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il Giornale dei Capi dell’AGESCI SICILIA
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Anno XXII n°2 - settembre 2013
Spediz. in Abb. Post. art. 2 comma 20/C L. 662/96 Filiale di Milano Roserio
in questo numero
Sommario
Editoriale
di Ciro Cardinale................................................................................................3
Il percorso di educazione ambientale nello scautismo
di Pasquale Pianese...................................................................................................... 4
“L’affaire” MUOS a Niscemi
di Giuseppe La Rocca.........................................................................................6-8
INSERTO PATTUGLIA REGIONALE R/S
Guida “Vedere-Giudicare-Agire”
L’ambiente e le Zone
a cura dei RR.ZZ. Laghi - dello Stretto....................................................................9-10
La custodia del creato
di Don Rino Rosati..............................................................................................11
“Cambuse Critiche” sbarca in Sicilia
di Flavio Pugliatti................................................................................................12-13
Come creare una cultura della prevenzione ambientale
a cura della Pattuglia Regionale PC........................................................................14-15
SICILIA SCOUT Anno XXII - numero 2 - settembre 2013
Spediz. in Abb. Post. art. 2 comma 20/C L. 662/96 Filiale di Milano Roserio
Edito dall’Agesci Regione Sicilia per i suoi soci
Autorizzazione del Tribunale di Siracusa n.14 del 31/07/1992
Redazione: Via F.lli Bandiera, 82 - 95030 Gravina di Catania
tel. 095 416561 - fax 095 7500633
www.sicilia.agesci.it - [email protected]
Direttore responsabile: Capo redattore: In redazione: Hanno collaborato: Realizzazione grafica: Foto: Stampa: Luigi Perollo
Ciro Cardinale
Sergio Lombardo - Giuseppe La Rocca
Pasquale Pianese, Responsabili delle Zone Laghi e dello Stretto, Don Rino Rosati
Flavio Pugliatti, Graziana Messina, Mario Consoli, Don Nino Nicoloso,
Pattuglia Regionale RS, Pattuglia Regionale PC.
Sergio Lombardo
Sergio Lombardo, Federica Patanè, Daniele Oliveri
Agema Corporation - Viale Monza n. 7 - Milano (MI)
Tiratura di questo numero: 3.400 copie
Chiuso in redazione il 10-09-2013
SICILIASCOUT
Editoriale
Custodire il creato è un’indicazione di Dio
data non solo all’inizio della storia,
ma a ciascuno di noi, è parte del suo progetto.
Papa Francesco
(Giornata mondiale dell’ambiente 2013)
Custodire
il creato, impegno arduo, duro, costante che gli scout assumono
nello stesso momento in cui fanno la loro promessa, nello stesso istante in cui
decidono di indossare un’uniforme, compito che li caratterizza (o li dovrebbe?)
sempre. Ogni loro azione è infatti ispirata a questo principio, perché un dono
non si sciupa, non si distrugge, non si altera, ma lo si conserva – e magari lo si
migliora – per trasmetterlo poi alle future generazioni, testimone di ciò che siamo.
Purtroppo da molte parti, a causa di troppe mani avide e rapaci, assistiamo a continui scempi
e stupri dell’ambiente, che ci fanno dubitare della coscienza civica (se mai ne hanno avuta
una…) di tanti e del cattivo gusto di molti. Cosa ci potrebbe essere di più bello del profilo
di una montagna stagliato contro l’azzurro del cielo o del volo aggraziato di un gabbiano?
Eppure a molti ciò non importa, interessati ad altro, soprattutto ai facili guadagni o alla
conquista e gestione del potere. Ed allora dobbiamo essere proprio noi, capi educatori
scout, i primi ad amare il creato, i primi a custodirlo, i primi a farlo apprezzare alla giovani
generazioni che ci sono state affidate, perché a loro volta lo apprezzino, lo custodiscano e lo
amino, per tramandarlo poi ad altri, in una catena infinita di amore per il bel dono ricevuto.
Il numero di Sicilia Scout che state sfogliando l’abbiamo pensato e voluto dedicare proprio
all’ambiente, chiudendo così la disamina dei tre punti del Progetto regionale AGESCI Sicilia
2009-2013, alla vigilia della redazione di quello nuovo. A tutti voi, cari lettori, tornati a casa
dalle vacanze di branco, dai campi e dalle route estivi, “giocati” tutti nell’ambiente (sennò che
scautismo faremmo?), esso permetterà di trovare spunti per riflettere
sul nostro approccio quotidiano con il mondo che ci circonda.
Ciro Cardinale
SICILIASCOUT
Il percorso di educazione ambientale nello
scautismo
Baden-Powell su “Taccuino” scrive: «Per conoscere il suo dovere verso Dio, occorre che il
ragazzo abbia un qualche concetto di Dio. Come primo passo verso questo obiettivo noi
ci rivolgiamo allo studio della natura come al nostro migliore alleato pronto a portata di
mano. E’ anche per questo che abbiamo fatto della scienza dei boschi l’aspetto caratteristico
della formazione scout. Attraverso l’osservazione delle meraviglie, dei miracoli giornalieri,
dell’ordine e delle bellezze della natura che li circonda, i ragazzi si fanno più prontamente
un’idea di Dio come provvido Creatore e giungono a comprendere la propria posizione e il
proprio ruolo nel piano universale del creato.»
Quando parliamo del percorso di educazione ambientale nello scautismo, dai lupetti e
coccinelle fino agli uomini e donne della partenza, a mio avviso dobbiamo aver ben presente
l’idea originaria del Creato che aveva Baden-Powell il quale, pur non citando mai la parola
ambiente, ci ha trasmesso quello che deve essere lo spirito della scienza della natura che
dobbiamo avere sempre presente in qualsiasi percorso educativo che andiamo a progettare
sull’ambiente e la sua difesa.
La prima difficoltà è definire correttamente cosa è l’educazione ambientale, perché l’argomento
rischia di essere molto vasto e quindi “poco gestibile da un punto di vista educativo”. La
definizione di educazione ambientale data dal Consiglio dei ministri dell’Unione europea è la
seguente: “L’educazione ambientale è il processo di identificazione di valori e chiarimento di
concetti, al fine di sviluppare le capacità e gli atteggiamenti necessari a capire e ad apprezzare
le interrelazioni fra l’uomo, la sua cultura e il suo ambiente biofisico.”
Per semplificare questo concetto, che come si può notare è piuttosto complesso, si possono
dare alcune indicazioni, e cioè che l’educazione ambientale:
•
sottolinea in partenza l’importanza dei processi di conoscenza su quanto ci circonda;
•
non è una didattica dell’ecologia o delle scienze naturali ma, al contrario, si interessa di
tutto il sistema di relazioni in cui è implicato l’uomo nell’ambiente;
•
non è un’educazione solo intellettuale;
•
essa è anche finalizzata a nuovi comportamenti positivi, con atteggiamenti di azioni e
cose da fare che superino i semplici divieti.
Ora, avendo presente lo spirito proposto da B.-P., possiamo ipotizzare un percorso di educazione
ambientale che schematizzi ed in qualche modo semplifichi la complessità dell’argomento,
dando la possibilità a noi capi scout, che spesso non siamo molto preparati in materia, di fare
una proposta che poi possa essere trasmessa ai ragazzi secondo gli strumenti tipici delle tre
branche. Il cammino educativo può allora essere diviso in 5 fasi:
Educazione al comportamento
Per “educazione al comportamento” si intendono le indicazioni per muoversi a proprio agio ed
in condizioni di sicurezza nell’ambiente, dunque tutto ciò che riguarda l’attrezzatura, il modo
di raccogliere le informazioni senza fare e farsi del male.
Si possono, ad esempio, utilizzare tecniche creative, soprattutto basate su giochi di simulazione,
o rapide inchieste sul campo o la memoria di esperienze passate, per arrivare a fare produrre
direttamente dai ragazzi efficaci norme di comportamento per l’esperienza successiva.
Educazione alla conoscenza
E’ la messa in opera di una metodologia che utilizzi opportuni strumenti, in modo che i ragazzi
riescano a percepire l’ambiente come sistema di rapporti. Dal momento che il gioco dello
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scautismo propone un’esperienza concreta di vita, attraverso un ingresso reale in quel sistema
di rapporti che è l’ambiente, più che uno studio fine a se stesso del sistema, occorrerà far capire
al ragazzo tutti i fattori ambientali che gli permettono di gestire con successo i suoi rapporti
con l’ambiente; bisognerà cioè, attraverso l’uso concreto dei risultati della conoscenza, far
capire le motivazioni all’uso degli strumenti stessi.
Lo scout studierà, dunque, non il clima di un luogo, ma i venti dominanti, per meglio sistemare
la sua tenda; non la vegetazione, ma il potere calorifico dei vari tipi di legno con cui si
accenderà il fuoco; imparerà a riconoscere le specie protette che dovrà rispettare; non la
geomorfologia di un luogo, ma alcune notizie essenziali per evitare di sistemare il campo in
luoghi pericolosi, e così via. Il rover e la scolta studieranno le caratteristiche di un ambiente
che dovranno attraversare con una route, per acquisire notizie utili in vista di un servizio o di
un impegno di protezione.
Educazione all’adattamento
Se è vero che “bisogna lasciare il mondo migliore di come l’abbiamo trovato”, in campo
ambientale, preoccupati di far prendere coscienza del degrado, si tralascia il fatto che tutte le
conoscenze acquisite devono permettere di vivere meglio il proprio rapporto con l’ambiente
e di sfruttare con successo le risorse. Quindi la conoscenza acquisita nella fase precedente
deve portare alla messa in atto di corrette interazioni con l’ambiente, per aumentare la qualità
della propria vita.
Un esempio significativo può essere il rapporto tra lo sviluppo tecnologico e l’ambiente:
Internet utilizzato con intelligenza consente di ridurre le distanze,
di abbassare i costi di accesso alle informazioni, con un risparmio di
risorse notevole. L’altra faccia della medaglia è l’idea dell’usa e getta
collegata allo sviluppo tecnologico, in base alla quale un prodotto
diventa vecchio e va buttato e sostituito in pochissimo tempo.
Educazione alla responsabilità
Ognuno di noi è responsabile dei suoi rapporti nell’ambiente, in
quanto essi derivano da scelte, non sono cioè determinati in modo
univoco. Questa tappa del cammino richiederà quindi l’acquisizione
della consapevolezza della propria capacità di perlustrare varie
vie di uscita per ogni problema. Si può, ad esempio, pensare alla
gestione dei rifiuti. Per fare la raccolta differenziata, che consente
di trasformare il rifiuto da costo in risorsa, ciascuno di noi deve
impiegare un tempo maggiore, necessario affinché il rifiuto possa
poi essere smaltito correttamente.
Educazione alla partecipazione per il cambiamento
E’ questo il momento di individuare e percorrere le possibili vie
di cambiamento, sia nella vita personale che nella struttura sociale. Tenuto conto della
complessità della realtà in cui viviamo, si tratta di individuare pochi obiettivi raggiungibili,
in modo che il successo determinerà ulteriori cambiamenti. Chiaramente questi obiettivi
potranno essere realizzati in sinergia con altri interessati come noi alla risoluzione delle
problematiche ambientali, con un deciso cambio degli stili di vita dominanti.
