Società Nazionale degli Operatori della Prevenzione Rivista trimestrale • giugno 2007 n. 71, anno 22 ISSN 1720-9714 DOSSIER GUADAGNARE SALUTE Dallo statuto è costituita l’associazione denominata “Società Nazionale Operatori della Prevenzione”, in sigla , con finalità scientifiche e culturali. L’associazione, in quanto ente non commerciale, si propone di: • sostenere l’impegno politico e culturale per lo sviluppo di un sistema integrato di prevenzione, finalizzato alla rimozione dei rischi e alla promozione della salute negli ambienti di vita e di lavoro, con particolare attenzione alla rete dei servizi e presidi pubblici • promuovere conoscenze e attività che sviluppino la prevenzione e la promozione della salute dei lavoratori e della popolazione in relazione a rischi derivanti dallo stato dell’ambiente e dalle condizioni di vita e di lavoro • favorire lo scambio di esperienze e informazioni fra gli operatori e il confronto sulla metodologia e i contenuti dell’attività, per raggiungere l’omogeneità delle modalità di intervento perseguendo il miglioramento continuo di qualità e l’appropriatezza delle attività di prevenzione a livello nazionale • promuovere il confronto e l’integrazione tra sistema di prevenzione pubblico e sistema di prevenzione delle imprese • promuovere un ampio confronto con le istituzioni, le forze sociali e le altre associazioni scientifiche su questi temi • diffondere l’informazione e la cultura della prevenzione. L’associazione non ha fini di lucro. Tariffa regime libero: Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale 70% - DRCB Roma EMERGENZA CALDO, PARTE LA SORVEGLIANZA LA GUERRA È UNA ZOONOSI? indice Rivista trimestrale della Società nazionale degli operatori della prevenzione Il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm) e la rivista Snop collaborano per la diffusione e l’approfondimento dei temi contenuti nel Piano nazionale della prevenzione 2005-2007. Questa collaborazione è finalizzata a favorire la conoscenza, la riflessione critica e la partecipazione da parte degli operatori dei servizi di sanità pubblica. Editore: Snop • Società nazionale operatori della prevenzione • via Prospero Finzi, 15 - 20126 Milano www.snop.it Direttore responsabile: Claudio Venturelli Direttore: Alberto Baldasseroni Direttore editoriale: Eva Benelli Numero 71 giugno 2007 • anno 22 Cittadini del mondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 02 Vita da Snop Cronaca di un successo annunciato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 03 Silvia Gasbarra Alta definizione Diamo un passaggio alla sicurezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 05 Giampiero Mucciaccio Editoriale Lavorare insieme per una vita in salute . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .07 Donato Greco Dossier Europa in movimento per una vita sana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 Sonja Kahlmeier, Francesca Racioppi, Brian Martin In corsa per il counselling nelle vie di Trento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 Enrico Nava Comitato scientifico di redazione: Alberto Baldasseroni, Roberto Calisti, Emilio Cipriani, Maria Elisa Damiani, Giorgio Di Leone, Annunziata Giangaspero, Paolo Lauriola, Gianpiero Mancini, Luca Pietrantoni, Luigi Salizzato, Domenico Spinazzola, Domenico Taddeo, Claudio Venturelli, Luciano Venturi A Cesena la comunità va a piedi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14 Mauro Palazzi, Francesca Castoldi, Nicoletta Bertozzi, Patrizia Vitali, Francesca Righi, Giulia Franzoso, Elena Prati, Chiara Reali Redazione: Anna Maria Zaccheddu Quando i giovani educano i giovani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19 Elisabetta Benedetti, Annalisa Cardone Progetto grafico e impaginazione: Corinna Guercini Copertina: Bruno Antonini Zadigroma, via Monte Cristallo, 6 - 00141 Roma tel. 068175644 e-mail: [email protected] Stampa: Tipografia Graffiti srl - Pavona (Roma) Abbonamento annuale per 4 numeri: ordinario 30,00 euro, istituzionale 50,00 euro c/c postale n. 36886208 intestato a Snop Indicare causale del versamento e indirizzo Singolo numero: 10,00 euro Camminare mette il cuore al sicuro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 Ferdinando Tripi, Gustavo Savino, Claudio Gavioli, Mara Chiossi, Sabrina Severi, Gianfranco De Girolamo Alcol e lavoro, un bicchiere mezzo pieno? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 Emilio Cipriani “Prevenire creando”: un laboratorio per la salute . . . . . . . . . . . . . . . . 23 Germana Piancastelli, Gianalberta Savelli, Claudia Monti, Franca Gentilini Nelle Marche la lotta al fumo si fa in rete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24 Rosanna Rossini, Giovanni Fiorenzuolo, Marco Nocchi, Giuliano Tagliavento Se Cupido ci mette lo zampino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 Manuela Colonna Prevenzione: attività praticata o ciliegina sulla torta? . . . . . . . . . . . . 28 Elsa Ravaglia Dors, la parola d’ordine è condivisione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30 Maria Elena Coffano, Claudio Tortone Autoriz. Tribunale di Milano n. 416 del 25/7/86 Tariffa regime libero: Poste Italiane SpA sped. in abbonamento postale 70% DRCB Roma. L’editore Snop, titolare del trattamento ai sensi e per gli effetti del D.Lgs. 196/2003, dichiara che i dati personali degli abbonati non saranno oggetto di comunicazione o diffusione e ricorda che gli interressati possono far valere i propri diritti ai sensi dell’articolo 7 del suddetto decreto. Ai sensi dell’art. 2 comma 2 del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, si rende nota l’esistenza di una banca dati personali di uso redazionale presso Zadigroma, via Monte Cristallo 6. Responsabile trattamento dati: Angelo Todone. I dati necessari per l’invio della rivista sono trattati elettronicamente e utilizzati dall’editore Snop per la spedizione della presente pubblicazione e di altro materiale medico-scientifico. IVA assolta dall’editore ai sensi dell’art. 74 lettera C del DPR 26/10/1972 n. 633 e successive modificazioni e integrazioni, nonché ai sensi del DM 29/12/1989. Non si rilasciano quindi fatture (art. 1. c. 5 DM 29/12/1989). Finito di stampare nel mese di giugno 2007 Il buratto grosso Tammurriata del certificato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32 Giorgio Ferigo Alta definizione La lunga estate calda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 Fabiana Scotto, Stefano Zauli, Stefano Marchesi, Paolo Lauriola Fin che la barca va… lasciarla andare? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38 Fabrizia Riva, Lorenzo Papa Medico competente, una figura anti-stress . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 Danilo Bontadi, Paola Torri, Piero Patanè Ma la guerra è una zoonosi? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44 Luca Sala, Carlo Brini La parola a… Quando il rischio è nell’aria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47 Roberto Romizi Cittadini del mondo Rubrica di sanità pubblica internazionale a cura di Patrizia Parodi e Maria Paola Di Martino, della Direzione generale per i rapporti con l’Unione Europea e i rapporti internazionali del ministero della Salute Collaborazione sanitaria, parte la task force internazionale Diplomazia per la salute: il nuovo approccio scelto dal ministero della Salute per la collaborazione internazionale si basa sul partenariato. L’idea centrale è quindi operare attraverso un sistema di relazioni istituzionali, su base paritaria e solidale, articolato in tutti i settori di reciproco interesse ed esteso alle componenti del mondo accademico, scientifico e della società civile. L’esperienza di collaborazione internazionale bilaterale in campo sanitario e delle scienze mediche ha messo in luce alcuni aspetti. Innanzitutto il valore aggiunto della tutela della salute come condizione per la coesione, lo sviluppo e la vita pacifica dei popoli, ma anche la ritualità formale di alcuni accordi bilaterali, sottoscritti dai governi o dai ministri della salute, risultati poi di difficile attuazione. Infine, si sa molto poco di quanto istituzioni pubbliche e private o singoli soggetti realizzano in specifiche aree geografiche: la percezione epidermica è una polverizzazione di generose e scienti- ficamente pregiate iniziative e di grandi potenzialità inesplorate. Per ovviare a questi inconvenienti si è scelto di individuare delle aree geografiche prioritarie, in particolare Cina, Mediterraneo e Medio Oriente ed Europa, e di attivare una task force inter-istituzionale per il coordinamento delle attività internazionali. Inoltre, verrà costituito un tavolo di consultazione per i Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente, che sia di servizio per tutti i partecipanti, favorisca la ricerca di sinergie e promuova la messa in rete delle informazioni. Questa nuova fase, avviata solo di recente, si basa sulla convinzione della necessità e dell’urgenza di fare sistema e di creare quelle condizioni in cui tutti traggono vantaggi da una politica coordinata, da valorizzare nelle sedi istituzionali di confronto con gli altri Paesi. Fonte Cdc Raggiungere i poveri Liberamente tratto da www.worldbank.org 2 Selezionare le strategie più efficaci per assicurare che i programmi sociosanitari raggiungano i gruppi più svantaggiati della popolazione. È questa l’anima di “Raggiungere i poveri”, programma realizzato dalla Banca Mondiale, dalla Gates Foundation e dai governi di Svezia e Paesi Bassi. Nei settori della salute, della nutrizione e del sociale, come si può ottimizzare l’efficacia nel raggiungere i più poveri? Le informazioni, raccol- te utilizzando le più moderne tecniche quantitative, potranno così guidare i politici sugli approcci da adottare (ma anche da evitare) per sviluppare iniziative rivolte ai poveri. Il programma prevede poi di incoraggiare sempre nuovi soggetti ad applicare queste tecniche di valutazione. Analizzando un campione di 27 progetti, i migliori sono risultati: il programma messicano che paga, piuttosto che far pagare, le famiglie povere per la frequenza scolastica e le visite sanitarie. Il programma è rivolto a oltre 20 milioni di persone, il 60% delle quali appartiene al 20% della popolazione messicana più indigente il programma colombiano che utilizza una raffinata tecnica individualizzata per fornire un’assicurazione sanitaria sussidiata ai più poveri il programma sperimen- tale cambogiano che affida la realizzazione dei programmi governativi rurali di assistenza sanitaria di base alle organizzazioni non governative i programmi di distribuzione di zanzariere trattate con insetticidi nelle campagne di vaccinazione contro il morbillo, in Ghana e Zambia, che hanno aumentato l’uso delle zanzariere nella popolazione più povera dal 3 a oltre il 90%. cittadini del mondo • numero 71 cittadini del mondo Salute pubblica, innovazione e proprietà intellettuale Liberamente tratto da www.who.int/phi/en/index.html e integrato con altri documenti dell’Oms Nonostante gli enormi progressi nella prevenzione, diagnosi e trattamento delle malattie, i Paesi in via di sviluppo rimangono ancora largamente esclusi dai benefici della scienza moderna. Molte risoluzioni dell’Assemblea mondiale della sanità hanno affrontato il problema di come migliorare l’accesso alle cure sanitarie dei più poveri. Nel maggio del 2006, gli Stati Membri hanno chiesto all’Oms di costituire un gruppo di lavoro intergovernativo sulla salute pubblica, l’innovazione e la proprietà intellettuale. Il mandato è preparare una strategia globale e un piano d’azione sulle ricerche sanitarie essenziali per migliorare le condizioni che colpiscono in particolare i Paesi in via di sviluppo, presentato nel 2008. In un rapporto del 2 gennaio 2007, l’Oms ha invitato i diversi Paesi a inserire nella propria legislazione i meccanismi necessari per applicare la flessibilità permessa dall’accordo sugli aspetti legati al commercio dei diritti di proprietà intellettuale (Trips, www.wto.org/english/tratop_e/trips_e/trips_e.htm), quando questo può risultare utile per promuovere, fra l’altro, la ricerca legata direttamente ai problemi sanitari specifici dei Paesi in via di sviluppo. I Paesi in via di sviluppo dovrebbero inoltre assicurare che le loro università ed enti di ricerca mantengano le priorità della ricerca in linea con le necessità di salute pubblica e gli obiettivi di politica sociale. Questo ovviamente non esclude il sostegno alle ricerche sanitarie con finalità industriali o di esportazione, che possono a loro volta contribuire a migliorare la salute pubblica. Gli accordi bilaterali non dovrebbero comprendere meccanismi protezionistici più restrittivi di quelli previsti dall’accordo Trips, per non ridurre l’accesso alle cure nei Paesi più poveri. L’Oms continuerà a monitorare, dal punto di vista della salute pubblica, l’impatto dei diritti di proprietà intellettuale e di altri fattori sullo sviluppo di nuovi prodotti e sull’accesso alle medicine e altri prodotti sanitari nei Paesi in via di sviluppo. Fonte Cdc Vita da Snop Cronaca di un successo annunciato Silvia Gasbarra n’occasione per scoprire il reale significato della parola prevenzione: è questo il cuore della giornata di studio dedicata all’Ebp in sanità veterinaria organizzata il 3 maggio a Ozzano dell’Emilia dalla facoltà di Medicina veterinaria dell’Università di Bologna, in collaborazione con la Snop e il gruppo U numero 71 “ProgettareLaVeterinaria”. In un’atmosfera informale e stimolante, dopo il saluto del preside della Facoltà Santino Prosperi, e la breve introduzione ai lavori di Adriano Mantovani e Luciano Venturi, la giornata è stata avviata da Luigi Salizzato, direttore del dipartimento di Sanità pubblica di Cesena, nonché membro dell’Ufficio di Presidenza Un racconto vivace e partecipato della giornata di studio su Ebp e sanità pubblica veterinaria organizzata da Snop e dal gruppo “ProgettareLaVeterinaria” lo scorso 3 maggio a Ozzano dell’Emilia. della Snop. Sono stati illustrati il percorso storico e professionale e gli obiettivi di quello che più che una materia di studio è un vero e proprio movimento cultu- rale partito dagli stessi operatori di sanità pubblica. L’Ebp è infatti una logica conseguenza delle indicazioni, promosse negli ultimi decenni dall’Organiz- 3 zazione mondiale della sanità, per una prevenzione basata su obiettivi scelti con criteri epidemiologici e scientifici, su prove evidenti di efficienza del sistema salute, sul coinvolgimento della popolazione e su una comunicazione del rischio trasparente ed efficace. In quest’ottica, la prima azione da compiere è l’eliminazione di pratiche burocratiche obsolete che non hanno nessuna efficacia, ma in compenso appesantiscono notevolmente il carico di lavoro dei servizi e creano spesso disorientamento e sfiducia nel cittadino. Contemporaneamente, è fondamentale promuovere studi e pratiche scientifiche in grado di rendere più efficaci gli interventi di prevenzione. pubblica veterinaria. Alberto Baldasseroni, della Regione Toscana, ha dato una visione tecnica delle metodologie utilizzate in Ebp, basate essenzialmente su un’analisi accurata di tutte le componenti che intervengono in un problema di salute, compresa la revisione della bibliografia pertinente, dati epidemiologici e statistici che vengono a loro volta scomposti per arrivare a formulare l’obiettivo nel modo più “evidente” e misurabile Veterinari in fermento possibile. Claudio Gortani, veterinario, e Giorgio Ferigo, medico igienista, Da questo movimento è della regione Friuli Venezia nata una commissione ministeriale che sta attiva- Giulia hanno messo in luce da un lato come l’attuaziomente lavorando, in collaborazione con il territorio e ne ottusa della legge da parte dei servizi veterinari le Regioni, soprattutto del Nord, per valutare ed even- e di igiene pubblica abbia tualmente proporre l’elimi- contribuito al depauperanazione di molte pratiche e mento economico, culturale certificati inutili (vedi dos- e ambientale di zone monsier “Ebp e pratiche obsole- tane, con culture millenarie legate alla tradizione delte”, Snop 69) e che ora sta l’alpeggio e della caseificainiziando, anche grazie a zione in malga. Dall’altro un gruppo di veterinari lato, invece, hanno sottolimotivati, ad applicare gli neato come l’applicazione stessi principi in sanità delle evidenze scientifiche abbia portato, nella stessa l’autrice Regione, a valutare e implementare il Piano Silvia Gasbarra regionale di eradicazione Asl Roma G Tivoli, della rinotracheite infettiva referente per la del bovino (Ibr). Giampiero formazione dei servizi Mancini, medico del lavoro veterinari [email protected] della Asl di Imola, ha invece illustrato uno studio e 4 La sede dell’incontro su Ebp e sanità veterinaria un intervento per la prevenzione degli infortuni oculistici presenti nella sua Asl, mentre Carlo Brini e Luca Sala, veterinari della Asl 12 di Biella, hanno analizzato il cambiamento, soprattutto culturale, che i concetti dell’Ebp impongono alla sanità pubblica veterinaria, partendo dall’analisi dei casi di carbonchio ematico verificatisi in provincia di Biella. Cristina Liverani, della Asl di Ravenna, ha illustrato un progetto di verifica dei requisiti per l’accreditamento dei servizi. Elemento di riflessione critica e pacata è stato l’intervento di Roberto Mattioli dell’Ausl di Bologna, che si è augurato che questo movimento culturale, i cui principi sono stati per alcuni aspetti recepiti in sanità pubblica veterinaria con l’emanazione dei regolamenti relativi alla sicurezza alimentare, non sia ancora una volta una moda, ma un’opportunità reale di cambiamento. Fabio Ostanello, dell’Università di Bologna, ha invece posto l’accento sull’importanza dell’uso di metodi epidemiologici e sulla necessità di avere strutture pubbliche accreditate o certificate. Questa iniziativa promette di poter applicare, finalmente in modo coordinato, quei concetti che da molti anni si sentono nei vari convegni e bagni di folla collettivi a cui partecipiamo, ma raramente vediamo applicati sul territorio. Attualmente siamo di fronte a una dicotomia accentuata fra esigenze del territorio, organizzazione dei dipartimenti di Prevenzione e legislazione, promozione alla salute e sistema repressivo (tecnici contro burocrati) e questo non fa che allontanare sempre più il cittadino e gli stessi operatori dai servizi pubblici. Con le conseguenze che viviamo in termini di immagine, credibilità e qualità professionale. Non credo sia solo un caso che chi scrive fosse l’unica rappresentante veterinaria più a sud di Firenze: incontri del genere vanno quindi esportati. Speriamo che questa giornata non resti solo un episodio formativo nel curriculum vitae di ognuno di noi, ma sia l’inizio di un percorso di crescita culturale che deve essere condiviso fin dal suo principio, se si vuole garantire la partecipazione attiva degli operatori. Per chi fosse interessato, i materiali prodotti nel corso dell’evento sono disponibili sul sito: www.progettarelaveterinaria.it/spv/2007/EBP.html vita da snop • numero 71 Alta definizione Diamo un passaggio alla sicurezza Giampiero Mucciaccio T ra luglio e agosto, sulle strade ci sono più di mille vite da salvare. Circa diciotto al giorno. Sono quelle che, secondo le statistiche più recenti, rischiano di andare perdute anche quest’anno sulle strade che portano in vacanza. Sarebbe un errore imputare questa strage soltanto agli “incidenti”: troppe volte in strada non si muore per caso, ma perché in tanti non rispettano le regole. Per contrastare questa strage annunciata e far crescere la consapevolezza che il numero delle vittime della strada si può ridurre Droghe e riflessi: vignetta di Danilo Maramotti numero 71 drasticamente, torna per l’ottavo anno sulle strade italiane la campagna “Vacanze coi fiocchi”, coordinata dal Centro Antartide di Bologna (www.centroantartide.it). Fin dalla sua nascita, nel 1992, questo centro di studi lavora infatti sull’educazione e la comunicazione ambientale, in particolare su temi come risparmio idrico, rifiuti, mobilità e trasporto pubblico, sicurezza stradale, educazione civica e qualità urbana. Sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica, saranno coinvolti molti personaggi del mondo della scienza, della cultura, dello spettacolo e dello sport, accanto a una schiera di… eroi dei fumetti. E così Snoopy si ritroverà al fianco di Diego Abatantuono, Diabolik insieme a Carmen Consoli, Martin Mystère con Piero Angela, Dylan Dog con Carlo Lucarelli, Luporosso con Giorgio Panariello, per invitare tutti a mettere la sicurezza al primo posto. I messaggi chiave, oltre a non lasciarsi sedurre dal fascino dalla velocità, Solo nel 2005, i giovani feriti a causa di incidenti stradali sono stati oltre 115 mila, mentre i morti sono stati ben 1700. Un bilancio preoccupante, dovuto anche al fatto che spesso il rischio è vissuto come una sfida personale. Quest’anno la campagna di prevenzione degli incidenti stradali “Vacanze coi fiocchi”, giunta all’ottava edizione, sarà rivolta soprattutto ai più giovani. Con la collaborazione non solo di molti personaggi del mondo della scienza, della cultura, dello spettacolo e dello sport, ma anche di una folta schiera di eroi dei fumetti. saranno evitare droghe, alcol e medicinali prima di mettersi in viaggio, utilizzare le cinture di sicurezza, il casco e i seggiolini per i bambini, evitare di distrarsi con il cellulare. Altri volti noti presenti saranno Margherita Hack, Beppe Severgnini, gli scrittori Mario Rigoni Stern e Gianrico Carofiglio, il campione olimpico Stefano Baldini, il cantante Caparezza, i comici Vito, Vergassola e Marco Della Noce, Carlo Petrini, Beppe Carletti dello storico gruppo musicale dei Nomadi. Alla campagna nazionale, organizzata in collaborazione con l’Osservatorio per l’educazione e la sicurezza stradale dell’Emilia Romagna e l’associazione Rete italiana città sane Oms, aderiranno oltre seicento tra istituzioni, associazioni, aziende sanitarie, delegazioni Aci, società autostradali e radio. Proteggere i giovani In tutta Italia verrà distribuito un libretto informativo illustrato da vignettisti del calibro di Vauro, Massimo Bucchi, Danilo Maramotti, Angelo Maria Ricci, Nico Pillinini, Mario Gomboli, Bruno D’Alfonso (scaricabile dal sito 5 La prevenzione secondo Diabolik: vignetta di Angelo Maria Ricci www.vacanzecoifiocchi.it). Inoltre, molti personaggi hanno accettato di associare la propria foto a messaggi di salute, mentre Franco Taggi e Teodora Macchia dell’Istituto superiore di sanità hanno offerto le loro riflessioni di esperti. E in copertina Snoopy, il più l’autore Giampiero Mucciaccio direttore Centro Antartide giampiero.mucciaccio@ centroantartide.it famoso brachetto del mondo. Quest’anno occhi puntati sui giovani. Per il 2005, infatti, il bilancio giornaliero di giovani vittime della strada è di cinque morti e 317 feriti, all’interno della fascia di età che va dai 14 a 29 anni, mentre quello complessivo è di 1703 morti (31% del totale) e 115.872 feriti (37% del totale). Alla base di questa drammatica contabilità ci sono numerosi fattori: motorizzazione precoce, stili di vita trasgressivi, superficialità, inesperienza, percezione inadeguata del rischio e scarsa capacità di valutare le situazioni critiche, eccessiva fiducia in se stessi, errata valutazione delle proprie condizioni psicofisiche, attrazione per la velocità, atteggiamenti fatalistici, inadeguatezza delle famiglie e del sistema educativo (e non solo). Pesa inoltre la convinzione di poter trasgredire le regole senza rischi eccessivi di sanzione. Il brivido del rischio, soprattutto per i giovani, spesso è emozione, sfida personale, è mettersi alla prova. “Sono forte per- ché vado forte”: questo è il meccanismo psicologico che conta, soprattutto nei ragazzi neopatentati. Per quasi tutti i giovani guidare è divertente, se non addirittura eccitante. La guida veloce attrae anche perché implica un rischio. È paura e piacere. Inoltre in strada si scaricano spesso e volentieri le proprie tensioni individuali. Sulla strada non si può applicare il detto di senso comune che vale per tanti altri aspetti della vita: “sbagliando si impara”. Sbagliare non è permesso. 