Daniel Quinn
The Story of B
Traduzione italiana non ufficiale di Dr. Jackal ([email protected]).
Le altre opere di Daniel Quinn sono disponibili nel sito:
NuovaRivoluzioneTribale.uphero.com
Per Goody Cable
e ovviamente per Rennie, sempre
Quando uno non vede ciò che non vede,
non vede nemmeno che è cieco.
Paul Veyne.
Parte Uno
Venerdì, 10 maggio.
Un diario.
Oggi sono sgattaiolato in uno spaccio e ho comprato un quaderno –
questo quaderno in cui sto scrivendo proprio ora. Chiaramente un
momento pregnante.
Non ho mai tenuto (né sono mai stato tentato di tenere) un diario di
alcun tipo, e non sono nemmeno sicuro che continuerò a tenere questo, ma
ho pensato che avrei fatto meglio a provare. Trovo che sia una faccenda
bizzarra perché, nonostante in teoria io stia scrivendo solo per me stesso,
mi sento fortemente spinto a spiegare chi sono e che cosa sto facendo qui.
Mi fa sospettare che tutti coloro che tengono un diario stiano in realtà
scrivendo non per se stessi, ma per i posteri.
Mi domando se ci sia un bambino nel mondo che non abbia, a qualche
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punto del proprio percorso di risveglio della coscienza, aggiunto nel
proprio indirizzo “Il mondo” e “L'Universo”. Avendolo già fatto (quasi tre
decadi fa), comincio questo diario scrivendo:
Sono Jared Osborne, un prete, assistente pastore, parroco della Chiesa
di St. Edward, appartenente all'Ordine di St. Lawrence, Chiesa Cattolica
Romana. E, avendo scritto ciò, mi sento obbligato ad aggiungere: non sono
un granché come prete. (Wow, questa faccenda del diario è roba forte!
Queste sono parole che non ho mai osato nemmeno sussurrare, neanche a
me stesso!) Senza esaminare la logica di questo troppo approfonditamente,
posso dire che è proprio perché non sono un granché come prete che sento
il bisogno di cominciare questo diario a questo punto della mia vita.
Questo è perfetto. È esattamente il punto da cui devo cominciare. Prima
che parli di qualunque altra cosa, devo mettere chiaro e tondo nero su
bianco chi sono e come sono arrivato qui, benché, grazie a Dio, non debba
andare indietro fino alla mia infanzia o cose del genere. Devo solo andare
indietro abbastanza da capire come sono finito coinvolto in una delle storie
più bizzarre dell'epoca moderna.
Poster di reclutamento: perché sono un Laurenziano.
Per lungo tempo, noi Laurenziani siamo stati definiti dalle nostre
differenze dai Gesuiti. Alcuni storici dicono che non siamo altrettanto
malvagi, altri sostengono che siamo ancora peggiori, e altri ancora dicono
che l'unica differenza tra noi e loro è che loro hanno un istinto migliore per
le pubbliche relazioni. Entrambi gli ordini vennero fondati più o meno
nello stesso periodo per combattere la Riforma, e quando quella battaglia
fu persa (o almeno finita), entrambi si ridefinirono come educatori d'élite.
E da dove vengono i piccoli Gesuiti e Laurenziani? Le reclute gesuite
vengono dalle scuole gesuite, e quelle laurenziane dalle scuole
laurenziane.
Io sono arrivato ai Laurenziani dall'Università di St. Jerome, il cuore
intellettuale dell'ordine negli Stati Uniti. Questo potrebbe spiegare perché
sono diventato un Laurenziano, ma ovviamente non spiega perché sono
diventato un prete. Tutto ciò che posso dire al riguardo è che le
motivazioni che diedi a me stesso quando avevo vent'anni ora non mi
sembrano più tanto buone.
La cosa importante da notare, qui, è che ero considerato una vera
promessa quando ancora dovevo laurearmi. Ci si aspettava che divenissi
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un altro gioiello nella corona... Ma, arrivato al dottorato, si era ormai
capito che ero tutto fumo e niente arrosto. Fui una grossa delusione per
tutti, soprattutto per me stesso, ovviamente. I miei superiori furono il più
gentili possibile al riguardo. Non sarei mai stato invitato a unirmi alla
facoltà della St. Jerome o a nessun'altra delle università dell'Ordine, ma si
offrirono di trovarmi un posto in una delle loro scuole preparatorie. O, se
non mi importava di venire umiliato fino a quel punto, di farmi lavorare in
una diocesi, nelle trincee parrocchiali. Scelsi quest'ultima opzione, il che è
come sono arrivato alla Chiesa di St. Edward.
Ho detto di non essere un granché come prete. Immagino che sia come
se un cavallo da lavoro dicesse di non essere un granché come cavallo
perché ci si aspettava che diventasse un cavallo da corsa ma non ci è
riuscito. La cruda verità è che non c'è bisogno di essere un granché per
diventare un parroco. Questa osservazione non è poi cinica quanto sembra:
dopotutto il prete è solo un mediatore della Grazia, non una fonte. Certo,
devi avere un temperamento equilibrato, paziente e tollerante delle
debolezze umane (il che dice molto), ma nessuno si aspetta che tu sia un
San Paolo o un San Francesco, e un sacramento che ti viene impartito dalle
mani di un completo balordo è efficace proprio quanto uno che ti arriva
dalle mani di un modello di virtù. Per come stanno le cose oggi, sei
considerato un maledetto tesoro nazionale se non sei un pedofilo o un
alcolizzato.
Padre Lulfre.
Sei giorni fa, mi è arrivato un messaggio dalla segretaria del preside
che mi chiedeva se potessi essere così gentile da presentarmi il mercoledì
successivo (l'altroieri) nell'ufficio di Padre Bernard Lulfre alle tre del
pomeriggio. Be', ora, questo era interessante.
Caro Diario, sono abbastanza sicuro che tu non sappia chi è questo
Bernard Lulfre, quindi devo illuminarti. In una parola, Pierre Teilhard de
Chardin era la superstar dei Gesuiti, e Bernard Lulfre è la nostra. Teilhard
de Chardin era un geologo e paleontologo, e Bernard Lulfre è un
archeologo e uno psichiatra. La differenza è che Teilhard de Chardin è
famoso in tutto il mondo, mentre Bernard Lulfre è conosciuto da circa
dieci persone (con nomi come Karl Popper, Marshall McLuhan, Roland
Barthes, Noam Chomsky e Jacques Derrida). Non importa. Per quelli che
respirano l'aria rarefatta della cima del mondo accademico, Bernard Lulfre
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è un peso massimo.
Quando studiavo alla St. Jerome, avevo scritto una tesi proponendo
che, per quanto la credenza in una vita dopo la morte possa aver causato la
nascita della pratica di seppellire i morti con le proprie cose, è altrettanto
plausibile che questa pratica abbia causato la credenza in una vita dopo la
morte. L'istruttore passò la tesi a Bernard Lulfre, pensando che avrebbe
potuto venire pubblicata in una delle riviste a cui era associato. Non lo fu,
ma questo mi portò all'attenzione del grand'uomo, e per una stagione venni
presentato come una giovane promessa alle feste di facoltà. Quando
cominciai il noviziato, un anno dopo, alcuni pensarono che fossi una sorta
di protetto, un equivoco che io stupidamente non scoraggiai affatto. Padre
Lulfre potrebbe aver seguito i miei progressi negli anni che seguirono, ma
se è così l'ha fatto da grande distanza, e quando la mia carriera accademica
cominciò a vacillare, la sua distanza venne interpretata (con
immaginazione altrettanto grande) come una rinuncia.
Nei cinque anni che hanno seguito la mia ordinazione, fino a quel
messaggio dal preside, non ho avuto alcuna notizia da Lulfre (né mi ero
aspettato di averne). Naturalmente ero curioso, ma non stavo esattamente
trattenendo il fiato. Non stava per chiedermi di andare al ballo con lui in
una carrozza. Probabilmente voleva chiedermi un piccolo favore di
qualche tipo. Forse qualcuno alla St. Jerome voleva sapere qualcosa di
qualcuno alla St. Edward, e ha detto: “Ehi, perché non chiediamo a Padre
Lulfre di contattare quel giovane Padre Osborne che lavora lì?”. Nessuno
avrebbe esitato a chiedermi di effettuare un po' di spionaggio per l'Ordine,
se fosse stato necessario. Abbiamo avuto il nostro servizio segreto privato
per secoli e lo consideriamo non meno valido dell'MI16 o della CIA.
(Siamo piuttosto orgogliosi dei nostri intrighi... In un modo molto
tranquillo, ovviamente. Durante le ultime decadi del regno di Elisabetta,
per esempio, il nostro “College Inglese” a Rheims infiltrò vari preti-spia in
Inghilterra per tenere vivo lo spirito di insurrezione tra i cattolici inglesi. Il
nostro colpo meglio riuscito risale al 1773, quando Papa Clemente XIV si
stava facendo degli scrupoli riguardo il distruggere i nostri vecchi amici
Gesuiti. Fu uno di noi a mostrargli come gestire la sua tenera coscienza e
svolgere il lavoro.) L'Ordine è la nostra madrepatria, dopotutto, e viene
dato per scontato che perfino in esilio non permetterei mai a qualche
meschina preoccupazione parrocchiale o diocesana di superare la mia
lealtà verso di esso. D'altro canto, se si fosse trattato di qualcosa di così
semplice, allora una telefonata sarebbe stata sufficiente. Più ragionavo
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sulla questione, più diventava intrigante.
Nell'ufficio di Padre Lulfre.
Nulla era cambiato nell'ufficio di Padre Lulfre rispetto a quando l'avevo
visitato l'ultima volta, dieci anni prima: era nello stesso angolo dello stesso
piano dello stesso edificio. Neanche Padre Lulfre era cambiato: ancora alto
un metro e ottanta, ampio come una porta, con una massiccia testa che
sembrava rozzamente intagliata nel legno e avrebbe potuto appartenere a
un camionista o a uno stivatore. Gli uomini come lui in qualche modo non
cambiano un granché fino ai settanta od ottant'anni, per poi appassire nel
giro di una notte.
Sono stato attorno ad abbastanza uomini brillanti da sapere che sono
raramente brillanti di persona, e Padre Lulfre non fa eccezione. Mi salutò
con calore poco convincente, chiacchierò con fare imbarazzato del più e
del meno per un po', e sembrava deciso a girare intorno alla questione per
ore. Sfortunatamente, io non ero dell'umore adatto, e dopo cinque minuti
scese un silenzio micidiale tra noi.
Con l'aria di uno che si prepara a un compito ingrato, disse: “Voglio che
tu sappia, Jared, che ci sono molti uomini nell'Ordine che sanno che sei in
grado di fare più di quello che ti è stato chiesto.”
Be', caspita, avrei voluto dire, ma mi trattenni. Mormorai qualcosa su
quanto mi sentivo onorato, ma immagino di non essere riuscito a tenere del
tutto l'ironia fuori dalla mia voce.
Padre Lulfre sospirò, evidentemente capendo che il compito sarebbe
stato più ingrato del previsto. Decisi di aiutarlo e gli dissi: “Se ha un
incarico diverso da propormi, Padre, non deve di certo essere timido. Ha
un uomo con le orecchie ben aperte qui.”
“Grazie, Jared, lo apprezzo”, rispose, ma sembrava ancora riluttante a
continuare. Alla fine disse, in modo piuttosto rigido, come se si aspettasse
di non venire creduto: “Ti ricorderai dello speciale mandato del nostro
ordine.”
Per un momento mi limitai a fissarlo senza espressione. Poi
naturalmente mi ricordai.
Il mandato riguardo l'Anticristo.
Il “Mandato Speciale”.
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Studiando la storia dei Laurenziani, ogni novizio impara che lo statuto
originale del nostro Ordine include un mandato speciale riguardo
l'Anticristo, spronandoci a essere costantemente vigili. Noi dobbiamo
sapere prima di chiunque altro se l'Anticristo è tra noi e, se possibile,
dobbiamo distruggerlo.
Nell'epoca in cui il mandato fu scritto, naturalmente, veniva dato per
scontato che l'identità dell'Anticristo fosse una questione chiusa: si trattava
di Lutero e della sua compagnia infernale. Mentre questa conclusione
diveniva sempre meno sicura, i Laurenziani cominciarono a discutere tra
di loro riguardo le modalità con cui il mandato doveva essere svolto. Se
dovevamo essere vigili, per che cosa dovevamo esserlo? Per la metà del
diciassettesimo secolo, chiunque in Europa aveva sentito così tante
persone accusate di essere l'Anticristo da essere esasperato dall'intera
faccenda, e le speculazioni sulla sua identità divennero ciò che sono ancora
oggi: roba per fanatici religiosi... Eccetto che tra i Laurenziani, che
silenziosamente svilupparono una propria peculiare (e non sanzionata)
teologia dell'Anticristo.
L'Anticristo ci è noto da una profezia di Giovanni, che scrisse nella sua
prima lettera: “Bambini, è l'ora finale. Vi è stato detto che l'Anticristo sta
arrivando, e ora non uno ma una moltitudine di Anticristi sono comparsi,
cosicché non c'è più dubbio che l'ora finale sia giunta.” Quando quest'ora
finale non arrivò durante la vita dei contemporanei di Giovanni, i cristiani
di ogni generazione successiva cercarono segni dell'Anticristo nella
propria epoca. All'inizio guardarono a persecutori della Chiesa,
principalmente Nerone, che ci si aspettava sarebbe tornato dai morti per
continuare la sua guerra contro Cristo. Quando la persecuzione romana
finì, l'Anticristo degenerò in una sorta di mostro da fiaba popolare, un
enorme uomo nero con occhi iniettati di sangue, zanne di ferro e orecchie
d'asino.
Mentre il Medioevo terminava e sempre più persone divenivano sempre
più disgustate dalla corruzione della Chiesa, il papato stesso cominciò a
venire identificato con l'Anticristo. Alla fine, papi e riformisti passarono un
secolo etichettandosi a vicenda con questo titolo. Quando i Laurenziani,
con il loro mandato speciale, cominciarono a riconsiderare la faccenda nei
secoli che seguirono, tornarono indietro fino ai fondamenti e presero nota
del fatto che le profezie raramente sono predizioni letterali di eventi futuri.
Spesso non sono nemmeno riconosciute come profezie finché non si
verificano. Numerosi esempi di questo avvengono nel Nuovo Testamento,
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dove eventi nella vita di Gesù sono descritti come la realizzazione di
antiche profezie che non erano state necessariamente considerate profezie
da coloro che le avevano pronunciate.
I teologi Laurenziani ragionarono in questo modo: se le profezie
riguardo Cristo hanno dovuto attendere di venire realizzate per essere
comprese, perché non potrebbe essere lo stesso con le profezie
sull'Anticristo? In altre parole, non possiamo sapere di cosa Giovanni
stesse parlando finché non si verificherà davvero, quindi l'Anticristo sarà
sicuramente differente da qualunque cosa immaginiamo che possa essere.
Se qualcuno vi dice che Saddam Hussein è l'Anticristo (ed è stato in
effetti nominato per questo onore), avete assolutamente ragione a ridere.
L'Anticristo non sarà una sorta di Hitler o Stalin peggiorato, perché
sarebbe la stessa cosa portata a un livello più alto: sessanta milioni di morti
anziché sei milioni. Se decidete di essere vigili verso l'Anticristo e non
solo verso un cattivo ordinario, dovete attendervi qualcosa appartenente a
un ordine di pericolosità completamente diverso.
E qui è dove le cose sono arrivate oggigiorno, alla fine del secondo
millennio. Ma non esattamente. Questa è solo la versione ufficiale, e
l'impressione che si riceve durante il noviziato tra i Laurenziani è che la
faccenda dell'Anticristo sia morta e sepolta, e che lo sia stata per quasi due
secoli.
Quello che avevo appena saputo da Padre Lulfre era che
quest'impressione era falsa, incoraggiata come parte di una precisa politica
verso i novizi, principalmente per scoraggiare chiacchiere che avrebbero
potuto diventare una storia imbarazzante per la stampa sensazionalista. La
politica funziona. Tra i ranghi inferiori dell'Ordine, l'argomento
dell'Anticristo non viene quasi mai fuori. Ai livelli più alti, comunque,
viene ancora mantenuta una discreta sorveglianza. Molto raramente, forse
una volta ogni cinquant'anni, spunta un individuo preoccupante, e
qualcuno dell'Ordine viene mandato a dare un'occhiata.
Qualcuno come me. Qualcuno esattamente come me.
Il candidato.
Il candidato era un certo Charles Atterley, un americano quarantenne,
una sorta di predicatore itinerante che aveva girato gli stati centrali europei
per un decennio, raccogliendo un seguito piuttosto ampio ma
disorganizzato che sembrava ignorare ogni differenza demografica.
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Includeva giovani, vecchi e chiunque nel mezzo, entrambi i sessi in
numero più o meno uguale, cristiani ed ebrei, chierici di una dozzina di
religioni diverse (inclusa la Chiesa Cattolica Romana), atei, umanisti,
rabbini, buddisti, ambientalisti radicali, capitalisti e socialisti, avvocati ed
anarchici, liberali e conservatori. Gli unici gruppi notevolmente
sottorappresentati erano gli skinheads, i fanatici religiosi e i marxisti
impenitenti.
Il messaggio di Atterley sembrava difficile da riassumere ed era
tipicamente definito “sconvolgente” da chi ne rimaneva favorevolmente
impressionato, e “incomprensibile” da chi non lo era. Dissi a Padre Lulfre
che non capivo cosa lo rendesse pericoloso.
“A renderlo pericoloso”, disse, “è il fatto che nessuno riesce a
catalogare lui o il suo prodotto. Non sta vendendo meditazione, o
satanismo, o venerazione di una dea, o guarigioni miracolose, o
spiritualismo, o Umbanda, o parlare in lingue sconosciute o qualunque
altra stupidaggine New Age. Apparentemente, non sta proprio vendendo
nulla, e questo è inquietante. Sai sempre dove un uomo vuole arrivare
quando sta accumulando milioni. Atterley non è un altro esempio di un
modello già familiare, come David Koresh, il Reverendo Moon, Madame
Blavatsky o Uri Geller. In effetti, il modo in cui si presenta e il suo stile di
vita ricordano più Gesù di Nazareth che chiunque altro, e anche questo è
inquietante.”
“Capisco che sia inquietante”, dissi. “Ma non pericoloso.”
“La gente sta ascoltando, Jared... Forse qualcosa di decisamente nuovo.
Questo lo rende pericoloso.”
Questo lo capivo.
Chiunque pensi che la Chiesa sia aperta a nuove idee, vive nel mondo
dei sogni.
L'incarico.
Atterley al momento si trovava a Salisburgo, disse Padre Lulfre. Io
avrei dovuto andare lì, ascoltare, osservare e fare rapporto. Quando chiesi
chi sarebbe stato il mio contatto europeo, mi venne risposto che non ce ne
sarebbe stato nessuno. Non avrei dovuto contattare nessuno dell'Ordine in
nessuna circostanza. Avrei viaggiato sotto mio nome, senza tenere segreto
il fatto che ero un prete ma neanche gridandolo ai quattro venti. Avrei
indossato vestiti civili, come se fossi stato in vacanza.
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“Perché non se ne occupa qualcuno in Europa di questa faccenda?”
chiesi.
“Perché Atterley è americano.”
“Ma si sta rivolgendo agli europei.”
“Non essere sciocco, Jared. L'Europa è soltanto una prova. Per quanto
gli Stati Uniti abbiano perso parecchio del proprio smalto negli scorsi
decenni, sono comunque ancora loro a decidere cosa va di moda. Niente
prenderà davvero piede da nessuna parte finché non lo farà qui. Atterley lo
sa, se è brillante solo la metà di quanto la gente pensa che sia, e quando
sarà pronto per noi verrà qui, puoi esserne certo. E questo è il motivo per
cui andrai in Europa: vogliamo essere pronti per lui prima che lui sia
pronto per noi.”
“Sembra che lei prenda questa faccenda molto sul serio.”
Padre Lulfre scrollò le spalle. “Se non la prendessimo sul serio, tanto
varrebbe non occuparcene proprio.”
Dopo aver discusso di alcune questioni pratiche, come agenzie di
viaggi e carte di credito, mi alzai per andarmene, ma in mente avevo una
pesante domanda che mi fece trascinare i piedi. Arrivato alla porta,
finalmente la lasciai uscire.
“E che succede dopo? A me, intendo.”
Ci rifletté per un minuto, poi mi chiese cosa io avrei voluto che
succedesse.
“Non lo so”, dissi. “Se pensa che sia sprecato alla St. Edward, allora
qual è il piano? Stava pensando di rimandarmi indietro e sprecarmi un
altro po'?”
“Hai ragione a farmi questa domanda”, disse, come se non lo sapessi
già, “Non c'è nessun piano del genere, ma credo che sia ovvio senza
bisogno di dirlo che questo segnerà l'inizio di qualcosa di nuovo per te.”
“Preferirei sentirlo dire chiaramente lo stesso, Padre Lulfre.”
“Lo hai già sentito da me, Jared. Non basta?”
Non mi sarebbe dispiaciuto sentirlo dire anche da qualcun altro, ma lui
non si offrì di renderlo possibile e io non volli essere pedante al riguardo,
così gli dissi che certo, bastava.
La fine dell'inizio.
Tutto questo è avvenuto l'altroieri. Ieri e oggi li ho passati cancellando
appuntamenti, distribuendo i miei compiti alla parrocchia, sistemando
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questioni di viaggio e aggiornando questo diario. Ho qualcos'altro in mente
che dovrebbe andare qui (forse parecchio), ma non so esattamente di che si
tratta e non avrò il tempo di capirlo finché non sarò sull'aereo che mi farà
attraversare l'Atlantico.
Martedì, 14 maggio.
Salisburgo.
Se foste una spia professionista in un libro di Len Deighton o John Le
Carré e veniste mandati a dare un'occhiata a un uomo a Salisburgo, molto
probabilmente lo trovereste a Salisburgo. La vita reale è meno affidabile.
Charles Atterley non è a Salisburgo. Da quello che ho potuto scoprire in
due giorni, non è mai stato qui e non ci si aspetta che arrivi. In effetti,
nessuno lo ha mai sentito nominare.
Salisburgo, comunque, è molto graziosa e piena di fascino del vecchio
mondo, e i locali continuano a ripetermi: “Il suo amico probabilmente la
sta aspettando a Monaco.” Lo fanno suonare come se Monaco sia piena
zeppa di amici americani che sono stati dirottati lì per sbaglio da
Salisburgo, e uno di loro debba essere il mio.
Tanto vale che vada a dare un'occhiata.
Giovedì, 16 maggio.
Monaco.
Non ho trovato traccia di Atterley qui, e comincio a sentirmi piuttosto
stupido. Non sono venuto in Europa preparato a giocare al detective, e non
ho indizi né contatti da nessuna parte.
Sono però riuscito a trovare una bibliotecaria amichevole con un
computer che ha dedicato una mezz'ora al problema, ma non puoi arrivare
molto lontano quando non hai nulla da cui partire. Che puoi fare dopo aver
controllato tutti i giornali in archivio fino a risalire al Putsch di Monaco?
Chiedi al concierge, immagino. Il concierge sa tutto. Ma che fai dopo che
il concierge ti restituisce un'occhiata vacua?
Immagino che dovrei chiamare e conferire con Padre Lulfre, ma non è
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un'idea che mi piaccia.
Fino a ora mi sono comportato in modo piuttosto compulsivo (anche se
forse non è la parola che sto cercando). Ho agito come se avessi potuto
trovare Charles Atterley tramite pura e semplice determinazione. Questa
tattica di sicuro non ha funzionato, e provarla mi ha fatto sentire inetto ed
ridicolo.
Questi che seguono sono fatti: non mi è stata data una scadenza,
nessuna particolare urgenza connessa alla mia missione, e non ho idea di
cosa fare. Ergo (ergo!) tanto vale che mi rilassi e segua la corrente per un
po'.
Adieu.
Un invito.
Uscii a farmi una passeggiata.
Non sono, in realtà, un viaggiatore avventuroso. Come ho detto, uscii a
farmi una passeggiata nelle vicinanze del mio hotel e guardai le vetrine dei
negozi. Mi fermai qua e là per studiare un menu nella finestra di un
ristorante, come se sapessi cosa significassero quelle scritte. Così passò
un'ora, come un vagabondo spensierato. Tornai all'hotel e gironzolai
intorno alla reception nell'assurda speranza che qualcuno mi dicesse che
era arrivato un messaggio durante la mia assenza. Alla fine, scoraggiato,
mi diressi al bar, mi sedetti a un tavolo e ordinai una birra. Dopo alcuni
minuti, il barista mi portò una ciotola di noccioline salate e disse che il
gentiluomo al bancone si stava chiedendo se fossi americano e, in quel
caso, se mi avesse dato fastidio che si unisse a me.
Il gentiluomo al bancone era un esile sessantenne con gli occhi vivaci,
europeo, a giudicare dal suo datato ma rispettabile completo. Mi chiesi
perché avrebbe voluto unirsi a me se fossi stato un americano ma,
presumibilmente, non in caso contrario, ma gli feci un cenno e un sorriso e
lui portò il suo bicchiere al mio tavolo, presentandosi con teutonica
formalità, e si sedette.
Ero pronto per un po' di comprensione e di suggerimenti, e Herr
Reichmann non dovette strapparmi le unghie per farmi parlare della mia
ricerca di un individuo chiamato Charles Atterley (benché, ovviamente,
non una sillaba della parola Anticristo mi attraversò le labbra). Avevo già
inventato una fragile ma apparentemente efficace storia per spiegare
questo mio interesse: sono uno scrittore freelance che sta facendo ricerche
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su di un uomo che pare stia guidando un nuovo movimento religioso.
“Una nuova religione?”, indagò Herr Reichmann con divertita
incredulità. “Sa, noi europei non siamo creduloni come voi americani, con
i vostri angeli e cristalli magici.”
“Esatto”, replicai. “Ecco perché Atterley è così significativo.”
Continuammo a chiacchierare educatamente del più e del meno per
qualche minuto, poi Reichmann tacque e fissò con aria pensierosa un
lontano angolo della stanza. “Posso metterla in contatto con qualcuno
molto più significativo di questo Atterley”, disse, “ed è possibile che un
membro della sua cerchia potrà consigliarla.”
“Gliene sarei davvero molto grato”, gli dissi con sincerità.
Scrisse un nome su un sottobicchiere e me lo passò dicendo: “Der Bau,
alle nove di stasera. Il concierge potrà darvi indicazioni.”
Si alzò e cominciò ad allontanarsi, poi improvvisamente si voltò e fece
un inchino.
“Si faccia disegnare una mappa”, disse.
Alcuni minuti dopo porsi obbedientemente il sottobicchiere al
concierge e gli chiesi indicazioni e una mappa. Lui considerò la mappa non
necessaria, ma ne disegnò una controvoglia quando insistetti. Gli chiesi
cosa fosse un Bau.
“Un Bau è un tunnel”, rispose. Poi, dopo averci riflettuto un attimo:
“No, mi sono sbagliato. Un Bau è come... Come un nascondiglio
sotterraneo.”
“Una catacomba?”
“No, il nascondiglio di un animale.”
“Una tana?”
“Ecco, sì. Una tana.”
Nella tana.
Non posso immaginare che un posto come Der Bau esista in nessuna
parte del Nuovo Mondo, benché possano esserci posti creati appositamente
per assomigliargli. Quando venne costruito, non lontano dal Karlstor, nel
1330, era la cantina del palazzo di un nobile. Il livello delle strade intorno
al palazzo salì gradualmente nei secoli seguenti, trasformando il piano
terra in una cantina e la cantina in un sotterraneo. Durante la Seconda
Guerra Mondiale, il sotterraneo ospitò le cose di valore di chiese e musei
vicini. In seguito il palazzo andò in rovina fino al 1958, quando fu raso al
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suolo e rimpiazzato da una struttura commerciale. Il sotterraneo venne
preservato come Der Bau, un locale di cabaret di tipo classico, ossia un
laboratorio alcolico di esperimenti artistici e intellettuali, piuttosto che un
luogo di intrattenimento popolare. Era accessibile dall'atrio del nuovo
edificio attraverso una serpeggiante scalinata che sembrava scendere nelle
viscere della Terra.
All'entrata, una piacevole giovane donna cercò di persuadermi che ero
arrivato nel posto sbagliato e che mi sarei divertito molto di più da
qualunque altra parte a Monaco. Insistetti che sapevo dove mi trovavo ed
ero stato specificamente invitato all'evento di quella sera. Il nome
Reichmann la lasciò impassibile, ma quando vide che non mi sarei fatto
dissuadere mi accompagnò allegramente all'interno.
La stanza era, naturalmente, scura come il fondo di un abisso, ma
fortunatamente senza i soliti tavoli bohémien con candelabri accesi. Il
soffitto, sorprendentemente alto cinque o sei metri, brulicava di luci al
momento quasi spente ma capaci di produrre l'illuminazione di un
mezzogiorno. Le dimensioni della stanza erano difficili da giudicare, dato
che i suoi confini scomparivano nella penombra, ma non doveva essere più
ampia di trenta metri quadrati.
Un palco basso e rotondo girava lentamente al centro della stanza sotto
un padiglione fisso formato da schermi televisivi. Al centro del palco si
trovava un incrocio tra un pulpito e una tastiera di computer. Mi feci strada
verso il palco finché non trovai un posto libero a un tavolo non molto più
grande del mio blocco per gli appunti. Uno dei segreti del mio passato
successo come studente era l'abilità di ascoltare una lezione mentre la
scrivevo parola per parola in stenografia. Avevo perfezionato questo trucco
al punto da riuscire a eseguirlo al buio (come avrei dovuto fare stanotte) e
senza nemmeno doverci pensare. Dopo aver ultimato i preparativi,
comunque, mi chiesi se non stessi facendo una fatica inutile. Herr
Reichmann non aveva lasciato in alcun modo supporre che la lezione di
stanotte sarebbe stata in inglese. E, in effetti, perché avrebbe dovuto? Mi
guardai intorno per cercare qualcuno a cui chiederlo, ma decisi
rapidamente che preferivo non rivelare di essere tanto stupido da assistere
a un discorso in una lingua sconosciuta. Non conoscevo nemmeno il nome
dell'oratore, santo Dio.
Questi pensieri irritanti si interruppero quando le luci sotto il padiglione
si intensificarono, segnalando l'arrivo dell'uomo in questione. L'arrivo di
un uomo e di una donna, per la precisione. Salirono sul palco e l'uomo
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prese posto dietro il pulpito e si dedicò alla tastiera. Mentre lavorava con
silenziosa concentrazione, ignorando il pubblico, mi ricordò un grande
uccello da preda, con il suo vestito nero, occhi penetranti e naso aquilino.
Mi ricordò anche un gargoyle, con i suoi ampi zigomi e la bocca larga, e
un gangster parigino che avevo incontrato una volta a una festa e che
citava Augustine e Schopenhauer e portava sul volto i segni di un passato
terribile. Pensai che sembrava essere all'inizio o a metà dei suoi
quarant'anni.
La donna – alta, fisico atletico, sui trent'anni – prese posizione al lato
opposto del palco, rivolta verso il pubblico. Indossava jeans infilati dentro
stivali, una maglietta nera di seta e una giacca di cuoio fulvo che
rimandava al colore dei suoi capelli, legati in una coda di cavallo. Osservò
solennemente la folla. Mentre il palco girevole la portava lentamente sul
mio lato della stanza, vidi che aveva uno straordinario tatuaggio in mezzo
al viso – una farfalla rossa. A giudicare dalla sua carnagione e dalle sue
caratteristiche esotiche, qualcuno dei suoi genitori o nonni doveva averle
dato del sangue africano, asiatico o sudamericano.
Improvvisamente lo schermo prese vita, mostrando le parole:
LA GRANDE AMNESIA
L'uomo concesse al pubblico un momento per leggerle, poi cominciò a
parlare.1 Sentii gli occhi della donna su di me mentre anche lei cominciava
a parlare... Con il linguaggio dei segni.
Quasi dalla prima parola che pronunciò, seppi che ero stato ingannato –
misteriosamente e gratuitamente. Quest'uomo non poteva essere altri che
Charles Atterley. Lo sapevo non per qualche motivo logico, anche se la
logica fece sicuramente la sua parte. Che fosse americano era fuor di
dubbio. Questo era sufficiente. Non era possibile che due diversi
predicatori americani stessero diffondendo idee rivoluzionarie in Europa
centrale nello stesso momento.
Mi sembra strano adesso, dopo gli eventi, che questa rivelazione mi
irritasse tanto. Non riuscivo semplicemente a immaginare perché Herr
Reichmann si fosse preso il disturbo di ingannarmi. Mi sembrava del tutto
insensato, ed era stata quell'insensatezza a sconcertarmi. Fortunatamente, il
mio addestramento non mi tradì. Anche se il mio cervello era in stallo, le
1
Il testo di questo discorso può essere trovato a pagina 206.
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mie mani continuarono a lavorare. Le parole di Atterley comparvero sulla
pagina come per magia, come se fossero state scritte in inchiostro
simpatico e il movimento della mia penna le stesse rendendo visibili. Mi
accorsi che stavo guardando la mia mano quando si fermò
improvvisamente, perché Atterley si era fermato. Guardai in alto e vidi una
nuova frase sullo schermo:
IN VERITA' VI DICO...
ANCORA, E ANCORA, E ANCORA
Per qualche motivo, questo riuscì a scuotermi dalla mia trance. Avevo
perso i primi quattro o cinque minuti del discorso di Atterley, ma
naturalmente non li avevo persi completamente. I minuti erano lì, come
una sorta di eco che potevo ascoltare all'indietro per ottenere il senso
generale del suo discorso.
Atterley stava parlando di questioni importanti per la mia vita e ancora
di più per il mio lavoro... E non mi piaceva cosa stavo sentendo. Questo
non perché fossero cose non vere, ma per la ragione opposta: perché erano
vere e io non le avevo capite. Stava facendo acute osservazioni su
fenomeni a cui avevo assistito migliaia di volte ma su cui non avevo mai
pensato di riflettere. Avevo vissuto come un cavallo da corsa all'ippodromo
di Ascot: il cavallo non è per nulla impressionato se riceve una visita da
parte della Regina, ma questo non perché è un repubblicano, ma perché è
un idiota.
Tutto ciò che Atterley stava dicendo era ovvio e allo stesso tempo del
tutto nuovo. Questo lo rendeva esasperante, perché ciò che è ovvio
dovrebbe essere vecchio, ben noto, noioso e scontato. Guardai le persone
intorno a me e vidi che erano rapite dalle parole di Atterley. Avrei voluto
prenderli a calci, agguantarli per i capelli, scuoterli e urlare: “Perché stai
ascoltando con tanta attenzione queste cose? Le conosci! Avresti potuto
capirle da solo!”
Ma non l'avevano fatto... E non l'avevo fatto neanch'io.
Il palco ruotò, portandomi davanti prima Atterley e poi la donna, che
parlava a gesti. In breve arrivai a odiare vederli andare e venire... Loro due
insieme erano molto peggio che ognuno di loro preso singolarmente.
Odiai vederli andare e venire, ma odiai anche loro, per quello che
stavano facendo. Mi stavano dimostrando che ero esattamente come quel
cavallo all'ippodromo. Posso anche scuotere la testa e atteggiarmi a
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campione, ma quando si arriva al sodo non riesco nemmeno a distinguere
tra la Regina d'Inghilterra e uno stalliere.
Avevano trovato un punto dolente in me che non sapevo nemmeno
esistesse, e li detestai per questo. Andarono avanti per altri quaranta minuti
circa. Ascoltai tutto e mi rifiutai di comprendere una singola parola,
nonostante la mia mano continuasse a mettere tutto per iscritto. Poi
improvvisamente lo schermo si oscurò, le luci sul palco si affievolirono e
Atterley e la sua amica scesero nell'oscurità.
Uscii di lì come un ubriaco che si era appena ricordato dove aveva
nascosto una bottiglia. In effetti mi serviva proprio un goccio, ma non
volevo prenderlo al mio hotel, dove avrei potuto incappare nuovamente in
Herr Reichmann.
Nessun problema. Monaco è una città molto grande, piena di alcool.
Venerdì, 17 maggio.
Conseguenze.
Probabilmente ho rovinato tutto, anche se forse non in modo
irrevocabile. Sono venuto, ho visto e sono scappato. Ovviamente non
muoio dalla voglia di riferirlo a Padre Lulfre.
E, altrettanto ovviamente, devo tornare sulle tracce di Atterley.
Più tardi.
Herr Reichmann non è registrato all'hotel, e il barista che ci aveva
presentato disse che non lo aveva mai visto prima. Non mi aspettavo
davvero che sarebbe stato semplice. Il concierge cercò informazioni su Der
Bau e scoprì che apre alle tre del pomeriggio, informazione che si
dimostrò falsa o superata. Aprì – riluttantemente, mi sembrò – intorno alle
cinque e mezzo. Lo staff di questo evento non conosceva abbastanza
inglese per essermi di aiuto, ma riuscirono a comunicarmi che mi
avrebbero mandato un tale di nome Harry se mi fossi seduto e avessi
aspettato per un'oretta.
Mi sedetti e aspettai per un'oretta e, abbastanza sorprendentemente, mi
mandarono qualcuno di nome Harry, che si rivelò essere un inglese o forse
un tedesco che aveva studiato in Inghilterra. Gli dissi che stavo cercando
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Charles Atterley.
“Il nome non mi è familiare, mi dispiace”, disse Harry.
“L'uomo che ha parlato qui la notte scorsa”, precisai io.
“Ah. È così che si chiama?”
Lo guardai incredulo. “Non conosce il suo nome?”
“Non conoscevo quel nome.”
“Che intende dire?”
Harry scrollò le spalle. “Il nome che conosco io potrebbe non essere
proprio un nome. È conosciuto come B.”
“B? B come bambino?”
“Esatto.”
“Perché si fa chiamare così?”
Harry mi fece il tipo di sorriso che si riserva a un bambino che fa
domande sugli elfi di Babbo Natale. Gli chiesi dove avrei potuto trovarlo.
“Non ne ho proprio idea”, disse Harry.
“Sa dove potrebbe parlare la prossima volta?”
“No.”
Riflettei per un momento. “Come ha fatto a prenotare qui a Der Bau?”
Harry aggrottò la fronte come se stessi oltrepassando il confine tra
curiosità e arroganza. “Questo non è il Caesar Palace, amico mio. Gli
accordi vengono presi in ogni modo, solitamente molto informale. Non
facciamo vere e proprie prenotazioni o ingaggi.”
“Ma dovete aver avuto un modo per contattarlo...”
“Potremmo, e se mi puntasse una pistola alla testa potrei anche riuscire
a scoprirlo, ma altrimenti non credo che ci riuscirei”, scrollò di nuovo le
spalle. “Le cose stanno così. Questo non è un istituto di ricerca per persone
scomparse, e io ho altre cose da fare.”
Gli dissi che capivo, lo ringraziai comunque e mi alzai per andarmene.
“Torni più tardi”, disse Harry. “Si trovano sempre persone desiderose di
parlare se gli si offre da bere, e qualcuno nella folla potrebbe sapere più di
me su questo tizio.”
Lo ringraziai nuovamente e tornai all'hotel.
Stando seduto qui nella mia stanza – e camminando avanti e indietro e
guardando fuori dalla finestra – mi è improvvisamente venuto in mente
che quando gli eroi delle favole non sanno cosa fare, si limitano a sedersi e
piangere. Nelle stesse circostanze, un eroe moderno malmenerebbe
qualcuno o si ubriacherebbe, ma non si limiterebbe mai a starsene seduto a
17
frignare.
Ho letto abbastanza storie di detective da sapere che dovrei andare a
estrarre informazioni da qualcuno, ma da chi?
Seduto qui fissando il mio blocco per gli appunti, alla fine mi sono
accorto che c'è una cosa che ho finora accuratamente evitato di fare:
leggere la lezione che ho scritto l'altra notte al Der Bau. Ammetto di avere
una forte riluttanza al riguardo.
Fatto interessante: mi ricordo il titolo del discorso (La Grande
Amnesia), ma mi sono scordato cos'è questa Grande Amnesia. Non l'ho
davvero dimenticato, ovviamente, ho solo chiuso la mia memoria su
questo argomento, e questo significa che...
Salvato dal telefono. Come si supponeva che avvenisse. Quando l'eroe
sta seduto a piangere perché non sa cosa fare, l'universo delle favole
manda degli aiutanti magici. Il mio non era stato di sicuro magico, ma
misterioso certamente. Credo di poter trascrivere tutto parola per parola.
IO: “Pronto.”
LUI: “Padre Osborne?”
IO: “Sì. Chi è?”
LUI: “Che accidenti crede di fare?”
IO: “Cosa?”
LUI: “Capisce cosa dovrebbe fare qui?”
IO: “Ma chi è?”
LUI: “Mi era stato fatto credere che avrei avuto a che fare con qualcuno
almeno marginalmente competente.”
Era impossibile non cogliere il tono della conversazione, e io stavo
sicuramente avendo la peggio. Cercai di arrangiare una linea di difesa.
IO: “Non so chi lei sia o chi l'abbia nominata mia baby-sitter, ma io so
chi sono. Sono un prete di campagna. Se si aspettava James Bond, o è stato
ingannato o si è ingannato da solo.”
LUI: “Essere un prete di campagna significa essere in coma?”
IO: “Mi dispiace di averla delusa.”
Così dicendo gli attaccai in faccia, qualcosa che non credo di aver fatto
fin dalle scuole medie. Non esiste mossa migliore quando hai le spalle al
muro. Come previsto, richiamò immediatamente.
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“La ragazza è malata”, mi disse come se non fosse successo nulla. “La
ragazza sta morendo.”
“Cosa?”, per un secondo pensai che mi stesse dando una parola
d'ordine di qualche tipo. Forse avrei dovuto rispondere con: “Ma le rondini
torneranno a Capistrano comunque.” Fortunatamente mi ripresi e dissi:
“Intende quella che stava parlando a gesti?”
“Certo. Non l'ha vista in faccia?”
“L'ho vista. Non avevo capito che fosse... Cos'è, Lupus? Il Lupus non è
mortale, vero?”
“È scleroderma, o forse una malattia degenerativa mista. Sono tutte
nella stessa famiglia del Lupus. È una malattia autoimmune, degenerativa,
incurabile.”
“Va bene. E che cosa dovrei fare con questa informazione?”
“Radenau ha un centro di ricerca dedicato allo studio e al trattamento
delle malattie degenerative. Ecco cosa stanno facendo in Europa centrale.
Radenau è il centro del cerchio, novanta chilometri a sud di Amburgo.”
“Quindi cosa sta dicendo? Quando non so cosa fare dovrei andare a
Radenau?”
“Quando non sa cosa fare, si ricordi che Radenau è il centro del
cerchio.”
“Qualcuno avrebbe anche potuto dirmelo dall'inizio.”
Il mio interlocutore sospirò. Lo fece sembrare quasi umano. “Qualcuno
avrebbe potuto dirlo anche a me, ma nessuno l'ha fatto. L'ho scoperto da
solo.”
Questo non mi fece piacere, ma riuscii a tenermelo per me. “Tutto
questo mi riporta alla mia domanda iniziale: chi diavolo è lei? E se ha il
compito di occuparsi di questa faccenda, che ci faccio io qui?”
“Lei dovrebbe aprire la strada e io dovrei seguirla. Non dovrebbe
nemmeno sapere che sono qui.”
“Perché non dovrei saperlo?”
“Non lo so. Forse l'idea è di non mettere troppo alla prova le sue
capacità di dissimulazione. O forse l'idea è di spingerla a mostrare
un'ombra di iniziativa.”
“Vaffanculo, Charlie”, dissi. Alcune persone rimangono sconcertate
quando sentono un prete parlare volgarmente come un ragazzino, ma
questa si limitò ad aspettare. “Ascolti”, gli dissi, “non sono un detective.
Lo ammetto. Un po' di aiuto non mi dispiacerebbe.”
“Non da me. Esca di lì e faccia qualcosa.”
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Il telefono divenne muto.
Lavoro da detective.
Tirai fuori la mia mappa, e questo mi aiutò parecchio. Intorno a
Radenau c'erano cinquanta grandi città dove B avrebbe potuto parlare:
Norimberga, Dresda, Berlino, Kiel, Amburgo, Brema, Essen, Koln,
Francoforte, Heidelberg e Stuttgart. Per nominarne solo alcune. Sarebbe
stato facile trovarlo se si fosse trattato di Billy Graham, ma come diavolo
avrei potuto rintracciare un predicatore virtualmente sconosciuto chiamato
B?
Non trovando aiuto nella geografia, passai un po' di tempo a chiedermi
chi fosse Charlie. Un civile, di sicuro. Come si fa spesso, mi immaginai
una figura da associare alla voce. Lo piazzai intorno ai trentacinque anni,
snello, di altezza e peso medi, un militare o paramilitare di qualche tipo,
con un volto da ratto e vestiti scadenti risalenti agli anni Cinquanta. Come
dovrebbe essere evidente da tutto ciò, Charlie non era riuscito a diventarmi
simpatico. Mi baloccai brevemente con l'idea di chiamare Padre Lulfre e
chiedergli come stavano le cose, ma non riuscii a trovare l'ombra di una
motivazione a sostegno delle mie lamentele.
Se Charlie sapeva dov'era B, cosa ci aveva guadagnato dal dirmelo? Se
voleva farmi apparire incapace, perché chiamarmi e darmi indicazioni? Al
telefono aveva cercato di darmi a bere una spiegazione per questo
comportamento: aveva a che fare con uno scolaro pigro. Stavo facendo
male i miei compiti, e lui non era venuto per darmi le risposte giuste, ma
per farmi assaggiare il bastone. Ha senso se è davvero il tipo militare. Sta
trattando questa faccenda come un campo di addestramento reclute. Va
bene.
Per quanto possa vedere, c'è solo una cosa in tutto ciò che mi ha detto
che è davvero rilevante: dovunque B e la ragazza vadano, alla fine
finiscono per tornare a Radenau. Devo assumere che questa sia la miglior
informazione in possesso di Charlie. Se avesse saputo con certezza che B
passerà le vacanze a Spitzbergen, per esempio, di sicuro non mi avrebbe
rifilato questa storia di Radenau. Se ho ragione, allora Charlie stesso si sta
dirigendo a Radenau. E questo, devo supporre, è ciò che ha voluto farmi
capire chiamandomi. Non è grandioso essere istruiti?
20
Sabato, 18 maggio.
Radenau.
Partii dopo una tarda e lussuosa colazione, e arrivai ad Amburgo a metà
pomeriggio. La Germania è più piccola del Montana, e attraversarla da un
lato all'altro a bordo dell'intercity ad alta velocità la fa sembrare ancora più
piccola. Avendo un paio d'ore da far passare prima di prendere la
coincidenza per Radenau, visitai l'ufficio di informazioni turistiche nel
Hauptbahnhof e mi fu sinceramente consigliato di non perdere il
jungfernstieg, a cinque minuti a piedi, che mi avrebbe permesso di
ammirare il bellissimo lago artificiale della città da una parte e i suoi
negozi più eleganti dall'altra. Accettai il consiglio ed eccolo lì, perdiana,
esattamente come mi era stato descritto.
Non molto di Radenau risale a prima degli anni Quaranta. Albert Speer,
l'architetto e tecnocrate-capo di Hitler, aveva in mente qualcosa per la città
durante le ultime fasi della guerra, ma di sicuro non un centro di belle arti.
Penso che avrebbe dovuto essere un posto dove le fabbriche si potessero
sentire a casa propria durante il Reich di Mille Anni. Ora è un complesso
industriale punteggiato di appartamenti indistinguibili da caserme. L'unica
cosa positiva che la mia guida turistica aveva da dire sul mio hotel era che
si trattava di un edificio moderno e scrupolosamente pulito, e in effetti era
entrambe le cose. Era anche in pieno centro, ossia nella parte più antica
della città. La vecchia Radenau non prova nemmeno a essere pittoresca.
Avevo passato il mio tempo sul treno scrivendo una versione leggibile
de “La Grande Amnesia” da mandare a Padre Lulfre. Quando mi registrai
in hotel chiesi alla reception se avessero un fax, e mi fu risposto di sì con
un tono oltraggiato come se avessi chiesto se avessero acqua corrente. Fui
contento di avere un fax con cui placarli.
Ho intenzione di farmi un bagno, una lunga, riflessiva cena (pensando a
meno cose possibili), e magari una passeggiata prima di andare a letto.
Niente di più. Niente lavoro fino a domani.
Comincia una lunga notte.
Come avevo detto che avrei potuto fare, uscii a fare una passeggiata
dopo cena. La notte era piacevole, le strade tranquille. Non sono un grande
esploratore. A circa tre isolati dall'hotel (in altre parole, ai limiti della mia
21
avventurosità), udii un leggero chiasso provenire da un punto più avanti.
Se mi fossi trovato a Beirut mi sarei limitato a girare i tacchi e tornare in
hotel, ma dato che ero a Radenau lasciai che la mia curiosità mi guidasse a
una stradina vicina, dove un piccolo teatro stava venendo picchettato da
quaranta o cinquanta cittadini che sembravano piuttosto sorpresi di essere
coinvolti in una tale volgare manifestazione di maleducazione. Stavano
brulicando indisciplinatamente, mostrando rozzi cartelli a un pubblico
inesistente e cantando in maniera incerta degli slogan sul cui testo stavano
evidentemente ancora lavorando.
Mi ci vollero circa tre secondi per capire che avevo trovato B, o almeno
il luogo del suo prossimo spettacolo. Una delle attività preferite dei
fabbricatori di cartelli era, a quanto pare, immaginare il significato del
nome “B”. Veniva infatti chiamato il Blasfemo, il Bastardo, il Boccalarga,
le Badaud, la Bete, le Bobard, le Boucher, le Bruit, die Beerdigung, der
Bettler, e die Blattern, insieme ad altri che non mi ricordo più. Altri ancora
lo identificavano con Belzebù, la Bestia, Belial e Barabba, e due o tre,
ignorando il problema dell'iniziale, lo definivano con sicurezza
l'Anticristo, il che, devo ammettere, mi sorprese basandomi su quello che
avevo visto fino a quel momento. Mi sorprese davvero.
L'entrata del teatro era difesa da una guardia in uniforme che appariva
molto più feroce e molto più preoccupata di quanto mi sembrasse
necessario, date le circostanze. L'unica limitazione all'entrata sembrava
essere che i cartelli di protesta dovevano essere lasciati fuori. Osservando
il traffico all'ingresso, mi accorsi rapidamente che la procedura consisteva
nel picchettare per un po', poi entrare a disturbare l'oratore per qualche
minuto, poi tornare fuori e picchettare un altro po'. Mi feci strada
all'interno.
Per prima cosa notai che la sala non era molto grande, contava trecento
o quattrocento posti al massimo. Poi notai il fatto, molto più importante,
che i disturbatori non si stavano impegnando granché. Forse è vero che i
tedeschi non sono a proprio agio nello sfidare l'autorità. Le prime venti file
ospitavano evidentemente i sostenitori di B, che avevano un'aria cupa e
nervosa, mentre nel resto della sala erano sparsi i suoi minacciosi (ma
perlopiù silenziosi) antagonisti. C'era un posto libero vicino al palco, e mi
ci diressi dopo aver afferrato una pila di volantini da usare come blocco
per gli appunti. Fui deluso dal vedere che, a eccezione di B, il palco era
vuoto.
B incrociò il mio sguardo mentre mi sedevo, e un lampo di
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riconoscimento passò tra noi, o così mi parve.
Era di profilo verso il pubblico, appoggiato al podio e chinato in avanti
in modo da avere le labbra a un millimetro dal microfono. Mi prendo la
briga di descrivere questi dettagli per cercare di ricreare l'impressione che
dava di essere del tutto indifferente a cose che avrebbero potuto zittire altri
oratori. Nonostante i disturbatori non fossero molto rumorosi, infatti, la
loro ostilità era palpabile. Le sue mani erano ferme e rilassate, e sembrava
interamente concentrato sui propri pensieri, che stava condividendo con il
pubblico intimamente e spontaneamente come in una conversazione
privata.
Non sapevo da quanto stesse parlando, ma mentre ascoltavo cominciai
a riconoscere il terreno familiare della Grande Amnesia. Ma benché il
discorso fosse familiare, era meno dettagliato. In altre parole, questo era
solo un riassunto della lezione passata. Alla fine tacque e lasciò vagare
deliberatamente lo sguardo sulla folla.
“Stanotte”, disse, “vorrei parlarvi della bollitura di una rana.”
Tolsi il cappuccio alla penna e cominciai a trascrivere.2
Un invito viene spedito.
Fino a ora non avevo mai avuto ragione di rifletterci (o di notarlo), ma
entro in una sorta di trance quando trascrivo un discorso. Provo la
piacevole sensazione (ora che ci faccio caso) che le parole che escono
dalla penna siano le mie. Ho l'illusione che la mia mano anticipi ciò che le
mie orecchie sentono, mi sembra di conoscere le parole prima che vengano
pronunciate e che potrei trascrivere il discorso anche se l'oratore si
fermasse. Sperimento una strana sensazione di intimità con il relatore.
Posso non capire perfettamente cosa dice, ma mi sembra di avere una
profonda percezione del suo significato. Quando smette di parlare, posso
essere incapace di rispondere anche alla più semplice delle domande sul
suo discorso, ma questo non mi preoccupa perché so che è tutto al sicuro
nella mia trascrizione.
Dato che in questa occasione B non stava usando schermi televisivi,
chiusi gli occhi, cosa che di solito mi aiuta a concentrarmi. Dopo una
mezz'ora, comunque, si riaprirono involontariamente. Guardai B, lui
guardò me e i nostri occhi si incontrarono brevemente, senza particolari
2
Il testo di questo discorso può essere trovato a pagina 224.
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segni di riconoscimento. Senza fare una pausa tra le parole, osservò tutta la
folla senza fare distinzioni (per quanto potei vedere) tra amici e nemici.
Poi, in un gesto che non aveva evidenti correlazioni con nulla di quanto
stesse dicendo, sollevò il suo indice sinistro in aria, lo tenne lì per un
attimo, poi lo puntò con decisione alla propria destra. Era senza dubbio un
segno di qualche tipo, ma non riuscii a notare nessuno che l'avesse colto o
che avesse reagito in qualunque modo. Considerai l'idea che il segnale
fosse stato visto solo da me perché era stato indirizzato a me.
Continuò a parlare. Chiusi gli occhi per tagliare fuori il continuo
rumore della folla e continuai a trascrivere. Passarono i minuti.
Improvvisamente notai che la mia mano si era fermata e mi chiesi perché.
Aprendo gli occhi, vidi che B aveva finito. Tuttavia, il pubblico non
sembrò rendersene conto finché non ebbe raccolto i suoi fogli e non fu
sceso dal palco. A quel punto, i disturbatori esultarono come per
autocongratularsi per un lavoro ben fatto, e i sostenitori di B si affrettarono
ad applaudire. Uscendo, B fece a tutti un cenno indifferente e sparì dietro
le quinte.
Pellegrinaggio.
Per quando fui uscito, la protesta si era trasformata in una festa, con
abbracci, baci e bicchieri di carta pieni di vino per chiunque avesse
partecipato all'epica impresa. I sostenitori di B si dispersero nella notte
indisturbati eccetto che per sporadiche prese in giro. Mentre guardavo
dall'altra parte della strada, realizzai rapidamente che i disturbatori stavano
facendo ciò che stavo facendo anch'io: tenendo d'occhio il vicolo sul lato
del teatro, aspettando che B si facesse vedere. Dopo alcuni minuti,
un'automobile si accostò alla stradina – non una limousine, solo una
vecchia Mercedes Sedan. Un secondo dopo, una guardia attraversò la folla,
spinse i passeggeri nel sedile posteriore e fece la guardia mentre la Sedan
accelerava verso destra.
Avendo perso la propria occasione per un'ultima manifestazione di
disprezzo, la folla perse rapidamente il proprio buon umore e cominciò a
disperdersi. Bottiglie vennero tappate, bicchieri raccolti, e naturalmente
tutti dovettero stringere la mano a tutti prima di andarsene. Mentre questo
avveniva, la guardia in uniforme riapparve all'ingresso del teatro per far
uscire uno degli ultimi spettatori e chiudere dietro di lui. Lo spettatore
ringraziò la guardia con un cenno del capo, alzò il colletto della giacca
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contro l'aria notturna e si avviò alla propria sinistra, tagliando la folla e
sparendo nell'oscurità. Sarebbe stato facilmente riconosciuto da chiunque
si fosse dato la briga di guardarlo. Aspettai finché non fu una cinquantina
di metri avanti a me, poi lo seguii.
Ovviamente non avevo idea di dove mi stesse conducendo, ammesso
che mi stesse davvero conducendo da qualche parte. Un po' meno
ovviamente, non sapevo perché lo stessi seguendo, eccetto per il fatto che
credevo di essere stato invitato. All'inizio pensai che la Mercedes avrebbe
fatto il giro dell'isolato per raccoglierlo, ma mi sbagliavo. Poi pensai che
fosse diretto a una vicina taverna o bar, ma mi sbagliai di nuovo. Continuò
a camminare fino a lasciarsi il centro della città alle spalle.
Cominciai ad avere delle esitazioni riguardo questa avventura. Se mi
avesse piantato in asso a quel punto, mi sarebbe stato molto difficile
tornare all'hotel. Gli autobus non circolavano più – almeno non qui – ed
era passata mezz'ora dall'ultima volta che avevo visto un taxi. Peggio
ancora, eravamo entrati in una zona che avrei definito industriale: non
c'erano case o appartamenti, né negozi, né bar, né minimarket aperti tutta
la notte con un telefono e magari dei commessi desiderosi di aiutare. Qui
c'erano solo fabbriche, magazzini e cantieri, che a quest'ora di notte
ospitavano solo guardie notturne e cani da guardia.
Potreste ragionevolmente chiedermi perché non lo raggiunsi e non gli
chiesi dove stesse andando. Ci pensai su. Sarebbe stata la cosa ordinaria da
fare, o quella straordinaria? La cosa normale o quella strana?
Pensarci su non mi aiutò, naturalmente. La cosa naturale da fare è
sempre quella non premeditata e non ragionata, quella istintiva. Questa
cosa in particolare era una di quelle che avrebbe dovuto essere fatta
immediatamente oppure mai più. Che senso avrebbe avuto seguirlo alla
cieca per un'ora per poi raggiungerlo e chiedergli dove mi stesse portando?
Era una situazione assurda, che io – essendo adulto, competente, ecc. –
avrei dovuto gestire molto meglio (anche se a tutt'oggi non so in che modo
avrei potuto farlo).
Riemergendo dai miei pensieri deprimenti, vidi che B stava entrando in
un piccolo edificio privo di segni particolari poco più avanti. Sembrava un
capanno di qualche tipo, schiacciato tra un magazzino e un deposito
ferroviario. Mi affrettai, sperando che fosse la destinazione di B. Rimasi
sconcertato e divertito quando raggiunsi la porta e vidi un artisticamente
rozzo cartello lì accanto che diceva: “LITTLE BOHEMIA”.
25
Sabato, 18 maggio.
Little Bohemia!
Quando aprii la porta ed entrai, mi sfuggì una risata. Little Bohemia era
una taverna, ma una taverna diversa da qualunque altra avessi mai visto, a
parte forse nei sogni o nell'immaginazione. Avrebbe potuto far parte del set
cinematografico per un film sulla vita di Amedeo Modigliani. Aveva
soffitti bassi, pieni di ragnatele e fumo, e sarebbe stata completamente buia
se non fosse stato per delle candele incastrate in alcune bottiglie di vino. I
muri erano fitti di disegni, caricature e dipinti, la maggior parte dei quali
così anneriti dal fumo da sembrare post-impressionisti. Incongruamente –
eppure in qualche modo perfettamente – un jukebox decorato con un
arcobaleno vicino alla porta stava suonando un vecchio disco di Piaf
graffiato che doveva essere, poteva solo essere – e infatti era – La vie en
Rose. Spendendo un milione di dollari, la Disney non avrebbe potuto
ricrearla più archetipica, anche se la polvere e le ragnatele sarebbero state
create con plastica antisettica e la canzone sarebbe stata cantata da un
clone di Piaf stessa, con indosso una perfetta riproduzione della sua
famosa vecchia maglia.
La clientela, comunque, non interpretava il ruolo adatto, almeno non di
proposito. Non c'erano berretti, baschi o pullover da pescatori, e niente
pizzetti artistici. Queste persone, mormoranti ai loro tavoli o chinate sulle
loro scacchiere, avrebbero potuto essere qualunque cosa – poeti,
romanzieri, sceneggiatori, attori, artisti, modelli – ma chi poteva dirlo?
Oggigiorno, gli addetti alle pubbliche relazioni sembrano artisti, gli artisti
sembrano camionisti e i camionisti come campioni di calcio nel giorno
libero.
B era seduto a un tavolo in fondo e capii che doveva essere un cliente
abituale, perché una cameriera lo stava già servendo dopo appena sessanta
secondi dal suo arrivo. Vedendo che ero entrato, mi invitò al tavolo con un
cenno alla sedia alla sua destra. Mentre mi avvicinavo, lo sentii dire alla
cameriera: “Theda, porta uno di questi anche per il mio amico, vuoi? Ha
camminato a lungo.” E poi a me: “È uno scotch al malto Lagavulin
vecchio di sedici anni e riporterebbe in vita i morti, se somministrato entro
un tempo ragionevole.”
Mi sedetti e guardai, probabilmente in modo piuttosto vacuo, il suo
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volto da gargoyle.
“Be', cosa gliene è parso della mia lezione?”, mi chiese.
“Non so”, risposi. Poi aggiunsi: “Non sto facendo il vago, sto ancora
cercando di capirlo.”
“Era a Der Bau.”
“Infatti.”
“Ma non a Stuttgart o prima?”
“No.”
“Ottimo. Per caso o destino, ha cominciato all'inizio del ciclo.”
“È stato per caso”, gli dissi, e lui sorrise educatamente come se non
facesse una gran differenza.
“Qual è il suo nome, a proposito?”
Glielo dissi, e Theda scelse quel momento per arrivare con il mio drink,
un liquido scuro e ambrato in un bicchiere sovradimensionato. Bevvi un
sorso e battei le palpebre, sconcertato dalla sua pesante, ricca fumosità.
“Fantastico, non è vero?”
Annuii, improvvisamente sentendomi stranamente distaccato, come una
pagina strappata da un libro e inserita in un altro.
“E 'B'?”, chiesi. “Perché si fa chiamare B?”
Mi fece un sorriso storto. “Sa, non ne sono del tutto sicuro. Questo è un
nome che la folla ha scelto per me in risposta a una percezione profonda e
inconscia. Quando il nome mi è rimasto appiccicato, ho fatto qualche
ricerca al riguardo, per quello che era possibile su un argomento come
questo. Se in tempi antichi le fosse capitato di incontrare un uomo o una
donna marchiati con la lettera A, avrebbe saputo che la loro colpa era
stata...?”
“Adulterio.”
“Naturalmente. Non è stata un'invenzione di Hawtorne ne La Lettera
Scarlatta, sa. E se avesse incontrato qualcuno marchiato con la lettera B,
avrebbe saputo che il suo peccato era stato la blasfemia.”
“Ed è questo il suo peccato?”
“Oh, sì. Ma non posso credere che la folla abbia scelto questa lettera
per questo motivo – o almeno, non deliberatamente.”
“Allora perché?”
Scrollò le spalle. “Semplicemente, non lo so.”
“Posso chiederle il suo vero nome?”
“Preferirei che non lo facesse. Ormai non lo uso più, a parte per i
registri degli alberghi.”
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“Va bene. Perché mi ha segnalato di seguirla?”
Sorrise in modo diverso, come per piacere autentico. “Conosce l'antico
romanzo cinese Viaggio in Occidente? È la storia di una birbante scimmia
di pietra nata per via di un incidente divino da un uovo di pietra sulla cima
di una montagna. Dopo aver vissuto una vita spensierata per molti anni,
improvvisamente diviene consapevole dell'esistenza di un'enorme mole di
cose da imparare di cui non aveva la minima idea, e comincia un viaggio
intorno al mondo per trovare un maestro. Alla fine arriva in un monastero
gestito da un famoso saggio, che gli lascia assistere alle lezioni insieme
agli altri novizi mentre svolge le faccende come una sorta di domestico.
Un giorno, dopo vari anni, il maestro chiese alla scimmia che tipo di
conoscenza stesse cercando. La scimmia allora chiese quali erano
disponibili, e poi li respinse uno dopo l'altro. Il maestro allora si infuriò, lo
colpì tre volte in testa con il suo bastone e se ne andò. Gli altri allievi
erano costernati, ma la scimmia no, perché conosceva il linguaggio dei
segnali segreti e aveva capito che il maestro gli aveva ordinato di andare
da lui alle tre di notte. Quando arrivò, il saggio si complimentò con la
scimmia per aver insistito per avere una saggezza che andasse oltre ciò che
altri avrebbero accettato, e gli fece una rivelazione così potente che la
scimmia raggiunse l'illuminazione sul posto.”
Insegnamenti: pubblici e segreti.
Diedi a B un minuto per continuare, e quando non lo fece gli chiesi se
fossi una scimmia che aveva scelto per un'istruzione speciale.
“È possibile”, rispose, “ma non è questo il motivo per cui le ho
raccontato la storia.”
“Continui.”
“Perché il saggio aveva due tipi di insegnamenti, pubblici e segreti?”
“Non lo so.”
B abbassò il mento sul petto e mi diede uno sguardo ironico dal basso
verso l'alto.
“Ci rifletta per un po'”, mi disse. “Stia al gioco.”
“Perché il saggio aveva due tipi di insegnamenti? Direi perché non
sarebbe stato un granché come saggio altrimenti. Gli insegnamenti
pubblici sono quelli che tutti ascoltano perché sono quelli che possono
venire articolati. Gli insegnamenti segreti sono quelli che non possono
venire espressi perché non esistono.”
28
B annuì pensierosamente. “Una risposta molto buona e molto moderna.
La risposta di un cinico.”
“Non penso a me stesso come a un cinico.”
“Ma è sicuro che non esistano insegnamenti segreti.”
“Assolutamente sicuro.”
“Gesù non aveva nessuna gemma speciale per i suoi discepoli.”
“No.”
“E nemmeno Gautama Budda o Maometto per i loro.”
“No.”
“Potrebbe avere ragione, naturalmente, ma questo manca
completamente il punto della mia storia.”
“Va bene. Perché il saggio aveva due tipi di insegnamenti diversi?”
“Uno era un gruppo di insegnamenti facili da comprendere, un altro
invece un gruppo di insegnamenti molto difficili. Il primo gruppo era
quello pubblico, naturalmente, il tipo a cui tutti i novizi erano esposti. Il
secondo era il tipo segreto, quello che solo studenti eccezionali possono
aspirare a comprendere – o accettare.”
“In altre parole...?”
“In altre parole: gli insegnamenti segreti non sono quelli che gli
insegnanti si tengono per loro, sono quelli che sono molto difficili da
impartire.”
Scossi la testa. Dovevo proprio scuoterla. Non l'ho mai visto scritto
esplicitamente, ma è implicito in ogni testo che – a parte cose proibite e
probabilmente illusorie come stregoneria o negromanzia – non esistono
segreti rilevanti. Ci sono molte cose che non sappiamo e non sapremo mai,
naturalmente, ma tutto ciò che abbiamo bisogno di sapere è stato rivelato.
Se non fosse così, se Mosé, Budda, Gesù o Maometto avessero conservato
qualcosa solo per una ristretta élite, allora le rivelazioni sarebbero
incomplete e, quindi, inutili.
“Non sono sicuro che questo risponda alla mia domanda originale”,
dissi. “Perché mi ha invitato qui?”
“L'ho invitata qui per la stessa ragione per cui il saggio ha invitato la
scimmia. Spero di poterle impartire alcuni degli insegnamenti che non
posso esprimere dal podio.”
“Non capisco. Perché non può impartirli dal podio?”
La mia domanda sembrò sconfiggerlo. Sospirò, collassò su se stesso e
si guardò attorno in una sorta di pantomima di disperazione pedagogica.
“Pensavo che sapesse che cosa sta succedendo qui.”
29
“Mi dispiace. Pensavo di saperlo anch'io.”
“Ogni volta che Gesù parlava a un gruppo, stava parlando a un migliaio
di anni di storia condivisa, visione condivisa e comprensione condivisa. Le
persone che lo ascoltavano erano ebrei, dopotutto. Non parlavano solo la
stessa lingua. I loro pensieri erano stati plasmati dalle stesse scritture, le
stesse leggende, la stessa visione del mondo. Non doveva insegnare loro
chi fosse Dio, chi fosse Abramo o chi fosse Mosé. Non doveva spiegare
loro concetti come profeta, diavolo, pentimento, battesimo, scrittura,
Sabbath, comandamento, paradiso, inferno o messia. Queste erano tutte
nozioni comunemente note nella loro cultura. Ogni volta che parlava loro,
sapeva con certezza assoluta che i suoi ascoltatori erano venuti preparati
per capire cosa aveva da dire.
“Sì, lo capisco.”
“Gesù non doveva gettare le fondamenta ogni volta che teneva un
discorso. Altri avevano fatto il lavoro per lui nel corso di centinaia di
generazioni, letteralmente dal tempo di Abramo. Ma io devo farlo, con
ogni singolo pubblico a cui mi rivolgo. Mi ha ascoltato a Monaco e qui a
Radenau, ma non ha ascoltato cos'ho da insegnare. Tutto ciò che ha
ascoltato finora erano le fondamenta, e sono lontane dall'essere complete.”
“Ma prima o poi...”
“Sì, prima o poi ci arrivo, e questo è il motivo per cui la gente mi
chiama Blasfemo, Bestia e Anticristo. Ma non arrivo mai alla fine di ciò
che ho da dire... Non in pubblico.”
“Perché no?”
“Perché non c'è continuità nei miei ascoltatori tra un pubblico e l'altro.
Questo significa che, in ogni pubblico, sempre meno persone sono state
con me fin dall'inizio e sempre più sono andate perse. Dopo cinque o sei
lezioni è inutile continuare. La fine è ancora lì, ma non ho speranza di
raggiungerla con questo pubblico, e perfino meno speranze di raggiungerla
con il prossimo. Devo tornare indietro e ricominciare da capo, il che è ciò
che ho fatto a Monaco.”
Poi B annuì verso di me e disse: “E devo aspettare l'arrivo di qualcuno
come lei.”
Provai una fitta di paura a quelle parole, la stessa sensazione che provo
quando immagino di cadere da un palazzo altissimo.
Lo smascheramento.
30
Sorseggiammo il nostro scotch resuscitante. Ascoltammo Piaf e altri
cantanti della sua epoca, tutti francesi e tedeschi. Inalammo grandi quantità
di fumo passivo. Dopo alcuni minuti, dissi: “Questo ancora non spiega
perché ha scelto me in particolare.”
B aggrottò la fronte e si strofinò l'angolo dell'occhio destro, un gesto
che mi sarei presto abituato a vedergli fare.
“Questo chiaramente la preoccupa”, disse infine, “e sto cercando di
capire perché.” Aprii la bocca per negarlo, ma lui mi fermò con un cenno
della testa. “Non è un bravo bugiardo, sa?”
Lo fissai intontito.
“Non abbastanza pratica, direi.”
“Cosa le fa pensare che stia mentendo?”
Scosse la testa di nuovo. “Non lo faccia, Jared, è davvero negato. O
mente con convinzione o dice la verità.”
“Ha ragione”, confessai. “Non sono un bravo bugiardo e non faccio
abbastanza esercizio. Ma cosa l'ha fatta decidere che stavo mentendo?”
“Le domande sempre dello stesso tipo, la sua insistenza che il mio
invito avesse bisogno di essere spiegato. Si sta ovviamente chiedendo
come è riuscito a ingannarmi.”
Non ero sicuro che avesse ragione a questo riguardo, ma ero troppo
confuso da fumo e alcool per pensare chiaramente.
Improvvisamente c'era una terza persona seduta al nostro tavolo. Mi
accorsi innanzitutto che si trattava di una persona, poi che era una donna,
poi che era una donna che avevo già visto. Era la donna di Der Bau, la
donna che aveva tradotto il discorso di B nel linguaggio dei segni, la donna
con la giacca di cuoio e la strana farfalla in mezzo al viso. La donna
(realizzai improvvisamente) che aveva esercitato una potente attrazione su
di me dal momento in cui l'avevo vista, con le sue ampie spalle atletiche, i
suoi vestiti da ranch e i capelli fulvi selvaggi.
Stava parlando a B con le sue mani. E lui stava “ascoltando” con
attenzione. Improvvisamente un largo sorriso gli attraversò il volto. Mi
guardò e rise: “Un prete!”
“Cosa?”, dissi io.
“Lei è un prete?”
Guardai la donna e lei mi restituì lo sguardo senza espressione, come se
fossi una lucertola o un pesce.
B disse: “Ha trovato il suo breviario.”
Lo fissai senza capire finché aggiunse: “Nella sua stanza, in hotel.”
31
Anche allora mi ci volle un minuto per capire cos'era successo. Mi aveva
invitato per una passeggiata attraverso Radenau cosicché la sua assistente
avesse il tempo di trovare il mio hotel, scoprire quale fosse la mia stanza
ed entrare. Ero contento che non avesse trovato il mio diario: quello
viaggia con me.
Non sapevo cosa dire. Mi sentivo profondamente stupido e
incompetente, come un ragazzino che avesse scelto Tiffany's per il suo
debutto da taccheggiatore.
“È un assassino”, chiese B, “o solo una spia?”
La donna rise. Non in maniera sarcastica, mi sembrò, ma con genuino
divertimento. Fui sorpreso quando parlò – che potesse parlare.
“Non un assassino”, disse, guardandomi come se fossi un cocker
spaniel che qualcuno aveva appena scambiato per un pitbull.
“No, sono sicuro che hai ragione”, disse B. “Non un assassino. Cosa,
allora?”
Era quasi divertente. In quel preciso istante, Piaf cominciò a cantare
“Non, Je Ne Regrette Rien” – no, non rimpiango nulla! Non riuscii a
pensare a nulla da dire.
I minuti successivi passarono come in un sogno. Theda venne pagata. B
e la donna si alzarono per andarsene e sembrarono sorpresi quando non
seguii il loro esempio.
“Passerà la notte qui?”, chiese B.
“No.”
“Allora venga, le daremo un passaggio fino al suo hotel.”
Sentendomi perfino più idiota di prima, viaggiai nel sedile posteriore
della Mercedes che avevo visto prima fuori dal teatro. La donna guidò.
“Questa è Shirin, a proposito”, mi disse B.
Annuii senza parlare.
Quindici minuti dopo, accostammo fuori dall'hotel. Uscii dal sedile
posteriore e li ringraziai per il passaggio.
Shirin mi riservò un cenno del capo e un sorriso di commiserazione, poi
guidò via.
Mi trascinai cupamente nell'hotel.
Sabato, 18 maggio.
La notte avrebbe dovuto essere conclusa a quel punto...
32
Ma non lo fu.
Mentre superavo la reception, l'impiegato mi fermò per consegnarmi un
messaggio, ermeticamente sigillato in una busta. Qualcuno con più
esperienza avrebbe potuto ficcarsela in tasca e scordarsene, ma io non sono
abituato a ricevere messaggi in hotel. Lo aprii e lessi:
Jared,
Mi chiami immediatamente appena riceverà questo messaggio, giorno o
notte.
Immediatamente.
Bernard Lufre.
Lo appallottolai e lo infilai in tasca. Mentre riprendevo il mio viaggio
verso gli ascensori, l'impiegato disse: “Era molto insistente, signore.”
Mi girai e vidi che era lo stesso che si era offeso per la mia domanda
sul fax. Forse era un cyborg, instancabile ed efficiente.
“Molto insistente, eh?”
“Molto insistente, signore.”
“Vorrei una bottiglia di whiskey nella mia camera.”
Una sottile ruga apparve sulla sua fronte.
“Ho paura che il bar sia chiuso, signore.”
“Non voglio un bar, voglio un po' di whiskey in camera mia. Mezzo
litro, o comunque lo imbottigliate qui.” Gli passai cento marchi e me ne
andai.
Avrei chiamato Bernard Lulfre in queste condizioni? Non aveva alcun
senso, ma volevo farmi un drink, andare a dormire e svegliarmi senza
questo impegno a gravarmi sulla testa, quindi lo chiamai. Padre Lulfre
stesso rispose al telefono.
“Jared!”, disse. “Dev'essere notte fonda lì.”
“Lo è, sì.”
“Che sta succedendo? Mi aggiorni.”
“Ho assistito a due delle lezioni di B, e ho...”
“Due lezioni di chi?”
“B. Non si fa chiamare Atterley qui. È conosciuto come B.”
“B come in bambino?”
“B come blasfemo.”
33
“Capisco. Ha assistito a due delle sue lezioni, e...”
“E ho passato un'ora parlando con lui.”
“Davvero? Come un ammiratore? Un seguace?”
“Sì, è possibile”, replicai vago.
“E che impressione ne ha avuto?”
“È davvero brillante. Completamente sincero.”
“Non di lui, di quello che sta insegnando.”
Ero troppo stanco per pensarci. “Non saprei, sembra abbastanza
innocuo.”
“Innocuo? Non può essere.”
Scrollai le spalle attraverso seimila chilometri di cavi telefonici.
“Lo ha registrato?”
“Non è efficiente. A meno che non parlasse direttamente nel mio
microfono, avrei ottenuto solo rumore di folla.”
“Ha almeno preso appunti?”
“Meglio”, scattai. “l'ho trascritto parola per parola, in stenografia. Non
le è arrivato il mio fax?”
“Non sono stato nel mio ufficio oggi. È tutto lì?”
“Solo la prima lezione. Dovrò scrivere una versione leggibile della
seconda. Ci vorranno alcune ore.”
“Non è qualche esotica stenografia personale, vero?”
“No, solo normale scrittura veloce.”
“Allora la mia segretaria può leggermela. Me la faxi.”
Cominciai a obiettare che il blocco per gli appunti avrebbe dovuto
essere fotocopiato prima, dato che non potevo fotocopiarlo direttamente,
ma realizzai in fretta che mi stavo comportando in modo infantile.
Rassegnandomi all'inevitabile, scesi al piano di sotto e feci quello che
dovevo.
Una bottiglia di Cutty Sark mi stava aspettando in camera quando
tornai.
Cominciai a bere e a scrivere. Non so cosa stia succedendo, ma so che
questo diario si rivelerà inutile se non lo terrò aggiornato. Ho finito giusto
in tempo per chiudere le tende contro il sole che sta sorgendo. Spero di
ricordarmi di mettere fuori dalla porta il cartello “Disturben Verboten”
prima di crollare.
Domande pericolose.
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Il fax in questo hotel fa orario continuato, ma il pranzo è servito solo
fino alle due, e io riuscii a malapena a sedermi al tavolo. Ora sono le due e
tre quarti. Immagino di starmi annotando il tempo per procrastinare. Non
voglio pensare, non voglio scrivere, così mi annoto scrupolosamente l'ora.
Sono le 14:50 e mi chiedo cosa c'è di sbagliato in me.
Sono le 14:52 e penso che la mia vita sta cadendo a pezzi.
Cadendo a pezzi sotto quale forza? Non riesco a capirlo bene. O non
voglio farlo. Di sicuro per la maggior parte si tratta di B, ma non riesco a
capire perché. Sono estremamente riluttante a rileggere le sue lezioni. Il
suo messaggio è come un'ombra sulle mie spalle. Posso coglierlo con la
coda dell'occhio e mi preoccupa, perché non riesco a vederlo chiaramente.
So che potrei girarmi e vederlo meglio ma, come ho detto, sono riluttante a
farlo.
Ho detto a Padre Lulfre che gli insegnamenti di B sono innocui. Cosa
intendevo? Penso che fosse qualcosa del genere: B è innocuo perché sta
solo mettendo in discussione i fondamenti stessi del Cristianesimo – per
non parlare del Giudaismo, dell'Islam e del Buddismo.
Nessun pericolo in questo, vero?
Nessun pericolo, Padre Lulfre, perché lei mi ha insegnato che nessuna
domanda è pericolosa, per noi. Noi abbiamo tutte le risposte, quindi
chiedete pure. Possiamo rispondere a tutto. Assolutamente tutto. Per noi, le
domande non sono un pericolo, sono un'opportunità.
Non è così, Padre Lulfre?
Quindi qual è il suo problema, Padre Lulfre?
Al telefono le ho detto: “Gli insegnamenti di B sono innocui”, e lei mi
ha risposto: “Non può essere.”
Cosa?
Cosa significa, Padre Lulfre? Significa che alcune domande sono
pericolose, dopotutto?
Il bravo soldato Jared.
Il fatto che trovi qualcosa in tutto questo che mi disturba... Mi disturba.
Non dovrei essere disturbato da nulla di tutto ciò. Voglio dire, sono un
bravo soldato, no? Intelligente e acuto ma fondamentalmente un tipo di
persona semplice. Come si chiama il predicatore tormentato ne La Lettera
Scarlatta? Dimmesdale? Non sono un Arthur Dimmesdale, neanche
vagamente. Non sono tormentato da nulla. Volete che spii qualcuno che si
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dice potrebbe essere l'Anticristo? Sicuro, perché no? Dov'è il mio biglietto
aereo? Qual è il limite della mia carta di credito?
Ehi, è per questo che le grandi menti dei Laurenziani hanno scelto me,
non è così? Volevano qualcuno intelligente, controllabile e leale – non
necessariamente con una grande fede, ma forse con un'immaginazione un
tantino debole.
La cosa divertente, comunque (ed è davvero spassosa), è che, proprio
perché sono un così bravo soldato, semplice e lineare, io ascolto il tizio
che dovrei spiare. E, avendo ascoltato, dico: “Sì, capisco cosa sta dicendo.
Questo è qualcosa di nuovo. Questo è qualcosa davvero nuovo. Questo
tizio ha ragione. Ha più ragione di chiunque altro abbia mai sentito in vita
mia. Qual è il problema?”
Poi il tizio mi prende in disparte e dice:
Poi il tizio mi fa attraversare mezza città a piedi e dice:
Poi il tizio mi offre dello scotch vecchio di sedici anni e dice:
“Ci sono alcuni insegnamenti che solo studenti eccezionali possono
accettare. Spero di impartirne qualcuno a lei.”
Forse le grandi menti dei Laurenziani avrebbero dovuto scegliersi un
soldato non così bravo... O magari molto migliore.
Ovviamente, non so in che rapporti sono con B a questo punto.
Ripensandoci, mi accorgo che ero molto più sconvolto io dalla rivelazione
di Shirin di quanto lo fosse lui. La verità è che stavo solo proiettando.
Essendo stato scoperto, avevo dato per scontato che avrebbe reagito in
modo disgustato o deluso. Invece non era nessuna delle due. Era divertito.
Va bene, non sono ancora sicuro del rapporto in cui sono con lui, ma
non credo di essere esattamente nel cestino della spazzatura. Non ne sono
uscito sembrando brillante, ma sono abbastanza sicuro di non essere
sembrato nemmeno feccia.
Domenica, 19 maggio.
Radenau: seconda notte.
Quando arrivai al Schauspielhaus Wahnfried alle nove, credetti quasi di
essere venuto nella notte o nel posto sbagliato, perché i disturbatori erano
spariti. Forse questa seconda notte non era nel loro programma, oppure
pensavano che una notte in trincea fosse sufficiente. Forse c'era carenza di
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manifestanti da qualche altra parte. Ciononostante, la porta era presidiata
dalle vestigia del gruppo di protesta: una donna dall'aspetto infuriato che
distribuiva volantini dall'aspetto rabbioso. Ne presi uno, ma era in tedesco.
La notte precedente le luci erano state accese come per un'evacuazione
di emergenza. Stanotte erano affievolite come per una lettura tranquilla. Il
palco era blandamente illuminato e vuoto, eccetto che per il podio
dell'oratore. C'erano forse cento persone nella sala. Non volendo essere
riconosciuto dal palco, scelsi un posto molto indietro. Era una folla
tranquilla, paziente, sottomessa. Un pubblico di estranei e per la maggior
parte, pensai, solitari.
Dopo alcuni minuti, B salì sul palco, si mise dietro il podio e cominciò
a mettere in ordine dei fogli. Per un oratore professionista, questa è una
tecnica precisa. Dopo alcuni secondi il pubblico registrò la sua presenza e
fece silenzio. B cominciò, come immaginavo che avrebbe fatto, dall'inizio,
riassumendo non solo la precedente lezione ma anche quella che aveva
pronunciato a Monaco, continuando il processo che aveva descritto a Little
Bohemia. A ogni lezione, questo riassunto sarebbe diventato più
complesso e, proporzionalmente, meno efficace.
Quando fu finalmente pronto per avventurarsi in territorio inesplorato,
tacque e si guardò intorno, raccogliendo l'attenzione di tutti i presenti, e io
tirai fuori la penna.3
Credo che realizzai la mia vera situazione nei quaranta minuti
successivi, mentre scrivevo, ferocemente concentrato nell'ascoltare e nel
capire le parole (non puoi davvero ascoltare se non capisci le parole, si
trasforma tutto in un blaterare incomprensibile). Anime pie spesso
immaginano che essere un prete ti ponga automaticamente chilometri
davanti alle persone normali per quanto riguarda la saggezza. Ascoltando
B, mi resi conto di non essere un centimetro avanti a nessuno. Brancolo
nel buio. Sono appena all'inizio. Per tutto quello che conta, ho ancora
diciannove anni. A un certo punto, la mia mano esitò e mi dissi: “Non mi
serve scrivere tutto questo, mi basta ascoltare”, ma ero abbastanza
dubbioso da continuare. Ora sono contento di averlo fatto, naturalmente. In
quel momento mi sentivo come un uomo al timone di una nave che
affonda: privo di senso, visto che qualunque nave può trovare da sola la
strada per il fondo dell'oceano.
Dopo mezz'ora invece mi sentii come un pugile all'ottavo o nono round
3
Il testo di questo discorso può essere trovato a pagina 241.
