CONCLUSIONE LAVORI Conclusioni: sintesi delle giornate di lavoro (osservazionale); L’attivista/advocate italiano nel 2004: verso dove andare? Quali obiettivi? (prospettico). MARCOTULLIO Io volevo ripercorrere con voi tutto quello che abbiamo fatto in questi due giorni insieme, in modo da creare una base per quello che verrà detto dopo. Nel primo modulo, che ha visto Filippo, Mauro e me protagonisti, ieri mattina, sostanzialmente attivisti hanno comunicato con attivisti ed in particolare Filippo ha parlato di aspetti scientifici della Conferenza Mondiale AIDS che c’è stata quest’anno in luglio a Bangkok; Mauro ha parlato di (un termine che non piace a nessuno qui, ma lo utilizziamo per ragioni di semplicità) aspetti sociali della stessa conferenza; e io (qualcuno ha pensato che sarebbe stato di valore aggiunto fare un po’ di formazione sui trattamenti), ho fatto appunto una presentazione su nuovi farmaci e nuovi meccanismi, in particolare gli against-CCR5. E questo primo modulo è stato un modulo di comunicazione diretta, noi tre abbiamo parlato di certi argomenti perché abbiamo ritenuto che potessero essere d’interesse per l’auditorio di questo seminario. Non è stata un’operazione semplice. Nel senso che, quando ci siamo posti il problema di disegnare il seminario di quest’anno, abbiamo deciso di fare una scelta più ad ampio spettro rispetto a quella fatta l’anno scorso, per coinvolgere tutte le associazioni che lavorano con noi e utilizzano il nostro materiale. Ci siamo posti volutamente in diversi piani: comunicare quelle che sono le nostre esperienze di attivisti ed interagire con il mondo scientifico su aspetti che riguardano direttamente le persone sieropositive: le associazioni di pazienti devono sempre confrontarsi con il mondo reale, fatto di persone sieropositive (i principali fruitori dei servizi delle associazioni) che hanno comunque, quasi sempre, un primo impatto con le strutture sanitarie pubbliche, con medici e con terapie prescritte, spesso, senza comprensione da parte del paziente. E allora abbiamo pensato di invitare tre protagonisti, molto differenti tra loro, ognuno con le proprie specificità, per farli relazionare su tre temi che potessero essere 1 di interesse comune. Abbiamo dunque creato un terreno comune per confrontarci su certi quesiti che dalla platea sono arrivati (e vi ringrazio, perché mi è sembrata una platea molto attenta). Ci siamo dunque confrontati. Questo è stato il punto. Non è una cosa nuova: probabilmente è giusto farlo e rifarlo col passare degli anni, delle esperienze, delle ottiche, delle visioni: siamo nel 2004, non siamo più nel 2000, neanche nel ’96. Abbiamo fatto un confronto anche quest’anno. E continueremo ! Sono emersi tanti spunti, di cui potremmo fare un elenco. L’idea è questa: darei la parola a Filippo. Vorremmo tentare di pensare insieme un cammino per quel che riguarda un altro potenziale seminario. Cioè, se e quando decideremo di ritrovarci, di che cosa abbiamo voglia di parlare? Di idee ne sono venute tante, però fare un percorso condiviso con le associazioni che sono qua dentro, a nostro giudizio può essere un modo per proporre un programma interessante per gli anni a venire. La parola a Filippo. SCHLOESSER A me farebbe piacere poter ragionare con voi su quello che abbiamo capito in questi due giorni, cosa pensiamo di fare sulla base di quello che abbiamo capito nel nostro piccolo da qui a un anno e quali sono i temi che vorremmo affrontare nel prossimo seminario. Naturalmente su quest’ultima parte non ci impegniamo, vediamo come si sviluppa l’anno, ci sono una serie di variabili non conosciute al momento. Ma nel frattempo, cerchiamo di vedere se troviamo degli argomenti che possano interessare tutti, così che l’anno prossimo cerchiamo di affrontarli in un seminario. Per esempio, a me viene subito in mente che molti di noi sul discorso TDM hanno detto: quanti sono i centri clinici che fanno il TDM? Dove sono? Chi sono i medici? Io me lo faccio fare? Ma poi lo sanno leggere? Questo è un tema che l’anno prossimo potremmo riportare. Però vorrei sentire la vostra posizione. INTERVENTO Io vorrei fare una considerazione. Ho avuto l’impressione che quando si sente parlare di HIV/AIDS, di trattamenti, è successo anche oggi, mi dico che forse sono nel posto sbagliato, non ho capito, mi viene in mente la differenza enorme fra quello che può emergere da un convegno, rispetto alla realtà degli ospedali o delle associazioni. Questo famoso discorso del rapporto medico/paziente. Oppure, l’altra cosa che oggi è emersa: non ci sono soldi per la ricerca! Sentir parlare di studi sull’interruzione della terapia. Il fatto che il lopinavir/rtv la gente lo dosi da sé. Qui non so quante persone sieropositive siamo che prendiamo il lopinavir/rtv. Per cui mi viene proprio voglia di farmi seguire dai tre medici che abbiamo avuto ospiti. Perché appare una realtà… mi sembrano due mondi diversi. Quello che viene fuori 2 nei convegni è bello, utopistico… ma c’è un dislivello grosso. Se un medico ascolta, anche l’interruzione di terapia ha un senso… ci sono dei problemi quotidiani che poi nei convegni non appaiono. Preoccuparsi che una terapia duri cinque anni, quando in realtà sappiamo che, oggi come oggi, la persona sieropositiva