6 alta definizione • numero 71 Editoriale Lavorare insieme per una vita in salute Donato Greco F acilitare scelte di vita salutari per ridurre i fattori di rischio. Promuovere stili di vita sani per influire positivamente sullo stato di salute della popolazione. Ridurre disabilità e morti premature per malattie cardiovascolari, tumori, malattie respiratorie e diabete per migliorare la qualità della vita, ma anche il bilancio sociosanitario del nostro Paese. “Guadagnare salute” è così, una catena che si autoalimenta. Si tratta del primo documento programmatico finalizzato alla realizzazione di interventi per la tutela e la promozione della salute pubblica, concordati fra istituzioni e governo. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, l’86% delle morti e il 75% delle spese sanitarie sono dovute alle malattie croniche, sia in Europa sia in Italia. Alla base di queste patologie c’è lo stesso denominatore comune, fatto di quattro fattori di rischio principali: fumo, abuso di alcol, alimentazione scorretta e inattività fisica. L’obiettivo primario di “Guadagnare salute” è numero 71 quindi agire su questi quattro fattori di rischio, per migliorare la salute dei cittadini, ma anche eliminare disuguaglianze sociali e, contemporaneamente, continuare a garantire la sostenibilità del sistema sanitario, in termini economici e di efficacia. Una novità chiamata sinergia Per realizzare questo piano ambizioso, però, serve una nuova cultura della salute, in cui siano gli individui i veri protagonisti, responsabili della propria qualità di vita. Ma è altrettanto indispensabile che il Governo, nella sua globalità, attui delle strategie efficaci che mettano ogni persona nelle condizioni di fare scelte di vita salutari. Una delle novità di “Guadagnare salute”, infatti, è proprio la sinergia di vari ministeri, per dare maggiore credibilità ai messaggi da veicolare, consolidare il rapporto tra cittadini e istituzioni, assicurare un’informazione univoca e completa e favorire la conoscenza dei progetti fra i diversi ministeri ed enti interessati, realizzando una vera e propria piattaforma nazionale della salute. Questo, però, non può prescindere dal coinvolgimento delle amministrazioni regionali e locali, del Servizio sanitario nazionale, ma anche del mondo della scuola, dell’impresa e delle associazioni. Bisogna arrivare, infatti, a un’intersettorialità che garantisca a tutti una migliore qualità della vita. Per guadagnare salute, appunto. Il programma si realizzerà concretamente anche attraverso campagne informative, a cui si darà la più ampia risonanza con tutti mezzi di comunicazione. La comunicazione si baserà sulla trasmissione di concetti e messaggi semplici ma incisivi, in grado, con il tempo, di creare una sorta di “assuefazione” positiva e duratura. Si attueranno iniziative all’interno delle scuole, coinvolgendo innanzitutto i docenti e i ragazzi, in modo da conoscerne gli stili di vita e correggerne i comportamenti ritenuti poco salutari. Partendo dalla scuola si po- tranno raggiungere anche i genitori e diffondere così abitudini sane anche in famiglia. La formidabile capacità dei bambini di acquisire conoscenze e recepire concetti è nota a tutti: fare un buon lavoro fin dalla scuola primaria metterà quindi delle buone basi per avere un domani degli adulti che sceglieranno comportamenti e stili di vita adeguati, e che saranno in grado di trasferirli anche nel proprio ambiente familiare, lavorativo e sociale. Anche i luoghi di lavoro saranno coinvolti nel programma, grazie a soluzioni e modelli nuovi che avranno influenze positive non solo in ambito lavorativo, ma in generale sulle abitudini di vita. Bisogna che tutti cambino mentalità e riconoscano che vivere in modo sano significa vivere bene. Facilitare le scelte salutari è quindi la sfida per il futuro. Oltre a investire nella prevenzione, bisogna far maturare nel Paese un approccio rivoluzionario alla salute, che diventa così responsabilità di tutti e non solo del mondo sanitario. 7 Mangiare bene, soprattutto frutta e verdura, ridurre il consumo di alcol e di bevande o alimenti altamente calorici, non fumare, praticare attività fisica: concetti che non solo hanno basi scientifiche solide, ma che devono progressivamente entrare a far parte del patrimonio collettivo, e non essere solo mode passeggere. Un’ambizione grande, a cui l’autore Donato Greco direttore del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie del ministero della Salute [email protected] sono chiamati a collaborare tutti, dalle istituzioni alle amministrazioni, dal mondo economico a quello produttivo, dalle associazioni agli stessi cittadini. Voglia di concretezza Un primo segno di questa volontà di concretezza è stata la firma dei protocolli d’intesa tra il ministro della Salute, Livia Turco, e i rappresentanti di 22 organizzazioni appartenenti al mondo delle imprese, dei sindacati e dell’associazionismo, avvenuta il 3 maggio 2007 alla presenza del Presidente del Consiglio, Romano Prodi. Questi impegni formali rappresentano il primo passo nella giusta direzione e sono il segno evidente di una volontà comune. Tutti i rappresentanti delle organizzazioni coinvolte, infatti, si sono impegnati a realizzare alcune iniziative specifiche nei loro rispettivi ambiti: dall’introduzione di distributori automatici di frutta e verdura nelle scuole al miglioramento dell’etichettatura degli alimenti, fino alla sorveglianza della qualità dei cibi nelle mense scolastiche, aziendali e ospedaliere. E ancora, la ricerca di dinamiche di offerta favorevoli alla diffusione di alimenti in linea con i comportamenti salutari, la progressiva eliminazione di messaggi pubblicitari ingannevoli e distorti, in modo da garantire la tutela dei consumatori, in particolare dei bambini. Il percorso è stato avviato, ma per raggiungere i risultati auspicati serve non solo una grande determinazione, ma anche la condivisione con i cittadini degli obiettivi del programma. Occorre quindi metterne in luce la fattibilità, attraverso la presentazione di esperienze positive già in corso, per stimolare sempre più, tra gli attori dei diversi settori coinvolti, il percorso della programmazione condivisa e della collaborazione fra istituzioni, amministrazioni e comunità territoriali. 8 editoriale • numero 71 GUADAGNARE SALUTE Non fumare, mangiare in modo sano, fare attività fisica, non eccedere nel consumo di alcol: quattro lasciapassare per una vita in salute. Ma non sempre scegliere uno stile di vita sano è a portata di mano, a volte è quasi impossibile, anche a causa della mancanza di consapevolezza: l’obiettivo del programma di Governo “Guadagnare salute” è proprio rendere più facili le scelte salutari e modificare quei comportamenti che favoriscono l’insorgenza di malattie croniche invalidanti come cardiopatie, diabete, cancro. È soltanto grazie a un’azione integrata e interdisciplinare, che accanto al sistema sanitario coinvolga altri soggetti istituzionali e della società civile, che si potrà creare un contesto globale adatto a favorire scelte salutari. Nel dossier di questo numero Snop propone quindi un viaggio fra le esperienze e le proposte di attività di diverse realtà locali, dal Trentino alle Marche, dall’Emilia Romagna al Veneto, fino al Piemonte. Con un occhio anche a direttive di respiro internazionale, come quelle dell’Oms Europa. Europa in movimento per una vita sana Sonja Kahlmeier, Francesca Racioppi, Brian Martin guadagnare salute e… attività fisica Fare in modo che l’attività fisica diventi parte integrante della vita quotidiana e non resti solo un’attività facoltativa da aggiungere alla fine di una giornata già piena. Anche grazie a un ambiente di vita che stimoli a lasciare a casa l’automobile e ad andare a piedi o in bicicletta. Questa prima parte del dossier si apre con Hepa Europe, la rete europea per la promozione dell’attività fisica che lavora con l’Ufficio regionale per l’Europa dell’Oms per raccogliere e rendere accessibili evidenze scientifiche, esempi di azioni già intraprese, strumenti di intervento ed esperienze esistenti. Dall’Europa si passa poi all’Italia, con la presentazione di alcune promettenti esperienze locali: “Comunità in movimento” a Cesena, le iniziative della Provincia di Trento particolarmente attente agli anziani, “Cuore sicuro” a Modena. 10 L’ attività fisica è fondamentale per migliorare la salute fisica e mentale delle persone. La sedentarietà, infatti, è ormai riconosciuta come uno dei principali fattori di rischio per numerose malattie croniche, tra cui cardiopatie, diabete, cancro del colon e della mammella, sovrappeso e obesità. Nell’Unione Europea, circa i due terzi della popolazione adulta non sono sufficientemente attivi rispetto alle quantità raccomandate per la salute. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, ogni anno nella Regione europea muoiono circa 600 mila persone a causa dell’insufficiente attività fisica, e più di un milione come conseguenza di sovrappeso e obesità. L’attività fisica apporta benefici anche dal punto di vista sociale, perché facilita le interazioni tra le persone e l’inserimento nella comunità. Le stime più recenti sui costi dell’inattività fisica a carico dei sistemi sanitari e della società sono dell’ordine di diverse centinaia di euro per cittadino all’anno. L’ordine di grandezza del problema impone lo sviluppo di nuovi approcci e collaborazioni. In particolare, sta crescendo l’interesse verso interventi su larga scala, a lungo termine e multisettoriali, che promuovano l’attività fisica nell’intera popolazione come parte integrante della vita quotidiana, e non come un’attività facoltativa da aggiungere alla fine di una giornata già piena. Un approccio che ribadisce l’importanza della promozione di cambia- menti dell’ambiente che sostengano maggiormente l’adozione di stili di vita sani. Molti Paesi europei stanno affrontando questo tema in termini di sviluppo sia di politiche nazionali, sia di interventi che coinvolgono anche settori esterni a quello sanitario: educazione, sviluppo urbano, trasporti, ambiente, tempo libero e sport. In questo contesto, nel maggio del 2005 è stata fondata Hepa Europe (www.euro.who.int/hepa), la rete europea per la promozione dell’attività fisica per la salute, che lavora a stretto contatto con l’Ufficio regionale per l’Europa dell’Oms. L’obiettivo è fornire una piattaforma per condividere le conoscenze e facilitare la diffusione e l’attuazione di politiche e strategie basate sulle evidenze scientifiche disponibili. Rendendo fruibili evidenze scientifiche, esempi di azioni già intraprese, strumenti di intervento ed esperienze esistenti, Hepa Europe vuole stimolare ulteriormente i Paesi a sviluppare politiche per la promozione dell’attività fisica e di stili di vita sani. All’attenzione di chi decide Nonostante la vasta letteratura, non solo scientifica, disponibile sull’attività fisica, non esistevano a livello internazionale materiali specificamente indirizzati a sensibilizzare i decisori politici sulla dimensione del problema e sull’opportunità di affrontarlo con dossier guadagnare salute • numero 71 Dossier guadagnare salute un approccio multisettoriale. Con il documento “Physical activity and health in Europe: evidence for action”, pubblicato nel 2006 (www.euro.who.int/InformationSo urces/Publications/Catalogue/200 61115_2), Hepa Europe ha cercato di colmare questo vuoto e raggiungere i decisori politici di un’ampia gamma di settori con messaggi mirati. Redatta in stretta collaborazione con Hepa Europe e con esperti del settore, questa pubblicazione mostra ai decisori politici i legami tra attività fisica e salute, i fattori che influenzano l’attività fisica e i possibili approcci per renderla parte della vita di ogni giorno. Illustra inoltre le evidenze scientifiche a favore dell’attività fisica come strumento di salute, fornisce esempi di azioni già intraprese, sottolinea i contributi che possono essere dati dai diversi settori, non solo quello sanitario. Oggi l’attività fisica dovrebbe essere vista come una necessità, non come un lusso, mentre l’azione dovrebbe basarsi su alcuni principi chiave: adottare un approccio che miri alla salute dell’intera popolazione usare una definizione ampia di attività fisica migliorare l’ambiente per renderlo favorevole alla pratica dell’attività fisica lavorare a più livelli basare i programmi sui bisogni dichiarati dei cittadini adottare approcci multisettoriali, ampi ed efficaci aumentare l’equità utilizzare le migliori evidenze scientifiche disponibili essere sostenibile. Muoversi in città L’organizzazione delle città, la progettazione dell’ambiente urbano e l’accesso all’ambiente natunumero 71 rale possono influire notevolmente sull’attività fisica di chi vive nelle città: è questo il messaggio chiave di “Promoting physical activity and active living in urban environments. The role of local governments: the solid facts” (www.euro.who.int/InformationSources/Publ ications/Catalogue/20061115_1), una pubblicazione complementare sull’attività fisica nell’ambiente urbano realizzata dal programma della Rete europea delle città sane dell’Oms (www.euro.who.int/healthy-cities). Il documento, inoltre, mostra le barriere presenti nei diversi ambienti sociali in cui le persone lavorano, studiano, giocano e vivono. Spesso, le persone più povere e socialmente svantaggiate sono le stesse che presentano i maggiori effetti negativi della sedentarietà sulla salute. Diventa quindi fondamentale assicurare equità e completezza delle azioni di promozione dell’attività fisica e di uno stile di vita attivo, tenendo in considerazione i bisogni e l’apporto di tutti i cittadini. Sono presentati validi esempi di attività fisica all’interno dell’ambiente urbano, di politiche basate sulle evidenze scientifiche e di azioni a livello locale. A differenza dell’altra pubblicazione, che ha un target più ampio, questa è diretta essenzialmente alle amministrazioni locali e ai funzionari di diversi settori. In particolare, è interessante per le città che aderiscono alla Rete europea delle città sane. Entrambe le pubblicazioni hanno costituito un contributo importante per la Conferenza ministeriale europea dell’Oms sulla lotta all’obesità, che si è tenuta a Istanbul nel novembre 2006 (www.euro.who.int/obesity/conference2006 ), con l’obiettivo di stabilire una visione comune e un dialogo per la salute tra i principali attori per la promozione di uno stile di vita attivo. Nella Regione europea l’attività fisica può essere vista, una volta di più, come un elemento prezioso e gradevole di una vita quotidiana in salute, accanto ad attività come studiare, lavorare, imparare, incontrare i propri vicini, riposarsi e divertirsi nel tempo libero. Una preziosa banca dati Sono sempre di più i Paesi che intraprendono lo sviluppo di politiche per la promozione dell’attività fisica: queste esperienze potrebbero rivelarsi di grande valore per altri Paesi che stanno valutando l’adozione di strategie simili. Tuttavia, fino a poco tempo fa non esisteva una panoramica europea completa. Per diffondere e facilitare l’accesso a queste esperienze, Hepa Europe ha creato un inventario elettronico degli approcci, delle politiche e degli obiettivi relativi alla promozione dell’attività fisica adottati in diversi Paesi del mondo, per diffondere le esperienze esistenti ma anche facilitare l’accesso a informazioni e conoscenze non immediatamente disponibili. Inoltre, il database fornisce informazioni di base per sviluppare, adattare, attuare e valutare politiche, progetti e interventi a livello nazionale e locale e, nello stesso tempo, identifica le aree geografiche o gli argomenti per cui non ci sono informazioni e azioni sufficienti. L’inventario, consultabile all’indirizzo http://data.euro.who.int/physicalactivity, viene aggiornato gradualmente, usando una combinazione di metodi e fonti differenti e consente la ricerca di documenti per paese e per settore. La prima fase ha riguardato l’identificazione di documenti di politiche nazionali. Nell’ottobre 2006, il database conteneva oltre 350 documenti, di cui 275 provenienti da Paesi membri della Regione europea dell’Oms e un centinaio da Paesi esterni alla Regio- 11 attività fisica e tipo di documento promozione della salute sport trasporti ambiente totale livello nazionale politiche 32 7 12 1 52 raccomandazioni e linee guida 8 3 7 0 18 legislazione 3 0 0 0 3 conoscenze e informazioni 59 9 32 0 100 attività e programmi 27 2 9 0 38 129 21 59 1 211 totale livello locale politiche 10 2 12 0 24 raccomandazioni e linee guida 3 0 10 0 13 legislazione 0 0 0 0 0 conoscenze e informazioni 5 0 10 0 15 attività e programmi 5 0 6 0 11 23 2 38 0 63 totale totale generale 274 Documenti sulla promozione dell’attività fisica nei Paesi della Regione europea dell’Oms presenti nell’inventario, per tipo di documento e settore coinvolto (aggiornata a ottobre 2006) ne, oppure da istituzioni internazionali. I documenti di provenienza europea sono elencati nella tabella in alto, suddivisi per tipologia e settore coinvolto. La maggior parte (il 77%) ha valenza nazionale e riguarda attività fisica e promozione della salute, oppure attività fisica e trasporti, mentre un numero inferiore riguarda attività fisica e sport o ambiente. Lo gli autori Sonja Kahlmeier, Francesca Racioppi Centro europeo Oms per l’ambiente e la salute [email protected] 12 Brian Martin Swiss Federal Institute of Sports stesso vale per i documenti a carattere locale, la maggior parte dei quali, tuttavia, è riferita ad attività fisica e trasporti. I 52 documenti a indirizzo politico nazionale finora identificati provengono da 22 Stati membri, 19 dei quali presentano almeno un documento di politica nazionale focalizzato su attività fisica e salute pubblica, oppure sulla promozione della salute. Inoltre, in cinque Paesi è stato identificato un documento di politica nazionale su attività fisica e sport e in otto un documento su attività fisica e trasporti. L’importanza per la salute di stili di vita sani e di condizioni favorevoli all’attività fisica è sempre più sentita. Il quadro di riferimento per lo sviluppo di politiche in questo settore è fornito da due strumenti internazionali: la Strategia mondiale dell’Oms su dieta, attività fisica e salute e la Carta europea sulla lotta all’obesità, che riconosce il ruolo dell’attività fisica al di là dei benefici legati alla riduzione del sovrappeso e dell’obesità e che sostiene una visione della società «in cui le scelte di salute siano rese più accessibili e semplici per gli individui». Hepa Europe vuole contribuire ad affrontare questa sfida, rendendo disponibili i dati di fatto, gli esempi di azioni già intraprese, gli strumenti di intervento e le esperienze esistenti. Uno stimolo in più per i diversi Paesi a sviluppare politiche efficaci per la promozione stili di vita sani, come l’attività fisica, e a rivedere le politiche esistenti per renderle ancora più efficaci. dossier guadagnare salute • numero 71 Dossier guadagnare salute In corsa per il counselling nelle vie di Trento Enrico Nava L a promozione dell’attività fisica è ormai un investimento consolidato per la Provincia autonoma di Trento, che da diversi anni punta sulla promozione di stili di vita corretti. Già nel 2003 l’Azienda sanitaria trentina aveva promosso l’istituzione di un tavolo tecnico a cui avevano partecipato non solo gli operatori sanitari, ma anche tutti i soggetti potenzialmente interessati a collaborare a un programma incentrato sull’attività fisica rivolto in particolare alla popolazione adulta o anziana: le associazioni sportive e quelle che tutelano i diritti degli anziani, il mondo del sociale, l’ambiente universitario, gli enti locali. Il panorama regionale Come confermano le più recenti indagini multiscopo dell’Istat, la Provincia di Trento è sopra la media nazionale per quanto riguarda l’attività motoria e sportiva praticata dai cittadini. Tuttavia, nell’ambito del tavolo di lavoro sono emersi comunque dei margini di miglioramento e la possibilità di realizzare iniziative ulteriori. Inoltre, si è visto che all’interno del target di popolazione considerato possono esserci dei fattori che ostacolano la scelta di praticare attività fisica, primo fra tutti l’obbligo della certificazione medica per iscriversi a corsi sportivi. Al punto che una successiva delibera della Giunta provinciale nel 2004 ne ha decretato l’abolizione, assimilando questo tipo di attinumero 71 vità a esercizi ludico-ricreativi. Sempre nel 2004, sono state svolte alcune indagini per conoscere meglio il fenomeno. Tra queste, un censimento delle iniziative per incentivare l’attività fisica, che ha messo in luce come in circa il 45% dei comuni trentini esista un’offerta attiva prevalentemente orientata alla ginnastica dolce o alla palestra, e uno studio condotto tra i medici di medicina generale per sondare sia le conoscenze sul tema dei benefici dell’attività motoria nella popolazione, sia la propensione dei professionisti a consigliare i propri assistiti. Da entrambi gli studi è emerso che le aree geografiche in cui c’è una maggiore offerta di interventi sono le stesse in cui i medici sono più attivi sul fronte del counselling. Non per niente, la formazione mirata sui professionisti della salute (prima i medici di assistenza primaria e poi infermieri del territorio) è stata considerata una priorità: nel 2004 e nel 2006 sono stati realizzati interventi mirati di formazione, organizzati con il supporto scientifico del Centro di bioingegneria e scienze motorie dell’Università di Trento (Cebism, www.form.unitn.it/cebism/). A supporto della formazione, e dell’attivazione di un counselling efficace, è stata elaborata la “Guida per la promozione dell’attività motoria nella popolazione anziana”, che ha rappresentato lo strumento per gli operatori per approfondire le conoscenze