In conclusione, riteniamo che vada sottolineato che il cammino sopra descritto non deve
essere percorso in modo lineare, dalla prima all’ultima tappa, perché esso potrà essere iniziato
da qualsiasi punto. Un esempio? Un clan, impegnato in un servizio di protezione civile, nello
sforzo di adattarsi a condizioni ambientali ostili (e siamo qui nella terza fase), matura la
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decisione di capire più a fondo le cause dei dissesti idrogeologici. Insomma, nella realtà ci
si muove con molta più libertà della rigida sequenza descritta dall’iter, senza però saltare i
passaggi fondamentali al fine di giungere a rapide ed effimere prese di posizione, che poi non
determinano un reale cambiamento nei comportamenti ambientali.
Pasquale Pianese
Milazzo 2
“L’affaire” MUOS a Niscemi
La stazione di comunicazione che sarà costruita in Sicilia e che, secondo i comitati
locali, può causare gravi danni alla salute.
MUOS si, MUOS no; passi in avanti e passi indietro; l’antenna fa male, l’antenna è utile e
bella; dichiarazioni, interviste, comunicati ufficiali; polemiche e accuse al calor bianco... La
vicenda dell’antenna per comunicazioni militari statunitensi in Sicilia (di questo si tratta
quando parliamo di MUOS) sta acquisendo sempre di più i contorni di una commedia o di
un intrigo internazionale, a seconda dei punti di vista.
L’ultimo botta e risposta in ordine di tempo è quello tra il governatore della Regione Siciliana,
Rosario Crocetta, ed i movimenti NO MUOS, accusati di essere infiltrati dalla mafia.
Così scrivevano lo scorso 10 agosto AGESCI, Libera, Arci e Legambiente: «Stupiscono e
preoccupano le dichiarazioni del presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, su
possibili infiltrazioni della mafia all’interno della manifestazione di ieri a Niscemi contro
l’installazione del MUOS. La partecipazione delle nostre associazioni all’iniziativa, insieme a
quella di tanti cittadini e cittadine, comitati, movimenti, partiti, sindacati, enti locali è stata
pacifica, responsabile e nel solco delle battaglie pacifiste, ambientaliste ed antimafiose di Pio
La Torre. E’ il movimento NO MUOS a denunciare tangibili e acclarate pericolose infiltrazioni
di Cosa Nostra nella realizzazione del grande impianto militare, come per esempio accaduto
nel caso di imprese a cui la prefettura di Caltanissetta ed il comune di Niscemi avevano
revocato le certificazioni antimafie, e che in contrasto con il diritto italiano, avrebbero
continuato a lavorare all’interno della base della Us Navy. Alla protesta, infine, abbiamo
aggiunto la proposta, convinti che la Sicilia debba diventare terra di dialogo, confronto e di
pace ed in nessun modo debba essere abusata da scellerate politiche di guerra e di stupro
del territorio».
Secondo i manifestanti, infatti, le nuove antenne produrranno un inquinamento
elettromagnetico estremamente pericoloso per gli abitanti di Niscemi e dei territori limitrofi
e danneggeranno la fauna dell’area protetta intorno alla base.
La questione però è assai più complessa di quella che sembra e i tira-e-molla proseguono
ormai da diversi mesi, per cui appare opportuno fare un po’ di chiarezza.
Che cos’è il MUOS?
MUOS, ovvero Mobile User Objective System, è un nuovo sistema di comunicazione
satellitare a livello globale che il dipartimento della difesa degli Stati Uniti sta costruendo
in alcuni siti strategici.
Gli impianti MUOS attualmente esistenti sono stati realizzati tutti negli Usa e precisamente
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nella base di Norfolk, in Virginia, e a pochi chilometri dalla città di Wahiawa, nelle Hawaii. Un
terzo sarà presto costruito in Australia ed il quarto dovrebbe essere proprio quello di Niscemi.
Il sistema sarà organizzato, quindi, in una serie di basi terrestri collegate ad alcuni satelliti in
orbita geostazionaria. Il MUOS di Niscemi dovrebbe essere composto da tre grandi antenne
paraboliche, alte ognuna circa venti metri, e due elicoidali. Ma nella cittadina siciliana non è
strano vedere circolare da tempo divise mimetiche statunitensi.
Lì, infatti, ha sede una stazione di comunicazione americana che utilizza
il vecchio sistema UHF, che il MUOS dovrebbe sostituire definitivamente,
anche se i primi anni di attività di questo nuovo sistema dovrebbero essere
dedicati ai test e alla sperimentazione e le vecchie antenne UHF non saranno
spente immediatamente. Si stima che tutto il progetto costerà alla fine circa 7 miliardi di dollari e al
momento non è chiaro quando termineranno i lavori.
I fatti
La storia delle autorizzazioni e della costruzione del contestato impianto
di comunicazioni militari è molto complessa. I lavori sono stati interrotti
e ripresi più volte e le autorizzazioni sono state concesse e poi revocate,
mentre i tribunali sono stati più volte chiamati ad esprimersi su vari aspetti
della questione.
Nello scorso mese di aprile il presidente della Regione Siciliana, Rosario
Crocetta, che durante la campagna elettorale aveva dichiarato di essere
contrario al MUOS, ha ordinato una nuova interruzione dei lavori, in attesa
che l’Istituto superiore di sanità (ISS) formulasse un parere sulla pericolosità
delle antenne, così come contestato da molti. Il parere è stato pubblicato il
18 luglio e la sospensione dei lavori è stata revocata, senza che le polemiche
sui possibili effetti negativi su salute e ambiente delle antenne che gli Stati
Uniti vorrebbero installare in Sicilia, siano state sopite definitivamente.
Sulla questione è infatti tuttora in corso un serrato dibattito scientifico,
non sopito dalla relazione dell’ISS, che sostiene che sono stati «rispettati i
limiti previsti dalla legislazione in materia di protezione della salute umana
dai campi elettromagnetici», escludendo, quindi, l’impatto negativo sui
cittadini e sull’ambiente dei campi elettromagnetici generati dalle antenne
del sistema radar MUOS di Niscemi. «I risultati delle misure sperimentali
effettuate dall’Ispra - si legge in una nota - indicano che tutti i limiti previsti
dalla legislazione italiana in materia di protezione della salute umana dai
campi elettromagnetici sono attualmente rispettati in larga misura».
Ma in realtà il rapporto dell’ISS è contraddittorio, dato che ad esso viene
allegato un documento stilato dai tecnici nominati dalla Regione Siciliana,
che confermano la presenza di gravi rischi per ambiente e salute. Inoltre,
l’Istituto superiore di sanità sottolinea che «la natura puramente teorica
delle valutazioni qui riportate, impone comunque la necessità di verifiche
sperimentali, successive alla messa in funzione delle antenne del sistema MUOS, qualora
quest’ultime vengano affettivamente installate». Come dire: aspettiamo che le antenne siano
costruite e poi rimisuriamo le onde elettromagnetiche e decideremo il da farsi.
Una posizione attendista che non fuga per nulla i dubbi, che rimangono anche per i tecnici
dell’ISS. Occorre pure ricordare come l’Organizzazione mondiale della sanità ha inserito
l’inquinamento elettromagnetico tra i fattori “potenzialmente cancerogeni”.
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SICILIASCOUT
Di parere assai diverso è, invece, Marcello D’Amore, il docente universitario di elettrotecnica
nominato perito dal Tar di Palermo, nel corso del contenzioso giudiziario aperto dal ministero
della difesa italiano contro il blocco dei lavori delle antenne dell’Us Navy disposto dalla
Regione Siciliana.
Secondo il tecnico «il campo elettromagnetico irradiato dal MUOS può produrre effetti biologici
sulle persone esposte; interferenze elettromagnetiche in apparecchiature elettroniche,
strutture aeroportuali e aeromobili; effetti sulla biocenosi e sulla fauna del sito di importanza
comunitaria Sughereta di Niscemi».
Sulla base di tali considerazioni Sebastiano Papandrea e Paola Ottaviano, legali dei comitati
NO MUOS, hanno sostenuto che l’antenna in costruzione è interamente illegittima e, quindi,
andrebbe definitivamente bloccata, per il “principio di precauzione”, elaborato in diritto
internazionale e ripreso in quelli europeo ed italiano, secondo il quale, ai sensi del punto 15
della Dichiarazione di Rio su ambiente e sviluppo, adottata nel 1992, «il criterio cautelativo
dovrebbe essere largamente applicato dagli stati in accordo alle proprie capacità, con
l’obiettivo di proteggere l’ambiente.
La mancanza di una certezza scientifica completa non dovrebbe essere
considerata una scusa per ritardare le misure di prevenzione del degrado
ambientale, qualora ci fossero minacce di danni gravi e irreversibili». E questo
sarebbe proprio il caso di Niscemi.
Nel frattempo i lavori continuano ad essere bloccati, in attesa della decisione
dei giudici amministrativi.
Il MUOS e l’AGESCI Sicilia
Il comitato regionale AGESCI Sicilia, richiesto dalle zone più direttamente
investite dalla problematica del MUOS, ha aderito ai comitati NO MUOS,
invitando tutti i capi ed i soci adulti dell’associazione a tenere alta la guardia
su questi fatti, in omaggio ed in conformità ai principi che animano l’AGESCI.
«Seguiamo con estrema sensibilità e attenzione la vicenda MUOS – ha scritto
in una nota il comitato regionale siciliano - e ci sentiamo molto vicini alle
Zone, ai Gruppi e a tutti i Capi che con angoscia si sentono minacciati dalla
presenza di tale sistema di telecomunicazioni satellitare della marina militare
statunitense, costruito e, in parte, in costruzione nella Riserva Naturale
la Sughereta di Niscemi che, insieme al bosco di Santo Pietro di Caltagirone,
sono i resti di quella che un tempo era la più grande sughereta della Sicilia
centro-meridionale.
Esprimiamo, se venisse confermato il potenziale cancerogeno del MUOS, fortissime
preoccupazioni riguardo le conseguenze all’ambiente circostante, ambiente naturale, peraltro,
unica fonte di vita per gli abitanti di quel territorio, che hanno fatto dell’agricoltura, per
l’appunto, la principale attività economica e di sostentamento. La nostra preoccupazione
diventa ancora più grande quando viene minacciata la salute e la vita di ogni essere umano
che, così come vuole la nostra Costituzione, vanno difese con tutte le nostre forze e tutelate
in quanto diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività.
Il nostro impegno è finalizzato a formare cittadini del mondo ed operatori di pace, a vivere
e promuovere una cultura di responsabilità verso la natura e l’ambiente, ad educare al
discernimento e alla scelta, perché una coscienza formata è capace di autentica libertà».
Giuseppe La Rocca
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AGESCI SiciliaPattugliaRegionaleR/S
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Guida
Veder
Sommario
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2
Introduzione....................................................................................................3
Il capitolo: un’occasione per conoscere.................................................................... 5
Scouting e capitolo..........................................................................................7
Il corpo in cammino verso la verità....................................................................8
LE TRE FASI DEL CAPITOLO
Occhi e orecchie: IL VEDERE............................................................................9
Mente e cuore: IL GIUDICARE..........................................................................10
Piedi e mani: L’AGIRE.......................................................................................11
Racconto di un capitolo che è già storia............................................................11
Occhi per “VEDERE”........................................................................................12
Coraggio e fedeltà: il progetto educativo...........................................................14
Nel vostro passaggio in questo mondo, che ve ne accorgiate o no,
chiunque voi siate e dovunque andiate, state lasciando dietro di voi una traccia.
