CONCLUSIONE LAVORI
ƒ Conclusioni: sintesi delle giornate di lavoro (osservazionale);
ƒ L’attivista/advocate italiano nel 2004: verso dove andare? Quali obiettivi?
(prospettico).
MARCOTULLIO
Io volevo ripercorrere con voi tutto quello che abbiamo fatto in questi due
giorni insieme, in modo da creare una base per quello che verrà detto dopo.
Nel primo modulo, che ha visto Filippo, Mauro e me protagonisti, ieri
mattina, sostanzialmente attivisti hanno comunicato con attivisti ed in
particolare Filippo ha parlato di aspetti scientifici della Conferenza Mondiale
AIDS che c’è stata quest’anno in luglio a Bangkok; Mauro ha parlato di (un
termine che non piace a nessuno qui, ma lo utilizziamo per ragioni di
semplicità) aspetti sociali della stessa conferenza; e io (qualcuno ha pensato
che sarebbe stato di valore aggiunto fare un po’ di formazione sui
trattamenti), ho fatto appunto una presentazione su nuovi farmaci e nuovi
meccanismi, in particolare gli against-CCR5. E questo primo modulo è stato
un modulo di comunicazione diretta, noi tre abbiamo parlato di certi
argomenti perché abbiamo ritenuto che potessero essere d’interesse per
l’auditorio di questo seminario. Non è stata un’operazione semplice. Nel
senso che, quando ci siamo posti il problema di disegnare il seminario di
quest’anno, abbiamo deciso di fare una scelta più ad ampio spettro rispetto a
quella fatta l’anno scorso, per coinvolgere tutte le associazioni che lavorano
con noi e utilizzano il nostro materiale. Ci siamo posti volutamente in diversi
piani: comunicare quelle che sono le nostre esperienze di attivisti ed
interagire con il mondo scientifico su aspetti che riguardano direttamente le
persone sieropositive: le associazioni di pazienti devono sempre confrontarsi
con il mondo reale, fatto di persone sieropositive (i principali fruitori dei
servizi delle associazioni) che hanno comunque, quasi sempre, un primo
impatto con le strutture sanitarie pubbliche, con medici e con terapie
prescritte, spesso, senza comprensione da parte del paziente. E allora
abbiamo pensato di invitare tre protagonisti, molto differenti tra loro, ognuno
con le proprie specificità, per farli relazionare su tre temi che potessero essere
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di interesse comune. Abbiamo dunque creato un terreno comune per
confrontarci su certi quesiti che dalla platea sono arrivati (e vi ringrazio,
perché mi è sembrata una platea molto attenta). Ci siamo dunque confrontati.
Questo è stato il punto. Non è una cosa nuova: probabilmente è giusto farlo e
rifarlo col passare degli anni, delle esperienze, delle ottiche, delle visioni:
siamo nel 2004, non siamo più nel 2000, neanche nel ’96. Abbiamo fatto un
confronto anche quest’anno. E continueremo ! Sono emersi tanti spunti, di cui
potremmo fare un elenco. L’idea è questa: darei la parola a Filippo.
Vorremmo tentare di pensare insieme un cammino per quel che riguarda un
altro potenziale seminario. Cioè, se e quando decideremo di ritrovarci, di che
cosa abbiamo voglia di parlare? Di idee ne sono venute tante, però fare un
percorso condiviso con le associazioni che sono qua dentro, a nostro giudizio
può essere un modo per proporre un programma interessante per gli anni a
venire. La parola a Filippo.
SCHLOESSER
A me farebbe piacere poter ragionare con voi su quello che abbiamo capito in
questi due giorni, cosa pensiamo di fare sulla base di quello che abbiamo
capito nel nostro piccolo da qui a un anno e quali sono i temi che vorremmo
affrontare nel prossimo seminario. Naturalmente su quest’ultima parte non ci
impegniamo, vediamo come si sviluppa l’anno, ci sono una serie di variabili
non conosciute al momento. Ma nel frattempo, cerchiamo di vedere se
troviamo degli argomenti che possano interessare tutti, così che l’anno
prossimo cerchiamo di affrontarli in un seminario. Per esempio, a me viene
subito in mente che molti di noi sul discorso TDM hanno detto: quanti sono i
centri clinici che fanno il TDM? Dove sono? Chi sono i medici? Io me lo faccio
fare? Ma poi lo sanno leggere? Questo è un tema che l’anno prossimo
potremmo riportare. Però vorrei sentire la vostra posizione.
INTERVENTO
Io vorrei fare una considerazione. Ho avuto l’impressione che quando si sente
parlare di HIV/AIDS, di trattamenti, è successo anche oggi, mi dico che forse
sono nel posto sbagliato, non ho capito, mi viene in mente la differenza
enorme fra quello che può emergere da un convegno, rispetto alla realtà degli
ospedali o delle associazioni. Questo famoso discorso del rapporto
medico/paziente. Oppure, l’altra cosa che oggi è emersa: non ci sono soldi
per la ricerca! Sentir parlare di studi sull’interruzione della terapia. Il fatto
che il lopinavir/rtv la gente lo dosi da sé. Qui non so quante persone
sieropositive siamo che prendiamo il lopinavir/rtv. Per cui mi viene proprio
voglia di farmi seguire dai tre medici che abbiamo avuto ospiti. Perché
appare una realtà… mi sembrano due mondi diversi. Quello che viene fuori
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nei convegni è bello, utopistico… ma c’è un dislivello grosso. Se un medico
ascolta, anche l’interruzione di terapia ha un senso… ci sono dei problemi
quotidiani che poi nei convegni non appaiono. Preoccuparsi che una terapia
duri cinque anni, quando in realtà sappiamo che, oggi come oggi, la persona
sieropositiva s’interroga su come starà oggi, l’anno prossimo. La cosa che ha
detto Alessandra: ditelo ai vostri medici. Io ho il problema che quando faccio
delle richieste a dei medici su come mi sento non vengono accolte. Mi
piacerebbe vedere dei medici che seguono dei pazienti all’interno di un
seminario.
