SUSSIDIO FORMATIVO
22009
008
La Visita
al povero
FEDERAZIONE NAZIONALE
SOCIETÀ DI SAN VINCENZO DE PAOLI
Supplemento a
LA SAN VINCENZO IN ITALIA n. 9/2008
Proprietà e Editore: Società di San Vincenzo De Paoli
Consiglio Nazionale Italiano
Via della Pigna, 13/a - 00186 Roma
Direttore responsabile: Marco F. Bersani
Redazione di Roma: Via della Pigna, 13/a - 00186 Roma
Tel. 066796989- Fax 066789309
www.sanvincenzoitalia.it
e-mail: [email protected]
Progetto editoriale: Marco F. Bersani
Fotografie: Romano Siciliani
Grafica e fotolito: Adel Grafica s.r.l.
Vicolo dei Granari, 10a - 00186 Roma
Tel. 066823225 - Fax 0668136016
Stampa: Nuova Editrice Grafica s.n.c.
Via F. Donati, 180 - 00126 Roma
Roma, settembre 2008
INDICE
PREFAZIONE
5
PRESENTAZIONE
7
I RIFLESSIONE
LA VISITA NELLA BIBBIA
9
II RIFLESSIONE
IL PUNTO DI PARTENZA
13
III RIFLESSIONE
LA VISITA DI MARIA
17
IV RIFLESSIONE
LA VISITA SECONDO
SAN VINCENZO
24
V RIFLESSIONE
LA VISITA: MOMENTO
DI ANNUNCIO
28
VI RIFLESSIONE
LO SPIRITO DELLA VISITA
32
VII RIFLESSIONE
LASCIARSI EVANGELIZZARE
DAI POVERI
37
VIII RIFLESSIONE
PREPARARE E VIVERE
LA VISITA
41
CONCLUSIONI
45
5
PREFAZIONE
Alcuni anni fa la felice intuizione di
un vincenziano coniò la terribile espressione: “Conferenza Bancomat”.
Alludeva ad una situazione che purtroppo si era verificata in alcune situazioni: la Conferenza, sommersa dal numero
crescente di persone bisognose, smetteva
praticamente di fare le visite a domicilio,
ed attendeva i poveri nei locali parrocchiali, in orari predefiniti.
Faceva “Centro di Ascolto”, distribuiva pacchi viveri, indumenti, qualche volta pagava bollette, su sollecitazione dell’assistito: insomma era diventata un po’
come un Bancomat, in cui infili la tessera ed esce subito un po’ di denaro o di
cose.
Domandiamoci invece insieme: che
cosa resta di caratterizzante nel nostro essere associazione, se togliamo la visita a
domicilio? Oppure se formalmente la
facciamo, ma senza lo spirito che così bene Padre Bergesio ha tratteggiato in questo sussidio formativo?
Rispondo io per tutti Voi: resterebbe
ben poco e velocemente finiremmo per
inaridirci e perderci.
Ricordo ancora a tutti i responsabili
della nostra associazione (Presidenti di
tutti i livelli, Coordinatori, Delegati Giovani ecc.) che il prezioso servizio che
svolgono non li esime dal partecipare alla
vita della propria Conferenza e dall’effettuare qualche visita alla casa del povero.
Li aiuterà a mantenere stretto il contatto
con la “base”, con le povertà che mutano, con Dio e con il proprio cuore.
Luca Stefanini
Presidente Nazionale
7
PRESENTAZIONE
«Figlie mie – dice san Vincenzo in una
conferenza alle Figlie della carità – non è
compito da poco fare la visita, e pochi sono
quelli che la compiono in modo da renderla utile. È uno dei compiti più difficili.
Fra cento persone se ne troveranno una
dozzina che ne siano capaci. È necessario
essere tanto prudenti, tanto accorti, tanto
miti, tanto segreti»…
Per questo è importante che nei nostri
incontri continuiamo a interrogarci, a
confrontarci e a riflettere sulla visita che
è lo specifico della carità vincenziana,
quasi il suo fiore all’occhiello!
In quest’ottica la Giunta e il Comitato direttivo della Federazione hanno scelto come tema del sussidio formativo
2008-09 “La visita al povero”.
Già dieci anni fa, il primo sussidio
formativo del nuovo secolo aveva affrontato questo argomento. È stato perciò
giocoforza riproporlo quasi per intero,
con una ricerca di maggiore concretezza
nelle tracce per il confronto, e soprattutto di maggiore attenzione nel far emergere più chiaramente la ricchezza che il fratello nel bisogno riversa sul fratello che
gli fa visita.
Il beato Federico esprime questa verità con delle splendide parole: «Oh, quante volte, preso da qualche sofferenza interiore, tormentato dalla mia salute gravemente deteriorata, colmo di tristezza, io sono entrato nella casa di un povero affidato
alle mie cure, e là, alla vista di tante miserie che meritavano più compassione di me,
mi sono i rimproverato il mio scoraggiamento, mi sono sentito più forte contro la
mia sofferenza, e ho ringraziato quel povero che mi aveva consolato e ridato forza alla vista delle sue miserie. E come, dopo allora, io l’ho amato ancora di più»!
8 Sussidio formativo 2008/2009
A differenza degli ultimi anni, le otto riflessioni dell’attuale sussidio non partono da brani del Magistero, bensì
soprattutto da citazioni dei nostri Fondatori, maestri impareggiabili nel vivere e nell’insegnare il rapporto coi poveri in un’ottica evangelica ed ecclesiale. Conoscendo il
loro amore e il loro attaccamento ai Pastori della Chiesa,
siamo certi di camminare nello stesso solco di sempre.
Non rimane che affidare questo umile strumento di
formazione spirituale e vincenziana all’intercessione di san
Vincenzo e del beato Federico Ozanam, nella speranza
che ci aiuti a vivere sempre più fedelmente il loro e nostro
carisma di servitori dei poveri.
P. Giovanni Battista Bergesio
Consigliere spirituale nazionale
La Visita al povero 9
I RIFLESSIONE
LA VISITA NELLA BIBBIA
I. Della misericordia di Dio è piena la terra…
L’amore di Dio per i suoi figli peccatori non può che
essere amore misericordioso che perdona e purifica.
Per questo tutta l’economia della salvezza è attraversata
e scossa dal vento della benevolenza misericordiosa del Signore, e le visite di Dio all’umanità sono espressione di
questa realtà: «grazie alla bontà misericordiosa del nostro
Dio, per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge»
(Lc 1, 78).
È un sole che non si sporca e non si contamina a contatto con le brutture umane, anche se le conosce fino in
fondo e nessuna di esse si sottrae alla sua vista.
II. Dio visita l’umanità
Misteriosamente, proprio la povertà e l’aridità della vigna umana attrae lo sguardo di Dio e provoca il suo intervento: «Dio degli eserciti, volgiti, guarda dal cielo e vedi e
visita questa vigna» (Sal 80, 15).
Davvero le vie di Dio sono diverse dalle vie degli uomini, e i suoi pensieri diversi dai nostri! Noi tutti schifiamo la bruttezza; noi peccatori non tolleriamo le persone
che sbagliano; noi cattivi prendiamo le distanze dagli iniqui. Così, ipocritamente, riusciamo perfino a sentirci
buoni. Dio invece vede e non fugge, ma coglie l’occasione
per venirci incontro e portarci la salvezza.
III. La visita per la salvezza
Il frutto di questa visita, infatti, è sempre la salvezza:
«Ricordati di noi, Signore, per amore del tuo popolo, visitaci con la tua salvezza» (Sal 106, 4); «Benedetto il Signore Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo» (Lc 1, 68).
Le immagini della salvezza
La Bibbia non fa molta teoria sul mistero della salvezza, ma lo presenta con delle immagini quanto mai significative:
- nel libro del Genesi è passare da un paese ad un altro:
10 Sussidio formativo 2008/2009
«Poi Giuseppe disse ai fratelli: Io sto per morire, ma Dio
verrà certo a visitarvi e vi farà uscire da questo paese
verso il paese ch’egli ha promesso con giuramento ad
Abramo, a Isacco e a Giacobbe» (Gn 50, 24): dal paese
della schiavitù al paese della libertà; dal paese della fame
al paese del pane;
- così è detto nel libro di Rut: «Allora si alzò con le sue
nuore per andarsene dalla campagna di Moab, perché
aveva sentito dire che il Signore aveva visitato il suo popolo, dandogli pane» (Rut 1, 6);
- accasato e nutrito – come leggiamo in Sofonia – il popolo vive nella pace: «In quei luoghi pascoleranno e a sera
nelle case prenderanno riposo, quando il Signore loro
Dio li avrà visitati e avrà restaurato le loro sorti» (Sof
2, 7).
IV. Il significato della visita di Dio
Alla luce della successiva Rivelazione – soprattutto
neotestamentaria – noi possiamo dare a queste immagini
un significato spirituale, l’ultimo inteso da Dio.
La libertà, che la visita del Signore dona all’uomo, non
è politica ma spirituale: San Paolo la chiama “libertà dei
figli di Dio”. Guidati dallo Spirito, essi sono in grado di
resistere alle tendenze disordinate, di sottrarsi al loro dominio per vivere nella libertà dell’amore.
Il pane che dà forza è quello della Parola di verità che è
Cristo: chi mangia questo pane diventa capace di camminare verso la vita eterna.
Proprio nella vita dopo la morte l’uomo realizza compiutamente e definitivamente il suo sogno di pace, di armonia interiore, di equilibrio perfetto.
V. Pazienza e timore
Si tratta di un cammino non breve e non facile, che
esige sforzo e pazienza: «Guai a voi che avete perduto la
pazienza; che farete quando il Signore verrà a visitarvi»?
(Sir 2, 14).
Ma si tratta soprattutto di un dono talmente superiore
a ogni nostro merito o diritto, che va ricevuto con grandissimo senso di responsabilità: «Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: un grande profeta è
sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo» (Lc 7, 16).