Altri la noteranno e potranno seguirla. Può essere una strada che li conduce al bene,
ovvero può portarli fuori strada. Ciò dipende da voi.
(B.P. Dalla prefazione a Blazing The Trail)
Questa piccola guida VGA (Vedere-Giudicare-Agire) nasce dal desiderio di rivedere e
rileggere uno strumento molto importante e tanto amato, forse lo strumento principe della
branca R/S, il Capitolo, riscoprendolo grazie alla declinazione delle sue tre fasi.
Ma vuole essere anche un utile strumento per tutti i capi della nostra regione, che si
scommettono giorno dopo giorno nell’educazione dei ragazzi che sono stati loro affidati,
tramite la realizzazione di progetti grandi ed importanti per “Lasciare il mondo un po’
migliore di come lo abbiamo trovato” e per educare i lupetti e le coccinelle, gli esploratori e
le guide, i rover e le scolte ad essere buoni cittadini e buoni cristiani.
È una guida che contiene oltre ad una dettagliata descrizione delle varie fasi progettuali,
anche esperienze ed esempi che permetteranno di aprire lo sguardo verso l’analisi del
territorio per coglierne con occhio critico tutti i bisogni, le luci e le ombre, della società che
ci circonda.
Ringraziamo la pattuglia per l’impegno, la ricerca del materiale e il tempo che hanno
dedicato a questo servizio e in particolare, Francesca Menozzi e Federica Patanè, che si
sono occupate della realizzazione e della stesura di questo opuscolo.
Mario Consoli, Graziana Messina, don Nino Nicoloso
Incaricati ed assistente ecclesiastico di branca R/S
SICILIASCOUT
e La Pattuglia Regionale
3
INTRODUZIONE
Quanto sentita può essere la parola “coraggio” nelle nostre giornate, e quante volte questo
suo uso è accompagnato da una piena consapevolezza del significato? Ci siamo ritrovati a
chiederci se coraggio è antitesi di qualcosa, contrapposizione di paura e timore, o soffio
che anima il nostro corpo e che ci permette di essere Uomini e Donne che vivono il proprio
tempo, che spingono i passi sulla strada, con il cuore che batte a ritmo accelerato, ora per
l’adrenalina dell’avventura grandiosa, ora per quella strana strizza al nuovo bivio che non è
certezza della direzione pensata.
Se essere coraggiosi vuol dire essere anche un pò incoscienti dobbiamo allora avere il
“coraggio” (ancora lui) di interrogarci sul rapporto tra incoscienza e coraggio, tra istinto e
valori. Tra mente e pancia. E anche tra occhi, mani, cuore, piedi…
Durante le letture estive ci siamo imbattuti in uno stralcio di intervista a Mario Isella, un
incosciente coraggioso che con altri compagni ha rischiato
la vita durante gli anni bui del fascismo. Raccontava
Mario “Mi sono ritrovato ad essere una Aquila Randagia
senza troppa consapevolezza, all’inizio(…) è un coraggio a
gradini, a salire, piano piano ci si appassiona.”1.
Ci viene da pensare al “signor” coraggio non come atto di
incoscienza, di pura spinta istintuale, ma come impresa
che si basa su dei valori, ideali a volte scomodi, che si
assumono essere fondamenta su cui costruire una vita
alla ricerca del Vero e del Bello.
E ancora, lo pensiamo come esercizio, a piccoli passi.
Direbbero i modernauti, che è un “training” in cui a
poco a poco si imparano gli strumenti per forgiare la
consapevolezza che è possibile realizzare piccoli o grandi
progetti, piccoli e quindi grandi progetti. Diremmo
noi capi che il coraggio è quella energia su cui si fonda
l’autoeducazione, la stupenda intuizione di B.-P. per
cui è il ragazzo il primo educatore di se stesso, lui che
liberamente aderisce alla proposta dello scoutismo
spingendo i passi sulla strada che lo condurrà in un
processo di crescita, lui che si impegna, lui che impara a
riconoscere e a custodire le proprie potenzialità.
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In questo grandioso processo il coraggio dell’esserci dei
Rover e delle Scolte si traduce nell’ arte soltanto umana
del progettare, nel buttare avanti, fuori di sé, la propria
anima per creare un nuovo modo di essere con e nel mondo, nel guardare la realtà circostante
come profeti di un tempo nuovo, in qui le zone di ombra possono essere rischiarate da quella
luce che prende vigore dalle intuizioni, dai progetti realizzati e da quelli non realizzabili che
ogni cuore serba.
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Ontologicamente sappiamo che l’Uomo è l’animale “meno specifico” presente in natura, il
suo corpo non nasce perfettamente “attrezzato” alla vita ed è il suo agire, insieme agli altri
simili, che gli consente di adattarsi all’ambiente. L’uomo è in grado di adattarsi all’ambiente,
di cambiarlo e di caratterizzarlo. L’uomo, unico fra gli esseri umani, ha la possibilità di
determinare un cambiamento.
1
Mario Isella, Cantando nella notte. Memorie di un’Aquila Randagia, Pattuglia del Kraal, collana “Testimonianze”.
Questa è la progettazione, questa è l’origine delle nostre azioni educative con i ragazzi e
delle loro azioni in quanto cittadini, protagonisti del tempo in cui vivono.
Parlare di progettazione non può che richiamare quindi una parolina tanto cara a chi bazzica
in branca R/S: il Capitolo, questo astruso strumento!
Cos’è il Capitolo se non un modo che le nostre comunità R/S hanno per potersi lanciare in
progetti che possano determinare cambiamenti verso il Bello, il Bene e il Vero del territorio
che vivono?
Cosa se non l’onesto modo di approcciarsi al mondo, osservarlo, ascoltarlo e costruirlo
seguendo degli ideali?
Azzardiamo pure: è forse lo strumento per creare e realizzare il sogno di “un mondo migliore
di come l’abbiamo trovato”?
Valori, fantasia, inquietudine ed insoddisfazione, crediamo siano degli ingredienti utili per
potersi lanciare in nuovi sogni!
E per viverli godendone ad occhi aperti!
La nostra piccola guida vuole essere un semplice
compagno di strada per quanti quest’anno (e anche gli
anni avvenire, se capita…) si spenderanno in branca R/S,
cogliendo come occasione ghiotta la Route Nazionale
2014 che ci vedrà protagonisti passo passo, insieme.
Vuole essere anche un compagno di strada per le nostre
Comunità Capi siciliane, perché saper fare un progetto
(educativo) è rendere competente il proprio servizio,
che sia davvero una risposta efficace alle richieste della
comunità territoriale in cui ci si spende (ask the boy,
sempre!)
Come viandanti che alla sera si ritrovano attorno ad un
fuoco, proveremo a raccontarci ancora cosa è il Capitolo,
sorprendente strumento della metodologia R/S, ci diremo
perché lo usiamo, da dove ne nasce l’utilizzo, quali
“tesori” ci permette di scoprire. Proveremo a suggerirci
quindi delle buone pratiche.
Buona lettura, emh..buona strada!
IL CAPITOLO: UN’OCCASIONE PER CONOSCERE
Buona prassi è, fra i monaci, di riunirsi dopo la preghiera per la lettura della Regola
dell’Ordine e in particolare i monaci di Citeaux istituirono il Capitolo Generale, dando vita,
con questo termine, ad un organismo il cui mandato è quello di interpretare, discutere,
modificare, proporre e approvare le Leggi dell’Ordine stesso. Come recita il capitolo III della
Regola dell’Ordine di San Benedetto “Ogni volta che in monastero bisogna trattare qualche
questione importante, l’abate convochi tutta la comunità ed esponga personalmente l’affare
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Prima di addentrarci nella chiacchierata su cosa è il Capitolo proviamo a raccontarci
quali sono le radici che ci hanno portato ad intitolare un nostro strumento metodologico
proprio con questo appellativo. Come per tutta la spiritualità del roverismo, anche in questa
occasione dobbiamo rifarci alla cultura degli Ordini Monastici.
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in oggetto. (..) Ma abbiamo detto di consultare tutta la comunità, perché spesso è proprio al
più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore”2.
Riunirsi con tutta la Comunità era quindi, per ogni monaco, un diritto ed un dovere che andava
esercitato con responsabilità e dedizione, voleva dire poter esprimere il proprio giudizio su
questioni importanti per la vita della Comunità stessa indirizzandone i cambiamenti nel suo
modo di essere.
Possiamo allora pensare al Capitolo di un clan secondo questa lente? Si!
Pensiamo il clan come il luogo in cui ogni Rover e ogni Scolta “ha voce in capitolo” nel
determinare la vita decisionale e le future azioni della Comunità stessa, lo spazio in cui
ognuno possa esercitare il proprio protagonismo in modo critico e responsabile, preparandosi
adeguatamente perché il suo dire sia di chi ha il coraggio di dire che “non tutto ha lo stesso
valore”.
E allora aggiungiamo anche che il clan è il posto dove ci si confronta con la “regola”, diremmo
noi Carta di Clan e si esprimono giudizi di valore orientati al rispetto dell’Uomo.
Alla luce di questa piccola digressione sulle radici, proviamo a rileggere il nostro Regolamento
Metodologico.
Nell’ art. 24 sul Capitolo così è scritto:
Il Capitolo è uno dei processi di conoscenza che permette di arrivare a giudizi di valore sui
quali fondare le scelte di vita personali e della comunità, attraverso la metodologia del
vedere-giudicare-agire. Questo strumento ha una forte valenza politica: educa le coscienze e
forma persone libere di pensare in modo autonomo ed animate da spirito critico; permette alla
comunità di essere protagonista del proprio contesto territoriale con idee nuove e messaggi di
valore. Il Clan/Fuoco sceglie e approfondisce un argomento, prende una posizione, si espone e
agisce per lasciare il mondo migliore di come lo ha trovato.
Deve essere progettato con cura e attenzione in ogni sua fase, prevedere la partecipazione e il
coinvolgimento di tutti, deve avere una durata certa ed occupare solo una parte dell’anno e può
prevedere un’esperienza di servizio. È importante che i Capi prestino attenzione a mantenere
sempre alta la qualità del lavoro svolto insieme e vivo l’impegno dei rover e delle scolte per tutta
la sua durata.
La conclusione di un Capitolo può essere l’occasione per integrare la Carta di Clan; può rendere
consapevoli di nuovi impegni e nuove strade che si aprono innanzi. Si conclude con azioni
concrete, come ad esempio di informazione, sensibilizzazione, servizio sul territorio.
Pur essendo attività più tipicamente rivolta al Clan/Fuoco, è utile che anche i novizi e le novizie
siano coinvolti in alcune fasi del Capitolo, così da comprendere il valore e le potenzialità di
questo strumento.
SICILIASCOUT
Abbiamo scelto di riportare la forma integrale dell’articolo, ma ci siamo concessi il virtuosismo
di sottolineare alcune parole, che riteniamo essere fondamentali per capire la portata di
questo strumento metodologico.
