leguidedirepubblica
università
3
Per risparmiare
tagliamo il futuro
SOMMARIO
AURELIO MAGISTÀ
U
PAGINE
medicina
n uomo normale respira circa diciotto
volte al minuto. Fate un esperimento:
orologio alla mano, provate a respirare (inspirare, espirare) nove volte al minuto per
un paio di minuti. Comincerete a capire come si deve sentire la ricerca in Italia: non
muore, ma sopravvive in costante apnea.
Apnea di risorse, di strutture, di prospettive.
Esiste universale concordia sul ruolo strategico della ricerca per garantire il futuro del
paese, la sua competitività, la sua capacità
di innovazione. Ma in Italia i ricercatori sono la metà rispetto alla media europea e sono pagati malissimo. Non si tratta di un male caratteristico dell’università.
Il nostro paese investe circa l’1 per cento
del pil nella ricerca, circa la metà della media
europea, che comunque non arriva al 2 per
cento, contro il 2,59 degli Stati Uniti e il 3,15
del Giappone. Se la competizione internazionale nell’ambito della ricerca fosse una
gara di Formula uno, l’Europa non gareggerebbe certo per il podio, e l’Italia sarebbe il
suo fanalino di coda. L’Unione europea si è
data l’obiettivo di aumentare gli investimenti in ricerca fino al 3 per cento del pil entro il 2010, ma probabilmente non ce la farà.
Intanto, in Italia è in corso il Programma nazionale della ricerca 2005-2007 che parte dai
dati, disastrosi, relativi ad alcuni settori strategici. Il tessile e l’abbigliamento, per esempio, bandiera del made in Italy, spende appena lo 0,1 per cento del fatturato in ricerca,
contro il 2 della Germania e il 2,1 del Giappone. Una recentissima indagine promossa dalla School of management del Politecnico di Milano in collaborazione con alcune
aziende, ha rilevato che solo il 41 per cento
delle piccole e medie imprese, di fatto la spina dorsale del nostro sistema produttivo, effettuerà nel 2006 almeno un investimento
in ricerca, innovazione di processo, valorizzazione del marchio e internazionalizzazione. Si potrebbe continuare ancora molto
a esaminare dati sconfortanti. La conclusione, tuttavia, è drammaticamente semplice:
la ricerca universitaria sopravvive in apnea
perché a non credere nella sua importanza
sono prima di tutto le imprese, ovvero i soggetti che più di tutti dovrebbero essere in
grado di percepirla come fattore strategico.
Quindi, per risparmiare, cominciano tagliandosi il futuro.
2/3
A Udine solo il 5 per cento
è fuori corso. A Perugia
in primo piano l’individuo
IL MEDAGLIERE
1° UDINE
2° PERUGIA 3° MILANO
BICOCCA
PAGINA
veterinaria
4
Un campus universitario a otto
chilometri da Padova.
Dove si studia in mezzo al verde
IL MEDAGLIERE
1° PADOVA 2° TORINO
3° BOLOGNA
PAGINA
farmacia
5
Alle porte di Pavia, lontano
dal sovraffollamento, i rapporti
con i docenti sono più facili
IL MEDAGLIERE
1° PAVIA
FIRENZE
2° PIEMONTE
ORIENTALE 3°
PAGINA
scienze
6/7
La teoria in continuo contatto
con la pratica. E nei laboratori
è d’obbligo il numero chiuso
IL MEDAGLIERE
1° PADOVA 2°MILANO
3°PAVIA
BICOCCA
PAGINA
agraria
8
L’ambizione di Ancona: creare
professionisti pronti
all’impiego. Che arriva presto
IL MEDAGLIERE
1° ANCONA 2° BOLOGNA 3°PERUGIA
FACOLTÀ
LA
COME SCEGLIERE
PUNTI DI VISTA
ella vita conta di più l’immaginazione che la conoscenza». SoN
no parole di Albert Einstein, genio e
«
sta all’innovazione.
Il risultato è che non c’è investimento nella ricerca scientifica e senza investimento è impossibile attrarre i giovani. È vero che oggi la carriera
per un giovane ricercatore è una strada in salita e che negli ultimi anni il
Paese non si è preoccupato di creare
sbocchi professionali adeguati, impoverendo i nostri centri di eccellenza della forza di creatività dei nostri
giovani. Ma domani potrebbe essere
diverso perché per uscire da questo
circolo vizioso abbiamo un mezzo
molto forte: la cultura. C’è in Italia un
ampio movimento culturale a favore
della cultura scientifica che sta gradatamente coinvolgendo scienziati manager, imprenditori, politici, intellettuali. Ci aspettano tre
grandi rivoluzioni scientifiche che domineranno i
prossimi decenni: quella informatica, quella dei
nuovi materiali e quella biologica. Tutte e tre modificheranno profondamente i modi del pensare e
dell’agire, ma soprattutto la rivoluzione biologica
ha bisogno di essere compresa e indagata perché la
conoscenza del Dna apre orizzonti immensi. La postgenomica cambierà il modo di curare le malattie
e altre scienze disegneranno il mondo futuro sotto
il profilo dell’energia, delle risorse, dell’economia,
della zootecnia, dell’agricoltura. La società attuale
che vive, più o meno consapevolmente, questa
svolta epocale della civiltà, credo abbia una grande
opportunità per rilanciare il ruolo dell’Italia nello
scenario internazionale, che fa senza alcun dubbio
perno sull’innovazione scientifica. Tutti i giovani
alle soglie dell’università possono, se vogliono, avere un grande ruolo in questo disegno.
TRE RIVOLUZIONI
SCIENTIFICHE
PER LA RICERCA
icona delle scienze cosiddette “esatte”. Mi piace ricordarle quando penso allo spirito scientifico, per sottolineare che la scienza non è un corpus
rigido di nozioni ma è un modo libero e sempre nuovo di pensare e di interpretare la realtà che ci circonda ed
è dunque lo strumento per eccellenza per immaginare, per dirla con Einstein, il proprio futuro. Per questo credo sia importante che i giovani scelgano la scienza. Oggi è innegabile che
ci sia una diffusa avversione a tutto ciò
che viene dal pensiero scientifico. Si
crede di più agli oroscopi e alla New Age e meno a
coloro che studiano e si impegnano per migliorare
la vita umana, per debellare malattie o per svelare i
misteri dell’universo e della vita. Ma perché la gente non ha più fiducia nella scienza e perché i ragazzi non la vivono più come ansia di superare i limiti
e desiderio di scoprire se stessi e l’ignoto? È chiaro
che in questi ultimi dieci-vent’anni la scienza ha
progredito così rapidamente da creare una sorta di
disagio nella gente. Si è formato un divario tra gli
obiettivi della scienza e della tecnologia e il livello di
consapevolezza della popolazione, che è rimasta
disorientata davanti all’incalzare delle novità. Aree
di sviluppo come l’informatica, le telecomunicazioni e le biotecnologie, semplicemente non esistevano solo trent’anni fa. Non solo la gente comune, ma tutta la società è disorientata: i politici non
sanno come includere il progresso scientifico nei
loro programmi, i giuristi e bioetici non sanno quali regole proporre e il mercato non riesce a tener te-
UMBERTO VERONESI
MARTEDI
4 LUGLIO
2006
2
leguidedirepubblicauniversità
medicina
144
MILA
GLI ARRUOLATI
Sono stati
144.900
gli iscritti
a Medicina
nell’anno
accademico
2004-2005.