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– un pugile che stava perdendo. Ero stato colpito ovunque fosse permesso
colpirmi, ogni singolo centimetro quadrato. Le frasi mi arrivavano addosso
come pugni, e io le leggevo e incassavo come pugni. “Ah, sì, eccone un
altro ai reni. Mi ricordo uno come quello nel terzo round. Ed eccone uno al
bicipite... Questo non dovrebbe farmi male ma accidenti se lo fa! E ora uno
che pensavo mi arrivasse sulla spalla e invece mi ha colpito in pieno
sull'orecchio.”
Quando finì, barcollai fuori con tutti gli altri e mi piazzai in mezzo alla
strada, assumendo che B avrebbe fatto la sua apparizione in pochi minuti.
Questo mi diede del tempo per pensare, ed ecco cosa pensai:
Finora ho vissuto in una specie di capsula temporale, o forse in un'ala
speciale dell'ospedale che non è cambiata dagli anni Cinquanta. Era un'ala
in cui i miei genitori e i loro amici sarebbero stati felici. Non sono sicuro
di cosa intendo con questo, sto solo procedendo a tentoni. In quest'ala,
Glenn Miller è ancora di moda. Non una figura nostalgica, ma come era
quando i miei genitori andavano al college. In quest'ala, i ragazzini hanno
matrimoni in pompa magna e passano la luna di miele a cercare di capire
che significa essere sposati. In quest'ala, si usa il metodo del calendario e
si hanno figli quando fallisce. In quest'ala, non ci sono bambini che
nascono già dipendenti dal crack, non ci sono sette, non ci sono terroristi.
In quest'ala, se qualcuno avesse sintonizzato la radio su una stazione che
trasmetteva le parole di B, avrebbe sbagliato mentre cercava di
raggiungere un'altra stazione, una rilevante per la vita nell'ospedale.
Non credo di aver avuto davvero questi pensieri precisi mentre me ne
stavo fuori dal teatro. Non sono sicuro che una singola idea coerente mi sia
passata per la testa, mi limitavo a stare lì in piedi sentendomi condannato.
A un certo punto, senza che me ne accorgessi, qualcuno accese le luci del
padiglione e dell'ingresso. Forse passarono dieci minuti. Finalmente tornai
in me e mi resi conto che la procedura della notte precedente non sarebbe
stata ripetuta. B era ancora dentro, e se avessi voluto parlargli avrei dovuto
andare a cercarlo lì. Sgattaiolai fino alla debolmente illuminata porta del
palco e la trovai preparata come il rifugio di un fumatore, una bustina di
fiammiferi a tenerla socchiusa. Entrai e lasciai che la porta si chiudesse
dietro di me.
Molto, molto lontano si udivano delle voci. Non avevano nulla di
strano, non suonavano particolarmente tristi o felici, eccitate o calme.
Avrebbero potuto appartenere egualmente a delle persone che discutessero
dell'arredamento di una casa o della fine del mondo. Non c'era modo di
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dirlo, nonostante fossi rimasto lì ad ascoltare per un intero minuto mentre i
miei occhi cercavano di trovare uno spiraglio di luce attraverso cui vedere.
Il palco ovviamente si sarebbe trovato più o meno davanti a me, oltre
corridoi, camerini, sale d'aspetto e, infine, le quinte sul palco stesso. Dato
che nessun angelo sarebbe venuto a guidarmi cominciai a procedere a
tentoni e, dopo un paio di minuti, fui ricompensato da una pallida luce alla
mia sinistra. Era una nuda lampadina pendente dal soffitto sopra il palco
vuoto che illuminava debolmente la sala deserta.
Nel mondo sotterraneo.
Il mormorio di voci era più distante che mai. Lo seguii dietro le quinte
fino alla ringhiera di una scala a chiocciola di ferro che scendeva
nell'oscurità. Non mi servivano gli occhi: i gradini erano regolari e la
ringhiera solida. Una volta avevo visto il progetto di un teatro che
mostrava un primo piano sotto il palco, poi un secondo, un terzo e un
quarto, e mi ricordo di essermi chiesto che cosa avrebbero potuto
conservare così in profondità. In breve il klink-klunk dei miei passi fu udito
di sotto, e il mormorio si fermò. Il quarto piano sotterraneo, dove le scale
finivano, era ampio e con un alto soffitto. Alla fine della stanza, sopra pile
di scatoloni, tavoli e scaffali, un centinaio di candele illuminava un'area
che somigliava a un soggiorno ricavato nel bel mezzo di un negozio di
antiquariato.
B era seduto in una poltrona con i braccioli rivolta verso di me. Mi
salutò con la mano e mi chiamò. “Non si preoccupi, non ci sono ratti!”
Improvvisamente, una dozzina di facce spuntarono dalle cianfrusaglie e
mi guardarono da dietro antichi mobili danneggiati, tappeti arrotolati,
manichini ammuffiti, esempi di tassidermia in putrefazione, enormi
guardaroba, pile di libri e riviste e attaccapanni pieni di costumi. B sembrò
percepire il mio imbarazzo e rese il mio avvicinamento meno difficile
spiegando l'assenza di ratti.
“La direzione ha cura di approntare una rappresentazione del Re Lear
almeno una volta ogni due anni”, disse. Quando ebbe gli occhi di tutti
puntati addosso, proseguì: “'Topi, ratti e piccoli cervi sono stati il cibo di
Tom per sette lunghi anni.' Lear, Atto III, Scena 4”... Come se questo
spiegasse tutto.
Gesticolò verso una poltrona alla sua destra, una meravigliosa vecchia
Biedermeier fauteuil con cuscini di velluto verde pallido e scolorito. Lui
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stesso occupava un'ancora più bella Regency bergère d'ebano dorato con
piedi scolpiti come artigli e braccioli modellati come teste di leone. Mi
sedetti e mi guardai intorno.
C'era uno stravagante ottomano imbottito alla mia destra, e Shirin era
rannicchiata su metà di esso, vestita come sempre con jeans, stivali e una
maglietta di seta (stavolta verde scuro anziché nera). Mi stava guardando
con educato interesse, e non ero del tutto sicuro che mi avesse
riconosciuto. Il resto dell'ottomano era occupato da una ragazzina dall'aria
intensa in jeans e maglietta grigia.
“Questo è Jared Osborne”, disse B agli altri, che (mi parve) annuirono
senza alcun segno di entusiasmo. “Lascerò che tutti si presentino più
tardi.” Si girò verso di me e disse: “Stavamo ancora discutendo della
domanda che è stata sollevata alla fine della lezione di stasera, riguardo il
bisogno di un programma. Come risponderebbe a questa domanda?”
“Ho paura di non ricordarla.”
“In sostanza, la domanda era: cosa dovremmo fare, ora che sappiamo
che i membri della nostra cultura stanno procedendo verso
l'autodistruzione?”
“E mi sta chiedendo come risponderei?”
“Dovrei premettere”, disse B agli altri, “che Jared Osborne è un prete
della Chiesa Cattolica Romana.”
“Non sono qui in quella veste”, gli dissi.
B scrollò le spalle. “Sarei portato a credere che un punto di vista
rimanga anche quando la veste ufficiale viene messa da parte.”
“Sì, infatti, ma sono venuto qui per ascoltare, non per parlare, se
posso.”
“Ma certo... Proprio prima che arrivasse, avevo detto qualcosa riguardo
il salvare il mondo, e Michael qui”, fece un cenno verso un uomo alto,
“aveva obiettato che il mondo non ha bisogno di essere salvato, ha solo
bisogno che lo lasciamo in pace. Stavo spiegando che non avevo usato la
parola 'mondo' in un senso biologico, ma piuttosto in senso
tradizionalmente biblico e letterario, che non si riferisce alla biosfera che
chiamiamo mondo, ma piuttosto alla 'sfera delle attività materiali umane'.
Questo è il mondo a cui si riferiva Wordsworth quando scrisse: 'Il mondo è
troppo per noi'. Questo è il mondo che Byron intendeva quando scrisse:
'Non ho amato il mondo, né il mondo ha amato me'. Questo è il mondo a
cui si riferiva Giovanni quando scrisse: 'Chiunque ami il mondo è estraneo
all'amore del Signore'. Non è d'accordo, Padre Osborne?”
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“Sì. Giovanni non si riferiva certo alla biosfera.”
“Ciò che ho detto è: se il mondo verrà salvato, lo sarà da persone con
menti cambiate, persone con una nuova visione. Non verrà salvato da
persone con vecchie menti e nuovi programmi. Non verrà salvato da
persone con vecchie visioni e nuovi programmi.”
Tutti nella stanza sembrarono guardarmi e aspettare la mia risposta.
Non riuscivo a immaginare perché, ma non c'era modo di sbagliarsi. Dissi:
“Non sono sicuro di capire la differenza tra un programma e una visione.”
“Riciclare è un programma”, disse B. “Sostenere legislazioni
ambientaliste è un programma. Non serve avere una nuova visione del
mondo per praticare queste attività.”
“Sta dicendo che programmi del genere sono una perdita di tempo?”
“Niente affatto, per quanto tendano a dare alla gente un falso senso di
progresso e speranza. I programmi sono avviati per contrapporsi e/o
sconfiggere una visione.”
“Mi dia un esempio di cosa intende per 'visione'.”
“La visione della nostra cultura, per esempio, sostiene l'isolamento.
Sostiene una casa diversa per ogni famiglia. Sostiene serrature alle porte.
Sostiene vigorosamente rimanere isolati dietro le proprie porte e vedere il
mondo elettronicamente. Stando così le cose, nessun programma è
necessario per spingere le persone a starsene in casa a guardare la
televisione. Invece serve un programma per spingerli a spegnere la
televisione e uscire di casa. Per quello sì che hai bisogno di un
programma.”
“Capisco... Credo.”
“L'isolamento è sostenuto da una visione, quindi si prende cura di se
stesso. Ma gli edifici comunitari non lo sono, quindi devono essere
supportati da un programma. I programmi inevitabilmente si
contrappongono a una visione, e quindi devono essere imposti alle
persone... Devono essere 'venduti' alle persone. Per esempio, se vuoi che le
persone vivano semplicemente, riducano i consumi, riutilizzino e riciclino,
devi creare programmi che incoraggino tali comportamenti. Ma se vuoi
che consumino e sprechino molto, non hai bisogno di creare programmi di
incoraggiamento, perché questi comportamenti sono supportati dalla nostra
visione.”
“Sì, capisco.”
“La visione è un fiume. I programmi sono dei bastoncini conficcati nel
letto del fiume per cercare di impedirne il flusso. Quello che sto dicendo è
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che il mondo non verrà salvato da persone con dei programmi. Se verrà
salvato, lo sarà perché le persone che lo abitano avranno una nuova
visione.”
“In altre parole, persone con una nuova visione avranno nuovi
programmi.”
“No, non è questo che intendevo. Ripeto: a una visione non servono
programmi. Una visione è un fiume. La Rivoluzione Industriale era un
fiume. Non aveva bisogno di programmi che la facessero partire o che la
tenessero in movimento.”
“Ma non è sempre stata un fiume.”
“Esatto. Non lo era nel secondo secolo, o nell'ottavo, o nel tredicesimo.
Non c'era segno di quel fiume in quei secoli. Ma, uno dopo l'altro,
minuscole sorgenti comparvero e cominciarono a unirsi, decennio dopo
decennio. Nel quindicesimo secolo, era un filo d'acqua. Nel sedicesimo
divenne un rivolo. Nel diciassettesimo diventò un ruscello. Nel
diciottesimo, un torrente. Nel diciannovesimo, divenne un fiume. Nel
ventesimo, diventò un fiume in piena che travolse il mondo. E durante
tutto questo tempo, non un solo programma fu necessario per farla
progredire. È stata generata, sostenuta e ingigantita interamente da una
visione.”
“Capisco.”
“È un sintomo del nostro collasso culturale il fatto che sostenere la
nostra visione ora venga visto come un atto perverso, e ostacolarla venga
invece considerato nobile. Ad esempio, i bambini a scuola non vengono
mai incoraggiati a volere le ricompense materiali del successo. Il successo
dovrebbe essere fine a se stesso, non dovrebbe essere inseguito per
ottenere un qualche beneficio materiale. Gli uomini d'affari possono venire
proposti come modelli di comportamento per la loro 'creatività' e i loro
'contributi alla società', ma nessuno li proporrebbe mai come modelli di
comportamento perché hanno case lussuose, automobili esotiche e
servitori che si occupano di ogni loro bisogno. Nel mondo dei libri
scolastici dei nostri figli, una persona ammirevole non farebbe mai nulla
solo per soldi.”
“Sì, immagino che sia vero.”
“I membri della nostra cultura sono bravissimi morditori di proiettili.
Per coloro che hanno poca familiarità con questo modo di dire, 'mordere il
proiettile' in teoria dovrebbe aiutare a tollerare il dolore. Uno prima cerca
di evitare il dolore, ma se il dolore deve proprio essere sopportato, allora si
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deve 'mordere il proiettile'. Secondo la maggior parte di coloro che
pensano e scrivono riguardo il nostro futuro, è scontato che tutti noi
dovremo mordere il proiettile molto forte, se vorremo sopravvivere. A
nessuno di questi pensatori e scrittori viene da pensare che sarebbe tutto
molto meno doloroso se ricominciassimo da zero. Per come la vedono
loro, il nostro compito è di stringere i denti e aggrapparci fedelmente alla
visione che ci sta distruggendo. Per come la vedono, la nostra distruzione
continuerà a martellarci in testa indefinitamente con una mano mentre con
l'altra continuerà a darci aspirine per il dolore.”
“È così facile cambiare una visione culturale?”, chiesi.
“Il punto non è la facilità o la difficoltà. È l'essere pronti o l'essere
impreparati. Se i tempi non sono maturi per una nuova idea, nessun potere
sulla Terra potrà farle prendere piede. Ma se i tempi sono giusti, spazzerà il
mondo come un incendio indomabile. I Romani erano pronti ad ascoltare
cosa San Paolo aveva da dire loro. Se non lo fossero stati, egli sarebbe
scomparso senza lasciare traccia e il suo nome non sarebbe mai arrivato
fino a noi.”
“Il Cristianesimo non si è diffuso esattamente come un incendio.”
“Considerando il ritmo a cui era possibile diffondere nuove idee a
quell'epoca, senza presse da stampa, radio o televisioni, si è diffuso come
un incendio.”
“Sì, immagino di sì.”
“Il punto che vorrei chiarire è che non ho idea di cosa potrebbero fare
delle persone con menti cambiate. Paolo era nella stessa situazione mentre
viaggiava attraverso l'Impero cambiando menti durante il primo secolo.
Non avrebbe mai potuto prevedere lo sviluppo istituzionale del papato, o la
forma che le società cristiane avrebbero assunto durante il feudalesimo.
Invece, lo scrittore di fantascienza Jules Verne ha potuto prevedere in
modo incredibilmente preciso un secolo di innovazioni tecnologiche
perché nulla è cambiato tra la sua epoca e la nostra in termini di visione.
Se le persone che vivranno tra un secolo avranno una nuova visione,
faranno qualcosa di completamente imprevedibile per noi. In effetti, se le
cose non stessero così – se le loro azioni fossero per noi prevedibili –
allora questo significherebbe che la loro visione non sarebbe davvero
nuova, ma essenzialmente identica alla nostra.”
“Mi sembra che lei comunque abbia un programma. Vuole cambiare
menti.”
“Direbbe che San Paolo aveva un programma?”
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“No, non proprio. Direi che aveva un obiettivo o un'intenzione.”
“E io direi lo stesso di me. Programma non è la parola giusta per quello
che sto facendo, anche se è la parola che ho usato stanotte quando ho
risposto alla domanda di quella donna. Nella nostra cultura, in questo
momento, il fiume si sta dirigendo verso la catastrofe, e i programmi sono
bastoncini conficcati nel suo letto per impedirne il flusso. Il mio obiettivo
è di cambiare la direzione della corrente, di portarla lontano dalla
catastrofe. Con il fiume che scorre in una nuova direzione, le persone non
dovranno sviluppare programmi per ostacolarne il flusso, e tutti i
programmi attualmente esistenti rimarrebbero nel fango, non necessari e
inutili.”
“Molto ambizioso”, ribattei, asciutto.
“Potrebbe definire le mie illusioni 'messianiche'”, disse B con un
sorriso. “Altri l'hanno fatto... Quelli che mi chiamano Anticristo.”
Queste parole mi causarono un piccolo shock, e passai un momento a
digerirle prima di replicare che non vedevo cosa c'entrasse l'Anticristo con
tutto questo.
“Questo perché non ha sentito abbastanza... O non ha portato quello
che ha sentito alle sue logiche conclusioni.”
Mi aveva fregato, non c'era dubbio. O almeno, così pensai.
Domenica, 19 maggio.
L'Inquisizione.
“Mi piacerebbe sapere perché Padre Osborne è qui”, disse Shirin. La
guardai, ma il suo sguardo era puntato su B.
“Vogliamo vedere se è disposto a dircelo?”, chiese B.
Shirin scambiò un'occhiata con la ragazza all'altro capo del suo
elegante ottomano. Tutti sembrarono scambiare un'occhiata con qualcun
altro. B dovette prenderlo per una risposta affermativa, perché si girò verso
di me e mi indirizzò la domanda con un cenno del capo.
Immaginai di avere un buon istinto da spia, perché vidi in un attimo che
c'erano molte cose vere che avrei potuto dire senza problemi e senza
dovermi inventare bugie che avrebbero potuto mettermi nei guai in
seguito. La mia discussione con B aveva mantenuto la mia attenzione
concentrata su di lui fino a quel momento. Ora che toccava a me parlare,
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mi guardai intorno. Shirin l'ho già descritta. Mi appariva imperscrutabile
come una Sfinge, con il suo viso stranamente marchiato e i suoi occhi
intensi. Bonnie, la ragazza all'altro capo dell'ottomano (che, come seppi
più tardi, era la figlia di un uomo d'affari americano), era ancora più
sospettosa e ostile. Il pubblico dietro di loro (al di fuori di quella che presi
per una cerchia elitaria), sembrava più neutrale. L'uomo che B aveva
chiamato Michael era qualcuno che mi piacque istintivamente, non so
perché. Dava l'impressione di essere alto, goffo e dall'aspetto leggermente
bizzarro, con grandi orecchie carnose, un viso lungo, occhi assonnati e
labbra grandi, ma allo stesso tempo molto intelligente e naturalmente
modesto. I suoi vestiti erano così ordinari che non mi ricordo
assolutamente come fossero. C'era poi una donna minuta e dall'aria astuta
sui cinquant'anni che per qualche motivo immaginai fosse la preside di una
scuola. C'era un uomo distinto sui settant'anni, forse un medico o un
bibliotecario in pensione; più tardi scoprii che era un fornaio. C'era una
giovane coppia che sembrava nervosa e leggermente allarmata; erano i
Teitel, Monika e Heinz. C'era un sogghignante ragazzo sui vent'anni che
sembrava morire dalla voglia di schiacciarmi come un insetto con il suo
enorme intelletto; quello era Albrecht.
“Lasciate che cominci col dirvi perché non sono qui”, dissi loro. “Non
sono qui come un emissario del Vaticano. Se lo fossi, ne avrei l'aspetto:
avrei una veste nera e un collare clericale. È vero, d'altro canto, che sono
stato mandato qui dal mio Ordine, ma non come missionario o polemico.
Non sono qui per fare proseliti o difendere la Fede. Sono qui per ascoltare
e capire.”
“Che Ordine?”, chiese Shirin.
“I Laurenziani.” Il nome chiaramente non diceva nulla a nessuno. Le
dissi che si trattava di un Ordine simile ai Gesuiti.
“Perché i Laurenziani vogliono 'capire' B? Perché loro anziché i
Domenicani o i Francescani?”
“Ho paura di non poter parlare per i Domenicani o i Francescani.”
“La domanda è: perché i Laurenziani sono curiosi? Immagino che
possa parlare per loro.”
Be', qui aveva ragione, naturalmente. Non ero lontano dall'ammettere
che i Laurenziani volevano assicurarsi che l'accusa di essere l'Anticristo
mossa a B fosse infondata, ma lui aveva appena finito di dirmi che non
capivo ancora la questione.
“Mi sento come se venissi tirato in due direzioni”, le dissi. “La sua
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domanda è perché qualcuno nella Chiesa dovrebbe essere curioso, oppure
perché i Laurenziani in particolare lo sono?”
“Le risposte sono diverse?”
“Sì, decisamente lo sono.”
“Bene, cominci col dirci perché qualcuno nella Chiesa dovrebbe essere
curioso.”
“State attirando l'attenzione, evidentemente su questioni religiose, ecco
perché. Chiunque fosse entrato nel teatro ieri notte l'avrebbe capito, e
sarebbe curioso di sapere di che si tratta.”
“Va bene. E perché i Laurenziani sono curiosi?”
“Glielo dirò molto chiaramente. Ci piace essere davanti agli altri. Ci
piace essere un po' più acuti, più vigili, più curiosi, e siamo più avidi di
avere la nostra curiosità soddisfatta.”
“Tipi all'avanguardia.”
“È come ci piace vederci. È riprovevole?”
Shirin sorrise e scosse la testa. “Ben detto”, disse.
Guardai B, che stava annuendo con approvazione. “Ben detto davvero”,
disse. “I lupi più furbi sanno che il lupo più sospetto è quello travestito da
pecora.”
“Quindi cosa sta dicendo? Che i lupi davvero furbi non si prendono la
briga di travestirsi?”
B si guardò intorno e alla fine fece un cenno a Michael, che mi sorrise
goffamente e disse: “I lupi davvero furbi si travestono da lupi amichevoli.”
Tre risposte sarcastiche mi attraversarono la mente, ma sapevo che
nulla di quello che avrei potuto dire avrebbe cancellato la verità contenuta
in quell'accusa implicita.
La donna che avevo classificato come una preside intervenne in un
inglese pesantemente accentato. “Sempre è stato il mio principio guida per
quarant'anni di non fidarmi mai di un cristiano. Non una volta un cristiano
mi ha dato motivo di cambiarlo.”
“Posso chiederle perché?”, dissi (grato per la diversione).
Mi fissò con sincero disgusto. “Sempre la vostra collaborazione è in
dubbio, è... Macchiata.”
Incapace di trovare le parole che voleva, parlò in tedesco a Michael,
che tradusse: “La vostra lealtà è sempre soggetta a cambiamenti, dice Frau
Hartmann. Costantemente soggetta a revisioni secondo qualche criterio
nascosto. Oggi lei è mio amico, ma c'è una linea invisibile dentro di lei che
segna l'inizio della sua alleanza con Dio. E se io oltrepasso quella linea
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senza rendermene conto, allora, anche se continua a sorridermi come un
amico, potrebbe essersi convinto che sia suo sacro dovere distruggermi.
Questa settimana è mio amico, ma la settimana prossima mi accusa di
essere una strega e, dato che Dio vuole che le streghe siano bruciate, lei mi
brucia viva. Questa settimana è mio amico, ma la settimana prossima dice
che sono un Anabattista e, dato che Dio vuole che gli Anabattisti siano
annegati, lei mi annega. Questa settimana è mio amico, ma la settimana
prossima mi accusa di essere un Valdese, e dato che Dio vuole che i
Valdesi vengano impiccati, lei mi impicca.”
Michael mi fece un sorriso di scuse e spiegò che Frau Hartmann era
una storica.
Dato che non riuscii a pensare a nessun modo di difendermi nemmeno
dalla sua accusa, mi voltai verso B e dissi: “Quindi sono un lupo che cerca
di spacciarsi per un amico e, essendo un cristiano, ho un'alleanza invisibile
per chi non lo è. Questo dove ci lascia?”
“Non so. Shirin?”
“Che cosa fa con gli appunti che prende quando B parla?”
“Non sono proprio appunti”, le dissi, “sono trascrizioni stenografiche.”
“D'accordo. Cosa ci fa?”
Shirin aveva già ispezionato la mia camera d'albergo una volta. Se
aveva potuto fare una cosa del genere, non sarebbe stato difficile per lei
scoprire che cosa facevo con le mie trascrizioni. (In altre parole, dovevo
assumere che già lo sapesse.)
“Le faxo al mio superiore negli Stati Uniti.”
“Perché le vuole? E per favore, non mi dica che vuole solo essere
all'avanguardia del pensiero religioso.”
Mi girai verso B e dissi: “Cosa viene dopo? Schegge sotto le unghie?
La manichetta antincendio?”
La faccia gargoylesca di B si contorse in un cipiglio che sembrò serio
solo per metà. “Perché continua a indirizzare i suoi problemi a me? È
Shirin che deve soddisfare. Parli a lei, non a me.”
Fui colpito da questo tradimento di genere, ed egualmente colpito dal
mio stesso auto-tradimento. Avevo cercato, inconsciamente, di spingere B
ad allearsi con me – noi maschi contro il nemico comune. Ero
profondamente deluso da me stesso. Credevo di aver superato questi
giochetti da almeno un decennio.
Guardai Shirin, e il mio sacerdozio mi scivolò dalle spalle come un
mantello con i lacci spezzati. In un attimo divenne una persona ai miei
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occhi e cessò di essere una parrocchiana problematica e irrilevante che
dovevo in qualche modo accontentare per togliermela dai piedi. Quello che
aveva negli occhi, vidi ora, non era ostilità o sospetto ma, incredibilmente,
paura. Per qualche ragione a me incomprensibile, ero una fonte di terrore
per questa donna forte e competente. Il cuore mi si sciolse in compassione
e rimorso per l'inganno calcolato che mi aveva portato faccia a faccia con
lei.
Volevo davvero rispondere alla sua domanda, ora, e posso perfino aver
creduto di prepararmi a farlo mentre cominciavo a parlare.
Un po' di verità viene fuori.
“B mi sta dicendo che il mondo a cui appartengo è estinto”, le dissi. “È
stato estinto per decenni, e non lo abbiamo mai nemmeno sospettato.”
Shirin aggrottò profondamente la fronte, sforzandosi di capire il senso
del mio discorso ma non volendomi distrarre, ora che stavo finalmente
esprimendo qualcosa di evidentemente sincero.
“Non è del tutto esatto”, continuai. “Noi sospettiamo di essere obsoleti,
ma siamo fiduciosi che i nostri sospetti siano infondati. Capite cosa
intendo?”
Shirin scosse la testa con aria impotente.
“Sto parlando di noi guardiani della fede, capite. I professionisti.
Sappiamo come gestire i nostri sospetti – dobbiamo saperlo, perché è il
nostro lavoro gestire i sospetti delle altre persone. Siamo, per la maggior
parte, rassicuratori professionisti, placatori professionisti, disperditori di
dubbi professionisti.”
Shirin annuì lievemente, di un millimetro circa, per farmi capire che
stava cominciando a seguirmi.
“Il nostro messaggio a coloro che dobbiamo rassicurare è: 'Non
preoccupatevi, non è successo nulla. Il mondo è esattamente com'era
prima. Non siate ansiosi, non siate allarmati. Le fondamenta sono solide. I
pilastri reggono ancora. Nulla è cambiato da... Dall'anno mille, dall'anno
duecento, dall'anno trentatré, quando le porte del Paradiso sono state aperte
per noi da Qualcuno che ha dato la sua vita per i nostri peccati e il terzo
giorno è resuscitato dai morti. Neanche una cosa è cambiata da allora.
Anche se andiamo in guerra con bombe intelligenti e gas nervino anziché
spade e pietre, e scriviamo i nostri pensieri su dischetti di plastica anziché
su rotoli di papiro, questi giorni sono ancora quei giorni.'”
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Ora fu il turno di Shirin di girarsi verso B in cerca di aiuto. Quando non
gliene venne offerto alcuno, si voltò verso la sua amica all'altro capo
dell'ottomano, verso Frau Hartmann, verso Michael. Nessuno sembrava
avere suggerimenti da darle. Alla fine non le rimase che tornare a girarsi
verso di me.
“Ho paura di non capire perché mi sta dicendo tutto questo”, disse.
“Avevo l'impressione che volesse la verità.”
“Infatti.”
“Non può dire: 'Tutto quello che intendo con verità è questo pezzo del
puzzle. Se non si tratta di questo pezzo, non voglio sentire nulla.'”
Shirin batté le palpebre e annuì. “Mi dispiace”, disse. “Non avevo
capito cosa stesse facendo.”
“Questi giorni sono ancora quei giorni. Capisce cosa significano queste
parole?”
“A essere onesta, non ne sono sicura.”
“Mi ha chiesto perché il mio superiore è interessato a ciò che sta
avvenendo qui a Radenau. Glielo sto spiegando: è interessato perché questi
giorni sono ancora quei giorni. Nulla è cambiato. Le fondamenta sono
solide. I pilastri reggono ancora.”
Shirin ci lavorò su per un momento, poi si rivolse a B per aiuto.
“Penso che Padre Osborne sia sul punto di chiarire cosa intende”, disse
B.
“Preferirei che lasciasse perdere il mio titolo”, gli dissi, guardandomi
intorno per rivolgermi a tutti nella stanza. “Chiamandomi Padre Osborne,
insiste continuamente sulla mia condizione di estraneo, di persona ancora
non fidata.”
“Cosa preferirebbe?”, mi chiese blandamente.
“Se di solito usate solo i nomi, come sembrate fare, preferirei essere
chiamato Jared.”
“Jared va benissimo per me”, acconsentì B, “ma gli altri seguiranno le
proprie inclinazioni.”
“Bene”, replicai, e tornai a rivolgermi a Shirin. “Quattrocento anni fa,
quando il nostro Ordine venne fondato per difendere la Chiesa contro le
forze della Riforma, si accollò una missione aggiuntiva, di cui si parlò
raramente nei secoli successivi. Quella missione prevedeva di mantenere
una speciale vigilanza, un particolare stato di allerta. Noi avremmo dovuto
essere i primi a riconoscere l'Anticristo.”
Un silenzio di tomba scese sulla stanza. Fu rotto da Frau Hartmann, che
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gracchiò: “Certo lei sta scherzando.”
“Se la pensa così”, le dissi, “allora non mi ha ascoltato. Questi giorni
sono ancora quei giorni.”
“Intende che la sorveglianza è ancora mantenuta dai Laurenziani?”
Questa domanda veniva da Shirin.
“Sì, anche se a essere onesto non lo sapevo fino a poco tempo fa.
Pensavo fosse stata abbandonata secoli fa. Anch'io avevo cominciato a
dimenticarmi che questi giorni sono ancora quei giorni.”
“Ma questo non ha senso”, disse Frau Hartmann. “Questo è ciò di cui i
matti vaneggiano per strada.”
“Anche per loro questi giorni sono ancora quei giorni.”
“Devi negarlo”, disse a B. “La prossima volta che parli, devi negarlo.”
“Negarlo come? Dovrei passare in giro il mio certificato di nascita per
dimostrare che sono una persona perfettamente normale?”
“Devi attaccare l'idea stessa.”
“Su che basi? Se è accettabile proporre l'idea di un Cristo (ed
ovviamente lo è), allora perché non dovrebbe essere accettabile proporre la
sua antitesi?”
“Ma tu non sei la sua antitesi.”
“Così dici tu. Altri dicono che lo sono, come sai.”
“Non hanno basi. Nessuna base che sia... fernunftig.”
“Razionale”, venne in aiuto Michael.
“Forse Jared ci dirà come la vedono i Laurenziani.”
“Come Frau Doktor Hartmann”, dissi. “Non vedo motivi razionali per
associarla all'Anticristo. Gliel'ho detto anche venti minuti fa, e lei mi ha
risposto che non avevo ascoltato abbastanza da decidere.”
“Questo però non risolve davvero la questione”, disse B. “La domanda
originale di Shirin sembra più rilevante che mai: perché il suo superiore
vuole le trascrizioni?”
“Pensavo che quello fosse chiaro, ormai. Vuole sapere cosa sta dicendo,
perché la gente la sta chiamando l'Anticristo.”
“Ma che cosa fa con quello che legge? E, a proposito, questa persona
ha un nome che può condividere con noi?”
“Si chiama Bernard Lulfre.”
B sembrò momentaneamente sconcertato. “Intende l'archeologo?”
“Sì. Lo conosce?”
“Conosco il suo lavoro. Non sapevo fosse un Laurenziano.”
“Quale suo lavoro conosce?”
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B sorrise come se stesse ricordando qualcosa di piacevole. “Si schierò
un tantino troppo inflessibilmente a favore della teoria secondo cui i Rotoli
del Mar Morto sarebbero stati prodotti da una comunità essena residente a
Qumran.”
“Non sapevo che la teoria fosse in dubbio.”
“Lo è eccome, a dispetto dell'intenso sostegno di Padre Lulfre e di
altri.”
“Ovviamente non leggo più le riviste giuste.”
B scrollò le spalle. “Come ha reagito alle trascrizioni?”
“Non lo ha ancora fatto.”
“Come reagirà?”
“Onestamente non lo so. Certamente non in modo rozzo od ovvio.”
“Oh, no”, disse B con un sorrisetto privato. “Sono sicuro che Padre
Lulfre non reagirebbe in nessun modo rozzo od ovvio. Padre Lulfre non è
nulla se non subdolo.”
Domenica, 19 maggio.
L'Anticristo prende il caffè.
Heinz e Monika erano spariti senza che me ne accorgessi. Riapparirono
ora spingendo un carrello di caffè attraverso un corridoio in penombra
dietro la poltrona di B. Incongruamente pensai che fosse il momento di un
po' di kaffeeklatsch. Accettai una tazza, insieme a una piccola pasta
insapore cosparsa di zucchero a velo, e mi ritirai sulla mia poltrona mentre
gli altri iniziavano una bassa, apparentemente irrilevante conversazione
intorno al carrello. Solo Shirin ignorò sia il caffé che la conversazione,
rimanendo dov'era a riflettere sui propri pensieri.
Io chiusi gli occhi e trovai che l'interno della mia testa era quasi del
tutto deserto.
Quando, dopo una decina di minuti, il carrello fu portato via e tutti si
risedettero, B cominciò a parlare nel suo solito modo privo di fretta.
“Alla luce di quanto abbiamo appreso qui stanotte”, disse, “ho deciso di
modificare i miei piani per le prossime settimane.” A eccezione di Shirin,
che ascoltò quelle parole senza particolari emozioni, come se fosse stata lei
a pronunciarle, gli altri erano chiaramente attoniti.
“Tutti qui, a parte, credo, Albrecht, è stato con me per almeno un ciclo
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completo di lezioni. Questo significa che sapete ciò che Jared non sa.
Sapere perché ci sono picchetti lì fuori che mi accusano di essere la
Progenie di Satana, Belzebù, la Bestia e anche l'Anticristo stesso.”
“Picchettano perché non capiscono”, brontolò Frau Hartmann.
“Cosa ne pensi, Shirin?”
“Picchettano perché capiscono perfettamente”, replicò Shirin
cupamente.
“Ho paura che Shirin abbia ragione, Frau Hartmann”, disse B. “Ma che
abbia ragione lei o meno, non ha importanza. Padre Lulfre e probabilmente
altri del suo rango si sono elevati a nostri giudici, e questi individui non
consulteranno il popolo per sapere cosa ne pensa. Non è d'accordo?”
La domanda era rivolta a me, e io risposi che aveva completamente
ragione.
Heinz Teitel alzò la mano. Questo giovane uomo imbarazzato, insieme
a sua moglie Monika, sembrava il meno a proprio agio di tutti in questo
gruppo stranamente assortito. Scusandosi per il tempo che ci faceva
perdere con una domanda che probabilmente non richiedeva nemmeno una
risposta, mi chiese se avrei potuto spiegare rapidamente i termini della
questione in esame. “Nessuno di noi è stato cresciuto con un'educazione
religiosa”, disse. “Abbiamo sempre dato per scontato che l'Anticristo fosse
una persona simbolica e non una reale, come Mammona o Pandora.”
“Non è affatto una domanda semplice o ovvia”, gli dissi, “e non sono
assolutamente un esperto, ma farò del mio meglio. L'Anticristo è una
figura centrale della storia mitologica del cosmo come era largamente
intesa in tempi antichi – nella nostra cultura, come direbbe B. La cultura
della Grande Amnesia considerava l'universo e l'umanità come i prodotti di
un unico sforzo creativo che si era verificato solo pochi millenni prima.
Considerava gli eventi della storia umana come gli eventi centrali
dell'universo stesso. Eventi che si sarebbero svolti nel giro di un lasso di
tempo decisamente breve. Solo duecento generazioni di umani erano
vissute dall'inizio dei tempi, e si credeva che ne sarebbero esistite solo
altre duecento circa prima della fine del mondo – forse anche meno. È
importante realizzare che le persone di quell'epoca non avevano la minima
concezione di un universo vecchio di miliardi di anni e con ancora miliardi
di anni davanti. Per come lo immaginavano, il cosmo aveva solo poche
migliaia di anni e non era lontano dalla fine. Il centro di questo 'dramma
cosmico' era lo scontro tra il bene e il male che si combatteva su questo
pianeta. Secondo gli ebrei, che erano probabilmente la religione mitologica
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più potente dell'epoca, lo scontro sarebbe stato deciso da due campioni. Il
campione di Dio, il messia, era atteso a breve, e la sua comparsa avrebbe
segnalato l'inizio dei giorni finali. Sarebbe apparso anche un nemico, il
campione di Satana, l'Uomo dei Peccati. I due campioni avrebbero
combattuto, le forze del male sarebbero state sconfitte e la storia e
l'universo sarebbero giunti alla fine.
“I primi autori cristiani avevano la stessa visione della storia, ma per
loro, naturalmente, il messia era già venuto, e tutto ciò che rimaneva era
l'Uomo dei Peccati. Ora che il messia aveva un nome, Cristo, il suo
avversario poteva essere definito come l'Anticristo. Ora che la missione
del messia era nota, lo era anche quella del suo avversario. Dato che Cristo
era venuto per condurre l'umanità a Dio, l'Anticristo sarebbe venuto per
condurla a Satana. E l'Anticristo non avrebbe fallito, come non aveva
fallito Cristo. L'Anticristo sarebbe stato amato e seguito con lo stesso
fervore di Cristo, ma solo per poco tempo, naturalmente. Infine, dopo una
battaglia apocalittica, le forze del Signore avrebbero trionfato, portando la
storia alla sua conclusione.
“Questa chiara visione dell'Anticristo divenne sempre più confusa e
trivializzata nei secoli seguenti, con ogni generazione che trovava
qualcuno a cui affibbiare questo titolo. Chiunque ampiamente temuto od
odiato poteva aspettarsi di venire chiamato Anticristo, e alla fine entrambi i
lati della Riforma dovettero sopportare questa nomea. Dopo questo
periodo, dal diciassettesimo secolo in poi, la gente era stufa dell'intera
faccenda. Ogni generazione continua a nominare un proprio candidato –
Napoleone, Hitler, Saddam Hussein – ma nessuno prende la cosa molto sul
serio.”
Un silenzio nervoso salutò questo riassunto. Tutti sembrarono lasciar
vagare i propri pensieri per un minuto, poi Heinz fu pronto a continuare.
“Posso capire perché nessuno lo prenda sul serio”, disse. “Quello che
non capisco è perché voi invece lo facciate. Lei, il suo Ordine e il suo
Padre Lulfre.”
Ammisi che si trattava di una buona domanda. In effetti, lo ammisi in
sette modi diversi, mentre cercavo di capire come spiegare perché
continuavamo a prendere l'Anticristo seriamente. Alla fine dissi: “Questa
situazione era stata prevista dall'antico teologo cristiano Origene. Non
intendo questa esatta situazione. Intendo che ciò che previde è applicabile
a questa situazione. Disse, in effetti, che ogni generazione avrebbe
prodotto precursori dell'Anticristo, e che essi ne avrebbero meritato il
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nome in quanto personificazioni dello spirito dell'Anticristo. È da questi
molti precursori che alla fine emergerà colui che meriterà il nome di
Anticristo nel vero senso della parola. È per questo individuo che
manteniamo la nostra vigilanza.”
“Che intende con 'colui che meriterà il nome di Anticristo nel vero
senso della parola'?”
“Questo è esattamente ciò che non possiamo sapere in anticipo.
Potremo scoprirlo solo quando il vero Anticristo apparirà. Allora capiremo
cosa significa davvero quel titolo. Allora ci diremo: 'Come abbiamo potuto
credere che Nerone fosse l'Anticristo? O che lo fosse il Papa, o Lutero, o
Hitler?' Il vero Anticristo ci rivelerà il significato della profezia stessa. In
effetti, è proprio questo il modo in cui sapremo che si tratta di lui: sarà
colui che ci mostrerà cosa significa essere l'Anticristo.”
Il condannato è sentenziato.
Il silenzio che seguì questo discorso fu micidiale. Alla fine il giovane
Albrecht lo interruppe chiedendo a B perché avrebbe cambiato i piani per
me. Fui sorpreso quando parlò non con un accento tedesco, ma con uno
inglese.
“Per liberarcene prima”, disse semplicemente B.
“Se vuoi liberartene, lascia che ci pensiamo noi – Heinz, Michael e me.
Potremmo portarlo fuori e buttarlo in un lago o qualcosa del genere.”
“Dubito che servirebbe a molto. Cosa ne pensa, Jared?”
“Sono d'accordo, non servirebbe a molto. Sono infinitamente
rimpiazzabile e se scomparissi, i sospetti cadrebbero su di voi quasi
immediatamente.”
“Ho paura che Jared abbia ragione”, disse B al ragazzo.
“Continuo a non vedere cosa possiamo guadagnare dall'aiutarlo.”
“Mostrami in che modo intralciarlo ci converrebbe di più, e lo farò.”
Albrecht ci pensò seriamente, ma non riuscì a venirsene fuori con nulla.
B si alzò e disse: “Penso che ci fermeremo qui. Io o Shirin vi
contatteremo.” Poi, girandosi verso di me: “Shirin la accompagnerà al suo
hotel. Torni domani alle sei o alle sette.”
Aprii la bocca per dire che non era affatto necessario fornirmi una
scorta per una passeggiata di quattro isolati, poi capii che B lo sapeva
quanto me.
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Il prigioniero è rilasciato.
Fui sorpreso di vedere che era ancora notte quando uscimmo dal teatro.
Benché potessi vedere chiaramente l'ora sul mio orologio, avevo la
sensazione che l'alba dovesse essere già passata, dopo quella lunga Sturm
und Drang.
Camminammo in silenzio per qualche istante, poi dissi che sembravano
sentirsi a casa loro allo Schauspielhaus Wahnfried.
“Il direttore è un sostenitore”, disse Shirin senza scendere nei dettagli.
“Vivete proprio lì dentro, allora?”
“È il nostro campo base, sì.”
“Ma perché in Radenau?”
Appena lo chiesi, mi ricordai che sapevo il motivo. Il misterioso
individuo che mi aveva telefonato me lo aveva spiegato a Monaco. Per un
secondo provai un panico gelido, poi mi resi conto che si trattava di una
domanda perfettamente naturale. Evitare di chiederlo, anzi, avrebbe potuto
dare adito a più sospetti.
“Qui c'è un centro medico dedicato allo studio e al trattamento delle
malattie degenerative del tessuto connettivo”, mi spiegò lei.
“B è malato?”, chiesi io.
“Io sono malata. Scleroderma, per la precisione.”
“Mi dispiace”, dissi. “La mia educazione medica è piuttosto carente. È
connessa a questo?”, mi agitai una mano davanti al naso e alle guance.
“La farfalla del lupus”, disse Shirin.
“Lupus. Chiedo scusa, cos'è?”
“Un'altra malattia degenerativa del tessuto connettivo. Ho sintomi di
entrambe.”
“Spero che non sia nulla di serio.”
“Davvero?”
“Sì. Che ci creda o no, i preti sono occasionalmente capaci di normali
sintomi umani.” Miravo a un barlume di verità nella mia accozzaglia di
bugie.
“Dipende”, disse lei, “da come sono coinvolti gli altri organi – cuore,
polmoni, reni. Sfortunatamente, il mio caso è molto serio. Nessuno si
aspetta che arrivi a vedere il prossimo secolo. In compenso, nel mio caso
la fine probabilmente arriverà all'improvviso, e dovrei essere piuttosto
attiva fino a quel momento. Non è una malattia graziosa con cui
soffermarsi a lungo.”
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I chierici sono addestrati ad avere molte, appropriatissime cose da dire
in momenti come questi, ma non pronunciai nessuna di esse. Non volevo
nemmeno dire – per la terza o quarta volta – che mi dispiaceva.
Camminammo per un po' in silenzio.
Alla fine, mi chiese se sapevo perché B le aveva chiesto di
accompagnarmi a casa. Le dissi di no.
“Non lo sapevo neanch'io, in quel momento”, disse lei. “Ora lo so. B
sapeva che sarei stata in grado di pensare all'inconcepibile e di chiedere
l'impronunciabile. Le persone nella mia posizione sono allenate a farlo.”
“Ha una domanda inconcepibile per me?”
“Esatto.”
“Chieda pure.”
“Cosa farà il suo Padre Lulfre se deciderà che B è l'Anticristo?”
Risi. Più o meno. “Capisco cosa intende. È davvero inconcepibile.”
“È inconcepibile che decida che B è l'Anticristo?”
“Sì.”
“Allora perché l'ha mandata qui?”
Mi presi un paio di minuti per rifletterci. Per quanto possa sembrare
incredibile, non avevo visto alcuna ragione di pensarci su fino a quel
momento.
“Se un giorno una macchia che assomiglia a una Madonna in lacrime
compare sul muro del signor Smith”, dissi infine, “e tutti giurano di poter
vedere lacrime scorrere dal suo viso ogni venerdì alle tre in punto, e
migliaia di pellegrini vanno continuamente a vederla, notte e giorno,
settimana dopo settimana, e la gente comincia a dire che i malati stanno
venendo miracolosamente guariti, allora alla fine qualcuno verrà mandato
dalla Chiesa a dare un'occhiata. Si tratterà di qualche prete sfortunato come
me, spedito da lontano, perché sarebbe troppo imbarazzante per il prete
locale far notare ai propri vicini che quella macchia è comparsa subito
dopo quella brutta tempesta la scorsa primavera, o che gli Smith hanno
fatto aggiustare il tetto nella stessa settimana, o che nessuno è autorizzato
ad avvicinarsi alla Madonna di venerdì pomeriggio a parte il signor Smith,
o che la fiala che usa per raccogliere le lacrime dal muro potrebbe essere
usata altrettanto facilmente per mettercele, o che per quanto il signor Smith
non faccia tecnicamente pagare nessuno per visitare la sua casa, c'è un
cestino per le offerte vicino alla porta che è sempre pieno di soldi, o che
sebbene una o due persone affermino di essere state guarite da qualcosa,
non si fermano mai abbastanza a lungo per poter essere esaminate da un
56
medico.”
“Quindi questo prete non viene mandato lì per assicurarsi che ci sia
stato un miracolo.”
“Certo che no. Viene mandato lì per assicurarsi che non ci sia stato.”
“Ho paura che sia troppo sottile per me. Se tutti pensano che non ci sia
stato un miracolo, perché mandare un prete?”
“Perché qualcuno deve essere mandato. Non importa quanto
improbabile, non importa quanto assurdo, qualcuno deve essere mandato.”
“E qualcuno deve leggere il suo rapporto.”
“Assolutamente. Verrà letto, esaminato, analizzato, confermato,
notarizzato, si giurerà su di esso e alla fine delle copie verranno mandate
alla diocesi e magari perfino al Vaticano, dove rimarranno fino alla fine dei
tempi.”
Camminammo per le strade deserte di Radenau. Mentre il mio hotel
diveniva visibile, sentii che Shirin stava rimuginando un'altra domanda.
“Non sono sicura di come chiederlo”, disse.
“Lo chieda come vuole.”
“È venuto qui pensando a B come a una macchia sul muro?”
“No, niente affatto. Quando si viene mandati, bisogna prendere
l'indagine seriamente.”
“Anche se la conclusione è già decisa.”
“Virtualmente già decisa. Al novantanove virgola novantanove
percento. C'è sempre la remota possibilità – quasi infinitesimale ma
comunque esistente – che la macchia sia davvero un'apparizione
miracolosa che piange ogni venerdì pomeriggio.”
“O che B sia l'Anticristo.”
“Esatto.”
“Allora la domanda ha ancora bisogno di avere risposta: cosa farebbe
Padre Lulfre se decidesse che B è l'Anticristo?”
“Direbbe ai suoi superiori di prepararsi per una nuova era della storia
umana.”
“Non si prenderebbe mai la briga di farlo.”
“No, non lo farebbe di sicuro.”
Ci fermammo sotto il padiglione dell'hotel e mi girai verso di lei. I suoi
occhi incontrarono i miei con un'aria di vulnerabile supplica che mi
affondò nel cuore come un coltello. Sostenne il mio sguardo per un attimo,
poi lo distolse.
“Voglio credere che mi stia dicendo la verità”, mormorò incerta.
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“Lo sto facendo”, dissi.
Almeno su quello, aggiunsi tra me e me.
Lunedì, 20 maggio.
Radenau: terzo giorno.
Me ne sto qui seduto sbadigliando continuamente e aspettando che la
mia mascella si sloghi. Non per il sonno, ma per il nervoso. Le sei, quasi
ora di andare.
Padre Lulfre aveva ricevuto il suo fax quotidiano in silenzio. Avevo
effettuato i soliti atti di manutenzione – dormire, lavarmi, radermi,
mangiare e così via – e ho aggiornato questo diario fino al minuto attuale.
Ho anche acquistato un sofisticato (e costosissimo) registratore che mi
permetterà di registrare due ore per ogni lato di una cassetta senza che
debba perdere tempo a girarla.
Le 18:07. Ho la forte sensazione che non dovrei continuare finché non
avrò compreso la fonte di questo terribile nervosismo. È solo il fatto che
sto recitando questi due ruoli opposti? Sono come un avvocato che cerca di
difendere entrambe le parti in un processo – e che si sforza di convincere
entrambe di essere degno di fiducia. Che cerca di convincere se stesso di
essere degno di fiducia. Sto galleggiando in un mare di bugie mentre cerco
di dare l'impressione di trovarmi su un terreno solido e compatto.
Per quanto senso abbia tutto questo, comunque, so che non è il vero
problema. Sono nervoso per via di qualcos'altro. Sono nervoso a causa del
programma che B ha in serbo per me. Un conto è controllare qualcuno che
potrebbe essere l'uomo più pericoloso sulla faccia della Terra, un altro è
diventare suo discepolo.
Mettere tutto questo per iscritto non fa andare via il nervoso, ma fa
sembrare inutile continuare a rimandare.
Di nuovo lì sotto.
B era da solo nella stanza sotterranea dello Schauspielhaus Wahnfried,
e mentre mi facevo strada tra gli acri di antichità teatrali mi guardò con un
sorriso piuttosto triste. Era seduto come la volta precedente, nella sua
meravigliosa Regency bergère oro ed ebano. Mi sistemai anch'io come la
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volta scorsa, nella mia bellissima vecchia Biedermeier fauteuil con cuscini
di velluto verde pallido.
“In un paio di occasioni”, disse dopo che ci fummo scambiati degli
educati saluti, “a Monaco e nella mia lezione della notte scorsa, mi ha
sentito parlare di un collega, Ishmael... Un altro insegnante, ma di un tipo
decisamente diverso dal mio. Era un insegnante maieutico, a differenza di
me.”
“Maieutico?”
“Dalla parola greca per...”
“Penso di saperlo”, gli dissi. “Dalla radice maia, che significa
ostetrica.”
“Esatto. Un insegnante maieutico è uno che agisce come un'ostetrica
per i discepoli, portando gentilmente alla luce idee che sono cresciute per
molto tempo dentro di loro.”
Ci riflettei per un attimo, poi gli chiesi se uno potesse scegliere di
essere un insegnante maieutico oppure se dipendesse dalla materia che
sceglieva di insegnare.
“Non tutte le materie si adattano a un insegnamento maieutico. Per
esempio, sarebbe stato ridicolo per Isaac Newton cercare di far emergere le
sue scoperte dalla testa dei suoi discepoli. Ridicolo perché esse non erano
nella loro testa. D'altro canto, avrebbe potuto usare l'approccio maieutico
per mostrare ai suoi discepoli perché i suoi studi alchemici gli sembrassero
degni di essere perseguiti. Socrate, naturalmente, era famoso per il suo uso
della maieutica. Gesù lo usò solo occasionalmente, come quando disse: 'E
se io caccio i demoni per virtù di Belzebù, per opera di chi li cacciano i
vostri figli?'”
Di nuovo, ci riflettei per un po' prima di dire: “Immagino che significhi
che ciò che ha da insegnarmi è qualcosa che può essere tirato fuori dalla
mia testa.”
“Per la maggior parte, sì.”
Gli mostrai il registratore che avevo comprato e gli chiesi se gli sarebbe
dispiaciuto che registrassi la nostra conversazione.
“Sarebbe assurdo che mi dispiacesse”, replicò. “Lo scopo della nostra
conversazione è di creare una registrazione per il suo Padre Lulfre.”
Un mosaico.
“A questo punto, non ho nulla di simile a un piano di studi per lei”,
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disse B. “Sa cos'è un piano di studi, immagino.”
“Direi che è una sequenza di obiettivi scolastici.”
“Una sequenza che procede su quali basi? Presumibilmente, non è una
sequenza arbitraria.”
“Immagino che idealmente proceda dal familiare all'ignoto, o dal
semplice al complesso. Un piano di studi è strutturato come una piramide,
viene costruito verso l'alto partendo dalla base. Devi conoscere A per
imparare B. Devi conoscere A e B per imparare C. Devi conoscere A, B e
C per imparare D, e così via.”
“Esatto. Ma, come ho detto, io non ho un piano di studi. Più che una
piramide, sto costruendo un mosaico. I pezzi possono venire aggiunti in
qualunque ordine. All'inizio non c'è nulla di simile a un'immagine, ma
mentre i pezzi vengono aggiunti comincia a emergere una figura. Più pezzi
vengono aggiunti e più l'immagine diventa chiara e definita, finché alla
fine si può distinguere la forma generale del disegno. Da quel punto in poi,
l'immagine può solo acquistare in nitidezza e precisione. Alla fine, sembra
che non ci siano più pezzi mancanti, e rimane da riempire solo lo spazio
tra i frammenti... Con frammenti ancora più piccoli. Mentre le fessure tra i
pezzi vengono riempite, l'immagine comincia a sembrare sempre più un
dipinto – un insieme continuo, anziché un assembramento di frammenti.
Alla fine, non ricorda nemmeno più un mosaico.”
“Capisco.”
“Dovrà trasmettere ciò che dirò in frammenti, penso. Non possiamo
fare altro che vedere cosa succederà. Ho avuto molti allievi, ma hanno
sempre imparato semplicemente standomi intorno e ascoltando. Le
circostanze ci obbligano a provare un metodo nuovo.”
Gli dissi che ero disposto a provarlo.
“Ecco un frammento da cui cominciare. Si ricorda dei giovani Heinz e
Monika Teitel, che erano qui la notte scorsa?”
Dissi che me li ricordavo.
“Mi hanno seguito attraverso un ciclo completo di lezioni, quindi hanno
ascoltato almeno una volta tutto ciò che posso dire in pubblico e che penso
sarà comprensibile. Ma non si diventa un cristiano ascoltando un sermone,
non si diventa un freudiano ascoltando una lezione, e non si diventa un
marxista leggendo un opuscolo. Se un profano chiede ai Teitel qualcosa
che va oltre ciò che hanno sentito da me, devono girare la domanda a me.
Sanno cosa sto dicendo, ma il messaggio non è ancora loro a un punto tale
da poter generare risposte autonomamente. Per loro, il mosaico è ancora
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uno schizzo approssimato.
“Frau Doktor Hartmann mi ha seguito due volte attraverso il mio ciclo
di lezioni, e ha assistito a molte più lezioni come quella che abbiamo fatto
la scorsa notte. Se un estraneo le fa una domanda che va oltre qualunque
cosa abbia sentito da me potrà cercare di rispondere da sola, ma quando mi
riferirà la sua risposta scoprirà che la mia risposta sarebbe stata piuttosto
diversa dalla sua – a volte perfino contraddittoria. Anche lei sa cosa sto
dicendo, ma il mio messaggio non è ancora sufficientemente suo da
permetterle di generare risposte con certezza. Può vedere la sagoma
generale abbastanza chiaramente, ma l'immagine è ancora piuttosto
nebulosa.
“Michael, invece, mi ha seguito per più tempo di Frau Hartmann, e se
un estraneo gli facesse una domanda che andasse oltre qualunque cosa
abbia sentito da me, lui non sbaglierebbe quasi mai risposta, anche se
probabilmente la sua mancherebbe della profondità e della sicurezza che
avrebbe detta da me. Il messaggio è quasi suo, e l'immagine del mosaico è
fondamentalmente completa, anche se ancora un po' vaga, come se non
fosse perfettamente a fuoco.
“Shirin invece è stata con me per più tempo di chiunque altro, e se un
profano le facesse una domanda che andasse oltre qualunque cosa ha
sentito da me, lei risponderebbe senza esitazione. La sua risposta non
avrebbe necessariamente la stessa enfasi che avrebbe la mia, né verrebbe
espressa nello stesso stile o rifletterebbe un punto di vista identico, ma
avrà la stessa autenticità e potenza, perché l'immagine del mosaico su cui
si basa lei per rispondere è dettagliata e focalizzata quanto la mia. Lei è il
messaggio, esattamente come lo sono io.”
B fece una pausa come per avere una mia reazione, e io gli dissi che
capivo cosa stesse dicendo, ma non ero molto sicuro del perché me lo
stesse dicendo.
“Le sto facendo dare una seconda occhiata a qualcosa di cui le ho
parlato nel nostro primo incontro”, disse B. “Quando Gesù morì, non
lasciò nessuno dietro di lui che fosse il suo messaggio.”
Riuscii a malapena a non farmi sfuggire un “Accidenti!”, ma questo fu
ciò che mi venne in mente. Era innegabilmente vero. In nessun senso una
critica, ma innegabilmente vero. Gesù non lasciò dietro di lui nessuno che
potesse parlare con la sua autorità, nessuno che potesse dire: “Le cose
stanno così”. C'erano questioni molto elementari a cui gli apostoli non
sapevano rispondere con sicurezza, come: fino a che punto gli appartenenti
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al nuovo ordine religioso erano legati dalle norme del vecchio? È difficile
riuscire a essere più basilari di così. Eppure, fu San Paolo – un uomo che
non aveva mai nemmeno visto Gesù – che finì per dire: “Le cose stanno
così” con più autorità di quanta chiunque altro potesse avere. Più di
Giovanni, Pietro o Giacomo (per quanto ne sappiamo), Paolo era il
messaggio. Ma anche con gli scritti di Paolo e di tutti gli evangelisti, ci
vollero comunque tre secoli di pensiero cristiano per ricostruire il
messaggio di Cristo – per rimettere insieme gli indizi, riconciliare
apparenti contraddizioni, tagliare via eresie, follie e assurdità, e
organizzare il tutto in un credo coerente e consistente su cui più o meno
tutti potessero dirsi d'accordo.
Nonostante ciò, dissi a B che non capivo dove volesse arrivare.
“La notte scorsa, ho parlato di cambiare menti. Ho detto che se il
mondo verrà salvato, lo sarà da persone con menti cambiate. Non da
programmi. Da persone con menti cambiate.”
“Mi ricordo.”
“Oggi lei è qui per avere la sua mente cambiata.”
Lo guardai vacuo.
“Al momento, Jared, che messaggio è lei?”
“Non la seguo.”
“Quando Gesù morì, non lasciò nessuno dietro di lui che fosse il
messaggio. Nessuno degli apostoli era il suo messaggio. Capisce cosa
intendo con questo, vero?”
“Sì.”
“Ma lei non è nelle stesse condizioni di quegli apostoli, non è vero?”
“No, penso di no.”
“Lo è o no?”
“Non lo sono.”
“Il messaggio di Cristo è suo, non è così? Se le chiedessi se il sesso
prematrimoniale è giusto o sbagliato, non dovrebbe chiamare Padre Lulfre
per rispondere, non è vero?”
“No.”
“Se le chiedessi se il suicidio è giusto o sbagliato, non dovrebbe
consultare le Scritture per saperlo, vero?”
“No.”
“Lei ha queste risposte dentro di lei. Queste e altre diecimila simili.”
“Esatto.”
“Allora glielo chiederò di nuovo: che messaggio è lei?”
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“Sono il messaggio di Cristo.”
“Un ministro luterano direbbe lo stesso, così come un ministro
presbiteriano o un predicatore battista, anche se alcune delle loro risposte
sarebbero diverse dalle sue. Quindi eccola qui, e voglio che capisca cosa ci
sta facendo, qui.”
“D'accordo.”
“Anche se probabilmente non la vedrebbe in questi termini, Padre
Lulfre l'ha mandata qui per diventare il mio messaggio.”
Un brivido gelido mi corse per la schiena.
Un nuovo orizzonte.
“Se forzasse un gruppo di scolari a spiegare perché siamo sull'orlo della
catastrofe, tirerebbero subito fuori tutti i soliti cliché – tutte le teorie che
l'Unabomber ha espresso così solennemente e dettagliatamente nel suo
magnum opus un paio d'anni fa: avanzamento tecnologico fuori controllo,
avidità industriale fuori controllo, espansione governativa fuori controllo, e
così via. Come pensa che tutte queste spiegazioni comunemente accettate
si siano evolute?”
“Non ne ho idea”, dissi. “Mi scusi se rispondo così rapidamente, ma
questa è una cosa su cui non ho mai riflettuto.”
“Allora riflettiamoci un po' adesso. Uno degli ostacoli maggiori alla
costruzione del Canale di Panama, negli ultimi decenni del diciannovesimo
secolo, era la febbre gialla. Le sue cause erano sconosciute ed era
incurabile per la medicina dell'epoca. Forse ne ha sentito parlare.”
“Sì. A quell'epoca si pensava fosse causata dall'aria notturna. La gente
che passava la notte in casa si ammalava meno spesso di quelli che la
passavano fuori.”
“Ma alcuni che stavano in casa la notte si ammalavano comunque.”
“Esatto, perché lasciavano le finestre aperte. Alla fine, la gente capì che
doveva fare attenzione a non lasciar entrare neanche uno spiffero di aria
notturna.”
“Ma, come scoprì alla fine Walter Reed, il portatore della malattia non
era l'aria notturna, era la zanzara Aedes aegypti, che caccia di notte.”
“Sì.”
“Cosa portò le persone a credere che la colpa fosse dell'aria notturna?”
Scossi la testa, confuso, e dissi a B che non sapevo come rispondere.
“Ci provi comunque”, disse lui. “Faccia un tentativo.”
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Scrollai le spalle e feci un tentativo. “Ecco cosa pensò la gente. Non
c'era nulla di irrazionale nell'idea, e in effetti aveva dei meriti.”
“Bene. Dovrei aggiungere che il resoconto che ha fatto è più leggenda
che verità, ma riesce a illustrare il punto. Anche le idee che l'Unabomber
ha articolato sono “ciò che la gente pensa”. Non c'è nulla di irrazionale in
loro, e in effetti hanno alcuni meriti.”
“Va bene, capisco cosa sta dicendo. Vagamente.”
“Entrambi questi gruppi di idee soffrono di un handicap, però. Riesce a
vedere qual è?”
“Direi che in entrambi i casi, il loro orizzonte intellettuale è troppo
ravvicinato. Stanno cercando le cause troppo vicino agli effetti.”
“Esatto. Questo è l'effetto della Grande Amnesia. Nella nostra cultura –
sia a Oriente che a Occidente, gemelli nati dalla stessa madre – la storia
umana è solo ciò che è avvenuto da quando è cominciata la Rivoluzione
Agricola. Nella nostra cultura, per via della Grande Amnesia, la gente che
guarda l'orizzonte vede solo alcuni millenni nel passato. Nel 1654,
l'Arcivescovo Ussher calcolò che la razza umana era nata solo nel 4004
avanti Cristo. Più tardi, gli archeologi calcolarono che quello fu quando le
prime città della Mesopotamia cominciarono a essere costruite. Per della
gente che immaginava che l'Uomo fosse nato agricoltore e costruttore di
civiltà, cosa avrebbe potuto avere più senso? La razza umana era apparsa
in Mesopotamia seimila anni fa, e aveva immediatamente cominciato a
costruire città. La Grande Amnesia aveva impresso quest'immagine in
modo indelebile nella nostra mente culturale. Non importa che oggi tutti
'sanno' che la razza umana è tre milioni di anni più vecchia delle città
mesopotamiche. Ogni molecola di pensiero della nostra cultura porta
impressa l'idea che non abbiamo bisogno di guardare oltre la Mesopotamia
per capire la nostra storia.”
“E lei mi sta dicendo che il suo orizzonte intellettuale, invece, è di tre
milioni di anni.”
“Sempre. Per me, la Mesopotamia è cancellata come orizzonte. Come
pensa che si riesca a fare una cosa del genere?”
“Immagino che ci si riesca salendo una scala, ossia vedendo le cose da
un punto di vista più alto.”
“Esatto. E quando lo si fa, eventi che prima sembravano enormi (perché
sono vicini) prendono il loro posto in un panorama più ampio e non si
notano più come prima.”
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Salendo la scala.
“Stavamo parlando dei cliché che la gente tira in ballo per spiegare
perché siamo sull'orlo della catastrofe: avanzamento tecnologico fuori
controllo, avidità industriale fuori controllo, espansione governativa fuori
controllo, e così via. Queste sono spiegazioni che sembrano sensate alla
gente sotto la Grande Amnesia, persone che pensano di guardare l'inizio
della storia umana quando osservano la Mesopotamia. Secondo le persone
afflitte dalla Grande Amnesia, la nostra Rivoluzione Agricola fu
letteralmente l'inizio della storia umana. Quando io osservo l'orizzonte
umano, io sto guardando tre milioni di anni dopo la Mesopotamia, quindi
per me è semplicemente grottesco pensare che la nostra Rivoluzione
Agricola segni l'inizio della storia umana. Segna qualcosa, certo, ma
neanche remotamente l'inizio della storia umana.”
Sentendo che era il momento di far vedere che ero cosciente, dissi:
“Che cosa segna, allora?”
“Segna l'avvenire di un cambiamento mentale. L'emergere di una nuova
visione del mondo e del nostro posto in esso.”
“Come fa a sapere che avvenne un cambiamento mentale?”
“Lo so perché avvenne una rivoluzione”, rispose B. “Le rivoluzioni non
avvengono tra persone che pensano nel solito vecchio modo.”
“Diverse condizioni sociali o economiche non possono causare una
rivoluzione?”
“Sicuramente non dice sul serio. Le persone causano rivoluzioni, non le
condizioni in cui vivono.”
“Voglio dire, le persone non possono reagire a diverse condizioni
sociali o economiche con una rivoluzione?”
“Certo che possono, ma la domanda è: possono reagire in modo
rivoluzionario senza prima pensare in modo rivoluzionario?”
Dovetti ammettere che non riuscivo a immaginare azioni rivoluzionarie
avvenire in assenza di pensieri rivoluzionari.
“Ho udito pensatori ingenui”, disse B, “suggerire che la nostra
Rivoluzione Agricola sia avvenuta in risposta a una carestia.”
“Perché sarebbe ingenuo?”
“È ingenuo perché la gente che sta morendo di fame non si mette a
piantare campi più di quanto la gente che sta affogando si metta a costruire
scialuppe di salvataggio. Le uniche persone che possono permettersi di
aspettare che i campi crescano e diano frutti sono persone che hanno già
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cibo.”
“Sì, ha senso.”
“Sentirà anche teorizzare che l'agricoltura fosse uno sviluppo
inevitabile, perché rende la vita molto più facile e sicura. In realtà, rende la
vita più difficile e incerta. Ogni studio sulle calorie spese contrapposte a
quelle guadagnate conferma che più cibo ci viene dall'agricoltura, più
dobbiamo lavorare per ottenerlo. I primi agricoltori neolitici, che
probabilmente piantavano pochi campi e dipendevano soprattutto dalla
raccolta, dovevano faticare molto di più per sopravvivere dei loro antenati
mesolitici. Gli agricoltori successivi, che piantavano più campi e
dipendevano di meno dalla raccolta, lavoravano ancora di più per restare
vivi, e gli agricoltori moderni totalitari, che dipendono interamente dai
campi, lavorano più duro di chiunque altro per sopravvivere. E la fame,
anziché essere cancellata dall'agricoltura, è in realtà un suo prodotto e non
viene mai osservata lontano da essa. Viaggi nei deserti più inospitali
dell'Australia durante la più orrenda siccità, e non troverà un singolo
aborigeno affamato.”
“D'accordo, capisco cosa sta facendo. Sta rispondendo a tutte le mie
obiezioni prima che le possa fare.”
“Tutte le sue obiezioni a cosa?”
“Alle sue teorie.”
“Che sarebbero?”
“Sarebbero che la nostra Rivoluzione Agricola ha segnato l'apparizione
di un cambiamento di mentalità. Non si trattò solo di persone affamate che
decisero di provare un nuovo sistema per ottenere cibo in preda alla
disperazione. E non si trattò di persone in cerca di una vita più facile o di
maggiore sicurezza.”
“Esatto. Ben lontano dall'avere una vita più facile o dall'aumentare la
propria sicurezza, in realtà dovevano lavorare più duramente ed erano
meno sicure dei loro antenati cacciatori-raccoglitori. Quindi non è
possibile che lo facessero perché era più comodo.”
Mi sembrò che B fosse sul punto di sconfiggersi da solo con i suoi
stessi ragionamenti.
“A sentirla parlare”, dissi, “la nostra Rivoluzione Agricola ci ha portato
così pochi vantaggi che è incredibile che sia avvenuta.”
“Lo è davvero”, disse B enfaticamente. “È esattamente ciò che voglio
farle vedere. E quando lo vedrà, la sua visione della storia umana cambierà
per sempre.”
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I pacifici assassini della Nuova Guinea.
“Sento, a questo punto, di aver bisogno di un frammento del mosaico
particolare che mi verrà fornito dai Gebusi della Nuova Guinea.”
“Va bene”, dissi.
“È diventato popolare, negli ultimi decenni, parlare di 'demonizzare'
persone estremamente temute od odiate, trasformandole in mostri di
depravazione. Non ho mai sentito parlare della tendenza opposta, ma è
naturalmente possibile 'angelizzare' persone particolarmente riverite e
ammirate, trasformandole in creature perfette che personificano tutte le
qualità più desiderate. Per esempio, c'è una recente tendenza ad
angelizzare i popoli Lascia ovunque siano trovati, a immaginarli santi
ambientalisti infinitamente saggi, altruisti e previdenti, che praticano
perfetta equalità sessuale e non parlano mai in contrazioni. Sa di cosa sto
parlando?”
“Certamente. Non ho vissuto in un frigorifero finora. Ho visto Balla
coi lupi.”
“Bene”, disse B. “Dato che gli angeli sono più o meno tutti uguali, il
processo di angelizzare questi popoli – li chiami Lascia o aborigeni, non
importa – tende a renderli tutti più o meno uguali. Il che è tanto lontano
dalla verità quanto è possibile arrivare. Qui è dove i Gebusi della Nuova
Guinea entrano in gioco. Vorrei spendere alcuni minuti per
descriverglieli.”
“Va bene.”
“I Gebusi sono uno di quei popoli agricoli il cui stile di agricoltura non
deve nulla alla nostra Rivoluzione. In effetti, sarebbe più appropriato
chiamarli cacciatori-giardinieri che agricoltori. Vivono in villaggi e
adorano socializzare, celebrare e festeggiare con un sacco di urla, canzoni
e scherzi. Due terzi di loro muoiono per ciò che chiameremmo 'cause
naturali', e un terzo viene ucciso da amici, vicini o parenti. L'omicidio è
una cosa riservata agli uomini, e in qualunque momento due terzi degli
uomini ha assassinato qualcuno.”
“Bella gente da conoscere”, intervenni.
“Stranamente, lo sono, almeno nell'insieme. Gente molto piacevole –
non santi, ovviamente, ma persone piacevoli e ben intenzionate. Se
chiedesse loro perché sono così portati alla violenza, non capirebbero di
che sta parlando. Non sono particolarmente portati alla violenza, e se
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volesse interrogarli sul loro tasso di criminalità dovrebbe prima spiegare
loro che cos'è il crimine. Gli capita di infastidirsi a vicenda, naturalmente,
e ci sono tanti individui avidi, sgradevoli, sconsiderati ed egoisti quanti ce
ne sono tra di noi, ma il crimine come lo intendiamo noi non esiste.
“A parte le statistiche sugli omicidi, la differenza principale tra noi e
loro è la loro teoria sulla malattia e la morte. Noi crediamo che le malattie
insorgano quando invisibili creature chiamate microbi, germi o virus
invadono i nostri corpi. Questa teoria sembra del tutto ovvia a noi, ma ai
pensatori del ventitreesimo secolo (se ce ne saranno) sembrerà
probabilmente stravagante e pittoresca quanto la teoria degli umori che era
in voga nel Rinascimento lo sembra a noi. Riesce a immaginarlo?”
“Che la nostra attuale teoria sulle malattie un giorno sembrerà bizzarra?
Oh, sì. Riesco a immaginarlo benissimo.”
“Bene. Nella teoria dei Gebusi, non c'è nulla che corrisponda alla nostra
nozione di morte per 'cause naturali'. Tutte le malattie e le morti hanno
cause soprannaturali, e ogni malattia e morte è causata da qualcuno che
letteralmente 'ti vuole male'. Potrebbe trattarsi di uno stregone o dello
spirito di qualcuno vivente o morto, o perfino dello spirito di un animale.
Per giungere a una diagnosi in caso di malattia, un medium visita il mondo
spirituale per scoprire il colpevole, e questa informazione permette di
decidere la cura migliore. Se qualcuno muore, il medium conduce
un'indagine consultandosi con gli spiriti. Non tutte le indagini portano
all'accusa di una persona vivente, ma quando accade, all'accusato viene
data la possibilità di provare la sua innocenza con una divinazione sago,
una prova di cucina così difficile che la tecnica da sola non basta ad
assicurarne il successo. Si potrebbe paragonarne la difficoltà al cucinare un
perfetto soufflé delle dimensioni di una vasca da bagno. Un completo
successo è visto come un segno che lo spirito del morto ha aiutato
l'accusato, che viene quindi assolto. Un successo parziale lascia la
faccenda in dubbio, e l'accusato viene risparmiato finché altri indizi –
come il comportamento del cadavere in sua presenza – non vengono
considerati. Più il risultato della divinazione sago si allontana dal successo,
più la colpevolezza diventa sicura. In questo caso, dato che negare il
crimine è inutile alla luce di una prova simile, l'accusato generalmente
esprimerà pentimento e rimorso e cercherà di convincere tutti che la rabbia
che l'ha spinto (o spinta) a praticare quell'atto di stregoneria si è esaurita.
Tutti vogliono crederlo e rassicurano lo stregone che è stato perdonato, ma
è molto probabile che i suoi giorni siano contati.
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“Tra i Gebusi, gli spiriti dei defunti ritornano rapidamente sotto forma
di animali. Quelli che muoiono giovani ritornano come piccoli animali –
uccelli o lucertole. Quelli che muoiono a un'età più avanzata ritornano
come animali più grandi – coccodrilli o casuari, per esempio. Ma stregoni
giustiziati ritornano invariabilmente sotto forma di maiali selvatici, il che è
il motivo per cui (sospetto) gli stregoni giustiziati vengono sempre cucinati
e mangiati. La mia teoria è che, essendo stregoni, in un certo senso sono
già maiali selvatici, i quali vengono cacciati non solo perché sono buoni da
mangiare ma perché ospitano spiriti malvagi.”
Lo interruppi per chiedergli se i Gebusi praticassero il cannibalismo in
altre circostanze.
“Per quanto ne so”, rispose B, “l'unica pietanza umana sul loro menù è
stregone arrosto.”
“Affascinante.”
“Ora, veniamo al punto di questo esercizio antropologico. Voglio che
immagini che non siano stati i membri della nostra cultura a diffondersi
ovunque e conquistare il mondo, ma piuttosto i Gebusi. Voglio che
immagini un mondo dove ogni morte è sempre vendicata uccidendo e
mangiando uno stregone. Voglio che immagini un mondo dove, se lei fosse
un tecnico dei telefoni, un legislatore, un direttore d'orchestra o uno stilista
a Berlino, Beijing, Tokyo, Londra o New York – o Box Elder, Montana –
le potrebbe capitare di dover compiere con successo una divinazione sago
per salvarsi la vita. Voglio che immagini un mondo dove mangiare uno
stregone è una cosa perfettamente normale – quanto mandare i suoi figli in
campi di concentramento educativi quando compiono cinque o sei anni.
Voglio che immagini un mondo dove uccidere un uomo lo trasformerà
sicuramente in un maiale selvatico, esattamente come punire un uomo lo
renderà sicuramente un bravo cittadino nel nostro.”
B a questo punto fece una pausa e mi indirizzò un'occhiata speranzosa a
cui non ero sicuro di sapere come rispondere.
“Penso che mi stia dicendo”, provai, “che la follia di ogni cultura
sembra perfettamente sensata ai membri di quella cultura.”
“Questo è sicuramente vero”, disse B. “Se le dicessi che i Gebusi
credono che il creatore dell'universo ha parlato solo a un popolo su questo
pianeta dall'inizio dei tempi, e che quel popolo sono i Gebusi, sorriderebbe
con condiscendenza, non è vero?”
“Sì, credo che lo farei.”
“Eppure, questo è esattamente ciò che credono i membri della nostra
69
cultura, non è così? Il creatore dell'universo ha parlato a qualcun altro a
parte noi?”
“No.”
“I moderni esseri umani sono esistiti per duecentomila anni ma,
secondo le nostre credenze, Dio non ha avuto nulla da dire loro finché non
siamo arrivati noi. Dio non ha parlato agli Alawa australiani, o ai Gebusi
della Nuova Guinea, o ai Boscimani africani, o ai Navajo nordamericani, o
agli Ihalmut canadesi. Dio non ha detto una singola parola a nessuno degli
altri centinaia di migliaia di popoli nel mondo, ha parlato solo a noi. Solo a
noi ha rivelato il significato e lo scopo della creazione. Solo a noi ha
rivelato le leggi essenziali per la salvezza.”
“Esatto. Parlando con Fede totale, è esatto.”
“Ma questa non è follia.”
“No. Di nuovo, parlando con Fede assoluta, non è follia.”
“Sarebbe completamente ridicolo per i Gebusi credere di essere in
diretto, esclusivo contatto con il creatore dell'universo, ma è perfettamente
ragionevole crederlo per noi.”
“Esatto.”
“Evidentemente non è solo la storia del mondo che viene scritta dai
vincitori, ma anche la teologia.”
“Sì, direi di sì.”
“Ciononostante, in questo momento non le sto chiedendo di capire
qualcosa. Le sto chiedendo di fare qualcosa.”
“Cosa vuole che faccia?”
“Voglio che immagini che il mondo – proprio questo mondo – sia un
mondo Gebusi. Lei, in quanto prete cattolico, sarebbe tollerato come la
reliquia di una superstizione bizzarra ma innocua. La notte, gli uomini si
riunirebbero nei bar non per guardare programmi sportivi, ma per
intrattenere conversazioni licenziose con spiriti femminili aggrappati alle
travi del tetto. Medium verrebbero sempre tenuti a portata di mano per
diagnosticare piccoli malanni e condurre indagini sulle morti della
comunità. I suoi amici la inviterebbero al ristorante per festeggiare
un'uccisione, e le darebbero una fetta di stregone arrosto da portare a casa
alla sua famiglia. Che altro posso dirle? I film sarebbero film Gebusi, i
romanzi, romanzi Gebusi, la politica, politica Gebusi, lo sport, sport
Gebusi, il divertimento, divertimento Gebusi.”
Gli dissi che riuscivo a immaginarlo, più o meno. “Ma non riesco a
immaginare cosa vuole che le dica.”
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“Come le sembra?”
“Come mi sembra? Sembra folle. Osceno.”
“Ovviamente. Confinati nelle loro poche centinaia di chilometri
quadrati, i Gebusi sono stravaganti e pittoreschi. Ma li faccia esplodere in
una cultura universale a cui ogni essere umano deve appartenere, e
diventano un'oscenità. Questo vale per tutte le culture. Ogni cultura
diventerebbe un'oscenità se venisse ingigantita in una cultura universale a
cui tutti devono appartenere. Confinata nelle poche centinaia di chilometri
quadrati in cui è nata, la nostra cultura sarebbe stata semplicemente
bizzarra. Ma diffusa in tutto il mondo come una cultura universale a cui
tutti devono appartenere, è un'oscenità orribile.”
“Credo di cominciare a capire”, gli dissi. “Credo di cominciare a vedere
dove vuole arrivare.”
B annuì. “Probabilmente non si ricorda perché avevo cominciato a
parlare dei Gebusi. Lei aveva detto che era un mistero che avessimo
adottato l'agricoltura totalitaria considerando che, invece di rendere la vita
più facile o sicura, ha proprio l'effetto opposto.”
“Sì, mi ricordo.”
“Volevo farle capire che gli stili di vita adottati da una cultura non sono
necessariamente logici. Non portano necessariamente benefici alle persone
in modi evidenti. Non vengono necessariamente adottati perché rendono la
vita più semplice – anche se le persone possono usare questa
razionalizzazione per spiegarli a bambini ed estranei. Nella nostra cultura,
per esempio, l'adozione del nostro stile di agricoltura è presentato ai nostri
figli come un passo in avanti inevitabile per la razza umana, perché rende
la vita più facile e sicura.”
Chiesi a B cosa faceva se non rendeva la vita più facile e sicura.
“Questo è esattamente cosa stiamo cercando di capire qui. Ci troviamo
di fronte un insieme di comportamenti e stiamo cercando di capire come
agiscono insieme per produrre il risultato che vediamo. Ora, passi in
rassegna le caratteristiche dei Gebusi e veda se riesce a trovare un
meccanismo che li porterebbe a espandersi in una cultura universale a cui
tutti devono appartenere.”
Gli chiesi che tipo di meccanismo intendesse.
“Una qualche dinamica della loro cultura. Qualche usanza, qualche
credenza di cui sono profondamente convinti.”
Ci riflettei per un paio di minuti ma non trovai alcun meccanismo che
avrebbe potuto provocare quell'effetto.
71
“Ne inventi uno, allora”, disse B.
“Immagino che delle ambizioni territoriali avrebbero quell'effetto.”
“Non da sole”, disse B. “Gli Aztechi avevano ambizioni territoriali, ma
una volta che avevano conquistato un popolo, non erano minimamente
interessati a come preferisse vivere. Non volevano trasformare i loro vicini
in Aztechi. Questo è il motivo per cui, per quanto possano essere stati
crudeli, non erano noi – non erano ciò che Ishmael chiama Prendi.”
“Va bene, capisco cosa intende. Dovrebbe trasformarli in missionari
culturali se volesse che si espandessero fino a diventare una cultura
universale.”
“E per renderli missionari culturali, dovrebbe dotarli di una credenza. I
missionari non sono altro che credenti. Che tipo di credenti dovrebbero
essere i Gebusi?”
“Dovrebbero credere fermamente nella giustezza del loro modo di
vivere.”
“Esattamente. Se i Gebusi credessero che il loro modo di vivere fosse
l'unico giusto per gli esseri umani (cosa che non pensano, per inciso),
questo li motiverebbe a diventare missionari culturali. Ma la credenza da
sola non basterebbe. I membri della nostra cultura hanno sempre avuto
questa convinzione – lo hanno dimostrato per tutta la nostra storia – ma
avevano bisogno anche di un altro meccanismo. Immagino potrebbe
chiamarlo un meccanismo di espansione. Un meccanismo che li
conducesse per tutto il pianeta mentre diffondevano il loro vangelo di
illuminazione culturale.”
“L'agricoltura”, dissi.
“Un particolare tipo di agricoltura, Jared, perché non tutti i tipi di
agricoltura potrebbero far espandere un popolo per tutto il pianeta. La
modesta agricoltura dei Gebusi semplicemente non potrebbe sostenere una
tale espansione.”
“Capisco.”
“Nella nostra cultura, per sostenere una caratteristica ce ne serviva
un'altra, e le due si sono rinforzate a vicenda. Credevamo (e lo crediamo
ancora) che il nostro modo di vivere fosse l'unico giusto per tutti gli esseri
umani, ma ci serviva l'agricoltura totalitaria per sostenere il nostro sforzo
missionario. L'agricoltura totalitaria ci ha donato un'enorme eccedenza di
cibo, che è il fondamento di ogni espansione militare o economica.
Nessuno al mondo era in grado di resisterci, perché nessuno aveva una
macchina produttrice di cibo potente quanto la nostra. Il nostro successo
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economico e militare, naturalmente, confermò la nostra convinzione che il
nostro fosse l'unico modo giusto di vivere. Continua a farlo ancora oggi.
Per i membri della nostra cultura, il fatto che siamo in grado di sconfiggere
e distruggere ogni altro stile di vita è prova della nostra superiorità
culturale.”
“Sì, ho paura che sia vero. Quando si tratta della sopravvivenza
culturale del più adatto, noi siamo i campioni.”
“Intende i campioni del processo di selezione naturale.”
“Be'... Sì. Immagino sia quello che intendevo.”
B scosse la testa. “La situazione non dovrebbe essere vista in questo
modo. Le idee evoluzionistiche producono sempre metafore rischiose.
L'evoluzione biologica tende sempre alla diversità – è sempre stato così e
sempre lo sarà. L'evoluzione non sta avanzando verso 'l'unica specie
giusta'. Fin dall'inizio, si è allontanata dalla singolarità del brodo
primordiale che ha poi generato tutte le forme di vita. Mi ricordo di aver
letto, da bambino, una storia di fantascienza su un organismo mutante che
era nato in una fogna, a causa della fortuita confluenza di un po' di questo
e un po' di quello. Quest'organismo era mosso da un unico impulso, ossia
quello di trasformare ogni cosa vivente in parte di sé. Lasciato a se stesso,
era in grado di cancellare in pochi giorni miliardi di anni di evoluzione
naturale divorando tutte le forme di vita sul pianeta e trasformandole in un
singolo organismo: se stesso. Quest'organismo mutante è una perfetta
metafora della nostra cultura, che in pochi secoli sta cancellando milioni di
anni di evoluzione umana divorando tutte le altre culture del pianeta e
trasformandole in una singola cultura: la nostra.”
