1 Affrontare e superare il tumore del seno La guida per combattere al meglio la malattia Introduzione Ogni anno in Italia si ammalano di cancro al seno circa 46mila donne: è il tumore più diffuso nel sesso femminile. Una su 8 presenta questa probabilità nel corso della sua vita. La sopravvivenza a questa malattia, grazie alla diagnosi precoce e alle nuove terapie, è però in costante aumento. Siamo ormai vicini al 90%. Infatti, nel nostro Paese vive oltre mezzo milione di persone con un cancro alla mammella. Un numero elevato, che testimonia l’alta incidenza della patologia, ma anche le possibilità di farcela. Se la malattia viene scoperta in fase precoce le probabilità di successo sfiorano il 90%. Se hai tra le mani questo opuscolo, è probabile che a te o a qualche persona cara sia capitato di avere a che fare con il tumore. Per questo, è necessario essere informati, conoscendo alla perfezione il nemico “cancro”: cos’è; come agisce; cosa possiamo fare oggi per fermarlo; come comportarsi con medici, parenti e amici; cosa significa tornare a vivere una volta superato. In questo percorso una delle figure di riferimento è l’oncologo, che assiste la paziente durante tutto l’iter terapeutico. Questa guida, promossa dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), è il perfetto strumento di approfondimento e supporto, da utilizzare anche nel confronto con il medico. La strada per guarire inizia dalle domande giuste 3 Diagnosi, esami, controlli, terapie, degenze in ospedale, spese da affrontare, il periodo della guarigione e quello delle eventuali ricadute. Sono tutti fattori che possono accrescere la sensazione di ‘non farcela’ e alimentano la paura ad affrontare il trattamento, con conseguenze spesso controproducenti. È importante seguire scrupolosamente le indicazioni terapeutiche e, in caso di dubbi, parlarne assolutamente con l’oncologo, che prenderà tutte le misure del caso. Un dialogo aperto è di fondamentale importanza, non solo per il paziente ma anche per il medico. Quello che si deve sapere 1 È fondamentale chiarire con l’oncologo medico la situazione, chiedendo quali sono le prospettive a lungo termine, come cambierà la propria vita, se il tumore è in fase iniziale o avanzata, le probabilità di farcela. Inoltre, è importante che tu sia informata su tutti gli aspetti della terapia: durata, scelta dello schema di trattamento ed entità degli effetti collaterali. È trascorso molto tempo da quando la chemioterapia è stata introdotta e sono stati fatti passi da gigante: oggi esistono trattamenti non solo molto più efficaci di un tempo, ma anche più rispettosi dell’organismo, in grado di rendere sopportabili le cure e migliorare la qualità di vita. 2 È necessario riferire gli effetti collaterali e la loro intensità, senza paura di essere considerata una ‘cattiva malata’. I medici hanno bisogno dell’aiuto del paziente, oltre che degli esami clinici, sia per impostare che per correggere eventualmente la terapia. 3 Informati su tutte le contromisure (farmacologiche, nutrizionali, psicologiche) disponibili per contrastare sia i sintomi della malattia che gli effetti delle terapie. 4 Agli oncologi si deve chiedere, oltre che informazioni chiare e precise sulle caratteristiche della terapia scelta, anche se e come sarà possibile riprendere le proprie attività e abitudini, lavorative e non. Le armi per sconfiggerlo La scienza mette oggi a disposizione delle pazienti un ampio arsenale con cui bloccare la crescita e la diffusione delle cellule tumorali. I medici che ti assisteranno valuteranno strade differenti, a seconda della tipologia di malattia. Non preoccuparti, quindi, se noterai differenze terapeutiche nel tuo caso rispetto a quello di un’altra persona. La scelta deriva da vari fattori tra cui le dimensioni, la localizzazione e l’estensione del tumore; lo stadio della malattia; l’età e le condizioni generali della paziente. Chirurgia, chemioterapia, radioterapia, ormonoterapia e terapie mirate (target therapies) rappresentano i trattamenti