già sperimentato: la definizione di una
politica aziendale per la salute
che trova sviluppo in programmi
di sensibilizzazione e formazione
della dirigenza e dei lavoratori e
in un miglioramento delle relazioni con le istituzioni del territorio.
Inoltre, considerato il forte ruolo
del medico competente, è stata
realizzata una prima edizione di
un corso di formazione sul counselling per medici competenti nell’ambito del Piano regionale di
attività 2005-2007 degli Spisal,
che intende coinvolgerli nelle
azioni di promozione della salute.
Gli ambienti di lavoro permettono infatti soluzioni particolarmente efficaci per la lotta al tabagismo e all’alcolismo, ma le aziende devono avere a disposizione
medici preparati ai nuovi bisogni
di salute. Oggi l’impresa ha maggior interesse a tutelare la salute
delle proprie risorse umane
rispetto alle malattie croniche
piuttosto che alle patologie professionali.
Oltre a rispondere all’esigenza di
ridurre il maggior costo del Sistema sanitario nazionale, la prevenzione delle malattie croniche rappresenta una risposta adeguata
per affrontare problemi reali per
l’organizzazione del lavoro come
le assenze per malattia, la riduzione di produttività, le limitazioni dell’idoneità lavorativa.
Prevenzione,
un interesse comune
In Veneto è in corso un’esperienza, coordinata da un tavolo regionale, a cui partecipano le associazioni datoriali e sindacali, la
Direzione regionale dei servizi
sociali, operatori dei servizi territoriali delle dipendenze, della predossier guadagnare salute • numero 71
Dossier guadagnare salute
“Prevenire creando”:
un laboratorio per la salute
Germana Piancastelli, Gianalberta Savelli, Claudia Monti, Franca Gentilini
ondividere esperienze e
percorsi di prevenzione e
promozione di stili di vita
sani nella scuola secondaria di secondo grado: è questa l’anima di
“Prevenire creando”, festival regionale giunto alla sua terza edizione e organizzato dal dipartimento di Sanità pubblica dell’Ausl di Ravenna, in collaborazione
con l’Istituto oncologico romagnolo, che stanno lavorando attivamente nella prevenzione e cura
dell’abitudine al fumo diffondendo i programmi promossi dal
Gruppo regionale tabagismo.
L’evento, organizzato dalla Lega
Tumori di Reggio Emilia nelle
due precedenti edizioni, si è svolto dal 3 al 5 maggio scorso, con
l’obiettivo di stimolare incontri e
relazioni tra operatori provenienti dalla sanità, dall’associazionismo, dall’educazione e dalla formazione e favorire la conoscenza
di nuovi strumenti e metodi per
fare prevenzione e promozione
della salute.
C
Da pari a pari
La prevenzione è particolarmente
rivolta ai giovani con la diffusione di progetti che raggiungono
target diversi, dalla scuola dell’infanzia e primaria fino alla scuola
secondaria di primo e secondo
grado. La metodologia adottata
prevede la formazione degli insegnanti da parte del gruppo di lavoro, che si prende cura poi di seguire le loro esigenze durante la
realizzazione delle attività in classe. Nella scuola superiore, oltre
numero 71
ad attività curriculari che gli insegnanti inseriscono nelle loro lezioni con i ragazzi, già da qualche
anno vengono portate avanti alcune esperienze di sensibilizzazione e aumento della percezione
del rischio associato al fumo attraverso la peer education, o educazione tra pari. La prima scuola
a utilizzare questa metodologia
educativa è stata l’Isis CallegariOlivetti, che già dal 2001 ha partecipato a un progetto regionale
pilota rivolto ai giovani delle classi seconde e terze.
Completato il percorso formativo,
all’inizio dell’anno scolastico successivo questi ragazzi hanno realizzato un percorso di consapevolezza sulla dipendenza e i danni
legati al fumo rivolto alle classi
prime, utilizzando strumenti attivi capaci di coinvolgere i più giovani. Questi momenti si inseriscono nei percorsi di accoglienza
delle classi prime, in cui vengono
trasmessi anche il regolamento
della scuola e le regole relative al
divieto di fumo.
L’esperienza è stata ricca di risultati sia per i ragazzi che hanno ricevuto la formazione e si sono
messi a servizio dei più piccoli,
sia per chi ha ricevuto le informazioni con una modalità più coinvolgente e mediata dai compagni
più grandi. Successivamente, il
modello dell’educazione tra pari è
stato adottato anche da due licei
di Ravenna, l’artistico “P.L. Nervi” e il classico “Dante Alighieri”.
Nell’ambito della Regione EmiliaRomagna diverse altre scuole
stanno realizzando esperienze simili, anche per la prevenzione
guadagnare salute e…
fumo
In Europa il fumo di tabacco è uno tra i quattro fattori di rischio maggiori associati a disabilità e morte. In
Italia sono in aumento i
fumatori tra i giovani e tra
le donne, senza dimenticare
che vi è almeno un 20% di
fumatori passivi, un terzo
dei quali bambini.
Da qui l’urgenza di mettere
in atto politiche e interventi
efficaci di promozione della
salute. Un esempio originale
è senza dubbio quello di
“Prevenire creando”, festival regionale organizzato
dall’Ausl di Ravenna per favorire l’incontro e la condivisione di esperienze di promozione della salute tra
operatori sanitari, associazioni e mondo della scuola.
Nelle Marche, invece, è stato costituito un gruppo tecnico regionale sul tabagismo
per creare una rete ad hoc
di collaborazione tra Regione, sociale e Asur, insieme a
università e associazioni di
volontariato.
23
dell’abuso di alcol: gli operatori
sono quindi attivamente alla ricerca di strumenti sempre più
nuovi e coinvolgenti, che i giovani possano utilizzare e trasferire
ad altri coetanei.
Un metodo innovativo
Il festival “Prevenire creando” si
inserisce in questo percorso regionale e interregionale e ha visto
confluire a Ravenna circa trecento tra ragazzi, insegnanti e opera-
le autrici
Germana Piancastelli,
Gianalberta Savelli
dipartimento di Sanità pubblica,
Ausl Ravenna
[email protected]
Claudia Monti,
Franca Gentilini
Istituto oncologico romagnolo
tori sanitari, per scambiarsi esperienze e continuare a sperimentare percorsi creativi, per esempio
attraverso il teatro e laboratori interattivi. In questa edizione si sono confrontati gruppi di ragazzi
provenienti da diverse scuole e
Regioni italiane (Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Trentino, Puglia, Campania), che hanno
realizzato progetti di educazione
tra pari che li hanno resi protagonisti della prevenzione e della
promozione di stili di vita sani nei
confronti di altri compagni.
Il carattere innovativo di questi
progetti è nei contenuti e nel metodo. A livello di contenuti, si è
approfondita la percezione nei
giovani dei fattori protettivi, di
quelli che sono determinanti per
il loro benessere e dei percorsi
che conducono alla dipendenza,
tematica finora poco considerata.
A livello metodologico, l’innovazione è stata soprattutto nella
doppia valenza delle attività valutative: da una parte si configurano come un preciso lavoro di rico-
gnizione e valutazione dell’esistente, dall’altra pongono le basi
per la costruzione di un modello
di intervento nuovo, monitorato e
valutato nelle sue varie fasi. Altro
elemento nuovo è il coinvolgimento attivo degli studenti, non più
considerati come destinatari passivi del modello sperimentale di
intervento, ma vera e propria
risorsa per l’ideazione e costruzione di strumenti e contenuti, sia
sul piano creativo, etico e culturale, sia su quello tecnico e didattico.
Nelle scuole di Ravenna che da
più tempo realizzano questo tipo
di esperienza si è osservato un
netto miglioramento del rispetto
del divieto di fumo a scuola, fino
alla completa scomparsa di questo inquinante ambientale all’interno dell’edificio scolastico. Inoltre si sono ottenute restrizioni di
spazi e di orari anche all’esterno,
per esempio nei cortili. Rendere i
giovani non solo il target fondamentale, ma anche gli autori della strategia preventiva si è rivelato un vero e proprio successo.
Nelle Marche
la lotta al fumo si fa in rete
Rosanna Rossini, Giovanni Fiorenzuolo, Marco Nocchi, Giuliano Tagliavento
fumo
24
M
entre il ricordo del primo
bacio è generalmente piacevole, la prima sigaretta
evoca di norma tosse, giramenti
di testa, sapori e odori sgradevoli. Se non vi fosse la spinta psicologica del provare nuove esperienze o del voler apparire, alla
prima sigaretta non ne seguirebbe una seconda. Purtroppo, però,
l’abitudine al fumo di tabacco ha
appunto l’abitudine di instaurarsi
e di diventare uno dei principali
fattori di rischio nell’insorgenza
delle patologie cronico-degenerative dell’apparato respiratorio e
cardiovascolare. Nel programma
“Guadagnare salute” il fumo di
tabacco è identificato come uno
tra i quattro fattori di rischio
maggiori per disabilità e morte.
Se a questo si somma la considerazione che in Italia si registra un
trend in aumento tra i giovani e
dossier guadagnare salute • numero 71
Dossier guadagnare salute
tra le donne e che, secondo stime
cautelative, vi è almeno un 20%
di fumatori passivi, un terzo dei
quali bambini, si impone l’urgenza di impegnarsi in politiche efficaci di promozione della salute,
che consentano di affrontare e limitare uno dei più grandi problemi di salute pubblica.
gennaio 2006 mediante tre rilevazioni all’interno di bar, ristoranti
e pizzerie.
I risultati, riassunti nella figura
in basso, sono stati rilevanti: non
solo la maggior parte dei clienti si
è dichiarata favorevole alla legge,
ma l’abitudine al fumo si è complessivamente ridotta nella popolazione generale. Un piacevole
effetto collaterale.
In linea con quanto proposto dal
ministero della Salute e dal Centro nazionale per la prevenzione e
il controllo delle malattie con il
Piano nazionale sul tabagismo, la
Regione Marche ha identificato e
formato i referenti istituzionali
deputati alla programmazione e
alla realizzazione delle iniziative
di contrasto al fumo.
In particolare, è stato costituito
un Gruppo tecnico regionale sul
tabagismo, formato da un coordinatore regionale proveniente dal
Servizio per le politiche sociali e
Enfasi sulle Marche
La Legge 3 del 2003 contro il
fumo passivo ha avuto un impatto notevole sulle abitudini degli
italiani. La Regione Marche, rappresentata dal dipartimento di
Prevenzione di Senigallia, ha partecipato al progetto Enfasi (vedi
www.epicentro.iss.it/temi/fumo/in
dagine%20profea.asp), il primo
monitoraggio nazionale effettuato per valutare il rispetto di questa normativa. L’indagine è stata
condotta dal gennaio 2005 fino al
da quattro referenti, uno per ogni
ambito d’intervento: prevenzione
primaria, counselling dei medici
di medicina generale, servizi per
la cessazione del fumo, tutela dal
fumo passivo.
L’obiettivo è creare una rete a livello regionale in cui i diversi attori (Regione, sociale e Asur) possano lavorare insieme, con un’unica formazione e un unico intento, garantendo anche la collaborazione con altre strutture di riferimento a livello locale (università
o associazioni di volontariato) e
nazionale. I primi progetti avviati
in questo spirito di collaborazione
riguardano la tutela dal fumo
passivo. Per comprendere l’importanza di questo problema basti pensare che in Italia i fumatori passivi ammontano a oltre
quindici milioni, pari al 26,5%
della popolazione.
Sotto la spinta della Regione Veneto, che fa da capofila a livello
Opinione generale dei clienti rispetto alla legge riferita dai gestori nel corso
delle tre rilevazioni (gennaio 2005, giugno 2005 e gennaio 2006).
Risultati dello studio Enfasi per il dipartimento di Prevenzione di Senigallia
20%
23%
21%
molto favorevole
64%
50%
50%
favorevole
8%
27%
né favorevole né contrario
17%
contrario
0%
3%
4%
molto contrario
1%
0%
1%
0%
10%
prima rilevazione
20%
30%
40%
seconda rilevazione
50%
60%
70%
terza rilevazione
25
numero 71
nazionale, si stanno attuando due
monitoraggi del rispetto della
legge antifumo, uno presso gli uffici comunali e l’altro presso le
aziende produttive alimentari
(pastifici, panifici e pasticcerie).
Sei dipartimenti di Prevenzione
marchigiani hanno aderito volontariamente a questi due progetti,
con le unità operative del Servizio
di igiene e sanità pubblica (Sisp) e
del Servizio alimenti e nutrizione
(Sian); il coordinamento è stato
affidato al dipartimento di Prevenzione di Senigallia, che fa da
tramite tra la componente tecnica
e quella meramente politica.
Un controllo a tappeto
Il monitoraggio degli uffici comunali è stato avviato per verificare
l’aderenza alle disposizioni di
legge ed è stato effettuato su un
campione di 24 sedi comunali
gli autori
Rosanna Rossini,
Giovanni Fiorenzuolo
dipartimento di Prevenzione
Asur Marche, Zona Territoriale
4 Senigallia
[email protected]
Marco Nocchi
servizio Politiche sociali,
Regione Marche
Giuliano Tagliavento
servizio Salute, Regione Marche
principali (centrali o periferiche)
corrispondenti ai Comuni di competenza di ciascuna Zona territoriale partecipante al progetto.
