Setting Performance
Objectives
Customer
Management
ANNO 1 - NUMERO 8 DICEMBRE 2012
Clienti soddisfatti
aziende solide
Letizia Olivari
Un ottimo prodotto o un servizio
eccellente possono considerarsi
tali solo alla prova dei fatti. Ovvero solo quando i clienti sono
soddisfatti del loro acquisto e si
sentono considerati importanti
dall’azienda produttrice o fornitrice del servizio. Nonostante si
parli di ciò da molti decenni, a
leggere le indagini sembra che
di strada se ne debba fare ancora molta. Sia perché il cliente non è ancora al centro dei
processi aziendali, sia perché
le aspettative sono sempre più
alte. Tecnologie, studi, opportuntià non mancano per avere
un servizio al cliente di eccellenza e per attivare un marketing attento. CMI Customer
Management Insights per otto
numeri nel 2012 ha cominciato
a tracciare delle strade possibili
e percorribili. Lo abbiamo fatto
con 87 articoli (trovate l’elenco
completo nell’ultima pagina) e
tantissime news che hanno toccato tutti i temi che ruotano intorno alla gestione del cliente.
Dalle risorse umane dedicate
a questo compito, alle nuove
figure professionali; dalla Customer Experience ai Social
Media; dal CRM al marketing;
dalle tecnologie a supporto alle
metodologie di misurazione
dei risultati. Questi saranno
gli argomenti che continueremo a trattare anche nel 2013
non solo sulla rivista ma anche con incontri e convegni,
come nel primo che si terrà il
21 febbraio a Milano, dedicato alla Customer Experience
del cliente multicanale.
Choosing the Right Metrics:
Avoid 8 Common Mistakes
Are your center’s metrics driving performance, efficiency and value?
Advice from our experts on making smart decisions and avoiding pitfalls.
By Susan Hash
A
s contact centers add new touchpoints to their
channel mix, many leaders are rethinking their metrics and goals for optimizing the customer experience.
Having the right metrics in place is critical to guide decision making, yet in many cases, call center metrics fail
to deliver the insights needed to drive performance, efficiency and value.
Or worse, key metrics conflict with the contact center’s
vision and agent performance objectives, and end up motivating behaviors that negatively impact customers.
How do you choose the right combination of metrics
that will add value for your customers, company and employees? You’ll need to consider your center’s unique circumstances, such as your market, industry, culture, size,
product offerings, channels, skill sets and customer de21
mographics, among other factors. While
We all do it, and it is one of the most
influential activities undertaken in a
contact center. When performance
objectives are set, the team, and
each of its members, learns exactly
what is being measured and the level
of performance necessary to meet
expectations.
The scope of the topic—setting performance objectives—is quite a bit
larger than the space provided for
this article, so let’s make a few assumptions in order to narrow the target. We will start off by assuming you
have separated the “noise” from the
important performance metrics.
You also mapped key metrics back to
organizational objectives, eliminating those that do not have a match.
Let’s further assume you recognize
that some metrics—handle time is a
good example—do not translate well
as an individual performance objective, since they influence behavior
in ways you do not necessarily want
(see the sidebar on page 16 for a bit
more on this topic).
So, you are left with wanting to set
objectives on the metrics that have
value and will not generate one of
those nasty unintended consequences. With the field this well prepared,
it is time to get started.
Metric Categories
At this point, people often want to
jump in and start bouncing around
24
ideas for numbers
Mobile and the Contact
Center: The Game is Changing
We recently got rid of our landline, and I
bet many of you have already done the
same, or will soon. We live by the smartphone. It’s our “go-to” directory, information, web and application source. We use
it to self-serve or seek assisted service
with companies big and small. Whether
we make contact frequently or infrequently, we want to get our business done on
this device. I’m a “Baby Boomer,” not
one of the “iGeneration” or “Millenials”
or “GenX.” There is a shift in customer
interaction expectations that applies to
all of the generations you serve. There is
ample, compelling data on the demise of
landlines and the growth of and use of
smartphones.
(And watch out, both are accelerating!)
This article is going to focus on how you
handle it, not make the case that you
should. I’ll define what “mobile” entails,
what you can do with it, and how vendors
34
are responding
Customer
Management
Il mensile per il contact center
Customer Experience:
la sfida multicanale
Strategie e strumenti per coltivare
la relazione con il cliente
Blend Tower – Halldis Gallery
Piazza IV Novembre, 7 - Milano
21 Febbraio 2013
dalle 14.00 alle 18.30
Programma
14,00 Welcome coffee e registrazione partecipanti
14,45 Saluti introduttivi
15,00 La comunicazione “social” di banche e
assicurazioni (titolo provvisorio)
Elisabetta Locatelli - OSSCOM - Centro di
ricerca sui media e la comunicazione
Università Cattolica di Milano
15,30 La tecnologia a supporto del cambiamento
(titolo provvisorio)
Ezio Viola - The Innovation Group
16.00 Q&A
16.10 La customer experience multicanale in un
mondo sempre connesso
Armando Janigro - Oracle
16,30 touch, text, share: nuovi modi di comunicare
e di servire i clienti
Enrico Donati – Assist
16,50 Tavola Rotonda e dibattito con il pubblico
Esperienze e progetti per una Customer
Experience d'eccellenza
18.00 Aperitivo e Networking
Articoli da Contact Center Pipeline
Per ogni articolo pubblicato in inglese proponiamo un rapido riassunto
in italiano, per consentire di decidere a colpo sicuro quale argomento
approfondire.
Choosing The Right Metrics: Avoid The 8 Common Mistakes, p. 1
Sommario
4 Call center, spaccato sul mondo
dell’offerta
Sergio Caserta
Il problema è sempre esistito. Oggi le possibilità di sbagliare aumentano per la crescita dei punti di
contatto tra l’azienda e i clienti. Un criterio suggerito è quello di partire da come il call center sostiene
l’azienda e di tenere sempre in evidenza i requisiti dei clienti, senior manager e personale.
6 I trend del marketing nel 2013
Elisa Fontana
Setting Performace Objectives, p. 1
L’autore fa una riflessione sulle metriche per le quali ha senso porre degli obiettivi massimi da raggiungere perché non è conveniente andare oltre e altre metriche, tipicamente di vendita, per cui
questi massimi non hanno senso. Ciò facendo effettua una riflessione su dove porre l’asticella in
modo da non aver effetti indesiderati, sia per la prima categoria che per la seconda categoria di
metriche.
8 I Social Media? Non sono solo Facebook
Roberto Grossi
The Biggest Problem With Nps, p. 26
12 News
Ecco il punto di vista, piuttosto negativo, di un altro istituto (TARP) sul Net Promoter Score perché
non considera i clienti c.d. passivi che costituiscono una larga parte del mercato.
16 Guida alle aziende
Customer Effort Score, p. 28
Negli USA c’è una ricerca dell’indice più efficace nel predire il comportamento dei clienti. L’ultimo
nato è il CES del Customer Contact Council. Nell’articolo un esperto di sondaggi e analisi dei feedback dei clienti afferma che il metodo seguito dagli ideatori dell’indice per condurre la ricerca non è
adeguatamente documentato e pertanto le conclusioni restano sul piano dell’intuizione.
10 Il percorso formativo nel call center
Chiara Munzi
21-37 Articoli da Contact Center Pipeline
pubblicati in esclusiva per l’Italia
Customer Experience Reegineered, p. 32
Riflessioni di un consulente d’azienda sul fatto che le strategie di business dopo tutto sono abbastanza costanti nel tempo e cambia solo il modo di interpretarle. Quindi sviluppare queste best
practice: come costruire un rapporto a partire dalla conoscenza del cliente, come fidelizzare i clienti
acquisiti, come sviluppare gli affari con i clienti a portafoglio, come rendere il marchio rispettato e
come erogare un servizio accurato.
Mobile And Contact Center: The Game Is Changing, p. 1
Il passaggio in corso e in forte accelerazione dalle comunicazioni su rete fissa alle comunicazioni su
rete mobile obbliga i contact center a vedere COME (e non se) gestire il customer service su richieste di clienti provenienti da dispositivi mobili. L’articolo presenta: 1) possibili scenari di processi di
customer service che le aziende innovators o early adopters debbono considerare; 2) approcci delle
diverse categorie di vendors presenti o nuovi entranti nel coprire i gap dei requisiti; 3) come partire
bene; 4) idee da valutare per una loro implementazione.
Simplexify Your Life, p. 37
Simpatiche riflessioni di Paul Stockford, noto industry analyst con tanti anni di lavoro alle spalle, su
come col tempo le cose nate semplici (i telefoni cellulari) siano diventate sempre più complesse e
strumenti nati molto complessi utilizzati nei contact center siano stati resi semplici grazie al cambiamento dell’interfaccia utente col web 2.0. il riferimento alla semplificazione è in particolar modo
rivolto al progredire dei workforce management system che sono oggi giunti ad una nuova generazione grazie ad una elevata usabilità. E per catturare l’attenzione l’autore fa riferimenti alla teoria
della Simplexity
Customer
Management
Il mensile per il contact center
Anno 1 - Numero 8 - Dicembre 2012 - www.cmimagazine.it
Direttore responsabile: Letizia Olivari
[email protected]
Hanno collaborato: Sergio Caserta, Elena Giordano,
Elisa Fontana, Roberto Grossi, Chiara Munzi,
Impaginazione e grafica: Matteo Olivari
[email protected]
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Periodico on line - Registrazione Tribunale di Milano N. 352
del 20/09/2012
CMI Customer Management Insights è una testata
specializzata realizzata da L’Ippocastano sas di L. Olivari & C.
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via Valparaiso, 8 - 20144 Milano
DICEMBRE 2012
3
Call center, spaccato sul
mondo dell’offerta
Tempi di implementazione ridotti, ritorno sugli investimenti,
efficienza e rapidità: questo chiedono le aziende ai fornitori
di soluzioni per i call center. Come si presentano le aziende
internazionali e italiane sul mercato, come rispondono alle esigenze
di business delle imprese, grandi e piccole.
Sergio Caserta
I contact center hanno generato una forte domanda di tecnologia innovativa, che ha portato alla fondazione di nuove
aziende e alla crescita di aziende consolidate attraverso acquisizioni di start up, di rami di azienda o di aziende entrate
in crisi, ma con un interessante portafoglio clienti.
L’anno che si è appena concluso è stato per l’Italia un altro
lungo periodo di crisi economica.
L’Ict ne ha risentito e il 2012 ha visto un’ulteriore contrazione
delle spese e investimenti in tecnologia, già rilevati nel 2011
rispetto al 2010, anche se in misura minore. Il settore dei
contact center ne ha risentito anche nella componente “servizi”, per la rilocazione di centri in Paesi vicini, ma con costi
del personale più bassi dell’Italia e con una flessibilità della
forza lavoro maggiore (offshoring). La domanda delle aziende italiane si concretizzava in volumi minori e con richiesta di
prezzi unitari inferiori rispetto agli anni precedenti.
“Cerco qualcosa che mi consenta di: ridurre i costi dei processi di business e fidelizzare e/o sviluppare la customer
base, tagliando significativamente tempi di implementazione e Tco (Total Cost of Ownership) della soluzione proposta,
considerando tutto: dalla installazione nella rete aziendale,
alla configurazione della soluzione, al training del personale
interno”.
Quindi si afferma definitivamente il fatto che i fornitori devono sapere vendere un ritorno sugli investimenti. È cioè vincente una soluzione presentata con un’offerta dal payback
evidente, sicuro e di breve periodo, con un Tco proporzionato al valore generato.
L’esigenza è generale e fatta propria dai big: si pensi all’offerta Genesys One per le Pmi proposto con tempi di implementazione di un mese, a costo fisso, e con tanti report
già pronti, il tutto basato sulle cosiddette best practice di
settore.
A livello internazionale sono successe cose interessanti sul
piano dell’innovazione: molte soluzioni sono diventate multitenant e disponibili in “the cloud” (e ci sono piani in corso
per chi non l’ha già fatto) per offrire un modello di costi di
massima flessibilità sul piano delle opzioni del cliente (acquisizione, SaaS, managed), e per ridurre i tempi di deployement.
Si nota un’offerta volta a coprire la domanda proveniente
dallo sviluppo dei nuovi canali di contatto con il cliente, in
particolare di tutto ciò che gira intorno a Internet (chat e
Social Media) e al mobile (tablet e smartphone) basato su
Internet (in crescita in Italia anche l’e-commerce).
Dal mondo della committenza arriva questo messaggio:
Dato questo scenario, proviamo a vedere l’offerta di categorie di aziende:
- con forte vocazione di telecomunicazioni
- specializzate nel trattamento ordinato dei contatti in entrata e in uscita dal contact center
- specializzate nell’esaudimento della richiesta di servizio
- specializzate nella gestione del call center, visto come una
struttura organizzativa con proprie peculiarità
Le aziende “Tlc oriented” si sono concentrate sugli aspetti
ove sono vincenti: virtualizzazione di call center, supporto
al telelavoro e ad agenti remoti, collaborazione a distanza,
conferenza (nelle varie declinazioni), mobile, messaging unificato, convergenza della comunicazione interattiva (voce,
4
DICEMBRE 2012
CMI Customer Management Insights
Sergio Caserta
Country Manager di
Vanguard Communications
Europe, è un ingegnere
elettronico esperto di ICT e di
organizza­zione e gestione di
strutture di customer service
e di vendita, tra cui i contact
center.
video e sessioni multimediali) e dei servizi dati, interoperabilità tra sistemi diversi con il supporto delle architetture
Microsoft, sicurezza (nei significati di disponibilità, integrità,
riservatezza delle comunicazioni).
Poiché gli standard di settore sono in genere immaturi,
molto resta da fare da parte di aziende specializzate e con
il know-how giusto in casa. Nuovi termini si stanno diffondendo, come WebRTC, session border controller e wireless
Lan.
Le soluzioni sono viste essenziali alla continuità del business e sono legate alle dimensioni ed esigenze di fondo
dell’azienda. La loro acquisizione rientra in progetti infrastrutturali di medio/lungo periodo.
Rientrano nel gruppo aziende quali Aastra, Alcatel Lucent,
Avaya, Cisco, Ericsson, Fonality, Fujitsu, Huawey, Mitel, Nec,
Shoretel, Siemens, Toshiba, e tante altre specializzatesi in
particolari segmenti (Acme Packet, Aerohive, Dialogic, Polycom, Selta, Zte).
Soluzioni taylor made o capaci di gestire voce,
o nuovi canali, fino ai Social Media
La seconda fascia di aziende accorpa tutte quelle che hanno sviluppato soluzioni per il contact center, department
dell’azienda. C’è una certa sovrapposizione con le aziende
precedenti e con quelle immediatamente a valle, perché un
fornitore di prodotti di contact center con una significativa
base di clienti tende a costruire la propria suite di soluzioni
spesso in risposta alle esigenze dei clienti. Questo è tanto
più vero in Italia, dove è vincente un approccio di sviluppo
spesso sartorializzato di soluzioni secondo un modello di
PMI a vocazione artigiana, nel senso migliore della parola.
In questa fascia di aziende troviamo fornitori di software e
hardware specializzati, sistemi all in one, suite di Cti/Acd/Ivr,
prodotti specializzati per i nuovi canali (chat, e-mail, messaging) che cercano di contenere i costi del cliente integrandosi con sistemi telefonici già esistenti visti solo come apparati di commutazione e di trasporto e di fornire in taluni casi
soluzioni applicative complete laddove possibile (gestori di
email, predictive dialers).
Le aziende più note, considerando anche le aziende presenti in Italia, sono Aastra, Aspect, Avaya, Cisco, eGain, Ellysse,
Genesys, Ifm Infomaster, Interactive Intelligence, Life Person, Opera NetCenter, Oracle, Reitek, Siseco.
www.cmimagazine.it
In particolare, Oracle è in questo mercato perché ha acquisito aziende con un particolare know-how come Telephony@
work e, a fine 2011, RightNow. Oracle in Italia è più conosciuta per Bea, Java, Hyperion, Peoplesoft e Siebel, che per
prodotti specifici di contact center.
Contigue a questa fascia ci sono le aziende con soluzioni
specializzate nel trattamento dei media voce e testo, che
possono essere inclusi in soluzioni di più ampio respiro: Avaya, Autonomy, Call Miner, Interactive Media, Media Voice,
Nexidia, Nuance, Pervoice, Utopy.
Operano in questa fascia i system integrator con vocazione
fortemente tecnologica e specializzati nelle TLC e in sistemi
affini: aziende non molto grandi, con personale fortemente
specializzato, che talvolta lavora come subcontractor di terze parti in progetti di più ampia portata.
Le aziende specializzate nella gestione di call center sono
oggetto di un altro articolo. Restano le aziende che hanno come core business la gestione del contatto visto come
esaudimento della richiesta e implementazione di informazioni per il Customer Relationship Management.
Qui i leader in Italia sono Sap, Oracle, Microsoft, Salesforce,
l’italiana Pat (attiva anche all’estero), ma ce ne sono tanti
altri e le opzioni sono veramente tante, tra cui spicca quella
di usare strumenti di desktop integration (come Cicero, Jacada, ecc.).
Il trend è quello della multicanalità (vedere Desk.com) con
gestione di ticket multicanale e con l’inclusione dei Social
Media. È un settore in grande evoluzione, che trae enormi
benefici dai notevoli progressi del trattamento automatico dei testi scritti, che consente interazioni automatiche o
semiautomatiche.
DICEMBRE 2012
5
I trend del marketing
nel 2013
Il consumatore multicanale, sempre connesso, multidevice: con
questa figura si dovranno confrontare i marketer, che nei prossimi
mesi saranno alle prese con Big Data, interazioni in real time e
campagne sempre più personalizzate.
Elisa Fontana
Siamo in quel periodo dell’anno in cui si fa un bilancio dei
mesi appena trascorsi e si fanno previsioni sull’anno che inizierà.