s’interroga su come starà oggi, l’anno prossimo. La cosa che ha detto Alessandra: ditelo ai vostri medici. Io ho il problema che quando faccio delle richieste a dei medici su come mi sento non vengono accolte. Mi piacerebbe vedere dei medici che seguono dei pazienti all’interno di un seminario. SCHLOESSER Qui in questa sede, tipo conferenza versus mondo reale, noi possiamo mettere le basi per essere coscienti che dobbiamo cambiare il mondo, ma non lo possiamo cambiare oggi. INTERVENTO Io volevo solo fare una considerazione per vedere chi ha avuto questo disagio di sentire parlare di qualcosa in cui, poi, non si riconosce. SCHLOESSER Perché li abbiamo portati qui? Proprio perché probabilmente l’incontro apre una porta. Che cosa mi diceva Di Perri? “La mia grossa difficoltà è quella di far capire ai medici giovani quanto era difficile 10 anni fa. E quanto comunque ancora oggi è difficile, nonostante poi con 4 pillole, tutto sommato, sia più semplice.” Allora lui ha lo stesso problema… Perché stiamo cercando di influenzare un mondo, una cultura, quella del mondo scientifico, e questo non lo possiamo fare con una conferenza, ma con un lavoro costante. Il fatto che Delta riesca a sopravvivere vuol dire che arriva la nostra voce. Quello che ho detto a Stefano, è che ognuno di noi è libero di scrivere su Delta. Delta è aperto a tutti. Quando voi avete qualche cosa da farci sapere che non va, o va migliorata, qualsiasi cosa, scriveteci perché noi pubblichiamo e poi mandiamo anche al “colpevole” una lettera e aspettiamo una risposta, come abbiamo fatto l’anno scorso col Policlinico di Roma che non dava le cariche virali. Delta è una rivista nostra, ma nostra di tutti, non è nostra “mia”. Quindi usatela. INTERVENTO Sicuramente. È un desiderio. Come sarebbe bello se fossi seguita da un dottore che ascolta le cose che dico e che è in grado di capirle. Perché spesso non sono neppure in grado di capire quello che noi chiediamo. 3 INTERVENTO Sono Silvio da Palermo. Io sono anche emofilico. Per cui la cosa è anche più complicata. Intanto grazie per questa esperienza, che è sempre un tassello che si va ad aggiungere a tante altre esperienze negative e positive, ma la vita è fatta comunque di esperienze, per cui dall’una e dall’altra si ottiene quel grigio, che sta fra il bianco e il nero. A proposito di modo reale e di medici, io m’interrogo anche sul paziente. C’è un tema che mi ha stimolato molto: il paziente ideale versus quello reale. Anche il paziente spesso appare un paziente consapevole, che si comporta nel modo migliore, evitando certe sostanze, cosa per cui i medici molto spesso non sono così collaborativi. Spesso ci si domanda: devo fare questo, non devo fare questo? Ma sappiamo tutti che la realtà è un’altra cosa. Per cui anche approfondire il tema delle interazioni ad esempio con le sostanze definite “ludiche” (espressione che mi piace molto), approfondire le interazioni insieme ai farmaci, per me è un argomento molto stimolante. Seconda cosa: a proposito della coinfezione con HCV. Sono due le questioni: o qua io sono molto sfortunato, o non ne ha parlato nessuno. Perché spesso, almeno per l’emofilico, le cose vanno quasi sempre di pari passo HIV/HCV insieme, c’è una grande percentuale (credo anche negli altri casi). Se ne è parlato poco. Ora, siccome, lo switchare da una terapia all’altra diventa più problematico avendo problemi epatici, avendo un HCV già importante, sarebbe utile affrontare il problema anche messo in correlazione con le famose sostanze ludiche di cui parlavo. Perché è chiaro che con l’HCV si dice che non si dovrebbe nemmeno guardare l’alcol, però chi lo fa realmente? Qual è il medico che, ad esempio, consiglia, anziché prendere un qualsiasi ansiolitico, o una benzodiazepina, di usare la cannabis? (Guarinieri esulta) …Sì, lo so… noi siamo d’accordo… ma chi è d’accordo veramente? C’è un discorso di ipocrisia. INTERVENTO Anch’io volevo ringraziare Nadir per avermi invitato, ho trovato molto stimolante questo convegno, ho raccolto molte curiosità, tra cui anche l’idea del fatto del counselling sui trattamenti. Uno dei prossimi progetti che vorrei portare nella mia associazione è proprio quello di darci questa possibilità. L’altra cosa si ricollega al discorso di prima e posso portare anche una testimonianza. Io vengo da Torino e conoscevo il Prof. Di Perri, ma ne avevo una percezione del tutto errata, nel senso che a me appariva come il cattedratico inarrivabile, molto tecnico, in realtà proprio in questa occasione ho avuto l’opportunità di capire che è ben altra persona, anzi ci siamo parlati ed è nata una disponibilità ad organizzare delle cose nell’ambito torinese per parlare di ciò di cui lui ha parlato qua. E quindi, una cosa che mi 4 interesserebbe molto mettere in evidenza, non è soltanto il rapporto medico/paziente ma anche, ricollegandomi a ciò che si diceva prima, medico ideale sì ma anche i pazienti ideali: della malattia non se ne vuole sapere niente. All’inizio dico: se ne occupa il medico. Forse sarebbe un tema importante il ruolo del paziente informato. SCHLOESSER Bisogna sempre fare attenzione. C’è stata una frase abbastanza chiave che, se non sbaglio, ha fatto Narciso e cioè: in fondo è più semplice dare AZT, 3TC ed