Attraverso delle schede di rilevazione standardizzate, i tecnici
della prevenzione dei Sisp hanno
raccolto informazioni sul tipo di
ufficio visitato, sulla presenza di
cartelli, portaceneri, mozziconi,
fumatori e sulla rispondenza alle
indicazioni definite dalla legge
dei locali visitati. La rilevazione è
stata completata con l’intervista
di un dipendente dell’ufficio visitato sul rispetto della normativa
da parte di dipendenti e utenti.
In base alle risposte degli intervistati, lo 0,8% dei dipendenti e lo
0,4% degli utenti sembrano non
rispettare la normativa. Tuttavia,
dall’analisi di quanto è stato
direttamente rilevato dai tecnici
della prevenzione emerge che
invece il rispetto della legge antifumo è minore: non erano presenti cartelli regolamentari nel 34%
dei casi e nel 37,6% dei cartelli
non veniva specificato il nome del
funzionario incaricato al controllo. Al momento della rilevazione
stava fumando il 2,3% delle persone presenti, c’era odore di fumo
nel 4,1% dei casi e c’erano posacenere nei locali nel 6,4% dei casi.
Da questi risultati emerge quindi
quanto sia importante effettuare
un monitoraggio continuo anche
in ambiti lavorativi diversi.
In campo alimentare, si sta concludendo una rilevazione del
rispetto della legge antifumo
presso le aziende produttive ali-
mentari, in particolare panifici,
pastifici e pasticcerie. Si tratta di
una normale attività di vigilanza,
senza la necessità di predeterminare il numero degli interventi o
di preselezionare campioni. I dati
ottenuti saranno analizzati a
livello regionale e confrontati con
le rilevazioni nazionali portate
avanti dalla Regione Veneto.
Per quanto riguarda invece le
scuole, il rispetto di una normativa è certamente solo un tassello,
anche se importante, nell’ambito
di un programma di prevenzione
ben più ampio. Per esempio, serve
un’azione forte contro l’iniziazione al fumo nei giovani, che sono i
soggetti più refrattari alle imposizioni, ma anche i più fragili dal
punto di vista psicologico. A questo proposito sono in fase di programmazione diversi interventi
di educazione alla salute rivolti
alle scuole dell’obbligo, vista la
tendenza dei ragazzi ad anticipare sempre di più l’età del primo
incontro con la sigaretta.
Per promuovere invece la cessazione del fumo bisogna anche
rafforzare i Centri antifumo, che
possono dare un valido aiuto a
chi vuole smettere di fumare ma
ha bisogno di un supporto sociale e psicologico. Attualmente nelle Marche si sta procedendo a una
rilevazione dei Centri antifumo e
a una valutazione dell’entità dell’attività svolta.
La strada da percorrere è ancora
lunga, ma la rotta è ben chiara e
resa più facile dalla collaborazione interdisciplinare.
26
dossier guadagnare salute • numero 71
Dossier guadagnare salute
Se Cupido
ci mette lo zampino
Manuela Colonna
R
esponsabili del 44% di tutti i decessi, le malattie cardiovascolari rappresentano
la principale causa di morte nel
nostro Paese, con un impatto pesante sia sulla qualità della vita,
sia sul bilancio economico. Si
tratta nel complesso di malattie
multifattoriali, risultato della
concomitanza di stili di vita inadeguati (alimentazione scorretta,
eccesso di alcol, inattività fisica),
predisposizione genetica e provenienza geografica, ma anche di
determinanti sociali come ambiente di vita e di lavoro, livello di
scolarizzazione e reddito.
La qualità della vita può crescere
anche migliorando il contesto in
cui si svolgono le attività quotidiane: è quindi importante fornire un sostegno alla comunità,
creare una maggiore coesione
sociale tra gli individui e aumentare la consapevolezza individuale. La prevenzione si candida
quindi come strumento fondamentale per impedire o ritardare
l’insorgenza delle malattie cardiovascolari, a patto che i cittadini
diventino protagonisti della propria salute.
Dal Comune ai cittadini
A Monte San Pietro, un piccolo
comune in provincia di Bologna,
l’amministrazione comunale, il
distretto di Casalecchio di Reno
con i medici di medicina generale
e il dipartimento di Sanità pubblica, in collaborazione con altri
soggetti pubblici e privati, hanno
deciso di investire nella prevennumero 71
zione delle cardiopatie. È nato
quindi il “Progetto Cupido”, laboratorio territoriale per la prevenzione del rischio cardiovascolare
per sensibilizzare la popolazione
(circa 11 mila abitanti) sulla gravità e attualità del cardiorischio e
sulla promozione di stili di vita
corretti. Inoltre, il progetto prevede di invitare tutti i cittadini di
età compresa tra i 40 e i 50 anni
(2300 persone) a effettuare presso
il proprio medico il calcolo individuale del rischio cardiovascolare
tramite la carta del rischio. Questo strumento consente infatti di
valutare, in maniera semplice e
obiettiva, la probabilità di andare
incontro a un primo evento cardiovascolare maggiore (infarto
del miocardio o ictus) nei dieci anni successivi, sulla base di otto
fattori di rischio: sesso, età, diabete, abitudine al fumo, pressione
arteriosa sistolica, colesterolemia
totale, colesterolemia Hdl e trattamento antipertensivo.
La carta non solo rende più accurata la valutazione del rischio, ma
offre diverse scelte per intraprendere azioni di prevenzione sugli
assistiti e garantisce l’obiettività
nel tempo.
A queste persone è stata inviata
una lettera, firmata dal sindaco e
intitolata “Il Comune pensa al bene comune”, che le invitava a presentarsi dal proprio medico per
valutare insieme il loro livello di
rischio cardiovascolare.
L’iniziativa, avviata nel marzo
2007, è stata accompagnata da
una campagna informativa (comunicati stampa ai quotidiani locali, articoli sul notiziario comu-
altre proposte per…
guadagnare salute
A chiusura di questa panoramica, presentiamo tre interessanti esperienze locali.
La prima è quella di Monte
San Pietro, in provincia di
Bologna, dove è in corso il
“Progetto Cupido”, un laboratorio in cui la popolazione
è invitata a partecipare attivamente alla valutazione e
alla gestione del proprio rischio cardiovascolare. Spostandosi nelle Marche, viene
presentato un interessante
progetto rivolto agli operatori sanitari, che ha provato
a valutare quanto lo stress
può influire sulle loro abitudini alimentari e se una
maggiore formazione culturale possa favorire il loro
approccio professionale alla
promozione di stili di vita
corretti. Infine, l’esperienza
del Centro di documentazione regionale per la promozione della salute del Piemonte, che da anni sostiene
la progettazione degli interventi grazie alla formazione
e alla messa in rete della documentazione disponibile.
27
nale e sul sito web del Comune
(www.comune.montesanpietro.bo.i
t/cupido.htm). Inoltre, consiglieri
comunali, presidenti delle Consulte di frazione, parroci, presidenti
di associazioni e organizzazioni
operanti sul territorio sono stati
invitati a collaborare per la riuscita del progetto, partecipando alle
iniziative, divulgandole e promuovendo l’adesione da parte di
soci e conoscenti.
Tra gli obiettivi generali, sensibilizzare la popolazione sulla gravità e attualità del rischio cardiovascolare, promuovere la cultura
della prevenzione e l’adozione di
l’autrice
Manuela Colonna
coordinatore area
Igiene pubblica, Ausl Bologna
[email protected]
stili di vita corretti nella comunità, valorizzare il ruolo del medico di medicina generale nella promozione della salute individuale e
collettiva, creare le sinergie necessarie per rendere più efficaci le
azioni preventive.
Per una prevenzione
partecipata
I dati epidemiologici emersi saranno raccolti e valutati per promuovere successive azioni mirate
di prevenzione. Si prevede inoltre
di valutare indicatori di esito come tassi di ricovero e di mortalità
per alcune patologie, nel sottogruppo di partecipanti a cui
verrà applicata dai medici la carta del rischio, nonché il tasso di
adesione. Questi indicatori saranno integrati con end point secondari come abitudini alimentari, at-
tività fisica e qualità di vita percepita, prima e dopo l’intervento. A
questo proposito verrà avviato
uno studio epidemiologico osservazionale sul gruppo di soggetti
reclutati e su un gruppo di controllo, costituito da persone provenienti dai comuni limitrofi e
con caratteristiche sociodemografiche simili, ma a cui non verrà
proposto alcun intervento preventivo strutturato.
I risultati, che saranno diffusi alla
popolazione tramite iniziative
pubbliche e la pubblicazione di
articoli sulla stampa locale, saranno poi il punto di partenza per
definire gli impegni futuri e le iniziative da rivolgere alla popolazione del territorio.
Naturalmente, non senza aver valutato il gradimento da parte dei
cittadini alle iniziative proposte,
nell’ottica di una prevenzione
sempre più partecipata.
Prevenzione: attività praticata
o ciliegina sulla torta?
Elsa Ravaglia
F
28
ino a pochi anni fa, e per
certi versi ancora oggi, i nostri servizi erano ancorati a
una concezione di lavoro mutuata
direttamente dal concetto di polizia sanitaria. Alle sue origini,
questa visione ha dato un notevole contributo in termini di tutela
della salute della collettività, ma
nel tempo è andata progressivamente svuotandosi di contenuti,
sebbene abbia continuato ad assorbire risorse, tempo e attenzione di chi si occupava o si occupa
di questi settori.
Già da alcuni anni, però, diverse
componenti dei nostri dipartimenti hanno cominciato a sviluppare anche altre azioni di prevenzione individuate nei piani sanitari, seppure in modo disomogeneo
nelle diverse realtà. Tra gli altri, i
Servizi igiene alimenti e nutrizione (Sian) possono costituire un
interessante paradigma, essendosi trovati ad affrontare numerose
tematiche in rapida evoluzione e
recente espansione. Oggi, la tradizionale attività autorizzativa
(ormai conclusa) e di vigilanza
dello specifico settore è in radicale cambiamento, vista la continua
evoluzione del settore alimentare
dal punto di vista tecnologico e
normativo, ormai di respiro sempre più europeo.
Accanto a queste attività ne dovevano crescere e maturare altre,
legate agli aspetti nutrizionali,
per poter dare un reale contributo
alla collettività sulla prevenzione
delle malattie croniche, ormai
punto di interesse essenziale nella
comunità scientifica e sociale.
A questo proposito, nella zona di
Camerino è partito nel 2005 il progetto “Alimentazione e lavoro”,
che nel 2006 è diventato “Facilitadossier guadagnare salute • numero 71
Dossier guadagnare salute
re l’attività fisica”. La sua peculiarità è che si è sviluppato all’interno di un’azienda sanitaria,
coinvolgendone gli operatori, con
l’idea di verificare due ipotesi: il
notevole stress lavorativo degli
operatori sanitari, legato anche ai
turni e all’impegno emotivo, può
avere una ricaduta sulla regolarità dell’assunzione dei pasti e
sulla loro composizione? E ancora, una maggiore formazione culturale sugli aspetti della salute
può incidere sulla corretta alimentazione e sull’attività fisica, e
di conseguenza, favorire un migliore approccio al riguardo?
La Zona territoriale (Zt) 10
dell’Azienda sanitaria unica
regionale Marche si estende su
una superficie di 1281 chilometri
quadrati, costituita prevalentemente da rilievi collinari e montuosi. Nel 2000, la popolazione
residente nei 21 comuni presenti
ammontava a 48.562 abitanti, con
una densità abitativa di 38 abitanti per chilometro quadrato
(contro una media regionale di
148 abitanti per chilometro quadrato). Una popolazione in età
lavorativa non troppo giovane,
come indicava l’indice di struttura di popolazione attiva (101,6%
contro l’87,2% del Paese nel
1998). In termini di offerta sanitaria, le strutture ospedaliere e di
territorio sono un po’ sparpagliate, il che comporta per i dipendenti spostamenti anche considerevoli, su una rete viaria complessivamente piuttosto disagiata.
Nell’insieme, le persone occupate
nel settore costituiscono un
nucleo di aggregazione piuttosto
consistente.
Conoscersi un po’
Nel dicembre 2005, il personale
della Zt 10 è stato raggiunto nella
sua quasi totalità attraverso la distribuzione di 712 questionari conoscitivi presso tutte le strutture
locali (ospedali, dipartimenti, ternumero 71
ritorio, amministrazioni), con il
coinvolgimento diretto di direzione medica, direttori delle unità
operative e caposala.
Oggetto del questionario erano,
tra le altre cose, le caratteristiche
dell’attività lavorativa svolta, le
abitudini orarie e alimentari, le
conoscenze sull’alimentazione, lo
svolgimento di attività fisica. Sono stati riconsegnati 343 questionari compilati in modo completo,
rappresentativi del 48% della popolazione lavorativa della Zt 10
(222 femmine e 121 maschi), ed
elaborati con il programma
EpiInfo 3.3. La classe di età più
rappresentata è stata quella fra i
41 e i 50 anni (39%). Il 78% è risultato appartenere alla categoria
sanitaria o tecnico-sanitaria; il
72% lavora in ambito ospedaliero
e il 37% svolge turni.
