Documento di sintesi
Area ANZIANI
A cura di Valerani - Piloni
In ordine ai punti di riflessione analizzati nei vari verbali analizziamo le problematiche in
termini di
1) Problematiche
a) Quali assunte e comuni a tutti i Sub Ambiti e più frequenti
b) Problematiche Quelle senza risposta
c) Le specificità di ogni Sub Ambito
2) Destinatari
3) Processi di lavoro
a) aree di integrazione
b) spazi di progettazione
c) verifica e valutazione
4) Collegamento con gli orientamenti nei diversi sei ambiti
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A) LE PROBLEMATICHE COMUNI A TUTTI I SUB AMBITI E PIU’ FREQUENTI
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Inserimento dell’anziano in RSA
Le aa.ss. pongono l’accento sul percorso che una famiglia deve intraprendere quando si rende
necessario l’inserimento dell’anziano in rsa, percorso che evidenzia non poche contraddizioni e
disfunzioni. Sul versante dell’operatore comunale si verificano un dispendio di tempo e di funzioni
nel completare la procedura di inserimento in lista d’attesa e l’inefficacia della scheda sociale nel
rappresentare la situazione reale della persona.
La scheda per l’inserimento in RSA che non riesce a dare la giusta importanza alla malattia così
come a rilevare la condizione dell’anziano in generale.
− la scheda non identifica bene le priorità delle persone per cui si trovano ad accogliere
persone la cui situazione non corrisponde ai punteggi assegnati mentre vorrebbero
rispondere di più al bisogno di persone in difficoltà. Uno degli aspetti critici sono le
rivendicazioni dei familiari rispetto al non veder riconosciuti i problemi, “capiscono che
qualcosa non quadra, dicono che hanno fatto domanda in ufficio ma nessuno ha visto
l'anziano”
− alla richiesta di ingresso in RSA, corrisponde la compilazione della scheda per RSA senza
presentare la rete dei servizi, ne scoprono l'esistenza quando si presentano alla struttura; si
nota che l'ingresso in struttura è più “facile” quando la persona è stata seguita al domicilio
con i vari servizi
− rilevano una mancata informazione rispetto al nucleo alzhaimer
− non si rilevano le difficoltà economiche con la conseguenza che le strutture si ritrovano con
mancati pagamenti di rette; il ricorso all'amministratore di sostegno dovrebbe essere uno
strumento maggiormente utilizzato già in fase di valutazione, soprattutto quando vi sono
conflitti tra i figli; vi sono anche persone che non accedono a tale servizio per mancanza di
risorse economiche
− la scelta della struttura dovrebbe essere preceduta da una visita alle residenze per capire
qual'è la più adeguata alle esigenze dell'anziano.
Si sottolinea il tema del “consenso ” all’ingresso in rsa, che l’anziano o suoi familiari sono chiamati
ad esprimere, tema sul quale non si riesce ad aprire un confronto che possa aiutare l’operatore a
trattare questo passaggio nelle diverse situazioni che si presentano.
Un'ulteriore domanda è: chi decide per chi?
Un'a.s. sostiene che le domande di ingresso in RSA possono essere accolte anche senza la firma
dell'anziano e però poi si pone il problema del'anziano che rifiuta l'ingresso in RSA perchè non sa
che altri hanno fatto tale scelta per conto suo.
Rispetto all’inserimento in rsa, si osserva che nel processo di assunzione di questa decisione, non
c’è spazio per valutare altre possibili “soluzioni”, la “gravità” risulta essere un dato inconfutabile,
sembra impossibile riaprire il significato del concetto di “gravità” per medici, operatori sanitari e
familiari; ci si chiede come viene supportata una famiglia che decide di riaccogliere a domicilio un
anziano anche dopo eventi clinici importanti e quindi con necessità assistenziali complesse
Il periodo di attesa del ricovero in rsa rappresenta una fase critica soprattutto per i familiari che si
attendono risposte immediate ma anche per gli operatori comunali ai quali viene rimandata
completamente la problematica e ai quali arrivano le richieste e a volte le “pressioni” perche si
giunga al più presto ad una soluzione: dimissioni a domicilio, passaggio in riabilitazione o
inserimento in rsa. Anche l’attesa di un posto in rsa vede i familiari costretti a rivolgersi alle
diverse strutture residenziali nonché all’as comunale per sollecitare o per “aggiornare il punteggio”
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Si coglie da parte dei familiari sconcerto e fatica ad accettare la disabilità del parente anziano, sia
quando l’evento è improvviso, sia quando il decadimento è progressivo con l’avanzare dell’età;
non di rado emergono fra i familiari tensioni, rotture nei rapporti, pareri discordanti e disponibilità
differenti.
L'a.s della RSA di Trigolo, anche a nome di altre RSA, segnala le criticità date dalle procedure
relative alla scheda sociale per l'ingresso in RSA:
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Mancanza di informazioni sui servizi agli utenti
Nomina dell’Amministratore di Sostegno
Anziani soli
Le modalità di fruizione del SAD
Un'altra a.s. pone la questione del come ci si prende cura della non autosufficienza e degli strumenti
che si hanno a disposizione per valutare; la domanda è: quali strumenti e quali competenze sono
necessari per non prendere in giro i professionisti e i familiari, cosa che succede usando strumenti
poco congrui.
“Quando si presentano eventi acuti, è difficile affrontare il tema del futuro con l'interessato perchè
si scatenerebbe il finimondo”. Anche quando si tratta di patologie psichiatriche.
Un'altra as afferma che a volte è difficile capire di cosa occorre prendersi cura, chi è da aiutare:
l'anziano non autosufficiente, i figli che non ce la fanno più, la famiglia dei figli che è esasperata?