attuali per il tumore del seno. Il percorso viene sempre stabilito dall’oncologo, ma la sua decisione nasce da un serrato confronto con l’équipe del centro ospedaliero. Un vero e proprio team multidisciplinare costituito da diverse figure tra cui, oltre allo stesso oncologo: anatomopatologo, chirurgo, radiologo, radioterapista, ecc. Grandi professionisti, che lavorano fianco a fianco proprio per assicurare a te e alle altre donne la massima qualità di assistenza possibile. La chirurgia La chirurgia ha compiuto notevoli progressi negli ultimi anni e, oggi, il maggior numero di interventi è di tipo “conservativo”: mirato a preservare il più possibile l’integrità del seno. Questo è possibile quando il tumore è di piccole dimensioni e i linfonodi, organi periferici del sistema linfatico, non sono stati attaccati. Se il cancro è già esteso alle ghiandole linfatiche può essere necessario lo svuotamento ascellare: tutti i linfonodi presenti vicino alla mammella colpita vengono asportati. Per decidere se procedere o meno all’asportazione dei linfonodi viene usata la tecnica del “linfonodo sentinella”: prevede l’iniezione di un liquido tracciante leggermente radioattivo nella regione interessata dalla malattia. Non ti preoccupare, non si tratta di una sostanza tossica per l’organismo. La radioattività è minima e serve soltanto per rendere visibile il liquido. Questo si diffonde nei tessuti e arriva nel linfonodo più vicino alla neoplasia, prelevato durante l’intervento e sottoposto poi a biopsia. Se non contiene cellule tumorali, non si procede allo svuotamento ascellare. È possibile evitare così anche molti 5 effetti collaterali, come ad esempio il linfedema: un accumulo di liquido nei tessuti che si manifesta con gonfiore e può interessare in particolare il braccio. Devi sapere che la chirurgia ha fatto segnare grandi avanzamenti anche nella ricostruzione del seno, possibile già durante l’intervento stesso. Questo evita lo stress, fisico e psicologico, di una nuova operazione e garantisce il miglior recupero possibile. Il medico, prima della tua dimissione (la degenza dura circa dai 2 ai 5 giorni), ti ricorderà sicuramente alcuni consigli pratici che possono favorire il ritorno alla vita di tutti i giorni: • è possibile fare la doccia una volta che la cicatrice è completamente asciutta; • evitare temperature troppo elevate e i bagni di sole che, aumentando la dilatazione dei vasi sanguigni, favoriscono il linfedema; • si può praticare sport anche a breve distanza dall’intervento, scegliendo attività non troppo impegnative. L’esercizio fisico è comunque fondamentale, una volta che si sta meglio, per evitare le recidive: bastano 20 minuti di camminata veloce al giorno per ridurre del 40% il rischio di ammalarsi nuovamente. La radioterapia La radioterapia utilizza radiazioni ad alta energia per distruggere le cellule tumorali, cercando di non arrecare danno ai tessuti sani. Viene effettuata di solito dopo l’operazione, ma è possibile che venga applicata già durante l’intervento, in una sola seduta (radioterapia intraoperatoria). Tramite radiazioni, puntate sulla zona operata, si cerca di distruggere tutte le cellule malate eventualmente presenti nei tessuti circostanti. La radioterapia si protrae solitamente per 5 o 6 settimane, con applicazioni di 3-5 secondi, ripetute per 5 giorni di seguito. Non causa generalmente effetti collaterali o particolari disturbi. Quando ci si sottopone a radioterapia, una delle conseguenze più frequenti è l’arrossamento più o meno evidente attorno alla zona irradiata. Per evitare o ridurre i problemi, il medico ti indicherà l’applicazione di una crema solare ad alta protezione, proprio per evitare le scottature. È importante non “aggredire” poi la pelle con prodotti chimici (saponi, cosmetici e profumi) durante il periodo di trattamento. Chiedi al tuo medico cosa puoi utilizzare e cosa è invece meglio evitare. In caso di dolore, bruciore intenso sulla pelle, nausea e vertigini è opportuno contattare lo specialista. Le