Partiamo dal 2012. Un anno sicuramente difficile per le
imprese, che rispetto al 2009 hanno visto aumentare del
120% il costo medio di acquisizione di un nuovo cliente e
contrarsi al contempo la domanda da parte dei clienti già
acquisiti. Un anno difficile anche per il marketing: secondo
i dati appena rilasciati dall’Osservatorio sulla Multicanalità del MIP, in Italia gli investimenti pubblicitari nel primo
semestre del 2012 sono diminuiti del 9,7%, soprattutto a
causa della contrazione dei budget di alcuni settori merceologici trainanti: alimentari, automotive, telecomunicazioni. Crollano i media tradizionali (Tv e stampa) mentre si
registra una forte crescita degli investimenti pubblicitari su
Internet (+11%).
I marketer spostano quindi sempre di più una fetta dei loro
budget su iniziative digitali che ormai costituiscono oltre il
13% del media mix pubblicitario e consentono di raggiungere ottimi risultati in termini di efficienza: come si evince
dal grafico, infatti, Internet si conferma essere il terzo canale, in termini di influenza sul processo d’acquisto, superando
stampa e affissioni. Anche l’e-commerce è in forte crescita:
oltre 14,4 milioni di italiani hanno effettuato almeno un acquisto online negli ultimi 6 mesi del 2012.
Com’è cambiato il marketing nel 2012?
È diventato più multicanale, digitale, social e mobile. Esattamente come si è evoluto e come sta evolvendo il consumatore. “The customer is still king”: il cliente è infatti all’origine di ogni marketing trend, la sua evoluzione e quella del
suo mondo determinano come i marketer sviluppano le loro
azioni e strategie.
Il consumatore è diventato più multicanale
Nel 2012, i consumatori multicanali sono aumentati del
13% e rappresentano il 53% della popolazione italiana, 27,8
milioni di individui. Il marketing si trova di conseguenza a
gestire una crescente complessità nella gestione di canali,
informazioni e interazioni: la tendenza per il 2012 è stata
infatti un tasso di crescita molto sostenuto per i software
CRM di marketing automation che permettono di gestire
più efficacemente la multicanalità e i dati generati.
Sempre più consumatori italiani sono online
41.3 milioni hanno accesso a Internet da Pc o altri device,
con un aumento del 6,6% rispetto al 2011.
6
DICEMBRE 2012
I mezzi che invogliano all’acquisto
Fonte: Nielsen, Osservatorio Multicanalità 2012
I social network sono entrati a far parte della quotidianità
delle persone
23 milioni di italiani sono su Facebook, Twitter è cresciuto del 111%, (3,6 milioni di utenti) Linkedin del 53.6% (2.5
milioni). I Social Media non possono più essere considerati
un fenomeno di moda: la pubblicità su questi media sta entrando ufficialmente a far parte dei budget marketing delle
grandi e medie imprese, ma anche delle piccole aziende,
che intravedono l’opportunità di accedere in modo semplice e diretto a milioni di utenti.
CMI Customer Management Insights
Gli italiani sono sempre più connessi a Internet tramite
dispositivi mobile
Sono 19,2 milioni gli utenti che nel 2012 hanno navigato tramite smartphone o tablet e questo rappresenta una
grande opportunità per il Mobile Marketing. E anche per
il Mobile Commerce, che nel 2012 è cresciuto del 142%
rispetto al 2011, ma che rappresenta ancora soltanto il 2%
sul totale dell’e-commerce. In specifici settori come quello dei viaggi, dello shopping e della ristorazione, i clienti
acquisteranno sempre più frequentemente tramite dispositivo mobile.
I Big Data
Multicanalità, Internet, Social Network e dispositivi mobile comportano che le aziende abbiano a disposizione una
quantità sempre maggiore di informazioni e dati sui loro
clienti, acquisiti e potenziali. In particolare, secondo Idc le
informazioni digitali stanno raddoppiando ogni due anni.
Si sta affermando il fenomeno dei Big Data, ovvero di
tutte quelle informazioni generate dalle interazioni con il
consumatore, che ne determinano il profilo e la storia. Il
marketing, facilitato dalla tecnologia, deve poter e saper
sfruttare tali informazioni, che sono il vero patrimonio di
ogni impresa. Ricordiamoci, infatti, che “ogni concorrente
può copiare la nostra strategia di business, di marketing,
le nostre scelte informatiche, il nostro vantaggio competitivo, ma… nessuno potrà copiare la nostra conoscenza e le
relazioni con i nostri clienti”.
Come cambierà il marketing del 2013
Proviamo a riassumere le principali tendenze per il 2013 nei
seguenti 6 macro trend essenziali:
1.Real time marketing: le campagne saranno sempre più realizzate in tempo reale, grazie all’ascolto delle conversazioni e delle interazioni sui Social Media con i consumatori
e tra i consumatori. Da tale ascolto si elabora un’iniziativa
di marketing tramite una piattaforma tecnologica in grado
di creare una campagna che veicoli l’offerta e i contenuti
più appropriati, in funzione del comportamento specifico
di ogni utente.
2.Utilizzo dei Big Data da parte dei marketer per azioni sempre più personalizzate sul comportamento individuale del
singolo. Il marketing del futuro non utilizzerà più i dati per
sviluppare messaggi promozionali e pubblicitari generici
su segmenti di migliaia di contatti, ma lavorerà su migliaia
di segmenti individuali cui fornire contenuti one-to-one,
da rendere disponibili sui diversi canali.
3.Tablet, Mobile Payment e Mobile Marketing: nel mondo
ci sono un miliardo di smartphone in circolazione che, secondo le previsioni, raddoppieranno nel 2015. Si prevede
che nel 2014 la percentuale delle connessioni da mobile
(smartphone e tablet) supererà quella degli accessi da Pc.
Il mobile marketing dovrà fornire contenuti sempre più
adatti a essere fruibili agevolmente anche da dispositivi
mobili. Il Mobile Payment rappresenta poi un’opportunità
per integrare i dispositivi mobile in maniera sempre più
radicata nella quotidianità dei consumatori.
www.cmimagazine.it
4.Content Marketing: “Content marketing is the new advertising”, il contenuto assume un’importanza sempre più
strategica nella comunicazione con il target. Produrre contenuti informativi in grado di emergere dal mare magnum
di ciò che si trova sul web per coinvolgere il consumatore/
buyer è il nuovo imperativo del marketing e influisce positivamente sul SEO. Articoli, blog, video, webinar, social
media, newsletter, ebook, sono tutti strumenti fondamentali per influenzare il processo di acquisto fornendo contenuti di qualità.
5.I Social Media e i dati generati tramite i canali Social saranno sempre più integrati con gli altri strumenti del marketing mix e con il CRM delle aziende. Questa integrazione
diventerà fondamentale per poter raggiungere i consumatori con messaggi pertinenti al loro comportamento social
e in tempo reale.
6.Cloud e piattaforme di Social CRM: se finora i software
di marketing erano soprattutto incentrati sull’e-mail marketing e la marketing automation, il prossimo anno vedrà
l’espansione delle tecnologie di social CRM. Il diffondersi
del cloud faciliterà poi ulteriormente l’accesso alle tecnologie anche per le aziende di piccola e media dimensione.
Ma allora, come orientarsi tra tutti questi cambiamenti,
ognuno dei quali impatta significativamente sui budget delle aziende ma anche sulle scelte strategiche, organizzative
e tecnologiche? Occorre innanzitutto comprendere come
sono posizionati la propria azienda e il proprio settore rispetto ai principali trend.
È poi importante valutare le aree critiche e le opportunità,
definire i propri bisogni e fissare delle priorità. Il piano di
marketing dovrà essere coerente con gli obiettivi di business, con i budget a disposizione, con le competenze delle
risorse disponibili e con gli strumenti e la tecnologia a propria disposizione.
Come diceva Jack Welch, ex CEO di General Eletric: “Cambia prima di essere costretto a farlo”
Un buon marketing 2013 a tutti!
Elisa Fontana,
Amministratore Delegato C-Direct Consulting Srl,
si occupa di CRM, Social CRM, Programmi Loyalty,
Marketing Relazionale, Lead Management,
Customer Experience e Brand Positioning.
È docente di corsi di formazione organizzati sia
presso enti di formazione che direttamente presso
le aziende.
DICEMBRE 2012
7
I Social Media?
Non sono solo Facebook
… ma anche Pinterest, Foursquare, Google+. Viaggio alla scoperta
dei mondi social di tipo orizzontale ma anche verticale, ossia capaci
di interessare gli utenti per categorie, fruizione e contenuti.
Roberto Grossi
Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare di Facebook almeno una volta. Il social network lanciato da Marck Zuckerberg è diventato talmente popolare da essere ormai presente nel parlato quotidiano, nelle trasmissioni televisive, nella
pubblicità e, in generale, nelle abitudini di molti navigatori
online italiani. Questo fenomeno ha reso popolare l’utilizzo
dei Social Media, ma ha anche contribuito a creare l’errata
sensazione che i social network siano solo Facebook e pochi
altri. Circoscrivere a pochi nomi (Facebook, Youtube, Twitter, Linkedin) il mondo dei social network vuol dire non aver
compreso la reale portata e l’enorme diffusione di tali strumenti. Il mondo dei Social Media è diventato molto complesso, sia per il modo in cui ha cambiato le relazioni personali e professionali, sia per il numero elevato di soluzioni
e servizi a nostra disposizione. Il tentativo di classificazione
dei Social Media fatto da Brian Solis e dalla società Jess3
riporta infatti ben 32 categorie diverse, come si può vedere
nella figura a fianco 1.
Accanto ai social network generalisti, ovvero di tipo “orizzontale”, risulta disponibile una pletora di strumenti che
indirizzando precise esigenze si sono ritagliati specifiche
nicchie di mercato (social network “verticali”): geolocalizzazione, social content curation, enterprise social networks,
social CRM, comunità musicali e molte altre ancora che, per
ragioni di spazio, non è possibile elencare in questo articolo. Vogliamo comunque passare in rapida rassegna tre strumenti, Pinterest, Foursquare e Google+, che hanno delle
caratteristiche particolarmente interessanti e un bacino di
utenza in forte crescita.
Pinterest
Pinterest è sicuramente il Social Network emergente di cui si
è parlato di più in Rete durante il 2012. I pareri sulla crescita
sono discordanti: se all’inizio di aprile un rapporto della società di ricerca Hitwise lo inseriva al terzo posto tra i social
network per numero complessivo di visitatori, uno studio di
Comscore ne evidenziava invece già qualche giorno dopo il
calo del trend di crescita.
Classico esempio di social network “verticale”, Pinterest
deve il suo successo alla capacità di essersi ritagliato uno
spazio nel mondo degli strumenti di social content curation
in virtù del suo forte impatto visuale.
Su questo social network, il cui nome deriva dalla fusione
di due parole, pin (attaccare con uno spillo, appuntare) e
8
DICEMBRE 2012
Classificazione dei Social Network (The Conversation Prism)
interest (interesse), gli utenti possono postare immagini o
video su bacheche virtuali attraverso un apposito pulsante.
In altre parole si può immaginare Pinterest come un’enorme
bacheca online di immagini interessanti, dove ognuno può
condividere immagini proprie o reperite sul web. Le modalità di interazione sono quelle tipiche di un social network: accedendo a Pinterest si ha la possibilità di sfogliare le immagini di altri utenti, di commentarle, di copiarle sulla propria
bacheca (repin), esprimere il proprio gradimento (pulsante
Like), condividerle con i propri contatti (via e-mail, Twitter,
Facebook, ecc.) o inserirle su un blog.
A livello individuale, Pinterest consente di rappresentare in
maniera esteticamente piacevole un riepilogo delle proprie
attività e interessi (presenza web, eventi, articoli, ecc.).
Meno scontata è l’adozione in ambito aziendale di questo
strumento; sotto questo aspetto potrebbe essere di aiuto
porsi alcune domande:
1.Quali prodotti/servizi offre la vostra azienda? Pinterest è
particolarmente adatto ad aziende con un business a forte
CMI Customer Management Insights
impatto visivo ed estetico (esempio, architettura, disegno
di interni, ecc.).
2.Avete già una presenza sul web? Per poter trarre beneficio
da Pinterest risulta consigliabile avere un sito o un blog
dove i visitatori possono fare domande sui vostri prodotti
o servizi ed eventualmente acquistarli. Come in qualsiasi
attività di marketing online, quello che conta è la conversione dei visitatori in contatti qualificati!
3.Avete delle foto di qualità dei vostri prodotti? Vista la caratteristica prettamente visuale di Pinterest, è importante essere in grado di produrre delle foto di qualità e con
discreta regolarità e frequenza, in modo da fidelizzare i
visitatori delle vostre bacheche.
Questi sono solo alcuni dei possibili quesiti, ma dovrebbero essere sufficienti per farvi comprendere se Pinterest faccia proprio al caso vostro o se non sia meglio focalizzare la
vostra attenzione e le vostre risorse su qualche altro social
network.
Foursquare
Foursquare è un servizio che, a metà tra un gioco e un social
network, personalizza la presenza delle aziende sui Social
Media portandola in un ambito “locale”. Si tratta quindi di
un approccio particolarmente indicato per il marketing delle
attività commerciali di piccola e media dimensione.
Sono molti i possibili ambiti di utilizzo di Foursquare: gli utenti del servizio hanno a disposizione una mappa geografica e
al tempo stesso una guida di riferimento per trovare suggerimenti su dove andare, cosa comprare, cosa fare, ecc.
Foursquare è un’applicazione geo-referenziata (e al tempo
stesso un Social Media) che funziona praticamente come
un’enorme bacheca aggiornata in tempo reale. L’applicazione permette agli utenti di effettuare, tramite il proprio
smartphone dotato di GPS, il “check-in” in prossimità di
un esercizio commerciale e di beneficiare di tutta una serie
di informazioni precedentemente inserite da altri utenti di
Foursquare (cosa fare, consigli, ecc.).
L’utente può guadagnare “badge” e sconti sulla base della
frequenza delle visite e dei relativi punti guadagnati, nonché
approvare richieste di amicizia e aggiornare il proprio “status” come su altri Social Media.
Ci sono molti modi in cui un esercizio commerciale può trarre vantaggio da Foursquare. I ritorni più immediati derivano
ovviamente dall’aumento dei ricavi originati dall’incremento
della frequenza delle visite dei clienti, a loro volta motivati
a privilegiare un determinato esercizio commerciale per ottenere incentivi od offerte speciali. Acquisire punti, ottenere
“badge” e guadagnare il titolo di “Sindaco” aumenta considerevolmente le possibilità di ottenere sconti, e incentivi
e chiunque sia familiare con il marketing per le piccole e
medie imprese comprenderà facilmente come questi vengano ripagati dall’afflusso di clienti attratti dal prezzo ridotto
(anche se in qualche modo sussidiati dall’esercente).
Guardiamo ora a Foursquare dal punto di vista dell’esercente. Foursquare attribuisce punti agli utenti che visitano un
determinato “luogo”, contribuendo a compilare una speciale classifica (un meccanismo basato sui punti è generalmente indicato come un ottimo strumento motivazionale, in
quanto fa appello all’innato spirito di competizione che tutti
noi abbiamo). Gli utenti saranno così motivati a visitare frewww.cmimagazine.it
quentemente gli esercizi commerciali registrati su Foursquare in modo da guadagnare punti, analogamente a quanto
accade con i giochi interattivi sui vari Social Media.
Ma esistono anche altri incentivi. Ad esempio, le città vengono classificate in base al numero di utenti Foursquare che
risiedono in una determinata area e pertanto alcune aziende
e organizzazioni non-profit collaborano con Foursquare effettuando donazioni sulla base della crescita del suo bacino
di utenza.
Foursquare è uno dei pochi Social Media orientato alla promozione dello Small Business attraverso l’incentivo delle
relazioni sociali e del networking tra gli individui. Ad esempio, una persona che effettua il check-in presso un ristorante viene immediatamente informata del numero di Amici
Foursquare presenti nel locale o nelle vicinanze: avendo
quindi l’opportunità di invitare l’amico/a ad unirsi a lui per il
pranzo, genererà un immediato guadagno per l’esercente.
Ulteriori vantaggi derivano inoltre dai commenti dei clienti,
dal momento che gli utenti Foursquare hanno la possibilità
di fornire recensioni o suggerimenti agli Amici.
Anche questo servizio offre la funzionalità di business page,
uno spazio online che consente a un esercizio commerciale
di essere “visitato” dagli utenti di Foursquare anche in assenza di un vero e proprio ufficio o negozio.
Le business page consentono alle aziende di adottare le
strategie “tradizionali” di marketing online, pubblicando
annunci promozionali o consigli che risulteranno visibili a
tutti gli Amici della pagina, analogamente a quanto avviene
su altri Social Media.
Google+
Concludiamo questa rassegna con un rapido cenno a un
social network di tipo orizzontale: Google Plus, lanciato da
Google nel luglio del 2011. Si tratta del terzo ingresso del
colosso di Mountain View nel mondo dei social, dopo gli insuccessi dei servizi Wave e Buzz. È senza dubbio un progetto
altamente strategico per Google e come tale sta beneficiando di un maggiore impiego di risorse e investimenti rispetto
ai precedenti. Google Plus ha molti punti in comune con
Facebook, il suo principale concorrente, offrendo agli utenti
le classiche funzioni delle community online: condivisione
di messaggi, foto, video all’interno della propria cerchia di
amici, possibilità di relazionarsi con altri utenti, commentare
notizie, esprimere il proprio gradimento tramite il pulsante
+1, attivare chat video, ecc.
È di questi giorni il lancio della nuova funzionalità per la creazione e gestione di Community, strumento che può fornire
una valida alternativa ai Gruppi del social network professionale Linkedin e ai Gruppi di Facebook.