“Un pensiero sgradevole.”
“È un processo sgradevole.”
“La polvere da sparo”, disse B, “è una mistura di nitrato di potassio,
carbone e zolfo, e immagino che sappia che se uno di questi ingredienti
manca, allora la mistura non è esplosiva.”
“Certamente.”
“Come una mistura esplosiva, anche la nostra cultura è costituita da tre
ingredienti fondamentali, e se uno di essi fosse mancato non sarebbe
avvenuta nessuna esplosione. Abbiamo già identificato due degli
ingredienti: l'agricoltura totalitaria e la credenza che il nostro fosse l'unico
modo giusto di vivere per gli esseri umani. Il terzo è, naturalmente, la
Grande Amnesia.”
73
Ci pensai su per un po', ma alla fine gli dissi che non riuscivo a capire
come la Grande Amnesia avesse contribuito all'esplosione.
“Ha contribuito all'esplosione come il carbone contribuisce alla
detonazione della polvere da sparo. Come siamo arrivati ad avere la strana
idea che il nostro modo di vivere sia l'unico giusto?”
“Non lo so.”
“Torniamo indietro ai fondatori del pensiero della nostra cultura –
Erodoto, Confucio, Abramo, Anassimandro, Pitagora, Socrate e qualunque
altro a cui riesce a pensare. Li riunisca in una stanza e faccia loro questa
domanda: per quanto tempo gli umani hanno vissuto come viviamo noi?
Cosa risponderebbero?”
“Che gli esseri umani hanno vissuto in questo modo dall'inizio.”
“In altre parole, che l'Uomo è nato vivendo in questo modo.”
“Esatto.”
“E questo che cosa ci dice della natura dell'Uomo?”
“Ci dice che questo è il modo in cui l'Uomo deve vivere. L'Uomo deve
vivere come agricoltore totalitario e costruttore di città, così come le api
devono vivere come raccoglitrici di miele e costruttrici di alveari.”
“Quindi mi dica, Jared: cos'altro potrebbe essere questo se non il modo
giusto di vivere per gli esseri umani?”
“Sì, capisco.”
“Cosa mancava nell'educazione di quei pensatori? Cosa era stato
dimenticato durante la Grande Amnesia?”
“Che l'Uomo non era nato agricoltore totalitario e costruttore di città.
Ciò che era stato dimenticato era che il nostro modo di vivere non era stato
praticato fin dall'inizio. Se questo non fosse stato dimenticato, allora non
avremmo mai potuto convincerci che il nostro fosse l'unico modo giusto di
vivere. Questo è il motivo per cui la Grande Amnesia è stata un ingrediente
essenziale della nostra espansione culturale.”
“Andiamo a fare una passeggiata”, disse B. “C'è qualcosa che devo
prenderle.”
“Qualcosa per me?”
“Qualcosa che le servirà più tardi.”
Cominciai ad avviarmi da dove ero venuto, ma B mi indirizzò verso la
direzione opposta, in un corridoio che si aprì dietro la sua poltrona, lo
stesso attraverso cui Monika e Heinz Teitel erano emersi con il carrello del
caffé la notte precedente. Il corridoio si ampliò presto per ospitare
panchine di cemento su entrambi i lati, e B mi disse che era stato
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progettato per fungere da rifugio antibombardamento sia per il teatro che
per l'edificio governativo dall'altra parte della strada.
“Ma non credo che sia mai stato utilizzato in quel modo”, aggiunse.
Dopo circa duecento metri, il tunnel si curvò e terminò con una pesante
porta antincendio che si aprì sul magazzino di un edificio governativo di
qualche tipo. Sorprendentemente (almeno per me), c'era una scrivania e un
individuo a presidiarla, evidentemente per monitorare gli accessi all'area.
Quest'uomo, un tipo militare di mezz'età che sembrava sarebbe stato più a
proprio agio in un'uniforme di qualche tipo, ci fissò con aria di
disapprovazione ma non sollevò obiezioni al nostro passaggio attraverso il
suo territorio. Due rampe di scale ci portarono al livello del suolo e sulla
strada.
Lunedì, 20 maggio.
Una visita nel Cretaceo.
Erano a malapena le otto e mezza quando uscimmo – solo pomeriggio
tardi in questa città nordica poche settimane prima del solstizio d'estate.
Nonostante l'ora, i negozi erano perlopiù già chiusi e le strade deserte.
Radenau non va visitata per la sua eccitante vita notturna.
A B piace camminare, come a me. Non sembrava andare da nessuna
parte in particolare, e io ero contento di seguirlo.
“Sono sicuro”, disse, “che sta cominciando a capire perché non posso
condurre un intero pubblico in questa direzione.”
“Sì, lo vedo”, gli dissi. “Ma non sono sicuro di vedere la direzione.”
“Si ricordi che stiamo lavorando a un mosaico, non a una narrazione o
a un sillogismo. Dopo questa conversazione non avrà ancora una
conclusione, ma dovrebbe avere una comprensione più profonda di tutto
ciò che mi ha sentito dire finora.”
“Sì, è vero. La figura sul mosaico è ancora un po' vaga, ma non più
come due ore fa.”
“Poco tempo fa ha detto che, per come ne parlavo, era un mistero che la
nostra rivoluzione culturale fosse avvenuta. Lo è davvero. Non era destino,
non è stata orchestrata divinamente fin dalla creazione dell'universo, non si
è trattato di qualcosa che avrebbe dovuto avvenire inevitabilmente.
Duecentomila anni di esseri umani intelligenti quanto noi non lo avevano
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fatto succedere. Avrebbe potuto non avvenire per altri duecentomila anni, o
per un milione. È stato un caso, una coincidenza. Combini un elemento
culturale mai visto prima con un secondo altrettanto inaudito, ne aggiunga
un terzo similmente bizzarro, e il risultato è un mostro culturale che sta
letteralmente divorando il mondo – e che finirà col divorarsi da solo se non
verrà fermato.”
Camminammo in silenzio per un po', poi chiesi a B se l'immagine sul
mosaico alla fine avrebbe raffigurato la nostra cultura.
“Immagino che si potrebbe dire così, anche se non l'ho mai vista in
questo modo”, disse. “Lo vedo come un graffito composto di molte scene
legate tra loro, come il soffitto della Cappella Sistina. Ciò che chiama la
'nostra cultura' appare in molte delle scene in diversi momenti della sua
storia, ma ci sono anche delle scene all'interno di altre scene. Ci sono
scene raffiguranti la storia dell'universo, e tra di esse ci sono scene che
mostrano lo sviluppo della vita su questo pianeta. Tra queste, ci sono scene
raffiguranti l'emergere della razza umana, e tra queste ci sono scene che
mostrano l'origine di centinaia di migliaia di culture, comprese quella dei
Gebusi e la nostra. Tra le scene raffiguranti lo sviluppo della nostra cultura
ce ne sono altre che mostrano varie altre cose, come la nostra conquista del
mondo, la comparsa delle religioni salvazioniste e la Rivoluzione
Industriale. Ci spostiamo da una scena all'altra, indietreggiamo dal graffito
per vedere i collegamenti tra di esse, ci avviciniamo di nuovo per
concentrarci su alcuni dettagli, e così via. Con il tempo, l'intera
composizione comincia ad acquistare un senso... Ma non è un processo che
abbia una fine. Non raggiungeremo mai un punto in cui inseriremo il
frammento finale e diremo: 'Ecco, abbiamo finito. Tutti i pezzi sono al loro
posto'.”
Ci fermammo davanti a un cartello con su scritto MEYERÜBERBLEIBSELEN, qualunque cosa fosse. B guardò oltre l'enorme
serranda di acciaio grigio come se sperasse di trovare un pulsante per farla
alzare. Quando non lo trovò, cominciò a martellarla con il pugno senza
troppe cerimonie. Dopo un minuto si aprì una finestra sopra di noi, e il
Fantasma del Natale Passato si sporse e ci chiese in tedesco che accidenti
stessimo facendo. L'apparizione si chiamava, come avrei scoperto di lì a
poco, Gustl Meyer. Lui e B si urlarono a vicenda per un po', in inglese e
tedesco, poi la finestra venne chiusa.
B mi fece un cenno col capo sorridendo, come per rassicurarmi che
tutto stava andando alla perfezione, e un paio di minuti dopo la serranda si
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alzò sferragliando e ci fu permesso di entrare nel negozio in penombra, che
era pieno di scarti e avanzi (Überbleibselen) di musei dedicati a ogni sorta
di argomento a eccezione dell'arte: storia militare, storia politica, storia
naturale, scienza, tecnologia e industria. Appena oltrepassammo la soglia,
B cominciò a vibrare di una gioia elettrica, come un bambino di cinque
anni in un negozio di giocattoli, e io capii che aveva l'animo di un
collezionista di stranezze completamente folle. Rimase incantato dalla
miniatura funzionante di un antico ascensore, da un Neanderthal di cera a
grandezza naturale seduto a gambe incrociate sul pavimento assorbito in
un lavoro manuale di qualche tipo che non era più tra le sue mani, da un
perfetto modellino in scala sezionato di una miniera di rame, da un orrendo
(e del tutto improbabile) dodo impagliato che Meyer sostenne fosse stato
ricavato da vera pelle, da un malconcio sottomarino monoposto dell'epoca
napoleonica, da una testa parlante trasparente che descriveva (in tedesco)
le operazioni compiute dal cervello mentre delle luci si accendevano nelle
aree coinvolte.
C'erano cassette di campioni di minerali, pile di strumenti di ottone
macchiati, scatole di rotoli in via di disgregazione, cesti di esemplari
entomologici, vasche di fossili di ogni tipo... E fu davanti a una di queste
che B finalmente si fermò a rovistare seriamente. Estrasse ed esaminò
trilobiti, crinoidi e cose che immaginai fossero uova, zanne e artigli di
dinosauro. Finalmente si fermò con in mano un oggetto grande come una
ciambella simile al guscio di un nautilus, a parte il fatto che era ondulato
come il corno di una capra di montagna.
“Un ammonite”, disse B, “cefalopode – stessa classe del nautilus.” Me
lo lasciò cadere in mano dicendo: “È estinto da circa sessantacinque
milioni di anni.”
Io dissi qualcosa di brillante, come: “Davvero?”, e feci per
restituirglielo, ma lui si girò verso Meyer e gli chiese quanto costasse.
Dopo un po' di contrattazioni, B gli passò una somma in contanti che
giudicai sarebbe stata sufficiente a pagare una cena per due in un ristorante
decisamente buono.
“Un collezionista l'avrebbe pagato molto di più”, mi spiegò B quando
fummo fuori, “ma Meyer non si aspetta di ottenere cifre astronomiche, di
sicuro non da me.”
“Cosa dovrei farci?”, gli chiesi.
“Se lo metta in tasca. Lo tenga con lei, non sono sicuro di quando
arriveremo a usarlo.”
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La scimmia elettrica.
Ci fermammo a un'anonima Gasthaus per cena, e B mi disse di
ordinare birra, non whiskey. “Le è piaciuta Little Bohemia? Andremo lì più
tardi per bere qualcosa di serio.”
Gli dissi che andava bene. Penso che avesse l'impressione che tutti i
preti cattolici fossero segugi da alcool.
“Devo tornare indietro al primo frammento che ho cercato di sistemare
stanotte”, disse B. “So che non è piazzato in modo solido.”
“Va bene.”
“La scorsa notte, nel teatro, ho parlato di cambiare menti. Ho detto che
se il mondo verrà salvato, lo sarà da persone con menti cambiate – non da
programmi, ma da persone con menti cambiate.”
“Mi ricordo.”
“La gente di solito trova difficile capire l'importanza di questo concetto,
perché non vede che tutto ciò che abbiamo qui – tutto il trionfo, la gloria e
la catastrofe che abbiamo creato – è il risultato del lavoro di persone con
menti cambiate.”
“Non lo vedo neanch'io”, gli dissi.
“Lo so”, disse B, “Ecco perché ci stiamo ritornando su. Assicuriamoci
di concordare sui fatti basilari. Il cambiamento mentale di cui sto parlando
è avvenuto circa diecimila anni fa in ciò che è stata chiamata la Mezzaluna
Fertile – un'area tra i fiumi Tigri ed Eufrate che oggi è parte dell'Iraq.
Furono gli abitanti di quest'area che, diecimila anni fa, gettarono le
fondamenta di ciò che oggi è la nostra cultura globale. Fin qui ci siamo?”
“Sì.”
“Bene. Ora, sono sicuro che capisce che la razza umana non ha avuto
origine nella Mezzaluna Fertile. Le prove che abbiamo al momento
indicano in modo abbastanza conclusivo che la razza umana ha avuto
origine in Africa.”
“Giusto.”
“È nata in Africa, e poi si è diffusa molto lentamente in ogni parte del
mondo: il medioriente, l'oriente, l'Europa, fino a raggiungere le regioni più
remote – posti come le Americhe, l'Australia e la Nuova Guinea – circa
trenta o quarantamila anni fa. Il medioriente, essendo vicinissimo
all'Africa, è stato abitato dagli umani moderni per un tempo
immensamente lungo, centomila anni o più. Questo include l'area della
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Mezzaluna Fertile. Capisce dove voglio arrivare?”
“No, non proprio.”
“L'area di cui stiamo parlando, la Mezzaluna Fertile, è stata abitata
dagli esseri umani moderni per centomila anni prima che la Rivoluzione
Agricola avvenisse.”
“Va bene. Questo lo sapevo già”.
“Sto sottolineando il fatto che la rivoluzione di cui stiamo parlando è
avvenuta tra persone che avevano vissuto lì per decine di migliaia di anni.
Delle persone stavano vivendo lì, e a un certo punto avvenne una
rivoluzione. Non si è trattato di un evento meteorologico, di un terremoto o
di un'eruzione vulcanica. È stato qualcosa che è successo a delle persone.
Circa diecimila anni fa, delle persone che avevano vissuto nella Mezzaluna
Fertile per decine di millenni cominciarono a vivere in un modo nuovo. Il
modo che io ho chiamato lo 'stile di vita Prendi'.”
“Sì, lo capisco.”
“Non hanno cominciato a vivere in un nuovo modo perché stavano
morendo di fame, perché, come ho detto, la gente che muore di fame non
crea nuovi stili di vita più di quanto la gente che cade dagli aeroplani non
inventi paracadute. E il loro nuovo stile di vita non è stato adottato perché
era così piacevole da essere un passo inevitabile nell'evoluzione umana.
Ciò che i fondatori della nostra cultura hanno inventato è stato,
fondamentalmente, il concetto di lavoro. Hanno creato un modo difficile di
vivere – il più difficile che sia mai esistito su questo pianeta.”
“Ma dette loro altre cose, oltre a una vita difficile.”
“Esatto. Ora mi sta seguendo, Jared! Ora sta cominciando a capire
perché dico che queste persone rappresentano menti cambiate. Non
pensavano come i Gebusi o i Cheyenne o gli Alawa o gli Ihalmiut o i
Micmac o i Boscimani – o come una qualsiasi delle centinaia di migliaia di
culture che potrei nominare. Ciò che stavano facendo non aveva alcun
senso per i loro vicini, ma non c'era bisogno che lo avesse. Non avrebbe
avuto alcun senso per i loro bis-bis-bis-bisnonni, ma, di nuovo, non c'era
bisogno che lo avesse. Ciò che stavano facendo aveva perfettamente senso
per loro, così come lo stile di vita Gebusi ha perfettamente senso per i
Gebusi. Per loro aveva perfettamente senso perché vedevano le cose in
maniera diversa. Diversa dai loro antenati e dai loro vicini. Ora capisce
perché dico che queste persone rappresentano menti cambiate?”
“Penso di sì.”
“Dato che noi condividiamo il loro cambiamento di mentalità,
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guardiamo a ciò che hanno fatto e diciamo: 'Be', certo. È logico. Cosa
potrebbe essere più ovvio? Doveva succedere. Gli esseri umani dovevano
vivere come i Prendi'. Dato che condividiamo la loro mentalità, la loro
rivoluzione ha perfettamente senso per noi. Ci sembra logica e inevitabile,
come mangiare stregoni sembra logico e inevitabile ai Gebusi.”
“Sì, capisco.”
“Sappiamo a che gruppo etnico appartenevano queste persone – erano
evidentemente caucasici – ma non c'è motivo di supporre che ogni
caucasico abbia preso parte a questa rivoluzione. I Gebusi e i loro vicini, i
Kubor, i Bedamini, gli Oybae, gli Honibo e i Samo, appartengono tutti alla
stessa etnia, ma non hanno affatto una cultura comune. Mi sta seguendo?”
“Penso di sì.”
“Non sapremo mai come coloro che iniziarono la rivoluzione si
facessero chiamare, ma inventiamoci un nome per loro. Chiamiamoli Pren.
Questo li collegherà allo stile di vita che ho definito 'Prendi'.”
“Va bene.”
“I Pren non sono diventati agricoltori perché erano affamati o perché
preferivano lavorare duramente piuttosto che riposarsi. Da solo, lei ha
capito il fatto decisivo che ricavavano qualcosa dalla loro vita difficile che
li ricompensava della fatica che facevano. Perché sono diventati
agricoltori? Cosa potevano ottenere dall'agricoltura totalitaria che i loro
antenati e vicini non potevano ricavare dalla caccia e raccolta?”
“Me l'ha già mostrato, questo. L'agricoltura totalitaria diede loro
potere.”
“Esatto. La loro rivoluzione non riguardava il cibo, riguardava il potere.
Le cose stanno così ancora oggi.”
“Sì, è vero.”
“Qualcuno una volta mi ha chiesto come faccio a sostenere che la razza
umana non è difettosa quando è così attirata dal potere. 'I Pren
soccombettero alla loro sete di potere”, mi ha detto. 'Non è un difetto
questo? Tutti i loro discendenti culturali hanno ceduto alla loro sete di
potere. Non è un difetto questo?'
“Io gli raccontai di un famoso esperimento psicologico degli anni
Cinquanta. Un elettrodo venne impiantato nel cervello di una scimmia, nel
suo centro del piacere. Premere un bottone su una scatola di controllo
avrebbe inviato un impulso elettrico all'elettrodo, dando alla scimmia
un'intensissima scossa di piacere. Diedero la scatola con il pulsante alla
scimmia, che naturalmente non aveva idea di che cosa si trattasse ma che
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in breve finì col premere il bottone per caso, dandosi un'enorme scossa di
piacere. Non le ci volle molto per capire la connessione tra il pulsante e il
piacere e una volta che la afferrò, si limitò a starsene lì seduta, ora dopo
ora, premendo il pulsante e dandosi scosse di piacere. Cominciò a ignorare
cibo e sesso. Se alla fine non le avessero tolto la scatola, la scimmia
avrebbe continuato a starsene lì seduta dandosi piacere fino a uccidersi.
Ora, ecco la domanda che feci al mio interlocutore: 'C'era qualcosa di
sbagliato in questa scimmia? Era difettosa?' Cosa ne pensa, Jared?”
“Direi di no, non era difettosa.”
“Direi lo stesso anch'io. Né lo erano i Pren. Premere il pulsante
dell'agricoltura totalitaria dava loro un'enorme ondata di potere. La dava
anche ai popoli cinesi ed europei. La dà anche a noi, ancora oggi. E
proprio come quella scimmia, nessuno di noi vuole smettere di premere
quel pulsante, e ormai stiamo seriamente rischiando di darci piacere fino a
ucciderci.”
Annuii. “Immagino sia questo che intende quando dice che se il mondo
verrà salvato, lo sarà da persone con menti cambiate. Persone con menti
inalterate diranno: 'Cerchiamo di limitare i danni causati dal pulsante'.
Persone con menti cambiate invece diranno: 'Gettiamo via la scatola!'.
B annuì. “Non mi sarebbe venuto in mente di dirlo così, ma
naturalmente ha ragione. Appena i membri della nostra cultura
decideranno di gettare via la scatola, le cose cominceranno a cambiare
drasticamente. Il fatto che stia cominciando a esprimere dei concetti
meglio di quanto avrei potuto farlo io, è un chiaro segno che è sulla buona
strada per diventare il messaggio.”
I Pren.
A questo punto arrivò il nostro cibo, ed entrambi tacemmo per dargli la
nostra attenzione. Alla fine, B disse: “C'è un collegamento che ho cercato
di non fare per lei, pensando che avrei potuto evitarlo o saltarlo, ma è
meglio che mi faccia forza e mi tolga il pensiero.”
Gli chiesi perché aveva voluto evitarlo.
“L'ho evitato perché sento una certa urgenza di fare in fretta, qui.”
Scosse la testa, insoddisfatto di questa dichiarazione. “Non è del tutto
esatto. Voglio liberarmi dell'aleggiante spettro di Bernard Lulfre il prima
possibile. Voglio soddisfare la sua curiosità e sbarazzarmene.”
“Capisco. Qual è il collegamento che ha evitato di fare?”
81
“Le ho detto che i Pren sembravano folli ai loro vicini, proprio come i
Gebusi sembrano folli a noi. Lo trova difficile da credere?”
“Sì, ma immagino che per i Gebusi sia altrettanto difficile credere di
sembrare matti ai membri della nostra cultura.”
“Infatti”, disse B. “I Pren ci appaiono perfettamente ragionevoli e
normali perché noi siamo i loro discendenti culturali. Abbiamo la loro
stessa visione del mondo.”
“Lo capisco. Ma anche stando così le cose, non possiamo sapere cosa
pensassero di loro i loro vicini.”
“In questo caso, grazie a un enorme colpo di fortuna, possiamo sapere
cosa almeno uno dei loro vicini pensasse di loro. Lo sappiamo perché
abbiamo la loro versione di ciò che avvenne. Di nuovo, sappiamo a che
etnia questi vicini appartenessero, ma non come si facessero chiamare.
Chiamamoli gli Zeugen – in altre parole, i testimoni. Per quanto riguarda
lo stile di vita, gli Zeugen erano simili ai Masai dell'Africa orientale.
Conosce i Masai?”
“Li ho sentiti nominare. Sono pastori nomadi, vero?”
“Esatto. Anche gli Zeugen lo erano, e quando osservarono la
rivoluzione dei Pren, non videro un'innovazione tecnologica o nulla di
remotamente simile. Ciò che videro fu un ribaltamento dell'ordine
dell'universo. Videro, come ha fatto lei, che l'agricoltura totalitaria non
riguardava il cibo, ma il potere – il potere di decidere chi può vivere e chi
deve morire. È chiaro perché la vedessero in questo modo?”
“Me ne parli un po'.”
“Il modo più semplice di capirlo è tramite un esempio. Secondo
l'agricoltura totalitaria, le mucche possono vivere ma i lupi devono morire.
Le galline possono vivere ma le volpi devono morire. Il grano può vivere
ma i suoi parassiti devono morire. Tutto ciò che mangiamo può vivere, ma
tutto ciò che mangia ciò che mangiamo deve morire – e non solo
occasionalmente. La nostra linea d'azione non è: 'Se un coyote attacca il
mio gregge, allora lo uccido', ma è: 'Spazziamo via tutti i coyote dalla
faccia della Terra.' Quando si trattò di lupi e mucche, dicemmo:
'Distruggiamo tutti i lupi', e i lupi vennero distrutti. Poi dicemmo:
'Facciamo sì che ci siano miliardi di mucche', e ci furono miliardi di
mucche.”
“Va bene, ho afferrato.”
“Di solito, chi esercita questo potere?”
“Che intende dire?”
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“Guardi la situazione dal punto di vista di pastori nomadi di diecimila
anni fa. Chi decide chi vive e chi muore?”
“Gli dei.”
“Naturalmente. Ora, per come la vedevano gli Zeugen, gli dei avevano
una conoscenza speciale che permetteva loro di governare il mondo.
Questa conoscenza includeva la conoscenza di chi doveva vivere e morire,
ma non si limitava a questo. È la conoscenza che gli dei applicano in ogni
scelta che fanno. Quello che gli Zeugen percepivano è questo: ogni scelta
che gli dei fanno è bene per una creatura e male per un'altra. Se ci si pensa,
non può essere altrimenti. Se una quaglia va a caccia e gli dei le mandano
un grillo, è bene per la quaglia e male per il grillo. E se una volpe va a
caccia e gli dei le mandano una quaglia, è bene per la volpe e male per la
quaglia. E viceversa: se una volpe va a caccia e gli dei non le mandano una
quaglia, questo è bene per la quaglia e male per la volpe. Capisce cosa
intendo?”
“Certo.”
“Quando gli Zeugen videro cosa i Pren stavano facendo, si dissero:
'Queste persone hanno mangiato il frutto dall'albero degli dei, il frutto
della conoscenza del bene e del male'.”
“Yipes!”, dissi io. Non credo di aver mai pronunciato prima queste
sillabe in vita mia, ma lo feci allora. “Come è arrivato a questo?”
“È uno dei contributi di Ishmael.”
“Lo ha mai proposto a uno studioso della bibbia?”
B annuì. “Vari studiosi biblici l'hanno esaminato, e finora nessuno ha
trovato alcuna ragione per metterlo in discussione. Uno ha detto che si
tratta dell'unica spiegazione che avesse mai sentito che avesse senso.”
“È l'unica che io abbia mai sentito che abbia senso, e le ho sentite
tutte.”
Mi ricordo di essere rimasto seduto immobile per due o tre minuti
mentre cercavo di capire tutte le conseguenze di questa nuova
interpretazione della storia della Caduta. Quando alla fine mi arresi e
scossi la testa, B proseguì.
“Ho sentito che dovevo farle questo discorso per chiarire la cosa
fondamentale riguardo questa rivoluzione. Perfino gli autori della Genesi
l'hanno descritta come una questione di menti cambiate. Ciò che videro
nascere tra i loro vicini non fu un nuovo stile di vita, ma una nuova
mentalità, una visione del mondo che ci equiparava agli dei in saggezza,
che rendeva il mondo una proprietà degli esseri umani, che ci dava potere
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di vita e di morte sul mondo. Pensarono che questa nuova mentalità
sarebbe stata la rovina di Adamo – e gli eventi stanno dimostrando che
avevano ragione.”
Abbassai il mio tovagliolo e dissi: “Sono pieno.”
B mi lanciò un'occhiata perplessa.
“Questo è tutto quello che posso gestire per stanotte”, gli dissi.
“Ma è ancora presto!”
“Lo so e mi dispiace, ma non posso sopportare di più e devo ancora
capire come farò a trasmettere tutto questo a Padre Lulfre. Non posso
semplicemente mandargli una trascrizione della registrazione. Se pensasse
che sto diventando l'apprendista dello stregone, mi tirerebbe fuori di qui in
un attimo.”
B fece spallucce. “Sono d'accordo, non possiamo rischiare che
succeda.”
Ci mettemmo d'accordo per incontrarci a cena il giorno seguente.
Quando tornai nella mia camera, resistetti alla tentazione rappresentata
dal letto. Volevo mandare un fax a Padre Lulfre entro le tre o le quattro di
mattina per mantenere l'abitudine che avevo stabilito nei giorni precedenti.
Ebbi l'idea di tradurre la mia conversazione con B in una serie di
vignette sulla falsariga dei Vangeli: “Un uomo andò da Gesù e disse...”,
oppure: “Gesù incontrò una grande folla, e un uomo gli urlò...” Non sono
sicuro di essere riuscito a produrre qualcosa di davvero convincente. Ma,
d'altro canto, perché Padre Lulfre dovrebbe sospettare che le abbia
inventate? (Risposta: perché i suoi schemi di pensiero non sono neanche
remotamente simili ai miei.)
Sono le cinque di mattina e mi sento teso come una corda di
clavicembalo. Spero che un goccio di whiskey mi aiuterà a dormire.
Martedì, 21 maggio.
Gli stadi della Fede.
Il telefono squillò alle nove, e io strisciai fuori da uno stordimento
profondo chilometri per rispondere. Era Shirin, che cercava di spiegarmi
qualcosa di gran lunga troppo complicato perché potessi comprenderlo
dopo appena quattro ore di sonno. Le chiesi di ripetermelo lentamente e
finalmente capii. C'era un discorso in programma che B non era stato in
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grado di annullare, ed era oggi a Stuttgart. Per raggiungerlo in tempo
avremmo dovuto prendere un treno alle undici, e io potevo unirmi a loro o
restare a Radenau, spettava a me decidere. Le dissi che li avrei incontrati al
Bahnhof alle dieci e cinquanta. Attaccai e decisi rapidamente che una
doccia e una colazione erano più importanti di un'altra ora di sonno.
Avevo una cosa in mente che avevo bisogno di esaminare per iscritto,
quindi mi portai il blocco per gli appunti al ristorante e scrissi:
Esiste un solo stadio dell'avere fede, ma ce ne sono cinquanta
del perderla. Sento che dovrei portarmi dietro questa osservazione
critica su un foglio separato, in modo da poterlo estrarre e studiare
ogni volta che ne sento il bisogno. Solo uno stadio dell'avere fede,
ma cinquanta del perderla.
Penso di conoscere un prete che ha fede a quell'unico stadio che
si merita davvero di essere chiamato “fede”. Tutti gli altri, me
incluso, sono a uno dei cinquanta stadi del perderla. Molti dei miei
parrocchiani la considererebbero probabilmente un'ammissione
sconcertante, ma io non la penso così. Ovviamente ci sono molti
preti che hanno attraversato tutti i cinquanta stadi della perdita della
fede e hanno abbandonato il proprio ministero. Tutti lo sanno, e ne
ho conosciuta una mezza dozzina personalmente. Ma il resto di noi
sta ancora tenendo duro, con ginocchia, gomiti, falangi, palpebre,
denti e unghie. È rassicurante, in realtà, perché significa che
nessuno di noi vuole perdere la sua fede o vuole pensare a se stesso
come a uno che l'ha persa. Devo ammettere che in parte è solo
codardia; sappiamo che se la nostra fede se ne andasse, la vita
religiosa ci diventerebbe intollerabile e dovremmo andare avanti, in
un mondo sconosciuto. Ma è anche perché abbiamo abbastanza fede
da voler continuare ad avere fede. Quando quella quantità di fede è
andata, comunque, allora è finita completamente, e ti ritrovi al
cinquantunesimo stadio. Sei fuori, sei finito.
Immagino di essere intorno al trentaquattresimo stadio. Quando
avevo quindici anni, ero a quell'unico stadio che significa fede
autentica. Quando sono entrato in seminario, ero al terzo stadio
della perdita della fede. All'epoca della mia ordinazione, ero al
dodicesimo. Quando sono entrato nell'ufficio di Padre Lulfre, tre
settimane fa, ero al venticinquesimo. Il fatto che ora sono al
trentaquattresimo probabilmente suona piuttosto male, ma in realtà
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non lo è. Avevo paura (quando mi sono seduto per questo esame di
coscienza) che avrei scoperto di essere a uno stadio davvero
spaventoso, come il quarantasettesimo. Voglio dire, quando sei al
quarantasettesimo sei sull'orlo del precipizio. Altri tre stadi e vai
giù!
A Stuttgart.
Il gruppo di viaggiatori era formato da B, Shirin, Michael e me. Mentre
ci stringevamo la mano, Michael mi disse per la prima volta il suo
cognome, anche se posso solo intuire il modo in cui è scritto. Suonò come
'Dershinsky'. Shirin era sbrigativa e impassibile. B sembrava cupo e
preoccupato. Nessuno aveva voglia di chiacchierare, eccetto forse
Michael, che continuò a indirizzarmi cenni e strizzate d'occhio amichevoli
ma sembrò trattenere il proprio buon umore per rispetto a Shirin e B.
Quando fummo partiti da dieci minuti, mi azzardai a chiedere di che
ingaggio si trattasse. Nessuno sembrava aver voglia di dirmelo. Alla fine,
B spiegò che era stato organizzato da un uomo e una donna all'università
che conoscevano e volevano promuovere la visione di B sulla popolazione.
“Non ne sembra terribilmente entusiasta”, dissi.
“Le mie idee su questo argomento generano sempre molta rabbia.”
“Tra chi? I cattolici?”
“No, affatto. I marxisti.”
“Perché i marxisti?”
Scrollò le spalle e guardò fuori dal finestrino. Michael e Shirin mi
rivolsero entrambi una leggera scossa del capo per dissuadermi
dall'indagare.
In Amburgo cambiammo treno con un altro più veloce e leggermente
meno austero, ma l'atmosfera rimase desolata e non migliorò neanche
quando aprimmo le scatole per il pranzo che Michael aveva comprato per
noi alla stazione di Amburgo.
A metà strada per Stuttgart, B disse a Shirin: “Perché non racconti a
Jared la storia del Brivido Imperiale?”
Se ho interpretato correttamente cosa le passò per la testa, non ne aveva
particolarmente voglia ma era annoiata come chiunque altro. Per
incoraggiarla, tirai fuori il mio registratore e lo avviai.
Sorprendentemente, non lasciò trasparire alcun segno di nervosismo o
imbarazzo (io ne avrei sicuramente mostrati). Invece, si prese un minuto
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per riordinare le idee e poi partì come un'attrice consumata.
Il Brivido Imperiale.
“Il Brivido Imperiale era stato una preoccupazione della famiglia
imperiale per tanto tempo che tutti avevano perso il conto dei secoli. Che
fosse genetico era ovvio, naturalmente, ma questa consapevolezza non
aveva aiutato nessuno – di sicuro non l'Imperatore rabbrividente. Ogni
disciplina accademica e scientifica dell'impero aveva un aspetto
'rabbrividente'. Ogni scienziato e studioso stava lavorando al problema a
un certo livello e a modo suo, e la teoria comunemente accettata era che
fosse un problema con origini metaboliche e alimentari. Non c'era nulla di
gravemente sbagliato nella dieta dell'Imperatore, naturalmente, ma si
credeva che qualche aggiustamento (magari infinitesimale) avrebbe potuto
fare il miracolo e dare all'Imperatore un po' di sollievo. C'erano diete di
ghiande e di mele – e di crescione e di zucchine e di ogni altra lettera
dell'alfabeto. Ogni università dipendeva dai sussidi per studiare gli effetti
benefici dei diversi tipi di dieta e cibo. Studi che tutti sapevano avrebbero
potuto essere prolungati senza problemi fino alla fine dei tempi.
“Un giorno, comunque, il Primo Ministro organizzò una conferenza
stampa e annunciò che era stata fatta una scoperta decisiva. Ovviamente,
scoperte decisive erano state annunciate varie volte prima e si erano
sempre rivelate delle bolle di sapone, quindi nessuno era particolarmente
preoccupato... Finché non videro l'espressione del Primo Ministro. Questa
volta (diceva quell'espressione) si era scoperto qualcosa di sgradevolmente
nuovo.”
Shirin si fermò e chiese a B se dovesse concludere o aspettare più tardi.
“Oh, finisci adesso”, brontolò B. “Ci può riflettere più tardi.”
Shirin riprese la storia.
“L'annuncio del Primo Ministro (che la causa del Brivido Imperiale era
stata trovata) fu sorprendentemente breve, e fu seguito da un silenzio
sconcertato che divenne rapidamente un mormorio di orrore, incredulità e
rifiuto. A oltraggiare gli ascoltatori non fu la verità contenuta nelle parole
del Ministro, ma l'idea che, dopo aver sconfitto le menti migliori di una
dozzina di generazioni, la freddolosità dell'Imperatore potesse essere
spiegata così facilmente. Si aveva la sensazione che problemi gravi come il
Brivido Imperiale dovessero avere cause complesse e impenetrabili, e che
dovessero essere difficili (forse perfino impossibili) da risolvere.
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“Mentre vagava senza meta tra la folla, uno scienziato stordito fu udito
mormorare senza sosta: 'Non ci sono risposte semplici, non ci sono risposte
semplici, non ci sono risposte semplici' – non con vera convinzione, ma
piuttosto come se la ripetizione potesse ridare vita a queste parole familiari
e confortanti.
“A sconvolgerli tanto non era che la causa del Brivido fosse finalmente
nota, ma piuttosto che lo fosse sempre stata, anche se non era mai stata
riconosciuta come una causa. Era sempre stata in piena vista, ma cercando
cause remote e inintelligibili non erano mai riusciti a capirne l'importanza.
In tutto l'Impero, non c'era letteralmente nessuno che non sapesse che
l'Imperatore rabbrividente... Non aveva... Vestiti.”
Dire che non sapevo come ribattere sarebbe un eufemismo.
Fortunatamente, non sembrava che fosse necessaria una risposta. B
continuò a fissare svogliatamente fuori dal finestrino. Senza neanche
un'occhiata al suo pubblico, Shirin riprese il libro che stava leggendo. Solo
Michael riconobbe che era avvenuto qualcosa, gratificandomi di alcune
delle sue rassicuranti strizzate d'occhio.
Non era nemmeno stata molto lunga come pausa. Riposi il mio
registratore, sentendomi come Alice di Lewis Carroll, che aveva avuto
tante esperienze come questa, in cui si era preparata ad attività divertenti
che poi si erano rivelate non esserlo affatto.
Divertimento con i marxisti e con altri.
Venimmo accolti alla stazione dai nostri ospiti, una coppia di mezz'età
con un'automobile in cui avrebbero potuto forse stringersi cinque persone
ma di sicuro non sei, almeno non senza smembramenti. Il problema fu
risolto facilmente: io e Michael prendemmo un taxi. La corsa mi permise
di capirlo meglio: non era rimasto in silenzio sul treno per rispetto verso B
e Shirin, ma per pura, disperata timidezza... Che ora era ancora più
evidente. Cercai un paio di volte di coinvolgerlo in una conversazione, ma
capii rapidamente che era il tipo che preferisce rimanere in ombra senza
mai avanzare sotto i riflettori.
Il taxi ci lasciò davanti a una scuola simile a una grande prigione neogotica, e fummo guidati su per le scale in una classe che avrebbe depresso
un branco di scimmie. Il cuore mi sprofondò quando la guardai. Per la
stanza era sparsa una ventina di spettatori silenziosi, la metà dei quali con
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l'aria di starsi concentrando per interpretare Cassio nel Giulio Cesare. B,
Shirin e la nostra coppia di ospiti erano di fronte, chiacchierando – o
cercando di darne l'impressione.
Io e Michael ci sedemmo nelle file posteriori. Alcuni minuti dopo,
Shirin prese posto in prima fila, e B venne presentato dettagliatamente (in
tedesco). Decisi di non registrare il discorso di B, dato che alla fine avrei
dovuto trascriverlo comunque, ma non avevo previsto che sarebbe stata la
lezione più lunga che avesse tenuto fino a quel momento.4
Non ero preparato a quello che ascoltai – non che lo fossi mai stato
quando si era trattato di B. Questo materiale era straordinario, diverso da
qualunque cosa avessi mai ascoltato o letto sull'argomento, e mentre
veniva espresso cominciai a capire il significato della storia del Brivido
Imperiale. B stava mettendo in luce dei fatti cruciali tanto innegabili
quanto la nudità dell'Imperatore (o così immaginai ingenuamente). Quando
finì applaudirono circa sette persone, cinque delle quali furono i nostri due
ospiti, Shirin, Michael e me. Con l'aria di essere esausto fino allo
sfinimento, B cominciò a rispondere a delle domande – o piuttosto a delle
dissertazioni e a dei rifiuti, tutti espressi in tedesco. Michael si chinò verso
di me per spiegarmi che rifiutandosi di usare l'inglese (che ovviamente
capivano), stavano mostrando il loro disprezzo per il punto di vista di B.
Prima di rispondere loro, B riassunse le domande in inglese
(presumibilmente a mio beneficio). Per quanto potessi comprendere, i suoi
contestatori si limitavano a negare tutto ciò che B aveva detto – un
approccio interessante, pensai. Quando ebbe finito (o quando si stancò),
concluse con un breve epilogo della storia del Brivido Imperiale, che
diresse a me:
“Dopo che gli studiosi nella capitale dell'Impero ebbero un paio di
giorni per riflettere sulla scoperta, cominciarono a riprendersi e capirono
che non tutto era perduto, dopotutto. Convocarono una conferenza stampa
due volte più solenne di quella del Primo Ministro, con un pubblico tre
volte maggiore. Dopo che ai vari rappresentanti dei media fu offerto un
banchetto regale, il Presidente della Commissione Regale per le Ricerche
sul Brivido chiese un attimo di attenzione e fece il seguente annuncio: 'Che
l'Imperatore sia nudo è perfettamente vero', disse. 'Lo abbiamo sempre
saputo e abbiamo deciso di ignorarlo perché è solo uno specchietto per le
allodole. Le cause della condizione dell'Imperatore sono molte, complesse
4
Il testo di questo discorso può essere trovato a pagina 252.
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e difficili da capire per i profani, e di certo non possono venire ridotte a
questa semplice, infantile spiegazione: che abbia freddo perché non ha
nulla addosso. Il suggerimento che vestiti caldi potrebbero alleviare il
tormento dell'Imperatore è affascinante e sicuramente ben intenzionato, ma
non sarà raccomandato per implementazione o studi successivi'.
In seguito a questo annuncio, il Primo Ministro venne licenziato per
incompetenza, i privilegi degli studiosi vennero rinnovati e l'Imperatore
continuò a rabbrividire fino a una fredda vecchiaia.”
B ringraziò i suoi ascoltatori e si allontanò in un silenzio divertito.
Qualche tipo di ricevimento era evidentemente stato preparato per noi, ma
lo saltammo per poter prendere un treno che ci riportasse ad Amburgo. Il
caso volle che questo treno notturno fosse vecchio stile e accogliente, con
compartimenti separati.
Tra Stuttgart e Francoforte.
“Ricordami di non farlo mai più”, disse B una volta che ci fummo
sistemati.
“Te l'ho ricordato prima che accettassi”, puntualizzò Shirin, asciutta.
“Non l'hai fatto con abbastanza energia.”
Michael si schiarì la gola e disse: “Non si sa mai quando si potrebbe
aver piantato un seme”, poi assunse un'incredibile tonalità scarlatta.
“È gentile da parte tua dirlo, Michael”, disse B garbatamente, “ma
quello era terreno straordinariamente duro.”
“Lo era davvero.”
“Dov'eravamo rimasti la notte scorsa?”, mi chiese B dopo alcuni
minuti.
Riflettei per un po' e dissi: “Aveva appena detto che quello che gli
autori della storia della Caduta videro nella nostra Rivoluzione Agricola
non fu una nuova tecnologia, ma un nuovo modo di vedere il mondo che ci
equiparava agli dei in saggezza – tanto da esercitare potere di vita e di
morte sul mondo.”
B annuì. “Sono contento che siamo arrivati fino a questo punto, ma
questa era la parte facile.”
“Davvero? Perché?”
“È abbastanza facile immaginare cosa stesse succedendo quando
l'universo è nato, perché vediamo l'universo ogni volta che alziamo gli
occhi al cielo. Ma è molto, molto difficile immaginare cosa stesse
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succedendo prima che l'universo nascesse.”
“Non stava succedendo niente prima che l'universo nascesse. Per
definizione.”
“Esattamente.”
Scossi la testa. “Dovrà collegare tutto questo all'argomento di cui
stiamo parlando.”
“È facile per noi capire cosa stessero pensando quei primi agricoltori
quando decisero di vivere in villaggi stabili. È facile capire cosa i
commercianti dell'età del bronzo avessero in mente quando trasportavano
le loro merci per centinaia di chilometri da Tebe a Eracleopoli, Damasco,
Assur e Ur. È facile per noi capire cos'avessero in mente i creatori
dell'impero sumero o di quello accadico, cos'avessero in mente i costruttori
della Grande Muraglia Cinese, cos'avessero in mente i costruttori delle
colossali Piramidi egizie. Immagino che capisca cosa intendo – potrei
continuare ad aggiungere esempi per ore.”
“Capisco cosa intende.”
“Comprendiamo cos'avessero in mente perché stavano facendo ciò che
avremmo fatto noi al posto loro. Erano nostri compagni culturali. Erano
persone che vedevano il mondo e il posto dell'Uomo in esso come lo
vediamo noi.”
“Capisco.”
“Ma quando guardiamo oltre la nostra Rivoluzione Agricola, non
capiamo più cosa la gente avesse in mente. Non capiamo perché abbiano
vissuto per decine di migliaia di anni senza scambi e commerci, senza
imperi, regni o perfino villaggi, senza progressi di alcun tipo.”
“È proprio così. Direi che la nostra impressione è che non avessero
nulla in mente. Non è che non lo capiamo, è che non c'è niente da capire.”
“Questo è il parallelismo con la nascita dell'universo, Jared. Non
possiamo capire cosa stesse succedendo prima della nascita dell'universo
perché non stava succedendo nulla, e non possiamo capire cosa la gente
avesse in mente prima della nascita della nostra cultura perché
immaginiamo che non avessero nulla in mente.”
“È l'impressione che abbiamo, sì.”
“Questo è, naturalmente, un altro risultato della Grande Amnesia.
Abbiamo dimenticato cosa la gente avesse in mente prima della nostra
rivoluzione.”
“Immagino di non capire ancora”, dissi. “Perché è importante sapere
cosa avessero in mente le persone prima della nostra Rivoluzione
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Agricola?”
B sospirò. “Ci sono alcune difficoltà di insegnamento che possono
venire risolte solo tramite parabole, e immagino che questa sia una di
quelle. Mi lasci pensare per un minuto.”
Guardai gli altri, ma stavano tenendo entrambi i propri occhi e i propri
pensieri per se stessi. In quel momento, stavamo giusto entrando nella
stazione di Francoforte. B ed io eravamo seduti faccia a faccia sul lato del
finestrino, e senza niente di meglio da fare ispezionai i volti dei passeggeri
che aspettavano di salire a bordo. Fui sorpreso di trovare un viso familiare:
il treno lo aveva ormai superato quando mi ricordai di chi fosse. Era Herr
Reichmann, l'anziano gentiluomo che mi aveva consigliato di lasciar
perdere Charles Atterley per andare ad ascoltare una persona che aveva in
programma un discorso a Der Bau – che naturalmente si rivelò essere B.
Stavo vagamente pensando alla possibilità di presentarli l'uno all'altro
quando B cominciò la sua storia.
I tessitori.
“È ben noto”, disse B, “che ogni vestito tessuto a mano ha un po' di
magia in sé, ovvero la speciale magia del suo tessitore. Questa magia non
scompare necessariamente insieme al tessitore, ma può essere trasmessa di
generazione in generazione e condivisa tra famiglie e perfino tra intere
nazioni, cosicché un individuo abbastanza sensibile è in grado di capire in
un attimo se un vestito è stato tessuto in Irlanda, Francia, Virginia o
Baviera. Questo vale per ogni pianeta dell'universo in cui vengano tessuti
vestiti, e valeva per il pianeta di cui vorrei parlarle ora.
“Un giorno apparve su questo pianeta un tessitore di nome Nixt, uno
strano miscuglio di genio e follia, violenza e arte, crudeltà e fascino... E
questa era la magia che infondeva nei suoi vestiti, e coloro che li
indossavano diventavano proprio come lui. Questo tessitore divenne
rapidamente famoso, e tutti cominciarono a volere abiti imbevuti della sua
magia. Indossando questi vestiti, gli artisti crearono capolavori, i mercanti
si arricchirono, i leaders estesero il proprio potere, i soldati trionfarono in
battaglia e gli amanti lasciarono i loro rivali nella polvere. Quasi
immediatamente, si notò che la magia di Nixt aveva alcuni svantaggi. Era
così potente che tendeva a distruggere ciò che toccava. Invece di durare
secoli, i capolavori degli artisti si disintegravano nel giro di pochi decenni.
Invece di durare per generazioni, le ricchezze dei mercanti si esaurivano
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nel giro di una vita. Invece di durare per decenni, il potere dei leaders
svaniva nel giro di pochi anni. Invece di durare anni, il fascino degli
amanti scompariva in pochi mesi. Nessuno se ne preoccupò. Gli artisti
volevano capolavori, i mercanti volevano ricchezze, i leaders volevano
potere e gli amanti volevano conquiste.
“Naturalmente ogni tessitore voleva tessere con la magia nixtiana, e
Nixt stesso fu presto così incredibilmente ricco che non gli importò di
condividerla con loro. Nel giro di una generazione, ogni singolo tessitore
nel regno stava utilizzando solo questo tipo di magia, e tutti gli altri erano
stati dimenticati. Dalle fasce per neonati ai sudari, chiunque nel regno
indossava abiti tessuti con magia nixtiana e, come può facilmente
immaginare, questa nazione divenne una delle più importanti del mondo
praticamente da un giorno all'altro. Nulla avrebbe potuto impedirle di
conquistare l'intero pianeta, e infatti lo fece nel giro di poche generazioni.
In ogni regno che conquistò, i tessitori che praticavano altri tipi di magia
dovettero rassegnarsi a imparare quella nixtiana o a cambiare lavoro.
“La diffusione della magia nixtiana rivelò un altro svantaggio. La sua
tendenza alla disgregazione sembrò aggravarsi esponenzialmente. Quando
il doppio dei capolavori vennero creati con la magia nixtiana, presero a
disintegrarsi quattro volte più rapidamente. Quando il triplo dei mercanti si
arricchirono grazie alla magia nixtiana, le loro fortune cominciarono a
venire dissipate nove volte più in fretta. A nessuno piaceva tutto questo,
naturalmente, ma gli artisti volevano ancora capolavori, i mercanti
volevano ancora ricchezze, i leaders volevano ancora potere e così via.
Entro mille anni, ogni tessitore sul pianeta conosceva solo un tipo di
magia, e tutti gli altri erano stati dimenticati. Entro altri mille anni venne
dimenticato perfino che altri tipi di magia fossero mai stati usati nella
tessitura, e la gente presto cessò perfino di considerarla magia: era solo
parte del processo di tessitura e, per quanto ne sapessero, era sempre stato
così. In altre parole, sperimentarono una loro Grande Amnesia. Alla fine
cominciarono a vedere la magia nixtiana semplicemente come parte della
tessitura – proprio come i membri della nostra cultura a un certo punto
cominciarono a considerare l'agricoltura totalitaria come una parte naturale
dell'essere umani.
“Il problema era che una volta che ogni uomo, donna e bambino sul
pianeta indossò vestiti imbevuti di magia nixtiana, il suo potere
disgregante raggiunse una potenza tale che i capolavori duravano solo
settimane, e nessuno li voleva più. Ricchezze venivano accumulate e perse
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nel giro di giorni, e i mercanti vivevano in uno stato di depressione
suicida. Governi e interi sistemi politici andavano e venivano come
stagioni, e nessuno si prendeva più nemmeno il disturbo di imparare i
nomi di presidenti e primi ministri. Tresche e relazioni romantiche
raramente duravano più di due o tre ore.
“Fu in questa situazione di totale collasso sistemico che alcuni
avventurosi paleoantropologi scoprirono per puro caso che la tessitura era
esistita molto prima della nascita di Nixt, e che la gente per centinaia di
migliaia di anni aveva felicemente indossato vestiti creati con altri tipi di
magia. E, sorprendentemente, anche senza la magia nixtiana gli artisti
avevano sporadicamente creato capolavori, i mercanti si erano arricchiti, i
leaders erano diventati potenti e gli amanti avevano fatto conquiste. Più
importante ancora: questi risultati erano stati durevoli in modo
inconcepibile per gli standard moderni.
“Incredibilmente eccitati, questi paleoantropologi portarono le loro
scoperte all'attenzione del loro capo-dipartimento e chiesero di venire
sollevati da qualunque altro incarico in modo da potersi dedicare a tempo
pieno alle antiche tecniche di tessitura e forse perfino scoprire la magia che
utilizzavano. 'Credo di non aver ben capito', disse il capo-dipartimento
dopo aver ascoltato pazientemente. 'Perché è importante sapere cosa
facessero i tessitori prima della comparsa di Nixt?”
Ora la parabola è questa.
“Immagino che capisca i parallelismi con ciò di cui stavamo parlando”,
disse B. “Credo che le sue parole fossero: 'Perché è importante sapere
cos'avesse in mente la gente prima della nostra Rivoluzione Agricola?' Le
serve ancora una risposta a quella domanda?”
“Vorrei poter dire di no”, gli dissi, “ma onestamente non posso. Ecco il
mio problema. Posso capire l'idea che ha motivato noi, perché posso
vedere cos'abbiamo realizzato. Ma non riesco a capire l'idea che ha
motivato i nostri antenati, perché non riesco a vedere cos'hanno realizzato
loro. Per quanto posso vedere, non hanno realizzato nulla. Mi mostri
cos'hanno ottenuto, e forse potrò credere che fossero motivati da un'idea.”
“Cos'avevano realizzato i tessitori pre-nixtiani della mia parabola?”
“Intende dire nel periodo compreso tra la comparsa della loro specie e
la nascita di Nixt?”
“Esatto”, disse B.
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“Immagino che abbiano imparato a tessere.”
“Esattamente. E di sicuro non si è trattato di un risultato insignificante.
I nostri antenati hanno ottenuto qualcosa di simile nei primi tre milioni di
anni della specie umana: impararono come vivere da umani. Come vivere
bene, come avere una vita eccellente. Svilupparono uno stile di vita
unicamente umano, completamente diverso dagli stili di vita degli altri
primati. Uno stile di vita per creature capaci di poesia, filosofia, musica,
danza, mitologia, arte e invenzioni tecnologiche.”
“E c'è un'idea dietro tutto questo?”
“Penso che scoprirà che c'è. A ogni modo, questa è la sfida che mi si
presenta, Jared: rivelarle quest'idea. So che al momento le sembra che tutto
questo – tutta questa nostra bellezza e catastrofe – fosse destinata ad
avvenire. In qualche modo, l'impulso di diventare ciò che siamo oggi era
intrinseco alla specie umana, proprio come l'impulso di diventare una
farfalla è intrinseco a un bruco.”
“Sì, è proprio così che mi sembra stiano le cose.”
“Un giorno, se avrò successo, vedrà che l'umanità non era destinata a
diventare noi più di quanto fosse destinata a diventare i Gebusi. Gli
appartenenti alla nostra cultura non sono lo stadio finale dello sviluppo
umano più di quanto non lo siano i Gebusi.”
“Spero che avrà successo”, dissi. “Lo spero davvero.”
Si alzò in piedi e si aggrappò al portabagagli sopra di lui per
stabilizzarsi. “Ora di fare una passeggiata”, disse dirigendosi verso la
porta.
Mi sedetti e guardai Michael e Shirin per un po', in modo da
incoraggiare la conversazione. Dato che non arrivò, tirai fuori il diario e lo
aggiornai.
Mercoledì, 22 maggio.
Ultima fermata.
Dopo un'ora, Shirin non si disse d'accordo con me che B fosse stato via
troppo tempo – pensava che avesse semplicemente incontrato qualcuno
che conosceva – e Michael come al solito non pensava di avere il diritto di
avere un'opinione al riguardo, quindi andai a cercarlo da solo.
Gli scompartimenti erano separati dal corridoio da pareti con delle
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finestre di vetro, quindi era abbastanza facile vedere chi fosse all'interno, e
B non era nella parte frontale del treno. Alcuni scompartimenti erano bui e
vuoti, e non vidi motivo di controllarli finché non esaurii i luoghi in cui
cercare. Mi resi conto che aveva tanto sonno arretrato quanto ne avevo io,
e dopo il difficile pomeriggio a Stuttgart avrebbe potuto benissimo aver
deciso di sdraiarsi su un sedile vuoto per un sonnellino. Quando finalmente
lo trovai pensai di aver avuto ragione, ma avevo torto. Era sdraiato su un
sedile vuoto, sì, ma non era addormentato: era morto, con gli occhi aperti e
un foro di proiettile nella tempia sinistra.
Forse un giorno metterò per iscritto ciò che passai in quel momento, ma
non ora. Credo che andai vicino a sperimentare ciò che il modo di dire
'perdere la testa' è nato per descrivere, per quanto oggi sia diventato un
banale sinonimo per 'impazzire'. Sapevo di dover tirare il freno di
emergenza e fermare il treno, per quanto non morissi affatto dalla voglia di
farlo. Non sembrava che avessi scelta al riguardo, per quanto molti
passeggeri la pensassero diversamente. Fu un disastro, naturalmente, un
incubo. All'inizio pensai che sarei stato giustiziato sul posto. Alla fine, il
conducente capì che c'era un cadavere. Alla fine, Michael arrivò e fece da
interprete. Alla fine, arrivarono alcuni poliziotti – sembrò che fossero
passate ore – poi ondate di poliziotti, tutti con le stesse domande. Venni
ammanettato due volte e quasi una terza. Il treno venne spostato ad
Hannover, solo pochi chilometri più in là. La notte continuò. Alla fine,
Michael e Shirin convinsero la polizia che ero un assassino molto
improbabile, e mi lasciarono andare dopo aver confiscato il mio
passaporto. A quel punto, era l'alba. Michael trovò un tassista disposto a
portarci a Radenau e ce ne andammo.
Dormii fino alle otto di sera, scesi per mangiare qualcosa e faxai a
Padre Lulfre un appunto che gli spiegasse cos'era successo. Un ufficiale di
polizia con una buona padronanza dell'inglese mi aveva raccomandato di
chiamare se mi fossi ricordato di qualcosa che non avessi detto nella mia
dichiarazione. Lo chiamai e gli raccontai di aver visto Herr Reichmann
nella stazione di Francoforte.
“Come sa che non era lì semplicemente per incontrare qualcuno che era
sul treno?”
“Non lo so. Ma la gente che deve incontrarsi con qualcuno non si
avvicina al treno come ha fatto lui. Rimane indietro, così può vedere quelli
che scendono dal treno per tutta la sua lunghezza.”
“Buona osservazione”, concordò il poliziotto. “Diciamo che è salito sul
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treno. Pensa che avesse una ragione per fare del male al suo amico?”
“No, non credo.”
“Allora qual è il punto?”
“Mi ha detto di chiamare se mi fossi ricordato di qualcosa. È quello che
sto facendo.”
“Bene. Lo apprezzo. A proposito, i test sulle sue mani sono negativi per
tracce di polvere da sparo.”
“Questa è una novità per lei ma non per me”, gli dissi. “Sapevo già che
non c'era polvere da sparo sulle mie mani. Posso riavere il passaporto?”
“In un giorno o due. Vogliamo solo poterle parlare se ce ne fosse
bisogno.”
Ci salutammo.
Mi sentivo mezzo morto anch'io. Non volevo pensare, non volevo
ricordare, non volevo fare niente. Tirai fuori la bottiglia di scotch e bevvi
un bicchiere, ma non volevo fare neanche quello.
Mi sdraiai sul letto ancora vestito, chiusi gli occhi e dormii per dieci
ore filate.
Giovedì, 23 maggio.
Radenau: sesto giorno.
Padre Lulfre mi telefonò alle otto di mattina e iniziò la conversazione
dicendomi, in tono di leggero rimprovero, che era mezzanotte dove si
trovava.
“Non le ho chiesto io di chiamare”, ribattei. Ci fu un lungo silenzio,
mentre Padre Lulfre evidentemente decideva che la cosa migliore era non
dire nulla.
“Quando tornerà a casa?”, chiese infine.
“Non lo so. La polizia mi sta trattenendo il passaporto.”
“Perché?”
“Per tenermi in Germania, ovviamente.”
“Non hanno preso l'assassino di Atterley?”
“Per quanto ne so, non hanno la minima idea di chi sia, tantomeno un
sospettato. Mi creda, non mi tengono aggiornato.”
“Cosa ha detto loro sulla sua missione lì?”
“Proprio niente. Tutto quello che vogliono sapere è: 'Aveva litigato con
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lui? Portava una pistola? Gli ha sparato?' Non hanno il minimo interesse
nella storia della mia vita. Forse ce l'avranno un giorno, ma non ora.”
“Dovrei farle avere un avvocato?”
“Non a questo punto. A parte il fatto che ho trovato il corpo, non hanno
alcuna ragione di pensare che abbia avuto qualcosa a che fare con la sua
morte.”
Padre Lulfre sembrò riflettere per un minuto, poi disse, con la comoda
certezza di qualcuno a seimila chilometri di distanza: “Non la potranno
tenere lì all'infinito.”
“Glielo dirò. Che fretta c'è?”
“Nessuna fretta. È solo che non ha altro da fare lì, quindi immaginavo
che fosse impaziente di tornare a casa.”
Mi chiesi perché pensasse che avessi bisogno di sentirmelo spiegare,
ma lascia perdere. “La contatterò quando saprò di più”, dissi.
“Le serve qualcosa?”
“Ho un'American Express e una Visa Gold. Come potrebbe servirmi
qualcosa?”
“Jared, sta cominciando ad allarmarmi.”
“Non mi sono divertito molto, di recente.”
“Presto sarà tutto finito”, disse Padre Lulfre, e chiudemmo lì la
conversazione.
Mi feci una doccia, mi vestii, feci colazione e uscii a fare una
passeggiata – qualcosa che non avevo mai fatto in questa città in pieno
giorno. Non era un luogo in cui ci si potesse perdere, era stato progettato
con troppa logica teutonica perché fosse possibile. Per puro caso, a un
certo punto mi ritrovai nella stessa strada del negozio di Gustl Meyer. Il
vecchio mi guardò sorpreso quando entrai. Gli chiesi se sapeva cos'era
successo a B, e lui disse che l'aveva letto sul giornale. Gli spiegai che non
conoscevo abbastanza il tedesco da leggere il giornale, quindi non sapevo
se la polizia avesse arrestato qualcuno.
“Oh, non troveranno nessuno da arrestare”, mi assicurò.
“Perché dice così?”
Scrollò le spalle. “Charles era un uomo destinato a venire ucciso.”
Sembrava pensare che questo spiegasse tutto.
Di nuovo nella tana.
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Dopo pranzo andai al teatro, sperando che Shirin e Michael fossero lì.
C'erano. Così come Frau Hartmann, la ragazza americana, Bonnie, e i
Teitel. Non mi aspettavo che nessuno fosse particolarmente felice di
vedermi, e nessuno lo era. A eccezione di Shirin, seduta nella poltrona di
B, tutti erano al solito posto. Forse volevano conservare un minimo di
continuità almeno in quello. Nessuno stava parlando.
Mi sedetti e chiesi loro quale fosse la teoria prevalente: chi aveva
ucciso B e perché?
Mi guardarono vacui, a parte Shirin, che disse: “Non la chiamerei una
teoria. La sensazione comune sembra essere che B sarebbe ancora vivo se
lei non fosse arrivato.”
“Sono contento che non sia una teoria. Riconoscete la fallacia coinvolta
– post hoc, ergo propter hoc – è successo dopo, quindi è successo per
questo. Secondo questo ragionamento, il matrimonio è la causa di ogni
divorzio.”
“Non provi a darci lezioni, Jared.”
“Non lo farò se non mi accuserete della morte di B.”
“Perché crede che sia stato ucciso?” Questo era Michael.
“Non lo so. Le possibilità sono troppo numerose e non ho modo di
sfoltirle. Ovviamente molte persone erano infastidite da ciò che stava
dicendo.”
“Questo non è stato fatto da qualcuno che semplicemente non
apprezzava ciò che B diceva”, disse Shirin. “Questo è stato fatto da
qualcuno che sapeva che B sarebbe stato su quel particolare treno.
Qualcuno che è salito su quel treno per ucciderlo.”
“O qualcuno che è salito su quel treno per uccidere chiunque fosse
disponibile.”
“Se è salito sul treno per uccidere a casaccio, perché ha ucciso solo B?”
“Non lo so. Forse una vittima era sufficiente. Forse nessun altro era
vulnerabile come B.”
“Come si chiama il suo capo? Il tizio che l'ha mandata qui?”, chiese
Bonnie.
“Padre Lulfre.”
“Forse Padre Lulfre lo ha fatto uccidere.”
“Perché avrebbe dovuto?”
“Non l'ha mandata qui per scoprire se B fosse l'Anticristo?”
“Be', solo per farla semplice, diciamo che l'ha fatto. Allora?”
“Allora, forse ha deciso che B era l'Anticristo.”
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Scossi la testa. “Di sicuro non avrebbe potuto deciderlo solo sulla base
di quello che ha sentito da me, e anche se lo avesse fatto, non avrebbe
reagito facendolo uccidere. Guardi troppa televisione, Bonnie. Padre
Lulfre è un archeologo e uno psichiatra, non un capomafia.”
Bonnie fece un mezzo sorriso, come se mi stessi comportando in modo
incredibilmente ingenuo – o deliberatamente stupido.
Nessuno sembrava avere altro da aggiungere.
Seduto in mezzo a tutte quelle persone silenziose, cominciai a
chiedermi se non avessi interrotto un incontro di qualche tipo – un incontro
al quale non ero stato invitato. Decisi che si trattava di qualcosa che
dovevo scoprire, e stavo riflettendo su come chiederlo quando un insieme
di passi risuonò nella scala a chiocciola sopra di noi. Mi guardai attorno
per capire se stessero aspettando qualcun altro, ma mi sembrò che non
fosse questo il caso. Tutti rimasero in tensione finché emerse un gruppo di
quattro o cinque persone. Andavano dall'adolescenza alla mezza età, vestiti
con uno stile arrabattato che andava dallo hippie al punk. Si fermarono
sulle scale per darci una lunga occhiata, come se fossimo reperti in un
museo. Poi, dopo essersi guardati tra loro, finirono la discesa e si fecero
strada fino a dove eravamo.
“Siamo venuti giusti?”, chiese il capo, un uomo barbuto sui
quarant'anni. “Veniamo da Svezia, e ci hanno detto di andare nel teatro a
Radenau e nei sotterranei perché si incontrano lì.”
Mentre continuavamo a fissarli stupidamente, fece un sorriso
speranzoso a ognuno di noi. Alla fine, ancora sorridendo (anche se ora in
modo dubbioso), disse: “Chi è quello che chiamano B?”
Dato che nessun altro sembrava disposto a farlo, mi presi la briga di
rispondere.
“B non c'è.”
“Oh, sta' zitto, stupido”, disse Shirin. Poi, alzandosi in piedi e girandosi
verso i nuovi arrivati, pronunciò tre parole che – lo capii istantaneamente –
avrebbero ridotto la mia vita a brandelli:
“Io sono B.”
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Parte Due
Venerdì, 24 maggio (due di notte).
Temporeggiando.
Una delle cose che sono state decise ieri è che B parlerà pubblicamente
domani notte. Questo viene visto come “risalire in sella al cavallo che ti ha
disarcionato”. Nessuno ha chiesto la mia opinione, ossia che programmare
la lezione fra una settimana avrebbe avuto lo stesso effetto e avrebbe dato
alla voce il tempo di spargersi un po'. Ho detto che avrei aiutato a
sistemare i manifesti, ma dovrò rinunciarci se voglio dormire un po' (cosa
che ho intenzione di fare a qualunque costo).
Non mi rimane molto tempo. Il passaporto mi è stato restituito alcune
ore fa, e devo dare per scontato che Padre Lulfre lo verrà a sapere quasi
immediatamente, dato che ha le sue fonti. Posso guadagnare un po' di
tempo (ma non molto) dicendo che la polizia mi ha chiesto di restare nei
paraggi in caso trovassero Herr Reichmann, l'anziano gentiluomo che
prima mi ha indirizzato verso B e poi è salito sul nostro treno a Francoforte
la notte del suo omicidio. Se gli fosse venuto in mente, probabilmente mi
avrebbero chiesto di restare nei paraggi per quel motivo – o per qualunque
altro.
Shirin; Jared.
Dopo avermi rimesso al mio posto, B parlò per circa un'ora con gli
svedesi. (A essere onesti vorrei disperatamente chiamarla Shirin, ma farlo
significherebbe allinearmi con gli stranieri, come, diciamo, sua madre o i
suoi medici; ho la sensazione che negare che Shirin sia B significherebbe
negare che lo fosse Charles.) Diede loro una panoramica di base sugli
insegnamenti di B e promise di incontrarli di nuovo l'indomani. Poi mandò
via tutti in modo da potermi parlare in privato.
Non lo fece subito. Non sapevo cosa volesse dirmi, e lei non sembrava
avere voglia di dirmelo. Dopo alcuni minuti fu ovvio che non volesse
parlarmi per niente, così le chiesi perché si prendesse la briga di provarci.
La domanda le fornì un minimo di concentrazione, perché la fece
101
arrabbiare.
“Poco fa ti ho chiamato uno stupido, e devo dire che sei davvero uno
degli uomini più stupidi che abbia mai conosciuto. Capisci perché?”
Ammisi di no.
“Ho conosciuto tanti uomini molto meno intelligenti, con nessuna
capacità mentale degna di essere menzionata, ma non ho mai incontrato
uno con tanto potenziale usato così poco.”
Risi, una di quelle risate sconsiderate e amare che erano la specialità di
Bettie Wooster. “Mi sembra di sentir parlare il mio consigliere di facoltà a
scuola”, le dissi. “Non hai idea di quanto suoni come lui.”
Sospirò, e potei vedere la rabbia scivolarle via. Inaspettatamente, si
scusò per aver perso la pazienza. “Devo trovare il modo di adattarmi a te,
Jared. Vedi, quello che trovo insopportabile di te è proprio quello che
Charles trovava utile. Tu sei in grado di conservare delle informazioni
nella tua mente per un tempo incredibilmente lungo senza trarre una
conclusione. A me, questa sembra stupidità. A Charles, sembrava...
Qualcos'altro.”
“Vuoi dire che mi ci vuole molto tempo per capire le cose.”
“Questa è l'impressione che ho io. A Charles invece sembrava che tu
avessi una straordinaria capacità di non saltare alle conclusioni. Di
resistere alla tentazione di capire troppo in fretta. Di dominare l'impulso di
aggrapparti a qualcosa, anche se non era ciò che stava dicendo.”
“Caspita”, dissi. “Che cosa fantastica in cui eccellere.”
“Non provocarmi, Jared, e io cercherò di fare altrettanto. Ma dove sei
un disastro, è nell'avere a che fare con persone come Padre Lulfre. Tu
pensi che spostare il pedone verso la regina sia un'ottima mossa, ma nel
tempo che ti ci vuole per farlo, lui ha portato avanti entrambi i cavalli,
entrambi gli alfieri e ha arroccato. È sempre otto mosse avanti a te.”
“Cosa c'entra adesso Padre Lulfre?”
“C'entra a causa tua, ovviamente. Ti ha fatto entrare in questa storia due
settimane fa e può tirartene fuori quando vuole.” Inclinò la testa da un lato.
“A meno che tu non sia pronto ad abbandonare la tua vocazione.”
“Non lo sono.”
“Allora ecco cosa devi affrontare adesso: Padre Lulfre ti conosce bene
almeno quanto me. Questo significa che, consapevolmente o meno, ha
scelto te perché sa che non arriverai a delle conclusioni che vuole tenersi
per sé.”
“Ora credo di capire”, dissi, “come si sente un ritardato quando
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finalmente capisce di esserlo.”
“Non essere ridicolo.”
“Ho una domanda che non ho il diritto di chiedere ma che farò
comunque. Che rapporto avevi esattamente con Charles?”
Mi lanciò un'occhiata gelida, che le restituii.
“Non ti sei azzardato a chiederlo a Charles.”
“Infatti.”
“Ma ti azzardi a chiederlo a me. Perché?”
“Perché tu sei quella da cui voglio sentirlo.”
“Perché?”, domandò fissandomi.
“Se Padre Lulfre è otto mosse avanti a me, allora tu sei almeno quattro
mosse avanti, nel qual caso sai già perché. Io sono ancora alla prima mossa
che cerco di capirlo.”
B mi guardò a lungo, cercando di orientarsi in questo caos. Non sono
sicuro se fosse troppo complicato per lei o se avesse solo deciso di fingere
che lo fosse, ma in ogni caso alla fine disse: “B e io non eravamo amanti.”
“Capisco. Niente da aggiungere?”
“Eravamo esattamente ciò che hai visto. Cosa hai bisogno che ti
spieghi?”
“Nulla”, dissi. “È solo che non avevo capito di essere testimone di un
miracolo. Amicizie come la vostra sono una su un miliardo. Eravate
dannatamente fortunati, tutti e due.”
Rimase seduta per un minuto immobile come una roccia, rifiutandosi di
lasciarmi vedere le lacrime riempirle gli occhi, e se fossi stato tanto
stupido da aprire bocca o allungare una mano, probabilmente mi avrebbe
steso. Alla fine si strofinò via le lacrime, senza preoccuparsi di farmelo
vedere perché la faccenda era chiusa.
“Tanto per cambiare”, dissi, “non so che sta succedendo. Che stiamo
facendo qui?”
“Sto riprendendo la tua istruzione da dove Charles l'ha lasciata.”
La fissai per un attimo, poi le chiesi perché volesse farlo. “So perché
Charles l'avrebbe fatto, ma non perché lo faresti tu.”
“Probabilmente non ti piacerà questa risposta”, disse dopo un momento
di riflessione, “ma è l'unica che ho. Tu vedi quest'istruzione come un
favore che ti stiamo facendo, non come una necessità. Noi la vediamo
come una necessità, perché stiamo giocando quattro mosse avanti a te.
Puoi accettarlo?”
“Immagino di doverlo fare.”
103
“Quando ti metterai al passo con noi, ne vedrai la necessità tu stesso.
Non avrai alcun dubbio al riguardo.”
“Avevi ragione”, dissi. “Non mi è piaciuta come risposta.”
Difendere il varco.
“Quando Charles ha cominciato, credevamo di avere settimane. Con la
sua uccisione, ora credo di avere giorni, forse ore.”
Le chiesi cosa la morte di Charles avesse a che fare con il tempo a
nostra disposizione, ma lei si limitò a scuotere la testa e proseguì.
“Charles usava i propri metodi, naturalmente, ma a essere onesti li
trovavo troppo cerebrali e indiretti. Io devo cominciare a un livello più
elementare.”
“Va bene”, dissi dubbioso. “Vorresti cominciare proprio adesso?”
“Hai altri impegni?”
“No, certo che no.”
“Se ti aspetti che porti il lutto per un mese, ti sbagli. Non può
succedere. Non ora. Non in queste circostanze.”
“Mi dispiace. Continua.”
“Charles non voleva trasportarti attraverso il varco, Jared. Voleva che lo
saltassi da solo, ecco perché ha proceduto come ha fatto. Capisci cosa sto
dicendo?”
“Stai parlando del salto che devo fare per arrivare alla conclusione che
voleva farmi raggiungere?”
“Esatto. Ogni frase che ha pronunciato era progettata per estendere la
tua strada di un centimetro. Stava chiudendo il varco un sassolino per
volta, sperando che alla fine facessi il salto da solo.”
“Ma non l'ho mai fatto.”
“Non l'hai mai fatto. Io non ho la pazienza di seguire quella procedura,
Jared – la pazienza o il tempo. Io ti scaraventerò attraverso il varco.
Comincerò dalla conclusione.”
Attese una mia risposta, e immagino che avrei potuto dire 'Va bene' o
'Sembra grandioso', ma non suonava affatto grandioso. Suonava come la
fine... Il che, naturalmente, è proprio ciò che una conclusione è.
“Va bene”, dissi, “sembra grandioso.”
Mi indirizzò un'occhiata dubbiosa, come se non ci credesse più di
quanto ci credessi io. Poi continuò: “Ecco qualcosa che voglio che tu mi
dica, Jared. Tu sei un prete della Chiesa Cattolica Romana. Capisci cosa il
104
messaggio di Gesù volesse ottenere, non è vero?”
“Sì, penso di sì.”
“Lo capisci o no?”
“Lo capisco.”
“Dimmi in due parole qual era lo scopo di Gesù.”
“In due parole?”
“O me lo dici tu o te lo dirò io. In due parole, cosa voleva fare Gesù?”
“Salvare anime.”
“Questa non è solo l'interpretazione della Chiesa Cattolica, vero?
Potresti chiederlo a ogni Ordine cristiano sulla faccia della Terra e si
direbbero tutti d'accordo, non è così?”
“Sì, penso di sì. Probabilmente è l'unica affermazione su cui sarebbero
tutti d'accordo.”
“Non è venuto per salvare le balene, vero?”
“No.”
“Non è venuto per salvare foreste o paludi, vero?”
“No.”
“Ora dimmi cosa pensi che noi stiamo facendo, Jared. Cosa stiamo
cercando di ottenere noi?”
“Che vuoi dire?”
“Te lo chiederò in modo diverso. Sappiamo che cosa volesse fare Gesù.
Ma che cosa vuole fare B?”
“Non lo so”, dissi allarmato.
“Lo sai, Jared. Qual è l'argomento di questa nostra conversazione?
Qual è l'argomento di tutte le nostre conversazioni?”
Scossi la testa.
“Salta, Jared. Il varco è ampio solo cinque centimetri. Tre parole te lo
faranno attraversare.”
La fissai, immobile.
“Parla, dannazione! Non farmelo dire al posto tuo. Qual è l'argomento
di tutte le nostre conversazioni? Di tutti i nostri discorsi?”
Riuscii a farmi uscire un gracidio rauco: “Salvare il mondo.”
“Salvare il mondo, naturalmente. Ce l'hai avuto davanti al naso per
tutto il tempo. Ora, Jared, parleremo di questa faccenda dell'Anticristo.
Proprio adesso. Va bene?”
“Va bene.”
“È per questo che sei qui, non è vero?”
“Sì.”
105
“Ora, nella storia dell'Anticristo, si è sempre saputo che sarebbe stato
l'opposto di Cristo. Se Cristo era venuto per la salvezza delle anime, allora
l'Anticristo sarebbe venuto...”
“Per la loro dannazione.”
“Assolutamente. Se Cristo predicava retta via e bontà, allora
l'Anticristo avrebbe predicato...”
“Peccato e malvagità.”
“Questo è il modo in cui l'Anticristo è stato inteso tradizionalmente.
Ma, per come ho interpretato quello che ci hai detto, teologi più sofisticati
hanno superato quest'interpretazione tradizionale. Loro si rendono conto
che, se le profezie sull'Anticristo sono degne di fiducia, non saranno
realizzate da qualcuno che predichi peccato e malvagità – non in
quest'epoca. Che peccati e malvagità potrebbe tirar fuori un predicatore
che non farebbero sbadigliare di noia un pubblico di moderni spettatori
televisivi?”
“Nessuno”, concordai.
“L'Anticristo tradizionale predicatore di peccato e malvagità non
causerebbe nemmeno una crepa nel mondo moderno, quindi...”
“Quindi?”
“Pensa, Jared. Se un predicatore di peccato e malvagità non sarebbe
efficace come Anticristo, allora...”
“Allora l'Anticristo sarà qualcosa di diverso.”
“Allora l'Anticristo sarà l'opposto di Cristo in un senso diverso.”
A questo punto voleva chiaramente una reazione, così dissi: “Capisco.
L'Anticristo sarà l'opposto di Cristo in un altro senso.”
“In quale senso?”
“Non lo so.” Non lo sapevo davvero.
“Andiamo, Jared. Il varco è largo cinque centimetri.”
Scossi la testa.
“Proviamo a rivedere il tutto”, disse lei. “Lo scopo di Cristo è...”
“Salvare anime.”
“Ma salvare anime non è lo scopo di B, non è vero?”
“No”, risposi.
“Lo scopo di B è salvare il mondo.”
“No”, ripetei, rifiutandomi di vedere la luce.
“Vuoi dire sì, Jared. Questa è la contrapposizione che vede Padre
Lulfre. Non salvare anime contrapposto a dannare anime, ma piuttosto
salvare anime contrapposto a salvare il mondo. Questo è il motivo per cui
106
sei stato mandato. Questo è ciò che rende B un candidato.”
“No!”
“Perché dici di no? Charles ti ha detto e ripetuto che alla fine avresti
capito perché la gente lo chiamava l'Anticristo. È di questo che stava
parlando.”
“Dico di no perché se cercare di salvare il mondo ti rende l'Anticristo,
allora Greenpeace è l'Anticristo, Earth First è l'Anticristo, Nature
Conservancy è l'Anticristo, il World Wildlife Fund è l'Anticristo.”
“Jared, queste organizzazioni non stanno affatto cercando di fare ciò
che sta cercando di fare B. Neanche lontanamente. Questo lo sai.”
“Non lo so.”
Le sfuggì una piccola risata esasperata. “Sei un mistero, Jared, lo sei
davvero. Per te, un varco di cinque centimetri potrebbe tranquillamente
essere il Grand Canyon.”
Una passeggiata pericolosa.
“Io sono B”, disse Shirin, “ma non sono un'insegnante esperta. Dopo
aver detto che non avrei seguito la pratica di B di spingerti a superare i
varchi, ho immediatamente cominciato a farlo.” Tacque e osservò
dubbiosamente la nostra strana, sfarzosamente trasandata caverna teatrale.
“Penso che dovremmo uscire di qui, per cominciare. Fare un
cambiamento.”
Mi dissi d'accordo e uscimmo.
“Ti dispiace camminare?”, chiese.
“Per niente, ammesso che non stiamo andando a Little Bohemia.”
Sorrise. “Quello era il punto di ritrovo di Charles, non il mio. C'è un
piccolo parco a un paio di chilometri da qui che potrebbe esserci utile.”
Mi chiesi come potesse un parco esserci 'utile', ma dissi che andava
bene. Camminammo attraverso il lungo crepuscolo.
A casa, non faccio mai lunghe passeggiate con belle donne durante
piacevoli serate primaverili. Non sarebbe gradito dal resto della comunità,
e io non sono completamente pazzo.
Ho desiderato spesso che qualcuno scrivesse un libro sulla reale vita dei
preti cattolici. Questo non perché un libro simile potrebbe includere cose
che già conosco, ma perché potrebbe includerne alcune che non conosco.
Ho la netta impressione che i preti abbiano più tresche (e con esiti più
disastrosi) di qualunque altra categoria sul pianeta, compresi liceali e stelle
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del cinema. E non si tratta di grandiose, drammatiche relazioni proibite
alla Uccelli di Rovo. Sono imbarazzanti, maldestri, ridicoli fiaschi perché,
per come stanno le cose, i preti non hanno quasi nessuna possibilità di
imparare dai propri errori in modo normale. (Una cosa di cui un libro
simile dovrebbe assolutamente parlare è la risibile idea che i preti imparino
tutto sulla vita nel confessionale.)
Fatemi subito precisare che non parlo di tresche disastrose per
esperienza personale. Se ho evitato relazioni romantiche non è perché sono
nobile e devoto alla causa, ma per gli stessi motivi per cui ho evitato il
paracadutismo, il deltaplano e le corse clandestine. Le occasioni sono
abbondanti e vanno da quelle esplicite a quelle a malapena riconoscibili,
non solo per me ma per tutti i preti. In parte è che le donne ci ritengono
sicuri (sono certe che non diventeremo esigenti e stressanti), in parte è che
ci vedono come una sfida sessuale, e in parte è che ci confondono con il
ruolo che interpretiamo. Siamo addestrati e perfino pagati per essere
premurosi, sensibili, comprensivi, saggi e autoritari, e questo può eccitare
molte donne – che diavolo, anche molti uomini.
Un'altra cosa che un libro del genere dovrebbe precisare è che i voti
sono voti, e quelli clericali sono seri quanto quelli matrimoniali. La
maggior parte delle persone sposate non crollano in pezzi se gli capita di
infrangere i loro voti e, a dire la cruda verità, lo stesso vale per i preti –
tranne che in film e romanzi. Lì avere una relazione fa precipitare il prete
in una terribile crisi esistenziale; nella vita reale, avere una tresca di solito
gli causa solo un sacco di guai. Di nuovo, parlo per quello che ho visto
osservando i miei colleghi, non per esperienza personale. Finora.
Pensai a queste cose mentre passeggiavo in una piacevole serata
primaverile con una bella donna al mio fianco. Molto lontano da casa,
dove non mi sarei mai sognato di fare una cosa simile. Mi venne in mente
senza che potessi controllarmi. Non sono fatto di ferro.
“Come conosci il linguaggio dei segni”, le chiesi.
“I miei genitori erano sordi.”
Non era un granché come conversazione da avere in una situazione così
romantica, pensai.
Cautamente, indagai: “È lo stesso sia in America che in Germania?”
“No, in realtà è diverso.”
Continuai: “Quando stavi parlando a segni sul palco con Charles,
sapevi se qualcuno nel pubblico ti avrebbe capito?”
“No. E se vuoi chiedermi perché mi sono presa il disturbo di farlo, la
108
risposta è che l'ho fatto per me stessa. È un linguaggio diverso.”
“Lo so, ma cosa c'entra?”
“Quando parli con il linguaggio dei segni, devi pensare in modo
diverso. Molto, molto diverso.” Avanzammo in silenzio per un po'. “È
difficile da spiegare a qualcuno che non lo conosce”, aggiunse infine.
“Tradurre in segni non è come tradurre in un altro linguaggio parlato. Devi
ripensare i concetti dalle fondamenta.”
“Charles sapeva farlo?”
“Poteva capire molto, ma non sapeva esprimersi un granché.” Con la
coda dell'occhio, vidi un piccolo sorriso passarle sulle labbra. “Ma quando
lo faceva aveva uno stile straordinario, molto personale.”
Nello stomaco mi si formò un pesante grumo di gelosia. Capii di essere
in guai grossi.
Confini.
Il piccolo parco di Shirin mi sembrò piuttosto grande, nell'oscurità. Non
so se si trattasse di un parco che era andato in rovina o se fosse stato
progettato intenzionalmente in quel modo, come una selva con sentieri
appena accennati, niente luci e delle occasionali panchine. Non sono un
esperto di parchi o di selve. Camminammo per una decina di minuti, poi ci
fermammo su una panchina. Con gli alberi a bloccare la poca luce che era
rimasta in cielo, avrebbe potuto benissimo essere mezzanotte.
“I confini sono sempre una cosa complicata e ingannevole”, disse B
alla fine. “I bambini cresciuti da soli nella giungla ci affascinano perché
sono al limite del mondo animale. Gorilla e delfini ci affascinano perché
sono al limite del mondo umano. Anche se sono una semplice conseguenza
del fatto che usiamo un sistema di numerazione decimale, i confini tra
secoli e millenni ci affascinano. I folli di Shakespeare ci affascinano
perché vivono al confine tra sanità mentale e pazzia. Gli eroi tragici ci
affascinano perché camminano al limite tra trionfo e sconfitta. I confini tra
pre-umano e umano, tra infanzia ed età adulta, tra generazioni, tra nazioni
e popoli, tra paradigmi sociali e politici, sono tutti profondamente
affascinanti.
