CLAUDIO GIOVANNI ANTONIO MONTEVERDI [1567-1643] MADRIGALI GUERRIERI ET AMOROSI con alcuni opuscoli in genere rappresentativo, che saranno per brevi episodi fra i canti senza gesto [Venezia, Alessandro Vincenti, 1638] COMBATTIMENTO DI TANCREDI E CLORINDA per soprano, due tenori, quattro viole da braccio, bassone e basso continuo Testo: Torquato Tasso (Gerusalemme Liberata - C. XII e Gerusalemme Conquistata – C. XV) Prima rappresentaz.: Venezia, Palazzo Mocenigo, Carnevale 1624 1 Tancredi 1 Recitativo: che Clorinda un uomo stima vuol ne l'armi provarla al paragone. 2 Va girando colei l'alpestre cima ver altra porta, ove d'entrar dispone. 3 Segue egli impetuoso, onde assai prima che giunga, 4 in guisa avvien che d'armi suone ch'ella si volge e grida: - O tu, che porte, correndo sì? - Rispose: - E guerra e morte. Tancredi, che crede Clorinda un uomo, vuole misurarsi con lei a duello. Lei va aggirando la cima del monte verso un’altra porta, per dove intende entrare. Egli l’insegue impetuoso, producendo un rumore d’armi. Ella allora, ben prima d’esser raggiunta, si volge e grida: O tu, cosa porti, correndo a tal punto? – Rispose: - Guerra e morte. - Guerra e morte avrai: - disse - io non rifiuto darlati, se la cerchi e fermo attende. Né vuol Tancredi, ch'ebbe a piè veduto il suo nemico, usar cavallo, e scende. 4b E impugna l'un e l'altro il ferro acuto, ed aguzza l'orgoglio e l'ira accende; 5 e vansi incontro a passi tardi e lenti quai due tori gelosi e d'ira ardenti. - Avrai tu guerra e morte: - disse - io non rifiuto di dartele, se le cerchi e fermo le attendi. - Tancredi non vuol stare a cavallo, ché ha visto a piedi il nemico e così scende, ed entrambi impugnano la spada affilata e acuiscono l’orgoglio e accendono l’ira; puntano l’un l’altro a passo lento e rado: due tori gelosi, infiammati d’ira. 6 Notte, che nel profondo oscuro seno chiudesti e nell'oblio fatto sì grande, degne d'un chiaro sol, degne d'un pieno teatro, opre sarian sì memorande. 6b Piacciati ch'indi il tragga e 'n bel sereno a le future età lo spieghi e mande. Viva la fama lor, e tra lor gloria splenda dal fosco tuo 6c l'alta memoria. 7 Non schivar, non parar, non pur ritrarsi voglion costor, né qui destrezza ha parte. Non danno i colpi or finti, or pieni, or scarsi: toglie l'ombra e'l furor l'uso de l'arte. Odi le spade orribilmente urtarsi a mezzo il ferro; e'l piè d'orma non parte: sempre il piè fermo e la man sempre in moto, né scende taglio in van, ne punta a voto. 8 L'onta irrita lo sdegno a la vendetta, e la vendetta poi l'onta rinova: onde sempre al ferir, sempre a la fretta stimol novo s'aggiunge e piaga nova. D'or in or più si mesce e più ristretta si fa la pugna, e spada oprar non giova: 9 dansi con pomi, e infelloniti e crudi cozzan con gli elmi insieme e con gli scudi. 10 Tre volte il cavalier la donna stringe con le robuste braccia, e altrettante poi da quei nodi tenaci ella si scinge, nodi di fier nemico e non d'amante. 11 Tornano al ferro, e l'un e l'altro il tinge di molto sangue: 12 e stanco e anelante O notte, che nel tuo seno oscuro e profondo e in un così grande oblio hai nascosto imprese che sarebbero tanto degne di memoria, degne di un chiaro sole, di un aperto teatro, permettimi di trarle fuori al bel sereno e di narrarle e consegnarle all’età futura. Viva la loro fama e nella gloria, uscita dal tuo buio, ne risplenda la memoria. presentazione dei caratteri. 2 Figure circolari, allusive al movimento di Clorinda attorno al monte. 3 Ritmo di cavallo al galoppo. 4 Fanfara militare (imitazione dei fiati) e dialogo dei due, recitativo. 4b Recitativo mosso, drammatizzato voce all’acuto. 5 Accordi appoggiati passi. Poi, passaggio bellicoso, in stile grave e concitato (tremolo): contrapposizione di figure strumentali. 6 Prologo al duello: sinfonia strumentale, lenta [Invocazione alla notte intervento autoriale: parla il poeta] + 6b Aria con ornamen-tazioni. 