Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 2-3 Anno LVII - N. 2 -31 gennaio 2010 - Rivista quindicinale - kn 14,00 - EUR 1,89 - Spedizione in abbonamento postale a tariffa intera - Tassa pagata ISSN-0475-6401 Panorama www.edit.hr/panorama Corruzione e stasi: economia in affanno 60 Panorama 29.1.2010 12:22:58 Diari della Terra Il miracolo delle usanze P P rima mostra del 2010 nella galleria “Laurus” di Laurana organizzata dalla locale Comunità degli Italiani con il supporto del Comune e dell’UI. Autore delle fotografie l’abbaziano Jerko Gudac, tenace sostenitore delle tradizioni liburniche che con i suoi scatti ha voluto immortalare i momenti salienti degli scampanatori di Rukavac durante il Carnevale. Come ha affermato l’etnologa Lidija Nikočević “gli scampanatori della regione sono stati introdotti della lista dei beni culturali immateriali dell’UNESCO e quindi questa mostra è ancora più importante”. A parlare delle fotografie esposte è stato pure il prof. Vlado Gudac, fratello dell’autore, che ha tenuto a sottolineare che tra centinaia di scatti un vero artista trova solo uno che riproduce ciò che lui voleva dire con questa mostra: “Non sono i costumi ciò che rende particolari gli scampanatori, ma il loro modo di esprimersi, di toccare anche le case più isolate di ogni singolo paese della Liburnia”. Jerko Gudac ha detto invece che questa è stata la sua prima mostra personale e non si aspettava certamente un tale interesse di pubblico, pertanto è doppiamente felice dell’invito che gli è stato rivolto dalla CI di Laurana. L’esposizione resterà aperta fino alle Ceneri, ovvero il 17 febbraio. (testo e foto di Ardea Velikonja) Il corredo completo dello scampanatore Il variopinto copricapo esprime con precisione la provenienza: questo viene da Rukavac alazzo Correr a Venezia ha ospitato la mostra dedicata al premio internazionale di fotografia “Diari della Terra”. Organizzata dalla Regione Veneto per promuovere il territorio e lo sviluppo rurale della regione, questa prima edizione ha raggiunto ottimi risultati: oltre 2.300 le fotografie iscritte e più di 600 i partecipanti da tutto il mondo. Professionisti ed amatori che hanno proposto immagini di grande originalità e livello qualitativo, atte a valorizzare le aree e il patrimonio rurale veneto tramite il racconto dei diversi aspetti che caratterizzano questo territorio, evidenziandone i tratti ed i profili più recenti ed innovativi. Spesso, quando si parla di mondo agricolo, si dimenticano le tradizioni, la cultura, la storia che rappresenta questo mondo. Il premio ha aperto una finestra proprio su questi aspetti, con immagini di ruralità che sottolineano l’amore e l’attaccamento alla terra di quanti lavorano in agricoltura e che sono la testimonianza di una particolare sensibilità per le aree rurali. In senso orario: Tra cielo e terra, Daniele Soncin di Porto Tolle, secondo premio; Lavorando verso il futuro, Luca Girardini di Vicenza, primo premio; Orti chioggiotti, Olivo Biolo, Targa Presidente della Giuria; Valpolicella, Adriano Favero, Magazzino del riso, Filippo Rigon, Il paese delle mucche, Olaf Kreinsen (Germania), Targa Miglior Artista Europeo Mai tanta gente alla galleria “Laurus” di laurana 2 Panorama Che mostra sarebbe senza la musica del Carnevale? Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 4-5 PPanorama Pa ano nora rama ma 59 59 29.1.2010 12:23:01 In primo piano Il quadro politico in Croazia nelle prime settimane dell’anno Eppur si muove, o almeno sembra di Mario Simonovich A d osservare più da vicino la scena politica croata di queste ultime settimane par di scorgere una serie di elementi nuovi che potrebbero preludere a sviluppi incoraggianti in un futuro, si spera non troppo lontano. Questione prima per noi, in quanto minoranza, è la ripresa del discorso sul doppio voto, tanto più autorevole in quanto proveniente da colui che un paio di settimane fa è stato eletto alla massima carica dello Stato. In parallelo o di riflesso che sia, in questo breve lasso di tempo si ha la netta impressione che anche a livello di definizione pratica il processo ha superato almeno in parte quell’impasse che si protraeva da anni. È, si può dire, ancora fresca la notizia che al recente incontro fra maggioranza ed opposizione sul voto aggiuntivo è stata raggiunta una concordanza e che è ancora tutta da venire in merito all’altro importante tema: le modifiche costituzionali. Tracciato anche il “progetto di massima” sulla strada da seguire per permettere il voto minoritario, non quella della modifica della Costituzione che fino ad ora, si lasciava credere, era l’unica da imboccare, bensì di una legge specifica, che con le modfiche alla carta costituzionale avrebbe in comune una sola componente: l’approvazione in contemporanea. Giova dare atto, nel contesto, al maggior partito d’opposizione per essersi alfine spinto in avanti lasciandosi alle spalle posizioni equivoche perseguite da anni. Come dimenticare quello che, da presidente del Sabor, sosteneva Mato Arlović? Allo stesso modo va considerata la delicata posizione in cui si trova attualmente il partito al potere, fra l’altro insidiato da destra dal tenace processo d’erosione portato avanti con notevole durezza dal Partito dei diritti che, oppositore deciso al suddetto “trattamento di favore delle minoranze”, nel contempo si erge a paladino del diritto dei croati a votare all’estero, pur co- sciente dei capovolgimenti degli esiti elettorali che potrebbero derivare dai troppi voti che provengono d’oltreconfine e la cui legittimità, in primo luogo numerica, talvolta appare molto dubbia. Altro elemento che getta una luce invitante sulla politica d’inizio d’anno è lo slancio di fermezza che sembra caratterizzare l’Avvocatura di Stato e in particolare l’uomo che la dirige. Di certo non ha torto la schiera dei critici che gli rinfacciano d’aver cominciato a muoversi solo ora, dopo aver passato anni del suo mandato a far finta di non vedere come la corruzione stesse allargando i suoi tentacoli. Tuttavia è non meno difficile credere che la colpa sia quasi solo tutta sua, ovvero che il quadro politico gli avesse permesso di fare di più. E qui ci troviamo di fronte a uno dei tanti dilemmi che si presentano dinanzi a noi ogni giorno e spesso facciamo finta di non vedere. In altri termini, le critiche che gli vengono mosse d’essere nient’altro che un esecutore di una certa volontà politica perdono di vista un principio che è quasi un assioma, ossia: ovunque nel mondo, fra tante altre, anche questa carica dipende da sempre dalla volontà dei politici di turno. Non ci si illuda che, ove cambi la maggioranza, questa subordinazione verrà a cessare. L’unico modo per rendere meno acuto il problema è di adottare un processo di modernizzazione reale delle strutture dello Stato, che non potrà avvenire che a lungo termine, e con l’appoggio dell’Europa. Terzo elemento positivo: la decisa volontà del nuovo presidente di far rientrare nell’alveo della precedente normalità le relazioni bilaterali con la Serbia dopo l’incredibile dichiarazione del suo predecessore sull’uso delle truppe in correlazione con il - peraltro assolutamente inaccettabile - comportamento dei capoccia della Republika Srpska. Una dichiarazione rilasciata con troppa leggerezza di cui andava valutata prima la portata. Il fatto che il nuovo presidente è corso subito ai ripari dimostra che si rende perfettamente conto del problema. ● Costume e scostume Perché non fidarsi dei giudici? Quale giudice in quel di Zagabria, la signora si era trovata un bel giorno a presiedere un processo in cui era coinvolto, sia pure indirettamente, il marito imprenditore. Poteva ritirarsi, dato il conflitto d’interessi, ma non l’ha fatto. Una volta scoppiato il caso, alla presidente del tribunale è stato chiesto di prendere provvedimenti nei confronti della subordinata, ma anch’essa ha ritenuto opportuno non muoversi. Il caso è passato al Consiglio della Magistratura che, complice una mancata nomina e un’assenza, in luogo del minimo di sei ha visto solo cinque voti a favore di sanzioni nei confronti della donna, che così si è salvata ancora una volta. L’esimia giudice si è già trovata sotto i riflettori della cronaca: tre anni fa il figlio, ubriaco al volante di una potente BMW, aveva provocato un incidente in cui era morta una diciannovenne mentre il fidanzato aveva riportato gravi ferite. Processato a Karlovac, era stato condannato a cinque anni di prigione. Ora, che a violare le leggi siano sedicenti imprenditori o altro “popolino” teso solo a far soldi, non può e non dovrebbe essere fonte di una maggior sorpresa. C’è da chiedersi però in che società viviamo quando anche i giudici hanno un comportamento tanto disinvolto. Un sondaggio effettuato la settimana scorsa ha indicato che la fiducia della gente nella magistratura era scarsa e per giunta in calo. Chissà per quale motivo? Panorama 3 Panorama www.edit.hr/panorama Ente giornalistico-editoriale EDIT Rijeka - Fiume Direttore Silvio Forza PANORAMA Redattore capo responsabile Mario Simonovich [email protected] Progetto grafico - tecnico Daria Vlahov-Horvat Redattore grafico - tecnico Annamaria Picco Collegio redazionale Bruno Bontempo, Nerea Bulva, Diana Pirjavec Rameša, Mario Simonovich, Ardea Velikonja REDAZIONE [email protected] Via re Zvonimir 20a Rijeka - Fiume, Tel. 051/228-789. Telefax: 051/672128, direttore: tel. 672-153. Diffusione: tel. 228-766 e pubblicità: tel. 672-146 ISSN 0475-6401 Panorama (Rijeka) ISSN 1334-4692 Panorama (Online) TIPOGRAFIA: “Helvetica” - RijekaFiume, tel. 682-147 ABBONAMENTI: Tel. 228-782. 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PANORAMA esce con il concorso finanziario della Repubblica di Croazia e della Repubblica di Slovenia e viene parzialmente distribuita in convenzione con il sostegno del Governo italiano nell’ambito della collaborazione tra Unione Italiana (Fiume-Capodistria) e l’Università Popolare (Trieste) EDIT - Fiume, via Re Zvonimir 20a [email protected] Consiglio di amministrazione: Ezio Giuricin (vicepresidente), Ennio Machin, Franco Palma, Carmen Benzan, Doris Ottaviani, Orietta Marot, Fabio Sfiligoi 44Panorama Panorama Panorama testi N. 2 - 31 gennaio 2010 Sommario IN PRIMO PIANO Il quadro politico in Croazia EPPUR SI MUOVE, O ALMENO SEMBRA ................... 3 di Mario Simonovich ATTUALITÀ Quotidianamente in Croazia 170 lavoratori rimangono senza lavoro CORRUZIONE E STASI: L’ECONOMIA È IN STATO D’AFFANNO.......6 JOSIPOVIĆ FAVOREVOLE AL DOPPIO VOTO PER LE MINORANZE................. 8 Quanto prima l’integrazione dell’area balcanica nell’Ue SLOVENIA E MACEDONIA PROGETTANO IL RILANCIO DELL’INTERSCAMBIO..................8 27 gennaio, Giornata della Memoria, occasione di riflessione e di lucida analisi delle violenze del passato RICORDARE PER EVITARE IL RIPETERSI DEL MALE .......... 10 di Diana Pirjavec Rameša ITALIA LE ANIME SALVE DI ROSARNO ... 12 INTERROGATIVI SCOMODI E LITIGI SULLA FIGURA DI BETTINO CRAXI .................... 13 a cura di Bruno Bontempo ETNIA ”Villa Antonio” ospita la nuova sede della Comunità degli Italiani di Abbazia PROSSIMO PASSO: RIAPERTURA DELLA SCUOLA .............................. 14 di Ardea Velikonja “MinTur” progetto editoriale INTERREG IIIA Slovenia-Italia 2000-2006 TERRITORIO INTEGRATO, PATRIMONIO DELLE MINORANZE ... 16 di Diana Pirjavec Rameša SOCIETÀ VIA IL BURQA, OFFENDE I VALORI DELLA RÉPUBLIQUE! ..... 18 a cura di Bruno Bontempo CINEMA E DINTORNI IMMIGRATO IRREGOLARE: COME L’EBREO IN CANTINA ... 20 di Gianfranco Sodomaco ARTE Cinque secoli fa moriva Giorgione, cent’anni dopo Caravaggio CHI RAPPRESENTA QUELLA DONNA CHE ALLATTA? ............ 22 di Erna Toncinich ITALIANI NEL MONDO ”LAVORIAMO AL RICONOSCIMENTO DELLE RADICI” ........... 24 a cura di Ardea Velikonja MADE IN ITALY GALILEO A PADOVA 400 ANNI DOPO ........................... 26 a cura di Ardea Velikonja REPORTAGE Nuova offerta turistica a Piancavallo DUE CUORI E UN... VILLAGGIO IGLOO .................... 28 di Ardea Velikonja LETTURE ”DOPPIA ANIMA” ....................... 34 di Tina Braico LIBRI Giacomo Scotti: “Gente dell’Adriatico” VICENDE DELLE NOSTRE CONTRADE .................................. 38 di Mario Simonovich PUBBLICAZIONI N. 20 della rivista “Fiume” PORTO: STRUTTURE E FUNZIONALITÀ ....................... 39 MUSICA Ricordiamo Bruno De Filippi UNO DEI PRIMI TORMENTONI LA SUA TINTARELLA DI LUNA ...... 40 a cura di Bruno Bontempo SPORT VANCOUVER SCOMMETTE SULL’OLIMPIADE SOSTENIBILE ... 42 FARI PUNTATI SU CARLO JANKA ... 44 CALCIO, LA SQUADRA EUROPEA DEI SOGNI .................................... 46 a cura di Bruno Bontempo ARBOREA LA QUERCIA, SOVRANA IN CIELO E IN TERRA ................ 42 di Daniela Mosena MULTIMEDIA COME FARE L’UPGRADE DA XP A W INDOWS 7 ................ 50 a cura di Igor Kramarsich RUBRICHE .................................. 52 a cura di Nerea Bulva IL CANTO DEL DISINCANTO .... 58 di Silvio Forza IN COPERTINA: gli igloo di Piancavallo (foto Ardea Velikonja) Agenda Approvati il Preventivo 2010 dell’Unione Italiana e la ripartizione dei mezzi CNI, le attività decollano con una serie di incognite A ll’ultima riunione della Giunta esecutiva dell’UI si è parlato del piano finanziario e del programma di lavoro per il 2010 con ottimismo e fiducia, in attesa che Roma rifinanzi quei capitoli di spesa esclusi dalla Finanziaria per quest’anno. Di conseguenza tutti i piani di attività sono stati predisposti facendo affidamento su risorse che giuridicamente non ci sono, o non ci sono in questo momento ma che presto potrebbero esserci. A queste incertezze vanno ad aggiungersi altre difficoltà derivanti dal fatto che il Consiglio di Amministrazione dell’Università Popolare di Trieste non ha ancora accolto il Bilancio del pluridecennale partner. Quindi sono stati promossi alcuni progetti tra i quali la costruzione della Palestra della scuola elementare italiana di Buie, la fornitura di arredi per l’istituzione prescolare italiana “Girotondo” di Umago, il progetto preliminare del complesso sportivo-ricreativo presso la SEI “San Nicolò” di Fiume, e via via fino a progetti importanti come l’acquisto della sede per la CI di Sal- vore e la ristrutturazione completa di Visinada (nella foto), una questione che si trascina dal 2002 e che è culminata nell’ottobre scorso con il crollo di una parte del muro dell’edificio. ● La prima del documentario di Diego Cenetiempo presto a Fiume, Pola e Capodistria «Italiani sbagliati. Storia e storie di rimasti» N ell’ambito della XXI edizione del Trieste Film Festival - categoria Zone di cinema - è stato presentato all’Ariston della cittadina giuliana il documentario Italiani sbaglia- ti. Storia e storie di rimasti di Diego Cenetiempo, prodotto da “Pilgrim film” e da “Il Ramo d’Oro Editore”. Il titolo dell’opera è una citazione di Pier Antonio Quarantotti Gambini, scrittore ed esule istriano, riferita a tutti coloro che non hanno scelto la via dell’esodo. Attraverso una serie di interviste, il documentario intende dare luce al tema dei “rimasti”, ossia tutti coloro che, per i motivi più disparati, non sono migrati dalla loro terra ed hanno scelto di rimanere no- nostante la Grande guerra. L’opera comprende anche filmati di repertorio tratti da archivi privati e pubblici tra cui le Comunità degli Italiani, il Centro Studi Storici di Rovigno, l’Istituto Luce, la Cineteca Regionale del FVG e la Cineteca del Friuli. Da rilevare che il documentario avrà una sua prima a Fiume in data ancora da definirsi a cui faranno seguito altre proiezioni in diverse città della Croazia come Zagabria e Pola e poi anche a Capodistria in Slovenia. ● Con un concerto e la mostra «I fiori di Sandra Tenconi» per l’amica scomparsa Ricordata Carla Burri, fondatrice dell’IIC di Lubiana L’ Istituto Italiano di Cultura in Slovenia, con sede a Lubiana, ha voluto ricordare con una serata e una mostra la sua fondatrice Carla Maria Burri (1935-2009), scomparsa di recente in Italia. La mostra denominata I fiori di Sandra Teconi per Carla Burri è stata dedicata dall’autrice alla sua amica Carla. Presente, oltre alla pittrice, Giorgio Forni della Fondazione Sartirana Arte. Dopo l’inaugurazione della mostra, che rimarrà aperta fino al 12 febbraio, si è svolto il concerto del duo composto da Emanuela Cappellotto al mandolino e Gianluca Sabbadin alla chitarra. Sandra Teconi, nata a Varese, ha frequentato l’Accademia delle Belle arti di Brera ed è stata allieva di importanti pittori come Carpi e Cantatore. Alla mostra di Lubiana presenta pure un ri- tratto di Carla Burri, per lunghi anni sua amica. Quanto al due Cappellotto-Sabbadin da rilevare che è una formazione cameristica nata nel febbraio 2003 con il preciso intento di approfondire e divulgare il ricco repertorio originale colto per mandolino e chitarra. Il duo si è esibito anche all’estero nell’ambito del XXXVIII Festival internazionale di musica a plettro in Spagna. ● Panorama 5 Attualitá Quotidianamente in Croazia 170 lavoratori rimangono senza lavoro. Corruzione e stasi: l’economia di Diana Pirjavec Rameša L’ economia croata è in ginocchio. L’ottimismo dei politici non trova riscontro nelle analisi compiute dagli economisti. Il 2010 si presenta come un anno difficile: il Pil continuerà a scendere, aumenterà il deficit dei conti interni ed esteri, migliaia di persone hanno perso o nelle prossime settimane perderanno il lavoro. I dati dell’Istituto per il collocamento al lavoro in questi giorni prevedono una disoccupazione pari a 330.000 persone nel primo trimestre: quotidianamente in Croazia perdono il lavoro circa 170 lavoratori. La crescita del tasso di disoccupazione a cavallo tra dicembre e gennaio è stata del 21,2 p.c. Numerose aziende dovranno chiudere, altre hanno avviato il procedimento fallimentare, soprattutto nel settore dell’industria agroalimentare, in quello tessile, nonché l’industria edile. Nel mese di dicembre il costo minimo della vita per una famiglia di quattro persone in Croazia ha raggiunto circa 905 euro. Stando ai dati riportati dai Sindacati Indipendenti Croati (NHS) e ripresi dall’Ice di Zagabria, nel mese di ottobre, invece, il salario medio mensile ha raggiunto quota 723 euro, ossia il 79,95% del Anche il turismo va... in crisi G li introiti dell’industria del turismo in Croazia, uno dei motori dell’economia del Paese adriatico, hanno subito nei primi nove mesi del 2009 una flessione del 15,2 p.c., nonostante le presenze registrate di visitatori esteri siano state praticamente allo stesso livello degli anni precedenti. Infatti da gennaio a settembre i turisti stranieri hanno speso, secondo i dati diffusi dalla Banca nazionale croata, 5,77 miliardi di euro, 1,03 miliardi in meno rispetto allo stesso periodo del 2008. Gli analisti attribuiscono questo calo agli effetti della crisi che ha indotto i visitatori, se non a rinunciare del tutto alla vacanze, a diminuire consistentemente le loro spese durante il soggiorno, soprattutto in risto- fabbisogno mensile. Chi vive in affitto, poi, è costretto a pagare in media 250 euro in più. Per rendere quanto più plastica questa descrizione bisogna ricordare che il debito estero croato ha continuato a crescere di 1 miliardo di euro negli ultimi mesi del In una foto d’archivio stretta di mano tra due ex: Ivo Sanader e Damir Polančec. Quest’ultimo è stato iscritto nel registro degli indagati 6 Panorama ranti e bar, o a scegliere sistemazioni meno costose. Se osservati a livello individuale, statisticamente ogni singolo turista ha speso circa 38 euro in meno rispetto al 2008. Il loro numero totale è diminuito però solo dello 0,75 p.c. rispetto all’anno record, il 2008, quando gli stranieri in vacanza in Croazia sono stati 9,3 milioni. ● 2009 ed alla fine dell’anno ammontava a 42,8 miliardi di euro. I casi di corruzione del settore delle aziende pubbliche croate si moltiplicano: primeggiano in ogni caso le Autostrade croate (HAC), le Ferrovie e il settore del “procurement”. Nei