“Il confine su cui Charles e io abbiamo cercato di farti concentrare, è
quello che venne attraversato quando un popolo che viveva nella
Mezzaluna Fertile diecimila anni fa divenne noi. Tu sai che varcare quel
confine ci ha portato a un particolare stile di agricoltura che produce
109
enormi eccedenze di cibo. Sai che ci ha dato lo stile di vita più faticoso
mai praticato sul pianeta. Ma queste sono considerazioni superficiali.
Charles voleva farti vedere che questo confine ha rappresentato un
fondamentale cambiamento mentale e spirituale. Charles ha cercato di
fartelo vedere portandoti indietro fino a questo confine a partire dal nostro
lato, dal momento presente, ma io userò il percorso opposto. Cercherò di
farti capire il significato di questo attraversamento portandotici a partire
dall'altro lato, dalle nostre origini nella comunità della vita.”
La sentii rabbrividire, più che vederla, e lei dovette aver percepito la
mia domanda, perché disse: “Non ho freddo, sono terrorizzata.”
“Perché?”
“Charles avrebbe potuto farlo... L'avrebbe fatto come prossima lezione.
Ma sperava di non doverlo fare. Questo è molto più... Difficile.”
Le parole 'Mi dispiace' mi uscirono quasi di bocca, ma riuscii a
trattenerle.
B fissò nel vuoto per alcuni minuti, poi disse: “L'illusione
fondamentale dei Prendi è che l'umanità fosse progettata – e quindi
destinata – a diventare noi. Questa è l'idea gemella di quella secondo cui
l'intero universo è stato creato per ospitare questo pianeta. Sorrideremmo
con condiscendenza se i Gebusi ci dicessero che l'umanità era destinata a
diventare loro, ma siamo perfettamente soddisfatti con il credere che fosse
divinamente destinata a diventare noi.”
“Penso di cominciare a capirlo, anche se di sicuro non l'avevo capito
all'inizio quando Charles disse 'Noi non siamo l'umanità'.”
B annuì distrattamente, come se cercasse di restare aggrappata a un
pensiero sfuggente. “Dato che siamo convinti che l'umanità fosse destinata
a diventare noi, immaginiamo che i nostri antenati preistorici cercassero di
diventare noi, ma semplicemente non avessero gli strumenti per riuscirci.
Attribuiamo ai nostri antenati le nostre stesse tendenze e preferenze, per
quanto in una forma primitiva e non evoluta. Per esempio, dato che diamo
per scontato che le nostre religioni rappresentino il più alto risultato
spirituale mai raggiunto dall'umanità, ci aspettiamo di trovare tra i nostri
antenati solamente delle rozze imitazioni di queste religioni. Non ci
aspettiamo certo di trovare religioni complete e perfettamente sviluppate
che però si esprimono in modi totalmente diversi dalle nostre.”
“Verissimo”, dissi.
“A quale sviluppo facciamo risalire la nascita del pensiero religioso?”
“Direi che la facciamo risalire alla pratica di seppellire i morti, che è
110
cominciata trenta o quarantamila anni fa.”
B annuì. “Il che è esattamente come far coincidere la nascita del
linguaggio umano con l'invenzione della scrittura, che risale a circa
cinquemila anni fa.”
“Capisco cosa intendi... Credo.”
“A un linguista non verrebbe mai in mente di cercare le origini del
linguaggio umano in tavolette d'argilla mesopotamiche, non è vero?”
“Certamente no”, dissi.
“Dove cercherebbe un linguista le origini del linguaggio umano?”
“Penso che tornerebbe indietro fino alle origini della vita umana
stessa.”
“Perché essere umani significa avere un linguaggio.”
“Direi di sì.”
“Se gli Homo habilis non avevano un linguaggio, allora non si meritano
il nome Homo.”
“Credo di sì.”
“Che metodo userà il nostro ipotetico linguista?”
“Direi che userà più la filosofia e la speculazione che la linguistica.
Non ha a disposizione un antico esemplare umano il cui linguaggio possa
essere studiato.”
“Si troverà costretto a vagare in una di quelle affascinanti zone di
confine. Da un lato, creature umanoidi senza strumenti di applicazione del
linguaggio (come anche gli attuali scimpanzé), dall'altro, persone.”
“Esatto”, dissi.
“Ma non si metterà a studiare nessuna tavoletta d'argilla.”
“No, nemmeno per un minuto.”
“Bene, perché non intendo spendere nemmeno un minuto ad analizzare
le pratiche di sepoltura del Paleolitico Superiore. Sono tanto irrilevanti per
la nascita delle religioni quanto le tavolette d'argilla sono irrilevanti per la
nascita del linguaggio.”
“Lo capisco.”
Bricolage.
“Il linguista e io dobbiamo entrambi fare bricolage, che è la pratica di
costruire con qualunque cosa ci capiti sottomano. Viene dal francese
bricoler, arrangiarsi con ciò che si ha. Dobbiamo entrambi fare del nostro
meglio con quello che abbiamo a disposizione in questa strana zona di
111
confine abitata da quasi-umani da un lato e da umani completi dall'altro.”
“Quindi dai per scontato che essere umani significhi essere religiosi,
proprio come il linguista dà per scontato che essere umani significa avere
un linguaggio.”
“Essendo una bricoleur, non faccio nulla di così preciso, Jared. Mi
limito a procedere per tentativi. Mi chiedo se esista una dimensione di
pensiero intrinsecamente religiosa. Mi dico che forse il pensiero è come un
tono musicale, che (in natura) non è mai un tono singolo e puro, ma è
sempre composto da varie armoniche e sfumature diverse. E mi dico che
forse quando i processi mentali diventano pensieri umani, cominciano a
risuonare con un'armonica che corrisponde a ciò che chiamiamo religione
o, più fondamentalmente, consapevolezza del sacro. In altre parole, mi
chiedo se la consapevolezza del sacro, anziché essere un concetto separato,
non sia solo una sfumatura del pensiero umano stesso. Una congettura di
questo tipo può contenere scientia, conoscenza, ma dato che non è
falsificabile non può essere definita scienza nel senso moderno del
termine. Un lavoro di bricolage non è mai scienza, Jared, ma può
comunque sconcertare, avere significato e stimolare il pensiero. Può
impressionare con la sua veracità, coerenza e logica.”
“Capisco.” Mi sembrò che tutto questo discorso le servisse per farsi
coraggio. Non sapevo perché ne avesse bisogno o come aiutarla, quindi
continuai ad annuire e dire: “Capisco, capisco.”
Alla fine alzò gli occhi sugli alberi sopra di noi e disse: “La luna è
alta.” Come se fosse un segnale, si alzò e mi condusse per un sentiero
attraverso il bosco. Nei minuti successivi rallentò varie volte per guardarsi
intorno (per cercare cosa non so), poi proseguì. Ogni tanto si fermò a
raccogliere qualcosa dall'erba. Alla fine arrivammo a una radura che
sembrò piacerle e ci sedemmo.
Mi mostrò le cose che aveva raccolto lungo la strada: un chiodo, una
vecchia cartuccia di fucile, il contenitore di un rullino, una graffetta, un
pettine di plastica e una ghianda. Dietro sua richiesta, le mostrai cos'avevo
in tasca e lei scelse una chiave e una penna da aggiungere alla collezione.
“Questo è ciò che l'universo mi ha fornito stanotte, Jared. Dovremo
vedere che cosa riuscirò a farci.”
Improvvisamente mi ricordai il fossile di ammonite nella tasca della
mia giacca. Lo guardò con evidente sorpresa quando glielo porsi, e io le
spiegai che Charles me l'aveva dato per conservarlo finché non fossimo
arrivati a parlarne (cosa che non avevamo mai fatto).
112
“Questo sarà l'elemento centrale del nostro lavoro di bricolage”, disse,
mettendolo a terra tra di noi. “Charles aveva in mente uno scopo diverso –
sono abbastanza sicura di sapere quale fosse, e ci arriveremo a tempo
debito – ma nel frattempo ci servirà come il pezzo della composizione a
cui tutti gli altri dovranno aggrapparsi. È la comunità della vita su questo
pianeta.”
“Va bene.”
“Alcuni minuti fa ho detto che forse, quando i processi mentali
divennero pensieri umani, cominciarono a risuonare con l'armonica che
corrisponde a ciò che chiamiamo religione, o consapevolezza del sacro.”
“Mi ricordo.”
“Voglio che pensi a questo fossile come alla comunità della vita. Voglio
che pensi che se impari ad ascoltarlo, comincerà a risuonare con
quell'armonica. Puoi farlo?”
“Posso provarci.”
Animismo.
“Una volta c'era una religione universale su questo pianeta, Jared”,
disse B. “Lo sapevi?”
Risposi di no.
“La gente rimane quasi sempre sorpresa da questa notizia. A volte
qualcuno pensa che mi stia riferendo a quella che viene chiamata la
'Vecchia Religione' – paganesimo, wicca – ma naturalmente non è così.
Innanzitutto, il paganesimo non è affatto antico. È una religione di
agricoltori in tutto e per tutto, il che significa che ha solo pochi millenni, e
non è mai stata una religione universale, per il semplice motivo che
l'agricoltura non è mai stata universale. Molto spesso – quasi sempre, in
effetti – nessuno riconosce il nome della religione di cui sto parlando, che
naturalmente è l'animismo. Non l'hanno mai nemmeno sentita nominare.”
“Non fatico a crederci”, dissi.
“Tu la conosci?”
“Credo sia meglio che tu parta dal presupposto che non la conosca. Le
persone nella mia posizione, con il mio addestramento, sono consapevoli
dell'animismo come i chimici moderni sono consapevoli dell'alchimia.”
“Vuoi dire che lo consideri un rozzo e semplicistico preludio alla
religione, come i chimici considerano l'alchimia un rozzo e semplicistico
preludio alla chimica. Non proprio una religione nel vero senso della
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parola, così come l'alchimia non è chimica nel vero senso della parola.”
“È vero.”
Passò in rassegna la sua collezione di stranezze e scelse il contenitore
di un rullino. “Questo è l'animismo”, disse, mostrandomelo. “Un
contenitore vuoto, per quanto ti riguarda.” Poi rovistò nella borsa ed
estrasse un kit da cucito, da cui tirò fuori un filo lungo abbastanza da
legare insieme il contenitore del rullino e l'ammonite.
“Ecco, tieni questo”, disse, e io lo presi. “Parlami del fossile.”
“Che vuoi dire?”
“Che cos'è?”
“Oh”, dissi. “È la comunità della vita su questo pianeta.”
“E che cosa ti ho appena detto su di esso?”
“Hai detto che quando i processi mentali sono diventati pensieri umani,
forse questa comunità ha cominciato a risuonare con l'armonica che
corrisponde a ciò che chiamiamo religione o consapevolezza del sacro. Se
imparo ad ascoltarlo, risuonerà con quell'armonica.”
“Bene. Ma mi accorgo di aver creato un rompicapo. Ho detto che
quanto i processi mentali (un fenomeno comune nel regno animale)
diventarono pensieri umani, cominciarono a risuonare con l'armonica che
ho identificato con la consapevolezza del sacro. Ma ora sto dicendo che la
comunità della vita risuona con quell'armonica. Allora cos'è che risuona, il
pensiero umano o la comunità della vita?”
“Non lo trovo molto complicato”, le dissi. “Penso che la comunità della
vita abbia cominciato a risuonare con quell'armonica quando cominciò a
farlo il pensiero umano.”
“Sì, è quello che penso anch'io. E quando questo fossile comincerà a
risuonare con quell'armonica, anche questo contenitore vuoto che ho
chiamato animismo comincerà a farlo, perché è collegato a esso.”
“Va bene”, dissi. “Questo è ciò che intendevi con bricolage?”
“Questo è ciò che intendevo con bricolage.”
Riguardo il numero degli dei.
“Inevitabilmente, qualcuno mi chiede perché parlo di dei anziché di
Dio, come se non fossi stata informata correttamente sulla questione e mi
stessi sbagliando, e io chiedo loro come fanno a essere così sicuri di
conoscere il numero esatto di dei. A volte mi viene risposto che si tratta di
qualcosa che sanno tutti, come tutti sanno che ci sono ventiquattro ore in
114
una giornata. A volte mi viene detto che Dio deve essere uno, perché ci
sembra il numero più adatto a un'entità divina. Questo è come dire che la
Terra deve essere il centro dell'universo perché nessun altro pianeta ci
sembra altrettanto importante. Più spesso, naturalmente, mi viene detto che
si tratta di un numero indiscutibile perché è quello contenuto nelle
Scritture monoteistiche. Non c'è bisogno di dire che io vedo la faccenda in
modo diverso.
“Il numero degli dei non è scritto da nessuna parte nell'universo, Jared,
quindi non esiste un modo sicuro per decidere se quel numero è zero
(come credono gli atei), uno (come credono i monoteisti) o molti (come
credono i politeisti). La questione mi lascia completamente indifferente.
Non mi interessa se il numero degli dei è uno, zero o nove miliardi. Se si
scoprisse che il numero degli dei è zero, questo non cambierebbe una sola
sillaba di ciò che ti ho detto.”
Sembrava volere una reazione, così dissi: “Va bene.”
“Parlare di dei anziché di Dio ha questo vantaggio aggiuntivo: mi viene
risparmiata l'imbarazzante necessità di giocare a ipotizzarne il sesso. Non
devo mai decidere tra Lui e Lei. Per me, sono solo Loro.”
“Un vantaggio non insignificante”, osservai.
Raccolse il pettine di plastica e fece scorrere l'unghia del pollice sui
denti. “È una cosa sola o molte?”
“Intendi il pettine? Non lo so. Dipende dalla tua prospettiva.”
“Questo pettine è il numero degli dei, Jared. Non qualcosa da
aggiungere al nostro lavoro di bricolage, ma qualcosa di cui discutere e di
cui liberarsi.” Si gettò il pettine oltre le spalle e fuori vista.
Dove gli dei scrivono ciò che scrivono.
“Il Dio delle religioni rivelate – e con questo intendo religioni come la
tua, religioni Prendi – è un Dio profondamente inarticolato. Non importa
quante volte ci prova, non riesce mai a farsi capire chiaramente e
completamente. Perla per secoli agli ebrei ma non riesce a farsi capire.
Alla fine manda il suo unico figlio, e neanche lui riesce a fare di meglio.
Gesù avrebbe potuto sedersi con uno scriba e dettargli le risposte a ogni
concepibile questione teologica in termini inequivocabili, ma scelse di non
farlo, lasciando le generazioni successive a decidere che cosa aveva voluto
dire con insurrezioni, persecuzioni, purghe, guerre, roghi e torture. Avendo
fallito con Gesù, Dio cercò poi di farsi capire attraverso Maometto, anche
115
stavolta con scarsi risultati. Dopo un migliaio di anni di silenzio, ci riprovò
con Joseph Smith, con esiti dello stesso tipo. Tirando le somme, tutto ciò
che Dio è stato in grado di dirci con certezza è che dovremmo fare agli
altri quello che vorremmo fosse fatto a noi. Cosa sono, una dozzina di
parole? Non molto di cui vantarsi, dopo cinquemila anni di sforzi, e
probabilmente avremmo anche potuto capirlo da soli. A essere onesti, sarei
imbarazzata dall'essere associata a un dio incompetente come questo.”
“I tuoi dei hanno fatto di meglio?”
“Oh, sì, Jared. Incomparabilmente meglio, infinitamente meglio!
Guarda solo qui intorno!” Agitò la mano al mondo davanti a noi. “Cosa
vedi?”
“Vedo l'universo.”
“Esatto, Jared. È lì che i veri dei dell'universo scrivono ciò che
scrivono. Il tuo Dio scrive con le parole. Gli dei di cui sto parlando io
scrivono in galassie, sistemi solari, pianeti, oceani, foreste, balene, uccelli
e zanzare.”
“E che cosa scrivono?”
“Scrivono fisica, chimica, biologia, astronomia, aerodinamica,
meteorologia e geologia – tutto questo, naturalmente, ma non è quello che
ti interessa, vero?”
“No.”
“E cosa ti interessa?”
“Mi interessa... Quello che gli dei hanno da scrivere su di noi.”
B afferrò la mia penna e la tenne sollevata. “Questo è ciò che ti
interessa. Questa è la Legge della Vita.”
Raccolse l'ammonite e infilò la penna sotto il filo che la univa al
contenitore da rullino. “Cos'è questo?”, chiese, indicando il fossile.
“La comunità della vita su questo pianeta.”
“E questo?”, indicò il contenitore.
“L'animismo.”
“Come puoi vedere, la Legge della Vita è incastrata tra queste due cose,
toccando sia la comunità della vita che l'animismo.”
“Cos'è la Legge della Vita?”, le chiesi.
“Ci arriveremo. È l'argomento principale di stasera.”
Scienza contro religione.
“Le religioni come la tua, religioni rivelate, sono tutte considerate
116
contrapposte alla conoscenza scientifica – o irrilevanti per essa. Mi
domando se capisci perché.”
“Credo che si sia arrivati a vedere la religione e la scienza come
intrinsecamente incompatibili.”
B annuì. “Il solito modo di ragionare Prendi: 'Noi siamo l'umanità,
quindi se le nostre religioni sono intrinsecamente incompatibili con la
conoscenza scientifica, allora il concetto stesso di religione deve esserlo.'”
“Esatto.”
“Ma, come vedremo, l'animismo va perfettamente d'accordo con la
conoscenza scientifica. Va molto più d'accordo con la vostra scienza che
con la vostra religione.”
“Come mai?”
“Cos'è quello?”, chiese facendo uno dei suoi soliti ampi gesti con la
mano.
“Il mondo, l'universo.”
“Lì è dove i veri dei dell'universo scrivono ciò che scrivono, Jared. Gli
dei delle vostre religioni rivelate scrivono nei libri.”
“Questo cos'ha a che fare con l'animismo?”
“L'animismo cerca la verità nell'universo, non in libri, rivelazioni o
autorità. La scienza fa lo stesso. Nonostante scienza e animismo leggano
l'universo in modi diversi, entrambi hanno totale fiducia nella sua
veridicità.”
Rovistò tra i suoi blocchi da costruzione, prese la cartuccia di fucile e la
tenne sollevata per farmela ispezionare. “Questa è scienza”, disse. “Le
religioni come la tua, Jared, la guardano con scetticismo, hanno paura di
utilizzarla. Dicono: 'E se la usassimo e ci si rivoltasse contro? Meglio non
fidarsi.' Ma l'animismo non è preoccupato di nulla che possa essere
scoperto sull'universo, quindi la scienza può essere piazzata proprio
accanto a esso.”
Infilò la cartuccia sotto il filo che legava il contenitore da rullino al
fossile. Poi mi chiese di descrivere cosa vedessi.
“L'animismo è affiancato dalla Legge della Vita da un lato e dalla
scienza dall'altro. Tutti e tre sono rivolti verso la comunità della vita.”
Il confine.
“Ora non voglio che perdiamo di vista quello che ci siamo ripromessi
di fare qui, Jared. Stiamo analizzando il confine tra quasi-umani da una
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parte e umani completi dall'altra. Lo stiamo facendo perché è mia
convinzione che siamo diventati umani essendo creature religiose.”
“Va bene.”
“Estendiamo il nostro bricolage in modo da includere un piccolo
paesaggio mentale dell'area intorno a noi. Prendi un bastoncino e disegna
un cerchio intorno a noi a una distanza di un paio di passi.”
Feci quello che mi aveva chiesto e mi risedetti.
“Questo cerchio rappresenta il confine che stiamo investigando,
risalente a circa tre milioni di anni fa, quando l'Australopithecus è
diventato Homo. Questo è chiaro?”
Dissi che lo era.
“Sono sicuro che capisci che questa linea è immaginaria. Non c'è mai
stato un giorno in cui avresti potuto indicare una generazione di genitori e
dire: 'Questi sono australopitechi', poi indicare i loro figli e dire: 'Questi
sono umani'.”
“Lo capisco.”
“Non possiamo sapere quanto sia ampia la linea stessa. Potrebbe
rappresentare duecento, mille o diecimila anni. Tutto ciò che sappiamo è
che dal nostro lato della linea ci sono creature che ci sentiamo sicuri a
definire Homo, e dall'altro lato creature che non ci sentiamo sicuri a
classificare in questo modo.”
“Capisco.”
“Non so quanto sai al riguardo, quindi preferisco andarci cauta e
precisare che la linea non corrisponde all'uso di utensili. Intendo dire che
non abbiamo utilizzatori di utensili da questo lato e non-utilizzatori
dall'altro. Abbiamo utilizzatori di utensili da entrambi i lati. Di questo
possiamo essere virtualmente certi, visto che è ben noto che perfino gli
scimpanzé sono utilizzatori di utensili, e gli immediati precursori degli
Homo erano molto superiori agli scimpanzé.”
Le dissi che sapevo tutto questo ma che non mi dispiaceva che ci
andasse 'cauta'.
La Legge della Vita: l'ologramma.
B mi chiese di descrivere lo stato del nostro lavoro di bricolage. Lo
presi e lo studiai di nuovo dall'inizio. “Questo fossile è la comunità della
vita su questo pianeta. La religione che chiami animismo è legata a questa
comunità. Una cosa chiamata la Legge della Vita è scritta nella comunità
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della vita, ed è anch'essa legata all'animismo. Forse il compito
dell'animismo è leggere la Legge della Vita scritta nella comunità della
vita.”
“Questa è un'ottima congettura, Jared. Continua.”
“L'animismo si percepisce come alleato della scienza, perché entrambi
cercano la verità nell'universo stesso.”
“Bene. Ora siamo pronti a occuparci della Legge della Vita. La Legge
della Vita è come un ologramma. Sai qualcosa sull'olografia?”
“Un po'. Ero un appassionato di fotografia al liceo, e l'olografia è
essenzialmente fotografia senza lenti. Nella fotografia ordinaria, una lastra
fotografica è esposta alla luce riflessa da un oggetto, e un'immagine appare
sulla lastra grazie all'azione di una lente. Nell'olografia, una lastra
fotografica è esposta alla luce riflessa da un oggetto, ma nessuna immagine
appare sulla lastra perché non interviene nessuna lente. A essere registrati
sulla lastra sono percorsi di onde luminose ricevuti da ogni parte
dell'oggetto fotografato. Questo è l'ologramma. E quando l'ologramma è
sistemato in un raggio di luce, appare un'immagine tridimensionale a
mezz'aria dell'oggetto fotografato, dove si trovava l'oggetto originale. E
dato che ogni parte dell'ologramma è impressa con onde di luce
provenienti dall'intero oggetto, ogni singolo frammento dell'ologramma
può essere usato per rigenerare l'intera immagine.”
“Ecco in che modo la Legge della Vita è simile a un ologramma, Jared:
ogni frammento di essa è impresso con l'intera legge.”
“La Legge della Vita è ciò che governa la vita?”
“No, la Legge della Vita non è ciò che governa la vita, è ciò che
favorisce la vita, e ogni cosa che favorisce la vita appartiene alla legge.”
Le dissi che un esempio sarebbe stato d'aiuto.
“Ecco la Legge della Vita per le anatre appena nate: Segui la prima
cosa che vedi muoversi, a qualunque costo. Dato che di solito la prima
cosa che le anatre appena nate vedono muoversi è la loro madre, di solito
seguono lei, ma seguiranno qualunque cosa che si muove. Dato che la loro
migliore speranza di sopravvivenza è restare con la loro madre, a
qualunque costo, si può capire facilmente perché questa è la legge che
favorisce la vita per le anatre.”
“Sì, lo vedo.”
“Ecco un modo in cui si può generalizzare la Legge della Vita: quelli
che la seguono tendono a essere meglio rappresentati nella vasca genetica
della loro specie di quelli che non la seguono.”
119
“Quindi non tutti gli individui seguono questa legge?”
“L'anatra che per un motivo o per l'altro non riceve o non segue il
segnale genetico che la spinge a seguire la madre, è tagliata fuori. Non
sopravvive abbastanza da riprodursi.”
“Capisco.”
“Ovviamente la legge varia nei dettagli da una specie all'altra. Nelle
anatre, la legge è scritta per gli anatroccoli e dice: 'Segui la mamma a
qualunque costo'. Nelle capre, invece, la legge è scritta per la madre e dice:
'Allatta solo il tuo piccolo'.”
Ci pensai per un po' e poi chiesi come 'Allatta solo il tuo piccolo'
favorisse la vita per le capre.
“Diciamo che Capra Bianca e Capra Nera hanno entrambe un piccolo
da allattare. Capra Nera muore, così il suo piccolo va da Capra Bianca e
dice: 'Ehi, ho fame. Che ne dici di farmi mangiare?'. Ora, la miglior
possibilità che il cucciolo di Capra Bianca ha di sopravvivere è che sua
madre risponda all'altro cucciolo: 'Sparisci, ragazzino. Non sei mio'. Se
Capra Bianca invece gli dice: 'Certo, favorisci pure', ridurrà la probabilità
di sopravvivenza del proprio cucciolo – e quindi la probabilità di
sopravvivenza dei propri geni.”
“Sì, lo capisco.”
“Ecco una versione più generalizzata della Legge della Vita per le
capre: 'Se le tue risorse forse non sono sufficienti per due cuccioli, allora ti
conviene darle tutte a uno solo anziché metà per uno'.”
“Non la legge della gentilezza.”
“Io direi piuttosto: 'Non la legge della gentilezza inutile'. Penso che la
maggior parte delle madri preferirebbe avere un piccolo vivo piuttosto che
un qualunque numero di cuccioli morti. Tuttavia è certamente vero che se
le due cose sono in conflitto, la legge favorisce la vita piuttosto che la
gentilezza. Quelli che seguono la legge contraria – la legge che favorisce la
gentilezza piuttosto che la vita – tendono a perdere la propria
rappresentanza nella vasca genetica della loro specie. Questo perché i loro
discendenti tendono a sopravvivere e riprodursi meno spesso dei
discendenti di quelli che seguono la legge che favorisce la vita.”
“Capisco.”
“Riguardo la gentilezza... Non so se conosci David Brower – uno degli
ambientalisti più famosi di questo secolo, il fondatore del John Muir
Institute, di Friends of the Earth e dell'Earth Island Institute. Ha
raccontato questa storia di una delle sue prime avventure da naturalista. A
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undici anni, raccolse alcune uova di farfalla papilio rutulus e le osservò
mentre davano alla luce dei bruchi che poi divennero crisalidi. Finalmente,
la prima crisalide cominciò ad aprirsi, e ciò che Brower vide fu questo: la
farfalla emergente lottò per uscire, l'addome gonfio di un qualche liquido
che veniva pompato sulle ali mentre se ne stava a testa in giù appesa a un
rametto. Mezz'ora dopo fu pronta per volare e decollò. Mentre le altre
crisalidi cominciavano ad aprirsi, comunque, Brower decise di rendersi
utile. Allargò gentilmente la crepa nel guscio per facilitare l'uscita delle
farfalle, e loro prontamente scivolarono fuori, barcollarono un po' e
caddero a terra morte una dopo l'altra. Brower non aveva realizzato che lo
sforzo che aveva risparmiato alle farfalle era essenziale alla loro
sopravvivenza, perché stimolava lo scorrimento del liquido che doveva
raggiungere le loro ali. Questa esperienza gli insegnò una lezione di cui
stava ancora parlando settant'anni dopo: una cosa che sembra gentile e ha
tutte le intenzioni di essere gentile, può tuttavia rivelarsi essere l'esatto
opposto.”
“Capisco.”
“Tra le capre, è la madre che fa applicare questa legge: 'Se non hai
abbastanza cibo per due, è meglio darlo tutto a un solo cucciolo piuttosto
che darne metà a ognuno'. Tra le aquile (e molte altre specie di volatili),
viene fatta applicare dal cucciolo più grande. La femmina di solito
produrrà due uova ad alcuni giorni di distanza, il che è normalmente un
comportamento più efficace per la sopravvivenza rispetto al deporre un
solo uovo. Ma se il primo cucciolo sopravvive, finirà quasi invariabilmente
per affamare o beccare a morte il secondo.”
“Credevo che l'infanticidio venisse spiegato come una reazione alla
sovrappopolazione”, dissi.
“Sì, veniva spiegato in questo modo, ma questo implicava una visione
dell'evoluzione che alla fine non resse a un esame più attento – una visione
secondo cui l'evoluzione promuoveva cos'era 'bene per la specie'. Oggi
sembra chiaro che l'evoluzione promuove ciò che è bene per l'individuo,
nel senso che assicura il successo riproduttivo del singolo – ciò che finora
ho chiamato la 'rappresentanza nella vasca genetica'.”
“Capisco.”
“Tra leoni e orsi, le femmine abbandoneranno spesso una cucciolata
che ha un solo sopravvissuto – anche se quest'unico sopravvissuto è in
perfetta salute. Questo non è bene per la specie in alcun modo, ma è un
bene per il successo riproduttivo del singolo individuo. La sua
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rappresentanza nella vasca genetica migliorerà sicuramente se investe le
proprie energie in una cucciolata più numerosa.”
“Devo ammettere che tutto questo è nuovo per me.”
“Nessuno può sapere tutto”, disse con un'alzata di spalle.
“Mostrami dove stiamo andando. Mi sento di nuovo smarrito.”
“Non posso insegnarti ogni dettaglio della Legge della Vita in una
notte, Jared. Non potrei farlo neanche se venissimo qui ogni notte per dieci
anni. Quello che posso fare in una notte è presentarti alcuni frammenti di
essa, alla maniera di un bricoleur. Ora cerchiamo altri frammenti in una
nuova direzione.”
La Legge della Vita: la sepoltura di un topo.
Si alzò e io mi preparai a fare lo stesso, ma lei mi disse di restare
seduto. “Vediamo se sono fortunata stanotte”, disse, chinandosi nei
cespugli davanti a noi, una cacciatrice in cerca di una traccia. Chiusi gli
occhi, grato per la pausa. Quando tornò, dopo dieci o quindici minuti, mi
chiese di seguirla, cosa che feci con un po' di apprensione. Non so se è una
cosa da maschi o comune a tutti, ma non mi piace fare la figura del
novellino, cosa che sospettavo stesse per avvenire. Dopo una decina di
passi si fermò, si accucciò e mi invitò a ispezionare una zona di terreno
grande quanto una scacchiera. La identificai a prima vista: “Terra.”
Scosse la testa in modo impaziente e raccolse un ramo, che usò come
una bacchetta per indicare una cosa qui, una lì e in generale un po'
ovunque. Guardando con attenzione, notai ciuffi di erba secca, rami
spezzati, pezzi di corteccia, foglie strappate e altra terra.
“Non farmi questo”, le dissi. “Non sono Natty Bumppo e non lo sarò
mai.”
Non discusse. Invece, allungò il suo ramo per sollevare un cespuglio e
mi invitò a dare un'occhiata sotto di esso. Quello che vidi fu un topo morto
che stava venendo seppellito come un bagnante sulla spiaggia. Solo la testa
era visibile, incastonata in una montagnetta di terra. Mentre guardavo, in
una luce che difficilmente avrebbe potuto essere più tenue, le increspature
di terra intorno al suo collo ribollirono qua e là e il topo affondò
visibilmente di circa un millimetro, letteralmente sprofondando nel
terreno.
“Nel giro di un'ora”, spiegò B, “il topo sarà completamente sottoterra e
invisibile, grazie all'azione degli scarabei che stanno scavando nel terreno
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sotto di lui.”
Abbassò il cespuglio, e io le chiesi cosa aveva voluto mostrarmi nel
terreno di fronte al cespuglio. Lei usò il ramo per indicarmi i segni. “Gli
scarabei – sono piuttosto sicura che siano in due – hanno trovato la
carcassa del topo qui, ma evidentemente non pensavano che fosse un posto
adatto come luogo di sepoltura, così l'hanno trasportata in un luogo più
riparato sotto quel cespuglio.”
“Due scarabei hanno trasportato il topo?”
“Quello che fanno è scavare sotto la carcassa, poi rigirarsi sulla schiena
e spingerla nella direzione in cui vogliono che vada. È un procedimento
molto laborioso. Una volta che hanno sistemato il cadavere sottoterra,
induriscono la terra intorno a esso e, mentre si decompone, la femmina
deposita le uova nelle vicinanze in modo che le larve ci possano arrivare
facilmente.”
“Gnam”, dissi.
“Oh, c'è molta competizione per questo topo, Jared. Altri insetti,
microbi, vari vertebrati mangiatori di carogne. Le mosche sono
particolarmente fastidiose, perché potrebbero aver già deposto le uova
nella pelliccia del topo prima che gli scarabei lo trovassero.
Fortunatamente – ma non sorprendentemente – gli scarabei sono dotati di
acari che vivono sui loro corpi e si nutrono di uova di mosca. Il topo, gli
scarabei, gli acari e le mosche sono tutte incarnazioni della Legge della
Vita.”
Riflettei su quest'ultima affermazione mentre tornavamo alla radura.
“Temo di non vedere cosa rende queste creature delle incarnazioni della
Legge della Vita”, le dissi.
“La Legge della Vita è, in una sola parola, abbondanza.” Quando non
disse altro, le chiesi di elaborare questo concetto.
“Un esercizio utile sarebbe tornare dalla carcassa del topo e prendere
uno degli scarabei. Poi ti direi di prelevare un paio di dozzine dei suoi
acari in modo da poterli esaminare sotto un microscopio.”
“E cosa imparerei da questo?”
“Che ogni acaro – una creatura così insignificante! – è un'opera di tale
delicatezza, perfezione e complessità da far sembrare un computer digitale
un paio di pinze. Poi impareresti qualcosa di perfino più incredibile: che, a
dispetto di tutta la loro perfezione, non sono fatti con uno stampo. Non
esistono due acari identici, Jared – non due nell'intero universo!”
“E questa è una dimostrazione di... Abbondanza?”
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“Esatto. Quest'incredibile abbondanza genetica è il segreto del successo
della vita su questo pianeta.”
Ci avviammo per uscire dal parco. Dopo alcuni minuti realizzai che ci
eravamo lasciati la radura molto indietro. In breve fummo di nuovo sul
sentiero.
“Stanotte non è andata bene quanto avrei sperato, Jared”, disse B. “Non
ti ho mostrato neanche un decimo di quello che avrei voluto. Domani
andrà meglio.”
Venerdì, 24 maggio.
Uno dei cattivi.
Il ristorante dell'hotel era aperto per quando finii di scrivere l'ultima
frase, così scesi per fare colazione, tornai in camera e dormii fino a metà
pomeriggio. Al teatro erano tutti scoraggiati perché non erano riusciti a far
pubblicare l'annuncio del discorso di B nel giornale di oggi. Sarebbe
apparso domani, ma tutti sapevano che questo significava che l'affluenza
sarebbe stata perfino inferiore del previsto.
Guardare B mi terrorizzò. Era pallida, nervosa e visibilmente
rimpicciolita, come se fosse invecchiata di dieci anni. I suoi occhi e i suoi
capelli erano privi di vitalità, e mi sembrò di aver visto un tremore nella
sua mano sinistra. Fino ad allora, a dire la verità, non avevo mai davvero
creduto alla sua malattia. Ora pensai che avrebbe dovuto trovarsi in un
letto d'ospedale – o un letto qualunque, con qualcuno che le portasse tazze
di tè al miele, accendesse un piccolo caminetto confortevole e le leggesse
ad alta voce Il vento tra i salici.
Intorno alle cinque, B suggerì che uscissimo e io le chiesi per andare
dove. Quando mi rispose che saremmo andati al parco, le chiesi se se ne
sentiva davvero in grado. Mi lanciò un'occhiataccia e metà di una risposta
irritata, poi sembrò accorgersi che non me l'ero meritata.
“Ho le mie giornate buone e le mie giornate cattive”, disse con l'aria di
fare un'ammissione sgradevole. “Finora avevi visto solo quelle buone.”
Prendemmo la Mercedes invece di camminare. Lungo la strada, B mi
chiese se fossi un teologo.
“Io? No.”
“È un peccato”, disse senza spiegarsi oltre. “So che Charles te l'ha già
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detto, ma te lo ripeterò: quando San Paolo portò il Cristianesimo
nell'Impero Romano, molte idee fondamentali erano già esistenti in quei
luoghi. L'idea degli dei come 'esseri superiori'. L'idea della salvezza
personale. L'idea di una vita dopo la morte. L'idea che gli dei sono
coinvolti nelle nostre vite, che il loro aiuto può essere invocato, che
possono essere compiaciuti od offesi dalle cose che facciamo, che possono
punirci o ricompensarci. Idee di sacrificio e redenzione. Queste erano tutte
cose che San Paolo non ha dovuto spiegare da zero.”
Pensai di aver capito dove volesse arrivare. “Invece, lavorando con
qualcuno come me, devi fare la fatica di scardinare queste idee
fondamentali e rimpiazzarle con altre che non ho mai sentito.”
“Esatto. Quando i cristiani cominciarono a mandare missionari nelle
'terre selvagge', si trovarono di fronte alle stesse difficoltà che io ho con te.
Gli aborigeni non avevano la minima idea di che cosa i missionari stessero
parlando.”
“È vero.”
“Charles e io siamo i primi missionari animisti nel tuo mondo, il mondo
dei salvazionisti, delle religioni rivelate – Cristianesimo, Islam, Ebraismo,
Buddismo, Induismo. Non ci sono progetti per quello che stiamo facendo.
Nessun precedente, nessun catechismo, nessun piano di studi. Ecco perché
è così... Improvvisato. Stiamo cercando di disegnare i progetti. Stiamo
cercando di capire cosa funziona.”
“Questa probabilmente suonerà una domanda stupida, ma... Perché?
Perché lo state facendo?”
B guidò in silenzio per un minuto. Poi disse: “Ti ricordi cosa disse B?
La visione è un fiume che scorre.”
“Sì...?”
“Le religioni che ho nominato – le religioni rivelate – sono
fondamentalmente sposate alla nostra visione culturale, e uso la parola
'sposate' per un motivo. Queste religioni sono come un harem di mogli
bigotte sposate a un marito avido, materialista e lussurioso. Cercano
costantemente di migliorarlo, sperando di riuscire a farlo dedicare a cose
più elevate, facendogli continue prediche e agitandogli il dito contro, ma il
marito e l'harem sono effettivamente inseparabili. Queste religioni rivelate
fungono chiaramente da nostra 'dolce metà'. Sono la più elevata
espressione della nostra visione culturale.”
“Sì, immagino che si potrebbe dire così.”
“Charles ha anche detto: 'Nella nostra cultura, attualmente, il corso del
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fiume è diretto verso la catastrofe'. Ha senso per te?”
“Sì.”
“Allora metti tutto insieme, Jared. La visione è il fiume che scorre. Le
religioni rivelate della nostra cultura sono l'espressione più elevata di
quella visione, e il corso del fiume è diretto verso la catastrofe.”
La mia mente a questo punto si inceppò. Quando non risposi, Shirin mi
guardò con la coda dell'occhio e disse: “Volevi sapere perché stiamo
facendo tutto questo. Charles te l'ha spiegato l'altra notte: il nostro
obiettivo è deviare il corso del fiume lontano dalla catastrofe. Nulla di
meno funzionerà, Jared. Assolutamente nulla.”
Rabbrividii. “Penso di capire perché la gente lo chiama l'Anticristo.”
Lei sorrise e scosse la testa. “Sai chi era Baal Shem Tov?”
“Ne ho un'idea generale. Era un grande santo chassidico, una sorta di
Francesco d'Assisi ebreo, circa cinque secoli dopo.”
“Abbastanza vicino. Sai cosa significa quel nome?”
“No.”
“Un baal shem è un maestro dei nomi – in altre parole, un mago. Baal
Shem Tov significa 'maestro del buon nome', ossia un mago del rango più
elevato, capace di brandire il nome di Dio.”
“Capisco.”
“C'era una volta un mercante che aveva paura di viaggiare fino a una
città vicina, perché l'unica strada attraversava una foresta famosa per
essere infestata di banditi. Sua moglie gli disse di appellarsi a Baal Shem
Tov per ottenere aiuto, ma questo non fece che irritare il mercante, che non
credeva alle storie che aveva sentito su questo presunto mago miracoloso.
Sua moglie gli disse: 'Fidati di me. Vai a casa di Baal Shem Tov e dai
alcune monete al suo portiere. Ti avviserà la prossima volta che il suo
padrone farà un viaggio attraverso quella foresta, così potrai andare con
lui. Non ti succederà niente se sarai con Baal Shem Tov'. Il mercante
accettò il suo consiglio con riluttanza e nel giro di poco tempo ebbe
l'opportunità di viaggiare con Baal Shem Tov.
“Quando raggiunsero la parte più oscura e pericolosa della foresta, Baal
Shem Tov ordinò una sosta in modo da far riposare e pascolare i cavalli.
Questo terrorizzò il mercante, ma Baal Shem Tov estrasse la sua copia
dello Zohar e cominciò tranquillamente a leggere. Improvvisamente, la
vegetazione ai lati della strada si divise e dei banditi ne uscirono e si
avvicinarono, i coltelli in pugno. Ma quando furono solo a due o tre passi
di distanza dai carri, cominciarono improvvisamente a tremare
126
incontrollabilmente.
“Non sapevano cosa pensare, ma non erano in condizioni di attaccare
nessuno, quindi tornarono da dove erano venuti. Dopo alcuni minuti, si
ripresero e fecero un secondo tentativo, con lo stesso risultato: prima che
potessero avvicinarsi abbastanza anche solo da toccare il naso di uno dei
cavalli, le convulsioni li resero incapaci di proseguire e li costrinsero a
ritirarsi. Il mercante, nascosto nel suo carro, osservò tutto questo con
stupore.
“Quando Baal Shem Tov finalmente alzò gli occhi dal suo libro e diede
ordine di ripartire, il mercante si gettò ai suoi piedi e gli baciò la mano.
'Ora capisco', disse. 'Ora capisco perché la gente la chiama Baal Shem
Tov!'
“Baal Shem Tov aggrottò la fronte e disse: 'Quindi pensi di aver capito?
Credimi, amico mio, hai solo cominciato a capire.'”
Le due visioni.
Una volta nel parco, la stanchezza di B sembrò scivolarle via di dosso.
Lei aprì la strada e io la seguii come un marito trascinato a fare compere in
un centro commerciale. Non avevo la minima idea di che cosa stesse
cercando, ma di sicuro stava cercando qualcosa. Quando finalmente ci
fermammo eravamo in un posto che, per quanto ne sapevo, avrebbe potuto
anche essere quello in cui ci trovavamo la notte prima. Ci sedemmo in una
radura polverosa non più grande di un tavolo da cucina.
“Abbiamo molto da fare, Jared”, disse, “un grande viaggio da
compiere. Non sono sicura di essere abbastanza brava come guida da
poterti condurre per l'intero tragitto, ma farò del mio meglio.”
Volevo mormorare una parola di incoraggiamento, ma decisi di
trattenermi. B frugò nella borsa e tirò fuori il nostro piccolo lavoro di
bricolage. Dovette risistemare la penna e la cartuccia perché il filo che li
legava al contenitore da rullino si era allentato. Quando ebbe finito me lo
porse e chiese se mi ricordavo che cosa significasse.
“Il fossile rappresenta la comunità della vita”, le dissi. “L'animismo è
collegato a questa comunità e risuona con essa. La Legge della Vita,
rappresentata dalla penna, è scritta nella comunità della vita, e l'animismo
legge questa legge, come fa anche la scienza, a modo suo.”
“Eccellente. Ho definito l'animismo una religione, ma in un certo senso
si può dire che sia un'invenzione della cultura Prendi, un suo costrutto
127
intellettuale.”
“In che senso?”
“Ti ho detto che l'animismo un tempo era una religione universale in
questo pianeta. Lo è ancora tra i popoli Lascia – popoli che identifichi
come 'primitivi', dell'Età della Pietra e così via. Ma se andassi da queste
persone e chiedessi loro se sono animisti, non avrebbero la più vaga idea di
cosa stai parlando. E se suggerissi che hanno le stesse credenze religiose
dei loro vicini, probabilmente penserebbero che sei pazzo. Questo perché,
come avviene sempre tra vicini, tendono a essere molto più consapevoli
delle loro differenze che delle loro somiglianze. È lo stesso con le vostre
religioni rivelate. A voi, Cristianesimo, Ebraismo, Islam, Buddismo e
Induismo sembrano molto diversi, ma a me sembrano la stessa cosa. Molti
direbbero che il Buddismo non dovrebbe nemmeno far parte di questa
lista, dato che non collega la salvazione con la venerazione di una divinità,
ma per me questo è solo un dettaglio insignificante. Il Cristianesimo,
l'Ebraismo, l'Islam, il Buddismo e l'Induismo considerano tutti l'essere
umano come difettoso, sofferente e in disperato bisogno di essere salvato,
e si affidano tutti a delle rivelazioni che spiegano come la salvezza deve
essere ottenuta (abbandonando questa vita o trascendendola).”
“Vero.”
“I seguaci di queste religioni sono terribilmente colpiti e ossessionati
dalle differenze tra di loro – al punto da scatenare rivolte, guerre sante e
genocidi – ma per quanto mi riguarda, come ho detto, siete tutti uguali. È
lo stesso tra i popoli Lascia. Loro vedono cosa c'è di diverso tra di loro e io
vedo cosa c'è di simile, e le somiglianze non formano tanto una religione
(perlomeno non com'è intesa da cristiani, ebrei, musulmani, buddisti e
induisti), quanto piuttosto una visione religiosa del mondo. In effetti, non
esiste una religione animista – è questo il costrutto intellettuale: l'animismo
come religione. Quello che esiste – ed è universale – è un modo di vedere
il mondo. Ed è questo che sto cercando di farti vedere.”
“Capisco... Credo.”
“Ricordati sempre di cosa ci stiamo occupando, Jared. Ci stiamo
occupando di visioni, tu e io. Una visione ci sta spingendo verso la
catastrofe. Si tratta della visione caratteristica di una singola cultura, la
nostra, che durante gli ultimi tremila anni è stata sostenuta e portata avanti
dalle nostre religioni rivelate. Sto cercando di mostrarti un'altra visione,
una salutare sia per noi che per il mondo, che è stata adottata da centinaia
di migliaia di culture durante centinaia di migliaia di anni.”
128
“Va bene”, dissi, “ma non puoi davvero sapere per quanto tempo è stata
adottata.”
“Penso di potere, Jared. Considera questo: per quanto tempo le persone
hanno vissuto rispettando la legge di gravità?”
“La legge di gravità? Da sempre, ovviamente.”
“Come fai a saperlo?”
“Immagino di saperlo perché se le persone non avessero rispettato la
legge di gravità, oggi non esisterebbero persone.”
“Ma non è detto che la comprendessero, la legge di gravità, vero?
Voglio dire, non avrebbero saputo esprimerla come potrebbe fare un
fisico.”
“No.”
“Ma sapevano comunque che era una legge. Cammina oltre il limite di
un precipizio e precipiterai – ogni volta. Fai cadere una roccia e ti finirà
sul piede – ogni volta.”
“Esatto.”
“Ora prova questo: per quanto tempo le persone hanno vissuto
rispettando la Legge della Vita?”
“Non lo so.”
“La Legge della Vita è...?”
“La Legge della Vita è 'qualunque cosa favorisca la vita'.”
“Quindi prova ancora, Jared: per quanto tempo le persone hanno
vissuto rispettando la Legge della Vita?”
“Dall'inizio.”
“Come fai a saperlo?”
“Perché se non avessero rispettato la legge che favorisce la vita, oggi
non sarebbero qui.”
“Bene. Ma non è detto che comprendessero quella legge, vero?
Probabilmente non avrebbero potuto esprimerla come potrebbe fare un
biologo.”
“Già.”
“Tuttavia, potevano sapere ciò che sapevano riguardo la legge di
gravità: che esiste. Che c'è una legge al lavoro. Potevano sapere, per
esempio, che bisogna prendersi cura dei bambini finché non sono in grado
di prendersi cura di se stessi. Potevano sapere che i bambini abbandonati
muoiono – ogni volta. Potevano sapere che un leone difende la preda che
ha ucciso – ogni volta. Potevano sapere che non c'è bisogno di essere
veloci quanto un cervo per catturarne uno. Potevano sapere che se stai
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tendendo un agguato a un animale che corre più veloce di te, ti conviene
non stare sottovento. Potrei continuare per tutta la notte. Potrei continuare
per giorni o settimane, e non riuscirei a elencare tutte le cose che potevano
conoscere per il solo fatto di aver vissuto nella comunità della vita per
migliaia di generazioni.”
“Sono sicuro che hai ragione. Quello che ancora non vedo è la
connessione tra tutto questo e l'animismo.”
“Cos'è l'animismo, Jared?”
“Ne sono sempre meno sicuro. Per quel che capisco al momento, è una
visione. Un modo di vedere il mondo, una weltanshauung.”
“Sì, ma credo che continuerò a usare il termine 'visione'. Questo è ciò
di cui stiamo parlando: due visioni, una che ci ha permesso di vivere bene
e in armonia con il pianeta per milioni di anni, e un'altra che ci ha portato
sull'orlo dell'estinzione e ci ha resi i nemici di ogni altra forma di vita sul
pianeta in appena diecimila anni.”
“D'accordo.”
“E qual è la visione animista?”
“Non lo so, non ne ho idea.”
“Allora dimmi questo: qual è la nostra visione, Jared? La visione
Prendi, la visione che ci ha resi i padroni del mondo e i nemici della vita?
Puoi esprimerla a parole?”
“Posso provare.”
“Prova.”
“Noi siamo le creature per cui il mondo è stato creato, quindi possiamo
fare quello che vogliamo con esso. Questo è un inizio.”
“Sì, è un buon inizio. Secondo questa visione. Dio sembra avere poco
interesse nel resto del mondo.”
“Esatto. A Dio interessano le persone. Le persone sono la cosa
importante. Le persone sono ciò per cui l'universo è stato creato.”
“Quindi l'universo è stato creato per l'Uomo, e l'Uomo... Cosa dovrebbe
farci con il mondo?”
“Deve dominarlo. Gli è stato dato perché lo dominasse.”
“Ma, stranamente, il mondo non era pronto perché lui potesse
dominarlo, non è vero? L'Uomo era pronto fin dalla sua comparsa a
dominare il mondo (era stato creato per questo), ma il mondo non era
pronto fin dall'inizio a esserne dominato.”
“Sì, è vero. Non l'avevo mai notato.”
“Quindi cosa doveva fare l'Uomo per rendere il mondo pronto per
130
essere dominato?”
“Doveva sottometterlo, conquistarlo.”
“Esatto. E lo sta ancora facendo, non è vero? Quindi, questa è la
visione Prendi: il mondo è stato creato per l'Uomo, e l'Uomo è stato creato
per conquistarlo e dominarlo.”
“Sì.”
“Quello che stiamo cercando ora, Jared, è la visione Lascia, o la visione
animista. Per quando avremo finito oggi, la conoscerai. Te lo prometto.”
Strategie: stabili e non.
“Voglio che tu capisca che la Legge della Vita non è stata impressa
nella comunità della vita da un'azione divina. Dio o gli dei non hanno
donato alle creature viventi quegli 'utili istinti' che sto chiamando
collettivamente Legge della Vita. Non è ciò che è avvenuto. Proporre una
teoria simile significherebbe violare il Rasoio di Occam. Capisci cosa
intendo, vero?”
“Sì. Stai dicendo che la Legge della Vita non ha bisogno di essere
spiegata con l'intervento divino più di quanto ne abbiano bisogno le leggi
della termodinamica.”
“Esatto. Un biologo probabilmente direbbe che ciò che sto chiamando
Legge della Vita è solo un insieme di strategie evolutivamente stabili –
l'insieme totale di queste strategie, in effetti. Sai cos'è una strategia
universalmente stabile?”
“Madame”, dissi, “io sono un classicista, non un biologo. A scuola, ho
letto Omero in greco e Cicerone in latino. Potrei farti un sermone sulla
prova platonica dell'immortalità dell'anima – e uno dannatamente buono,
anche, se accetti le sue premesse. Ma non ho la minima idea di che cosa
sia una strategia evolutivamente stabile.”
“D'accordo. Affrontiamo la questione un pezzo per volta. Una strategia
in questo contesto è solo una politica di comportamento. Ad esempio, ieri
ho parlato di una politica di comportamento che viene seguita dalle capre
femmina: 'Allatta solo il tuo piccolo e nessun altro'. Questa strategia è
evolutivamente stabile per le capre perché non può venir migliorata da
nessuna strategia alternativa. Per esempio, potrebbe succedere che una
capra segua la strategia di rifiutarsi di allattare qualunque cucciolo,
compreso il proprio. Ma questo avrà inevitabilmente l'effetto di ridurre la
sua rappresentanza nella vasca genetica, quindi questa strategia tenderà a
131
scomparire. Allo stesso modo, una capra potrebbe seguire la strategia di
allattare qualunque cucciolo indiscriminatamente. Ma, a causa della
riduzione del cibo disponibile per i propri cuccioli, anche questa strategia
avrà l'effetto di diminuire la rappresentanza nella vasca genetica delle
capre che la applicano. Quindi anche la strategia dell'allattamento
indiscriminato tenderà a scomparire. L'unica strategia che non tenderà a
scomparire è: allatta solo il tuo cucciolo e nessun altro. Ecco perché
questa strategia è evolutivamente stabile: il processo di selezione naturale
non la elimina.”
“Capisco. Questa è la Legge della Vita per le capre non perché Dio ha
deciso che le capre dovrebbero comportarsi in questo modo, ma perché le
capre che allattano solo i propri piccoli finiscono per essere maggiormente
rappresentate nella vasca genetica. È un concetto molto elegante.”
“La scienza ogni tanto produce un concetto elegante”, disse con un
sorriso leggermente ironico. “Sono sicura che capisci che ciò che è stabile
o instabile per una specie non è necessariamente stabile o instabile per
un'altra. Per esempio, molti uccelli nutrono indiscriminatamente ogni
piccolo che si trovano nel nido – perfino piccoli di specie diverse.”
“Dando così aiuto e conforto all'allegro cuculo”, dissi, rispondendo alla
sua occhiata sorpresa con un mio sorriso leggermente ironico. “Noi
classicisti non siamo completi ignoranti”, la informai. “Il folle avvisa Re
Lear: 'Sapete, zio, il passero ha nutrito il cuculo così a lungo che alla fine i
cuculetti se lo son mangiato'.”
“Sono felice di sapere che i classicisti non sono completi ignoranti,
Jared”, disse B, facendomi un sorriso così dolcemente benevolo che per
uno spaventoso secondo dovetti lottare per trattenermi dall'abbracciarla.
Senza accorgersi di nulla, proseguì.
“So che hai sentito Charles nominare un collega di nome Ishmael. Per
quanto non abbia usato questa terminologia, Ishmael ha identificato un
insieme di strategie che sembrano essere evolutivamente stabili per tutte le
specie. Ha chiamato questo insieme di strategie la Legge della
Competizione Limitata, che ha espresso in questo modo: 'Ogni specie può
competere con tutte le proprie forze, ma non può sterminare i propri
competitori, distruggere il loro cibo o negare loro l'accesso al cibo'. In
quella che viene erroneamente chiamata la 'comunità naturale' (intendendo
la comunità non-umana), troverai dei competitori che si uccideranno a
vicenda quando si presenterà l'occasione, ma non li verrai mai creare
l'opportunità di uccidersi. Non li troverai darsi la caccia come danno la
132
caccia alle prede; farlo non sarebbe evolutivamente stabile. Le iene
semplicemente non hanno l'energia per dare la caccia ai leoni – le calorie
che guadagnerebbero eliminando questi competitori non compenserebbero
quelle perse per eliminarli – e attaccare leoni non è esattamente un'attività
priva di rischi. Allo stesso modo, nella comunità 'naturale' non troverai
delle specie che distruggono sistematicamente il cibo dei propri
competitori – la ricompensa semplicemente non è abbastanza grande da
renderlo conveniente.”
“Quale sarebbe il movente per distruggere il cibo dei loro competitori?”
“Se distruggi il cibo dei tuoi competitori, distruggi i tuoi competitori,
Jared. Immagina, per esempio, di essere una specie di volatili che si nutre
dei cibi A, B, C, D, E e F. Un'altra specie di volatili si nutre dei cibi D, E,
F, G, H e I. Questo significa che siete in competizione per i cibi D, E e F.
Distruggendo i cibi G, H e I (di cui tu non ti nutri), puoi indebolire
notevolmente il tuo avversario.”
“Ma questo non inasprirebbe la competizione per i cibi D, E e F?”
“Certamente. Ecco perché ti serve la terza strategia. Vuoi negare loro
l'accesso ai cibi D, E e F. In questo modo, i tuoi competitori sarebbero
finiti. Gli starai negando l'accesso a metà del loro cibo mentre distruggi
l'altra metà.”
“Ma, come hai detto, questo non avviene.”
“Non avviene nella comunità non-umana, ma questo non significa che
non possa avvenire. Dire che non avviene significa dire che è un
comportamento che non viene osservato in natura, e non viene osservato
perché è autodistruttivo. Capisci cosa intendo? Le capre non si rifiutano di
allattare i propri piccoli, ma questo non perché un tale comportamento non
possa avvenire. Ci sono sicuramente state delle capre che si sono rifiutate
di allattare i propri piccoli, ma capre del genere non si vedono quasi mai
perché i loro discendenti muoiono, e quindi loro perdono la loro
rappresentanza nella vasca genetica.”
“Sì, capisco”, dissi.
“È successo che una specie abbia cominciato a vivere violando la
Legge della Competizione Limitata. È avvenuto una volta, in una cultura
umana: la nostra. Ecco che cosa ha fatto la nostra Rivoluzione Agricola.
Questo è lo scopo fondamentale dell'agricoltura totalitaria: noi
sterminiamo i nostri competitori, distruggiamo il loro cibo e neghiamo loro
l'accesso al cibo. È questo che la rende totalitaria.”
La mia mente vacillò, a questo punto. Mi ci volle un po' per capire cosa
133
mi avesse colpito tanto. Finalmente dissi: “Senti, il punto qui sono le
strategie evolutivamente stabili, giusto?”
“Giusto.”
“Ci sono tre strategie che hai detto sono evolutivamente instabili:
sterminare i tuoi competitori, distruggere il loro cibo, e negare loro
l'accesso al cibo. Giusto?”
“Giusto.”
“Ma ora mi stai dicendo che la nostra intera cultura è fondata su queste
strategie evolutivamente instabili.”
“Giusto di nuovo.”
“Se queste strategie sono evolutivamente instabili, come facciamo ad
attuarle?”
“Attuare una strategia evolutivamente instabile non ti elimina
istantaneamente, Jared. Ci vuole un certo tempo.”
“Ma come ci sta eliminando?”
B inclinò la testa come a chiedersi perché improvvisamente fossi così
lento.
“Jared, dov'eri l'altra notte a Stuttgart, mentre Charles spiegava la
connessione tra agricoltura totalitaria e sovrappopolazione? Dato che sei
miliardi di noi stanno attuando una strategia evolutivamente instabile,
stiamo distruggendo il sistema ecologico che ci mantiene in vita. Proprio
come quella capra che si rifiuta di allattare i propri piccoli, ci stiamo
autoeliminando. Pensa alla linea temporale che Charles ha tracciato nel
suo discorso sulla rana che bolle. Per i primi seimila anni, l'impatto della
nostra strategia evolutivamente instabile è rimasto minimo e confinato al
medioriente. Nei successivi duemila anni, la strategia si è diffusa
nell'Europa orientale e nell'estremo oriente. In altri millecinquecento anni,
si è diffusa in tutto il Vecchio Mondo. In altri trecento anni, è diventata
globale. Per la fine dei duecento anni successivi – ossia ora – così tante
persone stavano seguendo questa strategia che l'impatto è diventato
catastrofico. Ormai siamo a un paio di generazioni di distanza dal finire il
lavoro (ossia rendere estinta questa strategia instabile).”
Lottai per alzarmi in piedi e andai a fare una passeggiata.
Gli occhi cominciano ad aprirsi.
Quanto tornai, quindici minuti dopo, dissi a B su che cosa avevo
dovuto riflettere con una tale urgenza da aver bisogno di allontanarmi per
134
un po'. Avevo ascoltato tutto ciò che Charles aveva detto a Stuttgart e
avevo creduto di comprenderlo, ma mi ero sbagliato. A dispetto di tutto ciò
che aveva detto, ero rimasto convinto che la nostra esplosione demografica
fosse un problema sociale, come ad esempio il crimine o il razzismo. Non
avevo capito che invece è un problema biologico, che se attuiamo una
strategia che sarebbe fatale per ogni specie, allora sarà fatale anche per noi
nello stesso identico modo. Non possiamo cambiare questo fatto
semplicemente desiderandolo. Non possiamo dire: 'Be', sì, la nostra civiltà
è fondata su strategie evolutivamente instabili, ma possiamo farla
funzionare lo stesso, perché noi siamo umani'. Il mondo non farà
un'eccezione per noi. Ma, naturalmente, quello che la Chiesa insegna è che
Dio farà un'eccezione per noi. Dio ci lascerà comportare in un modo che
risulterebbe fatale per ogni altra specie, aggiusterà le cose in modo da
permetterci di vivere in un modo che è effettivamente auto-eliminante.
Questo è come aspettarsi che Dio renda i nostri aeroplani capaci di volare
anche se sono costruiti in modo da essere aerodinamicamente incapaci di
farlo.
“Questo suonerà probabilmente molto ingenuo”, dissi, “ma perché è un
tale segreto? Perché è qualcosa che non ho mai sentito prima? Perché non
viene insegnato a scuola?”
“Non è un segreto, naturalmente. È solo che i frammenti del puzzle
sono sparsi tra varie discipline che raramente comunicano tra di loro:
archeologia, storia, antropologia, biologia, sociologia. E chi esattamente lo
insegnerebbe nelle scuole?”
“Tutti dovrebbero insegnarlo”, le dissi. “Dovrebbero insegnare questo
come prima cosa. Leggere, scrivere e far di conto può aspettare.”
“Be', naturalmente sono d'accordo con te. Questa è la parola di B: se il
mondo verrà salvato, non lo sarà da persone con la vecchia visione e nuovi
programmi, ma da persone con una nuova visione e nessun programma.
Questo perché una visione si diffonde da sola e non ha bisogno di
programmi. Nell'ultima mezz'ora, i tuoi occhi hanno cominciato ad aprirsi
a questa nuova visione. Ma al momento ne vedi ancora solo il lato desolato
– il lato deprimente.”
Dovetti dirmi d'accordo su questo.
“Quindi torniamo ancora una volta a queste due visioni, Jared: la
visione Prendi e la visione Lascia, o animista. Alcuni minuti fa, hai
espresso in modo eccellente la visione Prendi, la visione che ha condotto la
nostra cultura attraverso diecimila anni di trionfo e catastrofe. Per come la
135
vedono i Prendi, il mondo è stato creato per l'Uomo, e l'Uomo è stato
creato per conquistarlo e dominarlo. La prossima domanda è: da dove è
arrivata questa visione?”
“Temo di non capire il significato di questa domanda”, le dissi.
“Va tutto bene. Charles avrebbe continuato a spingerti ad attraversare il
varco, ma io ho promesso di non seguire il suo esempio. Ti dirò da dove è
venuta questa visione, e tu mi potrai dire se la mia spiegazione ti sembra
plausibile e convincente. La visione Prendi è nata dal modo in cui i Prendi
sperimentavano il mondo, dal modo in cui ottenevano ciò di cui
necessitavano per vivere, ossia, in fin dei conti, conquistando e dominando
il mondo. Praticare l'agricoltura totalitaria per migliaia di anni aveva dato
loro l'impressione che il mondo fosse stato creato per l'Uomo, e che
l'Uomo fosse stato creato per conquistarlo e dominarlo. Ti sembra che
abbia senso?”
“Sì, ha perfettamente senso. Immagino che potrebbe essere definito una
sorta di rozzo empirismo: 'Abbiamo sempre vissuto come se il mondo
fosse stato creato per noi, quindi deve esserlo stato'.”
“La cosa importante da notare è che è la visione a essere nata dallo
stile di vita, e non il contrario. È chiaro questo?”
“Be'... Quasi chiaro.”
“Quello che intendo è che undicimila anni fa i cacciatori mesolitici
dell'Iraq non si sono riuniti e hanno detto: 'Va bene, abbiamo esaminato il
mondo e abbiamo concluso che è stato creato per essere conquistato e
dominato dall'Uomo. Quindi dovremmo smetterla di vivere nel modo
sbagliato e cominciare a conquistarlo e dominarlo'. Piuttosto ciò che è
avvenuto è che, dopo migliaia di anni passati a vivere da conquistatori e
dominatori, i membri della nostra cultura cominciarono gradualmente a
concepire la buffa idea che il mondo fosse stato creato appositamente
perché noi potessimo conquistarlo e dominarlo. Cominciarono a credere di
star realizzando il destino stesso dell'umanità.”
“Ho capito. La visione Prendi si è originata dallo stile di vita Prendi, e
non il contrario.”
“Ora, da cosa pensi si sia originata la visione Lascia?”
“Suppongo che sia nata dallo stile di vita Lascia.”
“E hai ragione, naturalmente. E che cosa sai di questo stile di vita?”
“A essere onesto... Proprio niente.”
B annuì. “Questa è la nostra sfida di oggi, Jared. Devo rivelarti la
visione che si è originata da uno stile di vita di cui non conosci nulla.”
136
“Suona difficile”, dissi.
“Lo è, ma non c'è bisogno di insegnarti ogni minima cosa che c'è da
sapere su questo stile di vita. Per esprimere la visione Prendi, tutto ciò che
hai dovuto capire è come i Prendi ottengono ciò di cui hanno bisogno per
vivere, e lo ottengono comportandosi come se il mondo appartenesse a
loro – e la visione Prendi supporta questo comportamento. Lo stile di vita
Prendi comporta molto più di questo, ma questo era tutto ciò che ti serviva
capire per poter esprimere la loro visione.”
“Sì, capisco.”
“Posso essere altrettanto selettiva con i Lascia – e lo sarò.”
Zittendo l'inquisitore.
Dopo aver detto questo, B tacque. Dopo alcuni minuti di silenzio cercai
di capire se avessi dovuto lavorare su una qualche domanda, ma
naturalmente non dovevo. Non era in trance o nulla del genere, si limitava
a fissare nel vuoto poco distante. Presto cominciai ad agitarmi, e lei mi
lanciò un'occhiata.
“Non l'ho mai fatto prima, Jared, e adesso che devo farlo non so da
dove cominciare. So tutto ciò che voglio che accada, ma non so come farlo
accadere. So dove voglio arrivare, ma non so come arrivarci.”
Dato che non capivo esattamente il problema, non avevo idea di come
aiutarla, a parte forse darle una pacca sulla schiena per rassicurarla, il che
probabilmente non avrebbe aiutato granché né lei né me.
Alla fine, disse: “Ho un'idea, ma non sono sicura di come la prenderai.
Penso che il problema sia che il nostro rapporto è intrinsecamente ostile.
Non intendo dire che è completamente ostile, ma che ha un aspetto ostile
che non scomparirà mai. Non è colpa tua né mia, è semplicemente così che
stanno le cose. Sei stato mandato qui per soddisfare la tua curiosità e
quella di altri, per fare le domande che farebbero loro, quindi il tuo ruolo
qui, che ti piaccia o no, è quello di un inquisitore. 'Che ti piaccia o no' è il
modo giusto di dirlo, penso, perché per la maggior parte a te non piace, ma
senti di doverlo fare comunque. Devi indagare per te stesso, e devi farlo
per coloro che ti hanno mandato qui.”
“Sì, è vero.”
“Quello che ho fatto finora è andato bene per l'inquisitore.” Indicò il
nostro lavoro di bricolage. “Questo ha funzionato perfettamente per
l'inquisitore, non è vero?”
137
Annuii.
“Il mio problema, adesso, è che non riesco a vedere alcun modo di far
comprendere la visione animista a un inquisitore. Non credo proprio che
possa essere fatto. Questo significa che dovremo adottare due nuovi ruoli.”
Annuii nuovamente.
“Avevo un figlio una volta, Jared. Non ebbe molta fortuna. Visse solo
per alcune ore, non abbastanza perché gli venisse dato un nome, ma nella
mia mente lo chiamai Louis, per qualche motivo un nome decisamente
adulto. Non ne avrò altri, per ovvi motivi – e se per te non sono ovvi,
potrai comprenderli da solo con calma. Se Louis fosse vivo ora avrebbe
otto anni, e gli starei sicuramente insegnando ciò che sto insegnando a te.”
“Quindi, cosa mi stai chiedendo?”
“Ti sto chiedendo se puoi smettere di essere un inquisitore per un'ora e
ascoltarmi come farebbe Louis.”
Le dissi che pensavo di poterlo fare.
“Non so se ti sto chiedendo qualcosa di semplice o di difficile.
Probabilmente molti uomini lo troverebbero impossibile.”
“Non lo so neanch'io”, dissi. “Ma a essere onesti non mi sembra molto
difficile. Lascia che ti chieda una cosa, però. Mi stai dicendo che non vuoi
che ti faccia nessuna domanda? Non mi sembra molto giusto, perché Louis
di sicuro farebbe domande se avesse otto anni.”
Sembrò sconcertata da questo, forse anche un po' irritata. Non c'era
modo di evitarlo, dovevo chiederlo.
“Un bambino di otto anni non è un inquisitore”, disse.
“Lo so. Dammi un po' di fiducia.”
Ci rimuginò su per un po', poi disse: “Louis farebbe domande.” Non mi
presi la briga di precisare che gliel'avevo appena detto. “Pensi di poter fare
le sue domande e non quelle di Padre Lulfre?”
“Penso di poterlo fare, Shirin. Dammi il beneficio del dubbio.”
Lei fece un cenno d'assenso privo di entusiasmo. Dopo aver riflettuto
per alcuni secondi, distolse lo sguardo. “Non essere sorpreso se dirò cose
che non ti aspettavi di sentire. Ci sono cose che devo dire.”
“Lo capisco.”
“Vorrei che conoscessi il linguaggio dei segni”, aggiunse in modo
piuttosto malinconico. “Gli ostacoli scompaiono con il linguaggio dei
segni.”
L'avrei voluto anch'io.
138
La ragnatela.
Non so cosa fece nei minuti successivi, non la stavo guardando. In
momenti come questi è meglio lasciare una persona da sola, concentrarsi
su qualcos'altro e darle un po' di spazio. Quando fu pronta, cominciò a
parlare in un tono basso e fermo, e io accesi discretamente il mio
registratore.
“Ti ho detto che sto morendo”, disse. “So che non ti fa piacere sentirlo,
Louis, ma prima lo accetterai e meno soffrirai. Per quando avremo finito
oggi continuerà a non piacerti, ma sarai in grado di sopportarlo. A ogni
modo, questo è il punto da cui devo cominciare. Tu vuoi comprendermi e
vuoi comprendere cosa sta succedendo, e questo è ciò di cui ci
occuperemo ora. Se fossi un'altra persona, cercherei di consolarti con una
favola come quelle che si raccontano su Babbo Natale ogni Natale. Ti direi
che la mamma andrà in Paradiso per vivere con Dio e gli angeli, e che da lì
continuerà a vegliare su di te. Ma la verità è migliore – in parte perché è la
verità.
“Lascia che cominci dal grande segreto della vita animista, Louis.
Quando altre persone cercano Dio, guardano automaticamente il cielo.
Loro credono che se c'è un Dio, allora si trova molto, molto lontano, ed è
remoto e intoccabile. Non so come possano sopportare di vivere con un
Dio simile, Louis, non lo so davvero. Ma non sono loro il nostro problema.
Ti ho detto che, tra gli animisti di tutto il mondo, nessuno conosce il
numero esatto degli dei. Non conoscono quel numero, e non lo conosco
neanch'io. Non ne ho mai incontrato uno a cui importasse di conoscerlo, né
ho mai sentito che esistesse. Ciò che ci interessa non è quanti sono, ma
dove sono. Se andassi dagli Alawa australiani, o dai Boscimani africani, o
dai Navajo nordamericani, o dai Kreen-Akrore sudamericani, o dagli
Onabasulu della Nuova Guinea, o da uno qualunque dei centinaia di altri
popoli Lascia che potrei nominare, scopriresti in fretta dove sono gli dei.
Gli dei sono qui.”
Per la prima volta, B mi guardò direttamente negli occhi mentre
parlava.
“Non intendo lì, non intendo da qualche altra parte, intendo qui. Tra
gli Alawa: qui. Tra i Boscimani: qui. Tra i Navajo: qui. Tra i KreenAkrore: qui. Tra gli Onabasulu: qui. Capisci?”
“Non ne sono sicuro”, risposi onestamente.
“Non stanno facendo un'affermazione teologica. Gli Alawa non stanno
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dicendo ai Boscimani: 'I vostri dei sono falsi, i veri dei sono i nostri'. I
Kreen-Akrore non stanno dicendo agli Onabasulu: 'Voi non avete dei, solo
noi li abbiamo'. Niente del genere. Stanno dicendo: 'Il luogo dove abitiamo
è sacro e unico al mondo'. Non penserebbero mai di dover guardare
altrove per trovare gli dei. Gli dei si trovano tra di loro, vivono dove
vivono loro. Gli dei sono ciò che rendono vivo il luogo che abitano. Questo
è ciò che un dio è. Un dio è quella strana forza che rende ogni luogo un
luogo – un posto unico al mondo. Un dio è il fuoco che arde in quel luogo
e in nessun altro, e nessun luogo in cui quel fuoco arde è privo di un dio.
Tutto questo dovrebbe farti capire perché non rifiuto il nome che ci è stato
dato da un estraneo. Anche se ci è stato imposto fraintendendo la nostra
visione, il nome animismo ne coglie comunque un barlume.
“A differenza del Dio il cui nome comincia con una lettera maiuscola, i
nostri dei non sono affatto onnipotenti, Louis. Riesci a crederci? Ognuno
di loro potrebbe venire distrutto da un lanciafiamme, da un bulldozer o da
una bomba. Zittito, scacciato, ferito. Siediti nel bel mezzo di un centro
commerciale a mezzanotte, circondato da mezzo miglio di cemento in ogni
direzione, e in quel luogo il dio che una volta era forte come un bufalo o
un rinoceronte ora è debole come una falena avvelenata. Debole... Ma non
morto. Non completamente estinto. Radi al suolo il centro commerciale,
spazza via il cemento, e nel giro di alcuni giorni quel luogo ricomincerà a
pulsare di vita. Non c'è bisogno di fare altro che estrarre il veleno. Il dio sa
come prendersi cura di quel luogo. Non sarà mai più ciò che era prima, ma
nulla è mai ciò che era prima. Non c'è bisogno che lo sia. TI capiterà di
sentir parlare alcune persone del far tornare le pianure del Nord America
com'erano prima che i Prendi arrivassero. Questo non ha alcun senso. Ciò
che le pianure erano cinquecento anni fa non era la loro forma finale. Non
era la forma definitiva e sacrosanta che avrebbero dovuto assumere
dall'inizio dei tempi. Non esiste nessuna forma simile, e mai esisterà. Tutto
qui è un lavoro in corso.
“Ecco, ti racconterò una storia. Quando gli dei decisero di creare
l'universo, si dissero: 'Rendiamolo una manifestazione della nostra infinita
abbondanza e un segno che potrà essere compreso da coloro che saranno in
grado di leggerlo. Dispensiamo attenzioni senza limiti su ogni cosa: non
meno sul più fragile filo d'erba che sulla più maestosa delle stelle, non
meno sulla zanzara che vive per un'ora che sulla montagna che si eleva per
millenni, non meno su un fiocco di mica che su un fiume d'oro. Facciamo
in modo che non esistano due foglie uguali da un ramo all'altro, né due
140
rami uguali da un albero all'altro, né due alberi uguali da una foresta
all'altra, né due foreste uguali da un mondo all'altro, né due mondi uguali
da una stella all'altra. In questo modo, la Legge della Vita sarà evidente per
chiunque avrà gli occhi per vederla: il coniglio che si nutre furtivamente,
la volpe che lo osserva di nascosto, l'aquila che li sovrasta e l'uomo che
tende l'arco verso il cielo'. E questo fu ciò che venne fatto dall'inizio alla
fine: non due cose uguali in tutto l'universo, non una sola cosa creata con
meno attenzione di ogni altra in innumerevoli generazioni di specie più
numerose delle stelle. E quelli che avevano occhi per vederli lessero i
segni e seguirono la Legge della Vita.
“Hai compreso questa storia?”, mi chiese.
“No, non credo.”
“Non due cose uguali in tutto l'universo, Jared. Questo è il punto.
Questo è il motivo per cui tutto qui è un lavoro in corso e non è nella sua
forma definitiva. Te l'ho detto ieri, quando ti ho parlato degli acari che
vivono sugli scarabei. Se provassi a osservare questi acari al microscopio
per studiare la forma finale della loro specie, non otterresti nulla, perché
più li guardassi attentamente e più vedresti che non ne esistono due uguali.
E se non ne esistono due uguali, come si può prenderne uno e dire: 'Ecco,
questa è la forma definitiva degli acari'?
“Questo è ciò che intendevo con abbondanza, Jared: perfino tra creature
apparentemente insignificanti come gli acari, non ne esistono due uguali in
tutto l'universo, e nessuno di essi è stato creato con meno cura di una stella
di neutroni o di una galassia. Il tuo prezioso cervello umano non è più
meraviglioso di uno di quegli acari.”
“Lo so”, mi sentii dire.
“Il Dio ebraico, cristiano o musulmano avrebbe mai mandato il suo
unico figlio a salvare quegli scarabei e i loro acari, Jared?”
“No.”
“Ma il dio di questo luogo si preoccupa di loro quanto di qualunque
altra creatura al mondo. Ecco perché sapevo che avresti potuto beneficiare
dall'osservare quegli scarabei, ieri. Quegli scarabei sono una
manifestazione dell'infinita abbondanza degli dei e un segno che può
essere letto da coloro che sanno come fare. Volevo che vedessi come gli
dei dispensano attenzioni illimitate su ogni cosa: non meno su uno
scarabeo il cui più grande risultato è seppellire un topo che sul cervello di
Einstein, non meno su un acaro che si nutre di uova di mosca che sugli
occhi di Michelangelo.”
141
“Lo vedo... O sto cominciando a farlo.”
“Dove possiamo trovare questo dio, Louis?”
Dato che mi aveva chiamato con il mio nome solo un minuto prima,
rimasi momentaneamente perplesso dal fatto che avesse ripreso a
chiamarmi Louis. Mentre la conversazione proseguiva, mi resi conto che
poteva rivolgersi a me in entrambi i modi senza perdere il filo del discorso.
A volte un concetto era indirizzato specificamente a Louis (e solo
incidentalmente a me), a volte era indirizzato principalmente a me (e solo
incidentalmente a Louis), e a volte, immagino, era per entrambi allo stesso
modo. A ogni modo, la mia risposta a questa domanda fu un'occhiata
inespressiva.
“Non ti sto chiedendo di fare un salto, Jared. Ti ho già detto dove
possiamo trovare questo dio... Ma ci tornerò più tardi. Abbiamo molte altre
cose di cui parlare. Tu e io, Jared, torniamo sempre alla visione. Louis e io
torniamo sempre al significato della morte.
“Ogni creatura nata nella comunità della vita appartiene a quella
comunità. Intendo che le appartiene come la tua pelle o il tuo sistema
nervoso appartiene a te. Il topo che abbiamo visto non si limitava a vivere
nella comunità del parco, come tu potresti vivere in un appartamento a
Chicago o a Fresno. Ogni molecola del corpo del topo proveniva da questa
comunità e alla fine era destinata a ritornarci. Sarebbe lecito dire che quel
topo era un'espressione di questa comunità nello stesso modo in cui
Leonardo da Vinci era un'espressione del Rinascimento italiano.
“L'individuo vive in una tensione dinamica con la comunità, ritirandosi
in tane, alveari, nidi o rifugi per stare al sicuro ma senza mai essere del
tutto autosufficiente, rimanendo sempre costretto a uscire allo scoperto e
rendersi disponibile, prima o poi, come è successo a quel topo. Questa
tensione è un'espressione della legge, è ciò che spinge il ragno a sigillare la
propria tana come la cassaforte di una banca e la vespa mangiaragni a
diventare una scassinatrice.
“Nulla nella comunità vive isolata dal resto, nemmeno le regine degli
insetti sociali. Nulla vive in modo perfettamente autonomo, senza aver
bisogno di nulla dalla comunità. Nulla vive senza dovere nulla alla
comunità. Nulla è intoccabile o intoccato. Ogni vita è un prestito della
comunità fin dalla nascita e viene sempre ripagato alla morte, senza
eccezioni. La comunità è una ragnatela di vite, e ogni filo conduce a tutti
gli altri. Nulla è esentato o escluso. Nulla è speciale. Nulla vive su un filo
isolato e disconnesso da tutti gli altri. Come hai visto ieri, nulla va
142
sprecato. Non una goccia d'acqua, una molecola di proteina o un uovo di
mosca. Questa è la dolcezza e il miracolo di tutto questo, Jared. Ogni cosa
vivente è cibo per qualcun'altra. Ogni cosa che si nutre alla fine fa da
nutrimento e alla morte ritorna alla comunità.”
Fece una pausa e mi diede un'occhiata, che le restituii.
“Ogni filo della ragnatela conduce a tutti gli altri. Ti sembra che abbia
senso?”
“Sì, penso di sì.”
“Dove troveremo gli dei di questo posto?”
Battei le palpebre e gracchiai debolmente: “Questo posto?”
“Questo posto in cui siamo ora, Jared.”
Non era una domanda a cui potessi rispondere, quindi mi limitai a
fissarla a occhi sgranati.
“Diecimila anni fa, questo territorio era la casa di un popolo mesolitico
il cui nome non conosceremo mai. Scava nel terreno e troverai le loro asce
e le loro punte di lancia. Erano Lascia, naturalmente – animisti – e
sapevano dove trovare il dio di questo posto. Il dio di questo posto è qui,
Jared. Non l'avrebbero cercato in cielo o sul Monte Olimpo. L'avrebbero
cercato qui, dove siamo seduti.”
Annuii. Era il massimo che fossi disposto a fare, a questo punto.
“Qui”, disse ancora lei, stavolta battendo una mano sul terreno di fronte
a noi.
“Va bene.”
“Ora voglio che guardi.”
Scossi la testa – solo un po', solo abbastanza da dire: 'No, no grazie,
credo che ne farò a meno'.
“Forza”, ordinò, e si stese a pancia sotto nella polvere. Tutt'altro che
felice, seguii il suo esempio.
Al centro della ragnatela.
“Ecco dove imparerai tutto”, disse. “Ecco dove tutto acquista un senso.
Questo è il centro della ragnatela, dove passato, presente e futuro sono
uniti e dove la mente umana è nata. Voglio che tu guardi. Non dirmi di
nuovo che non sei Natty Bumppo. Ti ho sentito la prima volta. Non devi
necessariamente capire cosa vedi, ma devi almeno fare lo sforzo di vedere
qualcosa.
“Alcuni decenni fa, quando le teorie lamarckiane venivano ancora
143
proposte occasionalmente come vera scienza, c'era una popolare teoria
secondo cui quello che aveva stimolato il cervello dei primati a
raggiungere dimensioni umane era stato il continuo sforzo dei nostri
antenati di inventare utensili. Questo è, naturalmente, ciò che ci si
aspetterebbe da una cultura come la nostra, che equipara il progresso
all'uso di utensili.”
Grugnii, per farle capire che ero ancora sveglio.
“Il fatto è, comunque, che la nascita della specie umana non è dipesa
dallo sviluppo di utensili. È dipesa da un diverso tipo di progresso, uno
tanto cruciale allo sviluppo umano quanto la nascita del linguaggio.
Qualche idea di che cosa potrebbe trattarsi?”
“No, nessuna.”
“Non ne sono sorpresa. Questo particolare progresso non è riconosciuto
dalla versione Prendi della storia umana. Non è nemmeno nominato, dato
che non aggiunge nulla alla gloria dei Prendi. Questo è l'avanzamento che
ha segnato in modo decisivo l'acquisizione di uno stile di vita unicamente
umano, uno stile di vita criticamente dipendente dall'intelligenza. Questo è
l'avanzamento che ci ha separato definitivamente dalle scimmie. Ancora
nessuna idea?”
“No, temo di no.”
“Evidentemente non ti ricordi di averne parlato con Charles sul treno di
ritorno da Stuttgart. Non riuscivi a capire che cosa i nostri antenati
avessero ottenuto nei primi tre milioni di anni di vita umana, e lui ha
cercato di farti vedere che ciò che ottennero fu di sviluppare uno stile di
vita specificamente umano.”
“Sì, adesso mi ricordo. La conversazione fu piuttosto... Sopraffatta
dagli eventi.”
“Osserva gorilla, scimpanzé o oranghi e sarai – o dovresti essere –
colpito da come il loro stile di vita non ricordi neanche vagamente quello
attribuito ai primi esseri umani. I primi esseri umani, a differenza delle
creature da cui discendevano, erano cacciatori-raccoglitori. Tutti gli altri
tipi di primati sono solamente raccoglitori. Uccideranno per il cibo, se si
presenta la necessità, ma nessuno di loro vive da cacciatore. Tra i primati,
solo gli umani sono cacciatori, perché tra i primati solo gli umani hanno
l'equipaggiamento biologico necessario per usare la caccia come principale
strategia di sostentamento – e quest'equipaggiamento è prettamente
intellettuale. Gli umani avrebbero potuto avere successo come cacciatori
solo in un modo. Non avrebbero potuto farlo nello stesso modo dell'aquila,
144
o del ghepardo, o del ragno. Quei metodi erano fuori discussione. Quindi
trovarono un metodo che potesse funzionare per loro – un metodo fuori
portata per ogni altra specie sul pianeta. Capisci cosa sto cercando di dirti,
Jared? Non siamo diventati umani sbattendo rocce tra di loro. Siamo
diventati umani leggendo le storie scritte qui – qui, nelle mani degli dei.”
Aprì la mano col palmo verso l'alto per mostrarmi cosa intendeva.