Una versione di maggiori dimensioni può essere visualizzata all’indirizzo http://www.theconversationprism.com/
1
Roberto Grossi
Titolare di Social Media Easy, ha una
pluriennale esperienza nel marketing
di prodotti e servizi ad alto contenuto
tecnologico. Si occupa di consulenza e
formazione alle aziende su web e social
media marketing
DICEMBRE 2012
9
L’ABC dei contact center
Il percorso formativo
nel call center
Investimento indispensabile per la riuscita di un progetto e per
motivare gli operatori.
Chiara Munzi
Nel mese di novembre abbiamo iniziato a parlare della formazione come di un percorso obbligato e necessario tanto
per l’azienda quanto per le risorse che vengono inserite. La
formazione, infatti, è un momento cruciale, perché all’interno dell’aula è possibile conoscersi reciprocamente. In un
percorso formativo ben costruito, le risorse conosceranno
l’azienda, le sue caratteristiche, ma avranno anche il tempo
di ambientarsi e di conoscere il prodotto o servizio che dovranno poi vendere al telefono, oppure proporre ai clienti.
Per l’azienda, la formazione è un momento altrettanto importante, dato che non solo le fornisce il modo di conoscere e
valutare il candidato, ma allo stesso modo le consente di farsi
conoscere e dà modo alle risorse interne di effettuare anche
delle attività diverse da quelle che abitualmente svolgono.
Chi insegna cosa?
Partiamo proprio da questo punto: quali sono le risorse che
devono essere coinvolte nel processo di formazione? Dei
formatori specializzati, oppure i responsabili che gestiranno
le risorse dopo il percorso formativo? La risposta a questa
domanda dipende dall’organizzazione aziendale e in generale dalla grandezza e dall’organigramma della stessa.
In un’azienda di grandi dimensioni è presente un nucleo di
formatori che generalmente programma, pianifica e svolge la
formazione “base” all’interno dell’aula. Per formazione base
intendiamo la presentazione aziendale, ma anche la formazione relativa alla comunicazione telefonica e alla vendita.
In un’azienda di grandi dimensioni, poi, la formazione specifica sull’attività, a livello di sistemi informativi, viene in genere delegata o ai responsabili del progetto, o alla direzione
dei sistemi informativi.
Nelle aziende di piccole dimensioni il processo è completamente diverso, infatti all’interno di queste strutture non sono
presenti delle figure cosi specializzate che gestiscono solo la
formazione: l’aula viene gestita dai responsabili delle varie
commesse o dalle risorse che si occupano della selezione.
In ogni caso, la scelta delle risorse che gestiranno l’aula è
essenziale, perché gestire un’aula - soprattutto composta da
risorse che non conoscono l’azienda - non è affatto facile.
10
DICEMBRE 2012
I docenti devono essere ben formati, devono riuscire a interpretare i feedback che l’aula invia loro, devono saper capire
quali sono le difficoltà dell’aula, i momenti in cui l’attenzione
cala e soprattutto devono riuscire a gestire correttamente le
loro energie per dare il meglio.
Ricordiamoci che un percorso di formazione, se ben strutturato, è un processo molto complesso, lungo e delicato,
in cui l’azienda investe molto danaro, quindi il ritorno deve
essere assolutamente tangibile. Un altro aspetto da non sottovalutare è la soddisfazione del docente: una risorsa che
gestisce, oltre alla sua attività, anche il percorso formativo
dei neo assunti, deve essere messa nelle condizioni di vivere
questo percorso come un momento di crescita per se stessa
e per l’azienda e quindi deve essere anche supportata in
questo percorso.
Poniamo di essere nella seconda situazione, ovvero un’azienda di piccole e medie dimensione, dove l’ufficio delle risorse umane è composto principalmente da personale amministrativo e da risorse che si occupano della selezione del
personale: dobbiamo necessariamente decidere di affidare
il percorso alle risorse che si occuperanno del personale che
stiamo inserendo. Quello che sto cercando di dire che è essenziale coinvolgere anche i supervisori o i team leader, che
si occuperanno del gruppo che abbiamo appena assunto.
Questo avrà un duplice aspetto positivo:
1.Responsabilizzare e migliorare anche la qualità della vita
professionale dei nostri responsabili, perché riusciremo a
coinvolgerli in processo di crescita e di job rotation.
2.Permettere al gruppo di conoscere i propri responsabili e
quindi di vivere l’inserimento in modo graduale.
La vita dell’aula
Il secondo punto che abbiamo anticipato nell’articolo dello
scorso numero è relativo all’aula e al materiale che dobbiamo preparare per effettuare un percorso di formazione efficace e anche molto professionale. Questo sembra banale,
ma in realtà non lo è, dato che anche l’aula e il materiale
che forniremo ai nostri partecipanti parlano dell’azienda e
dell’attenzione che ha dedicato a costruire questo percorso
formativo.
CMI Customer Management Insights
Partiamo dall’aula: questa deve essere adeguata, in grado
di accogliere comodamente, anche per otto ore, le risorse
che saranno coinvolte nel percorso formativo; deve essere
preferibilmente in grado di avere la disposizione dei tavoli a
ferro di cavallo, per facilitare l’interazione tra i partecipanti e
infine deve avere dei supporti informatici che permettano la
proiezione del materiale formativo, nonché le esercitazioni
informatiche necessarie per poter iniziare una nuova attività
lavorativa.
Altro aspetto fondamentale è il materiale di supporto che
deve essere preparato e consegnato ai nostri partecipanti.
È importante a ogni fine giornata consegnare alle risorse
coinvolte la sintesi, in qualsiasi formato, di quello che è stato mostrato in aula, che sia un corso di comunicazione o
la formazione tecnica sul sistema informatico o sul prodotto. Questo aspetto è fondamentale per garantire a tutti la
possibilità di rivedere quanto è stato trattato in aula e per
consegnare, a fine corso, tutto il materiale necessario per
l’avviamento del nostro neo assunto.
Non sono cosa banale né il contenuto, né la sostanza di
quello che viene consegnato alle nostre risorse, perché anche questo parla della professionalità della nostra azienda
e del nostro modo di affrontare il percorso formativo. Ricordiamoci che se diamo serietà possiamo pretendere serietà.
Di cosa parliamo? In che modo, per quanto?
Stabiliti i partecipanti, stabiliti i docenti che si avvicenderanno in aula, le location dei corsi e il materiale che sarà
erogato, dobbiamo soffermarci sul contenuto e sull’avvicendamento delle tematiche all’interno delcorso stesso: in sostanza, quanto deve durare il percorso formativo, ma anche
e soprattutto, quali argomenti dovranno essere trattati?
Partiamo dalla prima domanda. Per esperienza, un percorso
formativo adeguato non può essere inferiore ai 15 giorni
lavorativi, questo sempre se le risorse che stiamo formando
sono esterne, quindi non hanno mai lavorato con noi, con i
nostri sistemi informativi e non conoscono i nostri prodotti.
Un processo di formazione si sviluppa progettandolo a livello macro e micro. Cosa si intende, però, per macro e micro
progettazione?
La prima cosa da fare è dettagliare a livello macroscopico
le giornate e come queste saranno scandite: che cosa vogliamo trattare in aula il primo giorno? Che cosa il secondo?
Che cosa faremo durante la mattinata del primo giorno?
Quanto durerà la presentazione dell’azienda? Una volta che
daremo risposte a queste domande, avremo effettuato una
macro progettazione del nostro corso di formazione.
Una volta stabilite le linee guida, dobbiamo passare a pianificare la micro progettazione e quindi dettagliarla argomento per argomento. Questo programma deve essere condiviso e consegnato anche ai nostri partecipanti, con l’obiettivo
di dimostrare anche la nostra professionalità.
www.cmimagazine.it
Durante la prima giornata, pare evidente come sia necessario effettuare una presentazione aziendale, magari organizzata direttamente dal responsabile della selezione o del
personale, ma anche, in caso di piccole aziende, dell’amministratore delegato.
Obiettivo della presentazione è quello di farci conoscere e
contestualizzare l’azienda, ma anche di introdurre il corso e
dare qualche punto di riferimento, in sostanza un’indicazione.
Lo step successivo potrebbe essere la presentazione del progetto, ovvero: perché siamo stati assunti? Quale progetto seguiremo? Con quale inizieremo a lavorare? Che tipo di attività
dovremmo fare? La sta facendo qualcuno in azienda, oppure
inizieremo direttamente noi? Rispondere a queste domande
significa tranquillizzare le nostre risorse e rendere loro già
chiari gli obiettivi e gli impegni che dovranno assumere.
Una volta effettuata questa presentazione, per degli operatori, sia di inbound che di outbound, è necessario affrontare
il tema della comunicazione. Quanti degli operatori con cui
ogni giorno ci relazioniamo su diversi servizi sono formati su
questo tema? Quanto è importante essere formati sul tema
della comunicazione, e della comunicazione telefonica?
Quanto la formazione su questi temi rende un operatore e
un servizio migliori?
La risposta è facilmente deducibile: formare un operatore su
questi temi è essenziale, per due motivi:
1.La formazione costante e continua porta necessariamente
i suoi frutti.
2. Un operatore che si sente accompagnato dall’azienda
nel suo percorso formativo renderà meglio nel suo lavoro,
perché crederà maggiormente nel suo lavoro.
Ho la fortuna di lavorare da oltre dieci anni nel settore dei
call center, praticamente in tutti i ruoli, da quello di operatore a quello di call center manager e posso dirvi che il
mondo dei call center, ad oggi, nonostante sia scarsamente
considerato, è uno degli ambiti che al momento può dare
maggiore occupazione. Quindi fare formazione significa investire nelle risorse e dar loro l’opportunità di crescere, di
cambiare il modo di gestire la propria attività, quindi anche
la relazione con il cliente.
Chiara Munzi durante gli studi in
Scienze della Comunicazione ha iniziato
il suo percorso lavorativo all’interno
di un call center di vendita di prodotti
alimentari surgelati, lavorando sia nel
ruolo di operatrice, poi team leader e
successivamente di supervisore.
È docente in PNL e comunicazione. e
attualmente lavora presso un’azienda
di trasporto ferroviario.
DICEMBRE 2012
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News
Customer experience
sempre più importante
Una ricerca Oracle mette in luce che l’81%
dei clienti è disposto a pagare di più per
vivere un’esperienza d’acquisto migliore.
La customer satisfaction non basta
più, un’ulteriore conferma arriva dalla
recente ricerca commissionata da Oracle per misurare il ruolo della customer
experience nella differenziazione dei
marchi e nella crescita delle vendite.
Condotto a livello europeo, lo studio è
stato realizzato nel giugno 2012 dalla
società di ricerche indipendente Loudhouse coinvolgendo 1400 consumatori che hanno fatto acquisti online (50%
donne, 50% uomini) e che sono entrati
in contatto con un dipartimento di customer service nei 12 mesi precedenti.
La ricerca ha rivelato che nell’81% dei
casi i consumatori/acquirenti sarebbe-
ro disposti anche a pagare di più pur di
vivere un’esperienza di acquisto qualitativamente migliore (89% in Italia).
E circa la metà (44%) si è detta pronta
a pagare un sovrapprezzo di oltre il 5%
(il 32% in Italia).
Gli elementi che influiscono maggiormente sull’inclinazione dei clienti a
spendere di più per un brand sono da
un lato il miglioramento della customer experience in generale (40% della
totalità del campione, 30% dei rispondenti italiani) e dall’altro la possibilità
di accedere rapidamente alle informazioni e di rivolgere domande all’azienda (35% della totalità del campione,
Non so 3%
Dovrebbe esserci uno sforzo maggiore
quando si tratta di prodotti costosi
15%
Lo sforzo dovrebbe
essere invariato,
a prescindere
dal valore del
prodotto
8%
Dovrebbe esserci uno
sforzo maggiore quando
si tratta di prodotti poco
costosi
74%
44% degli intervistati italiani).
“L’analisi ha messo in luce una realtà in particolare: il fatto che garantire una customer experience ottimale
contribuisca a incrementare i profitti e
a fidelizzare nuovi clienti sottraendoli ai concorrenti” commenta Claudio
Bastia, Country Leader Applications
di Oracle Italia. “Creare un’esperienza
coerente e connessa che abbracci tutti
i punti di contatto con il cliente, inclusi i sempre più rilevanti canali social,
permette alle imprese di differenziarsi
nettamente sul mercato costruendo
un capitale di brand che non ha prezzo. È fondamentale che le aziende
garantiscano sistemi di supporto alla
customer experience in grado di soddisfare i livelli richiesti dai clienti e di
garantire la massima semplicità e immediatezza possibili nei meccanismi
di interazione. È questa la chiave per
aggiudicarsi nuovi clienti da un lato e
fidelizzare nel lungo termine quelli esistenti dall’altro”.
Sono cinque i punti salienti messi in
luce dalla ricerca che possono essere
sfruttati con successo dalle aziende
che vogliono migliorare la customer
experience dei loro clienti.
Catturare clienti
Domanda: Ritiene che lo sforzo del customer service debba presentare
differenze a seconda del costo del prodotto?
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DICEMBRE 2012
Una customer experience soddisfacente è determinante per proteggere e
garantire i canali già redditizi.
CMI Customer Management Insights
Capacità di risolvere il problema nell'ambito di un'unica conversazione
84%
Evadere tutte le email entro 24 ore
58%
ll cliente non deve ripetersi o rispiegare il problema
58%
57%
L'addetto deve poter accedere in tempo reale allo storico degli acquisti
Facile comprensione telefonica con gli addetti
51%
44%
ll cliente non deve essere trasferito telefonicamente a un altro referente
40%
ll cliente non deve essere messo in attesa
33%
ll cliente non deve essere costretto a passare da un canale a un altro
Gestione delle richieste tramite chat online del sito web
20%
19%
Referenti che aiutano il cliente che lascia commenti negativi online
18%
I referenti devono essere premiati nei casi di soddisfazione del cliente
Richieste evase attraverso i social media (es. Facebook o Twitter)
10%
Altro
1%
2%
Nessuna delle precedenti
Domanda: Pensando alla customer experience ideale, quali sono le cinque priorità che indicherebbe tra quelle
elencate?
Il 70% degli intervistati ha smesso di
acquistare un determinato brand dopo
un’esperienza insoddisfacente (62% in
Italia).
Un altro dato di interesse è che il 92%
di essi si è subito rivolto a un brand
concorrente (94% in Italia).
I clienti sempre soddisfatti della propria
interazione con il Customer Service si
limitano a meno di un quarto (22%, in
Italia il 20%); un dato che fornisce ai
brand un’opportunità evidente in termini di miglioramento del customer
service al fine di strappare ulteriore
market share alla concorrenza.
Cinque mosse vincenti
L’analisi ha evidenziato le mosse che
le imprese devono intraprendere per
beneficiare delle nuove opportunità
offerte dalla customer experience.
Gli intervistati hanno elencato i cinque
principali cambiamenti che li motiverebbero a spendere di più:
1 miglioramento della customer experience in generale;
2 garanzia di poter rivolgere agevolmente domande e di poter avere
informazioni con facilità prima di
effettuare un acquisto;
3 adozione di policy che facilitino la
restituzione dei prodotti;
4 miglioramento dell’usabilità e delle
funzioni di ricerca del sito web;
5 maggiore personalizzazione del-
www.cmimagazine.it
l’esperienza di acquisto per i clienti.
Semplicità prima di tutto
L’82% degli intervistati descrive le proprie esperienze come eccessivamente
complesse (85% in Italia), suggerendo
che la fedeltà a un marchio sia strettamente legata alla semplicità di comunicazione. I clienti hanno confermato
di aver dovuto utilizzare modalità di
contatto diverse in caso di problemi
(26%, in Italia 27%) e di averle dovute
utilizzare più volte (24%, in Italia 25%),
dati che provano la difficoltà di dialogare con il customer service. Sono indicazioni utili per le aziende che devono pertanto focalizzarsi su interazioni e
comunicazioni il più possibile semplici
e dirette.
Social media sottoutilizzati
Secondo lo studio, inoltre, molte imprese non starebbero sfruttando al
meglio nemmeno le opportunità di
gestione della customer experience
generate dai social media; solo il 46%
dei clienti riferisce infatti di aver ricevuto un feedback dopo aver postato
un commento. Il fatto stesso di ricevere attenzione da parte dell’azienda sui
social media può ottenere un effetto
positivo sul consumatore.
A fronte di una risposta da parte
dell’organizzazione a un proprio post
sui social media, infatti, il 27% dei con-
sumatori si è sentito gratificato, il 9%
ha reagito postando un commento positivo sull’organizzazione, il 6% è divenuto un cliente fedele, acquistando più
prodotti o servizi e il 6% di intervistati
ha cancellato il post negativo originario. Non bisogna però in ogni caso
sottovalutare il tipo di risposta che si
fornisce al cliente: il 29% di essi, infatti, si è indispettito nel momento in cui
la risposta ricevuta non ha portato alla
risoluzione del problema.
Il passaparola negativo
L’importanza del ruolo che giocano
oggi i social media nella relazione fra
azienda e clienti emerge anche dal fatto che, a fronte di una interazione poco
soddisfacente con il Customer Service,
sono numerosi i consumatori che riversano la loro frustrazione sul web: il 44%
dell’intero campione, percentuale che
sale al 48% nella fascia d’età fra i 35 e i
54 anni e al 54% fra i consumatori d’età
compresa fra i 18 e i 34 anni.
Il social network più utilizzato in questo senso è Facebook (26%); seguono i forum (16%), i blog (9%) e Twitter
(6%). Questi dati sono ancor più significativi se si considera che i fattori che
sembrano maggiormente influenzare
le decisioni d’acquisto sono in primo
luogo il prezzo (56%, 52% in Italia) e in
seconda battuta proprio le review dei
consumatori (47%, 52% in Italia).
DICEMBRE 2012
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Leggi e norme
Pratiche commerciali scorrette,
si muove l’UE
Stop alle truffe telematiche all’interno
dell’Unione Europea. L’intenzione del
legislatore è quella di rinforzare la direttiva 2006/114/CE, per fare in modo
che aziende e privati non cadano vittima di veri e propri raggiri che passano
attraverso pubblicità ingannevole, telemarketing, siti ed e-mail. Complice un
po’ di disattenzione, il rischio è quello
di stipulare contratti onerosi, fuori dalle logiche del mercato. Per far sì che le
regole vengano rispettate, sono in fase
di studio sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive in caso di infrazione.