Per quanto riguarda la percezione
del proprio stato di salute, l’82%
riteneva di essere in buona salute,
ma il 52% considerava le proprie
condizioni di lavoro abbastanza
stressanti e il 24% molto stressanti (specialmente tra il personale sanitario). Un dato un po’ sconcertante è che soltanto il 6%, tutti appartenenti alla categoria sanitari, conosceva le “Linee guida
per una sana alimentazione italiana” dell’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (Inran), riviste nel 2003.
Riguardo alle abitudini alimentari, ben il 70 ha dichiarato di volerle cambiare, consumando più
pesce, minestra di verdura, legumi, verdure e frutta. Il 57% dei
rispondenti consumava il pranzo
a casa, il 25% in mensa e il 18%
in locali pubblici.
Inoltre, il 68% si è dichiarato interessato ad avere uno spazio in
azienda dove poter praticare attività sportiva durante le pause.
intervento, tra cui proporre eventi formativi sulle linee guida
dell’Inran, rivedere i menù della
mensa ospedaliera e l’offerta da
parte dei bar interni. In particolare, si è ritenuto importante considerare l’interesse dichiarato per
avere uno spazio interno all’azienda in cui poter svolgere attività fisica, con l’intento di renderla una scelta più facile, perchè
facilmente accessibile.
La presenza, presso l’ateneo di
Camerino, del corso di laurea in
Scienze e tecnologie del fitness e
dei prodotti della salute ha reso
possibile una sinergia di intervento inedita e interessante, ancora da definire negli aspetti operativi: si prevede che la direzione di
Zona metta a disposizione le palestre utilizzate per la riabilitazione
presenti nelle diverse sedi, al di
fuori dei consueti orari di lavoro,
offrendo nel contempo la presenza qualificata di esperti provenienti dal corso di laurea, che se
ne potranno giovare a loro volta
per attività formative e sperimentali. Si ipotizza inoltre di fornire
l’accesso alle ore di fitness attraverso un buono mensa modificato
come buono “mensa e palestra”,
che costituirebbe anche messaggio indiretto del binomio “introito
calorico e dispendio energetico”.
Inoltre, si cercherà di stipulare
una convenzione tra la Zt 10 e le
piscine presenti sul territorio.
Parallelamente, la promozione
dell’iniziativa ideata dal Sian prevede brevi e ripetuti corsi di aggiornamento per il personale, in
particolare sulle linee guida dell’Inran, grazie anche al coinvolgimento di altri specialisti che si occupano di patologie la cui prevenzione o prognosi potrebbe migliol’autrice
Proposte per il futuro
Sulla base dei risultati, sono state
individuate diverse possibilità di
Elsa Ravaglia
Sian, Asur Marche,
Zona Territoriale 10 Camerino
[email protected]
29
rare grazie a una corretta alimentazione e una regolare attività fisica (cardiologi, ortopedici, diabetologi, oncologi, ecc).
La sfida è ora molteplice: da una
parte realizzare concretamente
l’offerta, dall’altra ottenere una
grossa partecipazione da parte
degli operatori sanitari.
Un’iniziativa, infatti, ha successo
quanto più riesce a rispondere a
una domanda più o meno espressa. Infine, la verifica dell’efficacia
del progetto, anche grazie ai
nuovi strumenti di valutazione
evidence based, se adeguatamente
utilizzata, potrà costituire un’ottima traccia per porsi domande e
per non adagiarsi sugli allori.
Attualmente si sta definendo, nel-
l’ambito delle priorità che si deve
dare la direzione di Zona, se andare avanti, per dimostrare che i
progetti innovativi non sono solo
speranze o ciliegine sulla torta,
elementi decorativi di cui si può
anche fare a meno, ma contributi
essenziali per portare aria nuova
nei nostri dipartimenti e aiutare la
collettività a guadagnare salute.
Dors, la parola d’ordine
è condivisione
Maria Elena Coffano, Claudio Tortone
“G
30
uadagnare salute” è un
forte richiamo per investire nel miglioramento
della qualità della vita, sia dei singoli sia della comunità. Sarebbe
così più facile prevenire e controllare le malattie croniche, ma anche le diseguaglianze di salute.
Tra i messaggi chiave, due sono
particolarmente decisivi: riorientamento verso i nuovi bisogni e intersettorialità. Azioni sostenibili,
promozione della salute evidence
based e costruzione di competenze
sono essenziali per il successo, altrimenti gli interventi non sono in
grado di reggere la complessità
dei determinanti di salute.
In Piemonte, il Centro di documentazione regionale per la promozione della salute (Dors) ha
cercato fin dalla sua nascita, nel
1998, di sostenere la progettazione degli interventi rendendo la
documentazione accessibile, interattiva e capace di sostenere le
scelte più favorevoli alla salute. Il
lavoro è maturato in uno spirito
di interazione tra le politiche della Regione, le prassi e i saperi degli operatori e decisori delle Asl e
di altri settori, la ricerca e la teoria applicata dell’università. Si è
prodotto così un cambiamento
che ha attraversato nel tempo le
opportunità proposte dal contesto regionale e nazionale, usando
tre strumenti: la formazione degli
adulti, la documentazione scientifica e professionale e la documentazione grigia prodotta da operatori e decisori.
Un tesoro in divenire
I laboratori sono percorsi di riflessione e crescita sul tema della
valutazione e della progettazione
in educazione e promozione della
salute rivolti a operatori e decisori, sanitari e non.
Il laboratorio di valutazione (vedi
il sito www.dors.it) è nato in risposta alla richiesta di operatori e decisori delle Asl di potersi incontrare per condividere esperienze,
troppe volte isolate e sconosciute,
per domandarsi se funzionino e
siano utili, ma anche per confrontarsi con la documentazione di
esperienze simili, modelli validati
e prove di efficacia disponibili.
Sono stati organizzati finora oltre
cinquanta incontri, in cui gruppi
di operatori hanno analizzato e
discusso l’impianto progettuale,
la pertinenza e la validità del piano di valutazione, le possibili alternative e i cambiamenti da apportare. Le osservazioni emerse
sono state poi discusse in plenaria, dove si sono concordate le
raccomandazioni per migliorare
il progetto. A supporto dei partecipanti, gli operatori Dors hanno
fornito regolarmente dossier sulle buone pratiche disponibili sul
tema.
Un altro laboratorio, avviato nel
1999, è quello sull’alimentazione,
esteso poi anche all’attività fisica,
incentrato su formazione dei formatori, sicurezza alimentare,
mensa scolastica, anziani nelle
Rsa, educazione al paziente.
Nello stesso periodo sono stati
proposti anche corsi di formazione sulla metodologia e sulla gestione dei progetti (progettazione
e valutazione, alimentazione e attività fisica, promozione della salute in ambiente di lavoro) e sono
dossier guadagnare salute • numero 71
Dossier guadagnare salute
stati finanziati due bandi regionali per progetti di promozione della salute: le Asl hanno risposto
presentando in tutto 137 progetti.
L’evoluzione dei laboratori e l’offerta di opportunità da parte della Regione hanno creato un circolo virtuoso tra prassi e saperi, che
ha facilitato la sperimentazione
sul campo di una progettazione
più efficace e sostenibile. I risultati sono stati valorizzati nell’ambito dei Piani di prevenzione attiva,
che prevedono attività di documentazione e di progettazione di
interventi multicentrici condivise
con gli operatori e i decisori.
Una comunità di saperi
Le aree focus sono sezioni tematiche del sito www.dors.it che raccolgono, catalogano e rendono
fruibile la documentazione e le
informazioni su alcuni temi prioritari (fumo, incidenti stradali, infezioni sessualmente trasmesse,
infortuni sul lavoro e obesità), rivolte a operatori e decisori appartenenti a settori diversi, dalla sanità alla scuola, dagli enti locali al
privato sociale. Ogni area ha
un’introduzione e un indice che
organizza documenti e informazioni, inquadrandole per provenienza (regionale e locale in primis, quindi nazionale ed europeo), un’analisi del problema che
fornisce dati quantitativi e qualitativi di diverso tipo (epidemiologico, sanitario, sociologico, psicologico, economico), una serie di
interventi e di metodologie da segnalare al riguardo, bibliografie e
sitografie aggiornate, segnalaziogli autori
Maria Elena Coffano,
Claudio Tortone
Regione Piemonte, Centro
di documentazione regionale
per la promozione della salute
[email protected]
numero 71
tema
nutrizione e attività fisica
fumo
alcol
incidenti stradali
salute riproduttiva
altri temi
totale
progetti
148
48
17
13
60
60
346
interventi
90
31
6
5
40
51
223
documenti
200
69
15
11
90
112
497
Materiali consultabili in “Pro.Sa. on-line”
ni di eventi e corsi di interesse.
Il rilancio degli interventi di prevenzione dell’ultimo periodo, che
prevedevano e richiedevano un
impegno per un sistema di documentazione in rete, accessibile e
sistematico, ne hanno ulteriormente stimolato la realizzazione.
Le aree focus hanno permesso di
consolidare ed esplicitare una serie di collaborazioni maturate negli anni attraverso un sistema di
documentazione a rete, che vede
anche la partecipazione attiva di
operatori, decisori e ricercatori.
Anche nei focus è stato riproposto lo stile cooperativo, con l’attivazione di due sezioni di commenti e proposte, offrendo agli
utenti la possibilità di essere non
solo fruitori, ma anche coautori
attivi che contribuiscano ad arricchire i contenuti del sito e propongano come migliorarlo, verso la
creazione di una comunità di condivisione di saperi e prassi.
“Pro.Sa. on-line”, (vedi il sito web
www.dors.it/prosa/prosa.php), è
una banca dati di progetti, interventi e documenti sulla promozione della salute, ma anche un sistema informativo a rete, aziendale e regionale, per la predisposizione di relazioni di attività.
Il progetto è frutto del lavoro di
un gruppo per il miglioramento
continuo della qualità, costituito
da alcuni referenti Asl e operatori
Dors, vista la scarsa presenza a livello regionale di sistemi informativi, fondamentali per la rendicontazione, programmazione e divulgazione delle attività realizza-
te. A oggi, la banca dati contiene
346 progetti e 223 interventi,
schematizzati nella tabella in alto,
realizzati in Piemonte a partire
dal 2000.
“Pro.Sa on-line” è lo strumento
ora utilizzato per la ricognizione
degli interventi realizzati in Piemonte prevista dai Piani regionali di prevenzione attiva e per quella prevista, nell’ambito del programma “Guadagnare in salute”,
dal progetto del Ccm rivolto agli
adolescenti e affidato alla Regione Piemonte, in collaborazione
con quindici altri Centri di documentazione italiani. In questo modo si potrà favorire il graduale
collegamento tra operatori, decisori e organizzazioni, offrendo un
luogo di incontro tra i protagonisti e di confronto con la letteratura e le buone pratiche.
Questo ciclo della conoscenza sta
producendo una fertile contaminazione tra prassi, saperi e politiche, nonostante certe resistenze
al cambiamento: abbandonare visioni tradizionali e pratiche superate, aprirsi a nuovi mondi interpretativi e operativi, costruire
spazi di dialogo e riconoscimento
reciproco non sono passaggi
scontati.
La scelta di una documentazione
viva, che parta da interessi e motivazioni professionali e dalla concretezza degli interventi, ha imposto un approccio laboratoriale al
modo di impostare gli interventi,
di valutarne efficacia pratica e sostenibilità, di organizzare e programmare il proprio lavoro.
31
il buratto grosso
Tammurriata
del certificato
Giorgio Ferigo
«I
o nun capisco ’e
vvote che succere/e
chello ca se vere
nun se crere, nun se crere».
Il 28 luglio 2006 la Giunta
regionale della Campania
ha emanato gli “Atti di indirizzo per il rilascio del
certificato medico legale di
idoneità al lavoro per l’assunzione di soggetti non
appartenenti alle categorie
protette”. In questo atto di
indirizzo la certificazione
medico legale è definita come «esito finale di una prestazione complessa che include l’esecuzione degli accertamenti diagnostici e
clinici necessari alla formazione del giudizio medico
legale». Quali siano gli accertamenti diagnostici e
clinici è esemplificato in un
elenco parziale e difettivo
allegato, «fermo restando
la facoltà del medico certificatore a richiedere accertamenti diversi in base alle
proprie valutazioni cliniche». Per settant’anni, in
Campania (e nell’Italia intera) sono stati rilasciati certificati “a vista” («basta sulo ’na ’uardata») a favore
di persone mai prima conosciute da parte di medici
che non avevano alcuna cognizione su di loro.
È un’ammissione clamorosa: quei certificati erano fit-
tizi. Ma ora i medici legali
campani rimediano, e la
guardata «nun basta
’cchiù».
andare dal medico legale,
che tira le somme. Tira le
somme anche ’o speziale,
alleggerito di 400-500 euro.