Le matricole
nello stesso
anno sono
state 30.000
LA CURIOSITÀ
1° POSTO UDINE
LA CITTÀ
QUALITÀ DELLA VITA
COSTO DEGLI AFFITTI
Con l’aiuto dell’agenzia spaziale
si allunga la vita degli anziani
ALTA
MEDIO BASSO
“Moma” è il nome abbreviato del progetto di ricerca avviato
dalla facoltà di Medicina di Udine con la l’Agenzia spaziale
italiana. Il dipartimento di Patologia e medicina
sperimentale e clinica dell’ateneo friulano, diretto
da Leonardo Sechi, coordinerà il team nazionale
che comprende 538 scienziati, 38 istituzioni, 10 imprese.
Si tratta di tre anni di ricerche finalizzati a realizzare farmaci
anti-invecchiamento, apparecchiature biomedicali
innovative e misure per prevenire gli effetti delle radiazioni.
MoMa prevede il finanziamento di assegni e dottorati
di ricerca, dimostrando un forte un impegno
per la formazione di giovani ricercatori.
UNA GIOVANE
CHE SI FA
IN QUATTRO
12/1
DOCENTI
E STUDENTI
Per ogni
professore
di Medicina
ci sono
12 allievi.
I docenti
di Medicina
in Italia sono
12.600
104
IL VOTO MEDIO
DI LAUREA
Il voto medio
di laurea
dei laureati
di primo
livello
nel 2005
è stato 104,1
(AlmaLaurea)
39
DOVE SI STUDIA
MEDICINA
Le facoltà
di Medicina
in Italia
sono 39.
Tra queste
3 facoltà
si trovano in
atenei privati
VALENTINA BERNABEI
UDINE. Per molto tempo il prestigio di un ateneo è stato attribuito alla sua storia, ai suoi decenni di tradizione, al suo passato. Recentemente i parametri
per valutare la validità dei singoli corsi di laurea e delle rispettive
università sono cambiati, e hanno tenuto conto della velocità
delle trasformazioni sociali e didattiche, aprendosi a criteri che
si dimostrano più sensibili ed efficaci a rilevare il reale andamento dei corsi di studio. È così che
una facoltà giovane come quella
di Medicina dell’Università degli
studi di Udine, nata nel 1986, appena ventenne, può già vantare il
primo posto nelle classifiche del
Censis, che ogni anno decreta la
migliore facoltà, valutandone la
didattica, la ricerca, la produttività, il profilo dei docenti e i rapporti internazionali intrapresi
dall’ateneo. Vent’anni di crescita per una sede che contava, all’inizio, 6 professori e 30 iscritti.
«Oggi abbiamo un corpo docenti composto da 111 elementi
e 500 studenti per quanto riguarda la facoltà di Medicina. Questo
dato è estremamente importante se associato a tutti i numeri
delle aree sanitarie dove raggiungiamo i mille iscritti» afferma il preside Massimo Politi.
«Ci siamo arricchiti di molti
corsi di laurea tra i quali quello in
Biotecnologie» continua il preside. La facoltà è, infatti, articolata
in quattro dipartimenti universitari: il dipartimento di Scienze
e tecnologie bio-mediche, il dipartimento di Patologia e medicina sperimentale e clinica,
quello di Scienze chirurgiche e
quello di Ricerche mediche e
morfologiche.
In tutto i corsi di laurea sono
dieci, si va da studi tradizionali
come Fisioterapia a Tecniche di
radiologia medica per immagini
Il tratto distintivo
qui è la selezione:
a cominciare
dal numero
programmato
di soli 80 posti
La formazione
severa
e rigorosa
incoraggia
i ragazzi
a proseguire
gli studi anche
dopo la laurea
e radioterapia, passando per
Tecniche della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro
(interateneo con Trieste), e
Scienze motorie (a Gemona).
Dopo il triennio ci si può iscrivere alle lauree specialistiche in
Scienza dello sport, Biotecnologie sanitarie (interfacoltà),
Scienze infermieristiche e ostetriche (interateneo con Trieste);
c’è inoltre il corso di laurea a ciclo unico in Medicina e chirurgia, a numero chiuso.
La selezione è una caratteristica fondamentale dell’identità
della facoltà di Medicina di Udine, non solo per l’iscrizione a numero programmato di 80 posti,
ma anche per quel criterio didattico ormai collaudato, secondo
cui lo studente che non supera gli
esami stabiliti per l’anno accademico a cui è iscritto non può
accedere all’anno successivo.
«La scelta di questo metodo si ritiene valida, anche se molto selettiva, poiché ha permesso agli
iscritti di laurearsi entro i sei anni -sostiene Politi- così la facoltà
ha un bassissimo tasso di abbandono e gli studenti fuori corso sono meno del 5 per cento: un fatto
che gratifica sia la facoltà che gli
allievi». Il preside, inoltre, tiene a
precisare che gli studenti chi si
iscrivono a Udine sono i più bravi. Non è un vezzo, lo conferma-
STUDENTI
E DOCENTI
Il corpo
docenti
è formato
da 111
professori:
oltre 500
invece
gli iscritti
no le statistiche effettuate valutando i test di ammissione. Il 23,5
per cento delle 340 aspiranti matricole, infatti, ha ottenuto un voto almeno sufficiente rispondendo alle domande contenute
nel questionario di ammissione:
una percentuale più alta rispetto
a tutte le altre 34 facoltà di Medicina sparse sul territorio italiano.
Una selezione della selezione,
che da sola attrae i più bravi, e
traccia il profilo dello studente di
medicina motivato, che mantiene l’attenzione manifestata all’iscrizione per tutti gli anni di studio. Una formazione severa e rigorosa, che il più delle volte invoglia lo studente a intraprende-
Chi non supera
gli esami dell’anno
accademico
a cui è iscritto
non può accedere
al successivo. E così
c’è un bassissimo
tasso di fuori corso
L’INTERVISTA
Quali prospettive in Italia: parla Enrico Predazzi, preside della facoltà di Scienze a Torino
“La ricerca è l’ossigeno
che tiene in vita l’università”
EVA GRIPPA
IN EDICOLA
La Grande Guida
all’Università
è in edicola a richiesta
con il quotidiano. Contiene
l’offerta formativa
completa di tutti gli atenei
pubblici e dei più
importanti atenei privati
L
a ricerca scientifica nelle università: quale è il suo ruolo e la
sua importanza? Ne parliamo
col professor Enrico Predazzi,
preside della facoltà di Scienze
matematiche, fisiche e naturali
dell’università di Torino e presidente uscente (gli succede Nicola Vittorio) della conferenza dei
presidi delle facoltà di tale area.
«La ricerca, per le università,
semplicemente è l’ossigeno. Per
usare le parole del premio Nobel
Carlo Rubbia, in essa si trovano
le fondamenta della ricerca a tutti i livelli: la ricerca applicata è tale solo perché esiste la ricerca di
base, non c’è ricerca di base senza ricerca universitaria, e non c’è
ricerca universitaria senza i no-
stri ricercatori».
Quella dei ricercatori è una figura molto spesso bistrattata,
quali sono le prospettive per chi
decide di rimanere all’università, al termine degli studi?
