STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI: UNO
SGUARDO OLTRE I CONFINI
L’Autore analizza l’evoluzione dei controlli societari, dalle loro prime manifestazioni
alla crisi economica e finanziaria attualmente in corso. Con un approccio comparativo,
il contributo confronta il diritto societario negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in
Germania, Francia e Spagna. In particolare, negli Usa gli scandali Enron e WorldCom
hanno recentemente mostrato profonde fragilità e problemi. Il Congresso ha
parzialmente superato la tradizionale separazione fra Corporate Law e Securies Law,
per evitare dissesti in futuro. In passato, la legge statale regolava la società azionaria;
la legge federale i mercati borsistici. Tuttavia, il diritto federale ha oggi esteso la
propria competenza sull’organizzazione interna delle società. Ad esempio, il Sarbanes
Oxley Act ha rafforzato il ruolo del Chief Executive Officer (CEO) e dell’Audit
Committe. Anche gli amministratori indipendenti ricoprono un’importanza crescente.
La normativa americana è un modello per gli altri Stati. La direttiva 2006/43/CEE
dell’Unione europea ha modificato la disciplina dei controlli contabili: gli enti di
interesse pubblico devono dotarsi di un “comitato per il controllo interno e la revisione
contabile”, largamente ispirato al sistema angloamericano. Il modello italiano è un
“unicum” nel panorama internazionale: nessun Paese dispone di un organo
paragonabile al collegio sindacale, inteso come un organo sociale di controllo interno
sulla gestione. Tutti gli Stati hanno rafforzato i controllori dei conti, mentre l’Italia ha
preferito potenziare l’istituto dei sindaci. L’integrazione fra il diritto societario italiano
e quello europeo risulta, così, più difficile: forse, la situazione necessita di un
ripensamento?
di RICCARDO RUSSO
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
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STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
1. Brevi considerazioni introduttive.
I controlli societari1 rappresentano uno dei nodi più complessi della corporate
governance2. I frequenti interventi dei legislatori nazionali, e di quello comunitario,
testimoniano la rilevanza della materia e la sua costante necessità di aggiornamento.
Il tema, infatti, non è stato insensibile alle emergenze che, nel corso degli ultimi
anni, hanno interrogato la solidità dell’impianto delle società di capitali; l’insorgere di
ingenti dissesti nei bilanci e la perdurante crisi economica e finanziaria hanno rivelato
notevoli fragilità.
A tali criticità, sostanzialmente comuni alle più rilevanti economie mondiali,
sono state date molteplici soluzioni. Negli Stati Uniti, agli eccessi del management, e di
Wall Street, si è reagito incrementando l’intervento federale, con la conseguenza di una
progressiva erosione della competenza statale sul diritto societario.
In Europa, l’azione autonoma dei Paesi membri è stata affiancata
dall’approvazione della normativa comunitaria, che ha tentato di ridurre le differenze
esistenti fra i singoli ordinamenti.
Al di là di specificità più o meno marcate, vi sono coordinate comuni entro cui
inquadrare le riforme più recenti: pressoché ovunque si assiste, infatti, ad un
potenziamento dei controlli societari, al rafforzamento delle prerogative dei consiglieri
indipendenti, al tentativo di rendere più trasparente ed attendibile l’informazione
societaria.
1
Per una trattazione esaustiva si vedano, almeno, MONTALENTI, Società per azioni, corporate
governance e mercati finanziari, Milano, 2011; GALGANO, Diritto commerciale. Le società,
Bologna, 2013; BRAINBRIDGE, Corporate Law, New York, 2009; EISENBERG, The Structure of
the Corporation. A Legal Analysis, Boston-Toronto, 1976; RIOLFO, Gran Bretagna e Stati
Uniti: il sistema di amministrazione e controllo delle companies e delle corporations in AA.VV.,
Percorsi di diritto societario europeo, a cura di PEDERZINI, Torino, 2011, 265 ss.; RONDINELLI,
Il sistema dualistico di amministrazione e controllo nella società per azioni tedesca, ivi, 208 ss.;
AA.VV., Lecciones de derecho mercantil, Navarra, 2008; SÁNCHEZ CALERO, Instituciones de
Derecho mercantil, 1998, Madrid; NACIRI, Traité de gouvernance corporative: théories et
pratiques à travers le monde, Saint-Nicolas (Québec), 2006; GUYON, Droit des affaires, Paris,
1986.
2
MONTALENTI, Società per azioni, cit., 159 vede nella materia “uno dei temi fondamentali, se
non il tema fondamentale, della corporate governance negli ordinamenti dei paesi industriali
avanzati”.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
27
STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
All’interno della disciplina italiana sono numerosi gli indicatori di un’apertura
verso altre esperienze giuridiche: si pensi ai modelli alternativi di governance;
all’impianto della legge a tutela del risparmio, ispirata in larga parte all’americano
Sarbanes-Oxley Act; al ruolo riconosciuto agli amministratori non esecutivi. L’obiettivo
della presente ricerca consiste, essenzialmente, nel risalire alle fonti originarie di tali
innesti di diritto straniero sul corpus del diritto societario italiano..
2. Il sistema angloamericano: alle fonti del modello monistico.
2.1. Stati Uniti: la corporation fra Corporate Law e Securities Law.
Negli Stati Uniti, la società per azioni è chiamata “corporation”: il nome riflette
l’attribuzione di una specifica caratteristica, l’“incorporation”. Una dizione,
quest’ultima, equivalente alla “personalità giuridica” del nostro codice civile (art. 2331
c.c.).
“Corporation” individua la “società con soci a responsabilità limitata”, dato che
“il significato assunto, nella tradizione inglese, della incorporation (…) è quello di
concessione del beneficio della responsabilità limitata”3. Della corporation esistono due
varianti: la publicly held corporation e la closely held corporation.
La publicly held corporation è una società a larga base azionaria, con azioni
quotate in borsa; la closely held corporation, invece, una società a ristretta base
azionaria, non quotata4.
L’ordinamento societario statunitense è informato al principio di separazione5: i
mercati sono disciplinati dalla legge federale (Securities Law), la società per azioni dai
singoli Stati (Corporate Law) 6.
Un esempio può (forse) contribuire a rendere più chiaro il punto in questione: si
consideri il caso di due società per azioni americane, operanti in più Stati e quotate a
Wall Street. Si ipotizzi, ora, che una abbia la propria sede sociale a Dover, capitale del
Delaware; l’altra, invece, a Trenton, nel confinante New Jersey.
In materia di scambi sui mercati, trattandosi di società quotate, esse si atterranno
entrambe alla Securities Law; in materia di organizzazione interna, invece, avendo sede
3
GALGANO, Diritto commerciale, cit., 130.
RIOLFO, op. cit., 265.
5
MONTALENTI, Società per azioni, cit., 5.
6
RIOLFO, op. cit., 264 e MONTALENTI, Società per azioni, cit., 6.
4
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
28
STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
in due Stati differenti, saranno assoggettate, rispettivamente, al Delaware Corporate
Law ed al New Jersey Corporate Law.
La suddivisione fra Corporate Law e Securities Law, così come la
differenziazione fra singoli diritti statali non è né rigida né assoluta. L’azione congiunta
di due differenti tendenze contribuisce a renderne più sfumati i confini: da un lato, il
legislatore federale espande la propria influenza a scapito dell’autonomia statale;
dall’altro, il diritto societario tende a variare sempre meno da Stato a Stato.
2.2. (segue): il tramonto del principio di separazione.
Lo sviluppo del diritto e dell’economia degli USA induce a ritenere che la
divaricazione fra Corporate Law e Securities Law sia mutevole nel tempo.
Particolarmente netta in occasione dei primi interventi federali sulla Borsa, è divenuta
via via più sfumata. Oggi, infatti, il principio di separazione volge, sotto certi aspetti, al
tramonto: a seguito di ingenti tracolli finanziari – in primis, Enron e WorldCom –
materie fino ad allora riservate alla legge statale sono state attratte nella competenza
federale7. Con l’approvazione del Sarbanes-Oxley Act, ad esempio, il Congresso ha
dettato regole che incidono anche sulla distribuzione dei poteri fra gli organi sociali.
La regolamentazione federale dei mercati è uno dei più grandi (e duraturi)
risultati del “periodo di straordinario fermento legislativo” seguito alla Grande Crisi del
19298. L’inedito interesse del governo per un settore tradizionalmente lasciato
all’autonomia privata non contò subito su una piena legittimazione. Nonostante il
diffuso sentore che la mancanza di una normativa federale avesse aggravato la
situazione di Wall Street, l’intervento sui mercati, all’indomani della vittoria di Franklin
Delano Rooosevelt (1932), incontrò un’iniziale diffidenza, dovuta al mancato ritorno
dell’economia americana, nel breve periodo, ai livelli difficilmente sostenibili dei
“ruggenti” anni Venti9.
A convincere l’opinione pubblica fu, probabilmente, anche la costanza con cui
Roosevelt perseguì la ricostruzione di un clima di fiducia fra gli investitori e ne fece una
7
MONTALENTI, Società per azioni, cit., 7.
CUSHMAN, The Great Depression and the New Deal, in AA.VV., The Cambridge History of
Law in America, III, edited by GROSSBERG – TOMLINS, New York, 2008, 268.
9
MARK, The corporate economy: ideologies of regulation and antitrust, 1920-2000, in AA.VV.,
The Cambrige History of Law in America, cit., 628 ss.
8
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
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STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
delle principali priorità del governo10, da realizzarsi proprio attraverso il controllo
pubblico della finanza (“social control over finance”)11.
Grazie al proprio carisma, il Presidente conseguì una schiacciante conferma
nelle urne (1936) e spinse il Partito Democratico verso una sequenza ininterrotta di
vittorie (1932 – 1946), che assicurarono ampie maggioranze al Congresso con le quali
portare a compimento l’ambizioso programma di riforme del New Deal, in sintonia con
le aspettative di larghi settori della società americana12.