Il giro di vite riguarderà anche il controllo del rispetto delle norme contro
le pratiche di commercializzazione ingannevoli per i casi transfrontalieri.
Ricerche
Unified Communication &
Collaboration, il cammino deve
proseguire
Cosa sono le soluzioni di Unified Communication & Collaboration? Quelle
che aiutano i dipendenti, i partner e
i clienti a interagire in maniera intelligente, consentendo alle informazioni
di essere condivise e alle persone di
lavorare in modo integrato e collaborativo. Queste soluzioni sono ben diffuse tra le grandi aziende, con un tasso
di penetrazione del 95%, ma faticano a
insediarsi nelle aziende del segmento
Small (penetrazione del 31%). Secondo la ricerca dell’Osservatorio “Unified
Communication & Collaboration” della
School of Management del Politecnico
di Milano, comunque, l’utilizzo di questi facilitatori del business non è completo. A essere usati sono soprattutto
sistemi integrati di posta elettronica,
audio e videoconferenza, infrastruttura
telefonica su Ip.
Sap e Social Media Today misurano
l’engagement
Le aziende ci stanno provando, alcune
anche con entusiasmo, a posizionarsi
in maniera corretta sui social media,
per fornire assistenza ai clienti. Ma,
14
DICEMBRE 2012
stando alla ricerca “The Social Customer Engagement Index: Results,
Analysis and Perspectives” realizzata
in collaborazione tra Sap e Social Media Today, pare che – contrariamente
a quanto affermato dagli esperti di
marketing negli ultimi mesi – i clienti
non siano poi così propensi a usare
questo canale per il customer service.
Per quasi la metà delle imprese intervistate, infatti, la gestione delle richieste
dei consumatori tramite social media è
pari al 5% del totale. Resta da capire
che genere di servizio queste aziende
siano realmente in grado di proporre
on line, dato che il consumatore è nel
frattempo diventato molto esigente,
da questo punto di vista.
AIDiM, Anved, eCircle: social
non business
I canali social sono considerati utili per
aprire un dialogo con i clienti e ricevere
informazioni sulla percezione di brand
e prodotti, ma ancora non sono in atto
vere strategie per un uso efficace che
si trasformi in opportunità di business.
Questo è quanto rileva un’indagine
condotta da AIDiM, Anved ed eCircle.
Il 75% degli interpellati usa Facebook,
Twitter e blog, e il dato arriva quasi a
100 in caso di aziende di e-commerce.
Sempre il 75% non ha però un’idea
chiara dell’uso dello strumento, di conseguenza non ha obiettivi stringenti né
quantitativi da raggiungere. La pianificazione delle campagne pubblicitarie
sui social è appannaggio di un’azienda su tre. E chi si occupa, all’interno
dell’azienda, di gestire questi nuovi
canali? Nel 54% dei casi è presente
una risorsa interna dedicata (ma solo il
58% aggiorna con regolarità il proprio
profilo…).
Aziende
Amazon, nuovo customer service
a Cagliari
Amazon ha scelto la Sardegna per
insediare un nuovo centro di customer service che, stando ai programmi
dell’azienda, dovrebbe generare, nei
prossimi cinque anni, 500 posti di lavoro (sia a tempo indeterminato che
determinato). La terza apertura in Ita-
lia, dopo quella di Castel San Giovanni
(Pc) e Milano, vedrà il personale impegnato a gestire le richieste dei clienti
del sito, sia attraverso risposte telefoniche che via mail. L’ampliamento del
customer service è conseguenza della
politica aziendale, che sta parallelamente ampliando l’offerta di prodotti,
che comprendono oggi, oltre ai libri,
articoli per l’illuminazione, giocattoli,
tecnologia e contenuti digitali.
Esperienze
Buon customer service: assicurato
felice
Meno sforzo fa l’assicurato nel gestire
un sinistro, più è felice e soddisfatto.
Sono questi i risultati emersi da un approccio tenuto a partire dal gennaio
2010 dal player assicurativo Genworth,
applicato alla gestione dei sinistri relativi all’erogazione delle prestazioni in
materia di prodotti assicurativi di protezione del tenore di vita, e basato su
tre capisaldi: chiarezza (nella definizione delle aspettative e nel feedback che
si riceve da parte dell’assicurato), velocità (nel recepire le richieste degli assicurati) e riduzione degli sforzi a carico
del cliente. Questo nuovo programma
di customer experience ha ridotto il
numero delle chiamate per sinistro,
così come le attività di follow up collegate alla gestione dei sinistri.
Soluzioni
Senza interazione non c’è customer
experience
Questo è il pensiero dell’azienda
Orange, che sta affiancando ai propri
prodotti per il call center funzionalità
di comunicazione spinta, uso dei social network e dei dispositivi digitali.
Il tutto nel cloud, modalità che consente un’ampia flessibilità. Tra i servizi
proposti da Orange spiccano Network
Interactive Voice Response (Ivr), una
rete internazionale per gestire le chiamate (anche via cloud) che indirizzano
in modo automatico le richieste ai call
center, e il Taylormade Contact Center,
servizi di contact center multicanale e
modellati sulle necessità delle aziende.
CMI Customer Management Insights
Ultimo in ordine di tempo è il Flexible
Contact Center (Fcc), un altro contact
center solution multicanale (voice,
chat, mail, Im), con interfaccia unica e
semplificata, basata sul cloud.
Avanade e Sitecore insieme
per il marketing digitale
Una si occupa di contenuti digitali,
l’altra di servizi it. Si alleano per offrire
alle imprese un approccio semplificato e unificato al digital marketing e al
web content management, tramite i
principali canali marketing, tra cui Internet, e-mail, mobile e social. I servizi
offerti dalla sinergia Sitecore-Avanade
– disponibili sia in modalità on-premise
che on-demand, tramite la piattaforma
cloud Windows Azure – comprendono
per esempio la possibilità di orchestrare le campagne in maniera più veloce, o
di migliorare il customer engagement.
Tra i client che già utilizzano i servizi offerti dalle due società spicca la compagnia aerea Livingstone Air, che utilizza
una piattaforma digitale per vendere e
promuovere servizi ai clienti finali.
Customer service avanzato
per le Pmi
L’azienda Genesys ha lanciato la soluzione Genesys One, rivolta alle Pmi,
dedicata al contact management e
volta a favorire una gestione professionale del customer service. Le aziende
che implementano il prodotto riescono
rapidamente ad avere sotto controllo
i report e di conseguenza a modificare l’attività a seconda del mutare delle
condizioni di business. La soluzione si
basa sulla suite Genesys 8, che include la piattaforma SIP-based Genesys
Customer Interaction Management;
nel nostro Paese supporta fino a 150
agenti su un singolo server, includendo
tutte le applicazioni in base alle esigenze di contact management del cliente.
ciare la sua prima applicazione di tipo
transazionale collegata al Crm e innestata sulla piattaforma Hana: Sap 360
Customer. Il concetto portante è quello di “tempo reale”, ossia la possibilità
di conoscere, dei clienti, informazioni
in tempo reale, desideri compresi; di
orchestrare interazioni sempre in tempo reale, differenziando l’offerta per
ciascun cliente. Le informazioni in real
time sono raccolte attraverso interazioni front-office, transazioni back-office e
informazioni pubbliche rese disponibili
sui social network.
La customer experience
secondo Sap
Anche i sistemi gestionali possono garantire un’esperienza interessante ai
propri user, funzionale, in tempo reale
e proiettata a nuovi business.
È quanto promette Sap, nell’annun-
Si iscriva al convegno gratuito
Customer Experience:
la sfida multicanale
del 21/2/13
Gli Speciali di CMI 2013
Ogni mese un argomento affrontato insieme alle aziende del settore.
Una panoramica dell’offerta preceduta da un’analisi per avere un quadro di insieme dei
temi all’ordine del giorno per chi si occupa di contact center e relazione con il cliente.
gennaio/febbraio
Big Data
marzo
Unified Communication
aprile
Workforce Management (WFM)
maggio
Quality monitoring interno ed esterno
giugno
BPO e costi dell’outsourcing /cosourcing
luglio/agosto
settembre
ottobre
novembre
dicembre
www.cmimagazine.it
Analytics
Nuovi canali e media
Nuove interfacce vocali applicate ai contact center
Knowledge Management Systems
Tecnologie per la selezione, valutazione, coaching, formazione
del personale nei contact center
DICEMBRE 2012
15
Guida alle aziende
Soluzioni tecnologiche
Oggi, il contact center si distingue per il ricco contenuto di tecnologie anche molto innovative. Non
considerando le tecnologie trasversali e abilitanti (middleware, sicurezza, data base, ecc.), si possono
distinguere quattro categorie. Per ciascuna diamo una rapida panoramica di alcune tra le più importanti aziende presenti in Italia, senza la pretesa di essere esaustivi, limitandoci alle soluzioni offerte al
mercato italiano. Un elenco in evoluzione che verrà aggiornato in ogni numero.
Tecnologie per i contact center:
sistemi telefonici, VoIP/SIP, CTI, ACD,
IVR e speech recognition, messaging,
code universali/work distribution,
dialer, sistemi allinOne, speaker
verification.
Aastra Italia
Acme Packet
ADABUS
Alcatel-Lucent
Aspect
Applicazioni orientate al servizio:
suite di CRM, customer service,
vendite e marketing, help desk,
recupero crediti, sale force
automation, supporto a personale
esterno e al dispatching, ERP,
piattafome di predictive dialling
integrate, BPA, applicazioni per
unificare interfaccia su desktop.
Altesys
Altitude
Aspect
Avaya
BMC Software
Cisco
Brainforce
Ellysse
Broad Vision
Ericsson
Cicero
Fonality
Computer Associates
Genesys
IFM Infomaster
Interactive Intelligence
Interactive Media
Labitech
Front Range
IBM
Inaz
Indra Company
Interactive Intelligence
Microsoft
Jacada
Mitel
Microsoft
Nec
Oracle
Nuance
PAT
Qumido
RightNow
Reitek
Sage CRM
Shoretel
Salesforce
Siemens
SAP
Siseco
Smartdhome
Sistemi gestionali: registrazione
audio dual channel delle telefonate,
gestione prestazioni, analisi di
testi, analisi del desktop, work
force management system, speech
analytics, quality monitoring,
sondaggi e ascolto voce del cliente,
elearning e coaching, selezione
del personale, monitoraggio della
customer experience.
Aspect
Autonomy
Avaya
Cisco
Genesys
IBM
Interactive Intelligence
Interactive Media
InVision Software
Labitech
Mindbox
Nice
Nuance
Oracle
Pervoice
Qlikview
Reputation Manager
SAP
SAS
Studio Zeta
Sugar CRM
Voxify
16
DICEMBRE 2012
CMI Customer Management Insights
Servizi e consulenza
In questa sezione rientrano i servizi di call center in outsourcing (consultare anche www.assocontact.it <http://www.assocontact.it> ), le
società che svolgono ricerche di mercato e sondaggi di soddisfazione del cliente, le società che offrono servizi di consulenza e formazione nel settore del customer contact. Rientrano anche i system
integrator o altri solution provider che offrono consulenza all’interno della loro soluzione, società di consulenza indipendente,società
specializzate nella selezione del personale, società ed enti di formazione, enti per i fondi paritetici.
Consulenza e system integration
Sistemi di supporto: Gestione di
basi di conoscenza, self service via
web, scripting, scrittura di testi, chat/
IM, sms e texting, email response
management system, collaboration,
soluzioni per disabili/portatori di
handicap, videocomunicazione in HD,
tecnologie per interoperabilità IP e il
collaudo delle tecnologie di contact
center.
Outsourcer
Accenture
Call&Call Holding
C-Direct Consulting
Comdata
Indra
Networks Contacts
Vanguard Europe Communications
Visiant Contact
Wave
Mobili, strumenti, accessori
Aspect
Il mondo dei contact center ha inoltre necessità di numerosi accessori e mobili studiati per un’appropriata ergonomia della postazione di lavoro. Qui trovate alcune delle società che offrono accessori,
quali pannelli elettronici, ticker, cuffie, mobili per ufficio, impianti.
Autonomy
Cisco
eGain
Genesys
H-care
Mobili
IBM
Strumenti e accessori
Labitech
LogMeIn
Colebrook Bosson Saunders
Digital-fax
Microsoft
Centrufficio
One direct
Oracle
La Mercanti
Sistel
RightNow
Lab System
Spectrum
SalesForce
Mastruzzi
Verint
Office Planet
Vivisimo
Styloffice
Ufficio Design Italia
Su www.cmimagazine.it
aggiornamenti continui
www.cmimagazine.it
DICEMBRE 2012
17
Guida alle aziende
Aspect Software Inc.
www.aspect.com/ita
Piazza del Popolo, 18
00187 Roma
Tel. 06 367 12 401
Aspect è un provider a livello internazionale di soluzioni di contatto con i clienti. Sviluppa la relazione con i clienti
grazie all’unione di software per la gestione dei contatti con i clienti e le piattaforme Microsoft. Aspect è riconosciuta
da analisti a livello mondiale per le competenze maturate nel settore del workforce management, outbound dialling
e inbound ACD routing.
Per seguire Aspect su Twitter @AspectUC,
per leggere i blog Aspect http://blogs.aspect.com
Ellysse Srl
www.ellysse.it
via della Previdenza Sociale, 9
42124 Reggio Emilia
Tel. 0522 232699
Nata nel gennaio del 2002 da un gruppo di professionisti specializzati nel settore delle tecnologie CTI e nell’implementazione di sistemi di contact center complessi, Ellysse si propone come partner ideale per la fornitura di progetti
chiavi in mano. Grazie ad un proprio laboratorio di ricerca e sviluppo, Ellysse realizza soluzioni applicative personalizzate sulle esigenze delle imprese.
Vanguard Communications Europe
www.vanguard.it, www.formazione-callcenter.it, www.formazione-crm.it
email: [email protected]
Rappresentanza in Italia
via di vigna murata, 40 – 00143 Roma
Tel. 06 5483 2800
Vanguard Communications Europe è una società di consulenza indipendente fondata negli USA nel 1980, specializzatasi nel disegnare efficaci soluzioni per migliorare l’interazione di un’azienda con la clientela, tra cui il contact center
e il self service, e per la collaborazione tra il personale mobile e tra i lavoratori della conoscenza.
Nuance Communications Italy Srl
http://italy.nuance.com/
via Bartolomeo Colleoni, 9
20041 Agrate Brianza
Tel. 039 6892924
Nuance Communications, Inc. (NASDAQ: NUAN) è l ‘azienda leader mondiale nella fornitura di soluzioni ad interazione vocale multilingua per i mercati business e consumer.
Le tecnologie, le soluzioni ed i servizi Nuance arricchiscono e rendono più avvincente l ‘esperienza dell ‘utente, trasformando la modalità stessa di interazione delle persone con i dispositivi ed i sistemi tecnologici.
Nuance vi aiuta ad offrire le migliori esperienze di assistenza clienti possibili, sostenute da un’automazione intelligente, grazie all’esperienza ed al know-how specifici nel settore.
Ogni giorno milioni di utenti e migliaia di aziende in tutto il mondo utilizzano le soluzioni Nuance.
Per seguire Nuance su Twitter https://twitter.com/nuanceent
18
DICEMBRE 2012
CMI Customer Management Insights
C-Direct Consulting Srl
www.cdirectconsulting.it
C-Direct Consulting Srl è una giovane società di consulenza fondata con l’obiettivo di offrire alle Aziende servizi di consulenza e formazione per lo sviluppo di progetti e iniziative di CRM, Marketing Relazionale Multicanale, Programmi Loyalty,
Lead Management, Social CRM e Customer Experience.
Il team è costituito da professionisti con spiccate competenze e una lunga esperienza manageriale in primarie società multinazionali, in grado di offrire un concreto supporto ai propri Clienti da un punto di vista strategico, tattico e tecnologico. Social Media Easy
http://www.socialmediaeasy.it
Viale Colli Portuensi, 10
00151 Roma
Tel. 06 452215417
Social Media Easy fornisce servizi di formazione, consulenza e realizzazione di soluzioni alle PMI che vogliano cogliere le
opportunità offerte da web e social media marketing. Mette a disposizione dei clienti esperienza e professionalità per aiutare le imprese ad orientarsi nel mondo in continua evoluzione dei social media ed utilizzare in maniera efficace risorse e
potenzialità.
Per seguire il blog di Social Media Easy:
http://www.socialmediaeasy.it/blog/news-2/
Per seguire Social Media Easy sui social network:
- twitter: https://twitter.com/socialmediaeasy
- Facebook: http://www.facebook.com/SocialMediaEasy
Formazione nel Customer Contact
Vanguard Communications ha un programma completo per le esigenze di
manager; specialisti per la pianificazione e gestione del tempo reale; addetti al
controllo qualità, ai sondaggi e al reporting; specialisti del supporto tecnico,
team leader, supervisori e operatori
Skill essenziali: Principi e pratiche essenziali che devono
essere conosciuti da chiunque lavori in un contact center
Operations: Regolazione del livello di servizio; gestione dei
© 2012Vanguard Communications Corporation
consulenti telefonici; miglioramento ai processi
Personale: Monitoraggio e coaching; selezione e formazione;
motivazione e mantenimento
Tecnologie: Funzionalità; implementazione; selezione dei
fornitori
Strategie: Conduzione; visione e missione; strategie e
comunicazione; budget e pianificazione
Vanguard Communications Europe
Via di Vigna Murata, 40 – 00143 Roma - Tel. (+39) 06 5483 2800
www.vanguard.it - www.formazione-callcenter.it - www.formazione-crm.it
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DICEMBRE 2012
19
“
“
.