«Temi – afferma S. Agostino – il Signore che passa».
La Visita al povero 11
Lui continua a passare e a bussare: ma guai a snobbarlo, a
non farlo entrare quando viene a visitarti. È già successo,
come leggiamo in Luca: «Abbatteranno te e i tuoi figli
dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché
non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata» (Lc
19, 44).
Ma chi vive nel santo timor di Dio, non deve temere
alcun male: «Non temere se siamo diventati poveri. Tu
avrai una grande ricchezza se avrai il timor di Dio, se rifuggirai da ogni peccato e farai ciò che piace al Signore
Dio tuo» (Tob 4, 21).
Domande per la riflessione personale
1) Gesù, visitandoci, si è abbassato al nostro livello, a
livello degli ultimi e dei più poveri. Riusciamo a
renderci conto della grandezza di questo gesto?
2) Quando facciamo visita a un povero, manteniamo
un atteggiamento di superiorità? è realmente possibile mettersi alla pari con un povero? è giusto farlo?
ha senso?
3) Che cosa vuole dire per un vincenziano accogliere
nella sua vita la visita del Signore? quali conseguenze comporta?
Domande per la vita di Conferenza
1) La visita e l’incontro personale con i poveri è da
sempre il momento fondamentale nella vita delle
Conferenze. Ma ci poniamo qualche volta delle domande sul modo con cui viviamo questo servizio?
2) Molte delle povertà che si incontrano sono spesso
comuni, e condivise da altre Conferenze: anziani
soli, famiglie in difficoltà, extracomunitari in cerca
di casa e di lavoro, ecc. E spesso non sappiamo che
cosa dire o che cosa fare. Abbiamo mai pensato che
altre Conferenze hanno magari trovato qualche
strada per problemi analoghi ai nostri? abbiamo
mai cercato di conoscere le esperienze di altre Conferenze?
3) I Consigli Centrali hanno, fra gli altri, anche il
12 Sussidio formativo 2008/2009
compito di realizzare il coordinamento delle esperienze. Entrare nella mentalità che da soli non è più
possibile fare nulla è importante. Altrettanto importante è richiedere un maggiore collegamento
operativo, pratico, concreto.
“
Nel rapporto con i poveri i vincenziani
devono essere e apparire come portatori
di fraternità, in modo che tra gli uni e
gli altri si attui un’autentica comunione,
in cui ci si aiuta reciprocamente a camminare verso la salvezza e grazie alla quale i poveri possono riconoscersi nella
Chiesa.
Di fronte ai nuovi aspetti della povertà i
vincenziani si rendono consapevoli che
la loro azione deve puntare, per quanto
possibile, alle radici del male; occorre
non solo prendersi cura del bisogno
immediato, ma cercare di eliminarne e,
se possibile, prevenirne le cause. (La
San Vincenzo e i poveri, Vademecum del
Vincenziano, pag. 37)
”
La Visita al povero 13
II RIFLESSIONE
IL PUNTO DI PARTENZA
Per comprendere la visita come l’hanno concepita e insegnata san Vincenzo e il beato Federico Ozanam, è opportuno richiamare alcune premesse (a volte esplicitate, a
volte sottese) dalle quali essi sono partiti.
I. Premessa di tipo evangelico
Le visite di Gesù: Cana, Betania, Zaccheo…
I nostri santi hanno avuto un unico modello di comportamento e di atteggiamenti: Gesù Cristo.
«Quel maestro che è san Vincenzo – scrive il Goyau –
possiede a sua volta un maestro che è Gesù Cristo. Si potrebbe
raccogliere – dalla sua corrispondenza e dai suoi discorsi –
tutta una serie di brani molto interessanti da formarne un
libretto che s’intitolerebbe “L’imitazione di Gesù Cristo secondo san Vincenzo Depaoli”. Sull’orizzonte di san Vincenzo si
erige sempre il Figlio di Dio... Egli ne sfoglia la vita episodio
per episodio, direi quasi minuto per minuto, per trovarvi le
regole della sua condotta».
Altrettanto si deve dire di Federico:
«Mia dolce bambina – scrive alla moglie – l’anima mia
cercava la tua e sono andato ad incontrarla dove ci si trova
sempre, quando ci si ama cristianamente: tra le braccia del
Salvatore. Questa mattina ho avuto la fortuna di avvicinarmi a Lui e mi pareva che ti tenesse per mano e ti restituisse
nuovamente a me, benedicendoci».
Non poteva perciò sfuggire loro che Gesù ha sempre
cercato il contatto personale coi poveri, che andava a cercarli là dove essi si trovavano, che accettava i loro inviti o
che addirittura si autoinvitava a casa loro:
- a Cana Gesù offre la sua solidarietà sul piano materiale;
- a Betania vive un rapporto amicale bellissimo con Lazzaro, Marta e Maria;
- l’incontro con Zaccheo esprime la dimensione dell’evangelizzazione.
Così il Vangelo suggerisce ai nostri Santi gli obbiettivi
della visita:
- la solidarietà;
- l’amicizia;
- l’evangelizzazione.
14 Sussidio formativo 2008/2009
L’idea luce
L’idea luce che guidò e sostenne in tutte le sue opere
san Vincenzo (e dopo di lui Federico Ozanam) è la concezione evangelica dei poveri, che Gesù propone in diverse
affermazioni:
- i poveri sono gli arbitri della salvezza: «Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché
quando essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore
eterne» (Lc 16, 9);
- sono più vicini a Dio, perciò beati: «Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: Beati voi poveri, perché
vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame,
perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché
riderete» (Lc 6, 20);
- sono identificati con Cristo: «In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei
fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40).
Perciò i poveri sono i nostri «signori e padroni» (san
Vincenzo).
II. Premessa di tipo antropologico
L’uomo ha essenzialmente bisogno di amore, di ascolto, di rispetto.
Il solo dono materiale può umiliare e offendere.
Meno l’uomo è amabile, più ha bisogno di essere amato!
Molto suggestive e significative a questo proposito le
parole che Monsieur Vincent dice a una giovane Figlia
della Carità che per la prima volta si reca dai poveri: «Soltanto per il tuo amore i poveri ti perdoneranno il pane
che tu porterai loro»!
III. Premessa di tipo sociologico
Per ogni uomo è importante la dimensione della famiglia e della casa.
Non si tratta solo di “luoghi”, ma di espressioni dell’uomo, che a loro volta incidono sulla persona stessa,
mentre l’istituzionalizzazione (o il ricovero) mortifica
l’uomo e sminuisce la sua identità.
Scrive l’Abelly, primo biografo di san Vincenzo:
«Si stima assai la carità di quelli che contribuiscono al
mantenimento degli ricca ospedali che ricevono e curano gli
ammalati. E se qualche ricca persona impiegasse una parte
La Visita al povero 15
dei suoi beni per fondarne uno, tale decisione sarebbe senza
dubbio approvata da tutti e giudicata degna di eterna lode.
Che sarebbe dunque, se si vedesse un povero prete, privo di
qualunque aiuto, fare lui da solo quanto i più ricchi e potenti con tutta la loro opulenza non hanno ritenuto di poter intraprendere... Non dico già di un ospedale, né di dieci - né
di cento, bensì di mille e anche più di mille? Potrebbe questa
credersi impresa eccedente i limiti dell’umano potere, appartenendo soltanto a Dio il far sorgere qualcosa dal nulla e con
cinque piccoli pani saziare più migliaia di persone. Ebbene:
noi possiamo dire che il nostro Vincenzo è proprio quel povero prete di cui Dio volle servirsi per operare tante meraviglie:
non già per edificare locali convenienti a ricevervi gli infermi, ma per procurare lo stabilimento delle Compagnie della
Carità per essi ancora più vantaggiose... Perché ad esempio,
se si fosse domandato a cinquanta o sessanta poveri assistiti
in una delle parrocchie di Parigi dalla Compagnia che vi fu
stabilita, se preferissero esser condotti all’ospedale...avrebbero
tutti risposto – senza esitare – di esser più contenti di restarsene nella loro meschina abitazione, continuando ad avere la
caritatevole assistenza già cominciata»!
…e Federico Ozanam:
«Quelli che sanno la via della casa del povero, quelli che
hanno spazzato la polvere della sua scala, non bussano mai
alla sua porta senza un sentimento di rispetto: sanno che, ricevendo da essi il pane come ricevono da Dio la luce, l’indigente li onora; sanno che nulla pagherà mai due lacrime di
gioia negli occhi d’una povera madre o la stretta di mano
d’un galantuomo che viene messo in condizione d’attendere
il ritorno del lavoro».
Da queste premesse Vincenzo e Federico arrivano alla
conclusione che il modo migliore per aiutare il povero è
quello della visita: con essa si riconosce la sua dignità di
uomo e di figlio di Dio, si soddisfa il suo bisogno di riconoscimento e di ascolto, gli si permette di rimanere nel
suo ambiente e nella sua identità personale.
Domande per la riflessione personale
1) Quando incontriamo i poveri nelle loro case o nei
loro contesti, affrontiamo i loro bisogni reali o quelli
che “ci piace” affrontare?
16 Sussidio formativo 2008/2009
2) Con quale atteggiamento mentale viviamo le nostre
visite? Spesso si dice che i poveri hanno molto da insegnarci: ma ci mettiamo in atteggiamento di ascolto?
3) La visita come ci coinvolge? il rapporto personale
con i poveri è realmente condivisione? Oppure ci
sentiamo mandati a dare qualcosa, senza che la nostra vita sia davvero coinvolta e compromessa?
Domande per la vita di Conferenza
1) La visita è un momento fondamentale del nostro essere vincenziani, un momento propizio per conoscere, per toccare con mano, in prima persona, le situazioni di povertà e le loro radici.
Ma le nostre visite non rischiano spesso di essere “assistenzialismo”? Non dobbiamo invece porci il problema se sia possibile risolvere una situazione alla radice, piuttosto che continuare a portare aiuti estemporanei?