giorni scorsi è scoppiato lo scandalo delle spese di rappresentanza (quasi mezzo milione di kune) realizzate dall’oramai destituito direttore del Cantiere “3 Maj” Željko Starčević, ed ha riproposto l’irrisolta questione della vendita dei cantieri navali croati che si trova ad un punto morto. Torna alla ribalta il caso “Podravka”. I manager arrestati sono stati accusati di un intricato tentativo di assumere in modo illegale il controllo del pacchetto maggioritario delle azioni dell’azienda pagando con soldi “tirati fuori” in modo illegale dalle sue casse. Detto in parole povere l’operazione “Spice” è stata ideata in modo che la ditta di broker Fima, in accordo con i manager acquistasse azioni di quest’ultima con finanziamenti coperti da garanzie offerte alle banche dall’impresa stessa. Le Attualitá E il Sindacato autonomo rischia il fallimento è in stato d’affanno Jose Manuel Barroso e la primo ministro croato Jadranka Kosor Che cosa bolle nei pentoloni dei cuochi della “Podravka”? cose sono andate probabilmente così: la “Podravka” ha ottenuto dei finanziamenti che ha “prestato” (circa 9 milioni di euro) all’azienda SMS di Spalato. Quest’ultima ha passato il denaro all’agenzia finanziaria Fima la quale ha così potuto restituire alle banche croate i soldi spesi per l’acquisto delle azioni. Nel frattempo la Fima ha fondato un’azienda a Malta e lì ha trasferito le azioni della “Podravka” acquistate (circa il 10,6% delle azioni totali) chiedendo nuovi finanziamenti all’estero per un’ulteriore acquisto di azioni, finanziamenti, ancora una volta, garantiti dalla stessa industria alimentare. In tutta questa intricata vicenda e in questo complicato giro di denaro, che gli investigatori adesso cercano di ricostruire, la “Podravka” ha subito un danno di 250 milioni di kune (circa 35 milioni di euro). I media quotidianamente scoprono nuovi dettagli dello scandalo che sembra non trovare ancora un epilogo. Tutti, però, sono della stessa idea: un’operazione di simili dimensioni non avrebbe potuto certo svolgersi senza che nessuno al Governo lo sapesse. Ora il vicepremier Polančec, il ministro che ha guidato il dicastero dell’Economia e che anche dopo il suo arrivo al Governo ha continuato ad avere contatti con l’amministrazione dell’azienda, è stato iscritto nel registro degli indagati. Ma è ancora presto per dire che il problema sia stato risolto. L’Unione europea ha avvertito a più riprese la Croazia della presenza di una diffusa corruzione che lambisce i vertici del potere. Inoltre l’Ufficio della Commissione europea per la lotta alla contraffazione (OLAF) ha chiesto di effettuare controlli sui lavori alle autostrade croate dei quali sospetta che siano state truccate le gare d’appalto. Il problema è che molti alti funzionari, e alcuni ministri, sono recalcitranti ad avvallare una politica di chiarezza temendo di rimanere schiacciati dall’effetto valanga che ne potrebbe nascere. Ma la determinatezza della premier Kosor ed i recenti arresti confermano che qualche cosa si stia muovendo. In una situazione così difficile e complicata cosa fanno i sindacati? Si apprende che la centrale sindacale più numerosa si trovi sull’orlo del collasso finanziario e che la dirigenza dell’SSSH (Confederazione dei sindacati autonomi) sta pensando di licenziare una cinquantina di propri funzionari. Il disavanzo nel bilancio di questa organizzazione, che dovrebbe difendere gli interessi dei lavoratori ma che in queste settimane è costretta ad occuparsi della propria sopravvivenza, è di 1 milione di kune. Nel correre ai ripari la direzione dell’SSSH ha deciso di “ristrutturare” e di chiudere una parte della vasta rete sindacale presente sul territorio nazionale. In futuro, al posto degli uffici provinciali, Cantieri navali: la privatizzazione stenta a decollare Panorama 7 Attualitá In politica estera ritenuti prioritari i rapporti Josipović è favorevole S La premier Kosor durante la visita alla città di Koprivnica conteali e locali, rimarranno attivi solo quelli conteali. La presidente dell’SSSH, Ana Knežević, che si trova a dirigere il sindacato in un momento di collasso economico generale non ha voluto confermare la notizia. Il prestito di 200 milioni di euro che la Banca mondiale ha dato alla Croazia sarà in parte utilizzato per il rimborso delle obbligazioni nei primi due mesi di quest’anno, divise in due pacchetti di grandi dimensioni. Lo ha annunciato il Ministro delle Finanze, Ivan Šuker, aggiungendo che gli obiettivi del credito è il rafforzamento della gestione delle finanze pubbliche, che comprende la stabilizzazione del sistema delle acquisizioni pubbliche, del sistema di protezione sociale e dell’efficacia del settore finanziario. Ricordiamo che Šuker e il capo dell’Ufficio della Banca Mondiale in Croazia hanno firmato il contratto per il prestito dalla Banca Mondiale per un totale di 200 milioni di euro, e questo prestito per la politica di sviluppo nel settore fiscale, sociale e finanziario della Croazia ha come obiettivo il riconoscimento e il sostegno degli sforzi del Governo per mitigare l’impatto della crisi economica globale. “Questo prestito è il riconoscimento e il premio del Governo per tutto quello che ha fatto prima, perché nessun paese ha ricevuto un prestito in tale entità senza un accordo stand-by con il FMI”, ha detto Šuker. ● 8 Panorama peranze per le minoranze in Croazia. Ivo Josipović, il neoeletto presidente, si è dichiarato possibilista in merito alla richiesta del doppio voto. Concorde sul fatto che non sono necessarie modifiche alla Costituzione bensì solo alla legge specifica che regola la procedura elettorale, sembra disposto ad appoggiare le proposte per riconoscere il diritto al doppio voto a tutte quelle minoranze che in base al censimento incidono con meno del 6 p.c. Naturalmente la battaglia per il doppio voto sarà oltremodo impegnativa anche in futuro anche perché numerosi sono i dettagli che devono essere chiariti. Chiarendo i punti essenziali del suo mandato presidenziale, in un’intervista all’agenzia austriaca APA e al quotidiano austriaco “Der Standard”, Josipović ha spaziato dall’integrazione della Croazia in Europa alla risoluzione delle controversie bilaterali con i Paesi confinanti. “Dobbiamo sostenere fortemente l’adesione all’Ue ed avvicinare di più i cittadini ai negoziati”, ha detto, aggiungendo Il presidente eletto Ivo Josipović che la campagna per l’Unione europea inizia il 18 febbraio, quando sarà insediato come terzo Presidente della Croazia. “Il sostegno dei cittadini all’adesione all’Ue è stagnante da mesi ed è al di sotto del necessario 50 p.c.”, ha osservato stimando che Quanto prima l’integrazione dell’area balca Slovenia e Macedonia progetta L a Macedonia (FYROM) e la Slovenia sono due alleati che nutrono eccellenti relazioni politiche, economiche e non hanno questioni bilaterali aperte. Questo quanto convenuto dai Primi Ministri macedone e sloveno, Nikola Gruevski e Borut Pahor, dopo il loro incontro a Skopje a metà gennaio. Gruevski ha affermato come il suo omologo sloveno si è detto interessato alla risoluzione della questione del nome, essendo un grande ostacolo all’adesione di Skopje alla NATO e all’inizio dei suoi negoziati dell’adesione all’UE. “La Macedonia vuole trovare una soluzione a questo problema che sbloccherà il processo di integrazione del paese all’interno delle istituzioni euro-atlantiche. Siamo pronti ad accettare l’aiuto di tutti, essendo però consapevoli che la volontà delle due parti coinvolte è la chiave per la soluzione del problema”, ha detto il primo ministro macedone in una conferenza stampa. Pahor, da parte sua, ha ribadito che la Slovenia vede nella Repubblica macedone un suo amico e alleato: “Uno dei motivi della mia visita è quello di eliminare ogni dubbio per i cittadini della Macedonia che Attualitá con i paesi confinanti e il processo per l’adesione all’Unione europea al doppio voto per le minoranze “è possibile cambiare il trend negativo”. Come noto, gli obiettivi principali del mandato del nuovo presidente, oltre all’adesione all’Ue, sono la giustizia, la lotta contro la corruzione e le buone relazioni con i paesi vicini. “La condizione per l’adesione all’Ue è la lotta contro la corruzione che, purtroppo, è diventata uno ‘stile di vita’, pertanto essa si staglia su due livelli - osserva Josipović - uno è il livello della lotta contro di essa controllando che tutte le istituzioni facciano il loro lavoro. L’altro è il cambiamento della consapevolezza della corruzione tra la popolazione. Questo è più difficile, ma è anche più efficace”. Il terzo obiettivo del nuovo presidente saranno le relazioni con i suoi vicini. “Questa è una questione strategica. Le buone relazioni con i vicini garantiscono la pace e la stabilità e sono la base per tutte le altre forme di cooperazione. C’è solo una questione in sospeso con la Slovenia, ma cerchiamo di risolvere questo problema”, ha rilevato Josipović. A tal proposito, considerando che in Parlamento ha avuto già la possibilità di esprimersi contrario all’accordo d’arbitrato bilaterale con la Slovenia egli conferma la sua convinzione “che la soluzione migliore per la disputa sui confini sarebbe davanti al Tribunale internazionale, ma come Presidente rispetterò l’accordo in tutti i suoi punti”. Tuttavia avverte che, “nel caso in cui l’arbitrato non sarà positivo per la Croazia, tale evento potrebbe pregiudicare l’esito del referendum sull’Ue”. Con riferimento alla Serbia, Josipovic ha tenuto a precisare che la questione del Kosovo non avrà conseguenze sulle relazioni bilaterali con Belgrado. “Capisco il trauma che ha la Serbia, ma il Kosovo è indipendente e se la Serbia lo accettasse prima possibile, sarebbe meglio”, precisa. Ritiene pure che la denuncia della Croazia per il genocidio e la contro-denuncia della Serbia davanti al Tribunale internazionale, adesso non siano necessarie. “La situazione è diversa adesso, e se la tendenza alla cooperazione continuasse a rafforzarsi, la denuncia potrebbe essere ritirata. Su questo dovrà pronunciarsi il Governo”, sostiene Josipović. Come paese vicino viene contemplata anche l’Austria, definita come un paese da osservare ed emulare. “Non possiamo limitarci a prendere come esempio il modello austriaco, ma dobbiamo essere in grado di riconoscere i valori comuni e fare quello che dobbiamo fare. E con il sostegno dell’Austria, faremo sicuramente un passo avanti verso l’Ue”, conclude Josipović nell’intervista ripresa dall’agenzia Etleboro. Per quanto riguarda infine i rapporti di politica interna e così la sua cooperazione con il PM Jadranka Kosor, questi ha precisato che “è dovere del presidente cooperare con il Governo, e lui personalmente non ha nulla contro di lei”. Josipović dice che “si concentrerà sulle cose che uniscono tutte le forze politiche, quali la lotta contro la corruzione e il superamento della crisi nel mercato interno, oltre poi all’adesione della Croazia all’Ue entro il 2012”. ● nica nell’Ue e nelle istituzioni euroatlantiche no il rilancio dell’interscambio la Slovenia non ha alterato in alcun modo la sua posizione, sostenendo la necessità per il Paese di aderire alle istituzioni euro-atlantiche“. Pahor ha annunciato la possibilità che Slovenia e Croazia organizzino una riunione per i Balcani occidentali tra i capi di Stato e di Governo, che dovrebbe portare all’accoglimento di un documento in cui viene ribadita l’importanza dell’integrazione della regione nell’Ue. Facendo riferimento alle relazioni economiche, i primi ministri hanno detto che “credono fermamente nel rilancio dello scambio commer- ciale macedone-sloveno, ridottosi a 153 milioni di euro a causa della recessione mondiale”. “La Macedonia è una sicura ed attraente destinazione d’investimento. Noi crediamo nel futuro politico ed economico di questo Paese. Esso può continuare a contare sull’assistenza slovena”, ha detto Pahor. “Tuttavia, finché il problema del nome non avrà soluzione, ci saranno sempre dei problemi. Io credo che il capo del Governo macedone sia in grado di trovare una soluzione alla controversia in questo breve periodo di transizione e sarò lieto di aiutarlo”. ● Il primo ministro sloveno Borut Pahor sosterrà la Macedonia Panorama 9 Attualitá 27 gennaio, Giornata della Memoria, occasione di riflessione e di lucida analisi Ricordare per evitare il ripetersi I l 27 gennaio 2010 è stato celebrato per il decimo anno consecutivo la “Giornata della Memoria”. Fu istituita in Italia con la legge 211 del 20 luglio 2000, per ricordare, da una parte, la data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz (27 gennaio 1945) e commemorare la “Shoah” (vale a dire la persecuzione, la deportazione, la prigionia e lo sterminio dei cittadini ebrei); e dall’altra tutti coloro (i “Giusti”) che si opposero, pur in campi e schieramenti diversi, a quel folle progetto di genocidio, non esitando a salvare altre vite e a proteggere in condizioni difficili i perseguitati, anche a rischio della propria vita. In occasione della “Giornata della Memoria” sono sati organizzati incontri, cerimonie 10 Panorama L’ingresso al campo di concentramento di Auschwitz e momenti comuni di rievocazione dei fatti e di riflessione (in modo particolare nelle scuole di ogni or- dine e grado), su quanto accadde allora agli ebrei e ai deportati politici e militari italiani nei campi di concentramento nazisti, al fine di conservare viva la memoria di quel periodo della storia europea e del nostro Paese, perché sia scongiurato per sempre il ripetersi di simili tragedie. Anche quest’anno il Ministero della Pubblica Istruzione, in collaborazione con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha indetto il concorso nazionale “I giovani ricordano la Shoah” e il 27 gennaio si è tenuta, nella sala dei Corazzieri, della Presidenza della Repubblica, alla presenza del Capo dello Stato la cerimonia di premiazione delle classi vincitrici del concorso. Sempre nella mattinata del 27 gennaio, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, ha consegnato, per il secondo anno, le medaglie d’onore ai cittadini italiani, mi- Attualitá delle violenze del passato Riflessioni in cornice del male Confini e confino di Luca Dessardo T litari e civili, deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra ovvero ai familiari dei deceduti. Ricevimento anche al Quirinale dove sono stati insigniti circa 80 exdeportati. Con cerimonie analoghe presso le Prefetture sono stati consegnati alti riconoscimenti pure ai sopravvissuti ai campi di sterminio, o ai familiari di deceduti. Anche l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia ha voluto ricordare la ricorrenza. Nel comunicato diramato dall’On. Lucio Toth, presidente dell’ANVGD si rileva: “Nella ricorrenza della Giornata della Memoria, che rinnova il monito a conservare alta la coscienza dell’orrore della Shoah, gli esuli italiani dell’Istria, Fiume e Dalmazia, che hanno conosciuto anch’essi discriminazioni e persecuzioni, vittime dello scontro fra ideologie totalitarie del Novecento, esprimono la loro solidarietà alle Comunità ebraiche italiane... Alla fine della seconda guerra mondiale nelle fila dei profughi giuliani e dalmati non sono mancati connazionali di religione ebraica, due volte esuli che hanno condiviso la durissima scelta dell’esodo in condizioni di estremo pericolo per amore della libertà, dei diritti inalienabili della persona e della suprema dignità umana”. ● ra qualche giorno, il 10 febbraio, verseremo l’annuale tributo ai scomparsi nelle foibe, tra lacrime di coccodrillo dei politicanti di mestiere e il mesto, silenzioso ricordo degli esuli i quali, più che i morti, piangono la perdita del suolo natio. Questa ricorrenza, tenendo conto anche di chi è rimasto, è in un certo senso il simbolo del confine che ha iniziato a pesare sulle spalle dei nostri nonni. Un confine che ci ha definiti come minoranza, e che progressivamente è diventato per tutti una barriera tra Terzo mondo e Occidente. Lo è ancora? La Croazia, dopo la Slovenia, si sta muovendo verso un’integrazione europea. Ci sarà un confine tutto nuovo (ogni riferimento polemico all’arbitrato con la Slovenia è casuale) e mi chiedo se a quel punto potremo ancora considerarci balcanici. Gli sloveni sembrano essersene dimenticati: pare che Schengen muova anche i limiti della civilizzazione, confinando a sud e ad est i nuovi barbari. In effetti, noi barbari immaginiamo che l’Europa, assieme ai mobili Ikea, esporti un ricco stile di vita pret-a-porter. L’essere comunitari, dunque civili, ci sembra insomma una questione di etichetta. Tempo fa si andava alla ricerca di questi brandelli di civiltà a Trieste, capitale dello shopping all’occidentale nonché paradiso fiscale (il rimborso IVA), dovendo però prima superare varie dogane. Una volta che la Croazia entrerà a far parte dell’Ue questi ostacoli spariranno (assieme al rimborso IVA). Tuttavia, il momento in cui la barriera verrà distrutta sarà meramente un atto formale. A ben vedere nei fatti (nei vestiti) viviamo già da anni in un villaggio globale. Per questo motivo la mia generazione, per non parlare poi delle successive, cresciuta dopo il crollo del Muro certamente non ha memoria del confine. Dopo c’è stata la guerra, una guerra che per i nostri padri ha ridefinito i confini. Noi invece portiamo uno sbiadito ricordo anche di quella: ricordiamo quanto ci è stato raccontato. Quale idea possiamo dunque avere noi di confine? Le eventuali ore di coda passate per ottenere permessi di soggiorno sono troppo poche per provare il fastidio di essere considerati diversi. La trionfale (o meno) entrata in Europa è per noi un fatto scontato. Per questo motivo i controlli al confine sloveno (per chi, come me, è anche croato) sono troppo rapidi per farci sentire slavi, schiavi rispetto ad un Occidente opulento. Allo stesso modo non grava sulle nostre spalle nemmeno il concetto di confino, fondamentale per qualunque minoranza. Né va esclusa la nostra minoranza italiana, le cui storia e mitologia narrano di un esilio coatto in se stessa subito negli ultimi sessant’anni, da quando alla fine della II Guerra Mondiale è stato tracciato il confine con il quale ho iniziato. Va detto però che non si tratta di una scelta imposta esclusivamente da un ambiente mutato fino anche a rendersi ostile. Quella della minoranza è anche una segregazione autoimposta, nel nome di un confine/o che tuteli dall’altro, dal non-comunitario. Purtroppo in questo modo il confine fisico diventa barriera mentale. Prima ho affermato che la mia generazione non ha un’idea chiara di confine. Paradossalmente, è proprio questo che ci permette di definirci gente di confine, cresciuta all’incrocio di più culture: le caratteristiche di chi abita in un punto d’incontro sono la facile mobilità internazionale ed interculturale, non necessariamente una reazionaria tendenza ad isolarsi. Felicemente nati un po’ bastardi, non dobbiamo avere paura di contaminarci e possiamo pretendere di essere cittadini del mondo (pure senza mobili Ikea e vestiti griffati), rimanendo fedeli a noi stessi. Purtroppo questa grandezza provoca a volte un senso di vertigine a chi dei nostri genitori e nonni si sente piccolo, minoritario. In quel momento non bisogna però isolarsi nella propria paura, bisogna andare avanti. ● Panorama 11 Italia Echi dei violenti scontri a sfondo razziale e il trasferimento degli immigrati Le Anime salve di Rosarno a cura di Bruno Bontempo L e prime pagine dei giornali italiani di gennaio a lungo sono state dedicate alla vicenda degli immigrati di Rosarno, nella mia Calabria, la terra che ho dovuto lasciare a 18 anni - ha scritto Eugenio Marino, giornalista e scrittore nato a Crotone -. I miei primi diciotto anni, poiché i secondi 18 li ho vissuti a Roma. Ho lasciato quella terra per studiare, fare un master e lavorare: da quelle parti trovare lavoro era “un’impresa no profit”... In tutti i sensi: anche volendo lavorare davvero, duramente, in