SUSSIDIO FORMATIVO 22009 008 La Visita al povero FEDERAZIONE NAZIONALE SOCIETÀ DI SAN VINCENZO DE PAOLI Supplemento a LA SAN VINCENZO IN ITALIA n. 9/2008 Proprietà e Editore: Società di San Vincenzo De Paoli Consiglio Nazionale Italiano Via della Pigna, 13/a - 00186 Roma Direttore responsabile: Marco F. Bersani Redazione di Roma: Via della Pigna, 13/a - 00186 Roma Tel. 066796989- Fax 066789309 www.sanvincenzoitalia.it e-mail: [email protected] Progetto editoriale: Marco F. Bersani Fotografie: Romano Siciliani Grafica e fotolito: Adel Grafica s.r.l. Vicolo dei Granari, 10a - 00186 Roma Tel. 066823225 - Fax 0668136016 Stampa: Nuova Editrice Grafica s.n.c. Via F. Donati, 180 - 00126 Roma Roma, settembre 2008 INDICE PREFAZIONE 5 PRESENTAZIONE 7 I RIFLESSIONE LA VISITA NELLA BIBBIA 9 II RIFLESSIONE IL PUNTO DI PARTENZA 13 III RIFLESSIONE LA VISITA DI MARIA 17 IV RIFLESSIONE LA VISITA SECONDO SAN VINCENZO 24 V RIFLESSIONE LA VISITA: MOMENTO DI ANNUNCIO 28 VI RIFLESSIONE LO SPIRITO DELLA VISITA 32 VII RIFLESSIONE LASCIARSI EVANGELIZZARE DAI POVERI 37 VIII RIFLESSIONE PREPARARE E VIVERE LA VISITA 41 CONCLUSIONI 45 5 PREFAZIONE Alcuni anni fa la felice intuizione di un vincenziano coniò la terribile espressione: “Conferenza Bancomat”. Alludeva ad una situazione che purtroppo si era verificata in alcune situazioni: la Conferenza, sommersa dal numero crescente di persone bisognose, smetteva praticamente di fare le visite a domicilio, ed attendeva i poveri nei locali parrocchiali, in orari predefiniti. Faceva “Centro di Ascolto”, distribuiva pacchi viveri, indumenti, qualche volta pagava bollette, su sollecitazione dell’assistito: insomma era diventata un po’ come un Bancomat, in cui infili la tessera ed esce subito un po’ di denaro o di cose. Domandiamoci invece insieme: che cosa resta di caratterizzante nel nostro essere associazione, se togliamo la visita a domicilio? Oppure se formalmente la facciamo, ma senza lo spirito che così bene Padre Bergesio ha tratteggiato in questo sussidio formativo? Rispondo io per tutti Voi: resterebbe ben poco e velocemente finiremmo per inaridirci e perderci. Ricordo ancora a tutti i responsabili della nostra associazione (Presidenti di tutti i livelli, Coordinatori, Delegati Giovani ecc.) che il prezioso servizio che svolgono non li esime dal partecipare alla vita della propria Conferenza e dall’effettuare qualche visita alla casa del povero. Li aiuterà a mantenere stretto il contatto con la “base”, con le povertà che mutano, con Dio e con il proprio cuore. Luca Stefanini Presidente Nazionale 7 PRESENTAZIONE «Figlie mie – dice san Vincenzo in una conferenza alle Figlie della carità – non è compito da poco fare la visita, e pochi sono quelli che la compiono in modo da renderla utile. È uno dei compiti più difficili. Fra cento persone se ne troveranno una dozzina che ne siano capaci. È necessario essere tanto prudenti, tanto accorti, tanto miti, tanto segreti»… Per questo è importante che nei nostri incontri continuiamo a interrogarci, a confrontarci e a riflettere sulla visita che è lo specifico della carità vincenziana, quasi il suo fiore all’occhiello! In quest’ottica la Giunta e il Comitato direttivo della Federazione hanno scelto come tema del sussidio formativo 2008-09 “La visita al povero”. Già dieci anni fa, il primo sussidio formativo del nuovo secolo aveva affrontato questo argomento. È stato perciò giocoforza riproporlo quasi per intero, con una ricerca di maggiore concretezza nelle tracce per il confronto, e soprattutto di maggiore attenzione nel far emergere più chiaramente la ricchezza che il fratello nel bisogno riversa sul fratello che gli fa visita. Il beato Federico esprime questa verità con delle splendide parole: «Oh, quante volte, preso da qualche sofferenza interiore, tormentato dalla mia salute gravemente deteriorata, colmo di tristezza, io sono entrato nella casa di un povero affidato alle mie cure, e là, alla vista di tante miserie che meritavano più compassione di me, mi sono i rimproverato il mio scoraggiamento, mi sono sentito più forte contro la mia sofferenza, e ho ringraziato quel povero che mi aveva consolato e ridato forza alla vista delle sue miserie. E come, dopo allora, io l’ho amato ancora di più»! 8 Sussidio formativo 2008/2009 A differenza degli ultimi anni, le otto riflessioni dell’attuale sussidio non partono da brani del Magistero, bensì soprattutto da citazioni dei nostri Fondatori, maestri impareggiabili nel vivere e nell’insegnare il rapporto coi poveri in un’ottica evangelica ed ecclesiale. Conoscendo il loro amore e il loro attaccamento ai Pastori della Chiesa, siamo certi di camminare nello stesso solco di sempre. Non rimane che affidare questo umile strumento di formazione spirituale e vincenziana all’intercessione di san Vincenzo e del beato Federico Ozanam, nella speranza che ci aiuti a vivere sempre più fedelmente il loro e nostro carisma di servitori dei poveri. P. Giovanni Battista Bergesio Consigliere spirituale nazionale La Visita al povero 9 I RIFLESSIONE LA VISITA NELLA BIBBIA I. Della misericordia di Dio è piena la terra… L’amore di Dio per i suoi figli peccatori non può che essere amore misericordioso che perdona e purifica. Per questo tutta l’economia della salvezza è attraversata e scossa dal vento della benevolenza misericordiosa del Signore, e le visite di Dio all’umanità sono espressione di questa realtà: «grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge» (Lc 1, 78). È un sole che non si sporca e non si contamina a contatto con le brutture umane, anche se le conosce fino in fondo e nessuna di esse si sottrae alla sua vista. II. Dio visita l’umanità Misteriosamente, proprio la povertà e l’aridità della vigna umana attrae lo sguardo di Dio e provoca il suo intervento: «Dio degli eserciti, volgiti, guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna» (Sal 80, 15). Davvero le vie di Dio sono diverse dalle vie degli uomini, e i suoi pensieri diversi dai nostri! Noi tutti schifiamo la bruttezza; noi peccatori non tolleriamo le persone che sbagliano; noi cattivi prendiamo le distanze dagli iniqui. Così, ipocritamente, riusciamo perfino a sentirci buoni. Dio invece vede e non fugge, ma coglie l’occasione per venirci incontro e portarci la salvezza. III. La visita per la salvezza Il frutto di questa visita, infatti, è sempre la salvezza: «Ricordati di noi, Signore, per amore del tuo popolo, visitaci con la tua salvezza» (Sal 106, 4); «Benedetto il Signore Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo» (Lc 1, 68). Le immagini della salvezza La Bibbia non fa molta teoria sul mistero della salvezza, ma lo presenta con delle immagini quanto mai significative: - nel libro del Genesi è passare da un paese ad un altro: 10 Sussidio formativo 2008/2009 «Poi Giuseppe disse ai fratelli: Io sto per morire, ma Dio verrà certo a visitarvi e vi farà uscire da questo paese verso il paese ch’egli ha promesso con giuramento ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe» (Gn 50, 24): dal paese della schiavitù al paese della libertà; dal paese della fame al paese del pane; - così è detto nel libro di Rut: «Allora si alzò con le sue nuore per andarsene dalla campagna di Moab, perché aveva sentito dire che il Signore aveva visitato il suo popolo, dandogli pane» (Rut 1, 6); - accasato e nutrito – come leggiamo in Sofonia – il popolo vive nella pace: «In quei luoghi pascoleranno e a sera nelle case prenderanno riposo, quando il Signore loro Dio li avrà visitati e avrà restaurato le loro sorti» (Sof 2, 7). IV. Il significato della visita di Dio Alla luce della successiva Rivelazione – soprattutto neotestamentaria – noi possiamo dare a queste immagini un significato spirituale, l’ultimo inteso da Dio. La libertà, che la visita del Signore dona all’uomo, non è politica ma spirituale: San Paolo la chiama “libertà dei figli di Dio”. Guidati dallo Spirito, essi sono in grado di resistere alle tendenze disordinate, di sottrarsi al loro dominio per vivere nella libertà dell’amore. Il pane che dà forza è quello della Parola di verità che è Cristo: chi mangia questo pane diventa capace di camminare verso la vita eterna. Proprio nella vita dopo la morte l’uomo realizza compiutamente e definitivamente il suo sogno di pace, di armonia interiore, di equilibrio perfetto. V. Pazienza e timore Si tratta di un cammino non breve e non facile, che esige sforzo e pazienza: «Guai a voi che avete perduto la pazienza; che farete quando il Signore verrà a visitarvi»? (Sir 2, 14). Ma si tratta soprattutto di un dono talmente superiore a ogni nostro merito o diritto, che va ricevuto con grandissimo senso di responsabilità: «Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo» (Lc 7, 16). «Temi – afferma S. Agostino – il Signore che passa». La Visita al povero 11 Lui continua a passare e a bussare: ma guai a snobbarlo, a non farlo entrare quando viene a visitarti. È già successo, come leggiamo in Luca: «Abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata» (Lc 19, 44). Ma chi vive nel santo timor di Dio, non deve temere alcun male: «Non temere se siamo diventati poveri. Tu avrai una grande ricchezza se avrai il timor di Dio, se rifuggirai da ogni peccato e farai ciò che piace al Signore Dio tuo» (Tob 4, 21). Domande per la riflessione personale 1) Gesù, visitandoci, si è abbassato al nostro livello, a livello degli ultimi e dei più poveri. Riusciamo a renderci conto della grandezza di questo gesto? 