«L’impegno del ricercatore è
di grande responsabilità e soddisfazione. Purtroppo, però, pur
svolgendo un lavoro di impor-
leguidedirepubblicauniversità
MARTEDI
4 LUGLIO
2006
3
2° POSTO PERUGIA
LA CITTÀ
QUALITÀ DELLA VITA
COSTO DEGLI AFFITTI
NOTA METODOLOGICA Per una lettura appropriata dei dati elaborati dal Censis si rimanda alla nota metologica a cura
del Censis Servizi pubblicata nelle pagine 14-18 della Grande Guida all’Università
e sul sito di Repubblica.it, alla sezione Scuola & Giovani.
Le tabelline di queste pagine che fanno riferimento ai principali fattori strategi di crescita sono state elaborate
chiedendo a tutti i presidi di una specifica facoltà in Italia quali fattori ritengono prioritari per la crescità qualitativa
delle proprie facoltà.
MEDIO ALTA
MEDIO ALTO
AL CENTRO
IL FATTORE
UMANO
79,3
%
IN TEMPO
CON GLI STUDI
Il 79,3
per cento
dei laureati
di primo
livello
nel 2005
ha terminato
gli studi in
corso. Il 12,2
ha conseguito
la laurea
un anno
fuori corso
(AlmaLaurea)
VERONICA MAZZA
re la carriera universitaria, a proseguire gli studi anche dopo il
conseguimento della laurea,
contribuendo a incrementare
l’attività - già notevole - di ricerca medica che si svolge a Udine.
Un settore in continuo miglioramento: nel mese scorso è ufficialmente partito, con il contributo dell’Agenzia Spaziale Italiana, “Moma. Dalle molecole all’uomo: la ricerca spaziale applicata al miglioramento della qualità della vita della popolazione
anziana”, un progetto a cui si lavorava da anni. Si tratta di uno
studio della durata triennale,
ideato e coordinato dal professor Francesco Saverio Ambesi,
tanza strategica per il paese e per
la sua crescita, le retribuzioni che
spettano loro sono davvero
scandalose. E a nulla valgono i
messaggi della comunità scientifica diretti in tal senso. Inoltre,
seppure non consideri sbagliato
che si crei una figura di ricercatore a contratto determinato, mi
pare semplicemente deplorevole che l’intero sistema si debba
basare su questo ruolo privo di
prospettive».
Si riferisce al nuovo profilo
del ricercatore tracciato dalla
riforma Moratti? Pensa che sarebbe utile l’integrazione di
questa figura professionale con
quella del vecchio ricercatore di
ruolo?
«La questione è scegliere di allinearsi con i paesi avanzati o
meno. La densità dei ricercatori
in Italia è bassissima (2,82 per
ordinario di patologia generale.
«Io credo che la facoltà di Udine in questi anni abbia compiuto molti passi avanti ed è competitiva non solo a livello nazionale, ma anche internazionale.
Questo è soprattutto dovuto all’età media dei docenti, che è inferiore all’età media italiana, e
alla capacità di aggregare e coordinare una serie di ricerche a livello nazionale» afferma Ambesi. Il professore, già preside della
facoltà, parla con la consapevolezza dei risultati ottenuti ma lamenta un mancato riconoscimento del lavoro svolto e tocca
uno dei lati dolenti del sistema
universitario italiano, quello re-
mille, circa la metà rispetto alla
media europea - Fonte Adi, Associazione dottorandi e dottori di
ricerca italiani), i nostri cervelli
sono di gran prestigio, ma si
scontrano con l’analfabetismo
del sistema di reclutamento. Occorrerebbe un numero di posti
elevato per ricercatori a tempo
determinato, da destinare ai ragazzi a uno o due anni dalla fine
del dottorato, e un numero di posti, magari leggermente inferiore, per chi scelga di continuare in
questa direzione e diventare ricercatore di ruolo. Le pressioni
della comunità scientifica per
delle integrazioni alla nuova legge non hanno avuto riscontro,
nei fatti, nelle azioni del precedente ministro. Speriamo che il
nuovo governo inauguri, come
ha promesso, una politica di reale sostegno alla ricerca».
lativo alla ricerca, e ai finanziamenti che dovrebbero sostenerla.
«Attualmente in Italia c’è molta attenzione alla valutazione
dell’andamento degli atenei italiani, ma non c’è nessuna conseguenza quando con questa valutazione si verifica che ci sono
svolte positive. Il fatto che a Udine le cose vadano bene non significa molto a livello di ritorni:
sono ancora scarsi i finanziamenti e l’attenzione alla carriera
dei nostri docenti. Il fatto di essere di qualità non si traduce in
niente di concreto. Quello che
manca è il risultato della valutazione».
Quanto serve, a evitare la fuga
dei nostri “cervelli”all’estero, la
devoluzione del 5 per mille richiesta dalle università per finanziare i loro progetti di ricerca?
«I pannetti caldi in testa sono
utili, ma non servono a evitare
che si muoia di congelamento.
Così, per rivitalizzare il sistema
universitario, è necessaria una
reale presa di coscienza e un impegno ben diverso, da parte del
mondo politico e dell’intera società. Un primo passo, per le università, è unirsi nell’impegno di
comunicare e promuovere la ricerca presso la comunità scientifica e il pubblico esterno. Come
proposto da Agorà scienza, centro per la diffusione e la comunicazione della cultura scientifica
recentemente istituito presso
l’ateneo torinese».
FUORI CORSO
Solo il 5
per cento
degli iscritti
è fuori corso.
La maggior
parte, invece,
si laurea
entro i sei anni
previsti
dal piano
di studi
PERUGIA. Sono poche le facoltà
di Medicina e chirurgia che vantano una storia illustre come
quella dell’Università di Perugia, istituita agli inizi del 1300 da
papa Clemente V. Una tradizione antica, con un futuro all’insegna dell’innovazione. Nell’arco
di un anno ha scalato la classifica dei migliori atenei italiani,
passando dal settimo al secondo posto. Un sorpasso notevole,
meritato da una costante attenzione verso la qualità della ricerca e un insegnamento che punta al rinnovamento.
«C’è un continuo sforzo didattico, volto a un’ampia applicazione delle linee guida nazionali - spiega il preside, il professore Adolfo Puxeddu - tutto l’ateneo ruota su un nucleo centrale: l’Irccs, l’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico,
sia per l’approccio clinico che di
ricerca». Ed è proprio quest’ultimo uno dei punti di forza della
facoltà, che vanta una grande
tradizione in campo ematologico, con il suo rinomato centro di
trapianti di midollo, ma anche
in ambito diabetologico e delle
biotecnologie. Quattro sedi, Perugia, Città di Castello, Terni e
Foligno; circa 4.000 iscritti, 13
lauree triennali, 5 specialistiche, 2 a ciclo unico, diverse interfacoltà, tutte a numero chiuso, ma anche una rete di relazioni internazionali, che garantiscono una formazione competitiva e “open mind”. Un esempio? Il corso di laurea
interuniversitario e internazionale di Biotecnologia orientata
alla creazione di imprese, che
permette nei tre anni di corso di
seguire le lezioni in diversi prestigiose università europee. Dal
prossimo anno verrà anche attivata una laurea telematica infermieristica, un corso online
utile per chi vuole laurearsi
sfruttando il proprio lavoro da
infermiere come praticantato o
chi possiede diplomi universitari del vecchio ordinamento.
In primo piano resta sempre
l’individuo, obiettivo raggiunto, visto il positivo rapporto docente studente: uno ogni dodici.