1
Choosing the Right Metrics:
Avoid 8 Common Mistakes
there isn’t a standard set of metrics that will
be appropriate for all centers, common pitfalls
when selecting metrics have emerged. We’ve
collected the following eight missteps from our
recent archives, along with our experts’ advice
for making smart choices.
�
�
�
Metrics Not Aligned with
the Contact Center Vision
Customers
� Be there when I want you
� Solve my problem in one contact
� Treat me as a valued customer
Senior Management
� Retain and grow customers
� Retain and grow employees
� Maximize profitability
Frontline Staff
� Work when I want
� Fair treatment
� Opportunities
The starting point for determining the most effective metrics—or for checking that what you’re currently measuring delivers value—is your center’s
“There will typically be some sub-items under
vision statement. Your center should have a vision each of these,” Klenke explains, “but it is best to
statement that is specific to your operation and concentrate on no more than 10 metrics at a
which supports the organization’s overall mission time. When there are only a few things to focus
and business goals. The vision statement is what on at one time, the chances of achieving those
you use to develop your short- and long-term goals increase dramatically.”
objectives and the metrics to track your team’s
progress.
Using “Canned” Metrics
It’s a critical component of strategic planning, and Reports
yet the majority of contact centers do not have a Contact centers tend to focus on the metrics that
vision statement, says Mike Desmarais, president are readily available and easy to measure versus
and founder of SQM Group, and author of the those that impact customers. Using “canned” metnewly released book, First Call Resolution. “They rics typically translates into canned reports that
might have KPIs for the call center, but without are not useful and are largely ignored.
a specific vision, those KPIs would be question“Most of us churn out hundreds of ‘performance
able and may not be the right metrics. It really data’ reports, providing information on volumes,
comes down to two questions: 1) What is your handle times, adherence rates and the like at the
call center’s primary purpose? and 2) Would your interval and agent level. What we may lack in the
senior management agree with that purpose?”
quality of report content, we readily make up for
Editor’s note: To read about aligning organiza- with quantity,” says Service Agility’s Jay Minnucci.
tional objectives with agent metrics, see “What’s “With all the data we have, the possibilities for
on Your Agent Scorecard?” on page 10.
reporting, make that communicating, are endless.”
Minnucci points out that, while there are a
Not Focused on
great number of tools that exist to analyze and
report on the data, they are not a requirement
Key Stakeholders’ Needs
Contact centers capture an abundance of metrics, to develop targeted reports. “Creating analytical,
but more data doesn’t necessarily translate into action-oriented reports is more a function of desire,
better insights. To determine the metrics that creativity and a comprehensive understanding of
would provide the most useful information, The the business rather than the technology. The goal
Call Center School’s Maggie Klenke and Penny of any form of communication is to deliver a
Reynolds suggest focusing on your three key message with impact for the audience.” He offers
stakeholder groups: customers, senior manage- the following three tips to keep in mind:
ment and frontline staff.
� The most accessible data is not
“Look at metrics that supply you with critical
information related to each stakeholder group,”
necessarily the best data.
� Analysis is what transforms a report from
Reynolds says. “In other words, you have to think
about the three main groups of people you need
information into knowledge.
� Every audience is different.
to keep happy every single day and put measures
in place to track how well you’re satisfying each
group.”
“When you accept these factors, you realize
Klenke and Reynolds recommend establishing why those canned reports are unable to presmetrics and measures that solve the following top ent a message that is in any way memorable.
22
issues for each stakeholder group:
Regardless of the technology in front of
PUBLISHER
Linda Harden
[email protected]
EDITOR
Susan Hash
[email protected]
Gli articoli
pubblicati
da pagina 21
a pagina 37
sono estratti
dal numero
di ottobre e
novembre di
Contact Center
Pipeline e sono
pubblicati in
esclusiva per
l’Italia da CMI
Customer
Management
Insights.
La riproduzione totale o
parziale degli articoli è vietata
senza autorizzazione scritta
dell’editore.
Reprinted with Permission
ContactCenterPipeline.com
November 2012
NOV 2012 [ CONTACT CENTER PIPELINE
21
3
21
03
Feature Article | Choosing the Right Metrics: Avoid 8 Common Mistakes
you, if you want to make an impact, you will have
to roll up your sleeves and design reports that
will generate value for your audience.”
focused on customers’ needs—and yet, very often “In lieu of asking your customers, your workforce
their top performance metrics have little correla- management reports will show you what they will
tion to customer satisfaction and loyalty, accord- tolerate. If you pull service level and abandoning to Reynolds. In some cases, this stems from a ment data into a scatter diagram, you will see a
The Customer Experience
misperception of what matters to customers. For distinct pattern about your customers’ behavior
instance, speed of answer is one metric that falls based on the differing service results. It makes
Is Not Defined by the Customer
Contact centers typically define the customer into this category. While it is a primary metric for sense that the longer someone has to wait for
experience from the company’s point of view. many centers, she points out that studies have your center to answer their call, the more likely
However, Desmarais points out that, while contact shown very little statistical correlation between they will choose to abandon. Knowing where
centers do an effective job of using call monitor- incremental increases in speed of answer and that threshold moves through each change in
ing and QA ratings to evaluate call quality from higher satisfaction.
service increments enables you to make realistic
an organizational perspective (e.g., adherence to
“Generally, callers don’t make much of a decisions about increasing or decreasing your
policies, accuracy, etc.), they are not effective at distinction whether the call is answered in 20 service goal. This same concept of measuring
evaluating call quality from a “Moment of Truth” seconds vs. 30, 40 or 60 seconds,” Reynolds your customers’ patience levels with abandons
customer experience perspective (i.e., greeting says, adding that most centers also don’t seem applies to average speed of answer.”
the customer, caring about the customer and to put much thought into how they choose speed
resolving the call).
of answer goals.
Customer Surveys
“QA evaluators cannot accurately assess the
Contact centers can apply a more structured Are Not Well Designed
customer’s call center experience because it approach to setting service level goals by con- If you want to know what your customers think
was not their experience; it was the customer’s ducting a customer patience study, says Tiffany of the service experience, ask them. Right? Over
experience,” he says. “The customer needs to be LaReau, a certified workforce manager at Human the past decade, companies have increased
the judge of their own experience.”
Numbers, a firm that provides contracted fore- their attempts to do that, in many cases, by
casting and scheduling services.
overwhelming customers with surveys via the IVR,
Metrics Have Little Impact
“So many contact centers like the 80/30 email, web and, more recently, on mobile devices.
service goal, but few have actually quizzed their
But offering customers more ways to provide
on Customer Satisfaction
Most leaders consider their centers to be highly customers to see what they like,” LaReau explains. feedback doesn’t necessarily mean that companies are gathering data that is timely, accurate
and actionable—especially when customer
research projects are not well thought out. Survey
design is a blend of art and science. It’s one part
of a complex project that requires a sponsor,
project team, adequate budget and expertise.
“A customer feedback program is composed of
a series of projects, and good project management skills should be exerted,” says Fred Van
Bennekom, Founder and President of Great Brook,
and author of Customer Surveying: A Guidebook
for Service Managers.
For instance, customer research projects often
are doomed to fail because companies bypass
the critical first step: to develop a statement of
project objectives that answers the Who, What,
When, Where, How and Why of the research project. If skipped, the result may be an unfocused
survey and a lack of data, or data that isn’t
structured to meet your needs.
Editor’s note: For an in-depth look at common
errors to avoid with customer feedback projects,
see Fred Van Bennekom’s complete series on
Customer Survey Research Mistakes published
in Pipeline, www.contactcenterpipeline.com.
22
CONTACT CENTER PIPELINE
3_12PI025_CC-AdLayouts_101112-FINAL.indd 1
DECEMBER 2012
Metrics Drive the Wrong Results
Productivity metrics are important to keep costs
in check, but be careful how they are used to
drive agent performance. You can confuse agents
with conflicting metrics and drive undesirable
behaviors.
Average handle time (AHT) is a perfect example. “AHT is a metric that has been much talked
about and is a great example of the choices a
call center leader needs to make,” says Larry
Eiser, managing principal of Contact Center
Insights LLC. “There has been a lot of debate as
to whether AHT is important to manage. That is
the wrong question. AHT is definitely important to
manage. It is a key input to your staffing model—
ideally by contact channel and call reason, as
well as reflecting seasonal variations. The right
question is how to manage AHT. There is no single
metric that is more dangerous to include as an
agent incentive measure. It can send the wrong
message and drive the wrong behavior—and, for
a segment of your CSRs, it will.”
As the saying goes, “Be careful what you ask for,
or measure.” Agents will try to meet the targets
that you set. “The question then becomes how
they meet it,” Eiser says. Trying to lower AHT by
setting agent performance targets or incentives
may cut costs, but those gains are likely to be
offset by decreases in FCR, customer satisfaction
and revenue opportunities, if calls are shortchanged, he adds.
Eiser adds that, while AHT targets should not
be included in frontline performance objectives,
setting AHT targets for managers or supervisors
is a legitimate approach that can be effective
for improving performance.
“AHT is a metric that you will want to watch in
the background,” he says. “Look for outliers and
trends to target coaching efforts versus establishing fixed numeric targets.”
Editor’s note: To learn more about setting
objectives to improve agent performance, see
“Setting Performance Objectives,” on page 1.
Focusing on Metrics
That Agents Can’t Control
“Many of the most common contact center metrics
and numbers are about the center’s ‘availability’—
not the impact on the customer experience,” says
Tim Montgomery, founder and managing partner
at Culture.Service.Growth. (CSG).
While availability metrics like service
Reprinted with Permission
05
Feature Article | Choosing the Right Metrics: Avoid 8 Common Mistakes
level, average speed of answer and abandon rate
are important, “they don’t have much to do with
quality or value from a customer standpoint,” he
says. Montgomery points to world-class centers,
which tend to focus more on customer-centric
measures like first-contact resolution, quality,
customer satisfaction and agent adherence to
schedule—“these are the measures over which
agents have direct control, and the ones that bring
the contact center much closer to the customer—
and vice versa,” he says.
Eiser agrees, adding that there are two key
criteria for deciding whether a given metric belongs
in an agent incentive or scorecard. “First is the
degree to which agents have control, or at least a
strong degree of influence, over the metric,” he says.
“Second is the degree to which the metric matters;
i.e., is it an important driver of higher level center
and organizational measures, such as satisfaction/
loyalty and overall cost and profitability?”
Driving the Company’s Values
Across Business Perspectives
Publishing an article on common errors may give the impression that contact centers
generally are not being effective in measuring or driving high performance. But that’s not the
case. There are centers that have developed a holistic view of the customer experience across
channels, and whose metrics are well aligned with organizational values and goals.
We recently spoke with Jason Lancaster, chief operating officer for Dialogue
Marketing about how its contact center uses metrics to bring the firm’s
core values to life. Dialogue Marketing is a nationwide provider of BPO and
customer engagement services, with four sites in the United States and one
in Costa Rica.
Dialogue Marketing’s business and employees are driven by seven core
values: flexible, adaptable, nimble, trust, transparent, value centric and
innovative. How are those values reflected in performance measures? “We operate on a
balanced scorecard that looks across five perspectives,” says Lancaster.
Jason Lancaster
�
FROM THE PIPELINE ARCHIVES
�
To learn more about contact center
metrics, check out the following articles
at www.contactcenterpipeline.com.
�
Common Survey Research Mistakes Series, 2012:
January, February, April, May; 2011: May, July,
September, November;
�
Customer Effort Score, October 2012
�
OK Is Not Great—The Biggest Problem with Net
Promoter Scores, October 2012
Net Promoter Score: The Reality Behind the Hype,
August 2012
Assess the Validity and Reproducibility of Your
Research, June 2012
FCR: The Go-To Metric for a Memorable Positive
Customer Experience, December 2011
What World-Class Contact Centers Do Differently,
March 2011
Top Contact Center KPIs, February 2011
From a Customer and Market perspective, the company’s overall goal is to be an
indispensable partner, which is measured by “organic” growth targets and key initiatives
within each of the strategic business units.
From an Innovation viewpoint, the goal is to develop and deploy new technology and
tools that yield a competitive advantage, such as call center and CRM tools, quality
assurance, intelligent routing systems, etc.
Operations focuses on the day-to-day service delivery and whether the center is meeting
its goals for operational excellence.
Key Human Growth measures include employee Net Promoter Scores and an employee
engagement index, which also impacts employee attrition (another key metric).
Financial Objectives focus on the value that the centers provide for clients. “We’re not the
lowest cost provider in the market, but we provide value by increasing first-call resolution
and lowering average handle time for our clients,” Lancaster says. “So even though they’re
paying more, they’re spending less.”
Overall, Lancaster says that the key to driving an effective balance of quality and productivity
metrics in the contact center is not letting procedure outrule the philosophy. “Understand what
the objective is, and the goal of the interaction,” he says. “Often, you’ll find QA teams that
nitpick inconsequential details and you can spend a lot of time and focus on that. But if you
focus more broadly on the interaction, the philosophy and the customer experience, you can
deliver a higher quality service experience without increasing the amount of monitoring that
you have to do.”
Managing Metrics Effectively, October 2010
Analysis and Reporting, October 2010
Key Performance Indicators: Are You Measuring the
Right Things?, June 2010
Susan Hash
is the Editor of Contact
Center Pipeline.
Follow @SusanHash on Twitter
twitter.com/SusanHash
[email protected]
(206) 552-8831
6
CONTACT CENTER PIPELINE
[
CHECK OUT
the Pipeline YouTube Channel
@ youtube.com/ccpipeline
www.youtube.com/ccpipeline
NOV 2012
Reprinted with Permission
DECEMBER 2012
ContactCenterPipeline.com
23
Agility Factor
SETTING
PERFORMANCE
OBJECTIVES
single-point objective. The goal should be to meet
or slightly exceed the objective. If communicated
appropriately and supported properly, staff will
understand that there is no point in driving the
metric any higher than “slightly above objective,”
so any effort or resources that would have been
associated with that will be put to better use
tending to other performance expectations.
Performance objectives are the
most powerful way to positively
influence your staff’s behavior.
By Jay Minnucci, Service Agility
Constant-Value Objectives
regarding where the bar should be set.
There is one critical step left, though, that needs
to be completed before thinking numerically. Take
a look at the metrics that you have left, and drop
them into one of the following two categories:
1
01
�
Constant value. Every gain in the
performance statistic, whether above or
below the objective, has the same value
to the organization.
Diminished value. Once the objective is
met, further improvements have less and
less value.
At first glance, that may seem like an odd
distinction. You would expect that most of your
�
data will naturally fit in the first category… after
all, if some is good, more must be better, right?
Not always. Consider service level. Wherever you
set the mark—for discussion purposes, let’s go
with 85% in 30 seconds—the goal is to actually hit the number, not greatly exceed it. If you
constantly achieve a 98%, for example, it is an
indication that you are either overstaffed or you
are not using your staff in the most effective
manner. Service level is clearly one metric where
the incremental value of results that exceed the
target is diminished. (Some may disagree with
this… I would argue that, if you believe 98% is
better, than that is what the objective should be.)
Diminished-value metrics take well to a typical
The story is different for metrics in the constantvalue category. If, for example, you are a sales
center, you may set some sort of objective
regarding sales—close rates, revenue per call,
etc. Whichever metrics you choose, you most
certainly will want to see the number go higher
and higher. If a 20% close rate is good, 22% is
10% better, and 30% is 50% better. There really is
no upper limit to the number you want to achieve,
so the objective you set will be governed more
by realistic expectations than desires.
The distinction between constant and diminished value is critically important. When singlelimit objectives are placed on a constant value
metric, you run the risk of limiting performance
results. In other words, the implementation of
Playing the Numbers Game
The entire purpose of setting objectives and reporting results is to improve performance. There are a number of ways to positively
influence behavior without setting an objective—trending over time is one such example. But setting an objective is typically the
most powerful, especially when actual results compared to the objective are the basis for performance evaluation.
If the power of objectives sounds alluring, keep in mind what Lord Action noted: “Power corrupts, and absolute power corrupts
absolutely.” Setting an objective can be so influential that normally honest people will do whatever is necessary to meet the number.
In confidential settings, agents have offered up many of the tricks they use to beat the numbers. Some gems are below:
�
�
�
Hanging up on calls as soon as they arrive is a popular way to beat Average Handle Time (AHT) and calls per hour/day/week
goals.
ACW camping is a way to enhance adherence statistics.
“Queue slipping” is a way that agents can keep themselves in the back of line and enjoy much longer down time between calls
without affecting either ACW or adherence.
Bottom line—before you set an objective, you need to be sure that the ways to game the number have been identified and
addressed.
16
24
CONTACT CENTER PIPELINE
CONTACT CENTER PIPELINE
[
NOV 2012
DECEMBER 2012
Reprinted with Permission
Performance objectives matter. With the enormous impact
they have on behavior, it’s well worth the time investment
required to understand them and get them right.
an objective does exactly the opposite of what
you want. Instead of motivating staff to reach the
highest levels of performance, staff is motivated
to reach a certain level and then take a nap. Since
there is value beyond the objective, your attempts
to achieve high performance levels can actually
leave you short of optimal results.
So if single-limit objectives are a poor match
for constant value metrics, are there other options
you can consider to help guide performance?
Well, there is always a continual improvement
approach, where the goal is to measure today’s
performance and let the objective for tomorrow
simply be to “improve.” That has the advantage of
removing any perceived limits to performance. On
the downside, though, slow but constant improvement may not be enough if performance starts
out well below a critically defined level. If, for
example, you need to generate $50 of revenue
per call for the contact center to be viable but
you are currently at $20, you may not have the
time to wait for slow and steady improvement.
Another option for constant-value metrics is to
set a sliding-scale objective that reflects the value
of continually improving performance results.