quei campi nei quali si raccolgono dall’alba i pomodori; in quegli agrumeti dove maturano squisite arance, mandarini e limoni; in quelle distese nelle quali abbonda il grano: “... te via avire tantu ‘re lu granu / quantu ne coglia Cutru e la Marina...” recita un passo della strenna natalizia del mio paese. E pure trovandolo, questo tipo di lavoro, ci si spezza la schiena e si porta a casa una miseria con la quale difficilmente ci campa una famiglia. Questi lavori oggi li fanno, in nero o no, gli immigrati. Quegli stessi immigrati che puliscono le case della mia regione, che assistono anziani e/o malati. Anche dei miei nonni paterni si prende cura una carissima persona immigrata, che per la nostra stampa e per il nostro Ministero degli Interni fa alzare la media dei reati. Ma mio nonno non riesce a capire dov’è che delinque... Eppure, questa mia terra (non solo la Calabria, ma l’intera Italia), oggi ha più calabresi in giro per il mondo che in punta allo Stivale. Non tutti distintisi positivamente (vogliamo parlare dei fatti di Duisburg?). Ma su questo ha scritto molto bene Gian Antonio Stella sul “Corriere della Sera”. Ricordando che gli immigrati di Rosarno di questi giorni sono stati gli emigrati italiani di ieri nel Nord America e in Europa. Trasformando, poi, il particolare in universale e avvicinando le loro condizioni disumane (e degli emigrati nostri di ieri) a quelle dei prigionieri dei lager descritte da Primo 12 Panorama Un gruppo di immigrati a Rosarno durante i violenti scontri a sfondo razziale avvenuti tra il 7 e il 9 gennaio scorso. Iniziati dopo il ferimento di tre africani da parte di sconosciuti con un’arma ad aria compressa, si è trasformata in una rivolta urbana che ha visto contrapposti forze dell’ordine, cittadini e immigrati, con il ferimento di 18 poliziotti, 14 rosarnesi e 21 immigrati, otto dei quali ricoverati in ospedale. Per evitare ulteriori tensioni, la maggior parte degli immigrati è stata trasferita in altri luoghi Levi, anche Adriano Sofri, con la sua splendida poesia, ci costringe a una riflessione umana e politica più profonda e staccata dalla cronaca delle news. Insomma, leggendo queste e altre riflessioni, mi viene da pensare che il nostro antico e glorioso Paese, culla di diritto e civiltà, di cristianesimo e cultura, di emigrazione e integrazione (ahimè anche di criminalità organizzata, di cui la ‘ndrangheta oggi detiene il primato mondiale - leggi Francesco Forgione, “‘Ndrangheta. Boss, luoghi e affari della mafia più potente al mondo”, Baldini Castoldi Dalai, 2008), oggi rischia di perdere sia la sua umanità più profonda (la sua pietas), che il suo storico spirito democratico, il suo alto magistero culturale. Oggi, quindi, che ricade anche l’anniversario della morte di Fabrizio De Andrè, insieme alla poesia di Sofri riascolterò “Anime salve”, il brano in cui De Andrè intende “salve” non solo nel senso cristiano del termine (coloro che dopo aver sofferto in vita si salvano dopo la morte andando in Paradiso), ma anche in senso etimologico, di “solitarie”. Perché gli immigrati di Rosarno, come i nostri vecchi emigrati discriminati, sono dei “soli”. Non romiti, bensì disperati costretti alla solitudine, in ascolto del proprio spirito e della propria condizione, costretti a riflettere sul passato, sui “passaggi di tempo”. Anime che ricercano dentro se stesse, con lo sguardo nel passato e la mente rivolta al futuro: così, almeno, dovremmo ragionare tutti su questa vicenda; così il nostro Paese, così il nostro Governo: “...mi sono guardato piangere in uno specchio di neve, / mi sono visto che ridevo... / Ti saluto dai paesi di domani, / che sono visioni di anime contadine...”. ● Italia Interrogativi scomodi e litigi sulla figura di Bettino Craxi N on dimentico il rapporto che fin dagli anni Settanta ebbi con lui... Si trattò di un rapporto franco e leale, nel dissenso e nel consenso che segnavano le nostre discussioni e le nostre relazioni. “Lui” è Bettino Craxi. E chi “non dimentica” è Giorgio Napolitano, oggi presidente della Repubblica. Nella sua lettera inviata alla vedova di Craxi a dieci anni dalla morte del segretario del Psi, il capo dello Stato ha sostenuto che, nel “vuoto politico” dei primi anni Novanta, avvenne “un conseguente brusco spostamento degli equilibri nel rapporto tra politica e giustizia”. A farne le spese fu soprattutto il leader socialista, per il peso delle contestazioni giudiziarie, “caduto con durezza senza eguali sulla sua persona”. Grande statista o latitante? Bettino Craxi continua a dividere l’Italia: c’è chi rimpiange l’ex leader socialista e chi, invece, lo ricorda come uno dei protagonisti in negativo di Tangentopoli e della prima repubblica. La giustizia italiana si è già espressa su Craxi; gli storici lo faranno quando l’eco della sua azione politica sarà cessata. L’ex premier, oggi, per molti è quel politico che entra velocemente in auto mentre una folla imbestialita lancia di tutto e gli urla “ladro, ladro”; in sintesi, è l’icona negativa di Tangentopoli. Per tanti altri, invece, Craxi è un uomo anziano, costretto all’esilio in Tunisia, che parla con nostalgia di quell’Italia che ha aiutato a rendere grande; è perciò l’unica vittima del sistema politico ad aver pagato per Mani pulite. Ma sono i numeri a sorprendere. Quando l’ex leader del Psi ha lasciato l’Italia negli anni ‘90, il mondo della politica era praticamente assente dal web mentre ora i link a lui dedicati sono quasi 500 mila. C’è chi lo critica per aver portato l’Italia sull’orlo del fallimento, ma anche chi lo rimpiange per l’esatto contrario ovvero per aver permesso all’Italia di entrare nel novero delle grandi democrazie occidentali. Inoltre, per molti, è stato pressoché impossibile non accostare il nome di Craxi a quello che in tanti definiscono, nel bene e nel male, il suo “erede” politico: Silvio Berlusconi. E non a caso, cercando tra le immagini in rete, Craxi appare spesso in compagnia di Berlusconi in incontri ufficiali ma anche durante un momento di relax al mare. Non mancano, però, anche le immagini che lo ritraggono insieme all’ex presidente dell’Olp, Yasser Arafat, o curiosamente in un raro incontro con un giovanissimo Gianfranco Fini. Anche Facebook, una tra le ultime mode della rete, non ha resistito al richiamo di Craxi, interrogandosi, litigando, facendo “rivivere” l’icona del segretario del Psi e commentando l’attualità politica. La proposta fatta dal sindaco di Milano, Letizia Moratti, di intitolare a Craxi una strada della città ha animato una serie di polemiche, con botta e risposta: sono nati gruppi contro l’iniziativa della Moratti, ma c’è anche il gruppo Compriamo Bettino Craxi per acquistare la statua pubblica del leader socialista che il comune di Aulla (Massa-Carrara) ha messo in vendita. Ha fatto discutere un’editoriale del direttore del Tg1 Augusto Minziolini sulla figura di Bettino Craxi, definito “un capro espiatorio’’ di tutto un sistema. Secondo Minzolini infatti “la verità è che ad un problema politico fu dato una soluzione giudiziaria e l’unico che ebbe il coraggio di porre in questi termini la questione, cioè Craxi, fu spedito alla ghigliottina”. Immediata la replica del leader di Idv, Antonio Di Pietro: “Craxi è stato più volte condannato non perché era uno statista ma perché aveva tre conti correnti all’estero. Un corrotto condannato con sentenza penale passata in giudicato”. Ma Di Pietro (che ha fatto parte del pool di Mani pulite come pubblico ministero, che nel 1996 è entrato in politica e nel 1998 ha fondato il movimento Italia dei Valori), ne ha avuto anche per Minzolini: “Non può permettersi di raccontare bugie e di diffamare coloro che hanno fatto il loro dovere”. Molti osservatori hanno rilevato che l’omaggio a Craxi, “emblema di corruzione”, è la ciliegina sul processo di riabilitazione di un politico condannato in via definitiva a dieci anni di carcere per corruzione e finanziamenti illegali e che, secondo i magistrati, “ha sottratto alle casse pubbliche almeno 77 milioni di euro che nascose in conti distinti in Svizzera, Liechtenstein, Caraibi ed Estremo Oriente”. Altri hanno parlato di “rimarcabile dietrofront” dell’establishment politico italiano, che “cerca di riabilitare la memoria del mentore di Berlusconi caduto in disgrazia, l’uomo più ampiamente biasimato per l’imperante corruzione politica italiana”. È stato ricordato che nell’inchiesta Mani pulite, il principale argomento di difesa di Craxi, il fatto che “così fan tutti”, non convinse l’opinione pubblica e che la gente gli gettò addosso monetine, “un trattamento tradizionalmente riservato ai ladri”. Ora con gioia di molti, compreso Berlusconi, la riabilitazione di Craxi procede rapidamente: era stato padrino dei suoi due figli e aveva spinto per l’approvazione di leggi che consentirono al Cavaliere di spezzare il monopolio della tv pubblica e di fondare la prima rete televisiva privata in Italia, negli anni ‘80. “I processi che hanno portato alla fuga dalla giustizia di Craxi dovevano purgare la politica italiana dalla corruzione ma, a 17 anni di distanza, pochi direbbero che hanno avuto quel risultato”, ha detto Luca Cordero di Montezemolo, secondo cui poco è davvero cambiato. ● Panorama 13 Etnia «Villa Antonio» ospita la nuova sede della Comunità degli Italia Prossimo passo: la riapertura de testo e foto di Ardea Velikonja L a sede sarà anche provvisoria, ma è nuova, ed è quanto basta per generare soddisfazione fra i connazionali di Abbazia. La provvisorietà dovrebbe durare fino a quando non potranno reperire gli ambienti idonei, da acquistare. Comunque, grazie all’attivo interessamento della Municipalità, la CI è riuscita se non altro a disporre di nuovi spazi nel centrocittà, ovvero nella vecchia “Villa Antonio” situata subito dietro l’albergo “Paris”. Tre stanze, belle e spaziose che, se non bastano del tutto, certamente favoriranno le numerose attività che gli italiani qui svolgono al presente e, si spera, anche al futuro. Per saperne di più ci siamo rivolti al presidente Pietro Varljen che, dopo averci fatto visitare i locali che saranno adibiti nell’ordine a sala di lettura, ufficio di segreteria e, il più grande, ai corsi di lingua che si tengono già da tempo, ci ha riassunto la storia degli sforzi per la tanto anelata sede. ”Posso dire subito che con questi ambienti è stata realizzata una parte dei nostri sogni. Nello stretto spazio che avevamo a disposizione a Volosca, ci siamo stati dal 1971. Va ricordato che la prima comunità o, nella terminologia di allora, il Circolo italiano, venne aperto ad Abbazia nel 1946 in quel palazzo che oggi ospita il Comune. All’epoca i soci eraLa sala di lettura 14 Panorama La sala riunioni in cui si svolgono i corsi di lingua no 1800, fra cui i tanti monfalconesi stabilitisi qui in quanto occupati ai Cantieri navali di Fiume. Tutto finì nel 1953 quando il Circolo, come del resto la scuola italiana, vennero soppressi e gli italiani si trovarono senza un punto di riferimento. La situazione cambiò verso la fine del 1970 quando iniziò l’iter per la riapertura. Nel 1971 venne finalmente riaperta la sede in una casa di Volosca: dapprima una cameretta, poi ci fu data un’altra. Nella ‘Villa Antonio’ a quel tempo aveva sede il Comitato comunale dell’organizzazione di partito, che ci metteva a disposizione la grande sala - che esiste ancora oggi - per le manifestazioni più grandi. Il primo presidente - parlo del 1946 - fu Alfredo Visintin, e fu La segretaria Norma Srbul proprio lui nel 1971 a riaprire la Comunità, grazie anche alla spinta dei suoi collaboratori, fra cui Pietro Nutrizio, Arno Blecich, Francesco Belle ed Ermanno Bonassin. Riassumendo l’iter per questa sede, circa due anni fa partecipammo al concorso per l’assegnazione, prevista nell’edificio noto come Operetta. Sembrava tutto risolto, dato che non c’erano altri concorrenti. All’ultimo minuto però arrivò l’offerta, molto più consistente della nostra, di un uomo d’affari di Zagabria, e gli ambienti andarono a lui, sicché ci ritrovammo di nuovo con un nulla di fatto. Etnia ni di Abbazia lla scuola La bella “Villa Antonio” in cui la CI resterà fino al 2018 Pietro Varljen, presidente della CI All’epoca del sindaco Amir Muzur ci venne offerta la possibilità di acquistare una parte dell’edificio pianificato vicino al Mercato, dove oggi c’è un parcheggio. Il piano prevedeva la costruzione di un parcheggio sotterraneo e di due piani, uno dei quali previsto per noi. Premetto che i soldi ce li avevamo. Infatti il Governo italiano grazie all’Unione Italiana e all’Università Popolare di Trieste ci aveva assicurato 660.000 euro per la spesa. Il cambio ai vertici della Municipalità e la crisi economica che attanaglia il paese però ci hanno messo lo zampino. Infatti il piano del nuovo edificio che doveva realizzarsi entro due tre anni, è stato ‘congelato in attesa di tempi migliori’ e quindi il sindaco Dujmić si è offerto d’affittarci queste tre stanze fino al 2018, quando, si spera, verrà realizzato il piano previsto. Peraltro l’affitto richiestoci è puramente simbolico, il che significa che la Municipalità continua a mostrare una sensibilità particolare verso gli appartenenti alla nazionalità italiana, come del resto lo aveva finora, grazie anche al vicesindaco connazionale Ernie Gigante Dešković. Visto che ‘Villa Antonio’ si trova nel centro di Abbazia e quindi è facilmente raggiungibile dalla maggior parte dei soci abbiamo deciso di ac- cettare. Il Centro internazionale per la formazione dei giornalisti dell’Europa sud-orientale, che ha pure sede in questo edificio, è disposto a cederci la grande sala per le varie conferenze e manifestazioni in programma e quindi potremo svolgere tutta l’attività qui. Siamo l’unica Comunità che ha in calendario sei conferenze primaverili e sei autunnali. Ragguardevole il numero dei soci: 500, più i sostenitori. Sono tanti i giovani che fanno attività e che partecipano ai corsi di lingua italiana, che qui si tengono da ben trent’anni e sono sempre più frequentati. Abbiamo giovani che studiano in Italia e che sono il nostro futuro. Essendo ora in centro, e raggiungibili con le macchine, certamente il numero dei frequentatori è destinato ad aumentare ancora. Quando si parla di attività il nostro cavallo di battaglia certamente è sempre il ben noto ‘Torneo dell’amicizia di briscola e tressette’ cui partecipano tutte le Comunità dell’Istria e della Slovenia, ma non sono meno importanti per noi il tradizionale incontro estivo che si svolge ‘fuori sede’ a Icici dove tutti ci ritroviamo volentieri. A questo si aggiunge il ‘Mandracchio’, ovvero il noto concorso di pittura che si svolge nella bella cornice marina di Volosca, della cui ideazione la Comunità vanta pure la paternità. I nostri piani per il futuro? Siamo decisi a scendere in campo a favore della riapertura della scuola elementare italiana che, come si ricorderà, venne chiusa d’autorità nel 1953. Negli asili dell’area liburnica attualmente operano quattro sezioni italiane: una ad Abbazia, una a Volosca nell’ambito di un asilo privato, la terza a Laurana e la quarta a Mattuglie che ha addirittura un soggiorno che arriva a undici ore. I bambini che frequentano tali sezioni sono in tutto circa una settantina. Una volta pronti per la scuola, se optano per quella italiana sono costretti ad andare a Fiume oppure, volendo restare ad Abbazia, de- L’artistico caminetto vono andare alle scuole croate. Credo che un’indagine fra i genitori darebbe un parere positivo. Vorrei infine ringraziare l’UI, l’UPT e il Governo italiano per il loro sostegno volto a dare ulteriore dignità al nostro operare, sostegno testimoniato appunto anche con la messa a disposizione della nuova sede”. ● Panorama 15 Etnia MinTur, progetto editoriale INTERREG IIIA Slovenia-Italia 2000-2006. Una guid Territorio integrato, patrimonio dell di Diana Pirjavec Rameša nazionale Slovena in Italia producono cultura lingua e quindi identità a livelli estremamente qualificati. Ma una Coede finalmente la realizzaziomunità che non riesca a produrre anche ne un progetto importante fieconomia, che si trova ai margini dei nanziato dall’Unione europea flussi e delle relazioni finanziarie, che nell’ambito del Programma di inizianon può essere essa stessa protagonista tiva Comunitaria Interreg IIIA Slovedella propria crescita economica, quinnia- Italia 2000-2006. di partecipe di quella più ampia del terÈ stato denominato “MinTur / Miritorio del suo insediamento, rischia noranze e turismo - Animazione turil’emarginazione”. stica e promozione congiunta del territorio transfrontaliero” ed è un proget”La strutturazione economica assito editoriale curato da Unione Italiana cura l’autonomia minoritaria liberandi Capodistria e da Euroserdola, almeno parzialmente, vis. Si tratta di fatto di due dai condizionamenti politici prestigiosi volumi in cui vene internazionali, crea opporgono promossi il territorio, la tunità d’impiego e soprattutto cultura e la civiltà dell’area favorisce la creazione di posti italo-slovena. Un’agile guidi lavoro nella rispettiva mada per chi vuole capire la stodrelingua. Poter vivere sereria, scoprire gli itinerari, capinamente la propria identità re in quale modo l’uomo nei linguistica anche sul proprio secoli ha modellato il territoposto di lavoro diventa semrio. Un’occasione per immerpre più un fine socio culturale gersi in una realtà multilincui le minoranze devono pregue e pluriculturale, guidati stare la massima attenzione” da precise cartine, indicazioni rileva Tremul. di percorso, cenni storici, nuLe minoranze nell’area merose fotografie e un’esplitransfrontaliera italo-slovenacazione delle caratteristiche croata rappresentano il tessugeo-morfologiche degne di to connettivo che unisce uno una guida che vuole spaziaspazio storicamente plurale, re dalla storia al presente con destinato ad essere sempre una particolare cura rivolta al più al centro di significativi ruolo che le minoranze hanprocessi evolutivi e integrativi no avuto e al contributo che europei. I progetti cofinanziati hanno dato allo sviluppo di dall’Ue in cui sono coinvolte quest’area di confine consile due minoranze sono più di derata come territorio unico trenta e riguardano numerose e integrato. C’è poi un alattività congiunte che spaziatro elemento che va evidenno dalla cultura all’integraziziato, il segmento dell’ospitane, dalla letteratura alla prolità e della gastronomia locamozione, dalla gastronomia ai le, con precise indicazioni per prodotti del territorio. Lo scochi decidesse di conoscere po di questa guida turistica è gusti e delizie di questa regiopresentare quel territorio che, ne. Una guida a tutto tondo con l’allargamento dell’area dunque dove storia istituzioSchengen e nell’ottica della nale e tempo libero ci vengovalorizzazione dell’importanno raccontati con la precisiote presenza delle due Comune di un manuale e l’agilità di nità Nazionali, diviene un uniuna buona guida turistica. La guida “MinTur” è costituita da due volumi in cui si cum nel suo genere. Un terriIl testo nei due volumi realizza una promozione integrata del territorio con par- torio da studiare per i valori scorre parallelo sia in italiano ticolare attenzione al ruolo che le due minoranze, quella che promuove e per la ricca che in sloveno ed è stato cura- italiana e quella slovena, hanno avuto nel suo sviluppo storia che può raccontare. ● V 16 Panorama to da Maurizio Tremul nonché tradotto in sloveno da Sandro Kravanja. A spiegare perché questa iniziativa viene considerata importante è l’introduzione di Maurizio Tremul, presidente della Giunta UI, il quale rileva: “Ogni Comunità umana se non riesce a riprodurre la propria identità, a produrre cultura e lingua, è una comunità destinata a scomparire. Questa considerazione è tanto più valida per i gruppi minoritari. La Comunità Nazionale Italiana in Slovenia e Croazia (CNI) e la Comunità Etnia d a per capire l’area di confine le minoranze Il presidente