Il clima emergenziale determinato dalla Seconda guerra mondiale – testimoniato
anche dalla corsa di Roosevelt per un terzo (1936) ed un quarto (1940) mandato alla
Casa Bianca, fatto inaudito per un Presidente13 – così come la vittoria degli USA sullo
scacchiere bellico e la tenuta complessiva del sistema economico riconciliarono
l’opinione pubblica con il sistema finanziario14.
La politica economica inaugurata da Roosevelt si consolidò, infine, nel corso del
Dopoguerra, anche grazie ai risultati conseguiti dall’industria americana nell’ambito
della ricostruzione dei Paesi danneggiati dal conflitto15.
2.3. (segue): più legislatori, una materia: corsa verso l’alto o verso il basso?
La compresenza di più legislatori statali coinvolti nella disciplina della
corporation è un’applicazione della teoria della regulatory competition16. Inizialmente
pensata per descrivere le dinamiche della finanza pubblica e della tassazione, la teoria
10
CUSHMAN, op. cit., 273.
PRITCHARD – THOMPSON, Securities Law and the New Deal Justices, in Virginia Law Review,
95, 2009, 846.
12
MARK, op. cit., 628.
13
Si impone, a tal proposito, una brevissima considerazione di carattere storico. Seguendo la
consuetudine inaugurata da George Washington, nessun Presidente americano prima di
Roosevelt aveva mai cercato un terzo mandato. Affinché si tornasse ad osservare il limite dei
due mandati, nel 1951 il Congresso approvò il XX Emendamento alla Costituzione: un
riconoscimento palese del carattere del tutto eccezionale delle circostanze che avevano
permesso la rottura della tradizione.
14
MARK, op. cit., 633.
15
MARK, op. cit., 628.
16
MALBERTI – GHEZZI – VENTORUZZO, Commento sub 2380 c.c., in AA.VV., Commentario alla
riforma delle società, diretto da MARCHETTI – BIANCHI – GHEZZI – NOTARI, Milano, 2005, 48.
11
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STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
dell’economista americano Charles Tiebout17 afferma che “ponendo in competizione tra
loro più legislatori, sia possibile raggiungere, qualora siano soddisfatte determinate
condizioni, un risultato più efficiente di quello ipotizzabile nel caso in cui vi sia soltanto
un unico legislatore”18.
Come un Giano Bifronte, la concorrenza fra ordinamenti ha due volti: può avere
effetti particolarmente vantaggiosi o per gli azionisti (race to the top)19 o per gli
amministratori (race to the bottom)20.
Secondo i sostenitori della teoria della race to the top, la possibilità di scelta fra
più ordinamenti (free choice of law) favorisce gli Stati la cui legislazione assicuri la
massimizzazione del valore delle azioni.
Coloro che, al contrario, accolgono
l’opposta teoria della race to the bottom, ritengono che gli Stati pieghino il proprio
diritto societario agli interessi degli unici soggetti che decidono dove collocare la sede
della corporation: gli amministratori.
Per arginare gli effetti deleteri della race to the bottom, è stato suggerito di
coinvolgere il legislatore federale nella predisposizione di National Corporate Law
Standards21; si ridurrebbero le distanze fra modelli e si garantirebbe un nucleo
intangibili di regole comuni. Un chiaro indice di come la separazione fra Corporate
Law e Securities Law sia sempre meno marcata.
17
TIEBOUT, A Pure Theory of Local Expenditure, in Journal of Pol. Ec., 1956, 416 ss.
MALBERTI – GHEZZI – VENTORUZZO, op. cit., 47 ss, precisano quali siano tali condizioni: fra
gli ordinamenti, deve sussistere “una mobilità perfetta e senza costi dei soggetti sottoposti a
regolamentazione”; questi ultimi devono essere “perfettamente informati in relazione alla
situazione in cui si verrebbero a trovare” negli altri sistemi giuridici; ai soggetti deve essere
conferita, poi, la “possibilità di scegliere tra un ampio numero di ordinamenti”; non devono
esistere esternalità; i legislatori non devono risultare “sottoposti a vincoli esterni nella
produzione delle loro regolamentazioni”; infine, gli ordinamenti in concorrenza “devono aver
raggiunto una dimensione di crescita ottimale”.
19
WINTER JR., State Law, Shareholder Protection and the Theory of the Corporation, in
Journal Legal Stud., 1977, 251 ss; ROMANO, Law as a Product: Some Pieces of the
Incorporation Puzzle, in Journal of Law, Econ. & Org., I, 1985, 225 ss.
20
CARY, Federalism and Corporate Law: Reflections Upon Delaware, in Yale L.J., 1974, 663
ss.
21
CARY, op. loc. ult. cit.
18
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
31
STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
2.4. (segue): “Why Corporations Choose Delaware”: la dottrina davanti al
successo di uno Stato.
I commentatori hanno parlato, a ragione, di “predominio”22 della legislazione del
Delaware, l’ordinamento “più all’avanguardia nell’elaborazione di regole normative” in
campo societario23.
La supremazia del Delaware è efficacemente riassunta dalla copertina
dell’edizione del 1993 di uno dei più importanti saggi della letteratura giuridica
statunitense: “The genius of American Corporate Law”, di Roberta Romano, docente
alla Yale Law School24.
In un quadrato, sono raffigurate diverse persone nelle vicinanze di alcuni
banconi di un ufficio, accanto ai quali è riportato, su un cartello, il nome di uno Stato
americano; il bancone del Delaware è l’unico davanti al quale si formi una coda
considerevole.
Fin qui, il dato di fatto: le società americane, lasciate libere di scegliere in quale
Stato collocare la propria sede, e quindi di decidere a quale normativa statale
assoggettarsi, tendenzialmente optano per il Delaware.
E’ interessante soffermarsi sulle ragioni alla base di questa netta e duratura
preferenza. Il tema è affrontato con estrema chiarezza da Lewis S. Black, Jr., esponente
di primo piano del mondo forense americano, nel suo opuscolo “Why Corporations
MONTALENTI, Società per azioni, cit., 7. In un precedente contributo, l’Autore ha definito il
“mercato delle regole” degli Stati Uniti come un “mercato oligopolistico”, che risulta
“nettamente dominato” dal modello del Delaware: v. ID., Corporate governance, consiglio di
amministrazione, sistemi di controllo interno: spunti per una riflessione, in Riv. soc., 2002, I,
806.
23
RIOLFO, op. loc. ult. cit.
24
Dell’opera – ROMANO, The genius of American Corporate Law, Washington, 1993 – è stato
dato un giudizio ampiamente lusinghiero dal giudice Ralph K. Winter: il saggio “typifies a
devolution in academic discourse regarding corporate law”. La sua originalità risiederebbe, fra
le altre cose, nel titolo scelto dalla docente: “Twenty years ago, it would have been
inconceivable that a scholar such as Roberta Romano (…) would publish a work with such a
title. Twenty years ago, legal scholars were herdlike in regarding corporate law as a species of
consumer protection in which the law’s role was to protect helpless investors by hogtying a
predatory corporate management”: così WINTER JR., Foreword to ROMANO, The genius, cit.,
IX.
22
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
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STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
Choose Delaware”25. L’autore ritiene che le cause del fenomeno siano molteplici: “I
think the answer is not one thing but a number of thing”.
Il diritto societario del Delaware è “uno dei più avanzati e flessibili” ed è
regolarmente studiato nelle aule delle law school; la popolazione dello Stato rivela un
atteggiamento “generally pro-business”, tenuto in grande considerazione dai suoi
rappresentanti, che hanno fatto dell’aggiornamento della Corporate Law una delle
proprie priorità; il Secretary of State’s Office si distingue per la propria efficienza,
offrendo agli operatori commerciali servizi ritenuti assolutamente di prima qualità26.
Inoltre, le sue corti sono quelle “più preparate nella risoluzione delle
problematiche” della corporation27. L’affidabilità dei giudici di uno Stato, infatti, ha
una rilevanza persino maggiore rispetto alla legge. Diversi Stati, nonostante abbiano
varato una normativa societaria ispirate al Delaware, non sono, tuttavia, riusciti ad
attrarre società che là avessero già fissato la propria sede28.
L’esistenza di una Court of Chancery, appositamente dedicata alla materia
societaria, poi, assicura una tempistica rapida e certa nelle controversie giudiziarie29.
Fondata nel 1792, ha saputo ritagliarsi un’importanza ed una reputazione che hanno
ormai superato i confini dello Stato; nel corso della sua storia plurisecolare, ha potuto
contare sui migliori avvocati, che vi hanno servito come “chancellors” e “vicechancellors” 30.
Ad un elevato numero di società con sede in uno Stato corrispondono, per quello
Stato, ingenti introiti fiscali: la consapevolezza di ciò ha spinto altre realtà ad adottare le
soluzioni giuridiche del Delaware. Il risultato è la “sostanziale uniformità” del diritto
societario americano31.
Questa ulteriore circostanza è la più importante e la più difficile da spiegare:
Black racconta che, interrogato sui vantaggi che garantirebbe un “national corporation
25
BLACK, JR., Why Corporations Choose Delaware, Dover, 2007, da consultare su
corp.delaware.gov.
26
BLACK, JR., op. cit., 1 ss.
27
RIOLFO, op. loc. ult. cit..
28
MONTALENTI, op. loc. ult. cit.
29
BRAINBRIDGE, op. cit., 9.
30
BLACK, JR., op. cit., 5.
31
RIOLFO, op. loc. ult. cit.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
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STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
law”, un docente universitario avrebbe risposto, con disarmante semplicità, che ne esiste
già uno: “Si chiama Delaware corporation law” 32.
In definitiva, la storia e la tradizione che attorniano il diritto societario del
Delaware gli attribuiscono un grado di rispetto, a livello di Federazione, che non può
essere in alcun modo pareggiato33.
2.5. (segue): dal managing board al monitoring board. Il ruolo degli
independent directors.