e acquisire le competenze per esercitare un’azione efficace, orientando gli attività fisica utenti sulle proposte di attività fisica sul territorio. Un successivo accordo di programma di promozione della salute ha coinvolto la Provincia autonoma di Trento, l’Azienda sanitaria, l’università e l’Istituto regionale di studi e ricerca sociale (nel cui contesto opera l’Università della terza età), per implementare azioni comuni e integrate in questi campi: informazione e sensibilizzazione a livello generale sui benefici dell’attività motoria, elaborazione di proposte per un inquadramento regolamentato delle attività di educazione motoria, definizione del livello qualitativo dell’offerta, promozione di iniziative per la formazione e la qualificazione di operatori, istruttori, insegnanti di educazione motoria impegnati in interventi sul territorio, attuazione di azioni di studio e ricerca sulle tipologie qualificanti dell’offerta di educazione motoria rivolta agli anziani. Il ruolo dei medici di famiglia In questo scenario, l’Azienda sanitaria trentina ha esercitato indubbiamente un ruolo proatti- 13 vo di advocacy nello stimolare l’interesse delle istituzioni sul sostegno a interventi di provata efficacia. Oltre ai corsi di formazione per operatori sanitari, sono state realizzate anche iniziative di sensibilizzazione come la campagna informativa sul ruolo dell’attività fisica nella popolazione adulta e anziana e, più recentemente, la campagna sulla promozione dell’uso delle scale al posto dell’al’autore Enrico Nava unità operativa di assistenza territoriale, Distretto sanitario di Trento [email protected] scensore, che ha interessato tutte le strutture gestite dalla pubblica amministrazione provinciale e dall’azienda sanitaria stessa. Per il 2007 è in previsione la promozione dell’attività del camminare attraverso un progetto che metta in rete le associazioni più rappresentative del mondo sportivo locale. In questo modo si cercherà di organizzare in modo sufficientemente capillare sul territorio le iniziative per coinvolgere i sedentari e creare occasioni ed eventi per muoversi maggiormente. Da una prima valutazione basata sullo studio Passi (www.epicentro.iss.it/passi/) ed effettuata attraverso interviste campionarie a un numero rappresentativo di cittadini trentini, è emerso che il con- siglio a fare maggiore attività fisica viene anche dal proprio medico di famiglia. Un’altra ricerca, più mirata sui medici trentini (oltre il 90% ha risposto all’indagine), ha evidenziato come le azioni di sensibilizzazione e formazione operate nei loro confronti abbia permesso di incrementare in modo sensibile il livello di counselling praticato. Possiamo quindi guardare con soddisfazione il percorso di sensibilizzazione e di promozione del counselling portato avanti finora nella provincia di Trento: l’intenzione è quindi proseguire su questa strada mantenendo viva l’offerta formativa, ma anche cercando di coinvolgere gli operatori sanitari in iniziative mirate sul territorio in cui operano. A Cesena la comunità va a piedi Mauro Palazzi, Francesca Castoldi, Nicoletta Bertozzi, Patrizia Vitali, Francesca Righi, Giulia Franzoso, Elena Prati, Chiara Reali attività fisica M 14 ancanza di attività fisica e sovrappeso: un binomio pericoloso, che può pregiudicare anche in modo drammatico la qualità e la durata della vita. Secondo la letteratura scientifica, l’attività fisica è fondamentale per la salute: svolgen- done regolarmente la quantità raccomandata si può infatti ridurre del 10% la mortalità dovuta a condizioni associate alla sedentarietà e a patologie gravi e diffuse di natura cardiovascolare, osteoarticolare, metabolica, tumorale, ma anche a traumi da caduta e depressione. Tuttavia, le persone che svolgono una sufficiente e regolare attività fisica sono ancora poche (la quantità raccomandata è di trenta minuti di attività moderata per almeno cinque giorni alla settimana, oppure più di venti minuti di attività intensa per almeno tre giorni). La situazione nel cesenate Secondo i più recenti dati dello Studio Passi (vedi anche Snop 68, “Passi… avanti nella salute”), nel territorio dell’Ausl di Cesena il 13% della popolazione conduce una vita sedentaria e il 42% non pratica sufficiente attività fisica. La sedentarietà è più diffusa soprattutto fra le persone di oltre cinquant’anni, con basso titolo di studio e di sesso femminile. Per quanto riguarda il peso, la stessa indagine ha rilevato che il 38% della popolazione è in sovrappeso e l’8% ha problemi di obesità, un problema che aumendossier guadagnare salute • numero 71 Dossier guadagnare salute ta con l’età e che sembra colpire maggiormente la popolazione maschile. Per sviluppare un’azione di contrasto efficace bisogna partire dalla conoscenza dei fattori che possono influenzare l’adozione di uno stile di vita sedentario, soprattutto fra gli adulti e gli anziani: cause intrapersonali, interpersonali, sociali e ambientali, da considerare in modo integrato. Tra i fattori intrapersonali ci sono la percezione soggettiva del proprio stato di salute, il senso di autoefficacia, le aspettative (o le credenze) sui benefici dell’attività fisica e la sperimentazione di situazioni di successo. Per agire su questi fattori servono interventi di tipo informativo ed educativo, come il counselling da parte del medico di famiglia, che nell’arco di uno o due anni viene a contatto con tutti i propri assistiti e può adattare ai singoli le tecniche motivazionali. Il supporto sociale, da parte di amici, familiari, operatori sanitari è forse il fattore interpersonale più importante: vanno quindi privilegiati gli interventi che prevedono attività fisica da svolgersi in gruppo e coinvolgono famiglia e amici. Tra i fattori socioculturali, bisogna prestare particolare attenzione ai pregiudizi rivolti agli anziani, considerati non adatti a praticare attività fisica in quanto fragili o malati, che possono produrre un supporto sociale negativo da parte dei familiari. Inoltre, l’ambiente di vita può condizionare in modo decisivo i comportamenti individuali, incoraggiando condotte non salutari (utilizzo eccessivo di automobili, scale mobili e ascensori, troppo tempo dedicato a guardare la televisione, lavoro spesso sedentario) e favorendo lo sviluppo di sovrappeso e obesità soprattutto in chi è già geneticamente predisposto. La pratica dell’attività fisica è molto condizionata anche dal clinumero 71 ma e dalle stagioni, ma per favorirla è importante che ci sia una buona disponibilità di spazi verdi, parchi attrezzati, piste ciclabili, percorsi pedonali sicuri e ben tenuti. La fruibilità di questi spazi dipende anche dall’eventuale presenza di traffico e dai tassi di criminalità, reali e percepiti. Le amministrazioni pubbliche devono quindi impegnarsi a fondo per offrire queste condizioni al cittadino, che a sua volta ha un compito importante: più persone camminano liberamente nelle strade e negli spazi verdi, più la presenza di eventuali malintenzionati diminuisce e la città diventa sicura. Sul modello dei Cdc La Task Force on Community Preventive Services dei Cdc di Atlanta ha condotto diverse revisioni sistematiche sugli interventi di comunità per incrementare l’attività fisica e individuato sei tipi di interventi raccomandati: due informativi (campagne di informazione per la comunità e invito all’utilizzo delle scale collocato in punti strategici), tre sociocomportamentali (educazione all’attività fisica nelle scuole, interventi di supporto sociale nella comunità, come facilitare la creazione di gruppi di amici o di contatti con altre persone per condurre specifici livelli di attività fisica, cambiamenti dello stile di vita relativi al singolo individuo) e uno di carattere politico e ambientale (creazione o facilitazione dell’accesso alle strutture in cui si pratica attività fisica in associazione ad attività di informazione). Da alcuni anni il dipartimento di Sanità pubblica della Ausl di Cesena ha avviato degli interventi di promozione dell’attività fisica, per combattere gli effetti negativi sulla salute legati allo stile di vita sedentario nella popolazione, soprattutto nelle fasce più a rischio (anziani e persone obese o in sovrappeso). Per fornire informazioni a supporto della necessità dell’attività fisica è stata organizzata una campagna informativa: dal 2002 a oggi sono stati prodotti e ampiamente diffusi opuscoli, cartoline e manifesti, sono stati realizzati una ventina di incontri pubblici con la popolazione, una decina di trasmissioni televisive e interviste radiofoniche in emittenti locali e oltre trenta articoli sui quotidiani locali (progetto “Muoversi di più per vivere meglio”). Inoltre, nei locali della Ausl, negli alberghi e in altri locali pubblici sono stati affissi dei cartelli vicino agli ascensori per invitare all’utilizzo delle scale (progetto “Sali le scale e sale la salute). Un altro progetto ha previsto invece una formazione specifica per i medici di medicina generale su come aumentare la motivazione al movimento e l’attività fisica nei propri pazienti obesi o in sovrappeso attraverso il counselling, condotto secondo il protocollo Patient-centered Assessment and Counselling for Exercise (Pace, www.paceproject.org). Al progetto hanno partecipato 145 pazienti con Bmi superiore a 27, presentatisi nell’ambulatorio di dieci Mmg tra il maggio 2002 e l’aprile 2003. I medici, appartenenti a un nucleo di cure primarie, sono stati appositamente formati attraverso un corso. L’intervento di counseling, della durata di circa 3-5 minuti, è stato condotto durante la visita routinaria, basandosi sul modello transteoretico del cambiamento di Prochaska-DiClemente, che distingue le diverse fasi in cui si può trovare il soggetto rispetto al cambiamento del comportamento (fase precontemplativa, contemplativa, della determinazione, dell’azione e del mantenimento). Sono stati rilevati i seguenti parametri: aumento dell’attività fisica, cambiamento del livello motiva- 15 zionale riferito, Bmi e circonferenza addominale. Il follow up è stato di circa nove mesi. Il 71% dei pazienti sottoposti a counselling ha aderito al progetto, mostrando un cambiamento significativo dello stato motivazionale (gli attivi sono passati dal 20% al 34%) e un incremento dell’attività fisica praticata nel 64% dei casi, con una corrispondente riduzione di Bmi e circonferenza addominale. Il progetto prevedeva anche la possibilità di partecipare a gruppi di autoaiuto organizzati dall’Ausl (ai quali hanno partecipato il 23% dei pazienti) o a corsi con preparatori sportivi, appositamente formati per l’esercizio di pazienti in sovrappeso (con adesione scarsa da parte dei pazienti). Nei partecipanti ai gruppi di autoaiuto l’incremento dell’attività fisica praticata e il calo del Bmi sono stati maggiori. Facendo un bilancio, il counselling si è mostrato capace di favorire l’aumento di attività fisica e il livello motivazionale nei pazienti aderenti al progetto, soprattutto se correlato all’attività dei gruppi di autoaiuto. La creazione di gruppi di autoaiuto è stata anche l’oggetto di un progetto specifico, vista l’efficacia nel fornire conoscenze e gli autori Mauro Palazzi, Francesca Castoldi, Nicoletta Bertozzi, Patrizia Vitali, Francesca Righi servizio di Epidemiologia e comunicazione, Ausl Cesena [email protected] Giulia Franzoso medico dello sport 16 Elena Prati, Chiara Reali scuola di specializzazione in Igiene e medicina preventiva, Università degli studi di Bologna strumenti per modificare gli stili di vita, in particolare abitudini alimentari e attività fisica, fra persone obese e in sovrappeso. Dal 2003 a oggi sono stati realizzati diciotto gruppi di autoaiuto. I dati attualmente disponibili si riferiscono ai corsi effettuati fino al dicembre 2006 su 16 corsi e 200 partecipanti, dei quali l’81,5% (163 persone) ha partecipato con continuità. A partecipare sono state soprattutto donne (86%) cinquantenni. La valutazione dei corsi fornisce risultati incoraggianti: se prima del corso il 45% dei partecipanti dichiarava di mangiare in modo poco sano, alla fine del corso questa percentuale si è ridotta al 4% e contestualmente è salita la quota di coloro che hanno adottato un regime alimentare sano o abbastanza sano (rispettivamente dal 9 al 37% e dal 46 al 59%). Inoltre, la percentuale di coloro che si dichiarano motivati a mangiare in modo più corretto è cresciuta dal 35 al 52%. Anche la percentuale di partecipanti che praticano attività fisica secondo i livelli raccomandati è cresciuta, passando dal 14% al 33%. Per quanto riguarda invece i cambiamenti cognitivi, la maggior parte delle persone ha dichiarato che il corso è stato efficace nell’aumentare le competenze su alimentazione e attività fisica. Sul peso va fatta una considerazione a parte: il calo ponderale registrato è stato in generale inferiore a quello atteso, ma si è mantenuto con successo nel periodo di frequenza ai corsi. In realtà la riduzione del Bmi si può considerare un obiettivo secondario; è più importante indurre un cambiamento generale nello stile di vita a partire da un’alimentazione equilibrata, con particolare attenzione alla pratica dell’attività fisica, che risulta essere un forte fattore protettivo nei confronti delle patologie legate all’obesità e sembra fornire benefici indipendentemente dalla riduzione ponderale. Infine, si è cercato non solo di creare, ma anche di facilitare l’accesso alle strutture dove si pratica attività fisica, intervenendo sulle condizioni socioambientali. Il progetto “San Mauro si mette in moto”, realizzato nel Comune di San Mauro Pascoli, ha offerto alla popolazione di partecipare a quattro incontri settimanali gratuiti di ginnastica e di thai chi chuan, svolti nei parchi del paese. Nel 2003, hanno aderito alla prima fase del progetto circa duecento persone, soprattutto donne (84%) tra i 45 e i 64 anni (51%). Dall’analisi dei dati emerge che l’attività fisica ha portato benefici a quasi tutti i partecipanti, sul piano sia fisico sia relazionale. Il progetto è proseguito anche nei mesi invernali, in una palestra messa a disposizione dal Comune dove, con un piccolo contributo mensile da parte dei partecipanti, l’iniziativa continua tuttora. Muoversi insieme Nel 2004 è stata elaborata inoltre la “Mappa delle risorse per la pratica della attività fisica”, diffusa attraverso i giornali delle amministrazioni comunali e del volontariato a tutti i cittadini, specialmente agli anziani. Di recente, lo scorso aprile è partito ufficialmente il progetto “Cesenatico cammina”, che propone ai cittadini dei percorsi da praticare in gruppo nelle vie della città, in spiaggia e nei parchi. Alle prime iniziative organizzate, camminate collettive per far conoscere i percorsi e favorire la creazione di gruppi di camminatori, hanno partecipato circa 150 persone. Guardando in prospettiva, i primi risultati di tutte queste iniziative sono incoraggianti e ci insegnano come non basti la sola informazione ed educazione, ma sia fondamentale creare delle condizioni dossier guadagnare salute • numero 71 Dossier guadagnare salute ambientali e sociali che facilitino il movimento e l’attività fisica. Bisogna puntare sulle attività di gruppo, che stimolano la socializzazione e il sostegno reciproco. E in questo il medico di medicina generale ha un ruolo strategico, perché può riuscire a motivare tutte quelle fasce di popolazione come anziani, malati, persone con basso livello di scolarizzazione che, pur essendo più a rischio, sono più difficili da raggiungere. La descrizione dettagliata di tutti i progetti è disponibile sul sito del dipartimento di sanità pubblica dell’Ausl di Cesena (www.ausl-cesena.emr.it/Azienda/SanitàPubblica/tabid/200/Default.aspx), nella sezione dedicata alla promozione della salute. Camminare mette il cuore al sicuro Ferdinando Tripi, Gustavo Savino, Claudio Gavioli, Mara Chiossi, Sabrina Severi, Gianfranco De Girolamo È un atto automatico, che impariamo fin da piccoli. Fa parte della vita quotidiana, ma per il nostro organismo è molto di più: camminare fa bene innanzitutto al nostro stato psicologico e ai nostri muscoli, dal cuore a quelli delle gambe e del tronco, ma anche alle articolazioni. Non solo: è importante per il controllo del peso, modula il metabolismo lipidico e contribuisce quindi alla prevenzione del diabete e degli attacchi cardiaci, tanto da assumere una funzione riabilitativa dopo eventi patologici come l’infarto del miocardio. Senza dimenticare l’effetto positivo sul metabolismo osseo e quindi la protezione dall’osteoporosi, particolarmente importante in età avanzata. Oggi agli anziani non si raccomanda più il riposo assoluto in ogni caso: il movimento è entrato a pieno diritto fra gli stili di vita corretti che consentono di combattere malattie cardiache, metaboliche e dell’apparato locomotore. Ovviamente l’attività deve essere dosata al punto giusto, per non sovraccaricare un motore che ha già accumulato molti chilometri. Se poi al movimento viene associata numero 71 una dieta equilibrata, l’effetto positivo aumenta ancora di più. attività fisica Un compito personalizzato Che nella terza età “movimento e sana alimentazione” sia un binomio vincente è ribadito anche dalle attuali evidenze scientifiche, che invitano ad agire a più livelli (Stati, Regioni, enti, servizi sanitari) per favorire le scelte più salutari. È in questo scenario che si inserisce il progetto “Cuore sicuro”, avviato fin dal 1997 dal servizio di Medicina dello sport dell’Ausl di Modena, in stretta collaborazione con l’associazione “Gli amici del cuore” della città e, dal 2006, anche con l’Unione italiana sport per tutti (Uisp). L’obiettivo è promuovere nella terza età (55-75 anni) l’attività fisica e un’alimentazione sana, grazie a un’equipe di professionisti composta da un medico esperto in riabilitazione motoria, un medico cardiologo, un tecnico di cardiologia e un nutrizionista, con il prezioso supporto dei volontari dell’associazione “Gli amici del cuore” per la gestione di alcuni aspetti organizzativi. Il protocollo di lavoro prevede una visita generale, con particolare attenzione ai disturbi di ossa, muscoli e articolazioni, un elettrocardiogramma a riposo, la misurazione della pressione arteriosa e un breve colloquio nutrizionale. Il colloquio, insieme alla registrazione dei dati antropometrici (peso corporeo, altezza e circonferenza della vita), permette di individuare le eventuali abitudini alimentari che si possono migliorare. A tutte le persone ritenute idonee viene quindi effettuato un test del cammino, con registrazione della frequenza cardiaca, che consiste nel percorrere a passo veloce la distanza di due chilometri (vedi tabella nella pagina successiva). Dopo aver rielaborato i dati raccolti nei diversi passaggi, l’equipe 17 gli autori Ferdinando Tripi, Gustavo Savino, Claudio Gavioli, Mara Chiossi servizio di Medicina dello sport, dipartimento di Sanità pubblica, Ausl Modena [email protected] Sabrina Severi Sian, unità operativa di Igiene della nutrizione, dipartimento di Sanità pubblica Ausl Modena Gianfranco De Girolamo servizio di Epidemiologia, dipartimento di Sanità pubblica, Ausl Modena assegna a ogni utente una sorta di compito: in una lettera indirizzata al medico curante, in cui sono riportati i dati più significativi e una valutazione generale, si suggerisce di percorrere tre chilometri a piedi almeno due volte alla settimana, in un arco di tempo che è la proiezione del risultato ottenuto con il test del cammino, e di integrare quest’attività con altri momenti dedicati all’attività fisica strettamente personalizzati (ginnastica dolce, nuoto, ecc). Particolarmente rilevante è l’invito a raggiungere o a mantenere un peso corporeo ragionevole, identificato durante il colloquio nutrizionale. Le valutazioni finali sono archiviate in un’apposita scheda, in formato sia cartaceo sia elettronico, che consente il confronto a distanza. Inizialmente, tutti i partecipanti venivano sottoposti a una visita di controllo a dodici mesi di distanza e, per chi lo desiderava, il protocollo si protraeva anche negli anni successivi. Nell’attuale schema di lavoro i controlli sono invece previsti a sei mesi e dopo un anno, per focalizzare l’attenzione sui parametri di efficienza motoria, flessibilità muscolare e del rachide, funzionalità dell’apparato cardiocircolatorio, incremento della performance e sulla variazione del peso corporeo. Al controllo semestrale, gli utenti che risultano aver seguito i suggerimenti proposti durante la prima visita sono invitati a continuare, mentre chi dimostra una certa riluttanza e non ha svolto il programma suggerito viene spronato a seguire i consigli e quindi a migliorare le abitudini di vita. Trasformare le abitudini Dopo dieci anni di attività, il percorso proposto ha permesso di coinvolgere circa tremila persone dai 55 in su, ognuna delle quali ha potuto toccare con mano il proprio stato di salute e la propria efficienza fisica. Per molti è stata la prima vera occasione per svolgere attività fisica e l’incentivo per continuarla in sicurezza. Per creare un percorso che potesse realmente incidere sulle scelte di vita quotidiana sono stati comunque necessari diversi aggiustamenti in itinere. Dai controlli è emerso molto entusiasmo tra gli anziani coinvolti, molti dei quali sono stati stimolati a migliorare il loro stile di vita. L’elaborazione dei dati raccolti in Parametri medi di partenza dei partecipanti al progetto “Cuore sicuro” 18 maschi femmine totale Bmi 27,22 (±3,51) 26,34 (±3,98) 26,85 (±3,98) tempo per 2 km (minuti) 18,92 (±2,57) 20,42 (±2,37) 19,58 (±2,59) collaborazione con il servizio di Epidemiologia ha messo in luce una certa quota di utenti che, nonostante gli stimoli, non hanno modificato le loro abitudini. Si sono quindi cercate alternative per i più refrattari, per esempio anticipando il primo controllo a sei mesi e il secondo a dodici mesi per incentivare l’adesione. Nei controlli l’equipe ha evidenziato l’adesione al programma suggerito e la messa in pratica dei consigli alimentari in base ai parametri valutati. Dai primi controlli abbiamo riscontrato una maggiore osservanza del protocollo e soprattutto abbiamo potuto sensibilizzare con incisività i più refrattari. I controlli a un anno non sono ancora stati effettuati e rappresenteranno una tappa fondamentale per la valutazione complessiva del nuovo percorso di salute proposto. Grazie alla collaborazione con Uisp, abbiamo potuto usufruire delle palestre e delle piscine comunali gestite direttamente dall’ente, una risorsa importante per promuovere un’integrazione mirata dell’attività motoria, attraverso diversi tipi di ginnastica personalizzati in base alle singole esigenze e condizioni generali. Inoltre, non sono secondari l’aspetto associativo e il piacere di muoversi insieme, che promuovono e stimolano i contatti sociali tra gli anziani, mettendoli a confronto con limiti da superare di volta in volta. Le risorse impiegate e i dati raccolti nei prossimi anni di attività permetteranno poi di chiarire meglio le modalità e le tempistiche