leguidedirepubblica università 3 Per risparmiare tagliamo il futuro SOMMARIO AURELIO MAGISTÀ U PAGINE medicina n uomo normale respira circa diciotto volte al minuto. Fate un esperimento: orologio alla mano, provate a respirare (inspirare, espirare) nove volte al minuto per un paio di minuti. Comincerete a capire come si deve sentire la ricerca in Italia: non muore, ma sopravvive in costante apnea. Apnea di risorse, di strutture, di prospettive. Esiste universale concordia sul ruolo strategico della ricerca per garantire il futuro del paese, la sua competitività, la sua capacità di innovazione. Ma in Italia i ricercatori sono la metà rispetto alla media europea e sono pagati malissimo. Non si tratta di un male caratteristico dell’università. Il nostro paese investe circa l’1 per cento del pil nella ricerca, circa la metà della media europea, che comunque non arriva al 2 per cento, contro il 2,59 degli Stati Uniti e il 3,15 del Giappone. Se la competizione internazionale nell’ambito della ricerca fosse una gara di Formula uno, l’Europa non gareggerebbe certo per il podio, e l’Italia sarebbe il suo fanalino di coda. L’Unione europea si è data l’obiettivo di aumentare gli investimenti in ricerca fino al 3 per cento del pil entro il 2010, ma probabilmente non ce la farà. Intanto, in Italia è in corso il Programma nazionale della ricerca 2005-2007 che parte dai dati, disastrosi, relativi ad alcuni settori strategici. Il tessile e l’abbigliamento, per esempio, bandiera del made in Italy, spende appena lo 0,1 per cento del fatturato in ricerca, contro il 2 della Germania e il 2,1 del Giappone. Una recentissima indagine promossa dalla School of management del Politecnico di Milano in collaborazione con alcune aziende, ha rilevato che solo il 41 per cento delle piccole e medie imprese, di fatto la spina dorsale del nostro sistema produttivo, effettuerà nel 2006 almeno un investimento in ricerca, innovazione di processo, valorizzazione del marchio e internazionalizzazione. Si potrebbe continuare ancora molto a esaminare dati sconfortanti. La conclusione, tuttavia, è drammaticamente semplice: la ricerca universitaria sopravvive in apnea perché a non credere nella sua importanza sono prima di tutto le imprese, ovvero i soggetti che più di tutti dovrebbero essere in grado di percepirla come fattore strategico. Quindi, per risparmiare, cominciano tagliandosi il futuro. 2/3 A Udine solo il 5 per cento è fuori corso. A Perugia in primo piano l’individuo IL MEDAGLIERE 1° UDINE 2° PERUGIA 3° MILANO BICOCCA PAGINA veterinaria 4 Un campus universitario a otto chilometri da Padova. Dove si studia in mezzo al verde IL MEDAGLIERE 1° PADOVA 2° TORINO 3° BOLOGNA PAGINA farmacia 5 Alle porte di Pavia, lontano dal sovraffollamento, i rapporti con i docenti sono più facili IL MEDAGLIERE 1° PAVIA FIRENZE 2° PIEMONTE ORIENTALE 3° PAGINA scienze 6/7 La teoria in continuo contatto con la pratica. E nei laboratori è d’obbligo il numero chiuso IL MEDAGLIERE 1° PADOVA 2°MILANO 3°PAVIA BICOCCA PAGINA agraria 8 L’ambizione di Ancona: creare professionisti pronti all’impiego. Che arriva presto IL MEDAGLIERE 1° ANCONA 2° BOLOGNA 3°PERUGIA FACOLTÀ LA COME SCEGLIERE PUNTI DI VISTA ella vita conta di più l’immaginazione che la conoscenza». SoN no parole di Albert Einstein, genio e « sta all’innovazione. Il risultato è che non c’è investimento nella ricerca scientifica e senza investimento è impossibile attrarre i giovani. È vero che oggi la carriera per un giovane ricercatore è una strada in salita e che negli ultimi anni il Paese non si è preoccupato di creare sbocchi professionali adeguati, impoverendo i nostri centri di eccellenza della forza di creatività dei nostri giovani. Ma domani potrebbe essere diverso perché per uscire da questo circolo vizioso abbiamo un mezzo molto forte: la cultura. C’è in Italia un ampio movimento culturale a favore della cultura scientifica che sta gradatamente coinvolgendo scienziati manager, imprenditori, politici, intellettuali. Ci aspettano tre grandi rivoluzioni scientifiche che domineranno i prossimi decenni: quella informatica, quella dei nuovi materiali e quella biologica. Tutte e tre modificheranno profondamente i modi del pensare e dell’agire, ma soprattutto la rivoluzione biologica ha bisogno di essere compresa e indagata perché la conoscenza del Dna apre orizzonti immensi. La postgenomica cambierà il modo di curare le malattie e altre scienze disegneranno il mondo futuro sotto il profilo dell’energia, delle risorse, dell’economia, della zootecnia, dell’agricoltura. La società attuale che vive, più o meno consapevolmente, questa svolta epocale della civiltà, credo abbia una grande opportunità per rilanciare il ruolo dell’Italia nello scenario internazionale, che fa senza alcun dubbio perno sull’innovazione scientifica. Tutti i giovani alle soglie dell’università possono, se vogliono, avere un grande ruolo in questo disegno. TRE RIVOLUZIONI SCIENTIFICHE PER LA RICERCA icona delle scienze cosiddette “esatte”. Mi piace ricordarle quando penso allo spirito scientifico, per sottolineare che la scienza non è un corpus rigido di nozioni ma è un modo libero e sempre nuovo di pensare e di interpretare la realtà che ci circonda ed è dunque lo strumento per eccellenza per immaginare, per dirla con Einstein, il proprio futuro. Per questo credo sia importante che i giovani scelgano la scienza. Oggi è innegabile che ci sia una diffusa avversione a tutto ciò che viene dal pensiero scientifico. Si crede di più agli oroscopi e alla New Age e meno a coloro che studiano e si impegnano per migliorare la vita umana, per debellare malattie o per svelare i misteri dell’universo e della vita. Ma perché la gente non ha più fiducia nella scienza e perché i ragazzi non la vivono più come ansia di superare i limiti e desiderio di scoprire se stessi e l’ignoto? È chiaro che in questi ultimi dieci-vent’anni la scienza ha progredito così rapidamente da creare una sorta di disagio nella gente. Si è formato un divario tra gli obiettivi della scienza e della tecnologia e il livello di consapevolezza della popolazione, che è rimasta disorientata davanti all’incalzare delle novità. Aree di sviluppo come l’informatica, le telecomunicazioni e le biotecnologie, semplicemente non esistevano solo trent’anni fa. Non solo la gente comune, ma tutta la società è disorientata: i politici non sanno come includere il progresso scientifico nei loro programmi, i giuristi e bioetici non sanno quali regole proporre e il mercato non riesce a tener te- UMBERTO VERONESI MARTEDI 4 LUGLIO 2006 2 