Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 2-3
Anno LVII - N. 2 -31 gennaio 2010 - Rivista quindicinale - kn 14,00 - EUR 1,89 - Spedizione in abbonamento postale a tariffa intera - Tassa pagata ISSN-0475-6401
Panorama
www.edit.hr/panorama
Corruzione e stasi:
economia in affanno
60 Panorama
29.1.2010 12:22:58
Diari della Terra
Il miracolo delle usanze
P
P
rima mostra del 2010 nella galleria “Laurus” di
Laurana organizzata dalla locale Comunità degli
Italiani con il supporto del Comune e dell’UI. Autore delle fotografie l’abbaziano Jerko Gudac, tenace
sostenitore delle tradizioni liburniche che con i suoi
scatti ha voluto immortalare i momenti salienti degli
scampanatori di Rukavac durante il Carnevale. Come
ha affermato l’etnologa Lidija Nikočević “gli scampanatori della regione sono stati introdotti della lista
dei beni culturali immateriali dell’UNESCO e quindi questa mostra è ancora più importante”. A parlare
delle fotografie esposte è stato pure il prof. Vlado Gudac, fratello dell’autore, che ha tenuto a sottolineare
che tra centinaia di scatti un vero artista trova solo uno
che riproduce ciò che lui voleva dire con questa mostra: “Non sono i costumi ciò che rende particolari gli
scampanatori, ma il loro modo di esprimersi, di toccare anche le case più isolate di ogni singolo paese della Liburnia”. Jerko Gudac ha detto invece che questa
è stata la sua prima mostra personale e non si aspettava certamente un tale interesse di pubblico, pertanto è
doppiamente felice dell’invito che gli è stato rivolto
dalla CI di Laurana. L’esposizione resterà aperta fino
alle Ceneri, ovvero il 17 febbraio.
(testo e foto di Ardea Velikonja)
Il corredo completo dello scampanatore
Il variopinto copricapo esprime con precisione la provenienza:
questo viene da Rukavac
alazzo Correr a Venezia ha ospitato la mostra dedicata al premio
internazionale di fotografia “Diari della Terra”. Organizzata dalla Regione Veneto per promuovere il territorio e lo sviluppo rurale
della regione, questa prima edizione ha raggiunto ottimi risultati:
oltre 2.300 le fotografie iscritte e più di 600 i partecipanti da tutto il
mondo. Professionisti ed amatori che hanno proposto immagini di
grande originalità e livello qualitativo, atte a valorizzare le aree e il
patrimonio rurale veneto tramite il racconto dei diversi aspetti che
caratterizzano questo territorio, evidenziandone i tratti ed i profili
più recenti ed innovativi. Spesso, quando si parla di mondo agricolo, si dimenticano le tradizioni, la cultura, la storia che rappresenta questo mondo. Il premio ha aperto una finestra proprio su questi
aspetti, con immagini di ruralità che sottolineano l’amore e l’attaccamento alla terra di quanti lavorano in agricoltura e che sono la testimonianza di una particolare sensibilità per le aree rurali.
In senso orario: Tra cielo
e terra, Daniele Soncin di
Porto Tolle, secondo premio; Lavorando verso il
futuro, Luca Girardini di
Vicenza, primo premio;
Orti chioggiotti, Olivo Biolo, Targa Presidente della
Giuria; Valpolicella, Adriano Favero, Magazzino del
riso, Filippo Rigon, Il paese
delle mucche, Olaf Kreinsen (Germania), Targa Miglior Artista Europeo
Mai tanta gente alla galleria “Laurus” di laurana
2 Panorama
Che mostra sarebbe senza la musica del Carnevale?
Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 4-5
PPanorama
Pa
ano
nora
rama
ma 59
59
29.1.2010 12:23:01
In primo piano
Il quadro politico in Croazia nelle prime settimane dell’anno
Eppur si muove, o almeno sembra
di Mario Simonovich
A
d osservare più da vicino la
scena politica croata di queste
ultime settimane par di scorgere una serie di elementi nuovi che
potrebbero preludere a sviluppi incoraggianti in un futuro, si spera non
troppo lontano.
Questione prima per noi, in quanto minoranza, è la ripresa del discorso sul doppio voto, tanto più autorevole in quanto proveniente da colui che un paio di settimane fa è stato
eletto alla massima carica dello Stato. In parallelo o di riflesso che sia, in
questo breve lasso di tempo si ha la
netta impressione che anche a livello di definizione pratica il processo
ha superato almeno in parte quell’impasse che si protraeva da anni. È, si
può dire, ancora fresca la notizia che
al recente incontro fra maggioranza
ed opposizione sul voto aggiuntivo
è stata raggiunta una concordanza e
che è ancora tutta da venire in merito all’altro importante tema: le modifiche costituzionali. Tracciato anche
il “progetto di massima” sulla strada da seguire per permettere il voto
minoritario, non quella della modifica della Costituzione che fino ad ora,
si lasciava credere, era l’unica da imboccare, bensì di una legge specifica,
che con le modfiche alla carta costituzionale avrebbe in comune una sola
componente: l’approvazione in contemporanea.
Giova dare atto, nel contesto, al
maggior partito d’opposizione per essersi alfine spinto in avanti lasciandosi alle spalle posizioni equivoche perseguite da anni. Come dimenticare
quello che, da presidente del Sabor,
sosteneva Mato Arlović? Allo stesso
modo va considerata la delicata posizione in cui si trova attualmente il
partito al potere, fra l’altro insidiato
da destra dal tenace processo d’erosione portato avanti con notevole durezza dal Partito dei diritti che, oppositore deciso al suddetto “trattamento
di favore delle minoranze”, nel contempo si erge a paladino del diritto
dei croati a votare all’estero, pur co-
sciente dei capovolgimenti degli esiti
elettorali che potrebbero derivare dai
troppi voti che provengono d’oltreconfine e la cui legittimità, in primo
luogo numerica, talvolta appare molto dubbia.
Altro elemento che getta una luce
invitante sulla politica d’inizio d’anno
è lo slancio di fermezza che sembra
caratterizzare l’Avvocatura di Stato e
in particolare l’uomo che la dirige. Di
certo non ha torto la schiera dei critici
che gli rinfacciano d’aver cominciato
a muoversi solo ora, dopo aver passato anni del suo mandato a far finta di
non vedere come la corruzione stesse
allargando i suoi tentacoli. Tuttavia è
non meno difficile credere che la colpa sia quasi solo tutta sua, ovvero che
il quadro politico gli avesse permesso di fare di più. E qui ci troviamo di
fronte a uno dei tanti dilemmi che si
presentano dinanzi a noi ogni giorno
e spesso facciamo finta di non vedere. In altri termini, le critiche che gli
vengono mosse d’essere nient’altro
che un esecutore di una certa volontà
politica perdono di vista un principio
che è quasi un assioma, ossia: ovunque nel mondo, fra tante altre, anche
questa carica dipende da sempre dalla volontà dei politici di turno. Non
ci si illuda che, ove cambi la maggioranza, questa subordinazione verrà
a cessare. L’unico modo per rendere
meno acuto il problema è di adottare
un processo di modernizzazione reale delle strutture dello Stato, che non
potrà avvenire che a lungo termine, e
con l’appoggio dell’Europa.
Terzo elemento positivo: la decisa volontà del nuovo presidente di far
rientrare nell’alveo della precedente
normalità le relazioni bilaterali con la
Serbia dopo l’incredibile dichiarazione del suo predecessore sull’uso delle
truppe in correlazione con il - peraltro assolutamente inaccettabile - comportamento dei capoccia della Republika Srpska. Una dichiarazione rilasciata con troppa leggerezza di cui andava valutata prima la portata. Il fatto
che il nuovo presidente è corso subito
ai ripari dimostra che si rende perfettamente conto del problema. ●
Costume
e scostume
Perché non fidarsi
dei giudici?
Quale giudice in quel di Zagabria, la signora si era trovata un bel giorno a presiedere un
processo in cui era coinvolto,
sia pure indirettamente, il marito imprenditore. Poteva ritirarsi, dato il conflitto d’interessi, ma non l’ha fatto. Una volta
scoppiato il caso, alla presidente del tribunale è stato chiesto
di prendere provvedimenti nei
confronti della subordinata, ma
anch’essa ha ritenuto opportuno
non muoversi. Il caso è passato al Consiglio della Magistratura che, complice una mancata
nomina e un’assenza, in luogo
del minimo di sei ha visto solo
cinque voti a favore di sanzioni nei confronti della donna, che
così si è salvata ancora una volta. L’esimia giudice si è già trovata sotto i riflettori della cronaca: tre anni fa il figlio, ubriaco
al volante di una potente BMW,
aveva provocato un incidente in
cui era morta una diciannovenne mentre il fidanzato aveva riportato gravi ferite. Processato
a Karlovac, era stato condannato a cinque anni di prigione.
Ora, che a violare le leggi
siano sedicenti imprenditori o
altro “popolino” teso solo a far
soldi, non può e non dovrebbe essere fonte di una maggior sorpresa. C’è da chiedersi però in che società viviamo
quando anche i giudici hanno
un comportamento tanto disinvolto. Un sondaggio effettuato
la settimana scorsa ha indicato
che la fiducia della gente nella magistratura era scarsa e per
giunta in calo. Chissà per quale motivo?
Panorama 3
Panorama
www.edit.hr/panorama
Ente giornalistico-editoriale
EDIT
Rijeka - Fiume
Direttore
Silvio Forza
PANORAMA
Redattore capo responsabile
Mario Simonovich
[email protected]
Progetto grafico - tecnico
Daria Vlahov-Horvat
Redattore grafico - tecnico
Annamaria Picco
Collegio redazionale
Bruno Bontempo, Nerea Bulva,
Diana Pirjavec Rameša, Mario
Simonovich, Ardea Velikonja
REDAZIONE
[email protected]
Via re Zvonimir 20a Rijeka - Fiume,
Tel. 051/228-789. Telefax: 051/672128, direttore: tel. 672-153. Diffusione:
tel. 228-766 e pubblicità: tel. 672-146
ISSN 0475-6401 Panorama (Rijeka)
ISSN 1334-4692 Panorama (Online)
TIPOGRAFIA: “Helvetica” - RijekaFiume, tel. 682-147
ABBONAMENTI: Tel. 228-782.
Croazia: annuale (24 numeri) kn 300,00
(IVA inclusa); semestrale (12 numeri)
kn 150,00 (IVA inclusa); una copia kn
14,00 (IVA inclusa). Slovenia: annuale
(24 numeri) euro 62,59 - semestrale
(12 numeri) euro 31,30 - una copia euro
1,89. Italia: annuale (24 numeri) euro
70,00 una copia: euro 1,89.
VERSAMENTI: per la Croazia sul
cc. 2340009-1117016175 PBZ Riadria
banka d.d. Rijeka. Per la Slovenia: Erste
Steiermärkische Bank d.d. Rijeka 70013337421/EDIT SWIFT: ESBCHR22.
Per l’Italia - EDIT Rijeka 3337421presso PBZ 70000 - 183044 SWIFT:
PBZGHR2X.
Numeri arretrati a prezzo raddoppiato
INSERZIONI: Croazia - retrocopertina 1.250,00 kn; retrocopertina interna
700,00 kn; pagine interne 550,00 kn;
Slovenia e Italia retrocopertina 250,00
euro; retrocopertina interna 150.00 euro;
pagine interne 120,00 euro.
PANORAMA esce con il concorso
finanziario della Repubblica di Croazia
e della Repubblica di Slovenia e viene
parzialmente distribuita in convenzione con il sostegno del Governo italiano
nell’ambito della collaborazione tra
Unione Italiana (Fiume-Capodistria) e
l’Università Popolare (Trieste)
EDIT - Fiume, via Re Zvonimir 20a
[email protected]
Consiglio di amministrazione: Ezio
Giuricin (vicepresidente), Ennio Machin, Franco Palma, Carmen Benzan,
Doris Ottaviani, Orietta Marot, Fabio
Sfiligoi
44Panorama
Panorama
Panorama testi
N. 2 - 31 gennaio 2010
Sommario
IN PRIMO PIANO
Il quadro politico in Croazia
EPPUR SI MUOVE,
O ALMENO SEMBRA ................... 3
di Mario Simonovich
ATTUALITÀ
Quotidianamente in Croazia 170 lavoratori rimangono senza lavoro
CORRUZIONE E STASI: L’ECONOMIA È IN STATO D’AFFANNO.......6
JOSIPOVIĆ FAVOREVOLE AL DOPPIO
VOTO PER LE MINORANZE................. 8
Quanto prima l’integrazione dell’area
balcanica nell’Ue
SLOVENIA E MACEDONIA
PROGETTANO IL RILANCIO
DELL’INTERSCAMBIO..................8
27 gennaio, Giornata della Memoria,
occasione di riflessione e di lucida analisi delle violenze del passato
RICORDARE PER EVITARE
IL RIPETERSI DEL MALE .......... 10
di Diana Pirjavec Rameša
ITALIA
LE ANIME SALVE DI ROSARNO ... 12
INTERROGATIVI SCOMODI
E LITIGI SULLA FIGURA
DI BETTINO CRAXI .................... 13
a cura di Bruno Bontempo
ETNIA
”Villa Antonio” ospita la nuova sede
della Comunità degli Italiani di Abbazia
PROSSIMO PASSO: RIAPERTURA
DELLA SCUOLA .............................. 14
di Ardea Velikonja
“MinTur” progetto editoriale INTERREG IIIA Slovenia-Italia 2000-2006
TERRITORIO INTEGRATO, PATRIMONIO DELLE MINORANZE ... 16
di Diana Pirjavec Rameša
SOCIETÀ
VIA IL BURQA, OFFENDE I VALORI DELLA RÉPUBLIQUE! ..... 18
a cura di Bruno Bontempo
CINEMA E DINTORNI
IMMIGRATO IRREGOLARE:
COME L’EBREO IN CANTINA ... 20
di Gianfranco Sodomaco
ARTE
Cinque secoli fa moriva Giorgione,
cent’anni dopo Caravaggio
CHI RAPPRESENTA QUELLA
DONNA CHE ALLATTA? ............ 22
di Erna Toncinich
ITALIANI NEL MONDO
”LAVORIAMO AL RICONOSCIMENTO DELLE RADICI” ........... 24
a cura di Ardea Velikonja
MADE IN ITALY
GALILEO A PADOVA
400 ANNI DOPO ........................... 26
a cura di Ardea Velikonja
REPORTAGE
Nuova offerta turistica a Piancavallo
DUE CUORI E UN...
VILLAGGIO IGLOO .................... 28
di Ardea Velikonja
LETTURE
”DOPPIA ANIMA” ....................... 34
di Tina Braico
LIBRI
Giacomo Scotti: “Gente dell’Adriatico”
VICENDE DELLE NOSTRE
CONTRADE .................................. 38
di Mario Simonovich
PUBBLICAZIONI
N. 20 della rivista “Fiume”
PORTO: STRUTTURE
E FUNZIONALITÀ ....................... 39
MUSICA
Ricordiamo Bruno De Filippi
UNO DEI PRIMI TORMENTONI LA
SUA TINTARELLA DI LUNA ...... 40
a cura di Bruno Bontempo
SPORT
VANCOUVER SCOMMETTE
SULL’OLIMPIADE SOSTENIBILE ... 42
FARI PUNTATI SU CARLO JANKA ... 44
CALCIO, LA SQUADRA EUROPEA
DEI SOGNI .................................... 46
a cura di Bruno Bontempo
ARBOREA
LA QUERCIA, SOVRANA
IN CIELO E IN TERRA ................ 42
di Daniela Mosena
MULTIMEDIA
COME FARE L’UPGRADE
DA XP A W INDOWS 7 ................ 50
a cura di Igor Kramarsich
RUBRICHE .................................. 52
a cura di Nerea Bulva
IL CANTO DEL DISINCANTO .... 58
di Silvio Forza
IN COPERTINA: gli igloo di Piancavallo (foto Ardea Velikonja)
Agenda
Approvati il Preventivo 2010 dell’Unione Italiana e la ripartizione dei mezzi
CNI, le attività decollano con una serie di incognite
A
ll’ultima riunione della Giunta esecutiva dell’UI si è parlato
del piano finanziario e del programma di lavoro per il 2010 con ottimismo e fiducia, in attesa che Roma rifinanzi quei capitoli di spesa esclusi dalla Finanziaria per quest’anno.
Di conseguenza tutti i piani di attività sono stati predisposti facendo affidamento su risorse che giuridicamente non ci sono, o non ci sono in questo
momento ma che presto potrebbero
esserci. A queste incertezze vanno ad
aggiungersi altre difficoltà derivanti
dal fatto che il Consiglio di Amministrazione dell’Università Popolare di
Trieste non ha ancora accolto il Bilancio del pluridecennale partner. Quindi sono stati promossi alcuni progetti tra i quali la costruzione della Palestra della scuola elementare italiana di
Buie, la fornitura di arredi per l’istituzione prescolare italiana “Girotondo”
di Umago, il progetto preliminare del
complesso sportivo-ricreativo presso la SEI “San Nicolò” di Fiume, e
via via fino a progetti importanti come
l’acquisto della sede per la CI di Sal-
vore e la ristrutturazione completa di
Visinada (nella foto), una questione
che si trascina dal 2002 e che è culminata nell’ottobre scorso con il crollo di
una parte del muro dell’edificio. ●
La prima del documentario di Diego Cenetiempo presto a Fiume, Pola e Capodistria
«Italiani sbagliati. Storia e storie di rimasti»
N
ell’ambito della XXI edizione
del Trieste Film Festival - categoria Zone di cinema - è stato presentato all’Ariston della cittadina giuliana il documentario Italiani sbaglia-
ti. Storia e storie di rimasti di Diego Cenetiempo, prodotto da “Pilgrim
film” e da “Il Ramo d’Oro Editore”.
Il titolo dell’opera è una citazione
di Pier Antonio Quarantotti Gambini, scrittore ed esule istriano, riferita a tutti coloro che non hanno scelto
la via dell’esodo. Attraverso una serie di interviste, il documentario intende dare luce al tema dei “rimasti”,
ossia tutti coloro che, per i motivi più
disparati, non sono migrati dalla loro
terra ed hanno scelto di rimanere no-
nostante la Grande guerra. L’opera
comprende anche filmati di repertorio tratti da archivi privati e pubblici tra cui le Comunità degli Italiani,
il Centro Studi Storici di Rovigno,
l’Istituto Luce, la Cineteca Regionale del FVG e la Cineteca del Friuli.
Da rilevare che il documentario avrà
una sua prima a Fiume in data ancora da definirsi a cui faranno seguito
altre proiezioni in diverse città della
Croazia come Zagabria e Pola e poi
anche a Capodistria in Slovenia. ●
Con un concerto e la mostra «I fiori di Sandra Tenconi» per l’amica scomparsa
Ricordata Carla Burri, fondatrice dell’IIC di Lubiana
L’
Istituto Italiano di Cultura in Slovenia, con
sede a Lubiana, ha voluto ricordare con una serata e una
mostra la sua fondatrice Carla Maria Burri (1935-2009),
scomparsa di recente in Italia. La mostra denominata
I fiori di Sandra Teconi per
Carla Burri è stata dedicata dall’autrice alla sua amica Carla. Presente, oltre alla
pittrice, Giorgio Forni della
Fondazione Sartirana Arte.
Dopo l’inaugurazione della mostra, che rimarrà aperta
fino al 12 febbraio, si è svolto il concerto del duo composto da Emanuela Cappellotto al mandolino e Gianluca Sabbadin alla chitarra.
Sandra Teconi, nata a Varese, ha frequentato l’Accademia delle Belle arti di Brera ed è stata allieva di importanti pittori come Carpi
e Cantatore. Alla mostra di
Lubiana presenta pure un ri-
tratto di Carla Burri, per lunghi anni sua amica. Quanto
al due Cappellotto-Sabbadin
da rilevare che è una formazione cameristica nata nel
febbraio 2003 con il preciso
intento di approfondire e divulgare il ricco repertorio originale colto per mandolino e
chitarra. Il duo si è esibito
anche all’estero nell’ambito
del XXXVIII Festival internazionale di musica a plettro
in Spagna. ●
Panorama 5
Attualitá
Quotidianamente in Croazia 170 lavoratori rimangono senza lavoro.
Corruzione e stasi: l’economia
di Diana Pirjavec Rameša
L’
economia croata è in ginocchio. L’ottimismo dei politici non trova riscontro nelle
analisi compiute dagli economisti. Il
2010 si presenta come un anno difficile: il Pil continuerà a scendere, aumenterà il deficit dei conti interni ed
esteri, migliaia di persone hanno perso o nelle prossime settimane perderanno il lavoro. I dati dell’Istituto per
il collocamento al lavoro in questi
giorni prevedono una disoccupazione
pari a 330.000 persone nel primo trimestre: quotidianamente in Croazia
perdono il lavoro circa 170 lavoratori. La crescita del tasso di disoccupazione a cavallo tra dicembre e gennaio è stata del 21,2 p.c. Numerose
aziende dovranno chiudere, altre hanno avviato il procedimento fallimentare, soprattutto nel settore dell’industria agroalimentare, in quello tessile,
nonché l’industria edile.