più efficaci per programmare interventi di sanità pubblica in grado di migliorare le abitudini di vita nella terza età. “Cuore sicuro” è quindi in ultima analisi un’opportunità. Quella di essere seguiti per un anno da una squadra di professionisti della salute e di trasformare i consigli in abitudini di vita salutari. dossier guadagnare salute • numero 71 Dossier guadagnare salute Quando i giovani educano i giovani Elisabetta Benedetti, Annalisa Cardone T redici anni: è questa l’età in cui mediamente i giovani vengono per la prima volta a contatto con una bevanda alcolica. Un’esperienza che spesso prende la forma di un’abitudine quotidiana, con proporzioni via via sempre più rilevanti. Oggi il consumo di alcol fra i giovani si accompagna infatti anche a una modificazione, in senso negativo, delle abitudini, delle modalità e delle ragioni che riguardano l’uso e l’abuso di questa sostanza. Tra i comportamenti a maggior rischio c’è sicuramente il cosiddetto binge drinking, ovvero l’abitudine, tipica dei fine settimana, a consumare eccessive quantità di alcol in una sola occasione. Per far fronte a queste problematiche, l’attività di prevenzione è sempre più orientata a migliorare la capacità delle persone di identificare, e quindi di ridurre, i principali fattori di rischio, adottando invece stili di vita corretti e positivi. La prevenzione arriva a tutti Negli ultimi anni, nelle Marche sono stati realizzati molti progetti a partire dal mandato istituzionale del “Testo unico per il contrasto alle tossicodipendenze” del 1990, che assegna ai servizi per le Tossicodipendenze la funzione di prevenzione, cura e riabilitazione anche nella problematica dell’alcolismo. La prevenzione dell’uso e dei rischi connessi al consumo di alcol viene quindi effettuata dai dipartimenti per le Dipendennumero 71 ze, all’interno della più ampia attività di prevenzione delle condotte a rischio. La Delibera 747 della Giunta regionale del 2004 (“Atto di riordino del Sistema regionale dei servizi per le Dipendenze”) ha quindi identificato la prevenzione come aspetto prioritario e strategico del sistema regionale, indicando come gli interventi debbano svilupparsi su due piani tra loro strettamente coordinati e interconnessi, anche per favorire l’emergere del cosiddetto “sommerso”: il piano della rete di promozione della salute e la funzione di “antenna sensibile”, con interventi sul contesto socioambientale, e il piano della rete di intercettazione del disagio e contatto precoce, per ridurre i rischi e il danno e progettare i primi interventi. I progetti regionali si sviluppano attraverso collaborazioni istituzionali tra aggregazioni di Comuni, Comuni, Zone territoriali Asur (Ausl) e distretti, mentre gli operatori coinvolti appartengono sia ai servizi pubblici sia ai servizi del privato sociale accreditato e del mondo della cooperazione. Le attività vengono finanziate con fondi regionali e hanno una programmazione annuale o al massimo triennale, aspetto questo di particolare criticità. A partire dai primi interventi svolti nelle scuole (centri di informazione e consulenza, formazione dei formatori, campagne informative) e nei centri per i giovani (centri di aggregazione giovanile, Informagiovani, associazioni) si è assistito successivamente a un guadagnare salute e… alcol Nella Regione europea dell’Oms, circa il 60 per cento del carico globale di malattia è causato da sette fattori di rischio principali: tra questi, l’alcol si colloca al terzo posto, dopo ipertensione e tabagismo. Non solo: è anche il fattore principale di disabilità e di mortalità fra i giovani europei e, soltanto in Italia, è responsabile di ben 30 mila morti ogni anno. In questa parte del dossier, dedicata alla prevenzione dell’abuso di alcol, presentiamo due interessanti esperienze regionali, una nelle Marche e l’altra in Veneto, che affrontano due particolari aspetti del problema: l’aumento del consumo di alcolici fra i giovani, sempre più precoci nell’iniziare a bere, e l’impatto dell’alcolismo negli ambienti di lavoro, aspetto spesso sottovalutato (se non addirittura completamente ignorato) all’interno delle aziende. 19 ampliamento del ventaglio delle proposte preventive anche attraverso le unità di strada (area del divertimento giovanile, discoteche, rave party, eventi di piazza) o realizzando eventi sportivi, formativi o di altra natura. In generale, l’attività preventiva tende a raggiungere anche quelle persone che spontaneamente non richiederebbero un aiuto in tal senso (siti internet, campagne telematiche, materiale informativo, manifesti), attraverso attività formative e informative tra gli operatori della notte, come dj, pr e personale delle discoteche. Anche gli strumenti si sono modificati e aggiornati, fino a raccogliere e rilanciare i mezzi di comunicazione più usati, spesso passivamente, dai giovani in una formula del tutto diversa: videogame sui temi della prevenzione, Street tv di quartiere, ricerca di slogan che utilizzino i codici giovanili. Dalla strada al mondo della notte In termini di target, ci sono stati cambiamenti significativi: oltre a dare continuità agli obiettivi legati alla prevenzione dell’abuso di sostanze stupefacenti vecchie e nuove (eroina, chetamina, ecstasy, anabolizzanti) e della trasmissione delle patologie sessualmente trasmesse (soprattutto Aids ed epatiti), è cresciuto l’interesse verso temi prima poco affrontati come alcolismo, tabagismo, abuso le autrici Elisabetta Benedetti servizio Salute Regione Marche elisabetta.benedetti@ regione.marche.it 20 Annalisa Cardone dipartimento Dipendenze Asur Zona Territoriale 7, Ancona di psicofarmaci. Essendo rivolte agli adolescenti, le attività preventive utilizzano percorsi alternativi e nuove strategie comunicative: materiali divulgativi (fumetti, opuscoli) ad hoc, consulenze sul disagio, promozione del protagonismo giovanile, educazione alla salute. Tra le metodologie di intervento adottate, la peer education (“educazione tra pari”) è una delle più interessanti: si tratta di un processo educativo che offre, a un gruppo motivato, l’opportunità di sviluppare consapevolezza, conoscenze e qualità necessarie per diventare leader su un determinato argomento, che viene poi trasmesso e condiviso nel gruppo allargato. I peer educator agiscono quindi da facilitatori di cambiamento degli atteggiamenti nei confronti dei loro coetanei. Per quanto riguarda in particolare l’alcol, vengono sviluppate azioni di informazione, educazione e sensibilizzazione per migliorare la percezione del rischio associato al consumo di bevande alcoliche, la conoscenza degli effetti dell’alcol sull’organismo e di quanto alcol è contenuto nelle diverse bevande alcoliche. Anche le attività preventive attuate tramite le Unità di strada utilizzano strumenti nuovi, sperimentandone l’efficacia in spazi terapeutici e contesti diversi da quelli offerti dai servizi tradizionali. Questi servizi cercano inoltre di effettuare una mappatura dettagliata del territorio per stabilizzare le relazioni degli operatori delle unità mobili con la popolazione giovanile, anche coinvolgendo attivamente la comunità locale. Le attività di informazione ed educazione alla salute consistono in campagne di sensibilizzazione, counselling informale, informazione e, quando necessario, orientamento verso i servizi sociosanitari, ma anche azioni specifiche rivolte al cosiddetto “mondo della notte” (discoteche, pub, feste, concerti), con il coinvolgimento di forze dell’ordine, gestori dei locali e organizzatori di concerti. In diversi casi è previsto l’utilizzo dell’etilometro per la prevenzione dell’abuso di alcolici, anche in rapporto alla guida di automezzi. In generale, gli interventi, oltre a promuovere la salute e il benessere, mirano anche all’attivazione e alla promozione sociale nel territorio raggiunto. Questo obiettivo è tanto più realizzabile quanto più il sistema di servizi è integrato e l’attività preventiva è frutto dell’incontro tra istituzioni, enti e gruppi di popolazione diversi, oltre che del confronto tra operatori appartenenti a contesti e servizi differenti. I percorsi preventivi dovrebbero nascere integrati sin dalla fase dell’individuazione dei bisogni: coinvolgendo a vari livelli, secondo le proprie peculiarità e competenze, i diversi soggetti territoriali, procedendo in termini di coprogettazione, sviluppandosi in azioni coerenti e coordinate e prevedendo un monitoraggio in itinere e una valutazione congiunta, con un’ampia circolarità degli esiti. Per sostenere una rete che promuova salute e stili di vita sani in maniera integrata in tutta la Regione. Questo articolo è una versione sintetica di quanto contenuto nel cd-rom “Manifestazioni di interesse per progettualità operative condivise di integrazione sociosanitaria”, a cura dell’Asur Marche. dossier guadagnare salute • numero 71 Dossier guadagnare salute Alcol e lavoro, un bicchiere mezzo pieno? Emilio Cipriani P roviamo a indossare i panni di un imprenditore che in azienda ha un lavoratore alcolista ed è preoccupato per la sicurezza. La sua associazione datoriale non sa dargli consigli facilmente percorribili. La Asl dice che c’è una norma recente che vieta il consumo di alcol sul lavoro, che prevede, tra l’altro, la possibilità di fare controlli alcolimetrici, però non è ancora in grado di fornire procedure consolidate. Sembra una situazione kafkiana. In realtà è solo complessa e, come tale, non può avere una soluzione semplice. Un quadro preoccupante Innanzitutto c’è una grave carenza di conoscenze sulla correlazione tra alcol e salute, comportamenti sociali, lavoro. Per esempio, è nota l’associazione tra alcol e malattie del fegato: l’Italia detiene in Europa il primato della mortalità per cirrosi epatica, con un’incidenza del 34 per 100 mila abitanti all’anno. Meno nota, invece, la relazione con molte altre patologie: cancro dell’esofago e dello stomaco, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, cardiopatie dilatative, pancreatiti, esofagiti, gastriti, miopatie, osteoporosi, infertilità, neuropatie, demenza precoce. In Europa il 60 per cento del carico di malattia è causato da sette fattori di rischio principali. Tra questi, l’alcol è al terzo posto dopo ipertensione e tabagismo, davanti a ipercolesterolemia, sonumero 71 vrappeso, alimentazione scorretta, inattività fisica. Inoltre, l’alcol è il fattore principale di disabilità e di mortalità fra i giovani europei e, in Italia, è responsabile di 30 mila morti all’anno. Il Piano nazionale alcol e salute, pubblicato nel febbraio 2007, attribuisce all’alcol il 9 per cento del totale delle cause di morte nella Regione europea dell’Oms. Gli effetti dell’alcol sui comportamenti dei singoli, e quindi sugli aspetti sociali, sono altrettanto preoccupanti dei danni diretti sulla salute. Per molte generazioni il consumo “normale” di alcol è rimasto legato alle abitudini alimentari e il consumo di vino era limitato ai pasti. Oggi i giovani non bevono affatto alcolici a tavola. Piuttosto, li assumono fuori pasto, negli happy hour e nei dopo cena, quando si sperimenta il binge drinking. La tendenza, tipica degli ultimi anni, a bere fuori pasto o per lo “sballo” aggiunge così due nuove modalità di comportamento pericoloso, che tuttavia non rientrano ancora nel campo dell’alcoldipendenza. Secondo uno studio della Federazione italiana di medicina generale (Fimmg), condotto in Veneto su oltre 60 mila cittadini che frequentano l’ambulatorio del medico di base, il 3,5 per cento della popolazione ha problemi di dipendenza franca da alcol, mentre l’8,5 per cento ha comportamenti pericolosi alcolcorrelati. Questi comportamenti hanno conseguenze sociali importanti per i giovani: scarso rendimento nello studio, abbandono scolasti- alcol co, conflitti in famiglia, violenze di gruppo, ma anche ritardi al lavoro, errori di produzione, litigi con i colleghi, assenteismo, alto turnover nel lavoro, difficile adattamento al posto di lavoro, problemi nel lavorare in gruppo, infortuni frequenti. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, almeno il 10 per cento degli infortuni sul lavoro sono attribuibili all’alcol e non, come si è portati a pensare, a imprudenza, negligenza, mancata informazione e formazione. Se il comportamento pericoloso alcolcorrelato è causa di difficoltà scolastiche, infatti, non deve stupire che sia anche causa di scarso apprendimento professionale, mancata osservanza di procedure e regole aziendali, disinteresse per il lavoro. Oltre la punta dell’iceberg L’imprenditore, quindi, spesso non sospetta che alcuni dei problemi che si ritrova nell’organizzazione del lavoro aziendale possano dipendere dall’alcol: vede soltanto la punta dell’iceberg, ma non il problema grave, che sta sotto il livello di osservazione ma 21 l’autore Emilio Cipriani Spisal, Azienda Ulss 22, Bussolengo (VR) [email protected] 22 che oggi è indagabile con opportune metodiche. Anzi. La valutazione dei comportamenti pericolosi alcolcorrelati rientra tra gli obblighi aziendali di sicurezza (vedi articolo 4 del decreto 626), in tutte quelle aziende che comprendono una delle attività elencate nell’allegato 1 del decreto del 16 marzo 2006 collegato alla Legge 125 del 2001 (vedi Snop 68, “Quando la prevenzione passa per la bottiglia”). La valutazione di un rischio che non è ambientale, ma legato ai comportamenti individuali dei lavoratori, va affrontata solo con l’intervento del medico competente, nel ruolo di consulente del datore di lavoro e non di medico certificatore. Pur non avendo competenze diagnostiche, il servizio di Prevenzione e protezione aziendale (Spp) può rilevare molti dati relativi alla produttività che non sono necessariamente segni di problemi alcolcorrelati, ma che è comunque opportuno segnalare al medico aziendale: assenze per malattia, ritardi al lavoro, infortuni, incidenti mancati, errori di produzione, litigi, conflitti, comportamenti avversi. Grazie alla valutazione dei comportamenti a rischio per problemi correlati all’alcol, si possono promuovere interventi di assistenza, tutela e prevenzione. Il medico competente può valutare sia la situazione complessiva aziendale, sia quella dei casi specifici, se considera le segnalazioni dell’Spp, i risultati di studi epidemiologici avviati in azienda nel rispetto dell’anonimato, gli esami di laboratorio routinari, l’anamnesi e l’osservazione clinica, even- tualmente integrata in un rapporto di counselling con i lavoratori (poco utile, invece, il ricorso alla determinazione dell’alcolemia). Quando la valutazione del rischio mette in luce comportamenti non corretti vanno programmati interventi di informazione, sensibilizzazione e formazione rivolti a tutta l’azienda, e non solo ai soggetti a rischio. La materia è molto specialistica e il medico competente deve lavorare in stretta collaborazione con i dipartimenti di Prevenzione e delle Dipendenze, che possono fornire un contributo utile al datore di lavoro e ai lavoratori. In questo caso una corretta valutazione del rischio deve essere preceduta da un’azione di informazione (marketing sociale) in azienda, con la diretta partecipazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Rls), dopo la necessaria condivisione delle organizzazioni sindacali. Potendo dimostrare di aver affrontato la questione con metodo scientifico, ma anche analizzato la situazione al di là delle apparenze e oltre il semplice obbligo di legge, il nostro imprenditore potrà così tutelare se stesso da conseguenze legali in caso di incidente. Non solo. Avrà creato anche un clima collaborativo utile anche all’alcolista che, con l’aiuto del medico competente e del servizio di Alcologia della Asl, sarà più facilmente indotto a entrare in terapia, superando l’ostacolo di ammettere il proprio problema, nel pieno rispetto della privacy. venzione, del volontariato sociale. Il progetto intende riproporre a livello provinciale il coinvolgimento delle parti sociali nella diffusione presso le aziende di un modello di intervento già sperimentato: la definizione di una politica aziendale per la salute che trova sviluppo in programmi di sensibilizzazione e formazione della dirigenza e dei lavoratori e in un miglioramento delle relazioni con le istituzioni del territorio. Inoltre, considerato il forte ruolo del medico competente, è stata realizzata una prima edizione di un corso di formazione sul counselling per medici competenti nell’ambito del Piano regionale di attività 2005-2007 degli Spisal, che intende coinvolgerli nelle azioni di promozione della salute. Gli ambienti di lavoro permettono infatti soluzioni particolarmente efficaci per la lotta al tabagismo e all’alcolismo, ma le aziende devono avere a disposizione medici preparati ai nuovi bisogni di salute. Oggi l’impresa ha maggior interesse a tutelare la salute delle proprie risorse umane rispetto alle malattie croniche piuttosto che alle patologie professionali. Oltre a rispondere all’esigenza di ridurre il maggior costo del Sistema sanitario nazionale, la prevenzione delle malattie croniche rappresenta una risposta adeguata per affrontare problemi reali per l’organizzazione del lavoro come le assenze per malattia, la riduzione di produttività, le limitazioni dell’idoneità lavorativa. Prevenzione, un interesse comune In Veneto è in corso un’esperienza, coordinata da un tavolo regionale, a cui partecipano le associazioni datoriali e sindacali, la Direzione regionale dei servizi sociali, operatori dei servizi territoriali delle dipendenze, della predossier guadagnare salute • numero 71 Dossier guadagnare salute “Prevenire creando”: un laboratorio per la salute Germana Piancastelli, Gianalberta Savelli, Claudia Monti, Franca Gentilini ondividere esperienze e percorsi di prevenzione e promozione di stili di vita sani nella scuola secondaria di secondo grado: è questa l’anima di “Prevenire creando”, festival regionale giunto alla sua terza edizione e organizzato dal dipartimento di Sanità pubblica dell’Ausl di Ravenna, in collaborazione con l’Istituto oncologico romagnolo, che stanno lavorando attivamente nella prevenzione e cura dell’abitudine al fumo diffondendo i programmi promossi dal Gruppo regionale tabagismo. L’evento, organizzato dalla Lega Tumori di Reggio Emilia nelle due precedenti edizioni, si è svolto dal 3 al 5 maggio scorso, con l’obiettivo di stimolare incontri e relazioni tra operatori provenienti dalla sanità, dall’associazionismo, dall’educazione e dalla formazione e favorire la conoscenza di nuovi strumenti e metodi per fare prevenzione e promozione della salute. C Da pari a pari La prevenzione è particolarmente rivolta ai giovani con la diffusione di progetti che raggiungono target diversi, dalla scuola dell’infanzia e primaria fino alla scuola secondaria di primo e secondo grado. La metodologia adottata prevede la formazione degli insegnanti da parte del gruppo di lavoro, che si prende cura poi di seguire le loro esigenze durante la realizzazione delle attività in classe. Nella scuola superiore, oltre numero 71 ad attività curriculari che gli insegnanti inseriscono nelle loro lezioni con i ragazzi, già da qualche anno vengono portate avanti alcune esperienze di sensibilizzazione e aumento della percezione del rischio associato al fumo attraverso la peer education, o educazione tra pari. La prima scuola a utilizzare questa metodologia educativa è stata l’Isis CallegariOlivetti, che già dal 2001 ha partecipato a un progetto regionale pilota rivolto ai giovani delle classi seconde e terze. Completato il percorso formativo, all’inizio dell’anno scolastico successivo questi ragazzi hanno realizzato un percorso di consapevolezza sulla dipendenza e i danni legati al fumo rivolto alle classi prime, utilizzando strumenti attivi capaci di coinvolgere i più giovani. Questi momenti si inseriscono nei percorsi di accoglienza delle classi prime, in cui vengono trasmessi anche il regolamento della scuola e le regole relative al divieto di fumo. L’esperienza è stata ricca di risultati sia per i ragazzi che hanno ricevuto la formazione e si sono messi a servizio dei più piccoli, sia per chi ha ricevuto le informazioni con una modalità più coinvolgente e mediata dai compagni più grandi. Successivamente, il modello dell’educazione tra pari è stato adottato anche da due licei di Ravenna, l’artistico “P.L. Nervi” e il classico “Dante Alighieri”. Nell’ambito della Regione EmiliaRomagna diverse altre scuole stanno realizzando esperienze simili, anche per la prevenzione guadagnare salute e… fumo In Europa il fumo di tabacco è uno tra i quattro fattori di rischio maggiori associati a disabilità e morte. In Italia sono in aumento i fumatori tra i giovani e tra le donne, senza dimenticare che vi è almeno un 20% di fumatori passivi, un terzo dei quali bambini. Da qui l’urgenza di mettere in atto politiche e interventi efficaci di promozione della salute. Un esempio originale è senza dubbio quello di “Prevenire creando”, festival regionale organizzato dall’Ausl di Ravenna per favorire l’incontro e la condivisione di esperienze di promozione della salute tra operatori sanitari, associazioni e mondo della scuola. Nelle Marche, invece, è stato costituito un gruppo tecnico regionale sul tabagismo per creare una rete ad hoc di collaborazione tra Regione, sociale e Asur, insieme a università e associazioni di volontariato. 