della Giunta esecutiva di Unione Italiana, Maurizio Tremul Una delle piantine riprodotte ad uso di chi vuole conoscere meglio il territorio Più di 130 partecipanti tra ospiti, relatori e titoli al «Trieste Film Festival» Una finestra sul cinema dell’Europa centrale F anny Ardant, Theo Anghelopoulos, Predrag Matvejević, Claudio Magris, Goran Paskaljević. Ha puntato sui grandi nomi il Trieste Film Festival, la cui ventunesima edizione si è svolta da giovedì 21 al 28 gennaio. La manifestazione, la più importante in Italia dedicata al cinema dell’Europa centrale e orientale, ha perso la sua sala principale - il Cinema Excelsior nel centro cittadino - ma ha compensato con un ricco programma, di nomi e di titoli: più di 130 disseminati tra le varie sezioni. Il Festival è stato aperto con l’ultima fatica, molto riuscita, di Paskaljević. Il regista de “Il tempo dei miracoli” e “La polveriera”, uno degli autori più importanti dell’area ex jugoslava, è autore di Honeymoons, tragicommedia divisa in due parti, una albanese e una serba. Due coppie, due matrimoni, due sogni di emigrazione e due finali poco lieti e molto realistici. Le analogie tra i due Paesi sono parecchie e il regista di Belgrado le mette in luce con durezza e partecipazione. Nel concorso lungometraggi è stata presentata invece l’opera d’esordio di suo figlio Vladimir, Đavolja Varoš - La città del diavolo, commedia nera corale. Altra debuttante, ma con una lunga carriera alle spalle, per la serata di chiusura che ha visto la proiezione di Cendres et sang - Ceneri e sangue: Fanny Ardant. L’attrice ha scritto e diretto la storia di una donna romena (l’attrice israeliana Ronit Elkabetz) fuggita con i figli dopo l’assassinio del marito che torna a casa dopo 18 anni ritrovando un clima di odio e vendetta. Il concorso lungometraggi ha proposto 12 titoli. A rappresentare il cinema greco, nella sezione dedicata alla produzione ellenica degli anni ’80, c’era Kynodontas - Canino di Lorgos Lànthimos, premiato al festival di Cannes 2009 per la sezione “Un certain regard”. Ritratto di famiglia in un interno, le mura di cinta di una villa borghese, sotto la dittatura: una metafora un po’ troppo esplicita e con uno stile molto furbo. Molto più forte e diretto il serbo Ordinary People - Persone comuni di Vladimir Perišić: all’inizio della guerra un gruppo di giovani soldati perde l’innocenza. Altro esordio importante è stato Cea mai fericită fată din lume - La ragazza più felice del mondo del romeno Radu Jude, un film sui compromessi e le bugie, sul capitalismo e gli inganni del cinema. Ancora sulla guerra il film croato Crnci - I Neri di Goran Dević & Zvonimir Jurić, vincitore del Festival di Pola: a tregua siglata una squadra speciale (i Neri) si prepara all’ultima azione sul campo. Durante il processo a un criminale di guerra jugoslavo al Tribunale internazionale dell’Aja è ambientato invece Sturm - Tempesta di Hans-Christian Schmid con una bravissima Anamaria Marinca. Giovani che scelgono di fare le prostitute sono le protagoniste del polacco Swinki - Porcellini di Robert Gliński e di Slovenian Girl di Damjan Kozole. Completano la selezione El paso di Zdeněk Tyc, Eastern Plays - Drammi a Est di Kamen Kalev, Nem vagyok a baratod - Non sono tuo amico di György Pálfi e Mikro egklima - Piccolo crimine di Christos Georgiou. ● Panorama 17 Societá Dopo Danimarca e Francia, anche l’Italia potrebbe bandire il velo integrale in sc Via il burqa, offende i valori della a cura di Bruno Bontempo L a lotta contro il burqa è una classica storia alla francese, in cui si ritrovano i valori repubblicani, i diritti delle donne, la religione, l’ordine pubblico, la coesione sociale. Secondo un recente sondaggio il 57 p.c. dei francesi si è dichiarato favorevole all’approvazione di una legge che lo vieti nel territorio francese. E la lotta contro il burqa ha creato un partito “trasversale” all’interno stesso dell’Assemblea Nazionale. Inizia così l’articolo di Andrea Verde su “Fare futuro”, che offre uno sguardo d’insieme sulla Francia di Sarkozy che nei giorni scorsi ha dato il primo via libera al divieto di indossare il burqa nei luoghi pubblici. ”Il deputato comunista André Gerin sostiene che occorra intensificare gli sforzi contro l’integrismo e fermare le tentazioni comunitariste. Sulla stessa lunghezza d’onda si sono schierati il capogruppo dell’Ump all’Assemblea nazionale, Jean François Copé, il deputato socialista Manuel Valls e il segretario di Stato, Fadela Amara, uno dei simboli della diversità nella compagine governativa. Secondo Guy Carcassonne, professore di diritto pubblico all’Università di Nanterre, una legge anti-burqa sarebbe opportuna in base ai principi dell’ordine e della sicurezza nei luoghi pubblici. Egli sostiene che ogni società si basa su un ordine pubblico che rispecchia l’evoluzione dei costumi a una data epoca; oggi in Francia, si nasconde il sesso e si mostra il viso. Fra qualche secolo magari accadrà il contrario, ma per il momento la norma sociale è questa. Una legge che vieti di coprirsi integralmente il viso, sui principi dell’ordine pubblico, avrebbe il vantaggio di laicizzare il dibattito poiché non si tratterebbe più di condannare una pratica religiosa. Si baserebbe su principi costituzionalmente vigenti. Di conseguenza non ci sarebbero problemi con la Corte europea dei diritti dell’uomo. Il problema semmai sarebbe applicativo: si temono rivolte nelle ban- 18 Panorama lieu calde dove la polizia fa già molta fatica a far rispettare la legalità. La battaglia contro il burqa ha anche un aspetto fondamentale; si tratta di bloccare le tendenze “comunitariste” che il velo integrale implica. Le cronache francesi hanno dato risalto alla storia di Naima, una donna di 29 anni, che ha deciso di non far più frequentare la scuola pubblica alle sue tre figlie a causa dell’esistenza di classi miste e dove, tra le altre cose, si insegna ai bambini a credere a Babbo Natale. Naima istruisce le proprie figlie a casa. Programma: alfabeto francese, arabo e tanta religione. Naima si è convertita di recente e ha distrutto tutte le foto per non avere più souvenir del passato e perché “la religione vieta la riproduzione delle immagini degli esseri umani”. Naima ha dichiarato di far parte di una nuova generazione che vuole vivere l’Islam in maniera visibile, e sogna di avere ospedali, scuole ed aziende musulmane per poter vivere pienamente il credo religioso. Intanto i negozi di vestiti islamici conoscono un boom senza precedenti. Ce ne sono di tutti i tipi e per tutte le tasche a partire da 25 euro. Tra le ragazze è in voga la jilbab, che non copre integralmente il viso, mentre il burqa afgano viene usato dalle donne anziane e il niqab, che si differenzia dal burqa per il suo colore nero, viene prevalentemente usato dalle donne dell’Arabia Saudita. Per le più po- vere c’è lo haik, lungo velo leggero bianco, molto in voga in Marocco. Per lo scrittore Abdelwahab Meddeb bisogna rendere la vita giuridicamente impossibile alle portatrici del velo integrale. “Bisogna votare una legge ed accompagnarla da una dichiarazione solenne a nome della Republique” e ancora “bisogna interdire l’accesso alla scolarità, ai trasporti pubblici e agli ospedali”. Meddeb ricorda che il velo integrale non è un obbligo religioso ma il segno ideologico dell’islam radicale, in contrapposizione all’universalità. Intanto, in attesa di una legge, la Francia si appassiona a questo dibattito, amplificato dai mass-media; sono sempre più numerosi i francesi, a destra come a sinistra, che si dichiarano scandalizzati da una pratica, certo minoritaria, ma insopportabile ai loro occhi”. La prospettiva di vietare il velo integrale è allo studio anche in altri Paesi europei. Il governo danese ha deciso di vietare l’utilizzo del burqa e del niqab negli spazi pubblici, ma senza proibire il velo, lasciando libertà decisionale sull’argomento alle scuole, agli uffici pubblici e alle imprese. “Il burqa e il niqab (il primo lascia lo spazio per gli occhi, mentre con il secondo il viso è interamente coperto, ndr) non hanno spazio all’interno della società danese - si legge in un comunicato del primo ministro Lars Rasmussen -. Il governo è determinato a combattere questa concezione umana e Societá uole, ospedali e uffici pubblici République! della donna da questi simboleggiata”. Nei Paesi Bassi sono allo studio diversi progetti di legge sul divieto del niqab e del burqa, in particolare nel settore dell’istruzione pubblica e dei servizi amministrativi. Anche in Austria si è aperto il dibattito, su proposta del ministro socialdemocratico della famiglia, Gabriele Heinisch-Hosek, preoccupato dal crescente numero di donne velate nel paese. Nel Regno unito non esiste alcuna legge che ne vieti l’uso e il governo ha riaffermato di recente che non intende legiferare in materia. In Italia una legge del 1975, varata per ragioni di ordine pubblico, vieta di coprirsi il volto (con fazzoletti e caschi da moto) nei luoghi pubblici. Alcuni sindaci della Lega Nord si sono appellati a questa norma per vietare, con disposizioni amministrative locali, tanto il velo integrale che il “burkini” (costume da bagno). La Lega Nord ha presentato un disegno di leg- ge nell’ottobre scorso che prevede fino a due anni di carcere e 2.000 euro di ammenda per coloro che “in ragione della propria fede religiosa rendono difficile o impossibile la propria identificazione”. “La questione del burqa non può essere strumentalizzata dalla destra. Una cosa è regolarizzare l’uso di questi abiti nei luoghi pubblici, come giustamente sta cercando di fare la Francia. Altra è il divieto totale per legge proposto dalle forze conservatrici”. Così Marco Fedi, deputato del Pd eletto all’estero, a commento delle dichiarazioni di esponenti del governo italiano, tra cui il ministro per le pari opportunità, Mara Carfagna, alla notizia del primo via libera al divieto di indossare il burqa nei luoghi pubblici da parte della Commissione di studio del Parlamento francese. In un’intervista, infatti, il ministro Carfagna ha dichiarato: “Spero che la decisione francese possa servire da spinta anche per l’Italia, dove alla Camera si sta discutendo una proposta di modifica della legge del 1975, per poter inserire burqa e niqab visto che la giurisprudenza negli anni, derogando dalla legge, li ha giustificati perché legati a pratiche devozionali”. Di tutt’altro avviso, Fedi ricorda che “la legge italiana già prevede limiti all’uso, non solo del burqa, ma anche di altre forme di copertura della propria identità. Accade già per il passaporto e i documenti di identità, nelle banche e in altri luoghi sensibili, e via dicendo. Mi domando qual è la necessità di estendere questo limite in altri luoghi pubblici, definendo tutto come luogo pubblico”. ”Se il burqa è una libera scelta, anche se la riteniamo personalmente una pessima decisione, non possiamo impedirla”, osserva il parlamentare. “Al contrario, se si tratta di un’imposizione non gradita dalla donna che lo indossa, essa va impedita applicando le leggi già esistenti a tutela delle persone. Ma la chiave per risolvere questi problemi è rappresentata dalle politiche di integrazione degli immigrati e non da norme ad effetto. Credo che i modelli culturali non possano essere imposti a livello normativo. Poi se incontrassimo una ragazza marocchina che vuole essere libera di vivere la sua vita, dobbiamo aiutarla a farlo. Se un giovane immigrato vuole partecipare alla vita sociale e culturale e politica, dobbiamo essere presenti con le leggi, con gli interventi, con le iniziative. Ed offrire una vera opportunità di integrazione, che oggi non siamo in grado di mettere in campo. Questo è il vero problema che dobbiamo affrontare”. Per Fedi, dunque, “è più saggio fare tutto ciò che ci consentono le leggi nazionali ed internazionali allo scopo di far crescere la democrazia e la consapevolezza delle proprie libertà. Dobbiamo lavorare sulla crescita comune giacché anche il nostro modello è frutto di una storia di contaminazioni tra diversi. Un modello che ha sì tra i suoi principi la parità tra generi, ma anche quella tra etnie, culture e religioni diverse, spesso messa da parte. In questa vicenda si registra un alto tasso di strumentalizzazione e di demagogia che non aiuta affatto la soluzione dei problemi delle complesse società contemporanee e che ostacola le politiche di integrazione civile”. (aise) Panorama 19 Cinema e dintorni Welcome, ottima anche se solo seconda realizzazione del regista franc Immigrato irregolare: come l’ebre di Gianfranco Sodomaco L’ avevo preannunciato ai lettori, il miglior film d’inizio anno è Welcome, un film francese, firmato da un bravissimo regista francese, Philippe Lioret (quasi un esordiente, ha girato solo un film nel 2001, “Mademoiselle”, ma è stato collaboratore di Altman e Spielberg), che tratta un tema, il tema per eccellenza, diventato ormai universale: quello dell’emigrazione clandestina (su cui non mi soffermo, tale è e così ricca la cronaca quotidiana sul fenomeno; mi limiterò a ricordare che in questi giorni a Rosarno, in quel di Calabria, c’è stata una specie di “caccia al negro” raccoglitore di agrumi, complice la ‘ndrangheta, forse l’organizzazione criminale più importante del mondo, ancor più della mafia siciliana). Accolto trionfalmente al Festival di Berlino e a quello di Torino, acclamato dal pubblico “cugino”, ha subito fatto irretire il ministro della cultura d’oltralpe Eric Besson (ex socialista, poi passato con Sarkozy) dopo alcune dichiarazioni dell’autore, del tipo: “Oggi, se volete aiutare qualcuno senza documenti, potete essere denunciati per aiuto a persona in situazione irregolare... In che paese viviamo? Ho l’impressione di essere nel ‘43 (ai tempi della Repubblica di Vichy, il re- gime collaborazionista del generale Petain - n.d.r.), con un ebreo nascosto in cantina.” E, sulla stessa linea, altre dichiarazioni del suo interprete principale, l’attore Vincent Lindon, che sintetizza così le leggi anticlandestini (francesi, italiane...): “C’è un uomo che vuole attraversare. Dal marciapiede in ombra passare sul marciapiede al sole. Mentre lo fa, viene bloccato e riportato nell’ombra. Meglio lasciarlo lì che trovargli una soluzione al sole”. E a proposito di Calais, dove il film è stato girato (e da dove decine e decine di disperati cercano di raggiungere in mille modi l’Inghilterra, vissuta come una sorta di terra promessa): “Lì vedi uomini persi, alla macchia, come un tempo i partigiani resistenti, tra improvvisi ‘rastrellamenti’ dei gendarmi. Come definire quei blitz e il fuggi fuggi di gente che viene presa per essere espulsa? Se c’è un altro termine qualcuno me lo dica... Mi limito a dire che vivo malissimo l’attuale politica francese sull’immigrazione. La vivo ancora peggio se penso che si prevedono un miliardo di migranti nei prossimi vent’anni. Mi limito a dire che non mi aspetto tutto questo da una democrazia. Da un paese come la Francia, con quello che ha vissuto durante l’ultima guerra mondiale. E sono sbalordito dalla capacità che ha la gente di incassare l’indignazione Simon (Vincent Lindon) insegnante di nuoto a Calais fa di tutto per aiutare Bilal 20 Panorama senza muovere un dito. Non chiedetemi ‘che fare’? Io non lo so, io faccio film. Questo l’abbiamo mostrato a persone che vivono in quella situazione e loro ci hanno detto che raffigura fedelmente la realtà”. Occorre aggiungere altro, anche come cittadino italiano? “Welcome” si ispira, alla lontana, al libro del giovane scrittore francese Olivier Adam, “Al riparo di nulla”, Bompiani, 2009, che ha collaborato alla sceneggiatura, e Lioret ci porta, appunto, a Calais, dove notte e giorno si svolge una guerra tra un esercito di poliziotti e cani e il brulichio di disperati di cui sopra che vogliono raggiungere in qualsiasi modo le paradisiache coste inglesi. Ci vogliono 500 euro per nascondersi nell’impressionante foresta di camion che incessantemente passano il tunnel della Manica, e bisogna anche non respirare per non essere individuati dagli strumenti di controllo. Bilal, il ragazzino protagonista, non ce la fa a trattenere il respiro per così tanto tempo ed è costretto a cercare un’altro modo per “fare il salto”. Bilal è un iracheno del Kurdistan, un curdo, e ha fatto 4000 chilometri a piedi in tre mesi: non cerca lavoro, a casa è un calciatore con un futuro, ma vuole raggiungere a Londra, prima di tutto, Mina, la sua ragazza già emigrata con la famiglia nella capita- Bilal (Firat Ayverdi), curdo di diciassette anni in fuga dall’Irak, ci ha messo tre mesi per arrivare a Calais da cui spera di raggiungere in Inghilterra la ragazza di cui è innamorato Cinema e dintorni ese Philippe Lioret o in cantina Il regista Philippe Lioret sul set del film “Welcome” le inglese (dopo, se tutto andrà bene, tenterà di diventare un giocatore del Manchester United, la squadra di Cantona e del film di Loach...). È l’amore che lo anima e lo spinge a pensare che non gli resta altro che attraversare a nuoto la Manica, trentacinque miglia di acqua “nera”, continuamente attraversata da centinaia di petroliere. Ha bisogno di un istruttore e, frequentando la piscina comunale, finisce col trovarlo: è Simon, un uomo maturo, con la testa sulle spalle, ma anche lui con i suoi guai, la moglie (che, tra l’altro, fa l’assistente volontaria nei confronti di questi “uomini in attesa”) lo ha appena lasciato sicché a poco a poco la sua malinconia, solitudine e senso di disfatta si confronteranno con le speran- ze, l’impegno, l’accanimento in piscina di quel ragazzino sulla cui mano la polizia ha stampato un numero indelebile di nera memoria. Dice l’istruttore alla ex moglie: “Lui per amore è disposto a rischiare di morire e io non ho neppure attraversato la strada per fermarti”. E infatti Bilal non si ferma davanti a nulla, nemmeno alle preghiere di Mina che deve fare i conti con l’avversione del padre a quel ricongiungimento, nemmeno alla convinzione di Simon che, dopo ripetuti tentativi, si convince che il ragazzo non ce la può fare. E infatti... Simon, divenuto una specie di padre adottivo, andrà lui a Londra, a trovare Mina e a raccontarle l’epilogo di una tragedia annunciata. Al di là della vicenda, già commovente di per sé, il film ti avvince per la profondità ed essenzialità con cui analizza ogni singolo personaggio, per “l’incastro perfetto” con cui costruisce, a livello del montaggio, la storia di Bilal e quella di Simon, per la drammaticità finale con cui, in mare, nonostante l’aiuto di una motovedetta inglese, si concluderà il tentativo di Bilal. Sicché ha ragione Curzio Maltese (‘la Repubblica’, 12 dicembre): “Non è solo il tema a fare di ‘Welcome’ un bel film... Lioret è un maestro nelle scene sull’inferno del porto di Calais. La scrittura è perfetta ed è difficile trovare un aggettivo adeguato al’’interpretazione di Simon da parte di Vincent Lindon, divenuto nel tempo uno dei più straordinari attori europei. È quasi impossibile uscire dalla sala dopo aver visto il film con le stesse idee sull’immigrazione che si avevano prima. Gli elettori leghisti sono avvisati”. Per chiudere, una molto si- gnificativa notizia di cronaca cinematografica ed una anticipazione ad essa collegata. La prima: non si riesce a trovare un distributore italiano del film “La strada”, di James Hillcoat, tratto dal capolavoro (premio Pulitzer, i lettori di ‘la Repubblica’ l’hanno eletto miglior libro degli ultimi dieci anni) di Cormac McCarthy. Si dice che è troppo deprimente (un padre e un figlio vagano sul pianeta dopo una apocalisse non ben definita...) e un’addetta ai lavori, Vania Protti Traxler, così risponde: “Il mercato è diventato sempre più rischioso. Le teniture dei film in sala si stanno abbreviando e per le opere prive di forti richiami non c’è più il tempo per imporsi, come accadeva una volta, grazie al passaparola. I costi sono cresciuti e le televisioni, sia free che pay, acquistano sempre meno film (infatti vediamo sempre gli stessi, nessuno che sia capace di mettere su una rassegna ecc. - n.d.r.). Noi distributori siamo costretti a rivolgerci a quei film che, almeno teoricamente, offrano il massimo di garanzie economiche. Oggi l’attenzione degli spettatori si concentra solo sui prodotti già noti e commerciali, il gusto del pubblico sta degradando”. L’anticipazione: un film come “Avatar”, di cui forse parleremo la prossima volta ma di cui sappiamo quasi già tutto tale è stata la grancassa promozionale della Fox, la casa che lo produce e distribuisce in tutto il mondo (costato complessivamente la strabiliante somma di 500 milioni di dollari ma che in America ne ha già incassato 1 miliardo), alla fin fine, ridotto il discorso all’osso, è solo una conferma delle parole di Vania Protti Traxler: niente, ma proprio niente di più.