la Via del Mosaico
NEWSLETTER DELL’ASSOCIAZIONE PER IL RISPETTO ISTITUZIONALE PROFESSIONALE ED AMBIENTALE
Anno 1, Numero 5
Il nostro indifferentismo.
La nostra idea di indifferenza
tra quel che sarà del centrosinistra con Prodi leader e lo
schieramento di centro-destra
guidato da Berlusconi, è ben
diversa dal qualunquismo
generico o da parentele
qualsivoglia col movimento
che prese le mosse dal
periodico
“L’uomo
qualunque” fondato nel ‘944
da G. Giannini.
Tanto meno vuole essere una
posizione agnostica il cui fine
potrebbe risultare come un
invito
all’astensione
dei
cittadini dalle competizioni
elettorali, esplicitando il fatto
che, se è indifferente che
vinca l’uno o l’altro degli
schieramenti, vorrebbe dire
che chi corre o sostiene l’una
parte o l’altra, lo fa per un
qualche “interesse” e tutti gli
altri possono restare in pace a
pensare ai fatti propri.
Non è così ed anzi, credendo
che la Politica, quella vera,
abbia un ruolo che supera
interessi e stati di fatto,
pensiamo che il compito del
nostro indifferentismo sia
quello di segnalare l’esistenza
di altro spazio politico oltre
gli aggregati di centro-destra e
di centro-sinistra, spazio atto a
realizzare operazioni politiche
adatte e funzionali alle grandi
trasformazioni che sta
Segue in ultima
Torino, 10 Ottobre 2004
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PRIME NOTE DEL 6.10.2004
Dibattito alla circoscrizione 2 ( Cascina Giaione )
Attacco alla costituzione repubblicana.
SINTESI INTERVENTI.
I Comitati Cittadini per l’Ulivo presentano un opuscolo come
contributo alle riforme costituzionali dal titolo “Il governo di
centro-destra all’attacco della costituzione repubblicana”
ed il suo estensore, Emilio Zanlungo, nell’introduzione al
dibattito dichiara che ebbe qualche perplessità quando lesse
la dichiarazione di un insigne costituzionalista che definiva il
progetto di riforma costituzionale come lesivo dello stato di
diritto italiano. Alla conclusione delle documentazioni
raccolte nell’opuscolo, il suo estensore ritiene che
quell’affermazione possa essere non solo sottoscritta ma sia
quasi edulcorata in quanto la riforma mette in gioco lo stesso
equilibrio di poteri che caratterizza lo stato liberal
democratico occidentale.
Dopo alcune considerazioni a suffragio di questa tesi, si
procede all’avvio del dibattito con gli interventi di docenti
dell’Università di Torino.
Alessandra Agostino (ricercatrice di diritto costituzionale
comparato della facoltà di scienze politiche di Torino.)
La dottoressa Agostino porge in primis un’introduzione di
carattere generale alla nostra costituzione e sul procedimento
di revisione costituzionale, per arrivare successivamente ad
illustrare i contenuti delle riforme proposte dall’attuale
maggioranza parlamentare.
Dopo aver ricordato che la nostra costituzione del 1948 è una
costituzione rigida per quanto riguarda la forma di stato
democratica e la forma di governo parlamentare. Il
procedimento, cosiddetto aggravato, per la modifica ella
costituzione è peraltro previsto all’art. 138 e consiste nella
doppia approvazione, della camera e del senato, con
maggioranza qualificata dei due terzi.
In caso di modifica costituzionale con semplice maggioranza
assoluta, si può procedere al referendum, richiesto da un
quinto dei componenti del parlamento, da cinque consigli
regionali o da cinquecentomila elettori.
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Per
dettato
stesso
della fondamentali elencati nella parte prima della costituzione e
costituzione non possono essere l’essenza della democrazia: in questo caso si allude alle
modificati al forma di stato forme del potere ed ai suoi limiti e dunque può essere La
repubblicana
ed
i
diritti
non ha facoltà di voto, ma si considera la
riforma in questione rubricata come atto della
fiducia implicita come conseguenza del
camera 4862 non riguarda al forma di stato, la
voto popolare.
democrazia, ma la forma di governo, ovvero la
4. Meccanismo del voto bloccato nel senso
struttura dei poteri dello stato ed i loro rapporti
che se il parlamento respinge una
vuoi tra governo e parlamento, presidenza della
proposta del primo ministro, questo
repubblica, corte costituzionale e magistratura.
dovrà dimettersi, con il contemporaneo
Però facendo un collage di modifiche di forme
scioglimento delle camere..
di governo in sé compatibili con la forma di
5. Mozione di sfiducia sottoscritta da un
stato di diritto democratico, ne può risultare un
quinto, rispetto all’attuale decimo, dei
ibrido che viene ad alterare gli equilibri fra i
deputati.
vari poteri dello stato, in definitiva incidendo
sulla stessa forma di stato e più in generale al Tutti questi meccanismi tendono ad una
dettato costituzionale che di fatto pone dei limiti stabilizzazione del premier, del leader del
alla gestione del potere, andando oltre,ad partito di maggioranza e rendono il parlamento
esempio, al modello Westminster del primo nella sostanza un mero ratificatore dell’operato
ministro inglese o a quello del presidenzialismo del premier.
Nella formazioni delle leggi ( art. 70 ) si ha un
americano.