Vi sono persone che, prima di diventare anziane, erano un po' particolari per cui, nell'emergere di
nuovi bisogni, i problemi traboccano e mettono a serio rischio il sistema famiglia”.
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Mancanza di informazioni sui servizi e prestazioni
Una costante in queste situazioni, è la mancanza di informazioni aggiornate sui servizi e sulle
prestazioni a cui si può accedere, che aumenta il senso di disorientamento; anche l‘operatrice del
progetto “Incontra Lavoro” delle Acli, conferma che quando la famiglia si rivolge al loro sportello
per la ricerca di un’assistente familiare, dopo essersi già rivolta a più servizi e aver incontrato più
operatori, appare confusa, incerta sulle scelte, spesso con atteggiamento di delega della cura
dell’anziano all’assistente, oltre ad una certa riluttanza ad accettare condizioni contrattuali regolari;
si è difatti a conoscenza della presenza ancora rilevante nel nostro territorio, di un sommerso nel
lavoro assistenziale, senza garanzie giuridiche per la famiglia e per la lavoratrice.
Se ne deduce che famiglie poco informate, trovano spazi di interpretazione che mettono in difficoltà
gli operatori reciprocamente. Suggeriscono la creazione di uno strumento conoscitivo quale un
opuscolo che informi sulle regole di accesso e sui criteri.
Gli operatori del sad notano che vi è ancora poca conoscenza dei servizi, anche da parte degli
operatori; ci sono persone che non sanno a chi rivolgersi, famiglie chiuse nelle proprie fatiche, con
l'attesa che siano i servizi ad andarle ad intercettare. Vi è anche il problema dei medici di base, “mi
ha segnalato una situazione al limite dopo due mesi che la conosce!”.
• Nomina dell’Amministratore di Sostegno
In presenza di un significativo decadimento cognitivo del’anziano, si apre Il tema della nomina di
un amministratore di sostegno e della gestione dei compiti connessi a tale istituto, che spesso
ricadono sugli amministratori di conseguenza sugli operatori del servizio sociale; la collaborazione
con il tribunale permane problematica.
Frequentemente ormai il Sindaco o gli Assessori ai Servizi Sociali vengono nominati del Giudice
Tutelare Amministratori di Sostegno, con le fatiche dei nostri uffici a gestire le situazioni reddituali
e patrimoniali di così tante persone.
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La figura dell'Amministratore di Sostegno può essere risorsa anche dal punto di vista sociale anche
se nella quotidianità chi esercita questo ruolo, in particolare se amministratore comunale, fatica a
supportare nel quotidiano l’anziano: “L’amministratore va esercitato come supporto e non come
sostituto … e quando è nominato il sindaco, purtroppo non è così”
Inoltre, si ravvisa che si ricorre alla figura dell’Amministratore di sostegno non solo per anziani soli
ma sempre più frequentemente quando vi sono familiari con grosse difficoltà conflittuali e/o quando
gli stessi si trovano a dover inserire una persona anziana in una struttura residenziale, oppure se vi è
il problema di integrazione dei costi economici per rette o per la domiciliarità.
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Anziani soli
Anziani soli senza alcun familiare di riferimento costituiscono nel ns. contesto un target di
particolare complessità, verso il quale non esiste un’attenzione specifica e una flessibilità dei
servizi; ad es. se un anziano solo ha un ricovero ospedaliero e un aggravamento delle condizioni
sanitarie con importanti riduzione dell’autonomia, non può essere dimesso nei tempi previsti dai
protocolli sanitari e servono soluzioni intermedie..
Anziani al domicilio, senza una rete familiare, assistiti da assistenti familiari non in regola e senza
alcuna formazione, senza strumenti per fronteggiare il carico di stress lavorativo e gestionale “ chi
se ne occupa?; chi vigila sulla condizione dell’anziano?”.
Anziani soli al domicilio che sentono forte la solitudine.
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La solitudine degli anziani
La solitudine come condizione e stile di vita è presente in maniera significativa fra gli anziani della
città; questo fenomeno è confermato dalla presidente della Cri di Crema, ente che gestisce il
telesoccorso, quando riporta che per una buona parte degli utenti del servizio, la telefonata
dell’operatore rappresenta uno dei pochi contatti durante la giornata; d’altra parte anche
l’organizzazione della città e dei quartieri, non favorisce la mobilità dell’anziano e il mantenimento
delle autonomie, attraverso lo svolgimento di semplici commissioni che aiutano anche a
mantenere le relazioni sociali ( es. assenza di negozi, servizi di base nei quartieri periferici)
La solitudine degli anziani porta ad un problema di impiego del tempo di questa fascia di
popolazione. Nei nostri piccoli comuni ci sono e si possono creare con più facilità occasioni
aggregative dove poter coinvolgere queste persone.
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La fruizione del SAD e la voucherizzazione
La riflessione sulla domiciliarità, porta a considerare essenzialmente il servizio sad, che è andato
riducendosi per la contrazione delle risorse economiche, così come gli interventi socio sanitari
assicurati dall’Asl. Questo dato sembra in contrasto con quanto si verifica nel capoluogo di
Provincia e viene visto a livello locale, come capacità di contenere la spesa. Si tende a prefigurare
“pacchetti assistenziali” abbastanza rigidi nei tempi e modalità di erogazione, dove prevale
l’obiettivo del “uguale per tutti” e non tanto del “piano di aiuto individualizzato”
In questo ambito la dimensione della domiciliarità sembra coincidere principalmente con le
prestazioni domiciliari, per operazioni legate alla cura della persona e che, mentre vengono
considerate insufficienti per soddisfare i bisogni assistenziali e garantire il benessere dell’anziano a
domicilio, lasciano sullo sfondo un’idea di domiciliarità più allargata, che ricomprenda altri
aspetti importanti per la vita di un anziano ma che si faticano a vedere e a promuovere.