“Non sono una lettrice di tracce esperta, Jared, neanche lontanamente. I
nativi di queste regioni – ognuno di quei cacciatori mesolitici che ho
nominato prima – avrebbero potuto raccontarti di cose che sono successe
qui giorni fa. Letteralmente ogni minimo segno che vedi qui nella polvere
è il resoconto di un evento, anche se è solo la traccia lasciata da una foglia
spostata dal vento. Sarebbero stati in grado di identificare ogni creatura
che abbia lasciato un segno qui in tempi recenti, e avrebbero potuto dirti
quando è passata di qui e cosa stesse facendo, se andasse di fretta o se
stesse indugiando, se stesse cercando per qualcosa da mangiare o se stesse
tornando a casa.
“Ho scelto questo luogo perché avevo visto che qui era successo
qualcosa che forse avrei potuto decifrare. Non intendo dire che qui è
successo qualche grande melodramma, solo qualcosa. Vedi questa linea di
tracce qui? Sembrano ciò che potresti ottenere premendo una grande
chiusura lampo contro il terreno.”
“Sì, ora che me le fai notare le vedo.”
“Questa è la traccia lasciata da un coleottero – non ho la più vaga idea
di che tipo. Ovviamente un tipetto piuttosto massiccio. La pista è ancora
fresca, non più vecchia di un paio d'ore. Si può vedere dove incrocia
un'altra linea di tracce, quella di uno scoiattolo.”
“Strano a dirsi, ma lo vedo davvero.”
“Va bene. Ecco la parte eccitante. Il coleottero si stava facendo gli
affari suoi, quando all'improvviso da lì a sinistra un topo è saltato sulla
scena per attaccarlo. Puoi vedere da qui, dal modo in cui le tracce sono
raggruppate, che il topo non ha solo camminato, ha proprio saltato. Se
fossimo negli Stati Uniti, direi che fosse una tamia, ma non so che cosa
potrebbe essere qui, quindi lo definirò un topo. A ogni modo, il topo
agguanta il coleottero, e qui puoi vedere i segni della loro lotta.”
“Sì, li vedo.”
“Ora le tracce del topo proseguono verso destra e quelle del coleottero
sono svanite. Quindi quello che c'è scritto qui è che il topo si è fatto uno
spuntino.”
145
Ci rimettemmo seduti.
La prima cosa: leggere i segni.
“Davvero impressionante”, dissi.
“Davvero poco, credimi, paragonato a quello che un vero battitore
potrebbe fare, ma abbastanza per i nostri scopi. Ci sono diverse cose che
voglio che tu capisca da tutto questo. La prima è: gli scimpanzé producono
e utilizzano utensili, quindi queste non sono attività esclusivamente
umane, ma la lettura che ho appena effettuato qui lo è. Ovviamente, quello
che ho fatto finora è solo un esempio del processo di caccia. È come un
fotogramma preso da un film, che può farcene capire l'atmosfera e il tema
ma non può comunicarci il processo del film, che è intrinsecamente
movimento. In ogni momento durante una caccia, il cacciatore si sta
facendo queste domande: cosa stava facendo l'animale quando ha lasciato
questa traccia? Quanto tempo fa è passato di qui? Da che parte era diretto?
Quanto stava andando veloce? Quanto sarà lontano adesso? E, mentre si fa
queste domande, tiene sempre presente la stagione, l'ora, la temperatura, le
condizioni del terreno, la sua natura e ovviamente il comportamento tipico
dell'animale che insegue e degli altri animali della zona.
“Ecco un piccolo esempio. Un giorno un antropologo stava seguendo
un cacciatore !Kung mentre cacciava nel deserto del Kalahari. A
mezzogiorno abbandonarono una pista perché la giudicarono priva di
speranze e ne cercarono un'altra più promettente. Presto si imbatterono
nelle tracce di una gazzella gemsbok che il cacciatore giudicò risalire ad
appena due ore prima. Dopo mezz'ora di ricerche, comunque, il cacciatore
abortì la missione. Spiegò che dopotutto le tracce non erano state lasciate
quella stessa mattina, indicando come prova un'impronta dello zoccolo
della gazzella che era stata attraversata dalla traccia di un topo. Dato che i
topi sono animali notturni, le tracce della gemsbok dovevano essere state
lasciate durante la notte. In altre parole, questa particolare gemsbok ormai
poteva essere chissà dove.”
“Sì, capisco.”
“Ora, questa non è una prova di spirito di osservazione e di raziocinio
che farà vincere a quel cacciatore !Kung un premio Nobel, ma è stata
comunque una cosa anni luce fuori dalla portata del primate più prossimo a
noi. Una scimmia con il giusto addestramento potrebbe convincerti di
essere in grado di fare ciò che facciamo noi quando parliamo, ma nessuna
146
scimmia – a prescindere dal suo addestramento – potrebbe mai convincerti
di saper fare ciò che quel cacciatore !Kung stava facendo mentre cercava
la gemsbok.”
“Sono sicuro che hai ragione.”
“Ecco cosa sto proponendo qui, Jared: non abbiamo attraversato il
confine quando abbiamo cominciato a usare utensili. L'abbiamo
attraversato quando siamo diventati cacciatori. I nostri antenati non-umani
erano fabbricatori e utilizzatori di utensili, ma non erano cacciatori, perché
non avevano l'equipaggiamento mentale per esserlo. In altre parole, siamo
diventati umani cacciando, e naturalmente siamo diventati cacciatori
diventando umani. E, a proposito: la caccia non è un'attività
esclusivamente maschile tra i popoli aborigeni ancora esistenti, quindi non
c'è ragione di supporre che lo fosse tra i nostri primi antenati umani.”
“Scusami – spero che non ti sembri una domanda inquisitoria – ma mi
sembra che tu stia dicendo che abbiamo cominciato a cacciare prima di
diventare cacciatori. Come si può cacciare prima di essere un cacciatore?”
“Come puoi volare prima di essere un volatile, Jared?”
“Non sono sicuro di capire cosa intendi.”
“La stessa domanda ha dovuto trovare risposta per ogni sviluppo
evolutivo. Ecco la sfida classica: se l'occhio si è sviluppato gradualmente,
allora è stato inutile finché non è diventato perfettamente completo e
funzionale. Essendo inutile, non portava benefici al suo proprietario,
quindi come ha fatto a evolversi? La risposta è che anche qualcosa di
inferiore a un occhio è utile per il suo proprietario. Ogni tessuto sensoriale,
non importa quanto primitivo, è meglio di niente. Non importa come
l'occhio ha cominciato: dava comunque al suo proprietario un leggero
vantaggio. Lo stesso vale per un comportamento, come la caccia. Anche
l'abilità di lettura delle tracce più primitiva ti darà un leggero vantaggio su
quelli che non ce l'hanno – e ogni leggero vantaggio tende ad aumentare la
tua rappresentanza nella vasca genetica. Mentre la rappresentanza dei
cacciatori nella vasca genetica aumenta, il comportamento si diffonde, e in
ogni generazione i cacciatori migliori – anche se molto inferiori agli
standard moderni – avranno un vantaggio e tenderanno a essere meglio
rappresentati nella vasca genetica. In altre parole, l'abilità nella caccia –
che per gli umani non significa velocità o potenza ma piuttosto intelligenza
– è stata il vettore per la selezione naturale nel caso dell'evoluzione umana.
L'intelligenza di livello umano non è stata solo un fortunato incidente. Non
si è evoluta solo perché potessimo avere dei bei pensieri.”
147
“Mi sembra che il linguaggio abbia potuto avere un ruolo in tutto
questo.”
“Ma certo. Ti ho detto che siamo diventati umani quando abbiamo
sviluppato un nuovo stile di vita. I primati non umani ottengono di che
vivere raccogliendo cibo, ma raccogliere cibo non richiede molta
comunicazione. Un gruppo di primati può arrivare in una zona e
cominciare a raccogliere cibo senza nessuna preparazione, coordinazione,
collaborazione o assegnamento di compiti. Si limitano ad arrivare e a
cominciare a masticare. Ma questo tipo di comportamento non
funzionerebbe per dei cacciatori. Non potrebbero semplicemente arrivare e
cominciare a cacciare ognuno per conto suo. Il lavoro di squadra è ciò che
rende, nella caccia. Ma nei primati non esiste nessun istinto alla caccia
coordinata, come nei lupi o nelle iene. Nei primati, il lavoro di squadra può
nascere solo dalla comunicazione.”
“Quindi stai dicendo che il linguaggio si è sviluppato come uno
strumento per la caccia.”
“Il linguaggio si è sviluppato perché conferiva dei vantaggi. Non
doveva necessariamente conferirne solo uno. L'abilità nel linguaggio ti
rendeva prezioso come compagno di caccia, e quindi anche come
compagno per l'accoppiamento. Essere abile nel linguaggio ti aiutava sia a
sopravvivere che a riprodurti.”
“Mi sembra che il linguaggio e la capacità di cacciare si siano
sviluppati a vicenda, allora. E se è così, allora siamo diventati umani non
solo cacciando ma cacciando e parlando.”
B annuì. “Non mi stai contraddicendo, anche se sembri crederlo. Mi
stai solo anticipando. Non posso dire tutto in una volta.”
Per qualche ragione, questa risposta mi sembrò divertente,
specialmente quando immaginai di rispondere con: 'Be', perché no?'. Per
un attimo pensai che sarei riuscito a trattenermi, ma il mio sistema nervoso
la pensava diversamente, e cominciai a ridacchiare, poi a ridere, poi a
grugnire, poi a sbellicarmi... E fu a questo punto che B decise di unirsi a
me, e continuammo a ridere di gusto per un paio di minuti.
Finimmo entrambi per ansimare alla ricerca di ossigeno e per sorridere
stupidamente, con le lacrime che ci scorrevano sul viso, e per un attimo
ebbe qualcosa nello sguardo che mi fece credere che mi considerasse quasi
un essere umano. Poi respirammo a fondo, riprendemmo il controllo e
tornammo al lavoro.
148
Il gene della caccia.
B batté nuovamente la mano sul terreno davanti a noi.
“Ho detto che c'erano varie cose che volevo capissi da questa
dimostrazione. La prima è che siamo diventati umani interpretando dei
segni e parlando. Non siamo diventati umani sbattendo rocce o scrivendo
sonetti. L'intelligenza ci ha invitato a esplorare un nuovo stile di vita,
basato sulla caccia e sulla raccolta anziché solo sulla raccolta. Questo
nuovo stile di vita richiedeva – e premiava – nuove forme di
comunicazione e cooperazione.
“Ecco la seconda cosa che voglio che tu capisca da questa
dimostrazione. Ci saranno inevitabilmente persone che penseranno che io
stia razionalizzando la violenza umana. Nulla potrebbe essere più lontano
dalle mie intenzioni. Innanzitutto, gli umani non necessitano di alcuna
giustificazione particolare, perché non sono affatto violenti in modo
insolito o eccessivo – al di fuori della nostra cultura, che rappresenta una
minuscola frazione dell'intera umanità. Al di fuori della nostra cultura, gli
umani sono violenti solo nelle stesse circostanze in cui lo sono anche le
altre specie: nello stabilire e difendere il territorio. Questo non ha nulla –
letteralmente nulla – a che vedere con dei confini politici. La Germania
non è un territorio nel senso biologico del termine. La connessione tra
territorialità politica e territorialità biologica è puramente metaforica.
Capisci cosa intendo dire?”
“Non ne ho la più vaga idea.”
“Forse possiamo tornarci più tardi. Al momento voglio assicurarmi che
tu capisca che, a eccezione di questa nostra squilibrata cultura, noi umani
non siamo più violenti delle altre specie, e non è stata la caccia a renderci
violenti quanto lo siamo. I nostri antenati raccoglitori erano altrettanto
violenti. Le specie che non cacciano sono altrettanto violente. Né siamo
l'unica specie i cui membri sono occasionalmente violenti tra di loro. Nulla
potrebbe essere più lontano dalla verità. A parte la caccia, praticamente
tutta la violenza osservata nella comunità biologica è intraspecie. Non
posso spiegarti tutto in questa occasione, quindi dovrai approfondire
l'argomento da solo, se ti interessa.
“Ci saranno persone che prenderanno ciò che sto dicendo e lo
manipoleranno in modo da farlo diventare una giustificazione per la caccia
sportiva. Di nuovo, nulla potrebbe essere più lontano dalle mie intenzioni.
Esserci evoluti per diventare cacciatori non ci ha dotati di un impulso
149
irresistibile di uccidere selvaggina. Il cacciatore che ha più successo non è
quello più assetato di sangue. La sete di sangue non è richiesta, è
irrilevante. Osserva dei cacciatori all'opera e vedrai che non hanno la bava
alla bocca e non uccidono gratuitamente.”
“Scusami”, dissi io, “e, di nuovo, spero che non suoni inquisitorio, ma
mi sembra di aver letto di ritrovamenti archeologici di un gran numero di
bisonti uccisi che apparentemente sono stati lasciati a marcire da cacciatori
umani. Li hanno uccisi, hanno preso le parti che volevano, e poi hanno
abbandonato il resto.”
“Per quanto possa sembrare improbabile alla luce dei fatti che hai
appena menzionato, non si è trattato di uccisioni inutili. I cacciatori nel
Vecchio West – intendo cacciatori della nostra cultura – avrebbero potuto
spiegartelo. Sapevano per esperienza che si può letteralmente morire di
fame circondati dai bisonti, se si trattava di animali magri come quelli che
si potevano trovare in inverno inoltrato. In assenza di altro cibo, l'unico
modo di sopravvivere con dei bisonti magri è di ucciderne un gran numero
per poi prendere quel poco grasso che è disponibile. Non scenderò nei
dettagli della biochimica di questo, ma se vuoi posso prestarti un libro al
riguardo.”
Le dissi che l'avrei presa in parola.
“Dov'ero arrivata...? Stavo dicendo che la caccia non è violenza. Lascia
che te la metta in questo modo: il tratto che stava venendo trasmesso
mentre ci evolvevamo come cacciatori umani non era l'inclinazione a
uccidere, ma un talento per l'osservazione, la deduzione, la predizione del
futuro e per l'essere scaltri e all'erta e non farsi notare. Sono queste le
qualità che fanno un buon cacciatore – e non sono affatto utilizzabili
esclusivamente per la caccia. Se lo fossero, allora saremmo davvero
irresistibilmente spinti a cacciare. Ma ci sono effettivamente alcune cose
che siamo irresistibilmente spinti a fare... E puoi vederle qui.”
Batté la mano sul terreno davanti a lei.
Il gene della narrazione.
“Dimmi cos'è successo in questo punto alcune ore fa, Jared.”
“Be', un coleottero stava passando di qui quando un topo è saltato
dall'erba e l'ha afferrato. Hai detto che questi segni sembrano segni di
colluttazione, ma non vedo perché un topo dovrebbe lottare contro un
topo.”
150
“Forse il coleottero ha reagito.”
“Forse... A ogni modo, dopo la colluttazione il topo ha portato il
coleottero verso destra.”
“Tu ti rendi conto che questo – quello che hai appena fatto – è
completamente al di là delle capacità di qualunque altro animale sul
pianeta?”
“Sì.”
“Cos'hai fatto, esattamente?”
“Be'... In realtà non ho fatto niente. L'hai fatto tu.”
“È buffo, potrei giurare di aver visto le tue labbra muoversi.”
“Sì, ma... Qual è la domanda, esattamente?”
“Ti ho chiesto cosa hai fatto.”
“Hai detto: 'Dimmi cos'è successo qui', e io te l'ho detto. Sbaglio?”
“No, è esatto. Quello che sto cercando di farti capire è che noi due
abbiamo fatto cose diverse. Io ne ho fatta una, tu un'altra. Voglio che tu
definisca ciò che hai fatto.”
Tutto ciò che riuscii a pensare fu che avevo parlato... E non avevo
intenzione di dire questo.
“La ragione per cui non riesci a definirlo, Jared, è che lo sottovaluti. Sai
chi è Koko?”
“Koko? È una gorilla a cui hanno insegnato il linguaggio dei segni,
vero?”
“Esatto. Se facessi sedere Koko qui, un coleottero camminasse nella
polvere e un topo arrivasse dall'erba e lo portasse via, Koko sarebbe in
grado di esprimere a segni qualcosa come: 'insetto insetto topo insetto
corre combatte topo corre insetto'. Se poi, dopo una decina di minuti,
riuscissi a comunicarle il tuo desiderio di avere una descrizione di ciò che
era successo (il che è piuttosto improbabile), il meglio che potresti
aspettarti sarebbe qualcosa come: 'Koko topo visto topo insetto Koko
visto'. E perfino questo sarebbe notevole. Ma quello che Koko non sarà
mai in grado di fare è ciò che hai fatto tu, ossia...?”
“Mettere tutto insieme in una storia.”
“Esatto.” B batté una mano sul terreno davanti a lei. “Qui è dove l'atto
di raccontare storie è cominciato, Jared. Qui è dove le persone hanno
cominciato a vedere il mondo come un insieme di storie. Non c'è un
bambino nel mondo, in ogni cultura del mondo, che non voglia ascoltare
una storia. E in ogni cultura del mondo, una storia è una storia è una storia:
inizio, svolgimento e fine. Inizio: 'Una notte un topo stava attraversando
151
l'erba tornando a casa quando all'improvviso vide un grosso coleottero
nero in una radura lì vicino. Be', pensò il topo, i coleotteri non sono il mio
cibo preferito, ma le proteine sono sempre proteine!'. Svolgimento: 'Quindi
il topo si nascose nell'erba finché il coleottero non fu che a un salto di
distanza, poi lo attaccò. Il coleottero comunque aveva delle mascelle
sorprendentemente potenti, che usò per mordere il naso del topo. I due
combatterono avanti e indietro finché il topo riuscì a sconfiggere il
coleottero'. Fine: 'Sei mio, adesso, disse il topo, usando il naso dolorante
per rigirare il coleottero sulla schiena. Stando ben attento a evitare le
zampe frementi e le mascelle schioccanti del coleottero, il topo lo inghiottì
e trotterellò felice verso casa'.”
“Molto graziosa, ma... Pensi davvero che abbiamo un gene della
narrazione?”
“Be'... Un genetista farebbe una smorfia a un'espressione del genere.
Non esiste un singolo gene che si possa etichettare come 'gene della
narrazione'. La teoria che sto proponendo qui è che il raccontare storie sia
una caratteristica genetica nel senso che gli antichi cacciatori umani che
potevano organizzare gli eventi in una storia avevano maggior successo di
quelli che non sapevano farlo, e questo successo si è tradotto direttamente
in successo riproduttivo. In altre parole, i cacciatori capaci di raccontare
storie tendevano a essere meglio rappresentati nella vasca genetica rispetto
a quelli che non sapevano farlo, il che (incidentalmente) spiega come mai
la capacità di raccontare storie non si trova solo qui e là nelle culture
umane, ma è presente universalmente.”
Leggendo il futuro.
“La gente afflitta dalla Grande Amnesia è più che felice di credere che
la storia umana sia cominciata solo pochi millenni fa, quando la gente
cominciò a costruire città, ma è qui che siamo diventati davvero umani.
Non sto parlando di come abbiamo cominciato a camminare eretti o di
come abbiamo perso la pelliccia. Siamo stati bipedi e glabri per centinaia
di migliaia di anni prima di superare questo confine.”
Di nuovo, batté la mano sul terreno di fronte a noi.
“Qui è dove la struttura temporale dell'universo ha cominciato a venire
impressa nel cervello umano. Queste tracce davanti a noi naturalmente
esistono nel presente, ma non avranno alcun senso finché non le
riconosceremo come tracce di eventi passati. Sarebbero prive di senso per
152
ogni altra specie, perché nessun'altra specie sarebbe in grado di
interpretarle come segni del passato.”
“Non è ciò che un cane fa con l'olfatto?”
“Niente affatto. Standocene qui seduti, stiamo rilasciando
un'emanazione fisica di noi stessi nell'aria. Questo odore, questa
emanazione fisica, si estende fino all'automobile, e un cane che la
incontrasse lì potrebbe facilmente seguirla fino a qui, ma non starebbe
leggendo il passato, starebbe leggendo il presente. Starebbe seguendo il
suo naso fino a noi proprio come tu potresti seguire le tue orecchie fino a
un concerto all'aperto ad alcuni isolati di distanza.”
“Sì, vedo la differenza.”
“Tornando alle tracce in questa parte di terreno: per capirne il senso,
non è sufficiente capire che si tratta di segni di eventi passati. Bisogna
anche riconoscere che hanno una direzione nel tempo: inizio, svolgimento
e fine. La storia del coleottero comincia qui, continua qui e finisce lì, dove
incrocia la storia del topo. Possiamo vedere che la storia del topo continua
– in un futuro su cui possiamo fare predizioni. A un certo punto della notte
scorsa un topo era qui, e ora è andato verso quella direzione. Se seguiamo
quelle tracce, sappiamo che alla fine troveremo ciò che le ha lasciate, e
sarà...?”
“Un topo.”
“Un topo, Jared, che non avremo mai nemmeno visto fino a quel
momento! Capisci che cosa sto dicendo? Stando seduti qui, abbiamo
guadagnato la capacità di predire il futuro. Siamo diventati veggenti!
Alcuni minuti fa, ho cercato di chiarire che diventare cacciatori non ci ha
dato un impulso irresistibile di uccidere altre forme di vita, ma ci ha dato
altri impulsi che sembrano davvero irresistibili. Per esempio, sembriamo
essere irresistibilmente attratti dalle storie, sempre e ovunque.”
“Sì.”
“Ecco un altro impulso che ci è venuto dall'essere diventati cacciatori:
il bisogno di sapere che cosa incontreremo seguendo delle tracce. Ognuno
di noi vuole conoscere il futuro, in qualunque modo, razionale o
irrazionale, ragionevole o assurdo. Questo è così profondamente radicato
in noi, così dato per scontato, che non spendiamo neanche un momento a
riflettere su quanto sia notevole. Ogni nostra minima azione ci rende in
una certa misura padroni del futuro. Alzandoci dal letto, ci vestiamo in un
certo modo aspettandoci di incontrare una certa persona. Leggiamo il
giornale non tanto per scoprire cos'è successo, ma cos'è probabile che
153
succeda – in questioni internazionali, politica, affari, sport e così via.
Controlliamo le previsioni del tempo per sapere se ci servirà un ombrello.
Andando al lavoro, rivediamo i nostri piani per la giornata, che
comprenderanno inevitabilmente il fare piani per domani, per la settimana
prossima, forse perfino per l'anno prossimo. Una buona giornata verrà
probabilmente vista come una giornata che si svolge come da programma,
che non ci riserva brutte sorprese. A un certo punto, facciamo piani su
come passare la serata. Passeremo sicuramente del tempo a pensare a cose
che dobbiamo fare in previsione di eventi futuri. Ordineremo biglietti
aerei, faremo prenotazioni in albergo, ci organizzeremo in modo che una
persona riceva un regalo di compleanno fra alcuni giorni o alcune
settimane da ora.
“Sarebbe difficile per noi anche solo immaginare una specie
intelligente che non sia ossessionata con il futuro – e forse una specie
simile non potrebbe mai sembrarci davvero intelligente. Oltre alla
pianificazione presumibilmente razionale che ho appena descritto, ognuno
di noi è un lettore di presagi e auspici, non importa quanto deridiamo cose
del genere. Quando ci alziamo al mattino e il giornale è bagnato, il latte nei
nostri cereali è aspro, la camicia che volevamo indossare è ancora nella
lavatrice e la macchina non si accende, non c'è nessuno che possa evitare
di pensare: 'Questa sarà una giornata schifosa'. Nessuno che possa
indovinare il cavallo vincente di una corsa senza pensare: 'Lo sapevo!'.
Nessuno che possa ricevere una telefonata di qualcuno a cui stava
pensando senza sentire un palpito di orgoglio per le sue capacità
preveggenti. Io non ho assolutamente la minima fiducia nell'astrologia, ma
se qualcuno mi legge l'oroscopo, una minuscola parte di me ascolta sempre
e pensa: 'Sì, sì, potrebbe succedere, ha senso'.
“Io e te possiamo insistere di non credere nella possibilità di prevedere
il futuro, ma altri non sono tanto sdegnosi e daranno piena fiducia ai loro
cartomanti, medium, veggenti, lettori della mano, dell'aura o dei sogni. E
questo è qualcosa che attraversa ogni confine culturale. La credenza nella
divinazione si trova in ogni cultura umana, ovunque nel mondo. Questo
non significa che chiunque cerchi di prevedere il futuro pratichi la magia.
L'astronomia si è sviluppata come un modo di predire eventi celesti. La
ricerca medica sui farmaci esiste per prevedere i loro effetti futuri, in modo
che un medico possa dire: 'Prenda questa pillola tre volte al giorno, e in
due settimane starà meglio'. I medici sono associati in ogni cultura –
inclusa la nostra – alla divinazione, e ci aspettiamo che siano esperti lettori
154
di segni profetici. Non importa se siamo in un villaggio dell'Età della
Pietra o in una moderna struttura medica, ci aspettiamo che dicano:
'Seguiremo questa procedura oggi e domani starà meglio'. Il metodo
scientifico è intrinsecamente basato sul fare predizioni. 'La teoria prevede
che fare A, B e C risulterà in D. La metterò alla prova in questo modo e
vedo se è in grado di fare predizioni accurate o meno'.
“Dato che siamo nati cacciatori, abbiamo un bisogno genetico di sapere
dove portano le tracce e cosa troveremo alla loro fine. Abbiamo una brama
di conoscere il futuro persistente quanto quella di cibo o di sesso. Dire che
è genetica significa naturalmente proporre una teoria, ma non ci vedo nulla
di implausibile. Il cacciatore che è non solo affamato ma anche avido di
conoscere il futuro avrà sicuramente un vantaggio sul cacciatore che è solo
affamato.”
“Sì, si sarebbe portati a pensarla così.”
Quando gli dei sono dalla tua parte.
“Dimmi, Jared, sei un giocatore d'azzardo?”
“No, non particolarmente.”
“'Non particolarmente'. Cosa intendi?”
“Immagino significhi che sono un giocatore occasionale. Posso passare
una serata a giocare a poker per pochi spiccioli con gli amici, o, se
qualcuno vuole andare alle corse, posso puntare qualche dollaro per
renderla interessante. Ma non sono uno di quelli che non si sentono vivi se
non hanno qualcosa su cui scommettere.”
“Parli come se conoscessi qualcuno così... Un giocatore d'azzardo
compulsivo.”
“Sì, in effetti lo conosco. Mio fratello maggiore.”
“Parlami di lui. Come si chiama?”
“Harlan. Harlan è molto bizzarro, per quanto mi riguarda. Un enigma,
una creatura da un altro pianeta.”
“Vai avanti.”
Sospirai e mi presi mentalmente a calci per non aver risposto alla sua
domanda originaria in modo da evitare queste altre. “Harlan è proprio
come l'ho descritto: non si sente vivo se non ha qualcosa su cui
scommettere. L'unico motivo per cui si alza la mattina è controllare i
punteggi e scoprire se ha vinto qualcosa durante la notte. Scommette su
qualunque cosa, ovunque. Sa tutto. Se c'è una partita di football a
155
Melbourne, può dirti chi sono i giocatori, chi sono gli allenatori, che
punteggi hanno avuto negli ultimi cinque anni... Ma non gli piacciono lo
sport o le squadre. Gli interessano solo le quote e le probabilità. E,
ovviamente, vincere.”
“Perde molto?”
“No, stranamente no. Conosco un sacco di giocatori che si vantano
delle proprie vincite e mentono sulle proprie perdite, ma Harlan è onesto.
E se non vincesse in maniera consistente – o non andasse almeno in pari –
sarebbe finito in bancarotta molto tempo fa, viste le cifre che scommette.
Non esita un attimo a puntare diecimila dollari su una partita. Se non
rischia quel tipo di somma, non è interessato.”
“Deve far male quando perde.”
“Assolutamente. Muore e risorge cinquanta volte al giorno.”
Shirin sorrise. “E davvero non capisci cosa vede in tutto questo?”
“Be'... Una cosa è sentire di che si tratta, un'altra è sperimentarla in
prima persona. È stato sposato una volta – penso che sia durata tre
settimane. Non ha amici, ha allibratori.”
“Cosa fa per vivere – o è un giocatore professionista?”
“No, è un agente immobiliare, specializzato in proprietà commerciali.
Passa le giornate al telefono con clienti e allibratori e le notti davanti al
televisore cambiando canale tra le partite su cui ha scommesso. Se
decidessero di cancellare ogni evento sportivo per un mese, dovrebbe
essere ricoverato.”
“Non gioca nei casinò?”
“Ah, sì, me l'ero dimenticato. I casinò sono per le vacanze. Le passa a
Las Vegas o ad Atlantic City. Dovrebbero chiudere anche i casinò per un
mese.”
“Non cambierebbe nulla. Troverebbe altre cose su cui scommettere.
Lancerebbe monete nei bar o per strada, scommetterebbe sul tempo, sulle
elezioni, sulla marca della prossima automobile che gira l'angolo, sul
numero di passeggeri che usciranno dall'ascensore.”
“Hai ragione, naturalmente.”
“Davvero non vedi che voi due siete fratelli più che solo
geneticamente?”
“No. In che altro modo lo saremmo?”
“Cosa c'è alla radice dell'ossessione di tuo fratello? Hai detto che
muore e risorge cinquanta volte al giorno. Per scoprire cosa?”
“Per scoprire se ha ragione.”
156
“No, stai mancando il punto della questione. Se scommetti con
qualcuno che il Nilo è più lungo del Rio delle Amazzoni, allora
naturalmente la questione è se hai ragione o no. Ma se scommetti che il
prossimo lancio di una moneta sarà testa, avere ragione non c'entra nulla. Il
punto è: l'universo ti aiuterà? Se dici testa ed esce testa, non significa che
hai ragione, significa che Dio è dalla tua. Avresti potuto benissimo dire
croce, e se Dio avesse voluto farti vincere, avrebbe fatto uscire croce.
Questo è ciò che ogni giocatore compulsivo sta davvero cercando di
capire: 'Sei dalla mia parte, Dio, o sei contro di me?' Quando Harlan vince
si sente come un santo, e quando perde per giorni di fila conosce il lato
oscuro dell'anima, e sa che Dio l'ha abbandonato.”
“Va bene”, dissi. “capisco cosa intendi. Mi ricordo che una volta,
giocando a poker a cinque carte, mi è arrivata esattamente la carta che mi
serviva per completare una scala reale. Ricevere quella carta è stata
sicuramente un'esperienza religiosa. È stato trascendentale. Mi aspettavo
che tutti rimanessero accecati dal fulgore religioso che emanavo.”
“Quando la definisci un'esperienza religiosa, stai scherzando?”
“Niente affatto. È stata un'esperienza indescrivibile. Ero in uno stato di
trascendenza cosmica. Mi sono sentito come se l'universo in quel momento
si fosse accorto di me. Ero in contatto con la fonte del significato
dell'esistenza.”
“Un'esperienza religiosa, ma presumibilmente non cristiana.”
“No, non cristiana.”
“Molti hanno teorizzato che questa sensazione trascendente che hai
descritto sia la sorgente dell'impulso religioso, ma solo B la fa risalire a
questo pezzo di terra qui davanti a noi, con le sue tracce di coleotteri e
topi. Qui è dove abbiamo cominciato a raggiungere una dimensione oltre
la comprensione di ogni altra creatura sul pianeta. Una dimensione che di
sicuro non è il nostro dominio. Ma se dovessimo immaginare che sia il
dominio di qualcuno, allora di chi sarebbe?”
“Dev'essere il dominio degli dei.”
“Tirare una moneta e scommettere su testa significa entrare nel dominio
degli dei. Sperare di estrarre la carta che completa una scala reale significa
entrare nel dominio degli dei. Leggere i segni su questo fazzoletto di terra
e cominciare una caccia, significa entrare nel dominio degli dei. E quando
esce testa, quando estrai la carta che completa la tua scala reale, quando la
caccia ha successo, non importa se credi in un dio, in mille dei o in
nessuno. Sai comunque che l'universo si è accorto di te, che sei entrato in
157
contatto con la fonte del significato dell'esistenza.”
L'armonica sacra.
“Ora capisci – almeno spero – a cosa mi stessi riferendo quando ieri ho
parlato di armoniche. Ho detto che quando i processi mentali sono
diventati pensieri umani, forse hanno cominciato a risuonare con
un'armonica che corrisponde a ciò che definiamo religione o
consapevolezza del sacro.”
“Sì. Al momento non avevo idea di dove volessi arrivare. Pensavo fosse
molto improbabile che riuscissi a persuadermi di una cosa simile.”
“E ora?”
“E ora ha senso. Il pensiero umano è rivolto al futuro, e il futuro è
inevitabilmente il dominio degli dei. Se si supera il confine, non si può non
incontrarli.”
“Ora sei in una posizione adatta per capire l'universalità dell'esperienza
animista. Per capire come un tempo potesse esistere una religione
universale sul pianeta. Non importa dove superi il confine e incontri questi
dei, l'esperienza rimane la stessa. L'esperienza africana non è differente da
quella asiatica, europea o australiana. Ogni caccia comincia qui”, batté la
mano a terra, “e continua nel dominio degli dei.”
Far esplodere la 'natura'.
B mi chiese di spiegare nuovamente il significato del nostro lavoro di
bricolage. Lo raccolsi e lo studiai per un momento. “Il fossile rappresenta
la comunità della vita”, le dissi. “L'animismo è collegato a questa
comunità e risuona con essa. La Legge della Vita, rappresentata dalla
penna, è scritta nella comunità della vita, e l'animismo legge questa legge,
come fa anche la scienza, a modo suo.”
“Bene. Abbiamo parlato di risonanza in due occasioni, qui, non è vero,
Jared? Il pensiero umano risuona con l'armonica che corrisponde alla
consapevolezza del sacro, e l'animismo risuona con la comunità della vita.
Qual è la connessione? Queste due risonanze in realtà sono la stessa cosa?”
“Se dovessi tirare a indovinare, direi di sì.”
“Lo sono, e una volta che lo vedrai sarai pronto a esprimere la visione
animista come hai fatto con quella Prendi.”
Detto ciò, B sprofondò in un silenzio pensieroso. Alla fine, dopo un
158
paio di minuti, continuò. “A volte devi riempire una buca nella strada per
far andare la gente nella direzione desiderata, e a volte devi far esplodere
parte della strada per evitare che vadano nella direzione sbagliata – e
naturalmente alcune volte devi fare entrambe le cose, il che è la situazione
in cui mi trovo ora con te. Penso che comincerò con l'esplosione, anche se
so di non avere abbastanza dinamite o abbastanza tempo da distruggere
questa parte della strada completamente come vorrei.
“Vedrai la gente imboccare questa parte della strada quando comincia a
parlare della Natura, intesa come l'insieme dei processi e dei fenomeni del
mondo non-umano, o come il potere dietro questi processi e questi
fenomeni. Per come la vede normalmente la gente, noi Prendi abbiamo
cercato di 'controllare' la Natura, ci siamo 'alienati' dalla Natura, e viviamo
'contro' la Natura. È quasi impossibile per loro capire di che cosa parla B
finché restano prigionieri di queste idee inutili e fuorvianti.
“La Natura è uno spettro nato dalla Grande Amnesia, che, dopotutto,
consiste proprio nell'aver dimenticato che siamo parte dei processi e dei
fenomeni del mondo esattamente quanto ogni altra creatura, e che se
esistesse una cosa chiamata Natura saremmo parte di essa quanto
scoiattoli, piovre, zanzare o giunchiglie. Siamo incapaci di alienarci dalla
Natura o di vivere 'contro' di essa. Non possiamo alienarci dalla Natura più
di quanto possiamo alienarci dall'entropia. Non possiamo vivere contro la
Natura più di quanto possiamo vivere contro la gravità. Al contrario,
quello che stiamo vedendo ogni giorno più chiaramente è che i processi e i
fenomeni del mondo hanno effetto su di noi esattamente come su
qualunque altra creatura. Il nostro stile di vita è evolutivamente instabile,
quindi si sta autoeliminando come succede a ogni strategia evolutivamente
instabile. Tutto perfettamente ordinario.”
“Penso di capire tutto questo.”
“Anche capendolo, te l'assicuro, la gente ti dirà: 'Ma non pensi che
dovremmo riavvicinarci lo stesso alla Natura?' Per me, questo è privo di
senso quanto dire che dobbiamo riavvicinarci al ciclo del carbonio.”
“Lo capisco. D'altro canto, ad alcune persone piace stare all'aria
aperta.”
“E va benissimo. Basta che non insistano che stare in una foresta
significa essere 'più vicini alla Natura' che stare seduti in un cinema.”
Attraverso gli occhi del cervo.
159
“Nessuno penserebbe mai di dire che un'anatra o un verme di terra sono
'vicini alla Natura', e allo stesso modo è vero che i nostri antenati animisti
non erano 'vicini alla Natura'. Loro erano la Natura – erano una parte della
comunità della vita. Appartenevano a quella comunità completamente
quanto lucertole, falene e moffette – e altrettanto istintivamente. Intendo
che non si congratulavano con se stessi per il fatto di appartenervi, lo
davano per scontato. Lo stesso vale per i moderni popoli Lascia. Non
appartengono a questa comunità della vita per una questione di principio, o
perché pensano che sia nobile o 'un bene per i bambini' o 'un bene per il
pianeta'. Lo preciso per dissociarmi dall'attuale tendenza ad angelizzarli –
che secondo me è dannosa quanto demonizzarli come facevano i nostri
bis-bisnonni. Non hanno bisogno di essere angelizzati. Hanno uno stile di
vita che è più sano per le persone e per il pianeta, è vero, ma non lo
seguono perché sono nobili. Lo seguono per la miglior ragione del mondo:
perché lo preferiscono al nostro e piuttosto che vivere come noi
preferirebbero morire.”
Annuii per farle sapere che la stavo seguendo.
“Vivere nella comunità della vita ha dato loro qualcosa che noi
abbiamo perso, ossia la comprensione di dove proveniamo. I bambini nella
nostra cultura pensano che la vita ci venga dai nostri genitori umani, e che
il cibo sia solo un altro prodotto che fabbrichiamo, come la vernice, la
plastica o il vetro. I bambini nelle culture di cacciatori-raccoglitori sanno
che la vita non ci viene solo dai nostri genitori. Ci viene anche da tutte le
altre forme di vita da cui dipendiamo per vivere. Quelle piante e quegli
animali non sono prodotti più di quanto lo siamo noi, e se noi viviamo
nelle mani degli dei, allora lo fanno anche loro nello stesso identico
modo.”
Scosse la testa, evidentemente insoddisfatta. “Ci sono cose che la prosa
non può comunicare, Jared. Lascia che parli a Louis.”
Chiuse gli occhi. “Le persone da cui ho imparato la Legge della Vita,
Louis, sono proprio quelle che l'hanno chiamata in questo modo: gli
Esquimesi Ihalmiut, che vivevano nella parte più desolata del Canada,
all'interno del Circolo Polare Artico. La loro era una vita strana per i nostri
standard, ma questa stranezza ce la rende molto facile da comprendere. Gli
Ihalmiut erano il Popolo dei Caribù. Questo perché i caribù erano ciò di
cui vivevano. Erano completamente dipendenti dai caribù, perché altri
animali erano rari e la vegetazione commestibile dagli umani è
praticamente inesistente nel Circolo Polare Artico. È difficile immaginare
160
di vivere solo di carne – mai un pezzo di pane o di cioccolato, mai una
banana, una pesca o una pannocchia di mais – ma loro ci riuscivano ed
erano perfettamente sani e soddisfatti.
“Non avevano mai bisogno di spiegare chi o cosa fossero ai loro
bambini, ma se avessero dovuto farlo, avrebbero detto qualcosa di simile:
'So che ci guardate e ci chiamate uomini e donne, ma questo è solo il
nostro aspetto; in realtà siamo caribù. La carne che cresce sulle nostre ossa
è la carne del caribù, perché è fatta della carne di caribù che abbiamo
mangiato. Gli occhi che si muovono nel nostro cranio sono gli occhi del
caribù, e noi osserviamo il mondo al posto suo e vediamo ciò che avrebbe
visto. Il fuoco della vita che una volta ardeva nei caribù ora arde in noi, e
noi viviamo le loro vite e percorriamo i loro passi nelle mani degli dei.
Ecco perché siamo il Popolo del Caribù. I caribù non sono nostre prede o
nostre proprietà: sono noi. Sono noi in un punto del ciclo della vita, e noi
siamo loro in un altro. I caribù sono due volte vostri genitori, perché vostro
padre e vostra madre sono caribù, e il caribù che vi ha dato la vita oggi vi
era padre e madre anch'esso, dato che non sareste qui se non fosse per
lui'.”
Aprì gli occhi e mi guardò – un segnale, pensai, che si stava di nuovo
rivolgendo a me anziché a suo figlio.
“Questa percezione della nostra parentela con il resto della comunità
della vita è fondamentale per la visione animista, Jared, anche se appare
molto misteriosa e implausibile ai membri della nostra cultura. Tutti
dovrebbero passare del tempo a osservare le pitture rupestri del Paleolitico
Superiore, e non solo per esercitarsi ad apprezzare l'arte. Definire queste
pitture 'arte' come la intendiamo noi significa osservarle molto
superficialmente. Sono magnifici e brillanti, ma non sono stati creati con le
stesse motivazioni che attribuiamo a pittori come Giotto, El Greco,
Rembrandt, Goya, Picasso o de Kooning. Né abbiamo alcuna ragione di
supporre che siano stati dipinti come aiuti magici per la caccia. Da
un'analisi, risulta chiaro che si tratta di aiuti visivi per delle istruzioni su
come e cosa cacciare. Di guide per la caccia. Per esempio, anziché venire
dipinte di profilo come il resto dell'animale, le zampe sono molto spesso
voltate verso lo spettatore in modo da mostrare le tracce che lasciano al
suolo. Altre volte, le orme dell'animale sono disegnate accanto alla sua
figura o su di essa, e anche questo si vede molto spesso. Viene prestata
attenzione agli escrementi degli animali e all'aspetto che essi hanno
quando li producono (il che, suppongo, è un'attività di cui i cacciatori
161
possono approfittare). Viene data attenzione anche a come gli animali
rotolano per terra, creano pozzanghere e scavano nel terreno (tutti segni
importanti per un cacciatore). Gli animali sono mostrati accanto alle piante
di cui si nutrono ('trova la piante e troverai l'animale'), accanto ai loro
predatori ('trova il predatore e troverai la preda'), e con specie simbiotiche
('trova la rondine e troverai il bisonte'). Viene data attenzione agli animali
mentre emettono ruggiti e versi caratteristici, a ciò che è probabile vedere
quando parte di un animale è nascosta da una roccia o dall'erba alta (un
paio di corna, una gobba caratteristica). Vengono anche trattati indizi
stagionali del loro comportamento ('quando i salmoni saltano in questo
modo, fai attenzione ai cervi perché dovrebbero essere anch'essi in
movimento'). Queste caverne non sono gallerie d'arte o tempi sciamanici,
sono scuole di caccia – l'equivalente di uno dei nostri musei di scienza e
tecnologia.”
Dopo aver cercato di digerire tutto questo, le dissi che ero confuso.
“Avevi cominciato a parlare di queste caverne dicendo che passare del
tempo dentro di esse convincerebbe chiunque che i nostri antenati
cacciatori sentivano una stretta parentela con il resto della comunità della
vita.”
“Esatto. Non sto parlando di magia. Sto parlando di qualcosa come una
sensazione. Questi cacciatori ovviamente riverivano gli animali che
dipingevano, ne erano in soggezione, li idolizzavano come i membri della
nostra cultura idolizzano stelle del cinema e campioni sportivi. Per
dipingerli come hanno fatto, hanno dovuto provare un gioioso
coinvolgimento e una profonda identificazione con le creature che
cacciavano. Ma posso vedere che non sei ancora molto convinto da tutto
questo. È difficile essere persuasivi in assenza dei dipinti stessi. Hai mai
visto una riproduzione di quello che viene solitamente chiamato 'Lo
Sciamano' (The Sorcerer)?”
“Penso di sì, anche se non me lo ricordo.”
“È solitamente interpretato come uno sciamano con una maschera
rituale, ma bisogna avere una mente decisamente letterale e nessuna
conoscenza anatomica per vederlo in questo modo. Ha le corna e il corpo
di un cervo, le orecchie di un leone, il volto di un gufo e la coda e i genitali
di un cavallo – e non c'è il minimo indizio che stia indossando una
maschera. Credo che sia unico nell'arte paleolitica perché non si limita ad
abitare la superficie in cui è dipinto. Fa qualcosa che nessun altro uomo o
animale fa: guarda fuori dalla parete in cui si trova e ci fissa con i suoi
162
strani occhi da gufo. La regola nella cinematografia convenzionale è che
l'attore non debba mai, mai guardare direttamente nella telecamera, perché
se lo fa distrugge l'illusione che stia interagendo con gli altri personaggi
sullo schermo. Se guarda nella telecamera, improvvisamente sta
interagendo con noi. L'uomo-bestia sulla parete della caverna di Les Trois
Frères sta inequivocabilmente interagendo con noi – graficamente, senza
parole. 'Ecco', sta dicendo, 'puoi vedere che cosa sono. Non sono solo un
uomo. Non sarei neanche lontanamente così straordinario se fossi solo un
uomo. Guarda bene e vedrai uomo, cavallo, gufo, leone e cervo. Sono
un'unione di tutte queste creature, e hai mai visto qualcosa di così bello?'”
Sorrisi, alzai le spalle e scossi la testa. “Credo che più che il modo in
cui è stato dipinto, mi piaccia come l'hai descritto tu.”
Alzò le spalle anche lei. “Lillian Hellman una volta ha detto una cosa
che mi sorprese: 'Niente che scriverai verrà mai inteso come avevi sperato.'
Non le sue esatte parole, ma qualcosa del genere. Mi sorprese perché
pensai: 'Ehi, hai il totale controllo di ciò che scrivi, perché non dovrebbe
venire inteso come vuoi?' Immagino che la risposta sia che ciò che
speriamo di ottenere è sempre oltre le capacità umane. Vogliamo far
tremare la terra, far piangere le rocce e spaccare il cielo. Io volevo fare
questo per te qui, proprio adesso, ma so di non esserci riuscita.”
Per un attimo pensai quasi che fosse una strana ambizione da avere. Poi
163
mi ricordai di me stesso da giovane. Le mie ambizioni non erano state
molto diverse, ma erano cresciute fragili e inconsistenti e il vento e la
pioggia del tempo le avevano erose fin quasi a distruggerle.
La ragnatela tessuta incessantemente.
“Ho detto che sarei stata selettiva riguardo lo stile di vita Lascia, in
modo da renderti in grado di articolare la visione animista facilmente
quanto la nostra.”
“Mi ricordo.”
“Ti ho detto che questo piccolo quadrato di terra qui davanti a noi è
dove tutto è cominciato – il pensiero umano, la consapevolezza umana del
sacro e la storia umana – ma per quanto ne abbia parlato, non penso di
essere mai stata completamente schietta e diretta con te. Sono stata
diffidente. Non l'ho detto chiaramente perché, a dispetto di tutto, ho paura
della sprezzante superiorità di quelli come te.”
Non volevo chiedere cosa intendesse con “quelli come me” (e
probabilmente non ne avevo nemmeno bisogno). Invece, feci l'errore di
chiederle se mi avesse mai davvero visto essere sprezzante.
“Molte volte, temo. So che non ne sei consapevole e che cerchi di
trattenerti, ma so anche che non è facile per qualcuno con il tuo
indottrinamento intellettuale e culturale.”
“Mi dispiace”, dissi, sentendomi inadeguato. “Profondamente.”
“Lo so. Anche Charles lo sapeva. Altrimenti non saresti qui.”
Ci riflettei un po' e alla fine dissi: “Immagino che, se vuoi che faccia
ciò che vuoi che faccia, dovrai dire le cose che hai paura di dire.”
“Hai ragione, naturalmente”, disse lei, “e lo so.”
“Dille a Louis, se ti può aiutare. In un certo senso, aiuta anche me.”
“Va bene, farò ciò che devo”, disse. “Nel frattempo... Un'ora fa – non
so se te lo ricordi – ti ho detto che siamo diventati umani leggendo le storie
scritte qui, nelle mani degli dei. E ti ho mostrato la mia mano, in questo
modo. Hai capito cosa intendessi con questo?”
“Non sono sicuro.”
“Vedi questi segni sulla mia mano?”
“Certo.”
“Li sto paragonando a quei segni.” Indicò le tracce del coleottero e del
topo. “Entrambi i tipi di segni sono stati lasciati dal passare della vita. È
mia convinzione – e naturalmente è solo una teoria personale – che questi
164
segni, presenti sulla mia mano e sul terreno, abbiano fatto nascere la
credenza che viviamo nelle mani del dio di questo luogo.”
Allungò il braccio e fece scorrere le dita sulle tracce del coleottero.
“La traccia di Shirin”, disse. “Come il coleottero e il topo, una volta
anch'io sono stata qui. E se qualcun altro verrà a studiare questi segni, dirà:
'Tutti e tre sono stati qui, in tempi diversi, nelle mani del dio, e sono
ancora nelle sue mani anche se non sono più qui.' Ogni traccia comincia e
finisce nelle mani degli dei, e ogni traccia dura una vita. Cacciatore e
cacciato si trovano entrambi nelle proprie tracce, quando si incontrano, e
non esistono tracce, per quanto estese, che vadano oltre le mani degli dei.
Tutti i sentieri si trovano insieme qui come una ragnatela tessuta
incessantemente, e il tuo o il mio non sono più o meno importanti di quello
del coleottero o del topo. Sono tutti collegati.
“Queste sono cose che vorrei dire a Louis. Affrontiamo il nostro
viaggio in compagnia di altre creature. Il cervo, il coniglio, il bisonte e la
quaglia camminano davanti a noi, e il leone, l'aquila, il lupo, l'avvoltoio e
la iena viaggiano alle nostre spalle. Tutti i nostri sentieri si trovano insieme
nelle mani degli dei, e nessuno è più ampio o favorito rispetto a un altro. Il
verme che striscia sotto il tuo piede sta compiendo il suo viaggio nelle
mani degli dei esattamente come te.
“Ricordati che le tue tracce sono un filo della ragnatela tessuta
incessantemente nelle mani degli dei. Sono legate a quelle del topo nel
campo, a quelle dell'aquila sulla montagna, a quelle del granchio nel suo
guscio, a quelle della lucertola sotto la sua roccia. La foglia che cade al
suolo a mille chilometri da te influenza la tua vita. L'impronta del tuo
piede sul terreno risuona attraverso mille generazioni.”
Nel mare d'erba.
“Per adesso ho esaurito le forze, Jared, ma voglio fare un'ultima
escursione prima di concludere la giornata. Questa sarà mentale, quindi
non dovrai metterti il cappello da Natty Bumppo. Dove sei cresciuto?” Le
dissi in Ohio. “Non ci sono mai stata, ma non può essere molto diverso da
dove sono cresciuta io, nelle Grandi Pianure. Non ci sono solo campi di
grano, neanche oggi. Voglio che viaggi con me in un luogo che mi ricordo
dalla mia infanzia, una pianura selvaggia... Una volta quand'ero piccola mi
ricordo di aver visto un vecchio film western chiamato Il mare d'erba. Non
mi ricordo di cosa parlasse. Tutto ciò che ricordo era una scena dove
165
Spencer Tracy guardava questo sconfinato mare d'erba che si estendeva da
un orizzonte all'altro, mentre il vento lo increspava e creava delle onde
proprio come nell'oceano. Il posto di cui parlo non era così enorme, ma era
lo stesso tipo di posto. Chiudi gli occhi e vedi se riesci a immaginarti un
posto simile.
“La cosa importante da ricordare è che non si tratta di erba, Jared. Si
tratta di cervi, bisonti, pecore, cicale, talpe e conigli. Allunga la mano e
afferrane una manciata. Coraggio, fallo – almeno mentalmente. Ce l'hai?
Quello è un topo. E il topo, il bue, la gazzella, la capra e il coleottero
ardono tutti del fuoco dell'erba, Jared. L'erba è la loro madre e il loro
padre, e i loro figli sono erba.
“Una cosa sola: erba e grillo. Una cosa sola: grillo e passero. Una cosa
sola: passero e volpe. Una cosa sola: volpe e avvoltoio. Una cosa sola,
Jared, e il suo nome è fuoco, che oggi arde come uno stelo nel campo,
domani come un coniglio nella sua tana, e il giorno dopo come una
bambina di undici anni di nome Shirin.
“L'avvoltoio è la volpe. La volpe è il grillo. Il grillo è il coniglio. Il
coniglio è la bambina. La bambina è l'erba. Tutti insieme, siamo la vita di
questo luogo, indistinguibili l'uno dall'altro, fusi nel fuoco, e il fuoco è dio
– non Dio con la lettera maiuscola, ma uno degli dei con la minuscola.
Non il creatore dell'universo, ma la fonte della vita di un singolo luogo. A
ognuno di noi è concesso un istante nel fuoco, Jared, e quando la nostra
scintilla si esaurisce dobbiamo lasciare il posto a un altro, in modo che le
fiamme possano continuare ad ardere. Nessuno può rifiutarsi di spegnersi e
vivere per sempre – proprio nessuno. Certamente non io, con tutto il mio
intelletto. Tutti – tutti – vengono mandati a qualcun altro, un giorno. Voi
siete in viaggio, Jared-Louis, tutti e due. Come lo sono anch'io. In viaggio
verso il lupo, il giaguaro, l'avvoltoio, il coleottero o l'erba. Sono in viaggio
e vi ringrazio, erba, fuoco, passeri, conigli, zanzare, farfalle, salmoni e
serpenti, per aver condiviso voi stessi con me per un po'. Mi preparo a
restituirvi tutto, ogni singolo atomo, e vi ringrazio davvero per il prestito.
“La mia morte sarà la vita di un altro, Jared – questo te lo giuro. E
osserva, cercami, perché sarò di nuovo in quest'erba e mi vedrai guardare
attraverso gli occhi della volpe, solcare l'aria con l'aquila e correre con il
cervo.”
I segreti.
166
“Questi sono i nostri insegnamenti segreti, Jared. So che Charles ti ha
detto che gli insegnamenti segreti sono quelli che gli insegnanti hanno
difficoltà a impartire. Ora capisci perché?”
“Sì.”
“I popoli Lascia hanno cercato di dirvi queste cose per secoli, ma
rimangono dei segreti. Di sicuro non li abbiamo tenuti segreti noi,
tutt'altro. Non siamo membri della Massoneria, dei Templari o del Ku Klux
Klan, non sussurriamo segreti in stanze sigillate per poi esigere promesse
di silenzio da coloro che li ascoltano. Ogni volta che qualcuno si comporta
in quel modo, puoi star sicuro che sta proteggendo segreti insignificanti o
semplici dati di fatto, come il punto in cui gli Alleati progettavano di
invadere l'Europa alla fine della Seconda Guerra Mondiale. I veri segreti
possono venire mantenuti scrivendoli su tabelloni pubblicitari.”
A quel punto stavamo tornando indietro alla macchina.
“Quando abbiamo cominciato questa conversazione”, disse B, “hai
espresso la visione Prendi in questo modo: Il mondo è stato creato per
l'Uomo, e l'Uomo è stato creato per conquistarlo e dominarlo. Ti ho fornito
abbastanza elementi per esprimere anche la visione Lascia, o animista?”
“Penso di sì.”
Continuammo a camminare, e per fortuna non mi sollecitò a
rispondere. Alla fine, mentre la strada diventava visibile, tacqui e dissi:
“Questo è il meglio che posso fare. Non mi sembra molto elegante.”
“Non farà tremare la terra.”
“No. E non farà piangere le pietre né spaccherà il cielo.”
“Capisco cosa intendi, Jared. Lo capisco davvero.”
“Il mondo è un luogo sacro”, le dissi, “e noi ne facciamo parte.”
“Eccellente, Jared, semplice e diretto. Questo è ciò che i popoli Lascia
hanno sempre saputo – e continuano a sapere. Dovunque andassi nel
mondo, avresti trovato persone che davano per scontato che il mondo fosse
un luogo sacro e che noi vi appartenessimo esattamente come ogni altra
creatura.” Sorridendo, guardò il parco come per dargli un addio silenzioso.
Poi incluse anche me nel suo sorriso mentre diceva: “Forse un giorno
qualcuno troverà un modo di dirlo che farà tremare la terra.”
Il fossile.
Circa a metà strada verso l'hotel, dissi: “Hai detto che mi avresti detto
cos'aveva in mente Charles quando mi ha dato il fossile di ammonite.”
167
“Ah, sì.” Continuò a guidare per un paio di isolati, poi accostò e
parcheggiò. “Charles era molto più bravo di me in queste cose. Lui ti
avrebbe fatto vedere come passato, presente e futuro erano intessuti
insieme in quel pezzetto di terreno. Ti avrebbe mostrato come avresti
potuto letteralmente leggere il futuro dai segni lì presenti. Niente di
magico. Come ti ho detto, cerchiamo tutti continuamente di leggere il
futuro. Gli piaceva precisare che la nostra fascinazione per la caccia non è
scomparsa nell'era moderna, ha solo trovato un nuovo modo di esprimersi
– la risoluzione di misteri, dove tutti i talenti classici entrano in gioco:
osservazione, deduzione, capacità di prevedere il futuro, di essere scaltri,
invisibili e all'erta.”
“Cos'ha a che vedere questo con il fossile?”
“Dov'è?”
Lo tirai fuori e glielo porsi.
“Sospetto che avesse in mente di chiederti di prevedere il futuro di
questo fossile, che è almeno sessanta milioni di anni più vecchio della
specie umana. Sappiamo molto del suo passato. Cosa sai del suo futuro?”
“Assolutamente nulla.”
Lei rise e scosse la testa. “Sono sicura che avrebbe potuto prevedere
quella risposta senza la minima difficoltà.”
“Sono sicuro che avrebbe potuto”, dissi, un po' seccato.
“Andiamo”, disse, uscendo. Girò intorno alla macchina fino al
bagagliaio, ne estrasse una chiave inglese e me la passò.
“Che dovrei fare con questa?”
Salì sul marciapiede e si sedette sul bordo. Quando mi unii a lei,
posizionò il fossile tra di noi e mi disse di spaccarlo in mille pezzi.
“No”, le dissi.
“Andiamo, fallo.”
“No”, le dissi di nuovo. “Perché vuoi farmi fare una cosa del genere?”
“Voglio mostrarti come leggere il futuro”, disse – con un mezzo sorriso,
mi sembrò.
Raccolsi il fossile, rimisi la chiave inglese nel bagagliaio e rientrai in
macchina.
“Charles l'avrebbe fatto meglio”, disse, mentre ce ne andavamo. “Lo
scopo dell'esercizio ha bisogno di essere meglio sviluppato.”
Sbuffai sprezzante.
“Charles ti avrebbe convinto a distruggerlo.”
“Bah”, dissi, incapace di pensare a qualcosa di meglio.
168
B rise – nel mio stato infatuato, mi sembrò un suono più dolce del canto
di un uccello.
All'hotel.
Le dissi di non aspettarmi al teatro stasera, il che è perfetto, dato che mi
ci è voluto fino alle undici per finire di scrivere tutto questo.
Ora ho intenzione di scendere al bar, bere qualcosa e non pensare ad
assolutamente nulla per un'ora. Poi, tanto per cambiare, ho intenzione di
farmi una normale notte di sonno. Domani sera Shirin parlerà in pubblico
come B per la prima volta. Sono proprio curioso di vedere come andrà.
169
Parte Tre
Data sconosciuta.
Mi dicono che sono in un ospedale.
Mi dicono che sono qui da tre giorni.
Mi dicono che ho una commozione cerebrale.
Mi dicono che le costole incrinate fanno più male di quelle rotte.
Mi dicono che mi sono trovato coinvolto in un'esplosione.
Mi dicono che il teatro è esploso.
Mi dicono che la causa dell'esplosione è ignota.
Mi dicono che ora è sepolto sotto uno ziliardo di tonnellate di macerie.
Mi dicono che probabilmente è stata una fuga di gas.
Mi dicono che è successo circa alle sei del pomeriggio.
Mi dicono che il teatro era vuoto in quel momento.
Mi dicono che nessuno ha mai vissuto lì.
Mi dicono che è un'idea ridicola.
Mi dicono che non si metteranno a scavare in tutte quelle macerie.
Mi dicono che non troverebbero nessun cadavere.
Mi dicono che nessuno è stato dichiarato scomparso.
Mi dicono che nessuno ha cercato di visitarmi.
Mi dicono che nessuno ha chiamato a parte Padre Lulfre.
Mi dicono che gli ho parlato il giorno dopo l'esplosione.
Mi dicono che l'ho dimenticato perché ho una commozione cerebrale.
Mi dicono che gli ho parlato ieri.
Mi dicono che l'ho dimenticato perché ho una commozione cerebrale.
Mi dicono che passerà “quasi sicuramente”.
Mi dicono che un giorno potrei ricordarmi l'esplosione.
Mi dicono che potrei non ricordarmela mai.
Mi dicono che tornerò a casa appena sarò abbastanza forte.
Mi dicono che potrei essere abbastanza forte dopodomani.
Mi dicono che tutte le mie cose sono nell'armadio.
Mi dicono che le hanno portate qui dalla mia stanza d'albergo.
Mi dicono che tutti i miei quaderni sono intatti.
Mi dicono che non dovrei leggerli ora.
Mi dicono che non dovrei scriverci ora.
170
Mi dicono che non dovrei agitarmi ora.
Mi dicono che non mi dovrei preoccupare ora.
Mi dicono che non dovrei pensare a nulla ora.
Mi dicono che dovrei riposarmi ora.
Mi dicono che dovrei prendermela comoda ora.
Mi dicono che è ora di farmi un'iniezione.
Io dico loro che devo tenere il mio diario.
Mi dicono che non verrà perduto.
Io dico loro che devo ricordarmi che cosa ci ho scritto.
Mi dicono che sarà ancora qui quando mi sveglierò.
Mi fanno l'iniezione.
Comincio a prendermela comoda.
Data sconosciuta.
Sembra che questo sia stato davvero scritto da me.
Data sconosciuta.
Io, Jared Osborne, scrivo questo per te, Jared Osborne, per quando ti
sveglierai nel bel mezzo della notte, come sembri fare spesso, e non saprai
dove diavolo ti trovi. Le pagine precedenti, che cominciano con: “Mi
dicono che sono in un ospedale”, sono anch'esse state scritte da me per
quando ti sveglierai nel bel mezzo della notte – ma non mi ricordo di
averle scritte più di quanto mi ricorderò di aver scritto questo la prossima
volta che mi sveglierò e lo troverò sul tavolo vicino al letto.
Data sconosciuta.
È colpa della commozione cerebrale. Ecco cosa devi inciderti bene in
mente. Hai una commozione cerebrale e al momento la tua memoria a
lungo termine è fuori a pranzo. Speriamo che sia temporaneo – tutti noi
Jared che leggiamo e scriviamo in questo quaderno lo speriamo. I dottori
che pazientemente ci ripetono il loro nome ogni giorno, e che ci
dimentichiamo regolarmente ogni giorno, ci assicurano che molto
probabilmente si tratta di una situazione temporanea.
31 maggio.
171
A quanto pare dormo parecchio. Non ho idea se per ore o giorni.
Adesso, quando mi sveglio, cerco immediatamente questo quaderno. Non
mi ricordo cosa c'è scritto, ma mi ricordo che contiene le risposte.
Penso che il piano sia che, se anche la mia memoria a lungo termine
non dovesse tornare, questo quaderno potrà fare da registro cumulativo.
Ho raccolto molte informazioni nelle ultime ore che dovrei mettere per
iscritto.
Per cominciare, sono tornato negli Stati Uniti. (Continuo a voler
scrivere “noi”, intendendo gli Jared che scrivono queste cose e quelli che
le leggeranno.) Mi trovo in quella che i seminaristi chiamano “la Fattoria
della Compagnia”, il posto in cui vai quando ti serve un po' di riposo – o
una vacanza dall'alcool – o quando le voci su di te e i chierichetti
cominciano a diventare troppo rumorose. Tutti i grandi ordini hanno posti
come questo, naturalmente, alcuni ne hanno diversi, accuratamente
specializzati. Naturalmente non vengono più chiamati penitenziari, oggi
sono chiamati centri di ritiro. Questo si trova in campagna, circa
centocinquanta chilometri a sud della chiesa di St. Jerome.
Ho scoperto tutto questo sollevando il telefono sul tavolo accanto al
letto. A quanto pare lo faccio sempre. Tim, il giovane uomo che ha risposto
(non so se è davvero giovane, ma lo sembra), mi ha detto di leggere
cos'avevo scritto nel diario, e io gli ho risposto che l'avevo già fatto. Mi ha
anche detto dove mi trovavo, che ero lì da due giorni e che erano le due di
notte (a quanto pare, la mia ora preferita per chiamare), del 31 maggio.
Ciò che chiama “l'incidente” è avvenuto “circa una settimana fa”. Se ha
ragione, allora l'esplosione dev'essere avvenuta sabato, il giorno in cui
Shirin doveva parlare in pubblico. Ma sabato sembra impossibile alla luce
di ciò che “loro” mi hanno detto all'inizio, probabilmente a Radenau. Se
fosse successo di venerdì non mi sarei trovato lì, dato che stavo
progettando di farmi una buona notte di sonno dopo aver passato la
giornata nel parco con B. Quindi posso concludere che sia probabilmente
avvenuto di domenica.
Tim non sa nulla dell'esplosione, eccetto che sono stato tirato fuori
dalle macerie e apparentemente dovrei considerarmi fortunato a essere
ancora vivo.
Gli ho chiesto come ottenere una linea esterna e mi ha detto che dovrei
parlarne con il Dottor Emerson. Gli ho detto che voglio solo chiamare mia
madre per farle sapere che sto bene, ma lui mi ha ripetuto che devo
172
parlarne con il Dottor Emerson. Gli ho chiesto che altro tipo di pazienti ci
siano in questo reparto, e lui mi ha detto che dovrei chiederlo al Dottor
Emerson. Gli ho chiesto se avrebbe potuto mandare qualcuno qui a parlare
con me, ma mi ha risposto che era notte fonda. Sarebbe venuto lui stesso,
ma doveva restare alla scrivania. Gli ho chiesto se avrei potuto andare io
da lui, ma mi ha risposto che non sarebbe stata una grande idea a quest'ora
di notte, però mi ha detto che sarebbe stato felice di parlare con me al
telefono quanto volessi.
Gli ho chiesto se questo è un normale ospedale, e mi ha detto di no, non
proprio, perché qui non c'è nessuno con, sa, delle malattie, come cancro,
polmonite o appendicite. Questa è più una casa di riposo, ha detto.
Gli ho chiesto se avrebbe potuto fare una telefonata per me e mi ha
risposto di sì, ma solo se il Dottor Emerson l'avesse autorizzato. Gli ho
chiesto se avessi avuto dei visitatori e mi ha detto che era abbastanza
sicuro che non ne avessi avuti. Gli ho chiesto se dei visitatori fossero attesi
e mi disse che avrebbero potuto esserlo, ma non l'avremmo
necessariamente saputo con grande anticipo. Gli ho chiesto se qualcuno
stesse chiedendo di me e lui mi ha risposto di sì, certo, chiamano ogni
giorno per sapere come sto. Gli ho chiesto di chi si trattasse, e mi ha
risposto che non lo sapeva.
Gli ho detto che ero sorpreso che mi avessero spostato dalla Germania.
“Be'”, mi ha risposto, “lei non ha alcun problema nel funzionare, si
dimentica solo che cosa ha fatto. Come ora. Tutto ciò che dice ha senso,
ma quando si sveglierà domattina probabilmente non si ricorderà di averlo
detto. Non è privo di conoscenza o altro, si dimentica solo le cose. Per
esempio, si è dimenticato che abbiamo già avuto questa conversazione tre
volte.”
“Abbiamo già parlato di questo tre volte prima d'ora?”
“Due volte l'altra notte e questa è la terza.”
“Non credo che lo dimenticherò stavolta.”
“Bene, spero di no. È la stessa cosa che ha detto l'altra volta, però.”
Gli ho detto che mi sarei legato un fazzoletto intorno al dito, e lui ha
riso.
Ha riso, ma non sa la parte davvero divertente, ossia che c'è già un
fazzoletto legato attorno al mio dito.
Sabato, 1° giugno.
173
Mattina.
Nonostante tutto, quando mi svegliai mi ricordai la conversazione con
Tim. Avevo perso quasi esattamente una settimana.
Dovetti aspettare fino a mezzogiorno per poter vedere il Dottor
Emerson, che si rivelò essere perlopiù come l'avevo immaginato e come
credo dovesse essere per gestire un posto come questo: abbastanza vecchio
da essere autoritario ma non da essere pensionato, imperturbabile,
impossibile da impressionare, inamovibile – ma amichevole e disponibile
ad ascoltarti.
Dissi che volevo parlare con Padre Lulfre, e fui sorpreso di sapere che
era atteso lì oggi, in tempo per cena.
Come Tim, il Dottor Emerson non sapeva nulla dell'incidente. Quando
gli chiesi il permesso di chiamare in Germania, mi domandò con chi
volessi parlare. Ero preparato per la domanda, e gli mostrai un foglio con
tre nomi. L'incredibile verità è che non conosco il cognome di Shirin. Non
siamo mai stati presentati formalmente e non c'è mai stato un momento in
cui fosse appropriato chiederlo. Conosco il cognome di Michael – per
averlo udito – ma avrebbe potuto scriversi Dzerjinski o Dyurzhinsky
quanto Dershinsky. Senza un nome proprio, Frau Doktor Hartmann era
introvabile. Quindi i tre nomi sul foglio erano quelli di Monika e Heinz
Teitel e quello di Gustl Meyer, il proprietario del negozio Überbleibselen.
Il Dottor Emerson diede un'occhiata al foglio e osservò che doveva
essere notte fonda in Germania.
“No, in realtà è solo sera, il momento migliore per chiamare.”
“Parla abbastanza tedesco da poter comunicare con un operatore?”
Quando dissi di no, fece qualcosa che mi impressionò. Senza esitare un
attimo, alzò il telefono e cominciò a premere pulsanti. Entro sessanta
secondi ebbe il prefisso della Germania, quello di Radenau e aveva
insistito abbastanza da riuscire a farsi passare un operatore che parlasse
inglese. Quando ebbe i numeri, l'operatore gli chiese se volesse essere
messo in comunicazione e lui gli disse di sì e di provare con Gustl Meyer.
Quando lì non ottenne risposta, l'operatore provò con il numero dei Teitel.
Quando qualcuno finalmente rispose, il Dottor Emerson chiese se si
trattasse di Monika Teitel. Evidentemente la risposta fu affermativa, perché
mi passò il telefono.
“Monika”, dissi io, “è lei? Sono Padre Osborne. Ci siamo incontrati nel
174
sotterraneo del teatro...”
“Ah, sì”, disse lei. “Cosa vuole?”
Fu fredda proprio come sembra.
“La sto chiamando dagli Stati Uniti. Sa che mi sono trovato
nell'esplosione...”
“Sì?”
“Monika, sto cercando di capire cos'è successo.”
“Il teatro è stato fatto saltare in aria.”
“Lo so, ero lì, ma ho battuto la testa e non mi ricordo niente. Quello che
sto cercando di scoprire è se ci fosse qualcuno nel...”
Il telefono fu appoggiato da qualche parte con un rumore.
Aspettai per un doloroso minuto finché udii il ricevitore venire
risollevato.
“Sono tutti morti”, disse Monika.
“Cosa? No!”
“Ho chiesto a Heinz, e lui dice che sono tutti morti.”
“Ma mi è stato detto che il teatro era vuoto!”
La sentii dire: “Ecco”, e un'altra voce entrò in linea – quella di Heinz.
“Cosa vuole?”, chiese. “Sono tutti morti.”
“No! Heinz, mi hanno detto che il teatro era vuoto.”
“Chi gliel'ha detto?”
“Mi è stato detto in ospedale. Hanno detto che nessuno stava cercando
dei cadaveri perché il teatro era vuoto.”
“Ja, quindi? Gliel'hanno detto loro.”
“Sa se Shirin era lì?”
Li udii scambiarsi delle frasi smorzate.
“Adesso attacco”, disse Heinz.
“No, aspetti! Può dirmi il cognome di Shirin? Il suo cognome?”
Heinz rifletté un momento prima di dire: “Dovrebbe esserci anche lei,
là sotto.”
Poi attaccò.
Pomeriggio.
Spesi le tre ore successive a letto, e ciò che pensai non ha bisogno di
venire annotato.
Intorno alle quattro, qualcuno bussò alla porta, entrò e si presentò
amichevolmente come Padre Joe. Voleva sapere se avrebbe dovuto
175
programmare un posto per me nella cappella.
“Cosa?”, dissi io.
“Domani è domenica, Padre”, mi disse lui. “Immagino che dirà messa.”
“Non dirò nessuna messa”, gli dissi.
Padre Joe scomparve come un pupazzo a fili tirato via dal palco.
Quindi almeno questa faccenda è chiusa. Ho raggiunto e superato il
cinquantesimo stadio della perdita della fede.
Sera.
Tim, il mio confidente notturno, è un nativo americano con la
corporatura di un lottatore di sumo. Questo è un lavoro estivo, per lui.
Durante l'anno scolastico frequenta l'università di una città vicina. Non
avendo mangiato nulla per tutto il giorno stavo morendo di fame, e lui mi
indirizzò nella sala da pranzo, in cui decisi di non poter stare dopo una sola
occhiata. Troppa luce e troppe conversazioni in cui la gente avrebbe voluto
includermi.
Tornai indietro, chiesi a Tim se fosse possibile farmi mandare un
carrello in camera e lui disse certo, niente di più semplice. Gli dissi che
stavo aspettando un visitatore dall'Università di St. Jerome di nome Padre
Lulfre, e lui mi chiese come sarebbe arrivato. Gli dissi che immaginavo
sarebbe venuto in macchina.
Tim controllò i suoi fogli e mi chiese se avrebbe passato la notte lì.
“Immagino di sì.”
Scosse la testa. “Non credo proprio”, disse. “Stanno molto attenti a
farci sapere cose del genere, e non c'è nessun Padre Lulfre qui.”
“È atteso per cena.”
Tim alzò le spalle e ripeté che non credeva proprio.
Tornai nella mia camera e, senza niente di meglio da fare fino all'arrivo
del carrello, decisi di fare il punto della situazione e di controllare quante
delle mie cose fossero ancora in mio possesso. Incredibilmente, a
eccezione del mio portafoglio – con tutti i miei contanti e le mie carte di
credito – tutto il resto sembrava essere lì, passaporto incluso. Chiamai Tim
e lui confermò i miei sospetti che il portafoglio fosse tenuto sotto chiave
per “ragioni di sicurezza”.
L'oggetto più interessante era il registratore, che aveva un nastro
mandato avanti per un'ora circa. Dopo aver mangiato e aver restituito il
carrello, riavvolsi il nastro e lo avviai, incrociando mentalmente le dita e
176
trattenendo il fiato. Il primo secondo confermò le mie speranze: era una
registrazione del discorso di Shirin al teatro il 25 maggio. Fermai il nastro
per riflettere sul fatto che, se Heinz Teitel aveva ragione, queste sarebbero
state le ultime parole che le avrei mai sentito pronunciare. Il pensiero non
mi fece sentire meglio. Avviai il registratore e ascoltai.5
Seguendo la mia abitudine di non registrare il riassunto delle lezioni
precedenti, avevo evidentemente acceso il registratore nel mezzo del
discorso. Non è facile riassumere ciò che provai nell'ascoltare ciò che
Shirin aveva da dire. Finalmente tirò le somme. Non avevo idea di come
questo discorso fosse chiamato ufficialmente, ma sapevo che avrebbe
potuto chiamarsi solo “La Grande Reminiscenza”. Questa era la fine,
l'adempimento della promessa, e mi lasciò con appena un milione di
domande.
Ma c'era una cosa che avevo finalmente capito senza ombra di dubbio:
il motivo per cui Charles e Shirin si erano entrambi rifiutati di difendersi
dall'accusa di essere l'Anticristo. Fui deluso da me stesso per essere stato
tanto lento a capirlo, per non aver compreso che cosa mi stessero dicendo e
che cosa mi stesse dicendo Padre Lulfre. A ogni modo, avevo finalmente
capito perché, quando gli avevo detto che B mi sembrava innocuo, Padre
Lulfre aveva replicato: “Non può essere vero.”
Infatti non era vero.
Ho scritto una copia cartacea di questo discorso. In queste circostanze
incerte, nessuna precauzione è eccessiva. Ovviamente Padre Lulfre non è
arrivato stasera, o se l'ha fatto ha dormito per ore.
Le tre di notte.
Finalmente ho capito perché non riesco a dormire. Devo imparare a
pensare più come un fuggitivo. Sono troppo abituato a essere passivo e
fiducioso. Mi ci sono volute due ore di contorsioni nel letto per capire il
punto della situazione, ossia che queste sono circostanze potenzialmente
disastrose per me.
Non so perché Padre Lulfre non si sia fatto vivo stasera, ma sono
dannatamente felice che non l'abbia fatto, perché non può esistere un posto
peggiore di questo per affrontarlo. Se volesse, potrebbe rinchiudermi qui e
gettare via la chiave. Devo uscire di qui adesso e cercare di affrontarlo su
5
Il testo di questo discorso può essere trovato a pagina 273.
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un terreno più favorevole. Fortunatamente, se questo posto ha un reparto
ad alta sicurezza, non è questo. Credo che potrei riuscire ad andarmene con
l'essenziale (registratore, quaderni, cassette e passaporto), ma un viaggio di
centocinquanta chilometri con nient'altro che lanugine in tasca non è una
prospettiva allettante. Dovrei cercare di persuadere Tim a darmi almeno
una carta di credito dal mio portafoglio.
Lunedì, 3 giugno.
Il fuggitivo a 12.000 metri.
Anche se ci sono volute quasi due ore, Tim si è rivelato persuasibile.
Posso essere lento, ma nessuno ha mai detto che non so farmi capire.
Avevo suggerito che mi desse le chiavi della sua macchina ma no, non
sarebbe arrivato fino a quel punto. Ci vollero un altro paio d'ore, ma alla
fine riuscii a rimediare un passaggio. I preti devono coltivare un'aria
innocua che si rivela utile per strada (come sa ogni serial killer). Una volta
arrivato a un bancomat, fui libero.
Raggiunsi l'ufficio di Padre Lulfre alle undici di mattina e, per Dio,
eccolo lì, proprio dove l'avevo lasciato quasi un mese fa. Cosa su cui non
avevo affatto contato, dato che era domenica.
Mi guardò dalla sua scrivania, semplicemente sbigottito, e disse: “Non
c'era bisogno che lo facessi, Jared. Avevo in mente di venire a trovarti
oggi.”
Non ci arrivava davvero. Pensava che mi fossi preso tutto quel disturbo
per la semplice impazienza di vederlo.
“Sono qui per una resa dei conti, Padre Lulfre.”
Incappucciò la penna e la appoggiò sulla scrivania – movimenti
ponderati e precisi.
“Una resa dei conti, eh? Sembri il coraggioso eroe di un melodramma
di fine secolo.”
“Secolo diverso”, dissi sedendomi, “ma l'idea è quella.”
“Per cosa vuoi che ti venga reso conto?”
“Le dirò cosa mi ricordo, poi lei potrà dirmi il resto.”
“Va bene.”
“Mi hanno detto che potrei ricordarmi l'esplosione, prima o poi, ma
tutto ciò che ricordo al momento è un piccolo lampo. Per un po' pensavo
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fosse qualcosa che avevo sognato, e forse lo è, ma non credo. Sa com'era
organizzato il teatro?”
“Sì.”
“Il suo uomo a Radenau gliel'ha spiegato.”
Padre Lulfre annuì. “Il nostro uomo in Europa, in realtà.”
“Si tratta dell'anziano individuo che si è presentato come Herr
Reichmann?”
“Esatto.”
“Perché non mi ha detto che aveva già un uomo sul posto?”
Scrollò le spalle. “È sempre meglio farvi credere che dipenda tutto da
voi.”
“Allora perché mi ha telefonato per darmi istruzioni?”
“È diventato impaziente. I professionisti perdono sempre la pazienza
con i dilettanti, lo sai.”
Scossi la testa. “Perché mi ha mandato lì?”
“Ti abbiamo mandato esattamente per i motivi che ti ho detto.” Sorrise
brevemente. “Quasi esattamente per gli stessi motivi. Con il suo vero
nome, Reichmann mantiene uffici perfettamente rispettabili a Berlino,
Praga e Parigi, e svolge incarichi per una dozzina di compagnie e individui
diversi, perlopiù negli Stati Uniti. È una persona molto utile e piena di
risorse, e il novantanove percento dei compiti che gli affidiamo sono
innocue faccende di routine. Ma quando gli abbiamo chiesto di dare
un'occhiata a Charles Atterley per noi, ci ha mostrato un lato della sua
personalità che non avevamo mai visto prima. Il suo approccio è stato:
'Non riesco a capire che sta dicendo quel tizio, quindi perché non posso
semplicemente sparargli e farla finita?' Qualunque cosa tu possa pensare di
noi dopo questa orribile esperienza, Jared, assolutamente nessuno prese in
considerazione questo consiglio. Dovevamo mandare uno dei nostri a
osservare Atterley e credimi, volevamo davvero che ci persuadessi che era
innocuo.”
“E io non sono riuscito a farlo.”
“Non è dipeso da te, davvero. È stato condannato dalla sua stessa
bocca, dai discorsi che ci hai faxato.”
“E ha davvero autorizzato il suo assassinio?”
Scrollò le spalle. “L'hai detto molto bene, Jared: questi giorni sono
ancora quei giorni. Nulla è cambiato negli ultimi cinquecento anni, a parte
il fatto che gli eretici non possono più venire giustiziati in pubblico.
Prendo tutto questo seriamente quanto Papa Innocenzo III, che ordinò una
179
crociata contro gli Albigesi. Lo prendo seriamente quanto Pio V, che,
quando era grande inquisitore, istigò personalmente il massacro di migliaia
di Protestanti nel sud Italia. Lo prendo seriamente quanto Tommaso
d'Aquino, che disse: 'Se i criminali ordinari possono essere condannati a
morte giustamente, allora quanto più giustamente possono essere uccisi gli
eretici?' Perché Tommaso sapeva molto bene che gli assassini si limitano
ad accorciare la vita temporale del loro prossimo, mentre gli eretici li
privano della vita eterna. Se ormai non capisci più la differenza – o se non
ti interessa più – allora immagino che tu abbia perso la fede.”
“Immagina bene, Padre. Ho paura che sia caduta vittima della fallacia
modernista.”
“Mi dispiace di sentirlo”, disse, e potevo vedere che lo era
sinceramente.
“Dato che mi ha citato riguardo questi giorni che ancora sono quei
giorni, immagino che l'ingegnoso Herr Reichmann avesse piazzato delle
cimici nel teatro.”
“Ma certo. Era una cosa ovvia da fare. Atterley e i suoi subordinati
erano semplicemente troppo fiduciosi per sopravvivere a lungo come
sovversivi.”
“Sì, lo erano. Quindi sapeva che stavano cercando di reclutarmi.”
“Sì. È stato un vantaggio inaspettato, e l'hai gestito nel modo giusto.”
“A parte essermi fatto reclutare davvero.”
“Sì, a parte quello.” Corrugò la fronte un attimo, poi alzò lo sguardo.
“Dici che adesso ti ricordi l'esplosione?”
“Ho detto che mi ricordo un piccolo lampo. Sto guardando in alto dal
vano delle scale verso Herr Reichmann, che sta guardando in basso verso
di me. Penso fosse la scala a chiocciola nel teatro.”
“Esatto. È tutto quello che ricordi?”
Annuii.
“Non sono del tutto sicuro di cosa è successo lì. La versione di
Reichmann è che sei andato a sbattere contro di lui sulle scale pochi istanti
prima che la bomba esplodesse. Evidentemente hai dato per scontato che
non stesse facendo nulla di buono e non ti sei lasciato convincere a uscire
dal teatro con lui, così, quando hai cominciato a scendere le scale per
andare ad avvertire gli altri, Reichmann ti ha tramortito e ti ha lasciato al
tuo destino. Questo è stato un bene per te, perché quella scala di ferro è
stata l'unica struttura a resistere sia all'esplosione che al crollo del tetto.”
“Lei non crede che sia davvero ciò che è avvenuto?”
180
“Potrebbe esserlo. Tutto ciò che so per certo è che è quello che
Reichmann vuole farci credere, e non siamo in una posizione tale da
poterlo contraddire.”
A quel punto, non mi era rimasto che fare la domanda che temevo
maggiormente: “Reichmann le ha detto chi era nel teatro quando è stato
distrutto?”
“Ha detto di aver eliminato tutti.”
Lo fissai tetramente.
“Le sue parole esatte sono state: 'La cerchia interna è andata'.”
“Chiunque altro sembra pensare che il teatro fosse vuoto”, dissi io.
Padre Lulfre alzò le spalle.
“Be', ne ha mancato uno: me.”
Scosse la testa. “Jared, sai che ho un'alta opinione di te, ma non sei un
carismatico agitatore di folle.”
“Non credo che essere un agitatore c'entri nulla.”
Scrollò nuovamente le spalle.
“Sa, non riuscivo a capire perché B insistette tanto a sospendere i suoi
programmi mentre si occupava di me. Aveva ancora meno senso dopo la
morte di Charles. Capisce cosa intendo?”
“No, francamente no. Cos'è che aveva meno senso dopo la morte di
Charles?”
“Perché B insistette a spendere tanto tempo con me.”
Padre Lulfre fece per dirmi che non aveva la minima idea di che stessi
parlando, poi arrivò l'illuminazione. “Stai parlando della donna... Sharon?”
“Shirin”, gli dissi. “Shirin è B.”
“Pensavo che Charles fosse B.”
“Charles era B, ma lo era anche Shirin.”
Scosse il cranio massiccio, allontanando una mosca fastidiosa.