leguidedirepubblicauniversità medicina 144 MILA GLI ARRUOLATI Sono stati 144.900 gli iscritti a Medicina nell’anno accademico 2004-2005. Le matricole nello stesso anno sono state 30.000 LA CURIOSITÀ 1° POSTO UDINE LA CITTÀ QUALITÀ DELLA VITA COSTO DEGLI AFFITTI Con l’aiuto dell’agenzia spaziale si allunga la vita degli anziani ALTA MEDIO BASSO “Moma” è il nome abbreviato del progetto di ricerca avviato dalla facoltà di Medicina di Udine con la l’Agenzia spaziale italiana. Il dipartimento di Patologia e medicina sperimentale e clinica dell’ateneo friulano, diretto da Leonardo Sechi, coordinerà il team nazionale che comprende 538 scienziati, 38 istituzioni, 10 imprese. Si tratta di tre anni di ricerche finalizzati a realizzare farmaci anti-invecchiamento, apparecchiature biomedicali innovative e misure per prevenire gli effetti delle radiazioni. MoMa prevede il finanziamento di assegni e dottorati di ricerca, dimostrando un forte un impegno per la formazione di giovani ricercatori. UNA GIOVANE CHE SI FA IN QUATTRO 12/1 DOCENTI E STUDENTI Per ogni professore di Medicina ci sono 12 allievi. I docenti di Medicina in Italia sono 12.600 104 IL VOTO MEDIO DI LAUREA Il voto medio di laurea dei laureati di primo livello nel 2005 è stato 104,1 (AlmaLaurea) 39 DOVE SI STUDIA MEDICINA Le facoltà di Medicina in Italia sono 39. Tra queste 3 facoltà si trovano in atenei privati VALENTINA BERNABEI UDINE. Per molto tempo il prestigio di un ateneo è stato attribuito alla sua storia, ai suoi decenni di tradizione, al suo passato. Recentemente i parametri per valutare la validità dei singoli corsi di laurea e delle rispettive università sono cambiati, e hanno tenuto conto della velocità delle trasformazioni sociali e didattiche, aprendosi a criteri che si dimostrano più sensibili ed efficaci a rilevare il reale andamento dei corsi di studio. È così che una facoltà giovane come quella di Medicina dell’Università degli studi di Udine, nata nel 1986, appena ventenne, può già vantare il primo posto nelle classifiche del Censis, che ogni anno decreta la migliore facoltà, valutandone la didattica, la ricerca, la produttività, il profilo dei docenti e i rapporti internazionali intrapresi dall’ateneo. Vent’anni di crescita per una sede che contava, all’inizio, 6 professori e 30 iscritti. «Oggi abbiamo un corpo docenti composto da 111 elementi e 500 studenti per quanto riguarda la facoltà di Medicina. Questo dato è estremamente importante se associato a tutti i numeri delle aree sanitarie dove raggiungiamo i mille iscritti» afferma il preside Massimo Politi. «Ci siamo arricchiti di molti corsi di laurea tra i quali quello in Biotecnologie» continua il preside. La facoltà è, infatti, articolata in quattro dipartimenti universitari: il dipartimento di Scienze e tecnologie bio-mediche, il dipartimento di Patologia e medicina sperimentale e clinica, quello di Scienze chirurgiche e quello di Ricerche mediche e morfologiche. In tutto i corsi di laurea sono dieci, si va da studi tradizionali come Fisioterapia a Tecniche di radiologia medica per immagini Il tratto distintivo qui è la selezione: a cominciare dal numero programmato di soli 80 posti La formazione severa e rigorosa incoraggia i ragazzi a proseguire gli studi anche dopo la laurea e radioterapia, passando per Tecniche della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro (interateneo con Trieste), e Scienze motorie (a Gemona). Dopo il triennio ci si può iscrivere alle lauree specialistiche in Scienza dello sport, Biotecnologie sanitarie (interfacoltà), Scienze infermieristiche e ostetriche (interateneo con Trieste); c’è inoltre il corso di laurea a ciclo unico in Medicina e chirurgia, a numero chiuso. La selezione è una caratteristica fondamentale dell’identità della facoltà di Medicina di Udine, non solo per l’iscrizione a numero programmato di 80 posti, ma anche per quel criterio didattico ormai collaudato, secondo cui lo studente che non supera gli esami stabiliti per l’anno accademico a cui è iscritto non può accedere all’anno successivo. «La scelta di questo metodo si ritiene valida, anche se molto selettiva, poiché ha permesso agli iscritti di laurearsi entro i sei anni -sostiene Politi- così la facoltà ha un bassissimo tasso di abbandono e gli studenti fuori corso sono meno del 5 per cento: un fatto che gratifica sia la facoltà che gli allievi». Il preside, inoltre, tiene a precisare che gli studenti chi si iscrivono a Udine sono i più bravi. Non è un vezzo, lo conferma- STUDENTI E DOCENTI Il corpo docenti è formato da 111 professori: oltre 500 invece gli iscritti no le statistiche effettuate valutando i test di ammissione. Il 23,5 per cento delle 340 aspiranti matricole, infatti, ha ottenuto un voto almeno sufficiente rispondendo alle domande contenute nel questionario di ammissione: una percentuale più alta rispetto a tutte le altre 34 facoltà di Medicina sparse sul territorio italiano. Una selezione della selezione, che da sola attrae i più bravi, e traccia il profilo dello studente di medicina motivato, che mantiene l’attenzione manifestata all’iscrizione per tutti gli anni di studio. Una formazione severa e rigorosa, che il più delle volte invoglia lo studente a intraprende- Chi non supera gli esami dell’anno accademico a cui è iscritto non può accedere al successivo. E così c’è un bassissimo tasso di fuori corso L’INTERVISTA Quali prospettive in Italia: parla Enrico Predazzi, preside della facoltà di Scienze a Torino “La ricerca è l’ossigeno che tiene in vita l’università” EVA GRIPPA IN EDICOLA La Grande Guida all’Università è in edicola a richiesta con il quotidiano. Contiene l’offerta formativa completa di tutti gli atenei pubblici e dei più importanti atenei privati L a ricerca scientifica nelle università: quale è il suo ruolo e la sua importanza? Ne parliamo col professor Enrico Predazzi, preside della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali dell’università di Torino e presidente uscente (gli succede Nicola Vittorio) della conferenza dei presidi delle facoltà di tale area. «La ricerca, per le università, semplicemente è l’ossigeno. Per usare le parole del premio Nobel Carlo Rubbia, in essa si trovano le fondamenta della ricerca a tutti i livelli: la ricerca applicata è tale solo perché esiste la ricerca di base, non c’è ricerca di base senza ricerca universitaria, e non c’è ricerca universitaria senza i no- stri ricercatori». Quella dei ricercatori è una figura molto spesso bistrattata, quali sono le prospettive per chi decide di rimanere all’università, al termine degli studi? «L’impegno del ricercatore