SCHLOESSER
Qui in questa sede, tipo conferenza versus mondo reale, noi possiamo
mettere le basi per essere coscienti che dobbiamo cambiare il mondo, ma non
lo possiamo cambiare oggi.
INTERVENTO
Io volevo solo fare una considerazione per vedere chi ha avuto questo disagio
di sentire parlare di qualcosa in cui, poi, non si riconosce.
SCHLOESSER
Perché li abbiamo portati qui? Proprio perché probabilmente l’incontro apre
una porta. Che cosa mi diceva Di Perri? “La mia grossa difficoltà è quella di
far capire ai medici giovani quanto era difficile 10 anni fa. E quanto
comunque ancora oggi è difficile, nonostante poi con 4 pillole, tutto sommato,
sia più semplice.” Allora lui ha lo stesso problema… Perché stiamo cercando
di influenzare un mondo, una cultura, quella del mondo scientifico, e questo
non lo possiamo fare con una conferenza, ma con un lavoro costante. Il fatto
che Delta riesca a sopravvivere vuol dire che arriva la nostra voce. Quello che
ho detto a Stefano, è che ognuno di noi è libero di scrivere su Delta. Delta è
aperto a tutti. Quando voi avete qualche cosa da farci sapere che non va, o va
migliorata, qualsiasi cosa, scriveteci perché noi pubblichiamo e poi
mandiamo anche al “colpevole” una lettera e aspettiamo una risposta, come
abbiamo fatto l’anno scorso col Policlinico di Roma che non dava le cariche
virali. Delta è una rivista nostra, ma nostra di tutti, non è nostra “mia”.
Quindi usatela.
INTERVENTO
Sicuramente. È un desiderio. Come sarebbe bello se fossi seguita da un
dottore che ascolta le cose che dico e che è in grado di capirle. Perché spesso
non sono neppure in grado di capire quello che noi chiediamo.
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INTERVENTO
Sono Silvio da Palermo. Io sono anche emofilico. Per cui la cosa è anche più
complicata. Intanto grazie per questa esperienza, che è sempre un tassello che
si va ad aggiungere a tante altre esperienze negative e positive, ma la vita è
fatta comunque di esperienze, per cui dall’una e dall’altra si ottiene quel
grigio, che sta fra il bianco e il nero. A proposito di modo reale e di medici, io
m’interrogo anche sul paziente. C’è un tema che mi ha stimolato molto: il
paziente ideale versus quello reale. Anche il paziente spesso appare un
paziente consapevole, che si comporta nel modo migliore, evitando certe
sostanze, cosa per cui i medici molto spesso non sono così collaborativi.
Spesso ci si domanda: devo fare questo, non devo fare questo? Ma sappiamo
tutti che la realtà è un’altra cosa. Per cui anche approfondire il tema delle
interazioni ad esempio con le sostanze definite “ludiche” (espressione che mi
piace molto), approfondire le interazioni insieme ai farmaci, per me è un
argomento molto stimolante.
Seconda cosa: a proposito della coinfezione con HCV. Sono due le questioni:
o qua io sono molto sfortunato, o non ne ha parlato nessuno. Perché spesso,
almeno per l’emofilico, le cose vanno quasi sempre di pari passo HIV/HCV
insieme, c’è una grande percentuale (credo anche negli altri casi). Se ne è
parlato poco. Ora, siccome, lo switchare da una terapia all’altra diventa più
problematico avendo problemi epatici, avendo un HCV già importante,
sarebbe utile affrontare il problema anche messo in correlazione con le
famose sostanze ludiche di cui parlavo. Perché è chiaro che con l’HCV si dice
che non si dovrebbe nemmeno guardare l’alcol, però chi lo fa realmente?
Qual è il medico che, ad esempio, consiglia, anziché prendere un qualsiasi
ansiolitico, o una benzodiazepina, di usare la cannabis? (Guarinieri esulta)
…Sì, lo so… noi siamo d’accordo… ma chi è d’accordo veramente? C’è un
discorso di ipocrisia.
INTERVENTO
Anch’io volevo ringraziare Nadir per avermi invitato, ho trovato molto
stimolante questo convegno, ho raccolto molte curiosità, tra cui anche l’idea
del fatto del counselling sui trattamenti. Uno dei prossimi progetti che vorrei
portare nella mia associazione è proprio quello di darci questa possibilità.
L’altra cosa si ricollega al discorso di prima e posso portare anche una
testimonianza. Io vengo da Torino e conoscevo il Prof. Di Perri, ma ne avevo
una percezione del tutto errata, nel senso che a me appariva come il
cattedratico inarrivabile, molto tecnico, in realtà proprio in questa occasione
ho avuto l’opportunità di capire che è ben altra persona, anzi ci siamo parlati
ed è nata una disponibilità ad organizzare delle cose nell’ambito torinese per
parlare di ciò di cui lui ha parlato qua. E quindi, una cosa che mi
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interesserebbe molto mettere in evidenza, non è soltanto il rapporto
medico/paziente ma anche, ricollegandomi a ciò che si diceva prima, medico
ideale sì ma anche i pazienti ideali: della malattia non se ne vuole sapere
niente. All’inizio dico: se ne occupa il medico. Forse sarebbe un tema
importante il ruolo del paziente informato.