L’attuale sistema di voucherizazione inoltre porta il rischio di un “affollamento”di operatori (del
comune e della cooperativa, dell’Asl ) nei confronti di uno stesso anziano
Inoltre per gli anziani la presentazione di un ISEE ed il pagamento del Servizio SAD ad esempio
stenta a decollare.
Altra problematicità espressa circa l’area anziani è la dimensione del contesto famigliare. Si rileva
che quando l’anziano si trova presso il suo domicilio e vive con i familiari la presa in carico è
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molto più complicata. Vi sono infatti famiglie "invischiate" che essendo sempre stati al servizio
dell'anziano non riescono a spogliarsi da questo incarico ed ammettere che hanno bisogno di aiuto,
altre invece che, non sopportando il carico di assistenza, delegano la gestione del caso o totalmente
al Servizio o ad altri congiunti.
“Ci sono famiglie che sono troppo stanche per essere risorsa, in particolare possono essere di aiuto
le famiglie allargate, rispetto a quelle sole”
Tali considerazioni non sono solo largamente riconosciute dalle assistenti sociali territoriali ma
anche dalle realtà del terzo settore presenti che vivono le stesse difficoltà.
“…nella gestione del SAD percepiamo importanti difficoltà quando i famigliari si trovano in una
posizione invischiata o di latitanza rispetto l'anziano.
Rispetto all'informazione: la coordinatrice del sad rileva che gli interventi sono in calo, arrivano
poche richieste. Le persone preferiscono utilizzare il voucher sanitario perchè è gratis; dovendo
proseguire o potenziare interventi assistenziali, piuttosto restano senza servizi ritenendo che il sad
costi troppo, anche senza sapere quanto gli potrebbe costare. Dover portare i redditi a volte è uno
scoglio insormontabile.
Ci si chiede quanto incide la mentalità del gratuito: a volte si utilizzano servizio anche se non
necessari solo perché gratuiti. Esistono servizi ancora poco richiesti dalla popolazione come ad es.
il servizio pasti a domicilio.
C) LE SPECIFICITA’ DI OGNI SUB AMBITO
BAGNOLO
Il carico di stress raggiunto dai care giver familiari che da un effettivo bisogno.
Il gruppo è concorde nell’affermare che nel nostro territorio mancano servizi di sollievo, mancano
servizi a sostegno della rete familiare, servizi che permettano ai familiari di “rigenerarsi,
ricaricarsi” al fine di poter proseguire in modo più sereno l’accudimento a casa del congiunto;
senza arrivare a situazioni esplosive e di stress tali da richiedere in estremis il ricorso alla casa di
cura.
Spesso le assistenti sociali si rivolgono ai familiari dell’anziano “come se fossero utenti; siamo
talmente abituati a lavorare con i problemi che non riusciamo più a vedere le risorse delle famiglie,
non siamo più abituati alla normalità”. Vi è l’impressione che i care giver, che potrebbero essere
una risorsa, un punto di riferimento, siano visti a fatica dai servizi sociali, “ma è più facile vedere la
richiesta dell’interlocutore”.
“L’abitudine, purtroppo, diventa un orientamento, una prassi di lavoro”. Visione dei servizi
sociali che lavorano da soli e non all’interno di un sistema di gerarchia di alleanza; non è costruita
con la famiglia una alleanza all’insegna della responsabilità.
Secondo il referente della cooperativa manca da parte di alcuni servizi una “buona dose di
elasticità” nel valutare le singole situazioni.
Le assistenti sociali hanno la consapevolezza di occuparsi quasi esclusivamente di anziani non
autosufficienti, non dedicando tempo al lavoro di rete e alla promozione del benessere “perché
manca il tempo; abbiamo troppo cose da fare; siamo presi dall’emergenza”…ma ci si interroga
sulla qualità dei servizi dati … “come ci stiamo occupando di questi anziani? siamo sicuri di
occuparcene in modo adeguato?….. facciamo la domanda per la casa di riposo e poi non ce ne
occupiamo più, … ci sono anziani al domicilio seguiti da assistenti familiari dei quali non ce né
occupiamo…”
Il gruppo di lavoro concorda nell’affermare che gli strumenti di lavoro non sono più coerenti con la
domanda ad es. le famiglie chiedono di essere accompagnate nella scelta in un percorso di aiuto … i
servizi sociali rispondono con risposte preconfezionate…
PANDINO
Il gruppo esprime un forte disagio circa il problema della patologia dell'Alzheimer, per la quale vi
è la consapevolezza che non è una nuova problematica, ma assume un tratto di emergenza per la
quale non sempre si è in grado di dare una riposta adeguata. Le risorse non sempre sono appropriate
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per questa patologia, la quale non necessita unicamente della risposta ai bisogni più semplici di cura
(come l'igiene personale, l’alimentazione, ecc.), ma sempre più frequentemente necessita di un
sostegno più importante volto al supporto del nucleo familiare che circonda l'anziano stesso.
Altra problematicità espressa è relativa al livello di povertà degli anziani che frequentemente non
riescono a provvedere alla propria alimentazione, al supporto delle spese domestiche ecc. Anche in
questo caso il servizio sociale è inadeguato nella risposta.