● Panorama 21 Arte Anniversari pittorici: cinque secoli fa moriva Giorgione, cent’anni Chi rappresenta quella donna c di Erna Toncinich M ostre in tutt’Italia, in questo Duemiladieci, di due colossi della pittura italiana, Giorgione e Caravaggio, dei quali ricorrono quest’anno i cinquecento, rispettivamente i quattrocento anni dalla morte. Morto di peste a soli 33 anni Giorgione, a 39 anni Caravaggio che finì i suoi giorni, dopo una vita quanto mai tumultuosa, fatta di fughe, fame e pericoli, in una spiaggia di Porto Ercole. La biografia di Giorgione non manca di dati, per la maggior parte dei quali però non esistono appigli documentari: è nato nel 1478 o qualche anno prima o dopo?Ha visto la luce a Castelfranco Veneto o in qualche altra località del Trevigiano? I suoi genitori erano veneti o lombardi, forse di origine bergamesca? Il suo vero nome era Zorzo o Zorzi, e di cognome Barbarello o Barbarelli? Chi è stato il suo primo maestro? Poche le cose certe, il nome Giorgione, ad esempio, che gli era stato attribuito per il suo aspetto, una figura elegante, bella, di alta statura. Si sa pure che poco più che ventenne approda a Venezia dove ha modo di conoscere la pittura non solo dei ve- neti e di altri pittori italiani che vivono o transitano per Venezia, ma pure dei tedeschi Durer e di alcuni pittori fiamminghi. Altra certezza: di sue opere autografe se ne conoscono pochissime, alcune nemmeno interamente di sua mano. La sua breve vita è intrisa di domande senza risposta, come del resto la sua stessa opera pittorica. Chi sono le figure rappresentate nel suo più celebre dipinto La tempesta? Chi è la donna seminuda che in natura allatta un bambino? Cosa vorrà dire questo motivo profano in un’epoca in cui L’unica pala d’altare di Giorgione è quella che si trova sull’altare maggiore del Duomo di Castelfranco Veneto, la cittadina in cui è forse nato e nella quale verrà allestita una grande mostra con opere provenienti da più parti del mondo “La tempesta”, la piccola tela custodita a Venezia nelle Gallerie dell’Accademia, è un dipinto allegorico di grande suggestione e mistero 22 Panorama si dipingevano quasi esclusivamente Madonne e altri temi sacri? Raramente per un dipinto ci sono state tante interpretazioni come per questa tela: i due personaggi sono Adamo ed Eva scacciati dal paradiso, o sono Marte e Venere, o Giove e Giunone o Iside e Mercurio; l’opera rappresenta il ritrovamento di Mosè; è la raffigurazione simbolica dell’infanzia di Paride... La lettura più accettabile è senza dubbio quella di Lionello Giorgione ha lasciato poche opere, molte di quelle che gli vengono attribuite sono state portate a termine da altri pittori. Ad esempio, è stato Tiziano, pure suo allievo, a portare a termine la “Venere” Venturi, grande storico dell’arte del secolo scorso, il quale sostiene che protagonista è la natura, c’è l’uomo, c’è la vegetazione, c’è l’acqua, il cielo tempestoso, un fenomeno meteorologico, la folgore cioè che squarcia le nuvole, motivo che appare per la prima volta in un dipinto, c’è, in secondo piano, un paesaggio urbano che allude al passare del tempo. La natura, la bella natura veneta è presente in quasi tutte le opere di Giorgione, così nell’unica sua pala d’altare, nel Duomo di Castelfranco, Madonna col Bambino tra i santi Liberale e Francesco il pittore assegna primaria importanza al paesaggio e alla luce e vi introduce un elemento iconografico nuovo in questo tipo di rappresentazione, l’alta balaustra. In questo dipinto non ci sono significati “oscuri”, lo stemma nella parte bassa del trono è quello della famiglia Costanzo e la pala d’altare, si pensa, sia stata commissionata per ricordare la scomparsa del figlio del condottiero Tuzio Costanzo, Matteo. Nel corso di questo Duemiladieci si sentirà spesso parlare di Giorgione. Molti istriani e fiumani ricorderanno di essere stati a Castelfranco in gita, guidati dal professor Sergio Molesi per conto dell’Università Popolare di Trieste, di aver visitato il Duomo e ammirato la celebre pala d’altare, e quella che si ritiene essere la casa natale del pittore dove rimangono al- Arte dopo Caravaggio he allatta? cuni suoi affreschi in cattive condizioni. Qualcuno ricorderà, perché no, le succulenti pietanze a base di radicchio trevigiano, consumate in un ristorante del posto. Bello, colto, sensibile come Giorgione, ribelle, girovago, rissoso, burlone (aveva soprannominato ‘Monsignor Insalata’ il prelato del quale era ospite e che gli offriva ogni giorno, a colazione, pranzo e cena, sempre e solo insalata), era invece Michelangelo Merisi, noto come Caravaggio. Una significativa descrizioCaravaggio: “San Gerolamo”. La tela si trova nella Cattedrale di Malta “La cena di Emmaus”, l’opera che Caravaggio ha eseguito per il cardinale Scipione Borghese, ora alla National Gallery di Londra Nella chiesa di Sant’Agostino, a Roma si trova il dipinto “Madonna di Loreto” in cui Caravaggio rappresenta due pellegrini, l’uomo con i piedi sporchi di fango, la donna con la cuffia sdrucita e sporca. Questo è il naturalismo del pittore lombardo ne del personaggio ce la consegna uno studioso tedesco, suo contemporaneo: “... è un misto di grano e di pula: infatti non si consacra di continuo allo studio, ma quando ha lavorato un paio di settimane, se ne va a spasso per un mese o due, con lo spadone al fianco e un servo dietro, e gira da un gioco di palla all’ altro, molto incline a duellare e a fare baruffe, cosicché è raro che lo si possa frequentare”. Tutti e due, Giorgione e Caravaggio, pittori innovativi: il primo porta il paesaggio a protagonista del dipinto, approfondisce vieppiù la pittura tonale e abolisce il disegno; il secondo esegue una svolta clamorosa sia tematica che stilistica. Protagonisti delle sue opere sono figure prese dalla strada, anche brutte, volgari, che lui rappresenta senza abbellirle: è il vero, il naturale che lo appassiona, quel vero e naturale che più volte non viene accettato, perché non capito, dai suoi committenti. A leggere quello che scrivono i suoi contemporanei ci si fa un’immagine tutt’altro che edificante di Caravaggio: delle denunce nei suoi riguardi non si ha conto; viene arrestato per- ché lancia sassi ai birri; condannato per aver tirato in faccia ad un garzone di un’osteria romana un piatto di carciofi; arrestato per porto abusivo d’armi; arrestato per aver preso a sassate le finestre della sua padrona di casa; arrestato più volte per questioni di donne, per risse ed altro, finché è costretto a lasciare Roma perché ha ucciso un uomo, un avversario di gioco. Inizia da allora, è il 29 maggio 1606, il suo lungo e tumultuoso peregrinare, dapprima si rifugia nei dintorni di Roma, poi raggiunge Napoli, Malta, Siracusa, Messina lasciando, in ognuno di questi luoghi, traccia del suo operare. Ed infine Porto Ercole, una spiaggia del posto dove finisce i suoi giorni. È il 18 luglio 1610, solo dodici giorni dopo la morte, arriva la grazia concessa dal pontefice. Sebbene Caravaggio abbia finito i suoi giorni relativamente giovane e la sua vita turbolenta sia stata un eterno vagabondare da un città all’altra, di opere ne ha realizzate parecchie, commissionate soprattutto dalla chiesa (che più volte le rifiuta, perché volgari) e dal patriziato romano. Un pittore del nostro tempo e grande ammiratore della sua opera è stato Renato Guttuso che in risposta ad un’osservazione di un trattatista coevo di Caravaggio, che accusava il pittore di copiare Giorgione, così risponde “il solo rapporto con Giorgione sta nei cappelli piumati e negli abiti alla lanzichenecca”.● Panorama 23 Italiani nel mondo Lo afferma Nicola Di Girolamo, vicepresidente della Fondazione d «Lavoriamo al riconoscimento d a cura di Ardea Velikonja P rosegue l’attività della Fondazione Italiani nel Mondo per la valorizzazione dei connazionali residenti all’estero. Il punto degli impegni sino a questo momento svolti e delle iniziative in fase di avanzamento è stato il cardine dell’incontro svoltosi presso la sede di Palazzo Patrizi Montoro del senatore Nicola Di Girolamo, eletto in Europa e vice presidente della Fondazione, con la stampa specializzata. “L’attività della Fondazione e l’obiettivo del mio stesso impegno parlamentare - ha puntualizzato Di Girolamo - si concretizzano, in questa fase, nel mettere in evidenza le radici italiane dei connazionali attraverso un duplice orientamento: ridare dignità e far comprendere a tutti come gli italiani all’estero costituiscano un fregio, un valore, un’opportunità e non un problema; riconoscere dignità a tutti coloro che hanno sangue italiano e che spesso si riconoscono nella nostra nazione più di quanto non facciano i cittadini che vi risiedono”. Per il senatore il mandato degli elettori si tradurrebbe quindi nel “dare lustro e dignità a coloro che possano risalire ad origini italiane e nel dare loro la possibilità di accedere, attraverso questo riconoscimento, a nuove opportunità”. La risposte dell’impegno parlamentare di Di Girolamo non si sono fatte attendere: con la Fondazione sono state ricordate prima le vicissitudini storiche dell’emigrazione italiana in Crimea, in un convegno organizzato pochi mesi fa, mentre si provvede ora ad una legge per il riacquisto della cittadinanza a favore dei discendenti di questi italiani. In proposito, Stefano Pelagi, collaboratore della Fondazione e presidente dell’associazione che si occupa del “progetto Crimea”, ha segnalato il lavoro in corso sui documenti utili al riconoscimento dell’ascendenza italiana per gli interessati. In questo senso, poi, è stata predisposta un’in- 24 Panorama terrogazione indirizzata dallo stesso Di Girolamo al Ministro degli Affari esteri - depositata da poco in aula - in cui viene richiesta l’apertura di trattative con gli Stati facenti parte dell’ex Unione Sovietica affinché sia possibile rintracciare la documentazione riguardante i connazionali in Crimea, specie quelli deportati nel gennaio del 1942, a seguito del secondo conflitto mondiale. L’interrogazione è conseguente alla consegna da parte del presidente bielorusso Lukashenko a Silvio Berlusconi, lo scorso 30 novembre, di documenti provenienti - con tutta probabilità - dagli archivi dei servizi segreti e da atti processuali relativi ai connazionali in Bielorussia. Pelagi ha annunciato la preparazione di un viaggio in Crimea e la partecipazione di due giovani, coinvolti nel progetto, al Meeting internazionale della gioventù previsto a Bari. Incontri si stanno svolgendo inoltre con ricercatori e professori dell’Università “Sapienza” di Roma per analizzare le strutture, gli enti e le istituzioni che si occupano dell’esame e della trasmissione dei documenti, affinché anch’esse possano venire coinvolte proficuamente nell’iniziativa. Di Girolamo, a que- sto proposito, evidenzia la necessità di “identificare percorsi e procedure amministrative semplificate per poter ri-conferire a coloro che si sentono e sono italiani la cittadinanza a tutti gli effetti”. Sul fronte della valorizzazione della presenza italiana all’estero il senatore ricorda la trasmissione televisiva ideata, promossa e realizzata dalla Fondazione, “Il Gran Galà del Made in Italy” - andata in onda in seconda serata il 29 dicembre su Rai Uno e proposta anche da Rai Italia -, che ha premiato imprenditori e personaggi italiani di fama internazionale. Un evento che la Fondazione propone di replicare annualmente, così come si prevede una riproposizione ciclica del Festival della canzone napoletana - a partire, probabilmente, dal mese di giugno. “Anche la mostra sui Loghi d’Italia è nata quale operazione trasversale, fruibile da tutte le fasce sociali in cui si articola la presenza italiana all’estero - ha affermato Di Girolamo, ricordando come l’allestimento, divenuto itinerante (in questo momento si trova in Turchia), verrà proposto ancora nel corso di grandi eventi internazionali e presso le collettività di connazionali più numerose, con eventi di apertura e chiusura Italiani nel mondo dei connazionali Aperte fino al 19 maggio 2010 le iscrizioni elle radici» curati dalla Fondazione. Il tutto per “far percepire il serbatoio di opportunità rappresentato dai 70 milioni di italiani nel mondo”. Prevista anche l’istituzione di un premio annuale per i connazionali attraverso un meccanismo di segnalazione - in fase di studio - da parte delle collettività emigrate “per riconoscere meriti spesso acquisiti in modo silente”, come rileva Di Girolamo. Per quanto concerne l’attività parlamentare, il senatore ricorda la sua assidua e costante presenza in Senato e “la qualità delle mie proposte in aula, sempre mirate ai temi di interesse specifico per i connazionali all’estero”. Sulla riforma di Comites e Cgie, infine, Di Girolamo evidenzia da parte dei parlamentari eletti all’estero in quota Pdl, e non solo, “la percezione generalizzata che questi organismi di rappresentanza debbano essere modificati e rimodulati”. Riconosce al senatore Tofani, autore di una bozza di legge in merito e relatore dell’ipotesi di riforma elaborata dal Comitato ristretto predisposto all’interno della Commissione esteri in Senato, “un’azione assolutamente corretta e concreta di valutazione generale e di tempistica adeguata” sulla materia in oggetto”. “Noi parlamentari del Pdl ribadiamo la nostra massima attenzione al tema, che vogliamo studiare e rivedere con una tempistica che è diversa da quella che oggi qualcuno vorrebbe farci assolutamente adottare” prosegue, avanzando in particolare dubbi sul progetto di riforma relativo al Cgie “il cui radicamento sul territorio verrebbe vanificato dall’ipotesi dalla proposta attualmente al vaglio”. Per quanto riguarda i Comites, invece, per Di Girolamo sarebbe più utile andare ad elezioni e poi tornare a riflettere sulle proposte di rinnovamento di questi organismi rappresentativi. Infine, egli esclude la possibilità che l’avvio di un processo di riforma dello Stato possa portare Premio Globo d’oro S ono aperte le candidature per il 2° Premio “Italian Women in the World nel Mondo”, il riconoscimento, istituito dal network Italian Women in the World presieduto da Patrizia Angelini, giornalista Rai che conduce Focus Europa, che intende promuovere il ruolo dei connazionali e degli italiani che operano sul mercato estero, attraverso la divulgazione di “casi di successo” personale, di progetti e iniziative da queste curate; ma anche dare rilievo al valore aggiunto dell’impegno culturale e imprenditoriale dei connazionali nel mondo per l’innovazione, lo sviluppo e l’immagine internazionale del Made in Italy. Tra coloro che presenteranno domanda verranno selezionati cinque vincitrici per la categoria “donne” (1 per Asia, 1 per Oceania, 1 Europa,1 Americhe, 1 Africa ), un vincitore per la categoria “uomo” e un vincitore per la categoria “under 25”. I vincitori verranno premiati con il “globo tricolore”: un’opera realizzata dall’artista Ada Capone per IWW. La prima edizione 2009 è stata dedicata alle donne italiane o di origine italiana che si sono distinte nel loro campo professionale. In questo modo IWW vuole promuovere la figura femminile attraverso la divulgazione delle storie di successo personale delle professioniste italiane che lavorano per l’estero, mettendone in rilievo il ruolo peculiare nell’economia globale del XXI secolo e la capacità di valorizzare ulteriormente il Made in Italy attraverso l’impegno culturale e imprenditoriale che le professioniste donne portano nel loro lavoro. L’edizione 2009 si è svolta in Toscana. Alle professioniste, originarie di questa regione, sono stati dedicati i primi 10 premi, mentre gli altri premi speciali sono stati riservati a tutte le professioniste originarie delle altre regioni. Tutti i profili raccolti, corredati da foto e curriculum, sono stati raccolti nel 1° Annuario Professionale Internazionale IWW, un utile strumento per i professionisti di origine italiana nel mondo. L’incontro è stato l’occasione per dibattere del panorama professionale durante la tavola rotonda “Internazionalizzazione in Italia e i casi di successo”. Il progetto IWW ha ricevuto l’apprezzamento ed il sostegno dei Parlamentari della Circoscrizione Estero e dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Dipartimento delle Pari Opportunità. La seconda edizione ha il patrocinio della Regione Emilia-Romagna ed è in collaborazione con Unioncamere Emilia-Romagna, Assocamerestero ed Il Resto Del Carlino/QN. Per l’edizione di Bologna, il Premio privilegia il territorio dell’Emilia Romagna e, come nella prima edizione, la premiazione sarà preceduta da un incontro tra il mondo istituzionale, l’imprenditoria e la cultura per una tavola rotonda sull’evoluzione dell’imprenditoria e della cultura italiana nel mondo e nei diversi territori italiani. Un’occasione per uno scambio di know-how, conoscenze ed esperienze. Le candidature si accetteranno entro le ore 12,00 del 19 maggio 2010. La registrazione (gratuita) del proprio profilo può venir fatta nel sito www.italianwomenworld.com nell’area “Login Database”. Il regolamento e la scheda di iscrizione sono scaricabili anche dal blog: http://www.italianwomenworld.com/blog/. ● ad una cancellazione della componente parlamentare degli eletti all’estero. Segnalate, in ultimo, le prossime iniziative in calendario per la Fondazione italiani nel mondo: il 10 febbraio un incontro sulla storia di Fiume e su “Fiume italiana” con la presentazione del libro di Antonella Ercolani “Da Fiume a Rijeka” (edizioni Rubbettino 2009); l’11 febbraio un convegno sull’integrazione della Turchia nell’Unione Europea. (Viviana Pansa - Inform) Panorama 25 Made in Italy Chiuso ufficialmente l’Anno Internazionale dell’Astronomia celebrato in 148 paesi Galileo a Padova 400 anni dopo a cura di Ardea Velikonja S i è svolta a Padova la cerimonia ufficiale di chiusura dell’Anno Internazionale dell’Astronomia, proclamato per il 2009 dall’Onu a 400 anni dal primo uso del telescopio a opera di Galileo. La città è stata scelta come sede dell’evento, perché proprio da qui Galileo inaugurò l’astronomia moderna, compiendo le sue celebri osservazioni della Luna, Venere, Giove e la Via Lattea. La cerimonia è una degna conclusione di un anno di eventi e manifestazioni che hanno coinvolto 148 Paesi in tutto il mondo, tra cui l’Italia in cui numerosissime, oltre 1550, sono state le iniziative promosse su tutto il territorio: conferenze, progetti editoriali, rassegne teatrali, mostre, iniziative per le scuole. Per l’occasione sono stati chiamati a raccolta oltre 300 astronomi, storici della scienza, scienziati e autorità politiche e diplomatiche, ospitati nella splendida Aula Magna dell’Università, a fianco della Cattedra che fu di Galileo Galilei, con l’obiettivo di tirare le somme di questo 2009, discutere e lanciare i progetti della ricerca astronomica per il prossimo decennio. ”400 anni fa Galileo alzava gli occhi al cielo con uno strumento che avrebbe rivoluzionato la concezione dell’Universo”, ha ricordato nell’occasione il viceministro allo Sviluppo Economico con delega al Commercio Estero, Adolfo Urso. “Oggi, a distanza di quattro secoli, le