«Fin dal primo anno di corso racconta Puxeddu - tutti gli studenti vengono seguiti passo per
passo da un tutor, che li aiuta a
muoversi al meglio tra i diversi
insegnamenti. Fondamentale è
fargli toccare con mano la realtà
di un reparto ospedaliero e del
pronto soccorso. Per questo è
stato attivato un corso preliminare, simile a quello seguito dagli infermieri professionisti. Ma
la valutazione dell’aspetto formativo non è a senso unico.
Ogni anno i ragazzi mettono
sotto esame gli stessi professori
con dei quiz anonimi, aiutandoci così a migliorare l’efficacia didattica».
Le strutture per l’approfondimento e i centri di servizio
non mancano: chi volesse perfezionare le lingue straniere, o la
propria competenza linguistica, ha a disposizione il Cla, il
Centro linguistico dell’ateneo.
Per un aggiornamento costante, si può consultare il sito della
facoltà, per scaricare materiale
didattico, messo a disposizione
degli insegnanti, prenotarsi agli
esami e attivare una mail personale per agevolare le comunicazioni tra il corso di laurea e il singolo studente. E per chi cercasse un’ulteriore specializzazione
sono attivi diversi master, l’ultimo in ordine temporale quello
di primo livello in Attività e terapie assistite svolte con l’ausilio
di animali.
Ma la teoria senza la pratica è
nulla, soprattutto in una facoltà
dove il tirocinio viene al primo
posto. Ed è per questo che è in
corso un trasferimento dell’attività assistenziale dell’ateneo
dal vecchio ospedale di Santa
Maria della Misericordia al nuovo policlinico omonimo, ex Silvestrini, dotato delle più moderne attrezzature. La volontà è
quella di creare un polo unico
sanitario, che sia terreno fertile
non solo di ricerca e di pratica
per gli studenti, ma anche di
un’educazione alla gestione
umana del rapporto medico paziente. «Il degente è al centro di
ogni problematica - sottolinea il
preside della facoltà - e chi sceglie di fare il medico, deve tenerlo bene a mente. Questa professione è una vera e propria missione e chi la compie non può fare a meno di avere due caratteristiche: l’umiltà e la disponibilità. Solo così si è veramente a
servizio del malato».
Un professore
ogni 12 allievi.
E da settembre
verrà attivato
anche un corso
on line
per infermieri
IL VOTO MEDIO
DI DIPLOMA
Il voto medio
del diploma
di scuola
superiore
degli iscritti
a Medicina
è 75,3. Il 33,7
per cento
dei diplomati
ha
frequentato
il liceo
scientifico
(AlmaLaurea)
60,5
%
TIROCINI
E STAGE
Il 60,5
per cento
dei laureati
di primo
livello
in Medicina
ha svolto
tirocini
e stage
riconosciuti
dal corso
di laurea
(AlmaLaurea)
60,4
%
PROSEGUIRE
GLI STUDI
Il 60,4
per cento
dei laureati
di primo
livello
intende
proseguire
gli studi.
Il 30,1
per cento
si iscrive
alla
specialistica
(AlmaLaurea)
29,5
ANNI
L’ETÀ MEDIA
DI LAUREA
Secondo
i dati
AlmaLaurea
l’età media
dei laureati
in medicina
è di 29 anni
e mezzo.
Infatti,
soltanto
il 42, 9
per cento si
immatricola
sotto i 20 anni
(AlmaLaurea)
fonte: Censis Servizi, 2006
1ª
fonte: Censis Servizi, 2006
75,3
fonte: AlmaLaurea 2006
MARTEDÌ
4 LUGLIO
2006
leguidedirepubblicauniversità
veterinaria
4
14
MILA
GLI ISCRITTI
Sono stati
14.600
gli iscritti
a Veterinaria
nell’anno
accademico
2004-2005:
2.300 i nuovi
immatricolati
1° POSTO PADOVA
LA CITTÀ
QUALITÀ DELLA VITA
COSTO DEGLI AFFITTI
MEDIO BASSA
MEDIO ALTO
LA CURIOSITÀ
Muoversi, abitare, divertirsi
guida all’università e non solo
Una guida che aiuta a orientarsi nella
giungla di proposte messe in campo
dall’Università di Padova: si chiama
“Studiare a Padova” la pubblicazione
nata nel 2002 che ogni anno informa
gli studenti sull’offerta didattica,
sui servizi del diritto allo studio
(residenze, ristorazione e borse di studio)
e sulle attività culturali in città. In più,
quest’anno d’accordo con la Arnoldo
Mondadori Editore insieme alla guida
è stato pubblicato il libro “La Sala dei Giganti”di Valerio
Evangelisti: un invito alla lettura e al confronto con la parola
scritta. Fa parte della guida anche un piccolo opuscolo
su “Vivere a Padova” che, insieme a una piantina della città,
offre spunti su come muoversi, abitare, mangiare
e divertirsi la sera.
ESPERIMENTI
IN MEZZO
AL CAMPUS
ILARIA ZAFFINO
1.000
IL CORPO
DOCENTE
I docenti
che insegnano
Veterinaria
sono mille:
uno ogni
15 studenti.
L’età media
dei professori
è di 48,5 anni,
più bassa
dell’età media
nazionale
dei docenti
che è di 52,2
anni
104,2
IL VOTO MEDIO
DI LAUREA
I laureati
di primo
livello
nel 2005
hanno
conseguito
la laurea con
una votazione
media
di 104,2
(AlmaLaurea)
49,6
%
MATURITÀ
SCIENTIFICA
Il 49,6
per cento
degli iscritti
a Veterinaria
proviene
dal liceo
scientifico
(AlmaLaurea)
PADOVA. Un campus universitario stile americano a quindici
minuti di auto dal centro di Padova. Ettari di verde, prati, una
trentina di alloggi per gli studenti, la mensa, un bar, un ristorante. In poche parole, manca solo
la piscina. Benvenuti ad Agripolis. È qui nel comune di Legnaro,
a soli otto chilometri da Padova
che, insieme ad Agraria, si trova
la facoltà di Veterinaria, l’ultima
nata nel 1992 di uno degli atenei
più antichi del nostro paese. Su
questi prati, la prima settimana
di giugno si è consumata “agriparty”: la festa di Agripolis che
quest’anno ha visto arrivare per
l’occasione cinquemila studenti. «Il servizio extrauniversitario
va migliorato, è vero, e stiamo lavorando in questa direzione promette il preside Massimo
Castagnaro - serve un centro
culturale, un cinema, ad esempio. Per invogliare i ragazzi a restare qui anche la sera, dopo la fine delle lezioni, invece di tornare a Padova».
Il 60 per cento degli iscritti
viene dal Veneto, il resto si divide tra Trentino e Friuli. «Qui
vengono i migliori» ammette
con orgoglio il preside . Il corso di
laurea in Medicina veterinaria, 5
anni a ciclo unico, è infatti a numero chiuso: solo 75 posti. E per
entrare bisogna superare test
impegnativi: la selezione è rigorissima. «Anche perché a farne
domanda sono quasi in 500: i test sono gli stessi a livello nazionale, ma qui si presentano i più
bravi e ci sono meno posti». Però
come sbocchi professionali tra
tutte le facoltà di Veterinaria che
ci sono in Italia quella di Padova
offre le occasioni migliori. Il 60
per cento dei laureati, infatti,
trova lavoro entro il primo anno.
Un corso di primo livello che
ad Agripolis sta riscuotendo
molto successo è quello in Sicurezza igienico-sanitaria degli
alimenti. «Dopo tutti gli allarmi
che ci sono stati, la mucca pazza,
l’influenza aviaria, c’è grandissima richiesta. E poi è un corso che
riqualifica: tra gli iscritti ci sono
anche i carabinieri del Nas. O chi
ha già una laurea in Biologia».