La struttura della corporation è caratterizzata dal modello dell’one-tier board:
ciò significa che la suddivisione fra mansioni di gestione e compiti di controllo non si
riflette nella predisposizione di due distinti organi. Del resto, già il solo numerale “one”
riassume, meglio di qualsiasi altra possibile spiegazione, il fatto che l’amministrazione e
la sorveglianza siano ricomprese in un unico organo, il consiglio di amministrazione34.
Si può registrare, en passant, come un simile assetto non manchi di presentarsi
anche nel modello monistico del codice civile italiano35.
L’esistenza di un solo organo investito di funzioni che, nel sistema tradizionale,
sono tenute rigidamente distinte impone l’adozione di un accorgimento da parte della
società: affinché la supervisione sia attendibile ed effettiva, è necessario che essa sia
affidata soltanto a quegli amministratori che siano sprovvisti di attribuzioni esecutive36.
In aderenza ad una moderna visione del consiglio di amministrazione37, il board
statunitense accentra funzioni che afferiscono più al controllo, che non alla gestione. La
sua storia recente è caratterizzata dal passaggio da un “consiglio che gestisce”
(managing board) ad un “consiglio che supervisiona” (monitoring board).
Particolarmente attenta al tema si è rivelata l’analisi di Melvin Anron Esinberg
che, già nel corso degli anni ’70 del secolo scorso, ha tratteggiato con precisione i
32
BLACK, JR., op. cit., 2.
BLACK, op. loc. ult. cit.
34
RIOLFO, op. cit., 300.
35
V. artt. 2409 sexiesdecies ss. c.c.
36
EISENBERG, op.cit., 171.
37
V., all’interno di in AA.VV., I controlli societari. Molte regole, nessun sistema, Milano, 2010:
BIANCHINI – DI NOIA, Il reticolo dei controlli societari: lo stato dell’arte, 2; FERRARINI,
Funzione del consiglio di amministrazione, ruolo degli indipendenti e doveri fiduciari, 51.
33
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
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STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
contorni del c.d. monitoring model38, all’interno del quale il consiglio si limita a
verificare l’adeguatezza dei risultati conseguiti dagli amministratori esecutivi.
Nell’applicazione del modello, il consiglio – pur restando saldamente “the most
prominent actor in corporate governance” 39 – si trova ad essere munito di un potere di
gestione soltanto “teorico” 40.
La dottrina ha posto in luce lo iato esistente fra il paradigma astratto del board in
principle ed il board in practice41: la prassi, infatti, consegna un’immagine del consiglio
di amministrazione lontana da quella che, nel tempo, gli è stata affibbiata. Il board non
è in grado di offrire agli azionisti rassicurazioni circa le prospettive del loro
investimento: gli amministratori non esecutivi, a causa delle asimmetrie informative
(lack of knowledge) da cui sono affetti, finiscono sovente con l’approvare acriticamente,
quasi con un solo cenno del capo (nodding approval), le determinazioni degli esecutivi.
Di conseguenza, in fatto di controllo, spesso il board dà dimostrazione di “inerzia”42.
Un possibile rimedio a questa situazione risiede, forse, nel rendere più
omogeneo il livello di conoscenza delle diverse categorie di amministratori43. A
migliorare la qualità dell’azione del board potrebbe contribuire una forte valorizzazione
dell’informazione societaria, alla quale dovrebbe essere riconosciuta funzione di
governance: una gestione improntata alla trasparenza induce gli amministratori a tenere
condotte virtuose e a difendere la propria reputazione44.
Caratteristica del sistema americano è, inoltre, la presenza dei consiglieri
indipendenti (independent directors): elevati a “simbolo di buon governo societario”45,
essi devono, essenzialmente, vigilare affinché gli amministratori esecutivi non
38
EISENBERG, op. cit., passim.
HOPT, Comparative Corporate Governance: The State of the Art and International
Regulation, 2011, 24, reperibile al sito ssrn.com,
40
RIOLFO, op. cit., 267 ss.
41
WILLIAMSON, Corporate Boards of Directors: In Principle and in Practice, in Journal of
Law, Econ. & Org., 2008, 247; MACE, Directors: Myth and Reality, Cambridge, 1971, passim.
42
FERRARINI, op. cit., 64; STAPLEDON – LAWRENCE, Board Composition, Structure and
Independence in Australia’s Largest Listed Companies, in Melbourne University Law Review,
1997, 21 ss.
43
WILLIAMSON, op. cit., 268.
44
KRAAKMAN, Disclosure and Corporate Governance: An Overview Essay, in FERRARINI –
HOPT – WINTER – WYMEERSCH, Reforming Company and Takeover Law in Europe, Oxford,
2004, 97 ss.
45
BIANCHINI – DI NOIA, op. cit., 8.
39
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
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STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
perseguano interessi extrasociali e non tentino di procurarsi vantaggi indebiti
nell’espletamento della propria attività.
La corporation americana è il luogo più fertile per lo sviluppo e l’affermazione
degli amministratori indipendenti: in società quali le corporations d’Oltreoceano, a
proprietà diffusa, essi devono esercitare quel controllo sull’operato del management che
i singoli (e numerosissimi) azionisti tendono a non svolgere46.
Il requisito qualificante di tale tipologia di amministratori rappresenta uno dei
profili più critici della loro intera disciplina47: la determinazione dell’esatto contenuto
dell’indipendenza, infatti, è impresa poco agevole, anche per via della dimensione
“tanto vaga quanto totemica” assunta, di recente, dall’espressione48.
Senza volersi addentrare in un’esegesi dell’indipendenza che esula dall’oggetto
del presente contributo, ci si può limitare ad una semplice considerazione: perché un
consigliere sia indipendente, è richiesta la sua “estraneità” rispetto ad “aggregazioni,
anche pienamente legittime, di interessi”49; tuttavia, se finora non si è giunti ad una
“definizione comune soddisfacente” – né nell’esperienza statunitense né in quella
internazionale – ciò è dovuto all’“inadeguatezza di una qualunque nozione che si basi su
una lista” per sua stessa natura non esaustiva, di circostanze e situazioni tali da
condizionare le valutazioni degli amministratori50.
Infine, si può notare come nell’esperienza americana, caratterizzata dalla
proprietà diffusa, gli amministratori in questione debbano essere indipendenti,
essenzialmente, dal management; invece, nel contesto italiano, nell’ambito del quale le
società sono, tendenzialmente, a proprietà concentrata, essi devono esserlo dalle
pressioni del socio di controllo.
2.6. (segue): la corporation dopo il Sarbanes-Oxley Act.
Il dato è riconducibile al più vasto fenomeno dell’apatia razionale: i piccoli investitori si
estraniano volontariamente dai momenti e dalle decisioni che caratterizzano la vita sociale, in
quanto del tutto privi di sufficienti incentivi a sostenere costi di informazione e di
organizzazione.
47
REGOLI, Gli amministratori indipendenti, in AA.VV., Il nuovo diritto delle società. Liber
amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da ABBADESSA – PORTALE, II, Torino, 2006, 407.
48
ROSSI, Un G20 per nuove regole sui derivati, in Il Sole 24 Ore, 3 febbraio 2011, 1.
49
LIBONATI, Conclusioni, in AA.VV., I controlli societari, cit., 197.
50
REGOLI, op. cit., 410.
46
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
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STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
Notevole importanza hanno assunto i comitati (Audit Committees), vere e
proprie emanazioni del board, resi obbligatori dal Sarbanes-Oxley Act51, e composti,
secondo una prassi ormai consolidata, da amministratori indipendenti52.
Il provvedimento menzionato, di spiccata complessità53, è stato preceduto da una
fitta attività di inchiesta del Congresso54. Approvato il 30 luglio 2002, ha rappresentato
la risposta agli scandali che, da Enron a WorldCom, avevano sconvolto, all’inizio del
nuovo millennio, la finanza americana.
Nell’approvare le nuove norme, forse favorito dal clima di generale sdegno per
le frodi poste in essere da amministratori “infedeli” e revisori “compiacenti” 55, il
legislatore federale ha rivelato la “rara” capacità di occuparsi delle cause profonde dei
dissesti societari e delle disfunzioni del sistema finanziario56.
Uno degli assi portanti della riforma consiste nell’inasprimento “a tutto campo e
in profondità”57 dell’apparato dei doveri, del profilo della responsabilità e del regime
sanzionatorio, pecuniario e penale, dei gestori e dei controllori.
Nell’applicazione del Sarbanes-Oxley Act si è verificata una sorta di
“eterogenesi dei fini”58: diverse società, pur di non sottostare alle ingerenze previste da
provvedimento, hanno rinunciato alla quotazione (delisting).
Bisogna ricordare, poi, che il diritto societario nordamericano, tradizionalmente
affidato alla competenza dei legislatori statali, è stato oggetto di un’incisiva opera di
armonizzazione “federale”, anche grazie al Sarbanes-Oxley Act. Ad accorciarsi non
Di “important role” parla, a tal proposito, HOPT, Comparative Corporate Governance, cit.,
37.
52
L’osservazione si deve a RIOLFO, op. cit., 282.
53
MONTALENTI, L’amministrazione sociale dal Testo unico alla riforma del diritto societario.
Estratto, in Giur. comm., 2003, I, 444.
54
BENEISH – BILLINGS – HODDER, Internal Control Weaknesses and Information Uncertainty,
1, su ssrn.com.
55
MONTALENTI, op. loc. ult. cit.
56
CUNNINGHAM, The Sarbanes-Oxley Yawn: Heavy Rhetoric, Light Reform (And it Might Just
Work), 2003, 2, reperibile all’indirizzo ssrn.com, ricostruisce il contesto in cui è stato assunto il
provvedimento: “facing a series of accounting and corporate governance scandals from Enron
Corp. to WorldCom Inc. at the dawn of the new millennium, Congress possessed that rare
political andinstitutional capacity to address deep causes and systemic dysfunction. Congress
used this episodic power opportunity to enact the Sarbanes-Oxley Act of 2002”.
57
MONTALENTI, L’amministrazione sociale, cit., 444.
58
MONTALENTI, Società per azioni, cit., 8.
