1 AVICOLTURA BIOLOGICA: DALLA PRODUZIONE ALLA COMMERCIALIZZAZIONE (°) P. PIGNATTELLI (*) PREMESSA Parallelamente allo sviluppo della zootecnia convenzionale, negli ultimi 50 anni è cresciuta quella alternativa che ha contribuito alla sopravvivenza delle tradizioni, della biodiversità, della cultura della cucina, ecc. pertanto non è possibile trattare di zootecnia biologica se non includendola nel grande capitolo della zootecnia alternativa, di cui è vera “sublimazione”. Tutto questo vale anche per l’Avicoltura che è il comparto zootecnico che ha subito le maggiori trasformazione dal dopoguerra ad oggi, passando in brevissimo tempo da allevamento rurale ad allevamento intensivo, senza terra. E’ anche l’unico che oltre ad aver raggiunto l‘autosufficienza ci consente ormai di esportare carni ed uova così da bilanciare l’importazione di riproduttori. Nel 2001, secondo i dati dell’UNA, ha rappresentato il 22% dell’intero settore zootecnico ed il 7,6% dell’agricoltura nazionale; il PLV è stato infatti di 3.150 milioni di euro (+6,1% rispetto al 2000) ed il fatturato del settore ha superato i 4.900 milioni di euro (+7,9% rispetto al 2000). Il consumo totale di carni avicole è stato di 1.181.600 tonnellate pari a 20,55 kg per abitante (+2,07 rispetto al 2000) il 24,5% dei consumi carnei nazionali. Il consumo totale di uova è stato di 13 miliardi e 55 milioni con un aumento del 3% rispetto al 2000, pari a 227 uova pro capite (+ 6 uova rispetto al 2000). Il settore ha subito negli ultimi dieci anni profonde trasformazioni per meglio rispondere alle nuove esigenze del consumatore, per es. gli elaborati (pollo ripieno, spiedini, ecc.) ed i trasformati (wurstel, arrosti, cotolette, ecc.) sono passati dal 2% del 1986 a quasi il 20% dello scorso anno). Accanto alla produzione convenzionale di oltre un milione di tonnellate di carne e quasi 13 miliardi di uova si è sviluppato il mercato dell’alternativo le cui consistenze e relativi raffronti sono riportate nella tabella 1. Tabella 1 AVICOLTURA ITALIANA - CONSISTENZE (n. capi - milioni) (::) _______________________________________________________________________________________ OVAIOLE POLLI DA CARNE (mio) (%) (mio) (%) allevamento convenzionale 37,2 72,61 broiler – allevam. convenz. 404-412 83,86 allevamento rurale 8,1 15,81 tipo Label, Naturale, rurale(*) 2,5-3,2 0,58 allevamento alternativo 0,9 1,76 colorati (da razze miste) 48-50 10,08 riproduttori pesanti 3,9 7.66 controsessi (da razze leggere) 17-18 3,59 riproduttori leggeri 0,4 0,78 gallettini Vallespluga e simili 8,0-8,5 1,69 riproduttori misti 0,4 0,78 capponi 0,5-0,6 0,13 allevamento biologico 0,35-0,38 0,70 pollo biologico 1,1-1,2 0,21 TOTALE 51,2 100,00 481,1-493,5 100 (*) allevamento rurale costituito da circa 30.000 piccole aziende a carattere familiare pari a 1-1,5 milioni di capi (::) Elaborazione dati UNA-31.12 2001, P. Pignattelli 2002. AVICOLTURA BIOLOGICA – IL PUNTO. Le consistenze dell’Avicoltura biologica italiana sono sintetizzate nella tabella 2 e sono raffrontate con quelle degli altri comparti, mentre il dettaglio della produzione di uova biologiche, confrontato con le altre tipologie, è riassunto nella tabella 3. _______________________________________________________________________________________ (*) Associazione Italiana di Zootecnia Biologica e Biodinamica - Istituto di Zootecnica, Facoltà di Medicina Veterinaria, Via Celoria, 10 - 20133 Milano (tel. 02.50318027, fax. 02.50318030; e-mail - [email protected]). ________________________________________ (°) Pubblicato su AZBIO, 2002, 11, 8-18 2 Va subito precisato che le cifre riportate nelle tabelle 2, 3, mancando un riferimento a statistiche ufficiali, sono il risultato di indagini personali condotte nel corso del primo semestre del corrente anno anche con l’aiuto degli Organismi di certificazione (OdC) riconosciuti dal Mipaf che operano in Italia ed alla Federazione Italiana Agricoltura Organica (FIAO). I dati; in molti casi, es. suini (tabella 2), sono certamente in difetto, ma la prudenza si impone trattandosi di un settore agli inizi, anche se in piena crescita. Tabella. 2 Consistenze e produzioni dell’Avicoltura biologica italiana nel contesto degli altri comparti (P. Pignattelli 31. 12. 