2) Possiamo oggi rifiutare di relazionarci con i pubblici
amministratori, di metterci “in rete” con altre associazioni, di chiedere aiuto e appoggio ai Consigli
Centrali? Ne va di mezzo il significato profondo dell’incontro personale e della visita.
La Visita al povero 17
III RIFLESSIONE
LA VISITA DI MARIA
Nel Vangelo di Luca c’è il racconto di una visita che
per i Vincenziani è il punto di riferimento più significativo per la loro attività: la visita di Maria alla cugina Elisabetta.
Il modello più alto in assoluto della “visita” sono sicuramente le visite di Dio all’umanità, di cui è piena la Bibbia. Ma noi poveri uomini abbiamo anche bisogno di
esempi più vicini, più alla nostra portata, che possiamo
analizzare secondo le nostre categorie esperienziali, più
passibili di imitazione da parte nostra.
In questo senso il mistero della visitazione è un autentico paradigma per chiunque voglia incontrare con spirito
evangelico il fratello nel bisogno.
Ci soffermiamo su alcune suggestioni che esso chiaramente ci propone.
I. Dalla contemplazione all’azione
Una mentalità diffusa vede la preghiera in alternativa –
se non addirittura in contrapposizione – all’azione: pregare o agire?
È un dilemma che non tocca soltanto i Vincenziani. Il
Card. Pellegrino scriveva in un opuscolo intitolato appunto “Pregare o agire?”: «Non una volta sola mi sono sentito
dire da Sacerdoti impegnati fino all’esaurimento nel ministero: perché non mi manda in una parrocchietta di montagna
dove possa pregare? Perché non mi lascia libero per qualche
mese, per un anno, per attendere solo alla preghiera? Tuttavia io credo che sia più grave oggi il pericolo opposto: abbandonare la preghiera per darsi all’azione».
È la soluzione che anche noi più facilmente diamo a
questo problema. Ma è la soluzione giusta?
La visita di Maria ci aiuta a capire. Ella è venuta a conoscenza della situazione di bisogno di Elisabetta in quel
momento di sublime preghiera e di contemplazione che è
il mistero dell’annunciazione: «Vedi: anche Elisabetta, tua
parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile» (Lc 1,
36).
Questo non ci vuole per caso suggerire che il servizio
di Dio e il servizio dei poveri non si elidono a vicenda?
18 Sussidio formativo 2008/2009
Che il tempo dato a Dio non è sottratto ai poveri? Che
chi ha molto Amore vede molti poveri? Che chi non ha
l’Amore non vede i poveri?
Il falso dilemma “pregare o agire?” non si deve perciò
risolvere a scapito della preghiera o dell’azione, bensì attuando una sintesi sempre più profonda e forte tra spiritualità e azione: tutta la vita nella preghiera, tutta la preghiera nella vita.
«Il Vincenziano si ritira per meglio riflettere sulla sua vita spirituale e sulla sua azione, prega ogni giorno prima di
agire, e riconduce la sua azione alla preghiera. Per mezzo
dell’unione stretta tra preghiera e attività, il cristiano si fa
infatti contemplativo nell’azione e apostolo nella preghiera.
Così si afferma, giorno dopo giorno, l’equilibrio armonioso
cercato dai discepoli di san Vincenzo De Paoli e di Federico
Ozanam. Essi cercano di divenire la sintesi vivente dell’uomo
di azione e dell’uomo di preghiera» (Il carisma della Società
di San Vincenzo, Vademecum Vincenziano, pag. 15).
II. Contro gli alibi
La nostra vita è piena di alibi che servono sovente a
mascherare il nostro egoismo e le nostre inadempienze.
Soddisfatti delle nostre piccole bravure, accampiamo mille
pretesti per non fare di più…
Maria ci insegna il contrario. Di alibi per non partire
ne aveva a iosa:
- la strada lunga e montagnosa: noi non rimandiamo le
visite perché fa troppo caldo o troppo freddo, perché c’è
la neve o il solleone? “Se poi ci prendiamo un bel raffreddore o l’influenza, ci rimettono anche i poveri”…
- la sua nuova situazione: era nei primi giorni di gravidanza, doveva riguardarsi, non fare grandi sforzi, aveva
bisogno lei di essere guardata…
Non sembra di sentire le classiche lamentele di molti
confratelli e consorelle? Non abbiamo anche noi più di
una volta detto cose del genere?
- Complessi di superiorità: Maria era o non era la madre
di Dio? Proprio Elisabetta di lì a poco le avrebbe detto:
«A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?»
(Lc 1, 43)
Ma in Maria nessun senso di eccellenza o di superiorità; solo la consapevolezza di essere serva e di non avere altre possibilità di rispondere al dono di Dio se non umiliandosi e servendo.
La Visita al povero 19
Non è questo il nostro atteggiamento quando ci impanchiamo a maestri e benefattori, quando andiamo in
crisi perché ciò che facciamo non è sufficientemente riconosciuto e apprezzato…
III. Camminare in fretta
Dice Luca: «In quei giorni Maria si mise in viaggio
verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda» (Lc 1, 39).
La tempestività nel raggiungere il bisogno e nell’organizzare l’aiuto è una caratteristica del volontariato, che
non si muove tra le pastoie burocratiche e la confusione
delle competenze.
La mancanza di “fretta”, il fare attendere chi è nel bisogno, è la spia di due probabili carenze: la carenza di sensibilità e la carenza di spirito di fede.
Per il gioco delle parti noi siamo coloro che hanno il
cuore tenero e credono nella presenza di Cristo nei poveri:
quelli, dunque, che credono di mancare di sensibilità nei
suoi confronti, di fare attendere Lui, facendo attendere i
poveri. Gioco delle parti o commedia degli equivoci?
Tempestività significa anche prevenire, essere profeti,
progettare ciò che non è mai stato, anticipare e offrire
nuovi modelli alle istituzioni.
Per camminare in fretta, occorre in questi casi freschezza mentale, apertura al nuovo, coraggio, magari un po’ di
spirito di avventura e di utopia…
Non è tanto questione di età anagrafica quanto di spirito che si rinnova solo nel contatto continuato con Cristo, nel cammino quotidiano della fede.
IV. La grandezza delle piccole cose
«Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino
le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo» (Lc 1, 40).
Maria fa gli stessi gesti che facciamo noi quando ci rechiamo a visitare i poveri. Gli effetti tuttavia sono sorprendentemente diversi. Qui scoppia un evento di grazia:
Giovanni esulta nel seno di sua madre, Elisabetta è ripiena
di Spirito Santo e comincia a profetizzare.
L’evento è facilmente spiegabile se pensiamo che Maria
entra in casa di Zaccaria con il carico di Gesù che aveva
20 Sussidio formativo 2008/2009
da poco concepito nel suo grembo: non Maria dunque,
ma Gesù per mezzo di Maria porta la salvezza; non le parole di Maria, ma Gesù per mezzo delle parole di Maria…
Se le nostre parole e i nostri gesti sono sterili e inefficaci, se tanti nostri passi vanno perduti, è soprattutto perché
non sono carichi di Gesù, e perciò destinati a fallire: «Io
sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa
molto frutto, perché senza di me non potete far nulla»
(Gv 15, 5).
È molto importante la preparazione umana per fare
bene le visite, ma non è sufficiente e adeguata: un bene di
ordine soprannaturale (la salvezza) si persegue solo per
una via soprannaturale (Gesù Cristo). Non è necessario
fare grandi cose: bastano anche le piccole cose, purché
piene di Lui.
Qui sta tutta l’economia della salvezza: quella della parola, dei segni sacramentali, dei piccolo gesti: «Chi darà
un bicchiere d’acqua… In verità vi dico: quella vedova,
povera, ha dato più di tutti… Ai bambini, e a quelli che
gli assomigliano, appartiene il regno dei cieli».
V. Promozione ed evangelizzazione
Il servizio di Maria in casa di Elisabetta si realizza su
due piani: quello umano e quello soprannaturale. Mentre
affianca la cugina nei bisogni immediati, la Vergine annuncia i progetti e le meraviglie del Signore.
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo
nome,
di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono».
Questa è la carità cristiana, che tende al bene integrale
della persona. Questa è la carità vincenziana, che vuole liberare l’uomo da ogni forma di povertà: materiale, intellettuale, morale, spirituale.
Così insegna san Vincenzo: «La confraternita della carità è stata istituita per onorare Nostro Signore Gesù Cristo,
suo patrono, e la sua santa Madre; e per assistere i poveri
malati – nei luoghi dove è stabilita – corporalmente e spiritualmente: corporalmente somministrando loro da bere, da
La Visita al povero 21
mangiare, e le medicine necessarie durante il tempo della
malattia; e spiritualmente facendo loro amministrare i sacramenti della Penitenza, dell’Eucaristia e dell’Estrema Unzione; facendo in modo che quelli che moriranno partano da
questo mondo in buon stato, e che quelli che guariranno facciano il proposito di vivere bene per l’avvenire».
VI. Maria in politica?
Non sembri irriverente. Se per carità politica s’intende
la difesa dei poveri, l’affermazione dei loro diritti, la denuncia delle ingiustizie e delle prepotenze, l’impegno per
un mondo diverso. Il Magnificat ne è un esempio preclaro:
«Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani
vuote i ricchi.
Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia,
come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla
sua discendenza, per sempre».
Sono parole luminose che svelano il progetto di Dio
sulla storia, la sua ottica dei poveri, la sua attenzione agli
ultimi: e conseguentemente la via che il credente deve
percorrere.
Esse trovano riscontri precisi nell’insegnamento sociale
della Chiesa:
«Il principio di solidarietà conduce a scelte che assicurano
la promozione e la protezione del bene comune. La solidarietà ci impone di non rispondere solamente alle sventure personali e individuali; ci sono dei problemi della società che sono
un grido che reclama strutture sociali più giuste. Per questo
motivo la Chiesa oggi ci chiede non solo di impegnarci nelle
opere di carità, ma anche di lavorare per la giustizia sociale».