Ma ci sono anche i corsi interfacoltà, come quello in Biotecnologie sanitarie organizzato insieme con Medicina e Farmacia.
Oppure quello in Scienze e tecnologie animali di concerto con
Agraria. Per non parlare di quelli di secondo livello. Come Biologia marina e Acquacultura con
Scienze e con Agraria e Biotecnologie per l’alimentazione
GLI ISCRITTI
Il 60 per cento degli iscritti viene
dal Veneto, il resto si divide
tra Friuli e Trentino. Per entrare
ci sono test rigorosissimi
LA SEDE
La facoltà
di Veterinaria
si trova
nel comune
di Legnaro,
a otto chilometri
da Padova,
in un campus
stile americano
dotato
di alloggi
per gli studenti,
mensa, bar,
ristorante
fonte: Censis Servizi, 2006
1ª
fonte: Censis Servizi, 2006
fonte: AlmaLaurea 2006
sempre con Agraria e con Medicina.
Ma il fiore all’occhiello della
facoltà di Veterinaria resta, unica a livello nazionale e forse addiritutta europeo, la Banca dei
tessuti dei mammiferi marini.
Dove si raccolgono i tessuti di
tutti gli organi di delfini e balene
arrivati sulle nostre coste. «Sui
mammiferi marini c’è sempre
una scarsa casistica. E questa
Unica in Italia,
la facoltà
ospita anche
la Banca dei tessuti
dei mammiferi
marini
A otto chilometri da Padova, Agripolis
è un mondo a parte immerso
in ettari di prati. Qui, i 75 studenti ammessi
ogni anno studiano e fanno ricerca
banca, invece, è uno strumento
importante per studiarli e riceve
sovvenzioni pure dal ministero
dell’Ambiente» spiega ancora
Castagnaro. Ma a disposizione
degli studenti qui c’è anche l’Istituto Zooprofilattico sperimentale delle Venezie.
Infine, in autunno, ad Agripolis verrà aperto il nuovo Ospedale veterinario. Come dire, un
tipico esempio di decentramen-
to riuscito, che al dislocamento
della didattica affianca anche
quello della ricerca, alla teoria
alla pratica. Perché solo dove didattica e ricerca viaggiano insieme, come ricorda anche il rettore dell’ateneo di Padova Vicenzo
Milanesi, «c’è una scintilla di
università. Altrimenti non si fa
altro che aprire un altro sportello didattico. E non certo dare vita a un polo decentrato».
leguidedirepubblicauniversità
farmacia
52
MILA
I NUOVI
ARRUOLATI
Sono stati
52.600
gli iscritti
a Farmacia
nell’anno
academico
2004-2005.
Le matricole
sono state
11.800.
Le facoltà
di Farmacia
in Italia sono
29 e si trovano
tutte in atenei
statali
5
1° POSTO PAVIA
LA CITTÀ
QUALITÀ DELLA VITA
COSTO DEGLI AFFITTI
MEDIA
MEDIO
All’interno convivono tre anime:
una di biologia, una di chimica
e una di medicina. E i ragazzi vengono
assistiti in tutte le loro esigenze
LA CURIOSITÀ
Collegi antichi e sfide in canoa
come a Cambridge e Oxford
I sedici collegi universitari, dove si vive e si studia insieme,
sono lo storico punto di forza dell’Università di Pavia.
L’intera città è un campus diffuso in cui spiccano i due
collegi più antichi e prestigiosi, l’Almo Collegio Borromeo,
fondato nel 1561 e il Collegio Ghisleri, del 1567. Massima
attrazione dello sport universitario la sfida di canottaggio
tra gli atenei di Pisa e Pavia, sulle acque del Ticino, che
richiama la celebre sfida Oxford-Cambridge. Proiettata
nel circuito internazionale l’università è membro del Gruppo
di Coimbra, che riunisce le università storiche europee,
da Cambridge a Heidelberg a Praga.
L’AVANGUARDIA
DEI FARMACI
“INTELLIGENTI”
CARLO BRAMBILLA
88,5
%
FREQUENTARE
GLI STUDI
L’88,5
per cento
dei laureati
di primo livello
in Farmacia
ha frequentato
più del 75
per cento
dei corsi
previsti
(AlmaLaurea)
103
IL VOTO MEDIO
DI LAUREA
Gli studenti
di Farmacia
che hanno
conseguito
la laurea
di primo livello
nel 2005
hanno avuto
in media
una votazione
di 103,1
(AlmaLaurea)
44,4
%
MATURITÀ
SCIENTIFICA
Il 44,4
per cento
dei laureati
in Farmacia
proviene
dal liceo
scientifico.
Il 28,4
per cento
ha
frequentato
un istituto
tecnico
(AlmaLaurea)
PAVIA. «Il nostro lavoro è un po’
il contrario di un puzzle. Invece
di avere tanti pezzetti di un mosaico da unire tra loro per creare
un’immagine, partiamo da
un’immagine, realizzata al computer, e la rompiamo in tutte le
parti che la compongono. Così
otteniamo i mattoni che ci servono per costruire molecole complesse, indispensabili per la realizzazione di nuovi farmaci». Nel
laboratorio di Sintesi organica
della facoltà di Farmacia, Lino
Colombo, docente di Chimica
organica e vicepreside, traccia
col gesso intricate formule chimiche alla lavagna, mentre si
muove, come uno stregone, tra
mille provette, bottigliette e preziosi macchinari di ultima generazione, circondato da studenti
indaffarati, in camice bianco. I
laboratori per la ricerca di avanguardia, che si svolge nei diversi
dipartimenti, sono il vanto della
facoltà di Farmacia di Pavia, che
le hanno consentito di balzare
quest’anno al primo posto nella
classifica del Censis.
L’Istituto chimico farmaceutico e tossicologico, lungo il viale
alberato che costeggia l’ospedale San Matteo, alle porte di Pavia,
è una vecchia palazzina verde,
scrostata e piuttosto degradata,
su due piani. Cancello arrugginito, cortiletto spelacchiato, edilizia universitaria deprimente.
Ma qui si bada poco all’estetica
esterna e molto alla qualità del
lavoro interno. Gli studenti e le
studentesse (il 70 per cento) che
hanno l’opportunità di svolgere,
in questo ambiente, le loro tesi
sperimentali trovano poi con facilità un inserimento nell’industria farmaceutica. «In realtà la
maggior parte dei nostri studenti, quasi l’80 per cento, finisce per
andare ancora a lavorare in una
farmacia - confessa nel suo studio al primo piano, da cui controlla, attraverso una finestra interna, un vicino laboratorio, la
preside Carla Caramella, docente di Tecnologia farmaceutica l’università consente in ogni
modo, a tutti, di confrontarsi con
la ricerca più avanzata». All’interno della facoltà convivono tre
anime: una di biologia, una di
chimica e una di medicina. Lontano dal sovraffollamento di una
città come Milano. All’interno di
una città universitaria storica,
dove i rapporti tra docenti e studenti sono più facili. E dove gli
studenti vengono coccolati in
tutte le loro esigenze.