Nel mese di dicembre il costo minimo della vita per una famiglia di
quattro persone in Croazia ha raggiunto circa 905 euro. Stando ai dati
riportati dai Sindacati Indipendenti Croati (NHS) e ripresi dall’Ice di
Zagabria, nel mese di ottobre, invece,
il salario medio mensile ha raggiunto
quota 723 euro, ossia il 79,95% del
Anche il turismo va... in crisi
G
li introiti dell’industria del turismo in Croazia, uno dei motori dell’economia del Paese adriatico, hanno subito nei primi nove
mesi del 2009 una flessione del
15,2 p.c., nonostante le presenze
registrate di visitatori esteri siano
state praticamente allo stesso livello degli anni precedenti. Infatti da gennaio a settembre i turisti
stranieri hanno speso, secondo i
dati diffusi dalla Banca nazionale
croata, 5,77 miliardi di euro, 1,03
miliardi in meno rispetto allo stesso periodo del 2008. Gli analisti
attribuiscono questo calo agli effetti della crisi che ha indotto i visitatori, se non a rinunciare del tutto alla vacanze, a diminuire consistentemente le loro spese durante
il soggiorno, soprattutto in risto-
fabbisogno mensile. Chi vive in affitto, poi, è costretto a pagare in media
250 euro in più.
Per rendere quanto più plastica questa descrizione bisogna ricordare che il debito estero croato ha continuato a crescere di 1 miliardo di euro negli ultimi mesi del
In una foto d’archivio stretta di mano tra due ex: Ivo Sanader e Damir
Polančec. Quest’ultimo è stato iscritto nel registro degli indagati
6 Panorama
ranti e bar, o a scegliere sistemazioni meno costose. Se osservati a
livello individuale, statisticamente
ogni singolo turista ha speso circa
38 euro in meno rispetto al 2008.
Il loro numero totale è diminuito
però solo dello 0,75 p.c. rispetto
all’anno record, il 2008, quando
gli stranieri in vacanza in Croazia
sono stati 9,3 milioni. ●
2009 ed alla fine dell’anno ammontava a 42,8 miliardi di euro.
I casi di corruzione del settore delle aziende pubbliche croate si moltiplicano: primeggiano in ogni caso le
Autostrade croate (HAC), le Ferrovie
e il settore del “procurement”. Nei
giorni scorsi è scoppiato lo scandalo
delle spese di rappresentanza (quasi mezzo milione di kune) realizzate dall’oramai destituito direttore del
Cantiere “3 Maj” Željko Starčević,
ed ha riproposto l’irrisolta questione
della vendita dei cantieri navali croati
che si trova ad un punto morto.
Torna alla ribalta il caso “Podravka”. I manager arrestati sono stati accusati di un intricato tentativo di
assumere in modo illegale il controllo del pacchetto maggioritario delle
azioni dell’azienda pagando con soldi “tirati fuori” in modo illegale dalle sue casse. Detto in parole povere
l’operazione “Spice” è stata ideata
in modo che la ditta di broker Fima,
in accordo con i manager acquistasse azioni di quest’ultima con finanziamenti coperti da garanzie offerte
alle banche dall’impresa stessa. Le
Attualitá
E il Sindacato autonomo rischia il fallimento
è in stato d’affanno
Jose Manuel Barroso e la primo
ministro croato Jadranka Kosor
Che cosa bolle nei pentoloni dei cuochi della “Podravka”?
cose sono andate probabilmente così:
la “Podravka” ha ottenuto dei finanziamenti che ha “prestato” (circa 9
milioni di euro) all’azienda SMS di
Spalato. Quest’ultima ha passato il
denaro all’agenzia finanziaria Fima
la quale ha così potuto restituire alle
banche croate i soldi spesi per l’acquisto delle azioni. Nel frattempo la
Fima ha fondato un’azienda a Malta
e lì ha trasferito le azioni della “Podravka” acquistate (circa il 10,6%
delle azioni totali) chiedendo nuovi
finanziamenti all’estero per un’ulteriore acquisto di azioni, finanziamenti, ancora una volta, garantiti dalla
stessa industria alimentare.
In tutta questa intricata vicenda e
in questo complicato giro di denaro,
che gli investigatori adesso cercano
di ricostruire, la “Podravka” ha subito
un danno di 250 milioni di kune (circa 35 milioni di euro). I media quotidianamente scoprono nuovi dettagli
dello scandalo che sembra non trovare ancora un epilogo. Tutti, però,
sono della stessa idea: un’operazione
di simili dimensioni non avrebbe potuto certo svolgersi senza che nessuno al Governo lo sapesse. Ora il vicepremier Polančec, il ministro che ha
guidato il dicastero dell’Economia e
che anche dopo il suo arrivo al Governo ha continuato ad avere contatti
con l’amministrazione dell’azienda, è
stato iscritto nel registro degli indagati. Ma è ancora presto per dire che il
problema sia stato risolto.
L’Unione europea ha avvertito a
più riprese la Croazia della presenza
di una diffusa corruzione che lambisce i vertici del potere. Inoltre l’Ufficio della Commissione europea per la
lotta alla contraffazione (OLAF) ha
chiesto di effettuare controlli sui lavori alle autostrade croate dei quali sospetta che siano state truccate le gare
d’appalto. Il problema è che molti
alti funzionari, e alcuni ministri, sono
recalcitranti ad avvallare una politica di chiarezza temendo di rimanere
schiacciati dall’effetto valanga che ne
potrebbe nascere. Ma la determinatezza della premier Kosor ed i recenti
arresti confermano che qualche cosa
si stia muovendo.
In una situazione così difficile e
complicata cosa fanno i sindacati?
Si apprende che la centrale sindacale più numerosa si trovi sull’orlo del
collasso finanziario e che la dirigenza dell’SSSH (Confederazione dei
sindacati autonomi) sta pensando di
licenziare una cinquantina di propri
funzionari. Il disavanzo nel bilancio
di questa organizzazione, che dovrebbe difendere gli interessi dei lavoratori ma che in queste settimane è costretta ad occuparsi della propria sopravvivenza, è di 1 milione di kune.
Nel correre ai ripari la direzione dell’SSSH ha deciso di “ristrutturare” e di chiudere una parte
della vasta rete sindacale presente sul territorio nazionale. In futuro, al posto degli uffici provinciali,
Cantieri navali: la privatizzazione
stenta a decollare
Panorama 7
Attualitá
In politica estera ritenuti prioritari i rapporti
Josipović è favorevole
S
La premier Kosor durante la visita alla città di Koprivnica
conteali e locali, rimarranno attivi
solo quelli conteali. La presidente dell’SSSH, Ana Knežević, che
si trova a dirigere il sindacato in
un momento di collasso economico generale non ha voluto confermare la notizia.
Il prestito di 200 milioni di euro
che la Banca mondiale ha dato alla
Croazia sarà in parte utilizzato per il
rimborso delle obbligazioni nei primi due mesi di quest’anno, divise in
due pacchetti di grandi dimensioni.
Lo ha annunciato il Ministro delle
Finanze, Ivan Šuker, aggiungendo
che gli obiettivi del credito è il rafforzamento della gestione delle finanze pubbliche, che comprende la
stabilizzazione del sistema delle acquisizioni pubbliche, del sistema di
protezione sociale e dell’efficacia
del settore finanziario. Ricordiamo
che Šuker e il capo dell’Ufficio della Banca Mondiale in Croazia hanno
firmato il contratto per il prestito dalla Banca Mondiale per un totale di
200 milioni di euro, e questo prestito per la politica di sviluppo nel settore fiscale, sociale e finanziario della Croazia ha come obiettivo il riconoscimento e il sostegno degli sforzi
del Governo per mitigare l’impatto
della crisi economica globale. “Questo prestito è il riconoscimento e il
premio del Governo per tutto quello che ha fatto prima, perché nessun
paese ha ricevuto un prestito in tale
entità senza un accordo stand-by con
il FMI”, ha detto Šuker. ●
8 Panorama
peranze per le minoranze in
Croazia. Ivo Josipović, il neoeletto presidente, si è dichiarato possibilista in merito alla richiesta
del doppio voto. Concorde sul fatto
che non sono necessarie modifiche
alla Costituzione bensì solo alla legge specifica che regola la procedura elettorale, sembra disposto ad appoggiare le proposte per riconoscere
il diritto al doppio voto a tutte quelle
minoranze che in base al censimento incidono con meno del 6 p.c. Naturalmente la battaglia per il doppio
voto sarà oltremodo impegnativa anche in futuro anche perché numerosi sono i dettagli che devono essere
chiariti.
Chiarendo i punti essenziali del
suo mandato presidenziale, in un’intervista all’agenzia austriaca APA e al
quotidiano austriaco “Der Standard”,
Josipović ha spaziato dall’integrazione della Croazia in Europa alla risoluzione delle controversie bilaterali con i Paesi confinanti. “Dobbiamo sostenere fortemente l’adesione
all’Ue ed avvicinare di più i cittadini
ai negoziati”, ha detto, aggiungendo
Il presidente eletto Ivo Josipović
che la campagna per l’Unione europea inizia il 18 febbraio, quando sarà
insediato come terzo Presidente della Croazia. “Il sostegno dei cittadini all’adesione all’Ue è stagnante da
mesi ed è al di sotto del necessario
50 p.c.”, ha osservato stimando che
Quanto prima l’integrazione dell’area balca
Slovenia e Macedonia progetta
L
a Macedonia (FYROM) e la Slovenia sono due alleati che nutrono eccellenti relazioni politiche, economiche e non hanno questioni bilaterali aperte. Questo quanto convenuto dai Primi Ministri macedone
e sloveno, Nikola Gruevski e Borut
Pahor, dopo il loro incontro a Skopje
a metà gennaio.
Gruevski ha affermato come il suo
omologo sloveno si è detto interessato alla risoluzione della questione del
nome, essendo un grande ostacolo
all’adesione di Skopje alla NATO e
all’inizio dei suoi negoziati dell’adesione all’UE. “La Macedonia vuole
trovare una soluzione a questo problema che sbloccherà il processo di
integrazione del paese all’interno
delle istituzioni euro-atlantiche. Siamo pronti ad accettare l’aiuto di tutti, essendo però consapevoli che la
volontà delle due parti coinvolte è la
chiave per la soluzione del problema”, ha detto il primo ministro macedone in una conferenza stampa.
Pahor, da parte sua, ha ribadito
che la Slovenia vede nella Repubblica macedone un suo amico e alleato: “Uno dei motivi della mia visita è quello di eliminare ogni dubbio
per i cittadini della Macedonia che
Attualitá
con i paesi confinanti e il processo per l’adesione all’Unione europea
al doppio voto per le minoranze
“è possibile cambiare il trend negativo”.
Come noto, gli obiettivi principali
del mandato del nuovo presidente, oltre all’adesione all’Ue, sono la giustizia, la lotta contro la corruzione e le
buone relazioni con i paesi vicini. “La
condizione per l’adesione all’Ue è la
lotta contro la corruzione che, purtroppo, è diventata uno ‘stile di vita’,
pertanto essa si staglia su due livelli
- osserva Josipović - uno è il livello
della lotta contro di essa controllando
che tutte le istituzioni facciano il loro
lavoro. L’altro è il cambiamento della
consapevolezza della corruzione tra
la popolazione. Questo è più difficile,
ma è anche più efficace”.
Il terzo obiettivo del nuovo presidente saranno le relazioni con i
suoi vicini. “Questa è una questione
strategica. Le buone relazioni con i
vicini garantiscono la pace e la stabilità e sono la base per tutte le altre
forme di cooperazione. C’è solo una
questione in sospeso con la Slovenia, ma cerchiamo di risolvere questo problema”, ha rilevato Josipović.
A tal proposito, considerando che in
Parlamento ha avuto già la possibilità di esprimersi contrario all’accordo d’arbitrato bilaterale con la Slovenia egli conferma la sua convinzione “che la soluzione migliore per
la disputa sui confini sarebbe davanti al Tribunale internazionale, ma
come Presidente rispetterò l’accordo in tutti i suoi punti”. Tuttavia avverte che, “nel caso in cui l’arbitrato
non sarà positivo per la Croazia, tale
evento potrebbe pregiudicare l’esito
del referendum sull’Ue”. Con riferimento alla Serbia, Josipovic ha tenuto a precisare che la questione del
Kosovo non avrà conseguenze sulle relazioni bilaterali con Belgrado.
“Capisco il trauma che ha la Serbia,
ma il Kosovo è indipendente e se la
Serbia lo accettasse prima possibile, sarebbe meglio”, precisa. Ritiene
pure che la denuncia della Croazia
per il genocidio e la contro-denuncia della Serbia davanti al Tribunale internazionale, adesso non siano
necessarie. “La situazione è diversa
adesso, e se la tendenza alla cooperazione continuasse a rafforzarsi, la
denuncia potrebbe essere ritirata. Su
questo dovrà pronunciarsi il Governo”, sostiene Josipović.
Come paese vicino viene contemplata anche l’Austria, definita come un paese da osservare ed
emulare. “Non possiamo limitarci a prendere come esempio il modello austriaco, ma dobbiamo essere in grado di riconoscere i valori
comuni e fare quello che dobbiamo
fare. E con il sostegno dell’Austria,
faremo sicuramente un passo avanti verso l’Ue”, conclude Josipović
nell’intervista ripresa dall’agenzia
Etleboro.
Per quanto riguarda infine i rapporti di politica interna e così la sua
cooperazione con il PM Jadranka Kosor, questi ha precisato che
“è dovere del presidente cooperare con il Governo, e lui personalmente non ha nulla contro di lei”.
Josipović dice che “si concentrerà sulle cose che uniscono tutte le
forze politiche, quali la lotta contro
la corruzione e il superamento della
crisi nel mercato interno, oltre poi
all’adesione della Croazia all’Ue
entro il 2012”. ●
nica nell’Ue e nelle istituzioni euroatlantiche
no il rilancio dell’interscambio
la Slovenia non ha alterato in alcun
modo la sua posizione, sostenendo la
necessità per il Paese di aderire alle
istituzioni euro-atlantiche“. Pahor ha
annunciato la possibilità che Slovenia e Croazia organizzino una riunione per i Balcani occidentali tra i capi
di Stato e di Governo, che dovrebbe
portare all’accoglimento di un documento in cui viene ribadita l’importanza dell’integrazione della regione
nell’Ue.
Facendo riferimento alle relazioni economiche, i primi ministri hanno detto che “credono fermamente
nel rilancio dello scambio commer-
ciale macedone-sloveno, ridottosi a
153 milioni di euro a causa della recessione mondiale”.
“La Macedonia è una sicura ed attraente destinazione d’investimento.
Noi crediamo nel futuro politico ed
economico di questo Paese. Esso può
continuare a contare sull’assistenza
slovena”, ha detto Pahor. “Tuttavia,
finché il problema del nome non avrà
soluzione, ci saranno sempre dei problemi. Io credo che il capo del Governo macedone sia in grado di trovare una soluzione alla controversia
in questo breve periodo di transizione e sarò lieto di aiutarlo”. ●
Il primo ministro sloveno Borut
Pahor sosterrà la Macedonia
Panorama 9
Attualitá
27 gennaio, Giornata della Memoria, occasione di riflessione e di lucida analisi
Ricordare per evitare il ripetersi
I
l 27 gennaio 2010 è stato celebrato per il decimo anno consecutivo la “Giornata della Memoria”. Fu istituita in Italia con la legge
211 del 20 luglio 2000, per ricordare,
da una parte, la data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz (27 gennaio 1945) e commemorare la “Shoah” (vale a dire la persecuzione, la
deportazione, la prigionia e lo sterminio dei cittadini ebrei); e dall’altra tutti coloro (i “Giusti”) che si opposero, pur in campi e schieramenti
diversi, a quel folle progetto di genocidio, non esitando a salvare altre
vite e a proteggere in condizioni difficili i perseguitati, anche a rischio
della propria vita. In occasione della “Giornata della Memoria” sono
sati organizzati incontri, cerimonie
10 Panorama
L’ingresso al campo di concentramento di Auschwitz
e momenti comuni di rievocazione dei fatti e di riflessione (in modo
particolare nelle scuole di ogni or-
dine e grado), su quanto accadde allora agli ebrei e ai deportati politici
e militari italiani nei campi di concentramento nazisti, al fine di conservare viva la memoria di quel periodo della storia europea e del nostro Paese, perché sia scongiurato
per sempre il ripetersi di simili tragedie. Anche quest’anno il Ministero della Pubblica Istruzione, in collaborazione con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha indetto
il concorso nazionale “I giovani ricordano la Shoah” e il 27 gennaio
si è tenuta, nella sala dei Corazzieri, della Presidenza della Repubblica, alla presenza del Capo dello Stato la cerimonia di premiazione delle
classi vincitrici del concorso. Sempre nella mattinata del 27 gennaio, il
Sottosegretario alla Presidenza del
Consiglio, Gianni Letta, ha consegnato, per il secondo anno, le medaglie d’onore ai cittadini italiani, mi-
Attualitá
delle violenze del passato
Riflessioni in cornice
del male
Confini e confino
di Luca Dessardo
T
litari e civili, deportati ed internati
nei lager nazisti e destinati al lavoro
coatto per l’economia di guerra ovvero ai familiari dei deceduti.
Ricevimento anche al Quirinale
dove sono stati insigniti circa 80 exdeportati. Con cerimonie analoghe
presso le Prefetture sono stati consegnati alti riconoscimenti pure ai
sopravvissuti ai campi di sterminio,
o ai familiari di deceduti.
Anche l’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia ha voluto ricordare la ricorrenza. Nel comunicato diramato dall’On. Lucio
Toth, presidente dell’ANVGD si rileva: “Nella ricorrenza della Giornata della Memoria, che rinnova il
monito a conservare alta la coscienza dell’orrore della Shoah, gli esuli
italiani dell’Istria, Fiume e Dalmazia, che hanno conosciuto anch’essi discriminazioni e persecuzioni,
vittime dello scontro fra ideologie
totalitarie del Novecento, esprimono la loro solidarietà alle Comunità ebraiche italiane... Alla fine della
seconda guerra mondiale nelle fila
dei profughi giuliani e dalmati non
sono mancati connazionali di religione ebraica, due volte esuli che
hanno condiviso la durissima scelta dell’esodo in condizioni di estremo pericolo per amore della libertà,
dei diritti inalienabili della persona
e della suprema dignità umana”. ●
ra qualche giorno, il 10 febbraio, verseremo l’annuale tributo ai scomparsi nelle foibe,
tra lacrime di coccodrillo dei politicanti di mestiere e il mesto, silenzioso ricordo degli esuli i quali, più che
i morti, piangono la perdita del suolo natio. Questa ricorrenza, tenendo conto anche di chi è rimasto, è in
un certo senso il simbolo del confine
che ha iniziato a pesare sulle spalle
dei nostri nonni. Un confine che ci ha
definiti come minoranza, e che progressivamente è diventato per tutti
una barriera tra Terzo mondo e Occidente. Lo è ancora? La Croazia, dopo
la Slovenia, si sta muovendo verso
un’integrazione europea. Ci sarà un
confine tutto nuovo (ogni riferimento
polemico all’arbitrato con la Slovenia è casuale) e mi chiedo se a quel
punto potremo ancora considerarci
balcanici. Gli sloveni sembrano essersene dimenticati: pare che Schengen muova anche i limiti della civilizzazione, confinando a sud e ad est i
nuovi barbari. In effetti, noi barbari
immaginiamo che l’Europa, assieme
ai mobili Ikea, esporti un ricco stile di
vita pret-a-porter. L’essere comunitari, dunque civili, ci sembra insomma
una questione di etichetta.
Tempo fa si andava alla ricerca
di questi brandelli di civiltà a Trieste,
capitale dello shopping all’occidentale nonché paradiso fiscale (il rimborso IVA), dovendo però prima superare varie dogane. Una volta che
la Croazia entrerà a far parte dell’Ue
questi ostacoli spariranno (assieme al
rimborso IVA). Tuttavia, il momento
in cui la barriera verrà distrutta sarà
meramente un atto formale. A ben vedere nei fatti (nei vestiti) viviamo già
da anni in un villaggio globale. Per
questo motivo la mia generazione,
per non parlare poi delle successive,
cresciuta dopo il crollo del Muro certamente non ha memoria del confine.
Dopo c’è stata la guerra, una guerra che per i nostri padri ha ridefinito i confini. Noi invece portiamo uno
sbiadito ricordo anche di quella: ricordiamo quanto ci è stato raccontato. Quale idea possiamo dunque avere noi di confine? Le eventuali ore di
coda passate per ottenere permessi di
soggiorno sono troppo poche per provare il fastidio di essere considerati
diversi. La trionfale (o meno) entrata
in Europa è per noi un fatto scontato.
Per questo motivo i controlli al confine sloveno (per chi, come me, è anche
croato) sono troppo rapidi per farci sentire slavi, schiavi rispetto ad un
Occidente opulento. Allo stesso modo
non grava sulle nostre spalle nemmeno il concetto di confino, fondamentale per qualunque minoranza. Né va
esclusa la nostra minoranza italiana,
le cui storia e mitologia narrano di un
esilio coatto in se stessa subito negli
ultimi sessant’anni, da quando alla
fine della II Guerra Mondiale è stato
tracciato il confine con il quale ho iniziato. Va detto però che non si tratta
di una scelta imposta esclusivamente
da un ambiente mutato fino anche a
rendersi ostile. Quella della minoranza è anche una segregazione autoimposta, nel nome di un confine/o che
tuteli dall’altro, dal non-comunitario.
Purtroppo in questo modo il confine
fisico diventa barriera mentale. Prima ho affermato che la mia generazione non ha un’idea chiara di confine. Paradossalmente, è proprio questo che ci permette di definirci gente
di confine, cresciuta all’incrocio di
più culture: le caratteristiche di chi
abita in un punto d’incontro sono la
facile mobilità internazionale ed interculturale, non necessariamente
una reazionaria tendenza ad isolarsi.