Altra problematicità che si vuole segnalare per la sua gravità ed emergenza è quella relativa alla
violenza sulle donne anziane. Violenza non solo intesa come maltrattamento fisico ma anche
psicologico che viene inferto non solo dai figli ma anche dagli stessi coniugi anziani
“l’Auser di Cremona aveva fatto un bellissimo progetto su questa tema che di fatto però era stato
poco pubblicizzato” “
Per la nostra esperienza, come cooperativa, è un problema emergente”
Gli operatori concordano nel ritenere poco efficace la risposta del territorio e anche dei servizi
sociali, soprattutto se queste realtà agiscono in autonomia.
SERGNANO
La problematica principale è stata individuata negli anziani che rifiutano gli interventi; anziani soli
o coppie che, segnalate dal medico di medicina generale o da un parente, rifiutano interventi di
supporto e di sostegno e che richiedono una presa in carico multi- professionale.
Il gruppo si è chiesto come fare ad “agganciare” queste persone, dov’è il limite tra il rispetto
dell’autonomia della persona e la necessità di intervenire con dei supporti.
Vi sono poi anziani con scarse risorse economiche che hanno bisogno di interventi di supporto a
livello quotidiano, ma che il nostro sistema dei servizi pubblici non offre. Questo potrebbe essere
garantito da un assistente familiare, ma il problema dei costi è rilevante
con gli anziani seguiti dal CPS si evidenzia la fatica di trovare fattive collaborazioni, quando non
semplici contatti con gli operatori del Servizio specialistico.
Il gruppo ha sottolineato come non esista un’alternativa domiciliare pubblica alla nonautosufficienza Questo ha comportato il proliferare del fenomeno delle badanti incentivando forme
di lavoro in nero.
CREMA
Si registra un aumento delle patologie di Alzheimer e demenze verso le quali si riconosce
un’attenzione consolidata nel tempo da parte dei servizi sanitari e dell’associazionismo locale nella
direzione della cura e del sostegno alle famiglie; quello che emerge fra i partecipanti sembra essere
una certa positiva sorpresa nell’apprendere l’esistenza di opportunità sul territorio, verso le quali
c’è ancora una scarsa conoscenza e soprattutto la mancanza di un costante raccordo, motivi che
ne impediscono la piena fruizione.
SONCINO
Un volontario afferma che nei paesi di minori dimensioni, si ha l'idea che la solitudine non sia
abbandono, ma una solitudine abitata, vi è ancora una rete di sostegno.
Solitudine, consenso, abbandono di interventi necessari (per povertà economica), tutela: come
tenere insieme esigenze diverse?
Vi sono poi le fatiche dei familiari che impongono una mediazione tra le esigenze/diritti degli
anziani che necessitano di cure impegnative e le esigenze dei figli, “a volte sono sottomessi dal
senso del dovere” oscillando tra scelta consapevole o scelta di vita.
Nella rete dei servizi vi sono anche le badanti, un mondo da portare all'attenzione. Quando va bene
sono situazioni basate sul “fai da te”, che diventa anche molto rischioso quando si applica alla
somministrazione di farmaci o quando le persone sono molto compromesse. Poche quelle che
accettano consigli e suggerimenti. Quali assistenza e quali tutele per gli anziani? Attenzione anche
alle modalità con cui le famiglie reclutano tali persone.
Un pensiero viene dedicato ai pazienti psichiatrici che invecchiano nei confronti dei quali si notano
servizi insufficienti, mancanza di coordinamento e capacità di fare rete tra i servizi.
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CASTELLEONE
Poca coscienza dello spreco attuale delle risorse disponibili – Esempio trasporto sociale attuato da
più comuni limitrofi senza una collaborazione e/o coordinamento centrale al fine di accorpare i
trasporti verso gli stessi servizi ottimizzando l’utilizzo delle risorse. Questo aspetto viene vissuto ad
oggi come mancanza e viene espressa la volontà di portare aventi queste riflessioni;
Il gruppo ritiene che spesso questa condivisione di risorse tra più enti è ancora oggi ostacolata da
campanilismi e da vincoli burocratici amministrativi;
Mappatura poco chiara e conosciuta dei servizi- alcuni componenti sostengono che la risposta dei
servizi non è sempre adeguata perché a volte c’è una scarsa conoscenza delle risorse che offre il
territorio questo crea disorientamento non solo nell’utente ma anche negli operatori. Si condivide
che spesso, presi dalle priorità, si utilizzano con superficialità gli strumenti conoscitivi a
disposizione.
B) PROBLEMATICHE SENZA RISPOSTA
Anziani autosufficienti….”Cosa facciamo per loro? Perché i servizi sociali non si legittimano ad
occuparsi della promozione del benessere? Quale orientamento vi è alla base?” Manca la
promozione del benessere: gli anziani ci chiedono di essere accolti, accompagnati, aggregati, di
inventarci luoghi per stare insieme e di aggregazione. Gli anziani potrebbero essere un’importante
risorsa, basta vederlo e attivarlo; ma a parte qualche caso sporadico dove l’anziano è visto come una
risorsa e a sua volta genera risorse anche a costo zero (es nonni vigile, Piedibus d’Argento, Auser)
il territorio non risponde a questa richiesta.
La problematica principale è stata individuata negli anziani che rifiutano gli interventi; anziani soli
o coppie che, segnalate dal medico di medicina generale o da un parente, rifiutano interventi di
supporto e di sostegno e che richiedono una presa in carico multi- professionale.