6c Enfasi su alta memoria: ornamentazioni fitte e voce acutissima (madrigalismo: alta) 7 Duello: Non vogliono, costoro, schivare né parare, neppure ritrarsi, né qui l’abilità ha peso alcuno. Non sferrano ora finti, ora pieni o di striscio i loro colpi: il buio, il furore impediscono l’arte. Si odono le spade urtarsi in pieno orribilmente; e i piedi stanno saldi: è il piede sempre fermo, sempre in azione la mano, né vanno a vuoto i colpi, di taglio o di punta. figurazioni musicali (accordi staccati, ribattuti...) in stile madrigalistico: “pittura” della parola Non danno i colpi ecc. – Odi le spade ecc. concitatissimo, ostinato, scalette discendenti su né scende ecc. 8 Combattimento La vergogna irrita lo sdegno alla vendetta, e poi la vendetta rinnova la vergogna; così s’aggiungono sempre un nuovo sprone al ferire, alla fretta, e una ferita nuova. Via via più confusa e serrata si fa la battaglia, e non serve usar la spada: con l’impugnatura sferran colpi, resi vigliacchi e crudeli cozzano l’un l’altro con gli elmi e con gli scudi. Il cavaliere tre volte stringe la donna con le sue braccia robuste, ma poi altrettante ella si scioglie da quei nodi tenaci, da quelle strette di feroce nemico, non d’amante. Tornano alle spade, ed entrambi le macchiano di molto sangue e stanchi, ansimanti, questo e quello finalmente si ritirano: dopo uno sforzo tanto disordinato, senza rispetto delle regole, furia stile concitato. 9 Qui si lascia l'arco, e si strappano le corde con duoi diti (pizzicato) “pittura” musicale. 10 Abbraccio ambiguo: lotta o amplesso? vedi fig. musicali (accordi dolci, poi figure discend. su da quei nodi, poi lento su amante) 11 Stile concitato. In minore su sangue. || 12 Pausa del duello: pause, respira lungo. e questi e quegli al fin pur si ritira, e dopo lungo faticar respira. lungo, respirano. 13 L'un l'altro guarda, e del suo corpo essangue su 'l pomo de la spada appoggia il peso. Già de l'ultima stella il raggio langue sul primo albor ch'è in oriente acceso. Vede Tancredi in maggior copia il sangue del suo nemico e se non tanto offeso, ne gode e in superbisce. 13b Oh nostra folle mente ch'ogn'aura di fortuna estolle! Si guardano l’un l’altro, poggiando al pomo della spada il peso del corpo senza forze. Ormai vien meno il raggio dell’ultima stella sulla prima alba accesa ad Oriente. Tancredi vede il sangue del nemico uscire più abbondante, e se stesso non tanto ferito: ne gode e insuperbisce. Ahimè, quanto folle è la mente umana, che ogni minimo soffio di fortuna propizia basta ad esaltare! Misero, di che godi? Oh quanto mesti siano i trionfi e infelice il vanto! Gli occhi tuoi pagheran (s'in vita resti) di quel sangue ogni stilla 13c un mar di pianto. Così tacendo e rimirando, questi sanguinosi guerrier cessaro alquanto. Ruppe il silenzio al fin Tancredi e disse, perchè il suo nome l'un l'altro scoprisse: Miserabile, di che godi? Oh quanto tristi saranno i tuoi trionfi, quanto infelice il tuo vanto! I tuoi occhi pagheranno (se resti in vita) un mare di pianto per ogni goccia di quel sangue. Così tacendo e scrutandosi, questi guerrieri insanguinati cessarono un poco la lotta. Infine fu Tancredi a rompere il silenzio dicendo, perché si rivelassero l’un l’altro il nome: - 13d Nostra sventura è ben che qui s'impieghi tanto valor, dove silenzio il copra. Ma poi che sorte ria vien che ci nieghi e lode e testimon degni de l'opra, pregoti (se fra l'armi han loco i preghi) che 'l tuo nome e 'l tuo stato a me tu scopra, acciò ch'io sappia, o vinto o vincitore, chi la mia morte o la mia vita onore. - - È per nostra sfortuna che si debba usare qui tanto valore, quando il silenzio lo copre. Ma poiché la cattiva sorte vuole negarci lodi e testimoni degni della nostra azione, ti prego (per quanto le preghiere possano aver luogo in un duello), rivelami il tuo nome e la tua condizione, così che io sappia, vinto o vincitore, chi darà onore alla mia vita, o alla mia morte. - la feroce: - Indarno chiedi quel c'ho per uso di non far palese. Ma chiunque io mi sia, tu innanzi vedi un di quei due che la gran torre accese. Arse di sdegno a quel parlar Tancredi e: - In mal punto il dicesti; [(indi riprese)] e'l tuo dir e'l tacer di par m'alletta, barbaro discortese, a la vendetta. - immobile (recitaz. lenta); suoni al grave: madrigalismo (grave = pesante peso) 13b Interiezione: voce all’acuto (la linea melodica è recitativa, rappresentativa). 