Ma già san Vincenzo ammoniva che la giustizia precede la carità.
E Federico Ozanam propone una sintesi stupenda tra
la visita e la politica della carità:
«Certamente noi dobbiamo tentare di arrivare alla radice
del male e cercare, attraverso sagge forme sociali, di ridurre
la miseria diffusa. Ma noi siamo convinti che la conoscenza
delle riforme debba essere appresa non tanto riflettendo sopra
i libri o discutendo tra i politici, ma andando a visitare le
22 Sussidio formativo 2008/2009
soffitte in cui vivono i poveri, sedendo al capezzale del moribondo, sentendo il freddo che essi sentono e apprendendo dalle loro labbra la causa dei loro dolori.
Quando noi avremo fatto questo non soltanto per pochi
mesi, ma per molti anni, quando noi avremo studiato i poveri nelle loro case, nelle scuole e negli ospedali non solo in una,
ma in molte città, allora noi cominceremo a capire un po’ del
difficile problema della povertà. Allora avremo il diritto di
proporre riforme che, invece di suscitare il terrore nella società, porteranno pace e speranza a tutti».
Domande per la riflessione personale
1) Il servizio, l’impegno personale accanto ai poveri costa fatica. È importante però che le persone nel bisogno non ne vadano di mezzo. Capita mai che rimandiamo le visite perché fa troppo caldo o troppo freddo, perché c’è la neve o il solleone? o che accampiamo scuse, anche se a volte teoricamente valide?
2) È bello essere impegnati al servizio di qualcuno in
maniera gratuita. Un servizio, però, diventa efficace
quando si interviene nel momento del bisogno. In
questo senso, qual è il nostro atteggiamento? non cadiamo a volte nella tentazione di essere presenti
quando ne abbiamo voglia e non quando si dovrebbe?
3) Ciascuno deve essere in grado di svolgere un determinato servizio, esserne all’altezza. Non capita però
che si “scelgano” volutamente determinati servizi
perché comodi e non particolarmente coinvolgenti e
gravosi? è giusto scegliere o bisogna fare ciò di cui i
“nostri signori e padroni” hanno bisogno?
Domande per la vita di Conferenza
1) Quando si parla dei rapporti della Società di San
Vincenzo con la politica e con l’impegno politico c’è
sempre un po’ di disagio. Normalmente il servizio
vincenziano è visto come altro rispetto all’impegno
politico.
Ma, diceva Paolo VI: «La politica è la più alta forma
di carità».
La Visita al povero 23
Spesso un’azione politica nei confronti degli amministratori può essere importante e risolutiva per arrivare alla soluzione di molti problemi. La nostra associazione può restare indifferente di fronte a molte
scelte politiche?
2) Oppure crediamo che l’impegno politico sia riservato ai politici e che i vincenziani debbano esclusivamente occuparsi di aiuti materiali contingenti e di
sostegni spirituali? E che sia inutile parlare di impegno socio-politico per le Conferenze?
Magari le nostre forze sono davvero limitate e non si
ha la capacità di fare nulla di più di quanto si sta già
facendo. Non è importante tuttavia creare una mentalità e rendersi conto che l’essere caritatevoli coinvolge necessariamente altre sfere oltre a quelle personali e private?
“
Il vincenziano, conoscendo da vicino le
ingiustizie, le miserie, e in genere lo stato
di emarginazione dei poveri, avverte meglio e prima di altri l’urgenza e l’importanza del suo impegno civile. Eludere
questo impegno rischia di apparire una
fuga dalle proprie responsabilità. I vincenziani pertanto considerano loro dovere partecipare a ogni livello alle varie organizzazioni che operano per il miglioramento della società in ambito civile, politico, sindacale. (La San Vincenzo e la società civile e politica, Vademecum del Vincenziano, pag. 27)
”
24 Sussidio formativo 2008/2009
IV RIFLESSIONE
LA VISITA SECONDO SAN VINCENZO
San Vincenzo ha anticipato di secoli la visita domiciliare oggi praticata anche dall’assistenza pubblica: potremmo considerarlo l’inventore. Certamente per lui la visita
non era un momento burocratico - organizzativo, bensì
un incontro di persone, di figli di Dio che s’incontrano
per glorificare insieme il Signore con una carità vicendevole.
È importante richiamare alcuni suoi pensieri e sentimenti a questo proposito, che troviamo in particolare nelle conferenze alle Figlie della carità.
I. Motivi per affezionarsi alla visita ai poveri
1) Visitando i poveri, visitate Dio stesso in loro.
2) Fate vedere e sentire a questa buona gente la bontà stessa di Dio per mezzo della vostra.
3) Cooperate alla salute di queste povere anime, insieme a
Gesù Cristo.
4) Edificate la Chiesa tutta, mostrando che vi applicate
con tanta bontà all’assistenza dei poveri.
5) Edificate voi stesse e vi liberate dalle illusioni del mondo realizzando una più stretta unione con Dio.
6) Cancellate i vostri peccati passati e presenti e, in qualche maniera, anche quelli futuri: i primi per la remissione che Dio vi concede; gli ultimi per le grazie che si
ricevono visitando i malati e che ci preservano dal peccato.
7) Vi acquistate il merito di una buona morte.
8) Vi ponete in stato di andare a testa alta davanti al giudizio di Dio.
II. Difficoltà della visita
«Figlie mie, non è compito da poco fare la visita, e pochi
sono quelli che la compiono in modo da renderla utile. È uno
dei compiti più difficili. Fra cento persone se ne troveranno
forse una dozzina che ne siano capaci. È necessario essere
tanto prudenti, tanto accorti, tanto miti, tanto segreti, ah!
segreti come in confessione!
Diciamo soltanto due parole. Prima di tutto, sorelle, dovete farla guardando a Dio solo e come la Madonna la fece
La Visita al povero 25
andando a visitare Santa Elisabetta, ossia con dolcezza, con
amore e carità. Essa non rimproverò nessuno, ma con il suo
esempio istruì Santa Elisabetta e tutta la sua famiglia nei loro doveri. Non rimproverate mai. Nostro Signore stette trent’anni sulla terra prima di rimproverare gli uomini ed era venuto appositamente per visitarli. Non rimproverò mai un sacerdote, un fariseo, un samaritano, un giudeo durante tutto
quel tempo, eppure li vedeva comportarsi male. Oh! non
rimproverate mai, mai».
III. Spirito di fede
«Figlie mie, come è vero! Servite Gesù Cristo nella persona dei poveri, e questo è vero, come è vero che siamo qui.
Una suora andrà dieci volte al giorno a visitare i malati e
dieci volte al giorno vi troverà Dio. Come dice S. Agostino,
quello che vediamo non è tanto sicuro, perché i nostri sensi
possono ingannarci; ma le verità di Dio non ingannano mai.
Andate a vedere i poveri forzati in catena, vi troverete Dio;
servite i bambini, vi troverete Dio. O figlie mie, che bella cosa! Voi andate in povere casupole, ma vi trovate Dio. O figlie
mie, che bella cosa, ancora una volta! Egli accetta i servizi
che prestate ai malati e li considera come fatti a se stesso».
Analoghe stupende parole di Federico Ozanam:
«Sembra che per amare si debba vedere, e noi non vediamo Dio se non con gli occhi della fede, e la nostra fede è così
debole! Ma, gli uomini, ma i poveri, li vediamo con gli occhi
della carne, sono qua e noi possiamo mettere il dito e la mano nelle loro piaghe e i segni della corona di spine sono visibili sulla loro fronte, e noi dovremmo cadere ai loro piedi e
dire loro con l’apostolo: Tu sei il mio Signore e il mio Dio.
Voi siete i nostri padroni e noi saremo i vostri servitori, voi
siete per noi l’immagine sacra di quel Dio che non vediamo,
e non sapendolo amare in altro modo, noi l’ameremo nella
vostra persona».
IV. Fiducia nel Signore
«Sorelle, consolatevi con questo pensiero andando a visitare i malati e in tutto quello che farete: “Devo sperare dalla
bontà di Dio, poiché mi ha chiamata Lui a fare questo, che
mi concederà la grazia di compierlo virtuosamente».
V. Sopportazione
«Orbene, mie care sorelle, se il Figlio di Dio soffrì sempre,
26 Sussidio formativo 2008/2009
chi vorrà esimerci dal patire? Quando, andando a visitare i
poveri, passava davanti alle taverne, era deriso, motteggiato e
rimaneva profondamente afflitto sentendo le brutte canzoni e
le parole sconce dette in quei luoghi. Figlie mie, non vi meravigliate dunque se vi dico cose simili, e se, andando per le
vie, anche nelle case, trovate insolenti che vi fanno discorsi
sgarbati, poiché non è stato risparmiato neppure il Figlio di
Dio; ora, quando vi è rivolta qualche parola villana, difficile
a sopportarsi, non rispondete, ma elevate il cuore a Dio per
chiedergli la grazia di sopportarla per amor suo, andate davanti al Santissimo Sacramento a raccontare la vostra pena a
Nostro Signore».
VI. Corpo e anima
«Ecco, figlie mie, il dovere di una Figlia della Carità: dare tutte le vostre cure ai poveri, affinché non soltanto i corpi
ricevano i soccorsi che dovete loro, ma anche le anime abbiano il bene che, con l’aiuto di Dio, ricevono per mezzo vostro».
Domande per la riflessione personale
1) Vivere il servizio con amore è faticoso. Quali sono
le difficoltà più frequenti che incontriamo? ci aiutano i confratelli e la Conferenza a superarle?
2) È possibile visitare e aiutare i poveri senza partecipare in qualche modo alla loro la povertà? Parole
come povertà, essenzialità, sobrietà, rinuncia al superfluo, che cosa ti suggeriscono?