Non gli costa niente, quindi, aggiungere mentalmente i tre euro per la cartuPratiche antiche
scella di stricnina in dose
e nuove
letale da somministrare al
predetto…
Se oggi qualcuno vuole
Settant’anni di certificati
fare l’impiegato a Napule
futili («seh, ‘na ‘uardata,
deve raccogliere nella cartellina: un certificato anam- seh!, seh, ‘na ‘mprissione,
nestico del medico curante, seh!») avrebbero dovuto geun certificato dello psichia- nerare il ditto parularo
«Embè? Aboliamoli!», cotra, una serie di esami di
me si fa da tante parti. Inlaboratorio (glicemia, azovece, questi alunni di Galtemia, emocromo, transaliani e di Giannone, questi
minasi e quadro proteico),
eredi di Calciopoli, questi
una reazione di Mantoux
(ove previsto dalla norma- frequentatori indefessi del
tiva), nonché un’autocertifi- Suor Orsola Benincasa precazione di possesso o meno feriscono pensare che la
di un verbale di invalidità. somma di cinque cose futili
(la visita psichiatrica preLa cartellina va portata al
medico legale, che ora fa le ventiva o la glicemia ai
cose “seriamente”: soltanto barbieri!) faccia una cosa
se la glicemia è nei limiti e seria. Non è così: futile era
e futile resta, ma quintuplilo psichiatra non rileva il
minimo disturbo rilascia il cata. «Addò pastìn’’o grano, ’o grano cresce/riesce o
suo certificato “finale” di
idoneità a fare lo strascina- nun riesce, semp’è grano
chello ch’esce».
facenne.
La migliore letteratura
E per un farmacista?
L’elenco contempla gli stes- meridionalistica ci ha
descritto molte volte, con
si certificati di prima, più
quello dell’esame tossicolo- accenti accorati, questa
scena di fine Ottocento e di
gico, incluse alcolemia e
inizio Novecento: all’alba,
Cdt, e l’elettrocardiogramma. A quel punto, anche il nell’aria pungente della
farmacista può finalmente notte che trascolora, il
campiere scende sulla piazza del paese a tastare i bicipiti, a esaminare i molari
dei cafoni in attesa sul
paracarro, sul muretto, alla
fontana. Tasta, palpa, esamina, e poi sceglie quelli
da avviare a ’ffaticà nel
latifondo. Si trattava, in
ogni senso, di una visita di
idoneità fisica al lavoro.
Non era una visita medica
(ma quale visita di “idoneità fisica” lo è?), ma ne
era l’archetipo: con un
chiaro discrimine da usare
(il mingherlino al suo tugurio, il muscoloso alla campagna), e con un chiaro
interesse da tutelare (quello
del barone, del priore, del
padrone delle salme).
Azotemia, emocromo, reazione di Mantoux sono soltanto modesti imbellettamenti, tenui ammodernature, travestimenti “scientifici” di quella pratica antica,
che non si abbandona soltanto perché, a farla, nessuno rischia niente e a tutti
rende qualcosa. «Va truvanno mo’ chi è stato/ch’ha
cugliuto buono ’o tiro».
Comunque, una parte notevole dei lavoratori campani
non usufruirà della nuova
e “razionale” forma di certificazione: infatti, in
Campania, il 21% della
forza lavoro resta disoccu-
32
il buratto grosso • numero 71
pata (il 58% dei giovani
dai 15 ai 24 anni), mentre,
tra gli occupati, il 42,4%
degli addetti agricoli, il
18,6% degli operai dell’in-
dustria e il 23,4% dei lavoratori dei servizi lavora in
nero, senza bisogno di
alcun certificato di idoneità. Che si chiamino
Giovanna Curcio o
Annamaria Mercadante,
asfissiate e arse vive nella
“fabbrica” di materassi
Bimaltex a Montesano
sulla Marcellana il 5 luglio
2006, o che si chiamino
Ciccio o ’Ntuono, Peppe o
Ciro, «chillo ’o fatto è niro
niro».
Da “Tammurriata nera”
Testo di Ugo Dell’Aquila, Edoardo Nicolardi, E.A. Mario e Vincenzo Ronca
Io nun capisco ‘e vvote che succere
e chello ca se vere nun se crere
è nato nu criaturo, è nato niro
e ‘a mamma ‘o chiamma gGiro,
sissignore, ‘o chiamma gGiro.
Io non capisco a volte che succede
che quello che si vede non si crede
è nato un bambino, è nato nero
e la mamma lo chiama Ciro,
sissignore, lo chiama Ciro!
Seh, vota e gira, seh
seh, gira e vota, seh
ca tu ‘o chiamme Ciccio o ‘Ntuono
ca tu ‘o chiamme Peppe o gGiro,
chillo ‘o fatto è niro niro
niro niro comm’a cche...
Rigirala come ti pare, seh
rigirala come ti pare, seh
che tu lo chiami Ciccio o Antonio
che tu lo chiami Peppe o Ciro
il fatto è che quello è nero
nero come non si sa che!
S’’o contano ‘e cummare chist’affare
sti cose nun so’ rare se ne vedono a migliare!
‘E vvote basta sulo ‘na ‘uardata
e ‘a femmena è rimasta sott’’a botta ‘mpressiunata.
Ne parlano le donne di quest’affare
questi fatti non sono rari, se ne vedono a migliaia!
A volte basta solo una guardata
e la femmina è rimasta impressionata per il colpo.
Seh, ‘na ‘uardata, seh
seh, ‘na ‘mprissione, seh
va truvanno mò chi è stato
c’ha cugliuto buono ‘o tiro
chillo ‘o fatto è niro niro
niro niro comm’a cche...
Seh, una guardata, seh
seh una impressione seh
vai a trovarlo adesso chi è stato
che ha fatto il tiro buono
il fatto è che quello è nero
nero come non si sa che!
E dice ‘o parulano, embè parlammo
pecché si raggiunammo chistu fatto ce ‘o spiegammo.
Addò pastin’ ‘o grano, ‘o grano cresce
riesce o nun riesce, semp’è grano chello ch’esce.
Dice il contadino: “Su, parliamo
perché se ragioniamo questo fatto ce lo spieghiamo!
Dove si semina il grano, il grano cresce
riesce o non riesce sempre è grano quello che esce.”
Meh, dillo a mamma, meh
meh, dillo pure a me
conta ‘o fatto comm’è ghiuto
Ciccio, ‘Ntuono, Peppe, gGiro
chillo ‘o fatto è niro niro
niro niro comm’a che...
Meh, dillo a mamma, meh
meh, dillo pure a me
che tu lo chiami Ciccio o Antonio
che tu lo chiami Peppe o Ciro
il fatto è che quello è nero
nero come non si sa che!
Seh, ‘na ‘uardata, seh
seh, ‘na ‘mprissione, seh
va truvanno mò chi è stato
c’ha cugliuto buono ‘o tiro
chillo ‘o fatto è niro niro
niro niro comm’a cche...
Seh, una guardata, seh
seh una impressione seh
vai a trovarlo adesso chi è stato
che ha fatto il tiro buono
il fatto è che quello è nero
nero come non si sa che!
33
numero 71
Pubblicità redazionale
UN PUNTO D’INCONTRO TRA SCIENZA E COSCIENZA
www.vapefoundation.com
Sostenere la ricerca scientifica permette di offrire una migliore qualità della
vita a milioni di persone: Vape Foundation si propone di aiutare le amministrazioni pubbliche e i cittadini nella lotta agli insetti nocivi per la salute dell’uomo. Nata nel 2004, la fondazione promuove lo sviluppo di nuove strategie di lotta agli insetti e porta avanti iniziative benefiche e di solidarietà in
collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Unicef per aiutare quei Paesi dove gli insetti costituiscono un’emergenza sanitaria.
Oltre a collaborare con centri di ricerca e università, la Fondazione raccoglie
e rende accessibile il patrimonio di informazioni che è frutto delle ricerche
condotte dalla comunità scientifica internazionale. L’efficacia e l’azione di
un’organizzazione scientifica come Vape Foundation è strettamente legata
allo scambio che è in grado di creare con la comunità scientifica e il mondo
esterno: ascoltare, valutare le istanze espresse, fornire risposte appropriate.
L’obiettivo di Vape Foundation è diventare un punto di riferimento qualificato e autorevole per tutti i soggetti coinvolti nella lotta contro gli insetti nocivi: enti, istituzioni, operatori del settore, cittadini. La fondazione sta quindi
realizzando due sportelli ambientali:
uno Sportello ambientale rivolto alle istituzioni pubbliche, che fornisce
informazioni su diversi temi legati alla lotta agli insetti infestanti e ai
pericoli di ordine sanitario che si possono correre venendo a contatto con
alcuni insetti. Offre informazioni sui principi attivi da utilizzare nella lotta
e su come questi vadano utilizzati ed eventualmente distribuiti alla popolazione seguendo le dovute precauzioni per tutelare e proteggere la salute dei cittadini. Inoltre, per favorire metodi di lotta agli insetti nocivi con
basso impatto ambientale, lo Sportello dà grande rilievo alle nozioni per
integrare le azioni rivolte a ostacolare la nascita dell’insetto infestante
(prevenzione) con quelle destinate alla lotta agli insetti adulti (lotta adulticida). Infine, non mancano le indicazioni su come comportarsi in caso di
grosse infestazioni in aree molto estese (vedi la zanzara tigre)
uno Sportello ambientale rivolto ai cittadini, che contiene molte informazioni utili per prevenire e combattere i disagi legati alla presenza di insetti negli ambienti di vita. In particolare, si concentra sulla prevenzione, che
dovrebbe essere la prima azione attivata. Visto però che in questa fase le
persone non vivono ancora il fastidio degli insetti (per esempio, quando
una zanzara è ancora larva, non punge) occorre sensibilizzarle preventivamente. Molto spesso il cittadino ignora di poter fare prevenzione anche
in casa, per esempio utilizzando prodotti come i larvicidi biologici a base
di Bacillus thuringiensis.
Vape Foundation è convinta che di fronte ai cambiamenti climatici, alle
nuove abitudini e alle nuove varietà degli insetti, conseguenza dei processi di
globalizzazione, il cittadino abbia sempre più bisogno di una risposta precisa e semplice, ma al tempo stesso estremamente efficace.
Il comitato
scientifico di
Vape Foundation
Giorgio Cantelli Forti: preside
della facoltà di Farmacia
dell’Università di Bologna, è il
presidente del comitato scientifico
di Vape Foundation
Piero Cravedi: professore di
Entomatologia presso la facoltà di
Agraria di Piacenza
dell’Università Cattolica del Sacro
Cuore, con cui la fondazione si
dedica allo studio degli insetti striscianti (scarafaggi), attraverso
ricerche mirate a indagarne i
modelli comportamentali
Giampiero Maracchi: direttore
dell’Istituto di biometeorologia del
Cnr di Firenze, professore di
Agrometeorologia e climatologia
dell’Università di Firenze, con cui
la fondazione collabora a realizzare programmi di previsione
dell’andamento climatico a breve,
medio e lungo periodo
Claudio Venturelli: professore
di Zoologia presso la facoltà di
Medicina veterinaria
dell’Università di Teramo, con cui
la fondazione promuove programmi di ricerca sugli insetti volanti,
in particolare sulla zanzara tigre.
Alta definizione
La lunga
estate calda
Fabiana Scotto, Stefano Zauli,
Stefano Marchesi, Paolo Lauriola
attività umana sta
contribuendo in modo significativo all’aumento delle concentrazioni di gas serra e quindi
al cambiamento climatico
in atto su scala globale. Lo
ha confermato anche l’ultimo rapporto di valutazione
dell’Intergovernmental Panel on Climate Change
(Ipcc, www.ipcc.ch), il comitato scientifico costituito
nel 1988 dall’Organizzazione meteorologica mondiale
e dal programma per l’ambiente delle Nazioni Unite
per fornire informazioni di
carattere scientifico, tecnico e socioeconomico sui
cambiamenti climatici.
Aumento delle temperature
medie e di eventi metereologici estremi, scioglimento
dei ghiacciai e innalzamento dei livelli del mare,
incremento dei periodi di
siccità con precipitazioni
irregolari sono alcuni degli
effetti climatici che si stanno osservando e che si prevedono per i prossimi anni.
Per l’effetto congiunto, e in
parte contrastante, di tutte
queste variabili, oltre all’influenza di un potenziale
adattamento da parte dell’uomo, è difficile preveder-
L’
numero 71
ne l’impatto complessivo
sugli ecosistemi e sulle attività umane.
Si possono comunque identificare alcuni effetti principali che avranno maggiore
impatto sulla vita dell’uomo. Tra questi ci sono sicuramente le ondate di calore
estivo, balzate alla ribalta
mediatica soprattutto nell’estate 2003, quando,
secondo le ultime stime,
hanno provocato un eccesso di più di 40 mila morti
nella sola Europa occidentale. In realtà è noto da
diversi anni che il caldo è
un importante fattore di
rischio per la salute. Gli
effetti sanitari direttamente
imputabili al caldo umido
sono pochi e immediatamente riconoscibili (colpo
di sole, collasso e crampi
da calore), ma rappresentano solo la punta dell’iceberg. Molto più frequenti
sono invece gli effetti indiretti, che si verificano
quando il caldo umido colpisce individui debilitati o
incapaci di reagire con i
meccanismi compensativi
della termoregolazione,
facendo precipitare condizioni di salute già instabili.