tecnologie sviluppate dalle industrie e dai ricercatori italiani continuano ad essere all’avanguardia sulla frontiera della ricerca astrofisica mondiale”. Il primo cannocchiale costruito da Galileo Galilei 26 Panorama “La ricerca scientifica è un’operazione complessa che richiede una molteplicità di attori, tra cui scienziati e istituti di ricerca, industria e governi”, ha aggiunto Urso. “I risultati sono ottimali quando questi collaborano pienamente. I governi in particolare svolgono un ruolo essenziale sia a livello nazionale che promuovendo e gestendo fori internazionali anche per la costruzione di grandi facilities di ricerca quali l’E.S.O. (Cile)”. “Ci sono ricadute economiche importanti”, ha detto il viceministro, “sia per la costruzione delle strutture necessarie nella ricerca sia nell’applicazione industriale dei risultati della ricerca stessa. Qui c’è spazio per una proficua collaborazione tra grandi imprese e piccole imprese. Queste ultime sono particolarmente qualificate per realizzare elementi ad alto valore aggiunto delle grandi strutture necessarie alla ricerca, a esempio i grandi telescopi”. Il viceministro Urso ha avviato a tal fine una proficua collaborazione col mondo accademico e con l’Istituto Nazionale di Astrofisica, Inaf. Dal canto suo il presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), Tommaso Maccacaro, dopo aver rivolto un breve e sentito discorso di benvenuto agli ospiti, provenienti da 45 Paesi, ha dichiarato che “astronomia e astrofisica sono una delle eccellenze scientifiche del nostro Paese, riconosciute e ammirate a livello mondiale. L’Italia ha richiesto ed ottenuto, anche per questo, di celebrare l’Anno Internazionale dell’Astronomia in coincidenza con i 400 anni dalle scoperte astronomiche di Galileo, evento che ha aperto la strada all’astronomia ed alla scienza moderna, segnando una svolta epocale nello studio dell’Universo e delle leggi della fisica che lo regolano”. “La scelta della città di Padova per lo svolgersi della cerimonia”, ha sottolineato poi Maccacaro, “non è solo la testimonianza di quello che fu, ma anche la conferma del valore che tale scienza rappresenta per l’Italia e del contributo che il nostro Paese fornisce alla conoscenza”. (aise) A Padova dal 19 al 21 febbraio La fiera del f I nnovare, trovare nuove formule e messaggi per superare una contingenza difficile, accettare la sfida di proporre qualcosa di diverso dando due identità distinte che confermano comunque la leadership di PadovaFiere nel settore del florovivaismo: Flormart Primavera cambia pelle e contenuti rilanciando, dal 19 al 21 febbraio 2010, il marchio Miflor che PadovaFiere ha recentemente acquisito da Fiera Milano, con un rinnovato Salone primaverile del florovivaismo all’insegna del “Made in Italy”, che darà maggiore visibilità a tutti gli operatori nazionali del settore. Miflor va così ad inaugurare la stagione primaverile, la più importante per numerose realtà florovivaistiche professionali italiane che coprono ben il 23% della produzione europea. Nel contesto di Miflor 2009 verrà lanciata un’inedita iniziativa nel nostro Paese, FlorMarket, Made in Italy Per gli stranieri che vorranno frequentarla, anche corsi di lingua Nasce l’Alta Scuola di Cucina italiana L’ Alta Scuola di Cucina Italiana presto aprirà i battenti a Perugia, in Via Scortici, in uno spazio funzionale pensato per “assaporare prodotti di cucina e prodotti culturali”. L’intesa programmatica, con il quale è stato dato ufficialmente l’avvio alla realizzazione del progetto, è stata siglata nel Palazzo Donini dalla società “Circo del Gusto”, promotrice dell’iniziativa, e dai rappresentanti della Regione Umbria, della Provincia, del Comune e dell’Università per Stranieri di Perugia. Il documento è stato firmato da Carlo Liviantoni, vicepresidente della Regione Umbria, dall’assessore alla cultura della Provincia di Perugia, Donatella Porzi, dal sindaco di Perugia, Wladimiro Boccali, e dal Rettore dell’Università per Stranieri di Perugia, Stefania Giannini. L’iniziativa (che si sviluppa da un progetto formativo dell’Università per Stranieri di Perugia allestito in collaborazione con il “Circo del arriva in anticipo la primavera lorovivaismo volta a promuovere il business del florovivaismo grazie ad un’offerta “chiavi in mano” dove le imprese potranno negoziare e concludere affari tramite una formula espositiva immediata e diretta che propone la stessa qualità dei servizi con costi contenuti. La delicata contingenza economica, che in questo ultimo anno ha colpito tutti i settori, non ha risparmiato la produzione verde. Nel Nord Est però, grazie alla straordinaria vocazione nel settore florovivaistico con più di 1.800 aziende attive, Miflor vuole essere la risposta alle difficoltà delle aziende, proponendosi come uno strumento efficace ed immediato di mercato: infatti in una stessa sede gli operatori avranno la possibilità di avere una vasta offerta di prodotti e novità e gli espositori potranno incontrare migliaia di visitatori provenienti da diverse parti d’Italia. ● Gusto”) “potrà produrre - si legge nell’intesa siglata dalle parti - benefici all’Università per Stranieri (in termini di aumento delle iscrizioni) nonché alle attività delle imprese e delle organizzazioni coinvolte sia nel campo della ristorazione sia in quello della promozione dei prodotti e del territorio umbro”. L’Alta Scuola di Cucina Italiana dovrà infatti essere - secondo i responsabili del progetto, redatto da Stefano Briganti, del Parco “3 A”, e da Paola De Salvo, ricercatrice dell’Università di Perugia, con il coordinamento dell’avvocato Francesco Luciani - “un luogo di diffusione e d’invito alla cultura ed alla piacevolezza del gusto, accompagnato dallo svago e dalla possibilità di degustare prodotti tipici regionali”. Agli studenti stranieri della scuola verranno impartiti corsi intensivi di lingua italiana (gestiti dall’Università per Stranieri di Perugia), accompagnati da corsi di antropologia culturale, in cui il cibo e la cucina verranno studiati nelle loro valenze socioculturali e come “elemento di espressione delle peculiarità del territorio”. Non mancherà una sezione dedicata all’area economico-gestionale della ristorazione ed alle politiche della qualità, con particolare attenzione alla sicurezza dei cibi: un corso pensato per rispondere alla richiesta di competenze professionali nella gestione e nella valorizzazione del patrimonio alimentare, vinicolo ed enogastronomico. “Insomma - dice Livio Fancelli il professionista che uscirà da questa complessa esperienza formativa sarà un vero e proprio ‘ambasciatore’ del prodotto tipico a tavola, anche e soprattutto di quello umbro”. La Scuola sarà inoltre sede di attività formative, ma anche struttura espositiva che ospiterà mostre ed eventi culturali. Ci sarà un Centro Studi e Documentazione, finalizzato alla conoscenza ed alla tutela della identità enogastronomica umbra ed italiana, attraverso la raccolta, la produzione e la divulgazione di materiali sui temi del cibo, dei prodotti tipici, degli itinerari enogastronomici, della cucina e della cultura regionale e nazionale. Il Centro Studi e la sua biblioteca si pongono altresì l’obiettivo di contribuire a costruire “un circuito di promozione delle produzioni alimentari tipiche, attraverso azioni di filiera corta, che vedranno la collaborazione di produttori, esercenti e imprenditori turistici”. (aise) Panorama 27 Reportage Nuova offerta turistica a Piancavallo proposta dall’associazione Accademia Alpina Due cuori e un... villaggio igloo Testo e foto di Ardea Velikonja P rovare l’emozione di passare una notte da eschimese? Per farlo non serve andare in Lapponia, basta raggiungere Piancavallo, la destinazione sciistica più vicina all’Istria e al Quarnero, dove i bravi ragazzi dell’Accademia Alpina vi insegneranno a costruire un igloo nel quale passerete la notte, esperienza che, tra una risata ed altra, vi insegnerà a sopravvivere in alta montagna in caso di bisogno. I ricoveri di ghiaccio si trovano a circa 1650 metri di altitudine, quest’anno vicino alla Baita Arneri fa- I dieci intrepidi Stefano Munari e Sergio Dini di Padova, Veronica Giardina di Tradate, Mattia Malonni di Locate Varesino, Luca Tonin di Tradate, Jessica Scripilliti di Castiglione Aurona, Michele Medaglini di Galbiate e Elena Lopatriello di Galbiate, Maila Taverna di Spinea e Stefano Mainardi di Chioggia. La cittadina si propone quale sede di turismo sia invernale che estivo cilmente raggiungibile con la seggiovia. L’idea di questa singolare offerta turistica, un progetto unico in Italia, è stata di Renzo Grava. Anche noi abbiamo voluto provare questa esperienza nel villaggio igloo definito il più grande al mondo. Una bella giornata di sole, “condita” però da una temperatura di -10 gradi. Per questo fine settimana quattordici per- Prima ad adottare l’innevamento artificiale P iancavallo sorge su una zona piana (a 1.260 m s.l.m.) del Monte Cavallo, sul versante opposto del bosco del Cansiglio. Nasce come località sciistica negli anni Sessanta ed è stata la prima ad adottare un sistema di innevamento artificiale. È stata sede sin dagli inizi di importanti manifestazioni sportive. Oggi dispone di 24 km di piste da sci alpino con varie difficoltà e pendenze, 26 km di sci di fondo (1,2 illuminati), un Parco snowboard ed uno snowtubing. Le occasioni per divertirsi non mancano, e ce ne sono per tutte le età: d’inverno il Parco giochi sulla neve per i bambini, il Palaghiaccio (frequentatissimo specie nel tardo pomeriggio quando gli impianti chiudono), la sala giochi, le discoteche ed i bar per i giovani. Ma Piancavallo è ideale anche d’estate dati i tanti sentieri di montagna. Una novità delle ultime estati è stata la pista di bob su rotaia che prende il nome di Alpine Coaster. Questa nuova idea regala emozioni mozzafiato, perché a bordo di slittini adeguatamente sicuri si percorre un percorso lungo più di un chilometro con dossi, paraboliche e giri completi. Frequentatissima anche d’inverno la pista è adatta ai più giovani che vogliono provare l’ebrezza di una discesa in totale sicurezza. ● 28 Panorama sone avevano prenotato gli igloo ma all’ultimo momento quattro hanno desistito. Quindi dieci ospiti, più i due istruttori, Renzo e Jonathan. Appuntamento sabato mattina dinanzi alla seggiovia Tremol 2 che ci porterà in cima. Renzo ci spiega un po’ che cosa prevede questo fine settimana: “Prima di tutto, arrivati in alto, vedrete come sono fatti gli igloo, quindici in tutto, quest’anno-. Vi farò vedere come si costruiscono, ci faremo una ciaspolata e dopo la cena al rifugio, ci caleremo in città per una degustazione di vino. Tornati su, una ciaspolata notturna e quindi tutti a nanna al ‘calduccio’”. Viste le facce un po’ perplesse degli ospiti Renzo scherzosamente fa: “Paura?!”. No di certo, sono svelti a rispondere gli otto giovani provenienti da tutte le parti d’Italia e due meno giovani. “Bene allora tutti in seggiovia”. In cima la temperatura arriva a -12 gradi e, nonostante il sole, fa ancora più freddo dato che tira un forte vento. Scesi dalla seggiovia ci troviamo davanti gli igloo posti tutti in cerchio con, ancora in costruzione, la novità di quest’anno: il futuro “Bar igloo”. E subito ognuno si sceglie il suo per la notte. E qui cominciano le risate: nell’igloo si entra distesi o meglio “gatton gattoni”, dato che l’entrata è Piancavallo per tutte le età Calziamo le ciaspole e via Iniziata di giorno, la passeggiata finisce in notturna Piancavallo è nata negli anni Sessanta L’Alpine Coaster o bob su rotaia per provare il brivido della velocità Ciao, abbiamo “rifatto i letti”! Al sabato arrivano i bambini della scuola di sci di Portorose ... e dopo ciaspolata notturna il premio: la sostanziosa cena alla Baita Arneri Ciaspolata e risveglio Evviva l’aria aperta, ma qua al calduccio si sta meglio 32 Panorama Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 6-7 Una buona colazione dopo la notte ci vuole Lo snow park per i bambini 29 Quando gli altri impianti chiudono si vaPanorama al Palaghiaccio 29.1.2010 12:23:17 Renzo con la motosega dimostra come si inizia a fare la casa di ghiaccio Ognuno si porti un pezzo, così riusciamo r a costruire l’igloo bar Ci vuole pazienza: il bar sarà pronto tra giorni Il villaggio igloo Quindici in tutto gli igloo, manco a dirlo tutti prenotati per San Valentino La volta del tetto vista dall’interno La temperatura interna al pomeriggio era di -0,5 gradi Si entra distesi “Beh, è proprio solida”, Stefano Munari non ha dubbi All’interno c’è un tappettino di gommapiuma che protegge il corpo dal ghiaccio sottostante 30 Panorama Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 8-9 “Bello qua dentro”, hanno esclamato Maila e Stefano appena entrati “Siamo rimasti r vivi”, ci hanno detto Luca e Jessica dopo che li abbiamo svegliati Panorama 31 29.1.2010 12:23:31 Piancavallo per tutte le età Calziamo le ciaspole e via Iniziata di giorno, la passeggiata finisce in notturna Piancavallo è nata negli anni Sessanta L’Alpine Coaster o bob su rotaia per provare il brivido della velocità Ciao, abbiamo “rifatto i letti”! Al sabato arrivano i bambini della scuola di sci di Portorose ... e dopo ciaspolata notturna il premio: la sostanziosa cena alla Baita Arneri Ciaspolata e risveglio Evviva l’aria aperta, ma qua al calduccio si sta meglio 32 Panorama Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 6-7 Una buona colazione dopo la notte ci vuole Lo snow park per i bambini 29 Quando gli altri impianti chiudono si vaPanorama al Palaghiaccio 29.1.2010 12:23:17 Reportage piccolina. Dentro solo tanto ghiaccio e un tappeto alto 8 centimetri di gomma soffice. Bellissimo lo spettacolo del sole che fa capolino fra i pezzi di ghiaccio. Su uno vi è conficcato il termometro: -0,5 gradi. Appena “accomodati” tutti a lezione di “edilizia ghiacciata”. Renzo spiega: “Per ogni rifugio, che ha un diametro di due metri, ci vogliono circa 150 blocchi di ghiaccio dal peso ciascuno di 25 chilogrammi. La neve compatta trasformata in ghiaccio si taglia con la motosega in blocchi uguali che vengono posti in cerchio, poi man mano che vengono messi uno sopra l’altro ogni giro viene leggermente rientrato per poter arrivare alla forma quasi rotonda dell’igloo. Arrivati in cima, l’ultimo blocco fa da tetto. Quindi all’igloo viene data la forma e i blocchi vengono compattati riempiendo le fessure con la neve che durante la notte gela ed ecco pronta la ‘casetta’. L’entrata è leggermente rialzata rispetto all’interno per permettere una miglior circolazione d’aria. All’interno c’è un materassino di gomma soffice dello spessore di otto centimetri. Noi vi daremo i sacchi a pelo, una torcia frontale e...’buona notte’. Domande?”. Subito ne arriva una raffica: “Quant’è la temperatura di notte fuori e dentro?” “Fuori si arriva anche a -18 gradi dentro ora siamo a zero gradi ma con il calore del corpo si arriva a 7-8 gradi. Stando più ore si può arrivare anche a 18 gradi”, risponde Renzo, e aggiunge scherzosamente “gli eschimesi ci vivono tutto l’anno qua dentro. Comunque vi ho raccontato tutto ciò perché questo vuole anche essere una specie di corso di sopravvivenza. Mettiamo il caso che per disgrazia dobbiate passare una notte in alta montagna senza possibilità di soccorso. Sul ghiaccio si può sopravvivere scavando una specie di ‘fossa’ lunga quanto il vostro corpo, e ad almeno 50 centimetri dalla superficie per far arrivare l’aria da respirare. Il ghiaccio si riscalderà con il calore del vostro corpo e vi permetterà di sopravvivere anche più giorni. Ma andiamo avanti con il nostro programma, ora mettiamo le ciaspole, la lampada frontale e andiamo a fare un giro per il bosco”. Detto fatto, tutto il gruppo di cui nessuno aveva mai camminato con le racchette da neve, si è preparato e via, lungo i boschi, con un cielo carico di stelle che sembrava potessero venir toccate con mano. E nonostante il freddo ce l’abbiamo fatta, dato che camminando ci si riscalda. Dopo due ore eccoci alla baita, felici dell’esperienza fatta e subito un grappino per riscaldarsi prima di cena. Una cena con i fiocchi con Tiziana che gestisce la baita e che ha anche il suo bel da fare dato che qui una volta alla settimana si organizza la “cena al rifugio” e quindi la seggiovia lavora anche la sera per portare gli ospiti degli alberghi di Piancavallo in cima per gustare le specialità del posto. “Ora che vi siete riscaldati e rifocillati, ci caleremo con la seggiovia a Piancavallo ad una degustazione di vino, poi torniamo su e ci facciamo una ciaspolata per riscaldarci e quindi tutti a nanna. Ricordatevi che durante la notte dovete chiudere l’entrata dell’igloo con gli yaina ma dovete lasciare una piccola fessura affinché l’aria circoli” precisa Renzo. La mattina dopo abbiamo atteso che uno ad uno uscissero dall’igloo per raccogliere le impressioni. “Bello - hanno detto tutti -, freddo sì, ma ce lo aspettavamo. Il silenzio ovattato dell’interno è un’esperienza unica”. Solo due non riuscivano a svegliarsi e mentre gli altri avevano già fatto colazione al calduccio della baita Jessica e Luca non uscivano. Allora tutti a gridare “sveglia ragazzi”. Ed ecco che fanno capolino dal sacco a pelo. “Come va?” chiedo loro. “Bene, abbiamo dormito stretti stretti per riscaldarci, ma certamente è stata una bella esperienza”. Alla baita, al caldo poi tutti hanno voluto dire qualcosa. “Mancava il cuscino” ci ha detto uno di loro. “Avevo freddo al viso”, un’altro, “Ho i piedi ghiacciati” fa il terzo . In conclusione tutti felici per aver provato qualcosa di diverso anche non essendo stati in Lapponia. Da rilevare infine che il villaggio igloo esiste da tre anni e finora vi hanno soggiornato oltre 500 persone. Il soggiorno viene organizzato durante il fine settimana e se il tempo lo permette o meglio se le case di ghiaccio non si sciolgono, si arriva fino a fine marzo. Tanto per dire una: per San Valentino tutti gli igloo sono prenotati, come dire “due cuori e un... igloo”. ● Renzo Grava, l’ideatore del villaggio igloo L’Accademia Alpina L’ Accademia Alpina nasce per promuovere e divulgare la cultura della montagna in tutte le sue forme, per rispondere all’esigenza di forme di turismo alternativo ed ecocompatibile, per far vivere emozioni a contatto con la natura. Ha sede a Claut, in Friuli Venezia Giulia, opera ovunque ci siano montagne o bisogno di esse, ed è uno strumento che prevarica confini geografici etnici, politici e culturali. Dietro c’è una grande passione per la montagna, vissuta, scoperta ed esplorata e c’è la voglia di farla conoscere agli altri. Tanti i programmi per una vacanza un po’ speciale che gli istruttori dell’accademia costruiscono appositamente per gli ospiti, in base alle proprie capacità, esperienze o voglie. Le attività offerte sono MTB, Nordic Walking, Arrampicata sportiva, Canyoning, Percorso avventura, Trekking, Percorsi benessere, ma anche gite in mountain bike all’interno del territorio del Parco Naturale delle Dolomiti Friuliane. Oltre al villaggio igloo è un’occasione per vivere la malga in montagna, imparare anche gli antichi mestieri come l’arte del boscaiolo, la fienagione, ecc. Insomma l’Accademia alpina offre di tutto e per tutti i gusti. ● Panorama 33 Letture I n queste pagine, tradizionalmente riservate “allo scrivere”, pubblichiamo stavolta un racconto di Tina Braico, alunna dell’ottava classe della scuola ”Pier Paolo Vergerio il Vecchio” di Capodistria, se- gnalatoci dalla docente d’italiano, prof.ssa Lorena Chirissi. Si tratta di uno scritto che per il tema, i richiami e i rimandi ci sembra particolarmenre degno di un’attenta lettura. «Doppia anima» Fantasma Sentii un pianto, un pianto di un neonato. Cercai nella stanza bianca, piena di luci al neon accecanti. Mi fermai davanti ad una culla. Vidi una creatura bellissima: un bambino dalla pelle chiara e dalle guance rosse coperte da tubicini. Gli occhi cerulei erano immersi nelle lacrime. Gli guardai le mani e notai un cartellino. Realizzai che mi trovavo in un ospedale. Il foglio attaccato al letto diceva che il bebé si chiamava Alex, ma il cognome non c’era. Lessi il suo stato qualche riga più in basso e ne rimasi impietrita. Stava morendo. Feci qualche passo indietro e mi guardai intorno. Non c’era nessuno. A quel punto la camera si annebbiò e mi ritrovai nel mio letto. Mi strofinai gli occhi e incominciai a vedere meglio. Mi sedetti sul cuscino e appoggiai la testa sulla mano. Avevo di nuovo sognato mio fratello. Mia mamma mi aveva raccontato di lui e del suo problema al cuore. Mi aveva detto che sarebbe stato un ragazzo bellissimo, che purtroppo non era mai diventato. Era morto una settimana dopo il parto. Diceva che il 24 novembre 2009 avrebbe compiuto diciassette anni. Quel giorno a scuola sembravo uno zombie. Non avevo dormito molto a causa del sogno. Decisi di non ripensarci. Cercai di non avere una faccia stanca e camminai nei corridoi con un leggero sorriso sulle labbra. Salutai i miei compagni che insieme a me si avviarono nell’aula di storia. Appoggiai lo zaino a terra e mi sedetti sul banco per conversare con gli altri. L’argomento del giorno erano Samantha e un ragazzo che da un paio di settimane si fermava davanti alla scuola. In un certo senso stavano insieme, ma noi non li vedevamo mai come una coppia. Quando la conversazione diventò noiosa tirai fuori i libri. Mancava poco all’inizio delle lezioni e quando la professoressa Margaret entrò in classe tutti ci alzammo. Si parlava dei Maya e degli Aztechi... Ne parlavamo da giorni. Per tutta l’ora non riuscii a pensare ad altro che ad Alex. Avrei voluto tanto conoscerlo e sapere come sarebbe stata la vita con due fratelli. Però avrei anche voluto che mia madre non mi avesse parlato di lui, così mi sarei risparmiata il tormento di pensarci tutto il tempo. Probabilmente ero l’unica ragazza al mondo che volesse avere un fratello in più, insomma chi non odia almeno un po’ il proprio fratello? Non mi accorsi del suono della campanella, ma vedendo gli altri andare via mi alzai anch’io. Diedi un’occhiata all’orario. L’ora successiva avevamo chimica. Vanessa mi accompagnò in classe. “Hai delle occhiaie tremende” osservò lei. “Non che tu non le hai mai avute, ma oggi le hai ancora più scure” aggiunse. La sua grammatica era pessima. Non mi andava di correggere: non che tu non le abbia mai avute. 