variazioni di peso sono piuttosto frequenti durante il ciclo di sedute, sia in eccesso che in difetto. Si tratta di una normale reazione dell’organismo che non deve rappresentare un’eccessiva preoccupazione, anche se va comunque sempre riferita al medico. La chemioterapia I farmaci chemioterapici agiscono impedendo la divisione e la riproduzione delle cellule tumorali, che vengono progressivamente “spente” e rese innocue. Si parla di trattamento neoadiuvante quando viene somministrato prima dell’intervento chirurgico, in modo da ridurre le dimensioni e l’aggressività della neoplasia. In altri casi (adiuvante), la chemioterapia può essere effettuata dopo l’intervento o la radioterapia, per eliminare eventuali cellule tumorali residue, troppo piccole per essere asportate o annientate con le radiazioni. Purtroppo, i farmaci chemioterapici non riescono a distinguere tra cellule “cattive” e “buone” e allargano i loro effetti anche alle cellule non cancerogene di bulbi piliferi, mucose, midollo osseo. Il risultato sono effetti collaterali importanti e spiacevoli: caduta di capelli, nausea, vomito, alitosi, stomatite, stanchezza, perdita dell’appetito, stitichezza, diarrea. Inoltre, questi medicinali possono causare un’importante diminuzione dei globuli rossi e bianchi, oltre che delle piastrine. 7 Ricordati che gli effetti collaterali variano da persona a persona e sono differenti a seconda della terapia utilizzata. Nella maggior parte dei casi, anche se molto debilitanti, sono però reversibili e controllabili con specifici trattamenti. Per tutti questi motivi, comunque, negli ultimi anni è stata data grande importanza alle terapie di supporto, che permettono di controllare gli effetti collaterali della chemioterapia tramite altri farmaci, in modo da salvaguardare o compromettere il meno possibile la qualità della vita. Negli ultimi anni si sono registrati notevoli progressi anche in campo chemioterapico. Ad esempio, il Nab paclitaxel rappresenta un potente farmaco antitumorale in grado di bloccare la proliferazione delle cellule neoplastiche e di rallentare o arrestare temporaneamente la crescita della neoplasia. Inoltre, attraversa più rapidamente le pareti dei vasi sanguigni per raggiungere il tumore. La terapia ormonale Le terapie mirate La terapia ormonale (ormonoterapia), consiste nella somministrazione di farmaci che bloccano l’attività degli estrogeni, coinvolti nell’insorgenza e nello sviluppo di almeno due terzi dei tumori del seno. Esistono due modi per tenere sotto controllo il livello di ormoni: Lo studio di alcuni aspetti delle cellule tumorali ha fornito preziose indicazioni per l’ideazione di farmaci che interferiscono direttamente con eventi-chiave della patologia e della proliferazione tumorale. Sono le cosiddette terapie mirate, o target therapies; trattamenti che siano più “letali” per la malattia e meno tossici per il corpo. • impedire alla cellula cancerosa di utilizzare gli estrogeni prodotti dal corpo, tramite farmaci antiestrogeni; • frenare la produzione assumendo medicinali che inibiscano l’aromatasi (l’enzima necessario alla sintesi degli estrogeni). A differenza della chemioterapia, l’ormonoterapia presenta in genere effetti collaterali limitati. Anche gli anziani o le persone in precarie condizioni generali riescono di solito a tollerarla. Va però segnalato che alcuni farmaci possono dare dolori articolari e osteoporosi, con un maggior rischio di frattura (inibitori dell’aromatasi), o causare altri sintomi tipo menopausali ed aumentare il rischio di trombosi o di tumori dell’utero (tamoxifene). È possibile identificare e colpire in maniera mirata i fattori biologici responsabili della crescita e della diffusione incontrollata delle cellule cancerogene, della loro capacità di sopravvivere e di stimolare la produzione di nuovi vasi sanguigni. Le target therapies non sono però efficaci per tutti: ottengono infatti benefici solo contro certi tipi di tumore, proprio perché sono dirette al cuore della malattia, che deve rispondere