02) _(_____________________________________________________________________________________ Totale aziende convertite o in corso di conversione 950-1.000 di cui: % capi produzioni fatturato (mio/euro) bovini 55-58 18-20.000 ------ovi-caprini 22-26 35-40.000______----_______ ----_ avicoli (*) 5-7: polli carne 1,1-1,2 mio + 2.000 ton. carne + 7,0 ovaiole 350-380.000 - 95-100 mio. uova + suini apicoltori 1-3 12-15 poche migliaia ---- ------ ----- (*) solo qualche centinaio gli altri avicoli Parallelamente al modesto numero di aziende e di capi allevati anche il numero di ricerche per quanto attiene l’avicoltura biologica è altrettanto modesto, infatti le pubblicazioni scientifiche in questo campo, sono pochissime e limitate a particolari condizioni di allevamento (scelta della razza, tipo di alimentazione, ecc.). Mentre per il pollo da carne sono già stati comunicati i risultati di alcune prove di allevamento (Asdrubali et al. - 2001), per le ovaiole si possiedono solo i risultati parziali di prove sperimentali ancora in corso, pertanto molte delle notizie che saranno fornite dal presente lavoro sono il risultato dell’elaborazione di dati sperimentali non ancora definitivi e delle informazioni di campo fornite da allevatori di provata esperienza e serietà. (Pignattelli P., 2001) Tabella. 3 COMPARTO UOVA. Confronto fra le consistenze numeriche (mio) dell’ allevamento convenzionale (a), alternativo (b) e biologico(c) e relative produzioni (31. 12. .2001 °°) _______________________________________________________________________________________ n° GALLINE ALLEVATE mio % n° UOVA PRODOTTE mio % _______________________________________________________________________________________ a)- metodo convenzionale (§) b)- metodo alternativo (*) c)- metodo biologico TOTALE 37,2 96,88 0,9 2,34 > 256 2,34 0,30-0,32 0,78 > 85 0,78 > 10.941 100 38,4 100,0 > 10.600 (§) esclusi i riproduttori, solo allevamento in batteria (*) escluso l’allevamento rurale e le produzioni di uova arricchite con omega 3, vitamine, ecc. °° Dati UNA, ed elaborazione P. Pignattelli 2002 96,88 3 PRODUZIONE CON METODO BIOLOGICO DEL POLLO DA CARNE E DELL’OVAIOLA Questo allevamento è previsto dal Reg. CE 1804/99 e dal relativo recepimento italiano (D. Mipaf. 04. 08. 2000 e successive modifiche), alla voce Pollame, come per gli altri animali, esistono norme generali richiamate nei “Principi generali” e norme specifiche (Campus P, 2001; Pierri A., 2001). Per quanto riguarda il pollo da carne e l’ovaiola, già nei Principi generali si evidenziano alcune “variabili” che hanno un notevole peso sul possibile successo dell’allevamento avicolo, specialmente in relazione alla sua tipologia (produzione di carne, uova, pulcini, ecc.) e dimensione: piccolo (es. rurale), medio piccolo (es. agriturismo), medio, medio-grande, grande, ecc. ed alla commercializzazione del prodotto finale (diretta, mense, ristoranti, negozi specializzati, GDO*, ecc.). Innanzitutto la scelta degli animali/razze/varietà. Fermo restando che gli animali devono provenire da unità di produzione biologica, comunque in deroga, valida fino al 31. 12. 2003, si possono convertire gli animali già esistenti in azienda ($), oppure introdurre da allevamenti non biologici pulcini destinati alla produzione della carne di non oltre 3 giorni di vita e pollastre per la produzione di uova di età inferiore alle 18 settimane, questo anche in caso di rinnovo o ricostituzione del parco animali per elevata mortalità (catastrofi, malattie, ecc.). In pratica l’approvvigionamento degli animali presenta oggi alcuni problemi che possono essere così riassunti: a).- l’approvvigionamento di pulcini o pollastre di razze autoctone è limitato e discontinuo, pertanto non è in grado di soddisfare i grandi numeri. b).- il ricorso alle varietà commerciali, selezionate per la carne (rapido accrescimento), contrasta con i principi del biologico, anche il ricorso a razze che hanno avuto successo all’estero non trova analogo riscontro nei nostri mercati spesso per le caratteristiche del prodotto finito (colore della pelle, della carne, del grasso, ecc.) come pure l’impiego di razze leggere (controsessi) per la bassa conversione alimentare, lo scarso adattamento al pascolo, ecc. c).- per le ovaiole, il ricorso a varietà commerciali selezionate (gabbia), offre notevoli vantaggi per l’elevate performance, ma anche i rischi di pica e cannibalismo per troppa eccitabilità degli animali, scarsa propensione al pascolo, minori difese alle malattie ed ai predatori (Arduin M., 200, 2001). Altra importante variabile è l’alimentazione. Il problema è direttamente proporzionato alle dimensioni dell’allevamento ed è quello che sta dando le maggiori preoccupazioni e relativi compromessi con gli OdC negli allevamenti medi e grandi. Un’altra complicazione proviene dal Decreto del Mipaf del 29. 03. 