La facoltà di Farmacia di Pavia è pioniera in Italia nella nuova frontiera dei cosiddetti “Drug
delivery systems”, i sistemi per il
rilascio dei farmaci all’interno
del corpo umano. «Non basta
scoprire un nuovo farmaco efficace. Bisogna anche farlo arrivare alle cellule giuste, senza danneggiare altri tessuti - piega Carla Caramella - la forma di somministrazione del farmaco è il
veicolo che si usa per somministrarlo. Può essere una compressa, piuttosto che un’iniezione,
un cerotto o uno spray. La ricerca non si ferma all’attività farmacologica di una molecola, ma indaga le sue proprietà farmacocinetiche, la capacità di essere assorbita da un tessuto, studia l’ottimizzazione dei sistemi di rilascio del farmaco, che deve
arrivare alle cellule giuste nella
concentrazione più adatta e nei
tempi migliori, con la maggiore
efficienza possibile». È qui che si
studiano i “drug targeting”, farmaci della cellula tumorale che
utilizzano particolari molecole
di riconoscimento per colpire il
bersaglio.
A chi non se la sente di affrontare i 5 anni di studio della laurea
a ciclo unico in Farmacia o in
Chimica e tecnologia farmaceutica, la facoltà offre due interessanti corso di laurea triennali. Il
primo in Tecniche erboristiche è
un corso finalizzato a formare
una figura professionale in grado di operare nella produzione,
la trasformazione e la conservazione delle piante e dei loro derivati per uso erboristico. Con particolare attenzione ai prodotti
cosmetici, detergenti, saponi,
creme per la pelle, unguenti,
shampoo e tutti quei prodotti erboristici che fanno la fortuna di
molte farmacie. Il secondo, in
Informazione scientifica sul farmaco, ha lo scopo di formare
informatori scientifici nel settore dei medicinali e dei prodotti
dietetici, capaci di far dialogare i
medici con l’industria farmaceutica.
fonte: Censis Servizi, 2006
fonte: AlmaLaurea 2006
MARTEDÌ
4 LUGLIO
2006
fonte: AlmaLaurea 2006
MARTEDI
4 LUGLIO
2006
leguidedirepubblicauniversità
scienze
6
135
Il calo delle iscrizioni qui è stato combattuto
incentivando gli studenti
con corsi di orientamento già dalle ultime
classi delle scuole superiori
1° POSTO PADOVA
LA CITTÀ
QUALITÀ DELLA VITA
COSTO DEGLI AFFITTI
MILA
MEDIO BASSA
MEDIO ALTO
GLI ARRUOLATI
Sono stati
135.000
gli iscritti
a Scienze
matematiche
fisiche
e naturali
nell’anno
accademico
2004-2005.
Le nuove
matricole
sono state
26.900
LA CURIOSITÀ
Una serra per coltivare
i talenti più promettenti
Il modello è quello della Normale di Pisa: una serra dove
coltivare i migliori e più promettenti talenti, prendendoli per
mano fin dal primo anno. Alla Scuola Galileiana, uno dei fiori
all’occhiello dell’ateneo di Padova, hanno accesso solo
poche decine di studenti: 12 per la classe di scienze naturali
e altrettanti per quella di scienze umane. I prescelti devono
superare una selezione rigorosa che prevede una prova
di italiano per tutti e poi materie specifiche a seconda
dell’indirizzo. Ma in compenso chi passa le selezioni riceve
vitto e alloggio in un collegio di prestigio. La scuola
ha durata di 5 anni a ciclo unico ed è stata creata l’anno
scorso.
LABORATORIO
IL PRIMO
PATRIMONIO
ILARIA ZAFFINO
9.200
IL CORPO
DOCENTE
Sono 9.200
i docenti
che
insegnano
nelle 47
facoltà
italiane
di Scienze
matematiche
fisiche
e naturali
82%
PROSEGUIRE
GLI STUDI
L’82 per
cento di chi
ha conseguito
la laurea
di primo
livello
nel 2005
intende
proseguire
gli studi
(Alma Laurea)
84,5
%
FREQUENTARE
GLI STUDI
L’84,5
per cento
dei laureati
di primo livello
in Scienze ha
frequentato
regolarmente
più del 75
per cento
dei corsi
previsti
(AlmaLaurea)
PADOVA. Motivare le iscrizioni,
potenziando il servizio di orientamento fin dalle ultime due
classi delle scuole superiori.
Dando cioè ai ragazzi del liceo la
possibilità di accedere ai laboratori e di conoscere personalmente i docenti. È questo l’imperativo categorico per una facoltà come quella di Scienze di
Padova che, seppure di recente
ha invertito il trend negativo recuperando iscritti, continua ad
attarre assai meno di altre gli
studenti. È il triste destino delle
scienze cosiddette “dure”. A Pa-
dova come nelle altre parti d’Italia, del resto. «Anzi, negli ultimi
due anni c’è stata un’inversione
di tendenza» dichiara il rettore
dell’ateneo, il professor Vincenzo Milanesi. «Solo nell’ultimo
anno c’è stata una crescita quasi
del 17 per cento - conferma il
preside di Scienze matematiche, fisiche e naturali Eugenio
Calimani, barba bianca lunga in
stile perfetto scienziato -Tanto
che siamo stati costretti a estendere il numero chiuso di 100 posti anche a Chimica. Perché se
non c’è spazio nei laboratori, al-
lora bisogna tagliare sugli studenti. Per forza».
In una facoltà dove la teoria
va a braccetto con la ricerca, i laboratori sperimentali sono infatti l’anima dell’università stessa. E per Scienze a Padova è così
da sempre. Come dimostra lo
straordinario patrimonio di
strumenti di cui si sono serviti
nei loro esperimenti gli scienziati che hanno popolato le aule di
questa facoltà sin dal 1200. Strumenti conservati nei Musei dell’ateneo di Padova, che rappresentano la memoria storica del
lavoro di ricerca che qui si è svolto nei secoli. E tra i cimeli di altri
tempi, all’interno di Palazzo del
Bo, sede principale dell’ateneo,
è conservata persino la cattedra
in legno da dove teneva le sue lezioni Galileo Galilei che qui ha
insegnato dal 1592 al 1610.
Accanto alla tradizione,
però, anche l’innovazione. A cominciare dal nuovo corso di laurea triennale, nato due anni fa, in
Ottica e Optiometria. «È a numero chiuso, solo 40 posti, ed è
stato creato su pressione del territorio - racconta il preside - Perché in Italia non esiste ancora
una laurea in Optiometria. E
questa, comunque, resterà solo
una triennale, senza specialistica. A luglio prossimo usciranno i
primi laureati. Tra l’altro, sono
tutti studenti con un’età media
di circa quarant’anni che lavorano già nei negozi di ottica». Ma
quello di Optiometria resta un
caso a parte, perché gli iscritti a
Scienze non solo portano a termine gli studi fino alla specialistica, ma continuano a studiare
anche dopo. Con dottorati, master. «La nostra è la facoltà con la
percentuale maggiore di persone che frequentano dottorati»
continua Calimani.
Quindici corsi di laurea di
primo livello, 18 di secondo livello, alcuni dei quali interfacoltà come quello in Scienze
ambientali, in Biologia marina e
in Acquacultura con Agraria oppure quello in Scienze dei materiali con Ingegneria: ma quel che
conta di più è l’ottimo rapporto
docenti-studenti, che vengono
seguiti da vicino in particolare
nel periodo della tesi che, a questo punto è chiaro, non può esser altro che sperimentale. Cinque, invece, sono le aree in cui si
articola la facoltà e cioè matematica, fisica, biologia, chimica
e scienze della terra. Ognuna
delle quali è decentrata in un
punto diverso della città lungo il
Piovego.