51
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
37
STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
sono state soltanto le distanze fra i diversi Stati, ma anche quelle fra gli USA,
complessivamente considerati, e la UE. È impossibile tacere del fatto che il diritto
societario europeo sia oggi – in virtù dell’uniformazione resa possibile dalla
legislazione comunitaria – segnato proprio da una “tendenza federale”59.
Contribuisce al “processo di convergenza” tuttora in atto fra i due ordinamenti
anche un ulteriore dato: la disciplina dei mercati finanziari – ricompresa, negli Stati
Uniti, nella Securities Law – sta progressivamente uscendo, nel contesto europeo,
dall’alveo della legislazione nazionale, per indirizzarsi, oggi, verso una
regolamentazione armonica ed uniforme, un domani, forse, verso un’unica Autorità di
Vigilanza Europea60.
2.7. Regno Unito: cenni generali alla struttura della company.
Nel sistema inglese, “corporation” designa, in generale, una persona giuridica
pubblica o privata. Se si desidera fare specifico riferimento a quest’ultima tipologia,
allora è preferibile parlare di “company” o, per sottolinearne ancor meglio il tratto della
responsabilità limitata, di “limited company”61.
La società per azioni si sdoppia in public e private company. Nella prima, il
numero di soci è illimitato e le azioni sono liberamente trasferibili. Nella seconda,
invece, lo statuto limita il trasferimento delle azioni; i soci fondatori fissano, nel
memorandum of association, una sorta di atto costitutivo, il numero dei soci, in ogni
caso non superiore a cinquanta; non è possibile rivolgere al pubblico inviti alla
sottoscrizione di titoli62.
La company inglese e la corporation americana sono accomunate dal fatto che
entrambe hanno adottato il modello dell’one-tier board. Come noto, il diritto societario
inglese, ha storicamente, e logicamente, preceduto quello nordamericano63. Parlare “di
59
MONTALENTI, Società per azioni, cit., 11.
Di obiettivo che “pare lontano” si legge in MONTALENTI, op. loc. ult. cit.; la crisi finanziaria
in corso, secondo l’Autore, ha giocato un ruolo rilevante nell’evidenziare quanto distante sia,
ancora, il traguardo di una “maggiore uniformazione in particolare sul piano di una regolazione
sovranazionale dei mercati”.
61
GALGANO, Diritto commerciale, cit., 129.
62
RIOLFO, op. cit., 289. GALGANO, Diritto commerciale, cit., 157.
63
RIOLFO, op. cit., 287 ss.
60
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
38
STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
un modello sostanzialmente comune”64 significa dare atto dell’avvenuta contaminazione
tra i due ordinamenti. In particolare, è la legislazione britannica a presentarsi come
“largamente ispirata al modello statunitense”65.
2.8. (segue): il contributo dell’autodisciplina: il Combined Code on Corporate
Governance.
A recepire i frutti del dibattito su quale potesse essere la composizione migliore
dei consigli di amministrazioni, è stato il Combined Code on Corporate Governance66,
un codice di autodisciplina.
L’adozione delle sue previsioni costituisce un requisito indispensabile
all’ammissione alla quotazione: le società che intendano ottenere l’inserimento nelle
listing rules, in base al principio del complay or explain, sono tenute a giustificare il
loro mancato adeguamento alle prescrizioni del Combined Code67.
L’elaborazione del codice ha modificato radicalmente la percezione ed il ruolo
dei consiglieri non esecutivi: un tempo messi in ombra ed emarginati dal preponderante
peso degli esecutivi – e, specialmente, del chief executive officer (CEO) – essi
conoscono, oggi, un inedito prestigio68.
Nel sistema britannico hanno fatto la propria comparsa anche gli amministratori
indipendenti, che occupano una posizione fondamentale anche in altri modelli di
governance presenti nella UE69, oltreché nel contesto statunitense. Il Combined Code
elenca i requisiti di indipendenza che tali consiglieri devono possedere 70.
64
RIOLFO, op. loc. ult. cit.
GHEZZI, Sistemi alternativi di amministrazione e controllo, in AA.VV., Commentario alla
riforma delle società, cit., 206.
66
Per una ricostruzione della genesi del codice, v. RIOLFO, op. cit., 301: il Combined Code è “il
risultato della sintesi delle conclusioni” a cui erano giunti il Cadbury (il cui ultimo rapporto è
del 1992) e il Greenbury Committee (1995), come riunite e adattate dall’Hampel Committee
(1998). Da un simile fermento si ricava come “la spinta all’adozione di nuove modalità
organizzative” sia determinata “dalla sensazione di inadeguatezza delle strutture societarie”
esistenti.
67
RIOLFO, op. loc. ult. cit.
68
RIOLFO, op. loc. ult. cit.
69
REGOLI, Amministratori indipendenti, cit., 391.
70
V. la Sect. A.3.1. del codice di autodisciplina inglese.
65
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
39
STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
La company, public o private, è tenuta a procedere alla nomina di uno o più
revisori – siano essi persone fisiche o giuridiche – che siano iscritti nel c.d. Register of
Auditors.
La funzione principale degli Auditors consiste nell’informare i soci in relazione
alla regolare tenuta della contabilità.
Il potere di nomina e revoca degli stessi è affidato all’assemblea degli azionisti
(general meeting). Al fine di evitare, però, che la designazione dei revisori sia in
qualche modo orientata dagli amministratori – evenienza tutt’altro che remota – è stato
previsto, in via di autodisciplina, che sia l’audit committee a proporre la nomina
all’assemblea stessa71.
3. L’esperienza tedesca come culla del sistema dualistico.
3.1. Una premessa lessicale.
Sono numerose le espressioni con le quali si richiama l’assetto organizzativo
della società per azioni tedesca. Ad una certa parte della dottrina italiana, è apparso
preferibile impiegare la dizione “modello dualistico” – nota anche nella variante
anglosassone di “two-tier board system” – anziché “modello renano”72.
La prima espressione attiene alla distribuzione del potere amministrativo
all’interno della società per azioni (Aktiengesellschaft); la seconda individua il peculiare
assetto del sistema societario ed industriale tedesco.
La dizione “two-tier board system” parrebbe suggerire che il potere gestorio sia
esercitato da due organi amministrativi (Verwaltungsorgane)73: il consiglio di gestione
(Vorstand) e quello di sorveglianza (Aufsichtsrat)74. Si tratta di una tesi che non ha
incontrato il favore unanime dei commentatori: è stato autorevolmente sostenuto, infatti,
che, anche nel sistema dualistico tedesco, “il vero organo di gestione della società” è il
solo Vorstand75.
71
Le indicazioni sono tratte da RIOLFO, op. cit., 309.
La precisazione lessicale si deve all’intuizione di RONDINELLI, op. cit., 208.
73
RONDINELLI, op. loc. ult. cit.
74
RONDINELLI, op. loc. ult. cit. Il quadro degli organi sociali si completa con quest’ultimo dato:
il termine “Hauptversammlung” designa, invece, l’assemblea, anche indicata come “Basiorgan”
74
, per sottolineare che rappresenta la sede nella quale ai soci è data la possibilità di esercitare i
propri diritti.
75
MONTALENTI, Democrazia industriale e diritto dell’impresa, Milano, 1981, 85.
72
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
40
STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
Relativamente al consiglio di sorveglianza, è necessario precisare che uno dei
suoi tratti tipici consiste nella titolarità di un potere di “supervisione” e di “indirizzo”76.
Di conseguenza, si tende ad accostare l’Aufsichtsrat al consiglio di
amministrazione del modello latino – in ragione delle note attribuzioni di vigilanza
riconosciute al suo plenum –, piuttosto che al collegio sindacale77.
Il legislatore tedesco, con il c.d. Transparenz- und Publizitätsgesetz (TransPuG),
emanato il 19 luglio 2002, ha tenuto a rafforzare l’autonomia del consiglio di gestione
nei confronti del consiglio di sorveglianza. Senza porre in discussione il potere di
indirizzo dell’Aufsichtsrat, la norma ha operato un’importante precisazione: lo statuto
sociale deve prevedere espressamente quali siano le decisioni del Vorstand che debbano
essere sottoposte all’autorizzazione dell’organo di controllo78.
L’indicazione “modello renano” può essere più opportunamente utilizzata per
alludere ad “un più ampio complesso di relazioni tra finanza e società per azioni
peculiare dell’economia tedesca”79. Il sistema affermatosi in Germania, infatti, è
innervato da un “forte intreccio tra capitale industriale e finanziario” che “ha trovato nel
sistema dualistico di gestione societaria il momento istituzionale di intersezione”80.
Le origini del two-tier board system e la sua successiva evoluzione, del resto,
riflettono una profonda adesione ad idee marcatamente dirigiste: le relazioni fra lo
Stato, l’industria ed il sistema bancario costituiscono il “punto centrale per lo sviluppo
economico e sociale”81.
Le ragioni della presenza di rappresentanti degli istituti bancari nei consigli di
sorveglianza delle società maggiori sono da ricercarsi nella “fitta rete di partecipazioni
reciproche” che conferisce alle banche non solo una notevole influenza sulle società, ma
anche il potere di orientarne le “strategie di lungo termine”82.
76
MONTALENTI, Società per azioni, cit., 186.
MONTALENTI, op. loc. ult. cit.
78
V. § 111, c. 4, della legge azionaria tedesca, approvata il 6 settembre 1965 – in sostituzione
della precedente legge del 30 gennaio 1937 – e successivamente modificata. La legge in parola è
anche nota con il nome esteso di Aktiengesetz o con l’abbreviazione AktG.
79
RONDINELLI, op. loc. ult. cit.
80
MONTALENTI, Società per azioni, cit., 182.
81
FORTUNA, Corporate governance. Soggetti, modelli e sistemi, Milano, 2001, 92.
82
RONDINELLI, op. loc. ult. cit.
77
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
41
STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
3.2. La rappresentanza dei dipendenti nell’Aufsichtsrat come “architrave”
della cogestione.