Perché la democrazia sia tale e non risolversi bicameralismo paritario, mentre in alcune
nella dittatura della maggioranza, occorre la materie si ha una competenza privilegiata della
separazione dei poteri e la presenza di istituzioni camera dei deputati (competenze esclusive dello
e garanzie che siano indipendenti dalla volontà stato) o del senato (competenze concorrenti
popolare proprio a garanzia delle minoranze. dello stato riferite al titolo V della costituzione).
Qui si inserisce una critica al sistema Il senato è definito come federale, pur essendo
maggioritario ed al perseguimento della molto diverso dal bundserat tedesco che
governabilità come bene quasi assoluto, che di rappresenta i vari lander del paese o dal senato
fatto va a discapito della partecipazione degli States composto da due senatori per
democratica e quasi impedisce una convivenza ciascuno stato, in quanto viene eletto
contestualmente alle elezioni regionali e
mite necessaria in una società pluralista.
Con questo disegno di legge viene prevede la partecipazione senza diritto di voto di
artificialmente amplificata la bipolarizzazione 42 rappresentanti regionali alle sue sedute.
introdotta
col
referendum
del
1993, I poteri dell’opposizione all’interno delle due
bipolarizzazione che si vuole mantenere ed camere sono per ora semplicemente indicati e
amplificare con sempre maggiori tecnicismi, rimandati a regolamenti attuativi successivi, che
limitando di fatto le minoranze e l’essenziale ovviamente saranno adottati a maggioranza, per
cui sarà difficile parlare di statuto
strumento della partecipazione.
Entrando nel merito della riforma costituzionale dell’opposizione stessa.
in atto nel parlamento, e semplicemente In sostanza, secondo la relatrice, si è in presenza
di una forma di governo di tipo plebiscitario con
enumerando:
1. il primo ministro viene ad assumere una un premier assoluto, un parlamento ratificatore e
netta preminenza nei confronti del dei ministri vassalli.
Il principio della separazione dei poteri è
parlamento.
2. Il parlamento viene ad essere l’estensore intaccato anche sul versante del potere
delle leggi del governo, anzichè essere il giudiziario
perché
con
la
riforma
detentore del rapporto di fiducia nei dell’ordinamento giudiziario si intacca quello
che è il principio di indipendenza della
confronti del governo.
3. All’art. 94 si constata che alla lettura del magistratura, che è l’elemento cardine di ogni
programma di governo, il parlamento democrazia se è vera l’affermazione di
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Montesqieux per cui le libertà non sono in
pericolo laddove i poteri rimangono separati.
La riforma intaccherebbe la separazione tra i tre
classici poteri dello stato quali l’esecutivo, il
legislativo ed il giudiziario e di fatto verrebbe a
depotenziare la funzione di garanzia dei due
poteri della corte costituzionale e del capo dello
stato o presidente della repubblica.
Il presidente della repubblica viene infatti eletto
con tre elezioni a maggioranza qualificata dei
due terzi del palamento (camera e senato)
allargato alle rappresentanze regionali e
successivamente con la sola maggioranza
assoluta: ciò significa che la maggioranza di
governo può eleggere il presidente della
repubblica che più gli aggrada.
Il presidente della repubblica perde inoltre il
potere di scioglimento delle camere e del rinvio
alle camere delle leggi, mentre acquisisce il
potere di grazia e di inviare messaggi al
parlamento senza controfirma dei ministri.
La corte costituzionale sarà composta da quattro
giuristi designati dal presidente della repubblica,
quattro giudici nominati dalle supreme
magistrature, tre giudici nominati dalla camera
dei deputati e quattro giudici nominati dal
senato integrato.
Qui si vede come il senato integrato non possa
che portare, in un organismo che dovrebbe
essere di garanzia, interessi altri: in realtà tutto
l’impianto della riforma denota l’intenzione di
un rafforzamento dei poteri del primo ministro e
della sua maggioranza ed un indebolimento di
tutti i contrappesi che rendono equilibrata la
costituzione del 1948.
Concludendo alla relatrice pare che invece tale
costituzione avrebbe avuto bisogno di revisione
soltanto laddove occorreva adattare le
conseguenze
del
sistema
elettorale
maggioritario uninominale rispetto ai dati
derivanti dalle elezioni proporzionali che di per
se costituivano l’elemento di equilibrio della
lotta politica del nostro paese.
Alfonso Di Giovine (Ordinario diritto
costituzionale della facoltà di Scienze Politiche
di Torino).
Il quadro fornito dalla Agostino è
sufficientemente chiaro per ciò che comporta la
riforma in atto e per ciò che in essa manca. La
riforma in approvazione comporta la totale
alterazione dell’equilibrio tra governo e
parlamento nel senso di una fanatizzazione
monocratica e maggioritaria per cui tutti i poteri
sono concentrati nel premier ed alla camera
resta il potere di sfiduciare soltanto in presenza
di un forte stimolo al suicidio in quanto la
sfiducia
comporta
automaticamente
lo
scioglimento delle camere ed i rinvio a nuove
elezioni.
Ciò che manca alla presente riforma
costituzionale
consiste
nel
mancato
ripensamento delle garanzie: Ad esempio i
quorum richiesti nel testo vigente valevano per
il sistema proporzionale, ovvero in un sistema
che distorce debolmente il rapporto tra voti presi
e seggi conquistati.