Felicemente nati un po’ bastardi, non
dobbiamo avere paura di contaminarci e possiamo pretendere di essere
cittadini del mondo (pure senza mobili Ikea e vestiti griffati), rimanendo
fedeli a noi stessi. Purtroppo questa
grandezza provoca a volte un senso
di vertigine a chi dei nostri genitori e
nonni si sente piccolo, minoritario. In
quel momento non bisogna però isolarsi nella propria paura, bisogna andare avanti. ●
Panorama 11
Italia
Echi dei violenti scontri a sfondo razziale e il trasferimento degli immigrati
Le Anime salve di Rosarno
a cura di Bruno Bontempo
L
e prime pagine dei giornali italiani di gennaio a lungo sono state dedicate alla vicenda degli immigrati di Rosarno, nella mia Calabria,
la terra che ho dovuto lasciare a 18 anni
- ha scritto Eugenio Marino, giornalista e scrittore nato a Crotone -. I miei
primi diciotto anni, poiché i secondi 18
li ho vissuti a Roma.
Ho lasciato quella terra per studiare, fare un master e lavorare: da quelle parti trovare lavoro era “un’impresa no profit”... In tutti i sensi: anche
volendo lavorare davvero, duramente,
in quei campi nei quali si raccolgono
dall’alba i pomodori; in quegli agrumeti dove maturano squisite arance, mandarini e limoni; in quelle distese nelle quali abbonda il grano: “...
te via avire tantu ‘re lu granu / quantu ne coglia Cutru e la Marina...” recita un passo della strenna natalizia del
mio paese. E pure trovandolo, questo
tipo di lavoro, ci si spezza la schiena
e si porta a casa una miseria con la
quale difficilmente ci campa una famiglia. Questi lavori oggi li fanno, in
nero o no, gli immigrati. Quegli stessi
immigrati che puliscono le case della
mia regione, che assistono anziani e/o
malati. Anche dei miei nonni paterni
si prende cura una carissima persona immigrata, che per la nostra stampa e per il nostro Ministero degli Interni fa alzare la media dei reati. Ma
mio nonno non riesce a capire dov’è
che delinque... Eppure, questa mia
terra (non solo la Calabria, ma l’intera Italia), oggi ha più calabresi in giro
per il mondo che in punta allo Stivale.
Non tutti distintisi positivamente (vogliamo parlare dei fatti di Duisburg?).
Ma su questo ha scritto molto bene
Gian Antonio Stella sul “Corriere della Sera”.
Ricordando che gli immigrati di
Rosarno di questi giorni sono stati gli
emigrati italiani di ieri nel Nord America e in Europa. Trasformando, poi, il
particolare in universale e avvicinando le loro condizioni disumane (e degli emigrati nostri di ieri) a quelle dei
prigionieri dei lager descritte da Primo
12 Panorama
Un gruppo di immigrati a Rosarno durante i violenti scontri a sfondo razziale avvenuti tra il 7 e il 9 gennaio scorso. Iniziati dopo il ferimento di tre
africani da parte di sconosciuti con un’arma ad aria compressa, si è trasformata in una rivolta urbana che ha visto contrapposti forze dell’ordine, cittadini e immigrati, con il ferimento di 18 poliziotti, 14 rosarnesi e 21 immigrati, otto dei quali ricoverati in ospedale. Per evitare ulteriori tensioni, la
maggior parte degli immigrati è stata trasferita in altri luoghi
Levi, anche Adriano Sofri, con la sua
splendida poesia, ci costringe a una riflessione umana e politica più profonda
e staccata dalla cronaca delle news. Insomma, leggendo queste e altre riflessioni, mi viene da pensare che il nostro
antico e glorioso Paese, culla di diritto e civiltà, di cristianesimo e cultura,
di emigrazione e integrazione (ahimè
anche di criminalità organizzata, di cui
la ‘ndrangheta oggi detiene il primato mondiale - leggi Francesco Forgione, “‘Ndrangheta. Boss, luoghi e affari
della mafia più potente al mondo”, Baldini Castoldi Dalai, 2008), oggi rischia
di perdere sia la sua umanità più profonda (la sua pietas), che il suo storico spirito democratico, il suo alto magistero culturale.
Oggi, quindi, che ricade anche
l’anniversario della morte di Fabrizio
De Andrè, insieme alla poesia di Sofri
riascolterò “Anime salve”, il brano in
cui De Andrè intende “salve” non solo
nel senso cristiano del termine (coloro
che dopo aver sofferto in vita si salvano dopo la morte andando in Paradiso), ma anche in senso etimologico,
di “solitarie”. Perché gli immigrati di
Rosarno, come i nostri vecchi emigrati discriminati, sono dei “soli”. Non
romiti, bensì disperati costretti alla solitudine, in ascolto del proprio spirito
e della propria condizione, costretti a
riflettere sul passato, sui “passaggi di
tempo”.
Anime che ricercano dentro se
stesse, con lo sguardo nel passato e
la mente rivolta al futuro: così, almeno, dovremmo ragionare tutti su questa vicenda; così il nostro Paese, così
il nostro Governo: “...mi sono guardato piangere in uno specchio di neve, /
mi sono visto che ridevo... / Ti saluto
dai paesi di domani, / che sono visioni
di anime contadine...”. ●
Italia
Interrogativi scomodi e litigi
sulla figura di Bettino Craxi
N
on dimentico il rapporto che
fin dagli anni Settanta ebbi
con lui... Si trattò di un rapporto franco e leale, nel dissenso e
nel consenso che segnavano le nostre discussioni e le nostre relazioni.
“Lui” è Bettino Craxi. E chi “non dimentica” è Giorgio Napolitano, oggi
presidente della Repubblica. Nella
sua lettera inviata alla vedova di Craxi a dieci anni dalla morte del segretario del Psi, il capo dello Stato ha
sostenuto che, nel “vuoto politico”
dei primi anni Novanta, avvenne “un
conseguente brusco spostamento degli equilibri nel rapporto tra politica e
giustizia”. A farne le spese fu soprattutto il leader socialista, per il peso
delle contestazioni giudiziarie, “caduto con durezza senza eguali sulla
sua persona”.
Grande statista o latitante? Bettino
Craxi continua a dividere l’Italia: c’è
chi rimpiange l’ex leader socialista e
chi, invece, lo ricorda come uno dei
protagonisti in negativo di Tangentopoli e della prima repubblica. La giustizia italiana si è già espressa su Craxi; gli storici lo faranno quando l’eco
della sua azione politica sarà cessata.
L’ex premier, oggi, per molti è
quel politico che entra velocemente
in auto mentre una folla imbestialita lancia di tutto e gli urla “ladro, ladro”; in sintesi, è l’icona negativa di
Tangentopoli. Per tanti altri, invece,
Craxi è un uomo anziano, costretto
all’esilio in Tunisia, che parla con nostalgia di quell’Italia che ha aiutato a
rendere grande; è perciò l’unica vittima del sistema politico ad aver pagato per Mani pulite. Ma sono i numeri a sorprendere. Quando l’ex leader
del Psi ha lasciato l’Italia negli anni
‘90, il mondo della politica era praticamente assente dal web mentre ora
i link a lui dedicati sono quasi 500
mila. C’è chi lo critica per aver portato l’Italia sull’orlo del fallimento,
ma anche chi lo rimpiange per l’esatto contrario ovvero per aver permesso all’Italia di entrare nel novero delle grandi democrazie occidentali.
Inoltre, per molti, è stato pressoché impossibile non accostare il
nome di Craxi a quello che in tanti
definiscono, nel bene e nel male, il
suo “erede” politico: Silvio Berlusconi. E non a caso, cercando tra le
immagini in rete, Craxi appare spesso in compagnia di Berlusconi in incontri ufficiali ma anche durante un
momento di relax al mare. Non mancano, però, anche le immagini che lo
ritraggono insieme all’ex presidente dell’Olp, Yasser Arafat, o curiosamente in un raro incontro con un giovanissimo Gianfranco Fini.
Anche Facebook, una tra le ultime mode della rete, non ha resistito al richiamo di Craxi, interrogandosi, litigando, facendo “rivivere”
l’icona del segretario del Psi e commentando l’attualità politica. La proposta fatta dal sindaco di Milano,
Letizia Moratti, di intitolare a Craxi una strada della città ha animato una serie di polemiche, con botta e risposta: sono nati gruppi contro l’iniziativa della Moratti, ma c’è
anche il gruppo Compriamo Bettino
Craxi per acquistare la statua pubblica del leader socialista che il comune di Aulla (Massa-Carrara) ha messo in vendita.
Ha fatto discutere un’editoriale
del direttore del Tg1 Augusto Minziolini sulla figura di Bettino Craxi,
definito “un capro espiatorio’’ di tutto
un sistema. Secondo Minzolini infatti
“la verità è che ad un problema politico fu dato una soluzione giudiziaria
e l’unico che ebbe il coraggio di porre in questi termini la questione, cioè
Craxi, fu spedito alla ghigliottina”.
Immediata la replica del leader di
Idv, Antonio Di Pietro: “Craxi è stato più volte condannato non perché
era uno statista ma perché aveva tre
conti correnti all’estero. Un corrotto
condannato con sentenza penale passata in giudicato”. Ma Di Pietro (che
ha fatto parte del pool di Mani pulite come pubblico ministero, che nel
1996 è entrato in politica e nel 1998
ha fondato il movimento Italia dei
Valori), ne ha avuto anche per Minzolini: “Non può permettersi di raccontare bugie e di diffamare coloro
che hanno fatto il loro dovere”.
Molti osservatori hanno rilevato
che l’omaggio a Craxi, “emblema di
corruzione”, è la ciliegina sul processo di riabilitazione di un politico condannato in via definitiva a dieci anni
di carcere per corruzione e finanziamenti illegali e che, secondo i magistrati, “ha sottratto alle casse pubbliche almeno 77 milioni di euro che
nascose in conti distinti in Svizzera,
Liechtenstein, Caraibi ed Estremo
Oriente”. Altri hanno parlato di “rimarcabile dietrofront” dell’establishment politico italiano, che “cerca
di riabilitare la memoria del mentore di Berlusconi caduto in disgrazia,
l’uomo più ampiamente biasimato
per l’imperante corruzione politica
italiana”.
È stato ricordato che nell’inchiesta
Mani pulite, il principale argomento
di difesa di Craxi, il fatto che “così
fan tutti”, non convinse l’opinione
pubblica e che la gente gli gettò addosso monetine, “un trattamento tradizionalmente riservato ai ladri”. Ora
con gioia di molti, compreso Berlusconi, la riabilitazione di Craxi procede rapidamente: era stato padrino
dei suoi due figli e aveva spinto per
l’approvazione di leggi che consentirono al Cavaliere di spezzare il monopolio della tv pubblica e di fondare la prima rete televisiva privata in
Italia, negli anni ‘80. “I processi che
hanno portato alla fuga dalla giustizia di Craxi dovevano purgare la politica italiana dalla corruzione ma, a
17 anni di distanza, pochi direbbero
che hanno avuto quel risultato”, ha
detto Luca Cordero di Montezemolo, secondo cui poco è davvero cambiato. ●
Panorama 13
Etnia
«Villa Antonio» ospita la nuova sede della Comunità degli Italia
Prossimo passo: la riapertura de
testo e foto di Ardea Velikonja
L
a sede sarà anche provvisoria,
ma è nuova, ed è quanto basta per generare soddisfazione fra i connazionali di Abbazia. La
provvisorietà dovrebbe durare fino a
quando non potranno reperire gli ambienti idonei, da acquistare. Comunque, grazie all’attivo interessamento della Municipalità, la CI è riuscita
se non altro a disporre di nuovi spazi
nel centrocittà, ovvero nella vecchia
“Villa Antonio” situata subito dietro
l’albergo “Paris”. Tre stanze, belle e
spaziose che, se non bastano del tutto, certamente favoriranno le numerose attività che gli italiani qui svolgono al presente e, si spera, anche al
futuro.
Per saperne di più ci siamo rivolti
al presidente Pietro Varljen che, dopo
averci fatto visitare i locali che saranno adibiti nell’ordine a sala di lettura, ufficio di segreteria e, il più grande, ai corsi di lingua che si tengono
già da tempo, ci ha riassunto la storia
degli sforzi per la tanto anelata sede.
”Posso dire subito che con questi
ambienti è stata realizzata una parte
dei nostri sogni. Nello stretto spazio
che avevamo a disposizione a Volosca, ci siamo stati dal 1971. Va ricordato che la prima comunità o, nella
terminologia di allora, il Circolo italiano, venne aperto ad Abbazia nel
1946 in quel palazzo che oggi ospita il Comune. All’epoca i soci eraLa sala di lettura
14 Panorama
La sala riunioni in cui si svolgono i corsi di lingua
no 1800, fra cui i tanti monfalconesi stabilitisi qui in quanto occupati ai
Cantieri navali di Fiume.
Tutto finì nel 1953 quando il Circolo, come del resto la scuola italiana, vennero soppressi e gli italiani
si trovarono senza un punto di riferimento. La situazione cambiò verso
la fine del 1970 quando iniziò l’iter
per la riapertura. Nel 1971 venne finalmente riaperta la sede in una casa
di Volosca: dapprima una cameretta,
poi ci fu data un’altra. Nella ‘Villa
Antonio’ a quel tempo aveva sede il
Comitato comunale dell’organizzazione di partito, che ci metteva a disposizione la grande sala - che esiste
ancora oggi - per le manifestazioni
più grandi. Il primo presidente - parlo del 1946 - fu Alfredo Visintin, e fu
La segretaria Norma Srbul
proprio lui nel 1971 a riaprire la Comunità, grazie anche alla spinta dei
suoi collaboratori, fra cui Pietro Nutrizio, Arno Blecich, Francesco Belle ed Ermanno Bonassin.
Riassumendo l’iter per questa
sede, circa due anni fa partecipammo
al concorso per l’assegnazione, prevista nell’edificio noto come Operetta. Sembrava tutto risolto, dato che
non c’erano altri concorrenti. All’ultimo minuto però arrivò l’offerta,
molto più consistente della nostra, di
un uomo d’affari di Zagabria, e gli
ambienti andarono a lui, sicché ci ritrovammo di nuovo con un nulla di
fatto.
Etnia
ni di Abbazia
lla scuola
La bella “Villa Antonio” in cui la CI resterà fino al 2018
Pietro Varljen, presidente della CI
All’epoca del sindaco Amir Muzur ci venne offerta la possibilità di
acquistare una parte dell’edificio pianificato vicino al Mercato, dove oggi
c’è un parcheggio. Il piano prevedeva
la costruzione di un parcheggio sotterraneo e di due piani, uno dei quali
previsto per noi. Premetto che i soldi ce li avevamo. Infatti il Governo
italiano grazie all’Unione Italiana e
all’Università Popolare di Trieste ci
aveva assicurato 660.000 euro per la
spesa. Il cambio ai vertici della Municipalità e la crisi economica che attanaglia il paese però ci hanno messo
lo zampino. Infatti il piano del nuovo
edificio che doveva realizzarsi entro
due tre anni, è stato ‘congelato in attesa di tempi migliori’ e quindi il sindaco Dujmić si è offerto d’affittarci
queste tre stanze fino al 2018, quando, si spera, verrà realizzato il piano
previsto. Peraltro l’affitto richiestoci è puramente simbolico, il che significa che la Municipalità continua
a mostrare una sensibilità particolare
verso gli appartenenti alla nazionalità
italiana, come del resto lo aveva finora, grazie anche al vicesindaco connazionale Ernie Gigante Dešković.
Visto che ‘Villa Antonio’ si trova
nel centro di Abbazia e quindi è facilmente raggiungibile dalla maggior
parte dei soci abbiamo deciso di ac-
cettare. Il Centro internazionale per la
formazione dei giornalisti dell’Europa sud-orientale, che ha pure sede in
questo edificio, è disposto a cederci la
grande sala per le varie conferenze e
manifestazioni in programma e quindi potremo svolgere tutta l’attività
qui. Siamo l’unica Comunità che ha
in calendario sei conferenze primaverili e sei autunnali. Ragguardevole il
numero dei soci: 500, più i sostenitori. Sono tanti i giovani che fanno attività e che partecipano ai corsi di lingua italiana, che qui si tengono da ben
trent’anni e sono sempre più frequentati. Abbiamo giovani che studiano
in Italia e che sono il nostro futuro.
Essendo ora in centro, e raggiungibili con le macchine, certamente il numero dei frequentatori è destinato ad
aumentare ancora.
Quando si parla di attività il nostro
cavallo di battaglia certamente è sempre il ben noto ‘Torneo dell’amicizia
di briscola e tressette’ cui partecipano tutte le Comunità dell’Istria e della Slovenia, ma non sono meno importanti per noi il tradizionale incontro estivo che si svolge ‘fuori sede’ a
Icici dove tutti ci ritroviamo volentieri. A questo si aggiunge il ‘Mandracchio’, ovvero il noto concorso di pittura che si svolge nella bella cornice
marina di Volosca, della cui ideazione
la Comunità vanta pure la paternità.
I nostri piani per il futuro? Siamo decisi a scendere in campo a favore della riapertura della scuola elementare italiana che, come si ricorderà, venne chiusa d’autorità nel 1953.
Negli asili dell’area liburnica attualmente operano quattro sezioni italiane: una ad Abbazia, una a Volosca
nell’ambito di un asilo privato, la terza a Laurana e la quarta a Mattuglie
che ha addirittura un soggiorno che
arriva a undici ore. I bambini che frequentano tali sezioni sono in tutto circa una settantina. Una volta pronti per
la scuola, se optano per quella italiana
sono costretti ad andare a Fiume oppure, volendo restare ad Abbazia, de-
L’artistico caminetto
vono andare alle scuole croate. Credo
che un’indagine fra i genitori darebbe
un parere positivo.
Vorrei infine ringraziare l’UI,
l’UPT e il Governo italiano per il loro
sostegno volto a dare ulteriore dignità
al nostro operare, sostegno testimoniato appunto anche con la messa a
disposizione della nuova sede”. ●
Panorama 15
Etnia
MinTur, progetto editoriale INTERREG IIIA Slovenia-Italia 2000-2006. Una guid
Territorio integrato, patrimonio dell
di Diana Pirjavec Rameša
nazionale Slovena in Italia producono
cultura lingua e quindi identità a livelli
estremamente qualificati. Ma una Coede finalmente la realizzaziomunità che non riesca a produrre anche
ne un progetto importante fieconomia, che si trova ai margini dei
nanziato dall’Unione europea
flussi e delle relazioni finanziarie, che
nell’ambito del Programma di inizianon può essere essa stessa protagonista
tiva Comunitaria Interreg IIIA Slovedella propria crescita economica, quinnia- Italia 2000-2006.
di partecipe di quella più ampia del terÈ stato denominato “MinTur / Miritorio del suo insediamento, rischia
noranze e turismo - Animazione turil’emarginazione”.
stica e promozione congiunta del territorio transfrontaliero” ed è un proget”La strutturazione economica assito editoriale curato da Unione Italiana
cura l’autonomia minoritaria liberandi Capodistria e da Euroserdola, almeno parzialmente,
vis. Si tratta di fatto di due
dai condizionamenti politici
prestigiosi volumi in cui vene internazionali, crea opporgono promossi il territorio, la
tunità d’impiego e soprattutto
cultura e la civiltà dell’area
favorisce la creazione di posti
italo-slovena. Un’agile guidi lavoro nella rispettiva mada per chi vuole capire la stodrelingua. Poter vivere sereria, scoprire gli itinerari, capinamente la propria identità
re in quale modo l’uomo nei
linguistica anche sul proprio
secoli ha modellato il territoposto di lavoro diventa semrio. Un’occasione per immerpre più un fine socio culturale
gersi in una realtà multilincui le minoranze devono pregue e pluriculturale, guidati
stare la massima attenzione” da precise cartine, indicazioni
rileva Tremul.
di percorso, cenni storici, nuLe minoranze nell’area
merose fotografie e un’esplitransfrontaliera italo-slovenacazione delle caratteristiche
croata rappresentano il tessugeo-morfologiche degne di
to connettivo che unisce uno
una guida che vuole spaziaspazio storicamente plurale,
re dalla storia al presente con
destinato ad essere sempre
una particolare cura rivolta al
più al centro di significativi
ruolo che le minoranze hanprocessi evolutivi e integrativi
no avuto e al contributo che
europei. I progetti cofinanziati
hanno dato allo sviluppo di
dall’Ue in cui sono coinvolte
quest’area di confine consile due minoranze sono più di
derata come territorio unico
trenta e riguardano numerose
e integrato. C’è poi un alattività congiunte che spaziatro elemento che va evidenno dalla cultura all’integraziziato, il segmento dell’ospitane, dalla letteratura alla prolità e della gastronomia locamozione, dalla gastronomia ai
le, con precise indicazioni per
prodotti del territorio. Lo scochi decidesse di conoscere
po di questa guida turistica è
gusti e delizie di questa regiopresentare quel territorio che,
ne. Una guida a tutto tondo
con l’allargamento dell’area
dunque dove storia istituzioSchengen e nell’ottica della
nale e tempo libero ci vengovalorizzazione dell’importanno raccontati con la precisiote presenza delle due Comune di un manuale e l’agilità di
nità Nazionali, diviene un uniuna buona guida turistica.
La guida “MinTur” è costituita da due volumi in cui si cum nel suo genere. Un terriIl testo nei due volumi realizza una promozione integrata del territorio con par- torio da studiare per i valori
scorre parallelo sia in italiano ticolare attenzione al ruolo che le due minoranze, quella che promuove e per la ricca
che in sloveno ed è stato cura- italiana e quella slovena, hanno avuto nel suo sviluppo storia che può raccontare. ●
V
16 Panorama
to da Maurizio Tremul nonché tradotto in sloveno da Sandro Kravanja. A
spiegare perché questa iniziativa viene
considerata importante è l’introduzione di Maurizio Tremul, presidente della Giunta UI, il quale rileva: “Ogni Comunità umana se non riesce a riprodurre la propria identità, a produrre cultura e lingua, è una comunità destinata
a scomparire. Questa considerazione è
tanto più valida per i gruppi minoritari.