23 dell’abuso di alcol: gli operatori sono quindi attivamente alla ricerca di strumenti sempre più nuovi e coinvolgenti, che i giovani possano utilizzare e trasferire ad altri coetanei. Un metodo innovativo Il festival “Prevenire creando” si inserisce in questo percorso regionale e interregionale e ha visto confluire a Ravenna circa trecento tra ragazzi, insegnanti e opera- le autrici Germana Piancastelli, Gianalberta Savelli dipartimento di Sanità pubblica, Ausl Ravenna [email protected] Claudia Monti, Franca Gentilini Istituto oncologico romagnolo tori sanitari, per scambiarsi esperienze e continuare a sperimentare percorsi creativi, per esempio attraverso il teatro e laboratori interattivi. In questa edizione si sono confrontati gruppi di ragazzi provenienti da diverse scuole e Regioni italiane (Emilia Romagna, Veneto, Lombardia, Trentino, Puglia, Campania), che hanno realizzato progetti di educazione tra pari che li hanno resi protagonisti della prevenzione e della promozione di stili di vita sani nei confronti di altri compagni. Il carattere innovativo di questi progetti è nei contenuti e nel metodo. A livello di contenuti, si è approfondita la percezione nei giovani dei fattori protettivi, di quelli che sono determinanti per il loro benessere e dei percorsi che conducono alla dipendenza, tematica finora poco considerata. A livello metodologico, l’innovazione è stata soprattutto nella doppia valenza delle attività valutative: da una parte si configurano come un preciso lavoro di rico- gnizione e valutazione dell’esistente, dall’altra pongono le basi per la costruzione di un modello di intervento nuovo, monitorato e valutato nelle sue varie fasi. Altro elemento nuovo è il coinvolgimento attivo degli studenti, non più considerati come destinatari passivi del modello sperimentale di intervento, ma vera e propria risorsa per l’ideazione e costruzione di strumenti e contenuti, sia sul piano creativo, etico e culturale, sia su quello tecnico e didattico. Nelle scuole di Ravenna che da più tempo realizzano questo tipo di esperienza si è osservato un netto miglioramento del rispetto del divieto di fumo a scuola, fino alla completa scomparsa di questo inquinante ambientale all’interno dell’edificio scolastico. Inoltre si sono ottenute restrizioni di spazi e di orari anche all’esterno, per esempio nei cortili. Rendere i giovani non solo il target fondamentale, ma anche gli autori della strategia preventiva si è rivelato un vero e proprio successo. Nelle Marche la lotta al fumo si fa in rete Rosanna Rossini, Giovanni Fiorenzuolo, Marco Nocchi, Giuliano Tagliavento fumo 24 M entre il ricordo del primo bacio è generalmente piacevole, la prima sigaretta evoca di norma tosse, giramenti di testa, sapori e odori sgradevoli. Se non vi fosse la spinta psicologica del provare nuove esperienze o del voler apparire, alla prima sigaretta non ne seguirebbe una seconda. Purtroppo, però, l’abitudine al fumo di tabacco ha appunto l’abitudine di instaurarsi e di diventare uno dei principali fattori di rischio nell’insorgenza delle patologie cronico-degenerative dell’apparato respiratorio e cardiovascolare. Nel programma “Guadagnare salute” il fumo di tabacco è identificato come uno tra i quattro fattori di rischio maggiori per disabilità e morte. Se a questo si somma la considerazione che in Italia si registra un trend in aumento tra i giovani e dossier guadagnare salute • numero 71 Dossier guadagnare salute tra le donne e che, secondo stime cautelative, vi è almeno un 20% di fumatori passivi, un terzo dei quali bambini, si impone l’urgenza di impegnarsi in politiche efficaci di promozione della salute, che consentano di affrontare e limitare uno dei più grandi problemi di salute pubblica. gennaio 2006 mediante tre rilevazioni all’interno di bar, ristoranti e pizzerie. I risultati, riassunti nella figura in basso, sono stati rilevanti: non solo la maggior parte dei clienti si è dichiarata favorevole alla legge, ma l’abitudine al fumo si è complessivamente ridotta nella popolazione generale. Un piacevole effetto collaterale. In linea con quanto proposto dal ministero della Salute e dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie con il Piano nazionale sul tabagismo, la Regione Marche ha identificato e formato i referenti istituzionali deputati alla programmazione e alla realizzazione delle iniziative di contrasto al fumo. In particolare, è stato costituito un Gruppo tecnico regionale sul tabagismo, formato da un coordinatore regionale proveniente dal Servizio per le politiche sociali e Enfasi sulle Marche La Legge 3 del 2003 contro il fumo passivo ha avuto un impatto notevole sulle abitudini degli italiani. La Regione Marche, rappresentata dal dipartimento di Prevenzione di Senigallia, ha partecipato al progetto Enfasi (vedi www.epicentro.iss.it/temi/fumo/in dagine%20profea.asp), il primo monitoraggio nazionale effettuato per valutare il rispetto di questa normativa. L’indagine è stata condotta dal gennaio 2005 fino al da quattro referenti, uno per ogni ambito d’intervento: prevenzione primaria, counselling dei medici di medicina generale, servizi per la cessazione del fumo, tutela dal fumo passivo. L’obiettivo è creare una rete a livello regionale in cui i diversi attori (Regione, sociale e Asur) possano lavorare insieme, con un’unica formazione e un unico intento, garantendo anche la collaborazione con altre strutture di riferimento a livello locale (università o associazioni di volontariato) e nazionale. I primi progetti avviati in questo spirito di collaborazione riguardano la tutela dal fumo passivo. Per comprendere l’importanza di questo problema basti pensare che in Italia i fumatori passivi ammontano a oltre quindici milioni, pari al 26,5% della popolazione. Sotto la spinta della Regione Veneto, che fa da capofila a livello Opinione generale dei clienti rispetto alla legge riferita dai gestori nel corso delle tre rilevazioni (gennaio 2005, giugno 2005 e gennaio 2006). Risultati dello studio Enfasi per il dipartimento di Prevenzione di Senigallia 20% 23% 21% molto favorevole 64% 50% 50% favorevole 8% 27% né favorevole né contrario 17% contrario 0% 3% 4% molto contrario 1% 0% 1% 0% 10% prima rilevazione 20% 30% 40% seconda rilevazione 50% 60% 70% terza rilevazione 25 numero 71 nazionale, si stanno attuando due monitoraggi del rispetto della legge antifumo, uno presso gli uffici comunali e l’altro presso le aziende produttive alimentari (pastifici, panifici e pasticcerie). Sei dipartimenti di Prevenzione marchigiani hanno aderito volontariamente a questi due progetti, con le unità operative del Servizio di igiene e sanità pubblica (Sisp) e del Servizio alimenti e nutrizione (Sian); il coordinamento è stato affidato al dipartimento di Prevenzione di Senigallia, che fa da tramite tra la componente tecnica e quella meramente politica. Un controllo a tappeto Il monitoraggio degli uffici comunali è stato avviato per verificare l’aderenza alle disposizioni di legge ed è stato effettuato su un campione di 24 sedi comunali gli autori Rosanna Rossini, Giovanni Fiorenzuolo dipartimento di Prevenzione Asur Marche, Zona Territoriale 4 Senigallia [email protected] Marco Nocchi servizio Politiche sociali, Regione Marche Giuliano Tagliavento servizio Salute, Regione Marche principali (centrali o periferiche) corrispondenti ai Comuni di competenza di ciascuna Zona territoriale partecipante al progetto. Attraverso delle schede di rilevazione standardizzate, i tecnici della prevenzione dei Sisp hanno raccolto informazioni sul tipo di ufficio visitato, sulla presenza di cartelli, portaceneri, mozziconi, fumatori e sulla rispondenza alle indicazioni definite dalla legge dei locali visitati. La rilevazione è stata completata con l’intervista di un dipendente dell’ufficio visitato sul rispetto della normativa da parte di dipendenti e utenti. In base alle risposte degli intervistati, lo 0,8% dei dipendenti e lo 0,4% degli utenti sembrano non rispettare la normativa. Tuttavia, dall’analisi di quanto è stato direttamente rilevato dai tecnici della prevenzione emerge che invece il rispetto della legge antifumo è minore: non erano presenti cartelli regolamentari nel 34% dei casi e nel 37,6% dei cartelli non veniva specificato il nome del funzionario incaricato al controllo. Al momento della rilevazione stava fumando il 2,3% delle persone presenti, c’era odore di fumo nel 4,1% dei casi e c’erano posacenere nei locali nel 6,4% dei casi. Da questi risultati emerge quindi quanto sia importante effettuare un monitoraggio continuo anche in ambiti lavorativi diversi. In campo alimentare, si sta concludendo una rilevazione del rispetto della legge antifumo presso le aziende produttive ali- mentari, in particolare panifici, pastifici e pasticcerie. Si tratta di una normale attività di vigilanza, senza la necessità di predeterminare il numero degli interventi o di preselezionare campioni. I dati ottenuti saranno analizzati a livello regionale e confrontati con le rilevazioni nazionali portate avanti dalla Regione Veneto. Per quanto riguarda invece le scuole, il rispetto di una normativa è certamente solo un tassello, anche se importante, nell’ambito di un programma di prevenzione ben più ampio. Per esempio, serve un’azione forte contro l’iniziazione al fumo nei giovani, che sono i soggetti più refrattari alle imposizioni, ma anche i più fragili dal punto di vista psicologico. A questo proposito sono in fase di programmazione diversi interventi di educazione alla salute rivolti alle scuole dell’obbligo, vista la tendenza dei ragazzi ad anticipare sempre di più l’età del primo incontro con la sigaretta. Per promuovere invece la cessazione del fumo bisogna anche rafforzare i Centri antifumo, che possono dare un valido aiuto a chi vuole smettere di fumare ma ha bisogno di un supporto sociale e psicologico. Attualmente nelle Marche si sta procedendo a una rilevazione dei Centri antifumo e a una valutazione dell’entità dell’attività svolta. La strada da percorrere è ancora lunga, ma la rotta è ben chiara e resa più facile dalla collaborazione interdisciplinare. 26 dossier guadagnare salute • numero 71 Dossier guadagnare salute Se Cupido ci mette lo zampino Manuela Colonna R esponsabili del 44% di tutti i decessi, le malattie cardiovascolari rappresentano la principale causa di morte nel nostro Paese, con un impatto pesante sia sulla qualità della vita, sia sul bilancio economico. Si tratta nel complesso di malattie multifattoriali, risultato della concomitanza di stili di vita inadeguati (alimentazione scorretta, eccesso di alcol, inattività fisica), predisposizione genetica e provenienza geografica, ma anche di determinanti sociali come ambiente di vita e di lavoro, livello di scolarizzazione e reddito. La qualità della vita può crescere anche migliorando il contesto in cui si svolgono le attività quotidiane: è quindi importante fornire un sostegno alla comunità, creare una maggiore coesione sociale tra gli individui e aumentare la consapevolezza individuale. La prevenzione si candida quindi come strumento fondamentale per impedire o ritardare l’insorgenza delle malattie cardiovascolari, a patto che i cittadini diventino protagonisti della propria salute. Dal Comune ai cittadini A Monte San Pietro, un piccolo comune in provincia di Bologna, l’amministrazione comunale, il distretto di Casalecchio di Reno con i medici di medicina generale e il dipartimento di Sanità pubblica, in collaborazione con altri soggetti pubblici e privati, hanno deciso di investire nella prevennumero 71 zione delle cardiopatie. È nato quindi il “Progetto Cupido”, laboratorio territoriale per la prevenzione del rischio cardiovascolare per sensibilizzare la popolazione (circa 11 mila abitanti) sulla gravità e attualità del cardiorischio e sulla promozione di stili di vita corretti. Inoltre, il progetto prevede di invitare tutti i cittadini di età compresa tra i 40 e i 50 anni (2300 persone) a effettuare presso il proprio medico il calcolo individuale del rischio cardiovascolare tramite la carta del rischio. Questo strumento consente infatti di valutare, in maniera semplice e obiettiva, la probabilità di andare incontro a un primo evento cardiovascolare maggiore (infarto del miocardio o ictus) nei dieci anni successivi, sulla base di otto fattori di rischio: sesso, età, diabete, abitudine al fumo, pressione arteriosa sistolica, colesterolemia totale, colesterolemia Hdl e trattamento antipertensivo. La carta non solo rende più accurata la valutazione del rischio, ma offre diverse scelte per intraprendere azioni di prevenzione sugli assistiti e garantisce l’obiettività nel tempo. A queste persone è stata inviata una lettera, firmata dal sindaco e intitolata “Il Comune pensa al bene comune”, che le invitava a presentarsi dal proprio medico per valutare insieme il loro livello di rischio cardiovascolare. L’iniziativa, avviata nel marzo 2007, è stata accompagnata da una campagna informativa (comunicati stampa ai quotidiani locali, articoli sul notiziario comu- altre proposte per… guadagnare salute A chiusura di questa panoramica, presentiamo tre interessanti esperienze locali. La prima è quella di Monte San Pietro, in provincia di Bologna, dove è in corso il “Progetto Cupido”, un laboratorio in cui la popolazione è invitata a partecipare attivamente alla valutazione e alla gestione del proprio rischio cardiovascolare. Spostandosi nelle Marche, viene presentato un interessante progetto rivolto agli operatori sanitari, che ha provato a valutare quanto lo stress può influire sulle loro abitudini alimentari e se una maggiore formazione culturale possa favorire il loro approccio professionale alla promozione di stili di vita corretti. Infine, l’esperienza del Centro di documentazione regionale per la promozione della salute del Piemonte, che da anni sostiene la progettazione degli interventi grazie alla formazione e alla messa in rete della documentazione disponibile. 27 nale e sul sito web del Comune (www.comune.montesanpietro.bo.i t/cupido.htm). Inoltre, consiglieri comunali, presidenti delle Consulte di frazione, parroci, presidenti di associazioni e organizzazioni operanti sul territorio sono stati invitati a collaborare per la riuscita del progetto, partecipando alle iniziative, divulgandole e promuovendo l’adesione da parte di soci e conoscenti. Tra gli obiettivi generali, sensibilizzare la popolazione sulla gravità e attualità del rischio cardiovascolare, promuovere la cultura della prevenzione e l’adozione di l’autrice Manuela Colonna coordinatore area Igiene pubblica, Ausl Bologna [email protected] stili di vita corretti nella comunità, valorizzare il ruolo del medico di medicina generale nella promozione della salute individuale e collettiva, creare le sinergie necessarie per rendere più efficaci le azioni preventive. Per una prevenzione partecipata I dati epidemiologici emersi saranno raccolti e valutati per promuovere successive azioni mirate di prevenzione. Si prevede inoltre di valutare indicatori di esito come tassi di ricovero e di mortalità per alcune patologie, nel sottogruppo di partecipanti a cui verrà applicata dai medici la carta del rischio, nonché il tasso di adesione. Questi indicatori saranno integrati con end point secondari come abitudini alimentari, at- tività fisica e qualità di vita percepita, prima e dopo l’intervento. A questo proposito verrà avviato uno studio epidemiologico osservazionale sul gruppo di soggetti reclutati e su un gruppo di controllo, costituito da persone provenienti dai comuni limitrofi e con caratteristiche sociodemografiche simili, ma a cui non verrà proposto alcun intervento preventivo strutturato. I risultati, che saranno diffusi alla popolazione tramite iniziative pubbliche e la pubblicazione di articoli sulla stampa locale, saranno poi il punto di partenza per definire gli impegni futuri e le iniziative da rivolgere alla popolazione del territorio. Naturalmente, non senza aver valutato il gradimento da parte dei cittadini alle iniziative proposte, nell’ottica di una prevenzione sempre più partecipata. Prevenzione: attività praticata o ciliegina sulla torta? Elsa Ravaglia F 28 ino a pochi anni fa, e per certi versi ancora oggi, i nostri servizi erano ancorati a una concezione di lavoro mutuata direttamente dal concetto di polizia sanitaria. Alle sue origini, questa visione ha dato un notevole contributo in termini di tutela della salute della collettività, ma nel tempo è andata progressivamente svuotandosi di contenuti, sebbene abbia continuato ad assorbire risorse, tempo e attenzione di chi si occupava o si occupa di questi settori. Già da alcuni anni, però, diverse componenti dei nostri dipartimenti hanno cominciato a sviluppare anche altre azioni di prevenzione individuate nei piani sanitari, seppure in modo disomogeneo nelle diverse realtà. Tra gli altri, i Servizi igiene alimenti e nutrizione (Sian) possono costituire un interessante paradigma, essendosi trovati ad affrontare numerose tematiche in rapida evoluzione e recente espansione. Oggi, la tradizionale attività autorizzativa (ormai conclusa) e di vigilanza dello specifico settore è in radicale cambiamento, vista la continua evoluzione del settore alimentare dal punto di vista tecnologico e normativo, ormai di respiro sempre più europeo. Accanto a queste attività ne dovevano crescere e maturare altre, legate agli aspetti nutrizionali, per poter dare un reale contributo alla collettività sulla prevenzione delle malattie croniche, ormai punto di interesse essenziale nella comunità scientifica e sociale. A questo proposito, nella zona di Camerino è partito nel 2005 il progetto “Alimentazione e lavoro”, che nel 2006 è diventato “Facilitadossier guadagnare salute • numero 71 Dossier guadagnare salute re l’attività fisica”. La sua peculiarità è che si è sviluppato all’interno di un’azienda sanitaria, coinvolgendone gli operatori, con l’idea di verificare due ipotesi: il notevole stress lavorativo degli operatori sanitari, legato anche ai turni e all’impegno emotivo, può avere una ricaduta sulla regolarità dell’assunzione dei pasti e sulla loro composizione? E ancora, una maggiore formazione culturale sugli aspetti della salute può incidere sulla corretta alimentazione e sull’attività fisica, e di conseguenza, favorire un migliore approccio al riguardo? La Zona territoriale (Zt) 10 dell’Azienda sanitaria unica regionale Marche si estende su una superficie di 1281 chilometri quadrati, costituita prevalentemente da rilievi collinari e montuosi. Nel 2000, la popolazione residente nei 21 comuni presenti ammontava a 48.562 abitanti, con una densità abitativa di 38 abitanti per chilometro quadrato (contro una media regionale di 148 abitanti per chilometro quadrato). Una popolazione in età lavorativa non troppo giovane, come indicava l’indice di struttura di popolazione attiva (101,6% contro l’87,2% del Paese nel 1998). In termini di offerta sanitaria, le strutture ospedaliere e di territorio sono un po’ sparpagliate, il che comporta per i dipendenti spostamenti anche considerevoli, su una rete viaria complessivamente piuttosto disagiata. Nell’insieme, le persone occupate nel settore costituiscono un nucleo di aggregazione piuttosto consistente. Conoscersi un po’ Nel dicembre 2005, il personale della Zt 10 è stato raggiunto nella sua quasi totalità attraverso la distribuzione di 712 questionari conoscitivi presso tutte le strutture locali (ospedali, dipartimenti, ternumero 71 ritorio, amministrazioni), con il coinvolgimento diretto di direzione medica, direttori delle unità operative e caposala. Oggetto del questionario erano, tra le altre cose, le caratteristiche dell’attività lavorativa svolta, le abitudini orarie e alimentari, le conoscenze sull’alimentazione, lo svolgimento di attività fisica. Sono stati riconsegnati 343 questionari compilati in modo completo, rappresentativi del 48% della popolazione lavorativa della Zt 10 (222 femmine e 121 maschi), ed elaborati con il programma EpiInfo 3.3. La classe di età più rappresentata è stata quella fra i 41 e i 50 anni (39%). Il 78% è risultato appartenere alla categoria sanitaria o tecnico-sanitaria; il 72% lavora in ambito ospedaliero e il 37% svolge turni. Per quanto riguarda la percezione del proprio stato di salute, l’82% riteneva di essere in buona salute, ma il 52% considerava le proprie condizioni di lavoro abbastanza stressanti e il 24% molto stressanti (specialmente tra il personale sanitario). Un dato un po’ sconcertante è che soltanto il 6%, tutti appartenenti alla categoria sanitari, conosceva le “Linee guida per una sana alimentazione italiana” dell’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (Inran), riviste nel 2003. Riguardo alle abitudini alimentari, ben il 70 ha dichiarato di volerle cambiare, consumando più pesce, minestra di verdura, legumi, verdure e frutta. Il 57% dei rispondenti consumava il pranzo a casa, il 25% in mensa e il 18% in locali pubblici. Inoltre, il 68% si è dichiarato interessato ad avere uno spazio in azienda dove poter praticare attività sportiva durante le pause. intervento, tra cui proporre eventi formativi sulle linee guida dell’Inran, rivedere i menù della mensa ospedaliera e l’offerta da parte dei bar interni. In particolare, si è ritenuto importante considerare l’interesse dichiarato per avere uno spazio interno all’azienda in cui poter svolgere attività fisica, con l’intento di renderla una scelta più facile, perchè facilmente accessibile. La presenza, presso l’ateneo di Camerino, del corso di laurea in Scienze e tecnologie del fitness e dei prodotti della salute ha reso possibile una sinergia di intervento inedita e interessante, ancora da definire negli aspetti operativi: si prevede che la direzione di Zona metta a disposizione le palestre utilizzate per la riabilitazione presenti nelle diverse sedi, al di fuori dei consueti orari di lavoro, offrendo nel contempo la presenza qualificata di esperti provenienti dal corso di laurea, che se ne potranno giovare a loro volta per attività formative e sperimentali. Si ipotizza inoltre di fornire l’accesso alle ore di fitness attraverso un buono mensa modificato come buono “mensa e palestra”, che costituirebbe anche messaggio indiretto del binomio “introito calorico e dispendio energetico”. Inoltre, si cercherà di stipulare una convenzione tra la Zt 10 e le piscine presenti sul territorio. Parallelamente, la promozione dell’iniziativa ideata dal Sian prevede brevi e ripetuti corsi di aggiornamento per il personale, in particolare sulle linee guida dell’Inran, grazie anche al coinvolgimento di altri specialisti che si occupano di patologie la cui prevenzione o prognosi potrebbe migliol’autrice Proposte per il futuro Sulla base dei risultati, sono state individuate diverse possibilità di Elsa Ravaglia Sian, Asur Marche, Zona Territoriale 10 Camerino [email protected] 29 rare grazie a una corretta alimentazione e una regolare attività fisica (cardiologi, ortopedici, diabetologi, oncologi, ecc). La sfida è ora molteplice: da una parte realizzare concretamente l’offerta, dall’altra ottenere una grossa partecipazione da parte degli operatori sanitari. Un’iniziativa, infatti, ha successo quanto più riesce a rispondere a una domanda più o meno espressa. Infine, la verifica dell’efficacia del progetto, anche grazie ai nuovi strumenti di valutazione evidence based, se adeguatamente utilizzata, potrà costituire un’ottima traccia per porsi domande e per non adagiarsi sugli allori. Attualmente si sta definendo, nel- l’ambito delle priorità che si deve dare la direzione di Zona, se andare avanti, per dimostrare che i progetti innovativi non sono solo speranze o ciliegine sulla torta, elementi decorativi di cui si può anche fare a meno, ma contributi essenziali per portare aria nuova nei nostri dipartimenti e aiutare la collettività a guadagnare salute. Dors, la parola d’ordine è condivisione Maria Elena Coffano, Claudio Tortone “G 30 uadagnare salute” è un forte richiamo per investire nel miglioramento della qualità della vita, sia dei singoli sia della comunità. Sarebbe così più facile prevenire e controllare le malattie croniche, ma anche le diseguaglianze di salute. Tra i messaggi chiave, due sono particolarmente decisivi: riorientamento verso i nuovi bisogni e intersettorialità. Azioni sostenibili, promozione della salute evidence based e costruzione di competenze sono essenziali per il successo, altrimenti gli interventi non sono in grado di reggere la complessità dei determinanti di salute. In Piemonte, il Centro di documentazione regionale per la promozione della salute (Dors) ha cercato fin dalla sua nascita, nel 1998, di sostenere la progettazione degli interventi rendendo la documentazione accessibile, interattiva e capace di sostenere le scelte più