Liceo Classico Statale V. Gioberti Via Sant'Ottavio 9/11 – Torino Atti del convegno Dopo Babele: la traduzione 24 marzo 2006 ― Torino 2 Convegno e atti a cura del Polo di Ricerca Linguistica del Liceo Classico V. Gioberti, coordinato dalle Prof.sse Laura Sciolla, Alda Diena, Raffaela Franch, Simonetta Mossa; hanno collaborato i Prof. Chiara Autilio, Annalisa Testa, Michele Zaio. Revisione redazionale a cura del Prof. M. Zaio. Si ringraziano la fondazione CRT, la Banca Antonveneta, le case editrici De Agostini Scuola, Il Capitello e Zanichelli, il cui contributo è stato fondamentale per la realizzazione del convegno e la pubblicazione dei presenti Atti. Si ringraziano altresì il MIUR, la Provincia Piemonte, il Comune di Torino per il patrocinio offerto, nonché l'ANILS per la collaborazione alla preparazione del convegno. Finito di stampare a Torino nel febbraio 2007. L'immagine sulla copertina riproduce la Providentia Augusti capitolina, ed è stata ricavata, grazie al corpus informatico belloriano, dalla tav. a pag. 47 del testo di Francisco Perrier Icones et segmenta illustrium e marmore tabularum quae Romae adhuc extant a Francisco Perrier delineata incisa et ad antiquam formam lapideis exemplaribus passim collapsis restituta, Romae 1645; a Paris chez la veufve de deffunct Monsr. Perier. ANILS (associazione nazionale insegnanti lingue straniere, soggetto qualificato per la formazione D.M. 3 marzo 2004 prot. 826/C/3) Dopo Babele: la traduzione 24 marzo 2006 9.00 – 17.30 Aula magna Liceo Classico ―V. Gioberti‖ Via Sant‘Ottavio 9/11 10124 TORINO 4 Programma h. 9 - 13 Apertura dei lavori Prof.ssa ANGELA SUPPO, Dirigente Scolastico del Liceo Gioberti Dott.ssa L. CINATO, Università degli Studi di Torino Tradurre in internet sull’esempio delle pubblicazioni turistiche. Un confronto tra italiano e tedesco Dott.ssa E. CORINO, Università degli Studi di Torino Internet: problemi linguistici e tradottivi nel confronto italiano-tedesco Prof. E. BONA, Università degli Studi di Torino Capire per tradurre, tradurre per capire. Percorsi di traduzione contrastiva di testi poetici Prof.ssa S. PIPARI, Università degli Studi di Torino Gli errori di traduzione Prof. C. OITANA, Dima Logic La traduzione automatica Prof. D. GALATI, Dott. O. FASSIO, Università degli Studi di Torino Il lessico delle emozioni nelle lingue neolatine h. 14 - 14.30 (Poster Session) Dott.sse C. AUTILIO, A. TESTA, Liceo Classico Gioberti L'uso dei participi nelle moderne lingue europee Dott. O. FASSIO, Università degli Studi di Torino Il lessico delle emozioni Prof. G. PROVERBIO, Università degli Studi di Torino Il Laboratorio di Traduzione M. ZAIO, Liceo Classico Botta Applicazioni didattiche della banca dati multimediale LIZ 4.0 Letteratura Italiana (CD a cura di P. Stoppelli, E. Picchi) h. 14. 30 - 17.30 Prof. G. PORCELLI, Università di Pavia La traduzione nelle verifiche di L2: usi e abusi Prof. G. PROVERBIO, Università degli Studi Torino Il laboratorio della traduzione: un progetto (presentazione del laboratorio di traduzione che verrà avviato presso il Liceo Gioberti) Prof.ssa R. BERNASCONE, Università degli Studi di Torino Chasing Catullus Polo di Ricerca Linguistica del Liceo V. Gioberti di Torino Lingue a confronto: i participi Conclusioni VI Introduzione 1 Tradurre in internet sull’esempio delle pubblicazioni turistiche. Un confronto tra italiano e tedesco 1. Introduzione La lingua delle pubblicazioni turistiche è diventata negli ultimi anni oggetto di studi scientifici che ne indagano il suo status di lingua specialistica, di linguaggio settoriale o di lingua comune. Dal momento che il settore del turismo è in forte crescita e oggi rappresenta uno dei settori trainanti dell‘economia1, la lingua e i mezzi di comunicazione con cui vengono mediate le informazioni turistiche assumono un rilievo sempre maggiore. Le tipologie testuali che ricorrono a livello cartaceo in questo settore sono i depliant illustrativi, gli opuscoli, le guide turistiche, ecc, ma sempre più si sta affermando internet come mezzo privilegiato per scambiare informazioni turistiche. Utilizzando la rete infatti non solo è possibile trasmettere una quantità pressoché illimitata di informazioni di ogni genere, dal momento che la natura stessa del mezzo permette a qualsiasi fruitore di accedere facilmente all‘enorme