Nel sistema maggioritario inglese la differenza
vale circa 22 punti per cui il governo Blair in
maggioranza in parlamento, al momento è
supportato da una minoranza nel paese. Tale
rapporto in Italia vale circa 10/12 punti, ma il
fatto dà l’idea di come bisognerebbe ripensare i
quorum a suo tempo stabiliti in quanto, a
seguito del cambiamento del sistema elettorale
tali quorum risultano di fatto depotenziati.
Il mancato ripensamento delle garanzie unito al
dato della dipendenza degli eletti del parlamento
dal primo ministro, evidenzia il risultato del
concentramento di tutto il potere nella
maggioranza.
Si argomenta che con ciò ci avvicineremmo al
sistema inglese: in realtà il sistema inglese è
stato sedimentato da secoli di storia ed in
concerto con usi e costumi locali ed è certo cosa
diversa da un sistema che si sta attuando per
decreto. Inoltre in Inghilterra il primo ministro è
tale in forza dell’essere il leader di un partito
che, al mutare delle situazioni può sfiduciarlo e
costringerlo alle dimissioni come è avvenuto nel
caso della Tatcher o come ha rischiato lo stesso
Blair nell’ultimo congresso del partito laburista.
Tutto ciò non è possibile nel sistema che si sta
approvando, in quanto in Italia è dato un
premier che conforma la maggioranza e se il
premier viene sfiduciato, è il parlamento che
viene sciolto e non sostituito il solo premier.
Fra l’altro per la forma di governo talvolta si
argomenta di volere una stabilità simile a quella
raggiunta a livello comunale e regionale, ma se
di fatto non esiste più il potere di sfiducia ed il
potere di scioglimento vuol dire che si esce dal
sistema parlamentare e si va verso un potere
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presidenziale. E nel nostro caso non è vero che
si vada verso un premierato forte, ma si esce
non formalmente ma sostanzialmente dal
sistema parlamentare.
L’unico sistema presidenziale nei paesi avanzati
è rappresentato dagli S.U., dove per lunga storia
ed usi inimitabili si è giunti alla designazione di
un
monarca
repubblicano.
Allora,
semplificando, alcuni potrebbero immaginare
che si stia passando al modello Whascington.
Nulla di tutto questo in quanto il modello
Whascington è caratterizzato da tre grandi
poteri costituiti dalla forza dell’esecutivo, dalla
forza del legislativo e dalla forza del giudiziario.
Di queste tre forze noi scegliamo la sola forza
dell’esecutivo in quanto il legislativo risulta
vassallo ed il giudiziario sta per venire innovato
in modo di fare sistema con l’ordine
governativo.
Parlando ad un’assemblea di simpatizzanti
dell’Ulivo, al Prof. Di Giovine preme segnalare
che questa riforma non origina dalla sola destra,
ma anche da molti errori della sinistra e della
cultura costituzionale della sinistra.
E’ infatti da circa trent’anni con la grande
riforma di Craxi ed Amato che la sinistra ha
scelto quel modello che prima è stato definito
monocratico, plebiscitario; si tratta di un
modello che è stato pensato, elaborato ed il
primo grande scossone al modello di
democrazia costituzionale lo ha dato la sinistra
nel suo complesso.
Questo pone in grande difficoltà ed anche in
tensione le varie componenti della sinistra,
come dimostrano i vari tentativi che vanno
appunto dall’idea craxiana alla commissione
D’Alema, che appunto prevedeva un premierato
altrettanto forte vicino alla presente proposta
della destra.
In fondo anche nel 1991 l’idea della modifica
del titolo V della costituzione è venuta,
approvata quattro giorni prima della fine della
legislatura con solo quattro voti di maggioranza,
è venuta dalla sinistra realizzando una porcheria
difficilmente raggiungibile dalle ipotesi attuali
della destra. In questa situazione occorrerà fare
molta attenzione a ciò che si andrà proponendo
dallo schieramento di opposizione proprio
perché si è in presenza di uno schieramento con
una coda di paglia lunga come l’autostrada del
sole.
Inoltre i sommovimenti con cui si sono fatte le
prove per un modello democratico di tipo
plebiscitario, concretizzate con la legge per
l’elezione del sindaco e del presidente della
regione, sono espressione purissima del centro
sinistra.
Ed ancora se permane la legge elettorale per cui
il polo che conquista la maggioranza di fatto
esprime il presidente del consiglio, certamente e
conseguentemente non potrà non esprimere
anche il presidente della repubblica, con buona
pace di tutte le definizioni che possono
sminuirne il ruolo definendolo notarile o di
parte.
In fondo siamo forse l’unico paese al mondo
che ha cambiato il sistema elettorale per via
referendaria ed in cui hanno giocato tutte le
componenti politiche del paese, certo con una
pressione politica, culturale e mediatica
impressa da una sinistra che ha realizzato una
forza dilagante enorme.
Dunque oggi la sinistra ha forse la sua maggiore
difficoltà proprio sulla scelta del modello di
democrazia che si vuole scegliere ed il
referendum
che
si
vuole
richiedere
rappresenterà la svolta storica per l’intero paese.
Prime note del 6.10.2004
Dibattito al Centro Pannunzio
Costanzo Preve e le contraddizioni di Norberto Bobbio.