SCHLOESSER
Bisogna sempre fare attenzione. C’è stata una frase abbastanza chiave che, se
non sbaglio, ha fatto Narciso e cioè: in fondo è più semplice dare AZT, 3TC
ed efavirenz, piuttosto che andare a pensare qual è il trattamento ottimale per
ognuno di noi a livello individuale con un TDM e una genotipizzazione. Perché è più complicato! Quello però dipende anche da come noi ci poniamo.
Le linee guida ci sono e funzionano così così, i soldi non ci sono e comunque
non ce ne saranno mai, perché è così. A questo punto o conviviamo con il
problema, o cerchiamo in qualche modo di aprirci degli spazi. Per cui alla
fine è un lavoro che dobbiamo fare noi e del quale ci sensibilizziamo
probabilmente in questi tipi di seminari.
INTERVENTO
Io mi riallaccio alla questione rapporto medico/paziente, ma vorrei porre
l’attenzione sul ruolo dei rappresentanti delle associazioni e degli attivisti.
Ricordo il seminario di Nadir a Perugia, dove si cercò di fare un passaggio
del testimone tra chi era il vecchio attivista e chi il nuovo e si cercò di
prendere atto del cambiamento. Alla fine però cosa resta? Desideriamo
medici migliori, in grado di dare le migliori informazioni e comunicare
meglio; ma noi siamo riusciti intanto a far crescere le nostre microcommunity di persone sieropositive, con le quali ci relazioniamo nelle nostre
realtà locali? È un discorso aperto che ci riguarda tutti, qualsiasi sia l’ambito
di intervento della nostra realtà locale. Io in un futuro seminario Nadir
insisterei su tutta la parte scientifica che, soprattutto per quanto riguarda le
ultime scoperte, sembra molto gradita, per esempio il discorso sui CCR5. Ma
tornerei anche sul senso dell’essere attivisti sui trattamenti e sul senso di
essere attivista in generale. E anche sul senso del “collettivo”, come
partecipare a un’occasione di questo genere.
MARCOTULLIO
Volevo solo fare una considerazione a proposito di nuove infezioni e inizio di
una terapia. Voi siete attivisti da anni e da anni parlate di trattamenti e di
terapie. Conoscete il mondo AIDS fin dall’inizio. Io con voi, anche se da meno
tempo. Quando vi rapportate a persone che entrano adesso in questo mondo,
che si relazionano nel 2004 con il problema AIDS, vi ponete il problema di
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mettervi nei panni di chi non ha una “storia” come la nostra, siano gay o non
gay?… Queste persone hanno ricevuto bombardamenti mediatici
completamente diversi da quelli che abbiamo avuto tutti noi. Io questa
domanda ho provato a farmela, mi piace molto frequentare il mio DH ed
inoltre mi è successo ultimamente che ho avuto una valanga di amici che
sono entrati nel problema (e questa cosa mi ha colpito). Questa gente si pone
dei problemi che, a volte, sono diversi da quelli che siamo abituati a pensare
noi. A volte proprio nuovi. La mia domanda è: qualcuno di voi si mette nella
loro ottica? Perché se noi siamo persone di associazioni, dobbiamo fare “un
servizio” per queste persone. Però, nel momento in cui non siamo in grado di
comunicare e capire il potenziale “nuovo disagio”, o far capire alla persona il
potenziale valore aggiunto che può avere a parlare e stare con noi, allora lì
forse il nostro goal viene meno. La terapia va personalizzata a seconda delle
esigenze dell’individuo. Questo deve essere il nostro standard a mio giudizio.
Che sia once-a-day, bis in die… però, a volte mi sembra di cogliere nella
platea delle reticenze in proposito. Dobbiamo metterci nell’ottica di persone
che comunque hanno vissuto un contesto storico completamente diverso e
che adesso si avvicinano al problema e alle quali viene detto, in stadio
assolutamente asintomatico: guarda che da domani devi iniziare a prendere 5
pastiglie al giorno. Perché più o meno è così. Io non l’ho chiesto stamattina al
dottor Narciso, che ne vede tanti di pazienti, ma avrei chiesto:”La gente,
quando comunichi questo, come ti guarda?” Da un attimo all’altro gli
comunichi che deve stravolgere la sua routine. Avere uno o due momenti “di
ricordo” della propria patologia, del proprio stato di salute, può essere
differente per alcuni soggetti. Spesso è necessaria una gradualità. Poi, è vero,
7 anni fa se ne prendevamo 35! Però, adesso, grazie al cielo, bisogna andare
un avanti, non è più così. D’accordo che adesso è molto meglio di prima, però
le persone che si infettano adesso hanno a che fare con i problemi di adesso.
Non possiedono lo storico e dunque il sollievo. E vi posso assicurare che dire
a una persona che deve iniziare ad assumere una terapia continuativa per
tutta la vita non è assolutamente un’informazione “easy”. Anche fosse una
sola pillola al giorno!
Il punto è che adesso si vive meno il contesto dell’emergenza che si viveva un
po’di tempo fa, quindi si percepisce meno la necessità di assumere una
terapia per vivere. Le persone non hanno la cultura storica “della morte “che
comunque possiamo avere noi.
La mia domanda è: ci siamo posti il problema di comunicare, di entrare in un
terreno diverso con queste persone? La mia è una domanda aperta. Vale la
pena discuterne. Bisogna a mio giudizio capire giorno per giorno quali sono
le nuove sfide, in primo luogo anche quella di risolvere il disagio psicologico
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delle nuove infezioni cha hanno quindi una “storia nuova”. Una terapia serve
per continuare a vivere, auspicabilmente bene!