banca dati virtuale. Attraverso portali turistici elettronici è anche possibile raggiungere e rivolgersi a un pubblico estremamente ampio e variegato, giacché il World Wide Web si è ormai trasformato in un vero e proprio fenomeno di massa. Le imprese turistiche e gli uffici per il turismo fanno pubblicità anche all‘estero per reclutare i loro clienti, per questo buona parte del lavoro informativo e promozionale viene svolto con la collaborazione di mediatori linguistici e traduttori. Va da sé che più una traduzione è adeguata alla funzione comunicativa richiesta dal testo turistico specifico, più questa porta al successo, ossia ad un maggiore numero di clienti. Se però si può affermare che l‘enorme gamma di difficoltà che una qualunque traduzione presenta non viene generalmente percepita come tale da chi commissiona le traduzioni, tanto più questo vale per traduzioni in campo turistico indipendentemente dal mezzo di pubblicazione, sia esso cartaceo che elettronico. Non è raro infatti che esse vengono affidate a persone addirittura prive di un‘adeguata competenza linguistica, con risultati talora molto scadenti. A questo si aggiunge un ulteriore problema riguardante le competenze specifiche del traduttore in ambito informatico: lo sviluppo delle nuove tecnologie ha infatti portato negli ultimi decenni ad una trasformazione significativa dell‘attività traduttiva, sia in termini pratici, sia in termini linguistici2. La forma dei testi in internet, la loro struttura ipertestuale, la concezione multimediale, la commistione di testo, immagini e audio e infine la lingua che li 1In base alle stime dell‘organizzazione mondiale per il turismo (WTO 1998), il settore turistico rappresenterà nei prossimi an ni il settore economico più importante a livello mondiale (cfr. BACHLEITNER, SCHIMANY 1999, p. 9), in grado di resistere a crisi economiche e occupazionali. 2Cfr. KRÜGER 1999. 2 caratterizza, rappresentano una nuova sfida per i traduttori3. Nei paragrafi seguenti mi soffermerò brevemente sulle caratteristiche della lingua del turismo e successivamente passerò ad analizzare alcuni dei nuovi vantaggi e dei problemi che scaturiscono dal mezzo internet per il traduttore. La mia analisi evidenzierà alcuni punti significativi nel confronto tra italiano e tedesco. 2. Le pubblicazioni turistiche Secondo Stolze 2004 la traduzione di testi d‘uso quotidiano, tra cui si possono annoverare anche i testi turistici, rappresenta oggi l‘ambito lavorativo principale per il traduttore professionista. I testi relativi all‘ambito del turismo si distinguono dagli altri per l‘utilizzo di vari linguaggi propri sia della lingua comune sia delle lingue specialistiche o settoriali, ad esempio dell‘arte, dell‘architettura, della gastronomia, dello sport, della storia, ecc. Rispetto ai linguaggi specialistici tuttavia, la lingua del turismo non è circoscritta a un determinato gruppo di persone, al contrario i testi turistici sia in internet sia nelle pubblicazioni tradizionali vengono redatti per essere comprensibili a un numero molto ampio di persone. Se la lingua dei testi turistici può essere definita come linguaggio tecnico contenente molti elementi e strutture della lingua comune, plausibile appare anche la definizione contraria, ossia una lingua che si serve di una terminologia commerciale speciale ma costituita in gran parte da espressioni, grammatica e lessico della lingua standard e dunque piuttosto una lingua di lavoro o Berufssprache (Braun 1993, p. 194). Tralasciando le definizioni di carattere teorico, possiamo affermare che si tratta di una modalità d'uso della lingua naturale estremamente eterogenea e poliedrica, che viene impiegata in diverse circostanze, avvalendosi di sottocodici, di registri e di gerghi sovrapposti e mescolati. Tra l‘informativo, il descrittivo e l'emozionale, la lingua del turismo possiede un tono originale, persuasivo e accattivante, che l‘avvicina fortemente alla lingua della pubblicità. Anche il linguaggio turistico infatti esercita una forte funzione persuasiva grazie a determinati mezzi linguistici quali l‘intertestualità, la prosodia, i giochi di parole, le allitterazioni, le metafore, le immagini, i colori, la musica, ecc. per rendere il messaggio più accattivante4. Non è quindi un caso che questo tipo di linguaggio trovi nel web un