Tra le categorie più a
Il cambiamento climatico in atto sta avendo numerosi effetti sulla salute umana, dalle ondate di calore estivo alla riduzione dello strato protettivo di
ozono, fino alla proliferazione di specie vegetali e
animali potenzialmente dannose. Ci saranno però
anche conseguenze che al momento non sono prevedibili, perché non si sa quanto e come varierà il
clima, né l’effetto complessivo dei diversi effetti
diretti e indiretti. Diventa quindi necessario cercare di prospettare diversi scenari possibili, per prevenire o mitigare i possibili effetti negativi.
rischio ci sono i bambini
piccoli, gli anziani, soprattutto quelli soli, con oltre
75 anni di età, con patologie presistenti e in condizioni socioeconomiche
disagiate.
In genere, i rischi dell’esposizione al caldo si possono
prevenire facilmente grazie
a semplici precauzioni,
come bere molto (almeno
due litri d’acqua al giorno),
evitare di uscire di casa
nelle ore più calde, indossare abiti leggeri e mantenere l’ambiente di vita
arieggiato e ombreggiato.
Naturalmente non si può
tralasciare l’utilizzo di condizionatori, misura tanto
ovvia quanto discussa,
visto che, su larga scala,
porta all’aumento delle
emissioni di gas serra nell’atmosfera e quindi del
rischio di eventi climatici
estremi.
Prevenzione in rete
In Italia sono ormai operativi diversi servizi di previsione, a valle dei quali segue un’attività di prevenzione organizzata a livello
locale, che coinvolge le Asl
e i comuni, ma anche i servizi sociali, i medici di medicina generale, le farmacie, le associazioni di volontariato, i sindacati, ecc. A
livello nazionale, sul sito
35
Home page del sito web di Arpa Emilia Romagna dedicato
alla previsione del disagio bioclimatico estivo
36
del ministero della Salute
sono pubblicati le linee guida, i piani e i protocolli operativi, gli opuscoli e il materiale informativo elaborati a livelli locale, nonché i
numeri e i riferimenti utili
(www.ministerosalute.it/
dettaglio/phPrimoPiano.jsp?
id=422&area=ministero&
colore=2).
Nel 2004, l’Agenzia regionale prevenzione e ambiente (Arpa) dell’Emilia Romagna ha creato sul proprio
sito una sezione dedicata a
fornire le previsioni del disagio bioclimatico estivo
(www.arpa.emr.it/disagio).
Da allora il sito si è progressivamente ampliato e
arricchito di documentazione. Inoltre, si è cercato di
dare una maggior definizione spaziale delle previsioni, che durante l’estate
2006 sono state attive tutti
i giorni della settimana su
32 aree regionali, comprese
le 9 aree urbane, che presentano una climatologia
peculiare. Il sistema di previsione si inserisce all’interno di un sistema di prevenzione predisposto dalla
Regione Emilia Romagna
insieme alle Ausl: le informazioni vengono inviate
direttamente ai referenti locali che, in collaborazione
con il volontariato e il terzo
settore, predispongono una
serie di azioni volte in particolare a sostenere le persone a rischio.
Un altro aspetto in qualche
modo legato ai cambiamenti climatici è quello
relativo all’impoverimento
dello strato di ozono stratosferico e alla conseguente
diminuzione del potere filtrante dell’atmosfera
rispetto ai raggi ultravioletti (Uv). Recentemente,
infatti, sono stati individuati diversi meccanismi
di interazione tra la diminuzione dello strato di
ozono e il riscaldamento
globale indotto dai gas
serra.
Arpa ER ha quindi allesti-
to una sezione del sito
(www.arpa.emr.it/mare/
radiazioni.asp) in cui si
possono trovare le previsioni dei valori dell’indice Uv
per i giorni successivi.
Questo indicatore, noto come indice universale della
radiazione Uv solare (Uvi),
rappresenta il livello di radiazione Uv solare che raggiunge la superficie terrestre: al crescere di questo
valore, aumenta la probabilità di danno alla pelle e
agli occhi. Ogni valore è
inoltre associato a un colore, che indica la pericolosità per la salute del livello
di radiazione indicato e le
misure protettive consigliate. In questo modo si è cercato di attirare l’attenzione
su un fattore di rischio
spesso sottovalutato, da
cui ci si può proteggere a
livello individuale con
qualche accorgimento. Il sito comprende infatti, oltre
alle previsioni, alcune pagine di documentazione su
cosa sono i raggi Uv, quali
sono i loro effetti sanitari e
come si possono prevenire.
Minacce vegetali
Accanto agli effetti diretti
del cambiamento climatico
sulla salute, occorre però
prestare attenzione anche a
quelli indiretti. Tra i più
rilevanti c’è senza dubbio
l’impatto sulla biologia di
numerose specie vegetali:
quelle autoctone, che subiscono una forzatura peculiare di carattere meteoclimatico, e quelle nuove, che
cominciano a diffondersi,
per effetto di condizioni
ambientali favorevoli, nelle
zone temperate del pianeta,
in particolare nel bacino
mediterraneo e in Italia.
alta definizione • numero 71
Alta definizione
Vista anche la crescente
diffusione di allergie registrata negli ultimi anni,
Arpa ER è impegnata nel
monitoraggio specifico
delle diverse specie polliniche nella Regione e nello
sviluppo di un sistema previsionale, implementato
già da diversi anni e accolto con notevole interesse
soprattutto dalle persone
allergiche.
Un’altra pianta che richiede ormai un monitoraggio
ad hoc è l’alga tossica
Ostreopsis ovata, che dalla
fine degli anni Novanta si è
diffusa sul litorale liguretoscano. L’esposizione a
elevate concentrazioni di
questa pianta, presumibilmente dovuta all’inalazione
di aerosol marino carico
della tossina prodotta dall’alga, induce uno stato
morboso acuto caratterizzato da dolori muscolari e
articolari, congiuntivite,
febbre, rinorrea, tosse e
irritazione delle prime vie
aeree. Lungo il litorale
apuano, le fioriture di
Ostreopsis ovata sono divenute una costante a partire
dall’estate del 1998, quando decine di bagnanti accusarono i malesseri appena
descritti dopo aver soggiornato su un breve tratto di
costa delimitato da scogliere. Un esempio che conferma la necessità di un moni-
gli autori
Fabiana Scotto,
Stefano Zauli,
Stefano Marchesi,
Paolo Lauriola
struttura tematica
di Epidemiologia
ambientale di Arpa
Emilia Romagna
[email protected]
numero 71
toraggio attento nei confronti di specie potenzialmente pericolose, nuove e
conosciute.
febbre gialla e alcune encefaliti nelle aree tropicali e
in numerose parti dell’Asia.
Nelle nostre zone questi
agenti patogeni sono assenti e quindi questo rischio è
solo teorico. Tuttavia, non
Meglio prevenire
si può escludere la possibiche curare
lità che, in seguito alle
modificazioni climatiche o
Un’altra conseguenza del
a eventi accidentali, la difcambiamento climatico è
fusione di queste malattie
l’aumento degli insetti flebotomi, potenziali vettori di aumenti anche in Italia:
diventa quindi importante
malattie infettive come la
febbre dengue, la malaria o predisporre strategie di
monitoraggio e intervento
la leishmaniosi. Secondo
l’Organizzazione mondiale adeguate.
della sanità, dal 1993 l’area In questo scenario appare
chiaro come il cambiamenin cui la leishmaniosi è
endemica si è espansa note- to climatico in corso avrà
una serie di impatti sulla
volmente, così come si è
salute ancora non compleimpennato il numero di
tamente prevedibili, la cui
casi registrati nel mondo.
La malattia sta riemergen- incertezza è legata non soldo in tutta l’area mediterra- tanto all’incertezza della
previsione su quanto e
nea, con un aumento dei
casi per tutto il corso degli come varierà il clima, ma
anche a quello che sarà
anni Novanta. In Italia,
secondo l’Istituto superiore l’effetto complessivo dei
molteplici effetti diretti e
di sanità, l’incidenza
annuale all’inizio degli anni indiretti. Le conseguenze
dell’aumento della tempe2000 era di circa 200 casi,
ratura globale saranno
per quanto i casi fossero
diverse in funzione non
sottonotificati in molte
Regioni. La coinfezione con solo della latitudine e delHiv e leishmaniosi è consi- l’altitudine, ma anche delle
condizioni socioeconomiderata un vero fattore di
che e della capacità di fronrischio nelle zone
dell’Europa sudoccidentale. teggiare i cambiamenti.
In Italia, Campania, Sicilia Verosimilmente, in una
stessa regione si verifichee Liguria hanno messo a
punto programmi di sorve- ranno impatti positivi oltre
a quelli negativi, non solglianza attiva. Nel marzo
del 2004 si è svolta a Roma tanto sull’ambiente e la
salute, ma anche sull’orgauna consensus conference
nizzazione sociale ed ecoper elaborare le “Linee
nomica delle popolazioni.
guida per il controllo del
Questo contesto di incerserbatoio canino della leishmaniosi viscerale zoono- tezza non deve diventare la
scusa per un atteggiamentica in Italia”. Anche
l’Aedes albopictus, comune- to di immobilismo fatalista.
Piuttosto, indica la necesmente nota come zanzara
tigre, è un vettore di malat- sità di una previsione che
sia in grado di prospettare
tie virali, in particolare
diversi scenari possibili,
quelle causate da arboviper predisporre piani di
rus, tra cui la dengue, la
intervento che consentano
di prevenire o mitigare i
possibili effetti negativi.
Bibliografia
T. Kosatsky, “The 2003
European heat waves”.
Euro Surveill 2005;10
(7):148-9, www.eurosurveillance.org/em/v10n07/
1007-222.asp
L. Gradoni et al, “Linee
guida per il controllo del
serbatoio canino della leishmaniosi viscerale zoonotica in Italia”. Rapporti
Istisan 04/12,
www.iss.it/publ/rapp/cont.
php?id=20&lang=
1&tipo=5&anno=2004
37
Alta definizione
Fin che la barca va…
lasciarla andare?
Fabrizia Riva, Lorenzo Papa
chiaro che il problema delle
navi in circolazione con
Nonostante l’amianto sia stato messo al bando per legge, la
massiccia presenza di
amianto a bordo è tutt’altro
sua presenza sulle navi continua a rappresentare un proche risolto. Secondo
blema in tutto il mondo. Da una parte il censimento delle
l’Organizzazione internanavi contaminate ancora in circolazione è piuttosto carenzionale del lavoro, le vecte, dall’altra la rottamazione viene spesso praticata in Paesi
chie navi in cui l’amianto
in via di sviluppo, in totale assenza di sicurezza. Emerge
era presente al momento
quindi con forza la necessità di tutelare il personale di
della costruzione ne conbordo, i passeggeri e tutti lavoratori che a vario titolo siano
tengono in media sei tonchiamati a effettuare interventi a bordo di queste navi,
nellate.
anche alla luce del fatto che, tra le grandi industrie, quella
Per quanto riguarda
della navigazione è probabilmente la più globalizzata.
l’Italia, la flotta nazionale
classificata nel Registro
italiano navale (Rina) coml 1914 è un anno crucia- materiali contenenti amian- prende 1542 unità di stazza
le per la sicurezza di chi to (Mca) a bordo delle navi. superiore alle 100 tonnellaQuesto divieto è entrato in te: di queste, quasi i due
viaggia per mare: a
seguito del tragico naufra- vigore nel 2002, sbarrando terzi (933) sono state
costruite prima del 1994, in
gio del Titanic, viene infat- la strada a quei Paesi in
cui l’impiego dell’amianto
anni in cui si faceva ricorso
ti adottata per la prima
era ancora consentito. A
a Mca. Le unità destinate
volta la normativa Solas,
al trasporto di passeggeri
acronimo di Safety Of Life livello di Unione Europea,
invece, la messa al bando
rappresentano circa un
At Sea (“Sicurezza della
dell’amianto risale al 1 gen- terzo di questa flotta.
vita in mare”), frutto di
naio 2005, anche se in
Inoltre, il Decreto ministeuna convenzione internariale del 20 agosto 1999
zionale per garantire stan- molti Paesi il divieto è
antecedente (vedi tabella
impone agli armatori di
dard comuni di sicurezza
nella pagina accanto).
effettuare una mappatura
sulle navi. Da allora sono
dei Mca a bordo delle navi
state stipulate numerose
costruite prima del 1994 e,
altre convenzioni: l’ultima,
in ogni caso, per le navi
in ordine cronologico, è del Una flotta pericolosa
acquistate all’estero. Per le
1974 e viene continuamennavi battenti bandiera itate aggiornata con vari
In questo scenario, visto
liana prevede poi che una
emendamenti. Quello del
che l’età media delle navi
copia della mappatura sia
dicembre 2000 ha stabilito circolanti nel mondo è di
trasmessa al ministero
il divieto di impiego di
circa vent’anni, appare
I
38
della Salute.
Nel novembre del 2002, il
ministero aveva raccolto i
dati di 344 navi; nell’agosto
del 2006, a sette anni dall’approvazione del decreto,
il ministero era in possesso
dei dati di 376 unità.