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Nell’introduzione del Prof Quaglieni, presidente del centro Pannunzio, non si coglie solo l’omaggio
dovuto all’ospite di cui si presenta l’opera, ma bensì tutto il riconoscimento che va ad “un torinese
che ha prodotto una serie di saggi alti e significativi”.
Costanzo Preve, se ci fosse stata la libera docenza, l’avrebbe conquistata automaticamente, mentre
egli preferì restare al liceo piuttosto di entrare in una carriera universitaria in cui una cattedra, prima
o poi, non la si nega ad alcuno.
Il libro presentato dal Pannunzio non vuol
significare l’accettazione delle tesi di Preve,
proprio perché l’iniziativa del Pannunzio
consiste proprio nel far convivere posizioni
talvolta diverse purchè condividano i valori
fondamentali quali il metodo laico, la
democrazia, il riconoscimento della carta
costituzionale repubblicana che di fatto
rimane il punto di riferimento dell’Italia civile
odierna.
A questo proposito va ricordato che il Centro
Pannunzio ha richiamato le lezioni di Piero
Calamandrei rispetto allo stravolgimento
degli articoli della costituzione portato avanti
a colpi di maggioranza anziché sottoscrivendo
idee condivise. Ed allora anche se alcuni degli
amici del Pannunzio possono dissentire da
alcune idee espresse da Preve, occorre però
segnalare che ci si trova di fronte ad uno
studioso di razza, per cui non può valere il
discorso del conformismo o del silenzio, per
cui Preve pubblica un libro e di questo non si
deve parlare né sui giornali cittadini, né nei
pubblici dibattiti ormai tanto frequenti nei
circoli culturali di Torino.
Preve ha toccato un mostro sacro della cultura
torinese, ma lo ha fatto con un preciso intento
di discussione aperta a partire da chi, come
lui, è stato allievo ed amico di Bobbio, ma che
non pretende di esserne il successore, o di
diventare un ennesimo celebrante del
bobbianesimo cerimoniale che fa di Bobbio il
maestro dell’ipse dixit nella nostra città,
mentre in realtà Bobbio è stato tutto fuorché
un maestro dell’ipse dixit.
Giovanni Ramella (vicepresidente del
Pannunzio e storico Preside del Liceo
D’Azeglio).
Un dato biografico di Costanzo Preve ci rivela
che il suo primo incontro con Norberto
Bobbio avvenne nell’anno ‘62/’63, anno in
cui egli frequentava la facoltà di
Giurisprudenza e nel contempo frequentava
un seminario sulla pace e sulla guerra. Fu
allora che scoprì che la filosofia poteva essere
esposta in modo chiaro e comprensibile
rispetto all’idea che essa fosse affascinante,
ma con un carattere misterioso, sapienzale ed
iniziatico.
E’ il caso di dire che Bobbio iniziò Costanzo
Preve al suo pensiero discorsivo, che si
riscontra in molte opere come l’antologia
dell’essere sociale e tanti scritti che segnano
un quarantennio di reciproca conoscenza, e
che Preve riconosce come sostanziale fedeltà
al
maestro,
in
un
rapporto
di
fedeltà/tradimento nell’accezione di Augusto
Monti.
Occorre infatti ricordare che Augusto Monti,
insigne maestro di Mila ed indirettamente di
Bobbio, nella saga dei Sans Souci volle
proprio titolare Fedeltà e Tradimento le storie
di papà, dove, scrisse che il modo migliore di
essere fedele al pensiero altrui sta nel tradurre,
prendere le distanze, pena la caduta in un
banale epigonismo.
Solo il piglio antiaccademico, provocatorio,
scanzonato di Costanzo Preve impedisce di
classificarlo come epigone di chicchessia e
certo gli permette di trattare la filosofia in
modo piano chiaro da perfetto “coseur” senza
cadere nel piatto di molte divulgazioni
semplificatorie.
Il secondo punto che lo collega alle lezioni di
Bobbio sta nel secondo capitolo quando Preve
del Bobbio declinante da un’immagine che
richiama quella di Socrate, o meglio di una
filosofia come socratismo, del socrate che
passeggia per le vie di Atene, entra nell’Agorà
e frequenta sia i banchetti dei maggiorenti, sia
il popolo, una filosofia cioè che abbatte tutte
le barriere sociali.
Ancora quella di Preve risulta essere una
filosofia antisistematica , come in realtà
risulta essere quella di Bobbio, che forse non
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è solo antisistematica, ma addirittura
antimetafisica.
L’insigne allievo di Bobbio, Bovero, afferma
esplicitamente che il bobbianesimo non esiste,
perché il pensiero di Bobbio è per
costituzione senza “ismi”, ed afferma di
ritenersi bobbiano pensando all’enorme
schiera di allievi e lettori che lo hanno
incontrato e sono stati segnati dalla sua
lezione.
L’incontro di Preve con Bobbio è un incontro
fecondo proprio perché demolisce certi idoli
come quello della coerenza, come ad esempio
per Mazzantini, filosofo neotomista aperto e
maestro dell’ateneo torinese; che in una
celebre polemica con Giovanni Gentile
sosteneva che l’incoerenza è la sostanza stessa
del filosofare.