2001 che aggiunge ulteriori restrizioni al Reg. CE 1804/99 prevedendo che almeno il 35% della sostanza secca dell’alimentazione annuale provenga dall’azienda o dal comprensorio in cui ricade (**). Fermo restando che gli animali devono essere alimentati secondo le norme richiamate nei “Principi generali” si può ricorrere ad acquisti di alimenti, quando l‘allevatore non riesce a fare fronte alle esigenze alimentari degli animali allevati, anche al di fuori dell’azienda o del comprensorio, previa autorizzazione dell’OdC prescelto, come pure all’acquisto di alimenti convenzionali, comunque certificati per l’assenza di organismi geneticamente modificati, fino al massimo, su base annua, del 20% di sostanza secca. Tale percentuale nella razione quotidiana non può superare il 25% (questa deroga scade il 24. 08. 2002). E’ autorizzata, fino ad un massimo del 30% in media della formula alimentare, l’incorporazione nella razione alimentare di alimenti in fase di conversione, tale percentuale può arrivare al 60% se gli alimenti in conversione provengono da unità della propria azienda. Le materie prime ammesse per soddisfare l’esigenze nutrizionali degli animali sono riportate nell’Allegato II (*) GDO: Grande Distribuzione Organizzata ($) i tempi necessari alla conversione, tenuto conto delle deroghe transitorie, devono sempre essere concordati con l’OdC prescelto. I prodotti avicoli per essere venduti con la denominazione “biologico” devono provenire da animali allevati secondo le norme del Reg. CE 1804/99 per almeno 10 settimane per il pollame destinato alla produzione di carne e 6 settimane per le ovaiole. 4 (**) per comprensorio s’intende l’insieme di aziende biologiche di una determinata area che si accordano contrattualmente per lo scambio di foraggi, paglia da lettiera, mangimi e per lo spandimento delle deiezioni animali nel rispetto del quantitativo massimo di azoto spandibile (170 kg/anno/Ha). del Reg. CE n. 2092/91, modificato dal Decreto Mipaf del 29. 03. 2001, punto 4.16, come pure gli additivi alimentari e gli ausiliari per la fabbricazione dei mangimi ammessi (Direttiva CE. 82/471 e Reg. CE 1804/99) (Biagi et al., 2001). Occorre ricordare che le vitamine, le provitamine e le sostanze ad effetto analogo chimicamente ben definite non sono ammesse, ma possono essere impiegate in deroga fino al 29. 03. 2004 (D. Mipaf. del 29. 03. 2001). Sul piano nutrizionale vale la pena ricordare almeno due problemi: a).- nel pollo da carne, soprattutto in razze medio pesanti a lento accrescimento, la debolezza degli arti accompagnata da difficoltà di deambulazione, rifiuto del pascolo e nei casi più gravi l’impossibilità di alimentarsi. I casi meno gravi sono stati risolti rivedendo il rapporto Ca/P in formula, prestando particolare attenzione al contenuto di fosforo fitinico, cambiando la fonte minerale, rivedendo l’apporto vitaminico ed oligominerale. b).- nelle ovaiole, un problema abbastanza frequente negli allevamenti, soprattutto medio grandi e grandi, di varietà commerciali leggere, è l’eccessiva perdita di piume accompagnata da elevato nervosismo, in alcuni casi complicata da fenomeni di pica e cannibalismo e riduzione dell’ovodeposizione fino ed oltre il 25%. Nella maggioranza dei casi si è trattato di carenze aminoacidiche (soprattutto lisina) o di squilibri dei contenuti aminoacidici del mangime (rapporto cistina-metionina-lisina), come pure di errato rapporto proteine /energia, risolti in toto o in parte con la revisione della formula del mangime stesso. Terza, anche per importanza, è la variabile management. E stato possibile osservare che la maggioranza degli attuali insuccessi è dovuta a scarsa professionalità degli allevatori, soprattutto di coloro che avendo già convertita la propria azienda agricola intendono trasformare il vecchio pollaio in allevamento avicolo. Un esempio per tutti è quello dell’ovaiola; dall’esame delle percentuali di mortalità e declassamento delle uova si riscontrano perdite superiori del 2-3% nei “nuovi” allevamenti o in quelli derivanti da precedenti esperienze in gabbia rispetto a quelli i cui proprietari avevano esperienza di allevamento a terra. RICOVERI ED ATTREZZATURE Nella tabella 4 sono riportati i limiti relativi alla densità dei polli da carne e delle ovaiole sia per le aree coperte, sia per quelle scoperte, come pure quelli relativi al carico massimo di animali per Ha di SAU. Tabella 4.