2) Quando facciamo visita a un povero, manteniamo un atteggiamento di superiorità? è realmente possibile mettersi alla pari con un povero? è giusto farlo? ha senso? 3) Che cosa vuole dire per un vincenziano accogliere nella sua vita la visita del Signore? quali conseguenze comporta? Domande per la vita di Conferenza 1) La visita e l’incontro personale con i poveri è da sempre il momento fondamentale nella vita delle Conferenze. Ma ci poniamo qualche volta delle domande sul modo con cui viviamo questo servizio? 2) Molte delle povertà che si incontrano sono spesso comuni, e condivise da altre Conferenze: anziani soli, famiglie in difficoltà, extracomunitari in cerca di casa e di lavoro, ecc. E spesso non sappiamo che cosa dire o che cosa fare. Abbiamo mai pensato che altre Conferenze hanno magari trovato qualche strada per problemi analoghi ai nostri? abbiamo mai cercato di conoscere le esperienze di altre Conferenze? 3) I Consigli Centrali hanno, fra gli altri, anche il 12 Sussidio formativo 2008/2009 compito di realizzare il coordinamento delle esperienze. Entrare nella mentalità che da soli non è più possibile fare nulla è importante. Altrettanto importante è richiedere un maggiore collegamento operativo, pratico, concreto. “ Nel rapporto con i poveri i vincenziani devono essere e apparire come portatori di fraternità, in modo che tra gli uni e gli altri si attui un’autentica comunione, in cui ci si aiuta reciprocamente a camminare verso la salvezza e grazie alla quale i poveri possono riconoscersi nella Chiesa. Di fronte ai nuovi aspetti della povertà i vincenziani si rendono consapevoli che la loro azione deve puntare, per quanto possibile, alle radici del male; occorre non solo prendersi cura del bisogno immediato, ma cercare di eliminarne e, se possibile, prevenirne le cause. (La San Vincenzo e i poveri, Vademecum del Vincenziano, pag. 37) ” La Visita al povero 13 II RIFLESSIONE IL PUNTO DI PARTENZA Per comprendere la visita come l’hanno concepita e insegnata san Vincenzo e il beato Federico Ozanam, è opportuno richiamare alcune premesse (a volte esplicitate, a volte sottese) dalle quali essi sono partiti. I. Premessa di tipo evangelico Le visite di Gesù: Cana, Betania, Zaccheo… I nostri santi hanno avuto un unico modello di comportamento e di atteggiamenti: Gesù Cristo. «Quel maestro che è san Vincenzo – scrive il Goyau – possiede a sua volta un maestro che è Gesù Cristo. Si potrebbe raccogliere – dalla sua corrispondenza e dai suoi discorsi – tutta una serie di brani molto interessanti da formarne un libretto che s’intitolerebbe “L’imitazione di Gesù Cristo secondo san Vincenzo Depaoli”. Sull’orizzonte di san Vincenzo si erige sempre il Figlio di Dio... Egli ne sfoglia la vita episodio per episodio, direi quasi minuto per minuto, per trovarvi le regole della sua condotta». Altrettanto si deve dire di Federico: «Mia dolce bambina – scrive alla moglie – l’anima mia cercava la tua e sono andato ad incontrarla dove ci si trova sempre, quando ci si ama cristianamente: tra le braccia del Salvatore. Questa mattina ho avuto la fortuna di avvicinarmi a Lui e mi pareva che ti tenesse per mano e ti restituisse nuovamente a me, benedicendoci». Non poteva perciò sfuggire loro che Gesù ha sempre cercato il contatto personale coi poveri, che andava a cercarli là dove essi si trovavano, che accettava i loro inviti o che addirittura si autoinvitava a casa loro: - a Cana Gesù offre la sua solidarietà sul piano materiale; - a Betania vive un rapporto amicale bellissimo con Lazzaro, Marta e Maria; - l’incontro con Zaccheo esprime la dimensione dell’evangelizzazione. Così il Vangelo suggerisce ai nostri Santi gli obbiettivi della visita: - la solidarietà; - l’amicizia; - l’evangelizzazione. 14 Sussidio formativo 2008/2009 L’idea luce L’idea luce che guidò e sostenne in tutte le sue opere san Vincenzo (e dopo di lui Federico Ozanam) è la concezione evangelica dei poveri, che Gesù propone in diverse affermazioni: - i poveri sono gli arbitri della salvezza: «Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché quando essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne» (Lc 16, 9); - sono più vicini a Dio, perciò beati: «Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete» (Lc 6, 20); - sono identificati con Cristo: «In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40). Perciò i poveri sono i nostri «signori e padroni» (san Vincenzo). II. Premessa di tipo antropologico L’uomo ha essenzialmente bisogno di amore, di ascolto, di rispetto. Il solo dono materiale può umiliare e offendere. Meno l’uomo è amabile, più ha bisogno di essere amato! Molto suggestive e significative a questo proposito le parole che Monsieur Vincent dice a una giovane Figlia della Carità che per la prima volta si reca dai poveri: «Soltanto per il tuo amore i poveri ti perdoneranno il pane che tu porterai loro»! III. Premessa di tipo sociologico Per ogni uomo è importante la dimensione della famiglia e della casa. Non si tratta solo di “luoghi”, ma di espressioni dell’uomo, che a loro volta incidono sulla persona stessa, mentre l’istituzionalizzazione (o il ricovero) mortifica l’uomo e sminuisce la sua identità. Scrive l’Abelly, primo biografo di san Vincenzo: «Si stima assai la carità di quelli che contribuiscono al mantenimento degli ricca ospedali che ricevono e curano gli ammalati. E se qualche ricca persona impiegasse una parte La Visita al povero 15 dei suoi beni per fondarne uno, tale decisione sarebbe senza dubbio approvata da tutti e giudicata degna di eterna lode. Che sarebbe dunque, se si vedesse un povero prete, privo di qualunque aiuto, fare lui da solo quanto i più ricchi e potenti con tutta la loro opulenza non hanno ritenuto di poter intraprendere... Non dico già di un ospedale, né di dieci - né di cento, bensì di mille e anche più di mille? Potrebbe questa credersi impresa eccedente i limiti dell’umano potere, appartenendo soltanto a Dio il far sorgere qualcosa dal nulla e con cinque piccoli pani saziare più migliaia di persone. Ebbene: noi possiamo dire che il nostro Vincenzo è proprio quel povero prete di cui Dio volle servirsi per operare tante meraviglie: non già per edificare locali convenienti a ricevervi gli infermi, ma per procurare lo stabilimento delle Compagnie della Carità per essi ancora più vantaggiose... Perché ad esempio, se si fosse domandato a cinquanta o sessanta poveri assistiti in una delle parrocchie di Parigi dalla Compagnia che vi fu stabilita, se preferissero esser condotti all’ospedale...avrebbero tutti risposto – senza esitare – di esser più contenti di restarsene nella loro meschina abitazione, continuando ad avere la caritatevole assistenza già cominciata»! …e Federico Ozanam: «Quelli che sanno la via della casa del povero, quelli che hanno spazzato la polvere della sua scala, non bussano mai alla sua porta senza un sentimento di rispetto: sanno che, ricevendo da essi il pane come ricevono da Dio la luce, l’indigente li onora; sanno che nulla pagherà mai due lacrime di gioia negli occhi d’una povera madre o la stretta di mano d’un galantuomo che viene messo in condizione d’attendere il ritorno del lavoro». Da queste premesse Vincenzo e Federico arrivano alla conclusione che il modo migliore per aiutare il povero è quello della visita: con essa si riconosce la sua dignità di uomo e di figlio di Dio, si soddisfa il suo bisogno di riconoscimento e di ascolto, gli si permette di rimanere nel suo ambiente e nella sua identità personale. Domande per la riflessione personale 1) Quando incontriamo i poveri nelle loro case o nei loro contesti, affrontiamo i loro bisogni reali o quelli che “ci piace” affrontare? 16 Sussidio formativo 2008/2009 2) Con quale atteggiamento mentale viviamo le nostre visite? Spesso si dice che i poveri hanno molto da insegnarci: ma ci mettiamo in atteggiamento di ascolto? 3) La visita come ci coinvolge? il rapporto personale con i poveri è realmente condivisione? Oppure ci sentiamo mandati a dare qualcosa, senza che la nostra vita sia davvero coinvolta e compromessa? Domande per la vita di Conferenza 1) La visita è un momento fondamentale del nostro essere vincenziani, un momento propizio per conoscere, per toccare con mano, in prima persona, le situazioni di povertà e le loro radici. Ma le nostre visite non rischiano spesso di essere “assistenzialismo”? Non dobbiamo invece porci il problema se sia possibile risolvere una situazione alla radice, piuttosto che continuare a portare aiuti estemporanei? 