efavirenz, piuttosto che andare a pensare qual è il trattamento ottimale per ognuno di noi a livello individuale con un TDM e una genotipizzazione. Perché è più complicato! Quello però dipende anche da come noi ci poniamo. Le linee guida ci sono e funzionano così così, i soldi non ci sono e comunque non ce ne saranno mai, perché è così. A questo punto o conviviamo con il problema, o cerchiamo in qualche modo di aprirci degli spazi. Per cui alla fine è un lavoro che dobbiamo fare noi e del quale ci sensibilizziamo probabilmente in questi tipi di seminari. INTERVENTO Io mi riallaccio alla questione rapporto medico/paziente, ma vorrei porre l’attenzione sul ruolo dei rappresentanti delle associazioni e degli attivisti. Ricordo il seminario di Nadir a Perugia, dove si cercò di fare un passaggio del testimone tra chi era il vecchio attivista e chi il nuovo e si cercò di prendere atto del cambiamento. Alla fine però cosa resta? Desideriamo medici migliori, in grado di dare le migliori informazioni e comunicare meglio; ma noi siamo riusciti intanto a far crescere le nostre microcommunity di persone sieropositive, con le quali ci relazioniamo nelle nostre realtà locali? È un discorso aperto che ci riguarda tutti, qualsiasi sia l’ambito di intervento della nostra realtà locale. Io in un futuro seminario Nadir insisterei su tutta la parte scientifica che, soprattutto per quanto riguarda le ultime scoperte, sembra molto gradita, per esempio il discorso sui CCR5. Ma tornerei anche sul senso dell’essere attivisti sui trattamenti e sul senso di essere attivista in generale. E anche sul senso del “collettivo”, come partecipare a un’occasione di questo genere. MARCOTULLIO Volevo solo fare una considerazione a proposito di nuove infezioni e inizio di una terapia. Voi siete attivisti da anni e da anni parlate di trattamenti e di terapie. Conoscete il mondo AIDS fin dall’inizio. Io con voi, anche se da meno tempo. Quando vi rapportate a persone che entrano adesso in questo mondo, che si relazionano nel 2004 con il problema AIDS, vi ponete il problema di 5 mettervi nei panni di chi non ha una “storia” come la nostra, siano gay o non gay?… Queste persone hanno ricevuto bombardamenti mediatici completamente diversi da quelli che abbiamo avuto tutti noi. Io questa domanda ho provato a farmela, mi piace molto frequentare il mio DH ed inoltre mi è successo ultimamente che ho avuto una valanga di amici che sono entrati nel problema (e questa cosa mi ha colpito). Questa gente si pone dei problemi che, a volte, sono diversi da quelli che siamo abituati a pensare noi. A volte proprio nuovi. La mia domanda è: qualcuno di voi si mette nella loro ottica? Perché se noi siamo persone di associazioni, dobbiamo fare “un servizio” per queste persone. Però, nel momento in cui non siamo in grado di comunicare e capire il potenziale “nuovo disagio”, o far capire alla persona il potenziale valore aggiunto che può avere a parlare e stare con noi, allora lì forse il nostro goal viene meno. La terapia va personalizzata a seconda delle esigenze dell’individuo. Questo deve essere il nostro standard a mio giudizio. Che sia once-a-day, bis in die… però, a volte mi sembra di cogliere nella platea delle reticenze in proposito. Dobbiamo metterci nell’ottica di persone che comunque hanno vissuto un contesto storico completamente diverso e che adesso si avvicinano al problema e alle quali viene detto, in stadio assolutamente asintomatico: guarda che da domani devi iniziare a prendere 5 pastiglie al giorno. Perché più o meno è così. Io non l’ho chiesto stamattina al dottor Narciso, che ne vede tanti di pazienti, ma avrei chiesto:”La gente, quando comunichi questo, come ti guarda?” Da un attimo all’altro gli comunichi che deve stravolgere la sua routine. Avere uno o due momenti “di ricordo” della propria patologia, del proprio stato di salute, può essere differente per alcuni soggetti. Spesso è necessaria una gradualità. Poi, è vero, 7 anni fa se ne prendevamo 35! Però, adesso, grazie al cielo, bisogna andare un avanti, non è più così. D’accordo che adesso è molto meglio di prima, però le persone che si infettano adesso hanno a che fare con i problemi di adesso. Non possiedono lo storico e dunque il sollievo. E vi posso assicurare che dire a una persona che deve iniziare ad assumere una terapia continuativa per tutta la vita non è assolutamente un’informazione “easy”. Anche fosse una sola pillola al giorno! Il punto è che adesso si vive meno il contesto dell’emergenza che si viveva un po’di tempo fa, quindi si percepisce meno la necessità di assumere una terapia per vivere. Le persone non hanno la cultura storica “della morte “che comunque possiamo avere noi. La mia domanda è: ci siamo posti il problema di comunicare, di entrare in un terreno diverso con queste persone? La mia è una domanda aperta. Vale la pena discuterne. Bisogna a mio giudizio capire giorno per giorno quali sono le nuove sfide, in primo luogo anche quella di risolvere il disagio psicologico 6 delle nuove infezioni cha hanno quindi una “storia nuova”. Una terapia serve per continuare a vivere, auspicabilmente bene! INTERVENTO Dal punto di vista medico sarebbe importante che una persona che non ha fatto mai terapia possa iniziarne una di un certo