Il gruppo si è chiesto come fare ad “agganciare” queste persone, dov’è il limite tra il rispetto
dell’autonomia della persona e la necessità di intervenire con dei supporti.
l’assenza di servizi rispondenti ad alcune patologie specifiche e/o la presenza solo esclusiva in
alcuni territori: “A Cremona abbiamo un centro Diurno Integrato che tratta unicamente tale
patologia”; “dobbiamo inventarci come trattare i problemi in assenza di strumenti e non solo di
risorse”
l’assenza di azioni preventive, che possano aiutarci nella presa in carico delle situazioni di anziani
fragili prima dell’evento critico che li colloca poi nella dimensione di emergenza: “ne sono esempio
tutti i casi di dimissioni protette dall’ospedale che in due gg. devi risolvere”
Altra problematicità che si vuole segnalare per la sua gravità ed emergenza è quella relativa alla
violenza sulle donne anziane. Violenza non solo intesa come maltrattamento fisico ma anche
psicologico che viene inferto non solo dai figli ma anche dagli stessi coniugi anziani
“l’Auser di Cremona aveva fatto un bellissimo progetto su questa tema che di fatto però era stato
poco pubblicizzato” “
Per la nostra esperienza, come cooperativa, è un problema emergente”
Un pensiero viene dedicato ai pazienti psichiatrici che invecchiano nei confronti dei quali si notano
servizi insufficienti, mancanza di coordinamento e capacità di fare rete tra i servizi.
Vi sono poi le fatiche dei familiari che impongono una mediazione tra le esigenze/diritti degli
anziani che necessitano di cure impegnative e le esigenze dei figli, “a volte sono sottomessi dal
senso del dovere” oscillando tra scelta consapevole o scelta di vita.
2) DESTINATARI
BAGNOLO CREMASCO
Il gruppo di lavoro concorda nell’affermare che i destinatari dei nostri servizi sono l’anziano e la
famiglia dello stesso.
Si evince inoltre che il “fattore economico” cambia i destinatari; “ad es. se al servizio sociale arriva
la richiesta di un anziano che deve essere ricoverato urgentemente in casa di riposo, non ha nessun
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famigliare e parente, non ha nessun reddito … siamo sicuri che il nostro destinatario è la famiglia
o diventa l’assessore per una richiesta di compartecipazione alla retta della casa di riposo?”
Il gruppo di lavoro è consapevole che dovrebbe mettere al primo posto l’utente ma che spesso mette
al primo posto il richiedente “Anche la rigidità diventa una prassi di lavoro”.
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PANDINO
GLI UTENTI;
I FAMILIARI DEGLI UTENTI;
GLI OPERATORI/COLLEGHI:
I COMMITENTI per le realtà del terzo settore;
I CITTADINI.
GLI AMMINISTRATORI per i servizi sociali;
Il terzo settore riporta come sia fondamentale per le loro realtà svolgere delle rilevazioni di
soddisfazione sugli utenti e sui propri operatori, per capire come il servizio funziona e se siano
necessari dei cambiamenti.
Dalle rilevazioni sperimentate si evince una soddisfazione dell’utente ad essere stato interpellato,
ascoltato; e che spesso è valutato più positivamente un operatore che è capace di instaurare una
buona relazione rispetto piuttosto che uno che svolge le sole prestazioni in modo più che corretto.
Si ravvisa come frequentemente il cittadino faccia fatica a capire la differenza che sussiste tra il
Comune e la cooperativa o tra il Comune e l’Associazione; tale criticità viene percepita da tutti i
presenti. Le cooperative del privato sociale manifestano anche la loro difficoltà tra la necessaria
gestione del servizio in maniera ottimale e l’altrettanto fondamentale necessità di fare del marketing
aziendale, in modo che la propria cooperativa possa essere conosciuta e riconosciuta.
“ a volte ci sentiamo trasparenti, in qualsiasi caso il servizio è il Comune”
“ la colpa è nostra… non ci facciamo conoscere abbastanza e non presiediamo il territorio”
CASTELLEONE
Il gruppo condivide chi sono i destinatari dando comunque una valenza e importanze diverse in
base al servizio di appartenenza; nello specifico:
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Rappresentanti terzo settore disabilità : individuano come utente prioritario l’utente disabile
focalizzando l’intervento su di esso e solo in seconda “battuta” uno sguardo alla rete
famigliare ed alle sue potenzialità, privilegiare utenti con poche possibilità di sperimentare
la socialità in autonomia o con la famiglia;
Servizio sociale: individua come utente prioritario non più solo la singola persona ma
l’intero nucleo famigliare richiamando l’importanza di un lavoro più ampio sull’utente
coinvolgendo l’intero nucleo, qual’ora presente, nel processo di aiuto. Si evidenzia
l’importanza di un lavoro preventivo di empowerment sulla famiglia quale luogo di crescita
e di formazione. Lavorare sulla famiglia oggi ha una forte connotazione preventiva che porta
il servizio sociale a vedere tale realtà come “serbatoio” di potenziali risorse per il benessere
della comunità.
Auser:individua come utenza prioritaria gli anziani attivi quali promotori e moltiplicatori di
esperienze di socializzazione e solidarietà a livello comunitario.
In senso generale si riportano la tipologia di utenti condivisa dal gruppo:
- utenza che porta esprime potenziali risorse .
PRIORITA’Il gruppo manifesta la consapevolezze di dover convogliare le risorse verso
progetti realizzabili non abbandonando i casi “irrisolvibili”,ma dando priorità a percorsi che col
tempo possano auto sostenersi ed alimentarsi – utenti che possono essere attivi in un progetto
sostenibile;
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famiglia isolata – necessità di creare rete favorendo una presa in carico “comunitaria”
famiglia inserita nel contesto da sostenere, ma anche da “spendere” come risorsa;
disagio psichiatrico adulto;
rete primaria e secondaria dell’utente portatore del bisogno;
SERGNANO
- gli anziani e la famiglia degli anziani. La coop Gabbiano specifica che il destinatario primo della
prestazione è l’utente e quindi l’anziano; poi se vi è una famiglia è indispensabile mantenere un
dialogo ed un confronto con questa. Viene quindi individuato come utente prioritario l’ anziano
focalizzando l’intervento su di esso e successivamente sulla sua rete famigliare.