Dunque le contraddizioni di Norberto Bobbio
che titolano il libro di Costanzo Preve in
realtà sono la sostanza del pensiero bobbiano
e vengono espresse dalla disanima così
puntuale che l’autore fa del metodo di
procedere per dicotomie, ossia libertà/autorità,
libertà/eguaglianza, progresso/conservazione,
laicità/religiosità e contestando la validità di
certe presunte antinomie.
Il più grande pregio che può essere fatto a
questo libro sta nel fatto di poter essere letto
da filosofi non professionali, da persone colte
che leggendo il libro arrivano ad interrogarsi
sul senso delle azioni personali, dell’agire
collettivo, del senso della libertà con
provocazioni continue per le posizioni
personali e di gruppo.
Nel libro si ha un procedere paradossale che
costella la pagina di uno sfavillio di metafore
che certamente non fanno onore alla figura
tradizionale del filosofo accademico, proprio
come in un certo senso era anche Bobbio.
Un altro punto della ideale biografia di Preve
sta nella dichiarazione di essere un estremista
dichiarato, accusa che gli faceva lo stesso
Bobbio. Questa può essere la premessa ideale
per affrontare la sostanza del libro, che
consiste nel dialogo a distanza con la figura di
Norberto Bobbio.
Il Libro si divide in due parti e contiene una
recensione di Bobbio, che, con grande umiltà
si peritava di disquisire con allievi molto più
giovani di lui come nel caso di Preve, oltre ad
illustrare i rapporti che Bobbio stesso aveva
con Croce, Craxi, Godetti, con le ideologie
del marxismo, del comunismo, il senso del
suo laicismo, studi affrontati con la stessa
metodologia del maestro o banalizzando, con
un bobbianesimo debole per stessa
confessione dell’autore.
Infatti Prele accetta il metodo Bobbiano che
dà grande rilievo alle procedure senza
purtuttavia accettare la teoria del metodo e
dunque l’assolutizzazione del metodo stesso.
Per rilevare alcuni punti significativi
pensiamo al rapporto col crocianesimo per cui
Preve definisce Bobbio come un crociano di
sinistra in cui vede il sopravviver di alcune
grandi idee, sia pure di difficile
argomentazione in quanto Bobbio non è uno
storicista, non è un realista, è per nulla
Hegeliano e poco Kantiano, per cui non può
dirsi crociano in senso ortodosso ma lo è nella
mentalità e nell’approccio dei problemi come,
per esempio, nel caso dei temi della
religiosità, tema sicuramente crociano ed
ereditato da Bobbio.
Molto interessante il rapporto con Gramsci
che è mediato attraverso Gobetti, le teorie
delle elite di potere ricavate dalle tesi di
Hobbes, Mosca, Pareto e democratizzate
attraverso la lettura gobettiana che arriva nel
‘19 a considerare la rivoluzione russa una
rivoluzione liberale nel senso che ha prodotto
un cambiamento nelle classi dirigenti del
paese.
Questa è la ragione per cui Bobbio dedica
grande attenzione al comunismo, più che non
al marxismo.
Secondo il punto di vista del prof. Ramella,
Bobbio è si muove sulla linea interpretativa
che Augusto Monti esprimeva in “La realtà
del Partito d’Azione” (Ed. l’Arciere.)
ritenendo il partito comunista era l’interprete
delle idee azioniste in quanto aveva rovesciato
i paradigmi tradizionali della vecchia
democrazia, prefascista liberale, unitaria, ma
anche la stessa concezione dei partiti di massa
quale il vecchio partito socialista.
Qui c’è un’attenzione che privilegia l’uomo in
quanto riscattato dal partito comunista, ed è
notazione che attraverso la militanza nel
partito d’Azione, Bobbio certamente mutua
anche da Augusto Monti.
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Altre notazioni di Preve vertono sul laicismo,
sull’agnosticismo, sul democraticismo di
Bobbio.
Ma in un punto Preve tocca il cuore del
problema quando considera le di lui
classificazioni quasi illuministiche e le
procedure dei processi bobbiane sfocianti in
vicoli ciechi in quanto mancano del dato
economico e di quello antropologico ed in ciò
rileva la grande distanza del pensiero di
Bobbio dal pensiero politico classico.
Il Prof. Ramella ritiene che proprio il tener
alta la guardia sugli ideali rispetto al
contingente delle mode e delle necessità,
rappresenti il merito di Bobbio in quanto la
storia
non
dovrebbe
piegarsi
alla
inderogabilità ed alla crudeltà dei processi.
Questa tensione utopica, questa filosofia del
metodo di Bobbio che è contraria a tutti gli
assoluti, fissa delle condizioni minime e,
come nel caso dell’egualitarismo, quando
Bobbio prospetta in poche cose l’eguaglianza
di tutti e ritiene impraticabile l’eguaglianza in
tutto, tende al possibile e nega la via
dell’utopia che quasi sempre porta ai regimi
totalitari.
Infine il libro di Costanzo Preve testimonia
della vera eredità dello spirito di Bobbio
ovvero che laddove viene meno lo spirito
della polemica, laddove tutto viene
omologato, la democrazia è in pericolo.
Pierpaolo Portinaro.
Negli ultimi anni di contraddizioni di Bobbio
si è parlato molto e Pierpaolo Portinaro era
tentato di non partecipare al presente dibattito
proprio perché in sede del centro Gobetti era
stato testimone di vivaci polemiche tra Preve
e Bobbio di cui si ritiene, in senso
sociologico, discepolo.