13c In minore improvvisam. su un mar di pianto. 13d Discorso nobile: recitativo in tono grave (v. gravitas dello stile tassiano), solenne. 14 Si 14 Rispose 15 Torna 13 Tutto Quella feroce rispose: - Chiedi in vano ciò che non sono uso a rivelare. Ma chiunque io sia, tu hai davanti uno di quei due che incendiarono la torre. - A quelle parole Tancredi s’infiamma di sdegno e ribatte: - Hai fatto male a dirlo; e sia le tue parole sia ciò che mi taci mi invitano del pari, barbaro incivile, alla vendetta. - alternano Narratore, Tancredi e Clorinda: voci diverse, con diversi affetti (caratteri). 15 Concitato: l'ira ne' cori e li trasporta, benché deboli, in guerra a fiera pugna! U' l'arte in bando, u' già la forza è morta, ove, in vece, d'entrambi il furor pugna! O che sanguigna e spaziosa porta fa l'una e l'altra spada, ovunque giugna ne l'armi e ne le carni! e se la vita non esce, sdegno tienla al petto unita. Torna l’ira negli animi e li trascina, benché deboli, allo scontro in una lotta crudele! Quando ormai l’arte è messa al bando e morta è la forza e quando, invece, è il furore d’entrambi a combattere! Oh, che sanguigna e ampia breccia fanno le due spade, ovunque colpiscano, sull’armatura o nelle carni! e se la vita non ne esce, è lo sdegno a trattenerla nel petto. Ma ecco omai l'ora fatal è giunta che 'l viver di Clorinda al suo fin deve. Spinge egli il ferro nel bel sen di punta che vi s'immerge e'l sangue avido beve; e la veste che d'or vago trapunta le mammelle stringea tenera e lieve, l'empié d'un caldo fiume. 16 Ella già sente morirsi, e 'l piè le manca egro e languente. Ma ecco, ormai, che è giunta l’ora fatale in cui la vita di Clorinda ha da finire. Egli spinge di punta nel suo bel seno la spada, che vi si immerge e avida ne beve il sangue; e la veste che, trapuntata di oro fino, tenera e lieve stringeva le mammelle, l’inonda di un caldo fiume. Ecco, lei già si sente morire e non si regge sulle gambe esauste e sofferenti. Segue egli la vittoria, e la trafitta vergine minacciando incalza e preme. Ella, mentre cadea, la voce afflitta movendo, disse le parole estreme: parole ch'a lei novo spirto addita, Vittorioso, egli insiste e incalza e opprime la vergine trafitta, minacciando. Ella, mentre cadeva, disse con voce lamentosa le ultime parole: parole che le ispira uno spirito ignoto di fede, carità, speranza, virtù che Dio le infonde. tremoli degli archi, accordi staccati marziale: in guerra a fiera pugna. 16 Rottura: cambio improvviso di tonalità (contrasto di affetto), e dissonanza su già sente; madrigalismo su e ’l piè le manca ecc.: lento, pause e fig. discendente per semitoni al grave. spirto di fè, di carità, di speme, virtù che Dio le infonde, e se rubella in vita fu, la vuolse in morte ancella. E, se in vita gli fu ribelle, la vuole serva in morte. - 17 Amico, hai vinto: io ti perdon... perdona tu ancora, al corpo no, che nulla pave, a l'alma sì: deh! per lei prega, e dona battesmo a me ch'ogni mia colpa lave. In queste voci languide risuona 17b un non so che di flebile e soave ch'al cor gli scende ed ogni sdegno ammorza, e gli occhi a lagrimar invoglia e sforza. - Amico, hai vinto: io ti perdono... perdona anche tu, non il corpo, che ormai nulla più teme, ma l’anima: prega per lei e da’ a me il battesimo, che lavi ogni mia colpa. - In queste voci languide risuona un non so che di sommesso e dolce che gli scende in cuore, smorzando ogni sdegno, e gli instilla una voglia di pianto, e lo forza alle lacrime. Poco quindi lontan nel sen d'un monte scaturia mormorando un picciol rio. Egli v'accorse e l'elmo empié nel fonte, e tornò mesto al grande ufficio e pio. Tremar sentì la man, mentre la fronte non conosciuta ancor sciolse e scoprio. 