- Superfici minime coperte e scoperte di stabulazione per polli da carne ed ovaiole. Carico massimo di animali per ricovero e per Ha di SAU _______________________________________________________________________________________ superfici coperte nette disponibili N. di animali per m2 superfici scoperte in rotazione m2 per animale Polli da carne 10 (in ricoveri fissi) (<21 kg/m2) Polli da carne 16 (*) (in ricoveri mobili) (< 30 kg/m2) superficie totale massima consentita: 1.600 m2 n. capi massimo per ricovero n. capi/Ha 170 kg N Ha/anno 4,0 4.800 580 2,5 4.800 580 4,0 3.000 230 4,0 4,5 4,5 15 10 5.200 <170 kg N/Ha/anno 4.000 “ “ 5.200 “ “ 2.500 “ “ 2.500 “ “ Ovaiole 6 cm di posatoio per animale. 18 n. animali per nido (120 cm2/capo) 8 Altri avicoli faraone 20 femmine di anatra muta o Pechino maschi di anatra oche tacchini --- 5 (*) solo nel caso di ricoveri mobili con pavimento di superficie non superiore a 150 m2 che restano aperti di notte. La capienza massima per ciascun ricovero, fermi restando i limiti sulla densità degli animali, è di 4.800 per i polli e di 3.000 per le ovaiole. Per gli altri volatili i limiti sono: faraone 5.200, femmine di anatra muta o di Pechino 4.000, maschi anche di altre anatre 5.200, capponi, oche e tacchini 2.500. Occorre inoltre precisare che la superficie totale utilizzabile dei ricoveri per il pollame da carne, per ciascuna unità di produzione, non deve superare i 1.600 m2. Es. Un nuovo allevamento di 4.800 polli da carne: area occupata 19.296 m2, di cui ricovero fisso 480 m2 (10 capi/m2), parchetto 18 816 m2 (4 m2/capo) e per soddisfare il limite di 170 kg di N/Ha/anno altri 83.000 m2. Non è consentito l’allevamento in gabbia. Sono anche proibiti gli occhiali ed il debeccaggio dei pulcini (può essere autorizzato in casi particolari dall’OdC e sotto la responsabilità del veterinario aziendale) è ammessa la castrazione solo quale pratica per mantenere la qualità dei prodotti e la tradizione (capponi). Negli edifici deve essere assicurata, nel rispetto delle esigenze biologiche ed etologiche dei soggetti, una buona cubatura e coibentazione, un’ottima ventilazione ed illuminazione naturale tenendo presente che le ovaiole possono usufruire di una fonte di illuminazione artificiale appropriata fino ad un massimo di 16 ore di luce giornaliera, con almeno 8 ore di riposo notturno Un terzo almeno del pavimento del ricovero non deve essere coperto da grigliato, ma da lettiera (paglia, trucioli di legno, sabbia o torba. Es. circa 50 kg di paglia tritata ogni 8 m2 di superficie), il restante pavimento può essere tutto o in parte destinato alla raccolta delle deiezioni. Per le ovaiole, ottimi risultati sono forniti dai graticciati sopraelevati (70-80 cm di altezza) di plastica posti al centro del ricovero e dotati di impianto sottostante di raccolta a raschio delle deiezioni e relativa discarica a fossa sulla testa del capannone stesso. Sono previsti i posatoi ed i nidi come riportato nella tabella 4. I locali di allevamento devono essere dotati delle attrezzature necessarie al miglior sviluppo, crescita e relative produzioni degli animali, dalle chiocce artificiali, agli abbeveratoi, mangiatoie, posatoi, nidi, ecc. Al termine di ogni ciclo deve essere previsto il vuoto sanitario (3-4 settimane) per l’asportazione delle deiezioni, la pulizia e la disinfezione e disinfestazione del ricovero e delle attrezzature da effettuarsi solo con prodotti autorizzati (Reg. CE 1804/99 - Allegato II parti E, B). I soggetti devono poter accedere ai parchetti esterni, pertanto gli edifici saranno dotati di apposite aperture; almeno 4 metri lineari di aperture ogni 100 m2 di ricovero. I parchetti, devono essere accessibili per almeno 1/3 della vita degli animali, anch’essi devono essere attrezzati con mangiatoie ed abbeveratoi posti sotto ripari (anche mobili), meglio se dotati di piante, siepi o altri vegetali in grado di dare ombra e protezione agli animali stessi. I parchetti devono essere utilizzati a rotazione senza mai superare il carico massimo consentito nel rispetto del cotico erboso, inoltre deve essere previsto un periodo di riposo, senza animali, di almeno 40 giorni, periodo non richiesto se gli animali sono molto pochi. Infine, non va dimenticato, che gli animali devono poter essere identificati per una corretta rintracciabilità degli prodotti biologici da essi derivati, come uova, carne, lavorati, trasformati, ecc. quindi o per lotti riportati su appositi registri, schede di allevamento, ecc. o addirittura inanellati alle zampe. PROFILASSI, IGIENE E TERAPIA VETERINARIA. La profilassi si basa sulla scelta di razze rustiche e, quindi, naturalmente resistenti alle malattie, sulla stimolazione delle difese dei soggetti attraverso il movimento, il pascolo, ecc. e sull’impiego di alimenti biologici impiegati su razioni equilibrate, ma non forzanti le produzioni. In caso di necessità, a parità di efficacia terapeutica, i prodotti fitoterapici, omeopatici, gli oligoelementi ed i prodotti minerali sono da preferirsi agli antibiotici o ai medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica. Nel caso di interventi terapeutici, concordati e sotto la responsabilità del veterinario e nel rispetto del D. lgs. 27. 