La lettura del libro ha dissipato i dubbi e
dunque segnala che di contraddizioni,
tensioni, aporie, paradossi, ossimori a
proposito di Bobbio si è parlato spesso, con
spirito talvolta malevolo ma anche in modo
simpatetico da parte di molti, tra i quali
Alfonso Ruiz Miguel, giurista allievo di
Bobbio, che ha scritto “I paradossi di un
pensiero in tensione”.
Ruiz Miguel enumera dieci paradossi del
pensiero del maestro in quanto Bobbio è un
filosofo positivo, un illuminista pessimista, un
realista insoddisfatto, un analitico storicista,
uno stoico concettualista, un giuspositivista
inquieto, un empirista formalista, un
relativista credente, un socialista liberale, ed
un tollerante intransigente.
Si può osservare che tali paradossi ci sono e
stanno alla base della fortuna del pensiero di
Bobbio, perché costituiscono in qualche modo
le antitesi che segnano quella che può essere
definita come l’ideologia dell’occidente
nell’ultima parte del secolo passato e che,
molto grossolanamente Marx indicava come
ideologia tedesca.
In fondo Bobbio rappresentava criticamente
quell’ideologia che nel secondo dopoguerra,
in un tentativo sincretistico, tiene insieme
tante cose che in realtà insieme non stanno.
Dunque molti si sono riconosciuti in quella
gabbia sincretistica, mentre altri hanno
polemizzato ferocemente con Bobbio: Preve è
stato fra gli insofferenti di alcune facili
combinazioni, di alcune sintesi che in realtà
non riuscivano a coprire e risolvere le tensioni
da cui avevano origine.
Galli Della Loggia, Dino Cofrancesco, hanno
preso a bersaglio le contraddizioni di Bobbio
ed in particolare Giuseppe Tedeschi su
“Nuova storia contemporanea” con l’articolo
“il filosofo bifronte” segnalava che le di lui
contraddizioni nascevano dall’impossibilità di
coniugare marxismo e liberalismo. Tedeschi
criticava Bobbio che sin dagli anni ’50,
scrivendo gli articoli che avrebbero dato
origine al testo “Politica e cultura”, aveva
avuto un atteggiamento eccessivamente
benevolo verso il “mondo nuovo” costruito
nei paesi del blocco sovietico con un
atteggiamento non dissimile dagli intellettuali
comunisti.
In fondo Tedeschi rovesciava l’accusa che
Bobbio stesso faceva a Croce di essere
liberale fino ad un certo punto in quanto nel di
lui liberalismo mancavano gli elementi di
autority, i temi propri della grande tradizione
liberale sette/ottocentesca, ebbene Tedeschi
imputava proprio a Bobbio di non avere le
carte i regola perché dagli anni ’50 in poi si
era compromesso con una tradizione che nulla
aveva a che fare col la tradizione liberale.
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Questa critica, giusta in radice, tradisce una
fondamentale incomprensione di quello che è
stato il rapporto fra il XX secolo ed il
liberalismo. In fondo il XX secolo
rappresenta, dall’inizio alla fine l’eclisse del
liberalismo e lo è stato dall’inizio alla sua
metà con le due guerre mondiali totalitarie in
cui sono prevalse le ideologie radicali,
violentemente anti liberali da destra a sinistra.
Ma il XX secolo è stato povero di teoria,
elaborazione e di politica liberale anche nel
secondo dopoguerra o comunque laddove il
liberalismo è ritornato, è tornato portato da
partiti politici, da gruppi intellettuali e da
tradizioni che col liberalismo non avevano
granché a che fare.
In sostanza chi è che ha alimentato il
liberalismo nella seconda metà del novecento
? Lo hanno alimentato i partiti cristianosociali e cristiano democratici con tradizione
cattolica per l’Italia o protestante come in
Germania, non i partiti socialisti che avevano
un rapporto originario con la dottrina
marxista, ed a tutt’oggi, pur con il gran
parlarne, di liberalismo non ne vedo tanto se
esso si chiama Montesquieux, Constant
unitamente ad una certa tradizione dello stato
di diritto con annessi e connessi.
Venendo alle contraddizioni che Preve
individua sommariamente si riferiscono al
pensiero critico ed al pensiero cerimoniale a
chiunque lo si voglia applicare e la tesi che
Bobbio è stato fondamentalmente un crociano
di sinistra, nel senso di aver fatto sua una
concezione metapolitica del liberalesimo in
ragione del fatto che il clima sociale del XX
secolo era assolutamente ostile al liberalesimo
stesso.
Preve ci fa vedere come Bobbio non sia
gramsciano ( per inciso il gramazionismo di
Cofrancesco
è
un
categoria
molto
problematica ), mentre ciò che accomuna
Bobbio a Gramsci è sicuramente l’elitismo.
Il Prof. Portinaro condivide la definizione di
Preve sul proceduralismo tragico e la tesi
forte che la vera fonte filosofica del pensiero
di Bobbio sia Thomas Hobbes.
Mentre si è detto delle contraddizioni, occorre
ora vedere se in esse non ci siano anche dei
limiti di fondo del pensiero di Bobbio.