2) Possiamo oggi rifiutare di relazionarci con i pubblici amministratori, di metterci “in rete” con altre associazioni, di chiedere aiuto e appoggio ai Consigli Centrali? Ne va di mezzo il significato profondo dell’incontro personale e della visita. La Visita al povero 17 III RIFLESSIONE LA VISITA DI MARIA Nel Vangelo di Luca c’è il racconto di una visita che per i Vincenziani è il punto di riferimento più significativo per la loro attività: la visita di Maria alla cugina Elisabetta. Il modello più alto in assoluto della “visita” sono sicuramente le visite di Dio all’umanità, di cui è piena la Bibbia. Ma noi poveri uomini abbiamo anche bisogno di esempi più vicini, più alla nostra portata, che possiamo analizzare secondo le nostre categorie esperienziali, più passibili di imitazione da parte nostra. In questo senso il mistero della visitazione è un autentico paradigma per chiunque voglia incontrare con spirito evangelico il fratello nel bisogno. Ci soffermiamo su alcune suggestioni che esso chiaramente ci propone. I. Dalla contemplazione all’azione Una mentalità diffusa vede la preghiera in alternativa – se non addirittura in contrapposizione – all’azione: pregare o agire? È un dilemma che non tocca soltanto i Vincenziani. Il Card. Pellegrino scriveva in un opuscolo intitolato appunto “Pregare o agire?”: «Non una volta sola mi sono sentito dire da Sacerdoti impegnati fino all’esaurimento nel ministero: perché non mi manda in una parrocchietta di montagna dove possa pregare? Perché non mi lascia libero per qualche mese, per un anno, per attendere solo alla preghiera? Tuttavia io credo che sia più grave oggi il pericolo opposto: abbandonare la preghiera per darsi all’azione». È la soluzione che anche noi più facilmente diamo a questo problema. Ma è la soluzione giusta? La visita di Maria ci aiuta a capire. Ella è venuta a conoscenza della situazione di bisogno di Elisabetta in quel momento di sublime preghiera e di contemplazione che è il mistero dell’annunciazione: «Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile» (Lc 1, 36). Questo non ci vuole per caso suggerire che il servizio di Dio e il servizio dei poveri non si elidono a vicenda? 18 Sussidio formativo 2008/2009 Che il tempo dato a Dio non è sottratto ai poveri? Che chi ha molto Amore vede molti poveri? Che chi non ha l’Amore non vede i poveri? Il falso dilemma “pregare o agire?” non si deve perciò risolvere a scapito della preghiera o dell’azione, bensì attuando una sintesi sempre più profonda e forte tra spiritualità e azione: tutta la vita nella preghiera, tutta la preghiera nella vita. «Il Vincenziano si ritira per meglio riflettere sulla sua vita spirituale e sulla sua azione, prega ogni giorno prima di agire, e riconduce la sua azione alla preghiera. Per mezzo dell’unione stretta tra preghiera e attività, il cristiano si fa infatti contemplativo nell’azione e apostolo nella preghiera. Così si afferma, giorno dopo giorno, l’equilibrio armonioso cercato dai discepoli di san Vincenzo De Paoli e di Federico Ozanam. Essi cercano di divenire la sintesi vivente dell’uomo di azione e dell’uomo di preghiera» (Il carisma della Società di San Vincenzo, Vademecum Vincenziano, pag. 15). II. Contro gli alibi La nostra vita è piena di alibi che servono sovente a mascherare il nostro egoismo e le nostre inadempienze. Soddisfatti delle nostre piccole bravure, accampiamo mille pretesti per non fare di più… Maria ci insegna il contrario. Di alibi per non partire ne aveva a iosa: - la strada lunga e montagnosa: noi non rimandiamo le visite perché fa troppo caldo o troppo freddo, perché c’è la neve o il solleone? “Se poi ci prendiamo un bel raffreddore o l’influenza, ci rimettono anche i poveri”… - la sua nuova situazione: era nei primi giorni di gravidanza, doveva riguardarsi, non fare grandi sforzi, aveva bisogno lei di essere guardata… Non sembra di sentire le classiche lamentele di molti confratelli e consorelle? Non abbiamo anche noi più di una volta detto cose del genere? - Complessi di superiorità: Maria era o non era la madre di Dio? Proprio Elisabetta di lì a poco le avrebbe detto: «A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?» (Lc 1, 43) Ma in Maria nessun senso di eccellenza o di superiorità; solo la consapevolezza di essere serva e di non avere altre possibilità di rispondere al dono di Dio se non umiliandosi e servendo. La Visita al povero 19 Non è questo il nostro atteggiamento quando ci impanchiamo a maestri e benefattori, quando andiamo in crisi perché ciò che facciamo non è sufficientemente riconosciuto e apprezzato… III. Camminare in fretta Dice Luca: «In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda» (Lc 1, 39). La tempestività nel raggiungere il bisogno e nell’organizzare l’aiuto è una caratteristica del volontariato, che non si muove tra le pastoie burocratiche e la confusione delle competenze. La mancanza di “fretta”, il fare attendere chi è nel bisogno, è la spia di due probabili carenze: la carenza di sensibilità e la carenza di spirito di fede. Per il gioco delle parti noi siamo coloro che hanno il cuore tenero e credono nella presenza di Cristo nei poveri: quelli, dunque, che credono di mancare di sensibilità nei suoi confronti, di fare attendere Lui, facendo attendere i poveri. Gioco delle parti o commedia degli equivoci? Tempestività significa anche prevenire, essere profeti, progettare ciò che non è mai stato, anticipare e offrire nuovi modelli alle istituzioni. Per camminare in fretta, occorre in questi casi freschezza mentale, apertura al nuovo, coraggio, magari un po’ di spirito di avventura e di utopia… Non è tanto questione di età anagrafica quanto di spirito che si rinnova solo nel contatto continuato con Cristo, nel cammino quotidiano della fede. IV. La grandezza delle piccole cose «Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo» (Lc 1, 40). Maria fa gli stessi gesti che facciamo noi quando ci rechiamo a visitare i poveri. Gli effetti tuttavia sono sorprendentemente diversi. Qui scoppia un evento di grazia: Giovanni esulta nel seno di sua madre, Elisabetta è ripiena di Spirito Santo e comincia a profetizzare. L’evento è facilmente spiegabile se pensiamo che Maria entra in casa di Zaccaria con il carico di Gesù che aveva 20 Sussidio formativo 2008/2009 da poco concepito nel suo grembo: non Maria dunque, ma Gesù per mezzo di Maria porta la salvezza; non le parole di Maria, ma Gesù per mezzo delle parole di Maria… Se le nostre parole e i nostri gesti sono sterili e inefficaci, se tanti nostri passi vanno perduti, è soprattutto perché non sono carichi di Gesù, e perciò destinati a fallire: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15, 5). È molto importante la preparazione umana per fare bene le visite, ma non è sufficiente e adeguata: un bene di ordine soprannaturale (la salvezza) si persegue solo per una via soprannaturale (Gesù Cristo). Non è necessario fare grandi cose: bastano anche le piccole cose, purché piene di Lui. Qui sta tutta l’economia della salvezza: quella della parola, dei segni sacramentali, dei piccolo gesti: «Chi darà un bicchiere d’acqua… In verità vi dico: quella vedova, povera, ha dato più di tutti… Ai bambini, e a quelli che gli assomigliano, appartiene il regno dei cieli». V. Promozione ed evangelizzazione Il servizio di Maria in casa di Elisabetta si realizza su due piani: quello umano e quello soprannaturale. Mentre affianca la cugina nei bisogni immediati, la Vergine annuncia i progetti e le meraviglie del Signore. Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome, di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono». Questa è la carità cristiana, che tende al bene integrale della persona. Questa è la carità vincenziana, che vuole liberare l’uomo da ogni forma di povertà: materiale, intellettuale, morale, spirituale. Così insegna san Vincenzo: «La confraternita della carità è stata istituita per onorare Nostro Signore Gesù Cristo, suo patrono, e la sua santa Madre; e per assistere i poveri malati – nei luoghi dove è stabilita – corporalmente e spiritualmente: corporalmente somministrando loro da bere, da La Visita al povero 21 mangiare, e le medicine necessarie durante il tempo della malattia; e spiritualmente facendo loro amministrare i sacramenti della Penitenza, dell’Eucaristia e dell’Estrema Unzione; facendo in modo che quelli che moriranno partano da questo mondo in buon stato, e che quelli che guariranno facciano il proposito di vivere bene per l’avvenire». VI. Maria in politica? Non sembri irriverente. Se per carità politica s’intende la difesa dei poveri, l’affermazione dei loro diritti, la denuncia delle ingiustizie e delle prepotenze, l’impegno per un mondo diverso. Il Magnificat ne è un esempio preclaro: «Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre». Sono parole luminose che svelano il progetto di Dio sulla storia, la sua ottica dei poveri, la sua attenzione agli ultimi: e conseguentemente la via che il credente deve percorrere. Esse trovano riscontri precisi nell’insegnamento sociale della Chiesa: «Il principio di solidarietà conduce a scelte che assicurano la promozione e la protezione del bene comune. La solidarietà ci impone di non rispondere solamente alle sventure personali e individuali; ci sono dei problemi della società che sono un grido che reclama strutture sociali più giuste. Per questo motivo la Chiesa oggi ci chiede non solo di impegnarci nelle opere di carità, ma anche di lavorare per la giustizia sociale». Ma già san Vincenzo ammoniva che la giustizia precede la carità. E Federico Ozanam propone una sintesi stupenda tra la visita e la politica della carità: «Certamente noi dobbiamo tentare di arrivare alla radice del male e cercare, attraverso sagge forme sociali, di ridurre la miseria diffusa. Ma noi siamo convinti che la conoscenza delle riforme debba essere appresa non tanto riflettendo sopra i libri o discutendo tra i politici, ma andando a visitare le 22 Sussidio formativo 2008/2009 soffitte in cui vivono i poveri, sedendo al capezzale del moribondo, sentendo il freddo che essi sentono e apprendendo dalle loro labbra la causa dei loro dolori. Quando noi avremo fatto questo non soltanto per pochi mesi, ma per molti anni, quando noi avremo studiato i poveri nelle loro case, nelle scuole e negli ospedali non solo in una, ma in molte città, allora noi cominceremo a capire un po’ del difficile problema della povertà. Allora avremo il diritto di proporre riforme che, invece di suscitare il terrore nella società, porteranno pace e speranza a tutti». Domande per la riflessione personale 1) Il servizio, l’impegno personale accanto ai poveri costa fatica. È importante però che le persone nel bisogno non ne vadano di mezzo. Capita mai che rimandiamo le visite perché fa troppo caldo o troppo freddo, perché c’è la neve o il solleone? o che accampiamo scuse, anche se a volte teoricamente valide? 