Quando diciamo che il Capitolo è un processo di conoscenza stiamo, infatti, già dando risalto
ad uno dei primi risultati educativi che è possibile raggiungere: stimolare nei nostri ragazzi
una capacità di pensiero, ovvero la competenza a far del loro esercizio di pensiero un’arte,
che a volte può risultare scomoda e non compresa, ma che permette di guardare sempre con
sguardo libero e critico ciò che succede attorno. A tal proposito ci paiono quindi quanto mai
odierne le parole di Don Andrea Ghetti, in Al ritmo dei passi, in cui il caro Baden sottolinea
la necessità che “i giovani prendano coscienza dell’epoca in cui Dio li ha posti, del volto
della propria terra, dell’istanze operanti nel proprio secolo. Per educarli ad accettare o a
2
6
Regola di San Benedetto, Cap III 1-3.
respingere, a distruggere o a edificare, dopo aver lungamente meditato”3.
E ancora: innescare processi di pensiero vuol dire scuotere le coscienze delle nostre Scolte
e dei nostri Rover perché sia allontanato il rischio della banalizzazione e della superficialità,
perché il loro approccio al mondo sia quello di chi si interroga su ciò che vive, di chi guarda
la realtà con la lente dei valori cristiani, non fermandosi ad effimere impressioni immediate e
fugaci. Sempre Don Ghetti dice: “Il compito di ogni movimento educativo dev’essere quello
di abituare il giovane a prendere coscienza di alcuni valori essenziali per la sua vita e ad avere
un adito al pensare, cioè, a superare la sfera dell’immediato e dell’impressione per prendere
contatto con l’essenziale e il perenne, con il profondo e l’eterno: cioè con la verità”.
Il Capitolo educa le coscienze e forma persone libere di pensare in modo autonomo ed
animate da spirito critico e ancora, permette alla comunità di essere protagonista del proprio
contesto territoriale con idee nuove e messaggi di valore.
È chiara in quest’ottica la forza dello strumento Capitolo come cerniera che permette
l’intersecarsi di una dimensione personale di riflessione e di scelta con una dimensione
comunitaria, in prima battuta, sociale e territoriale infine.
Alla luce dell’immensa energia di cambiamento che è possibile innescare con un Capitolo è
necessario che sia progettato con cura, in ogni sua fase, con il forte protagonismo di ogni
Rover e di ogni Scolta.
Ci ricorda ancora il Regolamento Metodologico che esso costa di tre momenti, che
sintetizziamo nella tripletta Vedere-Giudica-Agire e che servono da guida, perché l’azione
che intraprende un clan non sia fine a se stessa ma espressione dell’esercizio delle virtù4 e
azione politica vera e propria, perché legata alla vita nella polis, nella città.
Ci sembra doveroso aggiungere inoltre che noi scout siamo dei grandi sognatori e la città in
cui cresciamo e in cui vogliamo agire non è una città qualsiasi, ma una città ideale in cui gli
Uomini e le Donne che vi abitano (e che noi capi stiamo educando) sono persone che non
esitano nel rimboccarsi le maniche per realizzare in terra il Regno di Dio.
SCOUTING E CAPITOLO
Non avranno certo dimenticato i nostri Rover e le nostre Scolte le insormontabili tecniche
scout, la pioneristica, l’orientamento e la cartografia, l’osservazione e la conoscenza della
flora e della fauna. È certo che esse rappresentano il corrispettivo pratico e avvincente
di una costruzione etica che siamo soliti riassumere nella figura dell’esploratore. Sarebbe
semplice, ma avvilente, arrestarsi - come spesso accade - a ritenere che solo quello possa
essere definito come scouting, confinandolo così ad una branca o al massimo all’esperienza
del noviziato.
È vero che lo scouting in età rover tende a integrare la figura dell’esploratore rendendola
adatta ai giovani. All’essere esploratore subentra l’essere uomo viandante e pellegrino. Rimane
intatta la fisionomia etica delle pratiche dell’uomo dei boschi, ma adesso l’esploratore non è
più conquistatore, ma un giovane che si affaccia alla vita, a cui la strada viene indicata come
luogo di conoscenza di se stesso, di formazione del carattere, di acquisizione di uno stile di
vita. Egli è un viandante: cammina per boschi e per valli incontrando, ricevendo, osservando,
comprendendo, pensando. A volte cambiando direzione. Scegliendo. Non solo.
La strada si carica di un significato spirituale e religioso, essa diventa il luogo dell’ascesi
spirituale: Cristo è la strada. Le figure dell’uomo dei boschi, del viandante e del pellegrino
3
Don Andrea Ghetti, Al ritmo dei passi, Edizioni Scout Fiordaliso
4
Con questo termine intendiamo un’abitudine, cioè una disposizione ferma e costante, ad agire bene: è una
inclinazione al Bene che si è consolidata tanto che colui che è virtuoso è portato ad agire bene con spontaneità!
SICILIASCOUT
Ci sono forse dei miti da sfatare e dei nodi da sciogliere.
7
si integrano a vicenda e diventano simboli della proposta di scouting in branca R/S. Ma lo
scouting non è l’unico piano ideale o l’unico strumentario operativo di cui la branca dispone:
vi è anche l’ideale della felicità tramite il servizio generoso e appassionato e quello del buon
cittadino, ossia l’uomo capace di assumere le responsabilità civili e politiche.
I tre piani operativi, cioè dello scouting, della felicità-servizio e del buon cittadino si
integrano (e si devono integrare) nella proposta ai Rover e alle Scolte. Ed è qui, che confusi
da questo ricco armamentario spesso si cade nell’inganno di ritenere che
lo scouting cada in disuso nella branca R/S. Esso viene ridotto ad affare da
branca E/G e la proposta R/S finisce per limitarsi all’educazione al servizio e alla
cittadinanza attiva, mentre lo scouting diviene meramente simbolico: route
con dislivelli minimi, in cui si cammina per due ore al giorno, scompaiono gli
hike e fioccano diversi tipi di campo, chiamati impropriamente route. Ciò che ci
preme qui sottolineare è che lo scouting ha un primato metodologico -sebbene
non cronologico- nella proposta R/S rispetto al servizio e alla proposta di
cittadinanza attiva. Esso insegna le virtù della pazienza, della volontà e della
tenacia che preparano la generosità nel servizio, ma soprattutto abitua al
vedere-giudicare-agire che allena l’orecchio al grido della chiamata al Servizio.
Nella proposta di cittadinanza attiva, lo scouting abitua a uno sguardo capace
di penetrare le relazioni tra azione umana, società e ambiente perché insegna
a vedere, a leggere i contesti e a formulare giudizi, agendo di conseguenza.
L’esperienza della strada poi mette nel cuore dei Rover e delle Scolte l’anelito
di vento a fare di questo mondo un mondo migliore, insegna Bellezza e ideali
di grande respiro, perché abituati alla conquista della vetta al ritmo dei passi.
È chiaro a chi conosce la branca R/S, che l’integrazione dei tre piani operativi è
reciproca, né tanto meno con primato metodologico intendiamo dire che scopo
dello scouting è educare al servizio e alla cittadinanza attiva, ma che i tre si
arricchiscono vicendevolmente e si uniscono in un’armonica proposta, che è lo
scautismo in branca R/S5.
La contaminazione benefica dello scouting si realizza anche sul piano degli
strumenti e in specie, nel famigerato Capitolo. E la premessa sopra risulta
necessaria perché il Capitolo è lo strumento principe che educa all’ideale del
buon cittadino. Pertanto chi fa buona pratica di scouting, avrà vita facile nella
gestione di questo strumento, perché lo scouting fa nascere sensibilità morali
e intellettuali, tra cui l’assunzione dello schema osservo-deduco-agisco come
forma mentis.
È qui allora che la tecnica dell’osservare-dedurre-agire viene trasferita in città.
IL CORPO IN CAMMINO VERSO LA VERITÀ
SICILIASCOUT
Proviamo ora a scoprire insieme questi tre passaggi logici e indissolubili, passando in
rassegna le fasi del Capitolo.
La tecnica del vedere-giudicare-agire diventa cruciale nel perseguimento degli alti obiettivi
educativi che ci proponiamo perché ci consente grazie allo strumento del Capitolo di passare
dalla dimensione storica (vedere) alla dimensione trascendentale della verità (giudicare),
ritornando in seguito al piano della storicità (agire).
Non può non scuotere la mirabile bellezza delle parole di don Ghetti di cui abbiamo parlato
5
8
Tratto liberamente dalla relazione su Scouting e roverismo/scoltismo di don Davide Brasca
poco prima a proposito del compito che ogni metodo educativo deve assolvere6.
Forse qualcuno potrà pensare che è davvero troppo ciò che ci si chiede, forse non si ha a
volte sufficiente fiducia nel metodo o peggio nei Rover e nelle Scolte. E ancora una volta
non possiamo che richiamare al coraggio, al coraggio di crederci, di scommetterci, prima
ancora che i ragazzi, i capi clan. Tutto ciò che chiediamo ai nostri Rover e Scolte, vale sempre
a maggior ragione e ancora prima per il capo R/S.
Quanto di bello intravediamo nelle parole di Baden, lo possiamo vedere, sentire nei Rover e
nelle Scolte. Bisogna richiamarli al coraggio di esserci, in tutta la loro essenza, in tutta la loro
straordinaria presenza nel mondo. Occorreranno occhi e orecchie per vedere, per esplorare
ogni singolo sentiero. Uno sguardo capace di andare in profondità per non arrestarsi alla
superficie delle cose. Un orecchio capace di ascoltare anche ciò che non piace sentire, che
mette in discussione e scuote, perché non corrisponde alle personali verità formate non
si sa come, non si sa dove, di sicuro non proprie veramente. Ma ancora, serviranno tanto
cuore e mente per orientarsi tra tutte le informazioni, le esperienze vissute, per dedurre, per
giudicare, perché non si può rimanere in bilico, ma bisogna assumere una direzione. Infine
mani e piedi. Sì, perché non siamo di quelli che se ne stanno con le mani in mano. Ci toccherà
«distruggere o edificare» prima dentro e poi fuori di noi, perché fuori, là fuori, c’è un mondo
che aspetta. Piedi per camminare. Mani per costruire.
LE TRE FASI DEL CAPITOLO
Occhi e orecchie: IL VEDERE
«Al ragazzo abbiamo insegnato a studiare e misurare i particolari dell’azione, prima di
iniziare un’opera. A stendere sempre un piano in cui siano previsti tutti i particolari. Non
decidere senza aver riflettuto, saper pazientare nell’attesa (chi non ricorda le lunghe ore di
agguato,quando il rompersi d’una festuca secca sembra il rimbombo di un cannone!) non
rispondere se non è chiara la domanda: questo serve a creare l’abito della ponderatezza.
Nel periodo R/S il sistema progredisce: lo studio dei fatti sociali e degli ambienti di lavoro,
l’accostamento di persone di categorie più disparate, il quaderno di marcia in cui fissare
impressioni ed esperienze, sono mezzi per abituare non solo all’osservazione, ma pure a
indagare i profili delle situazioni e delle circostanze. Tutto questo porterà alla padronanza di
se stesso, a vincere i moti istintivi, gli scatti nervosi, i giudizi precipitosi»7.