favorevoli alla salute. Il lavoro è maturato in uno spirito di interazione tra le politiche della Regione, le prassi e i saperi degli operatori e decisori delle Asl e di altri settori, la ricerca e la teoria applicata dell’università. Si è prodotto così un cambiamento che ha attraversato nel tempo le opportunità proposte dal contesto regionale e nazionale, usando tre strumenti: la formazione degli adulti, la documentazione scientifica e professionale e la documentazione grigia prodotta da operatori e decisori. Un tesoro in divenire I laboratori sono percorsi di riflessione e crescita sul tema della valutazione e della progettazione in educazione e promozione della salute rivolti a operatori e decisori, sanitari e non. Il laboratorio di valutazione (vedi il sito www.dors.it) è nato in risposta alla richiesta di operatori e decisori delle Asl di potersi incontrare per condividere esperienze, troppe volte isolate e sconosciute, per domandarsi se funzionino e siano utili, ma anche per confrontarsi con la documentazione di esperienze simili, modelli validati e prove di efficacia disponibili. Sono stati organizzati finora oltre cinquanta incontri, in cui gruppi di operatori hanno analizzato e discusso l’impianto progettuale, la pertinenza e la validità del piano di valutazione, le possibili alternative e i cambiamenti da apportare. Le osservazioni emerse sono state poi discusse in plenaria, dove si sono concordate le raccomandazioni per migliorare il progetto. A supporto dei partecipanti, gli operatori Dors hanno fornito regolarmente dossier sulle buone pratiche disponibili sul tema. Un altro laboratorio, avviato nel 1999, è quello sull’alimentazione, esteso poi anche all’attività fisica, incentrato su formazione dei formatori, sicurezza alimentare, mensa scolastica, anziani nelle Rsa, educazione al paziente. Nello stesso periodo sono stati proposti anche corsi di formazione sulla metodologia e sulla gestione dei progetti (progettazione e valutazione, alimentazione e attività fisica, promozione della salute in ambiente di lavoro) e sono dossier guadagnare salute • numero 71 Dossier guadagnare salute stati finanziati due bandi regionali per progetti di promozione della salute: le Asl hanno risposto presentando in tutto 137 progetti. L’evoluzione dei laboratori e l’offerta di opportunità da parte della Regione hanno creato un circolo virtuoso tra prassi e saperi, che ha facilitato la sperimentazione sul campo di una progettazione più efficace e sostenibile. I risultati sono stati valorizzati nell’ambito dei Piani di prevenzione attiva, che prevedono attività di documentazione e di progettazione di interventi multicentrici condivise con gli operatori e i decisori. Una comunità di saperi Le aree focus sono sezioni tematiche del sito www.dors.it che raccolgono, catalogano e rendono fruibile la documentazione e le informazioni su alcuni temi prioritari (fumo, incidenti stradali, infezioni sessualmente trasmesse, infortuni sul lavoro e obesità), rivolte a operatori e decisori appartenenti a settori diversi, dalla sanità alla scuola, dagli enti locali al privato sociale. Ogni area ha un’introduzione e un indice che organizza documenti e informazioni, inquadrandole per provenienza (regionale e locale in primis, quindi nazionale ed europeo), un’analisi del problema che fornisce dati quantitativi e qualitativi di diverso tipo (epidemiologico, sanitario, sociologico, psicologico, economico), una serie di interventi e di metodologie da segnalare al riguardo, bibliografie e sitografie aggiornate, segnalaziogli autori Maria Elena Coffano, Claudio Tortone Regione Piemonte, Centro di documentazione regionale per la promozione della salute [email protected] numero 71 tema nutrizione e attività fisica fumo alcol incidenti stradali salute riproduttiva altri temi totale progetti 148 48 17 13 60 60 346 interventi 90 31 6 5 40 51 223 documenti 200 69 15 11 90 112 497 Materiali consultabili in “Pro.Sa. on-line” ni di eventi e corsi di interesse. Il rilancio degli interventi di prevenzione dell’ultimo periodo, che prevedevano e richiedevano un impegno per un sistema di documentazione in rete, accessibile e sistematico, ne hanno ulteriormente stimolato la realizzazione. Le aree focus hanno permesso di consolidare ed esplicitare una serie di collaborazioni maturate negli anni attraverso un sistema di documentazione a rete, che vede anche la partecipazione attiva di operatori, decisori e ricercatori. Anche nei focus è stato riproposto lo stile cooperativo, con l’attivazione di due sezioni di commenti e proposte, offrendo agli utenti la possibilità di essere non solo fruitori, ma anche coautori attivi che contribuiscano ad arricchire i contenuti del sito e propongano come migliorarlo, verso la creazione di una comunità di condivisione di saperi e prassi. “Pro.Sa. on-line”, (vedi il sito web www.dors.it/prosa/prosa.php), è una banca dati di progetti, interventi e documenti sulla promozione della salute, ma anche un sistema informativo a rete, aziendale e regionale, per la predisposizione di relazioni di attività. Il progetto è frutto del lavoro di un gruppo per il miglioramento continuo della qualità, costituito da alcuni referenti Asl e operatori Dors, vista la scarsa presenza a livello regionale di sistemi informativi, fondamentali per la rendicontazione, programmazione e divulgazione delle attività realizza- te. A oggi, la banca dati contiene 346 progetti e 223 interventi, schematizzati nella tabella in alto, realizzati in Piemonte a partire dal 2000. “Pro.Sa on-line” è lo strumento ora utilizzato per la ricognizione degli interventi realizzati in Piemonte prevista dai Piani regionali di prevenzione attiva e per quella prevista, nell’ambito del programma “Guadagnare in salute”, dal progetto del Ccm rivolto agli adolescenti e affidato alla Regione Piemonte, in collaborazione con quindici altri Centri di documentazione italiani. In questo modo si potrà favorire il graduale collegamento tra operatori, decisori e organizzazioni, offrendo un luogo di incontro tra i protagonisti e di confronto con la letteratura e le buone pratiche. Questo ciclo della conoscenza sta producendo una fertile contaminazione tra prassi, saperi e politiche, nonostante certe resistenze al cambiamento: abbandonare visioni tradizionali e pratiche superate, aprirsi a nuovi mondi interpretativi e operativi, costruire spazi di dialogo e riconoscimento reciproco non sono passaggi scontati. La scelta di una documentazione viva, che parta da interessi e motivazioni professionali e dalla concretezza degli interventi, ha imposto un approccio laboratoriale al modo di impostare gli interventi, di valutarne efficacia pratica e sostenibilità, di organizzare e programmare il proprio lavoro. 31 il buratto grosso Tammurriata del certificato Giorgio Ferigo «I o nun capisco ’e vvote che succere/e chello ca se vere nun se crere, nun se crere». Il 28 luglio 2006 la Giunta regionale della Campania ha emanato gli “Atti di indirizzo per il rilascio del certificato medico legale di idoneità al lavoro per l’assunzione di soggetti non appartenenti alle categorie protette”. In questo atto di indirizzo la certificazione medico legale è definita come «esito finale di una prestazione complessa che include l’esecuzione degli accertamenti diagnostici e clinici necessari alla formazione del giudizio medico legale». Quali siano gli accertamenti diagnostici e clinici è esemplificato in un elenco parziale e difettivo allegato, «fermo restando la facoltà del medico certificatore a richiedere accertamenti diversi in base alle proprie valutazioni cliniche». Per settant’anni, in Campania (e nell’Italia intera) sono stati rilasciati certificati “a vista” («basta sulo ’na ’uardata») a favore di persone mai prima conosciute da parte di medici che non avevano alcuna cognizione su di loro. È un’ammissione clamorosa: quei certificati erano fit- tizi. Ma ora i medici legali campani rimediano, e la guardata «nun basta ’cchiù». andare dal medico legale, che tira le somme. Tira le somme anche ’o speziale, alleggerito di 400-500 euro. Non gli costa niente, quindi, aggiungere mentalmente i tre euro per la cartuPratiche antiche scella di stricnina in dose e nuove letale da somministrare al predetto… Se oggi qualcuno vuole Settant’anni di certificati fare l’impiegato a Napule futili («seh, ‘na ‘uardata, deve raccogliere nella cartellina: un certificato anam- seh!, seh, ‘na ‘mprissione, nestico del medico curante, seh!») avrebbero dovuto geun certificato dello psichia- nerare il ditto parularo «Embè? Aboliamoli!», cotra, una serie di esami di me si fa da tante parti. Inlaboratorio (glicemia, azovece, questi alunni di Galtemia, emocromo, transaliani e di Giannone, questi minasi e quadro proteico), eredi di Calciopoli, questi una reazione di Mantoux (ove previsto dalla norma- frequentatori indefessi del tiva), nonché un’autocertifi- Suor Orsola Benincasa precazione di possesso o meno feriscono pensare che la di un verbale di invalidità. somma di cinque cose futili (la visita psichiatrica preLa cartellina va portata al medico legale, che ora fa le ventiva o la glicemia ai cose “seriamente”: soltanto barbieri!) faccia una cosa se la glicemia è nei limiti e seria. Non è così: futile era e futile resta, ma quintuplilo psichiatra non rileva il minimo disturbo rilascia il cata. «Addò pastìn’’o grano, ’o grano cresce/riesce o suo certificato “finale” di idoneità a fare lo strascina- nun riesce, semp’è grano chello ch’esce». facenne. La migliore letteratura E per un farmacista? L’elenco contempla gli stes- meridionalistica ci ha descritto molte volte, con si certificati di prima, più quello dell’esame tossicolo- accenti accorati, questa scena di fine Ottocento e di gico, incluse alcolemia e inizio Novecento: all’alba, Cdt, e l’elettrocardiogramma. A quel punto, anche il nell’aria pungente della farmacista può finalmente notte che trascolora, il campiere scende sulla piazza del paese a tastare i bicipiti, a esaminare i molari dei cafoni in attesa sul paracarro, sul muretto, alla fontana. Tasta, palpa, esamina, e poi sceglie quelli da avviare a ’ffaticà nel latifondo. Si trattava, in ogni senso, di una visita di idoneità fisica al lavoro. Non era una visita medica (ma quale visita di “idoneità fisica” lo è?), ma ne era l’archetipo: con un chiaro discrimine da usare (il mingherlino al suo tugurio, il muscoloso alla campagna), e con un chiaro interesse da tutelare (quello del barone, del priore, del padrone delle salme). Azotemia, emocromo, reazione di Mantoux sono soltanto modesti imbellettamenti, tenui ammodernature, travestimenti “scientifici” di quella pratica antica, che non si abbandona soltanto perché, a farla, nessuno rischia niente e a tutti rende qualcosa. «Va truvanno mo’ chi è stato/ch’ha cugliuto buono ’o tiro». Comunque, una parte notevole dei lavoratori campani non usufruirà della nuova e “razionale” forma di certificazione: infatti, in Campania, il 21% della forza lavoro resta disoccu- 32 il buratto grosso • numero 71 pata (il 58% dei giovani dai 15 ai 24 anni), mentre, tra gli occupati, il 42,4% degli addetti agricoli, il 18,6% degli operai dell’in- dustria e il 23,4% dei lavoratori dei servizi lavora in nero, senza bisogno di alcun certificato di idoneità. Che si chiamino Giovanna Curcio o Annamaria Mercadante, asfissiate e arse vive nella “fabbrica” di materassi Bimaltex a Montesano sulla Marcellana il 5 luglio 2006, o che si chiamino Ciccio o ’Ntuono, Peppe o Ciro, «chillo ’o fatto è niro niro». Da “Tammurriata nera” Testo di Ugo Dell’Aquila, Edoardo Nicolardi, E.A. Mario e Vincenzo Ronca Io nun capisco ‘e vvote che succere e chello ca se vere nun se crere è nato nu criaturo, è nato niro e ‘a mamma ‘o chiamma gGiro, sissignore, ‘o chiamma gGiro. Io non capisco a volte che succede che quello che si vede non si crede è nato un bambino, è nato nero e la mamma lo chiama Ciro, sissignore, lo chiama Ciro! Seh, vota e gira, seh seh, gira e vota, seh ca tu ‘o chiamme Ciccio o ‘Ntuono ca tu ‘o chiamme Peppe o gGiro, chillo ‘o fatto è niro niro niro niro comm’a cche... Rigirala come ti pare, seh rigirala come ti pare, seh che tu lo chiami Ciccio o Antonio che tu lo chiami Peppe o Ciro il fatto è che quello è nero nero come non si sa che! S’’o contano ‘e cummare chist’affare sti cose nun so’ rare se ne vedono a migliare! ‘E vvote basta sulo ‘na ‘uardata e ‘a femmena è rimasta sott’’a botta ‘mpressiunata. Ne parlano le donne di quest’affare questi fatti non sono rari, se ne vedono a migliaia! A volte basta solo una guardata e la femmina è rimasta impressionata per il colpo. Seh, ‘na ‘uardata, seh seh, ‘na ‘mprissione, seh va truvanno mò chi è stato c’ha cugliuto buono ‘o tiro chillo ‘o fatto è niro niro niro niro comm’a cche... Seh, una guardata, seh seh una impressione seh vai a trovarlo adesso chi è stato che ha fatto il tiro buono il fatto è che quello è nero nero come non si sa che! E dice ‘o parulano, embè parlammo pecché si raggiunammo chistu fatto ce ‘o spiegammo. Addò pastin’ ‘o grano, ‘o grano cresce riesce o nun riesce, semp’è grano chello ch’esce. Dice il contadino: “Su, parliamo perché se ragioniamo questo fatto ce lo spieghiamo! Dove si semina il grano, il grano cresce riesce o non riesce sempre è grano quello che esce.” Meh, dillo a mamma, meh meh, dillo pure a me conta ‘o fatto comm’è ghiuto Ciccio, ‘Ntuono, Peppe, gGiro chillo ‘o fatto è niro niro niro niro comm’a che... Meh, dillo a mamma, meh meh, dillo pure a me che tu lo chiami Ciccio o Antonio che tu lo chiami Peppe o Ciro il fatto è che quello è nero nero come non si sa che! Seh, ‘na ‘uardata, seh seh, ‘na ‘mprissione, seh va truvanno mò chi è stato c’ha cugliuto buono ‘o tiro chillo ‘o fatto è niro niro niro niro comm’a cche... Seh, una guardata, seh seh una impressione seh vai a trovarlo adesso chi è stato che ha fatto il tiro buono il fatto è che quello è nero nero come non si sa che! 33 numero 71 Pubblicità redazionale UN PUNTO D’INCONTRO TRA SCIENZA E COSCIENZA www.vapefoundation.com Sostenere la ricerca scientifica permette di offrire una migliore qualità della vita a milioni di persone: Vape Foundation si propone di aiutare le amministrazioni pubbliche e i cittadini nella lotta agli insetti nocivi per la salute dell’uomo. Nata nel 2004, la fondazione promuove lo sviluppo di nuove strategie di lotta agli insetti e porta avanti iniziative benefiche e di solidarietà in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Unicef per aiutare quei Paesi dove gli insetti costituiscono un’emergenza sanitaria. Oltre a collaborare con centri di ricerca e università, la Fondazione raccoglie e rende accessibile il patrimonio di informazioni che è frutto delle ricerche condotte dalla comunità scientifica internazionale. L’efficacia e l’azione di un’organizzazione scientifica come Vape Foundation è strettamente legata allo scambio che è in grado di creare con la comunità scientifica e il mondo esterno: ascoltare, valutare le istanze espresse, fornire risposte appropriate. L’obiettivo di Vape Foundation è diventare un punto di riferimento qualificato e autorevole per tutti i soggetti coinvolti nella lotta contro gli insetti nocivi: enti, istituzioni, operatori del settore, cittadini. La fondazione sta quindi realizzando due sportelli ambientali: uno Sportello ambientale rivolto alle istituzioni pubbliche, che fornisce informazioni su diversi temi legati alla lotta agli insetti infestanti e ai pericoli di ordine sanitario che si possono correre venendo a contatto con alcuni insetti. Offre informazioni sui principi attivi da utilizzare nella lotta e su come questi vadano utilizzati ed eventualmente distribuiti alla popolazione seguendo le dovute precauzioni per tutelare e proteggere la salute dei cittadini. Inoltre, per favorire metodi di lotta agli insetti nocivi con basso impatto ambientale, lo Sportello dà grande rilievo alle nozioni per integrare le azioni rivolte a ostacolare la nascita dell’insetto infestante (prevenzione) con quelle destinate alla lotta agli insetti adulti (lotta adulticida). Infine, non mancano le indicazioni su come comportarsi in caso di grosse infestazioni in aree molto estese (vedi la zanzara tigre) uno Sportello ambientale rivolto ai cittadini, che contiene molte informazioni utili per prevenire e combattere i disagi legati alla presenza di insetti negli ambienti di vita. In particolare, si concentra sulla prevenzione, che dovrebbe essere la prima azione attivata. Visto però che in questa fase le persone non vivono ancora il fastidio degli insetti (per esempio, quando una zanzara è ancora larva, non punge) occorre sensibilizzarle preventivamente. Molto spesso il cittadino ignora di poter fare prevenzione anche in casa, per esempio utilizzando prodotti come i larvicidi biologici a base di Bacillus thuringiensis. Vape Foundation è convinta che di fronte ai cambiamenti climatici, alle nuove abitudini e alle nuove varietà degli insetti, conseguenza dei processi di globalizzazione, il cittadino abbia sempre più bisogno di una risposta precisa e semplice, ma al tempo stesso estremamente efficace. Il comitato scientifico di Vape Foundation Giorgio Cantelli Forti: preside della facoltà di Farmacia dell’Università di Bologna, è il presidente del comitato scientifico di Vape Foundation Piero Cravedi: professore di Entomatologia presso la facoltà di Agraria di Piacenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, con cui la fondazione si dedica allo studio degli insetti striscianti (scarafaggi), attraverso ricerche mirate a indagarne i modelli comportamentali Giampiero Maracchi: direttore dell’Istituto di biometeorologia del Cnr di Firenze, professore di Agrometeorologia e climatologia dell’Università di Firenze, con cui la fondazione collabora a realizzare programmi di previsione dell’andamento climatico a breve, medio e lungo periodo Claudio Venturelli: professore di Zoologia presso la facoltà di Medicina veterinaria dell’Università di Teramo, con cui la fondazione promuove programmi di ricerca sugli insetti volanti, in particolare sulla zanzara tigre. Alta definizione La lunga estate calda Fabiana Scotto, Stefano Zauli, Stefano Marchesi, Paolo Lauriola attività umana sta contribuendo in modo significativo all’aumento delle concentrazioni di gas serra e quindi al cambiamento climatico in atto su scala globale. Lo ha confermato anche l’ultimo rapporto di valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc, www.ipcc.ch), il comitato scientifico costituito nel 1988 dall’Organizzazione meteorologica mondiale e dal programma per l’ambiente delle Nazioni Unite per fornire informazioni di carattere scientifico, tecnico e socioeconomico sui cambiamenti climatici. Aumento delle temperature medie e di eventi metereologici estremi, scioglimento dei ghiacciai e innalzamento dei livelli del mare, incremento dei periodi di siccità con precipitazioni irregolari sono alcuni degli effetti climatici che si stanno osservando e che si prevedono per i prossimi anni. Per l’effetto congiunto, e in parte contrastante, di tutte queste variabili, oltre all’influenza di un potenziale adattamento da parte dell’uomo, è difficile preveder- L’ numero 71 ne l’impatto complessivo sugli ecosistemi e sulle attività umane. Si possono comunque identificare alcuni effetti principali che avranno maggiore impatto sulla vita dell’uomo. Tra questi ci sono sicuramente le ondate di calore estivo, balzate alla ribalta mediatica soprattutto nell’estate 2003, quando, secondo le ultime stime, hanno provocato un eccesso di più di 40 mila morti nella sola Europa occidentale. In realtà è noto da diversi anni che il caldo è un importante fattore di rischio per la salute. Gli effetti sanitari direttamente imputabili al caldo umido sono pochi e immediatamente riconoscibili (colpo di sole, collasso e crampi da calore), ma rappresentano solo la punta dell’iceberg. Molto più frequenti sono invece gli effetti indiretti, che si verificano quando il caldo umido colpisce individui debilitati o incapaci di reagire con i meccanismi compensativi della termoregolazione, facendo precipitare condizioni di salute già instabili. Tra le categorie più a Il cambiamento climatico in atto sta avendo numerosi effetti sulla salute umana, dalle ondate di calore estivo alla riduzione dello strato protettivo di ozono, fino alla proliferazione di specie vegetali e animali potenzialmente dannose. Ci saranno però anche conseguenze che al momento non sono prevedibili, perché non si sa quanto e come varierà il clima, né l’effetto complessivo dei diversi effetti diretti e indiretti. Diventa quindi necessario cercare di prospettare diversi scenari possibili, per prevenire o mitigare i possibili effetti negativi. rischio ci sono i bambini piccoli, gli anziani, soprattutto quelli soli, con oltre 75 anni di età, con patologie presistenti e in condizioni socioeconomiche disagiate. In genere, i rischi dell’esposizione al caldo si possono prevenire facilmente grazie a semplici precauzioni, come bere molto (almeno due litri d’acqua al giorno), evitare di uscire di casa nelle ore più calde, indossare abiti leggeri e mantenere l’ambiente di vita arieggiato e ombreggiato. Naturalmente non si può tralasciare l’utilizzo di condizionatori, misura tanto ovvia quanto discussa, visto che, su larga scala, porta all’aumento delle emissioni di gas serra nell’atmosfera e quindi del rischio di eventi climatici estremi. Prevenzione in rete In Italia sono ormai operativi diversi servizi di previsione, a valle dei quali segue un’attività di prevenzione organizzata a livello locale, che coinvolge le Asl e i comuni, ma anche i servizi sociali, i medici di medicina generale, le farmacie, le associazioni di volontariato, i sindacati, ecc. A livello nazionale, sul sito 35 Home page del sito web di Arpa Emilia Romagna dedicato alla previsione del disagio bioclimatico estivo 36 del ministero della Salute sono pubblicati le linee guida, i piani e i protocolli operativi, gli opuscoli e il materiale informativo elaborati a livelli locale, nonché i numeri e i riferimenti utili (www.ministerosalute.it/ dettaglio/phPrimoPiano.jsp? id=422&area=ministero& colore=2). Nel 2004, l’Agenzia regionale prevenzione e ambiente (Arpa) dell’Emilia Romagna ha creato sul proprio sito una sezione dedicata a fornire le previsioni del disagio bioclimatico estivo (www.arpa.emr.it/disagio). Da allora il sito si è progressivamente ampliato e arricchito di documentazione. Inoltre, si è cercato di dare una maggior definizione spaziale delle previsioni, che durante l’estate 2006 sono state attive tutti i giorni della settimana su 32 aree regionali, comprese le 9 aree urbane, che presentano una climatologia peculiare. Il sistema di previsione si inserisce all’interno di un sistema di prevenzione predisposto dalla Regione Emilia Romagna insieme alle Ausl: le informazioni vengono inviate direttamente ai referenti locali che, in collaborazione con il volontariato e il terzo settore, predispongono una serie di azioni volte in particolare a sostenere le persone a rischio. Un altro