“B doveva passare quel tempo con me cosicché, se anche fosse
successo il peggio, avrebbe potuto sentirsi dire che aveva fallito.”
“Stai parlando in modo troppo indiretto per questo vecchio cervello,
Jared. Se fosse successo il peggio?”
“Se fosse riuscito a uccidere sia Charles che Shirin.”
“Se fossi riuscito a uccidere sia Charles che Shirin, avrei fallito
comunque?”
“Esatto. Perché non ha ucciso me. Non sono un carismatico agitatore di
folle, ma questo non importa. Io sono B.”
“Tu sei B? Lo credi veramente?”
181
“Non è una questione di crederlo o no, Padre. Non sono più ciò che ero
quando mi sono seduto qui tre settimane e mezzo fa... E non può farmici
tornare.”
Padre Lulfre si piegò in avanti, finalmente interessato. “E pensi
davvero che abbia importanza, Jared? Pensi che farai qualcosa di diverso,
ora che sei B?”
“Oh, sì”, gli dissi, alzandomi in piedi. “Non c'è dubbio su questo. È una
certezza.”
“Non so se ridere o rabbrividire, Jared. Ma se avessi una pistola nella
mia scrivania, la tirerei fuori e ti sparerei giusto per essere prudente.”
“Lo farebbe davvero?”
“Sì, lo farei. Ti ricordi dell'ultimo discorso della tua amica Shirin al
teatro, una settimana fa? O l'hai dimenticato con l'esplosione?”
“L'avevo dimenticato, ma ne ho ascoltato una registrazione ieri.”
“Non lo sapevo”, disse pesantemente. “A ogni modo, anche Reichmann
ne ha fatto una registrazione e me l'ha fatta ascoltare al telefono. È stato
quello...”
“A condannarla?”, suggerii.
“Sì, esatto. Vedi, mi ha mostrato più chiaramente di qualunque
sostenitore dell'ecumenismo perché noi siamo una confraternita, Jared. Noi
cristiani, ebrei, musulmani, buddisti e induisti. Noi ci siamo elevati dalla
melma in cui l'animismo striscia così orgogliosamente. Noi
rappresentiamo ciò che di più elevato, trascendentale e sublime esiste
nell'umanità. A separare i membri della confraternita sono solo ruscelli
insignificanti. Ma ciò che separa la confraternita dall'animismo è un
oceano ampio quanto l'abisso che separa l'Uomo dalla bestia, lo spirito
dalla materia.”
“Sono d'accordo.”
“Cos'hai intenzione di fare ora?”
Tirai fuori il registratore dalla mia tasca e gli mostrai che era in
funzione. “Per prima cosa, troverò un posto sicuro per questa cassetta,
Padre. Ci ha chiamati troppo incredibilmente fiduciosi per essere
cospiratori, ma anche lei è piuttosto ingenuo.”
“Hai ragione, Jared. Nessuno di noi è stato addestrato a guardare il
mondo con sospetto. Ma non lo consegnerai alla polizia.”
“Certo che no. Questo è il mio salvacondotto, almeno finché lei sarà
vivo. Se la polizia se ne impossessasse, diventerebbe inutile per quello
scopo.”
182
Annuì. “Sì, sarà meglio che trovi un posto sicuro per quella cassetta.”
Me ne andai e, dato che sembrava un buon momento per iniziare a
essere meno fiducioso, non gli girai le spalle finché non fui fuori dalla
stanza con la porta chiusa tra di noi.
E questo è ciò che è successo. Tra adesso e Amburgo ho un sacco di ore
davanti a me in cui dormire e aggiornare questo diario, e in uno spazioso e
confortevole posto in prima classe, dato che nessun altro era disponibile su
questo volo. I Laurenziani non noteranno la differenza, e sicuramente sono
felici di mandar via i propri apostati con una stretta di mano sotto forma di
una Visa Gold.
Martedì, giugno.
Radenau rivisitata.
Sono nella mia vecchia stanza d'albergo, e mi dà una sensazione
piuttosto inquietante. L'impiegato alla reception ha accolto il mio ritorno
senza sorpresa, permettendosi la libertà di sperare che mi fossi
completamente ripreso dalla “spiacevole esperienza” di essere quasi saltato
in aria.
Sono arrivato abbastanza presto da fare un po' di utile lavoro di
preparazione. Ho comprato alcune necessità come biancheria, rasoi e
schiuma da barba, e ho passato un po' di tempo con l'elenco del telefono in
biblioteca. Sono riuscito a piazzare un annuncio pubblicitario nel giornale
locale in cui chiedo a Shirin o Michael di contattarmi. Naturalmente, il
giornale non accetterà altro che soldi reali, quindi domani dovrò vedere se
questo pezzetto di plastica magica è davvero in grado di produrre soldi veri
se inserito nell'apposita fessura della macchina giusta.
Il mio lavoro con la guida del telefono è stato tanto utile che sono
riuscito a rintracciare Frau Doktor Hartmann. Mi ha detto che la mia testa
dovrebbe essere tagliata e gettata in pasto ai cani, e che la tortura non la
convincerebbe a dirmi dove si troverebbero Michael o Shirin, se anche
fossero vivi. Per quanto non condannabile in tribunale, secondo lei sono
responsabile della loro morte. Stando così le cose, immagino di poter
cancellare Frau Hartmann dalla lista dei miei sostenitori.
Parlai con una mezza dozzina di persone con un nome simile a Michael
e un cognome simile a Dershinsky e ne ho ancora varie dozzine da provare
183
da Hannover ad Amburgo, fino a Berlino, se voglio. Dovrei potermi tenere
occupato fino al Columbus Day.
Ora sono le otto di sera, e mi sento esausto. L'unica cosa che posso fare
a questo punto è restare sveglio abbastanza a lungo da regolare il mio
orologio biologico con l'orario locale.
A essere sinceri, non sono completamente sicuro di che cosa sto
facendo qui. Immagino di star cercando di provare che Herr Reichmann e
Heinz Teitel si sbagliano, che la cerchia interna non è stata distrutta, ma
non so come fare. Non posso aspettarmi di riuscire a convincere le autorità
cittadine a scavare in un milione di tonnellate di macerie per dimostrare
qualcosa di cui sono già convinti. Ma cosa, allora? I Teitel non sarebbero
di maggiore aiuto di persona di quanto lo siano stati per telefono. Potrei
convincere i medici della clinica di Shirin di essere un amico intimo a cui
dovrebbero dare il suo indirizzo e numero di telefono anche se non
conosco nemmeno il suo cognome? No, francamente non credo.
Ovviamente, posso semplicemente mettermi davanti all'edificio e vedere
se si fa viva.
Al momento non riesco a pensare a nient'altro da fare. Sono troppo
stordito dal jet-lag per riflettere.
Mercoledì, 5 giugno.
Morte plastica.
Stamattina ho trovato un bancomat, ci ho inserito la mia carta e ho
scoperto di aver cessato di esistere. La carta era stata revocata. Mi
considerai fortunato, visto che avrebbero potuto essere un giorno più rapidi
e in quel caso non sarebbe stata accettata neanche all'hotel.
Avevo un paio di scelte. Potevo convertire il mio biglietto aereo di
ritorno in denaro contante, o potevo chiamare a casa e chiedere un prestito
a mia madre. Decisi di convertire il biglietto. Poi dovetti riflettere sulla
mia posizione rispetto all'hotel. Immaginai di essere a posto, a meno di non
provare a utilizzare di nuovo la carta di credito, e che l'hotel non avrebbe
avuto lamentele da fare, visto che quando mi sono registrato qui la carta
era ancora valida. Presumibilmente il conto l'avrebbero pagato i
Laurenziani, cosa che non angosciò minimamente la mia delicata
coscienza.
184
Dato che la linea aerea non ha uffici a Radenau, dovrò farmi un viaggio
ad Amburgo, che decisi di togliermi subito dalla mente. Fui di ritorno per
le sei, ansioso di cenare, visto che avevo saltato il pranzo. Mentre mi
avviavo in camera per darmi una lavata, l'impiegato alla reception mi
chiamò per informarmi che la carta non era stata accettata, dopotutto. Non
solo dovevo all'hotel i soldi per un giorno, ma per due, dato che avevo
mancato di diverse ore il limite per lasciare l'albergo... E naturalmente da
quel momento in poi avrei dovuto pagare in contanti, se avessi voluto
restare oltre l'indomani mattina. Gli passai quasi metà delle mie sostanze e
gli dissi che ci avrei pensato.
Già.
Sabato, 8 giugno.
Gironzolando.
Così, alle undici di giovedì mattina mi unii ai ranghi dei senzatetto, i
miei beni terreni in una busta di plastica. Mi fermai in un bar per un caffè e
un croissant mentre cercavo di decidere cosa fare di me stesso. Pensai di
cercare una pensione economica, o magari anche solo una panchina
invitante nel parco.
Andai nel luogo dove sorgeva il teatro. Era stranamente in ordine,
circondato da una recinzione più alta di due metri. Gli edifici circostanti
erano perfettamente intatti. Una compagnia di demolizioni avrebbe potuto
chiedere un sovrapprezzo per un lavoro effettuato così precisamente. La
punta della scala a chiocciola di ferro spuntava dalle macerie come l'albero
di una goletta. Non trovai l'intera situazione educativa, di ispirazione o
altro. Rimasi a guardare oltre la recinzione per circa cinque minuti, poi me
ne andai.
Visitai il negozio di scarti esotici di Gustl Meyer. Fu educato, quasi
compassionevole, ma non aveva suggerimenti da darmi.
Passai il pomeriggio alla biblioteca, cercando nuovi modi di scrivere
Michael e Dershinsky. Decisi di portare la mia lista di numeri al negozio di
Gustl Meyer l'indomani per vedere se fosse disposto a lasciarmi usare il
suo telefono.
Tornai in hotel per vedere se qualcuno avesse risposto al mio annuncio.
Nessuno l'aveva fatto.
185
Mi soffermai su una pizza e una birra finché non fu notte. Poi cominciai
a camminare. Stavolta non sapevo dove stavo andando, ne avevo solo
un'idea generica. Ho un senso della direzione piuttosto buono, ma non mi
interessava scoprire subito dove fossi diretto. Il tempo era un bene che
avevo in abbondanza.
Camminai e camminai, su piedi già doloranti, e la vista e l'olfatto
cominciarono a risvegliarmisi. Più l'atmosfera sociale ed economica
degradava, più il mio umore migliorava. Mi stavo dirigendo nel quartiere
peggiore di Radenau, il regno di fabbriche, magazzini e cantieri, che a
quest'ora di notte ospitavano solo guardie notturne e cani da guardia. In
breve, avvistai un piccolo edificio privo di segni particolari poco più
avanti. Sembrava una sorta di capanno, schiacciato tra un magazzino e un
deposito ferroviario. Mi ci diressi sperando che la porta si sarebbe aperta e
lo fece, investendomi con una zaffata di fumo di sigaretta, alcool e La Vie
en Rose. Era Little Bohemia e, per Dio, mi sentii a casa.
Albrecht.
Mi feci strada fino a un tavolo in fondo, contro un muro fitto di disegni
e stampe incorniciati, nessuno dei quali dritti, nessuno con un vetro che
fosse stato pulito negli ultimi vent'anni. Al livello degli occhi, quando mi
sedetti, c'era uno schizzo di Igor Stravinsky che sembrava firmato da
Picasso. Nessuno nel locale sembrava essersi mosso da quando io e
Charles ce n'eravamo andati, tre settimane prima.
Quando la cameriera arrivò per sapere cosa volessi, le chiesi se si
chiamasse davvero Theda.
“Sì, davvero”, rispose sorridendo. “Beve Lagavulin stasera?”
“Bevo lo sciacquabudella più economico che avete, per favore, Theda”,
le dissi gentilmente, ma quando arrivò dopo un paio di minuti aveva lo
stesso sapore del Lagavulin.
Qualcuno parlò al mio gomito, e mi girai verso un volto vagamente
familiare. Era Albrecht dal gigantesco intelletto, il sogghignante ventenne
inglese che si era offerto di scaricarmi in un lago la prima volta che avevo
visitato il sotterraneo nel teatro.
“Cosa?”, dissi.
Lui disse, in tono derisorio: “Sei tu B, adesso?”
Ci riflettei per un po'. Non ho mai avuto l'opportunità di imparare come
gestire le persone ostili – alcuni preti lo imparano ed altri no – ma sento
186
che dovrei conoscere almeno le basi.
“Perché non ti siedi e non mi dici che hai in mente?”, gli dissi.
“È una domanda troppo difficile per te?”
“Sì, lo è”. Con una vittoria già in tasca, si sedette davanti a me.
“Perché mi fai questa domanda?”
“Stavi venendo strigliato, non è così? Non è questa la parola?
Strigliato?”
“Be', esiste una parola del genere, senza dubbio, ma nessuno mi aveva
avvisato che stavo venendo strigliato.”
Scrollò le spalle con disprezzo.
“Ho abbandonato il sacerdozio”, gli dissi. Questo gli fece battere le
palpebre. “Quando ho parlato con l'uomo che mi aveva mandato qui la
prima volta, Padre Lulfre, gli ho detto che uccidere B era stata fatica
sprecata, perché B è ancora qui – e sarei io – ma di sicuro non penso di
essere pronto a riprendere da dove Shirin ha lasciato. E, a proposito, ho
lasciato una registrazione di quella conversazione con un amico, altrimenti
ora sarei un uomo braccato, forse persino morto.” Questo causò tre battiti
di ciglia in rapida successione. Gli chiesi se questo rispondesse alla sua
domanda – probabilmente un errore, visto che sembrò rimetterlo sui binari
giusti.
“Chiunque può essere braccato”, disse. “La domanda è: puoi fare ciò
che faceva B?”
“Che cos'hai in mente, di preciso?”
“Hai assimilato le loro intuizioni, ma ne hai di tue? Sei un pensatore e
un insegnante, o solo un ripetitore di Sacre Scritture? Se tutto ciò che puoi
fare è cantilenare le scritture, allora non sei B più di quanto lo sia io. Sei
solo un chierichetto che ha tutte le risposte già pronte.”
Bevvi un sorso e desiderai che questo giovane sfrontato fosse molto,
molto lontano. Alla fine, gli dissi: “Albrecht, gli ultimi dieci giorni sono
stati un po' movimentati, per me, quindi è assolutamente vero che non ho
aggiunto una singola parola agli insegnamenti di B. Che abbia o meno le
capacità per farlo, però, è un altro discorso. Comunque hai perfettamente
ragione: se tutto ciò che posso fare è ripetere le Sacre Scritture come le ho
udite da Charles e Shirin, allora non sono più di un chierichetto.”
Albrecht sogghignò. “Ma non credi di esserlo, giusto?”
“Non credo di esserlo, no, ma non ho ancora avuto modo di
dimostrarlo.”
“Vuoi l'opportunità di farlo?”
187
Cos'avrei potuto rispondere a questo? No?
La prova.
“I membri della nostra cultura”, disse Albrecht, “immaginano che
abbiamo inventato tecnologia, agricoltura, leggi e, naturalmente,
civilizzazione, ma ci attribuiamo anche altri risultati meno encomiabili.
Puoi pensare ad alcuni di essi?”
“Be'”, dissi, “Immagino che veniamo incolpati di cose come povertà,
crimine e discriminazione per motivi razziali e sociali. Ciò che Shirin
chiamava le 'classi sofferenti' sono sicuramente una nostra invenzione.
Oppressione politica. Malattie mentali.”
“Ti stai dimenticando la peggiore di tutte, Padre.”
“Non sono più un prete, chiamami solo Jared.”
“Come vuoi.”
“La peggiore di tutte sarebbe... La guerra.”
“Naturalmente. La guerra è di gran lunga la malattia peggiore che
abbiamo portato nel mondo, non è vero?”
“Sì.”
Albrecht scosse la testa, disgustato. “Sei davvero patetico, Jared. Non
provi neanche a dubitare di ciò che Madre Cultura ti sussurra nelle
orecchie. Rimani un prigioniero della Grande Amnesia.”
“Senti, lasciamo perdere gli epiteti per un po', va bene? Non pretendo
di sapere tutto ciò che sapevano Charles e Shirin, e nemmeno tutto ciò che
sai tu. Che mi stai dicendo? Che la guerra non è stata una nostra
invenzione?”
“È proprio ciò che ti sto dicendo. La guerra non è un difetto esclusivo
della nostra bizzarra, squilibrata cultura. Esiste ovunque esistano culture
umane – sia nel passato che nel presente. Il mito del nobile selvaggio
pacifico è esattamente questo: un mito.”
“D'accordo. Quindi?”
Albrecht si alzò. “Sei davvero triste, Jared. Non lasciare che senta che ti
fai chiamare B in questa città, o verrò a metterti in imbarazzo, te lo
prometto.”
“Siediti. Per favore.” Si sedette. “Per favore, cerca di capire che non ho
la minima pretesa di essere storicamente o antropologicamente preparato.
Lo sarò, spero, ma al momento sinceramente non capisco dove vuoi
arrivare.”
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“Allora perché non lo chiedi?”
“Te lo sto chiedendo.”
“I pensatori più antichi della nostra cultura credevano che la vita umana
fosse cominciata quando è nata la nostra cultura, solo pochi millenni fa.
Quindi nulla riguardo la vita umana poteva essere imparato prima di allora.
Prima di quel momento, non era mai avvenuto nulla degno di nota. Quindi
loro guardarono nel passato e videro che l'Uomo era nato agricoltore e
costruttore di civiltà. Pensarono che questa fosse la sua natura e il suo
destino, e questo è ciò che insegniamo ancora oggi ai nostri figli. La razza
umana è nata per diventare noi. Non è questo ciò che insegniamo loro?”
“Sì.”
“B ha cercato di mostrarti l'assurdità di questo insegnamento
rimuovendo le lenti offuscanti della Grande Amnesia. Facendoti vedere
che ciò che è esistito prima della nascita della nostra cultura non è stato
affatto un vuoto. Mostrandoti che la nostra cultura non è nata in un mondo
privo di religioni e leggi. Religioni e leggi che risalgono a centinaia di
migliaia di anni fa, forse perfino milioni, fino all'origine della vita umana
stessa.”
“Lo capisco.”
“Davvero? Capisci che leggi e religioni risalgono a centinaia di
millenni fa?”
“Sì.”
“Be', lo stesso vale per la guerra, Jared. Spiegalo.”
“Spiegalo?”, ripetei vacuo.
“È un sintomo della nostra natura malvagia, Jared? È questa la
spiegazione? Abbiamo un innato amore per l'omicidio?”
“No.”
“Quel 'no' è un atto di fede o un dato di fatto?”
“Al momento è un atto di fede, ma spero di poterlo trasformare in un
dato di fatto.”
“Bene. Fallo. Togliti le lenti oscuranti della Grande Amnesia e spiegalo
– oppure, per l'amor di Dio, smettila di chiamarti B. Vai a casa dalla tua
accogliente parrocchia e scusati per esserti comportato da stupido.”
Provai paura. Poi capii che non poteva aspettarsi che facessi una cosa
del genere sul momento... E invece era proprio ciò che voleva.
“Se preferisci diventare B in un altro momento, Jared”, disse, “allora
basta dirlo. Dimmi che la tua ambizione è di diventare B un giorno. Poi
torna a casa.”
189
“Ma di sicuro neanche B potrebbe fare una cosa simile seduto in una
taverna, senza fare riferimento a un solo libro, senza neanche una normale
enciclopedia.”
“Sarò io la tua enciclopedia. Oppure, se vuoi libri sulle tattiche belliche
preistoriche, posso farteli avere nel giro di mezz'ora.”
“Quindi tu conosci già la risposta alla tua domanda.”
“No, niente affatto. Quei libri non sono stati scritti da persone che
pensano come B. Sono stati scritti da persone che in fondo sono convinti
che l'Uomo fosse divinamente plasmato per conquistare e dominare il
mondo. Sono scandalizzati dalla guerra preistorica. Non la spiegano, se ne
lamentano. Ne sono imbarazzati, perché la creatura destinata dall'alba dei
tempi a conquistare e dominare il mondo avrebbe dovuto essere più nobile,
più angelico, migliore.”
“Sì, capisco... Ho ragione ad assumere che la guerra nella preistoria
fosse simile al tipo di guerra che viene praticato ancora oggi dai popoli
tribali moderni?”
Scosse la testa, disgustato. “O sai come toglierti le lenti offuscanti o
non lo sai, Jared. Non aspettarti che lo faccia io per te. Resterò nei paraggi
se avrai bisogno di consultare un'enciclopedia, ma non chiedermi di
ragionare al posto tuo.” Si alzò e si spostò a un tavolo dall'altro lato della
stanza.
Ne fui sollevato. Aveva ragione: o sapevo come togliermi le lenti
offuscanti, o non lo sapevo, e sarebbe stato più facile farlo da solo che in
compagnia. Attirai l'attenzione di Theda e ordinai un altro drink.
La questione che avevo sollevato con Albrecht era una che non avevo
mai esplorato con Charles o Shirin, nonostante fosse implicita in ogni cosa
che dicevano. Come possiamo essere sicuri che i popoli tribali moderni
vivono come vivevano i popoli tribali antichi? La risposta di B è questa: lo
stile di vita tribale è sopravvissuto fino all'epoca attuale perché funziona.
Ciò che esiste ancora oggi nel mondo è ciò che ha tenuto duro, ciò che è
stabile, ciò che funziona. Gli esperimenti falliti scompaiono, quelli riusciti
invece vengono ripetuti e ripetuti e ripetuti. È assurdo supporre che il
letargo sia un'innovazione recente per gli orsi, per quanto non ci sia modo
di dimostrare che non lo sia. Gli orsi vanno in letargo perché funziona. È
altrettanto assurdo supporre che la migrazione sia un'innovazione recente
per gli uccelli, per quanto, di nuovo, non ci sia modo di dimostrare che non
lo sia. Gli uccelli migrano perché funziona. È assurdo supporre che tessere
ragnatele sia un'innovazione recente per i ragni, benché non ci sia modo di
190
dimostrare che non lo sia. I ragni tessono ragnatele perché funziona.
Se potessimo tornare indietro nel tempo di un milione di anni, non ci
aspetteremmo di trovare orsi tessere ragnatele, uccelli andare in letargo e
ragni migrare. Gli orsi vanno in letargo oggi perché molto probabilmente
andare in letargo funzionava per loro anche un milione di anni fa. E i ragni
tessono ragnatele oggi perché molto probabilmente tessere ragnatele
funzionava per loro anche un milione di anni fa. Dato che gli esseri umani
non sono il risultato di una creazione speciale, ma si sono evoluti nella
comunità della vita come tutte le altre specie, questo modo di ragionare si
applica anche alle persone proprio come agli orsi, agli uccelli e ai ragni.
Sappiamo con certezza che l'agricoltura totalitaria è un'invenzione recente,
ma non c'è alcun motivo di supporre che lo sia anche la vita tribale. Le
persone vivono in modo tribale oggi molto probabilmente perché vivere
tribalmente funzionava per loro un milione di anni fa.
Mi chiesi che cosa sapevo della guerra nella comunità non umana.
Quello che sapevo era questo: la cosa più vicina alla guerra nella comunità
non umana avviene solo all'interno di una stessa specie, non tra specie
diverse. La caccia non è guerra. Gli uccelli non sono in guerra con i vermi,
le rane non sono in guerra con le zanzare, le aquile non sono in guerra con
i conigli, i leoni non sono in guerra con le antilopi. I predatori non
combattono con le loro prede, le mangiano soltanto. Quando gli animali
combattono, è sempre con membri della loro stessa specie, per il territorio
o per accoppiarsi, e nessuno li disprezza o li considera moralmente
difettosi, o sogna di un giorno felice in cui impareranno a vivere insieme
come Bambi e Tamburino.
Quando gli animali non-umani combattono, il vincitore in genere si
appropria del territorio o dei partner per l'accoppiamento del perdente. La
guerra tribale non funziona così. (Albrecht lo confermò, agendo da
biblioteca.) Le tribù che vivono in una certa area sono più o meno
costantemente in uno stato di guerra a bassa intensità tra di loro, ma
quando la tribù X attacca la tribù Y, non si appropria del suo territorio o dei
suoi partner sessuali. Invece, dopo aver inflitto una certa quantità di danni,
di solito si gira e torna a casa. Presto, di norma, la tribù Y restituisce il
favore, attaccando la tribù X, infliggendo una certa quantità di danni e
tornando a casa. Questo rapporto di ostilità a bassa intensità più o meno
permanente tra X e Y non è niente di speciale. Lo stesso rapporto esiste tra
X e Z, e tra Y e Z – e queste tre hanno rapporti ostili simili con le altre
tribù vicine.
191
Tipicamente, i membri di queste tribù non pensano di avere “un
problema” con i loro vicini. Tipicamente, nessuno sta “lavorando per la
pace”. Tipicamente, nessuno pensa che ci sia nulla di sbagliato o di
riprovevole in questo modo di vivere. Inoltre, tipicamente, i membri della
tribù X non pensano che la loro vita sarebbe migliore se un giorno
sterminassero tutti i loro vicini. Sanno che ci sono vicini oltre i loro vicini,
e che quelli lontani non sarebbero più amichevoli di quelli più prossimi. In
realtà non va così male. Passano anni interi in cui X non attacca Y e Y non
attacca X, e in questi anni i rapporti tra di loro sono generalmente molto
cordiali.
Il compito di B è di chiedere: “Che cosa sta funzionando qui?”, o:
“Perché questo sistema è così efficace da essere ancora in giro dopo
centinaia di migliaia di anni?”.
A funzionare è che le identità e i limiti culturali stanno venendo
preservati. Quando X attacca Y, non la assorbe. Non distrugge l'identità di
Y e non ne cancella i confini, si limita a infliggere una certa quantità di
danni, poi si gira e torna a casa. La stessa cosa avviene quando Y attacca
X. In altre parole, ogni attacco funge da dimostrazione e da affermazione
di identità da entrambe le parti: “Noi siamo X e voi siete Y, e questo è il
confine tra di noi. Lo attraversiamo a nostro rischio e pericolo, e lo stesso
vale per voi. Sappiamo che siete forti e pericolosi. Ogni tanto, ci
assicureremo che sappiate che lo siamo anche noi. Sappiamo che se vi
infastidiremo, ne soffriremo. Vogliamo che sappiate che anche voi ne
soffrirete, se infastidirete noi.”
Uno penserebbe, naturalmente, che debba esistere un sistema migliore,
ma se migliaia di secoli di esperimenti culturali non l'hanno trovato, che
significa “migliore”? L'evoluzione è un processo che sceglie ciò che
funziona, e “migliore” viene scartato facilmente quanto “peggiore”, se non
funziona.
Quello che funziona, evidentemente, è la diversità culturale. Questo
non dovrebbe essere una sorpresa. Se la cultura viene vista come un
fenomeno biologico, allora dovremmo aspettarci di veder favorita la
diversità piuttosto che l'uniformità. Mille sistemi – uno per ogni luogo e
situazione – funzionano sempre meglio di uno solo per tutti i luoghi e le
situazioni. Gli uccelli hanno una maggiore probabilità di sopravvivere
usando mille modi di costruire il nido che uno solo. I mammiferi hanno
maggiori probabilità di sopravvivere usando diecimila schemi di
comportamento che usandone uno solo. E gli umani hanno maggiori
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probabilità di sopravvivere in diecimila culture piuttosto che in una sola –
come stiamo dimostrando proprio ora. Stiamo rendendo il mondo
invivibile per noi stessi, e questo proprio perché tutti stanno venendo
costretti a vivere in un modo solo. Non ci sarebbe alcun problema se solo
una persona su diecimila vivesse come viviamo noi. Il problema compare
quando solo a una persona su diecimila viene permesso di vivere in modo
diverso. In un mondo con diecimila culture, una può essere completamente
folle e distruttiva senza provocare grandi danni. In un mondo con una sola
cultura – e dove quell'unica cultura è completamente folle e distruttiva – la
catastrofe è inevitabile.
Quindi: la guerra tribale (casuale, intermittente, a bassa intensità e
frequente), funzionava per i popoli tribali perché salvaguardava la diversità
culturale. Non era dolce, bella o angelica, ma funzionava... E ha
funzionato per centinaia di migliaia di anni, forse persino milioni.
Tra le macerie.
Standomene seduto a Little Bohemia mentre mi ubriacavo, non
compresi tutto questo facilmente o linearmente come l'ho proposto qui – e
di sicuro non suggerisco che questo rappresenti un parere definitivo sulla
questione. Togliendomi le lenti oscuranti della Grande Amnesia, sono stato
in grado di trovare un vago sentiero dove prima c'era solo nebbia
impenetrabile; non ho esplorato completamente il sentiero. Questo, credo,
è ciò che fa B. B apre un sentiero per l'esplorazione.
Albrecht fu costretto a concordare. Non ne era entusiasta, chiaramente,
ma dovette ammettere che il mio modo di affrontare il problema aveva la
firma di B.
Quando fu tutto finito, ne fui sorpreso e soddisfatto. Come avevo
potuto non capire che avevo bisogno di venire messo alla prova? Come
avevo osato pensare di potermi attribuire il titolo di B senza prima
dimostrare di esserne degno?
Ero soddisfatto e sorpreso – e molto, molto ubriaco. Avevo accettato la
sfida di Albrecht intorno alle nove, e ora erano quasi le due. La folla a
Little Bohemia si era ridotta e, stranamente, si era riunita intorno al mio
tavolo per assistere all'esaminazione a cui Albrecht mi sottoponeva. Non
avrei potuto dire se capissero cosa stavo dicendo, ma ascoltarono in un
modo vivace e sorridente, applaudendo punti ben dimostrati, scambiandosi
valutazioni sul mio successo e in generale incoraggiandomi. Ormai la
193
maggior parte delle candele si era consumata, ed era incredibilmente buio.
Qualcuno chiese: “Cos'è quello?”
Quasi inconsciamente, avevo tirato fuori il fossile di ammonite per
tenere le mani occupate mentre facevo la mia esposizione ad Albrecht. Ora
se ne stava in una pozza di luce tra le candele sul mio tavolo.
“Questa è un'altra prova che mi è stata assegnata, una che non sono
ancora riuscito a superare. È il fossile di una creatura che potrebbe aver
vissuto fino a quattrocento milioni di anni fa. Mi è stato assicurato che il
passato, il presente e il futuro sono scritti in esso. Pensate a esso come a
una traccia nella polvere. Una traccia nella polvere non mostra solo dove
la creatura è stata, ma anche dov'è e dove si troverà.”
“Dovresti prevederne il futuro?”, chiese qualcuno dall'ombra.
“Non ne sono sicuro. Me l'ha dato Charles Atterley, ma è stato ucciso
prima di potermi spiegare perché. Shirin voleva che lo sbriciolassi in mille
pezzi.”
“Perché?
“Non mi ricordo, a dire la verità.” La memoria non era l'unica cosa che
stava cominciando a sfuggirmi, a quel punto.
“C'è un messaggio di B all'interno”, suggerì qualcuno. “Come un
biscotto della fortuna cinese. Ecco perché devi sbriciolarlo.”
“Non c'è modo di metterci dentro un messaggio”, spiegai stupidamente.
“È roccia solida.”
“B avrebbe potuto metterci un messaggio.”
Diversi ascoltatori invisibili si dissero d'accordo con convinzione.
Prima che mi rendessi conto di cosa stesse succedendo, era stata
organizzata una festa spacca-fossile. Fui portato via dal mio tavolo e spinto
all'esterno del locale, barcollando al centro di una piccola folla di ubriachi.
Non riuscivo a immaginare neanche vagamente dove stessimo andando, né
perché stessimo andando da qualche parte. Altri stavano aprendo la strada,
cercando un posto o una cosa per me inimmaginabile.
Ci fermammo improvvisamente come avevamo cominciato e fummo
subito urtati e calpestati da quelli che continuarono ad avanzare, a mo' di
farsa comica. Qualcuno davanti a me si girò, mi passò un mattone e disse:
“Ecco!”
“Portatelo qui!”, ordinò qualcun altro. Davanti a me si aprì un sentiero
e fui condotto fino a un cumulo di mattoni ampio e alto quanto un tavolo
da biliardo.
“Avanti!”, urlò qualcuno. “Vediamo che c'è dentro!”
194
“Non c'è niente dentro”, protestai.
“Dammi qua”, intervenne un altro, “lo farò io!”
Mi strinsi il fossile al petto e qualcuno mi spinse da dietro. “Avanti”,
disse, con un tono non più tanto amichevole.
Con il cumulo di mattoni alle mie spalle, mi girai per affrontarli. “Non
ho intenzione di distruggere questo fossile”, dissi.
Accolsero quest'informazione come un fulmine a ciel sereno. Dopo un
momento, qualcuno nelle retrovie disse con tono perplesso: “Credevo che
Shirin gli avesse detto di spaccarlo...”
Un uomo alto e imponente di fronte a me disse: “Sei un vigliacco?”
“No, non credo.”
“Allora perché esiti? Il fossile non ha valore intrinseco.”
Una donna dal retro urlò: “Non è un vigliacco in generale, Günter. È
spaventato solo da questo messaggio in particolare.”
Due tra la folla parlarono contemporaneamente. Uno disse: “Qual è il
messaggio?” L'altro disse: “Di cosa ha paura?”
L'uomo alto di nome Günter fece un passo avanti e mi parlò con tono
quasi confidenziale. “Non è una cosa che puoi semplicemente rifiutarti di
fare, Jared. Charles ti ha dato il fossile per un motivo, e Shirin ti ha detto
che per scoprire quale fosse avresti dovuto distruggerlo. Quindi devi
distruggerlo. Altrimenti questa parte della tua vita rimarrà incompleta e
inconcludente.”
Sapevo che aveva ragione, e sapevo che in un modo o nell'altro non
avrei lasciato quel luogo con il fossile intatto, quindi senza più indugiare lo
posizionai in cima ai mattoni e lo sbriciolai. Mentre me ne stavo lì
confuso, Günter avanzò, estrasse un pezzetto di carta dalle macerie e lo
appallottolò nel pugno.
“Dammelo!”, urlai.
“Non c'è modo di metterci dentro un messaggio”, mi disse in tono
grave, già allontanandosi. “È roccia solida.”
Gli altri risero e qualcuno disse: “Non badargli, ti sta solo prendendo in
giro. È un trucco, un gioco di destrezza. Sta sempre a tirare fuori monete
dalle orecchie della gente.”
Sentendo queste parole, Günter si gettò la pallina di carta oltre la spalla
senza neanche rallentare, e una donna seduta su una catasta di mattoni lì
vicino scattò in avanti per raccoglierlo e tenerselo come souvenir.
Improvvisamente com'era cominciato, lo spettacolo era finito, e la folla
cominciò a disperdersi. Solo la donna che aveva raccolto la pallina di carta
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sembrava intenzionata a restare. Ebbi voglia di piangere.
“Probabilmente non si ricorda di me”, disse lei. “Ero seduta accanto a
Shirin la prima notte in cui venne nel sotterraneo. Bonnie?”
“Mi ricordo di te, Bonnie, solo che non ti avevo riconosciuta. Sembri
più matura.”
“Sono più matura”, mi assicurò con tono serio.
Restammo lì in piedi con fare imbarazzato per un lungo istante.
“Shirin non aveva molte speranze per lei”, mi disse Bonnie.
“Non all'inizio, almeno.”
Bonnie si scrollò di dosso la mia precisazione. “Pensava che lei fosse
troppo fisso.”
Considerai i vari significati di quella parola, ed evidentemente così fece
anche Bonnie, perché aggiunse un chiarimento: “Troppo rigido nei suoi
modi di pensare.”
Annuii.
“Come, per esempio, eccola qui: ha fracassato il fossile e non ha
neanche intenzione di guardarlo.”
Guardai le macerie sui mattoni. “Bonnie, è solo un mucchio di
carbonato di calcio sbriciolato.”
“Ecco cosa intendeva. È proprio il tipo di cosa che si aspettava avrebbe
detto.”
Be', accidenti. Stanotte era decisamente il mio momento di essere
maltrattato e spronato. Con un sospiro esausto diressi la mia attenzione ai
resti dietro di me e percepii Bonnie che si faceva indietro per darmi più
spazio.
Cosa avrei dovuto vedere qui, ammesso che ci fosse qualcosa da
vedere? O: in che modo avrei dovuto guardare? Cos'aveva detto Shirin al
riguardo? Non credevo di ricordarmelo, e invece all'improvviso mi tornò
in mente. Aveva detto: “Voglio mostrarti come leggere il futuro.” Poi
aveva detto che Charles l'avrebbe fatto meglio e che lo scopo dell'esercizio
doveva essere “meglio sviluppato”.
Voleva mostrarmi come leggere il futuro. Chiusi gli occhi e cercai di
immaginare cos'avrebbe detto. Quali parole dette da lei su questo
argomento non mi avrebbero sorpreso?
Improvvisamente la sentii dire: “L'universo è una cosa sola, Jared.” Fu
così nitido che aprii gli occhi, quasi aspettandomi di vederla di fronte a
me, ma c'era solo Bonnie, seduta su un vicino cumulo di mattoni e
guardando le stelle. Chiusi di nuovo gli occhi, pensando: “Quindi
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l'universo è una cosa sola. Che cosa mi dice questo?”
La lasciai parlare: “Ti dice che la traiettoria di volo di un'oca sopra la
Scandinavia ha qualcosa a che vedere con la morte di un uomo in una
stanza d'ospedale nel New Jersey – ma ci vuole un po' d'immaginazione
per capire di che si tratta. Ti dice che ciò che è nascosto in un fossile
vecchio duecento milioni di anni ha qualcosa a che vedere con Jared
Osborne. Anche questo richiede dell'immaginazione. Questo tipo di
immaginazione è la specialità dei veggenti, Jared, anche se chiunque può
imparare a farlo. Il veggente è solo un tipo particolare di battitore, un
battitore di eventi e di rapporti. Pensa a che cosa vuoi ora. Che cosa stai
cercando?”
Questo era facile. “Sto cercando te.”
“La tua ricerca comincia con questo fossile, Jared. Avresti potuto dirmi
facilmente il suo futuro quando te l'ho chiesto, ma eri troppo vigliacco per
provarci. Ora conosci il suo futuro, non è vero?”
“Sì. Il suo futuro è polvere. Non aveva altro futuro dal momento in cui
Charles me l'ha dato. Anche se non l'avessi distrutto, non aveva altro
futuro. Un giorno, tra una settimana o un milione di anni, sarebbe
diventato polvere, e nessun altro destino era possibile per esso.”
“L'universo è una cosa sola, Jared. Charles ha comprato questo fossile
per te perché sapeva che aveva un messaggio da comunicarti – un
messaggio di qualche tipo, che in quel momento non avrebbe potuto
indovinare. Chiedigli quel messaggio, adesso, Jared. Chiedi a quel fossile
che cos'ha a che fare con te. Che cosa sta cercando di mostrarti?”
“Non lo so”, dissi prevedibilmente.
“Diventa un veggente, ora, Jared. Stai cercando qualcosa. Sventra un
uccello ed esaminane le interiora, consulta i tuoi sogni, usa la geomanzia...
O guarda i resti di questo fossile. Guardali e fai la tua domanda.”
Guardai e chiesi: Dov'è Shirin? Mi ci volle mezzo secondo per capire
che avevo la risposta, più o meno il tempo che mi ci era voluto una volta
per capire di aver completato una scala reale. Quasi caddi all'indietro per
l'illuminazione, quasi levitai dal terreno mentre entravo in contatto con la
fonte del significato dell'esistenza. Se Bonnie non fosse stata lì vicino,
credo che avrei urlato disperatamente all'universo che in quel momento si
era accorto di me. Gli occhi mi si riempirono di lacrime e bracci e gambe
cominciarono a tremarmi incontrollabilmente.
“Idiota, idiota, idiota, idiota, idiota”, mi dissero i resti del fossile.
“Guarda bene, guarda dove vuoi! Vedi Shirin da qualche parte? Idiota!
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Idiota! Shirin non è nelle macerie! Non è lì!”
Attesi un tempo molto lungo prima di poter essere sicuro che sarei stato
in grado di camminare senza barcollare e di parlare senza singhiozzare.
Devono esserci voluti venti o trenta minuti, e pensavo che Bonnie se ne
fosse andata, ma no, era ancora lì. Dopo aver spazzato via i resti con la
mano, andai da lei e le dissi che avevo imparato cosa il fossile aveva da
insegnarmi. Le bastò un'occhiata per capire che era la verità, e si astenne
educatamente dal chiedermi dettagli.
“Sono contenta”, disse. Poi: “Vuole questa?”
Le dissi di sì e allungai la mano, e lei ci lasciò cadere la pallina di carta
che Günter il cospiratore si era gettato oltre la spalla.
“Devo sbrigarmi”, disse, scivolando dalla sua catasta di mattoni. “Le
serve un passaggio per tornare all'hotel?”
Non mi presi la briga di spiegarle che non alloggiavo più lì, mi limitai a
dirle di no. “E grazie per avermi fatto affrontare il fossile. Avrei lasciato la
faccenda incompleta, altrimenti.”
“Oh, sa cosa diceva sempre Shirin. L'universo è una cosa sola.”
“Non gliel'ho mai sentito dire con le mie orecchie, Bonnie, ma sono
contento di averlo sentito adesso.”
Si affrettò nella notte e io la seguii camminando con più calma. Al
primo lampione mi fermai e aprii la pallina di carta, giusto per assicurarmi
che fosse davvero bianca come avrebbe dovuto essere. C'erano scritte una
dozzina di parole in una calligrafia regolare:
Shirin vivrà. Non per sempre, naturalmente, ma abbastanza a lungo per
te.
Un breve intervallo.
Mezz'ora dopo, cominciai a rimpiangere di aver rifiutato l'offerta di
Bonnie di un passaggio. Avevo voluto restare da solo, ma ora avrei fatto di
tutto per avere la possibilità di togliermi le scarpe per dieci minuti. A
quest'ora non c'era altro posto in cui dirigersi se non il parco. Mi era
venuta in mente la remota possibilità che Shirin potesse trovarsi lì, ma era
solo un sogno irrealizzabile nato dall'alcool. Per quando arrivai, non avevo
nulla in mente se non stendermi su una panchina e lasciarmi andare, e se
non avessi potuto trovare una panchina isolata avrei cercato una radura e
avrei visto fino a che punto i coleotteri sarebbero riusciti a seppellirmi. A
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conti fatti, trovai una panchina.
Fu la mia prima grande lezione nella vita da senzatetto: se hai
intenzione di dormire su una panchina, ti conviene essere pronto a dormire
come un morto. Io credevo di esserlo quando mi sdraiai alle quattro, ma
per le sette mi limitai a desiderare di essere morto. Ora sapevo perché i
barboni scelgono l'alcool piuttosto che il cibo ogni volta che ne hanno la
possibilità. Se qualcuno mi avesse messo in mano una bottiglia, avrebbe
dovuto faticare parecchio per riprendersela.
Intorno alle otto mi arresi e zoppicai in cerca di caffè, aspirina e
colazione. Il primo posto che trovai fu una tavola calda, e avevo un aspetto
così disastrato che fecero finta di non vedermi finché non mostrai loro un
po' di soldi. Ingollai della caffeina, qualche analgesico e tanti carboidrati
quanti riuscii ad assumerne, poi cercai di decidere quale sarebbe stata la
mia prossima mossa. Se la mia divinazione era affidabile, sapevo dove
Shirin non era: non era sepolta sotto tonnellate di macerie nel luogo dove
si era trovato lo Schauspielhaus Wahnfried.
Le autorità cittadine affermavano che il teatro fosse stato vuoto quando
era esploso, ma ciò era a dir poco improbabile. Se il teatro era vuoto,
perché Herr Reichmann si era preso la briga di farlo saltare? No, Shirin era
nel teatro quando era esploso, ma in qualche modo era riuscita a scappare.
Ovviamente c'era una via d'uscita lì – il rifugio antibomba che andava dai
sotterranei del teatro fino al vicino edificio governativo. Non avevo
trascurato l'esistenza del rifugio, ma non l'avevo incluso nella mia
ricostruzione degli eventi perché non si può correre più veloce
dell'esplosione di una bomba. Quando il tetto ti crolla addosso senza
preavviso, i migliori riflessi del mondo non ti permetteranno neanche di
alzarti dalla sedia, tantomeno di arrivare a un rifugio a quattro passi di
distanza. Solo nei film queste cose avvengono al rallentatore.
Naturalmente, le parole chiave qui erano “senza preavviso”. Se qualcuno
fosse riuscito ad avvertirla qualche secondo prima, questo avrebbe potuto
spiegare la sua sopravvivenza. E qualcuno che avrebbe potuto avvisarla
c'era – io – anche se naturalmente non mi ricordo di averlo fatto, se
davvero è ciò che è avvenuto.
Anche se tutte queste supposizioni erano valide, questo mi diceva solo
dove Shirin non era. Ma almeno mi dava un nuovo punto da cui
cominciare.
Succès fou.
199
L'edificio governativo era lì, era aperto e la gente vi si aggirava nel
modo spento in cui le persone si aggirano negli edifici governativi di tutto
il mondo. Le scale che portavano al rifugio erano anch'esse ancora lì, così
come il guardiano di mezz'età alla sua scrivania. Mi guardò arrivare con un
cipiglio sospettoso appropriato per qualcuno che non riconosceva. Non ero
interessato a lui ma alla porta del rifugio antibomba, che ora era
accuratamente sprangata con un paio di assi inchiodate. Mi avvicinai per
esaminarla e il guardiano mi abbaiò contro in tedesco. Lo ignorai.
Me ne andai dopo un minuto per riflettere sulla situazione. Volendo
avrei potuto rimuovere le assi, ma dubitavo che il cane da guardia mi
avrebbe permesso di farlo. Il modo più rapido di rimuoverle sarebbe stato
con una sega elettrica, ma dubitavo anche che il guardiano mi avrebbe
aiutato a trovare una presa elettrica. Un altro modo abbastanza rapido e più
rozzo di rimuoverle sarebbe stato con una spranga, e giudicare di poter
finire il lavoro prima che il guardiano potesse chiamare rinforzi. A
ripensarci ora, tutti questi ragionamenti suonano completamente assurdi,
ma in quel momento – con i postumi di una sbronza, ancora stordito per il
jet-lag e dopo appena tre ore di sonno sulla panchina di un parco – li
giudicai una soluzione perfettamente ragionevole. Ritornai dopo un'ora
con una sbarra di ferro astutamente celata nella manica della mia giacca.
Quando raggiunsi la barricata la tirai fuori, la infilai tra le assi e la porta e
in un millisecondo mi resi conto di quanto mi fossi sbagliato. Per l'effetto
che riuscii a ottenere, tanto sarebbe valso che avessi cercato di scardinare
una trave dalla Torre Eiffel.
Il guardiano stava già chiamando aiuto, ma non si limitò a questo.
Dopo aver attaccato il telefono, marciò verso di me e mi strinse in una
presa alla gola. Fortunatamente non aveva intenzione di strangolarmi, ma
solo di immobilizzarmi finché non fosse arrivato aiuto. Questo mi diede
abbastanza tempo da notare ciò che era di fronte al mio naso, ossia un
nome e un numero di telefono incisi distintamente nell'asse di legno più in
alto – ed erano il nome e il numero di telefono che avevo attraversato
l'Atlantico per trovare.
Quando finalmente arrivò la cavalleria, includeva una persona che
capiva abbastanza inglese da convincersi che fossi solo un innocuo fuori di
testa che ora se ne sarebbe andato molto lontano per non tornare mai più,
lasciandosi alle spalle la spranga.
200
Riunione.
Quasi non riconobbi Shirin quando uscì dal piccolo chalet nella foresta
di Michael, una ventina di chilometri a ovest di Radenau. La farfalla
scarlatta del lupus era quasi svanita, segnalando una remissione notevole,
per quanto temporanea.
Fu un momento imbarazzante. Nessuno di noi sapeva esattamente come
risolverlo, né come volessimo farlo. Alla fine, ci scambiammo un
abbraccio cameratesco che fingemmo avrebbe potuto bastare e ci
dedicammo all'importante compito di aggiornarci a vicenda.
Portandomi allo chalet in macchina, Michael mi aveva già illustrato la
maggior parte della situazione. La mia ricostruzione degli eventi al teatro
era abbastanza accurata da non aver bisogno di essere elaborata
ulteriormente qui. Grazie alle urla di avvertimento che ero riuscito a
emettere, Shirin, Michael e Monika Teitel erano nel bel mezzo del rifugio
antibomba quando era avvenuta l'esplosione. Avevano causato un certo
stupore quando erano emersi in una nuvola di polvere nel sotterraneo del
vicino edificio governativo, ma c'era stata tanta confusione che erano
riusciti a sgattaiolare via senza venire trattenuti sulla scena. Stando a
quanto mi aveva detto Michael, Shirin avrebbe voluto tornare a cercarmi
tra le macerie, ma gli altri erano riusciti a dissuaderla dal fare una simile
assurdità. Stando a quanto mi disse Shirin, invece, era stato Michael che
avrebbe voluto tornare a cercarmi.
Tutti si erano detti d'accordo che era il momento di cercarsi un riparo e
mantenere un basso profilo per un po'. Quando si seppe che ero
sopravvissuto, il gruppo si spaccò nettamente in due: per alcuni, il fatto
che fossi sopravvissuto confermava la mia colpevolezza; per altri
(principalmente Shirin e Michael), il fatto che fossi quasi morto
confermava la mia innocenza. I Teitel, convinti che Shirin avesse bisogno
di venire protetta se stessa, avevano tenuto segreto il fatto che avevo
telefonato dagli Stati Uniti. Né Bonnie né Albrecht si erano trovati nel
teatro al momento dell'esplosione, e nessuno dei due sapeva dove fosse
Shirin – e neanche se fosse ancora viva.
Né Shirin né Michael avevano mai sentito parlare di un prestigiatore di
nome Günter.
Tutto ciò porta questo diario al momento attuale.
La casa è governata da una regola bizzarra: non parliamo di cosa
avverrà in futuro. Michael non è sposato ed è l'unico figlio di genitori più
201
che benestanti; non abbiamo preoccupazioni finanziarie.
È troppo presto per dire se Shirin e io ci stiamo muovendo verso
qualcosa di più di ciò che abbiamo attualmente. Le sue riserve sono
profonde, così come il suo bisogno di essere indipendente e di non farsi
compatire. Il tempo ce lo dirà.
Non ho nessuna fretta.
Epilogo
202
Senza data.
Di nuovo nella tana.
Come ho detto, avevo affidato a un amico la registrazione della mia
recente conversazione con Padre Lulfre. Ho appena ricevuto notizia da
questo amico che qualcuno ha fatto irruzione nel suo appartamento e l'ha
messo a soqquadro. La cassetta è sparita. Gli avevo chiesto nel modo più
insistente possibile di farne una copia e di depositarla al sicuro da qualche
parte, ma naturalmente non l'ha fatto. Colpa mia per non essere riuscito a
fargli capire che si trattava di una questione di vita o di morte. Colpa mia
per non essermi assicurato che seguisse il mio consiglio. Colpa mia per
essere ancora troppo ingenuo.
Ora Shirin e io dobbiamo lasciare Michael nel suo rifugio tra i boschi e
nasconderci veramente. Michael sarà abbastanza al sicuro quando ce ne
saremo andati, perché né Padre Lulfre né Herr Reichmann capiscono che
cosa c'è davvero in gioco in questa storia.
Quando entri in gioco tu?
Finisco come ho cominciato, chiedendomi se ci sia mai stato qualcuno
che abbia tenuto un diario senza in realtà scrivere per i posteri, senza
sperare segretamente che le sue parole (oh-così-accuratamente-celate)
sarebbero state un giorno trovate e considerate preziose. A ogni modo, se
anche simili disinteressati esempi di virtù esistono, io non sono tra quelli.
Fin dall'inizio sapevo che stavo scrivendo con la possibilità di venire letto
da altri – da te, in effetti.
Fin dal primo episodio della mia avventura – quella prima
conversazione con Padre Lulfre – immaginavo che ci sarebbe stato
qualcosa che avrebbe dovuto venire condiviso con un pubblico più ampio
di quello dentro la mia testa. Per dirlo chiaro e tondo: anche se ho cercato
di fingere il contrario, sapevo che qui stavo scrivendo un resoconto, e non
l'avrei tenuto così diligentemente se non fosse stato così.
Perché sto concludendo a questo punto? È perché gli insegnamenti di B
sono completi e non è rimasto nulla da aggiungere? Difficile. L'idea è
ridicola. Come cultura, siamo cresciuti con le lenti oscuranti della Grande
203
Amnesia incollate sugli occhi. Fin dall'inizio, la nostra crescita intellettuale
è stata rallentata e storpiata da questa amnesia da polvere d'angelo. Non si
tratta di una cosa che possa venire cancellata da un solo autore – e neanche
da dieci. Né lo sarà da un insegnante solo o da dieci. Se verrà cancellata, lo
sarà da un'intera nuova generazione di autori e insegnanti.
Uno dei quali sei tu.
Non c'è nessuno che non possa come minimo passare queste parole a
qualcun altro e dirgli: “Leggi un po' qui.”
Genitori, insegnate ai vostri figli. Figli, insegnate ai vostri genitori.
Insegnanti, insegnate ai vostri discepoli. Discepoli, insegnate ai vostri
insegnanti.
La visione è il fiume, e noi che siamo stati cambiati siamo la corrente.
Immagino che la gente ti chiederà di riassumere brevemente il
significato di tutto questo. Ti offro un suggerimento, rendendomi conto che
è comunque inadeguato: Il mondo non verrà cambiato da vecchie menti
con nuovi programmi; se verrà salvato, lo sarà solo da nuove menti con
nessun programma.
Questo non gli piacerà, specialmente l'ultima parte. Se ti sembra che
valga la pena di provarci comunque, ricordati i bastoncini conficcati nel
letto del fiume. Ricordati la Rivoluzione Industriale, quell'enorme visione
che non ha avuto bisogno di un solo programma per continuare a scorrere
fino a sommergere il mondo.
Chi è B?
Charles Atterley era B. Shirin ha detto di essere B. Io ho detto di essere
B. Questo è ciò che ci ha resi dei bersagli. Devo cambiare il modo di
vedere le cose di Padre Lulfre a questo riguardo. Ecco cosa sto facendo
qui. Ho perso la registrazione che era il mio salvacondotto, e posso
rimpiazzarla solo con te. Perché, credimi, se hai letto queste parole, il
danno è già stato fatto, e Padre Lulfre lo saprà.
Non sto scrivendo in modo molto coerente. Il fatto è che mi stanno
facendo fretta. Shirin ha fatto le valigie e Michael ci sta aspettando per
portarci all'aeroporto di Amburgo – e io devo lasciare questo manoscritto
con lui. Questo è sicuro. Ciò che deve essere fatto con esso non può venire
compiuto da qualcuno in fuga, senza indirizzo o numero di telefono.
Riassumendo: se non siamo qui, Michael sarà al sicuro, perché Padre
204
Lulfre pensa che io e Shirin siamo B.
Cosa significa dire che sono B? Non significa che posso eguagliare le
conoscenze o le capacità di Charles e Shirin. Significa che sono stato
cambiato, in modo fondamentale e permanente. Significa che non posso
tornare a essere ciò che ero.
Ecco perché sono B: perché non posso tornare ciò che ero.
Shirin ha appena infilato la testa nella mia stanza per dirmi che se non
ce ne andremo entro tre minuti perderemo il nostro aereo.
Quindi, con una fretta terribile...
Ho scritto queste parole, e hanno trovato il modo di raggiungerti – non
so come, esattamente. Michael dice che ha delle conoscenze che saranno
in grado di gestire questa parte della faccenda. Non mi preoccuperei di
questo.
Le parole sono riuscite a raggiungerti anche se ora che le hai lette le
odi. Anche se le nascondi allo sguardo dei tuoi figli e le getti nelle fiamme.
Sono riuscite a raggiungerti, quindi è già troppo tardi. Anche se, nel
frattempo, Padre Lulfre ci troverà e ci manderà contro i suoi assassini, non
avrà comunque fatto in tempo, per via di ciò che hai appena letto.
Il contagio si è diffuso.
Tu sei B.
GLI
205
INSEGNAMENTI
PUBBLICI
La Grande Amnesia
16 maggio, Der Bau, Monaco.
Mi chiedo se vi siate mai fermati a pensare a quanto sia strano che le
strutture della nostra cultura deputate a educare e a formare il carattere ci
espongano solo una volta durante la nostra vita alle idee di Socrate,
Platone, Euclide, Aristotele, Erodoto, Machiavelli, Shakespeare, Cartesio,
Rousseau, Newton, Racine, Darwin, Kant, Kierkegaard, Tolstoj,
Schopenhauer, Goethe, Freud, Marx, Einstein e dozzine di altri pensatori
simili, ma ci espongano annualmente, mensilmente, settimanalmente e
perfino quotidianamente alle idee di persone come Gesù, Mosè, Maometto
e Budda. Perché, secondo voi, abbiamo bisogno di lezioni trimestrali sulla
carità, mentre una sola lezione sulle leggi della termodinamica deve
bastarci per tutta la vita? Perché il significato del Natale viene considerato
così difficile da comprendere che dobbiamo ascoltare una dozzina di
spiegazioni al riguardo non solo una volta nella vita, ma ogni anno, anno
dopo anno dopo anno? Forse ancora più importante: perché le persone pie
(che già conoscono ogni parola di qualunque cosa considerino sacra)
hanno bisogno di sentirsele ripetere settimana dopo settimana dopo
settimana, e perfino giorno dopo giorno dopo giorno?
Sarei pronto a scommettere che i fisici che mi stanno ascoltando qui
stanotte non tengono una copia dei Principi di Newton sul comodino.
Scommetterei che gli astronomi tra di voi non afferrano una copia del De
revolutionibus orbium coelestium di Copernico ogni mattina appena svegli,
che i genetisti tra di voi non passano ore in riverente comunione ogni
giorno con La doppia elica, che gli anatomisti tra di voi non si fanno un
punto d'onore di leggere ogni sera un passaggio dal De humani corporis
fabrica, che i sociologi tra di voi non si portano dietro ovunque vadano
una copia de L'etica protestante e lo spirito del capitalismo. Ma sapete
benissimo che centinaia di milioni di persone sfogliano ogni giorno testi
sacri che verranno letti fino all'ultima riga non una dozzina di volte nel
corso di una vita, ma una dozzina di dozzine.
206
Vi siete mai chiesti perché al clero di tante religioni viene imposto di
leggere le Sacre Scritture quotidianamente? Perché le stesse assunzioni di
fede vengono ripetute parola per parola in tante comunità religiose intorno
al mondo ogni giorno? Ricordare che Allah è Uno o che Cristo è morto per
i nostri peccati è così difficile che queste cose devono venire ripetute
almeno una volta al giorno per tutta la vita? Ovviamente sappiamo che
queste cose non sono affatto difficili da ricordare. E sappiamo che le
persone religiose non vanno in Chiesa ogni domenica perché hanno
dimenticato che Gesù li ama, ma piuttosto perché non lo hanno
dimenticato. Vogliono ascoltarlo ancora e ancora e ancora e ancora. Per
qualche motivo, hanno bisogno di ascoltarlo ancora e ancora e ancora e
ancora. Possono vivere senza ascoltare le leggi della termodinamica
diecimila volte, ma per qualche motivo non possono vivere senza ascoltare
le leggi dei propri dei diecimila volte.
In verità vi dico... ancora e ancora e ancora.
Alcuni anni fa, quando ho cominciato a parlare in pubblico, avevo
l'ingenua convinzione che sarebbe stato sufficiente – interamente
sufficiente – esprimere ogni concetto esattamente una volta. Solo
gradualmente ho capito che dire una cosa una volta sola equivale a non
dirla affatto. È in effetti sufficiente per le persone udire le leggi della
termodinamica una volta sola, e sapere che sono scritte da qualche parte, in
caso ne dovessero avere di nuovo bisogno, ma ci sono altre verità, di un
tipo diverso, che devono venire enunciate ancora e ancora e ancora – con
le stesse parole e con parole diverse: ancora e ancora e ancora.
Come saprete, non ho mai parlato a Der Bau prima di stanotte. Eppure
alcuni di voi che mi hanno sentito parlare altrove potrebbero pensare:
“Non l'ho già sentito dire queste cose a Salisburgo, Dresda, Stuttgart,
Praga o Wiesbaden?” La risposta è sì. E quando Gesù parlò in Galilea, ci
furono persone che si chiesero: “Non l'ho già sentito dire queste cose a
Capernaum, a Gerusalemme, in Giudea, a Gennesaret o nella Cesarea di
Filippo?” Naturalmente l'avevano già sentito dire quelle cose in tutti quei
luoghi. Tutti i discorsi pubblici attribuiti a Gesù nei Vangeli potrebbero
venire pronunciati in meno di tre ore, quindi se non si fosse ripetuto
ovunque andasse sarebbe rimasto in silenzio per il novantanove percento
della sua vita pubblica.
207
Ovunque nel mondo.
Ovunque nel mondo, in Oriente o in Occidente, potete andare da un
estraneo, dirgli: “Lasci che le mostri come essere salvato”, e sarete
compresi. Potrete non essere creduti o ben accolti, ma sarete sicuramente
compresi. Questo dovrebbe sconcertarvi, ma non lo fa, perché siete stati
educati fin dall'infanzia da centinaia di migliaia di voci – da milioni di voci
– a comprendere queste parole voi stessi. Capite istantaneamente cosa
significhi essere “salvati”, e non importa minimamente se credete nella
salvazione a cui ci si riferisce. Sapete anche, in aggiunta, che essere salvati
richiede un procedimento di qualche tipo. Il procedimento potrebbe essere
un battesimo rituale, un'estrema unzione, una penitenza, una cerimonia o
qualunque altra cosa del genere. O potrebbe essere un atto interiore di
pentimento, amore, fede o meditazione. Sapete anche che il procedimento
per ottenere la salvazione che viene proposto è universale: può essere
usato da chiunque e funziona per tutti. Ma sapete anche che il
procedimento non è stato scoperto, sviluppato o testato in laboratorio: o
Dio lo ha rivelato a qualcuno, o qualcuno lo ha scoperto in uno stato di
coscienza sovrannaturale. Benché inizialmente ricevuto divinamente,
questo procedimento è tuttavia trasmissibile con metodi terreni, il che
spiega come un individuo perfettamente ordinario possa offrire questo
procedimento o un altro.
Ma tutto questo scalfisce a malapena la superficie di ciò che si intende
quando qualcuno dice: “Lasci che le mostri come essere salvato”. Con
questa dichiarazione viene implicitamente affermata una visione del
mondo complessa e profonda. Secondo questa visione del mondo, la
condizione umana è tale per cui tutti nascono impuri e vi rimangono finché
il rituale o l'azione interiore adeguata non vengono compiuti, e quelli che
muoiono mentre sono ancora impuri o perdono la possibilità di
raggiungere la felicità eterna con Dio, oppure perdono quella di sfuggire
all'estenuante ciclo di morte e rinascita in cui siamo intrappolati.
Dato che siamo stati educati fin dalla nascita a capire tutto questo, non
rimaniamo affatto perplessi quando sentiamo qualcuno dire: “Lasci che le
mostri come essere salvato.” La salvazione per noi è un concetto chiaro
come l'alba o la pioggia. Ma ora cercate di immaginare come queste parole
verrebbero ricevute in una cultura che non sapesse che le persone nascono
impure, che non sapesse che gli umani hanno bisogno di essere salvati.
Un'affermazione come questa, che per noi è ovvia, sarebbe completamente
208
incomprensibile per loro. Non una sola parola avrebbe senso.
Immaginate tutto il lavoro che dovreste fare per preparare i membri di
questa cultura a capire la vostra affermazione. Dovreste convincerli che
tutti gli umani (loro inclusi) nascono in uno stato da cui hanno bisogno di
venire salvati. Dovreste spiegare loro cosa significa essere impuri e cosa
vuol dire essere salvati. Dovreste convincerli che ottenere la salvazione è
essenziale – in effetti, la cosa più importante del mondo. Dovreste
convincerli di essere a conoscenza di un procedimento che assicura di
poterla ottenere. Dovreste spiegare loro da dove arriva questo
procedimento e perché funziona. Dovreste assicurare loro che possono
arrivare a padroneggiare questo procedimento e che funzionerà per loro
proprio come per voi.
Se potete immaginare le difficoltà che incontrereste in questa impresa,
potete immaginare quelle che incontro io ogni volta che parlo a un
pubblico. È raro per me poter semplicemente aprire bocca e dire ciò che ho
in mente. Invece, devo sempre cominciare gettando le fondamenta per idee
che a me appaiono ovvie ma che sono essenzialmente inconcepibili per i
miei ascoltatori.
La Grande Amnesia.
Con ogni pubblico e ogni individuo, devo cominciare facendo loro
vedere che l'autocoscienza culturale che ereditiamo dai nostri genitori e
trasmettiamo ai nostri figli è precisamente e saldamente costruita su una
Grande Amnesia che è avvenuta ovunque nella nostra cultura durante i
millenni formativi della nostra civiltà. Cos'è avvenuto durante questi
millenni formativi? È avvenuto che che le comunità agricole sono
diventate villaggi, i villaggi sono diventati città e le città sono state riunite
in regni. Contemporaneamente, si è sviluppata la divisione del lavoro in
vari mestieri, sono nati sistemi di scambi regionali e interregionali, ed è
emerso il commercio come una professione separata. Ciò che stava
venendo dimenticato mentre tutto questo avveniva, era il fatto che un
tempo nulla di tutto ciò era esistito. Il fatto che era esistita un'epoca in cui
la vita umana veniva sostenuta dalla caccia e dalla raccolta, anziché
dall'allevamento e dall'agricoltura. Un'epoca in cui nessuno avrebbe mai
potuto nemmeno immaginare villaggi, città o regni. Un'epoca in cui
nessuno si guadagnava da vivere come vasaio, costruttore di cesti o fabbro.
Un'epoca in cui gli scambi erano una cosa sporadica e informale. Un'epoca
209
in cui guadagnarsi da vivere con il commercio sarebbe stato impensabile.
Non è affatto sorprendente che l'Amnesia sia avvenuta. Al contrario, è
difficile immaginare come avrebbe potuto essere evitata. Sarebbe stato
necessario mantenere il ricordo del nostro passato da cacciatoriraccoglitori per cinquemila anni prima che qualcuno potesse scriverne un
resoconto cartaceo.
Per quando fummo in grado di mettere per iscritto la storia umana, gli
eventi che avevano portato alla nascita della nostra cultura erano molto,
molto antichi... Ma questo non li rendeva inimmaginabili. Al contrario,
erano piuttosto semplici da estrapolare. Era ovvio che i regni e gli imperi
del presente erano più grandi e popolati di quelli del passato. Era ovvio che
gli artisti del presente erano più preparati e abili di quelli del passato. Era
ovvio che le merci disponibili per gli scambi e la vendita erano più
numerose nel presente che nel passato. Non c'era bisogno di essere un
genio per capire che più si sarebbe tornati indietro nel passato e più la
popolazione sarebbe diventata piccola, le arti primitive e il commercio
rudimentale. In effetti, era ovvio che, se si fosse tornati indietro a
sufficienza, alla fine si sarebbe arrivati a un'epoca in cui non esistevano
città, arti o commercio.
In assenza di un'altra teoria, sembrò ragionevole (perfino inevitabile)
supporre che la razza umana fosse cominciata con una singola coppia di
esseri umani, un uomo e una donna. Non c'era nulla di intrinsecamente
irrazionale o improbabile in una supposizione simile. L'esistenza di una
coppia originaria di esseri umani non dimostrava né smentiva la teoria che
il mondo fosse il risultato di un atto di creazione divina. Forse era solo il
modo in cui le cose erano cominciate. Forse all'inizio del mondo c'erano
solo un uomo e una donna, un toro e una mucca, un cavallo e una
giumenta, una gallina e un gallo, e così via. Chi poteva saperne di più a
quell'epoca? I nostri antenati culturali non sapevano nulla di una
“rivoluzione” agricola. Per quanto ne sapevano, gli umani erano nati
agricoltori proprio come i cervi erano nati mangiatori di vegetazione
selvatica. Per come la vedevano, l'agricoltura e la civiltà erano istintive per
gli umani quanto il pensiero o il linguaggio. Il nostro passato da cacciatoriraccoglitori non era semplicemente dimenticato: era inimmaginabile.
La Grande Amnesia è stata intrecciata nel tessuto della nostra vita
intellettuale fin dal suo inizio. Questa precoce tessitura è stata compiuta da
innumerevoli scribi egizi, sumeri, assiri, babilonesi, indiani e cinesi; poi, in
seguito, da Mosè, Samuele ed Elia di Israele, da Fabio Pittore e Catone il
210
Vecchio di Roma, da Ssu-ma T'an e suo figlio Ssu-ma Ch'ien in Cina e,
ancora più tardi, da Hellanicus, Erodoto, Tucidide e Senofonte in Grecia.
(Per quanto Anassimandro avesse teorizzato che tutto si fosse evoluto da
materiale informe – che lui aveva definito infinito – e che l'Uomo avesse
avuto origine da antenati acquatici, era inconsapevole della Grande
Amnesia quanto chiunque altro.) Questi antichi individui furono gli
insegnanti di Isaia e Geremia, Confucio e Gautama Budda, Talete ed
Eraclito – e questi furono gli insegnanti di Giovanni Battista e Gesù, Laotzu e Socrate, Platone e Aristotele – e questi furono gli insegnanti di
Maometto, Tommaso d'Aquino, Bacone, Galileo, Newton e Cartesio – e
ognuno di questi uomini ha dato forma e autorevolezza alla Grande
Amnesia nelle proprie opere, cosicché ogni testo storico, filosofico e
teologico dalle origini della letteratura fin quasi al momento attuale l'ha
incorporata come un'assunzione indiscutibile.
Ora io spero – lo spero davvero – che ci siano molti tra di voi che
stiano bruciando dal desiderio di sapere perché non hanno mai sentito
parlare della Grande Amnesia (con questo o qualunque altro nome) in
nessuno dei corsi che hanno frequentato nelle loro scuole, a nessun livello,
dall'asilo all'università. Se vi state facendo questa domanda, state
tranquilli: non è né futile né stupida. È una domanda vitale, e non esiterò a
dire che il futuro della nostra specie su questo pianeta dipende da essa.
La Grande Reminiscenza.
Ciò che era stato dimenticato nella Grande Amnesia non era che gli
umani si erano evoluti da altre specie. Non c'è la minima ragione di
credere che gli umani del Paleolitico o del Mesolitico avessero capito di
essersi evoluti. A essere dimenticato fu che, prima dell'adozione
dell'agricoltura e della vita in villaggi stanziali, gli umani avevano vissuto
in un modo profondamente diverso.
Questo spiega perché la Grande Amnesia non venne svelata dallo
sviluppo della teoria evoluzionistica. L'evoluzione in realtà non aveva
nulla a che vedere con essa. Fu la paleontologia che smascherò la Grande
Amnesia (e l'avrebbe fatto anche se non fosse stata proposta alcuna teoria
dell'evoluzione). Lo fece rendendo innegabilmente chiaro che gli esseri
umani erano esistiti per molto, molto tempo prima di piantare il primo
campo e di iniziare a costruire la civiltà.
La paleontologia rese insostenibile l'idea che l'umanità, l'agricoltura e la
211
civiltà fossero cominciate tutte più o meno contemporaneamente. La storia
e l'archeologia avevano stabilito oltre ogni ragionevole dubbio che
l'agricoltura e la civiltà risalivano solo a pochi millenni prima, ma la
paleontologia stabilì oltre ogni dubbio che l'umanità aveva milioni di anni.
La paleontologia rese impossibile credere che l'Uomo fosse nato
agricoltore e costruttore di civiltà. La paleontologia ci costrinse a
concludere che l'Uomo era nato come qualcosa di completamente diverso
– un raccoglitore e un nomade – e questo è ciò che era stato dimenticato
nella Grande Amnesia.
La mente vacilla se cerchiamo di immaginare che cosa avrebbero
scritto i pensatori fondamentali della nostra cultura se avessero saputo che
gli umani avevano vissuto perfettamente su questo pianeta per milioni di
anni senza l'agricoltura o la civiltà, se avessero saputo che l'agricoltura e la
civiltà non sono neanche lontanamente innate negli esseri umani. Posso
solo concludere che l'intero corso della nostra storia intellettuale sarebbe
stato inconcepibilmente diverso da ciò che troviamo oggi nelle biblioteche.
Ma a quel punto accadde uno degli avvenimenti più sconcertanti
dell'intera storia umana. Quando i pensatori del diciottesimo,
diciannovesimo e ventesimo secolo furono finalmente costretti ad
ammettere che l'intera struttura del pensiero della nostra cultura era stata
costruita su un enorme errore, non successe assolutamente nulla.
È difficile notare quando non avviene nulla. Lo sanno tutti. I lettori di
Sherlock Holmes si ricorderanno che la cosa degna di nota che il cane ha
fatto la notte del delitto fu... Nulla. E questa fu la cosa degna di nota che
fecero questi pensatori: nulla. Non pensarono nemmeno di fare qualcosa.
Non presero neanche in considerazione l'idea di riesaminare i pensatori
fondamentali della nostra cultura e chiedersi come il loro lavoro sarebbe
cambiato se avessero saputo la verità sulle nostre origini. Temo che la
verità sia che volevano lasciare le cose come stavano. Volevano continuare
a non ricordare... E fu esattamente ciò che fecero.
Ovviamente furono costretti a fare alcune concessioni. Non poterono
più continuare a insegnare che gli esseri umani erano nati agricoltori.
Dovettero affrontare il fatto che l'agricoltura era un'invenzione molto
recente. Così si dissero: “Be', chiamiamola una rivoluzione – la
Rivoluzione Agricola.” Si trattava di un ragionamento piuttosto sciatto, ma
chi avrebbe potuto protestare? L'intera faccenda era fonte di imbarazzo, e
furono felici di liquidarla con un'etichetta. Così divenne la Rivoluzione
Agricola, una nuova bugia che potesse venire perpetrata attraverso i secoli.
212
Gli storici si sentirono male quando appresero la vera estensione della
storia umana. La loro intera disciplina, la loro intera visione del mondo era
stata plasmata da persone che pensavano che tutto fosse iniziato solo pochi
millenni prima, quando gli esseri umani erano comparsi sul pianeta e
avevano cominciato immediatamente a coltivare la terra e a costruire
civiltà. Questa era storia, la storia di agricoltori che erano comparsi solo
poche migliaia di anni prima e avevano trasformato comunità agricole in
villaggi, villaggi in città e città in regni. Queste erano le cose che
contavano davvero, si dissero, e i milioni di anni precedenti si meritavano
di venire dimenticati.
Gli storici non volevano occuparsi di quest'altra materia, ed ecco la
scusa che si inventarono per evitarlo: non dovevano occuparsene, perché
non era storia. Era un qualcosa di nuovo chiamato preistoria. Ecco la
scappatoia. Lasciamo che se ne occupino degli studiosi inferiori, non dei
veri storici. In questo modo, gli storici moderni batterono il proprio timbro
d'approvazione sulla Grande Amnesia. Ciò che era stato dimenticato non
era qualcosa di importante, era solo preistoria. Qualcosa indegno di essere
considerato. Un enorme, immenso periodo privo di avvenimenti.
In questo modo, la Grande Amnesia venne trasformata in un nonevento. I guardiani intellettuali della nostra cultura – gli storici, i filosofi, i
teologi – non volevano sentirne parlare. Le fondamenta di tutte le loro
discipline erano state gettate durante la Grande Amnesia, e non volevano
riesaminarle. Erano perfettamente lieti di lasciare che la Grande Amnesia
continuasse, e questo fu esattamente ciò che fece. La visione del mondo
che trasmettiamo ai nostri figli oggi è fondamentalmente identica a quella
che veniva trasmessa ai bambini quattrocento anni fa. Le differenze sono
superficiali. Invece di insegnare ai nostri figli che l'umanità è cominciata
solo pochi millenni fa (e che prima non esisteva), insegniamo loro che la
storia umana è cominciata solo pochi millenni fa (e che prima non
esisteva). Invece di insegnare ai nostri figli che la civiltà è la cosa più
importante per l'umanità, gli insegniamo che è la cosa più importante per
la storia umana. Ma tutti sanno che si tratta della stessa cosa.
In questo modo, la storia umana viene ridotta al periodo esattamente
corrispondente alla storia della nostra cultura, e il restante novantanove
virgola sette percento viene liquidato come un semplice preludio.
Il mito della Rivoluzione Agricola.
213
Che la Terra fosse l'immobile centro dell'universo è stata un'idea che la
gente ha accettato per migliaia di anni. In se stessa sembra piuttosto
innocua, ma ha dato origine a migliaia di errori e ha posto un limite a ciò
che potevamo imparare sull'universo. L'idea della Rivoluzione Agricola
che impariamo a scuola e che insegniamo ai nostri figli sembra similmente
innocua, ma ha anch'essa originato migliaia di errori e ha posto un limite a
ciò che possiamo capire di noi stessi e di ciò che avvenuto su questo
pianeta.
Riassumendo all'osso, l'idea centrale della Rivoluzione Agricola è che
circa diecimila anni fa la gente cominciò ad abbandonare la raccolta di
cibo in favore dell'agricoltura. Quest'affermazione ci fuorvia in due modi
profondamente importanti: innanzitutto, implica che esista un solo tipo di
agricoltura (così come esiste un solo modo di raccogliere di cibo), e poi
implica che venne adottata ovunque perlopiù contemporaneamente. C'è
così poca verità in quest'affermazione che non mi prenderò neanche la
briga di parlarne. Invece, ne conierò un'altra:
Molti differenti tipi di agricoltura erano già in uso nel mondo
diecimila anni fa, quando il nostro stile comparve in medioriente.
Questo stile, il nostro, è quello che io chiamo agricoltura
totalitaria, per sottolineare il modo in cui sottomette tutte le forme
di vita all'inarrestabile, accanita produzione di cibo per gli umani.
Alimentata dall'enorme quantità di cibo in eccesso che può venire
prodotta unicamente da questo stile di agricoltura, tra i suoi
praticanti avvenne una rapida crescita demografica, seguita da
un'altrettanto rapida espansione territoriale che obliterò tutti gli
altri stili di vita che incontrò sulla sua strada (inclusi quelli basati
su un diverso tipo di agricoltura). Questa espansione e questo
annientamento di stili di vita continuarono senza tregua nei
millenni che seguirono, raggiungendo alla fine il Nuovo Mondo
nel quindicesimo secolo e continuando ancora oggi in remote zone
dell'Africa, dell'Australia, della Nuova Guinea e del Sud America.
I pensatori fondamentali della nostra cultura immaginarono che ciò che
facevamo noi fosse ciò che gli esseri umani avevano fatto ovunque fin
dall'alba dei tempi. E quando i pensatori del diciannovesimo secolo furono
costretti a riconoscere che le cose non stavano così, immaginarono che ciò
che facevamo noi fosse ciò che gli esseri umani avevano fatto ovunque
214
negli ultimi diecimila anni. Avrebbero potuto facilmente trovare delle
informazioni migliori, ma evidentemente non pensarono che fosse
necessario preoccuparsene.
Oriente e Occidente.
Nella nostra mitologia culturale, c'è la convinzione che un profondo
abisso separi l'Oriente dall'Occidente, e che “i due non potranno mai
incontrarsi”. Questo causa perplessità nelle persone quando mi sentono
parlare di Oriente e Occidente come di un'unica cultura. Oriente e
Occidente sono gemelli, con una madre e un padre in comune, ma quando
questi gemelli si guardano sono colpiti solo dalle loro differenze e non
dalle loro somiglianze, proprio come avviene sempre con i gemelli reali.
Ci vuole un osservatore esterno come me per notare le fondamentali
somiglianze culturali che esistono tra di loro.
Nulla potrebbe essere più fondamentale per qualunque popolo del
modo in cui ottiene il necessario per vivere. I membri della nostra cultura,
sia a Oriente che a Occidente, lo fanno con l'agricoltura totalitaria, e
l'hanno fatto fin dall'inizio – lo stesso inizio. Negli ultimi diecimila anni, i
popoli orientali e occidentali hanno entrambi utilizzato costantemente ed
esclusivamente l'agricoltura totalitaria come loro fondamento. Non c'è una
sola differenza tra loro, in questo ambito.
L'agricoltura totalitaria è più di un modo per ottenere di che vivere, è il
fondamento dello stile di vita più faticoso mai sviluppato su questo
pianeta. Questo sconcerta molti ascoltatori, ma non c'è dubbio al riguardo:
nessuno fatica di più per sopravvivere dei membri della nostra cultura.
Questo è stato documentato così approfonditamente negli ultimi
quarant'anni che dubito sia possibile trovare un antropologo che non sia
d'accordo.
È mia convinzione che la laboriosità del loro stile di vita abbia dato
origine a un'altra fondamentale somiglianza tra i popoli orientali e
occidentali: quella tra le loro visioni spirituali. Di nuovo, è comune
immaginare che un abisso enorme separi l'Oriente dall'Occidente in questo
ambito, ma a me sembrano gemelli anche qui, perché sono entrambi
ossessionati dalla strana idea che le persone abbiano bisogno di venire
salvate. Negli ultimi decenni, l'aspetto salvazionista delle religioni
orientali è stato attenuato per poterle esportare nei mercati Beat, Hippie e
New Age, ma se osserviamo le versioni originali di questi culti è
215
impossibile non vederlo.
È sicuramente vero che gli scopi e i mezzi per ottenere la salvazione
differiscono tra Oriente e Occidente, ma è anche vero che questi aspetti
differiscono tra tutte le religioni salvazioniste del mondo – è proprio ciò
che ci permette di distinguerle le une dalle altre. Il punto essenziale rimane
che, ovunque nel mondo, sia a Oriente che a Occidente, potete andare da
un estraneo e dirgli: “Lasci che le mostri come essere salvato”, e verrete
capiti.
Il nulla della preistoria.
Quando i pensatori fondamentali della nostra cultura guardavano
indietro nel tempo, prima della comparsa dell'uomo agricoltore,
vedevano... Nulla. Ed era proprio ciò che si aspettavano di vedere dato
che, per come la vedevano loro, gli esseri umani non avrebbero potuto
esistere prima dell'agricoltura più di quanto i pesci avrebbero potuto
esistere prima dell'acqua. Lo studio dell'uomo pre-agricoltore gli sarebbe
sembrato lo studio del niente.
Quando l'esistenza di esseri umani pre-agricoltori divenne innegabile,
nel diciannovesimo secolo, i pensatori della nostra cultura non si
preoccuparono di turbare la saggezza ricevuta dai loro antenati, così lo
studio dell'uomo pre-agricoltore divenne lo studio del nulla. Sapevano che
non avrebbero potuto cavarsela dicendo che gli uomini pre-agricoltori
erano vissuti nella non-storia, quindi dissero che erano vissuti in qualcosa
chiamato preistoria. Sono sicuro che capite che cos'è la preistoria. È simile
alla preacqua, e sapete tutti cos'è, non è vero? La preacqua è ciò in cui
vivevano i pesci prima della comparsa dell'acqua, e la preistoria è il
periodo in cui vissero le persone prima della comparsa della storia.
Come ho detto e ripetuto, i pensatori fondamentali della nostra cultura
credevano che l'Uomo fosse nato agricoltore e costruttore di civiltà.
Quando i pensatori del diciannovesimo secolo furono costretti a rivedere
questa convinzione, lo fecero in questo modo: l'Uomo non sarà nato
agricoltore e costruttore di civiltà, d'accordo, ma è sicuramente nato per
diventarlo. In altre parole, l'uomo di quella finzione chiamata preistoria
venne considerato dalla nostra cultura una sorta di innovatore molto, molto
lento, e la preistoria divenne il resoconto di persone che divennero molto,
molto lentamente agricoltori e costruttori di civiltà. Se volete una
conferma, basta che pensiate all'abitudine di definirli popoli “dell'Età della
216
Pietra”. Questo nome è stato coniato da persone che non dubitavano
minimamente che le pietre fossero tanto importanti per i nostri patetici
antenati quanto le presse per la stampa e le locomotive a vapore lo erano
per la gente del diciannovesimo secolo. Se volete farvi un'idea di quanto
fossero davvero importanti le pietre per i popoli preistorici, visitate una
moderna cultura “dell'Età della Pietra” in Nuova Guinea o in Brasile, e
vedrete che le pietre sono centrali nella loro vita quanto la colla lo è nella
nostra. Usano le pietre continuamente, certo, così come noi usiamo
continuamente la colla, ma chiamarli per questo “gente dell'Età della
Pietra” non ha più senso che chiamare noi “gente dell'Età della Colla”.
Il mito della Rivoluzione Agricola (cont.)
I pensatori fondamentali della nostra cultura vedevano la nascita
dell'Uomo in questo modo:
I riluttanti revisionisti del diciannovesimo secolo modificarono la
nascita dell'Uomo in modo che avesse questo aspetto:
Naturalmente, non esitarono ad assumere che l'intera storia umana
217
avesse puntato fin dall'inizio a noi – i membri della nostra cultura – e
questo è il modo in cui la faccenda è stata insegnata nelle nostre scuole da
allora. Sfortunatamente questa, come la maggior parte delle teorie
sviluppate in quell'epoca, era così grottescamente contrastante con i fatti
da far sembrare i sostenitori della terra piatta dei giganti intellettuali.
Ecco come appare la situazione se si considera che i membri della
nostra cultura non sono gli unici esseri umani esistenti su questo pianeta:
Questo diagramma rivela una spaccatura nella specie umana molto più
profonda di quella che divide l'Oriente dall'Occidente. Qui possiamo
vedere la divisione che è avvenuta tra quelli che hanno sperimentato la
Grande Amnesia e quelli che non l'hanno fatto.
La Legge della Competizione Limitata.
Durante la Grande Amnesia, la gente della nostra cultura si convinse
che la vita “selvaggia” fosse governata da una sola, crudele regola
conosciuta come “la Legge della Giungla”, rozzamente traducibile in
“uccidere o essere ucciso”. Negli ultimi decenni, osservando la vita
animale (anziché limitandosi a fare assunzioni arbitrarie) gli etologi hanno
scoperto che questa legge dell'uccidere o essere ucciso non esiste. In realtà
un sistema di leggi – che sono state osservate ovunque – preserva la
tranquillità della “giungla”, protegge sia intere specie che i singoli
individui e promuove il benessere dell'intera comunità. Questo sistema di
leggi è stato chiamato, tra le varie cose, la “legge pacificatrice”, la “legge
della competizione limitata” e “l'etica animale”.