Sarebbe forse facile studiare il libro di diritto costituzionale, a memoria tutti gli articoli
della Costituzione e superare l’esame. Più difficile sarebbe sedersi a fare l’esame e sentirsi
chiedere: «Mi descriva la strada che percorre tutti i giorni da casa sua alla facoltà». Ed ecco,
che magari la nostra risposta potrebbe non essere così scontata. Eppure il diritto, la storia
e persino il pensiero non vivono se non nella realtà che ci circonda. Sarebbe la domanda
di quel professore la domanda di un profeta. Così non si chiede ai nostri Rover e Scolte di
tenere la testa per aria, ma di camminare nelle proprie strade, fedeli al mandato secondo
cui “La speranza è impegno robusto che non ha nulla da spartire con la fuga. Chi spera,
6
7
Vedi capitolo I.
Don Andrea Ghetti, Al Ritmo dei passi, Edizioni Scout Fiordaliso.
SICILIASCOUT
Occhi e orecchie. Sembrerebbe semplice, siamo abituati a vedere, è un gesto naturale,
spontaneo, abituati come siamo ad avere tutto il mondo davanti… in pochissimi centimetri
di monitor. Occorre affondare lo sguardo per penetrare la realtà e conoscerla. Ai Rover e
alle Scolte viene chiesto di esplorare i sentieri delle questioni aperte del mondo. Servirà un
occhio critico, ma un orecchio attento all’ascolto.
9
cammina, non fugge. Si incarna nella storia, non si aliena.”8
Quella del vedere è forse la fase più impegnativa, perché può essere forte la tentazione
di scivolare sulle convenzioni e sul conformismo, di arrestarsi alla superficie delle cose,
evitando di scendere in profondità fino a permettere di far entrare dentro qualcosa in grado
di scuotere le coscienze. In questo, lo stile appreso sulla strada dell’incontro e dell’ascolto
tornerà piuttosto utile.
Vediamo ad una ad una le fasi del capitolo che attengono al vedere:
ü La scelta del tema. Spesso si insegna che non importa il tema in sé, quanto il
procedimento del vedere-giudicare-agire che ci conduce allo scopo. E ciò è vero.
Tuttavia, bisogna comprendere come già la scelta del tema in sé rientri nella fase
del vedere. Tra le vie del quartiere della sede, tra le strade della città, nelle voci e
nelle abitudini di chi abita e vive quelle strade, la comunità R/S sarà chiamata ad
individuare una strada di coraggio. Il “vedere”, che si apre sulle persone e sulle cose
che ci circondano, è personale e allo stesso tempo, comunitario: ciascuno “vede”,
ma quattro occhi vedono più di due e 200 occhi vedono molto e molto di più. Se
qualcosa di quanto parlato, ha indignato, ha smosso qualcosa negli animi, allora
quella è una strada che ha un cuore, è la strada di coraggio da percorrere. Così
procedendo non si corre il rischio di seguire sentieri già tracciati, ma si apriranno
strade di coraggio, valutando prima che si tratti di un tema che consente un
confronto e un’azione possibile. Una strada che è e sarà solo di chi la percorre,
perché le peculiarità del territorio che il clan vive non sono uguali da nessun’altra
parte, perché in ciò consiste la vera moralità: “nel trovare la propria strada e
seguirla coraggiosamente” 9. I Rover e le Scolte dovranno essere consapevoli che
il clan è un gruppo di adulti che, situato in un dato territorio, assume tutte le
connotazioni di un soggetto politico.
ü L’approfondimento. Individuata l’area di interesse, occorrerà che attraverso la
discussione emergano le sfaccettature che si vogliono affrontare e le modalità
di lavoro. Un approfondimento però non è tale se la Comunità non si arricchisce
tramite uno studio dei libri, lettura di giornali o di riviste specializzate, tramite
interviste, inchieste e degli incontri con esperti. Ma ancora sarà importante in
questa fase scegliere l’esperienza diretta da vivere, che consente di sperimentare e
verificare alcuni aspetti del tema scelto. L’esperienza diretta è fondamentale, non
solo per evitare che la fase dell’approfondimento sia troppo “chiacchierosa”, ma
soprattutto per consentire alla Comunità di clan di “toccare con mano” quanto ha
letto e su quanto si è confrontata.
SICILIASCOUT
Mente e cuore: IL GIUDICARE
10
Una volta approfondito il tema, si apre il momento della deduzione. E nient’altro occorre
se non la mente per capire e il cuore per sentire. Essi saranno la bussola per orientarsi
nell’immensa carta topografica degli orizzonti di senso. In una direzione che punta al Bello,
al Vero e al Giusto, guidati dalla Legge e dalla Promessa. Allora i Rover e le Scolte saranno
chiamati alla fatica della deduzione, o meglio, e senza scandalo, del “giudicare”. Occorre
rigettare le vili presunzioni secondo cui “la sospensione del giudizio” è sinonimo di tolleranza
e di libertà di pensiero. Il “vedere” diventa qui fonte di giudizio sulla realtà e i valori che
guidano la comunità diventano proposta per un futuro migliore. Senza convinzioni, valori
e capacità di progetto, nessuno si muove per interessi propri. La deduzione della ricerca
8
9
Don Tonino Bello, Alfabeto della vita, ed. Paoline, 2010, p.150
Così Mahatma Gandhi
del “bene possibile” coinvolge la persona nella sua interezza: le facoltà intellettive - la
ricerca di ciò che è bene razionalmente - ma anche una dose esperienziale - sintesi delle
esperienze che la Comunità ha fatto e insieme di ciò che il cuore suggerisce. Il giudizio andrà
formulato a seguito di un confronto nella Comunità su quanto raccolto e appreso e della
sintesi dell’esperienza, ma sarà anche il frutto di preghiera e confronto con il Vangelo. A quel
punto, occorrerà riflettere su una possibile azione di coraggio. Se ciò che si è visto indigna
bisogna produrre un cambiamento.
Piedi e mani: L’AGIRE.
Giudicare è dunque prendere una posizione. Scegliere. Ma sappiamo che la scelta non è
tale senza un’agire, senza un movimento, una conseguenza. Scrive ancora Don Ghetti: “Lo
Scautismo inoltre educa all’azione: è in essa che ognuno rivela se stesso e misura se stesso.
D’altra parte è urgente uscire da un eccessivo teoricismo.”
Si può di fatti essere bravissimi a “vedere” e
a “giudicare”, ma non si arriva a nulla se non
si hanno la capacità e la possibilità di agire,
di concretizzare interventi che tendano a
“lasciare il mondo un po’ migliore” di come
l’abbiamo conosciuto. Dalla sala richiamata
nel capitolo precedente, bisogna ad un
certo punto uscire (lo scautismo non è fatto
per la gente da salotto!) e promuovere un
cambiamento. Ed ecco che dalla strada siamo
partiti, ma alla strada occorre ritornare. Il
clan sarà maturo a questo punto per uscir
fuori…il pavimento della sala si farà strada e
il tetto si farà cielo.
Occorre allora mettere a disposizione i piedi
per camminare e le mani per costruire. I
Rover e le Scolte progetteranno un’azione
di coraggio il cui compito è anche quello
di sensibilizzare chi ascolta, proponendo
una coscienza critica. Essa potrà essere un
servizio, oppure ancora un evento o una veglia realizzata in stile e in modo creativo (non
avrete mica dimenticato le tecniche di espressione!?).
RACCONTO DI UN CAPITOLO CHE È GIÀ STORIA
«Un cartellone; si all’inizio c’era un cartellone; non mi ricordo com’era; probabilmente era
grande, giallino, di quelli che agli scout ne vedi e ne usi a migliaia. La riunione era affollata
ed il cartellone era pieno di scritte, righe e disegni (come sempre dirà qualcuno). Tra i tanti
segni c’era una scritta grande, decisa, nera, in stampatello: CAPITOLO. Sotto una lista di
frasi e parole. Tra le tante ve ne era una: Consumo critico. Chi l’aveva scritta non ne sapeva di
SICILIASCOUT
L’azione servirà anche ad evidenziare, negli R/S, maturazione e autonomia di giudizio. L’azione
ridotta simbolicamente in un momento conclusivo, dovrà avere un’incidenza nel territorio e
continuità nel tempo a seguire.
11
più degli altri: l’aveva conosciuta ed ascoltata per la prima volta da un prete al un campetto
di specializzazione estivo per Novizi e Rover e Scolte. Rimasto colpito la propose al clan che
la votò tra le altre».
Effettivamente quindi Cambuse Critiche nasce da il capitolo del 2010 del clan del Roma 72.
Tra i tanti dibattiti ed argomenti abbiamo anche organizzato un’uscita a Napoli da Padre
Zanotelli. Al momento di decidere come testimoniare ciò che avevamo letto, sentito, visto
con i nostri occhi ecco il problema: il nostro clan era molto diviso tra quelli molto convinti
del consumo critico e quelli che rimanevano un po’ scettici, non del tutto contrari, ma
sicuramente disillusi della sua utilità nel cambiare la realtà. Si era in stallo, ma alla fine
venne l’idea di testimoniare la nostra volontà di agire partendo da azioni collettive; infatti
intervenire nelle nostre scelte di tutti i giorni, quando siamo soli o quando dobbiamo
confrontarci con il resto della famiglia è un passo difficile e poco verificabile. Così come ogni
difficoltà abbiamo deciso di affrontarla prima insieme. Alla fine decidemmo di organizzare un
grande evento dedicato al consumo critico. In più un rover ebbe l’idea che il gruppo potesse
comprare dei prodotti equo-solidali per le cambuse estive. Non ci andava giù l’idea che,
ogni anno il nostro gruppo (per fantomatici motivi economici e soprattutto di comodità), si
rifornisse abitualmente al discount accanto alla nostra sede.
Andati alla bottega del commercio equo e solidale più vicina e parlando con il responsabile
commerciale, per sapere se esistevano o ci potevamo accordare su uno sconto per un ordine
molto grande (eravamo veramente nuovi a “questo mondo”), abbiamo scoperto subito di
parlare con un ex-scout. Incoraggiati da lui e venuti a scoprire delle ottime condizioni che
già esistevano, veramente pieni di entusiasmo abbiamo pensato che il nostro gruppo non
bastava e che tutta Roma potesse far consumo critico!».
Il clan del Roma 72 ha continuato il suo impegno anche nel 2011, trasmettendo l’entusiasmo
alla Agesci Regione Lazio e ai clan di tutte le regioni d’Italia. Il progetto “Cambuse critiche”
di entità nazionale nasce ora a coordinare tutti i gruppi scout che vi aderiscono.
OCCHI PER “VEDERE”
Proviamo ora a scambiarci quattro chiacchiere più in particolare sulla fase del “vedere”.
Come abbiamo già detto, è il primo momento del Capitolo, quello in cui ci si lascerà guidare
da ogni stimolo che viene da ogni membro del clan così come dal territorio in cui la Comunità
vive. In questa fase, infatti, saranno lo spirito di osservazione e l’ascolto i veri protagonisti.
Abbiamo aperto questi nostri dialoghi dicendo che il coraggio deve essere quella forza che
interroga la nostra mente e il nostro cuore, così come i nostri piedi e i nostri occhi.
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In questo primo momento allora scopriremo che saranno gli occhi, di noi capi e soprattutto
dei nostri ragazzi, i protagonisti.