tipo, perché così sarà meglio fra due o tre anni. È chiaro che il paziente va anche valutato, perché se è una persona che ancora non ha capito dove si trova, allora l’importanza di dargli un numero di pasticche minore è fondamentale. Ad una persona che scopre di essere sieropositiva, questa parte tecnico-scientifica gli è completamente nuova, in quel caso lì… MARCOTULLIO In quel caso lì lui pensa “ma ne devo prendere 4 di pillole? Mi danno un po’ mal di stomaco, se ne prendo 3… forse è meglio”. INTERVENTO Noi dobbiamo fare questo, tenere conto che il nostro vissuto è passato. Stiamo guardando un mondo nuovo. Non è che possiamo angustiare la gente perché 10 anni fa si moriva. Guardare le persone nell’ottica della loro prospettiva. Capendo anche che la persona che è sieropositiva da poco, prima di capire tutti i meccanismi, ci impiegherà del tempo, che però se ha 20 CD4 non ha. È anche vero che darle una terapia come 6 pasticche di lopinavir/rtv, la metti di fronte a dei problemi. Come associazione se non teniamo conto di questo… INTERVENTO Penso che tutti quanti dovremmo farci un esame di coscienza, nel senso che anche a me a volte è capitato di tornare su discorsi triti e ritriti, occorrerebbe fare un’opera di svecchiamento. La cosa che più mi ha urtato è che in qualsiasi convegno sull’AIDS le prime parole che dai media vengono riportate dopo AIDS sono: omosessualità (e nessuno vuol negare che ci sia un nesso), tossicodipendenza (droga) e prostituzione. Questo è quello che dicevano negli anni ’80! Non che adesso sia scomparso tutto, il link ovviamente c’è, per cui, sì, parliamone pure, però parliamo anche di ragazzini che a vent’anni si presentano davanti al dottore con 650 CD4, con una viremia non ancora preoccupante e ai quali viene proposto lopinavir/rtv o cose del genere, compresi protocolli sperimentali, quando noi stiamo parlando invece di sospensioni, alternanza, terapie once-a-day. Sono la prima a dire che dovremmo andare un po’ più al passo coi tempi. 7 INTERVENTO Io sono un medico, anche se non mi occupo direttamente di HIV/AIDS. Però sono sicuramente molto colpito dal fatto che oggi qui altri medici, a parte i relatori, non ci sono. Forse non è nemmeno la sede adatta, però pensare a questo tipo di lezione, è una cosa molto importante, perché la formazione, anche dall’altra parte, non deve essere solo di carattere scientifico, anche perché non è in grado di formare. Pensare di poter ragionare sul concetto di formazione in questa direzione è fondamentale. Anche questo può risultare una provocazione, però va fatto. Io nel mio piccolo ci provo. INTERVENTO (ALESSANDRA CERIOLI) Secondo me questo seminario di Nadir, a differenza delle altre volte, ha cambiato un po’ l’impostazione e francamente preferivo quelli vecchi. Nel senso che, allacciandomi a quello che dice lui, secondo me sarebbe stato molto importante che questi tre medici fossero stati presenti anche nella prima parte del seminario, dove voi (Filippo, Simone, Mauro) avete esposto, come abbiamo sempre fatto… nel senso che loro poi sono arrivati nel pomeriggio. Noi abbiamo esposto le nostre cose da community la mattina, quello che abbiamo ritenuto importante, loro sono arrivati invece nel pomeriggio, si sono fatti la loro lezioncina, per ovvi motivi di tempo, gli argomenti erano tanti, nessuno ha potuto intervenire su alcune domande che si sarebbero potute comunque fare magari in quella sede perché erano più specifiche; poi stamattina anziché avere un talk-show veramente sul rapporto medico/paziente, alla fine noi abbiamo fatto molte domande alle quali… insomma, il fatto di averli tenuti così separati, a differenza degli altri seminari che avete fatto, non c’è stata interazione. Anche stamattina c’era una differenza dei ruoli. Io ho sentito proprio la differenza loro lì, noi qui a fare domande, altre volte invece loro ascoltavano le nostre presentazioni, noi ascoltavamo le loro e ci confrontavamo sulle nostre competenze. Questa volta a me è sembrato molto sbilanciato il seminario di Nadir. Però non so se è stata una mia sola impressione. E poi il rapporto medico/paziente non siamo riusciti a trattarlo, perché c’era questo personaggio, Di Perri, che era importantissimo per tutti noi, per cui ovviamente il focus era su di lui, perché lui ha queste tecniche che gli altri medici non considerano e a noi ovviamente interessano. Io per il prossimo tornerei, se decidiamo, a chiamare dei medici e riportare di nuovo ruoli differenti. MARCOTULLIO Ma magari! Semplicemente però se tu chiami 50 medici, sono anni che lo stiamo cercando di fare, non ne viene neanche uno! Quindi, se dobbiamo 8 cominciare a sensibilizzarli, dobbiamo farlo già da domani mattina per settembre dell’anno prossimo. INTERVENTO Io vorrei per una volta avere i medici dei piccoli ospedali. Noi parliamo sempre con le punte di diamante, ed è importante. Però vorrei capire gli altri che dicono, cosa pensano: cosa sanno i medici degli ospedali più sperduti d’Italia. Vorrei confrontarmi più con loro che non con quelli che sanno veramente le cose. INTERVENTO Vengo da Ferrara. Porto un’esperienza sul responsabile del reparto di HIV, che quando è sul podio è un gioiello, una persona molto preparata, nel momento in cui tu vai però a parlare con lei: “Io sono il capo, tu sei lo schiavo. Non ti va bene? Vai in un altro centro.” INTERVENTO Qui rimane quella separazione che dicevano prima del mondo reale/conferenze. Rimane. Stavo pensando che potremmo chiedere per l’anno prossimo ai capi di mandarci gli assistenti. E vediamo se riusciamo ad averli. INTERVENTO Io è la prima volta che partecipo a un seminario di questo genere, non avevo assolutamente nessuna idea di cosa mi sarei trovato davanti, l’ho trovato molto diverso da come lo avevo immaginato, anche perché come attivisti non sapevo bene che cosa potermi aspettare e che cosa potreste fare. E sinceramente facendo il paragone tra quello che ho sentito e da come vedo io la mia realtà, a Ferrara noi non abbiamo un’associazione: Voi mi sembrate molto, molto in alto, nel senso che date delle risposte tecniche, quando ci sono persone a cui chiedo cosa sono i CD4 e non lo sanno. SCHLOESSER Sì, ma in questo contesto eravamo già a conoscenza della preparazione dei partecipanti. Nadir sta facendo un percorso progressivo partito nel 1998. Tu probabilmente stai vivendo il disagio di chi è salito a bordo ora! INTERVENTO Sono io che sono fuori. Quando dirò a qualcuno di rivolgersi a un’associazione, gli dirò: “guarda, che questi sanno tutto di tutto”… oppure, “guarda, che se hai bisogno di più spiegazioni perché io non riesco a dartele, 9 il medico te le ha date però tu non le hai capite, vai da loro che ti informeranno, ti seguiranno e ti daranno un sostegno”. SCHLOESSER C’è un tipo di comunicazione e un altro tipo di comunicazione. E, comunque in questa sede, ripeto, stiamo facendo un percorso da 6 anni. Io non posso tornare ai CD4 al sesto anno d’organizzazione di simili seminari. Certo, non è utile per le persone che sono a livello elementare. Poi l’idea è che le persone che escono da un seminario come questo, vadano a casa, nelle loro città, e raccontino cosa hanno imparato. E’, quindi, dalle lacune che vengono fuori nei confronti delle persone a cui raccontano, poi si riesce a creare il network di comunicazione dello stesso livello. MARCOTULLIO Questo è importante. Tutte le persone che hanno chiesto di venire a questo seminario le abbiamo accettate, pur nella loro eterogeneità, per dire che vogliamo conoscere gente nuova e accettiamo un po’ tutti, però è chiaro che la maggior parte che stanno qua dentro hanno uno “storico”. Per le persone nuove, purtroppo o per fortuna… l’idea che si sviluppino mezzi informativi e formativi anche un po’ più basici di come si è fatto negli ultimi due anni c’è, la stiamo attuando, quindi speriamo di andare anche incontro ad esigenze come quelle che ci ha chiesto Riccardo. INTERVENTO Una cosa che notavo è il discorso di sapere o non sapere, per chi viene a un seminario. Io leggo Delta e posso capire cos’è il 3TC, personalmente sono abbastanza preparato, però ci sono anche termini su cui dovrei essere più informato, ma lì devo studiare io probabilmente. Quando si parla di tipi di farmaci che possono essere separati in tre tipi di categorie diverse, forse capirei di più se un medico parlasse con un nome commerciale anziché col tipo specifico di molecola. SCHLOESSER Ti devi leggere l’editoriale di Delta 17; è una cosa che abbiamo scritto Simone ed io, però riteniamo che per poter comunque fare un percorso dove la salute è nostra, dove noi siamo i protagonisti, dobbiamo fare un percorso formativo! INTERVENTO La mia era una parentesi. SCHLOESSER 10 Anche per noi che andiamo alle conferenze: una volta è tenofovir, una volta è TDF, una volta è il nome commerciale…! Non è pane, rosetta o sfilatino! È molto più complicato. INTERVENTO Mi è piaciuto molto l’intervento iniziale su quello che è stato il tema della riduzione al danno. Ma i medici che sono dalla nostra parte, quanta voglia hanno di esporsi di più? E forse uno dei temi che mi piacerebbe mettere, oltre tutto ciò che è tecnico, è capire quanto la classe medica abbia voglia di investire rispetto a una costruzione, una evoluzione, con la volontà di usare e sfruttare quello che viene chiesto per prevenzione, piuttosto che per strade che da domani in poi ci potrebbero far rischiare di tornare a 30 anni fa. Mi piacerebbe vedere la classe medica più esposta. SCHLOESSER Io sono sicuro che rispetto a quando parlavo con Aiuti (rispetto alla fine degli anni ’80, e rispetto a quello che è il “rispetto” che io sento, almeno nei miei confronti, e di tutti quelli di Nadir, o comunque di tutte le persone con HIV che vedo oggigiorno, soprattutto di quelli un po’ preparati) l’atteggiamento è cambiato. Spero che attraverso anche lo sforzo che ha fatto Nadir per portare conoscenza sui trattamenti e quel minimo di nozioni di base, per cui le persone possono andare a parlare con il medico con più coscienza del ruolo, qualcosa oggi sia cambiato. Cerchiamo di diminuire i gap, questa differenza, quest’attrito. Questo sicuramente è un nostro obiettivo. E, perché no, vediamo se l’anno prossimo riusciamo a portare 50 medici e 50 persone di noi, e vediamo cosa riusciamo a fare. C’è l’impegno di tutti noi. Poi quando manderemo l’invito, vedremo come lo strutturiamo. Adesso non me lo posso prendere come impegno. Vedremo le risorse. INTERVENTO Ieri abbiamo sentito le interazioni tra il metadone e l’assunzione