- il gruppo delle Assistenti Sociali ha individuato come utente prioritario non solo l’anziano, ma
l’intero nucleo famigliare richiamando l’importanza di un lavoro più focalizzato sull’utente ma
coinvolgendo l’intero nucleo.
- i medici di Medicina Generale sono spesso sollecitati dagli operatori sociali a richiedere interventi
in quanto unici titolati a farlo (ad es. ADI).
- i familiari che richiedono interventi di sollievo dal carico di cura o che necessitano di confronto e
sostegno nell’elaborazione delle loro difficoltà soprattutto laddove vi sono anziani con declino
cognitivo.
CREMA
Nell’analisi che riguarda i destinatari dei servizi e del lavoro sociale, il gruppo fatica ad
identificarli oltre alla tradizionale utenza, anziani e loro famiglie che si rivolgono direttamente per
richieste specifiche; vengono considerati possibili destinatari dell’azione del servizio sociale le
“reti ” che di volta in volta risultano essere significative per la persona anziana, così come le
nuove generazioni, verso le quali si valuta importante promuovere interventi di sensibilizzazione
ed educazione, sulle problematiche degli anziani.
SONCINO
Vengono identificati come destinatari: gli anziani, le loro famiglie, i gruppi a.m.a. (luoghi di
relazioni, di scambio, di aiuto), gli adulti che si avviano ad invecchiare, gli operatori del sad, gli
amministratori, i figli degli anziani ricoverati (a volte non so chi sta più male dei due) perchè
un'alleanza terapeutica è una buona premessa per il buon andamento dell'intervento.
3) PROCESSO DI LAVORO
Le assistenti sociali lavorando tutte in piccoli comuni dichiarano che il momento dell’accoglienza
si traduce spesso in un primo colloquio. “La presa in carico è collegata al servizio” i servizi sociali
sentono di aver attivato la presa in carico di un nucleo familiare quando attivano i servizi.
Una assistente sociale dichiara di lavorare solo su appuntamento, questo permette alle persone di
sentirsi più accolte e considerate e permette alla stessa di prendersi anche il tempo necessario per
accogliere l’utente e le sue problematiche.
Le colleghe concordano di lavorare ancora sull’emergenza senza priorità; “ la priorità è
l’emergenza!”.
Rapporti con il settore sanitario (infermieri, medici di medicina generale); una collega ricorda ad
esempio che parecchi anni fa tutte le attivazioni del servizio SAD erano concordate e condivise con
il medico di base effettuando insieme anche la visita domiciliare e la valutazione della presa in
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carico. Il venir meno di questa collaborazione inficia sulla presa in carico dell’utente, che riporta
sempre più problematiche sanitarie complesse e compromesse.
Il gruppo di lavoro concorda nell’affermare che con la nascita del Piano di Zona l’integrazione è sta
messa al primo posto. Anche i Sub Ambiti sono rilevati come un importante punto dove poter
scambiare informazioni, integrarsi, far circolare le idee e le informazioni.
E’ rilevata la difficoltà ancora ad integrarsi con alcuni servizi specialistici, anche se il processo di
integrazione è più fluido e funzionale in quei servizi specialistici dove è presente la figura
dell’assistente sociale. In generale si rileva che vi è più integrazione fra sociale e sociale e poca
integrazione tra sociale e sanitario, dove permane la presenza di paletti troppo stretti che non
permettono alle informazioni di circolare.
Anche l’operatrice del servizio CEAD rileva una maggiore chiusura del servizio sanitario rispetto al
servizio sociale “dove tutto quello che è sanitario è maggiormente considerato rispetto al sociale”
“come se fossero ancora due binari diversi che faticano ad incontrarsi”.
Il gruppo di lavoro è concorde nel affermare che nell’area anziani, preso atto che le necessità e i
bisogni cambiano repentinamente, i servizi sociali sono chiamati periodicamente “a fare ri-fare
valutazioni, cambi di rotta, ripensare e riorganizzare i servizi o rivedere le azioni proposte”. Se è
costruita con la famiglia una buona relazione, una buona alleanza, gli utenti sono concordi a
cambiare, modificare gli interventi, ma se i servizi sociali non presidiano la presa in carico o
sottovalutano i processi relazionali diventa difficile cambiare, modificare gli interventi perché la
famiglia non ha più fiducia nel servizio sociale. Il gruppo è concorde nel ritenere che per riuscire a
rispondere in modo adeguato ai bisogni degli anziani è necessario che vi sia sinergia e dialogo tra le
diverse realtà pubbliche e private. Ciò sottende ad un orientamento culturale forte che vede
l’alleanza e la co-progettazione quale dimensione di lavoro necessaria per fronteggiare il bisogno.
“Ad esempio la telefonia sociale che verrà introdotta dall'Associazione Auser e che rappresenterà
un punto di smistamento dei bisogni e indicazione dei servizi adatti”
Nonostante si ravvisi tale dimensione di lavoro come efficace, nel confronto circa la
voucherizzazione del servizio SAD, si prende atto di alcune difficoltà concrete che sottendono
ancora ad una dimensione di lavoro più centrata sulle gerarchie e confini istituzionali.