Come è stato autorevolmente registrato, al “tradizionale rapporto bilaterale” fra
azionisti, da una parte, e amministratori, dall’altra, è venuto gradualmente a sovrapporsi,
nel contesto europeo, un “rapporto trilaterale”: alle figure menzionate, devono
aggiungersi, infatti, i dipendenti della società. Nelle parole di Francesco Galgano, la
tendenza ha conosciuto “la più completa realizzazione” proprio in Germania83.
In particolare, la presenza di rappresentanti dei lavoratori e dei sindacati nel
consiglio di sorveglianza costituisce la “caratteristica peculiare” del diritto societario
tedesco84 e l’“architrave” della cogestione (Mitbestimmung)85.
Quest’ultima è considerata un “istituto funzionale piuttosto alla rappresentanza
di interessi altri e all’informazione sulla gestione che non alla vera e propria
codeterminazione delle scelte gestorie”86.
In particolare, la cogestione è “un sistema di controllo della gestione
dell’impresa, dall’interno degli organi societari”. Il controllo, non consistendo in “un
potere di intervento determinante o condizionante la gestione”, deve intendersi,
piuttosto, “come diritto ad essere informati sulle modalità” della gestione stessa87.
La Mitbestimmung attiene tanto al diritto commerciale, quanto al diritto del
lavoro: da un lato, “disciplina le modalità di partecipazione di una data categoria di
soggetti all’interno di un organo societario”; dall’altro, contribuisce alla “tutela dei
diritti dei lavoratori”88.
La cogestione non è stata recepita in occasione della riforma del diritto
societario italiano: il modello dualistico del nostro codice civile, infatti, non solo non
prevede la partecipazione dei lavoratori al consiglio di sorveglianza, ma anzi stabilisce
che i dipendenti della società versano – ex artt. 2409 duodecies, c. 1, lett. c, c.c., e 148,
c. 4 bis, t.u.f. – in situazione di incompatibilità. Ad orientare il legislatore verso una
scelta di questo tipo è stata, con ogni probabilità, la “tradizionale ostilità sindacale e
imprenditoriale” verso la cogestione89.
83
GALGANO, La globalizzazione nello specchio del diritto, Bologna, 2005, 206 ss.
RONDINELLI, Il sistema dualistico, cit., 208 ss.
85
MONTALENTI, Società per azioni, cit., 181.
86
MONTALENTI, op. loc. ult. cit.
87
MONTALENTI, Democrazia industriale, cit., 88.
88
RONDINELLI, Il sistema dualistico, cit., 242.
89
MONTALENTI, Società per azioni, cit., 182.
84
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
42
STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
Nel contesto tedesco, si distingue fra una “cogestione d’impresa”
(Unternehmensmitbestimmung) ed una “cogestione aziendale” (betriebliche
Mitbestimmung).
La prima designa la partecipazione delle rappresentanze dei lavoratori
nell’Aufsichtsrat; la seconda, invece, si risolve nella costituzione dei consigli di fabbrica
(Betriebsräte), idonei ad assicurare una collaborazione fra i dipendenti, attraverso i
propri rappresentanti, ed i soggetti preposti alla direzione dell’impresa90.
Fra le due forme illustrate esiste un’intima connessione91, in ragione della quale
la dottrina tedesca ha visto nella “cogestione d’impresa” una sorta di braccio lungo
(verlängerter Arm) della “cogestione aziendale”92.
3.3. Il ruolo del consiglio di sorveglianza.
Reso obbligatorio nel 187093, in occasione del superamento del sistema fondato
sull’autorizzazione governativa e la supervisione statale in materia di gestione sociale, il
consiglio di sorveglianza occupa una “posizione fondamentale” in seno al “complesso
sistema di Corporate Governance” presente in Germania94. A fronte di una sua resa
inferiore alle aspettative, il legislatore intervenne già nel 1884, per migliorarne il
funzionamento.
Oggi, come stabilito dal primo comma del paragrafo 111 della legge azionaria
tedesca, all’Aufsichtsrat spetta un’attività di controllo sulla gestione.
A fronte di un dato normativo da cui non è possibile ricavare “né la portata né il
contenuto”95 dell’ obbligo di sorveglianza (Überwachungspflicht), non sono mancate
prese di posizione nel formante dottrinale ed in quello dell’autodisciplina.
Si è ipotizzato che la decisione di non dettagliare le competenze in materia di
vigilanza dell’Aufsichtsrat sia dovuta alla consapevolezza che l’esigenza di controllo
90
V. RONDINELLI, op. loc. ult. cit.
RONDINELLI, op. loc. ult. cit.
92
HÖPPNER, Unternehmensmitbestimmung unter Beschuss. Die Mitbestimmungsdebatte im
Licht der sozialwissenschaftlichen Forschung, in Paper der Max-Planck-Institut für
Gesellschaftsforschung, 2004, 5.
93
HOPT, The German Two-Tier Board, cit., 6.
94
RONDINELLI, Il sistema dualistico, cit., 235.
95
RONDINELLI, Il sistema dualistico, cit., 245.
91
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
43
STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
muta nel tempo96. In altre parole, la legge, non cristallizzando una serie definita di
prescrizioni, avrebbe evitato il rischio di ingessare eccessivamente i rapporti
endosocietari.
Il consiglio di sorveglianza, comunque, non è libero “nel determinare in che
misura realizzare l’attività di controllo”. In particolare, l’Aufsichtsrat dovrà verificare
che il Vorstand, nell’espletare le proprie funzioni, si attenga al rispetto di parametri
precisi, elaborati in dottrina: l’attività posta del consiglio di gestione deve rispettare il
criterio della legalità, dell’adeguatezza e dell’economicità e non deve violare la legge o
lo statuto sociale97.
Il punto deve essere chiarito ulteriormente: il consiglio di sorveglianza non ha
poteri gestori “diretti”, anche se si ammette che lo statuto o il consiglio di gestione
possano riservargli poteri autorizzativi. Resta ferma la possibilità per il Vorstand, in
caso di mancata autorizzazione da parte dell’Aufsichtsrat, di provocare una decisione
dell’assemblea98.
Il codice di autodisciplina (Deutscher Corporate Governance Kodex)99 prevede
esplicitamente che sia “compito” del consiglio di sorveglianza quello di consigliare il
Vorstand “nella gestione dell'impresa e di vigilare periodicamente sul suo operato”100.
Secondo quanto disposto dal par. 5.3.1., infatti, all’Aufsichtsrat è richiesto di
costituire “comitati specializzati per materia”, in ragione delle “specifiche caratteristiche
dell’impresa e del numero dei propri membri”.
Il successivo par. 5.3.2. – come anche il par. 107 del codice di commercio –
prevedono poi l’istituzione di un organo equivalente all’Audit Committee: il consiglio di
sorveglianza deve costituire al suo interno un comitato per il controllo interno
(Prüfungsausschuss), incaricato anche di vigilare sui revisori contabili
(Abschlussprüfers).
I revisori esterni devono essere muniti di particolari requisiti soggettivi, oltre a
far parte di categorie professionali predeterminate dalla legge. La centralità della loro
funzione – si pensi al fatto che qualora sia previsto che il bilancio debba essere
sottoposto al loro esame, l’eventuale trasgressione della prescrizione comporta la nullità
96
SEMLER, Überwachungspflicht des Aufsichtsrats, in AG, 1970, 369.
RONDINELLI, op. loc. ult. cit.
98
PORTALE, Lezioni di diritto privato comparato, Torino, 2007, 212.
99
Il testo integrale della versione attualmente in vigore è reperibile all’indirizzo www.corporategovernance-code.de.
100
V. par. 5.1.1. del Codice citato.
97
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
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STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
del bilancio stesso – induce a considerarli una sorta di “quarto organo” della società
azionaria101.
Essi sono stati, negli anni, anche oggetto di critiche: il verificarsi di fallimenti di
dimensioni considerevoli, a pochi mesi dal rilascio di giudizi favorevoli sulla situazione
delle società di volta in volta interessate, ha spinto la dottrina ad interrogarsi non tanto
sul loro ruolo in sé considerato, quanto piuttosto sugli obiettivi perseguiti, sui doveri e,
infine, sul regime della loro responsabilità102.
4. Il modello spagnolo.
4.1. Il profilo del controllo nell’evoluzione della sociedad anónima.
I Paesi neolatini – Spagna e Francia, innanzitutto – impiegano la locuzione
“società anonima” (sociedad anónima; société anonyme), un tempo utilizzata anche in
Italia103. Come magistralmente osservato, la dizione evidenzia “il fatto che la
denominazione della società (…) può non contenere l’indicazione del nome di alcun
socio”: una chiara conseguenza della responsabilità limitata e della indifferenza
dell’identità personale dei soci. La società è “anonima” proprio perché “non agisce sotto
il nome di alcuna persona” 104.
La sociedad anónima trova la propria disciplina nella Ley de Sociedades de
Capital105. La materia dei controlli societari, in particolare quelli contabili, è stata
oggetto di una “intensa attività legislativa”, già a partire dall’introduzione del Còdigo de
Comercio del 1829106.
Meno di vent’anni più tardi, con l’approvazione della Ley del 28 gennaio 1848 e
del Reglamento del 17 febbraio, il Còdigo subì un’opera di modifica orientata ad attuare
incisive “restrizioni nell’iniziativa commerciale”: la società anonima fu assoggettata ad
“una serie di esami e approvazioni”, rimessi al Tribunal de Comercio y registro
provincial e del Gobernador Civil della suddivisione amministrativa in cui la società
101
V. RONDINELLI, Il sistema dualistico, cit., 247.
HOPT, The German Two-Tier Board, cit., 19.
103
Almeno fino all’approvazione del R.d.l. 24 luglio 1936, n. 1548, che si riferiva già alla
“società per azioni”, nonostante il codice di commercio parlasse ancora di “società anonima”.
104
GALGANO, Diritto commerciale, cit., 130.
105
La legge in parola è stata approvata con il Real Decreto n. 1/2010, del 2 luglio 2010, ed è
entrata in vigore il successivo 1° settembre.