There are a couple of ways to do this:
�
�
Tiered objectives—a 20% close rate is
our minimum, 25% puts you in line for x,
30% puts in line for y, and 40% (which
no one has ever yet achieved), puts you in
line for z (where x, y and z can range from
monetary rewards to qualifications for
promotions to anything in between). Note
that there is a still a limit on this, so the
upper tier needs to be an aggressive goal
that is exceptionally challenging to meet.
Infinite objectives—Whatever the metrics,
ensure that there is no upper limit. In
other words, offering $500 per month
once a rep reaches 20 sales is a sure
way never to see anyone with 30 sales in
a month. Instead, consider setting up a
program where you need to make at least
20 sales to participate, and at that rate,
you get $25 per sale. You can then keep
the $25 rate for any sales above 20, or
you could reward even further by bumping
it up to $27 for 25 or more, and $30 for
30 or more.
Defining Each Metric
Since the characteristics of constant- and
diminished-value metrics are so different, one
of the key activities is properly defining what type
of metric you have. There is no hard-and-fast rule,
and you will find that some metrics can fit in a
“gray area” between the two. Where a metric is
difficult to define, it may help to ask the following
question:
Is there a downside (or unintended
consequences) to everyone maxing out
on this metric?
For most sales objectives, the answer is no.
Ditto for customer satisfaction scores or quality
monitoring results. Productivity data, though, may
not stand up to this test. Adherence, for example,
might look like an infinite value metric on the
surface—if 90% is good, 98% is that much better.
But the truth is that your schedules are built on a
projected adherence rate, and coming in above
that number will only generate overstaffing. Yes,
if the higher number regularly occurs you can
up the projected adherence rate… but keep in
mind that after a certain level is met, inflated
adherence rates typically come on the back of
increased after-call work (ACW)—in other words,
staff meet the mark by overusing ACW. That is
clearly a downside, so adherence likely belongs
in the diminished-value category.
Setting the Mark
So after that very long first step of placing the
metrics in the right category, we have still yet to
address where to set the mark. Some would argue
that you set “stretch” objectives, while others set
objectives at or near averages to ensure that
they are realistic. In reality, the best approach
to setting an objective is to employ a calculated
approach whenever possible.
A good example to illustrate this approach
is setting an objective for supervisors on the
amount of time spent coaching. Often, contact
center leaders throw out numbers like 75% without giving consideration to the impact this can
have on other tasks. In reality, it is not too difficult
to sit down with a group of supervisors and go
through a time-utilization exercise. What tasks
are they required to do now, and how much time
do they spend on them? Better yet, how much
time should they spend on them? When you start
to account for meetings, emails, projects and
other assigned responsibilities, most supervisors
will have less than half of their time left for any
other tasks. Armed with a clear understanding
of where time is being spent, you can rationally
evaluate the information and set an objective
that is realistic, and one that supervisors can
be expected to meet.
This calculated approach can work with most
metrics. Customer satisfaction rates are another
good example. You have your current rates, and
you have recorded calls that can tell you a lot
about the calls that do not get a top-box rating.
If you have a 75% top-box score now, and your
QA program indicates that 10% of calls score
something less than perfect for soft skills, then
85% represents a reasonable expectation for the
upper end. You might set your objective there, or
you might go a bit lower than that to allow some
room to grow the objective in the future.
The Results Are Worth the Effort
Performance objectives matter. Agents, frontline
leaders and managers know the numbers and the
vast majority work hard to achieve them. With the
enormous impact they have on behavior, it’s well
worth the time investment required to understand
them and get them right.
Jay Minnucci is Founder
and President of the
independent consulting
firm Service Agility.
[email protected]
(215) 679-5250
NOV 2012
Reprinted with Permission
DECEMBER 2012
[
ContactCenterPipeline.com
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25
Leading Thoughts
OK Is Not Great—The
Biggest Problem with
Net Promoter Scores
Customers who give passive
ratings make up a large part of the
market. They’re not benign and
shouldn’t be ignored.
By John Goodman, TARP Worldwide
I
believe that the Net Promoter Score
(NPS) is dangerous because it can distract
companies possessing apparently good
scores from their biggest single opportunity—those customers who give scores of
7 or 8—what NPS promotes call passive
customers. Passives are not passive and are
not loyal! I will explain below.
NPS was introduced in 2003 by Frederick
Reichheld as “the one number you need to grow”
to enhance profitability (“The One Number You
Need To Grow,” Harvard Business Review, Vol. 81,
December, pp. 46-54). Since then, there has
been an ongoing debate about the utility of
NPS, including a recent article in Contact Center
Pipeline (“Net Promoter Score: The Reality Behind
the Hype,” August 2012). I do not quibble with a
willingness to recommend question as a strong
indicator of customer loyalty and future repurchase intention. In fact, I first recommended
using a willingness to recommend question in
place of or as a supplement to a plain satisfaction or repurchase question in Quality Progress
in May 1992 (“Ineffective—That’s the Problem
with Customer Satisfaction Surveys,” by John
Goodman and Scott Broetzmann).
There are, however, three difficulties with how
the NPS treats those respondents who assign a
score of 7 or 8, what Reichheld terms passive or
benign. First, they are not benign—they spread
negative word of mouth, are less loyal and are
much more price sensitive than customers who
18
26
CONTACT CENTER PIPELINE
CONTACT CENTER PIPELINE
[
assign a 9 or 10 rating. Secondly, they often
constitute a large part of the overall customer
base and should not be ignored. If you have a
strong brand with less than 10% detractors, your
biggest opportunity is the passive segment, and
NPS, by implication is not very actionable. Third,
the passives present a huge opportunity in that
there are easy ways to move them up the scale to
become advocates. For these three reason, they
should not be ignored, or even called passive.
Passives Are Not Passive
Passives are both significantly less loyal and
very likely to spread negative word of mouth.
In comparing the word-of-mouth behaviors
of those assigning a 7 or 8 on a 10-point scale
(or generally a 4 on a 5-point scale, which also
constitutes a major part of TARP’s research), I
find that passives do indicate they tell several
friends and associates about their experience.
(TARP is aware that there is a significant debate
on the validity of direct translation of 7s and
8s on a 10-point scale to 4s on a 5-point scale.
Space does not allow addressing that issue in
this article.) The numbers are usually 30% to
50% of the magnitude of those told about very
good or very bad experiences but they are still
significant contributors to the overall volume of
word of mouth being spread about the customer
experience.
The ambivalent experience related in passive
word of mouth does the company no good and
is usually at best faint praise or actually negative.
Think about how you would react if someone
came to you and said, “ I just went to this restaurant and I’d definitely give it a 7.” What you
hear is them saying, “ it was barely adequate,” or
“they didn’t do a bad job.” Would you rush right
out to that restaurant? I think not.
Second, customers who give passive ratings,
e.g. 7s and 8s, or a 4 on a 5-point scale, are generally significantly less loyal than those giving
a top-box rating. In comparing willingness to
repurchase against willingness to recommend,
we find that passives are usually 10% to 20%
less likely to remain loyal or intend to repurchase. In his analysis of T Mobile’s market, Bob E.
Hayes, president of research and consulting firm
Business Over Broadway, writing in a respected
market research journal, indicated that 7s and
8s constituted 37% of the total market. He also
shows that their disloyalty (those highly likely
to switch) was exactly the same for 7s and 6s
and 5s (“Customer Loyalty 2.0,” by Bob E. Hayes,
Quirk’s Marketing Research Review, October
2008). We usually find that those customers
who assign passive ratings have either had some
sort of minor question or problem that was not
even reported or they have had a completely
uneventful transaction with no interaction with
employees. As noted further on, these situations
can provide a significant opportunity.
Finally, passives tend to be much more pricesensitive. Correlated ratings of satisfaction with
price and value for price paid with willingness
to recommend show that customers who assign
passive scores are significantly more sensitive to
price and perceive significantly lower value for
price paid. While this might seem tautological,
it reinforces the point that “passives” are NOT
passive
Market leaders live and succeed in a top-box
world. This correlation of mediocre recommend
scores with ambivalence toward repurchase,
value and price sensitivity was best characterized
by the SVP of a major agricultural equipment
company that charges a premium for its products. He said, “When someone gives you a 4 on
a 5-point scale, he’s saying, ‘I’ll keep buying your
product until someone else offers me a better
deal.’” He then went on to say, “We don’t want
to compete on price, so a 4 or a 7 (on a 10-point
scale) is not acceptable!” Similar views have been
OCT 2012
DECEMBER 2012
Reprinted with Permission
expressed by executives in leading retail, auto
and insurance companies, all of whom live in a
top-box world.
other than the transaction.” This building
of rapport and emotional connection can
lead to a 20% to 25% increase in top-box
ratings, all for a 90-second investment of
talk time.
Passives Are Large Part of the
Market: A Major Opportunity
I usually find that 20% to 40% of all respondents end up in the passive category. In most
organizations, unless you have a train wreck,
the total number of detractors is less than 10%.
These detractors are vocal and submit many
more complaints. Further, their problems are
obvious and judged to be serious, placing the
company’s reputation and treasure at risk. On
the other hand, the passives are often viewed as
somewhat satisfied or even satisfied (as opposed
to very satisfied). Their situation is not viewed
as dire and a lower priority. If, in executing the
NPS calculation, you drop out passives, you are
ignoring a very significant part of your market.
Further, the passives can be more easily
affected. They have not had any serious problems with your product or service though many
of them have experienced a minor problem
or question. They are the group you are most
likely to move to top-box advocacy. This means
that provision of a low-effort value-add can
potentially move their ratings up to top box. In
many cases such a low-effort action is a much
more feasible approach to improving scores
than assuring that serious problems that result
in 6s and below will never occur.
I have found that a range of “cheap delighters” can both enhance ratings and foster positive word of mouth rather than ambivalent or
negative word of mouth (“Treat Your Customers
as Prime Media Reps,” by John Goodman,
BrandWeek, September 12, 2005, p 16). These
delighters can range from transactional convenience and financial discounts to proactive
communication and emotional connection
(Strategic Customer Service, by John Goodman,
AMACOM, pp 180-181).
Several examples will illustrate moving passives to raving fans.
�
At a major catalog company, when the
phone queue is not excessive, customer
service reps are instructed to pick a few
customers they feel comfortable talking
to and ‘talk to them about something
Capitalizing on
the Passive Opportunity
I recommend four actions to address the pitfall
and opportunity of passives identified above.
�
�
�
�
Recently, at the O’Hare Airport Starbucks,
I asked for a cup of regular coffee and the
counter person said with a smile, “ I’m
just making a new pot so there will be
a three-minute wait… but of course it
will then be free. Do you mind waiting?”
The cost of a cup of regular coffee was
minor compared to the increase in my
satisfaction. Both of these transactions
moved the rating to top box via frontline
flexibility and exemplary interactions
skills.
A third example comes from a leading
quick-service restaurant chain. They have
now hired your grandmother to cruise
the dining room topping off sweet tea
and interacting with customers. They
have found that she can create “microbursts of emotional connection” that
convert unremarkable transactions into
top-box experiences.
Finally, if you can anticipate the
customer’s next question or need
and proactively deliver it, you move
the transaction from uneventful and
adequate to dazzling, meriting positive
word of mouth. This anticipation and
delivery is what we call, “Psychic Pizza”;
that is, ringing your door bell and saying,
“Here is the pizza you were about
to order.” The Auto Club of Southern
California has achieved significant
increases in service ratings by moving 4s
to 5s in their road service offering. They
have partially achieved this by assuring
that the tow truck operator, upon arrival
at the broken down car, always offers
a cold bottle of water and apologizes
for the wait, even when they are early.
Again, the cost is minimal and the
impact is huge.
�
�
�
First, change the organization’s attitude
toward the passives—they are not
benign and should not be ignored.
Stress that they are the biggest single
opportunity, usually one-third of your
total market.
Second, create the economic imperative
for action by quantifying the size of the
opportunity; the monthly incremental
revenue value if passives were moved
up to top box, the word-of-mouth
magnitude and direction and the
customers’ current sensitivity to price and
value for price paid all contribute to this
economic imperative.
Enhance the interaction skills and
flexibility of your frontline staff to deal
with the top-five minor challenges they
encounter so that they can be uniformly
successful in handling them and creating
“micro-bursts of emotional connection.”
Finally, experiment with “cheap
delighters” and “Psychic Pizza” actions
that convert the colorless transaction
into a remarkable event. These can be
simple emotional connections or minor
value-adds as previously described.
John Goodman is Vice
Chairman and Co-founder
of TARP Worldwide,
and author of Strategic
Customer Service.
[email protected]
(703) 284-9253
Strategic Customer Service, by
John Goodman, summarizes 35
years of TARP’s work measuring
and managing the customer
experience.
Available at:
www.tarp.com/goodman/
OCT 2012
Reprinted with Permission
[
DECEMBER 2012
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19
27
Customer Insight Metrics
Customer
Effort Score
of the survey questions measured attributes of
the service experience, the attitudes created
on the part of the respondents, and a slew of
demographic data that were used as control
variables in the analysis. The article claims that
the analysts controlled for a whole range of
variables that could affect the results.
The authors argue “that what customers really
want (but rarely get) is just a satisfactory solution to their service issue,” and they have a new
measure for loyalty. To paraphrase Reichheld,
“forget everything you’ve ever known about loyalty research”—or do you? The authors list two
critical findings for customer service strategies:
Does CES live up to the claims of
being the best new predictor of
customer loyalty? Take a closer look
at the research.
By Fred Van Bennekom, Great Brook
M
y previous article assessed the
argument behind the Net Promoter
Score (NPS). While the creators of NPS
engaged in an extensive research program to
derive NPS as the best indicator of a company’s
future profitability, there are many issues with
NPS. Most notably, other researchers have not
been able to replicate the findings.
This article will examine a newcomer in the
arena of customer insight metrics, the Customer
Effort Score (CES). CES has received considerable airplay since an article in Harvard Business
Review—yup, them again—presented the concept back in July 2010. As a follower of many
group discussions in LinkedIn, I read people
regaling the virtues of CES, and I have seen
articles posted on the web extolling CES. Here
are a couple of examples of hype I have seen:
CES is emerging as the latest “it” metric, and
will likely continue to garner attention over
the coming years as its use becomes more
widespread.
—Aaron Turner, Research Director, Market
Strategies International, January 2011
white paper
An authoritative study by the Customer
Contact Council contends that customer
loyalty—that Holy Grail—is no longer driven
entirely by customer delight, if it ever was.
— h t t p : / / w w w. a s s i s t l y. c o m / b l og / 8 customer-service-issues-impede-loyalty-2/
But none of these people has really looked
at the research basis behind CES as a customer
32
28
CONTACT CENTER PIPELINE
CONTACT CENTER PIPELINE
[
insight metric. As I will show you, it is pathetically
weak—as presented.
What is the Customer
Effort Score?
The July-August 2010 Harvard Business Review
published an article, “Stop Trying to Delight Your
Customers” by Matthew Dixon, Karen Freeman,
and Nicholas Toman of the Customer Contact
Council (CCC). The provocative title certainly
caught my attention! I have also had a number
of research articles from CCC shared with me that
are based on this same research study.
The authors say they addressed three questions in their research:
1. How important is customer service to
loyalty?
2. Which customer service activities increase
loyalty, and which don’t?
3. Can companies increase loyalty without
raising their customer service operating
costs?
Here I’ll summarize their research as reported
and then discuss the serious shortcomings.
The research project surveyed 75,000 B2B and
B2C customers across the globe about their contact center interactions, which included interaction via multiple service delivery channels. The
researchers also conducted extensive interviews
of customer service managers.
The published article doesn’t include the
actual survey instrument, a link to it, or the
details about the administration process. Such
missing elements always trigger a red flag for
me. But we can infer from the article that many
First, delighting customers doesn’t build
loyalty; reducing [the customer’s] effort—the
work they must do to get their problem
solved—does. Second, acting deliberately
on this insight can help improve customer
service, reduce customer service costs, and
decrease customer churn.
Indeed, 89 of the 100 customer service
heads we surveyed said that their main
strategy is to exceed expectations. But
despite these Herculean—and costly—
efforts, 84% of customers told us that their
expectations had not been exceeded during
their most recent interaction.
To summarize their argument in different
words, companies should focus on reducing dissatisfaction, not maximizing satisfaction. I cringe
at that statement since it’s what almost all U.S.based airlines seem to practice. They continue…
Although customer service can do little to
increase loyalty, it can (and typically does)
do a great deal to undermine it. Customers
are four times more likely to leave a service
interaction disloyal than loyal.
The loyalty pie consists largely of slices such
as product quality and brand; the slice for
service is quite small. But service accounts
for most of the disloyalty pie. We buy from
a company because it delivers quality
products, great value or a compelling brand.
We leave one, more often than not, because
it fails to deliver on customer service.
Reps should focus on reducing the effort
OCT 2012
DECEMBER 2012
Reprinted with Permission
CES may have tremendous value as a new customer metric
for remedial customer service, but I’m not sold based on the
evidence that it is the best predictor of customer loyalty.
customers must make. Doing so increases
the likelihood that they will return to the
company, increase the amount they spend
there, and speak positively (and not
negatively) about it—in other words, that
they’ll become more loyal…
The immediate mission is clear: Corporate
leaders must focus their service
organizations on mitigating disloyalty by
reducing customer effort.
The authors’ new contribution to customer
metrics is their Customer Effort Score (CES), which
is based on a new survey question: “How much
effort did you personally have to put forth to
handle your request?” (sic) The question is rated
on a scale where 1 means “very low effort” and
5 means “very high effort.”
Their research found that CES had strong
“predictive” power for both repurchasing likelihood and future amount of purchases, which
were their measures of loyalty—more on that
later—and that it was a better predictor of loyalty than were the overall satisfaction question
(CSAT) and Net Promoter question (NPS). They
claim it’s better than NPS since NPS captures a
customer’s view of the company as a whole,
which is one of my main problems with NPS
when used in transactional surveys, while CES
is more transactional oriented.
Beyond using the CES question, the authors
discuss five key recommendations:
1. Don’t just resolve the current issue; head
off the next one.