In breve, la legge della competizione limitata è questa: si può
competere al massimo delle proprie capacità, ma non si possono
sterminare i propri concorrenti, distruggere il loro cibo o negare loro
218
l'accesso al cibo. In altre parole, si può competere ma non si può dichiarare
guerra ai propri competitori.
L'abilità di riprodursi è chiaramente un prerequisito per il successo
biologico, e possiamo essere sicuri che ogni specie compaia avendo
ereditato quest'abilità essenziale dalla propria specie originaria. Anche
seguire la legge della competizione limitata è un prerequisito per il
successo biologico, e anche in questo caso possiamo essere sicuri che ogni
specie compaia seguendo questa legge come parte dell'eredità essenziale
che ha ricevuto dalla propria specie originaria.
Gli esseri umani sono comparsi seguendo la legge della competizione
limitata. Il che è un altro modo di dire che vivevano come tutte le altre
creature della comunità biologica, competendo al massimo delle loro
capacità ma senza dichiarare guerra ai loro competitori. Sono comparsi
seguendo la legge e hanno continuato a seguirla fino a circa diecimila anni
fa, quando i membri di una cultura in medioriente cominciarono a praticare
un tipo di agricoltura contrario alla legge in ogni suo aspetto, un tipo di
agricoltura in cui si viene incoraggiati a dichiarare guerra ai propri
competitori – a sterminarli, a distruggere il loro cibo e a negare loro
l'accesso al cibo. Questo era ed è il tipo di agricoltura praticato nella nostra
cultura, tanto in Oriente quanto in Occidente – e in nessun'altra.
Lascia e Prendi.
Siamo finalmente arrivati al punto in cui possiamo abbandonare questo
modo maldestro di riferirci ai “membri della nostra cultura” e ai “membri
di tutte le altre culture”. Potremmo usare “Seguaci della Legge” e “Reietti
della Legge”, ma dei nomi più semplici per questi gruppi sono stati
inventati da un collega, che li ha chiamati “Lascia” e “Prendi”. Ha spiegato
questi nomi così: i Lascia, seguendo la legge, lasciano agli dei il compito
di governare il mondo, mentre i Prendi, rigettandola, decidono di svolgere
loro stessi questo incarico. Non era soddisfatto di questa terminologia (e
non sono neanch'io), ma ha un certo seguito e non ho nulla con cui
rimpiazzarla.
La cosa importante da notare è che esiste una continuità culturale tra i
popoli Lascia che risale a tre milioni di anni fa, all'inizio della nostra
specie. L'Homo habilis è nato Lascia e seguace della stessa legge che è
seguita ancora oggi dagli Yanomami brasiliani e dai Boscimani del
Kalahari – e da centinaia di altri popoli aborigeni nelle aree meno
219
sviluppate del mondo.
È proprio questa continuità culturale che è stata spezzata dalla Grande
Amnesia. Per metterla in un altro modo: dopo aver rigettato la legge che ci
aveva protetti dall'estinzione per tre milioni di anni ed esserci resi nemici
del resto della comunità biologica, abbiamo nascosto il nostro status di
fuorilegge dimenticandoci che esisteva una legge.
Buone e cattive notizie.
Se sapete anche solo molto poco di me, sapete che vengo chiamato con
molti brutti nomi. La ragione è che vi porto buone notizie, le migliori che
abbiate avuto da molto tempo. Potreste pensare che portare buone notizie
mi renda un eroe, ma vi assicuro che non è affatto questo il caso. La gente
della nostra cultura è abituata alle cattive notizie ed è perfettamente
preparata per esse, e nessuno penserebbe neanche per un attimo di
biasimarmi se mi alzassi e dicessi che siamo tutti condannati. Vengo
biasimato proprio perché non lo dico. Prima di provare a esprimere le
buone notizie che porto, lasciatemi prima chiarire le cattive notizie che la
gente è sempre preparata ad ascoltare.
L'Uomo è il flagello di questo pianeta ed è NATO così, appena
pochi millenni fa.
Credetemi, potrei raccogliere applausi ovunque nel mondo
pronunciando queste parole. Ma le novità che vi porto sono molto
differenti:
L'Uomo NON è nato pochi millenni fa e NON è nato come un
flagello.
Ed è per questa notizia che vengo condannato.
L'Uomo è nato MILIONI di anni fa, e non era un flagello più
di quanto lo fossero i falchi, i leoni o i calamari. Ha vissuto IN
PACE con il mondo... Per MILIONI di anni.
Questo non significa che fosse un santo o che camminasse sulla Terra
come un Budda. Significa che viveva in maniera innocua quanto una iena,
220
uno squalo o un serpente a sonagli.
Non è l'UOMO a essere il flagello del mondo, è una singola
cultura. Una cultura su centinaia di migliaia. La NOSTRA.
Ed ecco la notizia migliore che ho da portarvi:
Non dobbiamo cambiare l'UMANITÀ per sopravvivere.
Dobbiamo solo cambiare una singola cultura.
Con questo non intendo suggerire che sia un compito facile. Ma almeno
non è uno impossibile.
Domande dal pubblico.
DOMANDA:
Sta identificando ciò che i religiosi chiamano “la Caduta” con la nascita
della nostra cultura?
RISPOSTA:
È esattamente ciò che sto facendo. Le somiglianze tra questi due eventi
sono state notate da molto tempo, naturalmente – il fatto che siano
entrambi associati alla nascita dell'agricoltura e che siano avvenuti nella
stessa parte del mondo. Ma la difficoltà nell'identificarli come un singolo
evento è sempre stata che la Caduta è percepita come un evento spirituale,
mentre la nascita della nostra cultura è vista come un evento tecnologico.
Temo che dovrò tornare da voi un'altra volta per esplorare con voi le
profonde ramificazioni spirituali di questo evento tecnologico, comunque.
DOMANDA:
Lei dice che l'Uomo ha vissuto in pace con il mondo durante i tre
milioni di anni che hanno preceduto la nostra Rivoluzione Agricola. Ma
recentemente non sono emerse prove che hanno rivelato che gli antichi
raccoglitori cacciarono varie specie fino a causarne l'estinzione?
RISPOSTA:
Credo di poter ancora ricordare le parole che ho pronunciato un minuto
fa, quanto ho detto che l'Uomo ha vissuto in pace con il mondo: “Questo
non significa che camminava sul mondo come un Budda. Significa che
viveva in maniera innocua quanto una iena, uno squalo o un serpente a
221
sonagli. Ogni volta che una nuova specie fa la sua comparsa nel mondo
avvengono degli aggiustamenti in tutta la comunità della vita, e alcuni di
questi aggiustamenti sono fatali per alcune specie. Per esempio, quando i
rapidi, potenti cacciatori della famiglia dei felini apparvero nel tardo
Eocene, le ripercussioni di questo evento vennero sperimentate in tutta la
comunità – a volte come un'estinzione. Le specie che costituivano “prede
facili” si estinsero perché non riuscivano a riprodursi abbastanza
rapidamente da rimpiazzare gli elementi che venivano uccisi dai felini.
Anche alcuni dei competitori dei felini si estinsero, per la semplice ragione
che non potevano competere con loro – non erano abbastanza grandi o
veloci. Questa comparsa e scomparsa di specie è esattamente ciò che
costituisce l'evoluzione, dopotutto.
I cacciatori umani del periodo mesolitico possono aver cacciato il
Mammuth fino a estinguerlo, ma di sicuro non l'hanno fatto di proposito,
come gli agricoltori della nostra cultura sterminano coyote e lupi per
liberarsi di loro. I cacciatori mesolitici possono aver cacciato l'alce gigante
fino a estinguerlo, ma di sicuro non l'hanno fatto con l'insensibile
indifferenza con cui i cacciatori d'avorio uccidono gli elefanti. I cacciatori
d'avorio sanno perfettamente che ogni uccisione porta la specie più vicina
all'estinzione, ma i cacciatori mesolitici non avrebbero potuto immaginare
una cosa simile riguardo l'alce gigante
Il punto da tenere a mente è questo: spazzare via le specie non
desiderate è la politica dell'agricoltura totalitaria. Se anche gli antichi
raccoglitori cacciarono delle specie fino all'estinzione, di sicuro non lo
fecero perché volevano spazzare via la propria riserva alimentare!
DOMANDA:
Ma l'agricoltura non è stata sviluppata come una soluzione alla fame?
RISPOSTA:
L'agricoltura è inutile come soluzione alla fame. Non si può risolvere la
fame piantando un campo come non si può sopravvivere alla caduta da un
aeroplano cominciando a cucire un paracadute. Ma questo manca il punto
della questione. Dire che l'agricoltura è stata sviluppata come una
soluzione alla fame è come dire che le sigarette sono state sviluppate come
una soluzione al cancro ai polmoni. L'agricoltura non risolve la fame, la
incentiva – crea le condizioni in cui la fame si verifica. L'agricoltura fa sì
che in una certa area possano vivere più persone di quante quell'area possa
sostentarne – e questo è esattamente ciò che fa comparire la fame. Per
222
esempio, l'agricoltura ha permesso a molte popolazioni africane di esaurire
le risorse dei propri territori, ed è per questo che adesso stanno morendo di
fame.
(Riprendi la narrazione a pagina 14.)
223
La rana che bolle.
18 maggio, Schauspielhaus Wahnfried, Radenau.
I pensatori ci hanno fornito un'utile metafora per illustrare un
particolare tipo di comportamento umano con il fenomeno della rana che
bolle. Il fenomeno è questo. Se gettate una rana in una pentola d'acqua
bollente, essa tenterà ovviamente di uscirne in modo frenetico. Ma se la
mettete con gentilezza in una pentola di acqua tiepida e regolate il calore al
minimo, essa se ne starà lì a galleggiare placidamente. Man mano che
l'acqua si scalderà gradualmente, la rana sprofonderà in uno stato di
tranquillo torpore, esattamente come farebbe uno di noi in un bagno caldo,
e in breve tempo e con il sorriso sulle labbra si lascerà bollire fino a morire
senza opporre la minima resistenza.
Conosciamo tutti storie di rane gettate nell'acqua bollente — per
esempio, una giovane coppia sprofondata di botto in un catastrofico mare
di debiti a causa di una imprevista emergenza medica. Un esempio
opposto, che corrisponde alla rana che si lascia bollire sorridendo, è quello
di una giovane coppia che usi gradualmente la propria buona capacità di
credito per ottenere prestiti fino a riempirsi di debiti terribili. Esistono
anche esempi culturali. Circa seimila anni fa, le società della Vecchia
Europa adoratrici di divinità femminili finirono nell'acqua bollente
costituita dalla nostra cultura che Marija Gimbutas chiamò Prima Ondata
Kurgan. Essi tentarono di uscirne, ma alla fine soccombettero. Gli Indiani
delle Pianure del Nord America, che finirono nell'acqua bollente costituita
dalla nostra cultura negli anni Settanta del diciannovesimo secolo,
costituiscono un altro esempio. Anche loro tentarono di uscirne per due
decenni, ma alla fine finirono per soccombere.
Un esempio opposto, riguardante il fenomeno della rana che bolle
sorridendo, è fornito dalla nostra stessa cultura. Quando siamo entrati nel
calderone, l'acqua aveva una temperatura perfetta, né troppo calda, né
troppo fredda. Qualcuno mi sa dire quand'è successo? Chiunque?
Espressioni vacue.
Ve l'ho già detto, ma ve lo chiedo di nuovo in un altro modo. Quando
siamo diventati noi? Dove e quando è cominciato ciò che chiamiamo noi?
Ricordate: Oriente e Occidente, gemelli nati da un solo parto. Dove? E
quando?
Be', ma certo: in medioriente, circa diecimila anni fa. Ecco dov'è nata la
224
nostra peculiare forma di agricoltura, e dove abbiamo cominciato a essere
noi. Quello è stato il luogo di nascita della nostra cultura. Quelli sono stati
il luogo e il momento in cui siamo scivolati in quell'acqua così
deliziosamente piacevole: il medioriente, diecimila anni fa.
Mentre l'acqua nel calderone si scalda lentamente, la rana non sente
nulla se non un piacevole calore e, in effetti, è tutto quello che c'è da
sentire. Deve passare parecchio tempo prima che l'acqua cominci a essere
pericolosamente calda, e la nostra storia lo dimostra. Per metà della nostra
storia, i primi cinquemila anni, i segnali di pericolo sono stati quasi
inesistenti. Le innovazioni tecnologiche di questo periodo fornivano una
vita tranquilla, incentrata sulla terra e sul villaggio – la cottura al sole dei
mattoni, la fornace per il vasellame, la tessitura degli abiti, la ruota del
vasaio e così via. Ma gradualmente, impercettibilmente, cominciarono a
comparire i segnali di pericolo, come minuscole bolle sul fondo di una
pentola.
Cosa dovremmo cercare, come segnali di pericolo? Suicidi di massa?
Rivoluzioni? Terrorismo? No, certo che no. Quelli verranno molto dopo,
quando l'acqua starà diventando incandescente. Cinquemila anni fa stava
appena cominciando a diventare calda. La gente si asciugava le
sopracciglia sorridendosi a vicenda e dicendo: “Non è grandioso?”
Saprete dove cercare i segni del pericolo se identificherete il fuoco che
bruciava sotto il calderone. Stava già bruciando all'inizio, stava ancora
bruciando cinquemila anni dopo... E sta bruciando ancora oggi,
esattamente allo stesso modo. Era ed è la grande fonte di energia della
nostra rivoluzione. È essenziale. È la condizione sine qua non del nostro
successo – se possiamo definirlo successo.
Parlate! Qualcuno mi dica di che sto parlando!
“L'Agricoltura!” L'agricoltura, mi dice questo gentiluomo.
No. Non l'agricoltura. Un particolare tipo di agricoltura. Un tipo
particolare che è stato il fondamento della nostra cultura fin dal suo inizio,
diecimila anni fa, fino al momento attuale – il fondamento della nostra
cultura e di nessun'altra. È nostro, è ciò che ci rende noi. Per la sua
completa spietatezza nei confronti di tutte le altre forme di vita su questo
pianeta e per la sua inflessibile determinazione nel convertire ogni metro
quadrato di questo pianeta alla produzione di cibo umano, l'ho chiamata
agricoltura totalitaria.
Gli etologi (gli studiosi del comportamento animale) e alcuni filosofi
che hanno studiato la questione sanno che esiste una forma di etica
225
praticata nella comunità della vita su questo pianeta – da tutti tranne che da
noi. Si tratta di un tipo di etica molto pragmatico (potreste dire
darwiniano), dal momento che serve a salvaguardare e promuovere la
diversità biologica all'interno della comunità. Secondo questa etica, seguita
da ogni genere di creatura nella comunità della vita, dagli squali alle
pecore, dalle api assassine alle farfalle, si può competere al massimo delle
proprie capacità, ma non si possono sterminare i propri competitori,
distruggere il loro cibo o negare loro l'accesso al cibo. In altre parole, si
può competere ma non si può dichiarare guerra. Questa etica viene violata
in ogni suo aspetto dai praticanti dell'agricoltura totalitaria. Noi
sterminiamo i nostri competitori, distruggiamo il loro cibo e neghiamo loro
l'accesso al cibo. Questo è, in effetti, il vero scopo e il vero obiettivo
dell'agricoltura totalitaria. L'agricoltura totalitaria è basata sulla premessa
che tutto il cibo del mondo appartiene a noi, e che non ci sia alcun limite a
quanto possiamo prendere per noi stessi e negare a tutti gli altri.
L'agricoltura totalitaria non è stata adottata nella nostra cultura per pura
malvagità. È stata adottata perché, per sua natura, è più produttiva di ogni
altro tipo di agricoltura (e ce ne sono molti altri). L'agricoltura totalitaria
rappresenta la produttività massima possibile, come piace dire agli
americani. Rappresenta una produttività che letteralmente non può essere
superata.
Molti tipi di agricoltura (non tutti, ma molti) producono eccedenze di
cibo. Ma, non sorprendentemente, l'agricoltura totalitaria produce maggiori
eccedenze di qualunque altro tipo. Produce la massima eccedenza
possibile. Semplicemente, non si può superare un sistema progettato per
convertire tutto il cibo del mondo in cibo umano.
L'agricoltura totalitaria è il fuoco sotto il nostro calderone. L'agricoltura
totalitaria è ciò che ci ha mantenuto “in via di bollitura” per diecimila anni.
Disponibilità di cibo e crescita della popolazione.
La gente della nostra cultura considera la disponibilità di cibo una cosa
così scontata da trovare difficile capire che c'è necessariamente una
connessione tra essa e la crescita della popolazione. Per queste persone, ho
ritenuto necessario allestire un piccolo esperimento dimostrativo con dei
topi da laboratorio.
Immaginate una gabbia con le pareti mobili, così che possa essere
ingrandita a piacimento. Cominciamo mettendoci dentro dieci topi in
226
buona salute, di entrambi i sessi, con acqua e cibo in abbondanza. Nel giro
di pochi giorni ci saranno sicuramente venti topi, e noi aumenteremo di
conseguenza la quantità di cibo che metteremo nella gabbia. In poche
settimane, man mano che aumentiamo l'ammontare di cibo disponibile, ci
saranno quaranta topi, poi cinquanta, poi sessanta e così via, finché
saranno un centinaio. E diciamo che abbiamo deciso di fermare la crescita
della colonia a questo punto. Sono sicuro che vi renderete conto che non
abbiamo bisogno di fornire loro minuscoli profilattici o pillole
contraccettive per ottenere questo effetto. Tutto ciò che dobbiamo fare è
smettere di aumentare la quantità di cibo che immettiamo nella gabbia.
Ogni giorno inseriamo giusto la quantità che sappiamo essere sufficiente
per cento topi, e non un grammo di più. Questa è la parte che molti trovano
difficile da accettare ma, credetemi, è la verità: la crescita della comunità
si ferma. Non nel giro di una notte, ovviamente, ma in un tempo molto
breve. Inserendo cibo per cento topi scopriremo – ogni volta – che la
popolazione all'interno della gabbia si stabilizzerà sul centinaio di
individui. Certo, non saranno precisamente cento individui. Il numero
fluttuerà tra novanta e centodieci, ma non andrà mai molto oltre questi
limiti. In media, giorno per giorno, anno per anno, decennio per decennio,
la popolazione all'interno della gabbia sarà di cento topi.
Ora, se dovessimo decidere di avere una popolazione di duecento topi
anziché di cento, non avremmo bisogno di aggiungere afrodisiaci alla loro
dieta o di proiettare film a luci rosse. Dovremo solo aumentare la quantità
di cibo che inseriamo nella gabbia. Se immetteremo cibo sufficiente per
duecento topi, presto ne avremo duecento. Se ne immetteremo abbastanza
per trecento topi, presto ne avremo trecento. Se ne immetteremo
abbastanza per quattrocento topi, presto ne avremo quattrocento. Se ne
immetteremo abbastanza per cinquecento topi, presto ne avremo
cinquecento. Questa non è un'ipotesi, amici miei. Non è una congettura. È
una certezza.
Senza dubbio, comprenderete che non c'è nulla di speciale nei topi, a
questo riguardo. Lo stesso accadrebbe con i grilli, con le trote, con i tassi o
con i passeri. Ma temo che molta gente si adombri all'idea che gli esseri
umani possano essere inclusi in questa lista. Poiché come singoli individui
siamo in grado di controllare le nostre capacità riproduttive, questa gente
immagina che la nostra crescita come specie dovrebbe essere indifferente
alla semplice disponibilità di cibo.
Fortunatamente, ho a disposizione una considerevole quantità di dati
227
che dimostrano che, come specie, noi siamo sensibili quanto qualsiasi altra
alla disponibilità di cibo – in effetti, ho tre milioni di anni di dati. Per tutto
questo periodo, a eccezione degli ultimi diecimila anni, la specie umana è
stata un membro in forte minoranza dell'ecosistema mondiale. Provate a
immaginarlo: tre milioni di anni e la specie umana non ha conquistato la
Terra! C'è stata una certa crescita, naturalmente, attraverso semplici
migrazioni da un continente all'altro, ma questa crescita procedeva a un
ritmo glaciale. Si stima che la popolazione umana all'inizio del Neolitico
fosse di circa dieci milioni di individui – dieci milioni, se riuscite a
immaginarlo! Dopo tre milioni di anni!
Poi, improvvisamente, le cose cominciarono a cambiare. E il
cambiamento è stato che il popolo di una cultura, in un angolo del mondo,
sviluppò una particolare forma di agricoltura in grado di produrre quantità
mai viste di cibo. In seguito a ciò, in questo angolo del mondo, la
popolazione raddoppiò in appena tremila anni. E poi raddoppiò di nuovo,
questa volta in soli duemila anni. In un battito di ciglia (su scala
geologica), la popolazione umana passò da dieci a cinquanta milioni di
individui – l'ottanta percento dei quali probabilmente praticava
l'agricoltura totalitaria: erano membri della nostra cultura, sia a Oriente che
a Occidente.
L'acqua nel calderone si stava scaldando, e cominciavano a comparire
dei segnali di pericolo.
Segnali di pericolo: 5000-3000 avanti Cristo.
Il posto stava diventando affollato. Pensateci. La gente è solita pensare
che la storia sia inevitabilmente ciclica, ma ciò che sto descrivendo non si
era mai verificato prima. Per tre milioni di anni, gli esseri umani non
avevano mai vissuto in un luogo affollato. Ma ora la gente di una singola
cultura – la nostra – stava imparando cosa significa vivere in un posto
affollato. Il territorio stava diventando affollato e troppo sfruttato, il
terreno impoverito stava diventando sempre meno produttivo. C'era più
gente, e si stava contendendo risorse in diminuzione.
L'acqua si stava scaldando intorno alla rana – e ricordate ciò che stiamo
cercando: segnali di pericolo. Che succede quando più gente entra in
competizione per meno risorse? È ovvio. Lo sanno anche i bambini.
Quando più gente entra in competizione per meno risorse, comincia a
combattere. Ma naturalmente non combatte a casaccio. Il macellaio di una
228
città non combatte con il panettiere di quella stessa città, così come il sarto
di una città non combatte con il calzolaio di quella stessa città. No, il
macellaio, il panettiere, il sarto e il calzolaio di una certa città si associano
per dare battaglia al macellaio, al panettiere al sarto e al calzolaio di
un'altra città.
Non abbiamo bisogno di vedere i corpi esanimi sul campo di battaglia
per capire che si trattava dell'inizio di un'epoca di guerre che continua
tuttora. Ciò che ci serve vedere è la macchina da guerra. Non intendo una
macchina meccanica – bighe, catapulte, macchine da assedio e così via.
Intendo una macchina politica. Macellai, panettieri, sarti e calzolai non si
organizzano da soli in eserciti. Hanno bisogno dei signori della guerra – re,
principi e imperatori.
È in questo periodo, circa cinquemila anni fa, che vediamo formarsi i
primi stati per la difesa e l'aggressione armata. È in questo periodo che
vediamo forgiare eserciti che i monarchi usano come spade. Senza un
esercito, un re non è altro che un chiacchierone con dei vestiti appariscenti.
Questo lo sapete. Ma con un esercito a disposizione, un re può imporre il
proprio volere ai suoi nemici e scolpire il proprio nome nella storia – e, in
effetti, i soli nomi che ci sono arrivati da quest'epoca sono quelli di re
conquistatori. Nessuno scienziato, nessun filosofo, nessuno storico, nessun
profeta: solo conquistatori. Anche qui, non stiamo assistendo a nulla di
ciclico. Per la prima volta nella storia umana, le persone importanti sono
quelle con un esercito.
Ora notate bene che nessuno pensava che la comparsa degli eserciti
fosse un brutto segno, un segnale di pericolo. Pensavano che fosse un
buon segno. Pensavano che gli eserciti rappresentassero un miglioramento.
L'acqua stava giusto diventando deliziosamente calda, e nessuno si
preoccupava di qualche bollicina.
Da quel momento in avanti, le necessità militari divennero lo stimolo
principale per l'avanzamento tecnologico nella nostra cultura. Non c'è
niente di male, no? I nostri soldati hanno bisogno di armature migliori, di
spade migliori, di bighe migliori, di archi e frecce migliori, di macchine da
assedio migliori, di arieti migliori, di artiglieria migliore, di fucili migliori,
di carri armati migliori, di aeroplani migliori, di bombe migliori, di missili
migliori, di gas nervino migliore… Be', capite di che sto parlando. In quel
momento, nessuno vide nella tecnologia posta al servizio della guerra un
segno che stava accadendo qualcosa di brutto. Tutti pensavano che si
trattasse di un miglioramento.
229
Da quel momento in avanti, la frequenza e la gravità delle guerre servì
come misura della temperatura che l'acqua stava raggiungendo intorno alla
nostra rana sorridente.
Segnali di pericolo: 3000-1400 avanti Cristo.
Il fuoco ardeva sotto il calderone della nostra cultura, e il successivo
raddoppio della popolazione richiese solo milleseicento anni. Ora c'erano
cento milioni di esseri umani, nel 1400 a.C., il novanta percento dei quali
erano probabilmente membri della nostra cultura. Il medioriente non era
più abbastanza grande per noi da molto tempo. L'agricoltura totalitaria si
era spostata a nord e a est verso la Russia, l'India e la Cina, a nord e a ovest
verso l'Asia Minore e l'Europa. In questi territori un tempo erano stati
praticati altri tipi di agricoltura, ma ora – c'è bisogno di dirlo? – agricoltura
significava il nostro tipo di agricoltura.
L'acqua sta diventando sempre più calda. Tutti i vecchi segnali di
pericolo sono ancora lì, ovviamente, perché dovrebbero scomparire? Man
mano che l'acqua si scalda, quei segnali non fanno che diventare sempre
più evidenti e drammatici. La guerra? Le guerre dell'era precedente erano
scaramucce al confronto di quelle di quest'epoca. Questa è l'Età del
Bronzo! Vere armi, per Dio! Vere armature! Grandi eserciti, sostenuti da
incredibili ricchezze imperiali!
A differenza di quelli rappresentati dalla guerra, gli altri segnali di
pericolo non sono forgiati nel bronzo o scolpiti nella pietra. Nessuno
scolpisce bassorilievi per rappresentare la vita nei bassifondi di Menfi o di
Troia. Nessuno scrive articoli per denunciare la corruzione di Cnosso o di
Moenio-Daro. Nessuno gira documentari sul traffico di schiavi. Eppure, c'è
almeno un segnale che può essere notato facilmente: il crimine stava
diventando un problema.
Guardandovi in faccia, vedo come questa notizia vi lascia indifferenti.
Il crimine? Il crimine è universale tra gli esseri umani, no? No, in realtà
non lo è. Comportamenti negativi, sì. Comportamenti spiacevoli,
comportamenti fastidiosi, sì. Si può sempre contare sul fatto che la gente si
innamori della persona sbagliata, o perda le staffe, o sia stupida, avida o
vendicativa. Il crimine è qualcosa di diverso, e tutti noi lo sappiamo. Ciò
che noi intendiamo per crimine non esisteva tra le popolazioni tribali, e
questo non perché esse fossero migliori di noi, ma perché erano
organizzate in un modo diverso. Vale la pena approfondire questo punto.
230
Se qualcuno vi irrita, diciamo interrompendovi continuamente mentre
parlate – questo non è un crimine. Non potete chiamare la polizia e fare
arrestare, processare e incarcerare quella persona, perché interrompere la
gente non è un crimine. Ciò significa che ve la dovete cavare da soli, al
meglio delle vostre possibilità. Ma se la stessa persona entra in casa vostra
e si rifiuta di andarsene, allora si tratta di violazione di proprietà privata –
di un crimine – e potete senz'altro chiamare la polizia e farla arrestare,
processare e forse anche incarcerare. In altre parole, il crimine, a
differenza degli altri comportamenti spiacevoli, mette in movimento la
macchina statale. I crimini sono ciò che lo Stato definisce come tali. La
violazione di proprietà privata è un crimine, ma interrompere la gente no, e
quindi noi abbiamo due modi diversi di affrontare queste situazioni – a
differenza delle persone che vivono in società tribali. Qualunque sia il
problema, dalle cattive maniere all'omicidio, esse lo gestiscono da sole,
come voi gestite una persona che vi interrompe. Invocare il potere dello
Stato per loro non è possibile, perché non hanno uno Stato. Nelle società
tribali, il crimine semplicemente non esiste come categoria distinta del
comportamento umano.
Notate bene: non c'è niente di ciclico neanche nella comparsa del
crimine nella società umana. Per la prima volta nella storia, la gente aveva
a che fare con il crimine. E notate che il crimine comparve quando
comparve la scrittura. Questo significa che, non appena la gente cominciò
a scrivere, cominciò a scrivere leggi. Questo perché la scrittura permise
loro di fare qualcosa che non avevano mai potuto fare prima: definire in
termini stabili e precisi i comportamenti che volevano che lo stato
regolasse, punisse ed eliminasse.
Da quel momento, il crimine nella nostra cultura fu un “problema” con
una propria identità distinta. Come la guerra, era destinato a rimanere con
noi, tanto a Oriente quanto a Occidente, fino a oggi. Da quel momento, il
crimine si unì alla guerra nel costituire una misura di quanto l'acqua stesse
divenendo calda intorno alla nostra rana sorridente.
Segnali di pericolo: 1400-0 avanti Cristo.
Il fuoco continuava ad ardere sotto il calderone della nostra cultura, e il
successivo raddoppio della popolazione richiese solo millequattrocento
anni. C'erano duecento milioni di esseri umani ora, all'inizio della nostra
era attuale, e almeno il novantacinque percento di loro apparteneva alla
231
nostra cultura, sia a Oriente che a Occidente.
Era un'era di avventurieri nel campo della politica e della guerra.
Hammurabi divenne il padrone dell'intera Mesopotamia. Sesostris III
d'Egitto invase la Palestina e la Siria. Tiglath Pileser I d'Assiria estese il
proprio regno fino alle coste del Mediterraneo. Il faraone egizio Sheshonk
invase la Palestina. Tiglath Pileser III conquistò la Siria, la Palestina,
Israele e la Babilonia. Nabucodonosor II di Babilonia prese Gerusalemme
e Tiro. Ciro il Grande estese i propri possedimenti attraverso l'intero
occidente civilizzato e, due secoli dopo, Alessandro il Grande compì
un'impresa analoga.
Era anche un'era di ribellioni civili e di assassinii. Il regno di
Shalmaneser d'Assiria finì con una rivoluzione. Una rivolta nella Calcidica
contro il dominio di Atene segnò l'inizio del ventennale conflitto
conosciuto come Guerra Peloponnesiaca. Alcuni anni dopo, anche Mitilene
di Lesbo si ribellò. Spartani, Achei e Arcadi organizzarono una rivolta
contro il dominio macedone. Una rivolta in Egitto costrinse Tolomeo III a
interrompere la sua campagna militare in Siria e tornare a casa. Filippo il
Macedone venne assassinato, così come Dario III di Persia, Seleuco III
Soter, il generale cartaginese Asdrubale, il riformatore Tiberio Sempronio
Gracco, il re seleucide Antioco VIII, l'imperatore cinese Wong Mong e gli
imperatori romani Claudio e Domiziano.
Ma questi non erano gli unici segnali di pericolo osservabili in
quest'epoca. Falsificazione, svalutazione, inflazione catastrofica – tutti
questi fastidiosi problemi comparivano ora regolarmente. La fame divenne
normale nella vita di tutto il mondo civilizzato, così come la peste, sempre
sintomatica di sovraffollamento e scarsa igiene. Nel 429 a.C., la peste
sterminò i due terzi della popolazione di Atene. I pensatori, sia in Cina che
in Europa, cominciarono a raccomandare alla gente di avere famiglie di
minori dimensioni.
La schiavitù divenne un enorme affare internazionale e, naturalmente,
lo è rimasto fino a oggi. Si stima che, verso la metà del quinto secolo, un
individuo su tre o quattro ad Atene fosse uno schiavo. Quando Cartagine
venne conquistata da Roma, nel 146 a.C., cinquantamila sopravvissuti
vennero venduti come schiavi. Nel 132 a.C., circa settantamila schiavi
romani si ribellarono. Quando la rivolta fu repressa, ventimila di essi
furono crocifissi, ma ciò fu ben lontano dal rappresentare la fine dei
problemi di Roma con i suoi schiavi.
Ma in questo periodo comparvero nuovi segnali di pericolo, assai più
232
rilevanti per la nostra discussione di stasera. Per la prima volta nella storia,
la gente stava cominciando a sospettare che stesse succedendo qualcosa di
fondamentalmente sbagliato. Per la prima volta nella storia, la gente
cominciava a sentirsi vuota, cominciava a percepire che la propria vita non
valeva abbastanza, cominciava a chiedersi se la vita fosse davvero tutta lì,
cominciava a desiderare vagamente qualcosa di più. Per la prima volta
nella storia, la gente cominciava ad ascoltare i predicatori religiosi che
promettevano loro la salvazione.
È impossibile sottolineare abbastanza la novità dell'idea della
salvazione. La religione era stata parte della nostra cultura per migliaia di
anni, certo, ma non era mai stata incentrata sulla salvazione così come la
intendiamo noi o come cominciava a intenderla la gente di questo periodo.
Gli dei primitivi erano stati dei magici della cucina e dei raccolti, delle
miniere e della nebbia, della pittura e dell'allevamento, ai quali si ricorreva
secondo necessità come fossero portafortuna. Le religioni fino a quel
punto erano state religioni di stato, parte dell'apparato di sovranità e di
governo (com'è evidente osservando i loro templi, costruiti per cerimonie
reali anziché per la devozione popolare).
Il Giudaismo, il Bramanesimo, l'Induismo, lo Scintoismo e il Buddismo
nacquero tutti in questo periodo. Improvvisamente, dopo seimila anni di
agricoltura totalitaria e di costruzione di civiltà, i membri della nostra
cultura – sia a Oriente che a Occidente, gemelli nati da un solo parto –
cominciavano a chiedersi se le proprie vite avessero un senso,
cominciavano a percepire in se stessi un vuoto che il successo economico e
la stima dei propri concittadini non riuscivano a riempire, cominciavano a
credere che ci fosse qualcosa di profondamente – perfino intrinsecamente
– sbagliato in loro.
Segnali di pericolo: 0-1200 dopo Cristo.
Il fuoco continuava ad ardere sotto il calderone della nostra cultura, e il
successivo raddoppio della popolazione richiese solo milleduecento anni.
C'erano quattrocento milioni di esseri umani, ora, il novantanove percento
dei quali apparteneva alla nostra cultura, a Oriente e a Occidente. Guerra,
pestilenza, fame, corruzione politica e disordini, crimine e instabilità
economica erano aspetti quotidiani della nostra vita culturale, ed erano
destinati a rimanerlo. Le religioni salvazioniste erano già fortemente
radicate in Oriente da secoli quando iniziò questo periodo, ma il grande
233
impero dell'Occidente ancora venerava dozzine di divinità talismaniche, da
Eolo a Zefiro. Eppure, la gente comune dell'impero – gli schiavi, gli
sconfitti, i contadini, le masse diseredate – era pronta, quando la prima
grande religione salvazionista occidentale bussò alla sua porta. Fu facile
per questa gente accettare l'idea che l'umanità fosse innatamente difettosa,
vedere se stessi come peccatori bisognosi di essere salvati dalla
dannazione eterna. Questa gente desiderava ardentemente disprezzare il
mondo terreno e sognare una vita beata oltre la morte, nella quale il povero
e l'umile sarebbero stati elevati al di sopra dell'orgoglioso e del potente.
Il fuoco continuava ad ardere senza sosta sotto il calderone della nostra
cultura, ma adesso i popoli di ogni dove avevano le religioni salvazioniste
a mostrare loro come comprendere le inevitabili sofferenze della vita e
come affrontarle. I credenti delle varie confessioni tendono a concentrarsi
sulle differenze tra una religione e l'altra, ma io mi concentro sui loro punti
in comune, che sono i seguenti: la condizione umana è quella che è, e
nessuno sforzo da parte tua potrà mai cambiarla; è oltre le tue possibilità
salvare la tua gente, i tuoi amici, i tuoi genitori, i tuoi figli o la tua
compagna, ma c'è una persona che puoi salvare (una sola), e questa sei tu.
Nessun altro può salvarti a parte te, e tu non puoi salvare nessun altro che
te stesso. Puoi portare il Verbo agli altri, come essi possono portarlo a te,
ma questo è tutto ciò che puoi fare, che si tratti di Buddismo, di Induismo,
di Giudaismo, di Cristianesimo o di Islam: nessuno può salvarti a parte te,
e tu non puoi salvare che te stesso. La salvazione è certamente la cosa più
meravigliosa che puoi ottenere nella tua vita – e non solo non devi
condividerla con altri, ma non ti è proprio possibile farlo.
Per come la vedono queste religioni, se fallisci nell'ottenere la
salvazione il tuo fallimento è totale, indipendentemente dal fatto che gli
altri ci riescano o meno. D'altro canto, se ottieni la salvezza il tuo successo
è totale – di nuovo, indipendentemente dal fatto che gli altri ci riescano o
meno. Alla fine dei conti, secondo queste religioni, se tu ottieni la
redenzione allora nient'altro nell'universo ha importanza. Ciò che conta è
solo la tua salvazione. Nient'altro conta, neppure la mia (eccetto,
naturalmente, per me).
Si trattava di un nuovo modo di vedere ciò che aveva importanza al
mondo. Dimentica la bollitura, dimentica il dolore. Nulla importa, se non
te stesso e la tua salvezza.
Segnali di pericolo: 1200-1700.
234
Era una visione notevole, ma ovviamente il fuoco continuava ad ardere
sotto il calderone della nostra cultura, e il successivo raddoppio della
popolazione richiese solo cinquecento anni. C'erano ottocento milioni di
esseri umani ora, il novantanove percento dei quali apparteneva alla nostra
cultura, a Oriente e a Occidente. È l'epoca della peste bubbonica, dell'Orda
Mongola, dell'Inquisizione. A Londra vennero aperti il primo manicomio e
la prima prigione per i debitori insolventi. I contadini si ribellarono in
Francia nel 1251 e nel 1358. I lavoratori tessili si ribellarono nelle Fiandre
nel 1280. La ribellione di Wat Tyler condusse l'Inghilterra all'anarchia nel
1381, quando lavoratori di ogni categoria si unirono per esigere la fine
dello sfruttamento. I lavoratori in preda alla peste e alla fame si ribellarono
in Giappone nel 1428 e di nuovo nel 1461. I servi in Russia si ribellarono
nel 1671 e nel 1672; i servi in Boemia si ribellarono otto anni dopo. La
Morte Nera devastò l'Europa nel bel mezzo del quattordicesimo secolo e
ritornò periodicamente nei due secoli successivi, portandosi via decine di
migliaia di persone ogni volta. In appena due anni, nel diciassettesimo
secolo, uccise un milione di persone nell'Italia settentrionale.
Gli Ebrei offrivano un comodo capro espiatorio per le sofferenze di tutti
e per tutto ciò che non andava per il verso giusto. La Francia cercò di
espellerli nel 1252, poi li costrinse a portare dei simboli che li
distinguessero, poi li privò dei loro possedimenti, poi tentò nuovamente di
espellerli. La Gran Bretagna tentò di espellerli nel 1290 e nel 1306. La
Colonia tentò di espellerli nel 1414, accusandoli di aver diffuso la Peste
Nera ovunque andassero e a ogni occasione in cui si era presentata.
Migliaia furono impiccati e bruciati vivi. La Castiglia tentò di espellerli nel
1492. Migliaia vennero trucidati a Lisbona nel 1506. Paolo III li separò dal
resto di Roma confinandoli nel primo ghetto. L'angoscia di quel periodo
trovò espressione nei movimenti dei flagellanti, secondo cui Dio non
sarebbe stato tentato di trovare tante punizioni stravaganti per noi (peste,
carestia, guerra e così via) se lo avessimo anticipato infliggendoci da soli
punizioni altrettanto stravaganti. Una volta, nel 1374, Aix-la-Chapelle
venne colta da una strana smania che riempì le sue strade di migliaia di
danzatori frenetici. Milioni morirono quando la fame colpì il Giappone nel
1232, la Germania e l'Italia nel 1258, l'Inghilterra nel 1294 e nel 1555,
l'intera Europa Occidentale nel 1315, Lisbona nel 1569, l'Italia nel 1591,
l'Austria nel 1596, la Russia nel 1603, la Danimarca nel 1650, il Bengala
nel 1669 e il Giappone nel 1674. La sifilide il tifo fecero la loro comparsa
235
in Europa. L'Ergotismo, un fungo che contaminava gli alimenti
avvelenandoli, divenne endemico in Germania, uccidendo migliaia di
persone. Un'inspiegabile malattia del sudore visitò e rivisitò l'Inghilterra,
uccidendo decine di migliaia di persone. Le epidemie di vaiolo, tifo e
difterite uccisero anch'esse migliaia di individui.
Gli inquisitori svilupparono una nuova tecnica per combattere l'eresia e
la stregoneria, torturando i sospetti finché accusavano altri individui, che
venivano poi torturati finché incolpavano altri ancora, che venivano a loro
volta torturati finché accusavano altri, all'infinito. La tratta degli schiavi
prosperò mentre milioni di Africani venivano trasportati nel Nuovo
Mondo. Non mi prendo neanche la briga di menzionare la guerra, la
corruzione politica e il crimine, che continuarono a raggiungere vette
sempre più elevate. Pochi obietterebbero a quanto Thomas Hobbes scrisse
nel 1651, descrivendo la vita umana come “solitaria, misera, disgustosa,
brutale e breve”. Alcuni anni dopo, Blaise Pascal notò che “tutti gli uomini
si odiano a vicenda per natura”. Il periodo terminò con decenni di caos
economico, esacerbati da rivolte, carestie ed epidemie.
Il Cristianesimo divenne la prima religione salvazionista globale,
diffondendosi fin nell'Estremo Oriente e nel Nuovo Mondo.
Contemporaneamente, si frammentò. Ci si oppose duramente al primo
scisma, ma dopo di esso la frammentazione cominciò a venire ritenuta
quasi normale.
Per favore, non fraintendete ciò che sto cercando di mostrarvi. Non sto
elencando i segni della malvagità umana. Queste sono reazioni al
sovraffollamento – troppe persone che competono per troppe poche
risorse, mangiano cibo avariato, bevono acqua inquinata e vedono le
proprie famiglie morire di fame e di peste.
Segnali di pericolo: 1700-1900.
Il fuoco continuava ad ardere sotto il calderone della nostra cultura, e il
successivo raddoppio della popolazione richiese solo duecento anni. Per
quando fu compiuto c'erano un miliardo e mezzo di esseri umani e, a parte
un mezzo punto percentuale, tutti loro appartenevano alla nostra cultura,
sia a Oriente che a Occidente. Si trattò di un periodo nel quale, per la
prima volta, i profeti religiosi attraevano seguaci semplicemente
predicendo l'imminente fine del mondo. Nel quale il commercio dell'oppio
divenne un affare internazionale, sponsorizzato dalla Compagnia delle
236
Indie Orientali e protetto da navi da guerra inglesi. Nel quale l'Australia, la
Nuova Guinea, l'Indocina e l'Africa furono conquistate o rivendicate come
colonie dalle principali potenze europee. Nel quale i popoli indigeni di
tutto il mondo sarebbero stati spazzati via a milioni dalle malattie portate
loro dagli Europei – morbillo, pellagra, pertosse, vaiolo, colera – mentre
altri milioni sarebbero stati confinati in riserve o sterminati per fare spazio
all'espansione dell'uomo bianco.
Ciò non significa che solo i nativi stessero soffrendo. Sessanta milioni
di Europei morirono di vaiolo nel solo diciottesimo secolo. Decine di
milioni morirono per le epidemie di colera. Mi ci vorrebbero dieci minuti
per elencare le dozzine di letali apparizioni di peste, tifo, febbre gialla,
scarlattina e influenza che avvennero in questo periodo. E chiunque dubiti
della stretta connessione tra l'agricoltura e la fame dovrebbe solo
esaminare i dati relativi a questo periodo: raccolti disastrosi e carestia,
raccolti disastrosi e carestia, raccolti disastrosi e carestia, più e più volte in
tutto il mondo civilizzato. Le cifre sono sconcertanti. Dieci milioni
morirono di fame nel Bengala, nel 1769. Due milioni in Irlanda e in
Russia, nel 1845 e nel 1846. Quasi quindici milioni in Cina ed in India tra
il 1876 e il 1879. In Francia, Germania, Italia, Inghilterra, Giappone e in
ogni altro luogo, decine o centinaia di migliaia morirono in altre carestie
troppo numerose per elencarle.
Mentre le città divenivano più affollate, l'angoscia umana raggiungeva
vette che non sarebbero state neppure immaginabili nelle epoche
precedenti, con centinaia di milioni di persone costrette ad abitare in
bassifondi di inconcepibile squallore, preda delle malattie portate dai ratti
e dall'acqua contaminata, senza alcuna educazione e senza la minima
possibilità di migliorare la propria condizione. Il crimine fiorì come mai
prima e veniva di solito punito pubblicamente per mezzo di mutilazioni,
marchiature, fustigazioni o morte; la prigionia come forma di punizione
alternativa si sviluppò solo nell'ultima parte di questo periodo. Anche la
malattia mentale prosperò come mai prima – pazzia, alienazione o in
qualunque altro modo preferiate chiamarla. Nessuno sapeva cosa fare con i
pazzi: di solito venivano incarcerati insieme ai criminali, incatenati ai
muri, frustati, dimenticati.
L'instabilità economica rimase alta e le sue conseguenze si fecero
sentire più diffusamente di quanto fosse mai avvenuto. Tre anni di caos
economico in Francia portarono direttamente alla rivoluzione del 1789, nel
corso della quale furono bruciate, fucilate, annegate e ghigliottinate
237
centinaia di migliaia di vittime. Periodici crolli del mercato e depressioni
spazzarono via centinaia di migliaia di attività economiche e ridussero alla
fame milioni di persone.
Quest'epoca vide anche nascere la Rivoluzione Industriale, certo, ma
essa non portò benessere e prosperità alle masse. Al contrario, portò loro
uno sfruttamento avido e insensibile, con donne e bambini che lavoravano
per dieci, dodici e più ore al giorno per paghe da fame in negozi, fabbriche
e miniere. Potete verificare queste atrocità da soli, se non avete familiarità
con esse. Nel 1787 era risaputo che i lavoratori francesi lavorassero fino a
sedici ore al giorno e spendessero il sessanta percento delle loro paghe per
una dieta che comprendeva poco più che pane e acqua. Solo a metà del
diciannovesimo secolo il Parlamento inglese limitò la giornata lavorativa
infantile a dieci ore. Frustrata e senza speranza, la gente di ogni dove
divenne ribelle e recalcitrante, e i governi di ogni dove reagirono con
sistematiche repressioni, brutalità e tirannie. Ci furono centinaia di
insurrezioni di contadini, coloni, schiavi e operai – non potrei neppure
elencarle tutte. A Oriente e a Occidente, gemelli nati da un solo parto, era
l'era delle rivoluzioni. Decine di milioni di persone morirono in esse.
Che rivolte e repressioni fossero normali e abituali interazioni tra
governanti e governati era una novità, lo capite. Una novità nella quale
potete scorgere i segnali di pericolo caratteristici di quest'epoca.
In questo periodo, il lupo e il cinghiale furono deliberatamente
sterminati in Europa. L'alca impenne dell'isola di Edley, nelle vicinanze
dell'Islanda, fu cacciata per le sue penne fino all'estinzione, avvenuta nel
1844, divenendo la prima specie a essere sterminata per motivi puramente
commerciali. In Nord America, per facilitare la costruzione delle ferrovie e
minare alle fondamenta le riserve alimentari delle popolazioni native ostili,
vennero assunti dei cacciatori professionisti perché distruggessero le
mandrie dei bisonti, ed essi arrivarono a sterminare tre milioni di esemplari
in un solo anno. Nel 1893, ne rimanevano ormai solo un migliaio.
In quest'epoca, la gente non andava più in guerra per difendere il
proprio credo religioso. La gente continuava ad avere un credo religioso,
continuava a esservi avvinghiata, ma le dispute e le divisioni teologiche
che un tempo erano sembrate di importanza così vitale furono rese
irrilevanti da preoccupazioni materiali assai più pressanti. La consolazione
fornita dalla religione è una cosa, ma un lavoro, una paga consistente, delle
condizioni di vita decenti, la libertà dall'oppressione e una vaga speranza
di miglioramento sociale ed economico, sono ben altra.
238
Non credo sarebbe troppo fantasioso suggerire che le speranze che nelle
epoche precedenti erano state riposte nella religione venissero ora riposte
nella rivoluzione e nelle riforme politiche. La promessa di una “torta in
cielo dopo morti” non era più sufficiente a rendere sopportabile la miseria
della vita nel calderone. Nel 1843, il giovane Karl Marx chiamò la
religione “l'oppio dei popoli”. Considerando la situazione da una distanza
di oltre un secolo e mezzo, comunque, è chiaro che la religione non era più
molto efficace come narcotico.
Segnali di pericolo: 1900-1960.
Il fuoco continuava ad ardere sotto il calderone della nostra cultura, e il
successivo raddoppio della popolazione richiese solo sessant'anni. Ora
c'erano tre miliardi di esseri umani e, a parte forse due decimi di punto
percentuale, tutti loro appartenevano alla nostra cultura, a Oriente e a
Occidente.
Cosa dovrei dire a proposito dell'acqua che fumava nel nostro calderone
in questo periodo? Credete che stia già bollendo? Il primo collasso
economico globale, che iniziò nel 1929, vi sembra un segnale di pericolo?
Due catastrofiche guerre mondiali, vi sembrano segnali di pericolo? Salite
di alcune migliaia di chilometri nello spazio e guardate come
sessantacinque milioni di esseri umani vengono macellati sui campi di
battaglia o fatti a pezzi dai bombardamenti, come altri cento milioni si
ritengono fortunati a uscirne semplicemente ciechi, mutilati o storpi. Sto
parlando di una quantità di persone pari all'intera popolazione umana
dell'Età d'Oro della Grecia classica. Sto parlando della quantità di persone
che distruggereste oggi se sganciaste bombe all'idrogeno su Berlino,
Parigi, Roma, Londra, New York, Tokyo e Hong Kong.
Credo che l'acqua sia rovente, signore e signori. Credo che la rana stia
bollendo.
Segnali di pericolo: 1960-96.
Il successivo raddoppio della popolazione si verificò in soli trentasei
anni, portandoci al momento attuale, nel quale ci sono sei miliardi di esseri
umani sul pianeta e, a parte pochi milioni sparsi qua e là, tutti
appartengono alla nostra cultura, a Oriente e a Occidente.
Le voci nel nostro nutrito coro di stress e tensioni si sono aggiunte poco
239
a poco, epoca dopo epoca. Dapprima venne la guerra: la guerra come
caratteristica sociale, la guerra come stile di vita. Per duemila anni o più, la
guerra sembra essere stata la sola voce nel coro. Ma in breve a essa si
aggiunse il crimine: il crimine come caratteristica sociale e come stile di
vita. Poi venne la corruzione: la corruzione come caratteristica sociale e
come stile di vita. Poco dopo, a queste voci si unì la schiavitù: la schiavitù
come commercio globale e come caratteristica sociale. Seguirono
immediatamente delle rivolte: cittadini e schiavi si sollevarono per sfogare
la propria rabbia e la propria sofferenza. Poi, quando la pressione della
popolazione crebbe di intensità, la fame e le pestilenze trovarono la loro
voce e cominciarono a cantare ovunque nella nostra cultura. Il lavoro di
vaste classi di poveri cominciò a essere sfruttato spietatamente. Il
commercio globale delle droghe si aggiunse a quello della schiavitù. Le
classi lavoratrici – le cosiddette classi pericolose – si sollevarono in
insurrezioni e rivolte. L'economia del mondo intero collassò. Le potenze
industriali globali giocarono alla conquista del mondo e al genocidio.
Dopo di che siamo arrivati noi: dal 1960 a oggi.
Che cosa canta la nostra voce nel coro del pericolo? Per circa
quarant'anni l'acqua ha continuato a bollire attorno alla rana. Una per una,
a migliaia, a milioni le sue cellule sono morte, incapaci di restare in vita.
Che cosa stiamo osservando, qui? Vi dirò un nome e voi potrete dirmi
se ho ragione. Mi sento di chiamarlo… Collasso culturale. Ecco cosa
stiamo cantando nel ritornello del pericolo – non al posto di tutto il resto,
ma in aggiunta a tutto il resto. Questo è il nostro personale contributo
all'ululato di dolore della nostra cultura. Per la prima volta nella storia del
mondo, piangiamo il collasso di tutto ciò che conosciamo e siamo in grado
di capire, il collasso della struttura su cui tutto è stato costruito dall'inizio
della nostra cultura fino a ora.
La rana è morta... E noi non riusciamo a immaginare cosa ciò possa
significare per noi e per i nostri figli. Siamo terrorizzati.
Ho ragione? Pensateci. Se ho torto non c'è nulla da aggiungere,
naturalmente. Ma se credete che abbia ragione, tornate qui domani notte e
continuerò da questo punto.
(Riprendi la narrazione a pagina 23.)
240
Il crollo dei valori.
19 maggio, Schauspielhaus Wahnfried, Radenau.
Prima della nostra epoca, il coro del pericolo che si era creato durante i
diecimila anni della nostra vita culturale contava nove voci: guerra,
crimine, corruzione, ribellione, fame, malattie, schiavitù, genocidio e
collasso economico. Dal 1960, la nostra epoca ha trovato una decima voce
da aggiungere al coro, una voce mai sentita prima: quella del collasso
culturale. Una voce che lamenta perdita della visione, fallimento degli
obiettivi e crollo dei valori.
Ogni cultura ha una visione del posto che occupa nel grande schema
delle cose e nell'universo. Non c'è bisogno che le persone esprimano
questa visione a parole (per esempio ai loro figli), perché viene già
espressa dalle loro vite – dalla loro storia, dalle loro leggende, dai loro
costumi, dalle loro leggi, dai loro rituali, dalle loro arti, dalle loro danze,
dalle loro storie e dalle loro canzoni. In effetti, se chiedeste loro di spiegare
questa loro visione non saprebbero nemmeno da dove cominciare, e
potrebbero anche non capire di che cosa state parlando. Si potrebbe dire
che si tratta di una sorta di bassa, tenue canzone che hanno ascoltato fin
dalla nascita, che hanno udito in modo così costante durante la loro vita da
non rendersi neanche conto di averla mai sentita. So che molti di voi hanno
familiarità con il lavoro del mio collega Ishmael, che ha chiamato la
cantante di questa canzone Madre Cultura e ha identificato la canzone
come semplice mitologia.
Il famoso mitologista Joseph Campbell si è lamentato che oggigiorno la
gente della nostra cultura non ha mitologia, ma, come ci ha mostrato
Ishmael, non tutta la mitologia proviene da bardi e cantastorie intorno al
fuoco. Un altro tipo di mitologia ci è arrivata da imperatori, legislatori,
preti, leader politici e profeti. Oggi ci viene raccontata dai pulpiti delle
chiese, da film e telefilm, da insegnanti, giornalisti, romanzieri ed esperti
vari. Non è una mitologia composta da storie pittoresche, ma piuttosto una
che ci dice che cosa gli dei avevano in mente quando crearono l'universo e
qual è il nostro ruolo dentro di esso. Un popolo non può funzionare senza
questo tipo di mitologia più di quanto un individuo possa funzionare senza
un sistema nervoso. È il principio guida di tutte le nostre attività. Ci spiega
il significato di tutto ciò che facciamo.
Può accadere che alcune circostanze infrangano la visione di una
241
cultura riguardo il suo posto nel grande schema delle cose, rendano la sua
mitologia priva di senso, soffochino la sua canzone. Quando questo
avviene (ed è successo molte volte), quella cultura va in pezzi. Ordine e
obiettivi vengono rimpiazzati da caos e confusione. Le persone perdono la
volontà di vivere, diventano apatiche, violente e suicide, e cominciano ad
abusare di alcool e droghe e a commettere crimini. La struttura che una
volta teneva tutto insieme è ora distrutta, e leggi, usanze e istituzioni
cadono in disuso e vengono disprezzate, specialmente tra i giovani, che
vedono che perfino gli adulti non riescono più a trovarci un senso. Se
volete studiare alcuni popoli che hanno attraversato una simile distruzione,
non c'è carenza di luoghi da visitare negli Stati Uniti, in Africa, in Sud
America, in Nuova Guinea, in Australia – dovunque, in effetti, dei popoli
aborigeni sono stati schiacciati dalle ruote di quell'autotreno che è la nostra
cultura.
O potete semplicemente restarvene a casa.
Non c'è più bisogno di viaggiare dall'altra parte del mondo per trovare
persone che sono diventate apatiche, violente e suicide, che hanno
cominciato a bere, drogarsi e commettere crimini, le cui leggi, usanze e
istituzioni sono cadute in disuso e vengono ora disprezzate. Noi stessi
siamo finiti sotto le ruote del nostro autotreno, la nostra visione del nostro
posto nel grande schema delle cose è stata infranta, la nostra mitologia è
divenuta priva di senso e la nostra canzone ci è stata soffocata in gola.
Queste sono cose che tutti noi percepiamo, non importa dove andiamo o
con chi parliamo, se con un rancher in Montana, con un mercante di
diamanti ad Amsterdam, con un operatore di borsa a New York o con un
autista di autobus ad Amburgo.
Io sono abbastanza vecchio da ricordare un tempo in cui non era così, e
di sicuro se lo ricordano anche i miei genitori e i vostri. Non sto parlando
dei “bei vecchi tempi”, qui. Il coro del pericolo cantava già a pieni
polmoni – il che è del tutto normale, dato che sto parlando dei decenni che
seguirono la guerra più distruttiva e omicida dell'intera storia umana.
Ciononostante, negli anni Quaranta e Cinquanta, la gente della nostra
cultura sapeva ancora dove stava andando, era ancora fiduciosa che un
futuro glorioso ci aspettasse proprio davanti a noi. Tutto ciò che dovevamo
fare era restare aggrappati alla visione e continuare a fare tutte le cose che
ci avevano condotti fino a quel punto. Potevamo fare affidamento su quelle
cose. Erano ciò che ci aveva donato università e sale da concerto,
riscaldamento centrale e ascensori, Mozart e Shakespeare, transatlantici e
242
film cinematografici.
Inoltre – e questo dovete tenerlo bene a mente – le cose che ci avevano
portati fino a quel punto erano buone cose. Negli anni Cinquanta non c'era
il benché minimo dubbio che questa fosse la verità, in nessuna parte della
nostra cultura, né a Oriente né a Occidente, né tra i capitalisti né tra i
comunisti. Negli anni Cinquanta, tutti erano d'accordo sul fatto che
sfruttare il mondo era un nostro diritto divino. Il mondo era stato creato
perché noi potessimo sfruttarlo. E sfruttarlo lo rendeva migliore! Non c'era
limite a ciò che potevamo fare. Taglia quanto vuoi, scava quanto vuoi,
sradica le foreste, bonifica le paludi, blocca i fiumi con le dighe, scarica
veleno ovunque vuoi, quanto ne vuoi. Nulla di tutto questo veniva
considerato negativo o pericoloso. Santo cielo, e perché avrebbe dovuto?
La Terra era stata creata appositamente per essere utilizzata in questo
modo. Era un infinito, indistruttibile campo giochi per gli esseri umani. La
possibilità di esaurire o di danneggiare qualcosa semplicemente non
veniva presa in considerazione. La Terra era stata progettata in modo da
poter incassare qualunque danno, da poter assorbire e purificare ogni
tossina, in qualunque quantità. Far esplodere armi nucleari? Santo cielo,
certo – quante ne volete! Migliaia, se volete. Del materiale radioattivo
generato nel cercare di realizzare il destino donatoci da Dio di sicuro non
può danneggiarci.
Spazzare via intere specie? Assolutamente! Perché no? Se la gente non
ha bisogno di queste creature, allora sono ovviamente superflue!
Controllare il mondo in questo modo significa umanizzarlo, portarci un
altro passo più vicini al nostro destino.
Ascoltate: nel 1948, lo svizzero Paul Müller ricevette il Premio Nobel
per il suo incredibile lavoro con il diclorodifeniltricloroetano, che veniva
considerato lo strumento chimico ideale per spazzare via le specie di
insetti non desiderate. Forse non lo riconoscete con quel nome così
melodico, diclorodifeniltricloroetano. Sto parlando del DDT. Negli anni
Cinquanta e Sessanta, il DDT fu fatto scorrere per il nostro pianeta come
latte e miele, come ambrosia. Tutti sapevano che si trattava di un veleno
letale. Naturalmente lo era: era il suo scopo! Ma potevamo usarne quanto
ne volevamo, perché non poteva danneggiare noi. La Terra avrebbe fatto il
suo lavoro e se ne sarebbe occupata. Avrebbe ingoiato tutto quel
meraviglioso, mortale veleno e in cambio ci avrebbe dato acqua limpida,
terra sana e aria pura. Avrebbe sempre ingoiato tutti i rifiuti radioattivi,
tutti gli scarti industriali e tutti i veleni che potevamo generare per poi
243
restituirci acqua limpida, terra sana e aria pura. Questo era l'accordo,
questa era la visione stessa: il mondo era stato creato per l'Uomo, e
l'Uomo era stato creato per conquistarlo e dominarlo. Questo è ciò che
avevamo cercato di fare fin dall'inizio: conquistare e dominare,
comportarci come se il mondo fosse stato creato per nostro uso esclusivo,
usando ciò che ci serviva e gettando via il resto – distruggendo il resto,
perché era superfluo. Questa non era una cosa malvagia (notate bene), era
un'opera sacra! Era ciò che Dio ci aveva creato per fare!
E, per favore, non pensiate che questo fosse qualcosa che avevamo
imparato dalla Genesi, in cui Dio disse ad Adamo di popolare la Terra e
sottometterla. Questo è qualcosa che sapevamo prima di Gerusalemme,
prima di Babilonia, prima di Çatal Hüyük, prima di Gerico, prima di Ali
Kosh, prima di Zawi Chemi-Shanidar. Non è qualcosa che ci hanno
insegnato gli autori della Genesi, è qualcosa che noi abbiamo insegnato a
loro.
Lasciatemi dire di nuovo – come devo fare in ogni occasione – che
questa non era la visione umana, non era una visione comparsa
spontaneamente in noi quando siamo diventati Homo habilis, Homo
erectus o Homo sapiens. Questa visione è comparsa in noi quando è nata la
nostra particolare cultura, diecimila anni fa. Era il manifesto della nostra
rivoluzione, e il suo destino era di venire diffuso ai quattro angoli della
Terra.
La veridicità di questo manifesto non venne messa in dubbio dai
costruttori degli ziggurat di Ur o delle piramidi egizie. Non venne messa in
dubbio dalle centinaia di migliaia di persone che lavorarono per separare la
Cina dal resto del mondo con la sua Grande Muraglia. Non venne messa in
dubbio dai commercianti che trasportarono oro, vetro e avorio da Tebe a
Nippur e a Larsa. Non venne messa in dubbio dagli scriba degli Ittiti, degli
Elamiti e dei Mitanni, che per primi incisero i resoconti delle loro
conquiste imperiali in tavolette di argilla. Non venne messa in dubbio dai
fabbri che trasportarono i loro potenti segreti da Babilonia a Ninive e a
Damasco. Non venne messa in dubbio da Dario di Persia, da Filippo il
Macedone o da Alessandro il Grande. Non venne messa in dubbio da
Confucio o Aristotele. Non venne messa in dubbio da Annibale, Giulio
Cesare o Costantino, il primo imperatore protettore della Cristianità. Non
venne messa in dubbio da coloro che depredarono il cadavere dell'Impero
Romano – gli Unni, i Vichinghi, gli Arabi, gli Àvari e altri. Non venne
messa in dubbio da Carlo Magno o da Gengis Khan. Non venne messa in
244
dubbio dai crociati o dagli Assassini sciiti. Non venne messa in dubbio dai
mercanti della Lega anseatica. Non venne messa in dubbio da Papa
Alessandro VI, che nel 1494 decise come l'intero pianeta avrebbe dovuto
essere diviso tra i poteri colonizzatori d'Europa. Non venne messa in
dubbio dai pionieri della Rivoluzione Scientifica – Copernico, Keplero e
Galileo. Non venne messa in dubbio dai grandi esploratori del sedicesimo
e del diciassettesimo secolo – e di sicuro non venne messa in dubbio dai
conquistatori o dai coloni nel Nuovo Mondo. Non venne messa in dubbio
dai fondatori intellettuali dell'epoca moderna, pensatori come Cartesio,
Adam Smith, David Hume e Jeremy Bentham. Non venne messa in dubbio
dai pionieri della rivoluzione democratica, teorici politici come John
Locke e Jean-Jacques Rousseau. Non venne messa in dubbio dagli
innumerevoli inventori, tecnici, investitori e visionari della Rivoluzione
Industriale. Non venne messa in dubbio dai gruppi Ludditi che distrussero
fabbriche in Inghilterra. Non venne messa in dubbio dai giganti industriali
che costruirono rotaie, armarono eserciti e riempirono il mondo d'acciaio –
i Du Ponts, i Vanderbilt, i Krupp, i Morgan e i Carnegie. Non venne messa
in dubbio dagli autori del Manifesto Comunista, dai creatori dei sindacati o
dagli architetti della Rivoluzione Russa. Non venne messa in dubbio dai
governanti che gettarono l'Europa nel vortice della Prima Guerra
Mondiale. Non venne messa in dubbio dagli autori del Trattato di
Versailles o dai progettisti della Società delle Nazioni. Non venne messa in
dubbio dal Fellowship of Reconciliation o dai firmatari dell'Oxford Pledge.
Non venne messa in dubbio dai milioni che rimasero disoccupati durante
la Grande Depressione. Non venne messa in dubbio da coloro che
faticarono per stabilire una democrazia parlamentare in Germania o da
quelli che alla fine li sconfissero. Non venne messa in dubbio dalle
centinaia di migliaia di individui che lavorarono in un'industria di morte
creata per liberare l'umanità dalle “razze ibride”. Non venne messa in
dubbio dai milioni che combatterono nella Seconda Guerra Mondiale o dai
governanti che li mandarono a combattere. Non venne messa in dubbio
dagli scienziati o dagli ingegneri che lavorarono così duramente e al
massimo delle loro capacità per far piovere terrore sulle città inglesi e
tedesche.
Il mondo era stato creato per l'Uomo, e l'Uomo era stato creato per
conquistarlo e dominarlo.
Questo manifesto di sicuro non venne messo in dubbio dai nostri
concorrenti nella corsa per dividere l'atomo e costruire un'arma capace di
245
distruggere la nostra intera specie. Non venne messo in dubbio dai
progettisti delle Nazioni Unite. Non venne messo in dubbio dalle centinaia
di migliaia di individui che negli anni del dopoguerra sognarono un'utopia
in cui la gente avrebbe potuto riposarsi e lasciar svolgere tutto il lavoro ai
robot, in cui l'energia atomica sarebbe stata infinita e gratuita, in cui
povertà, fame e crimine sarebbero scomparsi.
Ma questo manifesto sta venendo messo in dubbio adesso, signore e
signori. Sta venendo messo in dubbio quasi ovunque nella nostra cultura,
sia dai giovani che dai vecchi, ma soprattutto dai giovani, per cui il sogno
di un futuro luminoso in cui la vita migliorerà sempre più è ormai privo di
senso. I vostri figli sanno che non è ciò che avverrà. Lo sanno, in larga
parte, perché lo sapete voi.
Solo i nostri politici continuano a insistere che il mondo è stato creato
per l'Uomo e che l'Uomo è stato creato per conquistarlo e dominarlo. Per
loro è un obbligo professionale continuare a sostenere e proclamare il
manifesto della nostra rivoluzione. Se vogliono conservare il proprio
incarico, devono assicurarci con convinzione assoluta che un futuro
glorioso ci sta aspettando – ammesso che continuiamo a marciare sotto la
bandiera della conquista e del dominio. Ci rassicurano continuamente di
questo, e poi si domandano perché anno dopo anno sempre meno elettori si
prendono il disturbo di andare a votare.
Primavera Silenziosa e oltre.
Ho detto che questa nuova epoca di crollo dei valori è cominciata nel
1960. A voler essere precisi, dovrebbe venir fatta risalire al 1962, l'anno in
cui uscì Primavera Silenziosa di Rachel Carson, la prima vera sfida mai
mossa alla visione ispiratrice della nostra cultura. I fatti che Carson portò
all'attenzione pubblica per descrivere i devastanti effetti ambientali del
DDT e di altri pesticidi erano sconvolgenti. Il DDT non si limitava a
svolgere il suo compito di sterminare gli insetti indesiderati: era entrato
nella catena alimentare degli uccelli, disturbando i processi riproduttivi e
danneggiando la struttura delle uova, con il risultato che molte specie
erano già state distrutte e molte altre erano minacciate, rendendo tutt'altro
che impensabile che un giorno il mondo avrebbe potuto assistere a una
primavera silenziosa – perché priva di uccelli. Ma Primavera Silenziosa
non era solo l'ennesima opera scandalistica sempre ben accolta in ogni
casa editrice. Con un solo, poderoso attacco, distrusse una volta per tutte
246
un complesso di articoli fondamentali per la nostra fede culturale: che il
mondo fosse in grado di riparare ogni danno che avremmo potuto
arrecargli; che il mondo fosse progettato per fare esattamente questo; che
il mondo fosse “dalla nostra parte” nella nostra opera di accrescimento e
quindi avrebbe sempre tollerato e facilitato i nostri sforzi; che Dio stesso
avesse plasmato il mondo specificamente perché sostenesse i nostri sforzi
di conquistarlo e dominarlo. I fatti esposti in Primavera Silenziosa
smentivano in modo semplice e chiaro tutte queste idee. Qualcosa di
presumibilmente benefico per noi non stava venendo tollerato dal mondo.
Il mondo non stava sostenendo la nostra visione culturale. Dio non stava
sostenendo la nostra visione culturale. Il mondo non era
inequivocabilmente dalla nostra parte. Dio non era inequivocabilmente
dalla nostra parte.
Se la questione si fosse conclusa con Rachel Carson e il DDT, la nostra
visione culturale sarebbe sicuramente riuscita a guarire e riprendersi. Ma,
come sappiamo, Rachel Carson e il DDT furono solo l'inizio. Carson fu
solo la prima a guardare, la prima a mostrarci che c'era qualcosa di nuovo
da vedere. A dozzine, a centinaia, a migliaia hanno guardato da allora, e
più hanno guardato, più hanno distrutto la nostra fede culturale. Non
riassumerò tutti gli studi condotti al riguardo. In una sera potrei a
malapena scalfirne la superficie, e non farei altro che dirvi cose che potete
trovare in una qualsiasi enciclopedia.
La conclusione è questa: nel suo attuale numero e con le sue attività, la
specie umana sta avendo un impatto letale sul mondo. Laghi, oceani,
foreste e terreni stanno morendo per ragioni direttamente correlate alle
nostre azioni. Centoquaranta specie scompaiono ogni giorno per ragioni
direttamente correlate alle nostre azioni.
Vi vedo contorcervi sui vostri sedili, ma non vi sto dicendo queste cose
per farvi sentire colpevoli. Non è affatto questo il mio scopo.
Io stasera sono qui per capire... Cos'è andato storto.
Teorie: cos'è andato storto?
Capire qual è il problema è diventata una preoccupazione globale.
Gente di ogni età ci sta lavorando su – persone di ogni classe sociale o
economica, di ogni schieramento politico. Bambini di dieci anni stanno
cercando di capirlo. Lo so perché ne parlano con me. Lo so perché li ho
visti smettere di giocare per dare alla faccenda la loro attenzione.
247
Ogni anno, sempre più bambini nascono fuori dal matrimonio. Sempre
più bambini vivono in famiglie distrutte. Sempre più persone sono colpite
dal crimine. Sempre più bambini vengono maltrattati o uccisi. Sempre più
donne vengono violentate. Sempre più persone hanno paura di camminare
per strada di notte. Sempre più gente commette suicidio. Sempre più
persone diventano dipendenti da droghe o alcool. Sempre più individui
sono imprigionati in quanto criminali. Sempre più persone trovano
regolarmente intrattenimento nella violenza omicida e nella pornografia.
Sempre più persone si immolano in culti folli, terrorismi vaneggianti e
improvvisi, incontrollabili raptus di violenza.
Le teorie avanzate per spiegare tutto ciò sono per la maggior parte
luoghi comuni, truismi e banalità. Esprimono la saggezza ricevuta dalle
epoche passate. Si sente dire, per esempio, che la specie umana è
fatalmente e irrimediabilmente difettosa. Si sente dire che la specie umana
è una sorta di malattia globale che Gaia alla fine si scrollerà di dosso. Si
sente dire che la colpa è dell'insaziabile avidità capitalista o della
tecnologia. Si sente dire che la colpa è dei genitori, della scuola o del rock
and roll. A volte si sente dire che la colpa è dei sintomi stessi, della
povertà, dell'oppressione, dell'ingiustizia, del sovraffollamento,
dell'indifferenza della burocrazia e della corruzione politica.
Queste sono alcune delle teorie più comuni avanzate per spiegare cos'è
andato storto. Ne sentirete altre. Molte di esse devono venire dedotte dai
rimedi che vengono proposti per correggere la situazione. Di solito, questi
rimedi sono espressi in questo modo: “Tutto ciò che dobbiamo fare è...
Qualcosa.” Eleggere il partito giusto. Liberarci di questo politico.
Ammanettare i liberali. Ammanettare i conservatori. Scrivere leggi più
severe. Dare condanne più lunghe. Riportare in vigore la pena di morte.
Uccidere gli ebrei, uccidere antichi nemici, uccidere gli stranieri, uccidere
qualcuno. Meditare. Recitare il rosario. Elevare la coscienza. Giungere a
un nuovo piano di esistenza.
Voglio che capiate cosa sto facendo qui. Sto proponendo una nuova
teoria per spiegare cos'è andato storto. Non si tratta di una versione
leggermente modificata della saggezza popolare. Si tratta di qualcosa di
inaudito, di qualcosa completamente nuovo nella nostra storia intellettuale.
Eccola: stiamo sperimentando un collasso culturale. Lo stesso collasso che
venne sperimentato dagli indiani delle pianure quando il loro modo di
vivere fu distrutto e vennero confinati in delle riserve. Lo stesso collasso
che è stato sperimentato dagli innumerevoli popoli aborigeni che abbiamo
248
invaso in Africa, Sud America, Australia, Nuova Guinea e altrove. Non
importa che le circostanze del collasso differiscano tra noi e loro: i risultati
sono identici. Come è avvenuto a loro, anche noi abbiamo visto la nostra
visione del mondo venire invalidata da realtà sconcertanti che nel giro di
pochi decenni hanno reso privo di senso un destino che ci era sempre
sembrato lampante. Come è avvenuto a loro, la canzone che avevamo
cantato dall'alba dei tempi ci è stata improvvisamente soffocata in gola.
Le conseguenze sono state le stesse: le cose sono andate in pezzi. Non
importa se vivi in tepee o grattacieli, le cose vanno in pezzi. Ordine e
obiettivi vengono rimpiazzati da caos e confusione. La gente perde la
voglia di vivere, diventa apatica, violenta e suicida, e comincia ad abusare
di alcool e droghe e a commettere crimini. La struttura che una volta
teneva tutto insieme è distrutta. Leggi, usanze e istituzioni cadono in
disuso e vengono disprezzate, specialmente dai giovani, che vedono che
perfino gli adulti non riescono più a trovarci un senso.
E questo è ciò che è successo a noi. La rana ha continuato a sorridere
per diecimila anni mentre l'acqua diventava sempre più calda, ma alla fine,
quando l'acqua ha cominciato a bollire, il sorriso è diventato privo di
senso, perché la rana ormai era morta.
Le circostanze hanno finalmente mandato in frantumi la nostra folle
visione culturale, hanno finalmente reso priva di senso la nostra mitologia
auto-ingrandente, hanno finalmente soffocato la nostra arrogante canzone.
Abbiamo perso la capacità di credere che il mondo sia stato creato per
l'Uomo e che l'Uomo sia stato creato per conquistarlo e dominarlo.
Abbiamo perso la capacità di credere che il mondo ci sosterrà sempre e
comunque nella nostra conquista, che ingoierà tutto il veleno che possiamo
produrre senza effetti negativi. Abbiamo perso la capacità di credere che
Dio sia inequivocabilmente dalla nostra parte contro il resto della
creazione.
E quindi, signore e signori, stiamo andando in pezzi.
Buone notizie, alla fine.
Una donna di recente mi ha detto che voleva portare un amico ad
ascoltarmi parlare, ma che lui le ha detto: “Mi dispiace, ma non potrei
sopportare di sentire altre brutte notizie”. [Risate] Sì, è divertente, perché
in realtà voi siete in questo teatro ad ascoltarmi perché sapete che io sono
venuto a portarvi buone notizie.
249
Sì, le cose stanno così, e voi ridete perché lo sapete. Vi state già
sentendo meglio! Avete assolutamente ragione a sentirvi meglio, ed ecco
per quale motivo. È davvero semplice, in effetti. Ecco la mia buona
notizia: Noi non siamo l'umanità.
Potete sentire la liberazione portata da queste parole? Provate a dirle.
Avanti. Sussurratele a voi stessi: Noi... Non siamo... L'umanità.
Sono sicuro che vi sembrano bizzarre. Prima di concludere per stasera,
voglio che capiate perché.
Noi non siamo l'umanità.
Dirle è come infilarsi le scarpe di un estraneo per errore – la tua intera
vita cambia in un attimo!
Noi non siamo l'umanità. Voglio che capiate che cosa sono queste
cinque parole. Sono un riassunto di tutto ciò che è stato dimenticato nella
Grande Amnesia. E lo intendo in modo decisamente letterale. Alla fine
della Grande Amnesia, quando la gente cominciò seriamente a costruire la
nostra civiltà, queste cinque parole sarebbero state praticamente
impensabili. In un certo senso, questo è proprio ciò che la Grande Amnesia
significò: noi dimenticammo di essere solo una singola cultura e
cominciammo a pensare a noi stessi come all'intera umanità.
Le nostre fondamenta intellettuali e spirituali vennero costruite da
persone fermamente convinte che noi costituissimo l'intera umanità.
Tucidide ne era convinto. Socrate ne era convinto. Platone ne era convinto.
Aristotele ne era convinto. Ssu-ma Ch'ien ne era convinto. Gautama Budda
ne era convinto. Confucio ne era convinto. Mosè ne era convinto. Gesù ne
era convinto. San Paolo ne era convinto. Maometto ne era convinto.
Avicenna ne era convinto. Tommaso d'Aquino ne era convinto. Copernico
ne era convinto. Galileo e Cartesio ne erano convinti, nonostante
avrebbero potuto facilmente scoprire che le cose non stavano così. Hume,
Hegel Nietzsche, Marx, Kant, Kierkegaard, Bergson, Heidegger, Sartre e
Camus – tutti loro lo davano per scontato, nonostante avessero a
disposizione tutte le informazioni necessarie per capire che le cose non
stavano così.
Ma sicuramente vi starete domandando perché sarebbe una notizia così
orribile se noi costituissimo l'intera umanità. Cercherò di spiegarvelo. Se
noi fossimo l'umanità, allora tutte le cose terribili che diciamo sull'umanità
sarebbero vere – e questa sarebbe davvero una pessima notizia. Se noi
fossimo l'umanità, allora la nostra distruttività apparterrebbe non più
soltanto a una singola cultura squilibrata, ma all'umanità stessa – e questa
250
sarebbe una pessima notizia. Se noi fossimo l'umanità, il fatto che la nostra
cultura sia spacciata significherebbe che lo è l'intera specie umana – e
questa sarebbe una pessima notizia. Se noi fossimo l'umanità, il fatto che la
nostra cultura sia nemica della vita su questo pianeta significherebbe che
l'umanità stessa lo è – e questa sarebbe una pessima notizia. Se noi fossimo
l'umanità, il fatto che la nostra cultura sia orrenda e malformata
significherebbe che l'umanità stessa è intrinsecamente orrenda e
malformata – davvero una pessima notizia.
Oh, piangi, umanità, se noi siamo te! Oh, gemi in orrore e disperazione,
se le creature misere e fuorviate della nostra cultura sono l'umanità stessa!
Ma noi non siamo l'umanità, siamo solo una singola cultura – una su
centinaia di migliaia che hanno vissuto la loro visione su questo pianeta e
hanno cantato la loro canzone – e questa è una notizia meravigliosa, anche
per noi!
Se fosse l'umanità stessa a dover essere cambiata, allora saremmo nei
guai. Ma non è l'umanità che deve essere cambiata, siamo solo noi.
E questa è un'ottima notizia.
Restate con me, amici. Ci arriveremo, un passo alla volta.
(Riprendi la narrazione a pagina 37.)
251
Popolazione: un approccio sistemico.
21 maggio, Stuttgart.
Dato che le idee che vi presenterò oggi hanno dimostrato di essere
sconvolgenti e traumatizzanti, ho imparato a trattarle con cautela, da una
distanza di sicurezza – distanza che in questo caso sarà di duecentomila
anni. Duecentomila anni fa è il periodo in cui una nuova specie chiamata
Homo sapiens cominciò a essere osservata su questo pianeta.
Come avviene con tutte le nuove specie, all'inizio non ne esistevano
molti membri. Dato che l'argomento di cui parleremo è la popolazione,
sarà meglio che chiarifichi che cosa intendo con questo. Abbiamo una data
approssimativa per la comparsa dell'Homo sapiens perché abbiamo dei
resti fossili – e abbiamo dei resti fossili perché un numero sufficiente di
queste creature è vissuto in quel periodo e ci ha fornito questi fossili. In
altre parole, quando dico che l'Homo sapiens è comparso circa
duecentomila anni fa non sto parlando dei primi due esemplari o dei primi
cento. Ma non sto nemmeno parlando del primo milione di loro.
Duecentomila anni fa, ce n'era un gruppo. Diciamo diecimila. Nel corso
dei successivi centonovantamila anni, l'Homo sapiens crebbe di numero e
migrò in ogni continente del globo.
Il passaggio di questi centonovantamila anni ci porta all'inizio
dell'epoca storica di questo pianeta. Ci porta all'inizio della Rivoluzione
Agricola, che costituisce la base della nostra civiltà. Essa avvenne circa
diecimila anni fa, ed è stato stimato che la popolazione umana in quel
periodo fosse intorno ai dieci milioni.
Ora voglio spendere due minuti per analizzare questo periodo di
crescita da diecimila individui a dieci milioni. Questo periodo rappresenta
dieci raddoppi della popolazione. Da diecimila a ventimila, da ventimila a
quarantamila, da quarantamila a ottantamila, e così via. Iniziate con
diecimila, raddoppiatelo dieci volte e otterrete circa dieci milioni.
Quindi: la nostra popolazione raddoppiò dieci volte in
centonovantamila anni. Passò da circa diecimila a dieci milioni. Questa è
una crescita. Una crescita innegabile, decisa, perfino considerevole... Ma a
un ritmo infinitesimale. Ecco quanto era infinitesimale: in media, la nostra
popolazione stava raddoppiando ogni diciannovemila anni. È un ritmo
decisamente lento – glacialmente lento.
Alla fine di questo periodo, ossia diecimila anni fa, questa situazione
252
cominciò a cambiare drasticamente. La crescita a un ritmo infinitesimale si
trasformò in crescita a un ritmo rapido. Partendo da dieci milioni, la nostra
popolazione raddoppiò non in diciannovemila anni ma in appena
cinquemila, portandosi a venti milioni. Il successivo raddoppio – di più del
doppio, in realtà – richiese solo duemila anni, facendoci arrivare a
cinquanta milioni. Quello seguente impiegò solo milleseicento anni,
portandoci a cento milioni. Quello dopo richiese appena millequattrocento
anni, e ci portò a duecento milioni e all'anno zero del nostro calendario. Il
raddoppio seguente (a quattrocento milioni) richiese solo milleduecento
anni. Era il 1200 dopo Cristo. Il raddoppio successivo avvenne in soli
cinquecento anni, e ci fece raggiungere gli ottocento milioni nel 1700.
Quello dopo ancora richiese solo duecento anni, portandoci a un miliardo e
mezzo nel 1900. Il raddoppio successivo avvenne in appena sessant'anni e
ci portò a tre miliardi nel 1960. Il prossimo raddoppio della popolazione
impiegherà solo trentasette anni circa. Entro dieci o venti mesi
raggiungeremo i sei miliardi, e se il nostro ritmo di crescita rimarrà a
questi livelli, molti dei presenti in questa stanza vivranno abbastanza da
vederci arrivare a dodici miliardi. Non proverò nemmeno a immaginare
che cosa comporterà una cosa del genere. Se dovessi fare una previsione –
approssimativa e personale – vi direi di prendere tutti i problemi
attualmente esistenti (distruzione ambientale, terrorismo, crimine, droghe,
corruzione, suicidi, malattie mentali, violenze di ogni tipo) e moltiplicarli
per quattro... Come minimo. Ma, che ci crediate o no, non sono qui per
deprimervi con cupe profezie sul futuro.
Abbiamo un problema di popolazione. Ci sono poche persone in giro
che pensano che tutto vada bene e che non abbiamo affatto un problema di
popolazione, ma io non sono qui per cambiare le loro menti. Sono qui per
suggerire che l'angolazione dalla quale abbiamo affrontato il problema fino
a ora sia inefficace, e che non potrà mai essere nient'altro che inefficace.
Dopodiché, voglio mostrarvi un'angolazione più promettente. Ma adesso
vorrei leggervi una favola che credo troverete interessante. Riguarda delle
persone afflitte anch'esse da un problema di popolazione e il modo in cui
scelgono di affrontarlo. Si chiama: “La Benedizione: una favola sulla
popolazione”.