106
COSSU, I controlli societari nell’ordinamento spagnolo, in questa Rivista, 2012, 18, 127.
102
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
45
STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
stessa risultasse iscritta107. Carica, quest’ultima, alla quale il Real Orden del 12
dicembre 1857 avrebbe poi conferito la mansione di autentico verificatore contabile.
Con l’avvento della c.d. Rivoluciòn liberal del 1868, ci si avviò ad una
“rivisitazione di tutta la legislazione del commercio spagnolo”. L’ingombrante figura
del Gobernador, in forza del nuovo Còdigo de comercio del 1885108, cedette il passo ad
una carica di nuovo conio, l’Experto Titulado Superior109.
Il suo compito principale era di effettuare – da una posizione di terzietà ed
indipendenza – una verifica nei confronti del bilancio di esercizio110.
Una revisione “moderna”111 – ispirata, quindi, agli stessi principi alla quale essa
si attiene oggi – iniziò ad affermarsi, nella realtà spagnola, solo a partire dal 1915,
soprattutto nelle società azionarie controllate da investitori stranieri, in particolare
inglesi112.
Un altro snodo nell’evoluzione del profilo dei controlli societari è rappresentato
dalla creazione, nel 1943, dell’Instituto de Auditores Censores Jurados de Cuentas de
España.
L’istituto – conosciuto anche con la sigla ICJCE – assume la configurazione
giuridica dell’ente pubblico, e risulta “vincolato organicamente” al Ministero
dell’Economia e delle Finanze113: vi fanno parte, come dice la sua denominazione, gli
Auditores Censores Jurados de Cuentas, ovvero i revisori, persone fisiche o
giuridiche114.
107
COSSU, op. loc. ult. cit.
V. art. 41 del testo legislativo menzionato nel testo.
109
Così COSSU, op. cit., 128.
110
L’osservazione si deve a MENENEZ MENENDEZ, Dictamen sobre la interveciòn de los
Censores Jurados de Cuentas en los supuestos de los arts. 27 y 47 del vigente Reglamento de
las Bolsas de Comercio, las variaciones por la nueva redacciòn de los arts. 41 y 42 del Còdigo
de comercio y otrso extremos, Madrid, 1979, citato da COSSU, op. loc. ult. cit.
111
COSSU, op. loc. ult. cit.
112
L’ultimo degli Autori ricordati cita, a tal proposito, il contributo offerto da CHULIÁ, El
sistema de censura de cuenta en la Ley de Sociedades Anónimas, Madrid, 1985.
113
Tuttavia, COSSU, op. loc. ult. cit., segnala come l’organizzazione sia stata assoggettata,
all’atto della sua fondazione, alla supervisione di un diverso dicastero, quello dell’Industria e
del Commercio.
114
I dati riportati sono tratti dal documento intitolato “El Instituto de Auditores Censores
Jurados de Cuentas de España”, reperibile sul sito www.icjce.es.
108
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
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STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
Nel 1951, con la Ley de Sociedadas Anónimas, si è introdotta la figura degli
Accionistas Censores de Cuenta115, “semplici azionisti designati a realizzare un’attività
di controllo contabile”.
Nel caso in cui alla loro nomina la Junta General de Accionistas – l’equivalente
dell’assemblea del sistema tradizionale italiano – non abbia provveduto all’unanimità,
sono affiancati dal Censor Jurados.
Non trascurabile appare, poi, l’apporto dell’autodisciplina: a partire
dall’approvazione del Código de Buen Gobierno Corporativo (1998), le società sono
state sollecitate a dotarsi dei Comités de Auditoría, già conosciuti nella prassi. I
comitati, intesi come articolazioni dell’organo gestorio, traggono origine dall’esperienza
anglosassone, dalla quale mutuano la funzione di garanzia della credibilità
dell’informazione finanziaria.
4.2. Il rapporto giuridico fra sociedad ed auditores de cuenta: tre soluzioni
ad un problema.
Nel sistema vigente in Spagna, la funzione di revisione e verifica dei conti è
attribuita a professionisti indipendenti, muniti di specifiche capacità professionali; essi
devono controllare che le informazioni rese dalla società rappresentino in modo
veritiero la situazione economica e finanziaria della stessa116.
Con il termine “auditores de cuenta” si allude ai soggetti preposti alla revisione
contabile; tale attività può essere svolta da persone tanto fisiche quanto giuridiche. La
disciplina dell’istituto è contenuta sia nella Ley de Sociedades de Capital, sia nella Ley
de Auditoría de Cuentas, che formano entrambe un complesso legislativo sottoposto a
molteplici correttivi, dettati anche dal verificarsi di scandali finanziari verificatisi anche
in Spagna117.
La loro nomina non spetta agli amministratori (administradores), in quanto
questi ultimi sono incaricati di redigere quella contabilità che deve essere sottoposta a
115
V. art. 108 della legge menzionata.
IGLESIAS – GARCÍA DE ENTERRÍA, Las cuenta anuales de las sociedades anónima y limitada,
in AA.VV., Lecciones de derecho mercantil, cit., 441.
117
V. COSSU, op. cit., 129 ss. L’Autore procede con una esaustiva elencazione dei
provvedimenti successivamente adottati dal legislatore spagnolo, alla quale si può utilmente
rimandare.
116
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
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STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
revisione. Per marcare con nettezza la differenza fra controllori e controllati, infatti, il
potere di nomina è stato conferito all’assemblea.
La dottrina, a fronte di un dettato legislativo scarno in fatto di qualificazione del
rapporto giuridico fra la società e i supervisori, si è divisa in tre schieramenti.
Secondo una prima ricostruzione – nota come teoria organicista – gli auditores
dovrebbero essere considerati componenti interni alla società, necessari ai fini del suo
funzionamento. Una simile conclusione poggerebbe su una duplice presa d’atto: le
competenze loro conferite non sono in alcun modo attribuibili ad altri soggetti 118; il
regime della responsabilità dei controllori e degli amministratori nei confronti della
società presenta significative analogie119.
Essi, quindi, non sarebbero che un òrgano social de control: un ufficio
intermedio fra gli azionisti della società anonima e i titolari della funzione gestoria. In
particolare, dovendo formulare un giudizio sulla contabilità e l’amministrazione, gli
auditores rappresenterebbero un presidio a difesa dei diritti degli azionisti stessi120.
La teoria contractualista è pervenuta – muovendo essenzialmente dal dato
testuale, nel quale sono disseminati molteplici rimandi al contratto – a risultati
diametralmente opposti.
I suoi esponenti121 negano, infatti, che i controllori possano essere considerati
membri di un organo sociale: ad impedirlo, sarebbe il fatto che essi debbano improntare
la propria azione alla più completa indipendenza dalla sociedad122.
Fra le due soluzioni ora proposte, giudicate “estreme”123 per la loro radicalità, si
colloca la tesi intermedia, secondo cui ritenere gli auditores de cuenta un organo sociale
118
GALÁN CORONA, La verificaciòn de las cuenta anuales, in AA.VV., La reforma de la Ley de
sociedades anónimas, diretto da ROJO, Madrid, 1987, 326.
119
MARINA GARCÍA-TUÑON, Régimen jurìdico de la contabilidad del impresario, Valladolid,
1992, 332.
120
Fra tutti i sostenitori dell’orientamento in parola, possono essere ricordati i contributi di
ARANA GONDRA, Ley de auditorìa de cientas, Madrid, 1995 e GARCÍA LUENGO – SOTO
VÁZQUEZ, El nuevo regime jurìdico de la sociedad anónima, Granada, 1991.
121
Oltre al già citato contributo di IGLESIAS e di GARCÍA DE ENTERRÍA, v. PANTALEÓN, La
responsabilidad civil de los suaditores: extensión, limitación, prescripción, Madrid, 1996;
GARRETA SUCH, La responsabilidad de los auditores por no detecciòn de fraudes y errores,
Madrid, 2002.
122
ILLESCAS ORTIZ, Las cuenta anuales de la sociedad anónima, Madrid, 1993, 37.
123
Così COSSU, op. cit., 142.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
48
STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
non impedisce ai controllori di essere vincolati alla società da un rapporto
contrattuale124.
5. Il sistema francese.
5.1. Un punto di contatto con l’Italia: la previsione di una pluralità di
modelli di amministrazione e controllo per la société anonyme.
Al pari dell’Italia e di un numero relativamente esiguo di altri ordinamenti
giuridici125, quello francese riconosce alla società per azioni (société anonyme) la
possibilità di adottare sistemi di amministrazione e controllo alternativi fra loro.
Sebbene la Francia abbia introdotto l’opzione fra modelli statutari già nel
1966126, l’Italia, pur scontando un ritardo di svariati decenni, si è distinta per aver
concesso alle società un’autonomia ancora più estesa di quella accordata alle società
transalpine. Il nostro sistema, infatti, contempla tre modelli, anziché due.
Il ventaglio delle soluzioni possibili in Francia comprende, seguendo l’ordine
proposto dal code du commerce127 un primo sistema – di gran lunga il più diffuso128 –
incardinato sul conseil d’administration129 ed un secondo modello caratterizzato,
invece, dalla compresenza di un directoire e di un conseil de surveillance130.
Nella disciplina del primo si scorgono i tratti somatici dell’one-tier model; nel
secondo, del two-tier model.
124
COSSU, op. cit., 142 ss.; SÁNCHEZ CALERO, op. cit., 381.
Il fatto che si tratti di una caratteristica propria di pochi Stati è rilevato da HOPT, The German
Two-Tier Board, cit., 12: “it is only in a few countries that corporations are allowed to choose
between the one-tier and the two-tier board model”. CARIELLO, Il sistema dualistico, nella
collana curata dallo stesso e da ABRIANI, Diritto dei sistemi alternativi di amministrazione e
controllo, Torino, 2012, 5, oltre alla Francia, ricorda, fra gli ordinamenti che presentano la
caratteristica in parola, l’Olanda e il Portogallo.