2. Arm reps to address the emotional side of
customer interactions.
3. Minimize channel switching by increasing
self-service channel “stickiness.”
4. Use feedback from disgruntled or struggling
customers to reduce customer effort.
5. Empower the frontline to deliver a loweffort experience. Incentive systems that
value speed over quality may pose the
single greatest barrier to reducing customer
effort.
sound research, but where are the weak spots,
in particular in their claim that CES is the best
predictor of customer loyalty?
First and foremost, I am always skeptical
about findings when I don’t get a clear picture
of the research methodology. This article was
not the practitioner version of an academic
research paper that had been submitted to an
academic journal’s peer review process, which
would require clean methodology. The reader is
left to draw many, many inferences about the
methodology.
Here are some holes in the presentation of
the research.
�
�
�
�
�
�
The Issues with CES
as a Loyalty Predictor
All of this sounds enticing when supported by
Reprinted with Permission
No link to the survey instrument is
provided. We know the CES question is
posed on a 1-to-5 scale, but it appears
the “loyalty” questions are posed on a
1-to-7 scale, based on a chart provided.
We don’t know where in the
questionnaire the CES is posed. Sequence
does matter.
We don’t know how the respondents
were identified and solicited or when
they got the survey in relation to the
transaction completion.
While we learn that 84% of the
respondents said their expectations were
not exceeded, we don’t know how that
84% breaks down between those whose
expectations were met and those whose
expectations were not met. The fact
that they lumped those two categories
together makes me suspicious.
A chart shown with no supplemental
hard data implies a weak correlation
between CES and CSAT, which seems
hard to believe. How was the satisfaction
question phrased?
It appears that regression analysis was
performed. We don’t know the full model
with all the variables included. We are
provided no statistics to know the validity
of the model.
The research methodology and execution
could be exemplary, but the article does not
provide enough background to remove my
skepticism. If I don’t feel comfortable with my
understanding of the methodology, I take any
findings and conclusions with a giant grain of
salt—in this case, a whole salt mine.
I challenge anyone to design a research project to replicate the research done by CCC. I am
not asking you to do the research, just design the
research project plan based on the information
available about what CCC has done. You simply
cannot. As I stated in the first article in this series,
the ability to replicate the findings of a study is
a crucial measure of its validity.
Second, the researchers appear to have
defined implicitly—not explicitly—delivering
“delight” as “exceeding expectations.” But it does
not appear that they measured what customer
expectations were, nor does it appear that the
survey instrument attempted to measure any
delight attributes.
Previous researchers posit that some attributes
are satisfiers while other attributes are delighters. These researchers have said that exceeding
expectations on satisfiers buys little, which jives
with the findings here, but the CCC authors do
not appear to have attempted to identify which
attributes are delighters versus satisfiers, a lesson
from Kano analysis.
Further, the Kano model presents an important distinction between delighters and satisfiers
that the authors do not address at all.
In order for the delight attributes to have
an effect, the satisfier attributes have to be
delivered.
Consider a hotel stay. If the room is not clean—
a satisfier/dissatisfier—exemplary performance
on delight attributes buys little to nothing. Rather
than test this hypothesis, the researchers dismiss
delivering delight attributes as wasteful with no
explanation of how they measured and tested
the impact of delight attributes upon loyalty, if
they did at all. How can you say, “Satisfy, Don’t
Delight,” if you haven’t tested delight?
Third, following on the above point, 30
OCT 2012
DECEMBER 2012
[
ContactCenterPipeline.com
ContactCenterPipeline.com
33
29
29
33
Customer Insight Metrics | Customer Effort Score
we usually talk about companies raising the
bar—what was unexpected now becomes
expected—but contact centers in general have
lowered the bar—what was once expected now
becomes the unexpected—through the drive
to offload work onto the customers. The authors
state that you can create loyalty by satisfying, not
delighting, the customer through the delivery
of good, basic, reliable service.
Personally, if I can talk with a live person
quickly without having to navigate some
annoying phone menu, and have a courteous
interaction with an intelligent, knowledgeable
person who resolves my issues quickly while
instilling confidence, I wouldn’t be satisfied. I’d
be delighted, which is perhaps a sad statement
on the state of service. Perhaps, CES is actually
a delight attribute? Again, the authors don’t
discuss what is a satisfier versus a delighter.
Fourth, since most of the readers of this review
are service managers, I suspect your blood boiled
a bit to hear the role of service in creating (or
destroying) loyalty. The good news for you is that
authors present no specific evidence from the
study to support their conclusion that:
Although customer service can do little to
increase loyalty, it can (and typically does)
do a great deal to undermine it. Customers
are four times more likely to leave a service
interaction disloyal than loyal.
Was the disloyalty due to the service received
or due to failings in the core product, which
the service organization could not remedy to
the customer’s satisfaction? In a sidebar, they
state they measure “perceived product quality
and value” as a control variable. While the article
opens by saying their research examined “How
important customer service is to loyalty,” they
present no statistics to support this research
conclusion.
Fifth. Let’s look at the core question in their
research:
How much effort did you personally have to
put forth to handle your request?
What does that mean? The tortured syntax
of the question confuses who is “handling the
request.” I would have written: “How much effort
did you personally have to put forth to get your
request addressed?”
Further, “request” is jargon. I’ve worked in customer service for three decades. I know what a
“request” is from the perspective of a customer
service organization. Do normal people think
they are making a “request” when they contact
34
30
CONTACT CENTER PIPELINE [ OCT 2012
CONTACT CENTER PIPELINE DECEMBER 2012
a company’s service organization?
There is also a large difference between getting a “request handled” and getting a “satisfactory solution to their service issue,” as the authors
wrote. If I call a company with a billing issue and
they tell me, “Sorry, no refund,” I got my request
handled, but it was not a “satisfactory solution.”
My point is that the researchers used a question that (clumsily) measures the amount of
work a customer has to exert to get service and
transforms the results into “the work they must
do to get their problem solved.” Those are different.
Remember also that this research study had
an international audience. No mention is made
of local-language presentation of the survey. So,
I assume it was presented in English only. Would
those for whom English is a second language
understand the question as worded?
The question is also reverse coded, that is, a
high numerical score is worse than a low score in
contrast to other scalar questions in the survey.
While there are merits to reverse coding to avoid
a respondent getting into a “response rhythm,”
it does run the risk of respondents inverting
the scale, especially when the combined with
the very awkward phrasing. Perhaps they took
steps in the construction of the questionnaire to
mitigate the risk of inverting the scale, but since
neither the instrument nor the administration
procedures is shared, it’s an open question.
Since this question forms the entire basis of
their proposal for a new attitudinal measure,
its validity is critical. What testing did they do
to ensure the validity of this question? We don’t
know. If the question is ambiguous and lacks validity, that makes their whole argument dubious.
Sixth, the authors claim CES has strong “predictive” power for loyalty, performing better
than the NPS or CSAT questions that apparently
were in their questionnaire. Repurchasing and
increased purchasing, along with word-of-mouth
comments were their measures of “loyalty.” In
their study, CES showed a correlation to intended
future behavior of those loyalty measures, not
actual future behaviors. Could people’s intended
future behavior be different immediately after a
poor service experience, as apparently captured
in their surveys, than later?
One of the strengths of the NPS research is
that those researchers performed longitudinal
research. They compared the NPS scores for specific companies to actual future company profitability. (Note: It is true that other researchers have
not been able to duplicate those NPS findings.
However, no researcher could ever duplicate the
findings of this study due to the lack of information about the study.) Here the authors did not
perform such longitudinal research. To claim
predictive powers for CES is a semantic stretch
not justified through this research. At minimum,
they should have explained the shortcomings
of their research method.
Lastly, it is important to note that the authors
investigated contact center customer service for
both product-based and service-based companies. In many, if not most, of these situations, the
contact center is providing remedial service. The
very definition of remedial services means that
the service is likely to only be a satisfier. No one
wants to call for remedial service; it’s compensating for a failure in the core product or service.
We are not told the difference in CES predictive power for remedial versus non-remedial
contact center experiences. This distinction is
important to the application of their findings. The
authors claim their findings provide lessons
beyond contact center services by their use of
hotel and airline service examples when building
their argument. Generalizing these findings to
the point of saying that service organizations
in general should ignore delight attributes is
at best dubious and is absolutely unwarranted
by the research. Those are not the claims of a
trained researcher.
A Final Note: The authors’ five recommendations make intuitive sense, and as a consumer I
can vouch that the effort I have to exert to get
service is a major factor in my satisfaction or
dissatisfaction with a service experience. CES
may have tremendous value as a new customer
metric for remedial customer service, but as with
NPS, I’m not sold based on the evidence presented that CES is the best predictor of customer
loyalty.
Fred Van Bennekom
is Founder and President
of Great Brook, a
consulting and training
firm specializing in survey
design and customer
feedback.
www.greatbrook.com
(978) 779-6312
Reprinted with Permission
Customer Surveying: A
Guidebook for Service
Managers, by Fred Van
Bennekom, is available
in the store at:
contactcenterpipeline.com
Un’iniziativa editoriale di
CMI Customer Management
Insights in partnership con
Contact Center Pipeline
I classici errori
nei sondaggi di ricerca
R Sbagliare a identificare gli obiettivi della ricerca
R Vincolare i sondaggi alle scarse risorse
R Mentire nell’introduzione
R Dimenticarsi l’ultimo passo
R Non curare l’aspetto
Questi i principali contenuti dell’opuscolo in italiano di 32 pagine e
disponibile in due versioni:
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Chi è Fred Van Bennekom
Fondatore e Presidente di Great Book, azienda di consulenza e formazione specializzata in creazione
di sondaggi e feedback dei clienti. Il suo volume Customer Surveying: A Guidebook for Service Managers è stato adottato come testo da Harvard University per il corso in Management marketing e da
Indiana University per il corso Evaluation of Information Systems
Customer Experience
CUSTOMER
EXPERIENCE
REENGINEERED
Operate like your grandparents
did. Four fundamental practices
that they already knew.
By Michel Falcon, Falcon Consulting Group
I
don’t want to discredit our generation
as business people, but I believe that our
grandparents were better at it. If we look at
how our grandparents ran their businesses,
growing organically through referrals and repeat
business by delivering a memorable customer
experience, it’s clear that they already knew the
four fundamental business practices that many
companies have just begun to focus on today:
rapport building, customer retention, customer
acquisition and brand admiration.
Rapport Building
Growing up, I often visited my Grandfather’s
seafood shop and witnessed how he grew his
business. He greeted customers genuinely, offering everyone a sincere, “How are you?” rather than
the now too common, “What can I get for you?”
I remember seeing him dart into the back of his
store after each customer left. Curious, I asked
what he was doing. He responded, “Learning
about my customers.”
After a conversation with each of his customers, my Grandfather recorded one thing that he
learned about them. When his customer Linda
mentioned that her family was going on a vacation, he would mark that down. When Linda
returned, whether that was the following week
or the next year, he could greet her with, “Linda,
how was your vacation?” What my Grandfather
did with his pen and paper, we now refer to as
rapport building and CRM systems.
Remember, customers pick up on the small
things. Information that you may be inclined
to disregard is what WOWs our customers and
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32
CONTACT CENTER PIPELINE
CONTACT CENTER PIPELINE
[
makes them wonder, “How did they remember
that?”
Ask yourself: How are you educating your
team on the importance of rapport building and
gathering customer intelligence?
Customer Retention
When we receive a complaint, it’s easy to immediately become defensive. As proud business
professionals who care about our service or
product, complaints come across as attacks.
Once, while in my Grandfather’s store, I overheard
a conversation that educated me on customer
retention. A gentleman walked into the store,
demanding his money back for a fish filet, even
though he had eaten three-quarters of it. My
Grandfather immediately returned his money,
but not without asking what was wrong because
he wanted to learn about the experience the
customer had.
I thought my grandfather was wrong for returning his money because the customer had eaten
nearly the entire filet. When I told my Grandfather
this, he educated me on lifetime value: “Michel,
if I don’t return this gentleman’s money, he will
take his wallet to my competitor. What’s even
worse, he will tell 10 family and friends of his
experience at my shop. Why should I fight with
this customer over $5? The customer will return
and I will recoup the money that was lost. And
if the customer comes another time after that,
he will again become profitable.” Sure enough,
the customer returned with a friend the very next
day and my Grandfather was again in the green.
We’ve all been in that position where we know
our customers are maliciously cheating us. Don’t
fight it. Give them what they want, within reason. I
believe that the customer is always right once, not
all of the time. If the same customer unjustifiably
complains again, feel free to fire them.
Ask yourself: Does your organization have
customer retention rules and service level agreements? Setting up these rules and agreements
are very easy ways to save those relationships
when things go wrong.
Customer Acquisition
After spending time at my Grandfather’s shop
and having learned about rapport building and
customer retention, I developed a bit of a swagger. With my newfound confidence, I offered my
Grandfather a customer acquisition strategy,
“Let’s go around the neighborhood and hand out
fliers to bring in new customers.” My Grandfather
politely declined. He sat me down on the stool,
and said, “Michel, that’s not a bad idea, but who’s
going to focus on the 50 customers who are in
the store right now?”
I took a quick look around and noticed that
there were only five people in the store.
“Um, Granddad, there are only five people
here.”
“Nope,” he replied. “They’re 50, because each
of these five customers have 10 family members
and friends who need seafood, too. Why hand
out costly fliers that may or may not bring in new
customers when I have 50 right here? Business
doesn’t have to be so complicated.”
Fast forward to 2012. We spend countless
hours strategizing how we can attract new customers to grow our revenue. We build pay-perclick programs, we have social media acquisition
strategies. It’s endless. I’m not saying that we
should abandon these strategies. Rather, I’m
saying, like my Grandfather did, that it doesn’t
have to be so complicated.
Everyone reading this article has a current
customer base. Focus on what you have right
NOV 2012
DECEMBER 2012
Reprinted with Permission
now. Find a strategy that will get each customer
to buy from you one more time this year or refer
one family member or friend. Building the business organically is the most profitable growth
you can experience because you don’t have to
spend marketing dollars. There is a reason why
Amazon and Zappos have smaller marketing
budgets than some would believe.
Ask yourself: How can you grow your business
by 10% next year simply by focusing on your
current customer base?
Brand Admiration
Do you know why we love Zappos? It’s not
because they have great merchandise. It’s not
because they have a cool website. And it’s not
because Tony Hsieh is their CEO. It’s because they
care about us, similar to how our Grandparents
cared. Zappos has experienced thousands of PR
hits directly related to their level of service. I’m
confident that you know at least one person who
has purchased from Zappos because they heard
about them through a media article or because
they wanted to experience the level of service
that the company so humbly promotes. This is
what customer experience does. It builds brand
admiration and awareness.
Whenever my Grandfather and I would leave
his store to get lunch, I witnessed dozens of
people warmly greeting him. They loved him
because he delivered amazing service. This is
the exact same reason we love Zappos.
Ask yourself: What are doing to promote your
level of service to drive brand admiration?
Act Small; Deliver Caring Service
Our Grandparents lived by humble, not overly
complicated rules and they succeeded.
Regardless of whether we are small, medium
or large businesses, we need to act small and
deliver a level of service that positions ourselves
as organizations that care. The organizations that
adopt these old-school practices will excel and
will be on their way to growing organically.
Michel Falcon is the
Founder and Principal of
Falcon Consulting Group
(FCG), a boutique customer
experience management
consulting agency.
Prior to FCG, he led
1-800-GOT-JUNK?’s
customer experience strategy and programs.
[email protected]
(778) 998-3252
NOV 2012
PS_0712.indd 1
Reprinted with Permission
DECEMBER 2012
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ContactCenterPipeline.com
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Tech Line
MOBILE AND THE
CONTACT CENTER:
THE GAME IS
CHANGING
Customers are abandoning
landlines and their limitations. It’s
time to get moving on a cohesive,
enterprisewide mobile strategy.
By Lori Bocklund, Strategic Contact
1
in varied ways. I’ll encourage you to pursue a
cohesive mobile strategy and plan across your
enterprise.
Comprehensive
“Mobile” Technology
My study of emerging mobile solutions for the
contact center, combined with my 25-year history in this industry, makes me smile. Everything
we’ve thought about in contact center technology
over the years comes together, enhanced by the
capabilities of the mobile interface. Solutions
that integrate between mobile self-service and
assisted service across channels are the starting
point, adding the mobile phone’s inherent multimodal abilities for talking, texting and selecting
from “prompts” to make choices.
Self-service capabilities for smartphones can
tap web or IVR capabilities, as well as unique
mobile applications. Now, the interface may be
speech-enabled and comfort and familiarity with
“Siri” or other friendly smartphone assistants may
promote its use.
As we cross into the realm of assisted service, a caller from a mobile phone could skip
frustrating menus by virtue of the information
a smartphone application can gather and use.
Whether transitioning to an inbound call that
uses the information entered on the phone or
selecting the option to receive an outbound call
28 CONTACT CENTER PIPELINE [ NOV 2012
34 CONTACT CENTER PIPELINE DECEMBER 2012
(complete with expected wait time and updates),
it is familiar, yet better. Things like “screen pops”
and “virtual hold” come with a new flair.
For those of you who like chat or text messaging, you’ll appreciate using mobile chat
or exchanging text messages with a company
through the mobile application. You may even
go “multimodal,” requesting a follow-up message or email. And when we talk mobile, we can
also think about integrating with social networks
(e.g., Facebook, Twitter) and leveraging things like
photos, video and location services.
For example, let’s say I am checking flight status on my smartphone. I see my flight is delayed
and I’m going to miss my connection. I can try
self service through the mobile web interface or
through an application I’ve downloaded. But I
can also connect with the airline’s center from my
phone. If I’ve got location services on, they might
use that information in considering my options.