3) San Vincenzo afferma: “Date tutte le vostre cure ai
poveri”; si potrebbe tradurre: date la vostra vita ai
poveri. Che effetto ci fanno queste parole? Le riteniamo eccessive?
Domande per la vita di Conferenza
1) San Vincenzo afferma che pochi sanno far bene la
visita.
Consapevole di questo, la Conferenza si sforza di
preparare e di sostenere i Confratelli in quest’opera?
La Visita al povero 27
Si fanno insieme momenti di verifica e di confronto su tale impegno?
2) “Oh! non rimproverate mai, mai” (san Vincenzo).
Come ci poniamo di fronte ai poveri: come benefattori, maestri, giudici…o come amici e fratelli?
Come si parla in Conferenza dei poveri? Con rispetto, discrezione, delicatezza, come se parlassimo
di Cristo?
3) Abbiamo bisogno di tanto discernimento. Per questo occorre la preghiera.
Quale spazio diamo alla preghiera nei nostri incontri? È una preghiera “vera”, o una semplice recita di
formule? È una preghiera avulsa dalle problematiche concrete, o le accoglie e le illumina?
28 Sussidio formativo 2008/2009
V RIFLESSIONE
LA VISITA: MOMENTO DI ANNUNCIO
Cristo ci manda ai poveri. Cristo ci aspetta nei poveri:
è Lui l’alfa e l’omega, il principio e il fine della visita ai
fratelli.
Questa è l’idea luce dei nostri fondatori, che si può
schematizzare così:
1) Cristo è il senso e la sostanza della vita;
2) la miseria attenta non solo alla condizione temporale,
ma anche a quella spirituale dell’uomo;
3) l’annuncio di Cristo è perciò il mezzo essenziale per
vincerla.
I. Cristo al centro dell’uomo
Seguace della scuola di spiritualità francese del suo
tempo, san Vincenzo colloca al centro dell’edificio spirituale il Verbo incarnato. È in lui che risplende tutto l’amore del Padre, è da lui che procede tutta l’opera della
grazia e della salvezza. L’uomo che incontra Cristo viene
inondato della sua luce: la luce di una umanità autentica e
rinnovata, la luce della gloria divina. Per questo la realizzazione della persona umana consiste in una appartenenza
totale a lui, nella vita e nella morte:
«Ricordatevi che la nostra vita è ripiena di Cristo e che
noi viviamo in lui attraverso la sua morte e che noi dobbiamo morire in Gesù Cristo: e che per morire come Gesù Cristo
bisogna vivere come lui. Se c’è questo fondamento, accetteremo disprezzo, disonore, infamia; non terremo in conto né
onori, né buona riputazione, né applausi; e non faremo nulla che non sia per Gesù Cristo» (S.V.).
Dopo questa elevazione quasi agostiniana... secondo il
suo stile san Vincenzo si fa molto concreto e passa al quotidiano:
«Più le nostre azioni hanno rapporto con quelle che Gesù
Cristo ha compiuto in vita, e le nostre sofferenze con le sue, e
più esse sono gradite a Dio».
E poi un’affermazione originale e stupefacente che
mozza il fiato: «Gesù Cristo è nostro padre e nostra madre: il nostro tutto»!
La Visita al povero 29
II. La povertà cattiva consigliera
Se Cristo è il centro della vita dell’uomo, bisogna temere tutto ciò che impedisce il cammino verso di lui, o
allontana da lui. Secondo san Vincenzo, la povertà può essere un ostacolo sulla strada della salvezza.
Egli ha detto cose stupende dei poveri e della povertà,
ma non ha ignorato realisticamente le conseguenze che la
mancanza dei beni essenziali può avere tanto sulla vita
temporale quanto sulla vita spirituale delle persone:
«Non devo considerare i poveri dal loro aspetto o dalla loro apparente mentalità: molto spesso non hanno quasi la fisionomia, né l’intelligenza delle persone ragionevoli, talmente
sono rozzi e materiali»...
Questa mancanza di intelligenza e di ragione è più
preoccupante della mancanza della pagnotta: perché a
questa in qualche modo si riusciva a rimediare, mentre era
molto più difficile liberare i poveri dalla schiavitù culturale e spirituale.
“La povertà è una cattiva consigliera”: la carità come
prevenzione, da lui perseguita tenacemente soprattutto
mediante il lavoro e l’istruzione, dipende da questa convinzione.
Attraverso le opere di solidarietà sociale – è scritto in
uno dei regolamenti redatti dal Santo – «I ricchi s’acquistano un milione di benedizioni in questo mondo e la vita eterna nell’altro... I poveri vengono istruiti nel timor di Dio,
ammaestrati a guadagnarsi il pane, assistiti nelle loro infermità... E finalmente le città saranno liberate da tanti fannulloni, tutti viziosi, e migliorate dal commercio delle opere
dei poveri».
III. “I poveri sono evangelizzati”
Oltre all’istruzione, c’è un altro tipo di conoscenza che
per san Vincenzo e per Federico è ancora più importante
per la liberazione del povero: la “conoscenza” della fede,
quella speciale conoscenza che è esperienza di Dio, scoperta di Cristo e della sua parola, visione trascendente della vita, comunione coi fratelli nella chiesa.
Se il lavoro e l’istruzione promuovono la persona sul
piano sociale e culturale, l’incontro con Cristo la restituisce alla piena dignità di figlio di Dio:
- Cristo è la vita dell’uomo;
- la miseria allontana l’uomo da Cristo;
30 Sussidio formativo 2008/2009
- bisogna riportare Cristo al povero.
Per san Vincenzo non ci sono dubbi: l’obbiettivo primario della carità è l’annuncio del Vangelo: portare ai poveri Cristo, perché Cristo è il nome unico e definitivo della salvezza.
Dice alle Figlie della carità:
«Dite soltanto una parola passando, qualche parola di
Nostro Signore»...
«Dire, così, una parola secondo il bisogno. E per renderla
efficace, dovete riempirvi dello spirito di Nostro Signore, in
modo che si veda che voi l’amate e che cercate di farlo amare.
Colei che sarà piena dello spirito di Nostro Signore, non può
altro che cogliere molti frutti. Ma se tra voi vi fossero alcune
che appartenessero alla Carità soltanto di nome e non ne
avessero altro che la veste, quelle non diranno nulla; o se diranno qualche cosa, sarà con tanta freddezza che non commuoverà affatto. E perché? Perché quella suora non ha carità
in cuore, non parla se non a fior di labbra; quello che dice
non ha forza, perché viene dalla bocca e non dal cuore. Ma
quelle che sono piene di Dio parlano con affetto perché hanno Dio nel cuore, e quello che esce da questo cuore è una
scintilla che entra in quello del malato: è un balsamo che
spande ovunque il suo buon odore» .
IV. La parola dell’annuncio va accompagnata dal gesto di
amore
Non esiste annuncio efficace senza la testimonianza
della carità. Perciò – dice san Vincenzo – come i laici devono accompagnare la carità con l’annuncio, così gli evangelizzatori (primi fra tutti i Sacerdoti) devono accompagnare l’annuncio con la carità:
«Quando i sacerdoti si applicano alla cura dei poveri,
fanno l’ufficio stesso di Nostro Signore e di molti grandi santi, i quali non solo raccomandarono i poveri, ma loro stessi li
consolarono, li servirono, li guarirono. I poveri non sono le
membra afflitte di Nostro Signore?. Non sono nostri fratelli?
E se i sacerdoti li abbandonano, chi volete che li assista?».
V. Impegno specifico dei laici
«La carità verso il prossimo, nelle forme antiche e sempre
nuove delle opere di misericordia corporale e spirituale, rappresentano il contenuto più immediato, comune e abituale di
quell’animazione temporale dell’ordine temporale, che costi-
La Visita al povero 31
tuisce l’impegno specifico dei fedeli laici» (Federico Ozanam).
Domande per la riflessione personale
1) Quando non ci sono le condizioni per pronunciare
il nome di Dio e annunciare la salvezza, bisogna
semplicemente rinunciare? O intensificare la testimonianza della vita e della carità, e parlare dell’amore di Dio con il nostro amore?
2) Essere solidali significa essere in solido, essere quasi
una cosa sola con i poveri. Ti è mai capitato di fare
questa esperienza? Fino a che punto ti lasci coinvolgere dai poveri e dalla loro condizione?
Domande per la vita di Conferenza
1) La carità è molto più impegnativa di una beneficenza occasionale.
Come si comportano le nostre comunità, le nostre
parrocchie nei confronti dei poveri? Sono esempi
seri e coerenti di accoglienza? Di fronte a problemi
nuovi, come l’arrivo di tanti immigrati, quali scelte
concrete sono state fatte?
2) Fra i soldi che la Parrocchia gestisce nel complesso
delle sue attività, quanti vengono stanziati per i poveri e per iniziative di carità? Ci siamo mai soffermati su questo aspetto? Non può essere un buon
indice per verificare l’impostazione pastorale?
3) Nel Consiglio Pastorale della parrocchia sono presenti i poveri? Esiste una pastorale per i poveri?
4) Il dovere che le Conferenze hanno di educare alla
carità può realizzarsi solo se i confratelli sono presenti all’interno dei Consigli Pastorali, nella Caritas, come catechisti o animatori di gruppi giovanili…
Credete che sia una prospettiva possibile nella vostra parrocchia?
32 Sussidio formativo 2008/2009
VI RIFLESSIONE
LO SPIRITO DELLA VISITA
C’è un punto fondamentale nella “sapienza caritativa”
di san Vincenzo da prendere in considerazione: “lo spirito
della carità”.
Qual è per lui questo spirito? La risposta è una sola e
immediata: lo spirito evangelico.