126
V. la legge n. 66-537, del 24 luglio 1966, definita, per il suo carattere fondamentale, come
“basic company law reform” da HOPT, op. loc. ult. cit.
127
A differenza dell’Italia, la Francia è rimasta fedele all’impostazione dogmatica dell’età
napoleonica e non ha provveduto, di conseguenza, all’inserimento della materia commerciale
nel codice civile.
128
HOPT, op. loc. ult. cit.
129
V. artt. l225-17 ss. del testo normative menzionato.
130
V. art. L225-57 ss.
125
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
49
STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
La letteratura dominante è concorde nel ritenere che il modello dualistico sia
sorto nel contesto giuridico tedesco131. Per completezza, si deve dar conto, tuttavia, di
un diverso e marginale orientamento: una seppur “embrionale” disciplina dell’assetto
dualistico avrebbe fatto la propria prima comparsa nell’area francese132.
Il modello previsto dalla legge sulle società in accomandita per azioni,
promulgata al tempo del Secondo Impero133, presentava, infatti, quale “caratteristica
saliente” un “doppio controllo sui gestori, da parte dell’assemblea e del consiglio di
sorveglianza”134.
Ad avere origini schiettamente tedesche, sarebbe, quindi, non il consiglio di
sorveglianza in generale, ma il solo Aufsichtsrat, inteso come organo particolare,
caratterizzato da una specifica combinazione di funzioni e attribuzioni135.
Nelle intenzioni dei promotori dell’opzione statutaria, essa avrebbe dovuto
rispondere ad una finalità precisa: rimediare ad alcune carenze, “conclamate”136 in fatto
di funzionamento della struttura organizzativa delle società anonime.
Il legislatore, con tale innovazione, ha tentato di far uscire la società anonima
dall’angolo in cui la “confusion des fonctions de président du conseil d’administration
et le directeur général et, plus largement, des organes de contrôle et des organes de
direction”137 l’aveva ridotta.
5.2. Cenni alla figura del président-directeur géneral e alla sua (recente)
dissociazione in due cariche.
131
Il punto è pressoché pacifico. Possono essere, comunque, ricordati, ex multis, HOPT, The
German Two-Tier Board, cit., 6 e MONTALENTI, Società per azioni, cit., 181, secondo il quale
“il sistema dualistico nasce, com’è noto, in Germania”.
132
V. CARIELLO, Il sistema dualistico. Vincoli tipologici e autonomia statutaria, Milano, 2009,
2; ID., Il sistema, cit., 4.
133
Si tratta della loi del 18-23 luglio 1856.
134
CARIELLO, op. loc. ult. cit.
135
CARIELLO, op. loc. ult. cit.
136
CARIELLO, Il sistema dualistico. Vincoli tipologici, cit., 4.
137
Le parole riportate sono tratte dal Rapport n. 1369, presentato dal deputato François Le
Douarec all’Assemblea Nazionale, il 14 maggio 1965, così come citate da CARIELLO, op. loc.
ult. cit.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
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STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
Alla confusione fra il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione e
quello di direttore generale, si è rimediato recentemente, distinguendo, almeno a livello
formale, tra due cariche138.
Prima dell’intervento del legislatore, il diritto societario francese si è
caratterizzato, come anticipato, per la presenza della figura del président-directeur
géneral che, a differenza del presidente del consiglio di amministrazione dell’esperienza
italiana, si trovava ad essere investito di deleghe gestorie139.
Il code de commerce, pur non escludendo affatto che le due mansioni possano
essere concentrate nella medesima persona fisica – “la direction générale de la société
est assumée, sous sa responsabilité, soit par le président du conseil d'administration,
soit par une autre personne physique nommée par le conseil d'administration et portant
le titre de directeur général”140 – opera, oggi, un’importante demarcazione dei ruoli.
Al président du conseil d’administration è demandato il compito di organizzare i
lavori dell’ufficio gestorio. Inoltre, egli è chiamato a garantire il corretto funzionamento
degli organi sociali e ad assicurare agli amministratori la possibilità di espletare il
proprio compito141.
Il directeur général, del resto, ha ampi poteri per agire in qualsiasi circostanza
“au nom de la société”, fermo restando il limite dell’oggetto sociale142.
5.3. Gli attori del controllo: commissaires aux comptes e soci.
I revisori contabili (commissaires aux comptes) sono controllori nominati
dall’assemblea generale ordinaria (assemblée générale ordinaire) della società
azionaria, a seguito di una designazione che, nel sistema tradizionale francese, proviene
dal consiglio di amministrazione (conseil d’administration). Con riferimento
all’evenienza in cui la società sia quotata sui mercati regolamentati, il codice si premura
di fissare una regola sulla composizione che l’organo gestorio dovrà assumere in
occasione dell’individuazione dei commissari stessi: “le conseil d'administration
choisit, sans que prennent part au vote le directeur général et le directeur général
138
Si allude alla loi n. 2001-420, del 15 maggio 2001, relativa alle nouvelles régulations
économiques (loi NRE).
139
Il confronto fra le due figure è stato proposto da MONTALENTI, Società per azioni, cit., 121.
140
Così l’art. 225-51-1 del code de commerce.
141
V. art. 225-51.
142
V. art. 226-56.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
51
STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
délégué, s'ils sont administrateurs, les commissaires aux comptes qu'il envisage de
proposer”143.
La denominazione impiegata dal legislatore per indicare i commissaires
trasmette, plasticamente, l’idea di quali siano le funzioni loro conferite: essi, infatti,
sono tenuti a certificare che i conti annuali della società siano “réguliers” e
“sincères”144.
I controllori occupano “un posto a parte” all’interno della società: assolutamente
privi di qualsiasi potere di gestione, essi devono astenersi dall’immettersi
nell’amministrazione sociale.
Inizialmente malvisti dai dirigenti delle società, che non condividevano il
principio stesso del controllo, i commissari hanno impiegato pressoché un secolo – dalla
loi du 24 juillet 1867 alla loi du 24 juillet 1966 – prima di poter contare su
un’organizzazione coerente145.
A verificare che i commissari, nell’espletamento del proprio compito, si rivelino
rispettosi della deontologia professionale ed indipendenti146, provvede un’autorità
esterna: l’Haut Conseil du Commissariat aux Comptes, conosciuto anche con il curioso
acronimo di “H3C”147, istituito presso il ministro della Giustizia (Garde de Sceaux) e
previsto espressamente dal codice148.
La decisione di istituire tale autorità mira a rafforzare l’azione dei commissari.
In particolare, l’H3C elabora e promuove le migliori pratiche professionali e definisce
gli orientamenti ai quali i revisori devono attenersi149.
Così è previsto dall’art. 225-228 del code. Per completezza, si può ricordare come la norma
stabilisca che l’indicazione è suscettibile di essere formulata dal consiglio di sorveglianza,
nell’impianto dualistico. Si segnala che, al ricorrere di determinate condizioni, alle quali la
disposizione rinvia, è ammessa anche un’individuazione dei commissari da parte degli stessi
soci.
144
V. art. 823-9 del codice di commercio.
145
GUYON, op. cit., 360.
146
La funzione in parola, così come il controllo sulla professione di commissario, è ricordata
anche dal sito dell’autorità: www.h3c.org.
147
La sigla riportata nel testo campeggia anche nel logo dell’Alto commissariato. Essa riassume
in sé un rimando alla lettera “H” di “Haut” e alle tre “C” con le quali iniziano le parole
“Conseil”, “Commissariat” e “Comptes”.
148
V., all’interno del code de commerce, la section 1 del chapitre Ier del Titre II: Des
commissaires aux comptes.
149
NACIRI, op. cit., 265.
143
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
52
STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
L’ordinamento francese riconosce un potere di controllo anche agli azionisti: il
meccanismo predisposto dal codice di commercio150 prevede, infatti, che uno o più soci
titolari di una quota pari almeno al 5% del capitale sociale o una association151 di soci
possano porre quesiti scritti su specifiche questioni attinenti alla gestione, da indirizzarsi
al président du conseil d’administration o al directeur général; la risposta a tali questi
deve essere comunicata ai commissari.
6. Riflessioni conclusive: l’unicità del sistema italiano.
Dall’analisi comparatistica emerge, con evidenza, come il sistema italiano
rappresenti un unicum nel panorama internazionale. Nella disciplina in vigore nei Paesi
di Common e di Civil law, assunti come termini di riferimento, non può che registrarsi
l’assenza di un istituto avvicinabile al collegio sindacale.
La considerazione non attiene solo al dato sostanziale, ma anche a quello
formale (e lessicale): persino il consiglio di sorveglianza dell’esperienza tedesca, il cui
nome parrebbe riecheggiare l’attività propria dei sindaci – quella, cioè, di “vigilare” – è
accostato, piuttosto, al plenum del consiglio di amministrazione152.
Ciò significa che anche laddove vi sia un sistema incardinato sul dualismo fra
due organi – rispettivamente, di gestione e di sorveglianza – il legislatore non ha
avvertito l’esigenza di far sì che, almeno uno, esaurisse le proprie funzioni nel mero
controllo. Identico discorso può essere svolto con riferimento al modello monistico
dove, addirittura, si constata la presenza di un solo organo – il consiglio di
amministrazione – chiamato a riassumere l’attività del “fare” e quella del “vigilare”.
La mancata previsione di un collegio sindacale, inteso quale organo sociale (e,
quindi, interno) di controllo, è un dato riscontrabile non solo nel sistema tedesco ed in
quello anglosassone, notoriamente più lontani da quello tradizionale italiano, ma anche
nei Paesi neolatini.
V. l’art. 225-231 del codice di commercio.
Per comprendere il significato dell’espressione francese, nel contesto del diritto societario,
appare opportuno cedere la parola allo stesso code de commerce: “Dans les sociétés dont les
actions sont admises aux négociations sur un marché réglementé, les actionnaires justifiant
d'une inscription nominative depuis au moins deux ans et détenant ensemble au moins 5% des
droits de vote peuvent se regrouper en associations destinées à représenter leurs intérêts au
sein de la société”.