La Comunità Nazionale Italiana in Slovenia e Croazia (CNI) e la Comunità
Etnia
d a per capire l’area di confine
le minoranze
Il presidente della Giunta esecutiva
di Unione Italiana, Maurizio Tremul
Una delle piantine riprodotte ad uso di chi vuole conoscere meglio il territorio
Più di 130 partecipanti tra ospiti, relatori e titoli al «Trieste Film Festival»
Una finestra sul cinema dell’Europa centrale
F
anny Ardant, Theo Anghelopoulos, Predrag
Matvejević, Claudio Magris, Goran Paskaljević.
Ha puntato sui grandi nomi il Trieste Film Festival,
la cui ventunesima edizione si è svolta da giovedì 21
al 28 gennaio. La manifestazione, la più importante in Italia dedicata al cinema dell’Europa centrale e
orientale, ha perso la sua sala principale - il Cinema
Excelsior nel centro cittadino - ma ha compensato
con un ricco programma, di nomi e di titoli: più di
130 disseminati tra le varie sezioni.
Il Festival è stato aperto con l’ultima fatica, molto riuscita, di Paskaljević. Il regista de “Il tempo dei
miracoli” e “La polveriera”, uno degli autori più importanti dell’area ex jugoslava, è autore di Honeymoons, tragicommedia divisa in due parti, una albanese e una serba. Due coppie, due matrimoni, due
sogni di emigrazione e due finali poco lieti e molto
realistici. Le analogie tra i due Paesi sono parecchie
e il regista di Belgrado le mette in luce con durezza
e partecipazione. Nel concorso lungometraggi è stata presentata invece l’opera d’esordio di suo figlio
Vladimir, Đavolja Varoš - La città del diavolo, commedia nera corale.
Altra debuttante, ma con una lunga carriera alle
spalle, per la serata di chiusura che ha visto la proiezione di Cendres et sang - Ceneri e sangue: Fanny Ardant. L’attrice ha scritto e diretto la storia di
una donna romena (l’attrice israeliana Ronit Elkabetz) fuggita con i figli dopo l’assassinio del marito
che torna a casa dopo 18 anni ritrovando un clima
di odio e vendetta.
Il concorso lungometraggi ha proposto 12 titoli. A
rappresentare il cinema greco, nella sezione dedicata alla produzione ellenica degli anni ’80, c’era Kynodontas - Canino di Lorgos Lànthimos, premiato al
festival di Cannes 2009 per la sezione “Un certain
regard”. Ritratto di famiglia in un interno, le mura
di cinta di una villa borghese, sotto la dittatura: una
metafora un po’ troppo esplicita e con uno stile molto furbo.
Molto più forte e diretto il serbo Ordinary People - Persone comuni di Vladimir Perišić: all’inizio della guerra un gruppo di giovani soldati perde l’innocenza. Altro esordio importante è stato Cea
mai fericită fată din lume - La ragazza più felice del
mondo del romeno Radu Jude, un film sui compromessi e le bugie, sul capitalismo e gli inganni del
cinema. Ancora sulla guerra il film croato Crnci - I
Neri di Goran Dević & Zvonimir Jurić, vincitore del
Festival di Pola: a tregua siglata una squadra speciale (i Neri) si prepara all’ultima azione sul campo.
Durante il processo a un criminale di guerra jugoslavo al Tribunale internazionale dell’Aja è ambientato invece Sturm - Tempesta di Hans-Christian Schmid con una bravissima Anamaria Marinca. Giovani
che scelgono di fare le prostitute sono le protagoniste del polacco Swinki - Porcellini di Robert Gliński
e di Slovenian Girl di Damjan Kozole. Completano
la selezione El paso di Zdeněk Tyc, Eastern Plays
- Drammi a Est di Kamen Kalev, Nem vagyok a baratod - Non sono tuo amico di György Pálfi e Mikro
egklima - Piccolo crimine di Christos Georgiou. ●
Panorama 17
Societá
Dopo Danimarca e Francia, anche l’Italia potrebbe bandire il velo integrale in sc
Via il burqa, offende i valori della
a cura di Bruno Bontempo
L
a lotta contro il burqa è una classica storia alla francese, in cui si
ritrovano i valori repubblicani, i
diritti delle donne, la religione, l’ordine
pubblico, la coesione sociale. Secondo
un recente sondaggio il 57 p.c. dei francesi si è dichiarato favorevole all’approvazione di una legge che lo vieti
nel territorio francese. E la lotta contro
il burqa ha creato un partito “trasversale” all’interno stesso dell’Assemblea
Nazionale.
Inizia così l’articolo di Andrea Verde
su “Fare futuro”, che offre uno sguardo d’insieme sulla Francia di Sarkozy
che nei giorni scorsi ha dato il primo
via libera al divieto di indossare il burqa nei luoghi pubblici. ”Il deputato comunista André Gerin sostiene che occorra intensificare gli sforzi contro
l’integrismo e fermare le tentazioni
comunitariste. Sulla stessa lunghezza
d’onda si sono schierati il capogruppo dell’Ump all’Assemblea nazionale, Jean François Copé, il deputato socialista Manuel Valls e il segretario di
Stato, Fadela Amara, uno dei simboli
della diversità nella compagine governativa.
Secondo Guy Carcassonne, professore di diritto pubblico all’Università di Nanterre, una legge anti-burqa
sarebbe opportuna in base ai principi
dell’ordine e della sicurezza nei luoghi pubblici. Egli sostiene che ogni società si basa su un ordine pubblico che
rispecchia l’evoluzione dei costumi a
una data epoca; oggi in Francia, si nasconde il sesso e si mostra il viso. Fra
qualche secolo magari accadrà il contrario, ma per il momento la norma sociale è questa. Una legge che vieti di
coprirsi integralmente il viso, sui principi dell’ordine pubblico, avrebbe il
vantaggio di laicizzare il dibattito poiché non si tratterebbe più di condannare una pratica religiosa. Si baserebbe
su principi costituzionalmente vigenti.
Di conseguenza non ci sarebbero problemi con la Corte europea dei diritti
dell’uomo.
Il problema semmai sarebbe applicativo: si temono rivolte nelle ban-
18 Panorama
lieu calde dove la polizia fa già molta fatica a far rispettare la legalità.
La battaglia contro il burqa ha anche
un aspetto fondamentale; si tratta di
bloccare le tendenze “comunitariste”
che il velo integrale implica.
Le cronache francesi hanno dato
risalto alla storia di Naima, una donna di 29 anni, che ha deciso di non
far più frequentare la scuola pubblica
alle sue tre figlie a causa dell’esistenza di classi miste e dove, tra le altre
cose, si insegna ai bambini a credere a Babbo Natale. Naima istruisce le
proprie figlie a casa. Programma: alfabeto francese, arabo e tanta religione. Naima si è convertita di recente e
ha distrutto tutte le foto per non avere
più souvenir del passato e perché “la
religione vieta la riproduzione delle
immagini degli esseri umani”. Naima ha dichiarato di far parte di una
nuova generazione che vuole vivere
l’Islam in maniera visibile, e sogna
di avere ospedali, scuole ed aziende
musulmane per poter vivere pienamente il credo religioso.
Intanto i negozi di vestiti islamici
conoscono un boom senza precedenti. Ce ne sono di tutti i tipi e per tutte
le tasche a partire da 25 euro. Tra le
ragazze è in voga la jilbab, che non
copre integralmente il viso, mentre il
burqa afgano viene usato dalle donne
anziane e il niqab, che si differenzia
dal burqa per il suo colore nero, viene prevalentemente usato dalle donne dell’Arabia Saudita. Per le più po-
vere c’è lo haik, lungo velo leggero
bianco, molto in voga in Marocco.
Per lo scrittore Abdelwahab Meddeb bisogna rendere la vita giuridicamente impossibile alle portatrici del
velo integrale. “Bisogna votare una
legge ed accompagnarla da una dichiarazione solenne a nome della Republique” e ancora “bisogna interdire l’accesso alla scolarità, ai trasporti
pubblici e agli ospedali”. Meddeb ricorda che il velo integrale non è un
obbligo religioso ma il segno ideologico dell’islam radicale, in contrapposizione all’universalità. Intanto, in
attesa di una legge, la Francia si appassiona a questo dibattito, amplificato dai mass-media; sono sempre più
numerosi i francesi, a destra come a
sinistra, che si dichiarano scandalizzati da una pratica, certo minoritaria,
ma insopportabile ai loro occhi”.
La prospettiva di vietare il velo integrale è allo studio anche in altri Paesi europei. Il governo danese ha deciso di vietare l’utilizzo del burqa e del
niqab negli spazi pubblici, ma senza
proibire il velo, lasciando libertà decisionale sull’argomento alle scuole,
agli uffici pubblici e alle imprese. “Il
burqa e il niqab (il primo lascia lo spazio per gli occhi, mentre con il secondo il viso è interamente coperto, ndr)
non hanno spazio all’interno della società danese - si legge in un comunicato del primo ministro Lars Rasmussen -. Il governo è determinato a combattere questa concezione umana e
Societá
uole, ospedali e uffici pubblici
République!
della donna da questi simboleggiata”.
Nei Paesi Bassi sono allo studio diversi progetti di legge sul divieto del niqab e del burqa, in particolare nel settore dell’istruzione pubblica e dei servizi amministrativi. Anche in Austria
si è aperto il dibattito, su proposta del
ministro socialdemocratico della famiglia, Gabriele Heinisch-Hosek, preoccupato dal crescente numero di donne
velate nel paese. Nel Regno unito non
esiste alcuna legge che ne vieti l’uso
e il governo ha riaffermato di recente
che non intende legiferare in materia.
In Italia una legge del 1975, varata per ragioni di ordine pubblico, vieta
di coprirsi il volto (con fazzoletti e caschi da moto) nei luoghi pubblici. Alcuni sindaci della Lega Nord si sono
appellati a questa norma per vietare,
con disposizioni amministrative locali, tanto il velo integrale che il “burkini” (costume da bagno). La Lega
Nord ha presentato un disegno di leg-
ge nell’ottobre scorso che prevede fino
a due anni di carcere e 2.000 euro di
ammenda per coloro che “in ragione
della propria fede religiosa rendono
difficile o impossibile la propria identificazione”. “La questione del burqa
non può essere strumentalizzata dalla
destra. Una cosa è regolarizzare l’uso
di questi abiti nei luoghi pubblici,
come giustamente sta cercando di fare
la Francia. Altra è il divieto totale per
legge proposto dalle forze conservatrici”. Così Marco Fedi, deputato del Pd
eletto all’estero, a commento delle dichiarazioni di esponenti del governo
italiano, tra cui il ministro per le pari
opportunità, Mara Carfagna, alla notizia del primo via libera al divieto di indossare il burqa nei luoghi pubblici da
parte della Commissione di studio del
Parlamento francese. In un’intervista,
infatti, il ministro Carfagna ha dichiarato: “Spero che la decisione francese
possa servire da spinta anche per l’Italia, dove alla Camera si sta discutendo una proposta di modifica della legge del 1975, per poter inserire burqa e
niqab visto che la giurisprudenza negli
anni, derogando dalla legge, li ha giustificati perché legati a pratiche devozionali”. Di tutt’altro avviso, Fedi ricorda che “la legge italiana già prevede limiti all’uso, non solo del burqa,
ma anche di altre forme di copertura
della propria identità. Accade già per
il passaporto e i documenti di identità,
nelle banche e in altri luoghi sensibili, e via dicendo. Mi domando qual è
la necessità di estendere questo limite
in altri luoghi pubblici, definendo tutto
come luogo pubblico”.
”Se il burqa è una libera scelta, anche se la riteniamo personalmente una
pessima decisione, non possiamo impedirla”, osserva il parlamentare. “Al
contrario, se si tratta di un’imposizione non gradita dalla donna che lo indossa, essa va impedita applicando le
leggi già esistenti a tutela delle persone. Ma la chiave per risolvere questi
problemi è rappresentata dalle politiche di integrazione degli immigrati e
non da norme ad effetto. Credo che i
modelli culturali non possano essere
imposti a livello normativo. Poi se incontrassimo una ragazza marocchina
che vuole essere libera di vivere la sua
vita, dobbiamo aiutarla a farlo. Se un
giovane immigrato vuole partecipare
alla vita sociale e culturale e politica,
dobbiamo essere presenti con le leggi, con gli interventi, con le iniziative.
Ed offrire una vera opportunità di integrazione, che oggi non siamo in grado
di mettere in campo. Questo è il vero
problema che dobbiamo affrontare”.
Per Fedi, dunque, “è più saggio fare
tutto ciò che ci consentono le leggi nazionali ed internazionali allo scopo di
far crescere la democrazia e la consapevolezza delle proprie libertà. Dobbiamo lavorare sulla crescita comune
giacché anche il nostro modello è frutto di una storia di contaminazioni tra
diversi. Un modello che ha sì tra i suoi
principi la parità tra generi, ma anche
quella tra etnie, culture e religioni diverse, spesso messa da parte. In questa vicenda si registra un alto tasso di
strumentalizzazione e di demagogia
che non aiuta affatto la soluzione dei
problemi delle complesse società contemporanee e che ostacola le politiche
di integrazione civile”.
(aise)
Panorama 19
Cinema e dintorni
Welcome, ottima anche se solo seconda realizzazione del regista franc
Immigrato irregolare: come l’ebre
di Gianfranco Sodomaco
L’
avevo preannunciato ai lettori, il miglior film d’inizio anno
è Welcome, un film francese,
firmato da un bravissimo regista francese, Philippe Lioret (quasi un esordiente, ha girato solo un film nel 2001,
“Mademoiselle”, ma è stato collaboratore di Altman e Spielberg), che tratta
un tema, il tema per eccellenza, diventato ormai universale: quello dell’emigrazione clandestina (su cui non mi
soffermo, tale è e così ricca la cronaca quotidiana sul fenomeno; mi limiterò a ricordare che in questi giorni a Rosarno, in quel di Calabria, c’è stata una
specie di “caccia al negro” raccoglitore di agrumi, complice la ‘ndrangheta, forse l’organizzazione criminale più
importante del mondo, ancor più della
mafia siciliana).
Accolto trionfalmente al Festival
di Berlino e a quello di Torino, acclamato dal pubblico “cugino”, ha subito fatto irretire il ministro della cultura
d’oltralpe Eric Besson (ex socialista,
poi passato con Sarkozy) dopo alcune dichiarazioni dell’autore, del tipo:
“Oggi, se volete aiutare qualcuno senza documenti, potete essere denunciati per aiuto a persona in situazione irregolare... In che paese viviamo?
Ho l’impressione di essere nel ‘43 (ai
tempi della Repubblica di Vichy, il re-
gime collaborazionista del generale
Petain - n.d.r.), con un ebreo nascosto
in cantina.” E, sulla stessa linea, altre
dichiarazioni del suo interprete principale, l’attore Vincent Lindon, che
sintetizza così le leggi anticlandestini (francesi, italiane...): “C’è un uomo
che vuole attraversare. Dal marciapiede in ombra passare sul marciapiede
al sole. Mentre lo fa, viene bloccato e
riportato nell’ombra. Meglio lasciarlo
lì che trovargli una soluzione al sole”.
E a proposito di Calais, dove il film
è stato girato (e da dove decine e decine di disperati cercano di raggiungere in mille modi l’Inghilterra, vissuta come una sorta di terra promessa):
“Lì vedi uomini persi, alla macchia,
come un tempo i partigiani resistenti, tra improvvisi ‘rastrellamenti’ dei
gendarmi. Come definire quei blitz e
il fuggi fuggi di gente che viene presa
per essere espulsa? Se c’è un altro termine qualcuno me lo dica... Mi limito a dire che vivo malissimo l’attuale
politica francese sull’immigrazione.
La vivo ancora peggio se penso che
si prevedono un miliardo di migranti nei prossimi vent’anni. Mi limito a
dire che non mi aspetto tutto questo
da una democrazia. Da un paese come
la Francia, con quello che ha vissuto
durante l’ultima guerra mondiale. E
sono sbalordito dalla capacità che ha
la gente di incassare l’indignazione
Simon (Vincent Lindon) insegnante di nuoto a Calais
fa di tutto per aiutare Bilal
20 Panorama
senza muovere un dito. Non chiedetemi ‘che fare’? Io non lo so, io faccio film. Questo l’abbiamo mostrato a
persone che vivono in quella situazione e loro ci hanno detto che raffigura
fedelmente la realtà”.
Occorre aggiungere altro, anche
come cittadino italiano?
“Welcome” si ispira, alla lontana,
al libro del giovane scrittore francese Olivier Adam, “Al riparo di nulla”,
Bompiani, 2009, che ha collaborato
alla sceneggiatura, e Lioret ci porta,
appunto, a Calais, dove notte e giorno
si svolge una guerra tra un esercito di
poliziotti e cani e il brulichio di disperati di cui sopra che vogliono raggiungere in qualsiasi modo le paradisiache
coste inglesi. Ci vogliono 500 euro
per nascondersi nell’impressionante
foresta di camion che incessantemente passano il tunnel della Manica, e
bisogna anche non respirare per non
essere individuati dagli strumenti di
controllo. Bilal, il ragazzino protagonista, non ce la fa a trattenere il respiro
per così tanto tempo ed è costretto a
cercare un’altro modo per “fare il salto”. Bilal è un iracheno del Kurdistan,
un curdo, e ha fatto 4000 chilometri
a piedi in tre mesi: non cerca lavoro,
a casa è un calciatore con un futuro,
ma vuole raggiungere a Londra, prima di tutto, Mina, la sua ragazza già
emigrata con la famiglia nella capita-
Bilal (Firat Ayverdi), curdo di diciassette anni in fuga
dall’Irak, ci ha messo tre mesi per arrivare a Calais da
cui spera di raggiungere in Inghilterra la ragazza di
cui è innamorato
Cinema e dintorni
ese Philippe Lioret
o in cantina
Il regista Philippe Lioret sul set del film “Welcome”
le inglese (dopo, se tutto andrà bene,
tenterà di diventare un giocatore del
Manchester United, la squadra di Cantona e del film di Loach...). È l’amore che lo anima e lo spinge a pensare
che non gli resta altro che attraversare
a nuoto la Manica, trentacinque miglia
di acqua “nera”, continuamente attraversata da centinaia di petroliere. Ha
bisogno di un istruttore e, frequentando la piscina comunale, finisce col trovarlo: è Simon, un uomo maturo, con
la testa sulle spalle, ma anche lui con i
suoi guai, la moglie (che, tra l’altro, fa
l’assistente volontaria nei confronti di
questi “uomini in attesa”) lo ha appena lasciato sicché a poco a poco la sua
malinconia, solitudine e senso di disfatta si confronteranno con le speran-
ze, l’impegno, l’accanimento in piscina di quel ragazzino sulla cui mano la
polizia ha stampato un numero indelebile di nera memoria. Dice l’istruttore
alla ex moglie: “Lui per amore è disposto a rischiare di morire e io non ho
neppure attraversato la strada per fermarti”. E infatti Bilal non si ferma davanti a nulla, nemmeno alle preghiere
di Mina che deve fare i conti con l’avversione del padre a quel ricongiungimento, nemmeno alla convinzione di
Simon che, dopo ripetuti tentativi, si
convince che il ragazzo non ce la può
fare. E infatti... Simon, divenuto una
specie di padre adottivo, andrà lui a
Londra, a trovare Mina e a raccontarle
l’epilogo di una tragedia annunciata.
Al di là della vicenda, già commovente di per sé, il film ti avvince per la
profondità ed essenzialità con cui analizza ogni singolo personaggio, per
“l’incastro perfetto” con cui costruisce, a livello del montaggio, la storia di Bilal e quella di Simon, per la
drammaticità finale con cui, in mare,
nonostante l’aiuto di una motovedetta inglese, si concluderà il tentativo di
Bilal. Sicché ha ragione Curzio Maltese (‘la Repubblica’, 12 dicembre):
“Non è solo il tema a fare di ‘Welcome’ un bel film... Lioret è un maestro nelle scene sull’inferno del porto
di Calais. La scrittura è perfetta ed è
difficile trovare un aggettivo adeguato
al’’interpretazione di Simon da parte
di Vincent Lindon, divenuto nel tempo uno dei più straordinari attori europei. È quasi impossibile uscire dalla
sala dopo aver visto il film con le stesse idee sull’immigrazione che si avevano prima. Gli elettori leghisti sono
avvisati”. Per chiudere, una molto si-
gnificativa notizia di cronaca cinematografica ed una anticipazione ad essa
collegata. La prima: non si riesce a
trovare un distributore italiano del film
“La strada”, di James Hillcoat, tratto
dal capolavoro (premio Pulitzer, i lettori di ‘la Repubblica’ l’hanno eletto
miglior libro degli ultimi dieci anni) di
Cormac McCarthy. Si dice che è troppo deprimente (un padre e un figlio vagano sul pianeta dopo una apocalisse
non ben definita...) e un’addetta ai lavori, Vania Protti Traxler, così risponde: “Il mercato è diventato sempre più
rischioso. Le teniture dei film in sala
si stanno abbreviando e per le opere prive di forti richiami non c’è più
il tempo per imporsi, come accadeva
una volta, grazie al passaparola. I costi
sono cresciuti e le televisioni, sia free
che pay, acquistano sempre meno film
(infatti vediamo sempre gli stessi, nessuno che sia capace di mettere su una
rassegna ecc. - n.d.r.). Noi distributori siamo costretti a rivolgerci a quei
film che, almeno teoricamente, offrano il massimo di garanzie economiche. Oggi l’attenzione degli spettatori
si concentra solo sui prodotti già noti e
commerciali, il gusto del pubblico sta
degradando”. L’anticipazione: un film
come “Avatar”, di cui forse parleremo
la prossima volta ma di cui sappiamo
quasi già tutto tale è stata la grancassa
promozionale della Fox, la casa che lo
produce e distribuisce in tutto il mondo (costato complessivamente la strabiliante somma di 500 milioni di dollari ma che in America ne ha già incassato 1 miliardo), alla fin fine, ridotto
il discorso all’osso, è solo una conferma delle parole di Vania Protti Traxler:
niente, ma proprio niente di più.●
Panorama 21
Arte
Anniversari pittorici: cinque secoli fa moriva Giorgione, cent’anni
Chi rappresenta quella donna c
di Erna Toncinich
M
ostre in tutt’Italia, in questo
Duemiladieci, di due colossi della pittura italiana,
Giorgione e Caravaggio, dei quali
ricorrono quest’anno i cinquecento,
rispettivamente i quattrocento anni
dalla morte. Morto di peste a soli 33
anni Giorgione, a 39 anni Caravaggio che finì i suoi giorni, dopo una
vita quanto mai tumultuosa, fatta di
fughe, fame e pericoli, in una spiaggia di Porto Ercole.