Lui, che non concepisce niente al di fuori di Gesù Cristo, vede la carità e il servizio dei poveri soltanto come
continuazione della missione di Gesù:
«Che grazia di Dio, che felicità andare a continuare la
carità che Nostro Signore esercitava sulla terra: a compiere
un’opera sì ammirabile agli occhi di Dio e degli angeli, opera
che l’Uomo - Dio ha trovato degna di se stesso e della sua
santa madre».
Da questa convinzione scaturisce una conseguenza:
che lo spirito del missionario, o della suora, o del laico
cristiano, deve essere il medesimo di Nostro Signore:
«Né la filosofia, né la teologia, né le prediche operano
dentro alle anime; bisogna che Gesù Cristo si mescoli con noi,
o noi con Lui; che noi operiamo in Lui, e Lui in noi; che noi
parliamo come Lui e nel suo spirito, così come Lui stesso era
nel Padre e predicava la dottrina che Egli gli aveva insegnato: è il linguaggio della Sacra Scrittura».
Approfondendo il discorso, san Vincenzo lo articola in
questi punti:
- in che cosa consiste lo spirito di Gesù;
- che cosa significa rivestirsene;
- spirito di dolcezza;
- spirito di povertà.
I. Lo spirito di Gesù
Nelle Regole date ai Preti della Missione, san Vincenzo
aveva scritto: “Questa piccola Congregazione, con la grazia di Dio, deve fare il possibile per rivestirsi dello spirito
di Gesù Cristo”.
Nella conferenza di commento su tale articolo, il Santo
si domanda: “Che cosa è lo spirito di Nostro Signore?” E
risponde:
«È uno spirito di carità perfetta, ripieno di una meravigliosa stima della divinità e di un desiderio infinito di ono-
La Visita al povero 33
rarla degnamente; una percezione della grandezza del Padre
suo per ammirarla ed elevarvisi incessantemente. Ne aveva
una così alta stima che gli faceva omaggio di tutte le cose, gli
attribuiva tutto, riferiva al Padre anche la sua dottrina. E
quale amore! Poteva amarlo di più che annientandosi per
lui? Le sue umiliazioni erano solo amore, il suo lavoro amore, le sue sofferenze amore, le sue preghiere amore, tutte le sue
azioni interiori ed esteriori nient’altro che reiterati atti d’amore».
II. Rivestirsi dello spirito di Gesù
Ciò che non finisce di stupire Vincenzo è che uno spirito così grande – lo spirito del Figlio di Dio – sia partecipato all’uomo:
«Oh se noi avessimo la vista abbastanza acuta per penetrare un po’ nella sua infinita eccellenza... O mio Dio, o
miei fratelli, quali alti sentimenti non ne riporteremmo! Noi
diremmo – come San Paolo – che gli occhi non hanno mai
visto, le orecchie mai udito, l’intelligenza mai capito niente
di simile».
Ma che cosa vuol dire rivestirsi dello spirito del Signore?
«Per capire bene questo – dice san Vincenzo – bisogna
sapere che il suo spirito è diffuso in tutti i cristiani che vivono secondo le regole del cristianesimo; le loro azioni e le loro
opere sono impregnate dello spirito di Dio. Ciò significa che
lo Spirito Santo – con la propria persona – si espande nei
giusti e abita personalmente in loro. Quando si afferma che
lo Spirito Santo opera in qualcuno, s’intende che questo Spirito – risiedendo in questa persona – le dona le medesime inclinazioni e disposizioni che Gesù Cristo aveva sulla terra; ed
esse lo fanno agire, non dico con uguale perfezione, ma secondo la misura dei doni di questo Divino Spirito».
E conclude:
«La stima e l’amore di Dio, la conformità alla sua santa
volontà, il disprezzo del mondo e di noi stessi che dobbiamo
imitare in Gesù Cristo per essere rivestiti del suo spirito, non
potrebbero trasparire meglio in noi che mediante la pratica
delle virtù che hanno brillato in modo particolare nella vita
di Nostro Signore sulla terra: la sua povertà, castità e obbedienza, la sua carità verso i malati, ecc. Se noi ci impegniamo a imitare Nostro Signore in tutto questo, dobbiamo sperare che saremo rivestiti del suo spirito».
34 Sussidio formativo 2008/2009
III. Spirito dolce e soave
Un modo dello Spirito che san Vincenzo apprezza e
sottolinea particolarmente è la dolcezza. Egli non si stanca
di ricordarlo a tutti:
- al certosino che ha dei problemi:
«È un principio fermo che lo Spirito di Nostro Signore
agisce dolcemente e soavemente, mentre quello della natura e
dello spirito maligno agisce al contrario aspramente e acidamente».
- alle suore addette ai malati
«Siete destinate a rappresentare la bontà di Dio verso
quei poveri malati. Orbene, siccome questa bontà si comporta con gli afflitti in modo dolce e caritatevole, anche voi dovete trattare i malati come questa medesima carità insegna:
ossia con dolcezza, bontà e amore, compatendo i loro mali,
ascoltando i loro lamenti come una buona madre deve fare;
perché essi vi considerano come loro nutrici e come persone
mandate da Dio per assisterli».
- e più in generale:
«Dio ci faccia la grazia di intenerire i nostri cuori verso i
miserabili e di credere che, soccorrendoli, facciamo opera di
giustizia e non di misericordia. Sono nostri fratelli che Dio
ci comanda di assistere: facciamolo dunque come incaricati
da Lui e nel modo insegnatoci dal Vangelo».
Federico Ozanam sintetizza il pensiero di san Vincenzo in questa splendida affermazione:
«Si parla a questi vinti con affetto, si restituisce loro una
dignità umana».
IV. Spirito di povertà
Un abisso molte volte separa l’evangelizzatore dall’evangelizzando. Se non si colma questo abisso non è possibile l’evangelizzazione. Dio, per colmare l’abisso esistente
tra Lui e l’uomo, si è fatto uomo. Altrimenti ci sarebbe
stata incomunicabilità tra l’uomo e Dio.
Per comunicare con l’uomo e salvarlo Dio si è fatto
povero:
«Nostro Signore, sommo padrone, Creatore e legittimo
possessore di tutte le ricchezze, scorto il grande disordine che
l’avidità di dette ricchezze sparse sulla terra, volle rimediarvi
praticando il contrario. Egli, che fu tanto povero da non avere dove riposare il capo, volle che gli apostoli e i discepoli ammessi nella sua Compagnia praticassero la medesima povertà;
La Visita al povero 35
e così fecero i primi cristiani dei quali è detto che non avevano nulla in proprio, ma mettevano tutti i loro beni in comune. Nostro Signore dunque, vedendo i danni che lo spirito
maligno aveva fatto nel mondo con il possesso delle ricchezze,
che era causa della perdita di molti, volle combatterlo con un
rimedio del tutto opposto, ossia con la pratica della povertà.
Oh! felice e ricchissima povertà, mirabilmente e perfettamente praticata da Nostro Signore! “Qui, cum esset dives,
propter nos egenus factus est”. Non aveva neppure una pietra
dove riposare il capo; povero non soltanto in vita, ma anche
in morte. E noi vedremo questo spettacolo, Gesù confitto in
croce, senza essere infervorati nella pratica di questa virtù?».
Tutta, dunque, la “sapienza” di Vincenzo gira attorno
a Dio: Dio è la ragione della carità, Dio è il modello della carità, Dio è lo stile della carità. La pedagogia vincenziana è sicuramente una pedagogia teocentrica.
Domande per la riflessione personale
1) Sei consapevole che una persona è spirituale non
soltanto se sta chiusa in chiesa a pregare, ma se riesce a far entrare Cristo nella sua giornata e in tutti
gli ambienti in cui è chiamata a vivere?
2) Il risparmio etico, il commercio equo e solidale, il
consumo critico, l’autotassazione… Queste e altre
proposte indicano una strada alternativa, contro
corrente, sicuramente non semplice, perché tutta la
vita sia evangelica, non solo alcune ore settimanali
dedicate al volontariato e alla formazione. Può andar bene anche per te?
Domande per la vita di Conferenza
1) Quando si può dire che la Conferenza “è rivestita
dello spirito del Signore”? La vostra lo è?
2) Conoscete delle famiglie che hanno scelto di vivere
la povertà evangelica e si sono date dei programmi
concreti per realizzarla?
3) A volte occorre essere determinati, fermi e persino
severi per il bene dei poveri. Come è possibile conciliare questi atteggiamenti con la dolcezza di cui
36 Sussidio formativo 2008/2009
parla san Vincenzo?
4) “Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose
buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono”! (Lc 11,13).
Siamo consapevoli che lo Spirito è essenzialmente
dono, e che non dobbiamo mai stancarci di chiederlo nella preghiera personale e in quella comunitaria?
“
La San Vincenzo, attraverso la visita domiciliare incontra spesso le famiglie. Famiglie in difficoltà economiche di ogni tipo … ma anche famiglie in situazioni religiosamente e spesso civilmente irregolari. All’interno della famiglia poi permangono, o si aggravano, anche fenomeni
problematici o negativi come una generalizzata privatizzazione ed enfatizzazione
della sessualità; la piaga dell’aborto; la diffusione di una mentalità contraccettiva; il
ricorso alle diverse forme di fecondazione
artificiale. La famiglia ha pertanto più che
mai urgente bisogno dell’impegno di tutti
i membri della San Vincenzo affinché la si
salvi e si promuovano i suoi valori. La San
Vincenzo dovrà anche assumersi quelle
responsabilità sociali necessarie affinché
nella legislazione, nelle politiche sociali e
nelle norme e decisioni amministrative
siano salvaguardati i diritti della famiglia
fondata sul matrimonio in sintonia con
il dettato costituzionale (art. 29) e siano
presi provvedimenti idonei a sostenere la
famiglia stessa nei suoi compiti essenziali, a cominciare dalla tutela del concepito
e dall’educazione dei figli. (La San Vincenzo e la famiglia, Vademecum del Vincenziano, pag. 29)
La Visita al povero 37
VII RIFLESSIONE
LASCIARSI EVANGELIZZARE DAI POVERI
La visita non è soltanto il momento dell’annuncio che
il Vincenziano fa al fratello bisognoso. È anche il momento dell’annuncio del povero al Vincenziano.