01.1992, n. 119, potranno essere usati farmaci allopatici, tenendo presente che il tempo di sospensione va raddoppiato e dove non precisato sarà comunque di 48 ore. Nelle ovaiole allevate per più di un anno i trattamenti con farmaci allopatici possono essere due eccezionalmente tre nell’anno. Tutti gli interventi devono risultare registrati nell’apposito registro e nella scheda di allevamento. Non sono ammessi trattamenti preventivi, ne coccidiostatici. Le vaccinazioni volontarie o obbligatorie sono ammesse, come pure due trattamenti antiparassitari per anno (più di due se si utilizzano prodotti naturali). Consigliamo, specialmente nel caso di varietà commerciali, un piano di vaccinazione che, per il pollo da carne, comprenda la malattia di Marek (in incubatoio), Pseudopeste 6 e Bronchite Infettiva (1° giorno di vita), Coccidiosi (7-10° giorno), Malattia di Gumboro (14° e richiamo 20° giorno). Un ottimo mezzo di prevenzione delle patologie intestinali, Salmonellosi inclusa, si è dimostrato il trattamento nell’acqua da bere con Aviguard – Bayer, al primo giorno di vita (Asdrubali G., 2001; Franciosini M.P., et al., 2001). Per le ovaiole il piano consigliato comprende: la vaccinazione contro la malattia di Marek (in incubatoio), Pseudopeste (3 interventi, 8-10°giorno, 28-30° giorno e 120°, nelle zone ad alto rischio conviene ripetere ogni tre mesi), Bronchite infettiva (2 interventi; 28-30° e 120° giorno), Coccidiosi (7-10° giorno), solo se necessario e sempre sotto la responsabilità del veterinario aziendale vaccinare anche per la Laringotracheite (60° giorno) ed il Difterovaiolo (generalmente inizio estate). Si consiglia di eseguire sempre controlli periodici per Salmonella spp. (polli da carne ed ovaiole), per Campylibacter spp. (polli da carne) e controlli della lettiera per la presenza di parassiti. Alcuni allevatori stanno applicando, con successo, la medicina omeopatica, altri usano regolarmente i fitoterapici. In questo specifico settore i dati in letteratura sono pochissimi anche se recentemente, da più parti, sono iniziate ricerche alo scopo di fornire risposte scientifiche ai numerosi quesiti emersi (Del Francia et al.-1991; Silviani C., 2000). TRACCIABILITA’ Senza entrare nello specifico di questo importante capitolo, ricorderemo che le relative norme sono contenute nell’Allegato II del Decreto Mipaf del 04. 08. 2000 e prevedono innanzitutto l’identificazione degli animali “biologici” in allevamento, la loro netta separazione durante tutti gli anelli della filiera (allevamento, trasporto, macellazione, sezionamento, lavorazione, conservazione, ecc.) dagli altri animali o dai prodotti da essi derivati (Biagi G. et al. 2001; Ferrari C. et al. 2002). L’età minima di macellazione delle varie specie avicole è riassunta nella tabella 5. Tabella 5: Età minima di macellazione delle varie specie avicole _______________________________________________________________________________________ Specie Età in giorni | Specie Età in giorni____ Polli 81 | Maschi di anatra muta 84 Capponi 150 | Anatre incrociate o mulards 92 Anatre comuni o Pechino 49 | Faraone 94 Femmine di anatra muta 70 | Tacchini ed oche 140 La vendita può avvenire al macello ed al punto di vendita. Il macello può vendere carcasse individuabili singolarmente tramite sigillo inamovibile che escono dal macello in cassette imballate da film protettivo ed etichettate, come pure tagli confezionati ed etichettati, direttamente acquistabili al dettaglio. Il punto di vendita può vendere le confezioni già preparate al macello e le carcasse intere identificabili, come sopra ricordato. Il punto di vendita dovrà sempre poter documentare la provenienza, il tipo, la quantità, la destinazione, il carico e lo scarico di tutti i prodotti. Tutto quanto sopra specificato si applica anche alle galline a fine carriera che verranno avviate alla macellazione. A completamento di questo paragrafo ricorderemo che in forza della legge n. 59 del 9. 2. 