GLI ISCRITTI
Nell’ultimo
anno c’è stata
una crescita
del 17
per cento:
un’inversione
di tendenza
per una
facoltà
che in Italia
continua
ad attrarre
ancora poco
Da quest’anno il numero chiuso è stato esteso
anche a Chimica. Ottimo il rapporto tra docenti
e allievi, seguiti da vicino nel periodo della tesi
leguidedirepubblicauniversità
MARTEDI
4 LUGLIO
2006
7
2° POSTO VERONA
LA CITTÀ
QUALITÀ DELLA VITA
COSTO DEGLI AFFITTI
MEDIA
MEDIO ALTO
PICCOLA
OASI
HI-TECH
TERESA MONESTIROLI
LA SEDE
Funzionale
e moderna,
si trova
alla periferia
di Verona,
con aule
laboratorio
aperte 12 ore
al giorno
e sempre
a disposizione
dei ragazzi
VERONA. Una facoltà giovane,
sia per la sua età anagrafica - è
stata fondata appena dodici anni fa - sia per quella dei docenti
che vi insegnano, che non supera i cinquant’anni. Una sede
modernissima, alla periferia di
Verona, con aule laboratorio
aperte dodici ore al giorno e
sempre a disposizione dei ragazzi. Anche quando c’è lezione
gli studenti possono usare i
computer liberamente, purché
la didattica non venga interrotta. Un’oasi tecnologica dove i
cervelli invece di scappare restano, un polo di ricerca avanzata dove si studiano algoritmi,
genomi e nanocomposti. È la facoltà di Scienze dell’Università
degli Studi di Verona, quartiere
Borgo Roma, che quest’anno ha
conquistato il primo posto fra i
piccoli atenei d’Italia nella classifica del Censis, scavalcando la
Politecnica delle Marche, numero uno nel 2005. Nata nel
1994, la facoltà si è concentrata
Un polo di ricerca avanzata dove
si studiano nanocomposti,
algoritmi e genomi. E i cervelli
invece di scappare restano
sui due filoni trainanti della ricerca scientifica: l’informatica e
le biotecnologie, distinguendosi così da tutte le altre facoltà di
Scienze non solo del Veneto, ma
del Paese. Niente corsi tradizionali in fisica, chimica e biologia
- che da anni sono in calo di
iscrizioni dappertutto - niente
lauree triennali dai nomi ammiccanti per far breccia sugli
studenti. «Abbiamo scelto solo
su due campi di studio, l’informatica e le biotecnologie agro
industriali. Con due lauree
triennali e due specialistiche a
Informatica, una triennale e
due specialistiche a Biotecnologie, in modo da non sovrapporre la nostra offerta formativa
con quella degli atenei vicini»
spiega il preside Emilio Burattini. Anche se, dall’anno scorso, è
attivo un corso in Matematica
applicata, in collaborazione
con la facoltà di Economia, e da
settembre partirà un inedito in
Italia: il corso in Bioinformatica.
Da qualche anno invece è stato
aperto un corso di laurea specialistica in Viticoltura, enologia e mercati vitivinicoli che ha
subito fatto il pieno di studenti.
Alla selezione arriva il doppio
degli studenti rispetto al numero dei posti disponibili (che sono solo 75).
Ma qual è la formula del suc-
cesso di questa facoltà? «Una serie di ingredienti - sorride soddisfatto il preside - come per un
buon minestrone anche una
buona facoltà sta in piedi grazie
a tante cose». Di certo una di
queste sono i docenti e l’ottimo
rapporto che hanno instaurato
con i ragazzi. Venti professori
ordinari e diciassette associati,
a cui vanno aggiunti altri ventisette ricercatori. Facendo la media della loro età non si superano i cinquant’anni: una freschezza che anche gli studenti
amano molto. «Il bello di questa
università è che non ci sono tanti baroni - commentano nei corridoi - la maggior parte dei professori è disponibile e il rapporto con loro è spesso confidenziale. Con qualcuno si va anche
volentieri a bere il caffè». L’apprezzamento gli studenti lo dimostrano nei questionari di valutazione che, a fine anno, devono compilare e dove il feeling
che corre fra due generazioni
non poi così distanti è evidente.
Certo rispetto al caos dei grandi
atenei, questa facoltà ha l’aria di
essere una piccola oasi felice.
Gli studenti sono solo 1.300 e i
professori li conoscono tutti per
nome, o quasi.
«Non vogliamo che lo studente si senta abbandonato. Per
questo abbiamo organizzato
una serie di iniziative per aiutarli nel loro percorso di studi» prosegue Burattini. A parte il solito
servizio di tutoring, la facoltà ha
ideato un programma di recupero chiamato “Periodo zero”:
una serie di lezioni di matematica e informatica di base che tutte le matricole possono frequentare prima dell’inizio dei
corsi del primo anno «per consolidare le loro conoscenze di
base - spiega il preside - quelle
cioè che fino a qualche anno fa i
professori davano per scontate.
In questo modo cerchiamo di
combattere l’abbandono».
Nonostante i numeri siano
molto contenuti, la facoltà è in
continua espansione. Le matricole alle lauree triennali l’anno
scorso sono state 390, 130 alle
lauree specialistiche, per un totale del 13 per cento in più rispetto all’anno precedente. Un
dato in controtendenza rispetto
alle medie nazionali, di certo facilitato dagli indirizzi di studi
della facoltà, ma anche dalla
qualità della ricerca. L’ultima
frontiera che i docenti di Verona
stanno cercando di superare riguarda la microspettroscopia
all’infrarosso. Una tecnologia
molto avanzata che potrebbe
permettere di sapere, in anticipo, se un tessuto corporeo si sta
per ammalare. Prima ancora
della diagnosi di un anatomopatologo.
15/1
DOCENTI
E STUDENTI
Nelle facoltà
di Scienze
matematiche
fische
e naturali c’è
un docente
ogni 15 allievi.
L’età media
dei professori
di scienze
è di 52,4 anni
56,5
%
MATURITÀ
SCIENTIFICA
Il 56,5
per cento
degli studenti
di Scienze ha
frequentato
il liceo
scientifico,
il 24,8
proviene
da un istituto
tecnico e una
minoranza
dal classico
(AlmaLaurea)
103,3
IL VOTO MEDIO
DI LAUREA
Il voto medio
per i laureati
di primo
livello
in Scienze
matematiche
fische
e naturali
è 103,3
(AlmaLaurea)
63,5
%
AULA E LAVORO
Il 63,5
per cento
dei laureati
di primo
livello
ha avuto
esperienze
di lavoro
durante
gli studi
(AlmaLaurea)
71,5
%
TIROCINI
E STAGE
Il 71,5
per cento
dei laureati ha
svolto tirocini
e stage
ricosciuti
dal corso
di studi
(AlmaLaurea)
LA CURIOSITÀ
In biblioteca o come tutor
150 ore da volontario
Trattenere uno studente di informatica all’università non sempre
è facile. Le offerte di lavoro, soprattutto nelle realtà piccole come
Verona, arrivano a pioggia a partire dal secondo anno di studi.