“Non dimenticare, infine, la prima parola che ho imparato, la più importante di tutte:
GUARDARE. Tutto quello che mi serve sapere sta lì, da qualche parte: le regole Auree,
l’amore, l’igiene alimentare, l’ecologia, la politica e il vivere assennatamente.”10 Così scrive
Robert Fulghum e ci troviamo in accordo anche noi. Fin da piccolissimi mamma e papà
invitano i propri bimbi a guardare. “Guarda” gli dicono, come massima fondamentale per chi
è ancora un inesperto del mondo, un ultimo arrivato addirittura. “Guarda” e il bimbo o la
bimba di turno spalancano gli occhi verso la direzione indicata da mamma e papà, lasciano
che quel nuovo stimolo venga, involontariamente, registrato dal loro cervello e si riempiono
di meraviglia.
10
12
Robert Fulghum, Tutto quello che mi serve sapere.
“Ma come vorrei avere, i tuoi occhi, spalancati sul mondo, come carta assorbente”, fa eco
Francesco Guccini11 che ci suggerisce anche lui l’immensa portata di questo semplice ed
elementare gesto: soltanto chi guarda può entrare in contatto con il mondo, può sentir
risuonare un’emozione per quello che gli occhi hanno visto. Soltanto chi guarda può godere
della meraviglia e dello stupore, non c’è via di scampo!
Se continuiamo a stare con quel bambino, e con quella mamma e quel papà, sentiremo allora
che gli daranno un’indicazione in più: al “Guarda!” aggiungeranno “Vedi quel palloncino che
vola libero in cielo?”. Dopo che l’attenzione del bimbo è andata in una direzione, i genitori
gli diranno che quello è un palloncino, e che sta facendo qualcosa. Il bimbo avrà imparato
allora che cos’è quell’oggetto che si perde nell’azzurro del cielo e avrà imparato anche che
sta volando, avrà imparato ancora che da un’informazione generica, se ne può ricavare una
più in dettaglio, che se metti a fuoco cogli particolari in più che prima sconoscevi.
Un occhio che vede a questo punto diventa un occhio che guarda, che mette a fuoco “la
lente” attraverso cuore e mente (perché lo stimolo percettivo viene elaborato dal cervello e
non è più solo stimolo fisico, ma anche emozione, risonanza affettiva, oltre che cognizione),
che rende un insieme, un dettaglio, che comprende ciò che c’è davanti agli occhi.
I Rover e le Scolte che stanno vivendo un Capitolo dovranno quindi sforzarsi di vedere,
di osservare con adeguata completezza un territorio nelle sue molteplici sfaccettature, di
cogliere gli oggetti, i visi, le Bellezze riconosciute e quelle mortificate, e dovranno essere
“impressionati”come le pellicole delle macchine fotografiche dei loro nonni.
Questo vedere poi diventerà anche per loro un guardare, un focalizzare l’attenzione su
specifiche realtà, persone ed esperienze. Dovranno cercare di cogliere i dettagli, l’essenziale
che è invisibile agli occhi, ma che con la messa a fuoco del cuore diventa più nitido.
Le Comunità R/S si impegneranno per incontrare “le luci e le ombre” del proprio contesto di
vita e di servizio. Potranno guardare le loro strade cercando di evidenziare i punti di forza e i
punti di debolezza, ossia ciò su cui si può contare e che è elemento di stabilità e di benessere
per tutti, ma anche ciò che al contrario produce immobilismo, diseguaglianza e ostacolo alla
crescita della Comunità intera. Ulteriormente si sforzeranno quindi di far dialogare questi
fattori con i costrutti dell’opportunità e quelli della minaccia. Quindi: quanto i punti di forza
andranno a far crescere nuove opportunità e quanto potranno arginare le minacce? E allo
stesso tempo come i punti di debolezza si intersecheranno con queste coordinate?
In conclusione quindi, fare una buona analisi del territorio (perché questo si sta facendo) vuol
dire lasciarsi catturare con cuore libero da ciò che si vede, concentrarsi per farlo diventare
“guardare”, dando spazio quindi all’analisi dei personali vissuti di ognuno, con punti di
forza e debolezza, presenze e assenze, e alla possibilità narrativa che deriva dall’incontro
dell’esperienze che già esistono nel territorio e della scelte che le hanno fondate.
“Dovremmo imparare a capire il mondo con lo sguardo aperto di chi arriva da lontano, con
11
SICILIASCOUT
L’esperienza della strada insegna che il sentiero in solitario ha certamente un senso, ma
che sono negli incontri e nei compagni che il cammino stesso trova il suo significato ultimo
e completo. Fuori dalla metafora: durante la fase del vedere (ma non soltanto in questa,
bisognerà fare in modo di tenere sempre a mente queste considerazioni) ci si aprirà a
conoscere ed incontrare le altre realtà che stanno nel proprio territorio, sentirne i racconti e le
esperienze perché sarà un ulteriore e necessaria ricchezza per chi vuole procedere nell’arduo
compito di guardare ed ascoltare. “Mettersi in rete” vuol dire costruire appartenenze e
alleanze, vuol dire bussare alle porte delle altre stanze dei locali parrocchiali, ma anche alle
aule dei presidi delle scuole del circondario, alle porte delle sale delle circoscrizioni, e con
coraggio anche alle porte del “primo cittadino”, sindaco ma cittadino come noi!
Francesco Guccini, Culodritto.
13
l’intensità e lo stupore di un bambino, con la ricchezza interiore inesplorata di un disabile” 12
Ci piace concludere con queste parole perché guardare il mondo rinunciando alla “poltrona”
e alla vista comoda del salotto ci aiuta a scongiurare la minaccia e il rischio di non vederlo
integralmente. Serve che impariamo ad osare il punto di vista di ha una cultura diversa dalla
nostra, di chi è alto tanti centimetri in meno e ha anche spento tante candeline di meno, di
chi interagisce con il mondo con modalità diverse dalle nostre, perché possiamo godere della
trasparenza, del nuovo, dell’Uomo che non ha dèjà vu e neanche pregiudizi, di chi non ha
e non dà nulla per scontato e si affida al mondo per sforzarsi di restituirgli le Bellezze che
stanno celate sotto i grossi teloni che impunemente le coprono!
CORAGGIO E FEDELTÀ: IL PROGETTO EDUCATIVO
“Mi offrono un incarico di responsabilità, non so cos’è il coraggio se prendere e mollare tutto,
se scegliere la fuga od affrontare questa realtà difficile da interpretare, ma bella da esplorare
provare a immaginare cosa sarò quando avrò attraversato il mare, portato questo carico
importante a destinazione, dove sarò al riparo dal prossimo monsone”
La linea d’ombra, Jovanotti
Non adempiremmo fino in fondo al compito che qui ci prefissiamo di svolgere se non
richiamassimo l’attenzione sui capi. Di fatto abbiamo già detto che ciò che si dice al riguardo
dei rover e delle scolte, vale a maggior ragione e in primo luogo per il capo R/S. Ma non solo.
Riteniamo che la tematica del coraggio, che percorre come un moto sotterraneo la storia
del nostro movimento e la nostra proposta educativa, possa essere occasione di riflessione
per le Comunità Capi. Esse, infatti, sono il luogo deputato all’individuazione delle strade per
educare al coraggio. Sarebbe opportuno ripensare alla valenza coraggiosa e profetica della
nostra azione educativa, ma anche riflettere se quanto chiediamo ai ragazzi che ci sono
stati affidati è quanto pratichiamo nelle nostre Comunità Capi. Dunque, il richiamo qui alla
coerenza forse è scontato. Ma forse lo è meno se il riferimento non è solo alla coerenza, ma
anche fedeltà ad un modo di pensare (e progettare), quella dello scouting. L’art. 22 del nostro
Statuto così dispone in merito al Progetto educativo:
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Il Progetto educativo del Gruppo, ispirandosi ai principi dello scautismo ed al Patto
associativo, individua le aree di impegno prioritario per il Gruppo a fronte delle esigenze
educative emergenti dall’analisi dell’ambiente in cui il Gruppo opera e indica i conseguenti
obiettivi e percorsi educativi.
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Ancora una volta, prendendoci la licenza di voler sottolineare delle parole che ci
sembrano chiave nella riflessione che conduciamo, riteniamo di poter proporre una lettura
interpretativa che ci consenta di sottolineare l’uso indispensabile della tecnica dello scouting
nella redazione del progetto educativo: una Comunità Capi, inserita in un territorio (città,
quartiere, parrocchia), osservando la realtà nella quale vivono i ragazzi, si lascia interpellare
dalle esigenze educative emergenti13 e, ispirandosi ai principi dello Scautismo (Legge,
Promessa, Motto, Patto Associativo), decide di darvi risposta (deduzione) individuando
alcune aree di impegno prioritario (agire) da cui poi ricava i conseguenti percorsi educativi.
E l’attenzione, innanzitutto, va ancora una volta posta qui sul termine “inserita”: si tratta di
quel legame al territorio espressione di un principio di fedeltà alla realtà umana, alla storia
e alla terra che più approfonditamente abbiamo analizzato nell’ultimo capitolo di questa
trattazione. Il nostro progetto educativo nasce da un’osservazione. Come abili architetti
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L. Boldrini, Discorso di insediamento alla Presidenza della Camera dei Deputati del Parlamento Italiano.
e formulando domande fuori da essa, interroga se stessa per riflesso
siamo chiamati a «guardare, riguardare, osservare, vedere, immaginare, creare, inventare»14,
con obiettività, ma senza per questo perdere la nostra identità. Anzi, qui c’è da dire -a onor
di cronaca- che i nostri valori e persino il nostro modo di sentire entrano in gioco nella fase
del vedere e ci avviano verso le prime ipotesi progettuali in un dialogo tra i materiali e il
contesto. Occorrerà poi mettere a fuoco un particolare, penetrandolo e contemplandolo con
destrezza, competenza e ponderazione, in una riflessione che non può essere del singolo, ma
comunitaria. E ancora, il momento della deduzione, che abbiamo inteso come un orientarsi
al Bello, Bene e Vero diventa per noi capi fedeltà ad un’Associazione.
L’agire ci obbliga a tradurre il progetto in programmi, esecutivi e concreti, potenzialmente
capaci di produrre il cambiamento. Del resto, scriveva Arrow (premio Nobel) “un progetto
è un disegno che stendiamo in via preliminare per operare un cambiamento”. L’ultimo
passaggio di un processo che tradirebbe il suo essere, se non si avesse.