I poveri ci evangelizzano inconsapevolmente col loro
stesso essere, richiamandoci fortemente ai valori essenziali,
denunciando la precarietà di tanti idoli a cui serviamo
(denaro, bellezza, efficienza…) e provocandoci alla condivisione e alla solidarietà.
Sovente ci danno anche esempio di pazienza, di dignità, di fiducia.
Inoltre, proprio per la loro condizione, sono in grado
di evangelizzare altri poveri più di chi sta bene.
I. L’esempio di Gesù
Fa dei poveri e peccatori i suoi interlocutori in discorsi di fondo:
- la Samaritana e la grazia (Gv 4, 1)
- le sorelle di Lazzaro e la risurrezione (Gv 11, 17)
- la peccatrice e il perdono (Lc 7, 36)
- Zaccheo e la conversione (Lc 19, 1)
- il paralitico e il potere di assolvere (Mt 9, 1)
I piccoli e gli ultimi sono da Lui esaltati:
- Maria esaltata a Madre di Dio
- La Cananea proposta come modello di fede (Mt 15, 21)
- La vedova del Tempio modello di carità (Mc 12, 41)
- Maria di Magdala missionaria degli Apostoli (Lc 20, 17)
- Gesù vive da povero in mezzo ai poveri, sceglie i suoi
collaboratori tra i poveri.
II. L’insegnamento di san Vincenzo e di Federico Ozanam
La vera religione sta nei poveri
«Per l’esperienza che ne ho, e secondo il concetto che me
ne sono sempre fatto, la vera religione, signori, la vera religione è tra i poveri. Dio li arricchisce di una fede viva: essi credono, essi toccano, essi gustano le parole di vita» (S.V.)
«Oh, quante volte, preso da qualche sofferenza interiore,
38 Sussidio formativo 2008/2009
tormentato dalla mia salute gravemente deteriorata, colmo
di tristezza, io sono entrato nella casa di un povero affidato
alle mie cure, e là, alla vista di tante miserie che meritavano
più compassione di me, mi sono i rimproverato il mio scoraggiamento, mi sono sentito più forte contro la mia sofferenza,
e ho ringraziato quel povero che mi aveva consolato e ridato
forza alla vista delle sue miserie. E come, dopo allora, io l’ho
amato ancora di più»! (F.O.)
Il Sinodo della diocesi di Roma
“I poveri saranno accolti nelle comunità cristiane non solo
come destinatari di cura pastorale, ma come soggetti attivi
della vita e della missione della Chiesa e della promozione
umana e sociale”.
“La Chiesa, come comunità convocata da Cristo, deve essere vissuta e concretamente percepita come spazio di vita e
di redenzione dei poveri, dove essi hanno voce, si sentono a
casa, ritrovano la strada della loro liberazione umana e cristiana, e possono diventare essi stessi, in prima persona, gli
artefici della loro promozione e, insieme con tutti, di una
trasformazione dell’intera società per renderla più autenticamente a misura d’uomo”.
III. Alcune conclusioni:
a) Sinteticamente: andare dai poveri non per ciò che non
hanno, ma per ciò che sono. Nel primo caso si va per
dare, nel secondo per ricevere.
b) Conseguentemente:
- metterci in ascolto dei poveri, perché anche senza
strutture culturali essi sono in grado di comprendere
il senso genuino del Vangelo che è stato pensato e
predicato da Gesù innanzitutto per loro: “ai poveri è
annunciata la lieta novella”.
- Lasciarci evangelizzare dai poveri, cogliendo in essi il
segno della situazione esistenziale dell’uomo marchiato da una povertà costituzionale che lo impegna ad un
continuo sforzo di autosuperamento.
- Essere solidali coi poveri, che non significa semplicemente dar loro dei soldi o delle cose: la solidarietà è
innanzitutto un fatto mentale che spinge a stare dalla
parte dei poveri, a combattere le loro battaglie, ad attuare forme di condivisione secondo il modello della
prima comunità cristiana dove i beni di tutti servivano al bene di tutti.
La Visita al povero 39
- Costruire insieme il Regno di Dio, che secondo l’insegnamento di Gesù appartiene a loro e ha bisogno
della loro presenza e della loro partecipazione per una
totale realizzazione.
- Maturare insieme ai poveri una nuova cultura, che
non sia più la nostra facilmente consumistica, o la loro facilmente rinunciataria e passiva: una cultura di
stampo umano ed evangelico, secondo la quale da
qualsiasi condizione si può e si deve partire alla ricerca
della ricchezza vera che sta sempre oltre tutte le situazioni temporali.
- Fare casa insieme ai poveri, accogliendoli – come ci
ammonisce il documento dei Vescovi italiani “Evangelizzazione e testimonianza della carità” – nel nostro
tempo, nelle nostre amicizie, nelle nostre case; accogliendoli, in modo particolare, nelle nostre comunità
ecclesiali, dove molte volte essi fanno l’amara esperienza dell’emarginazione come nella comunità civile.
- Fare chiesa insieme ai poveri, perché la Chiesa diventi sempre di più il sacramento di Cristo povero: così
essa sarà in grado di comprendere e di liberare i poveri, e di dar loro il posto che loro compete nella comunità cristiana.
Domande per la riflessione personale
1) Con quale atteggiamento vai dai poveri? L’atteggiamento dell’evangelizzatore o quello di chi ha bisogno di essere evangelizzato?
2) Istintivamente sei dalla parte dei poveri? O dall’altra parte?
3) Vai solo nelle case dei poveri, o li accogli anche in
casa tua?
Domande per la vita di Conferenza
1) È importante inventare forme nuove per una partecipazione dei poveri alla progettazione delle iniziative e degli obbiettivi delle Conferenze: quali? come?
2) Il primo diritto di ogni essere umano è quello di es-
40 Sussidio formativo 2008/2009
sere riconosciuto come persona, responsabile della
propria vita. Non accade anche ai Vincenziani di
tenere i poveri sotto tutela invece di promuoverne
la dignità di esseri umani? Di parlare molto di loro
invece di far parlare loro?
3) Non sarebbe significativo e opportuno fare qualche
esperienza di preghiera con i poveri senza alcun
condizionamento di pacchi o di aiuto materiale,
ma solo per prendere coscienza della ricchezza che
tutti abbiamo, e insieme ringraziare il Signore?
“
Lo stile del servizio deriva dallo spirito
che anima il credente. Per questo va richiamata una forte attenzione alle persone che faccia riscoprire la dignità di
ognuno. L’intervento deve essere tale da
aiutare il povero nella sua auto promozione umana, cristiana e sociale.
Per cogliere il bene dell’altro bisogna
commuoversi dentro, come fa Dio stesso. Ci vuole un servizio concreto, gratuito, trasparente, disinteressato: si tratta di
fare il bene dell’altro e non quello che rientra solo nelle nostre vedute.
La carità evangelica, secondo San Vincenzo, deve riguardare sia l’aspetto materiale sia spirituale. Occorre pensare che il
bisogno fondamentale dell’uomo è “Dio
stesso”. San Vincenzo vuole che “il bene
sia fatto bene”, così non solo si raggiunge l’altro nel suo bisogno, ma crescono
insieme chi lo compie e l’intera comunità. (Il carisma della Società di San Vincenzo, Vademecum del Vincenziano, pag. 16)
”
La Visita al povero 41
VIII RIFLESSIONE
PREPARARE E VIVERE LA
VISITA
I. La visita domiciliare principio fondante dell’attività
del gruppo
La visita è importante non solo perché lo afferma lo
Statuto della Società, ma perché l’ambiente di vita rappresenta il mezzo più idoneo per conoscere le persone: non
per giudicare, ma per capire meglio i problemi e le necessità vere delle famiglie. La visita è il servizio che da sempre
caratterizza i Vincenziani e lo distingue dagli altri volontariati che operano nel sociale, in quanto il nostro metodo
si basa essenzialmente sul rapporto personale fatto di
compartecipazione e condivisione.
Creando un rapporto di reciproca fiducia, si può fare
un progetto che venga compreso e condiviso dalle persone
in difficoltà, e che incida sulle cause dei bisogni. Frequentare regolarmente questi fratelli determina una crescita costante e vicendevole. Con alcuni il rapporto si evolve nel
tempo, ed essi arrivano a ricambiare la visita ai volontari.
Tutto ciò anche se oggi la visita è più difficile che non
in passato, perché il sistema di vita e le povertà sono cambiate.
II. Come preparare la Visita
Per conoscere una situazione è sempre necessaria una
prima visita. Quindi nella riunione di gruppo si valutano i
problemi che si presentano, si ricerca il modo migliore di
intervenire, si inviano i volontari adatti per sensibilità e
discrezione, per disponibilità e conoscenza delle problematiche.
Nessun caso è proprietà esclusiva di un volontario. È
opportuno che nelle Conferenze vi siano volontari preparati in settori specifici di povertà: anziani, malati, giovani,
famiglie. Prima di ogni visita è importante rivolgere una
preghiera allo Spirito Santo affinché ci illumini e guidi i
nostri passi.
III. Come si vive la Visita
Certamente deve essere tempestiva, perché non si può
far aspettare chi è nel bisogno. È necessario ascoltare senza
fretta, con pazienza, comprensione e prudenza. Si cerca di
42 Sussidio formativo 2008/2009
immedesimarsi nel problema della persona, aiutandola a
esprimersi in modo che manifesti con sincerità i suoi veri
bisogni. Attraverso il colloquio, la condivisione, il sostegno morale, si instaura un rapporto paritario di stima e di
rispetto, proprio di chi non giudica né impone proprie valutazioni.
