Dalla crisi degli anni ‘30
alla
“Ricostruzione” post-bellica
.
slides lezione 12.04.2012
 il 2° Censimento industriale (1927) sancì - con
qualche miglioramento - la “terza” posizione
del Veneto nell’assetto industriale italiano,
confermando il suo ruolo di regione-cerniera
tra modernizzazione ed arretratezza
 ma fu il 3° Censimento (1937-40) a segnare pur nel travaglio della “grande crisi”, e degli
scompensi che essa comportò - un assetto
più maturo del nostro territorio.
Era l’entità della potenza installata, di 5 punti
superiore alla media del paese, a ratificare un
deciso cambio di marcia.
 ciò testimoniava del progresso tecnico e dei
miglioramenti produttivi ormai raggiunti. Esso
risultava concentrato nel Veneziano e nel
Vicentino, che giunsero a detenere oltre il
50% del totale regionale, contro il 43,7% del
Censimento del 1927.
 il progresso era andato però in direzioni
opposte:
1) a irrobustire i comparti delle industrie di
base e di beni strumentali a Marghera;
2) a razionalizzare, aumentandone il peso,
il settore tessile nella provincia vicentina.
Si accentuava così - ed è questo il dato
contraddittorio della crescita - la frattura tra
la localizzazione della manifattura leggera e
quella dei settori trainanti, ad esempio quello
chimico.
La chimica veneziana presentava ormai valori
superiori alle medie nazionali:
- 4,3% dell’occupazione (3,9% media Italia)
- 32,9 addetti/unità produttiva (16,9 Italia)
- 12,7% potenza disponibile (9,2% Italia)
- 10,2% intera potenza “chimica” in Italia
 Il declino del Lanificio Rossi:
- la tentata scalata azionaria da parte
di Gaetano Marzotto Jr
- la sconfitta e la rivincita:
la Marzotto sorpassa il Lanificio Rossi
e diventa il principale produttore e
esportatore laniero italiano
 l’imprenditore Marzotto:
- l’autentico interprete del “paradigma”
veneto del binomio
modernità/arretratezza
 Una provincia in faticosa transizione:
- il Padovano: la colonizzazione della
finanza del gruppo Volpi-SADE…
Una provincia e una città in ritardo
nella pianura centrale veneta, ma anche
in questo caso tra modernità e
arretratezza…
La “Ricostruzione”
tra vecchi equilibri e innovazione
 “Ricostruzione” perché?
 il Censimento industriale del 1951: il Veneto
ancora “terza”…
 La ritrovata centralità padovana,
il suo abbrivio industrializzante (la Z.I.P.)
e il mito della “Milano del Veneto”
 La nuova industria meccanica, asse della
crescita. Una nuova espansione della piccola
impresa prima del “miracolo economico”.
il Veneto
come
“Meridione del Nord”
.
slides lezione 13.04.2012
Meridione del Nord
e legislazione sulle “aree depresse”
 Le mancate risposte ai problemi dello
sviluppo regionale, nonostante la presenza di
un partito egemone (la Democrazia Cristiana)
 Il peso della grande impresa, o meglio dei
grandi interessi con l’emergere anche di un
rilevante gruppo saccarifero autoctono
 Le grandi sacche di arretratezza rese ancor
più evidenti dalla spinta espansiva della
Ricostruzione, che privilegia le aree dove lo
“sviluppo” già esiste…
 E, quindi, la difficile ricerca di un “governo”
dello sviluppo…
 Da cui il tentativo di costruire una “regione”
prima dell’Ente Regione previsto dalla
Costituzione, ma non ancora costituito…
nasce la teoria della
“DEPRESSIONE ECONOMICA”
Del Veneto
 l’arbitrarietà di una supposta netta distinzione
tra un Nord sviluppato ed un Sud arretrato
 le temute distorsioni nelle aree povere del
Nord innescate dagli interventi al Sud della
neonata Cassa per il Mezzogiorno
 la pochezza del “secondario” veneto…
 la non riconoscenza dell’Italia verso i sacrifici
imposti alle terre venete dalle guerre
 Questa tesi viene elaborata e sostenuta, a
partire dal 1954, dall’avv. padovano Gavino
Sabadin, già Segretario della Democrazia
Cristiana veneta durante la Resistenza,
Prefetto della Liberazione a Padova e ormai
notabile di rango del partito cattolico…
 La sua è una “lettura” accentuatamente
pauperista della società veneta, tesa a
chiedere con gran forza per il Veneto un
intervento straordinario (e “risarcitorio”) da
parte dello Stato
 Una “Cassa per il Mezzogiorno” riservata al
Veneto, quale meridione del Nord…
la rivendicazione del
particolarismo regionale
(altro e diverso dal resto del paese)
Con quali contenuti?