dell’efavirenz, il metadone deve essere poi cambiato di dosaggio. Di conseguenza la mia domanda è: con l’introduzione della legge Fini, verranno modificati determinati parametri, che percorso ci aspetta? INTERVENTO Io sono Giulio da Pisa e lavoro per gay.it. Mi ricordo che anche l’anno scorso è venuto fuori il problema, che poi avete affrontato sull’editoriale di Delta, sulla possibilità di rendere accessibile a tutti il linguaggio tecnico, le conoscenze sempre più approfondite che ci sono su tutti questi argomenti. Io credo che non sia indispensabile fare soltanto quello che giustamente e 11 meritoriamente fate con Delta, cioè di approfondire, di portare avanti questi argomenti e anche di affrontare le questioni che sono sulla frontiera della ricerca. Ma si può anche fare un lavoro di glossario in generale, comunque creare l’informazione di base che permette accesso a tutti. Ora io non so esattamente se esiste già un qualcosa di questo tipo che spieghi in maniera semplice e accessibile a tutti il linguaggio, per cui uno si può prendere un libro e un sito internet e comprendere questa cosa. Però, visto che questo problema è sorto l’anno scorso e sorge quest’anno, io mi sento di lanciare questa idea, se possiamo aiutarci tutti insieme, su gay.it, su nadironlus.org, creare un glossario, una fonte, da cui informarsi in maniera da sapere per esempio: che cos’è il TDM? Va su quel sito, sa che c’è un motore di ricerca e gli viene fuori la definizione in maniera corretta. Se volete ci possiamo organizzare per cercare di creare una cosa di questo tipo. SCHLOESSER Secondo me il veicolo dello strumento che proponi è molto sofisticato. Nel senso che, non tutti hanno accesso. Le persone che devono arrivare ad un glossario probabilmente non hanno accesso al computer. Va fatto un opuscolo o va fatto su Delta. Lì veramente hanno accesso tutti. Allora, articolo a firma tua a febbraio 2005: glossario. Ci creiamo questo spazio sul numero di Delta. Perché no? O addirittura lo potremmo fare proprio come libricino e progetto a parte. Poi, tra l’altro, non deve avere per forza la diffusione che ha Delta. Secondo me deve avere una diffusione tripla, perché va anche ai medici laureandi. Perché, quando parli di TDM probabilmente di medici laureandi che sanno cos’è ce ne saranno 7 in Italia. È un progetto recepito. INTERVENTO Io sono d’accordo su tutti i punti che stanno emergendo. Per quanto riguarda l’HCV mi piacerebbe approfondire anche la questione trapianti. Tante volte si cerca di parlarne, appare nel programma, dopo di che viene tralasciato. Questa è una difficoltà che a volte trovo. L’altra cosa interessante è anche capire se ci sono delle osservazioni per quanto riguarda l’immunoricostituzione. M’interesserebbe capire se ci sono delle osservazioni, visto che comunque ci sono anche delle persone che hanno questa impennata dei CD4 che risalgono immediatamente, cercare di capire se ci sono degli studi che approfondiscono il tema. Quando si verifica una situazione di questo tipo che cosa accade nell’individuo? SCHLOESSER 12 Pasquale Narciso è bravissimo su questo. L’anno prossimo ci ritocca Narciso…! MARCOTULLIO Centro Aurora. Si occupano di bambini; volevo avere qualche suggerimento e spunto da voi. Partecipate ai nostri seminari, ci seguite, perché lo so, ci sentiamo via e-mail e tutto… mi piacerebbe sapere quali possono essere le vostre potenziali problematiche di eventuale interesse da trattare. Vi siete sentiti fuori? Dentro? Vi sareste voluti sentire diversamente? INTERVENTO Faccio una premessa e poi ti rispondo. Innanzitutto un’informazione che vi voglio dare. Tu prima avevi detto di mettersi nei panni di chi diventa sieropositivo nel 2004. Ecco, una cosa che mi viene da dirvi in questo momento, è di mettersi nei panni di chi è diventato sieropositivo alla nascita e oggi è qui presente in mezzo a noi. La cosa importante è che noi abbiamo un gruppo all’interno della nostra associazione e collaboriamo con altri gruppi di ragazzini sieropositivi a livello nazionale. Ma non solo, la cosa importante, e che forse nessuno di voi sa, è che questi ragazzini a loro modo stanno già facendo un percorso per diventare attivisti. Questo è successo, più o meno, in tutte le associazioni che si occupavano di AIDS pediatrico. Parliamo di una decina di anni fa, quando sono arrivate le terapie e quando la speranza di vita per questi ragazzi è diventata concreta e reale e nessuno ci poteva più venire a dire “non è vero, non importa fare, perché tanto dovranno morire”, questa cosa fortunatamente non è successa. E a questo punto il dramma grosso di questi ragazzini è stato quello di progettarsi un futuro. Un futuro che avviene in un momento dove, nella pre-adolescenza e nell’adolescenza, se tu non hai una progettualità è un dramma. È devastante. Quindi si sono trovati prima a doversi rassegnare a una data, continuavano a dirgli “sei fortunato che hai 10 anni, sei fortunato che ne hai 11…” e così via; oggi ne hanno 22, ci sono dei ragazzi che hanno 22 anni e sono in ottima salute. Quindi, a questo punto, noi come associazioni a livello europeo ci siamo organizzati e abbiamo cominciato a fare scambi e trovarci reciprocamente per trovare un filo comune su come affrontare l’adolescenza, la