La biografia di Giorgione non
manca di dati, per la maggior parte
dei quali però non esistono appigli
documentari: è nato nel 1478 o qualche anno prima o dopo?Ha visto la
luce a Castelfranco Veneto o in qualche altra località del Trevigiano? I
suoi genitori erano veneti o lombardi, forse di origine bergamesca? Il
suo vero nome era Zorzo o Zorzi, e
di cognome Barbarello o Barbarelli?
Chi è stato il suo primo maestro?
Poche le cose certe, il nome
Giorgione, ad esempio, che gli era
stato attribuito per il suo aspetto, una
figura elegante, bella, di alta statura.
Si sa pure che poco più che ventenne
approda a Venezia dove ha modo di
conoscere la pittura non solo dei ve-
neti e di altri pittori italiani che vivono o transitano per Venezia, ma pure
dei tedeschi Durer e di alcuni pittori fiamminghi. Altra certezza: di sue
opere autografe se ne conoscono pochissime, alcune nemmeno interamente di sua mano.
La sua breve vita è intrisa di domande senza risposta, come del resto
la sua stessa opera pittorica. Chi sono
le figure rappresentate nel suo più celebre dipinto La tempesta? Chi è la
donna seminuda che in natura allatta un bambino? Cosa vorrà dire questo motivo profano in un’epoca in cui
L’unica pala d’altare di Giorgione è
quella che si trova sull’altare maggiore del Duomo di Castelfranco Veneto, la cittadina in cui è forse nato e
nella quale verrà allestita una grande mostra con opere provenienti da
più parti del mondo
“La tempesta”, la piccola tela custodita a Venezia nelle Gallerie dell’Accademia, è un dipinto allegorico di
grande suggestione e mistero
22 Panorama
si dipingevano quasi esclusivamente Madonne e altri temi sacri? Raramente per un dipinto ci sono state
tante interpretazioni come per questa
tela: i due personaggi sono Adamo
ed Eva scacciati dal paradiso, o sono
Marte e Venere, o Giove e Giunone o
Iside e Mercurio; l’opera rappresenta il ritrovamento di Mosè; è la raffigurazione simbolica dell’infanzia
di Paride... La lettura più accettabile è senza dubbio quella di Lionello
Giorgione ha lasciato poche opere, molte di quelle che gli vengono
attribuite sono state portate a termine da altri pittori. Ad esempio,
è stato Tiziano, pure suo allievo, a
portare a termine la “Venere”
Venturi, grande storico dell’arte del
secolo scorso, il quale sostiene che
protagonista è la natura, c’è l’uomo,
c’è la vegetazione, c’è l’acqua, il cielo tempestoso, un fenomeno meteorologico, la folgore cioè che squarcia le nuvole, motivo che appare per
la prima volta in un dipinto, c’è, in
secondo piano, un paesaggio urbano
che allude al passare del tempo.
La natura, la bella natura veneta
è presente in quasi tutte le opere di
Giorgione, così nell’unica sua pala
d’altare, nel Duomo di Castelfranco,
Madonna col Bambino tra i santi Liberale e Francesco il pittore assegna
primaria importanza al paesaggio e
alla luce e vi introduce un elemento
iconografico nuovo in questo tipo di
rappresentazione, l’alta balaustra. In
questo dipinto non ci sono significati
“oscuri”, lo stemma nella parte bassa
del trono è quello della famiglia Costanzo e la pala d’altare, si pensa, sia
stata commissionata per ricordare
la scomparsa del figlio del condottiero Tuzio Costanzo, Matteo.
Nel corso di questo Duemiladieci
si sentirà spesso parlare di Giorgione.
Molti istriani e fiumani ricorderanno
di essere stati a Castelfranco in gita,
guidati dal professor Sergio Molesi
per conto dell’Università Popolare
di Trieste, di aver visitato il Duomo
e ammirato la celebre pala d’altare,
e quella che si ritiene essere la casa
natale del pittore dove rimangono al-
Arte
dopo Caravaggio
he allatta?
cuni suoi affreschi in cattive condizioni. Qualcuno ricorderà, perché no,
le succulenti pietanze a base di radicchio trevigiano, consumate in un ristorante del posto.
Bello, colto, sensibile come Giorgione, ribelle, girovago, rissoso, burlone (aveva soprannominato ‘Monsignor Insalata’ il prelato del quale
era ospite e che gli offriva ogni giorno, a colazione, pranzo e cena, sempre e solo insalata), era invece Michelangelo Merisi, noto come Caravaggio. Una significativa descrizioCaravaggio: “San Gerolamo”. La tela si trova nella Cattedrale di Malta
“La cena di Emmaus”, l’opera che
Caravaggio ha eseguito per il cardinale Scipione Borghese, ora alla
National Gallery di Londra
Nella chiesa di Sant’Agostino, a
Roma si trova il dipinto “Madonna di Loreto” in cui Caravaggio
rappresenta due pellegrini, l’uomo
con i piedi sporchi di fango, la donna con la cuffia sdrucita e sporca.
Questo è il naturalismo del pittore
lombardo
ne del personaggio ce la consegna
uno studioso tedesco, suo contemporaneo: “... è un misto di grano e di
pula: infatti non si consacra di continuo allo studio, ma quando ha lavorato un paio di settimane, se ne va
a spasso per un mese o due, con lo
spadone al fianco e un servo dietro,
e gira da un gioco di palla all’ altro,
molto incline a duellare e a fare baruffe, cosicché è raro che lo si possa
frequentare”.
Tutti e due, Giorgione e Caravaggio, pittori innovativi: il primo porta il paesaggio a protagonista del dipinto, approfondisce vieppiù la pittura tonale e abolisce il disegno; il
secondo esegue una svolta clamorosa sia tematica che stilistica. Protagonisti delle sue opere sono figure prese dalla strada, anche brutte, volgari,
che lui rappresenta senza abbellirle: è
il vero, il naturale che lo appassiona, quel vero e naturale che più volte
non viene accettato, perché non capito, dai suoi committenti.
A leggere quello che scrivono i
suoi contemporanei ci si fa un’immagine tutt’altro che edificante di Caravaggio: delle denunce nei suoi riguardi non si ha conto; viene arrestato per-
ché lancia sassi ai birri; condannato
per aver tirato in faccia ad un garzone di un’osteria romana un piatto di
carciofi; arrestato per porto abusivo
d’armi; arrestato per aver preso a sassate le finestre della sua padrona di
casa; arrestato più volte per questioni di donne, per risse ed altro, finché
è costretto a lasciare Roma perché ha
ucciso un uomo, un avversario di gioco. Inizia da allora, è il 29 maggio
1606, il suo lungo e tumultuoso peregrinare, dapprima si rifugia nei dintorni di Roma, poi raggiunge Napoli,
Malta, Siracusa, Messina lasciando,
in ognuno di questi luoghi, traccia
del suo operare. Ed infine Porto Ercole, una spiaggia del posto dove finisce
i suoi giorni. È il 18 luglio 1610, solo
dodici giorni dopo la morte, arriva la
grazia concessa dal pontefice.
Sebbene Caravaggio abbia finito i suoi giorni relativamente giovane e la sua vita turbolenta sia stata un eterno vagabondare da un città all’altra, di opere ne ha realizzate
parecchie, commissionate soprattutto dalla chiesa (che più volte le rifiuta, perché volgari) e dal patriziato romano. Un pittore del nostro tempo
e grande ammiratore della sua opera
è stato Renato Guttuso che in risposta ad un’osservazione di un trattatista coevo di Caravaggio, che accusava il pittore di copiare Giorgione, così
risponde “il solo rapporto con Giorgione sta nei cappelli piumati e negli
abiti alla lanzichenecca”.●
Panorama 23
Italiani nel mondo
Lo afferma Nicola Di Girolamo, vicepresidente della Fondazione d
«Lavoriamo al riconoscimento d
a cura di Ardea Velikonja
P
rosegue l’attività della Fondazione Italiani nel Mondo per la
valorizzazione dei connazionali residenti all’estero. Il punto degli
impegni sino a questo momento svolti e delle iniziative in fase di avanzamento è stato il cardine dell’incontro svoltosi presso la sede di Palazzo
Patrizi Montoro del senatore Nicola
Di Girolamo, eletto in Europa e vice
presidente della Fondazione, con la
stampa specializzata.
“L’attività della Fondazione e
l’obiettivo del mio stesso impegno
parlamentare - ha puntualizzato Di
Girolamo - si concretizzano, in questa fase, nel mettere in evidenza le
radici italiane dei connazionali attraverso un duplice orientamento: ridare dignità e far comprendere a tutti come gli italiani all’estero costituiscano un fregio, un valore,
un’opportunità e non un problema;
riconoscere dignità a tutti coloro che
hanno sangue italiano e che spesso
si riconoscono nella nostra nazione
più di quanto non facciano i cittadini che vi risiedono”.
Per il senatore il mandato degli elettori si tradurrebbe quindi nel
“dare lustro e dignità a coloro che
possano risalire ad origini italiane e
nel dare loro la possibilità di accedere, attraverso questo riconoscimento, a nuove opportunità”.
La risposte dell’impegno parlamentare di Di Girolamo non si sono
fatte attendere: con la Fondazione
sono state ricordate prima le vicissitudini storiche dell’emigrazione
italiana in Crimea, in un convegno
organizzato pochi mesi fa, mentre si
provvede ora ad una legge per il riacquisto della cittadinanza a favore
dei discendenti di questi italiani. In
proposito, Stefano Pelagi, collaboratore della Fondazione e presidente
dell’associazione che si occupa del
“progetto Crimea”, ha segnalato il
lavoro in corso sui documenti utili
al riconoscimento dell’ascendenza
italiana per gli interessati. In questo
senso, poi, è stata predisposta un’in-
24 Panorama
terrogazione indirizzata dallo stesso
Di Girolamo al Ministro degli Affari esteri - depositata da poco in aula
- in cui viene richiesta l’apertura di
trattative con gli Stati facenti parte
dell’ex Unione Sovietica affinché sia
possibile rintracciare la documentazione riguardante i connazionali in
Crimea, specie quelli deportati nel
gennaio del 1942, a seguito del secondo conflitto mondiale. L’interrogazione è conseguente alla consegna da parte del presidente bielorusso Lukashenko a Silvio Berlusconi,
lo scorso 30 novembre, di documenti provenienti - con tutta probabilità
- dagli archivi dei servizi segreti e
da atti processuali relativi ai connazionali in Bielorussia.
Pelagi ha annunciato la preparazione di un viaggio in Crimea e la
partecipazione di due giovani, coinvolti nel progetto, al Meeting internazionale della gioventù previsto a
Bari.
Incontri si stanno svolgendo
inoltre con ricercatori e professori dell’Università “Sapienza” di
Roma per analizzare le strutture, gli
enti e le istituzioni che si occupano
dell’esame e della trasmissione dei
documenti, affinché anch’esse possano venire coinvolte proficuamente
nell’iniziativa. Di Girolamo, a que-
sto proposito, evidenzia la necessità
di “identificare percorsi e procedure
amministrative semplificate per poter ri-conferire a coloro che si sentono e sono italiani la cittadinanza a
tutti gli effetti”.
Sul fronte della valorizzazione
della presenza italiana all’estero il
senatore ricorda la trasmissione televisiva ideata, promossa e realizzata
dalla Fondazione, “Il Gran Galà del
Made in Italy” - andata in onda in
seconda serata il 29 dicembre su Rai
Uno e proposta anche da Rai Italia -,
che ha premiato imprenditori e personaggi italiani di fama internazionale. Un evento che la Fondazione
propone di replicare annualmente,
così come si prevede una riproposizione ciclica del Festival della canzone napoletana - a partire, probabilmente, dal mese di giugno.
“Anche la mostra sui Loghi d’Italia è nata quale operazione trasversale, fruibile da tutte le fasce sociali
in cui si articola la presenza italiana
all’estero - ha affermato Di Girolamo, ricordando come l’allestimento, divenuto itinerante (in questo
momento si trova in Turchia), verrà
proposto ancora nel corso di grandi
eventi internazionali e presso le collettività di connazionali più numerose, con eventi di apertura e chiusura
Italiani nel mondo
dei connazionali
Aperte fino al 19 maggio 2010 le iscrizioni
elle radici»
curati dalla Fondazione. Il tutto per
“far percepire il serbatoio di opportunità rappresentato dai 70 milioni
di italiani nel mondo”.
Prevista anche l’istituzione di un
premio annuale per i connazionali
attraverso un meccanismo di segnalazione - in fase di studio - da parte delle collettività emigrate “per riconoscere meriti spesso acquisiti in
modo silente”, come rileva Di Girolamo.
Per quanto concerne l’attività
parlamentare, il senatore ricorda la
sua assidua e costante presenza in
Senato e “la qualità delle mie proposte in aula, sempre mirate ai temi di
interesse specifico per i connazionali all’estero”.
Sulla riforma di Comites e Cgie,
infine, Di Girolamo evidenzia da
parte dei parlamentari eletti all’estero in quota Pdl, e non solo, “la percezione generalizzata che questi organismi di rappresentanza debbano
essere modificati e rimodulati”. Riconosce al senatore Tofani, autore di
una bozza di legge in merito e relatore dell’ipotesi di riforma elaborata dal Comitato ristretto predisposto
all’interno della Commissione esteri
in Senato, “un’azione assolutamente corretta e concreta di valutazione generale e di tempistica adeguata” sulla materia in oggetto”. “Noi
parlamentari del Pdl ribadiamo la
nostra massima attenzione al tema,
che vogliamo studiare e rivedere con
una tempistica che è diversa da quella che oggi qualcuno vorrebbe farci assolutamente adottare” prosegue, avanzando in particolare dubbi sul progetto di riforma relativo
al Cgie “il cui radicamento sul territorio verrebbe vanificato dall’ipotesi dalla proposta attualmente al vaglio”. Per quanto riguarda i Comites,
invece, per Di Girolamo sarebbe più
utile andare ad elezioni e poi tornare a riflettere sulle proposte di rinnovamento di questi organismi rappresentativi.
Infine, egli esclude la possibilità che l’avvio di un processo di
riforma dello Stato possa portare
Premio Globo d’oro
S
ono aperte le candidature per il 2° Premio “Italian Women in the
World nel Mondo”, il riconoscimento, istituito dal network Italian
Women in the World presieduto da Patrizia Angelini, giornalista Rai
che conduce Focus Europa, che intende promuovere il ruolo dei connazionali e degli italiani che operano sul mercato estero, attraverso la
divulgazione di “casi di successo” personale, di progetti e iniziative da
queste curate; ma anche dare rilievo al valore aggiunto dell’impegno
culturale e imprenditoriale dei connazionali nel mondo per l’innovazione, lo sviluppo e l’immagine internazionale del Made in Italy.
Tra coloro che presenteranno domanda verranno selezionati cinque
vincitrici per la categoria “donne” (1 per Asia, 1 per Oceania, 1 Europa,1
Americhe, 1 Africa ), un vincitore per la categoria “uomo” e un vincitore per la categoria “under 25”. I vincitori verranno premiati con il “globo
tricolore”: un’opera realizzata dall’artista Ada Capone per IWW.
La prima edizione 2009 è stata dedicata alle donne italiane o di origine italiana che si sono distinte nel loro campo professionale. In questo
modo IWW vuole promuovere la figura femminile attraverso la divulgazione delle storie di successo personale delle professioniste italiane che
lavorano per l’estero, mettendone in rilievo il ruolo peculiare nell’economia globale del XXI secolo e la capacità di valorizzare ulteriormente il
Made in Italy attraverso l’impegno culturale e imprenditoriale che le professioniste donne portano nel loro lavoro.
L’edizione 2009 si è svolta in Toscana. Alle professioniste, originarie di questa regione, sono stati dedicati i primi 10 premi, mentre gli altri
premi speciali sono stati riservati a tutte le professioniste originarie delle
altre regioni. Tutti i profili raccolti, corredati da foto e curriculum, sono
stati raccolti nel 1° Annuario Professionale Internazionale IWW, un utile
strumento per i professionisti di origine italiana nel mondo. L’incontro è
stato l’occasione per dibattere del panorama professionale durante la tavola rotonda “Internazionalizzazione in Italia e i casi di successo”. Il progetto IWW ha ricevuto l’apprezzamento ed il sostegno dei Parlamentari
della Circoscrizione Estero e dal Ministero del lavoro, della salute e delle
politiche sociali - Dipartimento delle Pari Opportunità.
La seconda edizione ha il patrocinio della Regione Emilia-Romagna
ed è in collaborazione con Unioncamere Emilia-Romagna, Assocamerestero ed Il Resto Del Carlino/QN.
Per l’edizione di Bologna, il Premio privilegia il territorio dell’Emilia
Romagna e, come nella prima edizione, la premiazione sarà preceduta da
un incontro tra il mondo istituzionale, l’imprenditoria e la cultura per una
tavola rotonda sull’evoluzione dell’imprenditoria e della cultura italiana nel mondo e nei diversi territori italiani. Un’occasione per uno scambio di know-how, conoscenze ed esperienze. Le candidature si accetteranno entro le ore 12,00 del 19 maggio 2010. La registrazione (gratuita)
del proprio profilo può venir fatta nel sito www.italianwomenworld.com
nell’area “Login Database”. Il regolamento e la scheda di iscrizione sono
scaricabili anche dal blog: http://www.italianwomenworld.com/blog/. ●
ad una cancellazione della componente parlamentare degli eletti all’estero. Segnalate, in ultimo,
le prossime iniziative in calendario per la Fondazione italiani nel
mondo: il 10 febbraio un incontro
sulla storia di Fiume e su “Fiume
italiana” con la presentazione del
libro di Antonella Ercolani “Da
Fiume a Rijeka” (edizioni Rubbettino 2009); l’11 febbraio un convegno sull’integrazione della Turchia
nell’Unione Europea.
(Viviana Pansa - Inform)
Panorama 25
Made in Italy
Chiuso ufficialmente l’Anno Internazionale dell’Astronomia celebrato in 148 paesi
Galileo a Padova 400 anni dopo
a cura di Ardea Velikonja
S
i è svolta a Padova la cerimonia ufficiale di chiusura dell’Anno Internazionale dell’Astronomia, proclamato per il 2009 dall’Onu a
400 anni dal primo uso del telescopio a
opera di Galileo. La città è stata scelta
come sede dell’evento, perché proprio
da qui Galileo inaugurò l’astronomia
moderna, compiendo le sue celebri osservazioni della Luna, Venere, Giove e
la Via Lattea.
La cerimonia è una degna conclusione di un anno di eventi e manifestazioni che hanno coinvolto 148 Paesi in
tutto il mondo, tra cui l’Italia in cui numerosissime, oltre 1550, sono state le
iniziative promosse su tutto il territorio: conferenze, progetti editoriali, rassegne teatrali, mostre, iniziative per le
scuole. Per l’occasione sono stati chiamati a raccolta oltre 300 astronomi,
storici della scienza, scienziati e autorità politiche e diplomatiche, ospitati
nella splendida Aula Magna dell’Università, a fianco della Cattedra che fu
di Galileo Galilei, con l’obiettivo di tirare le somme di questo 2009, discutere e lanciare i progetti della ricerca
astronomica per il prossimo decennio.
”400 anni fa Galileo alzava gli occhi al cielo con uno strumento che
avrebbe rivoluzionato la concezione
dell’Universo”, ha ricordato nell’occasione il viceministro allo Sviluppo
Economico con delega al Commercio
Estero, Adolfo Urso. “Oggi, a distanza di quattro secoli, le tecnologie sviluppate dalle industrie e dai ricercatori
italiani continuano ad essere all’avanguardia sulla frontiera della ricerca
astrofisica mondiale”.
Il primo cannocchiale
costruito da Galileo Galilei
26 Panorama
“La ricerca scientifica è un’operazione complessa che richiede una
molteplicità di attori, tra cui scienziati e istituti di ricerca, industria e governi”, ha aggiunto Urso. “I risultati
sono ottimali quando questi collaborano pienamente. I governi in particolare svolgono un ruolo essenziale sia
a livello nazionale che promuovendo
e gestendo fori internazionali anche
per la costruzione di grandi facilities
di ricerca quali l’E.S.O. (Cile)”. “Ci
sono ricadute economiche importanti”, ha detto il viceministro, “sia per
la costruzione delle strutture necessarie nella ricerca sia nell’applicazione
industriale dei risultati della ricerca
stessa. Qui c’è spazio per una proficua collaborazione tra grandi imprese
e piccole imprese. Queste ultime sono
particolarmente qualificate per realizzare elementi ad alto valore aggiunto
delle grandi strutture necessarie alla
ricerca, a esempio i grandi telescopi”.
Il viceministro Urso ha avviato a tal
fine una proficua collaborazione col
mondo accademico e con l’Istituto
Nazionale di Astrofisica, Inaf.