2) È bello essere impegnati al servizio di qualcuno in maniera gratuita. Un servizio, però, diventa efficace quando si interviene nel momento del bisogno. In questo senso, qual è il nostro atteggiamento? non cadiamo a volte nella tentazione di essere presenti quando ne abbiamo voglia e non quando si dovrebbe? 3) Ciascuno deve essere in grado di svolgere un determinato servizio, esserne all’altezza. Non capita però che si “scelgano” volutamente determinati servizi perché comodi e non particolarmente coinvolgenti e gravosi? è giusto scegliere o bisogna fare ciò di cui i “nostri signori e padroni” hanno bisogno? Domande per la vita di Conferenza 1) Quando si parla dei rapporti della Società di San Vincenzo con la politica e con l’impegno politico c’è sempre un po’ di disagio. Normalmente il servizio vincenziano è visto come altro rispetto all’impegno politico. Ma, diceva Paolo VI: «La politica è la più alta forma di carità». La Visita al povero 23 Spesso un’azione politica nei confronti degli amministratori può essere importante e risolutiva per arrivare alla soluzione di molti problemi. La nostra associazione può restare indifferente di fronte a molte scelte politiche? 2) Oppure crediamo che l’impegno politico sia riservato ai politici e che i vincenziani debbano esclusivamente occuparsi di aiuti materiali contingenti e di sostegni spirituali? E che sia inutile parlare di impegno socio-politico per le Conferenze? Magari le nostre forze sono davvero limitate e non si ha la capacità di fare nulla di più di quanto si sta già facendo. Non è importante tuttavia creare una mentalità e rendersi conto che l’essere caritatevoli coinvolge necessariamente altre sfere oltre a quelle personali e private? “ Il vincenziano, conoscendo da vicino le ingiustizie, le miserie, e in genere lo stato di emarginazione dei poveri, avverte meglio e prima di altri l’urgenza e l’importanza del suo impegno civile. Eludere questo impegno rischia di apparire una fuga dalle proprie responsabilità. I vincenziani pertanto considerano loro dovere partecipare a ogni livello alle varie organizzazioni che operano per il miglioramento della società in ambito civile, politico, sindacale. (La San Vincenzo e la società civile e politica, Vademecum del Vincenziano, pag. 27) ” 24 Sussidio formativo 2008/2009 IV RIFLESSIONE LA VISITA SECONDO SAN VINCENZO San Vincenzo ha anticipato di secoli la visita domiciliare oggi praticata anche dall’assistenza pubblica: potremmo considerarlo l’inventore. Certamente per lui la visita non era un momento burocratico - organizzativo, bensì un incontro di persone, di figli di Dio che s’incontrano per glorificare insieme il Signore con una carità vicendevole. È importante richiamare alcuni suoi pensieri e sentimenti a questo proposito, che troviamo in particolare nelle conferenze alle Figlie della carità. I. Motivi per affezionarsi alla visita ai poveri 1) Visitando i poveri, visitate Dio stesso in loro. 2) Fate vedere e sentire a questa buona gente la bontà stessa di Dio per mezzo della vostra. 3) Cooperate alla salute di queste povere anime, insieme a Gesù Cristo. 4) Edificate la Chiesa tutta, mostrando che vi applicate con tanta bontà all’assistenza dei poveri. 5) Edificate voi stesse e vi liberate dalle illusioni del mondo realizzando una più stretta unione con Dio. 6) Cancellate i vostri peccati passati e presenti e, in qualche maniera, anche quelli futuri: i primi per la remissione che Dio vi concede; gli ultimi per le grazie che si ricevono visitando i malati e che ci preservano dal peccato. 7) Vi acquistate il merito di una buona morte. 8) Vi ponete in stato di andare a testa alta davanti al giudizio di Dio. II. Difficoltà della visita «Figlie mie, non è compito da poco fare la visita, e pochi sono quelli che la compiono in modo da renderla utile. È uno dei compiti più difficili. Fra cento persone se ne troveranno forse una dozzina che ne siano capaci. È necessario essere tanto prudenti, tanto accorti, tanto miti, tanto segreti, ah! segreti come in confessione! Diciamo soltanto due parole. Prima di tutto, sorelle, dovete farla guardando a Dio solo e come la Madonna la fece La Visita al povero 25 andando a visitare Santa Elisabetta, ossia con dolcezza, con amore e carità. Essa non rimproverò nessuno, ma con il suo esempio istruì Santa Elisabetta e tutta la sua famiglia nei loro doveri. Non rimproverate mai. Nostro Signore stette trent’anni sulla terra prima di rimproverare gli uomini ed era venuto appositamente per visitarli. Non rimproverò mai un sacerdote, un fariseo, un samaritano, un giudeo durante tutto quel tempo, eppure li vedeva comportarsi male. Oh! non rimproverate mai, mai». III. Spirito di fede «Figlie mie, come è vero! Servite Gesù Cristo nella persona dei poveri, e questo è vero, come è vero che siamo qui. Una suora andrà dieci volte al giorno a visitare i malati e dieci volte al giorno vi troverà Dio. Come dice S. Agostino, quello che vediamo non è tanto sicuro, perché i nostri sensi possono ingannarci; ma le verità di Dio non ingannano mai. Andate a vedere i poveri forzati in catena, vi troverete Dio; servite i bambini, vi troverete Dio. O figlie mie, che bella cosa! Voi andate in povere casupole, ma vi trovate Dio. O figlie mie, che bella cosa, ancora una volta! Egli accetta i servizi che prestate ai malati e li considera come fatti a se stesso». Analoghe stupende parole di Federico Ozanam: «Sembra che per amare si debba vedere, e noi non vediamo Dio se non con gli occhi della fede, e la nostra fede è così debole! Ma, gli uomini, ma i poveri, li vediamo con gli occhi della carne, sono qua e noi possiamo mettere il dito e la mano nelle loro piaghe e i segni della corona di spine sono visibili sulla loro fronte, e noi dovremmo cadere ai loro piedi e dire loro con l’apostolo: Tu sei il mio Signore e il mio Dio. Voi siete i nostri padroni e noi saremo i vostri servitori, voi siete per noi l’immagine sacra di quel Dio che non vediamo, e non sapendolo amare in altro modo, noi l’ameremo nella vostra persona». IV. Fiducia nel Signore «Sorelle, consolatevi con questo pensiero andando a visitare i malati e in tutto quello che farete: “Devo sperare dalla bontà di Dio, poiché mi ha chiamata Lui a fare questo, che mi concederà la grazia di compierlo virtuosamente». V. Sopportazione «Orbene, mie care sorelle, se il Figlio di Dio soffrì sempre, 26 Sussidio formativo 2008/2009 chi vorrà esimerci dal patire? Quando, andando a visitare i poveri, passava davanti alle taverne, era deriso, motteggiato e rimaneva profondamente afflitto sentendo le brutte canzoni e le parole sconce dette in quei luoghi. Figlie mie, non vi meravigliate dunque se vi dico cose simili, e se, andando per le vie, anche nelle case, trovate insolenti che vi fanno discorsi sgarbati, poiché non è stato risparmiato neppure il Figlio di Dio; ora, quando vi è rivolta qualche parola villana, difficile a sopportarsi, non rispondete, ma elevate il cuore a Dio per chiedergli la grazia di sopportarla per amor suo, andate davanti al Santissimo Sacramento a raccontare la vostra pena a Nostro Signore». VI. Corpo e anima «Ecco, figlie mie, il dovere di una Figlia della Carità: dare tutte le vostre cure ai poveri, affinché non soltanto i corpi ricevano i soccorsi che dovete loro, ma anche le anime abbiano il bene che, con l’aiuto di Dio, ricevono per mezzo vostro». Domande per la riflessione personale 1) Vivere il servizio con amore è faticoso. Quali sono le difficoltà più frequenti che incontriamo? ci aiutano i confratelli e la Conferenza a superarle? 2) È possibile visitare e aiutare i poveri senza partecipare in qualche modo alla loro la povertà? Parole come povertà, essenzialità, sobrietà, rinuncia al superfluo, che cosa ti suggeriscono? 3) San Vincenzo afferma: “Date tutte le vostre cure ai poveri”; si potrebbe tradurre: date la vostra vita ai poveri. Che effetto ci fanno queste parole? Le riteniamo eccessive? Domande per la vita di Conferenza 1) San Vincenzo afferma che pochi sanno far bene la visita. Consapevole di questo, la Conferenza si sforza di preparare e di sostenere i Confratelli in quest’opera? La Visita al povero 27 Si fanno insieme momenti di verifica e di confronto su tale impegno? 