La Benedizione: una favola sulla popolazione.
Avvenne un tempo, su un pianeta non molto diverso dal nostro, che dei
253
ricercatori di una compagnia farmaceutica ebbero un colpo di fortuna con
una sostanza che stavano testando come antidolorifico. Ingerendo questa
sostanza, chiamata D3346, i topi in preda alla sofferenza cominciavano a
mostrare segni di sollievo: erano più vivaci, si accoppiavano più spesso,
mangiavano di più e così via. I test sugli esseri umani resero entusiasti i
dirigenti della compagnia. D3346 mostrò effetti superiori a droghe molto
più potenti e nessun effetto collaterale nocivo (a eccezione di un odore non
troppo gradevole che causava nei soggetti, che però scompariva non
appena la droga smetteva di venire somministrata).
Il nuovo farmaco funzionava così bene che il reparto marketing si rese
conto di avere per le mani molto di più di un semplice antidolorifico. La
gente era costretta a sopportare vari dolorini e acciacchi più o meno tutto il
tempo, e con la semplice azione di eliminare questi leggeri fastidi, D3346
donava agli utilizzatori una sensazione di benessere così intensa da essere
quasi uno sballo da droghe. Al nuovo farmaco venne conferito il nome
Benedizione senza bisogno di discussioni, e il suo slogan fu: “Fa sparire
dolori che non sapevi nemmeno di avere!”
Il farmaco venne inizialmente venduto in pillole e gocce, ma in meno di
un anno qualcuno ebbe la brillante idea di venderlo in polvere dentro
dispensatori destinati a prendere posto accanto a quelli del sale e del pepe
sul tavolo della cucina. Entro pochi mesi, la versione medicinale del
farmaco era sparita dagli scaffali, e la Benedizione non veniva più assunta
per il dolore. Era diventata solo un altro additivo alimentare benefico,
come una vitamina.
Nessuno ne fu sorpreso quando, dopo nove mesi dall'invenzione del
farmaco, il tasso di natalità cominciò ad aumentare. Era stato previsto, e
tutti ne capivano le ragioni. La Benedizione non incrementava la fertilità o
l'appetito sessuale, non era un afrodisiaco. La gente che lo usava si sentiva
semplicemente meglio – più socievole, giocosa e affettuosa. Era stato
previsto che il tasso di natalità sarebbe aumentato, e lo fece... Di circa il
dieci percento.
Su questo pianeta, le persone di cui stiamo parlando non costituivano
una cultura dominante, com'è invece la nostra, ma cominciarono
rapidamente a venire notati a livello globale. Innanzitutto, avevano un
cattivo odore, che gli fece guadagnare il nome con cui divennero famosi in
tutto il mondo: i Fetoriani. In secondo luogo, a causa delle pressioni
generate dalla loro popolazione in costante aumento, erano incorreggibili
trasgressori e invasori. Ciononostante, i Fetoriani solitamente riuscivano a
254
compiere le loro invasioni senza violenza... Facendosi precedere dalla
Benedizione.
Non importava che nessuno volesse cominciare a puzzare come i
Fetoriani. Pochi potevano resistere alla tentazione di assumere una dose
occasionale di Benedizione per un mal di schiena o un mal di testa, e in
breve finivano per usarla spesso quanto il sale da cucina. La gente
inizialmente disprezzava i Fetoriani e resisteva vigorosamente alla loro
invasione, ma finiva sempre col diventare come loro. Nel giro di poche
centinaia di anni, l'espansione fetoriana cessò perché non c'era più
territorio in cui espandersi. L'intero pianeta era ormai fetoriano.
I leader politici più lungimiranti realizzarono che la popolazione
sarebbe divenuta presto un problema urgente, ma passò un secolo senza
che venissero prese contromisure significative. La popolazione umana, non
avendo motivi di comportarsi diversamente, continuò a crescere. La fame
divenne una caratteristica normale della vita in alcune parti del mondo, e
molti cominciarono a credere che la soluzione a questo problema fosse non
il limitare la crescita, ma piuttosto l'aumentare la produzione di cibo. Passò
un altro secolo, e la popolazione umana continuò a espandersi.
Gli esperti cominciarono a suggerire strategie di controllo della
popolazione, andando da vari tipi di controllo delle nascite fino a
programmi scolastici mirati a ridurre le gravidanze tra gli adolescenti, ma
nessuna di queste iniziative ebbe effetti degni di nota. Man mano che
sempre più persone divenivano consapevoli della gravità del problema,
sociologi ed economisti cominciarono a scavare sempre più a fondo alla
ricerca delle sue cause. Notarono, per esempio, che in alcune parti del
mondo avere figli era un mezzo per migliorare le proprie condizioni di
vita: privi di altre opportunità economiche (specialmente le donne), la
gente dava alla luce bambini perché servissero da lavoratori non pagati e
perché garantissero sicurezza ai genitori una volta che essi fossero divenuti
anziani.
Un biostorico di nome Spry cercò di attirare l'attenzione pubblica sul
fatto che, prima della comparsa della Benedizione, la popolazione umana
sul pianeta era stata virtualmente stabile, ma i suoi ascoltatori avevano
difficoltà a vedere la connessione tra le due cose. Il Dottor Spry cercò di
spiegarla. “Se si introduce la Benedizione nella dieta di qualunque specie”,
disse, “il risultato sarà sempre lo stesso: il tasso di natalità crescerà. In
assenza di un equivalente aumento del tasso di mortalità, la popolazione
complessiva di quella specie non potrà che aumentare inevitabilmente.”
255
Gli ascoltatori del professore non avevano idea di dove volesse arrivare,
dato che la Benedizione era stata costantemente presente nella dieta umana
negli ultimi diecimila anni e che non potevano nemmeno immaginare di
vivere senza di essa. Il professore dovette spiegare pazientemente che,
senza assumere costantemente la Benedizione, tutti avrebbero
sperimentato vari dolorini e acciacchi che li avrebbero resi leggermente
meno vivaci, socievoli e affettuosi, e quindi meno inclini ad accoppiarsi.
Come risultato, il tasso di natalità sarebbe calato e la popolazione sarebbe
ritornata stabile.
“Sta dicendo che la soluzione al nostro problema di sovraffollamento è
di vivere soffrendo?”, gli chiese la gente con incredulità.
“Questa è una completa esagerazione”, disse il professore. “Prima
dell'invenzione della Benedizione, la gente non pensava affatto di 'vivere
soffrendo'. Non stavano vivendo nella sofferenza. Stavano solo vivendo.”
Altri dissero: “Tutto questo non c'entra nulla col nostro problema. Il
Dottor Spry ha già dimostrato che la Benedizione non è un afrodisiaco e
non aumenta direttamente la fertilità. Usare la Benedizione non ci
costringe ad accoppiarci più frequentemente. Possiamo accoppiarci come e
quanto vogliamo. Inoltre, abbiamo a disposizione vari tipi di contraccettivi
per evitare gravidanze. Quindi è difficile vedere cosa c'entri la Benedizione
con la sovrappopolazione.”
“C'entra eccome”, replicò il Dottor Spry. “Se si somministra la
Benedizione a qualunque specie, i membri di quella specie si
accoppieranno più spesso e il loro tasso di natalità aumenterà. Non è una
questione di che cosa faremo io o lei – se per esempio io o lei decideremo
di usare contraccettivi o di usare altri rimedi. Il punto è il comportamento
collettivo della specie, che cosa farà la specie nel suo complesso. E posso
dimostrarvelo sperimentalmente: il tasso di natalità di qualunque specie
che abbia accesso alla Benedizione aumenterà. Non importa se si tratta di
topi, gatti, lucertole o galline – o umani. Non è una questione di
comportamento individuale, ciò che conta è il modo in cui si comporterà
l'intera specie.”
Ma il pubblico del professore rifiutava sempre con sdegno questa
osservazione. “Noi non siamo topi!”, urlavano. “Non siamo gatti, lucertole
o galline!”
Considerato da sempre più persone un fanatico e un estremista, il
Dottor Spry alla fine perse la sua cattedra – e con essa la sua autorevolezza
e credibilità su qualsiasi argomento – e nessuno seppe più nulla di lui.
256
La sovrappopolazione peggiorò. I biologi ambientali stimarono che la
popolazione umana avesse già superato la capacità di carico del pianeta e
fosse diretta verso un collasso catastrofico. Perfino quelli che in
precedenza avevano deriso queste preoccupazioni o si erano detti ottimisti,
ora cominciavano a capire che qualcosa avrebbe dovuto cambiare. Alla
fine, i capi di stato delle nazioni più potenti si ritrovarono in una
conferenza globale per studiare e discutere il problema. Fu un evento
impressionante, senza precedenti nella storia umana. Migliaia di pensatori
e studiosi di dozzine di discipline diverse si unirono per esaminare la
questione al microscopio.
Il concetto di controllo emerse rapidamente come il tema dominante
della conferenza. Il controllo della popolazione, naturalmente. Ma per
ottenere il controllo della popolazione si doveva prima avere il controllo di
ogni sorta di attività e di fenomeni. Nuovi controlli economici avrebbero
incoraggiato le coppie a limitare le dimensioni della famiglia. Nelle
nazioni arretrate, dove le donne erano poco più che macchine riproduttive,
nuovi controlli sociali avrebbero incrementato le condizioni di vita delle
famiglie. Contraccettivi e strategie di limitazione delle nascite avevano
bisogno di una maggiore diffusione. Naturalmente, a livello individuale,
avrebbe dovuto venire aumentato anche l'autocontrollo. I meccanismi di
controllo dell'educazione vennero aspramente dibattuti, tra esperti convinti
che si dovesse mirare a mantenere i bambini e gli adolescenti ignoranti sul
sesso, e altri che invece sostenevano che se ne dovessero spiegare loro i
rischi.
Controllo, controllo, controllo – questa parole venne pronunciata
diecimila volte, un milione di volte.
A differenza della parola Benedizione.
Alla conferenza globale sulla popolazione dei Fetoriani, la Benedizione
non fu uno degli argomenti principali... E nemmeno uno di quelli
secondari.
In effetti, la Benedizione non venne nominata neanche una volta.
Quelli che ascoltano questa parabola naturalmente vogliono sapere
come interpretarla. Possono vedere che i Fetoriani si comportavano in
maniera fondamentalmente irrazionale nel rifiutarsi di riconoscere la
connessione tra la Benedizione e la propria esplosione demografica. Il
collegamento sembra ovvio. L'aumento della popolazione dei Fetoriani
cominciò precisamente con l'introduzione della Benedizione, e
257
l'introduzione della Benedizione avrebbe chiaramente prodotto questo
risultato. La logica e la storia indicavano entrambe che la Benedizione
fosse la causa dell'esplosione demografica dei Fetoriani. La logica e la
storia indicavano entrambe che rimuovere questa causa avrebbe fermato
l'esplosione e reso la popolazione nuovamente stabile.
Ma che cosa nella nostra cultura corrisponde alla Benedizione?
Prima risponderò a una domanda più semplice e vi dirò che il mio ruolo
qui è esattamente lo stesso dello sfortunato Dottor Spry. Vi indicherò la
causa della nostra esplosione demografica – con molte più prove di quanto
il Dottor Spry fu in grado di raccogliere nel caso della Benedizione – e poi
tireremo le somme. Sono abituato a vedere la gente arrabbiarsi con me
quando affronto questo argomento. Si arrabbia perché, come il Dottor
Spry, io accuso qualcosa che viene considerato la maggior benedizione
della nostra cultura – una benedizione molto più essenziale per il nostro
modo di vivere di un semplice antidolorifico.
La crescita e l'ABC dell'ecologia.
Tra le forme di vita presenti sul nostro pianeta, tutta l'energia alimentare
viene originata dai vegetali e da nient'altro. L'energia originata dai vegetali
viene poi trasferita agli erbivori che se ne nutrono, poi ai predatori che si
nutrono di questi erbivori, poi ai predatori che si nutrono dei predatori
minori, e infine agli animali saprofagi che restituiscono al terreno i
nutrienti di cui le piante hanno bisogno per mantenere il ciclo attivo. Tutto
questo può essere definito la A dell'ABC dell'ecologia.
Le varie popolazioni della comunità della vita mantengono un
equilibrio dinamico mangiando altre creature e venendone mangiate.
Squilibri all'interno della comunità – causati per esempio da malattie o da
disastri naturali – tendono a venire smorzati e annullati dall'attività delle
popolazioni delle varie specie, mentre esse continuano a mangiare altre
creature e a venirne mangiate come loro solito, generazione dopo
generazione. In termini sistemici, le dinamiche di crescita e declino delle
popolazioni della comunità biologica sono un sistema di feedback
negativo. Se ci sono troppi cervi nella foresta, finiranno sicuramente col
divorare le proprie risorse alimentari, e questa riduzione della loro riserva
di cibo provocherà un declino della loro popolazione. Mentre la loro
popolazione diminuisce, la loro riserva alimentare ha modo di ricostituirsi,
e questo nuovo aumento del cibo a loro disposizione causa un altro
258
aumento della loro popolazione. Ma la crescita della loro popolazione
riduce nuovamente le loro riserve di cibo, il che riduce di nuovo la loro
popolazione.
All'interno della comunità della vita, le popolazioni delle specie prede e
quelle delle specie predatrici si controllano a vicenda. Se aumenta quella
della specie preda, aumenta anche quella della relativa specie predatrice.
Mentre la popolazione della specie predatrice aumenta, quella della specie
preda diminuisce. Mentre la popolazione della specie preda diminuisce,
quella della specie predatrice si riduce anch'essa. Mentre la popolazione
della specie predatrice si riduce, quella della specie preda aumenta. E così
via. Questa è la B dell'ABC dell'ecologia.
Per i teorici sistemici, la comunità naturale rappresenta un perfetto
modello di feedback negativo. Un modello più semplice è il termostato che
controlla il vostro riscaldamento. Se la temperatura che rileva è troppo
bassa, il termostato accenderà il riscaldamento. Dopo un po' di tempo, il
termostato rileverà una temperatura troppo alta, e come reazione spegnerà
il riscaldamento. Feedback negativo. Gran cosa.
La A dell'ABC dell'ecologia è il cibo. La comunità della vita non è
nient'altro che cibo. Cibo che vola, che corre, che nuota, che striscia e che
se ne sta semplicemente fermo a crescere. La B dell'ABC dell'ecologia è
che il declino e la crescita di tutte le popolazioni dipende dalla quantità di
cibo di cui dispongono. Un aumento della disponibilità di cibo significa
crescita. Una riduzione della disponibilità di cibo significa declino.
Sempre. Dato che è un punto così importante, lasciatemelo dire in un altro
modo: invariabilmente. Un aumento della disponibilità di cibo significa
crescita. Una riduzione della disponibilità di cibo significa declino. Ogni
volta, in ogni caso, sempre. Semper et ubique. Senza eccezioni. Mai
altrimenti.
Più cibo, crescita. Meno cibo, declino. Potete contarci.
Non esiste una specie che diminuisca di numero in mezzo
all'abbondanza. Non esiste una specie che prosperi in mezzo alla scarsità.
Questo è la B dell'ABC dell'ecologia.
Sconfiggere i controlli del sistema.
Con la A e la B dell'ecologia nelle nostre mani, siamo pronti per tornare
indietro e guardare di nuovo alle origini della nostra esplosione
demografica. Per centonovantamila anni, la nostra specie ha continuato a
259
crescere a un ritmo infinitesimale da poche migliaia fino a dieci milioni.
Poi, circa diecimila anni fa, abbiamo cominciato a crescere rapidamente.
Questo non è stato un evento miracoloso, accidentale o misterioso.
Abbiamo cominciato a crescere più rapidamente perché abbiamo
trovato un modo per sconfiggere i meccanismi di feedback negativo che
controllano la comunità. Siamo diventati produttori di cibo – agricoltori. In
altre parole, abbiamo trovato il modo di aumentare la disponibilità di cibo
a volontà.
Questa capacità di creare cibo a piacimento è la benedizione su cui si
fonda la nostra civiltà. È anche la benedizione che l'antidolorifico della
mia parabola simboleggia. La capacità di produrre cibo a volontà è una
benedizione che non viene mai messa in discussione, ma questo è proprio
ciò che può renderla pericolosa – e pericolosamente assuefacente – proprio
come l'antidolorifico della mia favola.
“A volontà” è la parola d'ordine qui. Dato che ora potevamo produrre
cibo a volontà, la nostra popolazione non era più soggetta al controllo
esercitato dalla casuale disponibilità di cibo. Ogni volta che volevamo più
cibo, potevamo crearlo. Dopo aver vissuto centonovantamila anni limitati
da ciò che era disponibile, cominciammo a controllare ciò che era
disponibile – e invariabilmente cominciammo ad aumentarlo. Non si
diventa certo agricoltori per ridurre la quantità di cibo esistente. Lo si
diventa per aumentarla. E lo stesso fanno i nostri vicini e tutti gli
agricoltori della nostra zona. Siamo tutti impegnati ad aumentare il cibo a
disposizione della nostra specie.
E qui entra in gioco la B dell'ABC dell'ecologia: un incremento della
disponibilità di cibo per una specie causerà invariabilmente una sua
crescita. In altre parole, l'ecologia prevede che la benedizione
dell'agricoltura ci porterà ad aumentare di numero – e la storia conferma la
previsione dell'ecologia. Appena abbiamo cominciato ad aumentare la
quantità di cibo a nostra disposizione, la nostra popolazione ha cominciato
a crescere – non più glacialmente come prima, quando eravamo soggetti al
controllo del feedback negativo della comunità della vita, ma rapidamente.
L'espansione demografica degli agricoltori venne seguita dalla loro
espansione territoriale. Essa rese più territori disponibili per la produzione
di cibo, e nessuno comincia a coltivare la terra per ridurre la quantità di
cibo disponibile. Più terra, più cibo prodotto, maggior crescita della
popolazione.
Con più persone, abbiamo bisogno di più cibo. Con più cibo a
260
disposizione, presto ci troviamo ad avere ancora più persone – come
previsto dalle leggi dell'ecologia. Con ancora più persone, ci serve ancora
più cibo. Con più cibo, presto abbiamo più persone. Con più persone, ci
serve più cibo. Con più cibo, presto abbiamo più persone.
Questo viene chiamato feedback positivo, nella terminologia sistemica.
Un altro esempio: immaginiamo che quando il termostato rileva una
temperatura troppo alta, accenda il riscaldamento anziché spegnerlo.
Questo è il feedback positivo. Il feedback negativo controbilancia un
effetto in aumento. Il feedback positivo lo incrementa ulteriormente.
Il feedback positivo è ciò che vediamo in azione nella nostra
rivoluzione agricola. Un aumento della popolazione stimola un aumento
della produzione di cibo, che aumenta ulteriormente la popolazione. Più
cibo, più persone. Più persone, più cibo. Più cibo, più persone. Più
persone, più cibo. Più cibo, più persone. Feedback positivo. Roba
pericolosa.
L'esperimento condotto diecimila volte.
Ciò che si osserva nella popolazione umana è che intensificare la
produzione di cibo per nutrire una popolazione più grande porta
inevitabilmente a un ulteriore aumento della popolazione. L'ho visto
chiamare un paradosso, ma in realtà è solo ciò che prevedono le leggi
dell'ecologia. Ascoltate di nuovo: “Intensificare la produzione di cibo per
nutrire una popolazione più grande porta inevitabilmente a un ulteriore
aumento della popolazione.”
Pensatelo come un esperimento che è stato condotto ogni anno nella
nostra cultura negli ultimi diecimila anni:
 Vediamo che succede se aumentiamo la produzione di cibo
quest'anno. Ehi, ma guarda un po', anche la nostra popolazione è
aumentata! Chissà che succede se lo facciamo anche l'anno prossimo.
 Ma guarda un po', la nostra popolazione è aumentata di nuovo! Dici
che c'è una connessione?
 Ma no, perché dovrebbe esserci?
 Be', che facciamo quest'anno? Aumentiamo o diminuiamo la
produzione?
 Be', dobbiamo aumentarla visto che abbiamo più bocche da sfamare,
no?
261
 D'accordo, aumentiamola anche quest'anno e vediamo che succede.
Accidenti, guarda qua: la popolazione è cresciuta di nuovo!
 Va bene, aumentiamola anche quest'anno e vediamo che succede. Chi
lo sa, magari stavolta la popolazione diminuisce.
 No, è cresciuta di nuovo. Pazzesco.
Queste conversazioni descrivono i risultati di cinque esperimenti
annuali condotti in tempi antichi. Immaginate altri novantanovemilanovecentonovantacinque esperimenti del genere fino ad arrivare all'anno
attuale, il 1996, in cui dobbiamo chiederci:
 Be', cosa facciamo quest'anno? Diminuiamo la produzione di cibo?
 Figuriamoci, non essere ridicolo.
 Be', facciamo così: manteniamola identica all'anno scorso giusto per
una volta. Solo per vedere che succede.
 Stai scherzando? La civiltà andrebbe in pezzi.
 Perché? Se abbiamo prodotto abbastanza cibo per sfamare cinque
miliardi e mezzo di persone l'anno scorso, perché la civiltà dovrebbe
crollare se ne producessimo abbastanza per cinque miliardi e mezzo di
persone anche quest'anno?
 Perché non era abbastanza per sfamare cinque miliardi e mezzo di
persone. Milioni stanno morendo di fame.
 Sì, ma si sa che questo non avviene perché manca il cibo. Di cibo ce
n'è a sufficienza, solo che non arriva alle persone che stanno morendo di
fame.
 Senti, non abbiamo già fatto questo discorso nel 1990?
 Certo.
 L'abbiamo fatto nel 1990, nel 1921 durante la carestia russa, nel 1846
durante la carestia irlandese, nel 1783 durante la carestia giapponese, nel
1591 durante la carestia italiana e nel 1351 durante la carestia europea.
Dio, mi ricordo di aver fatto questo discorso nel sesto secolo avanti Cristo,
durante la carestia romana.
 Be', è proprio ciò che sto dicendo. Quante volte abbiamo effettuato
questo esperimento?
 Circa diecimila volte. Per diecimila volte abbiamo deciso di
aumentare la produzione di cibo, e per diecimila volte è aumentata anche
la popolazione. Non prova niente, naturalmente. Stavolta potrebbe andare
diversamente. Stavolta la popolazione potrebbe calare.
 Be', d'accordo, proviamo un'altra volta. Aumentiamo di nuovo la
262
produzione di cibo e vediamo che succede.
 Ehi, ma guarda un po', la popolazione è salita di nuovo. Che
coincidenza, eh?
Tre dimostrazioni.
Lasciate che ora spenda alcuni minuti a descrivervi una serie di
dimostrazioni che chiariranno le questioni che ho sollevato.
Ecco la prima dimostrazione. Introduciamo due topi giovani e sani in
una bella gabbia spaziosa. La gabbia è dotata di un dispensatore che ci
permette di decidere la quantità di cibo che vogliamo dar loro. Dopo aver
inserito i due topi, immettiamo nella gabbia due chili di cibo. Ovviamente
è molto più di quanto abbiano bisogno due topi, ma questo non causerà
alcun problema e presto capirete perché l'abbiamo fatto. Il giorno dopo
estraiamo il dispensatore, rimuoviamo il cibo avanzato e ne inseriamo altri
due chili. Continuiamo a farlo ogni giorno. In breve, i due topi diventano
quattro, poi otto, poi sedici, poi trentadue. Questo aumento della loro
popolazione ci conferma che i topi ricevono cibo in abbondanza.
Continuiamo a immettere due chili di cibo ogni giorno, e più passa il
tempo, più ne viene consumato. Questo non ci sorprende, dato che ci sono
sempre più topi a consumarlo. Alla fine arriva il giorno in cui viene
mangiato tutto. Non importa. Continuiamo a immettere due chili di cibo
ogni giorno, e ogni giorno i due chili vengono mangiati. Ora provate a
indovinare cosa accade a questa popolazione, che ha continuato a crescere
così rapidamente fin dall'inizio della dimostrazione. Smette di aumentare.
Si stabilizza. Di nuovo, questo non ci sorprende affatto. Man mano che
continuiamo a rifornirli di due chili di cibo al giorno, contiamo i topi
quotidianamente per un anno e osserviamo che la popolazione fluttua tra i
duecentottanta e i trecentoventi individui, con una media di trecento. Due
chili di cibo al giorno sostenteranno circa trecento topi. Questa è la prima
dimostrazione.
La seconda dimostrazione comincia in modo simile. Una gabbia. Due
topi. Questa volta però seguiamo una procedura diversa. Invece di inserire
sempre la stessa quantità di cibo ogni giorno, cominciamo con un certo
ammontare e lo aumentiamo quotidianamente. Qualunque quantità di cibo
la coppia di topi consumi il primo giorno, noi immetteremo il cinquanta
percento in più il giorno successivo. Qualunque quantità mangino il
secondo giorno, la aumenteremo del cinquanta percento il terzo. In breve
263
ci sono quattro topi. Non importa, continuiamo a seguire la nostra
procedura. Qualunque ammontare consumino un giorno, ne mettiamo il
cinquanta percento in più il giorno seguente. Presto ci sono otto topi, poi
sedici, poi trentadue. Non importa, continuiamo ad aumentare la quantità
di cibo del cinquanta percento ogni giorno. Sessantaquattro topi,
centoventotto, duecentocinquanta, cinquecento, mille. Qualsiasi
ammontare consumino un giorno, ne immettiamo il cinquanta percento in
più il giorno seguente, avendo cura di estendere i lati della gabbia quanto
serve per evitare un fastidioso sovraffollamento. Duemila, quattromila,
ottomila, sedicimila, trentaduemila, sessantaquattromila. A questo punto,
qualcuno irrompe nel laboratorio urlando: “Fermi! Fermi! Questa è
un'esplosione demografica!”
Accidenti, immagino che abbia ragione. Che facciamo adesso?
Ho un suggerimento. Cominciamo rispondendo a questa domanda:
quanto hanno mangiato questi sessantaquattromila topi ieri? Risposta:
cinquecento chili di cibo. Va bene. Normalmente, domani inseriremmo
settecentocinquanta chili di cibo nella gabbia, ma lasciamo perdere quella
procedura adesso. La nostra nuova procedura sarà basata su questa teoria:
ieri cinquecento chili di cibo erano sufficienti per loro, quindi perché non
dovrebbero esserlo anche oggi?
Quindi oggi inseriamo solo cinquecento chili di cibo nella gabbia,
proprio come ieri.
Ora guardate attentamente. Non avvengono rivolte o disordini. E perché
dovrebbero? I topi hanno tanto cibo oggi quanto ne avevano ieri.
Ora osservate di nuovo. Non ci sono topi che muoiono di fame. E
perché dovrebbero esserci?
Ora è il giorno seguente, e di nuovo inseriamo solo cinquecento chili di
cibo nella gabbia.
Di nuovo, osservate attentamente. Ancora niente rivolte. Ancora niente
topi che muoiono di fame.
Lo facciamo di nuovo per il terzo giorno. Di nuovo, niente disordini,
niente topi affamati.
Ma non stanno nascendo nuovi topi? Ma certo – e vecchi topi stanno
morendo.
Quarto giorno, quinto giorno, sesto giorno. Sto aspettando di vedere
disordini a causa del cibo, ma non avvengono. Sto aspettando che compaia
la fame, ma non succede.
Ci sono sessantaquattromila topi, e cinquecento chili di cibo possono
264
sostentare quel numero di topi. Perché dovrebbero esserci disordini?
Perché dovrebbe esserci fame?
Ah, quasi dimenticavo di aggiungerlo: l'esplosione demografica si è
fermata da un giorno all'altro. Cos'altro avrebbe potuto fare? La crescita
della popolazione deve essere supportata da un aumento della disponibilità
di cibo. Sempre. Senza eccezioni. Meno cibo: declino. Più cibo: crescita.
Stessa quantità di cibo: stabilità. E questo è ciò che abbiamo ottenuto qui:
stabilità.
Terza dimostrazione. Questa dimostrazione è identica alla seconda fin
quasi alla fine. Sessantaquattromila topi, cinquecento chili di cibo,
stabilità. Poi il capo del dipartimento arriva e dice: “Chi ha bisogno di
sessantaquattromila topi? Tutti questi topi ci stanno esaurendo lo spazio e i
soldi. E che ha di speciale questo numero, comunque? Perché non
ottomila? Perché non quattromila?”
Accidenti, che disastro. Svelti, prendete le Pagine Gialle, vedete se
qualcuno fabbrica profilattici per topi! Cosa? Non esistono?! Be', cercate
'pianificazione famigliare'! Cosa? Niente pianificazione famigliare per i
roditori?!”
No, sapete bene che la reazione non sarebbe questa. Lo sapete perché
capite la B dell'ABC dell'ecologia. Non ci serve avere il controllo delle
nascite. L'unica cosa che ci serve è il controllo del cibo.
Qualcuno dice: “Ecco cosa faremo: ieri abbiamo inserito cinquecento
chili di cibo nella gabbia. Oggi ne metteremo un chilo in meno.”
“Oh, no”, obietta un altro. “Un chilo in meno è troppo. Riduciamo la
quantità solo di un quarto di chilo.”
E questo è ciò che fanno. Quattrocentonovantanove chili e tre quarti di
cibo finiscono nella gabbia. C'è tensione nel laboratorio, mentre tutti
aspettano di veder scatenarsi rivolte e fame... Ma naturalmente non
avviene nulla di simile. Per sessantaquattromila topi, un quarto di chilo di
cibo è insignificante come una scaglia di forfora.
L'indomani, quattrocentonovantanove chili e mezzo di cibo vengono
immessi nella gabbia. Ancora niente disordini né fame.
Questa procedura viene ripetuta per mille giorni, e non una sola volta si
verificano rivolte o carestie. Dopo mille giorni, vengono inseriti nella
gabbia soltanto duecentocinquanta chili di cibo, e indovinate un po'? Non
ci sono più sessantaquattromila topi nella gabbia. Ce ne sono solo
trentaduemila. Non un miracolo, solo una dimostrazione delle leggi
dell'ecologia. Una diminuzione della disponibilità di cibo ha avuto come
265
risultato una diminuzione della popolazione. Come sempre. Semper et
ubique. Niente rivolte o carestie, solo la normale reazione di una
popolazione alla quantità di cibo a sua disposizione.
Obiezioni.
Sono rimasto sorpreso da quanto le persone trovino queste idee difficili
da accettare. Si sentono minacciate da esse. Si infuriano. Si comportano
come se stessi attaccando le fondamenta delle loro vite. Come se stessi
mettendo in dubbio la bontà della più grande benedizione della vita
civilizzata. Per qualche motivo, reagiscono come se stessi mettendo in
discussione la sacralità stessa della vita umana.
Vorrei occuparmi di alcune delle obiezioni che vengono mosse a queste
idee. Non lo faccio per scoraggiarvi dall'esprimere obiezioni vostre, ma
perché in questo modo posso esprimere queste obiezioni irrispettosamente
quanto voglio senza infastidire nessuno.
Mi occuperò per prima dell'obiezione più comune, ossia che gli esseri
umani non sono topi. Questo è naturalmente verissimo, soprattutto a livello
individuale. Ognuno di noi, come individuo, è in grado di compiere scelte
riproduttive che i topi non possono assolutamente fare. Tuttavia – e questa
è la considerazione che fa l'ecologia e che ho fatto anch'io oggi – il nostro
comportamento come popolazione biologica è indistinguibile da quello di
qualsiasi altra. A difesa di quest'affermazione, offro l'evidenza di diecimila
anni di obbedienza a questa fondamentale legge ecologica: un aumento
della quantità di cibo a disposizione di una specie significa crescita per
quella specie.
Mi è stato detto che non deve necessariamente essere così. Mi è stato
detto che possiamo aumentare la produzione di cibo e
contemporaneamente ridurre la nostra popolazione. Questa è
essenzialmente la posizione di quelli che sostengono il controllo delle
nascite. Questa è essenzialmente la posizione di quelle organizzazioni ben
intenzionate che si sforzano di migliorare le tecniche agricole delle
popolazioni indigene del Terzo Mondo. Vogliono dare alle popolazioni
tecnologicamente sottosviluppate i mezzi per aumentare la loro
popolazione con una mano, e i mezzi per controllare le loro nascite con
l'altra... Anche se sappiamo benissimo che questi metodi di controllo delle
nascite non funzionano nemmeno per noi! Queste persone sono sicure che
possiamo sia continuare ad aumentare la produzione di cibo che fermare la
266
crescita della popolazione con il controllo delle nascite. Sono in diniego
della B dell'ABC dell'ecologia.
La storia – e non solo trent'anni di storia, ma diecimila – non offre il
minimo sostegno all'idea che possiamo aumentare la produzione di cibo e
allo stesso tempo frenare la crescita della popolazione. Al contrario, la
storia conferma con decisione ciò che insegna l'ecologia: se produci più
cibo, avrai più persone.
Ovviamente la questione è diversa al livello individuale. Il vecchio
Macdonald nella sua fattoria può aumentare la produzione di cibo e
contemporaneamente tenere a zero la crescita della sua famiglia, ma questa
chiaramente non è la fine della storia. Che farà con il cibo in più che ha
prodotto nella sua fattoria? Lo inzupperà di benzina e gli darà fuoco? Ma
allora non avrà affatto aumentato la quantità di cibo disponibile per il
consumo. Lo venderà? Presumibilmente è questo che farà, e se lo venderà
allora quel cibo in più entrerà a far parte dell'incremento agricolo annuo
che alimenta la crescita della nostra popolazione globale.
Mi viene spesso detto che anche se smettessimo di aumentare la
produzione di cibo, la nostra popolazione continuerebbe comunque a
crescere. Questo rappresenta un diniego sia della A che della B dell'ABC
dell'ecologia. La A dice: noi siamo cibo. Siamo cibo perché siamo ciò che
mangiamo, e ciò che mangiamo è cibo. Per dirlo chiaro e tondo, ognuno di
noi è fatto di cibo.
Quando la gente mi dice che la nostra popolazione continuerebbe ad
aumentare di milioni di individui all'anno anche se smettessimo di
incrementare la produzione di cibo, io chiedo loro di che cosa saranno fatti
questi milioni di individui, dato che non verrà prodotto cibo in più per
sfamarli. Gli dico: “Per favore, portatemi alcune di queste persone, perché
se non sono fatte di cibo, allora voglio sapere di che cosa sono fatte. Di
raggi lunari, di polvere di arcobaleno, di luce di stelle, di respiro di angeli,
di che cosa?”
Quasi invariabilmente, qualcuno mi chiede se non sono a conoscenza
del fatto che la crescita della popolazione è molto più lenta nel Nord (ricco
di cibo) che nel Sud (dove il cibo scarseggia). Questo sembra venir offerto
come prova del fatto che le società umane non sono soggette alle leggi
dell'ecologia, le quali (si presume) predicono che più cibo equivale a una
crescita più rapida. Ma questo non è affatto ciò che l'ecologia prevede.
Lasciate che lo ripeta: l'ecologia non prevede che la popolazione di un'area
ricca di cibo crescerà più rapidamente di quella di un'area dove il cibo
267
scarseggia. Ciò che l'ecologia prevede è questo: quando più cibo viene reso
disponibile, la popolazione aumenta. Ogni anno più cibo viene reso
disponibile al Nord, e ogni anno la sua popolazione aumenta. Ogni anno
più cibo viene reso disponibile al Sud, e ogni anno la sua popolazione
aumenta.
A questo punto, mi verrà obiettato enfaticamente che al Sud non sta
venendo affatto reso disponibile sempre più cibo. La popolazione cresce
come un incendio fuori controllo, ma questa crescita non sta venendo
sostenuta da alcun aumento del cibo a sua disposizione. Tutto ciò che
posso dire è che, se è davvero questo ciò che sta succedendo, siamo
chiaramente in presenza di un miracolo. Queste nuove persone non
possono essere fatte di cibo perché, secondo quanto mi dite, non sta
venendo reso disponibile nessun cibo aggiuntivo per loro. Devono essere
fatte d'aria, di ghiaccioli o di terra. Ma se si dovesse scoprire che – come
sospetto fortemente – sono fatte di ordinaria carne e sangue, allora devo
chiedervi che cosa pensiate che sia questa [a questo punto B si è afferrato
la pelle del braccio.] Pensate di poter creare carne e sangue dal nulla? No,
l'esistenza di carne e sangue è prova che queste persone sono fatte di cibo.
E se quest'anno ci sono più persone, questo è prova che c'è anche più cibo
a disposizione.
E ovviamente devo confrontarmi con i milioni di individui che stanno
morendo di fame. Non dobbiamo continuare ad aumentare la produzione
di cibo per sfamare queste persone? Ci sono due cose che devono essere
comprese qui. La prima è che il cibo in più che produciamo ogni anno non
va a sfamare i milioni di individui che muoiono di fame. Non ci è andato
nel 1995, non ci è andato nel 1994, non ci è andato nel 1993, non ci è
andato nel 1992 e non ci andrà nel 1996. Dov'è andato allora questo cibo?
È andato ad alimentare la nostra esplosione demografica.
Questa è la prima cosa. La seconda è che chiunque stia cercando di
risolvere la fame nel mondo sa benissimo che il problema non è la scarsità
di cibo. Produrre più cibo non risolve affatto il problema, semplicemente
perché il problema non è quello. Produrre più cibo non fa che produrre più
persone.
Allora la gente mi chiede: “Non capisci che la nostra capacità agricola
sta già venendo distrutta? Ogni anno eliminiamo milioni di tonnellate di
suolo fertile. Perfino il mare non ha più tanto cibo quanto prima. Eppure
l'esplosione demografica continua.” Il punto di quest'obiezione è: la nostra
capacità di produzione alimentare sta calando, eppure la crescita della
268
popolazione persiste. Questo viene portato come prova che non c'è alcuna
connessione tra disponibilità di cibo e crescita della popolazione. Ancora
una volta, ho paura che siamo in presenza di un ragionamento surreale. La
nostra esplosione demografica non può continuare senza cibo più di quanto
un fuoco possa continuare a bruciare senza combustibile. Il fatto che la
nostra popolazione continui a crescere anno dopo anno prova che stiamo
producendo sempre più cibo, anno dopo anno. Questo resterà vero finché
non compariranno persone fatte di ombre, di fil di ferro o di ghiaia.
Quando ogni altra obiezione fallirà, si sosterrà che la gente non
tollererà un limite alla produzione di cibo. Questo può essere vero, ma non
confuta in alcun modo i fatti che ho presentato.
Nessuno mi ha mai chiesto espressamente che cosa ho contro il
controllo delle nascite, ma risponderò comunque. Non ho assolutamente
niente contro di esso. Rappresenta semplicemente una soluzione molto
scarsa. La regola nella gestione delle crisi è: non cercare di controllare gli
effetti, cerca di controllare le cause. Se controlli le cause, non hai bisogno
di controllare gli effetti. È per questo che i controlli di sicurezza negli
aeroporti vengono effettuati prima di farvi salire sull'aereo. Non vogliono
dover controllare gli effetti, vogliono controllare le cause. Il controllo delle
nascite è una strategia mirata agli effetti. Il controllo della produzione
alimentare è una strategia mirata alle cause.
Ci converrà darle un'occhiata.
Domande e risposte.
[Tutte le domande sono riassunte da B per gli ascoltatori che non
parlano tedesco.]
DOMANDA:
In una delle sue “dimostrazioni” dice che le pareti della gabbia possono
venire espanse per accogliere un'aumentata popolazione di topi. Mi sembra
che questo invalidi la dimostrazione, dato che noi non abbiamo modo di
espandere i confini di questo pianeta perché possa accomodare
un'aumentata popolazione umana.
RISPOSTA:
Ciò che hanno fatto le nazioni europee a partire dal sedicesimo secolo è
stato precisamente espandere le pareti della gabbia per accomodare
un'aumentata popolazione – nel Nuovo Mondo, in Australia, in Melanesia
269
e in Africa.
DOMANDA:
Non riesco a capire cos'ha aggiunto di nuovo rispetto a Thomas
Malthus, che stava facendo predizioni simili già un secolo fa.
RISPOSTA:
L'avvertimento di Malthus riguardava l'inevitabile fallimento
dell'agricoltura totalitaria. Il mio avvertimento riguarda il suo continuo
successo.
DOMANDA:
I suoi modelli di crescita della popolazione non tengono conto della ben
documentata correlazione tra qualità della vita e crescita della popolazione.
Le nazioni con un'alta qualità della vita hanno un tasso di crescita vicino
allo zero o addirittura negativo (come la Germania!), mentre le nazioni con
bassi standard di vita sono quelle in cui avviene la crescita maggiore.
Questo dimostra che non c'è necessariamente una correlazione tra la
produzione di cibo e la crescita della popolazione.
RISPOSTA:
L'argomento che lei ha presentato è del tipo che piace all'industria del
tabacco: “Una delle mie migliori amiche non ha mai toccato una sigaretta
in vita sua, non è cresciuta e non ha mai lavorato tra fumatori, eppure è
morta di cancro ai polmoni ad appena trentasette anni. Invece mio padre
fuma due pacchetti al giorno da quando aveva diciassette anni, ed è ancora
sano e arzillo adesso che ne ha sessantatré. Questo dimostra che non c'è
necessariamente una correlazione tra il fumo e il cancro.”
Quando la nostra popolazione viene considerata nella sua interezza –
globalmente, anziché nazione per nazione – non c'è il minimo dubbio che,
nel complesso, essa stia aumentando catastroficamente, tanto che gli studi
condotti da organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite prevedono
chiaramente che nel giro di quarant'anni ci saranno dodici miliardi di noi.
DOMANDA:
Il punto che sta ignorando è che la crescita della popolazione può
venire rallentata dal miglioramento delle condizioni di vita.
RISPOSTA:
Nel Nuovo Mondo, cinquecento anni fa, la popolazione non autoctona
era pari a zero. Oggi conta trecento milioni. Questa crescita non è stata il
270
risultato di scarse condizioni di vita. È stata il risultato delle cause che ho
descritto qui stasera.
DOMANDA:
Gli agricoltori di tutto il mondo non sono affatto impegnati
principalmente nella produzione di cibo per sfamare una popolazione in
crescita, come dice lei. Non è questo a stimolare i loro sforzi. Sempre più
agricoltori sono impegnati nella coltivazione di campi che non sfamano
nessuno, come caffè, cotone e tabacco.
RISPOSTA:
Da dove arriva allora il cibo che alimenta la nostra popolazione in
crescita? Se non sta venendo prodotto dagli agricoltori, chi lo sta
producendo? Questo è un fatto biologico indiscutibile: se cento milioni di
individui vengono aggiunti alla popolazione, questi individui saranno fatti
di cibo e di nient'altro.
DOMANDA:
Secondo Karl Marx, la popolazione di ogni cultura è determinata dai
vincoli del loro stile di vita. Per esempio, i popoli raccoglitori devono
mantenere una popolazione molto piccola per poter continuare a vivere in
quel modo. Potrebbero sfamarne di più, ma solo rinunciando ad alcuni
aspetti del loro stile di vita. In altre parole, il modo in cui vivono impone
loro dei limiti. Anche il nostro imporrà un limite a noi.
RISPOSTA:
Capisco. E nel frattempo, la produzione alimentare non c'entra nulla?
DOMANDA:
Per quanto mi riguarda, la produzione alimentare non c'entra nulla.
RISPOSTA:
Non posso fare altro che precisare che le scienze biologiche vedono la
questione in modo diverso.
DOMANDA:
Mi sembra che non abbiamo bisogno di fare nulla riguardo la nostra
popolazione in crescita. Il sistema stesso se ne prenderà cura.
RISPOSTA:
Intende collassando? Sì, è verissimo. Se scopre che l'edificio in cui vive
ha dei difetti strutturali che presto ne causeranno il crollo, può certamente
scegliere di non fare niente e di lasciare alla forza di gravità il compito di
271
occuparsene. Ma se i suoi figli vivranno nel palazzo quando finalmente
crollerà, potrebbero non gradire quanto lei questa soluzione.
(Riprendi la narrazione a pagina 89.)
272
La Grande Reminiscenza.
25 maggio, Schauspielhaus Wahnfried, Radenau.
C'è una droga chiamata polvere d'angelo, o PCP, che ha l'effetto di
rendere le persone inconsapevoli delle proprie vulnerabilità e limitazioni
fisiche. Sotto la sua influenza, le persone compiranno maniacalmente
imprese ben al di là dei limiti strutturali del corpo umano, fratturandosi le
ossa, lacerandosi la carne e strappandosi i legamenti senza neanche
accorgersene, credendosi indistruttibili e accorgendosi dei danni che si
sono procurati soltanto quando l'effetto della droga svanisce.
La nostra cultura ha la propria forma di polvere d'angelo, che ci rende
inconsapevoli delle nostre vulnerabilità e limitazioni biologiche. Sotto la
sua influenza, abbiamo compiuto maniacalmente imprese ben al di là dei
limiti strutturali non solo della nostra specie ma di qualunque altra sul
pianeta, cosicché ci siamo fratturati le ossa, lacerati la carne e strappati i
legamenti senza accorgercene, credendo di essere indistruttibili. Solo
adesso, come il drogato quando la droga comincia a perdere effetto, stiamo
cominciando a notare le ferite che ci siamo inflitti durante la nostra furia
cieca. Ma anche mentre le notiamo continuiamo ad assumere quella droga,
perché non abbiamo ancora compreso che è proprio lei la fonte della nostra
follia.
La droga di cui sto parlando è la Grande Amnesia. Proprio come la
polvere d'angelo rende le persone inconsapevoli di essere fatte di carne e
ossa, la Grande Amnesia rende noi inconsapevoli di essere solo una specie
biologica in una comunità di specie biologiche, e ci rende incapaci di
capire che non siamo esentati o esentabili dalle forze che governano tutte
le forme di vita su questo pianeta. La Grande Amnesia ci rende
inconsapevoli del fatto che ciò che non può funzionare per una qualunque
altra specie non può funzionare neanche per noi. Come la polvere d'angelo
spinge le persone a compiere azioni mortalmente pericolose per qualunque
essere umano, la Grande Amnesia spinge noi a compiere azioni
mortalmente pericolose per qualunque specie.
Molti pensano che ormai sia troppo tardi perché l'umanità possa
salvarsi. Ascolto le loro preoccupazioni ogni giorno, e il mio cuore è con
loro. La loro disperazione è comprensibile, perché scambiano l'effetto della
droga per la natura umana stessa. Ma in realtà abbiamo il tempo di
smettere di prendere la droga e di somministrarla ai nostri figli. Abbiamo il
273
tempo di cominciare la Grande Reminiscenza.
L'obliterazione del tribalismo.
Ho spiegato poco fa che la Grande Amnesia ha creato l'illusione che il
mondo fosse privo di umani finché i membri della nostra cultura fecero la
loro comparsa, solo pochi millenni fa. Come corollario a questa illusione,
nacque la convinzione che la nostra cultura fosse non solo la prima e
l'originaria cultura umana, ma anche l'unica cultura che Dio avesse inteso
per tutti gli esseri umani. Queste illusioni continuano a venire credute in
tutto il mondo – a Oriente come a Occidente, gemelli nati da un solo parto
– nonostante la vera (e ben nota) storia delle origini umane non dia loro il
minimo sostegno.
Per come i pensatori fondamentali della nostra cultura avevano
ricostruito la storia, gli umani erano comparsi sul pianeta con un innato
istinto per la civilizzazione ma, naturalmente, nessuna esperienza.
Scoprirono rapidamente gli ovvi benefici della vita in comune, e da lì in
poi il percorso verso la civilizzazione fu semplice. I villaggi di agricoltori
divennero paesi, i paesi divennero città, le città furono riunite in regni e
così via. Era tutto molto semplice ma non tutto funzionava come si deve,
perché uno strumento sociale fondamentale doveva ancora essere
inventato: la legge. Ignoranti perfino del concetto di legge, gli abitanti di
queste prime città erano condannati a sopportare crimini, insurrezioni,
oppressioni e ingiustizie. La legge fu uno strumento chiave che la società
dovette attendere per potersi sviluppare, proprio come la navigazione
oceanica aveva dovuto attendere l'invenzione dell'astrolabio.
Si sarebbe portati a credere che fossero esistite delle leggi molto prima
dell'invenzione della scrittura, ma non sembra sia così. Se le leggi fossero
state formulate oralmente prima della scrittura, allora le prime cose a
venire messe per iscritto sarebbero sicuramente state delle trascrizioni di
queste leggi... Ma i primi manoscritti non contengono alcuna legge. In
effetti, il codice di leggi scritte più antico, il Codice di Hammurabi, risale
solo al 2100 a.C.
Questo è all'incirca ciò che i pensatori fondamentali della nostra cultura
immaginarono, e questo è ciò che divenne la convinzione comune nelle
nostra cultura, impressa ancora oggi in ogni teoria sociale e in ogni libro di
testo scolastico nel mondo. Non ci dovrebbe essere bisogno di precisarlo,
ma questa visione dei fatti è tanto vicina alla verità quanto la storia che i
274
bambini sono portati dalle cicogne.
Ora proviamo a toglierci le lenti offuscanti della Grande Amnesia e a
osservare che cosa stava davvero accadendo nel mondo diecimila anni fa.
Esemplari di Homo sapiens avevano continuato a migrare dal loro luogo di
nascita in Africa per più di centomila anni e avevano raggiunto
letteralmente ogni angolo del pianeta – e non da poco. Per l'epoca di cui
stiamo parlando, diecimila anni fa, il medioriente, l'Europa, l'Asia,
l'Australia e il Nuovo Mondo erano stati tutti occupati da moderni esseri
umani da almeno ventimila anni. E ben lungi dall'essere deserto, il
medioriente era tra le aree più densamente popolate del mondo –
densamente popolate, intendo, da popoli tribali, del tipo che poteva essere
trovato ovunque nel mondo in quell'epoca e che può essere trovato ancora
oggi nei pochi luoghi in cui gli è stato permesso di sopravvivere.
Quindi abbiamo smentito due aspetti della versione comunemente
accettata: in primo luogo, i fondatori della nostra cultura non vivevano
affatto in un mondo privo di altri esseri umani, perché erano un popolo
tribale circondato da molti altri popoli tribali. In secondo luogo, nessuno di
questi popoli tribali era un novellino per quanto riguarda la cultura. Tutti
questi popoli avevano culture vecchissime, e ciò significa che nessuno di
essi poteva essere estraneo al concetto di legge. Nella storia
dell'antropologia, non è mai avvenuto che un popolo tribale sia stato
trovato sprovvisto di un gruppo completo di leggi – completo, si intende,
per lo stile di vita di quella particolare tribù.
Non scopriremo mai i nomi delle tribù che abitavano il medioriente in
quell'epoca. Anche il nome della tribù in cui è nato il nostro bizzarro stile
di vita resterà per sempre sconosciuto. Dato che i suoi discendenti sono
stati chiamati Prendi, darò a questa tribù un nome simile e la chiamerò
Pren. Stabilita questa premessa, vi racconterò ora una storia di mia
invenzione – che non dovrà essere presa come un resoconto di
avvenimenti reali, ma neanche come una di quelle ridicole favolette che ci
vengono raccontate da quelli ancora accecati dalla Grande Amnesia. Il
popolo che io ho chiamato Pren è esistito di sicuro (altrimenti noi non
saremmo qui), ed era sicuramente un popolo tribale circondato da altri
popoli tribali, che io ho qui chiamato Ak, Bak, Cak e così via fino ai Kak.
275
Questo disegno mostra due importanti aspetti della vita tribale.
Innanzitutto, lo sfondo nero di ogni area tribale è ciò che ne fa risaltare il
nome. Ciò che questo vuole mostrare è che ogni tribù è definita
unicamente dall'integrità e dalla densità delle proprie usanze e delle
proprie leggi. Non c'è letteralmente altro modo di distinguerle. Le leggi e
le usanze degli Ak sono ciò che li rendono una tribù distinta. Le leggi e le
usanze dei Bak sono ciò che li rendono una tribù distinta. Le leggi e le
usanze dei Cak sono ciò che li rendono una tribù distinta. E così via.
In secondo luogo, gli spessi bordi fra le tribù rendono chiaro che i
confini culturali tra le varie tribù sono impenetrabili. Un membro dei Bak
non può svegliarsi una mattina e decidere di diventare un membro degli
Hak; una cosa simile è impensabile tra i popoli tribali di tutto il mondo.
Probabilmente a quell'epoca alcuni di questi popoli tribali erano
agricoltori e altri cacciatori-raccoglitori. Non c'è nulla di strano
nell'osservare i due stili di vita l'uno accanto all'altro. A ogni modo,
sappiamo che i Pren (i fondatori dello stile di vita Prendi) erano agricoltori
– per quanto non ci sia motivo di supporre che abbiano inventato
l'agricoltura. Ciò che inventarono fu un nuovo stile di agricoltura – lo stile
totalitario.
Ma la stupefacente innovazione dei Pren non si limitò a un nuovo stile
di agricoltura. I Pren svilupparono l'incredibile e inaudita convinzione che
tutti dovessero vivere come loro. Non è possibile descrivere
adeguatamente quanto questo li rendesse inusuali. Non posso nominare un
276
solo altro popolo nella storia umana che si sia prefissato l'obiettivo di
convertire i propri vicini. Di sicuro nessun altro popolo tribale della storia
ha mai mostrato il minimo interesse nel convertire gli altri al proprio stile
di vita – e non sono a conoscenza nemmeno di un altro popolo civilizzato
che abbia mai mostrato un'inclinazione simile. Per esempio, i Maya, i
Natchez e gli Aztechi non avevano alcun interesse nell'imporre il proprio
modo di vivere ai popoli circostanti, nemmeno a quelli che conquistavano.
I Pren erano decisamente rivoluzionari in questo aspetto. Tramite
ispirazione, persuasione e aggressione, la rivoluzione Pren cominciò a
inglobare i popoli vicini.
Adottando una cultura comune, i Pren, i Dak e i Fak hanno
necessariamente perso parte dell'integrità che un tempo li definiva. È per
questo che sono raffigurati ingrigiti. Le leggi e le usanze dei Pren hanno
poca importanza per i Dak e i Fak. Le leggi e le usanze dei Dak hanno
poca importanza per i Pren e i Fak. Le leggi e le usanze dei Fak hanno
poca importanza per i Dak e i Pren. Dato che ora condividono uno stile di
vita comune, i confini culturali tra di loro si indeboliscono. Non è più tanto
facile distinguerli l'uno dall'altro. Ora essere un Dak o un Fak non è più
importante come lo era una volta. Ora la cosa importante è che sono alleati
con i Pren. Va tenuto presente che in questa alleanza le leggi e le usanze
dei Pren non hanno più importanza di quelle di chiunque altro. I Dak e i
Fak non sono diventati Pren, hanno solo largamente cessato di essere Dak
277
e Fak.
Il processo continua. Le leggi e le usanze di ogni tribù continuano a
sbiadire e divenire sempre più irrilevanti. Ormai i Dak e i Fak hanno quasi
totalmente perso le loro identità tribali, e presto gli Ak e i Gak si uniranno
a loro.
Alla fine, tutte le tribù originali sono state assimilate in un'unica
278
enorme comunità agricola. Dato che le leggi e le usanze tribali sono state
annullate, le identità tribali sono illeggibili. Uno degli Ak può vivere
facilmente tra gli Hak quanto un belga in Francia o un newyorkese a San
Francisco.
Ora siamo pronti a raffigurare lo stato della legge in questa comunità
agricola.
I pensatori fondamentali della nostra cultura immaginavano che la
nostra cultura fosse nata in un mondo privo di legge. Come mostra questa
serie di disegni, la nostra cultura in realtà è nata in un mondo pieno di
leggi, e ha poi proceduto a obliterarle – inavvertitamente, ne sono sicura
(almeno all'inizio). Perfino la legge tribale dei Pren scomparve, resa
irrilevante quanto le altre da questo processo.
Vorrei che capiste che questa ricostruzione non è completamente un
lavoro di immaginazione. Studiate la diffusione della nostra cultura in
America, in Australia, in Africa o altrove e non potrete fare a meno di
notare la costante obliterazione delle leggi tribali sulla sua strada – e, con
essa, l'obliterazione delle identità tribali.
Sulla natura delle leggi ricevute.
Con il passare del tempo, man mano che il vuoto aumentava di
279
dimensioni, divenne ovvio che c'era bisogno di un nuovo tipo di legge.
Dato che le leggi tribali erano state rese obsolete, non c'era altro da fare
che cominciare a inventarne di nuove...
Penso che chiunque parli spesso in pubblico alla fine impari a percepire
quando un discorso colpisce davvero gli spettatori. Questo è ciò che ho
percepito proprio ora, dopo aver detto che non restava altro da fare che
cominciare a inventare delle leggi.
Si tratta naturalmente di un'idea sconcertante, che le leggi possano
anche non essere inventate, ma è proprio questa la situazione con le leggi
tribali. Le leggi tribali non sono mai leggi inventate, sono sempre leggi
ricevute. Non sono mai il risultato del lavoro di commissioni o di
individui, sono sempre il lavoro dell'evoluzione sociale. Sono plasmate
dagli stessi criteri che hanno plasmato il becco di un uccello o gli artigli di
una talpa: da ciò che funziona. Non riflettono mai la preoccupazione di una
tribù per cosa è “giusto”, “buono” o “equo”, si limitano a funzionare per
quella particolare tribù. Un esempio vi potrà...
Vedo che questa donna ha una domanda urgente. Prego, dica pure...
Sì. Ripeterò la domanda per quelli che non sono riusciti a sentirla.
Riguarda la mutilazione genitale delle donne dei popoli tribali, più
precisamente la rimozione del clitoride, che viene spacciata per una forma
di circoncisione femminile. Ho fatto delle ricerche al riguardo, e non ho
trovato neanche una singola popolazione tribale inalterata che segua questa
pratica abominevole. Si trova solo tra popoli che sono stati completamente
assorbiti dalla cultura Prendi – e specificamente dalla cultura Prendi della
sfera islamica. La rimozione del clitoride non viene suggerita dal Corano,
ma i suoi seguaci hanno l'impressione che sia approvata dall'Islam e che si
tratti di una cosa molto musulmana da fare, ma questa pratica non esiste
fuori dalle zone sotto l'influenza islamica. Una decisa conferma che non si
tratta di una pratica “tribale” ci viene dal fatto che non esiste nei popoli
che ancora vivono tribalmente, come per esempio i Pagibeti o gli Yaka.
Esiste solo nei popoli che hanno abbandonato le proprie leggi, usanze e
identità tribali, e che ora appartengono alla più ampia comunità Prendi di
una qualche entità politica riconosciuta come il Senegal o il Mali.
D'accordo?
Stavo dicendo che un esempio vi potrà chiarire la differenza tra leggi
tribali ricevute e leggi inventate. Ecco come gli Alawa australiani
gestiscono l'adulterio.
Supponiamo che siate un giovane uomo Alawa non sposato. A un certo
280
punto vi trovate nell'infelice situazione di essere attratti dalla moglie di
vostro cugino, Gurtina – e sapete che anche lei è attratta da voi. Ora,
vostro cugino è un brav'uomo e voi non lo ferireste mai intenzionalmente,
ma queste cose succedono: voi e sua moglie siete in preda alla follia
dell'amore.
È davvero toccante e patetico. Vivendo nello stesso campo, non potete
fare a meno di vedervi ogni giorno. Vi girate intorno come stelle binarie,
respinti da una forza e attratti da un'altra. Ciò che vi leggete nello sguardo
è chiaro e inequivocabile. Ardete dal desiderio di metterlo alla prova, ma...
Sapete che cosa questo vi costerà.
Non importa. Presto non riuscite più a sopportarlo. Il fuoco dell'amore
vi sta bruciando vivi. Un giorno, al limitare del campo, finalmente la
affrontate. Lei abbassa gli occhi con modestia, come sempre, ma la vostra
decisione è presa. “Stanotte”, le sussurrate, “dietro il cespuglio dall'altro
lato del fiume.”
Lei esita un attimo per decidere, ma anche lei sa che è arrivato il
momento. “Al tramonto?”, chiede. “Al tramonto.” Lei annuisce e si
allontana, il cuore colmo di felicità e paura.
Quella notte andate sul posto leggermente in anticipo, naturalmente, per
preparare il vostro nido di passione. Gurtina arriva. Le vostre mani si
toccano. Vi abbracciate. Ah!
Alcune ore dopo, deliziosamente esausti, siete seduti davanti un
piccolo fuoco e lo guardate impallidire nell'alba crescente. Vi scambiate
un'occhiata, e con essa vi dite più di quanto vi siete comunicati in tutta la
notte. Avete messo alla prova la vostra passione. Ora, dice quest'occhiata, è
il momento di mettere alla prova il vostro amore.
Con un sospiro, spegnete il fuoco e vi avviate verso il campo, cercando
di non trascinare i piedi. I vostri volti sono uno spettacolo attentamente
pianificato. Mostrare esultanza sarebbe infantile e insolente. Mostrare
vergogna significherebbe rinnegare il vostro amore. Invece, ciò che esibite
è un misto di determinazione e accettazione. Sapete entrambi che cosa vi
troverete di fronte, e infatti eccolo qui. A un lato del campo sono allineati
gli uomini, già scalpitando di furia. All'altro lato aspettano le donne,
fumanti di rabbia.
Voi e Gurtina vi scambiate un'altra occhiata – questa più breve del
battito d'ali di un moscerino – e venite inghiottiti da un'ondata di collera.
Gli uomini calano su di voi, le donne su di lei. Sassi, lance e boomerang
solcano l'aria, clave e bastoni vengono agitati con trasporto. Ma voi non vi
281
limitate a starvene lì e subire, tutt'altro. Entrambi reagite alle ostilità
difendendo il vostro amore, rispondendo colpo su colpo, urla contro urla,
sassi contro sassi, lance contro lance, finché alla fine i combattenti sono
esausti.
Gurtina, pesta e sanguinante, viene restituita a suo marito, e a voi viene
detto di prendere la vostra roba e sparire, se siete furbi. Per ora i corpi
degli uomini sono esausti ma la loro furia non lo è, e quando si saranno
ripresi sarete di nuovo un bersaglio. Così radunate le vostre cose mentre
riflettete. E riflettete intensamente. La prova che il vostro amore deve
superare non è finita, è appena cominciata. Le prossime ore saranno la vera
prova, e si svolgerà nella vostra testa e nel vostro cuore. Lasciate il campo,
sapendo di avere di fronte una scelta...
La domanda è: volete davvero questa donna? La volete più di
qualunque altra cosa a cui tenete al mondo? Se non ne siete sicuri, se avete
il minimo dubbio, allora continuerete semplicemente a camminare.
Girovagherete per qualche settimana, e quando tornerete la furia degli
uomini si sarà placata. Vi scherniranno per qualche settimana e poi si
dimenticheranno della faccenda. Gurtina... Ah, Gurtina vi riconoscerà per
quello che siete: un seduttore codardo, un uomo debole, e non lo
dimenticherà mai. E naturalmente ci sarà un prezzo da pagare a vostro
cugino. Ma tutto questo sarebbe sopportabile. L'alternativa, d'altro canto...
Girate intorno al campo tutto il giorno, restando fuori vista, riflettendo. Ma
per il tramonto sapete che i vostri dubbi sono svaniti. Nell'oscurità calante,
entrate nel campo di nascosto e andate verso il punto in cui la vostra amata
viene tenuta sotto sorveglianza. Una leggera sorveglianza.
Tenuta sotto una leggera sorveglianza perché non possa scappare con
voi. Ah, la perfezione di quella sorveglianza! Vedete il suo effetto?
Gurtina, vedete, ha la propria decisione da prendere. La stessa terribile
decisione che avete dovuto prendere voi. E quella sorveglianza definisce e
limita la sua scelta, perché lei sta venendo guardata a vista. Voi no. Voi
dovete dare prova del vostro coraggio andando da lei. Lei invece non deve
dimostrarlo venendo da voi. E, in effetti, non può proprio farlo. Lei sta
venendo tenuta sotto sorveglianza, capite. Quindi se voi non andaste da lei,
lei non ne rimarrebbe umiliata. Sareste solo voi a esserlo.
Ma questa è solo metà della questione. Quelle guardie sono lì per
proteggere anche voi, perché Gurtina ha la propria decisione da prendere.
Vi vuole davvero? Vi vuole più di qualunque altra cosa a cui tenga? Se non
ne è sicura, se ha anche solo il minimo dubbio, quando sentirà il vostro
282
segnale al tramonto non dovrà fare altro che alzare le spalle con un'aria di
impotenza, come a dire: “Vedi? Non posso scappare, amore mio. La
sorveglianza è troppo stretta.” Quindi la presenza delle guardie le permette
di prendere la decisione che preferisce senza dover temere di danneggiare
la vostra autostima. La presenza delle guardie le rende possibile chiudere
l'incidente in un attimo, senza una sola parola, nel modo più indolore
possibile.
Ora, notate bene che nulla di tutto questo è frutto di un ragionamento
cosciente o esplicito. Ciononostante, la sorveglianza su Gurtina è
curiosamente inefficiente. Abbastanza efficiente da servire allo scopo che
ho appena descritto... Ma inefficiente quanto basta da permetterle di
fuggire al vostro segnale, se davvero vuole farlo. Perché naturalmente gli
Alawa sono abbastanza sensibili da sapere che se vi vuole fino a questo
punto, sarebbe stupido renderle la fuga impossibile.
La prova adesso è conclusa. Avete entrambi preso la vostra decisione.
Ora il prezzo deve essere pagato. Il prezzo per aver disturbato la vita della
tribù, per aver sminuito l'importanza del matrimonio agli occhi dei
bambini. E quel prezzo è il peggiore che esista, a parte la morte stessa: la
detribalizzazione, l'esilio a vita.
Al vostro segnale Gurtina sfugge alle sue guardie e insieme, finalmente
e per sempre, vi allontanate nella notte per non tornare mai più. Ora state
viaggiando nella terra dei morti. Detribalizzati, siete morti per tutti quelli
che vi siete lasciati alle spalle e per chiunque altro incontrerete nella vostra
vita. Ora siete privi di una casa, per vostra scelta, da soli e alla deriva in un
mondo immenso e vuoto. Ora siete l'uno la casa dell'altra, dato che vi siete
scelti a vicenda al di sopra della tribù. L'unico cameratismo che avrete per
il resto della vita sarà quello tra voi due: niente amici, niente padre o
madre, niente zie o zii, niente cugini, niente nipoti. Avete rinunciato a
tutto, per poter stare insieme.
E voi sapete che questo è davvero un prezzo che avete scelto di pagare,
e non una punizione. Stare insieme e continuare a vivere con la tribù
sarebbe impensabile, vergognoso, persino peggiore dell'esilio.
Significherebbe, in effetti, la distruzione della tribù, perché se i bambini
vedessero che non c'è alcun prezzo da pagare per l'adulterio, il matrimonio
diverrebbe una farsa e le fondamenta della famiglia e della tribù stessa si
sgretolerebbero.
Ciò che vedete al lavoro in questo esempio è la meravigliosa efficacia
283
della legge tribale. A differenza della legge inventata, che si limita a
elencare delitti e castighi, la legge tribale funziona. Funziona per tutti gli
individui coinvolti. Un uomo e una donna legati da un amore così grande
devono ovviamente avere il diritto di stare insieme. Ma, per il bene della
tribù, devono anche sparire, andarsene lontani dagli occhi e dalla mente
per sempre. In questo modo, i bambini della tribù hanno constatato che
amore e matrimonio non sono le cose trascurabili che sono diventate tra
gente “progredita” come noi. Il disonore del marito è stato vendicato, e
non ci saranno prese in giro da parte dei suoi compagni al riguardo, perché
gli hanno dato man forte nel biasimare gli adulteri.
Ma forse avete avuto un dubbio a questo punto della storia: perché gli
amanti sono tornati al campo dopo l'adulterio?
Oh, questo è il fulcro della legge. Non funzionerebbe affatto senza di
esso. Immaginate, per esempio, che dopo la vostra notte d'amore diceste a
Gurtina: “Perché dovremmo aspettare un altro giorno per stare insieme?
Scappiamo via adesso!” Cosa penserebbe lei? Penserebbe: “Accidenti, in
che guaio mi sono cacciata? Che razza d'uomo è questo? Un codardo,
ovviamente, che preferirebbe farci strisciare via nella notte piuttosto che
tornare indietro ad affrontare gli altri e dire: 'Be', eccoci qua. Fate del
vostro peggio!'”
E se il suggerimento lo facesse lei, voi pensereste la stessa cosa. Quindi
voi due dovete tornare indietro...
Ogni parte di questo procedimento è la legge, e chiunque concorra ad
attuarlo fa parte di essa. Per queste persone, la legge non è una cosa
distinta scritta in un libro. È il tessuto stesso delle loro vite... È ciò che li
rende gli Alawa e li distingue dai Mara e dai Malanugga-nugga, che hanno
i propri metodi per gestire l'adulterio – che sono i migliori per loro. Non
può essere ripetuto a sufficienza che non esiste un modo giusto di vivere
per le persone – questa è solo l'illusione della cultura più distruttiva e
omicida che la storia abbia mai prodotto.
Sono sicura che per voi sia ovvio che questa legge sull'adulterio non
possa essere stata inventata da alcuna commissione. Non è
un'improvvisazione o il frutto di una pianificazione, e proprio per questo
ha peso per gli Alawa. Potrebbe non venire in mente a nessuno di loro di
analizzarla come ho fatto io qui stasera, ma questo non ha la minima
importanza. Non seguono la legge Alawa perché può superare
un'esaminazione. Seguono la legge Alawa perché loro sono gli Alawa, e
rinunciare alla loro legge significherebbe rinunciare alla loro identità –
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significherebbe divenire detribalizzati.
Il mondo dei detribalizzati.
Spero di essere riuscita a darvi un'idea del prezzo che ha dovuto venir
pagato per diventare parte della rivoluzione Prendi: detribalizzazione – la
perdita delle leggi, delle usanze e delle identità tribali. Dato che la
detribalizzazione del Vecchio Mondo (con il che intendo il medioriente,
l'Oriente e l'Europa) è avvenuta migliaia di anni prima delle più antiche
registrazioni storiche, è diventata parte della Grande Amnesia, e in quanto
tale era invisibile ai pensatori fondamentali della nostra cultura. Per come
la vedevano loro, i primi umani erano stati solo proto-urbanisti –
agricoltori senza campi, paesani senza paesi, cittadini senza città. Non
avrebbero mai potuto immaginare un intero mondo di popoli tribali
sottoposti a detribalizzazione – né, soprattutto, che cosa significasse essere
detribalizzati. Quando osservarono il passato, videro individui che si
preparavano a costruire civiltà, individui naturalmente portati alla
civilizzazione. Quando noi osserviamo il passato, non più sotto l'influenza
della Grande Amnesia, vediamo qualcosa di molto diverso: gente che
inavvertitamente (ma sistematicamente) annientava uno stile di vita molto
efficace e poi si sforzava freneticamente di mettere insieme qualcosa con
cui rimpiazzarlo. Abbiamo continuato a sforzarci freneticamente fin da
allora, e ogni anno i nostri legislatori e i nostri politici si rimettono a
lavorare all'incessante compito di mettere insieme qualcosa efficace quanto
ciò che abbiamo distrutto.
La gente a volte mi accusa di essere semplicemente innamorata del
tribalismo. Mi dicono: “Se ti piace così tanto, perché non vai a farlo e non
ci lasci in pace?” Coloro che colgono questo da quanto dico mi
fraintendono completamente. Lo stile di vita tribale non è prezioso perché
è bello, amabile o “vicino alla natura”. Non è neanche prezioso perché è il
“modo naturale di vivere” per le persone. Per me, queste sono assurdità. È
come dire che la migrazione degli uccelli è positiva perché è il modo
naturale di vivere per gli uccelli, o che il letargo degli orsi è positivo
perché è il modo naturale di vivere per gli orsi. La vita tribale è preziosa
perché è stata messa alla prova e l'ha superata. Ha funzionato per le
persone per tre milioni di anni. Ha funzionato per le persone come i nidi
funzionano per gli uccelli, come le ragnatele funzionano per i ragni, come i
tunnel funzionano per le talpe, come il letargo funziona per gli orsi. Questo
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non la rende amabile, la rende utilizzabile.
La gente mi dirà anche: “Be', se era così fantastica, perché non è
durata?” La risposta è che è durata – è durata fino a ora. Continua a
funzionare, ma il fatto che qualcosa funzioni non lo rende invulnerabile.
Tunnel, nidi e ragnatele possono venire distrutti, ma questo non cambia il
fatto che funzionano. Il tribalismo può venire distrutto – e in effetti lo è
stato in larga parte – ma questo non cambia il fatto che ha funzionato per
tre milioni di anni e continua a farlo tuttora.
E il fatto che il tribalismo funzioni non significa che non possa farlo
anche qualcos'altro. Il problema è che il nostro particolare qualcos'altro
non sta funzionando – e non può funzionare. Porta con sé il seme della
propria distruzione. È fondamentalmente instabile. E sfortunatamente ha
dovuto raggiungere dimensioni globali prima che la natura della sua
instabilità potesse venire riconosciuta.
È importante comprendere che il nostro non è stato l'unico stile di vita
che abbia attraversato una sperimentazione. I nidi si sono evoluti – e
continuano a evolversi – grazie alle innumerevoli sperimentazioni degli
uccelli. I tunnel si sono evoluti – e continuano a evolversi – grazie alle
innumerevoli sperimentazioni delle talpe. Le ragnatele si sono evolute – e
continuano a evolversi – grazie alle innumerevoli sperimentazioni dei
ragni. Non possiamo sapere quali culture umane siano state sperimentate
nel Vecchio Mondo – sono state tutte annientate dall'esperimento Prendi –
ma sappiamo molto sugli esperimenti che sono stati effettuati altrove. La
cosa affascinante è che queste varianti culturali sono state messe alla prova
nello stesso modo in cui lo sono le variazioni di una specie: ciò che
funzionava è sopravvissuto, ciò che non funzionava è scomparso,
lasciandosi dietro i suoi resti fossili – canali di irrigazione, strade, città,
tempi, piramidi. Ovunque, le persone stavano cercando delle alternative al
tradizionale modo di procurarsi da vivere – la caccia e la raccolta. Fecero
dei tentativi con l'agricoltura a tempo pieno, ma se il loro particolare
esperimento non funzionava erano prontissimi ad abbandonarlo – e in
effetti lo fecero varie volte. Veniva considerato un grande mistero, una
volta. Cosa ne era stato di quegli antichi costruttori che avevano eretto
città in giungle e deserti? Erano forse stati risucchiati in un'altra
dimensione? No, hanno solo smesso. Sono semplicemente tornati a un
metodo che sapevano avrebbe funzionato.
A rendere l'esperimento Prendi differente da tutti questi altri è stata la
sua bizzarra convinzione che il suo stile di vita fosse quello che le persone
286
dovevano seguire – ovunque, per sempre, a qualunque costo. Per i Prendi,
non importava che funzionasse o meno. Non importava che alla gente
piacesse. Non importava che facesse passare alle persone le pene
dell'inferno. Questo era l'unico modo giusto di vivere per gli esseri umani.
Questa stravagante idea rese impossibile alla gente rinunciarvi, a
prescindere da quanto male funzionasse. Se non funziona, allora ti tocca
soffrire.
Se non funziona, ti tocca soffrire.
E soffrirono, eccome.
Non è difficile capire che cosa abbia spinto le persone a vivere
tribalmente – e continui a spingerle a farlo ovunque questo stile di vita
ancora esista. I popoli tribali hanno le loro sofferenze da sopportare, ma
nella vita tribale nessuno soffre a meno che non lo facciano tutti. Non
esiste una classe o un gruppo di persone che debba sopportare tutta la
sofferenza, né una classe o un gruppo che ne sia esentato. Se pensate che
sia troppo bello per essere vero, controllate voi stessi. Nella vita tribale
non ci sono governanti degni di questo nome; anziani o capi esercitano
influenza anziché potere, e anche quello solo occasionalmente. Non esiste
nulla di simile a una classe dirigente o a un'élite ricca o privilegiata. Nulla
di simile a una classe lavoratrice, povera o sfruttata. Se suona perfetto, be',
perché non dovrebbe, dopo tre milioni di anni di formazione evolutiva?
Non siete sorpresi che la selezione naturale abbia organizzato le oche in un
modo che funziona bene per le oche, o gli elefanti in un modo che
funziona bene per gli elefanti, o i delfini in un modo che funziona bene per
i delfini. Perché dovreste essere sorpresi che la selezione naturale avesse
organizzato le persone in un modo che funzionava bene per le persone?
E, al contrario, perché dovreste essere sorpresi che i fondatori della
nostra cultura, dopo aver annientato uno stile di vita messo alla prova per
tre milioni di anni, siano stati incapaci di mettere insieme all'istante un
rimpiazzo altrettanto buono? Si trattava di un compito davvero
formidabile. Ci stiamo lavorando da diecimila anni, e dove siamo arrivati?
La primissima cosa che scomparve fu proprio la cosa che aveva reso la
vita tribale un successo: il suo egualitarismo sociale, economico e politico.
Non appena cominciò la nostra rivoluzione, cominciò anche il processo di
divisione tra governanti e governati, ricchi e poveri, potenti e sottomessi,
padroni e schiavi. Era nata la classe sofferente, e quella classe (come
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sempre sarebbe stato) era composta dalle masse. Non ripeterò una storia
che conoscete tutti. Solo pochi millenni separano l'inizio della nostra
cultura in piccoli villaggi agricoli dall'epoca dei re-dei, quando le classi
reali vivevano in un'opulenza sconvolgente e tutti gli altri – le masse
sofferenti – vivevano come bestiame.
Finalmente siamo arrivati all'epoca storica. La Grande Amnesia era
completa. La vita tribale era scomparsa da migliaia di anni. Nessuno in
tutto il mondo civilizzato, in Oriente o in Occidente, si ricordava un tempo
in cui individui perfettamente ordinari – del tipo che ora componeva le
masse sofferenti – vivevano più che dignitosamente, e la società umana
non era divisa tra quelli che devono soffrire e quelli che invece ne sono
esentati.
Tutti pensavano che le cose fossero andate in questo modo fin
dall'inizio. Tutti pensavano che questa fosse la natura del mondo – e quella
dell'uomo. Cominciarono a considerare il mondo un luogo malvagio.
Cominciarono a credere che l'esistenza stessa fosse malvagia.
Cominciarono a credere (e chi può biasimarli!) che ci fosse qualcosa di
fondamentalmente sbagliato negli esseri umani. Cominciarono a credere
che l'umanità fosse dannata.
Cominciarono a credere che qualcuno avrebbe dovuto salvarci.
È importante che comprendiate che nessuna di queste idee ebbe origine
dalla vita tribale – né si riesce a immaginare come avrebbe potuto. Queste
sono idee che ci si aspetta di veder nascere tra persone che conducono vite
piene di angoscia, vite vuote. Puoi costringere la gente a vivere come
bestiame, ma non puoi farle credere che sta vivendo bene. Puoi renderla
impotente, ma non puoi farle smettere di avere sogni e desideri. Le masse
sofferenti sapevano di stare soffrendo, sapevano che c'era qualcosa di
terribilmente sbagliato, sapevano di aver bisogno di qualcosa. E ciò di cui
avevano bisogno era la salvazione.
L'origine e la causa della sofferenza umana – e il modo di porvi fine –
divenne la prima grande preoccupazione intellettuale e spirituale della
nostra cultura, a partire da circa quattromila anni fa. I successivi tre
millenni avrebbero visto lo sviluppo di tutte quelle religioni destinate a
diventare le principali religioni della nostra cultura – Induismo, Buddismo,
Ebraismo, Cristianesimo e Islam – e ognuna di esse aveva la propria teoria
sull'origine e sulla causa della sofferenza umana e il proprio metodo per
porvi fine, trascenderla o imparare a sopportarla. Ma tutte condividevano
una singola, centrale visione: che si tratti della liberazione dall'infinito
288
ciclo di morte e rinascita o dell'unione beata con Dio in Paradiso, la
salvazione è lo scopo più alto a cui la vita umana possa aspirare,
inimmaginabilmente superiore a qualunque altro, come ricchezza, felicità,
gloria o fama, e ognuno di noi è totalmente solo in questa ricerca. Non
esiste un mercato in cui si possano comprare il nirvana, la virtù, la grazia o
il perdono dai peccati. Nessun genitore, coniuge o amico può ottenere la
salvazione al posto tuo in alcun modo. E dato che il suo valore è
incomparabilmente superiore a quello di qualunque altra cosa, la
salvazione è l'unica cosa in cui ti è permesso essere completamente e
impunemente egoista. La tua salvazione non deve passare in secondo
piano rispetto a niente, che si tratti di amicizie, lealtà, gratitudine, gloria,
re, nazione o famiglia. Nell'intero universo di possibilità, nessuna ha la
priorità sulla tua salvazione, e chiunque ti chieda di porla in secondo piano
rispetto a qualcosa ti sta chiedendo troppo – a prescindere da che cosa si
tratti – e la sua richiesta può venire rifiutata senza la minima esitazione o
senso di colpa.
B è l'Anticristo?
Finalmente siamo pronti ad affrontare questo difficile problema che
tanti di voi hanno portato alla mia attenzione. Ancora e ancora, mi dite:
“Dimmi come rispondere a quelli che ti accusano. Dimmi come spiegare
loro che tu non sei l'Anticristo!”
Dovete iniziare dal capire che cosa l'Anticristo rappresenti. Tutti gli
esperti degni di questo nome concordano che Anticristo sia solo il nome
più recente dato a un'antica entità presente in moltissime leggende
religiose della nostra cultura – molto più antica di Cristo, di cui dovrebbe
essere l'opposto. In altre parole, non rappresenta semplicemente l'antitesi
di Gesù. Tutte le nostre religioni salvazioniste hanno paventato la
comparsa di un individuo che avrebbe allontanato i virtuosi dalla strada
della salvazione. L'Anticristo non è solamente l'antitesi di Gesù, è anche
l'antitesi di Budda, di Elia, di Mosè, di Maometto, di Nanak, di Joseph
Smith e di Maharaj Ji . Di tutti i salvatori e dispensatori di salvazione del
mondo. È, in effetti, l'Antisalvatore.
Ad accompagnare la leggenda dell'Anticristo c'è stata la bizzarra e
quasi risibile credenza che il suo immenso fascino sarebbe consistito nella
sua sfrenata perversione. Questo mostra che bassa opinione le religioni
salvazioniste abbiano dei propri membri. Mostra come ci disprezzino,
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come pensino che bramiamo il male e la corruzione e che saremo pronti a
seguire servilmente chiunque ce li prometta.
A questo punto sono finalmente pronta a dirvi come rispondere agli
accusatori di B. Quando vi dicono: “B è l'Anticristo”, non pensiate di fare
qualcosa di ammirevole rispondendo: “Oh no, no, no, non capisci.” Questi
accusatori in realtà capiscono.
Quando vi dicono: “B è l'Anticristo”, ecco cosa dovreste dir loro. Dite
loro: “Sì, hai ragione. Perfettamente ragione. B vuole allontanare i cuori
delle persone da voi cosicché il mondo possa vivere. B vuole unire le voci
di tutti gli umani sul pianeta in una che canti: 'Il mondo deve vivere, il
mondo deve vivere! Siamo solo una specie tra miliardi. Gli dei non ci
amano più di quanto amino i ragni, gli orsi, le balene o i gigli d'acqua.
L'era della Grande Amnesia è finita, e tutte le sue menzogne e le sue
illusioni sono state dissipate. Ora ci ricordiamo chi siamo. La nostra
famiglia non sono i cherubini, i serafini, i troni, i principati o i poteri. La
nostra famiglia sono le efemere, i lemuri, i serpenti, le aquile e i tassi. La
cecità di cui abbiamo sofferto durante Grande Amnesia è cessata, quindi
non crediamo più che l'Uomo sia difettoso. Non crediamo più che gli dei
abbiano commesso un errore quando ci hanno creato. Non crediamo più
che sappiano creare ogni singola cosa nell'universo tranne un essere
umano. La cecità di cui abbiamo sofferto durante Grande Amnesia è
cessata, quindi non possiamo più continuare a vivere come se nulla
importasse a parte noi. Non possiamo più credere che soffrire sia il destino
che gli dei avevano in mente per noi. Non possiamo più credere che la
morte sia una liberazione dal nostro destino. Non bramiamo più il nulla del
nirvana. Non sogniamo più di indossare corone d'oro alla corte reale del
Paradiso'.”
Dite loro: “Avete ragione a dire che ci stiamo allontanando dalla strada
della salvazione. Ce ne stiamo allontanando esattamente come avete
sempre temuto che avremmo fatto. Ma, ascoltate, non ci stiamo
allontanando dalla salvazione per amore del peccato e della corruzione,
come avete sempre immaginato che avremmo fatto. Ce ne stiamo
allontanando perché ora ci ricordiamo che una volta appartenevamo al
mondo, e ne eravamo felici. Ci stiamo allontanando dalla salvazione, ma
non per amore della perversione, come sprezzantemente credevate che
avremmo fatto. Ce ne stiamo allontanando per amore del mondo, come in
mille anni di congetture non avete mai immaginato che avremo potuto
fare.”
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Giovanni Evangelista ha scritto: “Non dovete amare il mondo o le cose
del mondo, perché coloro che amano il mondo sono estranei all'amore del
Padre.” Poi, appena due frasi dopo, ha scritto: “Figli, l'ora finale è alle
porte! Avete sentito che l'Anticristo sta arrivando. Non è uno ma molti, e
quando essi saranno tra di noi saprete che l'ora finale è arrivata.”
Giovanni sapeva di cosa stava parlando. Aveva ragione ad avvisare i
suoi seguaci di diffidare di coloro che amano il mondo. Noi siamo quelli di
cui stava parlando, e questa è l'ora finale... Ma è la loro ora finale, non la
nostra. Hanno avuto il loro giorno, e questa è la sua ultima ora.
Ora comincia il nostro giorno.
(Riprendi la narrazione a pagina 177.)
Traduzione italiana non ufficiale di Dr. Jackal ([email protected]).
Le altre opere di Daniel Quinn sono disponibili nel sito:
NuovaRivoluzioneTribale.uphero.com
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The Story of B - Nuova Rivoluzione Tribale