Questo numero include le
navi che non hanno amianto a bordo, secondo quanto
trasmesso da diverse
società armatoriali (anche
se non dovuto). Il confronto
tra questi numeri e quanto
già detto a proposito della
flotta italiana è indicativo
della scarsa efficacia di un
provvedimento sulla cui
applicazione non esiste una
verifica sistematica. Va
ribadito che il Decreto vale
solo per le navi battenti
bandiera italiana e che,
secondo il database
dell’Organizzazione marittima internazionale, nel
mondo circolano più di 92
mila navi la cui età media è
di circa vent’anni.
In questi ultimi anni alcuni
organismi internazionali
hanno denunciato il fatto
che navi con presenza di
amianto e di altri agenti
nocivi a bordo vengono
inviate alla rottamazione in
Paesi dove le operazioni
alta definizione • numero 71
Alta definizione
sono eseguite senza alcuna
precauzione per la salute.
Per contrastare questo traffico, Greenpeace e altre di
queste associazioni hanno
costituito la Piattaforma
europea delle Ong per la
rottamazione delle navi
(European Ngo Platform
on Shipbreaking).
Inoltre, Greenpeace ha
pubblicato un elenco di 50
navi che devono essere
tenute sotto controllo, in
quanto candidate a percorrere in tempi brevi l’ultima
rotta con destinazione
India o Bangladesh. Si tratta di Paesi dove vengono
effettuate più frequentemente queste attività di
smantellamento, senza
alcun tipo di precauzione
per i lavoratori addetti alla
demolizione delle navi: l’amianto viene rimosso a
mani nude, senza alcun
dispositivo di protezione
per le vie respiratorie.
Donne e bambini vengono
coinvolti nelle operazioni di
trasporto e asciugatura
all’aria aperta, per consentirne la rivendita.
Amianto e tumori
In generale, il comparto
della meccanica navale
(costruzione, riparazione e
manutenzione) è considerato tra quelli più a rischio di
esposizione a fibre di
amianto. Questo rischio
valeva e vale tuttora per
gli operatori di qualsiasi
attività marittima. Nel
primo rapporto del
Registro nazionale mesoteliomi del 2001, relativo al
periodo 1993-1999, l’attività marittima (mercantile
e militare) era classificata
come terza per frequenza
di segnalazione, alla pari
con metalmeccanica e
metallurgia.
In Italia si è cominciato a
parlare di questo problema
negli anni Cinquanta; successivamente numerosi
autori hanno segnalato la
comparsa di casi di mesoteliomi in navi italiane.
Recentemente l’esposizione
professionale ad amianto è
stata abbastanza riconosciuta con il Decreto ministeriale del 27 ottobre 2004,
che ha esteso i benefici previdenziali anche alla gente
di mare coperta da assicurazione obbligatoria gestita
dall’Ipsema, l’Istituto di
previdenza per il settore
marittimo. In Europa e nel
resto del mondo è fiorita
una letteratura costituita di
studi epidemiologici che
segnala la presenza di alte-
L’entrata in vigore del divieto dell’uso di amianto nel mondo
Anno
1983
1984
1986
1986
1988
1989
1990
1991
1992
1992
1993
1995
1996
1996
1996
1997
1998
1998
1999
2000
numero 71
Paese
Islanda
Norvegia
Danimarca
Svezia
Ungheria
Svizzera
Austria
Paesi Bassi
Finlandia
Italia
Germania
Giappone
Kuwait
Francia
Slovenia
Polonia
Belgio
Arabia Saudita
Regno Unito
Irlanda
Anno
2001
2001
2001
2002
2002
2002
2003
2004
2004
2004
2004
2004
2004
2004
2004
2004
2004
2005
2005
Paese
Argentina
Cile
Lettonia
Spagna
Lussemburgo
Uruguay
Australia
Cipro
Repubblica Ceca
Estonia
Grecia
Ungheria
Lituania
Malta
Portogallo
Slovacchia
Honduras
Egitto
Giordania
razioni radiografiche e
patologiche a carico della
pleura (placche e ispessimenti) e del parenchima
rilevate in questo comparto
e numerosi casi di mesoteliomi e tumori polmonari.
Secondo le linee di indirizzo elaborate il 30 agosto
2000 dal Coordinamento
per la prevenzione nei luoghi di lavoro delle Regioni
e Province autonome di
Trento e Bolzano, gli
ambienti delle navi in cui è
più frequente rilevare
materiali contenenti amianto sono i garage, i corridoi,
i vani scale, gli alloggi del
personale di bordo, i saloni
per passeggeri, il locale
apparato motori e ausiliari
e i vari servizi. L’amianto
non si riscontra quindi soltanto nei contesti più attesi, cioè quelli che richiedono l’utilizzo di un coibente
con le caratteristiche specifiche dell’amianto (sala
macchine, apparato motore, ecc), ma anche nei luoghi abitualmente frequentati dai passeggeri o dal
personale di coperta (cabine, bagni, palestre, ristoranti, garage).
Fra i marittimi, l’esposizione professionale si sovrappone a quella di vita, per la
presenza di amianto anche
negli alloggi dell’equipaggio. La letteratura scientifica riconosce come più
esposto il personale di
macchina, sia per la presenza di notevoli quantità
di amianto in quegli ambienti, sia per le loro caratteristiche: si tratta infatti
di locali confinati e con
presenza di ventilazione
forzata. Risulta meno esposto, invece, l’equipaggio di
coperta e ancor meno il
personale che opera negli
ambienti in cui soggiorna-
39
no i passeggeri. Inoltre,
particolarmente esposti sono anche gli addetti a mansioni di manutenzione e riparazione di impianti con
Mca. Infatti durante la navigazione gli interventi di
manutenzione sono lavori
di routine, spesso aggressivi sui Mca ed effettuati in
assenza delle necessarie
precauzioni.
Molti studi indicano come i
marittimi siano fortemente
a rischio di sviluppare tumori a carico dell’apparato
respiratorio, in particolare i
mesoteliomi, certamente
correlabili all’esposizione
gli autori
Fabrizia Riva,
Lorenzo Papa
Snop Marche
rivaf@asurzona7.
marche.it
ad amianto. Alcuni studi
mostrano che anche per i
passeggeri a bordo esiste
un rischio significativo di
esposizione.
Protezione a bordo
Da questi dati emerge fortemente la necessità di
investire sulla prevenzione.
Dal personale di bordo, in
particolare quello di macchina e quello che esegue
la manutenzione, fino ai
passeggeri, sono numerose
le categorie che, frequentando vecchie navi, possono trovarsi esposte ad
amianto, come gli addetti
alle movimentazioni merci,
gli organi di polizia, i
manutentori esterni, ecc.
Occorre quindi definire
come tutelare chiunque, a
vario titolo, si trovi a bordo
di queste navi. Le misure
preventive dovrebbero
riguardare innanzitutto lo
stato di conservazione dei
Mca presenti, evitando
situazioni di degrado che,
viste le particolari condizioni ambientali, possono
portare ad aerodispersioni
significative. I lavoratori
che a vario titolo sono chiamati a effettuare interventi
a bordo di navi in cui siano
presenti Mca devono essere
informati sul fatto che la
loro manipolazione può
essere compiuta solo da
personale informato e formato in modo specifico.
Tutto questo potrebbe
apparire superfluo se non
si avesse la consapevolezza
che la realtà è spesso ben
lontana dal rispetto dei più
elementari principi di prevenzione e che quella della
navigazione è, tra le grandi
industrie, probabilmente la
più globalizzata.
Bibliografia
Greenpeace e la
rottamazione delle navi,
www.greenpeaceweb.org/
shipbreak/
M. Nesti et al, “Il Registro
nazionale dei mesoteliomi”, 2001, http://ispesl.it/
ispesl/sitorenam/Renamita.PDF
C. Mensi et al, “Il mesote-
lioma maligno nelle professioni marittime”.
Med Lav, 2006; 97: 82.
R. Puntoni et al, “Il meso-
telioma pleurico fra i lavoratori di Genova”. Tumori, 1976; 62: 205-210.
40
alta definizione • numero 71
Alta definizione
Medico competente,
una figura anti-stress
Danilo Bontadi, Paola Torri, Piero Patanè
I
n ambito aziendale, il
medico competente può
avere un ruolo strategico nell’approccio a problematiche di natura psicosociale, anche grazie all’utilizzo di strumenti validati
per l’indagine dello stress
lavorativo percepito.
Contrariamente all’articolazione tradizionale della
pratica della medicina del
lavoro, che va dalla valutazione del rischio al programma di sorveglianza
sanitaria, quest’ultima, nel
caso dei disturbi da stress,
può essere fondamentale
proprio per la valutazione
del rischio. Nelle realtà produttive dove opera il nostro
gruppo, la sorveglianza
sanitaria ha messo in luce
l’aumento e una particolare
distribuzione di disagi,
segni, sintomi o franche
patologie correlate allo
stress: da qui l’esigenza di
studiare meglio questi
fenomeni con metodi standardizzati. Abbiamo così
aderito allo studio promosso dall’Ispesl e dal dipartimento di Prevenzione della
Regione Veneto che riguardava il grado di stress
occupazionale percepito e
la sua associazione con
numero 71
infortuni, assenteismo e
cambio di mansione per
motivi di salute.
Nel nostro studio, condotto
da maggio 2004 a ottobre
2005, abbiamo preso in
esame 2174 lavoratori,
dipendenti di trenta aziende di diversa dimensione
che operano nei comparti
lavorativi più frequenti in
Veneto, sia dell’industria
sia del terziario.
In un’azienda, stress e disagio psicologico sono importanti fattori di rischio per la salute dei lavoratori
e vanno monitorati con accuratezza. In Veneto l’Associazione nazionale medici d’azienda ha condotto
uno studio per valutare in modo standardizzato il rischio lavorativo legato allo stress psicologico su oltre
duemila lavoratori di trenta aziende della Regione.
Alla base del modello statistico usato c’è il principio
secondo cui lo stress lavorativo percepito è tanto più
probabile al crescere della richiesta di lavoro e al diminuire della libertà decisionale del singolo.
Misurare lo stress
L’indagine è stata condotta
tramite il Job Content
Questionnarie (Jcq, il questionario per la valutazione
del rischio lavorativo ideato da Robert Karasek,
dell’Università del
Massachusetts) nella sua
versione integrale a 49
item messa a punto dal
gruppo dell’Enea nel 1998.
Il modello di Karasek suggerisce che la relazione fra
un’elevata richiesta lavorativa (job demand) e una
bassa libertà decisionale
(decision latitude) portano
a una condizione di stress
lavorativo percepito (job
strain). In seguito è stata
introdotta una terza dimen-
sione, il sostegno costituito
dai rapporti con colleghi e
superiori (social support).
La condizione di lavoro
viene quindi classificata in
quattro possibili livelli: elevata domanda e basso controllo (high strain), scarsa
domanda e scarso controllo
(passive), elevata domanda
ed elevato controllo (active),
bassa domanda e basso
controllo (low strain).
Infine, la presenza del supporto sociale migliora l’esito generale, e viceversa.
Il questionario è stato somministrato nel corso dei
controlli sanitari periodici,
consentendo così una comprensione migliore del significato delle domande e
un calo della percentuale di
questionari incompleti,
grazie anche all’utilizzo di
un software predisposto ad
hoc. Ha permesso inoltre di
individuare eventuali tentativi di simulazione o dissimulazione (era presente un
item aggiuntivo dove il medico competente attribuiva
un giudizio all’affidabilità
dell’intervista).
Prima dell’intervista, il
lavoratore era classificato
dal medico in base a eventi
occorsi negli ultimi dodici
mesi, come infortuni sul
lavoro, assenza dal lavoro
per malattia superiore ai
dieci giorni consecutivi,
cambio di mansione per
motivi di salute. In caso di
41
a 1 quell’azienda, comparto
o professione il cui OR era
Danilo Bontadi, Paola
il più vicino possibile a
Torri, Piero Patanè
quello della popolazione
Associazione nazionale
totale. Come mostrato nella
Riprogettare il lavoro
medici d’azienda (Anma)
tabella, alcuni OR sono
danilo.bontadi@studiogoControllando per i possibili significativamente più alti
mi.it
o più bassi della categoria
fattori di confusione con
di riferimento.
l’analisi della regressione
logistica multipla, i risulta- I più elevati rischi di stress
ti indicano che il rischio di sono stati riferiti dagli
uno qualsiasi di questi
job strain è maggiore nelle addetti del commercio e del
eventi, il lavoratore era
comparto sociosanitario, in
donne rispetto ai maschi,
invitato a focalizzare l’atparticolare da cassieri di
ma non è correlato all’autenzione sugli aspetti di
mentare dell’età e del livel- negozio e addetti al call
natura psicosociale delcenter, infermieri e tecnici
l’ambiente di lavoro occorsi lo di scolarizzazione, né al
sanitari e operai dell’induprima del verificarsi dell’e- paese di origine. Inoltre, è
significativamente più alto stria tessile (vedi figura 1
vento. In caso contrario, il
nella pagina seguente).
fra le persone che consulavoratore era invitato a
mano psicofarmaci, saltua- I lavoratori con almeno
riferire le caratteristiche
dieci anni di anzianità nella
riamente o abitualmente.
del lavoro attuale.