Preve infatti rivela come la proverbiale
chiarezza di Bobbio abbia un prezzo che
limita la teoria di Bobbio ad un
proceduralismo, con la venatura tragica del
pessimismo, ed alla teoria delle regole del
gioco, con eclusione di ogni elemento
economico ed antropologico nel pensare la
politica.
Preve va oltre definendo Bobbio come il
pensatore meno “marxiano” e meno “greco”
del novecento italiano per il suo approccio
aprioristico e trascendentale o approccio
trascendentale destoricizzante del pensiero
che si avverte nel decomitizzare, nel costruire
per contrapposizioni formali molto nette e nel
pensare la dicotomia dei tradimenti.
Le contraddizioni che Preve riporta sono
essenzialmente date dal rapporto fra economia
e politica ovvero la concezione del
comunismo, dal rapporto fra guerra e pace o
del pacifismo e del realismo politico e dal
problema della religione o del rapporto fra
fede e laicismo.
Bobbio nell’affrontare con onestà questi
problemi,
trasmette
un
messaggio
sdrammatizzante nella misura in cui accoglie
ancora nell’età del disincanto, della
disillusione, della crisi delle ideologie,
l’eredità dell’illuminismo e si tiene fermo a
quell’eredità.
Questo è il motivo per cui a molti il pensiero
di Bobbio è parso un pensiero non solo di
grande potenzialità analitica, non solo di
grande onestà intellettuale e morale, ma anche
un pensiero capace di dare delle risposte.
Il pregio del libro di Preve sta nel mostrare
come in fondo i tempi stiano cambiando,
l’odierna stagione non è più quella di Bobbio
in cui ci si poteva illudere che quelle fossero
anche risposte e che quell’ideologia
dell’occidente segnata da tutte quelle tensioni
comunque facesse unità e tenesse insieme,
mentre invece dietro a quelle tensioni ci siano
dei problemi.
Bobbio, per cominciare da economia e
politica, non ha mai fatto di Marx e del
marxismo un terreno privilegiato della sua
ricerca, mentre è stato il dibattito italiano che
lo ha costretto a prenderlo in considerazione.
Tutto ciò perché Bobbio considerava liquidata
la teoria di Marx dopo le critiche di Croce,
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Pareto, Mosca, Weber, Kelsen e di
Schumpeter. Ma Marx resta per lui un autore
ineludibile per cui non pone sullo stesso piano
fascismo e comunismo, anche se vede, quasi
in senso noltiano, il nesso per cui non ci
sarebbe stato il comunismo senza il fascismo.
Dunque l’approccio di carattere dicotomico al
comunismo, come Preve giustamente rileva,
si inscrive nel senso di fine buono, mezzi
cattivi.
Per Bobbio il marxismo ed il comunismo
hanno posto problemi reali che non hanno
saputo risolvere e che il liberismo ed il
capitalismo stessi non hanno saputo risolvere.
In questa elaborazione non originale sul
marxismo, Preve evidenzia una fondamentale
simmetria nel pensiero di Bobbio che mentre
invitava a guardare il comunismo com’era
effettivamente, nel parlare di democrazia
segnalava quasi sempre il suo dover essere.
Qui la risposta di Bobbio a Preve mantiene
una sua fondamentale validità in quanto la
simmetria è dovuta al fatto che noi
conosciamo la democrazia reale rispetto a
quella ideale, mentre del comunismo
conosciamo la teoria senza aver potuto
verificare la sua realizzazione in quanto in
Urss si è avuto una dittatura burocratica o
dittatura del partito unico.
L’altra contraddizione su cui Preve ci invita a
ragionare è quella fra pace e guerra, tra
pacifismo e realismo e se si pensa al Bobbio
Anche in relazione alla religione Preve ha
ragione quando rileva che Bobbio non sceglie
fra i due significati di laicismo, quello debole
procedurale e quello forte che discende dal
principio filosofico, ideologico, che è una
religione di per sé o quando insiste sulla
dicotomia fede/ragione in quanto la scelte
della ragione è sicuramente un atto di fede.
Concludendo Portinaro afferma che il libro di
Preve aiuta a comprendere quella che è stata
la tragedia del percorso intellettuale di
Bobbio, la sua amarezza degli ultimi anni era
legata alla lucida e disperata consapevolezza
di essere stato sconfitto in quelle che erano le
più importanti battaglie sostenute.
Da “Politica e cultura” Bobbio ha condotto la
battaglia per convertire il comunismo al
liberalismo, ma quando ciò è avvenuto il male
alla politica italiana era fatto per cui il sistema
di Capitini, della non violenza, del libro sulla
pace e la guerra, ed il Bobbio che dichiara
guerra giusta, anche in senso giuridico o
legalistico, la guerra del golfo, indubbiamente
si riscontra una contraddizione non di poco
conto.
Qui entrano in conflitto l’elemento morale e
quello giuridico in quanto Bobbio aveva preso
posizione per il pacifismo istituzionale, mai
per quello etico perlomeno come soluzione
ultima, ma la contraddizione più radicale sta
tra il pacifismo ed il realismo politico che se
poteva essere sanata nel tempo in cui Bobbio
ne scriveva, dagli anni ’90 in poi risulta
insolubile.
Sul paradigma del realismo politico di Bobbio
occorre rilevare che deriva dal greco Tucidite,
per cui l’affermazione di Preve che Bobbio
rappresenti il pensatore meno “greco” del
‘900, va ripensata.