mezzo estremamente duttile e adatto a queste esigenze. Una parte rilevante della lingua del turismo assolve anche a una funzione descrittiva e informativa ed è quindi connessa con numerose specificità strettamente legate alla cultura di cui è espressione. Da questo derivano grosse difficoltà per i traduttori e i mediatori linguistici, che si imbattono in usanze, tradizioni, feste, prodotti locali, prodotti gastronomici, artigianato, arte architettonica, la cui resa traduttiva necessita elevate competenze interculturali. Indipendentemente quindi dal mezzo di 3Sulle caratteristiche della lingua delle pubblicazioni elettroniche rimando all‘articolo di Elisa Corino in questo volume (cf r. pp. ***). 4SNELL-HORNBY et al. 2003, pp. 238 e sgg. 3 trasmissione, la traduzione di testi turistici richiede una grande sensibilità linguistica, in grado sia di mettere in atto strategie traduttive necessarie per risolvere i ―normali‖ problemi ricorrenti in ogni traduzione, sia capacità creative simili a quelle utilizzate per la traduzione in ambito pubblicitario, sia infine strategie per affrontare problemi specifici dell‘ambito turistico. Tra questi si possono annoverare oltre a quelli a cui si accennava prima, anche nomi di luoghi, di monumenti, di personalità importanti per la cultura e la storia di un luogo, termini tecnici della lingua del turismo, termini settoriali, anglicismi, questi ultimi caratterizzanti anche la lingua del web. Se confrontiamo le caratteristiche della lingua del turismo usata nelle pubblicazioni in internet con quella dei testi tradizionali, ci accorgiamo che esse sono molto simili. Ciò che le differenzia sono alcune particolarità legate al mezzo di trasmissione e alla modalità di presentazione dei testi, che nel caso delle pubblicazioni in internet rientra in uno schema linguistico assai preciso. Occorrerebbe analizzare più dettagliatamente le caratteristiche dei diversi testi turistici cartacei in base al loro formato, alla loro funzione e ai destinatari a cui sono rivolti. Tuttavia si può affermare in linea generale che i testi cartacei sono più lunghi e possiedono un carattere maggiormente descrittivo e meno pubblicitario di quelli in internet, a loro volta più sintetici e apparentemente più corti, o almeno quanto immediatamente visibile e accessibile al lettore. Essendo parte di un ipertesto, la loro lunghezza dipende non più semplicemente dall‘autore del singolo testo, bensì dal suo fruitore e dai suoi possibili percorsi mentali e ‗virtuali‘, ossia dal numero di collegamenti testuali che egli intende compiere a partire da uno schema creato dalla pagina web con possibili punti di raccordo, i cosiddetti link5. Proprio la struttura ipertestuale del testo web e la difficoltà di individuare spesso con certezza i possibili riferimenti non solo extralinguistici ma anche extratestuali da parte del traduttore è spesso causa di problemi in ambito traduttivo. Rispetto ai testi esclusivamente di carattere pubblicitario poi, dove il traduttore può o talvolta deve distaccarsi dal testo di partenza purché il messaggio finale rimanga invariato, la traduzione di testi turistici non permette in alcuni casi significative variazioni rispetto al testo di partenza, non ultimo perché i testi vengono spesso pubblicati parallelamente in più lingue e dunque è richiesta una certa corrispondenza anche di spazi e di lay-out come nel caso del sito web che ho usato come corpus per questo lavoro. 3. La traduzione di pubblicazioni turistiche on-line: vantaggi e problemi I testi in internet – diversamente dalle pubblicazioni cartacee – vengono spesso già concepiti per un possibile pubblico internazionale, similmente a prodotti Software che vengono prodotti per adattarsi a mercati, lingue e culture diverse senza grossi cambiamenti (motori di ricerca, 5Sui processi mentali e cognitivi che compie il fruitore del testo web rimando nuovamente all‘articolo di Elisa Corino (cfr. pp. ***). 