è di grande responsabilità e soddisfazione. Purtroppo, però, pur svolgendo un lavoro di impor- leguidedirepubblicauniversità MARTEDI 4 LUGLIO 2006 3 2° POSTO PERUGIA LA CITTÀ QUALITÀ DELLA VITA COSTO DEGLI AFFITTI NOTA METODOLOGICA Per una lettura appropriata dei dati elaborati dal Censis si rimanda alla nota metologica a cura del Censis Servizi pubblicata nelle pagine 14-18 della Grande Guida all’Università e sul sito di Repubblica.it, alla sezione Scuola & Giovani. Le tabelline di queste pagine che fanno riferimento ai principali fattori strategi di crescita sono state elaborate chiedendo a tutti i presidi di una specifica facoltà in Italia quali fattori ritengono prioritari per la crescità qualitativa delle proprie facoltà. MEDIO ALTA MEDIO ALTO AL CENTRO IL FATTORE UMANO 79,3 % IN TEMPO CON GLI STUDI Il 79,3 per cento dei laureati di primo livello nel 2005 ha terminato gli studi in corso. Il 12,2 ha conseguito la laurea un anno fuori corso (AlmaLaurea) VERONICA MAZZA re la carriera universitaria, a proseguire gli studi anche dopo il conseguimento della laurea, contribuendo a incrementare l’attività - già notevole - di ricerca medica che si svolge a Udine. Un settore in continuo miglioramento: nel mese scorso è ufficialmente partito, con il contributo dell’Agenzia Spaziale Italiana, “Moma. Dalle molecole all’uomo: la ricerca spaziale applicata al miglioramento della qualità della vita della popolazione anziana”, un progetto a cui si lavorava da anni. Si tratta di uno studio della durata triennale, ideato e coordinato dal professor Francesco Saverio Ambesi, tanza strategica per il paese e per la sua crescita, le retribuzioni che spettano loro sono davvero scandalose. E a nulla valgono i messaggi della comunità scientifica diretti in tal senso. Inoltre, seppure non consideri sbagliato che si crei una figura di ricercatore a contratto determinato, mi pare semplicemente deplorevole che l’intero sistema si debba basare su questo ruolo privo di prospettive». Si riferisce al nuovo profilo del ricercatore tracciato dalla riforma Moratti? Pensa che sarebbe utile l’integrazione di questa figura professionale con quella del vecchio ricercatore di ruolo? «La questione è scegliere di allinearsi con i paesi avanzati o meno. La densità dei ricercatori in Italia è bassissima (2,82 per ordinario di patologia generale. «Io credo che la facoltà di Udine in questi anni abbia compiuto molti passi avanti ed è competitiva non solo a livello nazionale, ma anche internazionale. Questo è soprattutto dovuto all’età media dei docenti, che è inferiore all’età media italiana, e alla capacità di aggregare e coordinare una serie di ricerche a livello nazionale» afferma Ambesi. Il professore, già preside della facoltà, parla con la consapevolezza dei risultati ottenuti ma lamenta un mancato riconoscimento del lavoro svolto e tocca uno dei lati dolenti del sistema universitario italiano, quello re- mille, circa la metà rispetto alla media europea - Fonte Adi, Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani), i nostri cervelli sono di gran prestigio, ma si scontrano con l’analfabetismo del sistema di reclutamento. Occorrerebbe un numero di posti elevato per ricercatori a tempo determinato, da destinare ai ragazzi a uno o due anni dalla fine del dottorato, e un numero di posti, magari leggermente inferiore, per chi scelga di continuare in questa direzione e diventare ricercatore di ruolo. Le pressioni della comunità scientifica per delle integrazioni alla nuova legge non hanno avuto riscontro, nei fatti, nelle azioni del precedente ministro. Speriamo che il nuovo governo inauguri, come ha promesso, una politica di reale sostegno alla ricerca». lativo alla ricerca, e ai finanziamenti che dovrebbero sostenerla. «Attualmente in Italia c’è molta attenzione alla valutazione dell’andamento degli atenei italiani, ma non c’è nessuna conseguenza quando con questa valutazione si verifica che ci sono svolte positive. Il fatto che a Udine le cose vadano bene non significa molto a livello di ritorni: sono ancora scarsi i finanziamenti e l’attenzione alla carriera dei nostri docenti. Il fatto di essere di qualità non si traduce in niente di concreto. Quello che manca è il risultato della valutazione». Quanto serve, a evitare la fuga dei nostri “cervelli”all’estero, la devoluzione del 5 per mille richiesta dalle università per finanziare i loro progetti di ricerca? «I pannetti caldi in testa sono utili, ma non servono a evitare che si muoia di congelamento. Così, per rivitalizzare il sistema universitario, è necessaria una reale presa di coscienza e un impegno ben diverso, da parte del mondo politico e dell’intera società. Un primo passo, per le università, è unirsi nell’impegno di comunicare e promuovere la ricerca presso la comunità scientifica e il pubblico esterno. Come proposto da Agorà scienza, centro per la diffusione e la comunicazione della cultura scientifica recentemente istituito presso l’ateneo torinese». FUORI CORSO Solo il 5 per cento degli iscritti è fuori corso. La maggior parte, invece, si laurea entro i sei anni previsti dal piano di studi PERUGIA. Sono poche le facoltà di Medicina e chirurgia che vantano una storia illustre come quella dell’Università di Perugia, istituita agli inizi del 1300 da papa Clemente V. Una tradizione antica, con un futuro all’insegna dell’innovazione. Nell’arco di un anno ha scalato la classifica dei migliori atenei italiani, passando dal settimo al secondo posto. Un sorpasso notevole, meritato da una costante attenzione verso la qualità della ricerca e un insegnamento che punta al rinnovamento. «C’è un continuo sforzo didattico, volto a un’ampia applicazione delle linee guida nazionali - spiega il preside, il professore Adolfo Puxeddu - tutto l’ateneo ruota su un nucleo centrale: l’Irccs, l’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, sia per l’approccio clinico che di ricerca». Ed è proprio quest’ultimo uno dei punti di forza della facoltà, che vanta una grande tradizione in campo ematologico, con il suo rinomato centro di trapianti di midollo, ma anche in ambito diabetologico e delle biotecnologie. Quattro sedi, Perugia, Città di Castello, Terni e Foligno; circa 4.000 iscritti, 13 lauree triennali, 5 specialistiche, 2 a ciclo unico, diverse interfacoltà, tutte a numero chiuso, ma anche una rete di relazioni internazionali, che garantiscono una formazione competitiva e “open mind”. Un esempio? Il corso di laurea interuniversitario e internazionale di Biotecnologia orientata alla creazione di imprese, che permette nei tre anni di