INTERVENTO
Dal punto di vista medico sarebbe importante che una persona che non ha
fatto mai terapia possa iniziarne una di un certo tipo, perché così sarà meglio
fra due o tre anni. È chiaro che il paziente va anche valutato, perché se è una
persona che ancora non ha capito dove si trova, allora l’importanza di dargli
un numero di pasticche minore è fondamentale. Ad una persona che scopre
di essere sieropositiva, questa parte tecnico-scientifica gli è completamente
nuova, in quel caso lì…
MARCOTULLIO
In quel caso lì lui pensa “ma ne devo prendere 4 di pillole? Mi danno un po’
mal di stomaco, se ne prendo 3… forse è meglio”.
INTERVENTO
Noi dobbiamo fare questo, tenere conto che il nostro vissuto è passato.
Stiamo guardando un mondo nuovo. Non è che possiamo angustiare la gente
perché 10 anni fa si moriva. Guardare le persone nell’ottica della loro
prospettiva. Capendo anche che la persona che è sieropositiva da poco, prima
di capire tutti i meccanismi, ci impiegherà del tempo, che però se ha 20 CD4
non ha. È anche vero che darle una terapia come 6 pasticche di lopinavir/rtv,
la metti di fronte a dei problemi. Come associazione se non teniamo conto di
questo…
INTERVENTO
Penso che tutti quanti dovremmo farci un esame di coscienza, nel senso che
anche a me a volte è capitato di tornare su discorsi triti e ritriti, occorrerebbe
fare un’opera di svecchiamento. La cosa che più mi ha urtato è che in
qualsiasi convegno sull’AIDS le prime parole che dai media vengono
riportate dopo AIDS sono: omosessualità (e nessuno vuol negare che ci sia un
nesso), tossicodipendenza (droga) e prostituzione. Questo è quello che
dicevano negli anni ’80! Non che adesso sia scomparso tutto, il link
ovviamente c’è, per cui, sì, parliamone pure, però parliamo anche di
ragazzini che a vent’anni si presentano davanti al dottore con 650 CD4, con
una viremia non ancora preoccupante e ai quali viene proposto lopinavir/rtv
o cose del genere, compresi protocolli sperimentali, quando noi stiamo
parlando invece di sospensioni, alternanza, terapie once-a-day. Sono la prima
a dire che dovremmo andare un po’ più al passo coi tempi.
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INTERVENTO
Io sono un medico, anche se non mi occupo direttamente di HIV/AIDS. Però
sono sicuramente molto colpito dal fatto che oggi qui altri medici, a parte i
relatori, non ci sono. Forse non è nemmeno la sede adatta, però pensare a
questo tipo di lezione, è una cosa molto importante, perché la formazione,
anche dall’altra parte, non deve essere solo di carattere scientifico, anche
perché non è in grado di formare. Pensare di poter ragionare sul concetto di
formazione in questa direzione è fondamentale. Anche questo può risultare
una provocazione, però va fatto. Io nel mio piccolo ci provo.
INTERVENTO (ALESSANDRA CERIOLI)
Secondo me questo seminario di Nadir, a differenza delle altre volte, ha
cambiato un po’ l’impostazione e francamente preferivo quelli vecchi. Nel
senso che, allacciandomi a quello che dice lui, secondo me sarebbe stato
molto importante che questi tre medici fossero stati presenti anche nella
prima parte del seminario, dove voi (Filippo, Simone, Mauro) avete esposto,
come abbiamo sempre fatto… nel senso che loro poi sono arrivati nel
pomeriggio. Noi abbiamo esposto le nostre cose da community la mattina,
quello che abbiamo ritenuto importante, loro sono arrivati invece nel
pomeriggio, si sono fatti la loro lezioncina, per ovvi motivi di tempo, gli
argomenti erano tanti, nessuno ha potuto intervenire su alcune domande che
si sarebbero potute comunque fare magari in quella sede perché erano più
specifiche; poi stamattina anziché avere un talk-show veramente sul rapporto
medico/paziente, alla fine noi abbiamo fatto molte domande alle quali…
insomma, il fatto di averli tenuti così separati, a differenza degli altri seminari
che avete fatto, non c’è stata interazione.
Anche stamattina c’era una differenza dei ruoli. Io ho sentito proprio la
differenza loro lì, noi qui a fare domande, altre volte invece loro ascoltavano
le nostre presentazioni, noi ascoltavamo le loro e ci confrontavamo sulle
nostre competenze. Questa volta a me è sembrato molto sbilanciato il
seminario di Nadir. Però non so se è stata una mia sola impressione. E poi il
rapporto medico/paziente non siamo riusciti a trattarlo, perché c’era questo
personaggio, Di Perri, che era importantissimo per tutti noi, per cui
ovviamente il focus era su di lui, perché lui ha queste tecniche che gli altri
medici non considerano e a noi ovviamente interessano.
Io per il prossimo tornerei, se decidiamo, a chiamare dei medici e riportare di
nuovo ruoli differenti.
MARCOTULLIO
Ma magari! Semplicemente però se tu chiami 50 medici, sono anni che lo
stiamo cercando di fare, non ne viene neanche uno! Quindi, se dobbiamo
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cominciare a sensibilizzarli, dobbiamo farlo già da domani mattina per
settembre dell’anno prossimo.
INTERVENTO
Io vorrei per una volta avere i medici dei piccoli ospedali. Noi parliamo
sempre con le punte di diamante, ed è importante. Però vorrei capire gli altri
che dicono, cosa pensano: cosa sanno i medici degli ospedali più sperduti
d’Italia. Vorrei confrontarmi più con loro che non con quelli che sanno
veramente le cose.
INTERVENTO
Vengo da Ferrara. Porto un’esperienza sul responsabile del reparto di HIV,
che quando è sul podio è un gioiello, una persona molto preparata, nel
momento in cui tu vai però a parlare con lei: “Io sono il capo, tu sei lo
schiavo. Non ti va bene? Vai in un altro centro.”