 la lunga storia delle genti venete, in una sorta
di rivendicazione etnica
 il trauma della caduta della Serenissima, e
della dominazione straniera
 la tardiva annessione all’Italia, che avrebbe di
fatto emarginato il Veneto all’interno delle
regioni settentrionali
 le due guerre mondiali, soprattutto la prima,
guerreggiate in casa propria
 il cattolicesimo convinto e il carattere mite
della popolazione, restia a lamentarsi o ad
avanzare pretese
 l’onestà e la laboriosità delle genti venete
il corollario di questo “cahier de doléances”
era che la mitezza poteva trasformarsi anche
in ribellione contro il governo, magari
fomentato dai partiti di sinistra. Quindi…
Quindi il governo, e il partito di maggioranza
relativa (la Democrazia Cristiana, che in
Veneto aveva invece la maggioranza
assoluta dei voti), dovevano muoversi
urgentemente dando soddisfazione - prima
che fosse troppo tardi - alle “legittime” e
“sacrosante” rivendicazioni delle genti venete
 In realtà il governo, nel varare nel 1950 la
Cassa per il Mezzogiorno, a qualche misura
compensativa - anche se genericamente
indirizzata ad aree “depresse” diverse da
quelle meridionali, vale a dire a quelle relative
al Centro-Nord nel suo complesso - aveva
provveduto con legge n. 647/1950,
concernente l’“Esecuzione di opere
straordinarie di pubblico interesse nell’Italia
settentrionale e centrale”.
 Essa riguardava particolarmente la
«sistemazione dei bacini montani, la bonifica,
l’irrigazione, la trasformazione fondiaria» e la
«viabilità ordinaria non statale, gli acquedotti
e relative fognature principali».
 La qualifica di località “depressa” veniva
demandata a un Comitato dei Ministri che
avrebbe dovuto anche approvare i programmi
di esecuzione delle opere.
Per quanto riguarda il Veneto, fu dichiarata
“depressa” l’intera provincia di Belluno.
Tale provvedimento fu poi integrato dalla
legge 991/1952, relativa a finanziamenti
agevolati e contributi a fondo perduto per
attività artigianali e impianti energetici nei
territori montani.
 Questi provvedimenti erano ovviamente
marginali rispetto alle richieste avanzate nel
1954 di Sabadin, che rivendicava invece la
specificità dell’intera regione, ed anzi voleva
che la “questione veneta” divenisse una
“questione nazionale”.
 Se il Mezzogiorno veniva inteso come una
“questione nazionale”, era giusto che così
fosse anche per il Meridione del Nord !
 la risposta governativa alle rivendicazioni
“particolaristiche” arrivò nel corso del 1957. Ma
non accogliendole in quanto tali, bensì
introducendo alcune norme agevolative a
favore di tutto il Centro-Nord. Né poteva essere
altrimenti.
 il provvedimento legislativo riguardava tutte le
aree “depresse” dell’intero Centro-Nord,
anche in questo caso da individuare da
apposito Comitato interministeriale. Esso fu
poi rifinanziato (e meglio modulato) con una
successiva legge del 1966.
 le norme prevedevano incentivi fiscali
(esenzione decennale dalle imposte sul
reddito) per le nuove iniziative imprenditoriali
fino a 100 addetti che fossero sorte in tali
aree. Nel 1966 si aggiunsero anche contributi
in conto capitale, e il limite dimensionale
venne elevato fino a 500 addetti.
L’obiettivo? Un riequilibrio territoriale tra aree
deboli ed aree forti del paese.
 vi era però il nodo del riconoscimento della
qualifica di “area depressa”, che comportò
non poche incertezze, problemi e notevoli
pressioni clientelari…
EFFETTI DI TALE LEGISLAZIONE:
 assegnazione a “pioggia” di tale classificazione
 in Veneto vennero ad es. classificati depressi
ben 489 comuni su 583:
un dato di poco inferiore all’84%...
 la distorsione dell’applicazione legislativa
 la concorrenza “impropria” tra i comuni, e gli
incentivi aggiuntivi assegnati in sede locale…
 L’inefficacia della legislazione quanto a
innesco di nuova imprenditorialità, ed il
fallimento dell’obiettivo di riequilibrio territoriale
che essa si proponeva.
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Veneto - GIORGIO ROVERATO