1963 i produttori agricoli possono vendere i prodotti ottenuti nella propria azienda per “coltura o allevamento” previa autorizzazione rilasciata dal Sindaco. Per gli allevamenti avicoli che non superano i 10.000 capi all’anno è possibile la vendita nel territorio della A.S.L. di competenza oltre che diretta in azienda, anche quella ai ristoranti, in macelleria, alle mense scolastiche e attraverso la ristorazione agrituristica. Occorre ricordare che l’attività agrituristica è regolamentata da provvedimenti regionali ai quali necessita fare sempre riferimento. Qualora l’azienda voglia dotarsi di un piccolo macello dovrà attenersi alla normativa vigente già ricordata ed allestire un apposito locale, dotato dei servizi essenziali (E.E., acqua, scarichi, ecc.), piastrellato e con pavimento impermeabile e lavabile, attrezzato almeno con un colasangue ad imbuto, vasca scalda acqua, spiumatrice, banco di lavoro per eviscerazione, pinza ammazzapolli, stiletto, coltelli, cestelli e vaschette. Anche per le uova biologiche da consumo vengono fornite dall’Allegato II del Decreto Mipaf del 04. 08. 2000 precise disposizioni relative alla raccolta, all’identificazione ed al loro trattamento presso il centro di 7 imballaggio in aggiunta ai principi generali riguardanti, come ricordato, gli animali quali la separazione, il riconoscimento, ecc. CONSIDERAZIONI ECONOMICHE Gli allevatori già convertiti o in corso di conversione al biologico sanno perfettamente che il sistema di allevamento scelto comporta, soprattutto all’inizio, dei costi superiori a quello convenzionale, ma sanno anche che potranno spuntare prezzi di vendita nettamente superiori ai prodotti non biologici. Come già ricordato i dati ufficiali sulle produzioni avicole con metodo biologico come pure le sperimentazioni e le ricerche sono molto modeste ed in questo contesto anche le considerazioni economiche rischiano di pressapochismo, pertanto, qui di seguito, verranno riportati alcuni dati economici sulle produzioni avicole biologiche, anche sulla scorta di esperienze personali, che comunque devono essere presi come un tentativo di inquadrare la tematica e sempre con beneficio di inventario. Per quanto riguarda il pollo da carne nella tabella 6 è riportato un confronto fra il costo di produzione del pollo convenzionale secondo i dati forniti dal CRPA (2001) e quello biologico secondo i dati forniti da Asdrubali et al. (2001) ed un’ulteriore nostra elaborazione relativa a recenti esperienze di campo riguardanti 4 allevamenti avicoli biologici (due piccoli e due medio-grandi) per un totale di 6 cicli pari a 17.200 soggetti. Nella tabella 7 è riportato un confronto delle caratteristiche tecniche relative alle tre situazioni di allevamento citate. Attualmente, produrre 1 kg di pollo da carne biologico costa mediamente 2-2,5 volte di più rispetto al convenzionale, l’ alimentazione incide per oltre il 60% di poco superiore all’incidenza (59,2%) della stessa voce nel convenzionale, molto superiori (da 2 a 5 volte) risultano invece i costi di manodopera, spese sanitarie veterinarie, energia come pure ammortamenti ed interessi. Non è possibile dare un quadro dei ricavi per la grande differenza dei prezzi fra la vendita diretta (8,26 – 11,40 euro/kg, oltre i 12,90 euro/kg il cappone), quella dei negozi specializzati e la GDO. Solo a titolo esemplificativo ricordiamo che oggi il petto di pollo biologico presso la GDO è venduto a 14,4 – 15,0 euro/kg contro gli 8,00 – 8,25 del convenzionale e quello biologico a fette fino a 16,97 – 17,56 euro/kg contro gli 8,05 – 8,77 del convenzionale Tabella 6 Pollo da carne: raffronto indicativo fra i costi di produzione medi dell’allevamento convenzionale (CRPA) e biologico: a).- dati G.P. Asdrubali et al. 2001, b) elaborazione P. Pignattelli (2001) Elementi di costo convenzionale biologico (a) biologico (b) euro/capo euro/Kg euro/capo euro/Kg euor/capo euro/Kg ________________________________________________________________________________________________ Pulcino 0,384 0,155 0,239 0,105 0,452 0,190 Alimentazione 1,182 0,476 2,391 1,058 2,545 1,073 Spese veterinarie-sanitarie (::) 0,048 0,019 0,156 0,069 0,139 0,058 Manodopera 0,092 0,037 0,678 0,299 0,322 0,135 Energia 0,078 0,032 0,140 0,062 0,122 0,051 Altri costi di gestione (*) 0,048 0,019 0,064 0,028 0,059 ……..0,024 Cattura polli 0,018 0,007 0,060 0,026 0,031 0,012 Totale costi espliciti 1,850 0,745 3,728 1,647 3,670 1,543 Ammortamenti 0,071 0,028 0,349 0,154 0,184 0,077 Interessi 0,064 0,025 0,159 0,070 0,051 0,022 Totale costi calcolati 0,135 0,053 0,508 0,224 0,235 0,099 _______________________________________________________________________________________ COSTI TOTALI 1,985 0,798 4,236 1,871 3,905 1,642 (::) incluse le analisi di laboratorio - (*) compresi i costi di certificazione 8 Tabella 7 Pollo da carne: raffronto fra le caratteristiche tecniche medie dei soggetti dell’allevamento convenzionale (CRPA) e biologico: a).