corso di seguire le lezioni in diversi prestigiose università europee. Dal prossimo anno verrà anche attivata una laurea telematica infermieristica, un corso online utile per chi vuole laurearsi sfruttando il proprio lavoro da infermiere come praticantato o chi possiede diplomi universitari del vecchio ordinamento. In primo piano resta sempre l’individuo, obiettivo raggiunto, visto il positivo rapporto docente studente: uno ogni dodici. «Fin dal primo anno di corso racconta Puxeddu - tutti gli studenti vengono seguiti passo per passo da un tutor, che li aiuta a muoversi al meglio tra i diversi insegnamenti. Fondamentale è fargli toccare con mano la realtà di un reparto ospedaliero e del pronto soccorso. Per questo è stato attivato un corso preliminare, simile a quello seguito dagli infermieri professionisti. Ma la valutazione dell’aspetto formativo non è a senso unico. Ogni anno i ragazzi mettono sotto esame gli stessi professori con dei quiz anonimi, aiutandoci così a migliorare l’efficacia didattica». Le strutture per l’approfondimento e i centri di servizio non mancano: chi volesse perfezionare le lingue straniere, o la propria competenza linguistica, ha a disposizione il Cla, il Centro linguistico dell’ateneo. Per un aggiornamento costante, si può consultare il sito della facoltà, per scaricare materiale didattico, messo a disposizione degli insegnanti, prenotarsi agli esami e attivare una mail personale per agevolare le comunicazioni tra il corso di laurea e il singolo studente. E per chi cercasse un’ulteriore specializzazione sono attivi diversi master, l’ultimo in ordine temporale quello di primo livello in Attività e terapie assistite svolte con l’ausilio di animali. Ma la teoria senza la pratica è nulla, soprattutto in una facoltà dove il tirocinio viene al primo posto. Ed è per questo che è in corso un trasferimento dell’attività assistenziale dell’ateneo dal vecchio ospedale di Santa Maria della Misericordia al nuovo policlinico omonimo, ex Silvestrini, dotato delle più moderne attrezzature. La volontà è quella di creare un polo unico sanitario, che sia terreno fertile non solo di ricerca e di pratica per gli studenti, ma anche di un’educazione alla gestione umana del rapporto medico paziente. «Il degente è al centro di ogni problematica - sottolinea il preside della facoltà - e chi sceglie di fare il medico, deve tenerlo bene a mente. Questa professione è una vera e propria missione e chi la compie non può fare a meno di avere due caratteristiche: l’umiltà e la disponibilità. Solo così si è veramente a servizio del malato». Un professore ogni 12 allievi. E da settembre verrà attivato anche un corso on line per infermieri IL VOTO MEDIO DI DIPLOMA Il voto medio del diploma di scuola superiore degli iscritti a Medicina è 75,3. Il 33,7 per cento dei diplomati ha frequentato il liceo scientifico (AlmaLaurea) 60,5 % TIROCINI E STAGE Il 60,5 per cento dei laureati di primo livello in Medicina ha svolto tirocini e stage riconosciuti dal corso di laurea (AlmaLaurea) 60,4 % PROSEGUIRE GLI STUDI Il 60,4 per cento dei laureati di primo livello intende proseguire gli studi. Il 30,1 per cento si iscrive alla specialistica (AlmaLaurea) 29,5 ANNI L’ETÀ MEDIA DI LAUREA Secondo i dati AlmaLaurea l’età media dei laureati in medicina è di 29 anni e mezzo. Infatti, soltanto il 42, 9 per cento si immatricola sotto i 20 anni (AlmaLaurea) fonte: Censis Servizi, 2006 1ª fonte: Censis Servizi, 2006 75,3 fonte: AlmaLaurea 2006 MARTEDÌ 4 LUGLIO 2006 leguidedirepubblicauniversità veterinaria 4 14 MILA GLI ISCRITTI Sono stati 14.600 gli iscritti a Veterinaria nell’anno accademico 2004-2005: 2.300 i nuovi immatricolati 1° POSTO PADOVA LA CITTÀ QUALITÀ DELLA VITA COSTO DEGLI AFFITTI MEDIO BASSA MEDIO ALTO LA CURIOSITÀ Muoversi, abitare, divertirsi guida all’università e non solo Una guida che aiuta a orientarsi nella giungla di proposte messe in campo dall’Università di Padova: si chiama “Studiare a Padova” la pubblicazione nata nel 2002 che ogni anno informa gli studenti sull’offerta didattica, sui servizi del diritto allo studio (residenze, ristorazione e borse di studio) e sulle attività culturali in città. In più, quest’anno d’accordo con la Arnoldo Mondadori Editore insieme alla guida è stato pubblicato il libro “La Sala dei Giganti”di Valerio Evangelisti: un invito alla lettura e al confronto con la parola scritta. Fa parte della guida anche un piccolo opuscolo su “Vivere a Padova” che, insieme a una piantina della città, offre spunti su come muoversi, abitare, mangiare e divertirsi la sera. ESPERIMENTI IN MEZZO AL CAMPUS ILARIA ZAFFINO 1.000 IL CORPO DOCENTE I docenti che insegnano Veterinaria sono mille: uno ogni 15 studenti. L’età media dei professori è di 48,5 anni, più bassa dell’età media nazionale dei docenti che è di 52,2 anni 104,2 IL VOTO MEDIO DI LAUREA I laureati di primo livello nel 2005 hanno conseguito la laurea con una votazione media di 104,2 (AlmaLaurea) 49,6 % MATURITÀ SCIENTIFICA Il 49,6 per cento degli iscritti a Veterinaria proviene dal liceo scientifico (AlmaLaurea) PADOVA. Un campus universitario stile americano a quindici minuti di auto dal centro di Padova. Ettari di verde, prati, una trentina di alloggi per gli studenti, la mensa, un bar, un ristorante. In poche parole, manca solo la piscina. Benvenuti ad Agripolis. È qui nel comune di Legnaro, a soli otto chilometri da Padova che, insieme ad Agraria, si trova la facoltà di Veterinaria, l’ultima nata nel 1992 di uno degli atenei più antichi del nostro paese. Su questi prati, la prima settimana di giugno si è consumata “agriparty”: la festa di Agripolis che quest’anno ha visto arrivare per l’occasione cinquemila studenti. «Il servizio extrauniversitario va migliorato, è vero, e stiamo lavorando in questa direzione promette il preside Massimo Castagnaro - serve un centro culturale, un cinema, ad esempio. Per invogliare i ragazzi a restare qui anche la sera, dopo la fine delle lezioni, invece di tornare a Padova». Il 60 per cento degli iscritti viene dal Veneto, il resto si divide tra Trentino e Friuli. «Qui vengono i migliori» ammette con orgoglio il preside . Il corso di laurea in Medicina veterinaria, 5 anni a ciclo unico, è infatti a numero chiuso: solo 75 posti. E per entrare bisogna superare test impegnativi: la selezione è rigorissima. «Anche perché a farne domanda sono quasi in 500: i test sono gli stessi a livello nazionale, ma qui si presentano i più bravi e ci sono meno posti». Però come sbocchi professionali tra tutte le facoltà di Veterinaria che ci sono in Italia quella di Padova