INTERVENTO
Qui rimane quella separazione che dicevano prima del mondo
reale/conferenze. Rimane. Stavo pensando che potremmo chiedere per
l’anno prossimo ai capi di mandarci gli assistenti. E vediamo se riusciamo ad
averli.
INTERVENTO
Io è la prima volta che partecipo a un seminario di questo genere, non avevo
assolutamente nessuna idea di cosa mi sarei trovato davanti, l’ho trovato
molto diverso da come lo avevo immaginato, anche perché come attivisti non
sapevo bene che cosa potermi aspettare e che cosa potreste fare. E
sinceramente facendo il paragone tra quello che ho sentito e da come vedo io
la mia realtà, a Ferrara noi non abbiamo un’associazione: Voi mi sembrate
molto, molto in alto, nel senso che date delle risposte tecniche, quando ci
sono persone a cui chiedo cosa sono i CD4 e non lo sanno.
SCHLOESSER
Sì, ma in questo contesto eravamo già a conoscenza della preparazione dei
partecipanti. Nadir sta facendo un percorso progressivo partito nel 1998. Tu
probabilmente stai vivendo il disagio di chi è salito a bordo ora!
INTERVENTO
Sono io che sono fuori. Quando dirò a qualcuno di rivolgersi a
un’associazione, gli dirò: “guarda, che questi sanno tutto di tutto”… oppure,
“guarda, che se hai bisogno di più spiegazioni perché io non riesco a dartele,
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il medico te le ha date però tu non le hai capite, vai da loro che ti
informeranno, ti seguiranno e ti daranno un sostegno”.
SCHLOESSER
C’è un tipo di comunicazione e un altro tipo di comunicazione. E, comunque
in questa sede, ripeto, stiamo facendo un percorso da 6 anni. Io non posso
tornare ai CD4 al sesto anno d’organizzazione di simili seminari. Certo, non è
utile per le persone che sono a livello elementare. Poi l’idea è che le persone
che escono da un seminario come questo, vadano a casa, nelle loro città, e
raccontino cosa hanno imparato. E’, quindi, dalle lacune che vengono fuori
nei confronti delle persone a cui raccontano, poi si riesce a creare il network
di comunicazione dello stesso livello.
MARCOTULLIO
Questo è importante. Tutte le persone che hanno chiesto di venire a questo
seminario le abbiamo accettate, pur nella loro eterogeneità, per dire che
vogliamo conoscere gente nuova e accettiamo un po’ tutti, però è chiaro che
la maggior parte che stanno qua dentro hanno uno “storico”. Per le persone
nuove, purtroppo o per fortuna… l’idea che si sviluppino mezzi informativi e
formativi anche un po’ più basici di come si è fatto negli ultimi due anni c’è,
la stiamo attuando, quindi speriamo di andare anche incontro ad esigenze
come quelle che ci ha chiesto Riccardo.
INTERVENTO
Una cosa che notavo è il discorso di sapere o non sapere, per chi viene a un
seminario. Io leggo Delta e posso capire cos’è il 3TC, personalmente sono
abbastanza preparato, però ci sono anche termini su cui dovrei essere più
informato, ma lì devo studiare io probabilmente. Quando si parla di tipi di
farmaci che possono essere separati in tre tipi di categorie diverse, forse
capirei di più se un medico parlasse con un nome commerciale anziché col
tipo specifico di molecola.
SCHLOESSER
Ti devi leggere l’editoriale di Delta 17; è una cosa che abbiamo scritto Simone
ed io, però riteniamo che per poter comunque fare un percorso dove la salute
è nostra, dove noi siamo i protagonisti, dobbiamo fare un percorso formativo!
INTERVENTO
La mia era una parentesi.
SCHLOESSER
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Anche per noi che andiamo alle conferenze: una volta è tenofovir, una volta è
TDF, una volta è il nome commerciale…! Non è pane, rosetta o sfilatino! È
molto più complicato.
INTERVENTO
Mi è piaciuto molto l’intervento iniziale su quello che è stato il tema della
riduzione al danno. Ma i medici che sono dalla nostra parte, quanta voglia
hanno di esporsi di più? E forse uno dei temi che mi piacerebbe mettere, oltre
tutto ciò che è tecnico, è capire quanto la classe medica abbia voglia di
investire rispetto a una costruzione, una evoluzione, con la volontà di usare e
sfruttare quello che viene chiesto per prevenzione, piuttosto che per strade
che da domani in poi ci potrebbero far rischiare di tornare a 30 anni fa. Mi
piacerebbe vedere la classe medica più esposta.
SCHLOESSER
Io sono sicuro che rispetto a quando parlavo con Aiuti (rispetto alla fine degli
anni ’80, e rispetto a quello che è il “rispetto” che io sento, almeno nei miei
confronti, e di tutti quelli di Nadir, o comunque di tutte le persone con HIV
che vedo oggigiorno, soprattutto di quelli un po’ preparati) l’atteggiamento è
cambiato. Spero che attraverso anche lo sforzo che ha fatto Nadir per portare
conoscenza sui trattamenti e quel minimo di nozioni di base, per cui le
persone possono andare a parlare con il medico con più coscienza del ruolo,
qualcosa oggi sia cambiato. Cerchiamo di diminuire i gap, questa differenza,
quest’attrito. Questo sicuramente è un nostro obiettivo. E, perché no,
vediamo se l’anno prossimo riusciamo a portare 50 medici e 50 persone di
noi, e vediamo cosa riusciamo a fare. C’è l’impegno di tutti noi. Poi quando
manderemo l’invito, vedremo come lo strutturiamo. Adesso non me lo posso
prendere come impegno. Vedremo le risorse.
INTERVENTO
Ieri abbiamo sentito le interazioni tra il metadone e l’assunzione
dell’efavirenz, il metadone deve essere poi cambiato di dosaggio. Di
conseguenza la mia domanda è: con l’introduzione della legge Fini, verranno
modificati determinati parametri, che percorso ci aspetta?