sieropositività e il reinserimento nella società come avete fatto tutti quanti voi. Abbiamo cominciato a fare dei convegni, più o meno il primo c’è stato otto anni fa e hanno partecipato una ventina di ragazzi provenienti da diversi paesi europei. Dopo di che l’anno dopo sono aumentati i paesi, l’ultimo convegno che abbiamo fatto è stato fatto in agosto, erano presenti una cinquantina di ragazzi, forse di più, provenienti da più di 10 paesi europei e 13 queste sono settimane interamente dedicate a loro, dove fanno dei lavori, tutto il percorso sulla loro sieropositività, ecc… Quello che come gruppo di Bologna ci siamo portati a casa quest’anno, ed è un lavoro di approfondimento che avevamo cominciato come scambio europeo con un gruppo spagnolo l’anno scorso, è stato quello del comingout. Perché un altro dramma di questi ragazzini è il non poter parlare, dire la propria condizione. È una fase dove le amicizie sono totali e assolute, dove l’amore è totale e assoluto, poi magari dopo tre giorni è finito, però in quel momento tu ci credi. E quindi tenere un segreto è assolutamente drammatico. Sinceramente noi li abbiamo frenati molto sul comunicare la propria condizione di sieropositività, per fare prima un percorso interiore da poter essere forti e poter affrontare questa cosa. Alcuni di loro hanno più risorse, altri ne hanno meno, altri sono più riflessivi e quindi hanno fatto un percorso che non li ha portati ad avere particolari traumi, altri sono stati più impulsivi e, purtroppo, abbiamo visto che l’impulsività è pesante e hanno dovuto pagare dei prezzi molto alti. MARCOTULLIO Qual è la tua proposta per “voi”? INTERVENTO La proposta è questa. La domanda che è venuta fuori dai ragazzini è la ragione per cui noi oggi siamo qua, non come operatori del centro Aurora, ma come gruppo di adolescenti, potrei dire di adolescenti a livello europeo: come cominciare ad essere attivi nelle associazioni e nella mia vita? Questa è una cosa a cui noi, come associazione, lavoriamo, ma non ce ne siamo voluti assumere totalmente la responsabilità, abbiamo ritenuto questa occasione assolutamente importante e fondamentale per loro ed è una cosa che vorremmo condividere con voi. Quindi la proposta è: cominciare a ragionare insieme su come accompagnare questi ragazzini (e sono tanti) ad essere attivi rispetto alla loro situazione e alla loro salute. Possiamo insieme trovare degli strumenti che siano più fruibili per tutti. Un’altra cosa probabilmente molto importante sarebbe coinvolgere di più le pediatrie che sono drammatiche, vi assicuro che è un dramma. Adesso non vi sto a spiegare tutto, ma riguardo alla terapia su un bambino potremmo fare un seminario solo su questo. Ci sono medici che hanno assolutamente bisogno di essere formati. Anche noi siamo d’accordo sul dire che il pediatra di Bologna è la persona più squisita: quando va ai convegni e alle conferenze, è comprensivo, dopo di che va in reparto e lo spranga, nessuno più può entrare. 14 Quindi trovare dei percorsi comuni e coinvolgere la parte scientifica della terapia. Una nota di merito ai neonatologi, non so per quale ragione però tutte le neonatologie a Bologna, e fuori Bologna, con le quali abbiamo collaborato, sono illuminate rispetto al resto del mondo scientifico. INTERVENTO (ALESSANDRA CERIOLI) Con Antonella ci conosciamo da molto tempo, per cui seguo anche il lavoro del Centro Aurora. Devo dire che, a parte la questione della nascita, ci sono problemi con i ragazzini che adesso hanno 18 anni, sono in terapia da un sacco di tempo e hanno gli stessi effetti collaterali di molti di noi. Alcuni di questi ragazzini sono sempre stati seguiti magari dal pediatra oppure da centri che non avevano lo stesso livello di informazione di altri centri. In Italia ce n’è uno che lavora molto bene sulla lipodistrofia della dottoressa Viganò, ma a parte questo, per questi ragazzini non si fa assolutamente niente. I medici non sono neanche adatti, spesso non c’è il supporto delle famiglie nel capire la terapia, è veramente un lavoro immane. Noi in ICAB abbiamo nell’Italian Comunity Advisory Board un rappresentante di Archè, ma alla fine riusciamo a fare molto poco su questo argomento, che andrà comunque affrontato, anche perché se la natalità dei bambini sieropositivi in Italia è quella dell’86 (e di quegli anni), adesso stanno arrivando i figli degli immigrati (che speriamo abbiano una cittadinanza degna di questo nome anche nel nostro paese, sempre rispetto alle leggi vigenti). Anche rispetto alle terapie e agli effetti collaterali bisognerà trovare un modo. INTERVENTO A parte gli aspetti politici, che, comunque, hanno un riflesso, ci sono anche gli aspetti sociali, le discriminazioni, trovare un lavoro e mantenerlo, Nadir può fare qualcosa? SCHLOESSER Non fa parte dello statuto di Nadir. Noi abbiamo dei limiti statutari. Sarebbe stupendo se potessimo operare in tanti ambito…ma non è così. Però vorrei ancora sottolineare una cosa: qualsiasi aspetto del mondo HIV che voi volete venga all’attenzione di tutti, del pubblico, scriveteci! Su Delta pubblichiamo ! Il sottotitolo è:“Rivista di informazione dell’HIV!” Qualsiasi informazione sull’HIV dunque la possiamo dare, sia essa sociale, giuridica, lavorativa, su trattamenti meglio