offre le occasioni migliori. Il 60 per cento dei laureati, infatti, trova lavoro entro il primo anno. Un corso di primo livello che ad Agripolis sta riscuotendo molto successo è quello in Sicurezza igienico-sanitaria degli alimenti. «Dopo tutti gli allarmi che ci sono stati, la mucca pazza, l’influenza aviaria, c’è grandissima richiesta. E poi è un corso che riqualifica: tra gli iscritti ci sono anche i carabinieri del Nas. O chi ha già una laurea in Biologia». Ma ci sono anche i corsi interfacoltà, come quello in Biotecnologie sanitarie organizzato insieme con Medicina e Farmacia. Oppure quello in Scienze e tecnologie animali di concerto con Agraria. Per non parlare di quelli di secondo livello. Come Biologia marina e Acquacultura con Scienze e con Agraria e Biotecnologie per l’alimentazione GLI ISCRITTI Il 60 per cento degli iscritti viene dal Veneto, il resto si divide tra Friuli e Trentino. Per entrare ci sono test rigorosissimi LA SEDE La facoltà di Veterinaria si trova nel comune di Legnaro, a otto chilometri da Padova, in un campus stile americano dotato di alloggi per gli studenti, mensa, bar, ristorante fonte: Censis Servizi, 2006 1ª fonte: Censis Servizi, 2006 fonte: AlmaLaurea 2006 sempre con Agraria e con Medicina. Ma il fiore all’occhiello della facoltà di Veterinaria resta, unica a livello nazionale e forse addiritutta europeo, la Banca dei tessuti dei mammiferi marini. Dove si raccolgono i tessuti di tutti gli organi di delfini e balene arrivati sulle nostre coste. «Sui mammiferi marini c’è sempre una scarsa casistica. E questa Unica in Italia, la facoltà ospita anche la Banca dei tessuti dei mammiferi marini A otto chilometri da Padova, Agripolis è un mondo a parte immerso in ettari di prati. Qui, i 75 studenti ammessi ogni anno studiano e fanno ricerca banca, invece, è uno strumento importante per studiarli e riceve sovvenzioni pure dal ministero dell’Ambiente» spiega ancora Castagnaro. Ma a disposizione degli studenti qui c’è anche l’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie. Infine, in autunno, ad Agripolis verrà aperto il nuovo Ospedale veterinario. Come dire, un tipico esempio di decentramen- to riuscito, che al dislocamento della didattica affianca anche quello della ricerca, alla teoria alla pratica. Perché solo dove didattica e ricerca viaggiano insieme, come ricorda anche il rettore dell’ateneo di Padova Vicenzo Milanesi, «c’è una scintilla di università. Altrimenti non si fa altro che aprire un altro sportello didattico. E non certo dare vita a un polo decentrato». leguidedirepubblicauniversità farmacia 52 MILA I NUOVI ARRUOLATI Sono stati 52.600 gli iscritti a Farmacia nell’anno academico 2004-2005. Le matricole sono state 11.800. Le facoltà di Farmacia in Italia sono 29 e si trovano tutte in atenei statali 5 1° POSTO PAVIA LA CITTÀ QUALITÀ DELLA VITA COSTO DEGLI AFFITTI MEDIA MEDIO All’interno convivono tre anime: una di biologia, una di chimica e una di medicina. E i ragazzi vengono assistiti in tutte le loro esigenze LA CURIOSITÀ Collegi antichi e sfide in canoa come a Cambridge e Oxford I sedici collegi universitari, dove si vive e si studia insieme, sono lo storico punto di forza dell’Università di Pavia. L’intera città è un campus diffuso in cui spiccano i due collegi più antichi e prestigiosi, l’Almo Collegio Borromeo, fondato nel 1561 e il Collegio Ghisleri, del 1567. Massima attrazione dello sport universitario la sfida di canottaggio tra gli atenei di Pisa e Pavia, sulle acque del Ticino, che richiama la celebre sfida Oxford-Cambridge. Proiettata nel circuito internazionale l’università è membro del Gruppo di Coimbra, che riunisce le università storiche europee, da Cambridge a Heidelberg a Praga. L’AVANGUARDIA DEI FARMACI “INTELLIGENTI” CARLO BRAMBILLA 88,5 % FREQUENTARE GLI STUDI L’88,5 per cento dei laureati di primo livello in Farmacia ha frequentato più del 75 per cento dei corsi previsti (AlmaLaurea) 103 IL VOTO MEDIO DI LAUREA Gli studenti di Farmacia che hanno conseguito la laurea di primo livello nel 2005 hanno avuto in media una votazione di 103,1 (AlmaLaurea) 44,4 % MATURITÀ SCIENTIFICA Il 44,4 per cento dei laureati in Farmacia proviene dal liceo scientifico. Il 28,4 per cento ha frequentato un istituto tecnico (AlmaLaurea) PAVIA. «Il nostro lavoro è un po’ il contrario di un puzzle. Invece di avere tanti pezzetti di un mosaico da unire tra loro per creare un’immagine, partiamo da un’immagine, realizzata al computer, e la rompiamo in tutte le parti che la compongono. Così otteniamo i mattoni che ci servono per costruire molecole complesse, indispensabili per la realizzazione di nuovi farmaci». Nel laboratorio di Sintesi organica della facoltà di Farmacia, Lino Colombo, docente di Chimica organica e vicepreside, traccia col gesso intricate formule chimiche alla lavagna, mentre si muove, come uno stregone, tra mille provette, bottigliette e preziosi macchinari di ultima generazione, circondato da studenti indaffarati, in camice bianco. I laboratori per la ricerca di avanguardia, che si svolge nei diversi dipartimenti, sono il vanto della facoltà di Farmacia di Pavia, che le hanno consentito di balzare quest’anno al primo posto nella classifica del Censis. L’Istituto chimico farmaceutico e tossicologico, lungo il viale alberato che costeggia l’ospedale San Matteo, alle porte di Pavia, è una vecchia palazzina verde, scrostata e piuttosto degradata, su due piani. Cancello arrugginito, cortiletto spelacchiato, edilizia universitaria deprimente. Ma qui si bada poco all’estetica esterna e molto alla qualità del lavoro interno. Gli studenti e le studentesse (il 70 per cento) che hanno l’opportunità di svolgere, in questo ambiente, le loro tesi sperimentali trovano poi con facilità un inserimento nell’industria farmaceutica. «In realtà la maggior parte dei nostri studenti, quasi l’80 per cento, finisce per andare ancora a lavorare in una farmacia - confessa nel suo studio al primo piano, da cui controlla, attraverso una finestra interna, un vicino laboratorio, la preside Carla Caramella, docente di Tecnologia farmaceutica l’università consente in ogni modo, a tutti, di confrontarsi con la ricerca più avanzata». All’interno della facoltà convivono tre anime: una di biologia, una di chimica e una di medicina. Lontano dal sovraffollamento di una città come Milano. All’interno di una città universitaria storica, dove i rapporti tra docenti e studenti sono più facili. E dove gli studenti vengono coccolati in tutte le loro esigenze. La facoltà di Farmacia di Pavia è pioniera in Italia nella nuova frontiera