a certe caratteristiche ben precise. I controlli continuano Per intervenire in tempo in caso di recidiva o di formazione di metastasi, nei primi cinque anni dall’intervento chirurgico va pianificato un dettagliato programma di controllo. Questo protocollo, chiamato follow-up, può diversificarsi anche in maniera significativa da persona a persona (come succede anche per le terapie), a seconda del tipo e dello stadio di tumore, oltre che delle caratteristiche individuali. Comunque, secondo le più aggiornate linee guida internazionali, i principali esami di controllo per il cancro del seno sono: • visite ogni 3-6 mesi dal primo al terzo anno dall’intervento, ogni 6-12 mesi tra il quarto e il quinto anno, una volta l’anno dopo il quinto; • la mammografia 9-12 mesi dopo la radioterapia e successivamente una volta l’anno 9 Le visite di controllo programmate rappresentano il momento ideale per condividere con l’oncologo ansie o paure e per porgli qualsiasi domanda. Se nei periodi di intervallo tra una visita e l’altra avessi però dei problemi o sorgessero nuovi sintomi, non esitate a contattarlo immediatamente. Non è dimostrato che gli esami di follow-up riducano l’incidenza delle metastasi. Si è però in grado di diagnosticare la progressione della malattia in una fase spesso senza sintomi evidenti, permettendo in alcuni casi di sottoporsi a trattamenti tempestivi. In caso di ricaduta, il tuo oncologo valuterà le procedure migliori da seguire. Anche a questo stadio esistono trattamenti efficaci che dipendono dalle caratteristiche iniziali del tumore e dalla risposta alle terapie precedenti. Tornare a casa dopo l’intervento Il rientro a casa dopo l’operazione può rappresentare un periodo molto delicato, per te e per i tuoi cari. Infatti, anche figli e mariti possono essere in difficoltà, quando improvvisamente si trovano a convivere con la tua malattia, senza sapere cosa dire o come comportarsi. In questi casi, la paura di sbagliare è fortissima. Nascondere tutto ai bambini non rappresenta la scelta migliore: alla lunga anche loro capiranno che c’è qualcosa di insolito. Un approccio schietto ed onesto è la via ideale. Se non informati correttamente possono quindi sviluppare pensieri spesso peggiori della realtà. Gli adolescenti, invece, vivono spesso sentimenti contrastanti. Possono manifestare rabbia e desiderio di autonomia anche attraverso parole e comportamenti spiacevoli. Un familiare malato può portare loro a distaccarsi ma, allo stesso tempo, alimentare le angosce, accentuando il bisogno di attenzione: difficile da soddisfare quando si devono fare i conti con gli effetti collaterali delle terapie. Il lavoro L’assistenza a domicilio Si può lavorare durante la chemioterapia? La cronicizzazione della malattia oncologica, la possibilità di tenerla sotto controllo anche nei casi con prognosi più complessa e per periodi molto lunghi (con il miglioramento delle strategie di follow-up), ha sollevato un problema che, fino a qualche tempo fa, era poco sentito: l’assistenza continuativa una volta tornati a casa. Si tratta di un servizio ormai disponibile in quasi tutte le realtà italiane, con modalità organizzative ovviamente diverse. Possono richiederlo le persone di qualunque età, non deambulanti, affette da malattia temporaneamente o permanentemente invalidante e impossibilitate ad accedere ai servizi o alle strutture ambulatoriali. Per questa tipologia di servizio vengono valutati i requisiti medici ed economici. La maggior parte delle pazienti è in grado di continuare il lavoro durante il trattamento con farmaci antitumorali. Si possono programmare i trattamenti al termine della giornata o prima del fine settimana, in modo che interferiscano il meno possibile con la propria attività lavorativa. Se l’affaticamento è eccessivo, va considerata la possibilità di diminuire il carico, magari concordando un part-time o svolgendo da casa parte dei compiti. La legge italiana tutela il malato di cancro con misure che ne favoriscono il reinserimento lavorativo. Sono previsti alcuni benefici, conseguenti all’accertamento di invalidità o handicap, ma si tratta di diritti non ancora sufficientemente noti a pazienti e familiari e, pertanto, non utilizzati di frequente. Le discriminazioni purtroppo esistono. Secondo l’AIOM il 40% delle donne con un tumore al seno ricomincia a lavorare a due mesi dalla diagnosi, soprattutto se si tratta di un impiego d’ufficio. A due anni la percentuale si alza al 74%, ma il 35% si sente discriminato. 