aspetto in qualche modo legato ai cambiamenti climatici è quello relativo all’impoverimento dello strato di ozono stratosferico e alla conseguente diminuzione del potere filtrante dell’atmosfera rispetto ai raggi ultravioletti (Uv). Recentemente, infatti, sono stati individuati diversi meccanismi di interazione tra la diminuzione dello strato di ozono e il riscaldamento globale indotto dai gas serra. Arpa ER ha quindi allesti- to una sezione del sito (www.arpa.emr.it/mare/ radiazioni.asp) in cui si possono trovare le previsioni dei valori dell’indice Uv per i giorni successivi. Questo indicatore, noto come indice universale della radiazione Uv solare (Uvi), rappresenta il livello di radiazione Uv solare che raggiunge la superficie terrestre: al crescere di questo valore, aumenta la probabilità di danno alla pelle e agli occhi. Ogni valore è inoltre associato a un colore, che indica la pericolosità per la salute del livello di radiazione indicato e le misure protettive consigliate. In questo modo si è cercato di attirare l’attenzione su un fattore di rischio spesso sottovalutato, da cui ci si può proteggere a livello individuale con qualche accorgimento. Il sito comprende infatti, oltre alle previsioni, alcune pagine di documentazione su cosa sono i raggi Uv, quali sono i loro effetti sanitari e come si possono prevenire. Minacce vegetali Accanto agli effetti diretti del cambiamento climatico sulla salute, occorre però prestare attenzione anche a quelli indiretti. Tra i più rilevanti c’è senza dubbio l’impatto sulla biologia di numerose specie vegetali: quelle autoctone, che subiscono una forzatura peculiare di carattere meteoclimatico, e quelle nuove, che cominciano a diffondersi, per effetto di condizioni ambientali favorevoli, nelle zone temperate del pianeta, in particolare nel bacino mediterraneo e in Italia. alta definizione • numero 71 Alta definizione Vista anche la crescente diffusione di allergie registrata negli ultimi anni, Arpa ER è impegnata nel monitoraggio specifico delle diverse specie polliniche nella Regione e nello sviluppo di un sistema previsionale, implementato già da diversi anni e accolto con notevole interesse soprattutto dalle persone allergiche. Un’altra pianta che richiede ormai un monitoraggio ad hoc è l’alga tossica Ostreopsis ovata, che dalla fine degli anni Novanta si è diffusa sul litorale liguretoscano. L’esposizione a elevate concentrazioni di questa pianta, presumibilmente dovuta all’inalazione di aerosol marino carico della tossina prodotta dall’alga, induce uno stato morboso acuto caratterizzato da dolori muscolari e articolari, congiuntivite, febbre, rinorrea, tosse e irritazione delle prime vie aeree. Lungo il litorale apuano, le fioriture di Ostreopsis ovata sono divenute una costante a partire dall’estate del 1998, quando decine di bagnanti accusarono i malesseri appena descritti dopo aver soggiornato su un breve tratto di costa delimitato da scogliere. Un esempio che conferma la necessità di un moni- gli autori Fabiana Scotto, Stefano Zauli, Stefano Marchesi, Paolo Lauriola struttura tematica di Epidemiologia ambientale di Arpa Emilia Romagna [email protected] numero 71 toraggio attento nei confronti di specie potenzialmente pericolose, nuove e conosciute. febbre gialla e alcune encefaliti nelle aree tropicali e in numerose parti dell’Asia. Nelle nostre zone questi agenti patogeni sono assenti e quindi questo rischio è solo teorico. Tuttavia, non Meglio prevenire si può escludere la possibiche curare lità che, in seguito alle modificazioni climatiche o Un’altra conseguenza del a eventi accidentali, la difcambiamento climatico è fusione di queste malattie l’aumento degli insetti flebotomi, potenziali vettori di aumenti anche in Italia: diventa quindi importante malattie infettive come la febbre dengue, la malaria o predisporre strategie di monitoraggio e intervento la leishmaniosi. Secondo l’Organizzazione mondiale adeguate. della sanità, dal 1993 l’area In questo scenario appare chiaro come il cambiamenin cui la leishmaniosi è endemica si è espansa note- to climatico in corso avrà una serie di impatti sulla volmente, così come si è salute ancora non compleimpennato il numero di tamente prevedibili, la cui casi registrati nel mondo. La malattia sta riemergen- incertezza è legata non soldo in tutta l’area mediterra- tanto all’incertezza della previsione su quanto e nea, con un aumento dei casi per tutto il corso degli come varierà il clima, ma anche a quello che sarà anni Novanta. In Italia, secondo l’Istituto superiore l’effetto complessivo dei molteplici effetti diretti e di sanità, l’incidenza annuale all’inizio degli anni indiretti. Le conseguenze dell’aumento della tempe2000 era di circa 200 casi, ratura globale saranno per quanto i casi fossero diverse in funzione non sottonotificati in molte Regioni. La coinfezione con solo della latitudine e delHiv e leishmaniosi è consi- l’altitudine, ma anche delle condizioni socioeconomiderata un vero fattore di che e della capacità di fronrischio nelle zone dell’Europa sudoccidentale. teggiare i cambiamenti. In Italia, Campania, Sicilia Verosimilmente, in una stessa regione si verifichee Liguria hanno messo a punto programmi di sorve- ranno impatti positivi oltre a quelli negativi, non solglianza attiva. Nel marzo del 2004 si è svolta a Roma tanto sull’ambiente e la salute, ma anche sull’orgauna consensus conference nizzazione sociale ed ecoper elaborare le “Linee nomica delle popolazioni. guida per il controllo del Questo contesto di incerserbatoio canino della leishmaniosi viscerale zoono- tezza non deve diventare la scusa per un atteggiamentica in Italia”. Anche l’Aedes albopictus, comune- to di immobilismo fatalista. Piuttosto, indica la necesmente nota come zanzara tigre, è un vettore di malat- sità di una previsione che sia in grado di prospettare tie virali, in particolare diversi scenari possibili, quelle causate da arboviper predisporre piani di rus, tra cui la dengue, la intervento che consentano di prevenire o mitigare i possibili effetti negativi. Bibliografia T. Kosatsky, “The 2003 European heat waves”. Euro Surveill 2005;10 (7):148-9, www.eurosurveillance.org/em/v10n07/ 1007-222.asp L. Gradoni et al, “Linee guida per il controllo del serbatoio canino della leishmaniosi viscerale zoonotica in Italia”. Rapporti Istisan 04/12, www.iss.it/publ/rapp/cont. php?id=20&lang= 1&tipo=5&anno=2004 37 Alta definizione Fin che la barca va… lasciarla andare? Fabrizia Riva, Lorenzo Papa chiaro che il problema delle navi in circolazione con Nonostante l’amianto sia stato messo al bando per legge, la massiccia presenza di amianto a bordo è tutt’altro sua presenza sulle navi continua a rappresentare un proche risolto. Secondo blema in tutto il mondo. Da una parte il censimento delle l’Organizzazione internanavi contaminate ancora in circolazione è piuttosto carenzionale del lavoro, le vecte, dall’altra la rottamazione viene spesso praticata in Paesi chie navi in cui l’amianto in via di sviluppo, in totale assenza di sicurezza. Emerge era presente al momento quindi con forza la necessità di tutelare il personale di della costruzione ne conbordo, i passeggeri e tutti lavoratori che a vario titolo siano tengono in media sei tonchiamati a effettuare interventi a bordo di queste navi, nellate. anche alla luce del fatto che, tra le grandi industrie, quella Per quanto riguarda della navigazione è probabilmente la più globalizzata. l’Italia, la flotta nazionale classificata nel Registro italiano navale (Rina) coml 1914 è un anno crucia- materiali contenenti amian- prende 1542 unità di stazza le per la sicurezza di chi to (Mca) a bordo delle navi. superiore alle 100 tonnellaQuesto divieto è entrato in te: di queste, quasi i due viaggia per mare: a seguito del tragico naufra- vigore nel 2002, sbarrando terzi (933) sono state costruite prima del 1994, in gio del Titanic, viene infat- la strada a quei Paesi in cui l’impiego dell’amianto anni in cui si faceva ricorso ti adottata per la prima era ancora consentito. A a Mca. Le unità destinate volta la normativa Solas, al trasporto di passeggeri acronimo di Safety Of Life livello di Unione Europea, invece, la messa al bando rappresentano circa un At Sea (“Sicurezza della dell’amianto risale al 1 gen- terzo di questa flotta. vita in mare”), frutto di naio 2005, anche se in Inoltre, il Decreto ministeuna convenzione internariale del 20 agosto 1999 zionale per garantire stan- molti Paesi il divieto è antecedente (vedi tabella impone agli armatori di dard comuni di sicurezza nella pagina accanto). effettuare una mappatura sulle navi. Da allora sono dei Mca a bordo delle navi state stipulate numerose costruite prima del 1994 e, altre convenzioni: l’ultima, in ogni caso, per le navi in ordine cronologico, è del Una flotta pericolosa acquistate all’estero. Per le 1974 e viene continuamennavi battenti bandiera itate aggiornata con vari In questo scenario, visto liana prevede poi che una emendamenti. Quello del che l’età media delle navi copia della mappatura sia dicembre 2000 ha stabilito circolanti nel mondo è di trasmessa al ministero il divieto di impiego di circa vent’anni, appare I 38 della Salute. Nel novembre del 2002, il ministero aveva raccolto i dati di 344 navi; nell’agosto del 2006, a sette anni dall’approvazione del decreto, il ministero era in possesso dei dati di 376 unità. Questo numero include le navi che non hanno amianto a bordo, secondo quanto trasmesso da diverse società armatoriali (anche se non dovuto). Il confronto tra questi numeri e quanto già detto a proposito della flotta italiana è indicativo della scarsa efficacia di un provvedimento sulla cui applicazione non esiste una verifica sistematica. Va ribadito che il Decreto vale solo per le navi battenti bandiera italiana e che, secondo il database dell’Organizzazione marittima internazionale, nel mondo circolano più di 92 mila navi la cui età media è di circa vent’anni. In questi ultimi anni alcuni organismi internazionali hanno denunciato il fatto che navi con presenza di amianto e di altri agenti nocivi a bordo vengono inviate alla rottamazione in Paesi dove le operazioni alta definizione • numero 71 Alta definizione sono eseguite senza alcuna precauzione per la salute. Per contrastare questo traffico, Greenpeace e altre di queste associazioni hanno costituito la Piattaforma europea delle Ong per la rottamazione delle navi (European Ngo Platform on Shipbreaking). Inoltre, Greenpeace ha pubblicato un elenco di 50 navi che devono essere tenute sotto controllo, in quanto candidate a percorrere in tempi brevi l’ultima rotta con destinazione India o Bangladesh. Si tratta di Paesi dove vengono effettuate più frequentemente queste attività di smantellamento, senza alcun tipo di precauzione per i lavoratori addetti alla demolizione delle navi: l’amianto viene rimosso a mani nude, senza alcun dispositivo di protezione per le vie respiratorie. Donne e bambini vengono coinvolti nelle operazioni di trasporto e asciugatura all’aria aperta, per consentirne la rivendita. Amianto e tumori In generale, il comparto della meccanica navale (costruzione, riparazione e manutenzione) è considerato tra quelli più a rischio di esposizione a fibre di amianto. Questo rischio valeva e vale tuttora per gli operatori di qualsiasi attività marittima. Nel primo rapporto del Registro nazionale mesoteliomi del 2001, relativo al periodo 1993-1999, l’attività marittima (mercantile e militare) era classificata come terza per frequenza di segnalazione, alla pari con metalmeccanica e metallurgia. In Italia si è cominciato a parlare di questo problema negli anni Cinquanta; successivamente numerosi autori hanno segnalato la comparsa di casi di mesoteliomi in navi italiane. Recentemente l’esposizione professionale ad amianto è stata abbastanza riconosciuta con il Decreto ministeriale del 27 ottobre 2004, che ha esteso i benefici previdenziali anche alla gente di mare coperta da assicurazione obbligatoria gestita dall’Ipsema, l’Istituto di previdenza per il settore marittimo. In Europa e nel resto del mondo è fiorita una letteratura costituita di studi epidemiologici che segnala la presenza di alte- L’entrata in vigore del divieto dell’uso di amianto nel mondo Anno 1983 1984 1986 1986 1988 1989 1990 1991 1992 1992 1993 1995 1996 1996 1996 1997 1998 1998 1999 2000 numero 71 Paese Islanda Norvegia Danimarca Svezia Ungheria Svizzera Austria Paesi Bassi Finlandia Italia Germania Giappone Kuwait Francia Slovenia Polonia Belgio Arabia Saudita Regno Unito Irlanda Anno 2001 2001 2001 2002 2002 2002 2003 2004 2004 2004 2004 2004 2004 2004 2004 2004 2004 2005 2005 Paese Argentina Cile Lettonia Spagna Lussemburgo Uruguay Australia Cipro Repubblica Ceca Estonia Grecia Ungheria Lituania Malta Portogallo Slovacchia Honduras Egitto Giordania razioni radiografiche e patologiche a carico della pleura (placche e ispessimenti) e del parenchima rilevate in questo comparto e numerosi casi di mesoteliomi e tumori polmonari. Secondo le linee di indirizzo elaborate il 30 agosto 2000 dal Coordinamento per la prevenzione nei luoghi di lavoro delle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, gli ambienti delle navi in cui è più frequente rilevare materiali contenenti amianto sono i garage, i corridoi, i vani scale, gli alloggi del personale di bordo, i saloni per passeggeri, il locale apparato motori e ausiliari e i vari servizi. L’amianto non si riscontra quindi soltanto nei contesti più attesi, cioè quelli che richiedono l’utilizzo di un coibente con le caratteristiche specifiche dell’amianto (sala macchine, apparato motore, ecc), ma anche nei luoghi abitualmente frequentati dai passeggeri o dal personale di coperta (cabine, bagni, palestre, ristoranti, garage). Fra i marittimi, l’esposizione professionale si sovrappone a quella di vita, per la presenza di amianto anche negli alloggi dell’equipaggio. La letteratura scientifica riconosce come più esposto il personale di macchina, sia per la presenza di notevoli quantità di amianto in quegli ambienti, sia per le loro caratteristiche: si tratta infatti di locali confinati e con presenza di ventilazione forzata. Risulta meno esposto, invece, l’equipaggio di coperta e ancor meno il personale che opera negli ambienti in cui soggiorna- 39 no i passeggeri. Inoltre, particolarmente esposti sono anche gli addetti a mansioni di manutenzione e riparazione di impianti con Mca. Infatti durante la navigazione gli interventi di manutenzione sono lavori di routine, spesso aggressivi sui Mca ed effettuati in assenza delle necessarie precauzioni. Molti studi indicano come i marittimi siano fortemente a rischio di sviluppare tumori a carico dell’apparato respiratorio, in particolare i mesoteliomi, certamente correlabili all’esposizione gli autori Fabrizia Riva, Lorenzo Papa Snop Marche rivaf@asurzona7. marche.it ad amianto. Alcuni studi mostrano che anche per i passeggeri a bordo esiste un rischio significativo di esposizione. Protezione a bordo Da questi dati emerge fortemente la necessità di investire sulla prevenzione. Dal personale di bordo, in particolare quello di macchina e quello che esegue la manutenzione, fino ai passeggeri, sono numerose le categorie che, frequentando vecchie navi, possono trovarsi esposte ad amianto, come gli addetti alle movimentazioni merci, gli organi di polizia, i manutentori esterni, ecc. Occorre quindi definire come tutelare chiunque, a vario titolo, si trovi a bordo di queste navi. Le misure preventive dovrebbero riguardare innanzitutto lo stato di conservazione dei Mca presenti, evitando situazioni di degrado che, viste le particolari condizioni ambientali, possono portare ad aerodispersioni significative. I lavoratori che a vario titolo sono chiamati a effettuare interventi a bordo di navi in cui siano presenti Mca devono essere informati sul fatto che la loro manipolazione può essere compiuta solo da personale informato e formato in modo specifico. Tutto questo potrebbe apparire superfluo se non si avesse la consapevolezza che la realtà è spesso ben lontana dal rispetto dei più elementari principi di prevenzione e che quella della navigazione è, tra le grandi industrie, probabilmente la più globalizzata. Bibliografia Greenpeace e la rottamazione delle navi, www.greenpeaceweb.org/ shipbreak/ M. Nesti et al, “Il Registro nazionale dei mesoteliomi”, 2001, http://ispesl.it/ ispesl/sitorenam/Renamita.PDF C. Mensi et al, “Il mesote- lioma maligno nelle professioni marittime”. Med Lav, 2006; 97: 82. R. Puntoni et al, “Il meso- telioma pleurico fra i lavoratori di Genova”. Tumori, 1976; 62: 205-210. 40 alta definizione • numero 71 Alta definizione Medico competente, una figura anti-stress Danilo Bontadi, Paola Torri, Piero Patanè I n ambito aziendale, il medico competente può avere un ruolo strategico nell’approccio a problematiche di natura psicosociale, anche grazie all’utilizzo di strumenti validati per l’indagine dello stress lavorativo percepito. Contrariamente all’articolazione tradizionale della pratica della medicina del lavoro, che va dalla valutazione del rischio al programma di sorveglianza sanitaria, quest’ultima, nel caso dei disturbi da stress, può essere fondamentale proprio per la valutazione del rischio. Nelle realtà produttive dove opera il nostro gruppo, la sorveglianza sanitaria ha messo in luce l’aumento e una particolare distribuzione di disagi, segni, sintomi o franche patologie correlate allo stress: da qui l’esigenza di studiare meglio questi fenomeni con metodi standardizzati. Abbiamo così aderito allo studio promosso dall’Ispesl e dal dipartimento di Prevenzione della Regione Veneto che riguardava il grado di stress occupazionale percepito e la sua associazione con numero 71 infortuni, assenteismo e cambio di mansione per motivi di salute. Nel nostro studio, condotto da maggio 2004 a ottobre 2005, abbiamo preso in esame 2174 lavoratori, dipendenti di trenta aziende di diversa dimensione che operano nei comparti lavorativi più frequenti in Veneto, sia dell’industria sia del terziario. In un’azienda, stress e disagio psicologico sono importanti fattori di rischio per la salute dei lavoratori e vanno monitorati con accuratezza. In Veneto l’Associazione nazionale medici d’azienda ha condotto uno studio per valutare in modo standardizzato il rischio lavorativo legato allo stress psicologico su oltre duemila lavoratori di trenta aziende della Regione. Alla base del modello statistico usato c’è il principio secondo cui lo stress lavorativo percepito è tanto più probabile al crescere della richiesta di lavoro e al diminuire della libertà decisionale del singolo. Misurare lo stress L’indagine è stata condotta tramite il Job Content Questionnarie (Jcq, il questionario per la valutazione del rischio lavorativo ideato da Robert Karasek, dell’Università del Massachusetts) nella sua versione integrale a 49 item messa a punto dal gruppo dell’Enea nel 1998. Il modello di Karasek suggerisce che la relazione fra un’elevata richiesta lavorativa (job demand) e una bassa libertà decisionale (decision latitude) portano a una condizione di stress lavorativo percepito (job strain). In seguito è stata introdotta una terza dimen- sione, il sostegno costituito dai rapporti con colleghi e superiori (social support). La condizione di lavoro viene quindi classificata in quattro possibili livelli: elevata domanda e basso controllo (high strain), scarsa domanda e scarso controllo (passive), elevata domanda ed elevato controllo (active), bassa domanda e basso controllo (low strain). Infine, la presenza del supporto sociale migliora l’esito generale, e viceversa. Il questionario è stato somministrato nel corso dei controlli sanitari periodici, consentendo così una comprensione migliore del significato delle domande e un calo della percentuale di questionari incompleti, grazie anche all’utilizzo di un software predisposto ad hoc. Ha permesso inoltre di individuare eventuali tentativi di simulazione o dissimulazione (era presente un item aggiuntivo dove il medico competente attribuiva un giudizio all’affidabilità dell’intervista). Prima dell’intervista, il lavoratore era classificato dal medico in base a eventi occorsi negli ultimi dodici mesi, come infortuni sul lavoro, assenza dal lavoro per malattia superiore ai dieci giorni consecutivi, cambio di mansione per motivi di salute. In caso di 41 a 1 quell’azienda, comparto o professione il cui OR era Danilo Bontadi, Paola il più vicino possibile a Torri, Piero Patanè quello della popolazione Associazione nazionale totale. Come mostrato nella Riprogettare il lavoro medici d’azienda (Anma) tabella, alcuni OR sono danilo.bontadi@studiogoControllando per i possibili significativamente più alti mi.it o più bassi della categoria fattori di confusione con di riferimento. l’analisi della regressione logistica multipla, i risulta- I più elevati rischi di stress ti indicano che il rischio di sono stati riferiti dagli uno qualsiasi di questi job strain è maggiore nelle addetti del commercio e del eventi, il lavoratore era comparto sociosanitario, in donne rispetto ai maschi, invitato a focalizzare l’atparticolare da cassieri di ma non è correlato all’autenzione sugli aspetti di mentare dell’età e del livel- negozio e addetti al call natura psicosociale delcenter, infermieri e tecnici l’ambiente di lavoro occorsi lo di scolarizzazione, né al sanitari e operai dell’induprima del verificarsi dell’e- paese di origine. Inoltre, è significativamente più alto stria tessile (vedi figura 1 vento. In caso contrario, il nella pagina seguente). fra le persone che consulavoratore era invitato a mano psicofarmaci, saltua- I lavoratori con almeno riferire le caratteristiche dieci anni di anzianità nella riamente o abitualmente. del lavoro attuale. È stato calcolato l’odd ratio propria mansione hanno Nonostante il disegno tra(OR, high strain versus low un rischio di stress lavorasversale dello studio, si è tivo maggiore di quelli con strain) nella popolazione potuta quindi valutare la al massimo tre anni di totale e in ciascuna aziensuccessione temporale tra da, comparto o professione. anzianità. Infine, rispetto a stress psicosociale e inforcoloro che non avevano È stato considerato a tuni sul lavoro, assenze riportato alcun evento nei rischio convenzionale pari prolungate dal lavoro per gli autori malattia, cambio di mansione per motivi di salute. dodici mesi precedenti, l’OR di stress lavorativo era più elevato nei lavoratori che avevano riferito un infortunio sul lavoro, un’assenza prolungata per motivi di salute o il cambio di mansione per motivi di salute. Malgrado sia pari a 4,85, quest’ultimo OR non è statisticamente significativo perché basato su pochi casi (vedi figura 2). Oltre a permettere di predire le conseguenze negative sulla salute dei lavoratori derivanti dall’esposizione a condizioni di job strain (per esempio infortuni sul lavoro, assenze per malattia), il modello di Karasek introduce un altro elemento innovativo: i vantaggi in termini di messa in atto di comportamenti organizzativi