Abbiamo detto per i Rover e le Scolte quanto sia importante che le tre fasi dello scouting si
realizzino tutte, perché l’una presuppone e giustifica l’altra. Ma se ciò lo pretendiamo per
i rover e le scolte, a rigor di logica, va preteso e ancor di più dai capi che progettano. Se in
co.ca, volendo predisporre un progetto educativo, ponessimo l’attenzione sull’osservazione
e sulla deduzione, ma dimenticassimo l’azione, parleremmo dei problemi educativi, ne
trarremmo le conseguenze in base ai nostri bei valori, ma di fatto non faremmo nulla. Niente
ci distinguerebbe da chi guarda la tv e commenta comodamente seduto sul divano di casa
propria. Oppure, ancora avremmo solo dei programmi di unità slegati dall’osservazione e
dalla deduzione che si è fatta con grande sforzo in Co.ca. e che abbiamo inserito nel nostro
progetto. E così i programmi se ne andrebbero per la loro strada, come le singole unità
mentre il progetto educativo rimarrebbe nel cassetto…pieno di belle analisi e alte parole,
ma rimasto orfano di azione. E senza l’azione, un progetto è solo utopia. Se saltassimo la
fase del giudicare che presuppone la presa di coscienza dei valori e un confronto con il
Vangelo, avremmo sì un’azione fondata sull’osservazione, ma si badi bene, essa non sarà
con ogni probabilità orientata ai valori dello scautismo, ma rimarrebbe in balia di venti
passeggeri. Mancherebbe, in altre parole, quella parte del procedimento in cui dal particolare
si sale all’universale, alla dimensione trascendentale della verità. Se, infine, pretendessimo
di dedurre e agire senza osservare, non avremmo alcuno sguardo d’insieme, che invece
otterremmo con il confronto in Comunità Capi, perché così come per il Capitolo, anche in
Comunità Capi potremmo traslare la Regola di San Benedetto, secondo cui spesso è al più
giovane che il Signore rivela la soluzione migliore. Allora, senza osservazione rischieremmo
di fatto di non andare a segno, mentre un “vero lanciatore di coltelli ricama la vita, non tira
mica per colpire”. Possiamo qui concludere che un sapiente uso della tecnica dell’osservogiudico-agisco a monte di questo processo, e degli strumenti metodologici a valle, aiuterà le
nostre Comunità Capi a realizzare quel cambiamento che esse sognano.
Buona strada!
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Le Corbusier, pseudonimo di Charles-Edouard Jeanneret-Gris (1887 –1965), è stato un architetto, urbanista,
pittore e designer svizzero naturalizzato francese.
SICILIASCOUT
“Mi offrono un incarico di responsabilità. Domani andrò giù al porto e gli dirò che sono
pronto a partire, getterò i bagagli in mare, studierò le carte e aspetterò di sapere per dove si
parte, quando si parte e quando passerà il monsone dirò: levate l’ancora diritta! Avanti tutta,
questa è la rotta, questa è la direzione, questa è la decisione.”
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udicare
Guida
e Gi
Veder
e
Agir
PATTUGLIA REGIONALE R/S
AGESCI SICILIA
SICILIASCOUT
L’ambiente e le Zone
Abbiamo voluto qui raccogliere alcune esperienze significative delle Zone e sapere
così come esse “declinano” l’ambiente.
Nei progetti di Zona, nei loro programmi è spesso citato l’ambiente, il territorio
come elemento importante dell’azione scout, segno del ruolo ad esso riservato. Qui
vogliamo allora raccontare esperienze significative condotte da alcune Zone della
Sicilia, per conoscere come esse agiscono in concreto sul territorio, consci della
verità del felice slogan “pensare globalmente, agire localmente”.
La Zona come veicolo di cambiamento del
territorio
Si occupa di ambiente il progetto della Zona Laghi. E ad un punto specifico di
esso, intitolato proprio “Zona come veicolo di cambiamento del territorio”, è stata
dedicata l’assemblea primaverile svoltasi il 19 maggio, ritenendo che si tratti
proprio di un elemento importante del nostro essere scout. Riuniti tutti i capi
ed i soci adulti della Zona, si è iniziato con il rileggere l’articolo 6 della legge
scout, proprio dove dice: “la guida e lo scout amano e rispettano la natura”,
ricordando poi alcuni brani di B.-P. e tratti biblici, per mettere così in evidenza
il valore educativo nel rapporto con una natura che si configura come Creato.
Dopo avere iniziato così la nostra riflessione, abbiamo sottolineato l’esigenza
di affrontare questioni etiche, come eugenetica, aborto, eutanasia... nuove
frontiere per noi adulti, accennato poi al messaggio di papa Benedetto XVI per
la Giornata della pace 2010 (“Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”)
e concluso infine con il riferimento agli articoli del regolamento interbranca e
metodologico sull’educazione all’ambiente. Dopo questa fase introduttiva, che ha
fatto da “memoria” per tutti noi, ci siamo avviati ai lavori per staff omogenei, a
cura degli incaricati di branca, per un confronto sulle problematiche e le risorse
specifiche relative alle attività dei ragazzi, così da potere elaborare un documento
comune di riferimento, da utilizzare poi in Zona. Nel pomeriggio, dopo la pausa
pranzo, abbiamo incontrato un esperto in materia di rifiuti, Salvatore Chisari,
consulente esterno del comune di Belpasso, che ci ha intrattenuto sul tema della
differenziata come risorsa economica ed ambientale, che potrebbe diventare
anche risorsa lavorativa e risparmio economico per l’intera comunità. Il confronto
ha evidenziato l’importanza di lavorare, da un lato, a livello culturale sui cittadini,
dall’altro l’esigenza di creare competenze negli amministratori. Pensiamo così di
avere – nel nostro piccolo – contribuito a gettare un seme per costruire insieme
una “cultura ambientale” anche in Zona.
Tiziana Campione e Salvatore Lo Votrico
Responsabili Zona Laghi
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Il tema dell’ambiente nel progetto della
Zona dello Stretto
La tematica dell’ambiente nella Zona dello Stretto è molto sentita e rientra da
almeno un decennio nei progetti della nostra Zona, nel tentativo così di dare
risposte educazionali a tematiche di rilievo nazionale, quali la costruzione del ponte
sullo Stretto di Messina o l’inquinamento ambientale nell’area della raffineria di
Milazzo, solo per citare i due esempi più eclatanti delle problematiche ambientali
che affliggono il nostro territorio. Il progetto di Zona quest’anno ha avuto due
obiettivi programmatici che interessano l’ambiente:
la sensibilizzazione del consiglio di Zona sul tema della raccolta differenziata;
l’elaborazione di un pensiero politico associativo (a livello di Zona) sulla
riutilizzazione, riduzione e riuso dei rifiuti.
Riguardo il primo punto, dopo un incontro di formazione con il consiglio di Zona,
che si è svolto lo scorso anno, nel 2013 è stata lanciata una gara fra i gruppi sulla
raccolta differenziata, la cui finalità, come dall’articolo 2 del regolamento, è quella
di accrescere la sensibilità dei gruppi sulla tematica della raccolta differenziata. Il
concorso si basa su delle schede magnetiche da utilizzare in due ecopunti (a Messina
ed in provincia) e che consentono di accumulare dei punti per ogni chilogrammo
di materiale riciclabile che viene consegnato. I punti accumulati danno poi diritto
ad ottenere in cambio dei buoni spesa o dei generi alimentari. Al termine della
“gara”, il gruppo che avrà accumulato più punti riceverà dalla Zona un premio in
buoni acquisto del valore di 200 euro, somma che – unita ai punti accumulati con
la carta - riteniamo sufficiente a garantire la spesa per il campo invernale di una
unità. Questa attività coniuga bene l’aspetto formativo, in quanto imparare bene a
differenziare i materiali riciclabili in modo da poterli conferire correttamente non è
così semplice, con l’aspetto pratico dell’essere laboriosi ed economi.
Il secondo punto è sicuramente il più ambizioso ed è la conseguenza di un incontro
di formazione svolto fra alcuni capi esperti ed il consiglio. Il protocollo di Kyoto parla
di “tre R”, perché alla raccolta differenziata è sempre più necessario promuovere
una coscienza ambientale che porti al riutilizzo dei materiali ed al loro riciclo. Il
confronto, seguito al momento di formazione, ci ha resi maggiormente consapevoli
che le “tre R” del protocollo di Kyoto ben si sposano con tematiche educative al
centro della nostra azione di capi, quali l’essenzialità e l’abilità manuale.
Per il nuovo progetto di Zona vorremmo proporre infine l’approfondimento di alcune
nuove teorie economiche, quali quelle della “decrescita felice”, che propongono un
modello di sviluppo non più basato sull’idea che le risorse sono illimitate e che
tutto deve essere globalizzato, ma che mettono al centro dell’idea dello sviluppo
economico il rispetto dell’ambiente e delle peculiarità territoriali.
Pasquale Pianese
Responsabile settore ambiente - Zona dello Stretto
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La custodia del creato
Riflettere sulla creazione significa andare innanzitutto alle prime parole della Bibbia, al libro
della Genesi per la precisione, dove i racconti della creazione ci parlano di Dio, del mondo,
dell’uomo.
Queste storie sono anche arricchite dalla nostra personale esperienza, soprattutto da quella
che facciamo nelle attività all’aperto durante le uscite, i campi, le vdb, le route...
Creato è quindi il bosco, gli alberi, l’acqua, il tramonto, il sole, la pioggia, la luna … e mi fermo
qui, altrimenti l’elenco diventerebbe troppo lungo per le pagine assegnatemi, ma il creato è
che tutte queste cose le sperimentiamo insieme, come comunità. Anche quando facciamo
l’hike o l’esperienza del deserto e ci immergiamo nel silenzio del nostro solitario camminare, in
realtà sappiamo che altri fratelli scout stanno facendo la stessa cosa, in altre parti della Sicilia,
dell’Italia, del mondo...
In questa riflessione sul creato voglio in modo particolare concentrarmi sull’idea di “custodia”
e mi hanno colpito, in modo particolare, le parole di papa Francesco nelle sue prime omelie. Tra
i concetti espressi da questo papa, fin dai suoi primi interventi, una particolare attenzione è
stata indirizzata sulla teologia della “custodia del creato”. Già nell’omelia di inizio pontificato,
il 19 marzo, papa Francesco aveva detto: «custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire
gli altri, per custodire il creato!», aggiungendo: «la vocazione del custodire, però, non riguarda
solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda
tutti. E’ il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel libro della
Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di
Dio e per l’ambiente in cui viviamo. E’ il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona,
con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso
sono nella periferia del nostro cuore. E’ l’aver cura l’uno dell’altro nella famiglia: i coniugi si
custodiscono reciprocamente, poi come genitori si prendono cura dei figli, e col tempo anche i
figli diventano custodi dei genitori. E’ il vivere con sincerità le amicizie, che sono un reciproco
custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. In fondo, tutto è affidato alla custodia
dell’uomo, ed è una responsabilità che ci riguarda tutti. Siate custodi dei doni di Dio!»
Una prima riflessione che possiamo fare su queste parole è che prendersi “cura” del creato non
vuol dire solo prendersi “cura” dell’ambiente naturale o fisico, ma prima di tutto e soprattutto
dell’uomo. «Il custodire la gente, l’aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente
dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili», significa proprio avere cura della
famiglia, ha detto il Santo Padre.
Una seconda riflessione riguarda poi la “custodia” del creato, ovvero non solo gli atteggiamenti
individuali, ma anche la costruzione comunitaria fraterna delle città dell’uomo. «Vorrei
chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico,
politico o sociale …: siano custodi della creazione», ha chiosato il papa.
Una terza riflessione ancora si fonda sulla natura, più propriamente detta “il creato”,
considerata come dono di Dio: «siate custodi dei doni di Dio!», e quindi chiamati a rispettarla,
dice il pontefice.
Un’ultima riflessione ruota infine intorno al cuore dell’uomo e solo dopo nelle strutture. Papa
Francesco dice che non possiamo “custodire” il creato se prima non custodiamo noi stessi,
nella pienezza spirituale di questo termine. La custodia del creato «chiede bontà, chiede di
essere vissuto con tenerezza».