ancora! Si scrive ai colpevoli se ce n’è…e cerchiamo di ottenere risposte! INTERVENTO 15 A proposito di Delta, io mi ricordo che quando abbiamo deciso di fare questo giornale il target, oltre ai pazienti, gli operatori e gli attivisti, erano i medici di base. Perché anche loro, non soltanto i medici che stanno all’interno dei centri, ma il medico di base è importante, perché quando uno ha un’influenza non è che va al Day Hospital (almeno io). E molti che conosco non ci vanno. Oppure il trattamento dell’ipertensione, del diabete. Insomma, poi crescendo con i farmaci viene fuori una serie di effetti collaterali, per cui l’HIV, in realtà, non è più il primo problema nella qualità della vita, ma diventa un problema secondario rispetto agli altri, che sono patologie correlate. Quello che a me sembra mancare, forse perché sono arrivata solo oggi, è questo rapporto che c’era inizialmente con il coinvolgimento, anche di una piccola parte, del medico di base. In qualche modo il medico di base dovrebbe accompagnarci, essere più presente. Dico una rappresentanza, ma qualcuno che rappresenti questa categoria. C’è una distanza. SCHLOESSER C’è una distanza non perché l’abbiamo creata noi, perché non ‘si filano’ nessuno. INTERVENTO Non è vero. SCHLOESSER Ed è confermato da tutti, sono davvero sindacalizzati. INTERVENTO Questo è vero. SCHLOESSER Estremamente politicizzati. INTERVENTO Questo è vero. SCHLOESSER Se ne fregano solo di quello che gli può portare due lire nella tasca. Stiamo continuando a mandare Delta a 4000 medici. INTERVENTO Ma perché forse il nostro punto di riferimento sono sempre state le associazioni dei medici di base. Non il medico di base. 16 SCHLOESSER Ma abbiamo alcuni medici di base che scrivono su Delta. Poi dopo se tra di loro non si parlano, non aprono la busta, non leggono, e non lo so se lo fanno, nel senso che non abbiamo un ritorno. INTERVENTO Questo è un discorso davvero egoistico. Siccome nel tempo noi in qualche modo affronteremo il rapporto con il medico di base, sempre più stretto e con meno dipendenza, da parte nostra, dal DH (almeno si spera), m’interessa che i medici di base siano in grado di sapere identificare un farmaco corretto che non sia in correlazione negativa con i farmaci antiretrovirali. SCHLOESSER Il problema è che i medici di base sono 40.000, quindi qualsiasi informativa tu vuoi dare a un medico di base, minimo devi scrivere a La Repubblica e al Corriere della Sera. E sicuramente se tu gli mandi 40.000 copie di Delta (a parte il costo) non leggono. E lo abbiamo visto. Perché poi, tra l’altro, non ci hanno mai detto di cancellarli dal comitato di redazione. INTERVENTO Volevo rispondere brevemente. Questa sensibilizzazione del medico di base andrebbe portata avanti. Tuttavia, faccio un esempio che forse ci potrà illustrare l’ampiezza del problema. Non c’è volta che mia madre, quasi settantenne, che dal medico di base ci và tre volte l’anno perché è demoralizzata, non vada dal medico di base e non torni dicendomi “Non mi ha misurato nemmeno la pressione!”. Questo per dire che non è una novità, o un problema solo nostro. Loro se ne fregano con tutte le patologie. INTERVENTO Visto che le carenze dei medici di base purtroppo ricadono sulle sorti di tutti coloro che non hanno neanche uno straccio di specialista al quale appellarsi, mi veniva in mente una riflessione rispetto a un’altra questione annosa e noiosa: l’abitudine, mai passata, di molti specialisti delle strutture pubbliche e private, in particolar modo dei chirurghi, di mettere la persona sieropositiva in fondo alle liste operatorie, in fondo alle liste degli appuntamenti, ecc… Cosa che ci accompagna da tutta la vita. Viste le molte competenze scientifiche che si mettono a confronto in questa sede e su Delta, perché non tentare di lanciare una campagna di sensibilizzazione rispetto a questo, basando l’intervento sui dati scientifici? 17 SCHLOESSER Perché non cominci a scriverci un articolo e noi da quello partiamo? Anche una lettera… Perché i medici ci leggono molto di più di quello che noi crediamo. Che poi non ne prendano nota è un altro discorso. Però, se vado a Bangkok e mi siedo a un tavolo di un ristorante e incontro un medico di Sondrio sconosciuto che mi dice: “Ah, lei è Filippo Schloesser! Quella rivista è favolosa!” A me fa piacere, vuol dire che mi legge. Se un altro medico dello Spallanzani mi manda una e-mail e mi dice: “Guarda, è uscito un articolo sulla PEP. Pubblicalo, perché è importante”, vuol dire che, non solo mi legge, ma ha anche interesse che su Delta vengano fuori delle notizie nuove. Allora, mandatemi qualche cosa. Pubblico. E poi vediamo come si può impostare una campagna. Rimaniamo in un network, cerchiamo di fare una campagna. Su questo sfondi una porta aperta! Perché 15 anni fa il mio compagno fu rifiutato da un ospedale e poi lo misero per ultimo e si prese delle infezioni nosocomiali, perché non avevano pulito la camera operatoria: tanto era carne da macello! INTERVENTO Il discorso PEP e PREP… SCHLOESSER A dicembre scriviamo un articolo che troverai su Delta e poi staremo dietro al tema. Bene. Se non c’è altro dobbiamo chiudere. Tanti baci a tutti. Grazie infinite. Spero non vi siate annoiati. A giudicare dall’attenzione direi di no! 18