152
Supra, par. 3.1; MONTALENTI, Società per azioni, cit., 186.
150
151
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
53
STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
Una situazione, quella dell’Italia, destinata ad emergere a più livelli:
astrattamente, ogniqualvolta si confronti il nostro diritto con quello di altre realtà
giuridiche; concretamente, quando il legislatore si trovi a dover adattare la normativa
nazionale a quella comunitaria. Paradigmatica, a tal proposito, appare la vicenda del
recepimento della direttiva 2006/43/CEE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e
dei conti consolidati.
La direttiva, all’art. 41, prevede l’istituzione, per gli enti di interesse pubblico, di
un “comitato per il controllo interno e per la revisione contabile”, rimettendo agli Stati
membri la decisione ultima in tema di allocazione delle sue funzioni: essi, infatti,
devono stabilire stabilire “se il comitato debba essere composto dai membri non
esecutivi dell'organo di amministrazione e/o dai membri dell'organo di controllo
dell'ente stesso sottoposto a revisione e/o da membri designati dall'assemblea generale
degli azionisti”.
Il legislatore italiano, con il d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 39, si è allineato, con
quasi quattro anni di ritardo, alle indicazioni comunitarie con modalità del tutto
particolari rispetto al resto dei principali partners europei. Mentre questi ultimi si sono
indirizzati, essenzialmente, verso una ridefinizione delle funzioni dei comitati di
controllo già esistenti (Audit Committee nel Regno Unito; Prüfungsausschuss in
Germania; Comités de Auditoría in Spagna) o dei revisori contabili (commissaires aux
comptes in Francia), l’Italia ha preferito compiere una scelta differente.
Il nostro Paese, infatti – nonostante il Codice di Autodisciplina di Borsa Italiana
s.p.a. contempli, espressamente, un “comitato controllo e rischi” avvicinabile all’Audit
Committee – ha previsto che il comitato per il controllo interno e per la revisione
contabile “si identifica”, nel modello tradizionale, con il collegio sindacale. La dottrina
ha puntualmente segnalato sia la “singolarità della formulazione” con la quale si è
realizzata tale equiparazione, sia il fatto che “le nuove disposizioni non abbiano
introdotto un nuovo organo, ma abbiano, per contro, ampliato (o precisato) le funzioni
dell’organo di controllo”153.
Il giudizio sulla “singolarità” della disposizione pare potersi estendere dalla
forma al suo contenuto: al comitato spetta, ex art. 19, d.lgs 39/2010, la vigilanza sul
processo di informativa finanziaria (lett. a); sull'efficacia dei sistemi di controllo
interno, di revisione interna e di gestione del rischio (lett. b); sulla revisione legale dei
153
MONTALENTI, Società per azioni, cit., 173.
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
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STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
conti (lett. c) e sull'indipendenza del revisore legale o della società di revisione legale
(lett. d).
A destare le maggiori perplessità sono gli ultimi due oggetti dell’attività di
vigilanza. Come risaputo, la riforma del diritto societario, con il nuovo art. 2403 c.c., ha
operato un’importante innovazione: al collegio sindacale è stato, infatti, sottratto il
controllo contabile, con la sola eccezione, per di più facoltativa, per le società che,
contemporaneamente, non facciano ricorso al mercato del capitale di rischio e non siano
tenute alla redazione del bilancio consolidato. Con il d.lgs. 39/2010, il legislatore pare
essere tornato ad attribuire al collegio sindacali funzioni di natura contabile, del tutto
estranee al suo compito principale e, di regola, esclusivo ovvero il controllo sulla
gestione.
Alcuni commentatori hanno scorto nell’intervento del legislatore una sorta di
“inversione di tendenza del sistema dei controlli”154. Dal momento, però, che,
dall’approvazione del d.lgs. 39/2010 ad oggi, non si sono registrati interventi in tal
senso, né nella disciplina generale del codice civile, né, tantomeno, in quella speciale
del t.u.f., pare preferibile aderire alla diversa opinione secondo cui non è stata
“surrettiziamente” reintrodotta una competenza contabile del collegio sindacale155.
L’interpretazione restrittiva dell’art. 19, d.lgs. 39/2010, del resto, fa sì che l’organo di
controllo eserciti una vigilanza specifica in materia, limitandosi, però, “ad una
supervisione sintetica e meramente procedurale sulla conduzione dell’attività di
revisione”156.
Le peculiarità del recepimento della direttiva 2006/43/CEE sono l’occasione per
svolgere un’ultima considerazione e per avanzare una proposta. E’ palese come il
legislatore comunitario, nell’intervenire sui controlli, abbia guardato, essenzialmente, al
modello anglosassone: non è secondario né casuale che, nella traduzione in inglese del
testo della direttiva, il comitato per il controllo interno rechi il nome di Audit
Committee.
È altrettanto evidente, tuttavia, che il legislatore italiano non possa fare a meno
che confrontarsi costantemente con il dato rappresentato dall’esistenza del collegio
sindacale. Le strade alternative all’“identificazione” fra comitato e sindaci che il
legislatore avrebbe potuto percorrere, e non ha percorso, si riducono a due: l’istituzione
BIANCHINI – DI NOIA, op. cit., 12.
MONTALENTI, Società per azioni, cit., 174.
156
MONTALENTI, op. loc. ult. cit.
154
155
IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 11/2014
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STUDI E OPINIONI
I CONTROLLI SOCIETARI
di un nuovo comitato o il conferimento della dignità normativa al già esistente
“comitato controllo e rischi”, ad oggi contemplato dal solo Codice di Autodisciplina.
Non ci si può nascondere che entrambe le soluzioni sarebbero state,
probabilmente, censurate come un deleterio appesantimento del sistema dei controlli o
una duplicazione di organi e funzioni. La decisione assunta in sede di recepimento,
tuttavia, accentua ulteriormente le differenze fra il sistema italiano ed il resto degli Stati
membri, rendendo più difficoltoso il cammino verso una piena integrazione europea.
Ad oggi, il nostro ordinamento si trova di fronte ad un dilemma destinato a
riproporsi identico ogniqualvolta si renda necessario un adattamento del sistema
tradizionale alle indicazioni comunitarie: ridimensionare il collegio sindacale e
potenziare, se non addirittura istituire, nuovi organi, determinando spiacevoli
sovrapposizioni; rafforzare ed aumentare le funzioni dei sindaci, isolando, ancor più di
quanto già non sia, l’Italia nel panorama europeo.
A conclusione del presente contributo possono essere suggerite due linee di
intervento che, se attuate, agevolerebbero forse il superamento dell’attuale impasse: una
richiede una strategia di lungo periodo; l’altra, di medio-breve.
Innanzitutto, il legislatore potrebbe incoraggiare il ricorso ai modelli alternativi
di governance, rendendoli più competitivi, ed incentivando gli operatori commerciali ad
adottarli. In altre parole, sarebbe necessario ed auspicabile un robusto investimento
nella c.d. “cultura dell’opzione” che, come noto, ha stentato a radicarsi157. A livello
normativo, ancora recentemente158, è stata dedicata notevole attenzione all’apparato dei
controlli del sistema tradizionale, trascurando del tutto gli altri modelli; una scelta,
quest’ultima, che, da un lato, si rivela pragmatica, in quanto muove dalla
consapevolezza di come il modello latino sia largamente preferito dalle società;
dall’altro, tuttavia, consolida inesorabilmente tale situazione.
BIANCHINI – DI NOIA, op. cit., 18.
Da ultimo, si veda la (brevissima) parentesi della figura del c.d. “sindaco unico” di s.p.a.,
introdotta dalla l. 12 novembre 2011, n. 183; sottoposta a significative modificazioni, nella
propria disciplina, dal d.l. 9 febbraio 2012, n. 5 (decreto “Semplifica Italia”); abrogata, infine,
già in occasione della conversione in legge del decreto stesso (l. 4 aprile 2012, n. 35).
Sull’istituto v. CAGNASSO, Il collegio sindacale nelle s.p.a., in questa Rivista, 5, 2012, 21 ss;
IRRERA – CATALANO, Travagli legislativi sul sindaco monocratico per le s.p.a. e per le s.r.l.,
ivi, 9 ss; STELLA RICHTER JR., E pluribus unum. Riflessioni sul sindaco unico delle società di
capitali, in Riv. soc., 2012, 174 ss.
157
158
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STUDI E OPINIONI
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Tralasciare di aggiornare il sistema dualistico e quello monistico significa
relegare all’inattività entrambi; al contrario, essi potrebbero divenire un laboratorio
avanzato per sperimentare nuove soluzioni, partendo dalle notevoli potenzialità insite
nei due sistemi, e finora scarsamente utilizzate. Si pensi, ad esempio, al contenimento
dei costi assicurato dal modello monistico, derivante dall’eliminazione del collegio
sindacale; si tratta indubbiamente di un dato che, laddove fosse affiancato da un serio
rafforzamento del comitato di controllo sulla gestione e degli amministratori
indipendenti, si rivelerebbe particolarmente vantaggioso in un momento, come quello
attuale, di crisi economica e finanziaria.
Quanto precede richiede, probabilmente, un impegno da parte del legislatore ed
un cambio di prospettiva, anche fra gli operatori commerciali, che, per realizzarsi,
necessita di un lasso di tempo non marginale. Nell’immediatezza, possono essere,
invece, realizzati interventi di più corto respiro: il recepimento del diritto comunitario
può indurre, forse, ad una rimodulazione dell’esistente, ad una ridefinizione delle aree
di competenza dei singoli attori del controllo.
Per allinearsi agli standard europei, l’Italia, ancora una volta, ha davanti a sé due
opzioni: “prevenire” l’insorgere di future discrepanze con l’ordinamento comunitario,
mettendo in campo, sin da ora, una complessiva revisione del sistema dei controlli o
“curare” le proprie disfunzioni e criticità in occasione del recepimento del diritto
comunitario. “Prevenire” è una scelta sicuramente più impegnativa e costosa, ma appare
preferibile rispetto a limitarsi al semplice “curare”.
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