dei cosiddetti “Drug delivery systems”, i sistemi per il rilascio dei farmaci all’interno del corpo umano. «Non basta scoprire un nuovo farmaco efficace. Bisogna anche farlo arrivare alle cellule giuste, senza danneggiare altri tessuti - piega Carla Caramella - la forma di somministrazione del farmaco è il veicolo che si usa per somministrarlo. Può essere una compressa, piuttosto che un’iniezione, un cerotto o uno spray. La ricerca non si ferma all’attività farmacologica di una molecola, ma indaga le sue proprietà farmacocinetiche, la capacità di essere assorbita da un tessuto, studia l’ottimizzazione dei sistemi di rilascio del farmaco, che deve arrivare alle cellule giuste nella concentrazione più adatta e nei tempi migliori, con la maggiore efficienza possibile». È qui che si studiano i “drug targeting”, farmaci della cellula tumorale che utilizzano particolari molecole di riconoscimento per colpire il bersaglio. A chi non se la sente di affrontare i 5 anni di studio della laurea a ciclo unico in Farmacia o in Chimica e tecnologia farmaceutica, la facoltà offre due interessanti corso di laurea triennali. Il primo in Tecniche erboristiche è un corso finalizzato a formare una figura professionale in grado di operare nella produzione, la trasformazione e la conservazione delle piante e dei loro derivati per uso erboristico. Con particolare attenzione ai prodotti cosmetici, detergenti, saponi, creme per la pelle, unguenti, shampoo e tutti quei prodotti erboristici che fanno la fortuna di molte farmacie. Il secondo, in Informazione scientifica sul farmaco, ha lo scopo di formare informatori scientifici nel settore dei medicinali e dei prodotti dietetici, capaci di far dialogare i medici con l’industria farmaceutica. fonte: Censis Servizi, 2006 fonte: AlmaLaurea 2006 MARTEDÌ 4 LUGLIO 2006 fonte: AlmaLaurea 2006 MARTEDI 4 LUGLIO 2006 leguidedirepubblicauniversità scienze 6 135 Il calo delle iscrizioni qui è stato combattuto incentivando gli studenti con corsi di orientamento già dalle ultime classi delle scuole superiori 1° POSTO PADOVA LA CITTÀ QUALITÀ DELLA VITA COSTO DEGLI AFFITTI MILA MEDIO BASSA MEDIO ALTO GLI ARRUOLATI Sono stati 135.000 gli iscritti a Scienze matematiche fisiche e naturali nell’anno accademico 2004-2005. Le nuove matricole sono state 26.900 LA CURIOSITÀ Una serra per coltivare i talenti più promettenti Il modello è quello della Normale di Pisa: una serra dove coltivare i migliori e più promettenti talenti, prendendoli per mano fin dal primo anno. Alla Scuola Galileiana, uno dei fiori all’occhiello dell’ateneo di Padova, hanno accesso solo poche decine di studenti: 12 per la classe di scienze naturali e altrettanti per quella di scienze umane. I prescelti devono superare una selezione rigorosa che prevede una prova di italiano per tutti e poi materie specifiche a seconda dell’indirizzo. Ma in compenso chi passa le selezioni riceve vitto e alloggio in un collegio di prestigio. La scuola ha durata di 5 anni a ciclo unico ed è stata creata l’anno scorso. LABORATORIO IL PRIMO PATRIMONIO ILARIA ZAFFINO 9.200 IL CORPO DOCENTE Sono 9.200 i docenti che insegnano nelle 47 facoltà italiane di Scienze matematiche fisiche e naturali 82% PROSEGUIRE GLI STUDI L’82 per cento di chi ha conseguito la laurea di primo livello nel 2005 intende proseguire gli studi (Alma Laurea) 84,5 % FREQUENTARE GLI STUDI L’84,5 per cento dei laureati di primo livello in Scienze ha frequentato regolarmente più del 75 per cento dei corsi previsti (AlmaLaurea) PADOVA. Motivare le iscrizioni, potenziando il servizio di orientamento fin dalle ultime due classi delle scuole superiori. Dando cioè ai ragazzi del liceo la possibilità di accedere ai laboratori e di conoscere personalmente i docenti. È questo l’imperativo categorico per una facoltà come quella di Scienze di Padova che, seppure di recente ha invertito il trend negativo recuperando iscritti, continua ad attarre assai meno di altre gli studenti. È il triste destino delle scienze cosiddette “dure”. A Pa- dova come nelle altre parti d’Italia, del resto. «Anzi, negli ultimi due anni c’è stata un’inversione di tendenza» dichiara il rettore dell’ateneo, il professor Vincenzo Milanesi. «Solo nell’ultimo anno c’è stata una crescita quasi del 17 per cento - conferma il preside di Scienze matematiche, fisiche e naturali Eugenio Calimani, barba bianca lunga in stile perfetto scienziato -Tanto che siamo stati costretti a estendere il numero chiuso di 100 posti anche a Chimica. Perché se non c’è spazio nei laboratori, al- lora bisogna tagliare sugli studenti. Per forza». In una facoltà dove la teoria va a braccetto con la ricerca, i laboratori sperimentali sono infatti l’anima dell’università stessa. E per Scienze a Padova è così da sempre. Come dimostra lo straordinario patrimonio di strumenti di cui si sono serviti nei loro esperimenti gli scienziati che hanno popolato le aule di questa facoltà sin dal 1200. Strumenti conservati nei Musei dell’ateneo di Padova, che rappresentano la memoria storica del lavoro di ricerca che qui si è svolto nei secoli. E tra i cimeli di altri tempi, all’interno di Palazzo del Bo, sede principale dell’ateneo, è conservata persino la cattedra in legno da dove teneva le sue lezioni Galileo Galilei che qui ha insegnato dal 1592 al 1610. Accanto alla tradizione, però, anche l’innovazione. A cominciare dal nuovo corso di laurea triennale, nato due anni fa, in Ottica e Optiometria. «È a numero chiuso, solo 40 posti, ed è stato creato su pressione del territorio - racconta il preside - Perché in Italia non esiste ancora una laurea in Optiometria. E questa, comunque, resterà solo una triennale, senza specialistica. A luglio prossimo usciranno i primi laureati. Tra l’altro, sono tutti studenti con un’età media di circa quarant’anni che lavorano già nei negozi di ottica». Ma quello di Optiometria resta un caso a parte, perché gli iscritti a Scienze non solo portano a termine gli studi fino alla specialistica, ma continuano a studiare anche dopo. Con dottorati, master. «La nostra è la facoltà con la percentuale maggiore di persone che frequentano dottorati» continua Calimani. Quindici corsi di laurea di primo livello, 18 di secondo livello, alcuni dei quali interfacoltà come quello in Scienze ambientali, in Biologia marina e in Acquacultura con Agraria oppure quello in Scienze dei materiali con Ingegneria: ma quel che conta di più è l’ottimo rapporto docenti-studenti, che vengono seguiti da vicino in particolare nel periodo della tesi che, a questo punto è chiaro, non può esser altro che