18 La vide e la conobbe: e restò senza e voce e moto. Ahi vista! ahi conoscenza! Poco lontano da quel luogo, in un anfratto del monte, sgorgava mormorando un piccolo ruscello. Egli vi accorse e riempì l’elmo in quella fonte, quindi tornò mesto al solenne e santo rito. Sentì tremargli la mano, mentre liberò il volto non ancora conosciuto, e lo scoprì. La vide, la riconobbe, e restò senza voce, inerte. Ahimè, che vista, che tremenda consapevolezza! Non morì già, ché sue virtuti accolse tutte in quel punto e in guardia al cor le mise, e premendo il suo affanno a dar si volse vita con l'acqua a chi col ferro uccise. 19 Mentre egli il suon de' sacri detti sciolse, colei di gioia trasmutossi, e rise: e in atto di morir lieta e vivace dir parea: 20 "S'apre il ciel: io vado in pace". Non morì, tuttavia, perché raccolse ogni forza in quell’istante e la pose a guardia del cuore. Quindi, soffocando il proprio affanno, cominciò a dare con l’acqua la vita eterna a colei che aveva ucciso con la spada. Mentre egli recitava la formula di rito, il volto di lei si mutò in gioia e sorrise, e morendo lieta e come rivivesse pareva dire: “Per me si apre il cielo, vado in pace”. 17 Parla Clorinda, morente: archi acuti e pause (v. testo: punteggiatura). 17b Passaggio in minore su un non so che di flebile e soave. Melodia discendente madrigalismo. 18 Concitato. Poi stentato (pause). Poi grido all’acuto – in tonalità lontana: trauma, rottura. 19 Formula battesimale: lento, note tenute. 20 Trasfigurazione: archi acuti, melodia verso l’alto (va in cielo), ton. maggiore, serena. L’interpretazione attraverso la musica: chi meglio del Monteverdi stesso può spiegarcela? Lo fa direttamente nella Prefazione dell’ottavo libro dei madrigali e, indirettamente, attraverso suggestive lettere manoscritte dell’ottobre 1633. Da questi passi, preludi ad una monumentale opera teorica sulla “seconda prattica musicale” annunciata già dal 1605 e mai pubblicata, si evince che per il musicista tre sono le principali passioni dell’animo umano, degne d’esser tradotte in musica: “ira, temperanza e umiltà”, quante sono le qualità naturali della voce, “alta, bassa o mezzana”. In termini musicali corrispondono indi agli stili “concitato, molle e temperato”, gli ultimi due già da molto utilizzati nella composizione di madrigali. Di tre sorti sono anche le maniere di sonare “oratoria, armonica e ritmica” e quindi tre modi d’adoperar la musica “da teatro, da camera e da ballo”. Di qui, infine, eccoci giungere alla “intitolazione” dei generi musicali, “guerriera, amorosa, e rappresentativa”. Si veda lo schema: Passioni Ira Temperanza Umiltà (+ amore ecc.) Registro vocale Alto Mezzano Basso Stili musicali Concitato Temperato (moderato) Molle (affettuoso) Modi di “sonare” Ritmica Oratoria (recitativo) Armonica (cantabile) Generi musicali Guerriera Rappresentativa Amorosa Il nuovo stile concitato è tradotto dal tremolo, veloce ribattere di note identiche per altezza e valore (assai piccolo, in semicrome) «con agiontione di oratione [=testo poetico] contenente ira et sdegno». Si va verso una precisa codificazione degli “affetti” (stati d’animo, sentimenti, emozioni), tradotti nel Barocco da specifiche formule musicali (stilemi – si veda ad es. il tremolo di Monteverdi per lo stile concitato, “guerriero”). Il genere rappresentativo nasce per evoluzione dal madrigale (come forma sia poetica sia poetico-musicale): Madrigale Madrigale drammatico Genere Lirico Drammatico, rappresent.vo Composizione A più voci Per voce sola (personaggi) Organico Vocale Vocale-strumentale Dal madrigale rappresentativo, per aggiunta di azione scenica, deriva il teatro musicale Monteverdi, Orfeo (1607)