INTERVENTO
Io sono Giulio da Pisa e lavoro per gay.it. Mi ricordo che anche l’anno scorso
è venuto fuori il problema, che poi avete affrontato sull’editoriale di Delta,
sulla possibilità di rendere accessibile a tutti il linguaggio tecnico, le
conoscenze sempre più approfondite che ci sono su tutti questi argomenti. Io
credo che non sia indispensabile fare soltanto quello che giustamente e
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meritoriamente fate con Delta, cioè di approfondire, di portare avanti questi
argomenti e anche di affrontare le questioni che sono sulla frontiera della
ricerca. Ma si può anche fare un lavoro di glossario in generale, comunque
creare l’informazione di base che permette accesso a tutti. Ora io non so
esattamente se esiste già un qualcosa di questo tipo che spieghi in maniera
semplice e accessibile a tutti il linguaggio, per cui uno si può prendere un
libro e un sito internet e comprendere questa cosa. Però, visto che questo
problema è sorto l’anno scorso e sorge quest’anno, io mi sento di lanciare
questa idea, se possiamo aiutarci tutti insieme, su gay.it, su nadironlus.org,
creare un glossario, una fonte, da cui informarsi in maniera da sapere per
esempio: che cos’è il TDM? Va su quel sito, sa che c’è un motore di ricerca e
gli viene fuori la definizione in maniera corretta. Se volete ci possiamo
organizzare per cercare di creare una cosa di questo tipo.
SCHLOESSER
Secondo me il veicolo dello strumento che proponi è molto sofisticato. Nel
senso che, non tutti hanno accesso. Le persone che devono arrivare ad un
glossario probabilmente non hanno accesso al computer. Va fatto un
opuscolo o va fatto su Delta. Lì veramente hanno accesso tutti. Allora,
articolo a firma tua a febbraio 2005: glossario. Ci creiamo questo spazio sul
numero di Delta. Perché no? O addirittura lo potremmo fare proprio come
libricino e progetto a parte. Poi, tra l’altro, non deve avere per forza la
diffusione che ha Delta. Secondo me deve avere una diffusione tripla, perché
va anche ai medici laureandi. Perché, quando parli di TDM probabilmente di
medici laureandi che sanno cos’è ce ne saranno 7 in Italia. È un progetto
recepito.
INTERVENTO
Io sono d’accordo su tutti i punti che stanno emergendo. Per quanto riguarda
l’HCV mi piacerebbe approfondire anche la questione trapianti. Tante volte si
cerca di parlarne, appare nel programma, dopo di che viene tralasciato.
Questa è una difficoltà che a volte trovo. L’altra cosa interessante è anche
capire se ci sono delle osservazioni per quanto riguarda
l’immunoricostituzione. M’interesserebbe capire se ci sono delle osservazioni,
visto che comunque ci sono anche delle persone che hanno questa impennata
dei CD4 che risalgono immediatamente, cercare di capire se ci sono degli
studi che approfondiscono il tema. Quando si verifica una situazione di
questo tipo che cosa accade nell’individuo?
SCHLOESSER
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Pasquale Narciso è bravissimo su questo. L’anno prossimo ci ritocca
Narciso…!
MARCOTULLIO
Centro Aurora. Si occupano di bambini; volevo avere qualche suggerimento e
spunto da voi. Partecipate ai nostri seminari, ci seguite, perché lo so, ci
sentiamo via e-mail e tutto… mi piacerebbe sapere quali possono essere le
vostre potenziali problematiche di eventuale interesse da trattare. Vi siete
sentiti fuori? Dentro? Vi sareste voluti sentire diversamente?
INTERVENTO
Faccio una premessa e poi ti rispondo. Innanzitutto un’informazione che vi
voglio dare. Tu prima avevi detto di mettersi nei panni di chi diventa
sieropositivo nel 2004. Ecco, una cosa che mi viene da dirvi in questo
momento, è di mettersi nei panni di chi è diventato sieropositivo alla nascita e
oggi è qui presente in mezzo a noi. La cosa importante è che noi abbiamo un
gruppo all’interno della nostra associazione e collaboriamo con altri gruppi
di ragazzini sieropositivi a livello nazionale. Ma non solo, la cosa importante,
e che forse nessuno di voi sa, è che questi ragazzini a loro modo stanno già
facendo un percorso per diventare attivisti. Questo è successo, più o meno, in
tutte le associazioni che si occupavano di AIDS pediatrico. Parliamo di una
decina di anni fa, quando sono arrivate le terapie e quando la speranza di vita
per questi ragazzi è diventata concreta e reale e nessuno ci poteva più venire
a dire “non è vero, non importa fare, perché tanto dovranno morire”, questa
cosa fortunatamente non è successa. E a questo punto il dramma grosso di
questi ragazzini è stato quello di progettarsi un futuro. Un futuro che avviene
in un momento dove, nella pre-adolescenza e nell’adolescenza, se tu non hai
una progettualità è un dramma. È devastante. Quindi si sono trovati prima a
doversi rassegnare a una data, continuavano a dirgli “sei fortunato che hai 10
anni, sei fortunato che ne hai 11…” e così via; oggi ne hanno 22, ci sono dei
ragazzi che hanno 22 anni e sono in ottima salute. Quindi, a questo punto, noi
come associazioni a livello europeo ci siamo organizzati e abbiamo
cominciato a fare scambi e trovarci reciprocamente per trovare un filo
comune su come affrontare l’adolescenza, la sieropositività e il reinserimento
nella società come avete fatto tutti quanti voi.
