Edizioni Historia Italica
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INTRODUZIONE
Il documento che andiamo a proporre e che inaugura la nuova collana
denominata “Il Ventennio”, dedicata ad uno dei periodi storici più studiati
all’interno della storiografia italiana, è una vera rarità. L’opuscolo che
abbiamo recuperato è un ottimo punto di partenza per capire quale fu la
genesi del Fascismo, origine che andiamo brevemente a ricordare.
Il 23 marzo 1919 nascevano a Milano in Piazza San Sepolcro, per
iniziativa
dell'ex
socialista
Benito
Mussolini,
i
Fasci
Italiani
di
Combattimento. La storica adunata tenutasi in quella data fu animata da
un
pubblico
eterogeneo:
ex-combattenti,
nazionalisti,
ex-socialisti,
sindacalisti rivoluzionari, anarchici, repubblicani, arditi e futuristi che si
unirono in quella sala animati da due principali principi comuni, la difesa
dell'interventismo movimentista e della solenne ma tragica vittoria (in
seguito definita “mutilata”), ed un rinnovamento radicale in campo sociale.
In quella sede nasceva ufficialmente il movimento fascista.
Al progetto prese larghissima parte anche il movimento futurista di
Filippo Tommaso Marinetti che, insieme a Mussolini, fu uno dei principali
protagonisti dell'evento. Il Fascismo avrebbe infatti abbracciato fin
dall’inizio vasta parte degli ideali politici che animarono i futuristi, come
l'esaltazione della Patria, il culto della guerra, l'educazione patriottica del
proletariato uscito dalla Prima Guerra Mondiale.
Anche se il movimento fascista trovava ufficialmente nascita in quel 23
marzo 1919 – (il fascio primigenio di Milano si era costituito due giorni
prima) – il progetto di Mussolini mirava da tempo a concretizzare sul
piano politico dell'Italia post-bellica tutte le lotte, le battaglie, le idee ed i
valori che avevano animato il variegato mondo dell'interventismo
rivoluzionario.
Non era certamente la prima volta che si parlava di Fasci in termini
rivoluzionari, anche se da posizioni fortemente diverse. Già alla fine del
diciannovesimo secolo si erano costituiti i Fasci siciliani dei lavoratori, un
movimento popolare di larga diffusione che, seppur muovendosi sotto la
copertura “democratica e socialista”, aveva chiare intenzioni antinazionali,
probabilmente fomentate da qualche potenza straniera. Il movimento, che
si presentava come proletario, fece grande breccia fra i braccianti agricoli,
fra gli operai ed i minatori e fu represso dallo scontato intervento del
Governo Crispi che ovviamente non tollerava le mire secessioniste dei
rivoluzionari siciliani. Curiosamente, due decenni dopo, i destinatari finali
del messaggio dei Fasci Siciliani saranno in gran parte anche i destinatari
del messaggio mussoliniano, messaggio però permeato da un forte
attaccamento alla Patria.
Taluna vicinanza di istanze invece si ritroverà, anche se in maniera
solo prematura, nel Fascio di Azione Rivoluzionaria Interventista,
movimento nato l'11 dicembre 1914 a Milano e ideato da Benito Mussolini e
Alceste De Ambris, che annoverò tra gli esponenti di spicco anche il
sindacalista rivoluzionario e patriota interventista Filippo Corridoni. Il
Fascio di Azione Rivoluzionaria fu indirettamente l'embrione per la nascita
dei Fasci Italiani di Combattimento. Il primo appellativo al nome di
''fascisti'', infatti, uscì nel 1915 dalla penna di Benito Mussolini su ''Il Popolo
d'Italia'', in riferimento agli stessi appartenenti al Fascio di Azione
Rivoluzionaria.
Nella riunione del 23 marzo 1919 furono quindi gettate le basi
dottrinarie dell’opuscolo che andiamo a proporre. Sul piano nazionale si
chiedeva tra i vari punti: la piena sovranità di ogni Stato dai vari
imperialismi, il rispetto dell'Italia in Europa e nel mondo, l'istituzione di
una milizia nazionale esclusivamente a scopo difensivo, l'acquisizione con
conseguente annessione all'Italia delle terre ancora irredente non
riconosciute dal trattato di Versailles, ossia la città di Fiume e la Dalmazia
settentrionale.