sperimentale. Cinque, invece, sono le aree in cui si articola la facoltà e cioè matematica, fisica, biologia, chimica e scienze della terra. Ognuna delle quali è decentrata in un punto diverso della città lungo il Piovego. GLI ISCRITTI Nell’ultimo anno c’è stata una crescita del 17 per cento: un’inversione di tendenza per una facoltà che in Italia continua ad attrarre ancora poco Da quest’anno il numero chiuso è stato esteso anche a Chimica. Ottimo il rapporto tra docenti e allievi, seguiti da vicino nel periodo della tesi leguidedirepubblicauniversità MARTEDI 4 LUGLIO 2006 7 2° POSTO VERONA LA CITTÀ QUALITÀ DELLA VITA COSTO DEGLI AFFITTI MEDIA MEDIO ALTO PICCOLA OASI HI-TECH TERESA MONESTIROLI LA SEDE Funzionale e moderna, si trova alla periferia di Verona, con aule laboratorio aperte 12 ore al giorno e sempre a disposizione dei ragazzi VERONA. Una facoltà giovane, sia per la sua età anagrafica - è stata fondata appena dodici anni fa - sia per quella dei docenti che vi insegnano, che non supera i cinquant’anni. Una sede modernissima, alla periferia di Verona, con aule laboratorio aperte dodici ore al giorno e sempre a disposizione dei ragazzi. Anche quando c’è lezione gli studenti possono usare i computer liberamente, purché la didattica non venga interrotta. Un’oasi tecnologica dove i cervelli invece di scappare restano, un polo di ricerca avanzata dove si studiano algoritmi, genomi e nanocomposti. È la facoltà di Scienze dell’Università degli Studi di Verona, quartiere Borgo Roma, che quest’anno ha conquistato il primo posto fra i piccoli atenei d’Italia nella classifica del Censis, scavalcando la Politecnica delle Marche, numero uno nel 2005. Nata nel 1994, la facoltà si è concentrata Un polo di ricerca avanzata dove si studiano nanocomposti, algoritmi e genomi. E i cervelli invece di scappare restano sui due filoni trainanti della ricerca scientifica: l’informatica e le biotecnologie, distinguendosi così da tutte le altre facoltà di Scienze non solo del Veneto, ma del Paese. Niente corsi tradizionali in fisica, chimica e biologia - che da anni sono in calo di iscrizioni dappertutto - niente lauree triennali dai nomi ammiccanti per far breccia sugli studenti. «Abbiamo scelto solo su due campi di studio, l’informatica e le biotecnologie agro industriali. Con due lauree triennali e due specialistiche a Informatica, una triennale e due specialistiche a Biotecnologie, in modo da non sovrapporre la nostra offerta formativa con quella degli atenei vicini» spiega il preside Emilio Burattini. Anche se, dall’anno scorso, è attivo un corso in Matematica applicata, in collaborazione con la facoltà di Economia, e da settembre partirà un inedito in Italia: il corso in Bioinformatica. Da qualche anno invece è stato aperto un corso di laurea specialistica in Viticoltura, enologia e mercati vitivinicoli che ha subito fatto il pieno di studenti. Alla selezione arriva il doppio degli studenti rispetto al numero dei posti disponibili (che sono solo 75). Ma qual è la formula del suc- cesso di questa facoltà? «Una serie di ingredienti - sorride soddisfatto il preside - come per un buon minestrone anche una buona facoltà sta in piedi grazie a tante cose». Di certo una di queste sono i docenti e l’ottimo rapporto che hanno instaurato con i ragazzi. Venti professori ordinari e diciassette associati, a cui vanno aggiunti altri ventisette ricercatori. Facendo la media della loro età non si superano i cinquant’anni: una freschezza che anche gli studenti amano molto. «Il bello di questa università è che non ci sono tanti baroni - commentano nei corridoi - la maggior parte dei professori è disponibile e il rapporto con loro è spesso confidenziale. Con qualcuno si va anche volentieri a bere il caffè». L’apprezzamento gli studenti lo dimostrano nei questionari di valutazione che, a fine anno, devono compilare e dove il feeling che corre fra due generazioni non poi così distanti è evidente. Certo rispetto al caos dei grandi atenei, questa facoltà ha l’aria di essere una piccola oasi felice. Gli studenti sono solo 1.300 e i professori li conoscono tutti per nome, o quasi. «Non vogliamo che lo studente si senta abbandonato. Per questo abbiamo organizzato una serie di iniziative per aiutarli nel loro percorso di studi» prosegue Burattini. A parte il solito servizio di tutoring, la facoltà ha ideato un programma di recupero chiamato “Periodo zero”: una serie di lezioni di matematica e informatica di base che tutte le matricole possono frequentare prima dell’inizio dei corsi del primo anno «per consolidare le loro conoscenze di base - spiega il preside - quelle cioè che fino a qualche anno fa i professori davano per scontate. In questo modo cerchiamo di combattere l’abbandono». Nonostante i numeri siano molto contenuti, la facoltà è in continua espansione. Le matricole alle lauree triennali l’anno scorso sono state 390, 130 alle lauree specialistiche, per un totale del 13 per cento in più rispetto all’anno precedente. Un dato in controtendenza rispetto alle medie nazionali, di certo facilitato dagli indirizzi di studi della facoltà, ma anche dalla qualità della ricerca. L’ultima frontiera che i docenti di Verona stanno cercando di superare riguarda la microspettroscopia all’infrarosso. Una tecnologia molto avanzata che potrebbe permettere di sapere, in anticipo, se un tessuto corporeo si sta per ammalare. Prima ancora della diagnosi di un anatomopatologo. 15/1 DOCENTI E STUDENTI Nelle facoltà di Scienze matematiche fische e naturali c’è un docente ogni 15 allievi. L’età media dei professori di scienze è di 52,4 anni 56,5 % MATURITÀ SCIENTIFICA Il 56,5 per cento degli studenti di Scienze ha frequentato il liceo scientifico, il 24,8 proviene da un istituto tecnico e una minoranza dal classico (AlmaLaurea) 103,3 IL VOTO MEDIO DI LAUREA Il voto medio per i laureati di primo livello in Scienze matematiche fische e naturali è 103,3 (AlmaLaurea) 63,5 % AULA E LAVORO Il 63,5 per cento dei laureati di primo livello ha avuto esperienze di lavoro durante gli studi (AlmaLaurea) 71,5 % TIROCINI E STAGE Il 71,5 per cento dei laureati ha svolto tirocini e stage ricosciuti dal corso di studi (AlmaLaurea) LA CURIOSITÀ In biblioteca o come tutor 150 ore da volontario Trattenere uno studente di informatica all’università non sempre è facile. Le offerte di lavoro, soprattutto nelle realtà piccole come Verona, arrivano a pioggia a partire dal secondo anno di studi. Così, per stimolare i ragazzi legandoli di più alla vita accademica, la facoltà di Scienze ha inventato i “centocinquantaoristi”, studenti del terzo anno che