Tucidite infatti pesa come un macigno nel
realismo politico della storia, non a caso
tradotto da Hobbes e che passa nella di lui
antropologia negativa. Tucidite infatti era
molto chiaro quando parlava della democrazia
ateniese peraltro qualificata in molti modi
dagli studi antichisti (vedi Canfora), certo
democrazia, ma quando Atene fa politica
estera la sua politica diventa imperialistica.
Dunque in Bobbio il nodo del realismo
politico forte riemerge rispetto ai normativisti
puri che oggi sono non “greci”.
politica italiano si è avvitato in tangentopoli
con tutto quello che è seguito negli anni ’90.
Nota aggiuntiva può essere quella che mentre
Bobbio aveva cercato di dare dignità e
consistenza etica al riformismo socialista,
negli anni ’80 la politica craxiana sfociava in
tutt’altra direzione, proprio perché si era in un
sistema bloccato non essendosi realizzata una
Bad Godesberg italiana negli anni ’60 ed il
Pci diventando Ds solo negli anni ’90.
La seconda grande sconfitta riguarda riguarda
lo sviluppo l’evoluzione in senso pacifico,
cosmopolitico, democratico del sistema
internazionale.
Certo Bobbio nonostante il suo punto di vista
legalistico, statalistico che lo porta a parlare di
guerra giusta in senso tecnico/giuridico della
prima guerra del golfo, era perfettamente
consapevole negli anni ’90 che certamente il
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modello kelseniano di cosmopolitismo da lui
sostenuto e dell’idea kantiana di pace
perpetua
Il terzo senso di sconfitta si avverte nel
tormentoso ritornare sulla questione della
religione a fronte del fallimento dell’etica
laica. Bobbio era crescentemente consapevole
del fallimento del laicismo sul piano dell’etica
pubblica e relativamente alle questioni di
bioetica di cui oggi stiamo dibattendo.
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subendo il nostro Paese, non foss’altro che per i due termini generali dell’immigrazione e della
globalizzazione.
La nostra memoria storica ricorda infatti, ormai è passato più di un trentennio, che la prima edizione
del Centro-Sinistra, Pralognan ed il congresso del Psi sono agli inizi degli anni ‘960, portò non già
alla nascita di una forte struttura socialdemocratica di tipo europeo, ma bensì al rafforzamento della
Dc in contrapposizione ad un Pci ancora arroccato sui miti dello stato guida e della propria egemonia
culturale.
Il Prof. Facca di area socialdemocratica, in allora ebbe a dichiarare che in fasi di politica democratica,
contrariamente alle apparenze delle battaglie contrapposte e senza spazi per qualsivoglia
compromesso, gli opposti si attirano e presto, conquistato il potere, le realtà delle cose portano ad
adottare ed attuare le stesse soluzioni proposte dagli avversari.
Altro dato più specificatamente torinese, ci venne fornito quando segnalammo la nostra intenzione di
realizzare, con l’associazione “il Mosaico”, uno strumento di confronto e di interscambio culturale
aperto, anche se collegato a tutte le esperienze che il passato ci ha tramandato come centriste.
In quest’altra occasione, un sociologo di chiara fama, nel farci gli auguri di buona riuscita, ci segnalò
come Torino fosse del tutto segmentata da appartenenze profonde, sia per interessi che per culture, e
dunque il nostro tentativo avrebbe stentato non tanto a svilupparsi, quanto a sopravvivere.
Le due sopracitate testimonianze, date in scienza e coscienza, sono confermate dalla nostra
successiva esperienza, epperò il continuare nel nostro tentativo si basa non tanto sull’innamoramento
per le nostre tesi, quanto nel constatare che il presente stallo in cui pare stiano sia il centro-destra che
il centro-sinistra, non possa offrire garanzie per affrontare con chiarezza i problemi del Paese Italia.
E dunque superata la prima fase di sopravvivenza, stiamo ottenendo collaborazioni che in tempi
ravvicinati dovrebbero dare impulso alle nostre iniziative e speriamo anche avvicinare ambienti ed
ambiti a tutt’oggi chiusi nel loro particulare.
Se son rose……potrete di persona verificare le novità delle iniziative de “il Mosaico” diffuse tramite
internet sui siti www.marcovalerio.com (blog il_Mosaico ed il_Mosaico2 ) della Marco Valerio
Editore e www.Amoarte.com della Eurose spa.
Giuliano Orlandi.
Torino, 1. 10. 2004.
Dopo aver operato in campo culturale sin dai primi anni
1990, l’associazione “il Mosaico” è stata registrata il
13.3.2002 ed opera attraverso i suoi organi secondo quanto
stabilito nel proprio statuto. Per informazioni e contatti
operativi rivolgersi a:
Il Mosaico - c/o Via Tonello 14 – Torino
10132
e-mail: [email protected]
Associazione culturale
per il rispetto istituzionale, professionale ed ambientale
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Dopo aver operato in campo culturale sin dai primi anni
1990, l’associazione “il Mosaico” è stata registrata il
13.3.2002 ed opera attraverso i suoi organi secondo quanto
stabilito nel proprio statuto. Per informazioni e contatti
operativi rivolgersi a:
Il Mosaico - c/o Via Tonello 14 – Torino
10132
e-mail: [email protected]
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