- dati G.P. Asdrubali et al. 2001, b) elaborazione P. Pignattelli (2001) Caratteristiche/allevamento convenzionale biologico (a) biologico (b) _______________________________________________________________________________________ Peso finale dei polli (Kg) 2,481 2,260 2,370 4,7 3,4 3,5 44.000 4.000 2.866 Numero di cicli anno Polli per ciclo (n°) Mortalità per ciclo (%) 5,7 8,34 8,84 Indice di conversione 2,10 3,39 3,20 Relativamente ai costi di produzione dell’allevamento biologico dell’ ovaiola, una serie di indagini di campo condotte con il sistema del “test anonimo” ci ha consentito di stimare i costi di produzione che sono riassunti nella tabella 8. Gli allevamenti che hanno risposto al test sono stati 4 con certificazione biologica (circa 50.000 ovaiole), 6 con sistema a terra (circa 130.00 ovaiole) e 6 in gabbia (oltre 500.000 ovaiole). I risultati forniti, ad eccezione dell’allevamento in gabbia, hanno presentato qualche difficoltà di elaborazione per la notevole variabilità (razze/varietà, alimentazione, management) e quindi vanno accettati con riserva, le voci con maggiori differenze sono state: il costo della manodopera, la mortalità dei soggetti ed il declassamento delle uova, gli ammortamenti ed il calcolo degli interessi passivi. Dal loro esame si evidenziano comunque, rispetto all’allevamento a terra ed in gabbia, maggiori costi di ammortamento (minor numero di animali allevati per unità produttiva), minor quantitativo di uova prodotte per soggetto accasato, maggior consumo di alimento, aumento del costo della manodopera, dell’energia e delle spese veterinarie-sanitarie, come pure del Tabella 8 OVAIOLA (ibridi commerciali): raffronto indicativo fra i costi medi di produzione dell’allevamento biologico, a terra ed in gabbia (prezzi al 31. 10. 2001) Elementi di costo/tipo di allevamento biologico a terra in gabbia Costo del soggetto all’accasamento 2,790-2,892 2,790-2,892 2,790-2,892 Alimentazione 16,010-18,075 8,830-9,710 8,520-9,090 Spese veterinarie-sanitarie (::) 0,413-0,774 0,258-0,413 0,360-0,516 Manodopera 2,375-2,685 1,962-2,065 0,413-0,464 Energia 0,360-0,516 0,360-0,516 0,490-0,671 Altri costi di gestione (*) 0,464-0,516 0,206-0,258 0,154-0,309 Totale costi espliciti 22,412-25,458 14,406-15,854 12,727-13,942 Ammortamenti 2,427-2,737 1,470-1,704 1,363-1,508 Interessi 0,929-1,084 0,697-0,826 0,609-0,790 Totale costi calcolati 3,356-3,821 2,167-2,530 1,972-2,298 _______________________________________________________________________________________ Costi totali 25,768-29,279 16,573-18,384 14,699-16,240 Costo uovo (min.- mas.) 0,092- 0,105 0,065-0,070 0,058-0,063 9 (::) incluse le analisi di laboratorio - (*) compresi i costi di certificazione Tabella 9 Raffronto fra le performance tecniche medie di ovaiole (ibridi commerciali) allevati con metodo biologico (4), a terra (6) ed in gabbia (6), (Pignattelli P. 2001) _______________________________________________________________________________________ Parametri biologico a terra in gabbia Età all’accasamento (sett.) Età al 10% di deposizione (sett.) Età fine carriera (sett.) Durata della deposizione (sett.) Tasso di mortalità in % (min-mas) Numero di uova per soggetto accasato Uova declassate in % (min-mas) Mangime consumato, capo/giorno (g) Peso ovaiola fine carriera (kg) 17-18 20 72 52 8-12 256-278 7-14 127-131 1,8-2,1 17-18 20 72 52 6-10 274-298 6-12 118-122 1,8-2,2 17-18 20 72 52 3-6,5 262-302 4-7,5 114-116 1,8-2,2 _______________________________________________________________________________________ N.B. i numeri in corsivo, fra parentesi, dell’intestazione rappresentano il numero degli allevamenti testati la certificazione e relativi controlli, ma la voce, che maggiormente concorre all’aumento dei costi è l’alimentazione, soprattutto se il ricorso a mangimi esterni è percentualmente elevato (N.B. il prezzo di un mangime “biologico” completo per ovaiole varia attualmente fra 36,15 e 41,31 euro/q.le) Vanno aggiunte le perdite per declassamento delle uova (7-14%) ed una più elevata mortalità (8-12%) rispetto all’allevamento a terra (6-10%) ed in gabbia (3-6,5%) dovuta soprattutto a predatori ed al cannibalismo (tabella 9). Ricapitolando il costo di produzione di un uovo biologico è fra il 50,8 e l’ 82,1% superiore a quello da allevamento a terra e fra il 96,1 ed il 98,9% a quello da batteria, largamente compensati dai ricavi molto interessanti e compresi fra il 334,6 ed il 500% se confrontati con quelli ottenibili con l’allevamento in batteria. Nella tabella 10 viene fatto un breve accenno ai volumi di vendite dell’avicoltura biologica raffrontati a quelli di tutta la Zootecnia biologica e relativi canali di distribuzione. Tabella 10 Mercato della Zootecnia biologica e dell’Avicoltura biologica (stime al 31. 