2) “Oh! non rimproverate mai, mai” (san Vincenzo). Come ci poniamo di fronte ai poveri: come benefattori, maestri, giudici…o come amici e fratelli? Come si parla in Conferenza dei poveri? Con rispetto, discrezione, delicatezza, come se parlassimo di Cristo? 3) Abbiamo bisogno di tanto discernimento. Per questo occorre la preghiera. Quale spazio diamo alla preghiera nei nostri incontri? È una preghiera “vera”, o una semplice recita di formule? È una preghiera avulsa dalle problematiche concrete, o le accoglie e le illumina? 28 Sussidio formativo 2008/2009 V RIFLESSIONE LA VISITA: MOMENTO DI ANNUNCIO Cristo ci manda ai poveri. Cristo ci aspetta nei poveri: è Lui l’alfa e l’omega, il principio e il fine della visita ai fratelli. Questa è l’idea luce dei nostri fondatori, che si può schematizzare così: 1) Cristo è il senso e la sostanza della vita; 2) la miseria attenta non solo alla condizione temporale, ma anche a quella spirituale dell’uomo; 3) l’annuncio di Cristo è perciò il mezzo essenziale per vincerla. I. Cristo al centro dell’uomo Seguace della scuola di spiritualità francese del suo tempo, san Vincenzo colloca al centro dell’edificio spirituale il Verbo incarnato. È in lui che risplende tutto l’amore del Padre, è da lui che procede tutta l’opera della grazia e della salvezza. L’uomo che incontra Cristo viene inondato della sua luce: la luce di una umanità autentica e rinnovata, la luce della gloria divina. Per questo la realizzazione della persona umana consiste in una appartenenza totale a lui, nella vita e nella morte: «Ricordatevi che la nostra vita è ripiena di Cristo e che noi viviamo in lui attraverso la sua morte e che noi dobbiamo morire in Gesù Cristo: e che per morire come Gesù Cristo bisogna vivere come lui. Se c’è questo fondamento, accetteremo disprezzo, disonore, infamia; non terremo in conto né onori, né buona riputazione, né applausi; e non faremo nulla che non sia per Gesù Cristo» (S.V.). Dopo questa elevazione quasi agostiniana... secondo il suo stile san Vincenzo si fa molto concreto e passa al quotidiano: «Più le nostre azioni hanno rapporto con quelle che Gesù Cristo ha compiuto in vita, e le nostre sofferenze con le sue, e più esse sono gradite a Dio». E poi un’affermazione originale e stupefacente che mozza il fiato: «Gesù Cristo è nostro padre e nostra madre: il nostro tutto»! La Visita al povero 29 II. La povertà cattiva consigliera Se Cristo è il centro della vita dell’uomo, bisogna temere tutto ciò che impedisce il cammino verso di lui, o allontana da lui. Secondo san Vincenzo, la povertà può essere un ostacolo sulla strada della salvezza. Egli ha detto cose stupende dei poveri e della povertà, ma non ha ignorato realisticamente le conseguenze che la mancanza dei beni essenziali può avere tanto sulla vita temporale quanto sulla vita spirituale delle persone: «Non devo considerare i poveri dal loro aspetto o dalla loro apparente mentalità: molto spesso non hanno quasi la fisionomia, né l’intelligenza delle persone ragionevoli, talmente sono rozzi e materiali»... Questa mancanza di intelligenza e di ragione è più preoccupante della mancanza della pagnotta: perché a questa in qualche modo si riusciva a rimediare, mentre era molto più difficile liberare i poveri dalla schiavitù culturale e spirituale. “La povertà è una cattiva consigliera”: la carità come prevenzione, da lui perseguita tenacemente soprattutto mediante il lavoro e l’istruzione, dipende da questa convinzione. Attraverso le opere di solidarietà sociale – è scritto in uno dei regolamenti redatti dal Santo – «I ricchi s’acquistano un milione di benedizioni in questo mondo e la vita eterna nell’altro... I poveri vengono istruiti nel timor di Dio, ammaestrati a guadagnarsi il pane, assistiti nelle loro infermità... E finalmente le città saranno liberate da tanti fannulloni, tutti viziosi, e migliorate dal commercio delle opere dei poveri». III. “I poveri sono evangelizzati” Oltre all’istruzione, c’è un altro tipo di conoscenza che per san Vincenzo e per Federico è ancora più importante per la liberazione del povero: la “conoscenza” della fede, quella speciale conoscenza che è esperienza di Dio, scoperta di Cristo e della sua parola, visione trascendente della vita, comunione coi fratelli nella chiesa. Se il lavoro e l’istruzione promuovono la persona sul piano sociale e culturale, l’incontro con Cristo la restituisce alla piena dignità di figlio di Dio: - Cristo è la vita dell’uomo; - la miseria allontana l’uomo da Cristo; 30 Sussidio formativo 2008/2009 - bisogna riportare Cristo al povero. Per san Vincenzo non ci sono dubbi: l’obbiettivo primario della carità è l’annuncio del Vangelo: portare ai poveri Cristo, perché Cristo è il nome unico e definitivo della salvezza. Dice alle Figlie della carità: «Dite soltanto una parola passando, qualche parola di Nostro Signore»... «Dire, così, una parola secondo il bisogno. E per renderla efficace, dovete riempirvi dello spirito di Nostro Signore, in modo che si veda che voi l’amate e che cercate di farlo amare. Colei che sarà piena dello spirito di Nostro Signore, non può altro che cogliere molti frutti. Ma se tra voi vi fossero alcune che appartenessero alla Carità soltanto di nome e non ne avessero altro che la veste, quelle non diranno nulla; o se diranno qualche cosa, sarà con tanta freddezza che non commuoverà affatto. E perché? Perché quella suora non ha carità in cuore, non parla se non a fior di labbra; quello che dice non ha forza, perché viene dalla bocca e non dal cuore. Ma quelle che sono piene di Dio parlano con affetto perché hanno Dio nel cuore, e quello che esce da questo cuore è una scintilla che entra in quello del malato: è un balsamo che spande ovunque il suo buon odore» . IV. La parola dell’annuncio va accompagnata dal gesto di amore Non esiste annuncio efficace senza la testimonianza della carità. Perciò – dice san Vincenzo – come i laici devono accompagnare la carità con l’annuncio, così gli evangelizzatori (primi fra tutti i Sacerdoti) devono accompagnare l’annuncio con la carità: «Quando i sacerdoti si applicano alla cura dei poveri, fanno l’ufficio stesso di Nostro Signore e di molti grandi santi, i quali non solo raccomandarono i poveri, ma loro stessi li consolarono, li servirono, li guarirono. I poveri non sono le membra afflitte di Nostro Signore?. Non sono nostri fratelli? E se i sacerdoti li abbandonano, chi volete che li assista?». V. Impegno specifico dei laici «La carità verso il prossimo, nelle forme antiche e sempre nuove delle opere di misericordia corporale e spirituale, rappresentano il contenuto più immediato, comune e abituale di quell’animazione temporale dell’ordine temporale, che costi- La Visita al povero 31 tuisce l’impegno specifico dei fedeli laici» (Federico Ozanam). Domande per la riflessione personale 1) Quando non ci sono le condizioni per pronunciare il nome di Dio e annunciare la salvezza, bisogna semplicemente rinunciare? O intensificare la testimonianza della vita e della carità, e parlare dell’amore di Dio con il nostro amore? 2) Essere solidali significa essere in solido, essere quasi una cosa sola con i poveri. Ti è mai capitato di fare questa esperienza? Fino a che punto ti lasci coinvolgere dai poveri e dalla loro condizione? Domande per la vita di Conferenza 1) La carità è molto più impegnativa di una beneficenza occasionale. Come si comportano le nostre comunità, le nostre parrocchie nei confronti dei poveri? Sono esempi seri e coerenti di accoglienza? Di fronte a problemi nuovi, come l’arrivo di tanti immigrati, quali scelte concrete sono state fatte? 2) Fra i soldi che la Parrocchia gestisce nel complesso delle sue attività, quanti vengono stanziati per i poveri e per iniziative di carità? Ci siamo mai soffermati su questo aspetto? Non può essere un buon indice per verificare l’impostazione pastorale? 3) Nel Consiglio Pastorale della parrocchia sono presenti i poveri? Esiste una pastorale per i poveri? 4) Il dovere che le Conferenze hanno di educare alla carità può realizzarsi solo se i confratelli sono presenti all’interno dei Consigli Pastorali, nella Caritas, come catechisti o animatori di gruppi giovanili… Credete che sia una prospettiva possibile nella vostra parrocchia? 