Abbiamo cominciato a fare dei convegni, più o meno il primo c’è stato otto
anni fa e hanno partecipato una ventina di ragazzi provenienti da diversi
paesi europei. Dopo di che l’anno dopo sono aumentati i paesi, l’ultimo
convegno che abbiamo fatto è stato fatto in agosto, erano presenti una
cinquantina di ragazzi, forse di più, provenienti da più di 10 paesi europei e
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queste sono settimane interamente dedicate a loro, dove fanno dei lavori,
tutto il percorso sulla loro sieropositività, ecc…
Quello che come gruppo di Bologna ci siamo portati a casa quest’anno, ed è
un lavoro di approfondimento che avevamo cominciato come scambio
europeo con un gruppo spagnolo l’anno scorso, è stato quello del comingout. Perché un altro dramma di questi ragazzini è il non poter parlare, dire la
propria condizione. È una fase dove le amicizie sono totali e assolute, dove
l’amore è totale e assoluto, poi magari dopo tre giorni è finito, però in quel
momento tu ci credi. E quindi tenere un segreto è assolutamente drammatico.
Sinceramente noi li abbiamo frenati molto sul comunicare la propria
condizione di sieropositività, per fare prima un percorso interiore da poter
essere forti e poter affrontare questa cosa. Alcuni di loro hanno più risorse,
altri ne hanno meno, altri sono più riflessivi e quindi hanno fatto un percorso
che non li ha portati ad avere particolari traumi, altri sono stati più impulsivi
e, purtroppo, abbiamo visto che l’impulsività è pesante e hanno dovuto
pagare dei prezzi molto alti.
MARCOTULLIO
Qual è la tua proposta per “voi”?
INTERVENTO
La proposta è questa. La domanda che è venuta fuori dai ragazzini è la
ragione per cui noi oggi siamo qua, non come operatori del centro Aurora,
ma come gruppo di adolescenti, potrei dire di adolescenti a livello europeo:
come cominciare ad essere attivi nelle associazioni e nella mia vita?
Questa è una cosa a cui noi, come associazione, lavoriamo, ma non ce ne
siamo voluti assumere totalmente la responsabilità, abbiamo ritenuto questa
occasione assolutamente importante e fondamentale per loro ed è una cosa
che vorremmo condividere con voi. Quindi la proposta è: cominciare a
ragionare insieme su come accompagnare questi ragazzini (e sono tanti) ad
essere attivi rispetto alla loro situazione e alla loro salute.
Possiamo insieme trovare degli strumenti che siano più fruibili per tutti.
Un’altra cosa probabilmente molto importante sarebbe coinvolgere di più le
pediatrie che sono drammatiche, vi assicuro che è un dramma. Adesso non vi
sto a spiegare tutto, ma riguardo alla terapia su un bambino potremmo fare
un seminario solo su questo. Ci sono medici che hanno assolutamente
bisogno di essere formati. Anche noi siamo d’accordo sul dire che il pediatra
di Bologna è la persona più squisita: quando va ai convegni e alle conferenze,
è comprensivo, dopo di che va in reparto e lo spranga, nessuno più può
entrare.
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Quindi trovare dei percorsi comuni e coinvolgere la parte scientifica della
terapia.
Una nota di merito ai neonatologi, non so per quale ragione però tutte le
neonatologie a Bologna, e fuori Bologna, con le quali abbiamo collaborato,
sono illuminate rispetto al resto del mondo scientifico.
INTERVENTO (ALESSANDRA CERIOLI)
Con Antonella ci conosciamo da molto tempo, per cui seguo anche il lavoro
del Centro Aurora. Devo dire che, a parte la questione della nascita, ci sono
problemi con i ragazzini che adesso hanno 18 anni, sono in terapia da un
sacco di tempo e hanno gli stessi effetti collaterali di molti di noi. Alcuni di
questi ragazzini sono sempre stati seguiti magari dal pediatra oppure da
centri che non avevano lo stesso livello di informazione di altri centri. In Italia
ce n’è uno che lavora molto bene sulla lipodistrofia della dottoressa Viganò,
ma a parte questo, per questi ragazzini non si fa assolutamente niente. I
medici non sono neanche adatti, spesso non c’è il supporto delle famiglie nel
capire la terapia, è veramente un lavoro immane. Noi in ICAB abbiamo
nell’Italian Comunity Advisory Board un rappresentante di Archè, ma alla
fine riusciamo a fare molto poco su questo argomento, che andrà comunque
affrontato, anche perché se la natalità dei bambini sieropositivi in Italia è
quella dell’86 (e di quegli anni), adesso stanno arrivando i figli degli
immigrati (che speriamo abbiano una cittadinanza degna di questo nome
anche nel nostro paese, sempre rispetto alle leggi vigenti). Anche rispetto alle
terapie e agli effetti collaterali bisognerà trovare un modo.
INTERVENTO
A parte gli aspetti politici, che, comunque, hanno un riflesso, ci sono anche gli
aspetti sociali, le discriminazioni, trovare un lavoro e mantenerlo, Nadir può
fare qualcosa?
SCHLOESSER
Non fa parte dello statuto di Nadir. Noi abbiamo dei limiti statutari. Sarebbe
stupendo se potessimo operare in tanti ambito…ma non è così. Però vorrei
ancora sottolineare una cosa: qualsiasi aspetto del mondo HIV che voi volete
venga all’attenzione di tutti, del pubblico, scriveteci! Su Delta pubblichiamo !
Il sottotitolo è:“Rivista di informazione dell’HIV!” Qualsiasi informazione
sull’HIV dunque la possiamo dare, sia essa sociale, giuridica, lavorativa, su
trattamenti meglio ancora! Si scrive ai colpevoli se ce n’è…e cerchiamo di
ottenere risposte!