È stato calcolato l’odd ratio propria mansione hanno
Nonostante il disegno tra(OR, high strain versus low un rischio di stress lavorasversale dello studio, si è
tivo maggiore di quelli con
strain) nella popolazione
potuta quindi valutare la
al massimo tre anni di
totale e in ciascuna aziensuccessione temporale tra
da, comparto o professione. anzianità. Infine, rispetto a
stress psicosociale e inforcoloro che non avevano
È stato considerato a
tuni sul lavoro, assenze
riportato alcun evento nei
rischio convenzionale pari
prolungate dal lavoro per
gli autori
malattia, cambio di mansione per motivi di salute.
dodici mesi precedenti,
l’OR di stress lavorativo
era più elevato nei lavoratori che avevano riferito un
infortunio sul lavoro,
un’assenza prolungata per
motivi di salute o il cambio
di mansione per motivi di
salute. Malgrado sia pari a
4,85, quest’ultimo OR non è
statisticamente significativo perché basato su pochi
casi (vedi figura 2).
Oltre a permettere di predire le conseguenze negative
sulla salute dei lavoratori
derivanti dall’esposizione a
condizioni di job strain (per
esempio infortuni sul lavoro, assenze per malattia), il
modello di Karasek introduce un altro elemento
innovativo: i vantaggi in
termini di messa in atto di
comportamenti organizzativi positivi (motivazione
verso l’apprendimento
organizzativo e l’innovazio-
Categorie di stress organizzativo: differenze nella percezione in base al comparto lavorativo
commercio
10 (21,3)
29 (61,7)
6 (12,8)
2 (4,26)
47
high strain versus
low strain
OR
95% CI
12,4
2,35-65,0
sociosanitario
155 (39,3)
173 (43,9)
38 (9,64)
28 (7,11)
394
5,27
2,68-10,4
ecologia
ambientale
17 (19,5)
38 (43,7)
24 (27,6)
8 (9,20)
87
4,05
1,56-10,6
tessile
19 (14,3)
48 (36,1)
52 (39,1)
14 (10,5)
133
2,92
1,31-6,52
ceramico
22 (35,5)
21 (33,9)
10 (16,1)
9 (14,5)
62
1,99
0,78 -5,10
servizi
37 (28,5)
32 (24,6)
42 (32,3)
19 (14,6)
130
1,44
0,67-3,07
trasporti
1 (3,23)
5 (16,1)
21 (67,7)
4 (12,9)
31
1,07
0,26-4,39
vetrario
26 (17,9)
34 (23,5)
56 (38,6)
29 (20,0)
145
1,00
gruppo di
confronto
siderurgico
82 (24,6)
83 (24,9)
86 (25,8)
83 (24,9)
334
0,85
0,48-1,53
chimico
5 (7,58)
10 (15,2)
31 (47,0)
20 (30,3)
66
0,43
0,17-1,08
metalmeccanico
57 (13,7)
75 (18,0)
126 (30,3)
158 (38,0)
416
0,41
0,23-0,72
alimentare
14 (14,9)
9 (9,57)
31 (33,0)
40 (42,3)
94
0,19
0,07-0,49
logistico
18 (26,1)
5 (7,25)
23 (33,3)
23 (33,3)
69
0,19
0,06-0,59
galvanico
6 (9,09)
4 (6,06)
23 (34,9)
33 (50,0)
66
0,10
0,03-0,37
meccanico
0 (0,00)
0 (0,00)
3 (15,8)
16 (84,2)
19
0,00
0,00-0,25
comparto
lavorativo
42
active
high strain
passive
low strain
totale
(100)
alta definizione • numero 71
decision latitude
Alta definizione
nessun evento negli ultimi 12 mesi
infortuni sul lavoro >3gg
assenze per malattia >10gg
cambio mansione per motivi di salute
job demand
Figura 1. Punteggi ottenuti al Jcq nei diversi settori produttivi indagati:
una maggior concentrazione di punti nel quadrante inferiore di destra
indica una maggior proporzione di questionari che si collocano nell’area
high strain (elevata domanda e basso controllo)
miglioramento dell’organizzazione del lavoro attraverso la strategia del focus
group, con la partecipazione di rappresentanti dei
lavoratori, della direzione
aziendale, medici competenti, psicologi del lavoro,
ergonomi. L’approccio a
questa problematica, infatti, non può che essere interdisciplinare: in questa chiave, il medico competente è
una figura che può offrire
un contributo rilevante,
perché conosce i dinamismi aziendali e le varie
figure professionali, ma
anche perché ha tra i propri compiti specifici l’osservazione diretta della realtà
lavorativa.
Bibliografia
comparto
comparto
comparto
comparto
ALIMENTARE
CERAM/VETRARIO
CHIMICO
CHIMICO-GALVANI
comparto
ECO/AMBIENTE
LOGISTICO
comparto
comparto
comparto
comparto
MECCANICO
METALMECCANICO
SERVIZI
SIDERURGICO
comparto
comparto
comparto
SOCIO-SANITARIO
TESSILE
TRASPORTI
comparto
decision latitude
comparto
+ CERAMICO
comparto
COMMERCIO
M.CO
A. Baldasseroni et al, “La
valutazione dei fattori
psicosociali. Il Job Content Questionnaire”, 2001,
www.ispesl.it/informazione/karasek.htm
M. Ferrario et al, “La per-
cezione dello stress nel
terziario: utilità e indicazioni del Job Content
Questionnaire”.
La Medicina del Lavoro,
2005; 96 (3): 191-199.
G. Mastrangelo et al, “In-
job demand
Figura 2. Punteggi ottenuti al Jcq in base alla presenza di un evento
avverso per la salute nei dodici mesi precedenti la visita (assenza per
infortunio sul lavoro superiore a tre giorni; assenza per malattia superiore
a dieci giorni, cambio della mansione per motivi di salute)
ne) a seguito di una progettazione delle condizioni
lavorative nella modalità
active. Il modello è infatti
fortemente applicativo,
numero 71
proprio perché finalizzato
alla messa in atto di interventi di riprogettazione dei
compiti lavorativi (job
redesign). Pertanto, in alcu-
ne delle aziende dove sono
stati documentati la presenza e gli effetti del disagio psicosociale, si sta cercando di promuovere un
dagine pilota conoscitiva
sulle condizioni di salute
e sicurezza negli ambienti di lavoro relativa a una
realtà regionale: Veneto”,
2006, www.safetynet.it/attach/content/1598/relazione%20conclusiva%20ISP
ESL.pdf
R. Karasek et al, “The Job
Content Questionnaire
(JCQ)”. J Occup Health Psychol, 1998; 3(4): 322-355.
43
Alta definizione
Ma la guerra
è una zoonosi?
Luca Sala, Carlo Brini
Oltre a essere dei professionisti, i veterinari sono anche degli stakeholder, coinvolti in un sistema che, oltre all’uomo, comprende anche gli animali e l’ambiente. Visto che la guerra non distingue fra uomini e
animali, gli autori propongono una riflessione allargata sul concetto di zoonosi, considerata come qualsiasi mancanza di salute o compromissione di qualità
della vita dell’uomo o di un animale che derivi da un
contatto con uomini o animali o che da questi sia provocato. Gli autori si concedono così il lusso di ragionare sui problemi sanitari in un’ottica d’insieme.
N
44
el corso della storia,
la disfatta di molti
eserciti è dipesa da
malattie debilitanti come la
febbre ricorrente, la febbre
delle trincee e il tifo, provocate da agenti patogeni trasmessi dai pidocchi in
grado di moltiplicarsi in
modo spropositato sui
corpi di soldati denutriti e
malvestiti. Lo stesso dicasi
per le pulci, responsabili
assieme ai ratti delle devastanti epidemie di peste
che si sono verificate a
seguito dei grandi spostamenti di uomini e animali
indotti dalle guerre del
passato.
Torniamo al presente. A
metà giugno del 2001, un
cervi avrebbero raggiunto
l’incredibile cifra di 65
mila. Sempre nel 2001,
nella provincia iraniana di
Khorassan, un serpente
velenoso è riuscito a sfuggire agli artigli di un’aquila
che lo aveva catturato, è
precipitato in un’automobile con tettuccio aperto e ha
morso quattro passeggeri.
Due viaggiatori sono morti
sul colpo (il destino dell’animale, invece, non è noto).
Che cosa accomuna le epidemie provocate dalla
guerra con questi due casi,
tanto tragici quanto curiosi? In un’ottica allargata
potrebbero essere classificati entrambi fra le zoonosi, dove le vittime risultano
gli esseri umani, ma tutto
sommato anche gli animali.
Se gli incidenti stradali che
vedono coinvolti animali e
uomini rientrano in questa
categoria, in un’ottica di
largo respiro emerge con
forza la reciprocità del
danno, a seguito di un contatto fra le diverse specie.
capriolo è finito investito
sulla tangenziale di
Bologna. In Trentino un
automobilista ha perso la
vita nell’impatto della sua
automobile con un cervo
maschio adulto. Nell’Italia
settentrionale, durante il
secondo semestre dello
stesso anno, sarebbero
stati 157 gli incidenti causati da animali selvatici, in
testa i cinghiali, seguiti da
caprioli e cervi e, spostandosi più a sud, 380 nella
sola provincia di Pesaro.
Pochi, comunque, a confronto di quanto avviene
negli Stati Uniti: basti pen- Definire le zoonosi
sare che nel corso del 2000,
nel solo stato del Michigan, La sanità pubblica veterigli scontri di veicoli con i
naria deve far rispettare le
leggi che la riguardano,
partendo dalla definizione
dei termini.
Per esempio, il Decreto 191
del 2006, che definisce le
misure di sorveglianza
delle zoonosi e degli agenti
zoonosici, adotta la seguente definizione di zoonosi:
«qualsiasi malattia o infezione che possa essere trasmessa naturalmente,
direttamente o indirettamente, tra gli animali e
l’uomo».
I veterinari devono però
anche mediare tra esigenze
diverse, come la protezione
dei consumatori di alimenti
di origine animale, degli
allevatori, degli animali e
dell’ambiente.
Per farlo, servono strumenti scientifici e culturali di
ampio respiro, come la
definizione di zoonosi
coniata da Adriano
Mantovani: «ogni mancanza di salute o compromissione di qualità della vita
dell’uomo che derivi da un
contatto con altri animali,
vertebrati o invertebrati,
edibili e tossici».
Oltre a essere dei professionisti, però, i veterinari sono
degli stakeholder, ovvero
dei soggetti interessati o
alta definizione • numero 71
Alta definizione
um
an
a
an
tro
po
lo
gi
a
M
Z
ve
te
rin
ar
ia
zo
ot
ec
ni
a
EDICINA
O
st
u
d di
an egl o
in im i
lib ali
er
tà
OLOGIA
Le componenti umane e animali della zoologia
Fonte: C. W. Scwabe, Veterinary medicine and human health. William and Wilkins, Baltimore, 1969
coinvolti, anche personalmente, in un sistema.
Immaginando un mondo
che dimentichi il suo antropocentrismo, visto che la
guerra non distingue fra
uomini e animali, a favore
di un pluralismo di diritti e
di doveri, proponiamo perciò anche questa definizione: «ogni mancanza di
salute o compromissione di
qualità della vita dell’uomo
o di un animale che derivi
da un contatto con uomini
o animali o che da questi
sia provocato».
Inoltre, va ricordato che
dal punto di vista etimologico, il termine “zoonosi”
proviene dalla radice
indoeuropea zoon, che
significa “vivere”, dalla
quale sono derivati in
greco, latino e altre lingue
molte parole, tra cui “vita”,
“essere vivente”, “animale”.
Vittime e carnefici
La recente pubblicazione
dell’Organizzazione mondiale per la sanità animale
“Disastri biologici di origine animale” riporta tra gli
altri un lavoro particolarnumero 71
mente interessante per la
nostra riflessione, intitolato
“Kenya, Mau Mau e bioterrorismo”. L’articolo prende
spunto dalla feroce repressione attuata nel 1951 dalle
amministrazioni europee
nei confronti dell’insurrezione del movimento politico delle popolazioni
kikuyu, note anche come
Mau Mau. In quel contesto,
molti coloni europei hanno
acquistato delle terre dalla
popolazione africana nell’area conosciuta come White
Highlands e impiantato
colture e allevamenti di
bestiame, scacciando nel
contempo i locali e i loro
armenti. Si è determinata
così una grave crisi economica fra gli allevatori Mau
Mau che, alla stregua di
squatters, hanno continuato da allora a pascolare ai
margini delle nuove proprietà, provocando la trasmissione di malattie epidemiche fra il bestiame
allevato. Di fronte a questa
situazione, le autorità locali
hanno messo atto azioni di
dissuasione anche molto
violente, tra cui il sequestro e la distruzione delle
greggi vaganti. Gli indige-
ni hanno quindi risposto in
maniera altrettanto violenta, tagliando i garretti degli
animali “europei” al pascolo durante la notte e rendendoli così incapaci di
muoversi e destinati all’immediato abbattimento.
Secondo le definizioni precedentemente citate, azioni
di polizia o di guerriglia
come queste possono essere considerate come vere e
proprie malattie, o come
eventi a carattere zoonosico. I danni economici subiti
dai Mau Mau per la perdita del bestiame e per le
mancate produzioni hanno
determinato sconvolgimenti sociali legati alla perdita
di identità, ruolo, cultura e,
conseguentemente, di fiducia nel futuro.