Sul piano sociale, invece, le riforme ed i postulati dei neonati Fasci
Italiani di Combattimento apparvero subito molto radicali ed in
concorrenza
con
quelli
del
socialismo
ufficiale
di
impostazione
massimalista. Si chiedeva tra l'altro: la partecipazione dei lavoratori alla
gestione delle imprese (la Socializzazione promulgata oltre vent’anni dopo
durante il periodo della Repubblica Sociale), l’assegnazione delle terre ai
contadini e smembramento del latifondo, il sequestro dei beni ecclesiastici,
l’applicazione di tasse a carattere progressivo sul capitale, la giornata
lavorativa di otto ore, la definizione di minimi salariali, l’abbassamento
dell'età pensionabile. Una spina dorsale politica quindi, molto sociale,
anticlericale e patriottica.
Per quanto riguarda il fronte politico interno, i fascisti convogliarono
le loro energie sulla battaglia per la difesa della Nazione, da un lato contro
il socialismo ufficiale (''Noi dichiariamo guerra al socialismo non perché
socialista, ma perché è stato contrario alla nazione…''), alimentando la lotta a
difesa della Patria contro tutti coloro che la guerra l’avevano disertata e
sabotata, arrivando perfino a denigrare e disprezzare i reduci ed
alimentando il culto della rivoluzione bolscevica internazionalista;
dall'altro lato ponendosi in contrapposizione al sistema politico ed
economico liberal-democratico in vista di una promessa rivoluzione
nazionale e sociale. In effetti, se la lotta contro il Partito Socialista si
manifestò sin da subito aspra e dura, è anche vero che nelle intenzioni e
nelle volontà dei Fasci Italiani di Combattimento si poneva anche quella di
non scivolare minimamente al servizio della plutocrazia capitalistica, né
con ciò avvicinarsi assolutamente alle posizioni borghesi che temevano il
bolscevismo solo in virtù dei loro interessi economici, e non già per il
sentimento nazionale.
Seppur controverso in termini numerici e ideologici, altro importante
apporto fu quello degli Arditi che apportarono al movimento il loro
coraggio, la loro tenacia ed il combattentismo nazionale proletario,
ampiamente dimostrati anche durante l’impresa fiumana.
Dopo Piazza San Sepolcro, di lì a pochi mesi, i Fasci Italiani di
Combattimento si strutturarono in tutta Italia attraverso federazioni
provinciali, non sempre sotto lo stretto controllo di Benito Mussolini.
L'azione dei Fasci Italiani di Combattimento, incentrata sulla salvaguardia
dei valori nazionali, sostenne in maniera pragmatica anche l'impresa
fiumana di Gabriele D'Annunzio (sia per il suo risvolto patriottico, sia per
il suo risvolto in materia sociale) e non esitò neanche ad appoggiare le
giuste proteste e richieste delle classi lavoratrici, come già avvenuto
nell'occasione dello sciopero generale del Dalmine proprio tre giorni prima
della riunione di piazza S. Sepolcro.
Tuttavia le elezioni nazionali del novembre 1919 colsero il movimento
ancora in piena organizzazione e non risultarono positive; i Fasci Italiani di
Combattimento ottennero infatti soli 4795 nella circoscrizione di Milano e
non riuscirono ad eleggere nessun rappresentante parlamentare. Dal 1920,
con l'evolversi in senso degenerativo del caos interno alla Nazione, il
destino giocò a favore del Fascismo che espanse celermente il proprio
consenso. Il 7 novembre 1921, durante il Congresso di Roma, il movimento
dei
Fasci
Italiani
di
Combattimento
trovò
sbocco
''istituzionale''
evolvendosi nel Partito Nazionale Fascista.
Questo breve preambolo storico è servito per inquadrare i contenuti
dell’opera che il cortese lettore andrà a leggere. Per rendere più completo
l’inquadramento storico e per dimostrare la “fluidità” con cui si
muovevano i Fasci di Combattimento nel biennio 1919-1921, arricchiamo la
riproposizione di questa rarissima opera con tre documenti in Appendice;
il primo, il più famoso, è il Programma dei Fasci Italiani di Combattimento
apparso sul Popolo d’Italia il 6 giugno 1919 ed alla cui stesura aveva
collaborato attivamente il sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris. Il
secondo documento, molto più particolare, è un manifesto della
Federazione dei Fasci di Combattimento di Bari, di cui ci interessa
sottolineare la forte vena polemica nei confronti del Partito Socialista
perfino nei rimandi al Bolscevismo.