mettono a disposizione dell’ateneo 150 ore l’anno, come volontari. La facoltà li utilizza non solo come tutor per aiutare le matricole a orientarsi nel nuovo mondo, ma vengono anche fatti lavorare in biblioteca e nei laboratori di informatica. Il programma non prevede l’acquisizione di crediti formativi. fonte: Censis Servizi, 2006 fonte: AlmaLaurea 2006 fonte: AlmaLaurea 2006 MARTEDI 4 LUGLIO 2006 leguidedirepubblicauniversità agraria 8 1° POSTO ANCONA 29 LA CITTÀ QUALITÀ DELLA VITA COSTO DEGLI AFFITTI MEDIO ALTA MEDIO MILA GLI ARRUOLATI Sono stati 29.700 gli iscritti ad Agraria nell’anno accademico 2004-2005. Nello stesso anno le nuove matricole sono state 5.900 LA CURIOSITÀ Un corso di enologia per avvicinarsi alle aziende Capire le aziende. Assecondarne i movimenti. Anticiparne le linee evolutive. E, se possibile, contribuire a tracciarle. È il sogno di ogni scuola impegnata a costruire professionisti. È la realtà che la facoltà marchigiana di Agraria sta vivendo su diversi fronti. Primo fra tutti, quello di enologia, il corso di laurea triennale ormai attivo da diverso tempo. «Quando è partita questa esperienza, nella regione vi erano in tutto nove enologi, tutti provenienti da fuori zona - racconta il preside Oggi ce ne sono ben 91, impegnati su tutto il territorio marchigiano, provenienti quasi esclusivamente dalla nostra facoltà». A riprova di un’integrazione quella tra ateneo e realtà economica - che funziona. Funziona soprattutto quando l’attività accademica riesce ad alimentarsi con una ricerca molto concreta. Capace di dare frutti già a partire dalla vita di facoltà. E IL CIBO SI FA SCIENZA FEDERICO PAGLIAI 23 STUDIARE AGRARIA In Italia le facoltà di Agraria sono 23, si trovano tutte in atenei statali eccetto una. I docenti impegnati nella didattica di Agraria sono 2.300, uno ogni 13 studenti 70,1 % PROSEGUIRE GLI STUDI Il 70,1 per cento di chi ha conseguito nel 2005 la laurea di primo livello in Agraria intende proseguire gli studi, il 57,9 per cento si iscrive a una laurea specialistica (AlmaLaurea) ANCONA. Come campus non ha la stessa aristocratica eleganza di Oxford. E neppure l’efficienza un po’ affettata di Harvard. Non la stessa tradizione. Però gli studenti ci stanno alla stessa maniera. Saldi, in un ambiente circoscritto, validamente attrezzato, che sa accoglierli dalle prime ore del mattino fino al tardo pomeriggio. Tra lezioni in aula, ore di laboratorio, pause caffè e lunghe tirate in biblioteca. Come campus, quello in cui prospera da vent’anni esatti la facoltà di Agraria dell’Università Politecnica delle Marche, non ha le stesse dimensioni dei grandi atenei anglosassoni. Ma, probabilmente, ha pure qualcosa in più. Che si traduce in un clima di grande collaborazione e fiducia, «quasi familiare», come spiega il professor Natale Giuseppe Frega, preside della facoltà, che nulla toglie alla serietà della formazione. Ma che anzi la trasforma in un percorso solidale verso la laurea. «Merito del rapporto favorevolissimo tra numero di studenti e numero di docenti - prosegue il professore - Settecento gli iscritti attuali alla facoltà, 130 i membri del corpo docente, tutti dotati di grande dinamismo, di motivazioni forti e con un’età media molto bassa». Troppo vicini, anagraficamente parlando, all’esperienza di studenti per non comprenderne le inquietudini, le aspirazioni, i punti deboli e quelli di forza. Che in facoltà si cerca di valorizzare favorendo il coinvolgimento dei ragazzi a ogni livello. Così quando al preside si parla di mortalità, sia pure nella forma scolastica, la reazione è di sorpresa. Perché nella facoltà di Ancona morire non si muore. «Sì - conferma il professor Frega - qualche studente che si allunga negli studi c’è, ma sono eccezioni». Per il resto, si corre spediti verso il traguardo delle quattro lauree di base: Scienze e tecnologie agrarie, Viticoltura ed enologia, Scienze forestali e ambientali e Scienze degli alimenti. Oppure verso le due specialistiche, completamento del percorso di Scienze agrarie e di quello di Scienze degli alimenti. «Su quest’ultimo fronte - spiega ancora il preside - ci stiamo dando una configurazione fonte: Censis Servizi, 2006 fonte: AlmaLaurea 2006 In stretta collaborazione con Medicina c’è il corso di laurea in Scienze degli alimenti abbastanza rara in Italia, con una stretta collaborazione con la facoltà di Medicina. Questo conferisce a chi esce da questo percorso una serie di elementi di fisiologia che ne fanno un professionista veramente completo». Perché l’obiettivo della facoltà marchigiana non è quella di fornire una cultura di base, che pure è utile. O una generica predisposizione al lavoro. L’ambizione è quella di formare dei professionisti finiti, pronti all’impiego. Che di solito non tarda ad arrivare. Come dimostra anche il numero crescente di iscritti alla facoltà. In poco più di tre anni, le matricole sono passate da 130 alle 200 attuali. Arrivando in prevalenza dalla regione. Ma ultimamente non solo da quella. E i libri non bastano per formare i professionisti. Il know-how si imposta in aula, ma è in laboratorio che si conquista definitivamente, attraverso le numerose ore di ricerca in macroscopia, in chimica o in biotecnologie microbiche. E quello che non si riesce a guada- gnare all’interno del campus, arriva attraverso il costante lavoro, fin dai primi anni di studio, nell’azienda agricola della facoltà. Un’aula a cielo aperto di centosessanta ettari che si estende poco distante dal centro di Ancona, con colture arboree, colture erbacee e allevamento di animali. «L’azienda agricola - conclude il preside - è per noi quello che per la facoltà di Medicina è l’ospedale. Ovvero, un elemento di formazione irrinunciabile: il tirocinio». Teoria, pratica, ricerca: i cardini di una visione d’insieme che non può accontentarsi di stare ripiegata su se stessa. E infatti la facoltà marchigiana, alle storiche relazioni con atenei francesi, spagnoli e inglesi, da qualche anno ha affiancato anche alcuni stabili rapporti sia con la Russia che con l’Albania. Nell’ottica di una relazione che prima di tutto è un necessario confronto sul piano della ricerca, da parte di docenti e studenti. Ma è anche una responsabile condivisione di quel bene prezioso che è la conoscenza. Docenti giovani e dotati di grande dinamismo che cercano di coinvolgere i ragazzi in ogni modo. Combattendo così l’abbandono LE MATRICOLE In poco tempo sono passate da 130 alle 200 attuali: 700 in tutto gli iscritti LE PROSSIME USCITE L’ultimo numero della Guida di Repubblica Università sarà in edicola martedì 11 luglio