32 Sussidio formativo 2008/2009 VI RIFLESSIONE LO SPIRITO DELLA VISITA C’è un punto fondamentale nella “sapienza caritativa” di san Vincenzo da prendere in considerazione: “lo spirito della carità”. Qual è per lui questo spirito? La risposta è una sola e immediata: lo spirito evangelico. Lui, che non concepisce niente al di fuori di Gesù Cristo, vede la carità e il servizio dei poveri soltanto come continuazione della missione di Gesù: «Che grazia di Dio, che felicità andare a continuare la carità che Nostro Signore esercitava sulla terra: a compiere un’opera sì ammirabile agli occhi di Dio e degli angeli, opera che l’Uomo - Dio ha trovato degna di se stesso e della sua santa madre». Da questa convinzione scaturisce una conseguenza: che lo spirito del missionario, o della suora, o del laico cristiano, deve essere il medesimo di Nostro Signore: «Né la filosofia, né la teologia, né le prediche operano dentro alle anime; bisogna che Gesù Cristo si mescoli con noi, o noi con Lui; che noi operiamo in Lui, e Lui in noi; che noi parliamo come Lui e nel suo spirito, così come Lui stesso era nel Padre e predicava la dottrina che Egli gli aveva insegnato: è il linguaggio della Sacra Scrittura». Approfondendo il discorso, san Vincenzo lo articola in questi punti: - in che cosa consiste lo spirito di Gesù; - che cosa significa rivestirsene; - spirito di dolcezza; - spirito di povertà. I. Lo spirito di Gesù Nelle Regole date ai Preti della Missione, san Vincenzo aveva scritto: “Questa piccola Congregazione, con la grazia di Dio, deve fare il possibile per rivestirsi dello spirito di Gesù Cristo”. Nella conferenza di commento su tale articolo, il Santo si domanda: “Che cosa è lo spirito di Nostro Signore?” E risponde: «È uno spirito di carità perfetta, ripieno di una meravigliosa stima della divinità e di un desiderio infinito di ono- La Visita al povero 33 rarla degnamente; una percezione della grandezza del Padre suo per ammirarla ed elevarvisi incessantemente. Ne aveva una così alta stima che gli faceva omaggio di tutte le cose, gli attribuiva tutto, riferiva al Padre anche la sua dottrina. E quale amore! Poteva amarlo di più che annientandosi per lui? Le sue umiliazioni erano solo amore, il suo lavoro amore, le sue sofferenze amore, le sue preghiere amore, tutte le sue azioni interiori ed esteriori nient’altro che reiterati atti d’amore». II. Rivestirsi dello spirito di Gesù Ciò che non finisce di stupire Vincenzo è che uno spirito così grande – lo spirito del Figlio di Dio – sia partecipato all’uomo: «Oh se noi avessimo la vista abbastanza acuta per penetrare un po’ nella sua infinita eccellenza... O mio Dio, o miei fratelli, quali alti sentimenti non ne riporteremmo! Noi diremmo – come San Paolo – che gli occhi non hanno mai visto, le orecchie mai udito, l’intelligenza mai capito niente di simile». Ma che cosa vuol dire rivestirsi dello spirito del Signore? «Per capire bene questo – dice san Vincenzo – bisogna sapere che il suo spirito è diffuso in tutti i cristiani che vivono secondo le regole del cristianesimo; le loro azioni e le loro opere sono impregnate dello spirito di Dio. Ciò significa che lo Spirito Santo – con la propria persona – si espande nei giusti e abita personalmente in loro. Quando si afferma che lo Spirito Santo opera in qualcuno, s’intende che questo Spirito – risiedendo in questa persona – le dona le medesime inclinazioni e disposizioni che Gesù Cristo aveva sulla terra; ed esse lo fanno agire, non dico con uguale perfezione, ma secondo la misura dei doni di questo Divino Spirito». E conclude: «La stima e l’amore di Dio, la conformità alla sua santa volontà, il disprezzo del mondo e di noi stessi che dobbiamo imitare in Gesù Cristo per essere rivestiti del suo spirito, non potrebbero trasparire meglio in noi che mediante la pratica delle virtù che hanno brillato in modo particolare nella vita di Nostro Signore sulla terra: la sua povertà, castità e obbedienza, la sua carità verso i malati, ecc. Se noi ci impegniamo a imitare Nostro Signore in tutto questo, dobbiamo sperare che saremo rivestiti del suo spirito». 34 Sussidio formativo 2008/2009 III. Spirito dolce e soave Un modo dello Spirito che san Vincenzo apprezza e sottolinea particolarmente è la dolcezza. Egli non si stanca di ricordarlo a tutti: - al certosino che ha dei problemi: «È un principio fermo che lo Spirito di Nostro Signore agisce dolcemente e soavemente, mentre quello della natura e dello spirito maligno agisce al contrario aspramente e acidamente». - alle suore addette ai malati «Siete destinate a rappresentare la bontà di Dio verso quei poveri malati. Orbene, siccome questa bontà si comporta con gli afflitti in modo dolce e caritatevole, anche voi dovete trattare i malati come questa medesima carità insegna: ossia con dolcezza, bontà e amore, compatendo i loro mali, ascoltando i loro lamenti come una buona madre deve fare; perché essi vi considerano come loro nutrici e come persone mandate da Dio per assisterli». - e più in generale: «Dio ci faccia la grazia di intenerire i nostri cuori verso i miserabili e di credere che, soccorrendoli, facciamo opera di giustizia e non di misericordia. Sono nostri fratelli che Dio ci comanda di assistere: facciamolo dunque come incaricati da Lui e nel modo insegnatoci dal Vangelo». Federico Ozanam sintetizza il pensiero di san Vincenzo in questa splendida affermazione: «Si parla a questi vinti con affetto, si restituisce loro una dignità umana». IV. Spirito di povertà Un abisso molte volte separa l’evangelizzatore dall’evangelizzando. Se non si colma questo abisso non è possibile l’evangelizzazione. Dio, per colmare l’abisso esistente tra Lui e l’uomo, si è fatto uomo. Altrimenti ci sarebbe stata incomunicabilità tra l’uomo e Dio. Per comunicare con l’uomo e salvarlo Dio si è fatto povero: «Nostro Signore, sommo padrone, Creatore e legittimo possessore di tutte le ricchezze, scorto il grande disordine che l’avidità di dette ricchezze sparse sulla terra, volle rimediarvi praticando il contrario. Egli, che fu tanto povero da non avere dove riposare il capo, volle che gli apostoli e i discepoli ammessi nella sua Compagnia praticassero la medesima povertà; La Visita al povero 35 e così fecero i primi cristiani dei quali è detto che non avevano nulla in proprio, ma mettevano tutti i loro beni in comune. Nostro Signore dunque, vedendo i danni che lo spirito maligno aveva fatto nel mondo con il possesso delle ricchezze, che era causa della perdita di molti, volle combatterlo con un rimedio del tutto opposto, ossia con la pratica della povertà. Oh! felice e ricchissima povertà, mirabilmente e perfettamente praticata da Nostro Signore! “Qui, cum esset dives, propter nos egenus factus est”. Non aveva neppure una pietra dove riposare il capo; povero non soltanto in vita, ma anche in morte. E noi vedremo questo spettacolo, Gesù confitto in croce, senza essere infervorati nella pratica di questa virtù?». Tutta, dunque, la “sapienza” di Vincenzo gira attorno a Dio: Dio è la ragione della carità, Dio è il modello della carità, Dio è lo stile della carità. La pedagogia vincenziana è sicuramente una pedagogia teocentrica. Domande per la riflessione personale 1) Sei consapevole che una persona è spirituale non soltanto se sta chiusa in chiesa a pregare, ma se riesce a far entrare Cristo nella sua giornata e in tutti gli ambienti in cui è chiamata a vivere? 2) Il risparmio etico, il commercio equo e solidale, il consumo critico, l’autotassazione… Queste e altre proposte indicano una strada alternativa, contro corrente, sicuramente non semplice, perché tutta la vita sia evangelica, non solo alcune ore settimanali dedicate al volontariato e alla formazione. Può andar bene anche per te? Domande per la vita di Conferenza 1) Quando si può dire che la Conferenza “è rivestita dello spirito del Signore”? La vostra lo è? 2) Conoscete delle famiglie che hanno scelto di vivere la povertà evangelica e si sono date dei programmi concreti per realizzarla? 3) A volte occorre essere determinati, fermi e persino severi per il bene dei poveri. Come è possibile conciliare questi atteggiamenti con la dolcezza di cui 36 Sussidio formativo 2008/2009 parla san Vincenzo? 4) “Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono”! (Lc 11,13). Siamo consapevoli che lo Spirito è essenzialmente dono, e che non dobbiamo mai stancarci di chiederlo nella preghiera personale e in quella comunitaria? “ La San Vincenzo, attraverso la visita domiciliare incontra spesso le famiglie. Famiglie in difficoltà economiche di ogni tipo … ma anche famiglie in situazioni religiosamente e spesso civilmente irregolari. All’interno della famiglia poi permangono, o si aggravano, anche fenomeni problematici o negativi come una generalizzata privatizzazione ed enfatizzazione della sessualità; la piaga dell’aborto; la diffusione di una mentalità contraccettiva; il ricorso alle diverse forme di fecondazione artificiale. La famiglia ha pertanto più che mai urgente bisogno dell’impegno di tutti i membri della San Vincenzo affinché la si salvi e si promuovano i suoi valori. La San Vincenzo dovrà anche assumersi quelle responsabilità sociali necessarie affinché nella legislazione, nelle politiche sociali e nelle norme e decisioni amministrative siano salvaguardati i diritti della famiglia fondata sul matrimonio in sintonia con il dettato costituzionale (art. 29) e siano presi provvedimenti idonei a sostenere la famiglia stessa nei suoi compiti essenziali, a cominciare dalla tutela del concepito e dall’educazione dei figli. (La San Vincenzo e la famiglia, Vademecum del Vincenziano, pag. 29) La Visita al povero 37 VII RIFLESSIONE LASCIARSI EVANGELIZZARE DAI POVERI La visita non è soltanto il momento dell’annuncio che il Vincenziano fa al fratello bisognoso. È anche il momento dell’annuncio del povero al Vincenziano. I poveri ci evangelizzano inconsapevolmente col loro stesso essere, richiamandoci fortemente ai