Il gruppo si confronta infatti sui punti di forza e le criticità che sono state introdotte con il processo
di voucherizzazione del servizio SAD, in particolare il terzo settore percepisce ancora il senso di
gerarchia e di disomogeneità con il servizio sociale.
“ Sul territorio cremasco ci sono ancore differenze per erogazione del servizio di assistenza
domiciliare, a partire dalla gestione dello stesso tra appalto e voucherizzazione”
“Il processo di voucherizzazione ha condotto ad un cambio di “forma mentis” dove viene data
maggior autonomia all'operatore. Si chiede a quest'ultimo di non essere unicamente l'occhio del
servizio sociale, ma essere attivo e propositivo.”
“Gli operatori non si sentono autonomi rispetto al servizio sociale e non si sentono i diretti
responsabili di quella prestazione”
Il Servizio sociale mostra, invece, che le aspettative che lo strumento della voucherizzazione poteva
avere in sé, nell’ottica dell’integrazione e nel contempo di un minor aggravio di carico nella
gestione del caso, non sempre vengono rispettate.
“Mi aspetto che gli operatori siano partecipi nel momento della progettualità e che non vi siano
unicamente momenti di verifica ma che siano gli operatori ad indicare gli obiettivi se raggiunti o
da rivedere”
Rispetto all’integrazione tra i servizi e le cooperative si evidenzia un altro elemento di criticità che
da un lato vede i servizi sociali locali a definire progettazioni sui casi e dall’altra il terzo settore a
prendere atto di progettualità i cui obbiettivi sono poco oggettivabili.
“io che vedo i progetti devo dire che gli assistenti sociali faticano a rendere oggettivabili gli
obbiettivi del servizio domiciliare … È come se l’espletamento dell’igiene personale fosse
l’obiettivo dell’intervento, e non altro…”
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In merito a quest'ultimo elemento viene riportato come sia difficile misurare gli obiettivi raggiunti e
che, essendo il monitoraggio una fase poco presidiata, vi è un rischio evidente di mantenere nel
tempo sempre i medesimi obiettivi.
Circa i processi, il servizio sociale deve assumere la capacità di spendersi nelle fasi di verifica
intermedie, con costanza e con strumenti volti alle reale verifica dello stato di avanzamento del
progetto e della misurazione degli obiettivi.
Per quanto concerne l'accoglienza il gruppo non si è espresso; Gli assistenti sociali presenti hanno
condiviso la non strutturazione di una modalità di accoglienza. Lavorando tutti in piccoli comuni il
momento dell’accoglienza spesso combacia con un primo colloquio di conoscenza che rimanda,
valutata la presa in carico, ad un successivo incontro finalizzato a conoscere la situazione. Anche
qual’ora nella prima accoglienza non si ritiene di essere il servizio competente si attua spesso un
accompagnamento/aggancio con il servizio territoriale idoneo al caso.
Il gruppo condivide che il processo valutativo è quasi sempre fatto dal singolo operatore non
essendo riconosciuti tempi strutturati al fine di una valutazione condivisa. Spesso non vengono
integrate le valutazione fatte da diversi soggetti coinvolti lasciando forse spazi di azione inesplorati.
Soprattutto gli Assistenti Sociali presenti condividono di sentirsi soli nel processo valutativo non
avendo equipé/supervisioni programmate al fine di elaborare valutazioni condivise di casi
complessi o di percorsi già avviati.
Alcuni partecipanti ritengono che la valutazione a volte risulta invischiata dalla situazione
economica attuale ed vincola/limita la progettazione- Es. mancanza di fondi per realizzare un
tirocinio lavorativo!!
Emerge la difficoltà, nel processo, di cogliere il valore aggiunto del fare insieme perché spesso si
attende passivamente che sia l’altro a mettersi in connessione con noi. Una partecipante sottolinea
che per concertare le risorse e le conoscenza serve comunque una volontà ed un investimento
personale.
Un’altra partecipante sottolinea che oltre alla volontà ci sono dei limiti strutturali ed organizzativi
che in alcuni situazioni ostacolano il confronto e lo scambio.
Il gruppo ha espresso dei pensieri relativamente alla difficoltà di comunicazione individuando e
condividendo all’unanimità quanto di seguito:
-mancanza di occasioni di scambio programmati e riconosciuti a livello organizzativo, ad oggi
previsti momenti di incontro solo per presentazione documenti programmatici o procedure;
-aspettare passivamente – atteggiamento che porta gli operatori a mettersi in una posizione di
attesa,giustificata dal fatto di essere troppo presi dall’operatività di tutti i giorni e di non cercare
connessioni se non nel momento della pura necessità- una partecipante sottolinea e ritiene che
comunque la concertazione è possibile sia se un contesto organizzativo la facilita ma anche se il
professionista quotidianamente ne coglie il valore aggiunto e ci investe personalmente;
- si condivide comunque che anche quando alcuni strumenti di conoscenza vengono messi a
disposizione spesso l’atteggiamento è quello di prestarvi una superficiale attenzione non
cogliendone l’importanza e l’utilità che potrebbero dare nel lavoro quotidiano.
Rispetto all’adesione si è rilevata una partecipazione motivata e partecipata. I soggetti hanno
interagito ed espresso liberamente i loro pensieri. Il conduttore ha più volte dovuto richiamare
l’attenzione ad una analisi dai “fatti” e non all’elaborazione di ipotesi risolutive.
Si è percepita una volontà di unirsi per avere più forza. Sono emerse perplessità relative alla
professionalità di alcune categorie presenti che hanno permesso un confronto costruttivo.