11 Rivolgiti alla tua ASL per sapere come ottenere l’assistenza domiciliare. La vita di coppia Nella maggior parte dei casi, un forte segnale di malessere fisico e psicologico è dato da un netto peggioramento della propria sessualità. Il tumore al seno colpisce inevitabilmente la donna nella sua intimità e, nei casi di chirurgia radicale, malgrado la qualità dell’intervento di ricostruzione, tornare ad una grande intesa con il partner è difficile. Ovviamente, a questo si aggiungono le preoccupazioni e gli effetti collaterali delle terapie. Il calo fisico coinvolge anche molti fattori, tra cui • il desiderio; • l’eccitazione mentale e genitale; • l’orgasmo. Non devi sentirti in colpa se nei primi mesi successivi all’intervento e all’inizio delle terapie non provi desiderio di intimità con il tuo partner. Per facilitare questa fase il dialogo è fondamentale: affrontare insieme paure e dubbi è il modo migliore per superare questa difficoltà e consolidare il rapporto. Quasi tutti i problemi sessuali connessi con la diagnosi di un tumore sono temporanei e le difficoltà permanenti possono essere affrontate e migliorate. I rapporti non sono sconsigliati nemmeno durante i trattamenti, basta seguire alcuni accorgimenti: • in fase di chemioterapia è consigliabile utilizzare il preservativo, per evitare irritazioni vaginali legate ai farmaci che possono danneggiare le mucose • è necessario inoltre evitare una gravidanza perché, in particolare nel primo trimestre di gestazione, il rischio di incorrere in anomalie fetali legate al meccanismo di azione dei farmaci è altissimo. Ma avere un figlio è ancora possibile… Il tumore del seno non preclude la possibilità di diventare mamma. Circa il 15-20% delle donne colpite dalla malattia è ancora in età riproduttiva e, secondo i dati dell’Istituto Scientifico Tumori di Genova (IST), il 40% non ha ancora avuto una gravidanza. Quando la malattia colpisce in giovane età, il tema della futura maternità è uno fra i più delicati su cui si concentrano ricerche e attenzione degli esperti. Si tratta di un parametro da valutare attentamente nella scelta del trattamento. Inoltre, alcuni farmaci utilizzati nella chemioterapia possono causare una menopausa precoce: accade in poco più della metà delle pazienti che si sottopone a trattamenti adiuvanti dopo la chirurgia e l’effetto dipende molto dall’età. In donne sotto i 35 anni questa eventualità è molto bassa e, in genere, dopo un anno si ha una ripresa della funzione ovarica. Se hai programmato una gravidanza prima della diagnosi della malattia, è consigliabile un confronto chiaro e aperto con l’oncologo, per valutare anche la possibilità della conservazione degli ovociti. Quando guarire è più difficile Con l’avanzare dell’età e con il costante incremento dell’aspettativa di vita, aumenta anche il rischio di essere colpiti da tumori: l’incidenza del cancro raggiunge un picco attorno agli 85 anni e rimane elevata almeno fino a 95 anni. Il tumore del seno colpisce soprattutto le over 65, quando si soffre con frequenza anche di altre malattie. 