La guida e lo scout amano e rispettano la natura, la custodiscono con grande responsabilità e
custodire il creato vuol dire costruire una società civile secondo il progetto di Dio.
Don Rino Rosati
AE AGESCI SICILIA
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SICILIASCOUT
“Cambuse Critiche” sbarca in Sicilia
Cambuse critiche è il capitolo vissuto dal clan “Shanti Banao” del gruppo Roma 72 nel 2010, il
cui tema centrale, il consumo critico appunto, è stato da quel momento diffuso anche in varie
realtà d’Italia. Ed Acireale è una di queste realtà.
Grazie al clan “Eclissi” del gruppo Acireale 4, infatti, a partire dal mese di maggio cambuse
critiche è un progetto attivo anche in Sicilia. I rover e le scolte di Acireale si sono sentiti
chiamati a manifestare il loro rispetto per l’ambiente e la loro attenzione alla vita sociale,
decidendo quindi di collegare il capitolo 2012 al lavoro già svolto dai “fratelli” romani, con i
quali, stabilito un contatto con loro, hanno condiviso una forte esigenza di cambiamento, al
fine di evitare l’omologazione sociale e ridurre l’impronta dell’uomo sul pianeta.
Per far risuonare meglio la loro voce, i ragazzi del clan “Eclissi” hanno esaminato azioni
collettive, vicine a tutti e da tutti pienamente comprensibili, prima di esse il semplice fare la
spesa al supermercato. Fare acquisti al discount è una scelta spesso motivata dalla mancanza
di tempo e dall’idea di essere economi, ma a dire dei rover e delle scolte acesi, che fanno
dell’essenzialità uno stile di vita, per esserlo non è sempre necessario tagliare sulla spesa. Cosa
significa, quindi, “consumo critico”? E’ una domanda che sempre più spesso è stata rivolta
ai ragazzi, che hanno dato una risposta forte e chiara il 13 giugno, durante una conferenza
svolta presso i locali della sede del loro gruppo, sita nel cuore della cittadina barocca siciliana,
con lo scopo di presentare il lavoro svolto ed i risultati ottenuti. Per i ragazzi del clan “Eclissi”
il consumo critico “è una modalità di scelta di beni e servizi, che prende in considerazione
gli effetti sociali e ambientali dell’intero ciclo di vita di un prodotto; acquistare in modo
consapevole significa garantirsi un alto livello di qualità, valorizzare e sostenere il lavoro
di categorie svantaggiate e, grazie all’abbattimento dei costi di trasporto, ridurre l’impatto
sull’ambiente. Una spesa critica è una spesa “naturale”, fatta di prodotti
forniti dalla terra, lontani dagli standard comuni, schiavi della grande
distribuzione”. È con queste le parole che il capitolo è stato illustrato a
quanti hanno avuto il piacere di partecipare all’evento, conclusosi con
un momento conviviale, allietato dalla condivisione di alcuni “prodotti
critici”. L’incontro è stato contemporaneamente atto conclusivo e vetrina
per il lavoro dei diciotto ragazzi, che mossi da tanto entusiasmo e guidati
dall’esperienza dei quattro capi in servizio, si erano precedentemente
suddivisi i compiti da svolgere. Una parte di essi è scesa in strada, per
scoprire quanto il fenomeno preso in considerazione fosse conosciuto e
praticato, mentre un’altra si è messa in contatto con vari produttori locali,
con lo scopo di studiare i meccanismi che regolano il fenomeno stesso.
Oggi i rover e le scolte del progetto si dicono molto soddisfatti dei risultati
raggiunti, avendo riscontrato una percentuale di apprezzamento positiva
a favore del processo in analisi, studiato grazie anche alla collaborazione
con i Gas (Gruppi di acquisto solidale) di Acireale, che settimanalmente
svolgono un servizio di tramite tra le aziende produttrici di cibo e chi,
per motivi di tempo o salute, non può spostarsi per fare acquisti. Ma
statistiche e parole non possono bastare a dei giovani scout tanto pratici
e dinamici, per sentirsi pienamente testimoni di tale processo: I rover e le
scolte hanno infatti avuto bisogno di mettersi in servizio, “sporcandosi le
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mani”, così da entrare davvero a far parte del meccanismo studiato. Hanno quindi selezionato
una serie di prodotti biologici, quali ortaggi, frutta, conserve, detersivi… provenienti da varie
aziende locali, e stilato un listino di vendita, messo a disposizione della comunità su Internet
(www.cambusecritichesicilia.wordpress.com). Le risposte non si sono certo fatte attendere.
La branca L/C della Zona Galatea, infatti, ha contatto i ragazzi e chiesto loro di partecipare
con il loro progetto alla Caccia di primavera, realizzando e, soprattutto, cucinando un “menu
critico” per le duecento persone presenti all’uscita dei lupetti e delle coccinelle. Il clan, nuovo
all’esperienza, ma pieno di entusiasmo, non si è fatto scappare l’occasione. “Un’esperienza
bivalente per il nostro clan, che si è scommesso in pieno nel fornire una spesa critica ad un
numero non indifferente di persone e nel cucinare per tutte loro, sfruttando pienamente
l’occasione di servizio offertagli, in piena coerenza con lo spirito che da anni ormai anima la
comunità”. Sono queste le parole usate dai capi del clan acese alla fine dell’esperienza.
Possiamo dire, alla fine di questo nostro racconto, che è un’iniziativa in piena crescita quella
che i giovani siciliani stanno portando avanti con il progetto “Cambuse critiche”. L’intenzione
futura, ci rivelano dal clan “Eclissi”, è quella di “costruire” una cambusa critica per l’intera
regione, magari con la costituzione di un pattuglino ad hoc, per ingrandire sempre più
l’orizzonte del progetto.
Flavio Pugliatti
Acireale 4
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Come creare una cultura della prevenzione ambientale
L’intervento della protezione civile nella difesa e prevenzione dell’ambiente
Il settore Protezione civile AGESCI ha da sempre a cuore la sicurezza dei ragazzi e dei capi in
attività, con un occhio rivolto anche alla difesa e prevenzione dei danni ambientali.
Per tre anni il settore ha sposato un progetto patrocinato dal Dipartimento nazionale di
protezione civile, denominato “La cultura del bosco per la prevenzione degli incendi. Anche io
sono la protezione civile”, il cui scopo era quello di educare e sensibilizzare alla cultura della
protezione civile, con particolare riferimento alla lotta agli incendi boschivi. Abbiamo scritto
“era” perché per il biennio 2013-14 il settore nazionale ha deciso di non aderirvi più, in quanto
impegnato in altri ambiti e, forse, anche per la scarsa partecipazione delle regioni. Lo scorso
anno, infatti, oltre alla Sicilia ha partecipato al progetto solo la Campania e queste assenze
riteniamo siano state un’occasione mancata.
I campi che abbiamo
comunque realizzato in
questi tre anni hanno
coinvolto
ragazzi
di una fascia di età
compresa tra i 13 e
18 anni non compiuti,
anche
non
scout.
Questa
eterogeneità
dei
partecipanti
poteva
inizialmente
portare
ad
avere
dubbi e perplessità sui
rapporti tra i ragazzi,
ma l’offerta formativa
è
stata
talmente
valida che alla fine
ha dimostrato che
le tematiche hanno
dissolto le perplessità
iniziali. Lo scorso anno
hanno partecipato al progetto 27 ragazzi provenienti da diverse zone, con la presenza anche di
4 extrassociativi. Dalle verifiche finali, come del resto da quelle degli anni precedenti, è emerso
il pieno gradimento e coinvolgimento nelle attività da parte di tutti i partecipanti.
A questo punto si impone una riflessione a proposito del numero dei ragazzi partecipanti. Nel
2010 e nel 2011 abbiamo avuto una minore partecipazione, non tanto perche il settore non
ha pubblicizzato l’evento, ma per il fatto che nel 2012 essendoci stato il campo regionale E/G,
si è riusciti ad informare direttamente i ragazzi che hanno recepito all’iniziativa. Il frutto di
tale riflessione è che probabilmente i capi, a cui ogni anno abbiamo diretto le informazioni,
hanno veicolato poco il messaggio tra i loro ragazzi e questo ci ha amareggiato, per la scarsa
considerazione verso tali tipi di iniziative.
Tornando all’iniziativa e scendendo più nel dettaglio dei moduli formativi proposti, viene fuori
l’interesse ed il lavoro sviluppato in direzione della conoscenza, dell’uso e della salvaguardia
del patrimonio boschivo e dell’ambiente tutto. Le sessioni, teoriche e pratiche, hanno portato
alla conoscenza di tutti gli aspetti e problematiche relative alle aree boschive e dei luoghi
antropizzati. In particolare, si sono visitati insediamenti di aree boschive dell’Azienda
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SICILIASCOUT
foreste della Regione Siciliana e luoghi dove le opere dell’uomo hanno modificato l’ambiente,
purtroppo sempre in peggio.
Il settore ha prestato una particolare sensibilità anche nel proporre altri eventi, come ad
esempio gli EPPPI, declinati in modo da affrontare tematiche utili a diffondere conoscenze in
materia di ambiente. Si è posto l’accento, ad esempio, sul rischio idrogeologico, dovuto in gran
parte alle opere dell’uomo che ha edificato in terreni non idonei (nel caso noto di Giampilieri,
in provincia di Messina, addirittura si è costruito all’interno dell’alveo del fiume!), che ha
disboscato in maniera selvaggia i costoni di colline e monti, che ha incendiato dolosamente
vaste aree boschive, che non ha ripulito gli alvei di fiumi e torrenti, ed in generale che non ha
rispettato l’ambiente.
Da quest’anno la pattuglia regionale di Protezione civile fornirà la propria collaborazione
anche ai campetti di specialità, iniziando a diffondere questa cultura della difesa ambientale
anche tra i più piccoli, in modo da fare passare il concetto che, dove si rispetta l’ambiente vi
è più sicurezza e se si lavora in sicurezza si rispetta la natura.
Per quanto riguarda l’azione di educazione rivolta ai capi, ogni anno la pattuglia organizza un
campo di formazione, con il quale, attraverso l’esame degli scenari di rischio, dovuti spesso
all’incuria dell’uomo, tendiamo alla maggiore diffusione possibile dei concetti di previsione
e prevenzione. Il campo di quest’anno, sotto il patrocinio del Dipartimento regionale di
protezione civile, ha ottenuto un grande successo di partecipazione, con ben 47 adulti iscritti
e la presenza anche di capi calabresi e di una folta comunità del MASCI. Ai partecipanti, alla
fine del campo, è stato pure rilasciato un attestato di partecipazione, valido ai fini della loro
informazione-formazione, come pure stabilito dalla nuova normativa nazionale recepita nel
nostro protocollo operativo di protezione civile.
Naturalmente siamo molto soddisfatti di questi risultati e crediamo che al ritorno nei loro
gruppi questi capi che hanno partecipato al campo diffonderanno sempre più capillarmente
la cultura del rispetto della natura. E questo è già un passo significativo per una maggiore
sicurezza nelle attività scout.
La pattuglia di PC regionale
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2.13
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Sicilia Scout, 2, 2013