positivi (motivazione verso l’apprendimento organizzativo e l’innovazio- Categorie di stress organizzativo: differenze nella percezione in base al comparto lavorativo commercio 10 (21,3) 29 (61,7) 6 (12,8) 2 (4,26) 47 high strain versus low strain OR 95% CI 12,4 2,35-65,0 sociosanitario 155 (39,3) 173 (43,9) 38 (9,64) 28 (7,11) 394 5,27 2,68-10,4 ecologia ambientale 17 (19,5) 38 (43,7) 24 (27,6) 8 (9,20) 87 4,05 1,56-10,6 tessile 19 (14,3) 48 (36,1) 52 (39,1) 14 (10,5) 133 2,92 1,31-6,52 ceramico 22 (35,5) 21 (33,9) 10 (16,1) 9 (14,5) 62 1,99 0,78 -5,10 servizi 37 (28,5) 32 (24,6) 42 (32,3) 19 (14,6) 130 1,44 0,67-3,07 trasporti 1 (3,23) 5 (16,1) 21 (67,7) 4 (12,9) 31 1,07 0,26-4,39 vetrario 26 (17,9) 34 (23,5) 56 (38,6) 29 (20,0) 145 1,00 gruppo di confronto siderurgico 82 (24,6) 83 (24,9) 86 (25,8) 83 (24,9) 334 0,85 0,48-1,53 chimico 5 (7,58) 10 (15,2) 31 (47,0) 20 (30,3) 66 0,43 0,17-1,08 metalmeccanico 57 (13,7) 75 (18,0) 126 (30,3) 158 (38,0) 416 0,41 0,23-0,72 alimentare 14 (14,9) 9 (9,57) 31 (33,0) 40 (42,3) 94 0,19 0,07-0,49 logistico 18 (26,1) 5 (7,25) 23 (33,3) 23 (33,3) 69 0,19 0,06-0,59 galvanico 6 (9,09) 4 (6,06) 23 (34,9) 33 (50,0) 66 0,10 0,03-0,37 meccanico 0 (0,00) 0 (0,00) 3 (15,8) 16 (84,2) 19 0,00 0,00-0,25 comparto lavorativo 42 active high strain passive low strain totale (100) alta definizione • numero 71 decision latitude Alta definizione nessun evento negli ultimi 12 mesi infortuni sul lavoro >3gg assenze per malattia >10gg cambio mansione per motivi di salute job demand Figura 1. Punteggi ottenuti al Jcq nei diversi settori produttivi indagati: una maggior concentrazione di punti nel quadrante inferiore di destra indica una maggior proporzione di questionari che si collocano nell’area high strain (elevata domanda e basso controllo) miglioramento dell’organizzazione del lavoro attraverso la strategia del focus group, con la partecipazione di rappresentanti dei lavoratori, della direzione aziendale, medici competenti, psicologi del lavoro, ergonomi. L’approccio a questa problematica, infatti, non può che essere interdisciplinare: in questa chiave, il medico competente è una figura che può offrire un contributo rilevante, perché conosce i dinamismi aziendali e le varie figure professionali, ma anche perché ha tra i propri compiti specifici l’osservazione diretta della realtà lavorativa. Bibliografia comparto comparto comparto comparto ALIMENTARE CERAM/VETRARIO CHIMICO CHIMICO-GALVANI comparto ECO/AMBIENTE LOGISTICO comparto comparto comparto comparto MECCANICO METALMECCANICO SERVIZI SIDERURGICO comparto comparto comparto SOCIO-SANITARIO TESSILE TRASPORTI comparto decision latitude comparto + CERAMICO comparto COMMERCIO M.CO A. Baldasseroni et al, “La valutazione dei fattori psicosociali. Il Job Content Questionnaire”, 2001, www.ispesl.it/informazione/karasek.htm M. Ferrario et al, “La per- cezione dello stress nel terziario: utilità e indicazioni del Job Content Questionnaire”. La Medicina del Lavoro, 2005; 96 (3): 191-199. G. Mastrangelo et al, “In- job demand Figura 2. Punteggi ottenuti al Jcq in base alla presenza di un evento avverso per la salute nei dodici mesi precedenti la visita (assenza per infortunio sul lavoro superiore a tre giorni; assenza per malattia superiore a dieci giorni, cambio della mansione per motivi di salute) ne) a seguito di una progettazione delle condizioni lavorative nella modalità active. Il modello è infatti fortemente applicativo, numero 71 proprio perché finalizzato alla messa in atto di interventi di riprogettazione dei compiti lavorativi (job redesign). Pertanto, in alcu- ne delle aziende dove sono stati documentati la presenza e gli effetti del disagio psicosociale, si sta cercando di promuovere un dagine pilota conoscitiva sulle condizioni di salute e sicurezza negli ambienti di lavoro relativa a una realtà regionale: Veneto”, 2006, www.safetynet.it/attach/content/1598/relazione%20conclusiva%20ISP ESL.pdf R. Karasek et al, “The Job Content Questionnaire (JCQ)”. J Occup Health Psychol, 1998; 3(4): 322-355. 43 Alta definizione Ma la guerra è una zoonosi? Luca Sala, Carlo Brini Oltre a essere dei professionisti, i veterinari sono anche degli stakeholder, coinvolti in un sistema che, oltre all’uomo, comprende anche gli animali e l’ambiente. Visto che la guerra non distingue fra uomini e animali, gli autori propongono una riflessione allargata sul concetto di zoonosi, considerata come qualsiasi mancanza di salute o compromissione di qualità della vita dell’uomo o di un animale che derivi da un contatto con uomini o animali o che da questi sia provocato. Gli autori si concedono così il lusso di ragionare sui problemi sanitari in un’ottica d’insieme. N 44 el corso della storia, la disfatta di molti eserciti è dipesa da malattie debilitanti come la febbre ricorrente, la febbre delle trincee e il tifo, provocate da agenti patogeni trasmessi dai pidocchi in grado di moltiplicarsi in modo spropositato sui corpi di soldati denutriti e malvestiti. Lo stesso dicasi per le pulci, responsabili assieme ai ratti delle devastanti epidemie di peste che si sono verificate a seguito dei grandi spostamenti di uomini e animali indotti dalle guerre del passato. Torniamo al presente. A metà giugno del 2001, un cervi avrebbero raggiunto l’incredibile cifra di 65 mila. Sempre nel 2001, nella provincia iraniana di Khorassan, un serpente velenoso è riuscito a sfuggire agli artigli di un’aquila che lo aveva catturato, è precipitato in un’automobile con tettuccio aperto e ha morso quattro passeggeri. Due viaggiatori sono morti sul colpo (il destino dell’animale, invece, non è noto). Che cosa accomuna le epidemie provocate dalla guerra con questi due casi, tanto tragici quanto curiosi? In un’ottica allargata potrebbero essere classificati entrambi fra le zoonosi, dove le vittime risultano gli esseri umani, ma tutto sommato anche gli animali. Se gli incidenti stradali che vedono coinvolti animali e uomini rientrano in questa categoria, in un’ottica di largo respiro emerge con forza la reciprocità del danno, a seguito di un contatto fra le diverse specie. capriolo è finito investito sulla tangenziale di Bologna. In Trentino un automobilista ha perso la vita nell’impatto della sua automobile con un cervo maschio adulto. Nell’Italia settentrionale, durante il secondo semestre dello stesso anno, sarebbero stati 157 gli incidenti causati da animali selvatici, in testa i cinghiali, seguiti da caprioli e cervi e, spostandosi più a sud, 380 nella sola provincia di Pesaro. Pochi, comunque, a confronto di quanto avviene negli Stati Uniti: basti pen- Definire le zoonosi sare che nel corso del 2000, nel solo stato del Michigan, La sanità pubblica veterigli scontri di veicoli con i naria deve far rispettare le leggi che la riguardano, partendo dalla definizione dei termini. Per esempio, il Decreto 191 del 2006, che definisce le misure di sorveglianza delle zoonosi e degli agenti zoonosici, adotta la seguente definizione di zoonosi: «qualsiasi malattia o infezione che possa essere trasmessa naturalmente, direttamente o indirettamente, tra gli animali e l’uomo». I veterinari devono però anche mediare tra esigenze diverse, come la protezione dei consumatori di alimenti di origine animale, degli allevatori, degli animali e dell’ambiente. Per farlo, servono strumenti scientifici e culturali di ampio respiro, come la definizione di zoonosi coniata da Adriano Mantovani: «ogni mancanza di salute o compromissione di qualità della vita dell’uomo che derivi da un contatto con altri animali, vertebrati o invertebrati, edibili e tossici». Oltre a essere dei professionisti, però, i veterinari sono degli stakeholder, ovvero dei soggetti interessati o alta definizione • numero 71 Alta definizione um an a an tro po lo gi a M Z ve te rin ar ia zo ot ec ni a EDICINA O st u d di an egl o in im i lib ali er tà OLOGIA Le componenti umane e animali della zoologia Fonte: C. W. Scwabe, Veterinary medicine and human health. William and Wilkins, Baltimore, 1969 coinvolti, anche personalmente, in un sistema. Immaginando un mondo che dimentichi il suo antropocentrismo, visto che la guerra non distingue fra uomini e animali, a favore di un pluralismo di diritti e di doveri, proponiamo perciò anche questa definizione: «ogni mancanza di salute o compromissione di qualità della vita dell’uomo o di un animale che derivi da un contatto con uomini o animali o che da questi sia provocato». Inoltre, va ricordato che dal punto di vista etimologico, il termine “zoonosi” proviene dalla radice indoeuropea zoon, che significa “vivere”, dalla quale sono derivati in greco, latino e altre lingue molte parole, tra cui “vita”, “essere vivente”, “animale”. Vittime e carnefici La recente pubblicazione dell’Organizzazione mondiale per la sanità animale “Disastri biologici di origine animale” riporta tra gli altri un lavoro particolarnumero 71 mente interessante per la nostra riflessione, intitolato “Kenya, Mau Mau e bioterrorismo”. L’articolo prende spunto dalla feroce repressione attuata nel 1951 dalle amministrazioni europee nei confronti dell’insurrezione del movimento politico delle popolazioni kikuyu, note anche come Mau Mau. In quel contesto, molti coloni europei hanno acquistato delle terre dalla popolazione africana nell’area conosciuta come White Highlands e impiantato colture e allevamenti di bestiame, scacciando nel contempo i locali e i loro armenti. Si è determinata così una grave crisi economica fra gli allevatori Mau Mau che, alla stregua di squatters, hanno continuato da allora a pascolare ai margini delle nuove proprietà, provocando la trasmissione di malattie epidemiche fra il bestiame allevato. Di fronte a questa situazione, le autorità locali hanno messo atto azioni di dissuasione anche molto violente, tra cui il sequestro e la distruzione delle greggi vaganti. Gli indige- ni hanno quindi risposto in maniera altrettanto violenta, tagliando i garretti degli animali “europei” al pascolo durante la notte e rendendoli così incapaci di muoversi e destinati all’immediato abbattimento. Secondo le definizioni precedentemente citate, azioni di polizia o di guerriglia come queste possono essere considerate come vere e proprie malattie, o come eventi a carattere zoonosico. I danni economici subiti dai Mau Mau per la perdita del bestiame e per le mancate produzioni hanno determinato sconvolgimenti sociali legati alla perdita di identità, ruolo, cultura e, conseguentemente, di fiducia nel futuro. Rientrano in questa categoria anche i danni inflitti ai coloni, ai quali vanno aggiunti quelli inferti agli animali, causa del contendere e destinatari delle azioni repressive e di risposta alla repressione stessa. Un discorso a parte meriterebbero poi la sofferenza e il dolore inflitti a persone e animali che si sono trovati coinvolti in questi conflitti. Ancora una volta l’azione umana ha innescato una catena di eventi verso altri uomini e altri animali che hanno le medesime caratteristiche degli eventi presi in esame. La guerra in Iraq e H5N1 Per dare una risposta ancora più approfondita alla domanda del titolo si può ricorrere anche all’epidemiologia. In un articolo apparso alla fine del 2006 su Epidemiologia & prevenzione, Cinzia Colombo, dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, afferma che la guerra in Iraq ha causato la morte di centinaia di migliaia di persone. Al di là delle polemiche scatenate da questo dato, pubblicato su The Lancet nell’ottobre del 2006, è interessante che finalmente si cominci a sottolineare che, comunque si vedano i numeri dei morti e dei feriti, un intervento militare abbia un peso sociale, economico, sanitario, umano e storico gravis- 45 simo. Condividiamo così il concetto per il quale si invita la comunità internazionale a configurare la politica estera in modo da garantire la sicurezza (e quindi la salute) delle persone e non delle nazioni, e non solo per mantenere i confini territoriali e la stabilità economica. La salute, infatti, rappresenta attualmente la più importante questione di politica estera. Qualsiasi azione di guerra determina degli sconvolgi- gli autori Luca Sala, Carlo Brini dipartimento di Prevenzione, servizio di Sanità pubblica veterinaria Asl 12 Biella [email protected] menti che incidono, oltre che sulla popolazione umana e animale direttamente colpita, su tutto il sistema sanitario, sull’organizzazione del vivere civile, nonché sul sistema agrozootecnico: è facile quindi immaginare come possa dis-organizzarsi un mondo in cui, a causa di una guerra, venga meno l’efficienza dei servizi sanitari. Ma visto che parliamo anche di animali, qualche rilievo può essere fatto nei confronti di un mondo dove sono anche i servizi veterinari a essere smantellati. È il caso di quanto sta accadendo nella striscia di Gaza, in Palestina, dove a seguito di un’epidemia di influenza aviaria, e a causa dell’instabilità politica dell’area, non si possono mettere in atto le misure sanitarie suggerite dall’Oie, che prevedono l’abbattimento e la distruzione dei volatili infetti e sospetti d’infezione. Il virus isolato è l’H5N1, ad alta patogenicità. Per quegli allevatori i polli rappresentano un bene insostituibile, per la cui difesa non esitano a imbracciare le armi e a sparare su chiunque manifesti l’intenzione di volere sanificare l’area. Partendo dal legame tra guerra, malattie e crisi dei servizi sanitari, in una visione evoluzionistica, non si può negare che le azioni di violenza condotte da uomini o animali contro altri uomini o animali implichino aspetti di sanità pubblica considerevoli. Non è solo l’umanità in generale a essere coinvolta, ma la totalità degli esseri viventi. Anche a prescindere dall’importanza che, secondo la sensibilità personale, ognuno assegna loro nella scala dei propri valori. Bibliografia F. Davies, “Kenya, Mau Mau and bioterrorism”, www.oie.int/eng/publicat/RT/2501/PDF/12-davies%20mau149-151.pdf C. Colombo, “La resa dei conti”. Epidemiologia & prevenzione, nov-dic 2006. G. Burham et al, “Morta- lity after the 2003 invasion of Iraq: a cross-sectional cluster sample survey”, ottobre 2006, www.thelancet. com/webfiles/images/journals/lancet/s0140673606 694919.pdf A. Mantovani et al, “Idrofobia e altre malattie non meno appiccicaticce”. Snop 69, dicembre 2006. C. Ravaglia e D. Saporetti, “Uomo e animale, una convivenza possibile?”. Snop 69, dicembre 2006. 46 alta definizione • numero 71 La parola a… Quando il rischio è nell’aria Roberto Romizi inquinamento atmosferico rappresenta un grave problema di sanità pubblica, dal momento che l’aria dei nostri centri urbani è resa sempre più irrespirabile dalla presenza di molteplici inquinanti. Anche le emissioni di gas serra, di origine antropica, sono cresciute e l’effetto serra è certamente una delle cause del cambiamento climatico che ha portato anche nel nostro Paese a un aumento della temperatura media e a eventi climatici estremi, con la prospettiva di un profondo dissesto dell’ecosistema terrestre e di un avvenire incerto per le future generazioni. Per ridurre le emissioni di gas serra nell’atmosfera, responsabili dei cambiamenti climatici, l’Italia si è impegnata (insieme ad altri 158 Paesi nel mondo) a ridurre entro il 2010 l’anidride carbonica in atmosfera del 6,5%, mentre in realtà dal 1990 al 2004 si è registrato un aumento dell’11,6%. Nell’ultimo secolo, la temperatura media mondiale è salita di L’ numero 71 0,6 °C e l’aumento previsto entro la fine di questo secolo potrebbe essere fra 1,4 e 5,8 °C. In Italia l’aumento di temperatura negli ultimi decenni è stato leggermente superiore alla media mondiale. Complessivamente, l’inquinamento ambientale urbano è responsabile di effetti nocivi sull’apparato respiratorio e cardiovascolare, di effetti oncogeni e dell’aumento della mortalità generale. I principali studi condotti in Europa e negli Stati Uniti sulla correlazione fra inquinamento atmosferico e cancro al polmone sono concordi nel valutare che per ogni 10 µg/m3 di PM 2.5 si registra un incremento di neoplasie polmonari che va dall’8% al 14%. L’Organizzazione mondiale della sanità ha stimato la quota di decessi attribuibili a valori di PM 10 superiori a 20µg/m3 in tredici città italiane con oltre 200 mila abitanti, sulla base dei valori registrati negli anni 2002-2004. La stima parla di 8220 morti all’anno, di cui 742 per cancro del polmone. Studi recenti segnalano che Ospitiamo volentieri questo contributo di Roberto Romizi, presidente e vero animatore dell’Associazione Isde, Medici per l’ambiente Italia, che illustra le più recenti iniziative della sua associazione, che muovono dal background di questo gruppo di professionisti, molto noto nel campo della difesa della salute dalle aggressioni all’ambiente. In futuro speriamo di ospitare anche dibattiti sui temi all’ordine del giorno in questo campo cruciale, contando di avere la partecipazione di colleghi che aderiscono a Isde come interlocutori essenziali. i decessi stimati come effetto dell’inquinamento atmosferico non sono una semplice anticipazione di eventi che sarebbero accaduti, ma rappresentano un effetto netto di una mortalità che sarebbe stata evitata se i livelli di inquinamento fossero stati inferiori. Responsabilità civile ed etica professionale I medici sono i primi testimoni delle evidenti ricadute del danno ambientale sulla salute dei pazienti. La classe medica si è quindi trovata di fronte alla responsabilità di orientare il proprio ruolo professionale, oltre che civile, verso scelte sempre più decise a favore di uno sviluppo ambientale sostenibile. Gli operatori dei dipartimenti di Prevenzione delle Asl hanno rilevato quotidianamente il progressivo consolidamento dei dati che indicano un aumento delle patologie e della mortalità da inquinamento atmosferico. I medici di medicina generale hanno constatato direttamente negli ambulatori la diffusione sempre maggiore di tumori e, soprattutto, l’abbassamento dell’età di insorgenza. I pediatri hanno registrato l’aggravarsi nei bambini, 47 specialmente se residenti in zone più inquinate o più trafficate, di patologie come asma, raffreddore primaverile, bronchiti, broncopolmoniti, ma anche tumori. Gli specialisti, infine, registrano il costante aumento di malattie croniche, tra cui quelle cardiocircolatorie e respiratorie, che rappresentano le cause principali di mortalità e di ricovero, così come di disturbi nello sviluppo del sistema nervoso centrale legati all’esposizione a un vasto spettro di inquinanti chimici ambientali. Con l’introduzione dell’articolo 5 nel nuovo Codice Deontologico, il medico diventa una delle figure professionali chiamate a svolgere un ruolo attivo nella tutela del diritto individuale e collettivo alla salute e a un ambiente salubre: «Il medico è tenuto a considerare l’ambiente nel quale l’uomo vive e lavora quale fondamentale determinante della salute dei cittadini […] Il medico favorisce e partecipa alle iniziative di prevenzione, di tutela della salute nei luoghi di lavoro e di promozione della salute individuale e collettiva». Nell’ambito di una partecipazione allargata ai processi decisionali e all’attuazione degli interventi anche il medico è chiamato a svolgere la propria parte. I medici che operano sul territorio devono arrivare ad l’autore 48 Roberto Romizi Associazione medici per l’ambiente, Isde Italia [email protected] affiancarsi agli specialisti che tutti i giorni verificano, in base alle loro specifiche competenze, i danni che l’ambiente inquinato determina nella popolazione, divenendo così la reale congiunzione fra sistema sanitario, popolazione e mondo scientifico. potenzialità dei medici e degli altri professionisti della salute nei confronti della popolazione e dei politici. È necessario anche intervenire nei confronti di chi persegue iniziative non rispettose della salute e dell’ambiente di vita e di lavoro. Sulla base del “Documento Ambiente”, Fnomceo e Isde Italia intendono coinvolgeIn prima linea re la classe medica chieper l’ambiente dendo la sottoscrizione di È in questo scenario che si un documento che verrà distribuito presso tutte le colloca il “Documento sedi dell’ordine professioAmbiente”, un progetto nale. Tra i punti salienti comune della Federazione del documento c’è l’intronazionale ordini medici duzione del concetto di chirurghi e odontoiatri (Fnomceo) e l’Associazione valutazione di impatto medici per l’ambiente (Isde sanitario, accanto alla valuItalia) per tradurre i princi- tazione ambientale stratepi appena espressi in azio- gica e alla valutazione d’impatto ambientale. ni concrete. La Fnomceo è Inoltre, si chiede di prediun ente di diritto pubblico sporre un piano d’azione ausiliario dello Stato che riunisce e coordina gli ordi- condiviso, da portare avanni professionali provinciali ti in maniera sistematica su tutto il territorio nazioitaliani e collabora con le nale, che comprenda attiistituzioni per risolvere i vità di formazione e inforproblemi sanitari del Paese. Isde Italia, invece, è mazione (distribuzione di materiali informativi negli nata per stimolare l’impegno dei medici verso la sal- studi e nei presidi medici sui rischi derivanti dall’invaguardia dell’ambiente e intende valorizzare il ruolo quinamento atmosferico, di interfaccia che il medico interventi nelle scuole per sensibilizzare insegnanti e può svolgere tra il mondo genitori), attività di coordidella ricerca scientifica, la namento di tutte le figure popolazione e gli amminimediche del territorio stratori per una corretta diffusione delle conoscenze (medici di medicina generale, pediatri di famiglia, relative ai problemi della medici che lavorano nei salute legati all’ambiente. dipartimenti di Da decenni nei convegni medici si discute di salute, Prevenzione o comunque rischi da lavoro, ambiente e nella sanità pubblica, epiinquinamento e i ricercato- demiologi, medici ospedari si impegnano per eviden- lieri), pressione nei confronti delle istituzioni locali ziarne le correlazioni. Queste attività, certamente per una valutazione dell’impatto sulla salute delle da non sottovalutare, non ci sono comunque sembra- scelte di tipo urbanistico in senso lato. te espressione dell’intera Stiamo di fronte a una svolta culturale, che vede il medico coinvolto in una funzione sociale che va oltre il consueto rapporto individualizzato con il paziente, per misurarsi con un più ampio mandato nei confronti della collettività e dell’organizzazione sanitaria, almeno per gli aspetti di assistenza e tutela della salute umana inserita nell’ecosistema. Per raggiungere questo obiettivo bisogna superare le barriere corporative all’interno della categoria, collaborare con le altre figure di tecnici della salute e dell’ambiente, raccordarsi con quei settori professionali che più possono influenzare gli amministratori e la popolazione, in particolare i media, la scuola, il mondo giuridico e quello economico. Ma anche sostenere e consigliare le altre categorie professionali e le amministrazioni affinché promuovano politiche di prevenzione e quindi di salvaguardia ambientale. la parola a... • numero 71