Dal canto suo il presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf),
Tommaso Maccacaro, dopo aver rivolto un breve e sentito discorso di
benvenuto agli ospiti, provenienti da
45 Paesi, ha dichiarato che “astronomia e astrofisica sono una delle eccellenze scientifiche del nostro Paese, riconosciute e ammirate a livello mondiale. L’Italia ha richiesto ed ottenuto,
anche per questo, di celebrare l’Anno Internazionale dell’Astronomia in
coincidenza con i 400 anni dalle scoperte astronomiche di Galileo, evento che ha aperto la strada all’astronomia ed alla scienza moderna, segnando una svolta epocale nello studio
dell’Universo e delle leggi della fisica che lo regolano”. “La scelta della
città di Padova per lo svolgersi della
cerimonia”, ha sottolineato poi Maccacaro, “non è solo la testimonianza
di quello che fu, ma anche la conferma del valore che tale scienza rappresenta per l’Italia e del contributo che
il nostro Paese fornisce alla conoscenza”.
(aise)
A Padova dal 19 al 21 febbraio
La fiera del f
I
nnovare, trovare nuove formule e
messaggi per superare una contingenza difficile, accettare la sfida di proporre qualcosa di diverso dando due identità distinte che confermano comunque
la leadership di PadovaFiere nel settore
del florovivaismo: Flormart Primavera cambia pelle e contenuti rilanciando, dal 19 al 21 febbraio 2010, il marchio Miflor che PadovaFiere ha recentemente acquisito da Fiera Milano, con
un rinnovato Salone primaverile del
florovivaismo all’insegna del “Made
in Italy”, che darà maggiore visibilità a
tutti gli operatori nazionali del settore.
Miflor va così ad inaugurare la stagione
primaverile, la più importante per numerose realtà florovivaistiche professionali italiane che coprono ben il 23%
della produzione europea. Nel contesto
di Miflor 2009 verrà lanciata un’inedita
iniziativa nel nostro Paese, FlorMarket,
Made in Italy
Per gli stranieri che vorranno frequentarla, anche corsi di lingua
Nasce l’Alta Scuola di Cucina italiana
L’
Alta Scuola di Cucina Italiana
presto aprirà i battenti a Perugia,
in Via Scortici, in uno spazio funzionale pensato per “assaporare prodotti
di cucina e prodotti culturali”. L’intesa programmatica, con il quale è stato dato ufficialmente l’avvio alla realizzazione del progetto, è stata siglata nel Palazzo Donini dalla società “Circo del Gusto”, promotrice
dell’iniziativa, e dai rappresentanti
della Regione Umbria, della Provincia, del Comune e dell’Università
per Stranieri di Perugia. Il documento è stato firmato da Carlo Liviantoni, vicepresidente della Regione
Umbria, dall’assessore alla cultura
della Provincia di Perugia, Donatella
Porzi, dal sindaco di Perugia, Wladimiro Boccali, e dal Rettore dell’Università per Stranieri di Perugia, Stefania Giannini.
L’iniziativa (che si sviluppa da
un progetto formativo dell’Università per Stranieri di Perugia allestito
in collaborazione con il “Circo del
arriva in anticipo la primavera
lorovivaismo
volta a promuovere il business del florovivaismo grazie ad un’offerta “chiavi
in mano” dove le imprese potranno negoziare e concludere affari tramite una
formula espositiva immediata e diretta
che propone la stessa qualità dei servizi
con costi contenuti.
La delicata contingenza economica,
che in questo ultimo anno ha colpito tutti i settori, non ha risparmiato la produzione verde. Nel Nord Est però, grazie
alla straordinaria vocazione nel settore
florovivaistico con più di 1.800 aziende attive, Miflor vuole essere la risposta
alle difficoltà delle aziende, proponendosi come uno strumento efficace ed immediato di mercato: infatti in una stessa
sede gli operatori avranno la possibilità di avere una vasta offerta di prodotti
e novità e gli espositori potranno incontrare migliaia di visitatori provenienti da
diverse parti d’Italia. ●
Gusto”) “potrà produrre - si legge
nell’intesa siglata dalle parti - benefici all’Università per Stranieri (in
termini di aumento delle iscrizioni)
nonché alle attività delle imprese e
delle organizzazioni coinvolte sia
nel campo della ristorazione sia in
quello della promozione dei prodotti e del territorio umbro”.
L’Alta Scuola di Cucina Italiana dovrà infatti essere - secondo
i responsabili del progetto, redatto da Stefano Briganti, del Parco “3
A”, e da Paola De Salvo, ricercatrice dell’Università di Perugia, con il
coordinamento dell’avvocato Francesco Luciani - “un luogo di diffusione
e d’invito alla cultura ed alla piacevolezza del gusto, accompagnato dallo
svago e dalla possibilità di degustare
prodotti tipici regionali”.
Agli studenti stranieri della scuola verranno impartiti corsi intensivi
di lingua italiana (gestiti dall’Università per Stranieri di Perugia), accompagnati da corsi di antropologia
culturale, in cui il cibo e la cucina
verranno studiati nelle loro valenze
socioculturali e come “elemento di
espressione delle peculiarità del territorio”.
Non mancherà una sezione dedicata all’area economico-gestionale della ristorazione ed alle politiche
della qualità, con particolare attenzione alla sicurezza dei cibi: un corso
pensato per rispondere alla richiesta
di competenze professionali nella gestione e nella valorizzazione del patrimonio alimentare, vinicolo ed enogastronomico.
“Insomma - dice Livio Fancelli il professionista che uscirà da questa
complessa esperienza formativa sarà
un vero e proprio ‘ambasciatore’ del
prodotto tipico a tavola, anche e soprattutto di quello umbro”.
La Scuola sarà inoltre sede di attività formative, ma anche struttura espositiva che ospiterà mostre ed
eventi culturali. Ci sarà un Centro
Studi e Documentazione, finalizzato alla conoscenza ed alla tutela della identità enogastronomica umbra ed
italiana, attraverso la raccolta, la produzione e la divulgazione di materiali
sui temi del cibo, dei prodotti tipici,
degli itinerari enogastronomici, della
cucina e della cultura regionale e nazionale.
Il Centro Studi e la sua biblioteca si pongono altresì l’obiettivo di
contribuire a costruire “un circuito di
promozione delle produzioni alimentari tipiche, attraverso azioni di filiera
corta, che vedranno la collaborazione
di produttori, esercenti e imprenditori
turistici”.
(aise)
Panorama 27
Reportage
Nuova offerta turistica a Piancavallo proposta dall’associazione Accademia Alpina
Due cuori e un... villaggio igloo
Testo e foto di Ardea Velikonja
P
rovare l’emozione di passare una notte da eschimese? Per
farlo non serve andare in Lapponia, basta raggiungere Piancavallo, la destinazione sciistica più vicina
all’Istria e al Quarnero, dove i bravi ragazzi dell’Accademia Alpina vi insegneranno a costruire un igloo nel quale
passerete la notte, esperienza che, tra
una risata ed altra, vi insegnerà a sopravvivere in alta montagna in caso di
bisogno. I ricoveri di ghiaccio si trovano a circa 1650 metri di altitudine,
quest’anno vicino alla Baita Arneri fa-
I dieci intrepidi
Stefano Munari e Sergio
Dini di Padova, Veronica Giardina di Tradate, Mattia Malonni
di Locate Varesino, Luca Tonin
di Tradate, Jessica Scripilliti
di Castiglione Aurona, Michele Medaglini di Galbiate e Elena Lopatriello di Galbiate, Maila Taverna di Spinea e Stefano
Mainardi di Chioggia.
La cittadina si propone quale sede di turismo sia invernale che estivo
cilmente raggiungibile con la seggiovia. L’idea di questa singolare offerta
turistica, un progetto unico in Italia, è
stata di Renzo Grava.
Anche noi abbiamo voluto provare
questa esperienza nel villaggio igloo
definito il più grande al mondo. Una
bella giornata di sole, “condita” però
da una temperatura di -10 gradi. Per
questo fine settimana quattordici per-
Prima ad adottare l’innevamento artificiale
P
iancavallo sorge su una zona piana (a 1.260 m s.l.m.) del Monte Cavallo, sul versante opposto del bosco del Cansiglio. Nasce come località sciistica negli anni Sessanta ed è stata la prima ad adottare un sistema
di innevamento artificiale. È stata sede sin dagli inizi di importanti manifestazioni sportive. Oggi dispone di 24 km di piste da sci alpino con varie difficoltà e pendenze, 26 km di sci di fondo (1,2 illuminati), un Parco
snowboard ed uno snowtubing.
Le occasioni per divertirsi non mancano, e ce ne sono per tutte le età:
d’inverno il Parco giochi sulla neve per i bambini, il Palaghiaccio (frequentatissimo specie nel tardo pomeriggio quando gli impianti chiudono), la sala giochi, le discoteche ed i bar per i giovani. Ma Piancavallo
è ideale anche d’estate dati i tanti sentieri di montagna. Una novità delle
ultime estati è stata la pista di bob su rotaia che prende il nome di Alpine Coaster. Questa nuova idea regala emozioni mozzafiato, perché a bordo di slittini adeguatamente sicuri si percorre un percorso lungo più di un
chilometro con dossi, paraboliche e giri completi. Frequentatissima anche
d’inverno la pista è adatta ai più giovani che vogliono provare l’ebrezza di
una discesa in totale sicurezza. ●
28 Panorama
sone avevano prenotato gli igloo ma
all’ultimo momento quattro hanno
desistito. Quindi dieci ospiti, più i due
istruttori, Renzo e Jonathan. Appuntamento sabato mattina dinanzi alla
seggiovia Tremol 2 che ci porterà in
cima. Renzo ci spiega un po’ che cosa
prevede questo fine settimana: “Prima
di tutto, arrivati in alto, vedrete come
sono fatti gli igloo, quindici in tutto,
quest’anno-. Vi farò vedere come si
costruiscono, ci faremo una ciaspolata e dopo la cena al rifugio, ci caleremo in città per una degustazione
di vino. Tornati su, una ciaspolata notturna e quindi tutti a nanna al ‘calduccio’”. Viste le facce un po’ perplesse
degli ospiti Renzo scherzosamente fa:
“Paura?!”. No di certo, sono svelti a
rispondere gli otto giovani provenienti da tutte le parti d’Italia e due meno
giovani. “Bene allora tutti in seggiovia”.
In cima la temperatura arriva a -12
gradi e, nonostante il sole, fa ancora
più freddo dato che tira un forte vento. Scesi dalla seggiovia ci troviamo
davanti gli igloo posti tutti in cerchio
con, ancora in costruzione, la novità
di quest’anno: il futuro “Bar igloo”.
E subito ognuno si sceglie il suo per
la notte. E qui cominciano le risate: nell’igloo si entra distesi o meglio
“gatton gattoni”, dato che l’entrata è
Piancavallo per tutte le età
Calziamo le ciaspole e via
Iniziata di giorno, la passeggiata finisce in notturna
Piancavallo è nata negli anni Sessanta
L’Alpine Coaster o bob su rotaia
per provare il brivido della velocità
Ciao, abbiamo “rifatto i letti”!
Al sabato arrivano i bambini
della scuola di sci di Portorose
... e dopo ciaspolata notturna il
premio: la sostanziosa cena alla
Baita Arneri
Ciaspolata e risveglio
Evviva l’aria aperta, ma qua al calduccio si sta meglio
32 Panorama
Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 6-7
Una buona colazione dopo la notte ci vuole
Lo snow park per i bambini
29
Quando gli altri impianti chiudono si vaPanorama
al Palaghiaccio
29.1.2010 12:23:17
Renzo con la motosega dimostra come si inizia a fare la casa di ghiaccio
Ognuno si porti un pezzo, così riusciamo
r
a costruire l’igloo bar
Ci vuole pazienza: il bar sarà pronto tra giorni
Il villaggio igloo
Quindici in tutto gli
igloo, manco a dirlo
tutti prenotati
per San Valentino
La volta del tetto vista dall’interno
La temperatura
interna al pomeriggio era di -0,5 gradi
Si entra distesi
“Beh, è proprio solida”, Stefano Munari non ha dubbi
All’interno c’è un tappettino di gommapiuma che protegge
il corpo dal ghiaccio sottostante
30 Panorama
Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 8-9
“Bello qua dentro”, hanno esclamato
Maila e Stefano appena entrati
“Siamo rimasti
r
vivi”, ci hanno detto Luca e Jessica
dopo che li abbiamo svegliati
Panorama 31
29.1.2010 12:23:31
Piancavallo per tutte le età
Calziamo le ciaspole e via
Iniziata di giorno, la passeggiata finisce in notturna
Piancavallo è nata negli anni Sessanta
L’Alpine Coaster o bob su rotaia
per provare il brivido della velocità
Ciao, abbiamo “rifatto i letti”!
Al sabato arrivano i bambini
della scuola di sci di Portorose
... e dopo ciaspolata notturna il
premio: la sostanziosa cena alla
Baita Arneri
Ciaspolata e risveglio
Evviva l’aria aperta, ma qua al calduccio si sta meglio
32 Panorama
Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 6-7
Una buona colazione dopo la notte ci vuole
Lo snow park per i bambini
29
Quando gli altri impianti chiudono si vaPanorama
al Palaghiaccio
29.1.2010 12:23:17
Reportage
piccolina. Dentro solo tanto ghiaccio
e un tappeto alto 8 centimetri di gomma soffice. Bellissimo lo spettacolo del sole che fa capolino fra i pezzi
di ghiaccio. Su uno vi è conficcato il
termometro: -0,5 gradi. Appena “accomodati” tutti a lezione di “edilizia
ghiacciata”. Renzo spiega: “Per ogni
rifugio, che ha un diametro di due
metri, ci vogliono circa 150 blocchi di
ghiaccio dal peso ciascuno di 25 chilogrammi. La neve compatta trasformata in ghiaccio si taglia con la motosega in blocchi uguali che vengono
posti in cerchio, poi man mano che
vengono messi uno sopra l’altro ogni
giro viene leggermente rientrato per
poter arrivare alla forma quasi rotonda dell’igloo. Arrivati in cima, l’ultimo blocco fa da tetto. Quindi all’igloo
viene data la forma e i blocchi vengono compattati riempiendo le fessure
con la neve che durante la notte gela
ed ecco pronta la ‘casetta’. L’entrata
è leggermente rialzata rispetto all’interno per permettere una miglior circolazione d’aria. All’interno c’è un
materassino di gomma soffice dello
spessore di otto centimetri. Noi vi daremo i sacchi a pelo, una torcia frontale e...’buona notte’. Domande?”. Subito ne arriva una raffica: “Quant’è la
temperatura di notte fuori e dentro?”
“Fuori si arriva anche a -18 gradi dentro ora siamo a zero gradi ma con il
calore del corpo si arriva a 7-8 gradi.
Stando più ore si può arrivare anche a
18 gradi”, risponde Renzo, e aggiunge
scherzosamente “gli eschimesi ci vivono tutto l’anno qua dentro. Comunque vi ho raccontato tutto ciò perché
questo vuole anche essere una specie
di corso di sopravvivenza. Mettiamo
il caso che per disgrazia dobbiate passare una notte in alta montagna senza possibilità di soccorso. Sul ghiaccio si può sopravvivere scavando una
specie di ‘fossa’ lunga quanto il vostro
corpo, e ad almeno 50 centimetri dalla superficie per far arrivare l’aria da
respirare. Il ghiaccio si riscalderà con
il calore del vostro corpo e vi permetterà di sopravvivere anche più giorni.
Ma andiamo avanti con il nostro programma, ora mettiamo le ciaspole, la
lampada frontale e andiamo a fare un
giro per il bosco”.
Detto fatto, tutto il gruppo di cui
nessuno aveva mai camminato con
le racchette da neve, si è preparato e
via, lungo i boschi, con un cielo carico di stelle che sembrava potessero
venir toccate con mano. E nonostante
il freddo ce l’abbiamo fatta, dato che
camminando ci si riscalda. Dopo due
ore eccoci alla baita, felici dell’esperienza fatta e subito un grappino per
riscaldarsi prima di cena. Una cena
con i fiocchi con Tiziana che gestisce
la baita e che ha anche il suo bel da
fare dato che qui una volta alla settimana si organizza la “cena al rifugio”
e quindi la seggiovia lavora anche la
sera per portare gli ospiti degli alberghi di Piancavallo in cima per gustare le specialità del posto. “Ora che vi
siete riscaldati e rifocillati, ci caleremo con la seggiovia a Piancavallo ad
una degustazione di vino, poi torniamo su e ci facciamo una ciaspolata
per riscaldarci e quindi tutti a nanna.
Ricordatevi che durante la notte dovete chiudere l’entrata dell’igloo con gli
yaina ma dovete lasciare una piccola
fessura affinché l’aria circoli” precisa
Renzo.
La mattina dopo abbiamo atteso
che uno ad uno uscissero dall’igloo
per raccogliere le impressioni. “Bello - hanno detto tutti -, freddo sì, ma
ce lo aspettavamo. Il silenzio ovattato dell’interno è un’esperienza unica”.
Solo due non riuscivano a svegliarsi e
mentre gli altri avevano già fatto colazione al calduccio della baita Jessica e Luca non uscivano. Allora tutti
a gridare “sveglia ragazzi”. Ed ecco
che fanno capolino dal sacco a pelo.
“Come va?” chiedo loro. “Bene, abbiamo dormito stretti stretti per riscaldarci, ma certamente è stata una bella
esperienza”.
Alla baita, al caldo poi tutti hanno
voluto dire qualcosa. “Mancava il cuscino” ci ha detto uno di loro. “Avevo
freddo al viso”, un’altro, “Ho i piedi
ghiacciati” fa il terzo . In conclusione
tutti felici per aver provato qualcosa
di diverso anche non essendo stati in
Lapponia.
Da rilevare infine che il villaggio
igloo esiste da tre anni e finora vi hanno soggiornato oltre 500 persone. Il
soggiorno viene organizzato durante
il fine settimana e se il tempo lo permette o meglio se le case di ghiaccio
non si sciolgono, si arriva fino a fine
marzo. Tanto per dire una: per San Valentino tutti gli igloo sono prenotati,
come dire “due cuori e un... igloo”. ●
Renzo Grava, l’ideatore
del villaggio igloo
L’Accademia Alpina
L’
Accademia Alpina nasce
per promuovere e divulgare la cultura della montagna
in tutte le sue forme, per rispondere all’esigenza di forme di turismo alternativo ed ecocompatibile, per far vivere emozioni a
contatto con la natura. Ha sede a
Claut, in Friuli Venezia Giulia,
opera ovunque ci siano montagne o bisogno di esse, ed è uno
strumento che prevarica confini geografici etnici, politici e
culturali. Dietro c’è una grande
passione per la montagna, vissuta, scoperta ed esplorata e c’è
la voglia di farla conoscere agli
altri.
Tanti i programmi per una
vacanza un po’ speciale che gli
istruttori dell’accademia costruiscono appositamente per gli
ospiti, in base alle proprie capacità, esperienze o voglie. Le attività offerte sono MTB, Nordic
Walking, Arrampicata sportiva,
Canyoning, Percorso avventura, Trekking, Percorsi benessere,
ma anche gite in mountain bike
all’interno del territorio del Parco Naturale delle Dolomiti Friuliane. Oltre al villaggio igloo è
un’occasione per vivere la malga
in montagna, imparare anche gli
antichi mestieri come l’arte del
boscaiolo, la fienagione, ecc. Insomma l’Accademia alpina offre
di tutto e per tutti i gusti. ●
Panorama 33
Letture
I
n queste pagine, tradizionalmente riservate “allo
scrivere”, pubblichiamo stavolta un racconto di
Tina Braico, alunna dell’ottava classe della scuola
”Pier Paolo Vergerio il Vecchio” di Capodistria, se-
gnalatoci dalla docente d’italiano, prof.ssa Lorena
Chirissi. Si tratta di uno scritto che per il tema, i richiami e i rimandi ci sembra particolarmenre degno di
un’attenta lettura.
«Doppia anima»
Fantasma
Sentii un pianto, un pianto di un neonato. Cercai nella
stanza bianca, piena di luci al neon accecanti. Mi fermai davanti ad una culla. Vidi una creatura bellissima: un bambino
dalla pelle chiara e dalle guance rosse coperte da tubicini. Gli
occhi cerulei erano immersi nelle lacrime. Gli guardai le mani
e notai un cartellino. Realizzai che mi trovavo in un ospedale.
Il foglio attaccato al letto diceva che il bebé si chiamava Alex,
ma il cognome non c’era. Lessi il suo stato qualche riga più in
basso e ne rimasi impietrita. Stava morendo.
Feci qualche passo indietro e mi guardai intorno. Non
c’era nessuno. A quel punto la camera si annebbiò e mi ritrovai nel mio letto.
Mi strofinai gli occhi e incominciai a vedere meglio. Mi
sedetti sul cuscino e appoggiai la testa sulla mano. Avevo di
nuovo sognato mio fratello. Mia mamma mi aveva raccontato
di lui e del suo problema al cuore. Mi aveva detto che sarebbe
stato un ragazzo bellissimo, che purtroppo non era mai diventato. Era morto una settimana dopo il parto. Diceva che il 24
novembre 2009 avrebbe compiuto diciassette anni.
Quel giorno a scuola sembravo uno zombie. Non avevo
dormito molto a causa del sogno. Decisi di non ripensarci.
Cercai di non avere una faccia stanca e camminai nei corridoi
con un leggero sorriso sulle labbra. Salutai i miei compagni
che insieme a me si avviarono nell’aula di storia. Appoggiai
lo zaino a terra e mi sedetti sul banco per conversare con gli
altri. L’argomento del giorno erano Samantha e un ragazzo
che da un paio di settimane si fermava davanti alla scuola.