34 Panorama “Non ci posso fare niente se sono nata con le occhiaie” feci sedendomi al mio posto. “Nessuno nasce con le occhiaie!” ribatté Vanessa incrociando le braccia. “Beh, io sì” dissi. Lei si sedette accanto a me cercando il quaderno nella borsa tutta scarabocchiata. “Buongiorno!” salutò il professore di chimica entrando con il suo solito caffé. Iniziò subito a dettare. “Scrivete: La nube elettronica” ordinò e iniziammo a scrivere. Le ore erano tutte più o meno così, noia e scrivere. Quando le lezioni finirono mi sedetti sul muretto davanti alla scuola e mi appoggiai alla ringhiera dietro di me. Sbadigliai un paio di volte. Sentivo qualcuno urlare, ridere, parlare, cantare... Troppo rumore! Chiesi un passaggio alla madre di Sara perché non avevo voglia di tornare a casa a piedi. “Ciao e grazie!” salutai scendendo dalla macchina. Sara mi salutò con la mano e io scesi le scale fino ad arrivare al mio appartamento. “Ciao” gridò Jack dalla cucina. “Ti va il riso?” chiese poi. “Sì, grazie. Però prima devo sistemarmi” risposi. Mi tolsi le scarpe e buttai lo zaino in camera mia. Ad un tratto mi sentii stanca. Non avevo più voglia di mangiare. “Senti, lascia stare il riso. Non ho tanta fame e poi vorrei andare a riposare” spiegai raggiungendo mio fratello. “In effetti hai un’aria stanca... Beh, allora buon riposo!” alzò le spalle. Mi addormentai subito. Ero di nuovo nella stanza bianca, ma questa volta non c’erano né culle né pianti. I letti erano vuoti. Alla fine della camera vedevo un’ombra. L’ombra avanzò verso di me e da essa spuntò un ragazzo. Era alto e muscoloso. Aveva gli zigomi ben definiti e il naso leggermente all’insù. Riconobbi gli occhi del bambino nella culla, erano di un azzurro chiaro come il cielo in una giornata soleggiata e senza nuvole. Aveva labbra carnose, che vedendomi si aprirono in un ampio sorriso. “Ciao” disse. La voce era bellissima, con toni alti un po’ femminili. Si avvicinò di più. “Chi sei?” chiesi attenta. “Lo sai, chi sono. Non noti una certa somiglianza tra me e te?” fece altri due passi. “Tu sei... Oh!” non riuscii a finire la frase. In effetti avevamo gli stessi occhi, il naso, le labbra... I capelli erano biondo castani con sfumature scure. Tutti i Hall avevano gli occhi azzurri, il sorriso gigante e i capelli inizialmente biondi. “Nessuno prende mai gli occhi scuri e la faccia tonda di mamma” rise. Sorrisi, perché era vero. Dalla generazione dei bisnonni tutti avevano gli occhi chiari e la faccia ovale. “Ho sempre voluto conoscerti, anche se credo che non saresti diventato proprio così. Mamma mi ha detto che eri un Letture bambino bellissimo ma purtroppo...” spiegai, prima che finissi sentii gli occhi bagnati e la vista si annebbiò. Aprii gli occhi. Sapevo che era stato solo un sogno che sicuramente non avrei più fatto. Guardai l’orologio sul comodino. Possibile che avessi dormito così tanto? Erano le nove passate, decisi di restare a letto. Quando mi girai dall’altra parte sentii freddo ai piedi. Mi alzai per raccogliere la coperta da terra e lo vidi. Era seduto al bordo del letto. Mi sedetti spaventata. “Chi sei? Come hai fatto ad entrare?” chiesi io in preda al panico. Cercai con le mani le forbici sul davanzale della finestra. Ero pronta a ficcargliele nelle budella. “Calmati. Sono io, Alex” spiegò sorridendo. Caddi dal letto, ma lui mi rialzò su con facilità. Mi prese le forbici dalle mani e le appoggiò sulla sedia. Lui era uguale a quello del sogno. “Sto ancora dormendo... Ti prego, svegliati, svegliati, sveglia...” “Non stai dormendo” mi interruppe. “Che stai dicendo? Certo che sto dormendo. Non puoi essere vivo. Tu sei morto!! Diciassette anni fa. T-tu non... Io devo svegliarmi al più presto...”. Mi tappò la bocca con la grande mano. Stavo per esplodere. Era un fantasma? Era possibile? “Non stai dormendo e io sono morto” disse ancora sorridente. “Sei uno spettro, vero? Uno spirito un... fantasma!” chiesi tremando. “Sì. E non dire che non esistono i fantasmi perché non è così. Quello che dicono di noi è falso: primo, potete toccarci e non passiamo oltre i muri. Secondo, non possiamo volare. E terzo, ci vedono solo quelli che ci pensano di più. Ah, a proposito, grazie per averlo fatto. Se non mi avessi pensato così intensamente nemmeno tu mi avresti potuto vedere. Neanche mamma e papà pensano più a me. Figurati quel deficiente di Jack...”. Risi di quello che aveva detto, aveva ragione. “Se sorridessi più spesso andrebbe meglio” suggerì. “Non è tanto facile, lo sai?” dissi triste. “Purtroppo lo so” il suo bellissimo sorriso sparì in un attimo. Lo guardai attentamente. Mamma aveva ragione: era bellissimo. “Che c’è?” chiese curioso. “Niente. È che ti trovo davvero carino” confessai arrossendo. Il sorriso tornò. “Beh, grazie... sorellina” disse. A quella parola mi bloccai. Non poteva essere vero. I fantasmi non esistevano. Lui era morto tanti anni fa, perché aveva aspettato tanto per venire? “Perché non sei venuto prima?” chiesi. “Io ero sempre qui solo che tu non potevi vedermi” rispose. Non capii. “Cioè?” “Neanche io non ho capito bene, ma credo che quando qualcuno inizia a sentire la tua mancanza o vuole conoscerti, come nel tuo caso, può vederci. Io stavo in casa tutto il tempo” spiegò. Tutto il tempo? Oh... “Ehm, vedevi tutto?” chiesi agitata. “Sta tranquilla, non ti guardavo mentre facevi la doccia” disse ridendo. Tirai un sospiro di sollievo. “Con chi parli?” sentii mamma sulla porta. Mi girai di scatto. Non l’avevo sentita entrare. “Eh... sto ripassando. Domani vengo interrogata” inventai. ”Alle undici di sera? Non sei stanca?” chiese. “No, dopo scuola sono andata a dormire” spiegai. Ed era vero. “Ah, giusto. Jack mi ha detto di non svegliarti” fece e richiuse la porta. “Impara a mentire” mi rimproverò. “Non sono brava, ma era mezza addormentata” “Sì... Non posso dire che lei mi manchi perché la vedo sempre” disse “Ma vorrei tanto parlarle” “Mi dispiace.” “Anche a me.” Amici Il giorno dopo Alex mi accompagnò a scuola, aveva insistito: “E se i miei compagni mi vedono mentre ti parlo? Penseranno che sono pazza” dissi cercando una soluzione. Avrei potuto parlargli solo quando non ci fosse stato nessuno... Come se mi leggesse nella mente rispose: “Parleremo quando non ci saranno intorno” “Mi hai tolto le parole di bocca” spiegai e lui sorrise. Appoggiai la borsa sul muretto della scuola. C’erano solo Dane, che come al solito faceva il cretino ballando a ritmo di musica rap, e delle ragazze della settima classe dall’altra parte del cancello. Vidi arrivare Samantha. “E lei quella di cui mi hai parlato? Quella che sta con il tipo che viene sempre davanti alla tua scuola?” chiese Alex. “Sì, ma non dirlo a nessuno” risposi, fingendomi severa. “Oh, stà tranquilla che non mi sentono” disse ironico. Samantha si avvicinò a me, beh, a noi. “Ohi! Come va?” mi salutò. “Mai stata meglio” dissi entusiasta con un sorriso da record. “Hai dormito? No, non ci credo” fece strabiliata. “Sì. Perché tutti pensate che io non dorma? Io dormo... poco, ma dormo” dissi. “Non hai delle occhiaie profonde” aggiunse lei fissandomi come se mi avesse visto per la prima volta. “Oggi ho dormito bene” risposi alla sua espressione sbalordita. “Sonni tranquilli, eh?” fece provocandomi. “Sì” risposi sorridendo al ragazzo seduto vicino a me, lui ricambiò. Samantha mi guardò perplessa, ma continuò. “Chi è entrato nei tuoi dreams?” chiese sfacciata. “Che ti importa? Fatti miei” Alex mi guardò ridendo. “Che stai guardando?” chiese curiosa “È lui? Dov’è?” “È lui, ma non lo puoi più vedere, ha girato l’angolo” mentii. “Uffa!” si lamentò triste. “Dai, entriamo in classe” feci saltando giù dal muretto. Afferrai lo zaino che Alex mi porgeva e mi avviai verso la prima ora di lezione. “Posso chiederti un favore?” chiesi camminando per il corridoio ancora vuoto. “Dimmi…” “Mi suggeriresti le risposte per chimica? Mi interroga per davvero!” lo guardai con la faccia da cagnolino bastonato. “Okay, solo perché è la mia materia preferita” sorrise. “Grazie, Alex” era la prima volta che pronunciavo il suo nome. Delle mie compagne dall’altra parte del corridoio mi guardavano curiose. Io sorrisi e corsi in aula. “Qual è il numero dei protoni e degli elettroni negli isotopi di un elemento?” chiese il professore. Panorama 35 Letture “Hanno lo stesso numero” suggerì il mio nuovo compagno di banco. ”Hanno lo stesso numero” risposi, riprendendo la risposta di Alex. “Complimenti, Alyssa. È la prima volta che rispondi tutto giusto, ottimo” disse il prof soddisfatto. “Vedete, è così che dovete studiare. Prendete esempio” aggiunse guardando gli altri in classe. “Mi devi un favore” sussurrò il mio compagno. Era una fortuna che gli altri non lo vedessero né lo sentissero. Sorrisi beffarda, consapevole di aver imbrogliato. Per fortuna il professore di matematica non c’era, quindi avevamo un’ora libera in biblioteca. Chiesi al bibliotecario se potevo andare in bagno. “Non mi devi nessun favore. Hai già fatto tanto per me” disse il mio compagno di banco. “Bene, allora siamo pari. Ti serve altro, fratellone?” feci scherzosa. “Perché dobbiamo essere proprio fratelli?” m’interruppe Alex, improvvisamente brusco. “Non vuoi che siamo fratelli?” chiesi prudente. “No” rispose. Ora stava quasi per scoppiare a ridere. “Ehm, stai bene?” chiesi come se parlassi a un matto. “Avevi una faccia così ridicola! Non pensare male. Non voglio essere tuo fratello perché vorrei essere tuo amico. Insomma, non abbiamo vissuto insieme come fratelli e adesso che ci conosciamo siamo diventati amici... in un certo senso” spiegò. Quel discorso era pienamente sensato. Perché dovevamo proprio essere fratelli? Io avevo pensato a lui come amico, non come fratello. Non lo vedevo come vedevo Jack. Guardai l’orologio. Erano passati due minuti, ciò significava che dovevo rientrare in biblioteca. Uffa! “Ah, okay. Dobbiamo tornare sennò il bibliotecario mi mette l’ennesima nota perché sono scappata dalla biblioteca” dissi strisciando nella stanza che odorava di carta e di legno laccato. Odiavo la biblioteca... o odiavo il bibliotecario? Chissà se la carta è buona da mangiare... pensai. Non avevo idea dei pensieri che mi frullavano in testa in quel momento: odori, biblioteche, cibo, carta... Avevo nel cervello la totale confusione. Ritrovai la lucidità mentale. Mi succedeva spesso di avere tante cose nella mente e di distaccarmi dal mondo pensando a miliardi di cose contemporaneamente. “Che cavolo...?” mi sentii smarrita. Scossi la testa e vidi che il mio nuovo compagno di banco, nonché mio nuovo amico, mi stava fissando con i suoi occhi limpidi. “Confusione mentale” bisbigliai. “Mi succede quando cambio la prospettiva su qualcuno, non so perché…” “Aaah...” sospirò sedendosi con me dietro i banchi più bassi delle superiori. Sensazione proibita Schiacciai una formica, due, tre... La casa ne era infestata! “Da dove vengono tutte queste formiche?” chiesi. Non sentii nessuna risposta. Mi girai e vidi Alyssa con le cuffie nelle orecchie. Le diedi uno scossone e aprì gli occhi. Spense l’iPod e si alzò dal letto. “Ah?” fece irritata e inarcò le sopracciglia chiare. Evidentemente l’avevo svegliata. “Stavi dormendo?” chiesi. 36 Panorama “No... Ascoltavo musica, come vedi” rispose buttandosi di nuovo sul letto scricchiolante. “Che stai facendo?” “Ammazzo formiche” risposi ridendo. “Opss!” disse “Devo aver lasciato il pacchetto di Pocket Coffee in giro”. “E poi ti lamenti che gli altri pensino che tu non dorma” sospirai facendo un giro sulla “sedia che gira”, come Aly l’aveva chiamata. “Hai voglia di fare una foto insieme a me?” chiese sollevandosi di nuovo. “Sì, perché no?” risposi e mi sedetti accanto a lei portandole il suo cellulare. “Mi raccomando sorridi” disse severa. “Ai suoi ordini Madame” feci un bel sorriso sincero e il flash scattò. “Carina” commentò contenta. Mi lasciai cadere di nuovo sulla sedia girevole e guardai Alyssa. Mi sorprendeva che non avesse ancora un ragazzo. Era davvero carina. Certo, non era la più bella del mondo... ma, in fondo, l’aspetto fisico non importava. Lei era simpatica, socievole e sempre pronta a scherzare, anche se a vederla bene sembrava uno zombie. Mi sorprese a guardarla e girai lo sguardo all’istante, cercando altre formiche da schiacciare sul tavolo disordinato. “Mi annoio” si lamentò d’un tratto. “Che cosa vuoi fare, allora?” domandai curioso. “Inventiamo una storia e ognuno dice una parola” esultò lei alzandosi. Ecco un’altra cosa che mi attirava in lei: aveva un carattere molto infantile, ma quando serviva era matura. “D’accordo, chi incomincia?” “Tu!” rispose. Ci pensai su. “Allora, c’era” “Una” “Volta” “Una” “Amm... Ragazza” “Che” “Incontrò” “Vediamo... Il” “Suo” “Bellissimo” “He he... Fratello” “Uffa! Volevo dire principe...” mugolò. Sorrisi. “Vabbè. Che” “Non” “Voleva” “Essere” “Un” “Fratello” “Ma” “Addirittura” “Un” “Amico” Continuammo. La storia ebbe una svolta incredibile. “Come fanno due fratelli a innamorarsi?” chiese Alyssa massaggiandosi la tempia per la confusione. “Dimentichi che hanno fatto un accordo: non sono fratelli, ma amici” chiarii. “Aah... Giusto. Quindi due... amici potrebbero anche fidanzarsi?” continuò arrossendo. Letture “Certo, ma anche due fratelli potrebbero stare insieme... Se c’è amore, tutto si può! Lo sapevi che nell’antichità alcune famiglie celebravano nozze tra fratelli?” feci. “No. Però hai ragione: se c’è amore, si può fare tutto” ripeté. Era assolutamente vero. Perché due parenti non potrebbero stare insieme? Non era poi tanto sconvolgente, anche se la società non lo accettava. “Che ore sono?” chiese poi distrattamente. “Le sette e trentacinque”. “Ho fame” ribadì. “Allora vai a mangiare”. “Okay, ma resta qua, non è bello se qualcuno ti guarda mentre mangi” e corse in salotto. “Non mi muoverò da qui”, mi sdraiai sul letto scricchiolante, presi l’iPod appoggiato sul comodino e premetti play. La canzone che stava ascoltando era Never Think. Era bella. Pura... C’erano solo la chitarra e la voce, che avevano in ogni nota un suono malinconico. Mi immersi nella musica. Dopo quella canzone ce n’era un’altra, sempre con la chitarra, sempre triste. Stavo ascoltando la sesta canzone di quella playlist, quando entrò Alyssa. Aveva sulle labbra un sorriso dolce e gli occhi socchiusi. Si avvicinò al letto sedendosi accanto a me. Mi alzai. Lei si avvicinò ancora e io non potei fare altro che fare la stessa cosa... “Alyssa” sussurrai. “Eeh?” la sentii vicino a me. Aprii gli occhi. La luce era spenta, fuori era già buio. “Mi sono... addormentato?” chiesi. “Aha” e sbadigliò. Mi voltai dall’altra parte del letto ed eccola lì, a pochi centimetri dalla mia faccia. “Scusa se ti ho svegliata” “Non fa niente, tanto fra un’ora devo comunque svegliarmi, sono quasi le sei” mormorò. “Ed è così buio?” “La luce della strada non funziona” chiarì e si sedette sul letto. Feci lo stesso. “Oh, okay” dissi. “Russi” accusò stiracchiandosi. “Che c’entrano i russi?” chiesi non capendo di cosa stesse parlando. “No, scemo... Tu russi” ridacchiò picchiettando sulla mia fronte. “Davvero?” non pensavo che i fantasmi russassero, a dir la verità non sapevo neanche che potevano dormire. Non avevo mai dormito prima d’ora. Aly posò poi la mano sulla mia fronte. Il contatto con le sue dita mi provocò un brivido per tutto il corpo. Aveva un’espressione strana. “Che cosa c’è?” chiesi prudente. “Sei... caldo?” sussurrò. “Ma certo che sono caldo. Perché...?” non compresi subito. “Oh, beh... Forse... è per il fatto che non ti ho mai toccato. Ma quando stai vicino sento freddo” spiegò, passando dalla fronte alla guancia sinistra. Posò l’altra mano sulla guancia destra. Un altro fremito nel mio corpo. “Ah, sì?” mormorai guardandola negli occhi. Annuì alzando, anche lei, lo sguardo. Solo un sogno I suoi occhi avevano un effetto ipnotizzante su di me. Non riuscii a muovermi. Sentii sotto le mani surriscaldate la ma- scella serrata. Alzò le braccia, ma prima di prendere il mio viso tra le mani sembrò incerto. Cinque centimetri ci separavano. “Anche tu sei calda” disse sottovoce “Anzi, ora sei bollente” aggiunse provocante. “Ah, sì?” feci e sorrisi leggermente. “Sì” sussurrò e venne ancora più vicino. I centimetri diventarono quattro, tre, due... Chiusi gli occhi aspettando di sentire le nostre labbra toccarsi, ma si fermò e sorrise. “È possibile che due fratelli s’innamorino?” chiese. Sapevo dove voleva arrivare. “Non ricordi? I due fratelli hanno fatto un patto. Non sono più fratelli, sono amici” spiegai con un filo di voce. “Quindi, ora, i due amici... potrebbero baciarsi?” continuò. “Se l’amico se la sente di farlo... Ma se non lo facesse l’amica potrebbe rimanerne delusa” feci. “Allora non deludiamola” e finalmente le mie labbra sentirono il contatto con le sue. Tutto intorno a noi diventò fuoco. Le mie mani scesero sul suo petto. Il cuore gli batteva a un ritmo veloce, però disuguale. Sentii il suo respiro caldo in sincronia con il mio. Tenni gli occhi chiusi fino all’ultimo secondo. Li riaprii... La prima cosa che vidi era la parete del soffitto. Non era l’ultima cosa che avevo davanti pochi secondi prima. Mi agitai. Non ricordavo di essermi addormentata. Scavai nella testa, ma l’ultimo sogno che ricordavo di aver fatto su Alex era la sera che l’avevo conosciuto per davvero. Oh, cavolo!! pensai. Era stato soltanto un sogno? Uno di quelli in cui pensavo di essere sveglia? Un misero... sogno? “Solo un altro sogno” sospirai. Guardai verso i piedi e vidi Jack fissarmi curioso. “Che c’è?” feci guardandolo arrabbiata. Era