valori essenziali, denunciando la precarietà di tanti idoli a cui serviamo (denaro, bellezza, efficienza…) e provocandoci alla condivisione e alla solidarietà. Sovente ci danno anche esempio di pazienza, di dignità, di fiducia. Inoltre, proprio per la loro condizione, sono in grado di evangelizzare altri poveri più di chi sta bene. I. L’esempio di Gesù Fa dei poveri e peccatori i suoi interlocutori in discorsi di fondo: - la Samaritana e la grazia (Gv 4, 1) - le sorelle di Lazzaro e la risurrezione (Gv 11, 17) - la peccatrice e il perdono (Lc 7, 36) - Zaccheo e la conversione (Lc 19, 1) - il paralitico e il potere di assolvere (Mt 9, 1) I piccoli e gli ultimi sono da Lui esaltati: - Maria esaltata a Madre di Dio - La Cananea proposta come modello di fede (Mt 15, 21) - La vedova del Tempio modello di carità (Mc 12, 41) - Maria di Magdala missionaria degli Apostoli (Lc 20, 17) - Gesù vive da povero in mezzo ai poveri, sceglie i suoi collaboratori tra i poveri. II. L’insegnamento di san Vincenzo e di Federico Ozanam La vera religione sta nei poveri «Per l’esperienza che ne ho, e secondo il concetto che me ne sono sempre fatto, la vera religione, signori, la vera religione è tra i poveri. Dio li arricchisce di una fede viva: essi credono, essi toccano, essi gustano le parole di vita» (S.V.) «Oh, quante volte, preso da qualche sofferenza interiore, 38 Sussidio formativo 2008/2009 tormentato dalla mia salute gravemente deteriorata, colmo di tristezza, io sono entrato nella casa di un povero affidato alle mie cure, e là, alla vista di tante miserie che meritavano più compassione di me, mi sono i rimproverato il mio scoraggiamento, mi sono sentito più forte contro la mia sofferenza, e ho ringraziato quel povero che mi aveva consolato e ridato forza alla vista delle sue miserie. E come, dopo allora, io l’ho amato ancora di più»! (F.O.) Il Sinodo della diocesi di Roma “I poveri saranno accolti nelle comunità cristiane non solo come destinatari di cura pastorale, ma come soggetti attivi della vita e della missione della Chiesa e della promozione umana e sociale”. “La Chiesa, come comunità convocata da Cristo, deve essere vissuta e concretamente percepita come spazio di vita e di redenzione dei poveri, dove essi hanno voce, si sentono a casa, ritrovano la strada della loro liberazione umana e cristiana, e possono diventare essi stessi, in prima persona, gli artefici della loro promozione e, insieme con tutti, di una trasformazione dell’intera società per renderla più autenticamente a misura d’uomo”. III. Alcune conclusioni: a) Sinteticamente: andare dai poveri non per ciò che non hanno, ma per ciò che sono. Nel primo caso si va per dare, nel secondo per ricevere. b) Conseguentemente: - metterci in ascolto dei poveri, perché anche senza strutture culturali essi sono in grado di comprendere il senso genuino del Vangelo che è stato pensato e predicato da Gesù innanzitutto per loro: “ai poveri è annunciata la lieta novella”. - Lasciarci evangelizzare dai poveri, cogliendo in essi il segno della situazione esistenziale dell’uomo marchiato da una povertà costituzionale che lo impegna ad un continuo sforzo di autosuperamento. - Essere solidali coi poveri, che non significa semplicemente dar loro dei soldi o delle cose: la solidarietà è innanzitutto un fatto mentale che spinge a stare dalla parte dei poveri, a combattere le loro battaglie, ad attuare forme di condivisione secondo il modello della prima comunità cristiana dove i beni di tutti servivano al bene di tutti. La Visita al povero 39 - Costruire insieme il Regno di Dio, che secondo l’insegnamento di Gesù appartiene a loro e ha bisogno della loro presenza e della loro partecipazione per una totale realizzazione. - Maturare insieme ai poveri una nuova cultura, che non sia più la nostra facilmente consumistica, o la loro facilmente rinunciataria e passiva: una cultura di stampo umano ed evangelico, secondo la quale da qualsiasi condizione si può e si deve partire alla ricerca della ricchezza vera che sta sempre oltre tutte le situazioni temporali. - Fare casa insieme ai poveri, accogliendoli – come ci ammonisce il documento dei Vescovi italiani “Evangelizzazione e testimonianza della carità” – nel nostro tempo, nelle nostre amicizie, nelle nostre case; accogliendoli, in modo particolare, nelle nostre comunità ecclesiali, dove molte volte essi fanno l’amara esperienza dell’emarginazione come nella comunità civile. - Fare chiesa insieme ai poveri, perché la Chiesa diventi sempre di più il sacramento di Cristo povero: così essa sarà in grado di comprendere e di liberare i poveri, e di dar loro il posto che loro compete nella comunità cristiana. Domande per la riflessione personale 1) Con quale atteggiamento vai dai poveri? L’atteggiamento dell’evangelizzatore o quello di chi ha bisogno di essere evangelizzato? 2) Istintivamente sei dalla parte dei poveri? O dall’altra parte? 3) Vai solo nelle case dei poveri, o li accogli anche in casa tua? Domande per la vita di Conferenza 1) È importante inventare forme nuove per una partecipazione dei poveri alla progettazione delle iniziative e degli obbiettivi delle Conferenze: quali? come? 2) Il primo diritto di ogni essere umano è quello di es- 40 Sussidio formativo 2008/2009 sere riconosciuto come persona, responsabile della propria vita. Non accade anche ai Vincenziani di tenere i poveri sotto tutela invece di promuoverne la dignità di esseri umani? Di parlare molto di loro invece di far parlare loro? 3) Non sarebbe significativo e opportuno fare qualche esperienza di preghiera con i poveri senza alcun condizionamento di pacchi o di aiuto materiale, ma solo per prendere coscienza della ricchezza che tutti abbiamo, e insieme ringraziare il Signore? “ Lo stile del servizio deriva dallo spirito che anima il credente. Per questo va richiamata una forte attenzione alle persone che faccia riscoprire la dignità di ognuno. L’intervento deve essere tale da aiutare il povero nella sua auto promozione umana, cristiana e sociale. Per cogliere il bene dell’altro bisogna commuoversi dentro, come fa Dio stesso. Ci vuole un servizio concreto, gratuito, trasparente, disinteressato: si tratta di fare il bene dell’altro e non quello che rientra solo nelle nostre vedute. La carità evangelica, secondo San Vincenzo, deve riguardare sia l’aspetto materiale sia spirituale. Occorre pensare che il bisogno fondamentale dell’uomo è “Dio stesso”. San Vincenzo vuole che “il bene sia fatto bene”, così non solo si raggiunge l’altro nel suo bisogno, ma crescono insieme chi lo compie e l’intera comunità. (Il carisma della Società di San Vincenzo, Vademecum del Vincenziano, pag. 16) ” La Visita al povero 41 VIII RIFLESSIONE PREPARARE E VIVERE LA VISITA I. La visita domiciliare principio fondante dell’attività del gruppo La visita è importante non solo perché lo afferma lo Statuto della Società, ma perché l’ambiente di vita rappresenta il mezzo più idoneo per conoscere le persone: non per giudicare, ma per capire meglio i problemi e le necessità vere delle famiglie. La visita è il servizio che da sempre caratterizza i Vincenziani e lo distingue dagli altri volontariati che operano nel sociale, in quanto il nostro metodo si basa essenzialmente sul rapporto personale fatto di compartecipazione e condivisione. Creando un rapporto di reciproca fiducia, si può fare un progetto che venga compreso e condiviso dalle persone in difficoltà, e che incida sulle cause dei bisogni. Frequentare regolarmente questi fratelli determina una crescita costante e vicendevole. Con alcuni il rapporto si evolve nel tempo, ed essi arrivano a ricambiare la visita ai volontari. Tutto ciò anche se oggi la visita è più difficile che non in passato, perché il sistema di vita e le povertà sono cambiate. II. Come preparare la Visita Per conoscere una situazione è sempre necessaria una prima visita. Quindi nella riunione di gruppo si valutano i problemi che si presentano, si ricerca il modo migliore di intervenire, si inviano i volontari adatti per sensibilità e discrezione, per disponibilità e conoscenza delle problematiche. Nessun caso è proprietà esclusiva di un volontario. È opportuno che nelle Conferenze vi siano volontari preparati in settori specifici di povertà: anziani, malati, giovani, famiglie. Prima di ogni visita è importante rivolgere una preghiera allo Spirito Santo affinché ci illumini e guidi i nostri passi. III. Come si vive la Visita Certamente deve essere tempestiva, perché non si può far aspettare chi è nel bisogno. È necessario ascoltare senza fretta, con pazienza, comprensione e prudenza. Si cerca di 42 Sussidio formativo 2008/2009 immedesimarsi nel problema della persona, aiutandola a esprimersi in modo che manifesti con sincerità i suoi veri bisogni. Attraverso il colloquio, la condivisione, il sostegno morale, si instaura un rapporto paritario di stima e di rispetto, proprio di chi non giudica né impone proprie valutazioni. I volontari si impegnano in un autentico affiancamento alle persone o alle famiglie, mirato alla loro crescita e alla liberazione da situazioni di dipendenza. È importante elaborare dei piccoli progetti, coinvolgendo il più possibile l’assistito per una autonomia di vita