Rientrano in questa categoria anche i danni inflitti ai
coloni, ai quali vanno
aggiunti quelli inferti agli
animali, causa del contendere e destinatari delle
azioni repressive e di risposta alla repressione stessa.
Un discorso a parte meriterebbero poi la sofferenza e
il dolore inflitti a persone e
animali che si sono trovati
coinvolti in questi conflitti.
Ancora una volta l’azione
umana ha innescato una
catena di eventi verso altri
uomini e altri animali che
hanno le medesime caratteristiche degli eventi presi
in esame.
La guerra in Iraq
e H5N1
Per dare una risposta ancora più approfondita alla
domanda del titolo si può
ricorrere anche all’epidemiologia. In un articolo
apparso alla fine del 2006
su Epidemiologia & prevenzione, Cinzia Colombo,
dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri,
afferma che la guerra in
Iraq ha causato la morte di
centinaia di migliaia di persone. Al di là delle polemiche scatenate da questo
dato, pubblicato su The
Lancet nell’ottobre del
2006, è interessante che
finalmente si cominci a sottolineare che, comunque si
vedano i numeri dei morti
e dei feriti, un intervento
militare abbia un peso
sociale, economico, sanitario, umano e storico gravis-
45
simo. Condividiamo così il
concetto per il quale si
invita la comunità internazionale a configurare la
politica estera in modo da
garantire la sicurezza (e
quindi la salute) delle persone e non delle nazioni, e
non solo per mantenere i
confini territoriali e la stabilità economica.
La salute, infatti, rappresenta attualmente la più
importante questione di
politica estera.
Qualsiasi azione di guerra
determina degli sconvolgi-
gli autori
Luca Sala,
Carlo Brini
dipartimento
di Prevenzione,
servizio di Sanità
pubblica veterinaria
Asl 12 Biella
[email protected]
menti che incidono, oltre
che sulla popolazione
umana e animale direttamente colpita, su tutto il
sistema sanitario, sull’organizzazione del vivere civile,
nonché sul sistema agrozootecnico: è facile quindi
immaginare come possa
dis-organizzarsi un mondo
in cui, a causa di una guerra, venga meno l’efficienza
dei servizi sanitari.
Ma visto che parliamo
anche di animali, qualche
rilievo può essere fatto nei
confronti di un mondo
dove sono anche i servizi
veterinari a essere smantellati. È il caso di quanto sta
accadendo nella striscia di
Gaza, in Palestina, dove a
seguito di un’epidemia di
influenza aviaria, e a causa
dell’instabilità politica dell’area, non si possono mettere in atto le misure sanitarie suggerite dall’Oie, che
prevedono l’abbattimento e
la distruzione dei volatili
infetti e sospetti d’infezione. Il virus isolato è
l’H5N1, ad alta patogenicità. Per quegli allevatori i
polli rappresentano un
bene insostituibile, per la
cui difesa non esitano a
imbracciare le armi e a
sparare su chiunque manifesti l’intenzione di volere
sanificare l’area.
Partendo dal legame tra
guerra, malattie e crisi dei
servizi sanitari, in una
visione evoluzionistica,
non si può negare che le
azioni di violenza condotte
da uomini o animali contro
altri uomini o animali
implichino aspetti di
sanità pubblica considerevoli. Non è solo l’umanità
in generale a essere coinvolta, ma la totalità degli
esseri viventi.
Anche a prescindere dall’importanza che, secondo
la sensibilità personale,
ognuno assegna loro nella
scala dei propri valori.
Bibliografia
F. Davies, “Kenya, Mau
Mau and bioterrorism”,
www.oie.int/eng/publicat/RT/2501/PDF/12-davies%20mau149-151.pdf
C. Colombo, “La resa dei
conti”. Epidemiologia &
prevenzione, nov-dic 2006.
G. Burham et al, “Morta-
lity after the 2003 invasion
of Iraq: a cross-sectional
cluster sample survey”, ottobre 2006, www.thelancet.
com/webfiles/images/journals/lancet/s0140673606
694919.pdf
A. Mantovani et al,
“Idrofobia e altre malattie
non meno appiccicaticce”.
Snop 69, dicembre 2006.
C. Ravaglia e D. Saporetti,
“Uomo e animale, una
convivenza possibile?”.
Snop 69, dicembre 2006.
46
alta definizione • numero 71
La parola a…
Quando il rischio
è nell’aria
Roberto Romizi
inquinamento atmosferico rappresenta un grave
problema di sanità pubblica, dal momento che l’aria
dei nostri centri urbani è
resa sempre più irrespirabile dalla presenza di molteplici inquinanti.
Anche le emissioni di gas
serra, di origine antropica,
sono cresciute e l’effetto
serra è certamente una
delle cause del cambiamento climatico che ha portato
anche nel nostro Paese a
un aumento della temperatura media e a eventi climatici estremi, con la prospettiva di un profondo
dissesto dell’ecosistema
terrestre e di un avvenire
incerto per le future generazioni.
Per ridurre le emissioni di
gas serra nell’atmosfera,
responsabili dei cambiamenti climatici, l’Italia si è
impegnata (insieme ad altri
158 Paesi nel mondo) a
ridurre entro il 2010 l’anidride carbonica in atmosfera del 6,5%, mentre in
realtà dal 1990 al 2004 si è
registrato un aumento
dell’11,6%. Nell’ultimo
secolo, la temperatura
media mondiale è salita di
L’
numero 71
0,6 °C e l’aumento previsto
entro la fine di questo secolo potrebbe essere fra 1,4 e
5,8 °C. In Italia l’aumento
di temperatura negli ultimi
decenni è stato leggermente superiore alla media
mondiale.
Complessivamente, l’inquinamento ambientale urbano è responsabile di effetti
nocivi sull’apparato respiratorio e cardiovascolare,
di effetti oncogeni e dell’aumento della mortalità generale. I principali studi condotti in Europa e negli
Stati Uniti sulla correlazione fra inquinamento atmosferico e cancro al polmone
sono concordi nel valutare
che per ogni 10 µg/m3 di
PM 2.5 si registra un incremento di neoplasie polmonari che va dall’8% al
14%. L’Organizzazione
mondiale della sanità ha
stimato la quota di decessi
attribuibili a valori di PM
10 superiori a 20µg/m3 in
tredici città italiane con
oltre 200 mila abitanti,
sulla base dei valori registrati negli anni 2002-2004.
La stima parla di 8220
morti all’anno, di cui 742
per cancro del polmone.
Studi recenti segnalano che
Ospitiamo volentieri questo contributo di Roberto
Romizi, presidente e vero animatore dell’Associazione Isde, Medici per l’ambiente Italia, che illustra
le più recenti iniziative della sua associazione, che
muovono dal background di questo gruppo di professionisti, molto noto nel campo della difesa della
salute dalle aggressioni all’ambiente. In futuro speriamo di ospitare anche dibattiti sui temi all’ordine
del giorno in questo campo cruciale, contando di
avere la partecipazione di colleghi che aderiscono a
Isde come interlocutori essenziali.
i decessi stimati come effetto dell’inquinamento atmosferico non sono una semplice anticipazione di eventi che sarebbero accaduti,
ma rappresentano un effetto netto di una mortalità
che sarebbe stata evitata se
i livelli di inquinamento
fossero stati inferiori.
Responsabilità civile
ed etica professionale
I medici sono i primi testimoni delle evidenti ricadute del danno ambientale
sulla salute dei pazienti. La
classe medica si è quindi
trovata di fronte alla
responsabilità di orientare
il proprio ruolo professionale, oltre che civile, verso
scelte sempre più decise a
favore di uno sviluppo
ambientale sostenibile. Gli
operatori dei dipartimenti
di Prevenzione delle Asl
hanno rilevato quotidianamente il progressivo consolidamento dei dati che indicano un aumento delle
patologie e della mortalità
da inquinamento atmosferico. I medici di medicina
generale hanno constatato
direttamente negli ambulatori la diffusione sempre
maggiore di tumori e,
soprattutto, l’abbassamento dell’età di insorgenza. I
pediatri hanno registrato
l’aggravarsi nei bambini,
47
specialmente se residenti in
zone più inquinate o più
trafficate, di patologie
come asma, raffreddore primaverile, bronchiti, broncopolmoniti, ma anche tumori. Gli specialisti, infine,
registrano il costante
aumento di malattie croniche, tra cui quelle cardiocircolatorie e respiratorie,
che rappresentano le cause
principali di mortalità e di
ricovero, così come di
disturbi nello sviluppo del
sistema nervoso centrale
legati all’esposizione a un
vasto spettro di inquinanti
chimici ambientali.
Con l’introduzione dell’articolo 5 nel nuovo Codice
Deontologico, il medico
diventa una delle figure
professionali chiamate a
svolgere un ruolo attivo
nella tutela del diritto individuale e collettivo alla
salute e a un ambiente
salubre: «Il medico è tenuto
a considerare l’ambiente
nel quale l’uomo vive e
lavora quale fondamentale
determinante della salute
dei cittadini […] Il medico
favorisce e partecipa alle
iniziative di prevenzione, di
tutela della salute nei luoghi di lavoro e di promozione della salute individuale
e collettiva».
Nell’ambito di una partecipazione allargata ai processi decisionali e all’attuazione degli interventi anche il
medico è chiamato a svolgere la propria parte. I
medici che operano sul territorio devono arrivare ad
l’autore
48
Roberto Romizi
Associazione medici per
l’ambiente, Isde Italia
[email protected]
affiancarsi agli specialisti
che tutti i giorni verificano,
in base alle loro specifiche
competenze, i danni che
l’ambiente inquinato determina nella popolazione,
divenendo così la reale congiunzione fra sistema sanitario, popolazione e mondo
scientifico.
potenzialità dei medici e
degli altri professionisti
della salute nei confronti
della popolazione e dei
politici. È necessario anche
intervenire nei confronti di
chi persegue iniziative non
rispettose della salute e
dell’ambiente di vita e di
lavoro.
Sulla base del “Documento
Ambiente”, Fnomceo e Isde
Italia intendono coinvolgeIn prima linea
re la classe medica chieper l’ambiente
dendo la sottoscrizione di
È in questo scenario che si un documento che verrà
distribuito presso tutte le
colloca il “Documento
sedi dell’ordine professioAmbiente”, un progetto
nale. Tra i punti salienti
comune della Federazione
del documento c’è l’intronazionale ordini medici
duzione del concetto di
chirurghi e odontoiatri
(Fnomceo) e l’Associazione valutazione di impatto
medici per l’ambiente (Isde sanitario, accanto alla valuItalia) per tradurre i princi- tazione ambientale stratepi appena espressi in azio- gica e alla valutazione
d’impatto ambientale.
ni concrete. La Fnomceo è
Inoltre, si chiede di prediun ente di diritto pubblico
sporre un piano d’azione
ausiliario dello Stato che
riunisce e coordina gli ordi- condiviso, da portare avanni professionali provinciali ti in maniera sistematica
su tutto il territorio nazioitaliani e collabora con le
nale, che comprenda attiistituzioni per risolvere i
vità di formazione e inforproblemi sanitari del
Paese. Isde Italia, invece, è mazione (distribuzione di
materiali informativi negli
nata per stimolare l’impegno dei medici verso la sal- studi e nei presidi medici
sui rischi derivanti dall’invaguardia dell’ambiente e
intende valorizzare il ruolo quinamento atmosferico,
di interfaccia che il medico interventi nelle scuole per
sensibilizzare insegnanti e
può svolgere tra il mondo
genitori), attività di coordidella ricerca scientifica, la
namento di tutte le figure
popolazione e gli amminimediche del territorio
stratori per una corretta
diffusione delle conoscenze (medici di medicina generale, pediatri di famiglia,
relative ai problemi della
medici che lavorano nei
salute legati all’ambiente.
dipartimenti di
Da decenni nei convegni
medici si discute di salute, Prevenzione o comunque
rischi da lavoro, ambiente e nella sanità pubblica, epiinquinamento e i ricercato- demiologi, medici ospedari si impegnano per eviden- lieri), pressione nei confronti delle istituzioni locali
ziarne le correlazioni.
Queste attività, certamente per una valutazione dell’impatto sulla salute delle
da non sottovalutare, non
ci sono comunque sembra- scelte di tipo urbanistico in
senso lato.
te espressione dell’intera
Stiamo di fronte a una
svolta culturale, che vede il
medico coinvolto in una
funzione sociale che va
oltre il consueto rapporto
individualizzato con il
paziente, per misurarsi con
un più ampio mandato nei
confronti della collettività e
dell’organizzazione sanitaria, almeno per gli aspetti
di assistenza e tutela della
salute umana inserita nell’ecosistema. Per raggiungere questo obiettivo bisogna superare le barriere
corporative all’interno
della categoria, collaborare
con le altre figure di tecnici
della salute e dell’ambiente, raccordarsi con quei settori professionali che più
possono influenzare gli
amministratori e la popolazione, in particolare i
media, la scuola, il mondo
giuridico e quello economico. Ma anche sostenere e
consigliare le altre categorie professionali e le amministrazioni affinché promuovano politiche di prevenzione e quindi di salvaguardia ambientale.
la parola a... • numero 71
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Numero 71 giugno 2007