colpa sua se mi ero svegliata. ’Grazie mille, deficiente. Hai rovinato il momento più bello della mia vita... Ti odio!’ avrei voluto gridargli. “Prima o poi dovevi svegliarti. Sono più di sedici ore che dormi, iniziavamo a preoccuparci. Okay, va bene che siamo in agosto, ma non credi di dormire un po’ troppo?” fece. In agosto?!? No, non poteva essere... non doveva essere così. Controllai il cellulare. Aprii la cartella delle fotografie. Non trovai quella in cui c’eravamo io e Alex. Iniziai a piangere. Mi coprii il viso con le mani. “E adesso che hai?” chiese scocciato mio fratello. “È tutta colpa tua” stavo per dirgli. “Adesso lui non lo saprà mai. Non potrà più esserci per colpa tua! Io ti odio, ti odio, ti odio, ti odio... Più di ogni altra persona al mondo!! Ora vattene via e non tornare più nella mia stanza. Vattene! Infetti la mia aria, la sua aria!!” gridai spingendolo fuori dalla mia camera e sbattendo la porta. “Alex, ti prego... Dimmi che non è stato solo un sogno. Dimmi che ci sei. Ti prego, ti supplico” caddi in ginocchio. Non riuscivo a reggermi in piedi dal dolore. Trovai un foglio per terra. Era la nostra fotografia. La presi in mano e la girai dall’altra parte. C’era scritto qualcosa in bella grafia: ”Mi dispiace, non sono potuto restare. Mi manchi. Alex P.S. Ti amo!” Lessi. Una lacrima cancellò le ultime parole. Panorama 37 Libri Giacomo Scotti: Gente dell’Adriatico (Ediz. della Laguna-Comune di Monfalcone) Vicende delle nostre contrade di Mario Simonovich L a sua Nora sapeva tanto d’italiano “quanto bastava per chiedere un prestito”. A dirlo è il marito, che risponde al nome di James Joyce e che “conosceva” da vicino queste contrade in quanto, con la consorte, era vissuto per qualche mese a Pola e quindi, per diversi anni, a Trieste. Nessuna meraviglia dunque che, offertosi quale insegnante di inglese nella città istriana, avesse chiesto subito un anticipo sullo stipendio, che sarebbe poi stato superiore a quello di un tenente austriaco. Il soggiorno non durò più di quattro mesi, dopo di che la coppia si trasferì a Trieste dove Nora fu più volte costretta a chiedere in giro soldi anche per comprare il petrolio per l’illuminazione. I casi occorsi a Joyce costituiscono una delle tante vicende trattate da Giacomo Scotti in Gente dell’Adriatico (Edizioni della Laguna - Comune di Monfalcone) che ha quali protagonisti in primo luogo Dante Casanova, Marco Polo, D’Annunzio, e quindi diversi altri, per evocare, come si dice fin sulla copertina, storie ed avventure lungo le terre della Serenissima. Che restano tali, nell’identificazione geosociale, anche per decenni, secoli anzi, dopo la sua scomparsa. Da una pagina all’altra sfilano così non tanto fatti “epici” nuovi quanto dettagli, in apparenza minori, minori che però integrano efficacemente e danno talvolta prospettive diverse ai fatti di cui si diceva, o, in altri casi, sono un pregevole compendio dei “ricami” cui una o l’altra vicenda, in genere piuttosto nota, è stata successivamente oggetto. Parlando dell’isola di Lagosta (Lastovo), ad esempio, si afferma che qui, come sull’intero territorio della Repubblica ragusea, di cui faceva parte, l’italianità prevalse per secoli nell’amministrazione, nella scuola e anche nelle tradizioni. Nessuna meraviglia, visto che fra i novanta marittimi vissuti fra la fine del ‘700 e l’inizio dell’800, annotati 38 Panorama dallo studioso croato Josip Luetić in un volume del 1984, figurassero cognomi quali Dragosin, Fantella, Calamotta, Medici, Parente, Pasquali, ecc., che si guadagnavano il pane su velieri chiamati “Sacra famiglia” o “L’anima del purgatorio”. Di Nazario Sauro si narrano i dettagli successivi alla cattura. Era ben noto che per l’identificazione - egli dichiarò fino all’ultimo di chiamarsi Nicolò Sambo e di essere veneziano - gli furono fatti sfilare davanti ventisette testimoni, fra cui la madre. Al vedersela davanti, è ben noto, rispose di non conoscere la signora. Meno noto invece che la sua vera identità fosse confermata da un “aggiunto di porto” di Lussinpiccolo e da un pilota di Isola, ma soprattutto che fu il marescial- lo Steffé, suo cognato, a dire l’8 agosto 1916: “È lui, il capitano di piccolo cabotaggio Nazario Sauro, fratello di mia moglie”. Due giorni dopo, l’impiccagione. Intense e a tratti commoventi le pagine in cui si parla di Curzio Malaparte, che fu in rapporto d’amicizia con Erich Vio, medico, figlio di Antonio, l’ultimo podestà della Fiume ungherese. L’incontro avvenne in un ospedale cinese dove i medici gli avevano riscontrato un cancro al polmone, ma non lo avevano detto al malato. Grazie all’adoperarsi dell’amico (e all’intervento del governo russo) Malaparte fu rimpatriato con un aereo a cabina pressurizza- ta. Lapidaria la descrizione di Vio di due colloqui. La prima volta, lo scrittore appare come un uomo dai lineamenti regolari e gli occhi caldi e vivaci. Nulla indica ancora la presenza del male. Tre mesi dopo, l’ultimo colloquio a Roma. Malaparte, annota Vio, “è soltanto una pallida ombra dell’uomo brillante che era stato”. Parlando di Zara, l’autore si sofferma in particolare su Ambrogio Cariboni, nato nel Comasco, laureato in medicina a Pavia e giunto in città con l’amministrazione francese. Oltre a fare il medico condotto a Pago (dove morì e fu sepolto) fu organizzatore della vaccinazione, ispettore per il rimboschimento, direttore dell’orto botanico, ma sopratutto il rettore delle Scuole centrali, ovvero di quel Liceo che, trasformandosi, ottenne taluni attributi universitari. Purtroppo all’epoca il passo fu di breve durata. Nel settembre 1822 egli consegnò i 22 titoli accademici, i primi in Dalmazia. Meno di un anno dopo però, a causa dell’impoverimento delle casse erariali in conseguenze delle guerre napoleoniche, la scuola fu chiusa e i professori mandati a spasso. Questo sarà comunque il germe della futura università zaratina. In sintesi, un libro nato con il profondo e polivalente coinvolgimento del Comune di Monfalcone - città a cui, va ricordato, Scotti è unito da tempo da un legame particolare che, si dipanandosi dai suoi scritti sulla sorte dei monfalconesi finiti all’Isola Calva, è stato consolidato dalla cittadinanza onoraria - in cui, viaggiando metaforicamente in quest’area con, quali punti d’orientamento essenziali la geografia e la storia, si scavano ed evidenziano le tracce delle intersezioni e contributi fra gli uomini, l’economia, le lingue, le culture. Elementi, in particolare nel corso degli ultimi due secoli, forse talvolta anche spesso e inutilmente contrapposti ma a lungo andare uniti a formare un armonico insieme che solo le generazioni future saranno in grado di analizzare e valutare in maniera più compiuta.● Pubblicazioni Pregevole supplemento offerto ai lettori nel n. 20 della rivista Fiume Porto: strutture e funzionalità U n quarto di secolo - che ha visto convulsioni ed evoluzioni politico-economiche che nessuno si sarebbe potuto rappresentare con la fantasia nel 1914 - ha servito a cambiare in molti riguardi la fisionomia di Fiume. Scrivevano gli anonimi autori dell’opuscolo “Il porto di Fiume” pubblicato nel 1939 dal Comitato per l’incremento dei traffici del porto cittadino, a cura dell’Azienda dei magazzini generali. Passi che non più di un anno dopo la città sarebbe stata coinvolta in eventi di portata mondiale che avrebbero fatto diventare ben poca cosa le convulsioni e il mutamento di fisionomia sopra citati, ottima ci sembra la decisione della rivista Fiume (Società di studi fiumani, Roma) di abbinare al n. 20 l’opuscoletto in parola. Decisione encomiabile perché, riproponendo pari pari la situazione (per non parlare del linguaggio che, per chi se ne intende, è motivo aggiuntivo di pregio) di quegli anni, si propone quale significato supporto per i confronti con il Porto Baross, allora in mano jugoslava. Una possibilità, detto per inciso, meno peregrina di quanto possa sembrare, dato che, prima da parte della federativa e, dopo il ‘90, non meno da quella croata, è stata sistematicamente sottolineata la propulsività dello scalo suddetto e, nel contempo, la contrazione dell’attività, anzi la vera e propria decadenza della parte italiana. L’opuscolo descrive le caratteristiche e possibilità degli impianti portuali e “arredamenti meccanici”, i magazzini, i serbatoi, l’abilitazione al servizio, per cui ad esempio veniamo a sapere che nell’anno 1937 erano transitati 90.375 capi di bestiame. Il porto offriva infatti sei stalle con una capienza di 2.600 capi di bestiame grosso”. Il silos, della capacità complessiva di 8 mila tonn., poteva lavorare ogni giorno 1.200 tonn. in entrata e altrettante in uscita. Il movimento era possibile grazie a circa 60 km di binari di smistamento e deposito, con una possibilità quotidiana d’inoltro di 600 vagoni. In appendice è descritta in sintesi l’attività delle ditte che fanno capo al porto: i Cantieri Navali del Quarnaro, la cementizia Mareschi, la Compensum, il silurificio Whitehead, per concludere con la raffineria ROMSA, di cui si sottolinea fra l’altro il “cospicuo importo destinato alla costruzione di oltre 100 quartieri in 26 case per le proprie maestranze”. Quelle case, come ben sappiamo, sono ancora oggi un esempio di “umanità del vivere”. In quanto alle varie aziende, fatta salva quella portuale, significative le righe dedicate all’Azienda monopolio banane istituita nel 1935, che presto si trovò a disporre di quattro navi bananiere, note come “Ramb” I-IV. Negli anni e decenni successivi abbiamo conosciuto in particolare la “III”, in quanto poi diventata “Galeb”. Fra i testi interni al fascicolo n. 20 della rivista “Fiume”, due meritano un cenno particolare. Il primo è “Da Fiume a Rijeka: la storia di Fiume nella prima metà del Novecento in un lavoro di Antonella Ercolani”, ovvero il profilo storico politico in cui vengono trattati gli eventi dal 1918 al 1947, pubblicato l’anno scorso presso l’editore Rubbettino, trattato da Giovanni Stelli. Il secondo analizza la figura di padre Reginaldo Giuliani, un cappellano reduce di guerra a Fiume al seguito di D’Annunzio. Da rilevare inoltre il pregevole testo illustrato sulla moneta, i servizi postali, le tariffe tra l’occupazione interalleata e l’unione di Fiume all’Italia. ● M. S. Panorama 39 ☺ Il canto del disincanto di Silvio Forza Italiani sbagliati e... pizzicotti D opo “Istria, cinquant’anni di solitudine” di Anna Maria Mori, “Istriani” (reportage per “Frontiere” della Rai) realizzato da Stefano Tommasini con la collaborazione di Fulvio Molinari e pochi altri servizi giornalistici che nascevano più che altro causa la guerra nell’ex Jugoslavia, ecco che l’Italia - stavolta proprio l’amata/odiata e schizofrenica Trieste - realizza un documentario dedicato non soltanto all’Istria bensì proprio a noi, agli Italiani rimasti. Un documentario in cui la nostra presenza non viene relativizzata nel contesto molto più spendibile di “area mista”, di “laboratorio della nuova Europa”, ma viene indicata chiaramente, sin dal titolo, nella sua essenza prima: siamo Italiani, anzi, come sentenziò bene Pier Antonio Quarantotti Gambini, siamo degli “Italiani sbagliati”. Ed è proprio questo il titolo del film documentario realizzato dal giovane regista triestino Diego Cenetiempo e prodotto dalla “Pilgrim Film” e da “Il Ramo d’Oro Editore”. Cenetiempo, che precedentemente si era avvicinato alla letteratura degli italiani rimasti, ha capito che proprio questa nostra vasta “letteratura della memoria” era in realtà un’elaborazione simbolica della nostra necessità di affermare ciò che per troppo è stato negato (meglio sarebbe dire - diniegato), osteggiato o sprezzantemente umiliato nella formula di locale esercizio autoritario “ma cosa vogliono questi Italiani?” Della necessità, cioè, di ribadire le ragioni della nostra legittima presenza e permanenza in Istria, nel Quarnero e qualche località della Dalmazia. Questa “possibilità di narrarsi”, come ha scritto il nostro Alessandro Damiani nel suo romanzo “Ed ebbero la luna”, ha costituito anche una forma di liberazione, molto simile a quella avvertita da Carlo Emilio Gadda che già nel 1950 (“Intervista al microfono”) diceva: “Nella mia vita di ‘umiliato e offeso’ la narrazione mi è apparsa, talvolta, lo strumento che mi avrebbe consentito di stabilire la ‘mia’ verità; il ‘mio’ modo di vedere, cioè: lo strumento della rivendicazione contro gli oltraggi del destino e de’ suoi umani proietti; lo strumento, in assoluto, del riscatto e della vendetta. Sic- 58 Panorama ché il mio narrare palesa, molte volte, il tono risentito di chi dice rattenendo l’ira, lo sdegno”. Ecco perché la scelta di Diego Cenetiempo di costruire il suo documentario sulle storie raccontate da sei letterati della CNI (Ester Sardoz Barlessi, Claudio Ugussi, Mario Schiavato, Giacomo Scotti, Alessandro Damiani, con letture di brani di Nelida Milani Kruljac) appare molto indovinata se messa in relazione con le necessità di far venire a galla non la “cronaca del rimanere”, bensì il “fenomeno del rimanere” nelle sue mille sfaccettature: l’autopercezione della scelta, l’elaborazione simbolica di un trauma, la testimonianza viva di una lingua che si vuole conservare con ostinazione. Si giunge così ad una “convergenza di modi” (quello - pudico - del regista e quello - pregnante degli intervistati) che è a sua volta funzionale ad un messaggio molto chiaro: l’italianità dei rimasti non è un’identità da puntare contro gli altri ma è invece una costante rincorsa per tentare di rimanere se stessi. Dopo un’anteprima allestita dal Dipartimento di italianistica dell’Università di Zagabria, pochi giorni fa il documentario ha avuto la sua prima al Film Festival di Trieste. Nel riportarne notizia il nostro quotidiano “La Voce del Popolo” ha proposto un servizio in cui sono state raccolte anche alcune reazioni a caldo. Tra i vari interpellati, due hanno dato risposte che meritano di essere viste più da vicino. La prima è di Paolo Palasco: “Devo dire che per la prima volta ho assistito alle testimonianze dei cosiddetti ‘rimasti’, perché finora abbiamo sempre sentito solamente le voci degli esuli”. Dunque, da una parte noi, rimasti ed eredi, operiamo nella convinzione che il nostro lavoro di conservazione e promozione della cultura italiana in questi luoghi dove c’è sempre stata sia una missione ampiamente condivisa (o almeno da Trento a Marsala) e poi scopriamo che anche nella vicinissima, cuginasorellasorellastra, Trieste di noi si sa poco o nulla. Purtroppo, Trieste è quella città che ama specchiarsi con autocompiacimento nello specchio del suo Golfo e in cui ancora, quando vedono un’automobile targata RI, KP o PU, molti dei suoi abitanti sono pron- tui ad urlare “s’ciavo”. Comportamento orrendo anche quando nell’auto ci sono Milan o Fumica, assurdo quando ci sono invece Italo e Vittoria che magari proprio in quel momento stanno ascoltando dal cd “Pensiero stupendo” di Patty Pravo. La seconda reazione molto interessante è stata quella della sociologa zagabrese Melita Richter che ha detto: “Non approvo poi il fatto che quando si parla della lingua sembra che il croato a Fiume o in Istria non ci sia mai stato. Come se la parlata arrivasse solo in seguito al ’45, con i Bosniaci ed i Serbi, come se la popolazione urbana di Fiume non fosse stata anche croata, ungherese e di altre minoranze ancora. Sembra che tutti questi territori hanno avuto uno svuotamento e poi un riempimento mentre, come sappiamo, c’era una convivenza durata per molti secoli tra italiani, croati e ungheresi, dovuta anche alla situazione di prosperità economica”. Ora, a parte il fatto che il documentario non puntava solamente su questo aspetto, a parte l’ulteriore fatto che non risulta l’esistenza prebellica di un dialetto croato, tanto per fare un esempio, di Rovigno o Umago, e considerato che alcune località istriane sono state effettivamente oggetto di svuotamenti e riempimenti (da Pola, su 32.000 abitanti, 29.000 se ne vanno), per il resto le osservazioni di Melita Richter appaiono perfettamente condivisibili. La presenza croata in Istria e a Fiume è effettivamente plurisecolare e nessuna persona savia e onesta dovrebbe permettersi di negarlo. Ciò che fa sorridere è lo squilibrio tra questa (legittima) reazione di stizza per aver subito un pizzicotto e il totale disinteresse quando non colpevolezza (di contesto, non di certo da parte della signora Richter) nei confronti delle picconate date agli Italiani dell’Istria e di Fiume (occupatori e fascisti, ovviamente) negli ultimi sessant’anni. È brutto, vero, quando, anche per un solo secondo, ci si ritrova ad indossare la pelle di chi costantemente e ingiustamente viene fatto oggetto di omissioni, verità parziali, interpretazioni di comodo, quando non di disprezzo e menzogna. Alla signora Melita Richter va tutta la nostra sentitissima comprensione. E non siamo ironici.● Diari della Terra Il miracolo delle usanze P P rima mostra del 2010 nella galleria “Laurus” di Laurana organizzata dalla locale Comunità degli Italiani con il supporto del Comune e dell’UI. Autore delle fotografie l’abbaziano Jerko Gudac, tenace sostenitore delle tradizioni liburniche che con i suoi scatti ha voluto immortalare i momenti salienti degli scampanatori di Rukavac durante il Carnevale. Come ha affermato l’etnologa Lidija Nikočević “gli scampanatori della regione sono stati introdotti della lista dei beni culturali immateriali dell’UNESCO e quindi questa mostra è ancora più importante”. A parlare delle fotografie esposte è stato pure il prof. Vlado Gudac, fratello dell’autore, che ha tenuto a sottolineare che tra centinaia di scatti un vero artista trova solo uno che riproduce ciò che lui voleva dire con questa mostra: “Non sono i costumi ciò che rende particolari gli scampanatori, ma il loro modo di esprimersi, di toccare anche le case più isolate di ogni singolo paese della Liburnia”. Jerko Gudac ha detto invece che questa è stata la sua prima mostra personale e non si aspettava certamente un tale interesse di pubblico, pertanto è doppiamente felice dell’invito che gli è stato rivolto dalla CI di Laurana. L’esposizione resterà aperta fino alle Ceneri, ovvero il 17 febbraio. (testo e foto di Ardea Velikonja) Il corredo completo dello scampanatore Il variopinto copricapo esprime con precisione la provenienza: questo viene da Rukavac alazzo Correr a Venezia ha ospitato la mostra dedicata al premio internazionale di fotografia “Diari della Terra”. Organizzata dalla Regione Veneto per promuovere il territorio e lo sviluppo rurale della regione, questa prima edizione ha raggiunto ottimi risultati: oltre 2.300 le fotografie iscritte e più di 600 i partecipanti da tutto il mondo. Professionisti ed amatori che hanno proposto immagini di grande originalità e livello qualitativo, atte a valorizzare le aree e il patrimonio rurale veneto tramite il racconto dei diversi aspetti che caratterizzano questo territorio, evidenziandone i tratti ed i profili più recenti ed innovativi. Spesso, quando si parla di mondo agricolo, si dimenticano le tradizioni, la cultura, la storia che rappresenta questo mondo. Il premio ha aperto una finestra proprio su questi aspetti, con immagini di ruralità che sottolineano l’amore e l’attaccamento alla terra di quanti lavorano in agricoltura e che sono la testimonianza di una particolare sensibilità per le aree rurali. In senso orario: Tra cielo e terra, Daniele Soncin di Porto Tolle, secondo premio; Lavorando verso il futuro, Luca Girardini di Vicenza, primo premio; Orti chioggiotti, Olivo Biolo, Targa Presidente della Giuria; Valpolicella, Adriano Favero, Magazzino del riso, Filippo Rigon, Il paese delle mucche, Olaf Kreinsen (Germania), Targa Miglior Artista Europeo Mai tanta gente alla galleria “Laurus” di laurana 2 Panorama Che mostra sarebbe senza la musica del Carnevale? Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 4-5 PPanorama Pa ano nora rama ma 59 59 29.1.2010 12:23:01