INTERVENTO
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A proposito di Delta, io mi ricordo che quando abbiamo deciso di fare questo
giornale il target, oltre ai pazienti, gli operatori e gli attivisti, erano i medici di
base. Perché anche loro, non soltanto i medici che stanno all’interno dei
centri, ma il medico di base è importante, perché quando uno ha un’influenza
non è che va al Day Hospital (almeno io). E molti che conosco non ci vanno.
Oppure il trattamento dell’ipertensione, del diabete. Insomma, poi crescendo
con i farmaci viene fuori una serie di effetti collaterali, per cui l’HIV, in realtà,
non è più il primo problema nella qualità della vita, ma diventa un problema
secondario rispetto agli altri, che sono patologie correlate. Quello che a me
sembra mancare, forse perché sono arrivata solo oggi, è questo rapporto che
c’era inizialmente con il coinvolgimento, anche di una piccola parte, del
medico di base. In qualche modo il medico di base dovrebbe accompagnarci,
essere più presente. Dico una rappresentanza, ma qualcuno che rappresenti
questa categoria. C’è una distanza.
SCHLOESSER
C’è una distanza non perché l’abbiamo creata noi, perché non ‘si filano’
nessuno.
INTERVENTO
Non è vero.
SCHLOESSER
Ed è confermato da tutti, sono davvero sindacalizzati.
INTERVENTO
Questo è vero.
SCHLOESSER
Estremamente politicizzati.
INTERVENTO
Questo è vero.
SCHLOESSER
Se ne fregano solo di quello che gli può portare due lire nella tasca. Stiamo
continuando a mandare Delta a 4000 medici.
INTERVENTO
Ma perché forse il nostro punto di riferimento sono sempre state le
associazioni dei medici di base. Non il medico di base.
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SCHLOESSER
Ma abbiamo alcuni medici di base che scrivono su Delta. Poi dopo se tra di
loro non si parlano, non aprono la busta, non leggono, e non lo so se lo fanno,
nel senso che non abbiamo un ritorno.
INTERVENTO
Questo è un discorso davvero egoistico. Siccome nel tempo noi in qualche
modo affronteremo il rapporto con il medico di base, sempre più stretto e con
meno dipendenza, da parte nostra, dal DH (almeno si spera), m’interessa che
i medici di base siano in grado di sapere identificare un farmaco corretto che
non sia in correlazione negativa con i farmaci antiretrovirali.
SCHLOESSER
Il problema è che i medici di base sono 40.000, quindi qualsiasi informativa tu
vuoi dare a un medico di base, minimo devi scrivere a La Repubblica e al
Corriere della Sera. E sicuramente se tu gli mandi 40.000 copie di Delta (a
parte il costo) non leggono. E lo abbiamo visto. Perché poi, tra l’altro, non ci
hanno mai detto di cancellarli dal comitato di redazione.
INTERVENTO
Volevo rispondere brevemente. Questa sensibilizzazione del medico di base
andrebbe portata avanti. Tuttavia, faccio un esempio che forse ci potrà
illustrare l’ampiezza del problema. Non c’è volta che mia madre, quasi
settantenne, che dal medico di base ci và tre volte l’anno perché è
demoralizzata, non vada dal medico di base e non torni dicendomi “Non mi
ha misurato nemmeno la pressione!”. Questo per dire che non è una novità, o
un problema solo nostro. Loro se ne fregano con tutte le patologie.
INTERVENTO
Visto che le carenze dei medici di base purtroppo ricadono sulle sorti di tutti
coloro che non hanno neanche uno straccio di specialista al quale appellarsi,
mi veniva in mente una riflessione rispetto a un’altra questione annosa e
noiosa: l’abitudine, mai passata, di molti specialisti delle strutture pubbliche e
private, in particolar modo dei chirurghi, di mettere la persona sieropositiva
in fondo alle liste operatorie, in fondo alle liste degli appuntamenti, ecc…
Cosa che ci accompagna da tutta la vita. Viste le molte competenze
scientifiche che si mettono a confronto in questa sede e su Delta, perché non
tentare di lanciare una campagna di sensibilizzazione rispetto a questo,
basando l’intervento sui dati scientifici?
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SCHLOESSER
Perché non cominci a scriverci un articolo e noi da quello partiamo? Anche
una lettera… Perché i medici ci leggono molto di più di quello che noi
crediamo. Che poi non ne prendano nota è un altro discorso. Però, se vado a
Bangkok e mi siedo a un tavolo di un ristorante e incontro un medico di
Sondrio sconosciuto che mi dice: “Ah, lei è Filippo Schloesser! Quella rivista è
favolosa!” A me fa piacere, vuol dire che mi legge. Se un altro medico dello
Spallanzani mi manda una e-mail e mi dice: “Guarda, è uscito un articolo
sulla PEP. Pubblicalo, perché è importante”, vuol dire che, non solo mi legge,
ma ha anche interesse che su Delta vengano fuori delle notizie nuove. Allora,
mandatemi qualche cosa. Pubblico. E poi vediamo come si può impostare
una campagna. Rimaniamo in un network, cerchiamo di fare una campagna.
Su questo sfondi una porta aperta! Perché 15 anni fa il mio compagno fu
rifiutato da un ospedale e poi lo misero per ultimo e si prese delle infezioni
nosocomiali, perché non avevano pulito la camera operatoria: tanto era carne
da macello!
INTERVENTO
Il discorso PEP e PREP…
SCHLOESSER
A dicembre scriviamo un articolo che troverai su Delta e poi staremo dietro al
tema.
Bene. Se non c’è altro dobbiamo chiudere. Tanti baci a tutti. Grazie infinite.
Spero non vi siate annoiati. A giudicare dall’attenzione direi di no!
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CONCLUSIONE LAVORI Conclusioni: sintesi delle