(Close enough for a flight about to leave? Other
airports in the area?) If I’ve logged into an app,
they’ve got my frequent flyer information and
all my account details. If not, they can ask me
for that information before connecting (using
the keypad or speech), or confirm based on my
phone number and security password. My place
within the app or mobile web interface tells them
what I was doing. The airline has all the information it needs to route my call, pop screens and
provide “pain-free” service. It’s much better than
calling in and going through those darn menus.
Alternatively, they can present a message on
my phone that provides the expected wait time
and ask me if I’d like to wait or be called back.
As you add mobile to your service offerings,
you should consider how it will integrate with
Knowledge Management (KM) and Customer
Relationship Management (CRM) tools. My
mobile self-serve efforts can tap the same
knowledge base that web users and CSRs use,
and my activities could feed forums in the social
world. CRM could capture my mobile interactions
and outcomes so that, as I cross channels, I
receive consistent information and experiences
and have continuity from one media to the next.
Companies using mobile and all the related
technology effectively use information about
me and my interactions to hone the customer
experience. For example, they could set me up
for proactive contact, pushing information to
my phone that might preempt another contact.
And, of course, all the interaction information
will feed into reports and analytics to evaluate
and optimize my interactions and their offerings.
Who Is Changing the Game
While I started (and will end) this article with a
call to action based on the compelling case for
mobile and its imminent impact, I’ll admit that it’s
early in the game. We’re at the “innovators” and
“early adopters” stages of the technology adoption lifecycle. Nascent technology poses some
risks (will this product/vendor/approach make
it?!), but this lifecycle is going to move fast. The
spectrum of vendors approaching mobile is very
broad and varied. As Figure 1 shows, vendors are
coming at it from many angles, offering varying
degrees of functionality. The best way to proceed
is to exercise some caution in interpreting what
a vendor offers. With mobile solutions tied to so
many other technologies, there is risk of confusion
or over-simplification. For example, is a “virtual
agent” a speech interface to a mobile app, or
a helper that gets answers? It depends on who
you talk to. Since there are so many vendors and
approaches, make sure you are clear about what
they do, where they fit, and how their offering
works.
Here are some notable perspectives:
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Contact center technology vendors (e.g.,
Interactive Intelligence, Avaya, Genesys)
can leverage existing mobile apps or
help build new ones. They include the
functionality similar to the offerings
they’ve had for voice contact routing and
handling (including IVR and CTI) but with
the mobile phone advantages: “visual
IVR,” call through to an agent, visual
queue (expected wait time), and agent
call-back.
Nuance offers a speech interface and
biometrics for authentication. Both of
these capabilities have been available for
years with IVR, with limited penetration
and success. Mobile may change that.
IntelliResponse optimizes costs using
self service while meeting customer
demands for easy access to information
and answers. Now customers can use the
mobile phone to tap the same knowledge
base developed by CSRs or customers
interacting through the web.
Add-on vendors
(e.g., VHT, Fonolo,
PoundZero)
ACD vendors (e.g.,
Interactive Intelligence,
Avaya, Genesys)
Fonolo and PoundZero are examples of
newcomers who address the “typical”
problems of transition from self to
assisted service. They provide the links
between the mobile interface and the
agent in the contact center with minimal
changes to existing technology.
Many vendors push “visual IVR” to
leverage existing applications via a
mobile solution. The ability to sidestep
the long “to do” list in IT can help
companies move faster.
The “cloud” is at the center of technology
sourcing changes in our industry. Many mobile
apps and integrations will use cloud-based
capabilities. For example, a cloud solution integrated with your center may “hold” the caller’s
place in queue. That cloud solution monitors the
center, and calls the customer to conference in
an available agent when ready. In line with the
need to lower reliance and demands on IT, these
KM and Desktop
vendors (e.g., Jacada
Intelliresponse)
IVR vendors (e.g.,
Nuance, Voxeo)
Many Angles for Mobile and the Contact Center, Figure 1, above
TECHNOLOGY TOOLS
FOR MOBILE SOLUTIONS
Mobile solutions for the contact center use a variety of familiar
technologies. They leverage common development environments
and provide Software Development Kits (SDKs) to develop
applications and integrations. They can work with an existing
mobile application or be the source for a new app. They can
leverage Application Programming Interfaces (APIs) to create
an easier, common way to integrate and communicate. The
integration tools leverage Web Services and “connectors” to
IVRs and phone systems, in the fashion of Computer Telephony
Integration (CTI) that we’ve known for so long.
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2012
NOV
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ContactCenterPipeline.com
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Tech Line | Mobile and the Contact Center: The Game Is Changing
options can get mobile going sooner, with more
functionality.
Strategy and Planning
Considerations
With all these options, along with the reality
of diverse channel ownership in most companies, strategy and planning are more important
than ever. As contact center and IT leaders, you
must bring the right people together to define
requirements and deliver a solution that truly
optimizes the customer experience. You and your
colleagues must sit squarely in the customer’s
seat to optimize first-contact resolution, handle
time, and cross-channel customer experience.
Remember, the customer perspective is: “If
I need information or help, I’ll start there, but I
want the option to seamlessly cross media using
my multimedia device.” You can’t just let those
responsible for the “mobile app”—such as an
IT team, web group or a mobile app team—run
with it. You have to tackle issues on silos of
ownership and bring together IT (including web
and/or mobile-focused teams), contact center,
marketing, and whoever owns social media and
the IVR. Self service on the mobile phone needs
to align with other self-service applications while
accommodating the unique characteristics of
each interface. Start by making sure to separate
the mobile website and/or app from the main
corporate website. A mobile app providing “visual
IVR” should be simpler than the voice equivalent.
And, of course, you’ve got to look at use cases
and address the transition to and integration
with the contact center when a customer needs
help. Our industry has a chance to get it right and
avoid the pain invoked for years as customers
move from IVR to agent, or web to chat session
or phone call.
Start by defining your strategy and requirements for the mobile application and its integration with the center. Then assess what you have
(because mobile builds on so many elements
of existing contact center technology), identify
gaps, and create a plan to close the gaps. Part of
that effort will include looking at the vendors with
whom you have relationships and their mobile
offerings. Look broadly across your ACD, IVR,
KM, desktop and CTI vendors, and understand
how your mobile solution will integrate with your
other platforms. This step may lead to technology
selection—with existing vendor partners and/
30 CONTACT CENTER PIPELINE [ NOV 2012
36 CONTACT CENTER PIPELINE DECEMBER 2012
THE GAME,
IN A NUTSHELL
to see the differences and determine the
approach that meets your needs across
functionality, technical design, speed,
resource demands and more.
The top things people are doing with
mobile today—or soon—and
the impact they can have:
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�
�
�
Boost self service with mobile
applications (if they aren’t in place
already).
Transition from mobile application
self service to assisted service with
an agent to offer a seamless, crossmedia experience from one device.
Support visual IVR to simplify
customer identification and assess
needs.
Offer Expected Wait Time (EWT) and
call-back options to reach an agent
without wasting time in queue.
Pass information from the mobile
phone to the agent to provide
context, shorten calls and improve
the customer experience.
Develop a new mobile application or
extend an existing mobile app into
the contact center through integration.
or new ones.
As you pursue your requirements and planning,
here are some key considerations:
�
�
Do you already have a mobile app, or will
this project trigger it? If the former, will
you add to or alter it? If not, will you build
a mobile app or buy a tool to build or
integrate it? You’ll also have to consider
the mobile app approach: native or webbased. If the project will trigger building
the app and/or interface, consider vendor
tools that include easy development
interfaces—e.g., a “what you see is what
you get” (WYSIWYG) approach that can
be done by non-programmers.
How will you integrate the mobile app
with the contact center, and what data
will you tap? Will you leverage your
IVR or web interface, or will it be direct
mobile app integration? Tackle security
issues and your ability to gather specific
identifiers to integrate with account or
customer-specific data, as well. Explore
architecture and integration with vendors
�
�
�
Consider the broad set of devices your
customers may use: iPhone, Android,
Windows, even Blackberry. Consider
use cases and issues unique to the
multimodal customer interaction. For
example, can users do multiple things
on the phone at once (e.g., work in app
while talking to customer service)?
Planning also must consider the media in
play. Beyond phone calls to and from the
mobile phone, will you consider mobile
chat or text messaging? How about
ties into your social media strategy for
Facebook and Twitter integration?
Don’t forget the performance optimization
elements of this additional media.
Reporting and analysis, quality, voice
of the customer and all the other
performance elements apply. Chances
are you can leverage your existing
technology and processes.
Get on the Move
Your customers are no longer tied to their landlines or the limitations of a clunky old telephone.
While this area is new and one of several hot
topics vying for limited attention, resources and
budget dollars, it is compelling and imminent.
It’s time to get departments together across the
enterprise, plunk down in the customer’s seat,
and play out the mobile scenarios that make
sense for your business. Then turn that role play
into a plan, working with vendors—old and new.
And if possible, ask your customers for input.
They’ll tell you it’s time to get moving.
Lori Bocklund is
Founder and President of
Strategic Contact.
[email protected]
(503) 579-8560
Reprinted with Permission
The View from the Saddle
SIMPLEXIFY
YOUR LIFE
Why simple things become
complex and how complex things
can be made simple.
By Paul Stockford, Saddletree Research
I
just got a new mobile phone. It’s a Samsung
Galaxy S III, which is supposed to be state-ofthe-art in terms of mobile communications.
I didn’t get an iPhone because iPhones aren’t
supported on the T-Mobile network and I’m not
really hung up on owning an iPhone anyway.
The Galaxy S III is supposed to do what the
iPhone does, but I don’t know for sure because
I’ve never owned an iPhone. I wonder, though, if
the iPhone is any easier to figure out than the
Samsung Galaxy.
As I searched my new phone in vain for a
simple ringtone that produces, of all things, a
ringing sound when I receive a phone call, I sort of
got nostalgic for the days when cell phones were
just phones and they were so small you could
slip them into your shirt pocket and not even
realize they were there. In fact, having a really
small mobile phone was, at one time, a status
symbol. I recall walking around the Call Centre
Expo shows in London during the late ‘90s and
early 2000s and looking with envy at the tiny
mobile phones being used by the mobile-forward
Europeans as I fumbled with my bulky Motorola
phone. I should have been more appreciative
of the size of my bulky Motorola back then. My
new Samsung Galaxy S III is roughly the size of
a salad plate.
My new mobile phone provides me access
to lots of sophisticated and complex applications, but it’s not nearly as easy to use as the
mobile phones that I used back in the day. Not
only is the size considerably greater than my old
phones were, so is the time it takes to find my
way around the settings and applications. While
the mobile communications world becomes
increasingly complex in design and operation,
an entirely different phenomenon is occurring
8
CONTACT CENTER PIPELINE
[
in the contact center industry due to a concept
known as simplexity.
According to Wikipedia, simplexity is an
emerging theory that proposes a relationship
between complexity and simplicity. Apparently
the term has been around for quite a while,
but the first time I heard it was at the Calabrio
User Group meeting in Scottsdale, Ariz., this past
September. The term was used in reference to
Calabrio’s workforce optimization solution, and
once I started looking into exactly what simplexity
means, the more I found it applied to Calabrio’s
and, by extension, Cisco’s contact center solutions.
To better understand how simplexity applies to
contact center solutions, consider the following
definition of simplexity as offered by computer
scientists Andrei Broder and Jorge Stolfi: “The
simplexity of a problem is the maximum inefficiency among the reluctant algorithms that
solve P. An algorithm is said to be pessimal for
a problem P if the best-cast inefficiency of A is
asymptotically equal to the simplexity of P.”
If that didn’t work for you either, let’s try this:
Simplexity addresses the question of why simple
things become complex and how complex things
can be made simple. While the former applies
to the mobile communications market, the latter
applies to the contact center industry. Simple
mobile communications are becoming increasingly complex while complex customer service
solutions are becoming increasingly simple in
terms of use.
Those of you who have been around for a
while will remember when workforce optimization solutions were relatively new and, while the
concept of integrated technologies that worked
together to optimize agent and contact center
performance looked good on paper, in practice
it wasn’t as easy as it sounded. Users were
constantly toggling between applications and
interfaces, each with separate menus, databases
and administrative requirements. The productivity gains and return on investment (ROI) were
significant enough that users tried to overlook
workforce optimization’s shortcomings in favor of
the operational enhancements it offered.
With the advent of the Web 2.0 framework
a few years ago, everything changed. Browserbased Web 2.0 workforce optimization, such as
the solution offered by Calabrio, has simplified
the once complex workforce optimization to the
point that customization has replaced complexity
and familiarity enhances simplicity. Customizable
user workspaces and a single user interface
define the simplexity of Web 2.0 workforce
optimization. Keeping in mind that Web 2.0 is
the basis of social media applications, it is easy
to understand how workforce optimization is
becoming about as difficult to use as Facebook.
Although I didn’t use the word “simplexity”
specifically, I recently wrote a paper on the simplification of workforce optimization through the
use of Web 2.0. If this is of interest to you, you
can download the paper at www.goo.gl/hKnMe.
As I scan the dozens of apps icons on my new
mobile phone and wax nostalgic about the days
when you could get a ringtone on the phone that
sounded like a phone ringing rather than a lame
Midi electronic rendition of a Justin Beiber song,
it seems to me that there are not only industry
lessons, but much more that can be learned from
how the contact center industry is simplifying
complex tasks while increasing efficiency and
productivity. If only I can figure out a way to
simplexify my life.
Paul Stockford
is Chief Analyst at
Saddletree Research,
which specializes in
contact centers &
customer service.
[email protected]
(480) 922-5949
NOV 2012
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DECEMBER 2012
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Tutti i titoli del 2012
Customer
Avete perso un numero? Potete chiedere l’arretrato!
Management
Risorse umane e cultura aziendale
Aprile Driving Continuous Improvement on the Front Line
Don’t Overlook “Overqualified” Applicants Maggio Making Work at Home Work
Get your House in order
to Become the Director of
Customer Experience
Giugno The Overtime Lie
Selezione del personale un
momento delicato
La voce come strumento di
lavoro
Luglio Reasons why employee engagement fails
Support your frontline leaders
Top four challenges faced by
workforce managers
Il conflitto dell’operatore di
Call Center, ovvero la doppia
l’ambiguità
Dalla pianificazione del
processo di selezione alla
pubblicazione dell’annuncio
Settembre Improving forecasting accuracy with cycle planning
Caro candidato, presentiamoci
Salute e sicurezza: come
tutelarle nei call center?
Ottobre Expanding the contact center’s reach
Optimize the agent desktop
Il colloquio individuale e
l’inserimento del candidato
Il telelavoro nel call center
Per la salute nei call center
Novembre Employee Engagement,
Core Competencies of Customer Experience Professional
Il percorso di formazione?
È un investimento a lungo
termine
Igiene generale e delle
postazioni lavorative nei call
centerr
Il percorso formativo nel call
center
Case study
Aprile
The Time Is Right for Time
and Motion
Lo Sportello per il Consumatore di Energia, una
best practice al servizio dei
cittadini
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
Maggio “Mi piace” il Servizio Clienti
via FB
Giugno Lombardia informatica: servizi
citizen-oriented
Luglio GOT-JUNK? 1-800
Sound Analytics in un contact
center del settore finanziario
Ottobre Camomilla Milano, accessori
ed emozioni, ma anche Crm
Novembre Telecom Italia, nuova vita
all’assistenza tecnica
Tecnologie per contact center
Aprile Got Insights? Ready for Action? Consolidated Reporting,
Scorecards and Analytics
Maggio Self service vocale e customer experience
Giugno Rendere eccellente la Customer Experience
Luglio Contact center technology
testing
Settembre Adding value with live chat
Take qa to the next level
Novembre Contact Center Technology
Monitoring
La gestione delle prestazioni
nei contact center: ambiti e
strumenti
Dicembre Call center, spaccato sul
mondo dell’offerta
Strumenti di misurazione
Aprile
Measures of WFM Team
Success
Maggio Set Your Sights on FCR
One and Done: First Contact
Resolution
Analyze the impact of Your
Qa Program
Behavior management and
Normalized Data Evaluation
Monitor your Customers to
Improve Customer Experience
Giugno Top Contact Center KPIs,
Settembre Customer effort, il tema
emergente della customer
experience
Dicembre Choosing The Right Metrics:
Avoid The 8 Common
Mistakes
Setting Performace
Objectives
The Biggest Problem With
Nps
Customer Effort Score
Marketing e CRM
Aprile Making Your Internal Customer Service as On-Brand as
Your External CS
l CRM: ancora questo sconosciuto
Maggio La comunicazione con il cliente sempre più multicanale
Giugno Fidelizzare i clienti con il
Marketing Relazionale
Settembre Acting on the voice of the
customer
How emotions drive a customer experience
Customer Survey. Un’intervista a Fred Van Bennekom
Da lead a cliente, e il gioco è
fatto
A cosa serve fare audit?
Ottobre Far lavorare i clienti è la nuova sfida
Social Media
Aprile The Voice of the Customer:
Where Social Media and
Business Intersect
Maggio Reputazione online: come
cambia il servizio al Cliente,
nell’era del web 2.0
Giugno Social Media in Today’s
Contact Center
Social Media Technology
Engages the Contact Center
Luglio Social Media: da passatempo
a strumenti per il business
Settembre Crisi sui Social Media: prevenire è meglio che curare
Ottobre Social Media: qualche idea
per convincere il management
Novembre Social Customer Care
I Social Media sono il nuovo
customer service?
Dicembre I Social Media? Non sono
solo Facebook
Ricerche
Aprile Il “governo” del contatto
Luglio Le imprese e il contatto multicanale con i clienti
Ottobre Contact Center. L’acquisizione di nuove tecnologie, la
loro implementazione e
il supporto successivo
Strategie e tendenze
Aprile Il rinnovamento del valore del
contact center per l’azienda e
le organizzazioni
Maggio Contact Center industry
Trends
Giugno Driving Customer Experience
across the Enterprise,
Ottobre Acting on customer insights
Dicembre Customer Experience
Reegineered
Mobile And Contact Center:
The Game Is Changing
Simplexify Your Life
I trend del marketing nel
2013
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