In un certo senso stavano insieme, ma noi non li vedevamo
mai come una coppia. Quando la conversazione diventò noiosa tirai fuori i libri. Mancava poco all’inizio delle lezioni e
quando la professoressa Margaret entrò in classe tutti ci alzammo.
Si parlava dei Maya e degli Aztechi... Ne parlavamo da
giorni.
Per tutta l’ora non riuscii a pensare ad altro che ad Alex.
Avrei voluto tanto conoscerlo e sapere come sarebbe stata la
vita con due fratelli. Però avrei anche voluto che mia madre
non mi avesse parlato di lui, così mi sarei risparmiata il tormento di pensarci tutto il tempo.
Probabilmente ero l’unica ragazza al mondo che volesse
avere un fratello in più, insomma chi non odia almeno un po’
il proprio fratello?
Non mi accorsi del suono della campanella, ma vedendo gli altri andare via mi alzai anch’io. Diedi un’occhiata
all’orario. L’ora successiva avevamo chimica.
Vanessa mi accompagnò in classe.
“Hai delle occhiaie tremende” osservò lei. “Non che tu
non le hai mai avute, ma oggi le hai ancora più scure” aggiunse. La sua grammatica era pessima. Non mi andava di correggere: non che tu non le abbia mai avute.
34 Panorama
“Non ci posso fare niente se sono nata con le occhiaie”
feci sedendomi al mio posto.
“Nessuno nasce con le occhiaie!” ribatté Vanessa incrociando le braccia.
“Beh, io sì” dissi. Lei si sedette accanto a me cercando il
quaderno nella borsa tutta scarabocchiata.
“Buongiorno!” salutò il professore di chimica entrando
con il suo solito caffé. Iniziò subito a dettare.
“Scrivete: La nube elettronica” ordinò e iniziammo a scrivere.
Le ore erano tutte più o meno così, noia e scrivere.
Quando le lezioni finirono mi sedetti sul muretto davanti
alla scuola e mi appoggiai alla ringhiera dietro di me. Sbadigliai un paio di volte. Sentivo qualcuno urlare, ridere, parlare,
cantare... Troppo rumore!
Chiesi un passaggio alla madre di Sara perché non avevo
voglia di tornare a casa a piedi.
“Ciao e grazie!” salutai scendendo dalla macchina. Sara
mi salutò con la mano e io scesi le scale fino ad arrivare al
mio appartamento.
“Ciao” gridò Jack dalla cucina. “Ti va il riso?” chiese poi.
“Sì, grazie. Però prima devo sistemarmi” risposi. Mi tolsi
le scarpe e buttai lo zaino in camera mia. Ad un tratto mi sentii stanca. Non avevo più voglia di mangiare.
“Senti, lascia stare il riso. Non ho tanta fame e poi vorrei
andare a riposare” spiegai raggiungendo mio fratello.
“In effetti hai un’aria stanca... Beh, allora buon riposo!”
alzò le spalle.
Mi addormentai subito.
Ero di nuovo nella stanza bianca, ma questa volta non
c’erano né culle né pianti. I letti erano vuoti. Alla fine della
camera vedevo un’ombra. L’ombra avanzò verso di me e da
essa spuntò un ragazzo.
Era alto e muscoloso. Aveva gli zigomi ben definiti e il
naso leggermente all’insù. Riconobbi gli occhi del bambino
nella culla, erano di un azzurro chiaro come il cielo in una
giornata soleggiata e senza nuvole. Aveva labbra carnose, che
vedendomi si aprirono in un ampio sorriso.
“Ciao” disse. La voce era bellissima, con toni alti un po’
femminili. Si avvicinò di più.
“Chi sei?” chiesi attenta.
“Lo sai, chi sono. Non noti una certa somiglianza tra me e
te?” fece altri due passi.
“Tu sei... Oh!” non riuscii a finire la frase. In effetti avevamo gli stessi occhi, il naso, le labbra... I capelli erano biondo
castani con sfumature scure. Tutti i Hall avevano gli occhi azzurri, il sorriso gigante e i capelli inizialmente biondi.
“Nessuno prende mai gli occhi scuri e la faccia tonda di
mamma” rise. Sorrisi, perché era vero. Dalla generazione dei
bisnonni tutti avevano gli occhi chiari e la faccia ovale.
“Ho sempre voluto conoscerti, anche se credo che non saresti diventato proprio così. Mamma mi ha detto che eri un
Letture
bambino bellissimo ma purtroppo...” spiegai, prima che finissi sentii gli occhi bagnati e la vista si annebbiò.
Aprii gli occhi. Sapevo che era stato solo un sogno che sicuramente non avrei più fatto. Guardai l’orologio sul comodino. Possibile che avessi dormito così tanto?
Erano le nove passate, decisi di restare a letto. Quando mi
girai dall’altra parte sentii freddo ai piedi. Mi alzai per raccogliere la coperta da terra e lo vidi. Era seduto al bordo del letto. Mi sedetti spaventata.
“Chi sei? Come hai fatto ad entrare?” chiesi io in preda al
panico. Cercai con le mani le forbici sul davanzale della finestra. Ero pronta a ficcargliele nelle budella.
“Calmati. Sono io, Alex” spiegò sorridendo.
Caddi dal letto, ma lui mi rialzò su con facilità. Mi prese
le forbici dalle mani e le appoggiò sulla sedia. Lui era uguale
a quello del sogno.
“Sto ancora dormendo... Ti prego, svegliati, svegliati, sveglia...”
“Non stai dormendo” mi interruppe.
“Che stai dicendo? Certo che sto dormendo. Non puoi essere vivo. Tu sei morto!! Diciassette anni fa. T-tu non... Io
devo svegliarmi al più presto...”. Mi tappò la bocca con la
grande mano. Stavo per esplodere. Era un fantasma? Era possibile?
“Non stai dormendo e io sono morto” disse ancora sorridente.
“Sei uno spettro, vero? Uno spirito un... fantasma!” chiesi tremando.
“Sì. E non dire che non esistono i fantasmi perché non è
così. Quello che dicono di noi è falso: primo, potete toccarci
e non passiamo oltre i muri. Secondo, non possiamo volare. E
terzo, ci vedono solo quelli che ci pensano di più. Ah, a proposito, grazie per averlo fatto. Se non mi avessi pensato così
intensamente nemmeno tu mi avresti potuto vedere. Neanche
mamma e papà pensano più a me. Figurati quel deficiente di
Jack...”.
Risi di quello che aveva detto, aveva ragione.
“Se sorridessi più spesso andrebbe meglio” suggerì.
“Non è tanto facile, lo sai?” dissi triste.
“Purtroppo lo so” il suo bellissimo sorriso sparì in un attimo. Lo guardai attentamente. Mamma aveva ragione: era
bellissimo.
“Che c’è?” chiese curioso.
“Niente. È che ti trovo davvero carino” confessai arrossendo. Il sorriso tornò.
“Beh, grazie... sorellina” disse. A quella parola mi bloccai.
Non poteva essere vero. I fantasmi non esistevano. Lui era
morto tanti anni fa, perché aveva aspettato tanto per venire?
“Perché non sei venuto prima?” chiesi.
“Io ero sempre qui solo che tu non potevi vedermi” rispose. Non capii.
“Cioè?”
“Neanche io non ho capito bene, ma credo che quando
qualcuno inizia a sentire la tua mancanza o vuole conoscerti,
come nel tuo caso, può vederci. Io stavo in casa tutto il tempo” spiegò. Tutto il tempo? Oh...
“Ehm, vedevi tutto?” chiesi agitata.
“Sta tranquilla, non ti guardavo mentre facevi la doccia”
disse ridendo. Tirai un sospiro di sollievo.
“Con chi parli?” sentii mamma sulla porta. Mi girai di
scatto. Non l’avevo sentita entrare.
“Eh... sto ripassando. Domani vengo interrogata” inventai.
”Alle undici di sera? Non sei stanca?” chiese.
“No, dopo scuola sono andata a dormire” spiegai. Ed era vero.
“Ah, giusto. Jack mi ha detto di non svegliarti” fece e richiuse la porta.
“Impara a mentire” mi rimproverò.
“Non sono brava, ma era mezza addormentata”
“Sì... Non posso dire che lei mi manchi perché la vedo
sempre” disse “Ma vorrei tanto parlarle”
“Mi dispiace.”
“Anche a me.”
Amici
Il giorno dopo Alex mi accompagnò a scuola, aveva insistito: “E se i miei compagni mi vedono mentre ti parlo? Penseranno che sono pazza” dissi cercando una soluzione. Avrei
potuto parlargli solo quando non ci fosse stato nessuno...
Come se mi leggesse nella mente rispose: “Parleremo
quando non ci saranno intorno”
“Mi hai tolto le parole di bocca” spiegai e lui sorrise.
Appoggiai la borsa sul muretto della scuola. C’erano solo
Dane, che come al solito faceva il cretino ballando a ritmo di
musica rap, e delle ragazze della settima classe dall’altra parte
del cancello. Vidi arrivare Samantha.
“E lei quella di cui mi hai parlato? Quella che sta con il
tipo che viene sempre davanti alla tua scuola?” chiese Alex.
“Sì, ma non dirlo a nessuno” risposi, fingendomi severa.
“Oh, stà tranquilla che non mi sentono” disse ironico. Samantha si avvicinò a me, beh, a noi.
“Ohi! Come va?” mi salutò.
“Mai stata meglio” dissi entusiasta con un sorriso da record.
“Hai dormito? No, non ci credo” fece strabiliata.
“Sì. Perché tutti pensate che io non dorma? Io dormo...
poco, ma dormo” dissi.
“Non hai delle occhiaie profonde” aggiunse lei fissandomi
come se mi avesse visto per la prima volta.
“Oggi ho dormito bene” risposi alla sua espressione sbalordita.
“Sonni tranquilli, eh?” fece provocandomi.
“Sì” risposi sorridendo al ragazzo seduto vicino a me, lui
ricambiò. Samantha mi guardò perplessa, ma continuò.
“Chi è entrato nei tuoi dreams?” chiese sfacciata.
“Che ti importa? Fatti miei” Alex mi guardò ridendo.
“Che stai guardando?” chiese curiosa “È lui? Dov’è?”
“È lui, ma non lo puoi più vedere, ha girato l’angolo” mentii.
“Uffa!” si lamentò triste.
“Dai, entriamo in classe” feci saltando giù dal muretto. Afferrai lo zaino che Alex mi porgeva e mi avviai verso la prima ora di lezione.
“Posso chiederti un favore?” chiesi camminando per il
corridoio ancora vuoto.
“Dimmi…”
“Mi suggeriresti le risposte per chimica? Mi interroga per
davvero!” lo guardai con la faccia da cagnolino bastonato.
“Okay, solo perché è la mia materia preferita” sorrise.
“Grazie, Alex” era la prima volta che pronunciavo il suo
nome. Delle mie compagne dall’altra parte del corridoio mi
guardavano curiose. Io sorrisi e corsi in aula.
“Qual è il numero dei protoni e degli elettroni negli isotopi
di un elemento?” chiese il professore.
Panorama 35
Letture
“Hanno lo stesso numero” suggerì il mio nuovo compagno di banco.
”Hanno lo stesso numero” risposi, riprendendo la risposta di Alex.
“Complimenti, Alyssa. È la prima volta che rispondi tutto
giusto, ottimo” disse il prof soddisfatto. “Vedete, è così che
dovete studiare. Prendete esempio” aggiunse guardando gli
altri in classe.
“Mi devi un favore” sussurrò il mio compagno. Era una
fortuna che gli altri non lo vedessero né lo sentissero. Sorrisi
beffarda, consapevole di aver imbrogliato.
Per fortuna il professore di matematica non c’era, quindi
avevamo un’ora libera in biblioteca. Chiesi al bibliotecario se
potevo andare in bagno.
“Non mi devi nessun favore. Hai già fatto tanto per me”
disse il mio compagno di banco.
“Bene, allora siamo pari. Ti serve altro, fratellone?” feci
scherzosa.
“Perché dobbiamo essere proprio fratelli?” m’interruppe
Alex, improvvisamente brusco.
“Non vuoi che siamo fratelli?” chiesi prudente.
“No” rispose. Ora stava quasi per scoppiare a ridere.
“Ehm, stai bene?” chiesi come se parlassi a un matto.
“Avevi una faccia così ridicola! Non pensare male. Non
voglio essere tuo fratello perché vorrei essere tuo amico. Insomma, non abbiamo vissuto insieme come fratelli e adesso
che ci conosciamo siamo diventati amici... in un certo senso”
spiegò. Quel discorso era pienamente sensato. Perché dovevamo proprio essere fratelli? Io avevo pensato a lui come amico, non come fratello. Non lo vedevo come vedevo Jack.
Guardai l’orologio. Erano passati due minuti, ciò significava che dovevo rientrare in biblioteca. Uffa!
“Ah, okay. Dobbiamo tornare sennò il bibliotecario mi
mette l’ennesima nota perché sono scappata dalla biblioteca”
dissi strisciando nella stanza che odorava di carta e di legno
laccato. Odiavo la biblioteca... o odiavo il bibliotecario? Chissà se la carta è buona da mangiare... pensai.
Non avevo idea dei pensieri che mi frullavano in testa in
quel momento: odori, biblioteche, cibo, carta... Avevo nel cervello la totale confusione.
Ritrovai la lucidità mentale. Mi succedeva spesso di avere
tante cose nella mente e di distaccarmi dal mondo pensando a
miliardi di cose contemporaneamente.
“Che cavolo...?” mi sentii smarrita. Scossi la testa e vidi
che il mio nuovo compagno di banco, nonché mio nuovo amico, mi stava fissando con i suoi occhi limpidi.
“Confusione mentale” bisbigliai. “Mi succede quando
cambio la prospettiva su qualcuno, non so perché…”
“Aaah...” sospirò sedendosi con me dietro i banchi più
bassi delle superiori.
Sensazione proibita
Schiacciai una formica, due, tre... La casa ne era infestata!
“Da dove vengono tutte queste formiche?” chiesi. Non
sentii nessuna risposta. Mi girai e vidi Alyssa con le cuffie
nelle orecchie. Le diedi uno scossone e aprì gli occhi. Spense
l’iPod e si alzò dal letto.
“Ah?” fece irritata e inarcò le sopracciglia chiare. Evidentemente l’avevo svegliata.
“Stavi dormendo?” chiesi.
36 Panorama
“No... Ascoltavo musica, come vedi” rispose buttandosi
di nuovo sul letto scricchiolante. “Che stai facendo?”
“Ammazzo formiche” risposi ridendo.
“Opss!” disse “Devo aver lasciato il pacchetto di Pocket
Coffee in giro”.
“E poi ti lamenti che gli altri pensino che tu non dorma”
sospirai facendo un giro sulla “sedia che gira”, come Aly
l’aveva chiamata.
“Hai voglia di fare una foto insieme a me?” chiese sollevandosi di nuovo.
“Sì, perché no?” risposi e mi sedetti accanto a lei portandole il suo cellulare.
“Mi raccomando sorridi” disse severa.
“Ai suoi ordini Madame” feci un bel sorriso sincero e il
flash scattò.
“Carina” commentò contenta. Mi lasciai cadere di nuovo sulla sedia girevole e guardai Alyssa. Mi sorprendeva che
non avesse ancora un ragazzo. Era davvero carina. Certo,
non era la più bella del mondo... ma, in fondo, l’aspetto fisico non importava. Lei era simpatica, socievole e sempre
pronta a scherzare, anche se a vederla bene sembrava uno
zombie.
Mi sorprese a guardarla e girai lo sguardo all’istante,
cercando altre formiche da schiacciare sul tavolo disordinato.
“Mi annoio” si lamentò d’un tratto.
“Che cosa vuoi fare, allora?” domandai curioso.
“Inventiamo una storia e ognuno dice una parola” esultò
lei alzandosi. Ecco un’altra cosa che mi attirava in lei: aveva
un carattere molto infantile, ma quando serviva era matura.
“D’accordo, chi incomincia?”
“Tu!” rispose. Ci pensai su.
“Allora, c’era”
“Una”
“Volta”
“Una”
“Amm... Ragazza”
“Che”
“Incontrò”
“Vediamo... Il”
“Suo”
“Bellissimo”
“He he... Fratello”
“Uffa! Volevo dire principe...” mugolò. Sorrisi.
“Vabbè. Che”
“Non”
“Voleva”
“Essere”
“Un”
“Fratello”
“Ma”
“Addirittura”
“Un”
“Amico”
Continuammo. La storia ebbe una svolta incredibile.
“Come fanno due fratelli a innamorarsi?” chiese Alyssa
massaggiandosi la tempia per la confusione.
“Dimentichi che hanno fatto un accordo: non sono fratelli, ma amici” chiarii.
“Aah... Giusto. Quindi due... amici potrebbero anche fidanzarsi?” continuò arrossendo.
Letture
“Certo, ma anche due fratelli potrebbero stare insieme...
Se c’è amore, tutto si può! Lo sapevi che nell’antichità alcune
famiglie celebravano nozze tra fratelli?” feci.
“No. Però hai ragione: se c’è amore, si può fare tutto” ripeté. Era assolutamente vero. Perché due parenti non potrebbero stare insieme? Non era poi tanto sconvolgente, anche se
la società non lo accettava.
“Che ore sono?” chiese poi distrattamente.
“Le sette e trentacinque”.
“Ho fame” ribadì.
“Allora vai a mangiare”.
“Okay, ma resta qua, non è bello se qualcuno ti guarda
mentre mangi” e corse in salotto.
“Non mi muoverò da qui”, mi sdraiai sul letto scricchiolante,
presi l’iPod appoggiato sul comodino e premetti play. La canzone che stava ascoltando era Never Think. Era bella. Pura...
C’erano solo la chitarra e la voce, che avevano in ogni
nota un suono malinconico. Mi immersi nella musica.
Dopo quella canzone ce n’era un’altra, sempre con la
chitarra, sempre triste. Stavo ascoltando la sesta canzone di
quella playlist, quando entrò Alyssa. Aveva sulle labbra un
sorriso dolce e gli occhi socchiusi. Si avvicinò al letto sedendosi accanto a me. Mi alzai. Lei si avvicinò ancora e io non
potei fare altro che fare la stessa cosa...
“Alyssa” sussurrai.
“Eeh?” la sentii vicino a me. Aprii gli occhi. La luce era
spenta, fuori era già buio.
“Mi sono... addormentato?” chiesi.
“Aha” e sbadigliò. Mi voltai dall’altra parte del letto ed
eccola lì, a pochi centimetri dalla mia faccia.
“Scusa se ti ho svegliata”
“Non fa niente, tanto fra un’ora devo comunque svegliarmi, sono quasi le sei” mormorò.
“Ed è così buio?”
“La luce della strada non funziona” chiarì e si sedette sul
letto. Feci lo stesso.
“Oh, okay” dissi.
“Russi” accusò stiracchiandosi.
“Che c’entrano i russi?” chiesi non capendo di cosa stesse parlando.
“No, scemo... Tu russi” ridacchiò picchiettando sulla mia
fronte.
“Davvero?” non pensavo che i fantasmi russassero, a dir
la verità non sapevo neanche che potevano dormire. Non avevo mai dormito prima d’ora. Aly posò poi la mano sulla mia
fronte. Il contatto con le sue dita mi provocò un brivido per
tutto il corpo. Aveva un’espressione strana.
“Che cosa c’è?” chiesi prudente.
“Sei... caldo?” sussurrò.
“Ma certo che sono caldo. Perché...?” non compresi subito.
“Oh, beh... Forse... è per il fatto che non ti ho mai toccato.
Ma quando stai vicino sento freddo” spiegò, passando dalla
fronte alla guancia sinistra. Posò l’altra mano sulla guancia
destra.
Un altro fremito nel mio corpo.
“Ah, sì?” mormorai guardandola negli occhi. Annuì alzando, anche lei, lo sguardo.
Solo un sogno
I suoi occhi avevano un effetto ipnotizzante su di me. Non
riuscii a muovermi. Sentii sotto le mani surriscaldate la ma-
scella serrata. Alzò le braccia, ma prima di prendere il mio
viso tra le mani sembrò incerto. Cinque centimetri ci separavano.
“Anche tu sei calda” disse sottovoce “Anzi, ora sei bollente” aggiunse provocante.
“Ah, sì?” feci e sorrisi leggermente.
“Sì” sussurrò e venne ancora più vicino. I centimetri diventarono quattro, tre, due... Chiusi gli occhi aspettando di
sentire le nostre labbra toccarsi, ma si fermò e sorrise.
“È possibile che due fratelli s’innamorino?” chiese. Sapevo dove voleva arrivare.
“Non ricordi? I due fratelli hanno fatto un patto. Non sono
più fratelli, sono amici” spiegai con un filo di voce.
“Quindi, ora, i due amici... potrebbero baciarsi?” continuò.
“Se l’amico se la sente di farlo... Ma se non lo facesse
l’amica potrebbe rimanerne delusa” feci.
“Allora non deludiamola” e finalmente le mie labbra sentirono il contatto con le sue. Tutto intorno a noi diventò fuoco.
Le mie mani scesero sul suo petto. Il cuore gli batteva a un ritmo veloce, però disuguale.
Sentii il suo respiro caldo in sincronia con il mio. Tenni gli
occhi chiusi fino all’ultimo secondo.
Li riaprii... La prima cosa che vidi era la parete del soffitto. Non era l’ultima cosa che avevo davanti pochi secondi prima. Mi agitai. Non ricordavo di essermi addormentata. Scavai
nella testa, ma l’ultimo sogno che ricordavo di aver fatto su
Alex era la sera che l’avevo conosciuto per davvero. Oh, cavolo!! pensai. Era stato soltanto un sogno? Uno di quelli in cui
pensavo di essere sveglia? Un misero... sogno?
“Solo un altro sogno” sospirai. Guardai verso i piedi e vidi
Jack fissarmi curioso.