Così, per stimolare i ragazzi legandoli di più alla vita accademica,
la facoltà di Scienze ha inventato i “centocinquantaoristi”,
studenti del terzo anno che mettono a disposizione dell’ateneo
150 ore l’anno, come volontari. La facoltà li utilizza non solo
come tutor per aiutare le matricole a orientarsi nel nuovo mondo,
ma vengono anche fatti lavorare in biblioteca e nei laboratori
di informatica. Il programma non prevede l’acquisizione
di crediti formativi.
fonte: Censis Servizi, 2006
fonte: AlmaLaurea 2006
fonte: AlmaLaurea 2006
MARTEDI
4 LUGLIO
2006
leguidedirepubblicauniversità
agraria
8
1° POSTO ANCONA
29
LA CITTÀ
QUALITÀ DELLA VITA
COSTO DEGLI AFFITTI
MEDIO ALTA
MEDIO
MILA
GLI ARRUOLATI
Sono stati
29.700
gli iscritti
ad Agraria
nell’anno
accademico
2004-2005.
Nello stesso
anno le nuove
matricole
sono state
5.900
LA CURIOSITÀ
Un corso di enologia
per avvicinarsi alle aziende
Capire le aziende. Assecondarne i movimenti.
Anticiparne le linee evolutive. E, se possibile,
contribuire a tracciarle. È il sogno di ogni scuola
impegnata a costruire professionisti. È la realtà
che la facoltà marchigiana di Agraria sta vivendo
su diversi fronti. Primo fra tutti, quello di enologia,
il corso di laurea triennale ormai attivo da diverso
tempo. «Quando è partita questa esperienza,
nella regione vi erano in tutto nove enologi,
tutti provenienti da fuori zona - racconta il preside Oggi ce ne sono ben 91, impegnati su tutto il territorio
marchigiano, provenienti quasi esclusivamente
dalla nostra facoltà». A riprova di un’integrazione quella tra ateneo e realtà economica - che funziona.
Funziona soprattutto quando l’attività accademica
riesce ad alimentarsi con una ricerca molto concreta.
Capace di dare frutti già a partire dalla vita di facoltà.
E IL CIBO
SI FA
SCIENZA
FEDERICO PAGLIAI
23
STUDIARE
AGRARIA
In Italia
le facoltà
di Agraria
sono 23,
si trovano
tutte in atenei
statali eccetto
una. I docenti
impegnati
nella didattica
di Agraria
sono 2.300,
uno ogni
13 studenti
70,1
%
PROSEGUIRE
GLI STUDI
Il 70,1 per
cento di chi
ha conseguito
nel 2005
la laurea
di primo
livello
in Agraria
intende
proseguire
gli studi,
il 57,9
per cento
si iscrive
a una laurea
specialistica
(AlmaLaurea)
ANCONA. Come campus non ha
la stessa aristocratica eleganza di
Oxford. E neppure l’efficienza un
po’ affettata di Harvard. Non la
stessa tradizione. Però gli studenti ci stanno alla stessa maniera.
Saldi, in un ambiente circoscritto, validamente attrezzato, che sa
accoglierli dalle prime ore del
mattino fino al tardo pomeriggio.
Tra lezioni in aula, ore di laboratorio, pause caffè e lunghe tirate
in biblioteca. Come campus,
quello in cui prospera da vent’anni esatti la facoltà di Agraria dell’Università Politecnica delle
Marche, non ha le stesse dimensioni dei grandi atenei anglosassoni. Ma, probabilmente, ha pure qualcosa in più. Che si traduce
in un clima di grande collaborazione e fiducia, «quasi familiare»,
come spiega il professor Natale
Giuseppe Frega, preside della facoltà, che nulla toglie alla serietà
della formazione. Ma che anzi la
trasforma in un percorso solidale
verso la laurea.
«Merito del rapporto favorevolissimo tra numero di studenti
e numero di docenti - prosegue il
professore - Settecento gli iscritti
attuali alla facoltà, 130 i membri
del corpo docente, tutti dotati di
grande dinamismo, di motivazioni forti e con un’età media
molto bassa». Troppo vicini, anagraficamente parlando, all’esperienza di studenti per non comprenderne le inquietudini, le
aspirazioni, i punti deboli e quelli di forza. Che in facoltà si cerca di
valorizzare favorendo il coinvolgimento dei ragazzi a ogni livello.
Così quando al preside si parla di
mortalità, sia pure nella forma
scolastica, la reazione è di sorpresa. Perché nella facoltà di Ancona
morire non si muore. «Sì - conferma il professor Frega - qualche
studente che si allunga negli studi c’è, ma sono eccezioni». Per il
resto, si corre spediti verso il traguardo delle quattro lauree di base: Scienze e tecnologie agrarie,
Viticoltura ed enologia, Scienze
forestali e ambientali e Scienze
degli alimenti. Oppure verso le
due specialistiche, completamento del percorso di Scienze
agrarie e di quello di Scienze degli
alimenti. «Su quest’ultimo fronte
- spiega ancora il preside - ci stiamo dando una configurazione
fonte: Censis Servizi, 2006
fonte: AlmaLaurea 2006
In stretta
collaborazione
con Medicina
c’è il corso
di laurea
in Scienze
degli alimenti
abbastanza rara in Italia, con una
stretta collaborazione con la facoltà di Medicina. Questo conferisce a chi esce da questo percorso una serie di elementi di fisiologia che ne fanno un professionista veramente completo».
Perché l’obiettivo della facoltà marchigiana non è quella di
fornire una cultura di base, che
pure è utile. O una generica predisposizione al lavoro. L’ambizione è quella di formare dei professionisti finiti, pronti all’impiego. Che di solito non tarda ad arrivare. Come dimostra anche il numero crescente di iscritti alla facoltà. In poco più di tre anni, le
matricole sono passate da 130 alle 200 attuali. Arrivando in prevalenza dalla regione. Ma ultimamente non solo da quella. E i libri
non bastano per formare i professionisti. Il know-how si imposta
in aula, ma è in laboratorio che si
conquista definitivamente, attraverso le numerose ore di ricerca in macroscopia, in chimica o in
biotecnologie microbiche. E
quello che non si riesce a guada-
gnare all’interno del campus, arriva attraverso il costante lavoro,
fin dai primi anni di studio, nell’azienda agricola della facoltà.
Un’aula a cielo aperto di centosessanta ettari che si estende poco distante dal centro di Ancona,
con colture arboree, colture erbacee e allevamento di animali.
«L’azienda agricola - conclude il preside - è per noi quello che
per la facoltà di Medicina è l’ospedale. Ovvero, un elemento di
formazione irrinunciabile: il tirocinio». Teoria, pratica, ricerca: i
cardini di una visione d’insieme
che non può accontentarsi di stare ripiegata su se stessa. E infatti la
facoltà marchigiana, alle storiche
relazioni con atenei francesi, spagnoli e inglesi, da qualche anno
ha affiancato anche alcuni stabili
rapporti sia con la Russia che con
l’Albania. Nell’ottica di una relazione che prima di tutto è un necessario confronto sul piano della ricerca, da parte di docenti e
studenti. Ma è anche una responsabile condivisione di quel bene
prezioso che è la conoscenza.
Docenti giovani
e dotati di grande
dinamismo
che cercano
di coinvolgere
i ragazzi
in ogni modo.
Combattendo
così l’abbandono
LE MATRICOLE
In poco tempo
sono passate
da 130
alle 200 attuali:
700 in tutto
gli iscritti
LE PROSSIME USCITE
L’ultimo numero
della Guida
di Repubblica
Università
sarà in edicola
martedì 11 luglio
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Guida Censis 2006: Come scegliere la Facolta