4 vendita su internet o altro) 6. Lo stesso vale spesso anche per i siti turistici in internet. Si cerca di creare i testi in modo tale che la loro traduzione in altre lingue sia facilitata. Questo è da un lato il risultato di una internazionalizzazione dovuta al mezzo internet, dall‘altro rappresenta una causa dell‘internazionalizzazione della lingua in internet e si ripercuote anche su altri fattori, quali ad es. la lunghezza dei testi, i simboli, le icone che vengono utilizzate per le corrispondenti pagine web, l‘uso prevalente della lingua inglese e la conseguente contaminazione di altre lingue attraverso l‘inglese. D‘altra parte l‘inglese è in grado di sintetizzare in espressioni, spesso composte ma brevi, concetti che altre lingue, tra cui l‘italiano, possono esprimere solo ricorrendo a parafrasi assai più lunghe e complesse. Come accennavamo sopra, il testo sul web si comprime (a un primo sguardo), per far posto a immagini, grafica e link. Per sua stessa natura poi ha vita breve, è sottoposto a una maggiore velocità di elaborazione e produzione e dunque tollera maggiormente errori e refusi. Un grande vantaggio sia per la produzione di testi in internet, sia per la loro traduzione è di poter correggere facilmente gli eventuali errori anche a pubblicazione già avvenuta. Altri vantaggi sono dati dal mezzo internet stesso: il traduttore può reperire informazioni in maniera più facile e veloce, inoltre non raramente ha la possibilità di cambiare la lingua della pagina web, ossia se sta traducendo un testo italiano in tedesco può confrontarlo con altre traduzioni già pronte, ad esempio in inglese o in spagnolo, e servirsi di traduzioni parallele per apporre eventuali correzioni. Generalmente oltre ai testi da tradurre si hanno a disposizione anche immagini, grafica e talvolta sequenze di immagini, che nel caso ideale possono aiutare il traduttore, se però i testi da tradurre vengono prodotti in contemporanea alle traduzioni, esse possono rappresentare un problema. In generale il traduttore web proprio a causa della struttura ipertestuale dei testi soffre più frequentemente rispetto a un traduttore di un testo tradizionale di mancanza di riferimenti extratestuali a cui appigliarsi, ossia di un chiaro contesto ampio e preciso di riferimento che gli permetta di creare corrispondenze concrete tra forma, significato e realtà dei termini che ha di fronte. Tra i problemi delle traduzioni in internet infatti quello costituito dagli indici e dai nomi delle rubriche delle pagine web sotto forma di link rappresenta uno dei problemi principali. Dal momento che ogni testo e ogni singolo termine sono inevitabilmente inseriti in un contesto, il loro significato si ricava proprio dalle altre parole che ne specificano e ne delimitano il significato. Quando il traduttore riceve delle liste di link, egli è all‘oscuro del contesto e del co-testo in cui tali parole si trovano, né è in grado di ricavare la posizione che esse avranno nella pagina web, se sono cioè abbinate a 6Mi riferisco qui a forme di adattamento di un prodotto ad altri mercati o ambienti, in modo particolare altre nazioni e culture, note col nome di internazionalizzazione e localizzazione. I prodotti che possono essere l'oggetto di tali processi sono i più svariati: dal la pubblicità (televisiva, editoriale, ecc.) ai software (sistemi operativi, applicazioni, programmi, ecc.), dai siti web ai manuali d'uso, dalle pubblicazioni mediche e scientifiche, alle etichette dei prodotti venduti sul mercato internazionale (da: http://it.wikipedia.org). 5 immagini, o sono parte di un menu, oppure quale sia lo spazio su cui cliccandovi sopra si può inserire il lettore. In questo caso il rischio di incorrere in errori dovuti alla polisemia del testo di partenza è molto alto. Una traduzione corretta è però qui più che mai necessaria, dal momento che la parola in questione non rappresenta solo più l‘unione di un significante e di un significato, ma ha anche una valenza fisica, perché senza di essa si preclude il passaggio ad un ulteriore spazio-testo. Questo problema si acuisce maggiormente nel caso in cui i testi e dunque la pagina web nella lingua di partenza ancora non esistono e la loro creazione avviene in contemporanea alle loro traduzioni: questo è stato il caso del corpus da me preso in esame. 