I volontari si impegnano in un autentico affiancamento alle persone o alle famiglie, mirato alla loro crescita e
alla liberazione da situazioni di dipendenza.
È importante elaborare dei piccoli progetti, coinvolgendo il più possibile l’assistito per una autonomia di vita
futura, informandolo sui suoi diritti e sui suoi doveri.
In generale, occorre essere attenti alle problematiche
più gravi che magari si celano dietro alla richiesta di aiuto
economico, e risalire alle vere cause.
IV. Le Visite vanno fatte regolarmente
Dopo la visita iniziale, quelle successive avvengono a
seconda delle necessità e delle circostanze.
È importante che la metodicità non elimini la spontaneità della visita. Essa può essere anche quotidiana per i
malati, gli anziani, le persone sole che necessitano di sostegno e di compagnia.
V. Come realizzare l’incontro personale quando non è
possibile fare la Visita
In questo caso si invitano le persone a recarsi presso la
sede della Conferenza o al Centro di Ascolto. Non si trascura di mantenere i contatti avvicinando le persone negli
incontri casuali, in chiesa, con l’aiuto del parroco, o accogliendoli in casa propria.
Ci si può impegnare anche in momenti di incontro e
di socializzazione in luoghi pubblici che migliorano i rapporti interpersonali fra volontari e persone bisognose
d’aiuto.
VI. La Visita non è soltanto una esperienza personale,
ma coinvolge il gruppo
La visita è innanzitutto una esperienza personale che
dà gioia e tocca profondamente; in seguito coinvolge il
gruppo, dove nasce la solidarietà e si cercano le soluzioni.
I volontari relazionano sui “casi” con discrezione; alcune cose e confidenze vengono condivise solo con il presi-
La Visita al povero 43
dente, per il rispetto dell’intimità delle persone.
VII. Quali sono le principali difficoltà che si incontrano
durante la Visita
Difficoltà iniziali si hanno da ambo le parti, quasi sempre per la diffidenza delle persone o per falsità di comodo.
In situazioni difficili occorrerebbe l’aiuto dello psicologo. Spesso non è facile valutare i problemi reali in quanto
alcune persone tendono a minimizzarli, mentre altri li ingrandiscono. I bisogni veri spesso non vengono avvertiti
neanche da loro. Ci sono difficoltà nell’ottenere confidenze, nell’aiutare ad amministrare i pochi beni, o nell’intervenire quando ci si trova di fronte a debiti enormi.
Troppo spesso il volontario è visto come distributore
di cose materiali, non come l’altro con cui condividere le
difficoltà. C’è difficoltà a entrare in certe famiglie a rischio per situazioni di devianza (alcolismo, tossicodipendenza), presso gli immigrati per problemi di lingua, mentalità, abitudini differenti, diversità di religione.
A volte si trova difficoltà a trovare le persone in casa, e
quando i figli crescono la visita spesso non è ben accetta
perché vista da loro come una forma di intrusione.
C’è difficoltà con le persone anziane, specie se in Case
di riposo, nel trovare argomenti che interessino veramente
e nel coinvolgerli in qualche attività.
Si deve cercare di convincere le famiglie a visitarli con
maggiore assiduità per recar loro più serenità.
VIII. È necessaria la formazione
La visita non può essere improvvisata, richiede coerenza, formazione spirituale, studio delle povertà che cambiano, delle normative sociali e assistenziali, comunicazione
interpersonale. Un mondo in evoluzione richiede un volontariato sempre aggiornato. Perciò è necessario che l’associazione continui a realizzare programmi formativi su linee comuni.
Molti volontari, pur riconoscendo la necessità della
formazione, hanno difficoltà a reperire il tempo necessario
dovendo conciliare diverse esigenze.
Sono ancora troppo pochi i gruppi che sistematicamente si confrontano “alla pari” con gli operatori sociali
per progettare gli interventi necessari e portare avanti insieme un progetto.
44 Sussidio formativo 2008/2009
Domande per la riflessione personale
1) Qual è il tuo modo di vivere la visita rispetto a quanto è stato tratteggiato?
2) Quali sono le principali difficoltà che incontri? Riguardano il tuo modo di proporti, i tuoi stati d’animo, o piuttosto le situazioni e i problemi che devi risolvere?
3) Senti l’esigenza di preparare la visita, in particolare
con la preghiera?
Preghiera e visita: due modi diversi per incontrare
realmente la persona di Gesù. Non è che a volte per
“l’ansia del fare” si trascuri la preghiera?
DOMANDE PER LA VITA DI CONFERENZA
1) La vostra Conferenza è anche luogo di formazione
(spirituale, societaria, vincenziana, biblica)? Quanto
tempo e quanta importanza vene dedicata alla formazione?
2) Vi sforzate di accrescere sempre di più la conoscenza
dei poveri e delle povertà, oltreché delle risorse sul
territorio, per impostare un serio cammino di formazione?
3) Se l’obiettivo del volontariato è quello di “restituire
ad ogni persona il suo posto nella società”, la sua
azione non può esaurirsi nel servizio diretto ai poveri, ma deve allargarsi alla società e all’organizzazione
politica.
Concepite perciò la formazione al volontariato anche come formazione al sociale e alla responsabilità
nella Comunità?
4) Sono temi ampi e importanti, che oggi non possiamo più ignorare e rifiutare. Non è un compito facile!
Ma la difficoltà più grande è quella di cambiare la
nostra mentalità. Ne siamo convinti? O vogliamo
cambiare gli altri senza cambiare noi?
La Visita al povero 45
CONCLUSIONI
Se vogliamo a questo punto tirare le fila non soltanto
del discorso sulla visita, ma più ampiamente sulla pedagogia vincenziana nel servizio dei poveri, possiamo riassumerla in cinque “punti essenziali”:
I. Azione e contemplazione
Al falso dilemma “pregare o agire?” Vincenzo e Federico rispondono trasformando l’azione in preghiera, il servizio dei poveri nella contemplazione di Cristo presente in
loro.
La ricerca della volontà di Dio come unico criterio di
tutte le scelte, il costante riferimento all’insegnamento e
all’esempio di Gesù Cristo, lo spirito di fede in ogni momento e circostanza della vita, sono il fondamento di tutta la loro attività: la contemplazione fondamento dell’azione.
II. Promozione ed evangelizzazione
Tutto l’impegno dei due Santi è orientato a ricostruire
la dignità dell’uomo sovente deturpata dalla miseria, a
promuovere il povero sul piano culturale e sociale, oltre
che su quello economico. Ma essendo fortemente convinti
che solo Cristo è il salvatore dell’uomo, la loro più grande
sollecitudine è quella di annunciare Cristo ai poveri. Se la
promozione umana è già evangelizzazione, l’evangelizzazione è in ogni caso momento e strumento di promozione.
III. Carità individuale e carità organizzata
Vincenzo e Federico non sono dei patiti dell’“insiemità”, o dei fanatici dell’organizzazione: sanno e insegnano
che l’amore dei poveri scaturisce dalle radici stesse della
vocazione cristiana, ed è perciò stretto e grave dovere di
ciascuno, prima e aldilà di qualsiasi appartenenza.
Se hanno trascorso buona parte della vita ad organizzare la carità, è solo perché così si può realizzare meglio il
bene dei poveri. Ma anche nell’azione collettiva essi vedono primariamente una dimensione teologica: l’imitazione
della SS. Trinità e la costruzione della comunità cristiana.
46 Sussidio formativo 2008/2009
IV. Azione privata e azione pubblica
In tempi quanto mai critici, Vincenzo e Federico dovettero sobbarcarsi a impegni e interventi colossali di supplenza: sia perché lo Stato era impegnato in ben altri affari
per avere tempo e possibilità di provvedere ai poveri, sia
perché la società era molto poco sensibile a questo problema.
Per lo Stato i poveri erano semplicemente dei disturbatori della quiete e dell’ordine pubblico, per la società erano facilmente dei delinquenti.
San Vincenzo richiamò fortemente i responsabili della
cosa pubblica a cambiare politica e ad “aver pietà della
Francia”, e instancabilmente si adoperò per diffondere in
tutti gli strati sociali la cultura della solidarietà e il vangelo
dell’amore: “Non sono felice perché amo Dio, se anche il
mio fratello non lo ama”.
Federico fu addirittura un antesignano dell’azione sociale e politica del Cattolici.
V. Parola e gesto
“Coloro che conoscono il bisogno che il Padrone della
messe ha di operai e stanno oziosi, si rendono colpevoli
del sangue del suo Figlio che essi rendono inutile, non applicandolo alle anime” (san Vincenzo).
Ambedue – Vincenzo e Federico – erano disposti a
qualsiasi sacrificio e privazione per aiutare i poveri; di più,
avrebbero volentieri donato la vita per la loro salvezza:
“Se qualcuno di noi fosse costretto a mendicare il pane
o a coricarsi lungo una siepe tutto lacero e intirizzito dal
freddo, e in questo stato gli fosse domandato: povero prete della missione, chi ti ha ridotto così? Quale felicità, signori, poter rispondere: è la carità” (S. V.)
Credo che non si possa finire meglio che ribadendo queste affermazioni:
- Amare è contemplare e agire;
- Amare è promuovere ed evangelizzare;
- Amare è organizzare la carità;
- Amare è annunciare e testimoniare;
- Amare è anche soffrire e morire!
Il carisma della San Vincenzo:
per saperne di più...
SUSSIDIO FORMATIVO 2008/2009
Si prega compilare e spedire entro marzo 2009
alla Segreteria nazionale Via della Pigna, 13/a – 00186 ROMA
il contenuto, il formato e la grafica vi hanno soddisfatto:
molto poco
affatto
● è utilizzato: in Conferenza
si
no
● è utilizzato: a livello personale
si
no
● è utile:
molto poco
affatto
●
Eventuali osservazioni e consigli
Mittente
Indirizzo
Firma
✄
Scarica

La Visita al povero - Società di San Vincenzo de Paoli