“Che c’è?” feci guardandolo arrabbiata. Era colpa sua se
mi ero svegliata.
’Grazie mille, deficiente. Hai rovinato il momento più bello della mia vita... Ti odio!’ avrei voluto gridargli.
“Prima o poi dovevi svegliarti. Sono più di sedici ore che
dormi, iniziavamo a preoccuparci. Okay, va bene che siamo
in agosto, ma non credi di dormire un po’ troppo?” fece. In
agosto?!?
No, non poteva essere... non doveva essere così. Controllai
il cellulare. Aprii la cartella delle fotografie. Non trovai quella
in cui c’eravamo io e Alex.
Iniziai a piangere. Mi coprii il viso con le mani.
“E adesso che hai?” chiese scocciato mio fratello.
“È tutta colpa tua” stavo per dirgli. “Adesso lui non lo saprà mai. Non potrà più esserci per colpa tua! Io ti odio, ti odio,
ti odio, ti odio... Più di ogni altra persona al mondo!! Ora vattene via e non tornare più nella mia stanza. Vattene! Infetti la
mia aria, la sua aria!!” gridai spingendolo fuori dalla mia camera e sbattendo la porta.
“Alex, ti prego... Dimmi che non è stato solo un sogno.
Dimmi che ci sei. Ti prego, ti supplico” caddi in ginocchio.
Non riuscivo a reggermi in piedi dal dolore.
Trovai un foglio per terra. Era la nostra fotografia. La presi
in mano e la girai dall’altra parte.
C’era scritto qualcosa in bella grafia:
”Mi dispiace, non sono potuto restare. Mi manchi.
Alex
P.S. Ti amo!”
Lessi.
Una lacrima cancellò le ultime parole.
Panorama 37
Libri
Giacomo Scotti: Gente dell’Adriatico (Ediz. della Laguna-Comune di Monfalcone)
Vicende delle nostre contrade
di Mario Simonovich
L
a sua Nora sapeva tanto d’italiano “quanto bastava per chiedere un prestito”. A dirlo è il
marito, che risponde al nome di James Joyce e che “conosceva” da vicino queste contrade in quanto, con
la consorte, era vissuto per qualche mese a Pola e quindi, per diversi anni, a Trieste. Nessuna meraviglia
dunque che, offertosi quale insegnante di inglese nella città istriana, avesse chiesto subito un anticipo sullo stipendio, che sarebbe poi stato superiore a quello di un tenente austriaco.
Il soggiorno non durò più di quattro
mesi, dopo di che la coppia si trasferì
a Trieste dove Nora fu più volte costretta a chiedere in giro soldi anche
per comprare il petrolio per l’illuminazione.
I casi occorsi a Joyce costituiscono una delle tante vicende trattate da Giacomo Scotti in Gente
dell’Adriatico (Edizioni della Laguna - Comune di Monfalcone) che
ha quali protagonisti in primo luogo
Dante Casanova, Marco Polo, D’Annunzio, e quindi diversi altri, per evocare, come si dice fin sulla copertina, storie ed avventure lungo le terre
della Serenissima. Che restano tali,
nell’identificazione geosociale, anche per decenni, secoli anzi, dopo la
sua scomparsa.
Da una pagina all’altra sfilano così
non tanto fatti “epici” nuovi quanto
dettagli, in apparenza minori, minori che però integrano efficacemente e
danno talvolta prospettive diverse ai
fatti di cui si diceva, o, in altri casi,
sono un pregevole compendio dei
“ricami” cui una o l’altra vicenda, in
genere piuttosto nota, è stata successivamente oggetto. Parlando dell’isola di Lagosta (Lastovo), ad esempio,
si afferma che qui, come sull’intero
territorio della Repubblica ragusea,
di cui faceva parte, l’italianità prevalse per secoli nell’amministrazione,
nella scuola e anche nelle tradizioni. Nessuna meraviglia, visto che fra
i novanta marittimi vissuti fra la fine
del ‘700 e l’inizio dell’800, annotati
38 Panorama
dallo studioso croato Josip Luetić in
un volume del 1984, figurassero cognomi quali Dragosin, Fantella, Calamotta, Medici, Parente, Pasquali,
ecc., che si guadagnavano il pane su
velieri chiamati “Sacra famiglia” o
“L’anima del purgatorio”. Di Nazario Sauro si narrano i dettagli successivi alla cattura. Era ben noto che per
l’identificazione - egli dichiarò fino
all’ultimo di chiamarsi Nicolò Sambo e di essere veneziano - gli furono fatti sfilare davanti ventisette testimoni, fra cui la madre. Al vedersela davanti, è ben noto, rispose di
non conoscere la signora. Meno noto
invece che la sua vera identità fosse
confermata da un “aggiunto di porto”
di Lussinpiccolo e da un pilota di Isola, ma soprattutto che fu il marescial-
lo Steffé, suo cognato, a dire l’8 agosto 1916: “È lui, il capitano di piccolo cabotaggio Nazario Sauro, fratello di mia moglie”. Due giorni dopo,
l’impiccagione.
Intense e a tratti commoventi le
pagine in cui si parla di Curzio Malaparte, che fu in rapporto d’amicizia con Erich Vio, medico, figlio di
Antonio, l’ultimo podestà della Fiume ungherese. L’incontro avvenne in un ospedale cinese dove i medici gli avevano riscontrato un cancro al polmone, ma non lo avevano
detto al malato. Grazie all’adoperarsi dell’amico (e all’intervento del governo russo) Malaparte fu rimpatriato con un aereo a cabina pressurizza-
ta. Lapidaria la descrizione di Vio di
due colloqui. La prima volta, lo scrittore appare come un uomo dai lineamenti regolari e gli occhi caldi e vivaci. Nulla indica ancora la presenza del male. Tre mesi dopo, l’ultimo
colloquio a Roma. Malaparte, annota Vio, “è soltanto una pallida ombra
dell’uomo brillante che era stato”.
Parlando di Zara, l’autore si sofferma in particolare su Ambrogio
Cariboni, nato nel Comasco, laureato
in medicina a Pavia e giunto in città
con l’amministrazione francese. Oltre a fare il medico condotto a Pago
(dove morì e fu sepolto) fu organizzatore della vaccinazione, ispettore per
il rimboschimento, direttore dell’orto
botanico, ma sopratutto il rettore delle Scuole centrali, ovvero di quel Liceo che, trasformandosi, ottenne taluni attributi universitari. Purtroppo
all’epoca il passo fu di breve durata.
Nel settembre 1822 egli consegnò i
22 titoli accademici, i primi in Dalmazia. Meno di un anno dopo però, a
causa dell’impoverimento delle casse erariali in conseguenze delle guerre napoleoniche, la scuola fu chiusa e
i professori mandati a spasso. Questo
sarà comunque il germe della futura
università zaratina.
In sintesi, un libro nato con il profondo e polivalente coinvolgimento del Comune di Monfalcone - città
a cui, va ricordato, Scotti è unito da
tempo da un legame particolare che,
si dipanandosi dai suoi scritti sulla
sorte dei monfalconesi finiti all’Isola
Calva, è stato consolidato dalla cittadinanza onoraria - in cui, viaggiando
metaforicamente in quest’area con,
quali punti d’orientamento essenziali la geografia e la storia, si scavano
ed evidenziano le tracce delle intersezioni e contributi fra gli uomini,
l’economia, le lingue, le culture. Elementi, in particolare nel corso degli
ultimi due secoli, forse talvolta anche spesso e inutilmente contrapposti ma a lungo andare uniti a formare
un armonico insieme che solo le generazioni future saranno in grado di
analizzare e valutare in maniera più
compiuta.●
Pubblicazioni
Pregevole supplemento offerto ai lettori nel n. 20 della rivista Fiume
Porto: strutture e funzionalità
U
n quarto di secolo - che ha visto convulsioni ed evoluzioni
politico-economiche che nessuno si sarebbe potuto rappresentare
con la fantasia nel 1914 - ha servito
a cambiare in molti riguardi la fisionomia di Fiume. Scrivevano gli anonimi autori dell’opuscolo “Il porto di
Fiume” pubblicato nel 1939 dal Comitato per l’incremento dei traffici
del porto cittadino, a cura dell’Azienda dei magazzini generali. Passi che
non più di un anno dopo la città sarebbe stata coinvolta in eventi di portata mondiale che avrebbero fatto diventare ben poca cosa le convulsioni e il mutamento di fisionomia sopra
citati, ottima ci sembra la decisione
della rivista Fiume (Società di studi
fiumani, Roma) di abbinare al n. 20
l’opuscoletto in parola.
Decisione encomiabile perché, riproponendo pari pari la situazione
(per non parlare del linguaggio che,
per chi se ne intende, è motivo aggiuntivo di pregio) di quegli anni, si
propone quale significato supporto
per i confronti con il Porto Baross,
allora in mano jugoslava. Una possibilità, detto per inciso, meno peregrina di quanto possa sembrare, dato
che, prima da parte della federativa e,
dopo il ‘90, non meno da quella croata, è stata sistematicamente sottolineata la propulsività dello scalo suddetto e, nel contempo, la contrazione
dell’attività, anzi la vera e propria decadenza della parte italiana.
L’opuscolo descrive le caratteristiche e possibilità degli impianti
portuali e “arredamenti meccanici”,
i magazzini, i serbatoi, l’abilitazione
al servizio, per cui ad esempio veniamo a sapere che nell’anno 1937 erano transitati 90.375 capi di bestiame.
Il porto offriva infatti sei stalle con
una capienza di 2.600 capi di bestiame grosso”. Il silos, della capacità
complessiva di 8 mila tonn., poteva
lavorare ogni giorno 1.200 tonn. in
entrata e altrettante in uscita. Il movimento era possibile grazie a circa
60 km di binari di smistamento e deposito, con una possibilità quotidiana
d’inoltro di 600 vagoni. In appendice è descritta in sintesi l’attività delle
ditte che fanno capo al porto: i Cantieri Navali del Quarnaro, la cementizia Mareschi, la Compensum, il silurificio Whitehead, per concludere
con la raffineria ROMSA, di cui si
sottolinea fra l’altro il “cospicuo importo destinato alla costruzione di oltre 100 quartieri in 26 case per le proprie maestranze”. Quelle case, come
ben sappiamo, sono ancora oggi un
esempio di “umanità del vivere”. In
quanto alle varie aziende, fatta salva
quella portuale, significative le righe
dedicate all’Azienda monopolio banane istituita nel 1935, che presto si
trovò a disporre di quattro navi bananiere, note come “Ramb” I-IV. Negli
anni e decenni successivi abbiamo
conosciuto in particolare la “III”, in
quanto poi diventata “Galeb”.
Fra i testi interni al fascicolo n. 20
della rivista “Fiume”, due meritano
un cenno particolare. Il primo è “Da
Fiume a Rijeka: la storia di Fiume
nella prima metà del Novecento in
un lavoro di Antonella Ercolani”, ovvero il profilo storico politico in cui
vengono trattati gli eventi dal 1918 al
1947, pubblicato l’anno scorso presso l’editore Rubbettino, trattato da
Giovanni Stelli.
Il secondo analizza la figura di padre Reginaldo Giuliani, un cappellano reduce di guerra a Fiume al seguito di D’Annunzio. Da rilevare inoltre il pregevole testo illustrato sulla
moneta, i servizi postali, le tariffe tra
l’occupazione interalleata e l’unione
di Fiume all’Italia. ●
M. S.
Panorama 39
☺ Il canto del disincanto
di Silvio Forza
Italiani sbagliati e... pizzicotti
D
opo “Istria, cinquant’anni di
solitudine” di Anna Maria
Mori, “Istriani” (reportage per
“Frontiere” della Rai) realizzato da
Stefano Tommasini con la collaborazione di Fulvio Molinari e pochi altri servizi giornalistici che nascevano
più che altro causa la guerra nell’ex
Jugoslavia, ecco che l’Italia - stavolta
proprio l’amata/odiata e schizofrenica Trieste - realizza un documentario
dedicato non soltanto all’Istria bensì
proprio a noi, agli Italiani rimasti. Un
documentario in cui la nostra presenza non viene relativizzata nel contesto molto più spendibile di “area mista”, di “laboratorio della nuova Europa”, ma viene indicata chiaramente,
sin dal titolo, nella sua essenza prima:
siamo Italiani, anzi, come sentenziò
bene Pier Antonio Quarantotti Gambini, siamo degli “Italiani sbagliati”.
Ed è proprio questo il titolo del film
documentario realizzato dal giovane
regista triestino Diego Cenetiempo e
prodotto dalla “Pilgrim Film” e da “Il
Ramo d’Oro Editore”.
Cenetiempo, che precedentemente
si era avvicinato alla letteratura degli
italiani rimasti, ha capito che proprio
questa nostra vasta “letteratura della memoria” era in realtà un’elaborazione simbolica della nostra necessità
di affermare ciò che per troppo è stato negato (meglio sarebbe dire - diniegato), osteggiato o sprezzantemente
umiliato nella formula di locale esercizio autoritario “ma cosa vogliono
questi Italiani?” Della necessità, cioè,
di ribadire le ragioni della nostra legittima presenza e permanenza in Istria,
nel Quarnero e qualche località della
Dalmazia.
Questa “possibilità di narrarsi”,
come ha scritto il nostro Alessandro
Damiani nel suo romanzo “Ed ebbero
la luna”, ha costituito anche una forma
di liberazione, molto simile a quella
avvertita da Carlo Emilio Gadda che
già nel 1950 (“Intervista al microfono”) diceva: “Nella mia vita di ‘umiliato e offeso’ la narrazione mi è apparsa, talvolta, lo strumento che mi
avrebbe consentito di stabilire la ‘mia’
verità; il ‘mio’ modo di vedere, cioè:
lo strumento della rivendicazione contro gli oltraggi del destino e de’ suoi
umani proietti; lo strumento, in assoluto, del riscatto e della vendetta. Sic-
58 Panorama
ché il mio narrare palesa, molte volte, il tono risentito di chi dice rattenendo l’ira, lo sdegno”. Ecco perché
la scelta di Diego Cenetiempo di costruire il suo documentario sulle storie raccontate da sei letterati della CNI
(Ester Sardoz Barlessi, Claudio Ugussi, Mario Schiavato, Giacomo Scotti, Alessandro Damiani, con letture di
brani di Nelida Milani Kruljac) appare
molto indovinata se messa in relazione con le necessità di far venire a galla
non la “cronaca del rimanere”, bensì
il “fenomeno del rimanere” nelle sue
mille sfaccettature: l’autopercezione
della scelta, l’elaborazione simbolica di un trauma, la testimonianza viva
di una lingua che si vuole conservare
con ostinazione. Si giunge così ad una
“convergenza di modi” (quello - pudico - del regista e quello - pregnante degli intervistati) che è a sua volta funzionale ad un messaggio molto chiaro:
l’italianità dei rimasti non è un’identità da puntare contro gli altri ma è invece una costante rincorsa per tentare di
rimanere se stessi.
Dopo un’anteprima allestita dal
Dipartimento di italianistica dell’Università di Zagabria, pochi giorni fa il
documentario ha avuto la sua prima
al Film Festival di Trieste. Nel riportarne notizia il nostro quotidiano “La
Voce del Popolo” ha proposto un servizio in cui sono state raccolte anche
alcune reazioni a caldo. Tra i vari interpellati, due hanno dato risposte
che meritano di essere viste più da
vicino. La prima è di Paolo Palasco:
“Devo dire che per la prima volta ho
assistito alle testimonianze dei cosiddetti ‘rimasti’, perché finora abbiamo
sempre sentito solamente le voci degli esuli”. Dunque, da una parte noi,
rimasti ed eredi, operiamo nella convinzione che il nostro lavoro di conservazione e promozione della cultura italiana in questi luoghi dove c’è
sempre stata sia una missione ampiamente condivisa (o almeno da Trento
a Marsala) e poi scopriamo che anche nella vicinissima, cuginasorellasorellastra, Trieste di noi si sa poco
o nulla. Purtroppo, Trieste è quella città che ama specchiarsi con autocompiacimento nello specchio del
suo Golfo e in cui ancora, quando vedono un’automobile targata RI, KP o
PU, molti dei suoi abitanti sono pron-
tui ad urlare “s’ciavo”. Comportamento orrendo anche quando nell’auto ci sono Milan o Fumica, assurdo
quando ci sono invece Italo e Vittoria
che magari proprio in quel momento stanno ascoltando dal cd “Pensiero stupendo” di Patty Pravo. La seconda reazione molto interessante è
stata quella della sociologa zagabrese
Melita Richter che ha detto: “Non approvo poi il fatto che quando si parla della lingua sembra che il croato a
Fiume o in Istria non ci sia mai stato. Come se la parlata arrivasse solo
in seguito al ’45, con i Bosniaci ed i
Serbi, come se la popolazione urbana
di Fiume non fosse stata anche croata, ungherese e di altre minoranze
ancora. Sembra che tutti questi territori hanno avuto uno svuotamento
e poi un riempimento mentre, come
sappiamo, c’era una convivenza durata per molti secoli tra italiani, croati
e ungheresi, dovuta anche alla situazione di prosperità economica”.
Ora, a parte il fatto che il documentario non puntava solamente su questo
aspetto, a parte l’ulteriore fatto che non
risulta l’esistenza prebellica di un dialetto croato, tanto per fare un esempio,
di Rovigno o Umago, e considerato
che alcune località istriane sono state
effettivamente oggetto di svuotamenti
e riempimenti (da Pola, su 32.000 abitanti, 29.000 se ne vanno), per il resto
le osservazioni di Melita Richter appaiono perfettamente condivisibili. La
presenza croata in Istria e a Fiume è
effettivamente plurisecolare e nessuna
persona savia e onesta dovrebbe permettersi di negarlo. Ciò che fa sorridere è lo squilibrio tra questa (legittima) reazione di stizza per aver subito un pizzicotto e il totale disinteresse
quando non colpevolezza (di contesto, non di certo da parte della signora
Richter) nei confronti delle picconate
date agli Italiani dell’Istria e di Fiume
(occupatori e fascisti, ovviamente) negli ultimi sessant’anni. È brutto, vero,
quando, anche per un solo secondo, ci
si ritrova ad indossare la pelle di chi
costantemente e ingiustamente viene
fatto oggetto di omissioni, verità parziali, interpretazioni di comodo, quando non di disprezzo e menzogna. Alla
signora Melita Richter va tutta la nostra sentitissima comprensione. E non
siamo ironici.●
Diari della Terra
Il miracolo delle usanze
P
P
rima mostra del 2010 nella galleria “Laurus” di
Laurana organizzata dalla locale Comunità degli
Italiani con il supporto del Comune e dell’UI. Autore delle fotografie l’abbaziano Jerko Gudac, tenace
sostenitore delle tradizioni liburniche che con i suoi
scatti ha voluto immortalare i momenti salienti degli
scampanatori di Rukavac durante il Carnevale. Come
ha affermato l’etnologa Lidija Nikočević “gli scampanatori della regione sono stati introdotti della lista
dei beni culturali immateriali dell’UNESCO e quindi questa mostra è ancora più importante”. A parlare
delle fotografie esposte è stato pure il prof. Vlado Gudac, fratello dell’autore, che ha tenuto a sottolineare
che tra centinaia di scatti un vero artista trova solo uno
che riproduce ciò che lui voleva dire con questa mostra: “Non sono i costumi ciò che rende particolari gli
scampanatori, ma il loro modo di esprimersi, di toccare anche le case più isolate di ogni singolo paese della Liburnia”. Jerko Gudac ha detto invece che questa
è stata la sua prima mostra personale e non si aspettava certamente un tale interesse di pubblico, pertanto è
doppiamente felice dell’invito che gli è stato rivolto
dalla CI di Laurana. L’esposizione resterà aperta fino
alle Ceneri, ovvero il 17 febbraio.
(testo e foto di Ardea Velikonja)
Il corredo completo dello scampanatore
Il variopinto copricapo esprime con precisione la provenienza:
questo viene da Rukavac
alazzo Correr a Venezia ha ospitato la mostra dedicata al premio
internazionale di fotografia “Diari della Terra”. Organizzata dalla Regione Veneto per promuovere il territorio e lo sviluppo rurale
della regione, questa prima edizione ha raggiunto ottimi risultati:
oltre 2.300 le fotografie iscritte e più di 600 i partecipanti da tutto il
mondo. Professionisti ed amatori che hanno proposto immagini di
grande originalità e livello qualitativo, atte a valorizzare le aree e il
patrimonio rurale veneto tramite il racconto dei diversi aspetti che
caratterizzano questo territorio, evidenziandone i tratti ed i profili
più recenti ed innovativi. Spesso, quando si parla di mondo agricolo, si dimenticano le tradizioni, la cultura, la storia che rappresenta questo mondo. Il premio ha aperto una finestra proprio su questi
aspetti, con immagini di ruralità che sottolineano l’amore e l’attaccamento alla terra di quanti lavorano in agricoltura e che sono la testimonianza di una particolare sensibilità per le aree rurali.
In senso orario: Tra cielo
e terra, Daniele Soncin di
Porto Tolle, secondo premio; Lavorando verso il
futuro, Luca Girardini di
Vicenza, primo premio;
Orti chioggiotti, Olivo Biolo, Targa Presidente della
Giuria; Valpolicella, Adriano Favero, Magazzino del
riso, Filippo Rigon, Il paese
delle mucche, Olaf Kreinsen (Germania), Targa Miglior Artista Europeo
Mai tanta gente alla galleria “Laurus” di laurana
2 Panorama
Che mostra sarebbe senza la musica del Carnevale?
Panorama Impos - Prima - Ultima.indd 4-5
PPanorama
Pa
ano
nora
rama
ma 59
59
29.1.2010 12:23:01
Scarica

Panorama - EDIT Edizioni italiane