4. Un esempio pratico Il corpus su cui si è basato il presente studio è costituito da testi italiani e dalle loro traduzioni tedesche, che la regione Piemonte ha creato e pubblicato in internet sul sito www.piemontefeel.it in occasione delle Olimpiadi di Torino 2006. Si è trattato e tuttora si tratta di una campagna informativa e pubblicitaria molto consistente per la Regione e prodotta in più lingue (inglese, tedesco, francese e spagnolo), che ha avuto principalmente lo scopo di entusiasmare turisti e amanti dello sport per i giochi olimpici e in generale di attirare potenziali turisti a Torino e in Piemonte. La traduzione è il risultato di una collaborazione tra la Regione Piemonte e la Facoltà di Lingue dell'Università degli Studi di Torino. I testi vengono prodotti contemporaneamente in tutte le lingue, dal momento che si riferiscono ad avvenimenti e fatti estremamente attuali e sono concepiti esclusivamente per il mezzo internet. L'italiano è la lingua di partenza, il tedesco nel nostro caso la lingua di arrivo. Sul sito si trova ogni sorta di informazioni su Torino e il Piemonte, avvenimenti speciali, sportivi, culturali, che hanno avuto luogo prima, durante e dopo le Olimpiadi nella Regione. Il sito è tuttora attivo. Per capire meglio i problemi che verranno analizzati descrivo brevemente la struttura della pagina web in questione (fig. 1): diversi frame (z.B. News, in Piemonte, Torino 2006, cose curiose / Kurioses, vedere, fare, sentire / sehen, unternehmen, erfahren) caratterizzano la pagina iniziale e forniscono un quadro degli argomenti che possono venire approfonditi cliccando ulteriormente sui singoli link. Ogni giorno il frame tematico principale cambia – per es. Un evento da vivere / Ein Anlass, den man miterleben muss, oppure Piemonte al femminile / Piemont weiblich; ogni frame ha più link che si possono cliccare; l‘immagine che si trova sotto al logo è una videosequenza, quindi il sito è caratterizzato da movimento e colore, sotto l‘immagine ci sono diversi link utili (cosa succede, dove andare, muoversi / was los ist, wohin, reisen), e in basso a sinistra i recapiti telefonici (al telefono / am Telefon); nella pagina il rapporto tra testo e immagini è abbastanza equilibrato. La Homepage viene ricreata quotidianamente, ossia la struttura rimane sempre la stessa, ma una parte delle informazioni cambia a volte anche ad intervalli molto brevi, ad esempio le news. In alto a destra si ha la possibilità di scegliere tra 4 diverse lingue, ma non sempre le lingue si trovano allo 6 stesso stadio di traduzione, può essere quindi che cambiando la lingua ci siano delle notizie diverse. Fig.1 Il nome inglese del sito, piemontefeel, non dipende o non solo dall‘uso frequente di internazionalismi o meglio di anglicismi in internet, bensì è da ricondursi anche all‘esigenza, legata al carattere turistico del sito, che il pubblico internazionale interessato ad avere notizie sulla regione Piemonte trovi con un semplice motore di ricerca questa pagina. La possibilità di cui si parlava sopra, ossia di poter scegliere tra più lingue, e di cui può fruire l‘utente del sito, non è disponibile in fase traduttiva, perché, come già accennato, la creazione dei testi avviene contemporaneamente in tutte le lingue. A differenza della maggior parte dei siti web, e anche della maggior parte delle pubblicazioni turistiche cartacee, vi è la possibilità su questo sito di cliccare su un link e sapere sia chi sono gli autori dei testi sia i traduttori, o perlomeno i responsabili delle traduzioni delle diverse sezioni linguistiche (sotto il link credits). Motivi di questa scelta sono probabilmente il carattere ufficiale di questo sito, l‘importanza del committente, la regione Piemonte stessa, e il ruolo istituzionale del commissionario, ossia l‘Università. 5. Problemi traduttivi specifici L‘analisi dei problemi più rilevanti connessi con la traduzione di questo sito vuole essere solo un esempio dei problemi relativi alla traduzione di siti internet e preciso che alcune delle problematiche che sono qui emerse sono strettamente legate a questo progetto di traduzione e 7 dunque non automaticamente valide in generale. Tuttavia questo tipo di approccio si propone di servire da stimolo per approfondire un aspetto traduttivo ancora poco studiato, ma che può portare ad interessanti riflessioni di carattere contrastivo. Un fattore che ha contraddistinto questo progetto è il fattore tempo, perché le traduzioni vengono eseguite con dei ritmi molto pressanti, e sebbene questo non sia un aspetto tipico solo della traduzione sul web, ha certamente pesato fortemente sulla qualità della traduzione. Ben più specifico della rete appare il fatto che la stesura dei singoli