13 Cosa vuol dire comorbilità È la presenza di patologie associate al tumore e aumenta progressivamente con l’età. La valutazione delle comorbilità è importante in quanto: • è associata ad una riduzione dell’aspettativa di vita • può compromettere la tolleranza alla chemioterapia Nel 60-70% dei pazienti con età superiore a 70 anni sono presenti due o più patologie croniche. Quelle più frequenti sono: • artrosi-artrite • ipertensione • malattie digestive • malattie cardiovascolari Le donne over 65 colpite da tumore del seno possono reagire in modo diverso alla malattia. Alcune possono diventare “fragili” e avere bisogno di un caregiver, cioè di qualcuno che si occupi di assisterle. Molte altre riescono invece ad “adattarsi” alla malattia e al suo trattamento. Nei casi in cui il tumore è troppo avanzato o poco sensibile alle cure e la paziente Consigli pratici per affrontare la vita di tutti i giorni non è in grado di tollerare un trattamento aggressivo, la terapia deve mirare a migliorare la qualità di vita. A tutte le età, le variabili che concorrono a determinarla sono molteplici e anche il loro singolo peso specifico può essere di impatto completamente diverso. Per prevedere le conseguenze del trattamento, è necessario che il medico conosca bene le abitudini della paziente anziana, i suoi interessi e il peso relativo che la malata dà a determinate attività della vita quotidiana. Gli effetti a breve e medio termine dei chemioterapici possono infatti peggiorare la sua qualità di vita, purtroppo anche in maniera definitiva. Prima d’iniziare la cura è quindi importante definire, assieme al medico oncologo, il bilancio dei costi (intesi come perdita di qualità di vita) e dei benefici dei possibili trattamenti (aumento della sopravvivenza). L’alimentazione Il tumore o la terapia possono causare inappetenza e perdita di peso. In alcuni casi si verifica il mutamento del senso del gusto, in altri non si registrano invece particolari conseguenze. In molti centri oncologici è comunque disponibile la consulenza dello specialista in nutrizione e dietologia. Per affrontare l’eventuale perdita di peso è consigliabile seguire una dieta ipercalorica e iperproteica (non indicata invece per chi continua a mangiare quasi normalmente), per la quale può essere utile: 1. utilizzare integratori calorici o proteici (bevande o polveri) 2. preparare spremute o bibite a base di latte e frutta, magari con aggiunta di integratori, da consumarsi anche durante i pasti al posto dell’acqua 3. utilizzare ‘latte arricchito’, latte in polvere per la preparazione di bevande o di altri cibi liquidi o semi-solidi (minestre, budini) 15 Per l’inappetenza o quando i cibi sembrano perdere il sapore: 1. mangia poco ma spesso, tenendo a portata di mano snack, frutta, crackers, caramelle 2. dai la precedenza ai cibi preferiti, eliminando temporaneamente quelli meno gradevoli 3. insaporisci i piatti con spezie ed erbe aromatiche Per superare la difficoltà a masticare o ingoiare: 1. taglia carne e verdure a pezzetti 2. prepara sformati o stufati 3. frulla i cibi cotti 4. elimina la crosta dal pane Per la nausea: 1. alimentati con cibi leggeri, senza grassi o olio (minestre, budini leggeri) 2. mangia cibi secchi (crackers, frutta secca) 3. tieni sempre a disposizione un farmaco antiemetico Limita il consumo di bevande alcoliche Un recentissimo studio pubblicato su Jama ha dimostrato che anche dosi ridotte, da 3 a 6 drink a settimana, oppure grandi bevute occasionali possono innalzare il livello di rischio di tumore. Non fumare! INOLTRE… Pratica sempre attività fisica Una recente revisione su oltre 60 studi ha dimostrato che le donne con carcinoma mammario che praticano esercizi a intensità moderata, per circa 20 minuti al giorno, presentano il 40% in meno di possibilità di cadere in recidiva rispetto a quelle attive per meno di un’ora alla settimana. È sufficiente un impegno fisico equivalente a una camminata veloce. Associazione Italiana di Oncologia medica Via Nöe 23, 20133 Milano tel. +39 02 70630279 fax +39 02 2360018 [email protected] www.aiom.it Consiglio Direttivo nazionale AIOM Presidente Stefano Cascinu Segretario Carmine Pinto Tesoriere Stefania Gori Consiglieri Massimo Aglietta Giuseppe Altavilla Editta Baldini Giovanni Bernardo Saverio Cinieri Fabio Puglisi Pierosandro Tagliaferri Giuseppe Tonini Realizzazione Intermedia via Malta 12/b, 25124 Brescia [email protected] www.medinews.it Pubblicazione resa possibile da un educational grant di