12. 2001) _______________________________________________________________________________________ PRODOTTI DELLA ZOOTECNIA BIOLOGICA FATTURATO (milioni di euro) DISTRIBUZIONE (CANALI) vendite dirette negozi specializzati negozi tradizionali G.D.O 185-220 PRODOTTI DELL’AVICOLTURA BIOLOGICA CARNE UOVA 3,7- 4,2 19,4 – 20,0 % % % 45-60 35-40 2-3 8 -10 60-70 28-35 3-5 1-2 5-10 10-12 2-3 75-80 Attualmente la vendita delle uova biologiche avviene soprattutto attraverso la GDO (75-80%) ed i negozi specializzati (10-12%), la vendita diretta non supera il 10%. Le uova biologiche spuntano prezzi mediamente del 22-30% superiori a quelli delle uova a terra e dell’80-110% a quelli da batteria (Segezzi G. 2002). 10 CONCLUSIONI Innanzitutto occorre precisare che le produzioni avicole convenzionali, vuoi di carne, vuoi di uova e loro derivati, ottenute nel nostro Paese, sono di altissimo livello qualitativo, sia per la qualità dell‘alimentazione le tecniche di allevamento e relativo management, sia per le tecniche di macellazione e trasformazione delle carni e relativa sicurezza igienico-sanitaria delle carni e delle uova, sia per la qualità bromatologica e nutrizionale dei prodotti finali in sintonia con le aspettative di un consumatore attento alla propria salute, sempre più informato ed esigente (Sassi G., 2001; Sommi G. et al., 2001) Questa situazione giustifica ampiamente il ritardo ed il modesto sviluppo dell’allevamento biologico in Italia, specie se confrontato ai livelli raggiunti negli altri Paesi europei. Non deve quindi stupire l’esiguità delle cifre che però sono destinate ad un rapido aumento in funzione di una domanda sempre maggiore (gli esperti prevedono che nel 2005 in Europa il mercato dei prodotti biologici, avicoli compresi, raggiungerà mediamente la quota del 20% - Didiero L., 2000;. Mainardi A., 2001; Pinton R., 2002). I maggiori costi di produzione sono attualmente ben compensati dai prezzi di vendita che consentono ricavi 2-5 volte superiori quelli ottenibili con le carni convenzionali e le uova da batteria. Nelle ovaiole, diversamente dai polli da carne, l’alimentazione incide per oltre il 60% sul totale dei costi, circa 10 punti percentuali in più rispetto agli altri tipo di allevamento, si prevedono comunque forti riduzioni del costo delle materie prime a seguito dell’espandersi delle coltivazioni vegetali con metodo biologico. Molte sono le attese dei consumatori (Bruni M. 2000; Canepa M., 2001; Marino D., 2002) soprattutto in tempi caratterizzati da ricorrenti crisi del settore zootecnico, come gli attuali, e forse, la più importante è quella relativa al reale valore dei prodotti biologici, anche a giustificazione del maggior prezzo di acquisto rispetto al convenzionale. A questa richiesta la ricerca scientifica sta cercando di fornire delle risposte soprattutto per quanto riguarda la qualità. I positivi risultati ottenuti sul piano della qualità bromatologica e nutrizionale (aumento del contenuto proteico, riduzione dei grassi, miglior rapporto acidi grassi insaturi e saturi, aumento dei polinsaturi, anche della serie n-3, ecc.) non sono così significativi per il momento da giustificare da soli l’elevata differenza di prezzo. Sicuramente altri fattori, quali il benessere degli animali (Diviero S. et al. 2001; Verga M. et al., 2001) e la sostenibilità ambientale, oltre alla salubrità, sicurezza e valore organolettico dei prodotti, possiedono una maggiore valenza nel condizionare le scelte, come è risultato da una recente ricerca (Vannucci V., 2002) che ha evidenziato che la prima motivazione d’acquisto è la sanità e la genuinità dei prodotti (51%), garantita da un numero maggiore di controlli, la seconda (28%) il rispetto dell’ambiente e degli animali e terza la “bontà”. In conclusione se oggi lo slogan dominante è produrre per soddisfare una domanda crescente non bisogna assolutamente tradire le aspettative del consumatore sarebbe un duro colpo al biologico ed è tempo quindi di cominciare a considerare con maggiore professionalità, anche per il comparto avicolo, il “biologico”, non più come nicchia, ma come vero segmento di mercato. 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