testi in lingua originale non viene completata prima che si inizi a tradurre, cosa che sarebbe anche impossibile dal momento che il testo in internet è di per se ―illimitato‖ nell‘estensione. I testi inoltre non sono tradotti da un unico traduttore, bensì da più traduttori in contemporanea e vengono pubblicati via via che vengono completati. Tutto questo provoca spesso delle incongruenze, venendo a mancare uno dei presupposti base di una buona traduzione, ossia la rilettura in chiave coerente del testo tradotto. La pubblicazione di un testo cartaceo invece non avviene prima che il testo sia completato sia in originale, sia in traduzione. A ciò si aggiunge il fatto che in internet i testi hanno vita breve e sono sempre suscettibili di variazioni, ampliamenti, aggiornamenti, ecc. Faccio ora alcuni esempi pratici. Abbiamo accennato prima alla traduzione di liste di link tematici (nodi), che il traduttore riceve senza contesto/cotesto, e ai possibili fraintendimenti causati della polisemia dei termini. Nel caso del link cosa facciamo (fig. 2) il traduttore aveva in un primo tempo tradotto con was unternehmen wir?, usando una domanda e interpretando l‘italiano dalla prospettiva dell‘utente, ossia di un ipotetico turista che desidera intrattenersi nel tempo libero. Ben altro però si cela dietro a questa vaga locuzione, come si deduce cliccando sopra al link da cui si accede al testo dedicato alla Regione Piemonte e al suo settore produttivo, quindi alle sue industrie, alle aziende e alle imprese. L‘espressione was unternehmen wir è stata modificata in un secondo tempo in was wir unternehmen: Fig. 2 8 Questo esempio evidenzia anche un altro problema della traduzione in internet, ossia quello della conoscenza del linguaggio specialistico del web e della corrispondenza di ―etichette‖ usate nei siti: sia chi ha curato il sito italiano che il traduttore tedesco sembrano ignorare quella che è l‘espressione solitamente utilizzata per fornire informazioni sulle caratteristiche di un‘azienda, di un‘agenzia, di qualunque ente che si presenti su internet, che in italiano suona generalmente Chi siamo, e a cui corrisponde il tedesco Wir über uns. Esiste effettivamente un problema di uso e di corrispondenza di etichette, sulla base delle quali poter stilare un glossario comunemente accettato. Un altro esempio interessante sia sotto il profilo della polisemia di cui sopra, sia in quanto emblematico per tutta una serie di altri problemi traduttivi legati a notizie di carattere burocratico e legale, che generalmente occupano lo spazio situato in fondo alla pagina web, è il termine Accessibilità (fig. 3): ad una prima valutazione il traduttore, avendo in mano solo una lista di link, e non sapendo che posizione il termine avrebbe occupato nella pagina web, aveva optato per Zugangsmöglichkeit, pensando che si trattasse di possibilità generiche di accesso da parte dei visitatori ai giochi olimpici. In realtà si tratta di un‘indicazione legale che si riferisce a particolari disposizioni di legge in materia di accesso facilitato da parte di soggetti disabili a servizi informatici in genere e a questa pagina web in particolare. Il termine Zugangsmöglichkeit è stato dunque sostituito in un secondo momento con la traduzione più adeguata vereinfachter Zugang, laddove sarebbe stato possibile anche il ricorso al termine inglese accessibility, o il più generico termine tedesco rechtliche Hinweise: Fig. 3 Rimanendo sempre in quello spazio della pagina web che ospita notizie legali, informazioni sul diritto d‘autore, comunicati stampa. ecc., e che rappresenta spesso un punto di notevole disaccordo tra le varie traduzioni, riporto ancora l‘esempio di credits (fig. 4): anche qui vi è stato un fraintendimento da parte del traduttore del tedesco, che non avendo probabilmente molta 9 dimestichezza con il linguaggio web, ha avuto grosse difficoltà a riconoscere il significato di un anglicismo peraltro di difficile comprensione anche per un italiano non addentro al linguaggio informatico. Questo link infatti apre uno spazio testuale su notizie relative all‘agenzia di produzione dei testi, al coordinamento redazionale, alle traduzioni, ecc. La traduzione Quellenhinweise ha preso il posto della più largamente diffusa etichetta dei siti tedeschi Impressum: Fig. 4 Meno problematica invece