futura, informandolo sui suoi diritti e sui suoi doveri. In generale, occorre essere attenti alle problematiche più gravi che magari si celano dietro alla richiesta di aiuto economico, e risalire alle vere cause. IV. Le Visite vanno fatte regolarmente Dopo la visita iniziale, quelle successive avvengono a seconda delle necessità e delle circostanze. È importante che la metodicità non elimini la spontaneità della visita. Essa può essere anche quotidiana per i malati, gli anziani, le persone sole che necessitano di sostegno e di compagnia. V. Come realizzare l’incontro personale quando non è possibile fare la Visita In questo caso si invitano le persone a recarsi presso la sede della Conferenza o al Centro di Ascolto. Non si trascura di mantenere i contatti avvicinando le persone negli incontri casuali, in chiesa, con l’aiuto del parroco, o accogliendoli in casa propria. Ci si può impegnare anche in momenti di incontro e di socializzazione in luoghi pubblici che migliorano i rapporti interpersonali fra volontari e persone bisognose d’aiuto. VI. La Visita non è soltanto una esperienza personale, ma coinvolge il gruppo La visita è innanzitutto una esperienza personale che dà gioia e tocca profondamente; in seguito coinvolge il gruppo, dove nasce la solidarietà e si cercano le soluzioni. I volontari relazionano sui “casi” con discrezione; alcune cose e confidenze vengono condivise solo con il presi- La Visita al povero 43 dente, per il rispetto dell’intimità delle persone. VII. Quali sono le principali difficoltà che si incontrano durante la Visita Difficoltà iniziali si hanno da ambo le parti, quasi sempre per la diffidenza delle persone o per falsità di comodo. In situazioni difficili occorrerebbe l’aiuto dello psicologo. Spesso non è facile valutare i problemi reali in quanto alcune persone tendono a minimizzarli, mentre altri li ingrandiscono. I bisogni veri spesso non vengono avvertiti neanche da loro. Ci sono difficoltà nell’ottenere confidenze, nell’aiutare ad amministrare i pochi beni, o nell’intervenire quando ci si trova di fronte a debiti enormi. Troppo spesso il volontario è visto come distributore di cose materiali, non come l’altro con cui condividere le difficoltà. C’è difficoltà a entrare in certe famiglie a rischio per situazioni di devianza (alcolismo, tossicodipendenza), presso gli immigrati per problemi di lingua, mentalità, abitudini differenti, diversità di religione. A volte si trova difficoltà a trovare le persone in casa, e quando i figli crescono la visita spesso non è ben accetta perché vista da loro come una forma di intrusione. C’è difficoltà con le persone anziane, specie se in Case di riposo, nel trovare argomenti che interessino veramente e nel coinvolgerli in qualche attività. Si deve cercare di convincere le famiglie a visitarli con maggiore assiduità per recar loro più serenità. VIII. È necessaria la formazione La visita non può essere improvvisata, richiede coerenza, formazione spirituale, studio delle povertà che cambiano, delle normative sociali e assistenziali, comunicazione interpersonale. Un mondo in evoluzione richiede un volontariato sempre aggiornato. Perciò è necessario che l’associazione continui a realizzare programmi formativi su linee comuni. Molti volontari, pur riconoscendo la necessità della formazione, hanno difficoltà a reperire il tempo necessario dovendo conciliare diverse esigenze. Sono ancora troppo pochi i gruppi che sistematicamente si confrontano “alla pari” con gli operatori sociali per progettare gli interventi necessari e portare avanti insieme un progetto. 44 Sussidio formativo 2008/2009 Domande per la riflessione personale 1) Qual è il tuo modo di vivere la visita rispetto a quanto è stato tratteggiato? 2) Quali sono le principali difficoltà che incontri? Riguardano il tuo modo di proporti, i tuoi stati d’animo, o piuttosto le situazioni e i problemi che devi risolvere? 3) Senti l’esigenza di preparare la visita, in particolare con la preghiera? Preghiera e visita: due modi diversi per incontrare realmente la persona di Gesù. Non è che a volte per “l’ansia del fare” si trascuri la preghiera? DOMANDE PER LA VITA DI CONFERENZA 1) La vostra Conferenza è anche luogo di formazione (spirituale, societaria, vincenziana, biblica)? Quanto tempo e quanta importanza vene dedicata alla formazione? 2) Vi sforzate di accrescere sempre di più la conoscenza dei poveri e delle povertà, oltreché delle risorse sul territorio, per impostare un serio cammino di formazione? 3) Se l’obiettivo del volontariato è quello di “restituire ad ogni persona il suo posto nella società”, la sua azione non può esaurirsi nel servizio diretto ai poveri, ma deve allargarsi alla società e all’organizzazione politica. Concepite perciò la formazione al volontariato anche come formazione al sociale e alla responsabilità nella Comunità? 4) Sono temi ampi e importanti, che oggi non possiamo più ignorare e rifiutare. Non è un compito facile! Ma la difficoltà più grande è quella di cambiare la nostra mentalità. Ne siamo convinti? O vogliamo cambiare gli altri senza cambiare noi? La Visita al povero 45 CONCLUSIONI Se vogliamo a questo punto tirare le fila non soltanto del discorso sulla visita, ma più ampiamente sulla pedagogia vincenziana nel servizio dei poveri, possiamo riassumerla in cinque “punti essenziali”: I. Azione e contemplazione Al falso dilemma “pregare o agire?” Vincenzo e Federico rispondono trasformando l’azione in preghiera, il servizio dei poveri nella contemplazione di Cristo presente in loro. La ricerca della volontà di Dio come unico criterio di tutte le scelte, il costante riferimento all’insegnamento e all’esempio di Gesù Cristo, lo spirito di fede in ogni momento e circostanza della vita, sono il fondamento di tutta la loro attività: la contemplazione fondamento dell’azione. II. Promozione ed evangelizzazione Tutto l’impegno dei due Santi è orientato a ricostruire la dignità dell’uomo sovente deturpata dalla miseria, a promuovere il povero sul piano culturale e sociale, oltre che su quello economico. Ma essendo fortemente convinti che solo Cristo è il salvatore dell’uomo, la loro più grande sollecitudine è quella di annunciare Cristo ai poveri. Se la promozione umana è già evangelizzazione, l’evangelizzazione è in ogni caso momento e strumento di promozione. III. Carità individuale e carità organizzata Vincenzo e Federico non sono dei patiti dell’“insiemità”, o dei fanatici dell’organizzazione: sanno e insegnano che l’amore dei poveri scaturisce dalle radici stesse della vocazione cristiana, ed è perciò stretto e grave dovere di ciascuno, prima e aldilà di qualsiasi appartenenza. Se hanno trascorso buona parte della vita ad organizzare la carità, è solo perché così si può realizzare meglio il bene dei poveri. Ma anche nell’azione collettiva essi vedono primariamente una dimensione teologica: l’imitazione della SS. Trinità e la costruzione della comunità cristiana. 46 Sussidio formativo 2008/2009 IV. Azione privata e azione pubblica In tempi quanto mai critici, Vincenzo e Federico dovettero sobbarcarsi a impegni e interventi colossali di supplenza: sia perché lo Stato era impegnato in ben altri affari per avere tempo e possibilità di provvedere ai poveri, sia perché la società era molto poco sensibile a questo problema. Per lo Stato i poveri erano semplicemente dei disturbatori della quiete e dell’ordine pubblico, per la società erano facilmente dei delinquenti. San Vincenzo richiamò fortemente i responsabili della cosa pubblica a cambiare politica e ad “aver pietà della Francia”, e instancabilmente si adoperò per diffondere in tutti gli strati sociali la cultura della solidarietà e il vangelo dell’amore: “Non sono felice perché amo Dio, se anche il mio fratello non lo ama”. Federico fu addirittura un antesignano dell’azione sociale e politica del Cattolici. V. Parola e gesto “Coloro che conoscono il bisogno che il Padrone della messe ha di operai e stanno oziosi, si rendono colpevoli del sangue del suo Figlio che essi rendono inutile, non applicandolo alle anime” (san Vincenzo). Ambedue – Vincenzo e Federico – erano disposti a qualsiasi sacrificio e privazione per aiutare i poveri; di più, avrebbero volentieri donato la vita per la loro salvezza: “Se qualcuno di noi fosse costretto a mendicare il pane o a coricarsi lungo una siepe tutto lacero e intirizzito dal freddo, e in questo stato gli fosse domandato: povero prete della missione, chi ti ha ridotto così? Quale felicità, signori, poter rispondere: è la carità” (S. V.) Credo che non si possa finire meglio che ribadendo queste affermazioni: - Amare è contemplare e agire; - Amare è promuovere ed evangelizzare; - Amare è organizzare la carità; - Amare è annunciare e testimoniare; - Amare è anche soffrire e morire! Il carisma della San Vincenzo: per saperne di più... SUSSIDIO FORMATIVO 2008/2009 Si prega compilare e spedire entro marzo 2009 alla Segreteria nazionale Via della Pigna, 13/a – 00186 ROMA il contenuto, il formato e la grafica vi hanno soddisfatto: molto poco affatto ● è utilizzato: in Conferenza si no ● è utilizzato: a livello personale si no ● è utile: molto poco affatto ● Eventuali osservazioni e consigli Mittente Indirizzo Firma ✄