Il terzo documento è un raro manifesto dei Fasci di Firenze da dove si
evince quale fosse l’organizzazione movimentista già pochi mesi dopo la
costituzione.
Nei prossimi numeri di questa collana che andremo a presentare,
cercheremo di affrontare in maniera completa tutto il percorso storiografico
di un’era politica durata ben ventisei anni, partendo dalla nascita del
movimento nel 1919, fino al tragico epilogo nell’Aprile del 1945.
Il Comitato Scientifico.
APPENDICE
Documento 1.
Manifesto dei Fasci italiani di combattimento,
pubblicato su "Il Popolo d'Italia" del 6 giugno 1919.
Italiani!
Ecco il programma nazionale di un movimento sanamente italiano.
Rivoluzionario, perché antidogmatico; fortemente innovatore perché
antipregiudizievole.
Noi poniamo la valorizzazione della guerra rivoluzionaria al di
sopra di tutto e di tutti.
Gli altri problemi: burocrazia, amministrativi, giuridici, scolastici,
coloniali, ecc. li tracceremo quando avremo creata la classe dirigente.
Per questo NOI VOGLIAMO:
Per il problema politico
a) Suffragio
universale
a
scrutinio
di
Lista
regionale,
con
rappresentanza proporzionale, voto ed eleggibilità per le donne.
b) Il minimo di età per gli elettori abbassato ai 18 anni; quello per i
Deputati abbassato ai 25 anni.
c)
L'abolizione del Senato.
d) La convocazione di una Assemblea Nazionale per la durata di tre
anni, il cui primo compito sia quello di stabilire la forma di
costituzione dello stato.
e) La formazione di Consigli Nazionali tecnici del Lavoro, dell'
industria, dei trasporti, dell' igiene sociale, delle comunicazioni ecc.
eletti dalle collettività professionali o di mestiere, con poteri
legislativi, e col diritto di eleggere un Commissario Generale con
poteri di Ministro.
Per il problema sociale:
NOI VOGLIAMO:
a) La sollecita promulgazione di una legge dello Stato che sancisca
per tutti i lavoratori la giornata legale di otto ore di lavoro.
b) I minimi di paga.
c)
La
partecipazione
dei
rappresentanti
funzionamento tecnico dell'industria.
dei
lavoratori
al
d) L'affidamento alle stesse organizzazioni proletarie (che ne siano
degne moralmente e tecnicamente) della gestione di industrie o
servizi pubblici.
e) La rapida e completa sistemazione dei ferrovieri o di tutte le
industrie dei trasporti.
f)
Una
necessaria
modificazione
del
progetto
di
legge
di
assicurazione sull' invalidità e sulla vecchiaia, abbassando il limite
di età proposto attualmente a 65 anni, a 55 anni.
Per il problema militare:
NOI VOGLIAMO:
a) L'istituzione di una milizia Nazionale, con brevi periodi d' istruzione e
compito esclusivamente difensivo.
b) La nazionalizzazione di tutte le Fabbriche di Armi e di esplosivi.
c)
Una politica estera Nazionale intesa a valorizzare nelle competizioni
pacifiche della civiltà, la nazione italiana ne mondo.
Per il problema finanziario:
NOI VOGLIAMO:
a) Una forte imposta straordinaria sul capitale a carattere progressivo,
che abbia la forma di vera espropriazione parziale di tutte le
ricchezze.
b) Il sequestro di tutti i beni delle Congregazioni religiose e
l'abolizione di tutte le mense Vescovili, che costituiscono una
enorme passività per la Nazione, e un privilegio di pochi.
c)
La revisione di tutti i contratti di forniture di guerra ed il sequestro
dell' 85% dei profitti di guerra.
(«II Popolo d'Italia», 6 giugno 1919)
Documento 2. Manifesto dei Fasci di Combattimento di Bari.
Documento 3. Manifesto dei Fasci di Combattimento di Firenze.
AVVERTENZA
La ristampa del presente volume è stata possibile grazie alla
digitalizzazione del volume originale.
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illustrative e per fini non commerciali"), e ai sensi della Legge numero 62 del 7
Marzo 2001, si dichiara che quanto qui riprodotto è di libera diffusione.
Digitalizzato nell’aprile 2015.
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Fasci Italiani di Combattimento. Orientamenti