Editoriali e Lettere al Direttore: sempre più importanti… Negli ultimi 12 mesi, si sono aggiunti in Medline oltre 22 mila articoli riguardanti sperimentazioni cliniche. Non saranno un po’ troppi? Molto probabile. Allo stesso tempo, più di 25 mila Editoriali hanno contribuito a commentarli. Il gold standard della ricerca scientifica è il trial controllato randomizzato; il fatto è che negli ultimi tempi quello di disegnare, realizzare e riportare ricerche cliniche è un esercizio un po’ abusato. Se ci affidiamo solo alla lettura degli studi clinici rischiamo di prendere degli abbagli. Cecilia è medico reumatologo in un ospedale milanese. A partire dai primi mesi del 2001, ha iniziato a ricevere visite di informatori scientifici del farmaco desiderosi di parlarle di una nuova classe di farmaci, gli inibitori della ciclo-ossigenasi 2. “Queste molecole aprono senza dubbio nuove possibilità terapeutiche perché all’efficacia clinica associano un ottimo profilo di sicurezza, gastrointestinale”, leggeva in particolare Cecilia su un opuscolo lasciatole sulla scrivania. Allo stesso tempo, si brochure, moltiplicavano dépliant, sul quaderni suo tavolo illustrati che mettevano in guardia sulla gastrolesività dei FANS tradizionali. “La gastropatia da FANS è pesantemente sottostimata, in quanto in una percentuale variabile dal 60 all’80% dei casi le lesioni sono del tutto asintomatiche”, precisava un altro reprint. Alcuni congresso colleghi autunnale incontrati facevano ad presente un a Cecilia di nutrire più di un dubbio sulla sicurezza dei nuovi medicinali, sulla base di articoli usciti su riviste importanti che, però, Cecilia non aveva l’abitudine di sfogliare… Nell’agosto del 2001, due “pezzi da Novanta” della Medicina statunitense come Eric Topol e Steve Nissen del dipartimento di Medicina cardiovascolare della Cleveland Clinic, pubblicavano sul JAMA una Special Communication dedicata al rischio cardiovascolare dei Coxib. L’articolo – una via di mezzo tra una ricerca bibliografica originale e un Editoriale – suggeriva cautela nell’uso dei nuovi farmaci e sollecitava altri studi indipendenti. Le sei pagine della rivista dell’American Medical Association scatenavano una serie di lettere al Direttore, la cui lettura a distanza di anni è molto interessante e istruttiva: gran numero di lettere inviate da rappresentanti dell’industria e segnalazioni di medici destinatari a domicilio di documentazione industriale non richiesta… “Molta ricerca clinica è fatta bene – ed è in costante miglioramento in quanto si attiene comunque ai migliori standard di disegno e di presentazione dei risultati degli studi. Per varie ragioni, tuttavia, continua ad essere condotta e pubblicata anche ricerca inutile o malfatta.” Questa convinzione di Imogen Evans, Hazel Thornton e Iain Chalmers (Evans, Thornton, Chalmers, 2007) è ormai condivisa da molti. “L’industria farmaceutica, proseguono gli stessi autori, fa ricerca per rispondere principalmente ai propri azionisti e non in primo luogo per soddisfare i pazienti o i clinici. Gli affari sono pilotati dai grandi mercati – come quello delle donne che si interrogano sull’uso della terapia ormonale sostitutiva o quello delle persone depresse, ansiose o sofferenti. Solo raramente, negli ultimi decenni, questo approccio orientato al business ha portato a nuovi trattamenti, perfino per malattie del ‘mercato di massa’. Piuttosto, all’interno di specifici gruppi di farmaci, l’industria ha prodotto molti composti assai simili fra loro – i cosiddetti farmaci metoo.” Come fare a difendersi dalle false o incomplete verità che leggiamo sulle riviste anche più autorevoli? Non leggere le riviste pensando in questo modo di mettersi al riparo da brutti incontri non è una soluzione. Al contrario, ciò che dovremmo fare è… leggere di più e meglio proprio le riviste scientifiche. “La ricerca inutile o mal presentata danneggia i pazienti e i volontari arruolati e, così come ogni altra forma di cattiva Medicina, è uno spreco di risorse e un tradimento della fiducia che negli studi stessi i malati hanno riposto” (Young & Horton, 2005): è necessario inserire le sperimentazioni cliniche in un contesto che le renda più comprensibili. Proprio questo contesto è quello che contribuiscono a definire gli Editoriali e la corrispondenza pubblicata sui periodici medico-scientifici, spazi che stanno assumendo un ruolo sempre maggiore con l’aumentare del numero degli studi originali pubblicati. Incuriosita da quanto ascoltato dai colleghi, Cecilia ha iniziato a seguire personalmente la cosiddetta “saga dei Coxibs”, proseguita senza sosta per diverse stagioni sulle pagine delle più importanti riviste internazionali. Più che da nuove ricerche originali, il dibattito è stato tenuto vivo da smentite, conferme, approfondimenti dei dati raccolti in esito allo studio Vigor e solo parzialmente presentati nel primo articolo del 2002: in gran parte, dunque, si è trattato di commenti che hanno trovato spazio in rubriche a torto meno frequentate di altre all’interno delle riviste specializzate. Fino all’uscita a fine 2005 di un Editoriale a firma del direttore del New England Journal of Medicine, Jeoffrey Drazen, che prendeva definitivamente le distanze con lo studio Vigor, pubblicato proprio dal NEJM. Le principali riviste di medicina generale affidano agli Editoriali il compito delicato di commentare gli articoli originali più importanti pubblicati sul fascicolo stesso. In qualche occasione, questi “articoli di fondo” (che in realtà in alcune riviste sono posizionati nel centro o alla fine del fascicolo) illustrano i contenuti di più di un articolo, sottolineandone convergenze o facendo notare delle incongruenze. Il Lancet conserva un’abitudine originale, quella di non firmare gli Editoriali. Questa scelta vuole sottolineare la paternità del contenuto sia realmente da ascrivere alla direzione della rivista londinese, che sceglie di utilizzare questo strumento per intervenire soprattutto su questioni di sanità pubblica e di politica sanitaria. Le note su articoli pubblicati sul settimanale sono invece raccolte nella rubrica Comment, che riporta la firma degli estensori dei testi. Affidarsi alla sola lettura delle ricerche originali è molto spesso una scelta azzardata. È opportuno leggere gli Editoriali o i commenti, avendo cura di valutare, però, i conflitti di interesse eventualmente esplicitati dall’autore. Può essere una buona idea anche verificare sul web se la firma del commentatore è associata ad eventi o a progetti sponsorizzati da un’industria interessata ai prodotti oggetto di studio da parte dell’articolo. Chi riceva da una casa farmaceutica il reprint di un clinical trial, farebbe bene a non accettarlo se non accompagnato dall’Editoriale di riferimento o dalle lettere di commento pubblicate dalla rivista. Ogni fascicolo del NEJM riporta un paio di Editoriali, preparati su invito della direzione della rivista. Diversa è invece la funzione degli articoli presentati nella sezione Perspective, dedicati ad argomenti di attualità e spesso redatti da esponenti del Comitato di redazione. © 2007 Il Pensiero Scientifico Editore www.pensiero.it www.vapensiero.info Schede a cura di Carlo Fudei [email protected] Tutti i diritti riservati