I partecipanti hanno espresso la soddisfazione di essere stati chiamati ad una partecipazione attiva in
quanto ogni soggetto presente ha potuto elaborare dei pensieri e riuscire a leggere in modo diverso i
significati espressi riuscendo ad uscire da dinamiche “accusatorie” e di responsabilità.. Alcuni
partecipanti hanno condiviso il loro senso di frustrazione dovuto al periodo storico ed hanno
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espresso la sensazione di sollievo avendo potuto condividere questo stato damino con altri esperti
del sociale.
Si precisa che a causa del ridotto personale dedito a questo lavoro si è ritenuto opportuno, al fine di
conciliare anche gli impegni lavorativi relativi all’ufficio,in accordo con gli amministratori, di
accorpare i Focus Group relativi alle aree anziani e adulti.
Il momento dell’accoglienza si traduce spesso in un primo colloquio di conoscenza e da una serie di
incontri di valutazione della situazione (compresa una o più visite domiciliari).
Le componenti del gruppo condividono poi che il processo valutativo viene fatto quasi
esclusivamente dalla singola Assistente Sociale, mentre sarebbe auspicabile una valutazione
multidisciplinare e condivisa con altre figure, in primis con il medico curante.
Si ricorda che a livello di ASL esisteva una Unità di Valutazione Geriatrica di cui si è persa traccia
e che pare si sia trasformata in una Unità di Valutazione in cui l’AS dovrebbe avere ruolo di primo
filtro ma di cui non si conosce nulla.
Emerge la necessità di utilizzare uno strumento comune, quale potrebbe essere un PAI ANZIANI
che possa essere aggiornato da tutti coloro che si occupano dell’anziano (AS, medici, CEAD, etc.)
che venga aggiornato come un diario, con valutazioni, aggiornamenti, monitoraggi. L’attuale
strumento della Cartella Sociale viene poco utilizzato dagli operatori ed è da rivedere.
Circa l’integrazione…
Si ribadisce la necessità di confronto almeno su situazioni complesse che richiedono una lettura ed
una valutazione da parte di più soggetti e quindi capacità di connettersi e di condividere il pensiero
con chi è coinvolto, pur incontrando delle difficoltà relative ai tempi ed alla struttura.
Sarebbe interessante convergere e confrontarsi almeno in un momento dedicato con chi si occupa di
dimissioni in Ospedale o presso le Cure Intermedie o l’IDR in quanto si reputa necessario valutare
insieme cosa e come poter intervenire al meglio in una situazione di anziano che viene dimesso
dalla struttura, e possibilmente non il giorno prima.
Luoghi di progettazione…
Secondo la maggior parte degli operatori vi sono scarsissimi luoghi di progettazione, perché anche
gli incontri di coordinamento SAD sono più valutativi e di monitoraggio che di vera e propria
progettazione. Costituiscono comunque un momento di corresponsabilità, dove ci si sente allo
stesso livello con una responsabilità condivisa. ORIENTAMENTO “Dalla delega alla
corresponsabilità”.
Un’ultima considerazione…
La composizione del gruppo, costituito quasi esclusivamente da Assistenti Sociali non ha permesso
uno sguardo “terzo” sui servizi, né la rilevazione di criticità che non fossero autoreferenziali.
Da alcuni presenti, viene evidenziata quale criticità organizzativa, il numero ridotto di monte ore
lavorativo ( n.55 settimanali) assicurato dalle due assistenti sociali comunali che si occupano della
tematica “anziani” e che se risulta sufficiente a trattare le diverse richieste, non consente di dare
spazio ad azioni progettuali più a carattere promozionale.
Sul piano dell’integrazione con altri servizi/operatori, viene considerato positivo il confronto e la
collaborazione sulle singole situazioni con i referenti della cooperazione per quanto riguarda il sad e
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con gli operatori di altri enti ( Asl, Ospedale, Idr, Rsa ) per quanto riguarda la presa in carico in
genere delle situazioni sul piano del passaggio di informazioni.
Nella conoscenza delle situazioni risulta fondamentale l’apporto dei soggetti che a diverso titolo
intercettano le situazioni, in particolare nella fase di presa in carico ed erogazione di
servizi/prestazioni, risulta importante il raccordo con i referenti della cooperativa che assicurano
una vigilanza costante sulle a decondizioni della persona e possono cogliere tempestivamente
l’insorgere dei problemi.
Più critico appare il livello di integrazione con il medico di base, visto fra le figure coinvolte,
quella più prossima alla persona anziana “i medici di base non segnalano mai niente dei loro
pazienti anziani” la collaborazione è molto legata alla disponibilità personale del medico; questa
situazione viene avvallata dall’Asl in una sorta di tacito accordo con i medici che “devono essere
lasciati tranquilli” decidendo anche di escluderli dalla valutazione sanitaria per l’accesso alle rsa.
Non c'è abitudine ad usare i dati: per esempio non sappiamo quanti sono gli anziani soli.
Di sicuro manca con i medici di base: a volte non attivano servizi per le troppe carte da
compilare”.
L'integrazione tra competenze sociali e sanitarie nell'assistenza domiciliare è un valore aggiunto sin
dalla fase di accoglienza e valutazione.
Una as interviene dicendo che la valutazione è carente e non strutturata nei nostri servizi, non siamo
abituati a fare valutazione in modo approfondito.
Anche la progettazione degli interventi è individuale e non di territorio. Ne è un esempio la
questione delle badanti, dove prevale il passaparola.
Un valore della progettazione è che favorisce l’integrazione tra enti, servizi e gruppi in una logica di
risparmio delle risorse sempre più limitate, ma anche di percorsi di sostegno alle famiglie e di
diffusione delle informazione sui servizi.
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