è stata la traduzione del terzo termine presente in fondo alla pagina, press zone, rimasto invariato e attraverso cui si accede all‘area dei comunicati stampa. L‘esempio del link vedere, fare, sentire / lett: was gibt es zu sehen, zu unternehmen, zu hören? presenta due problemi diversi con cui si è dovuto confrontare il traduttore: il primo quello della lunghezza della traduzione del link, ossia in generale degli espedienti necessari per condensare il più possibile le informazioni. Generalmente il tedesco – lingua sintetica per eccellenza – è facilitato in questo compito rispetto all‘italiano, così come lo è l‘inglese, motivo per cui molto spesso si ricorre proprio a quest‘ultima lingua per evitare lunghe parafrasi. In questo esempio tuttavia la forma italiana risulta più compressa di quella tedesca, che dal punto di vista morfo-sintattico richiederebbe una locuzione più lunga per una traduzione adeguata. Il secondo problema riguarda la parola sentire: ad un lessema italiano corrispondono infatti tre 10 lessemi in tedesco, hören/erfahren/unternehmen, tra i quali il traduttore ha scelto il secondo e nella traduzione finale si trovano anche in tedesco i tre infiniti sehen, unternehmen, erfahren. Il problema dell‘infinito in italiano e del corrispondente uso in tedesco si ripresenta spesso, giacché è una forma che non sempre può essere lasciata come tale in tedesco. Nel link muoversi ad es. il traduttore ha pensato inizialmente a due opzioni possibili, wie bewege ich mich fort oppure sich fortbewegen? col punto interrogativo (la traduzione finale è stata poi reisen, fig. 5 in alto). Il messaggio del link può infatti essere interpretato da parte del traduttore sia come una domanda che come un‘affermazione, cosa che modifica la struttura grammaticale della traduzione, come nel caso di cosa succede, che se tradotto con was ist los? ha un significato ben diverso da was los ist (fig. 5 in alto). Un altro aspetto di cui tenere conto quando si traduce in internet è quello dell‘aggiornamento delle informazioni e delle indicazioni pratiche, che devono essere riviste in tempo reale. Se il testo di partenza contiene delle informazioni già sorpassate, il traduttore le deve aggiornare. Questo problema si presenta anche nel caso di traduzioni turistiche cartacee, ma in esse è meno rilevante poiché il fruitore di un testo cartaceo ha delle aspettative diverse rispetto al fruitore del web, sa cioè che i tempi tecnici di ogni possibile cambiamento sono più lunghi e generalmente tende a informarsi nuovamente sul luogo di vacanza su orari di musei e monumenti, sui prezzi dei biglietti delle attrazioni turistiche, ecc. Chi per contro utilizza il portale elettronico tende a dare per scontata la validità delle informazioni. Dal momento che il sito turistico www.piemontefeel.it ha un chiaro orientamento informativo e pratico, non avrebbe senso lasciare in rete delle informazioni vecchie. Emerge qui anche il problema già menzionato dell‘invecchiamento precoce di questo tipo di testi e d‘altra parte anche la forza di questo mezzo che permette un‘attualizzazione continua dei testi in tempo reale. Un‘ulteriore questione riguarda il problema della correzione automatica del computer, ad esempio la confusione tra scrittura maiuscola e minuscola che distingue in tedesco i sostantivi da altre parti del discorso, come nell‘esempio sottostante ball invece di Ball, laddove però non si tratta di una scelta consapevole come succede nello stile del web, in cui talvolta si scrive volontariamente tutto minuscolo, tanto è vero che sempre nella stessa pagina altri sostantivi si trovano scritti maiuscoli. A volte invece si trovano maiuscole parti del discorso che andrebbero minuscole, come nel caso di Man invece di man. In questo caso si tratta di interferenze da altre lingue, ad esempio dall‘inglese, dovute al fatto che la porzione di testo è troppo corta perché il computer possa riconoscere la lingua, perciò può ad esempio selezionare come lingua di default l‘inglese, lingua dominante del web, invece del tedesco, e quindi causare degli errori quando il testo viene messo in rete, z.B. was lost ist, invece di was los ist. 11 Fig. 5 Infine vorrei solo brevemente accennare qui al problema degli anglicismi, e in generale dei forestierismi e al fatto che non sempre essi assumono lo stesso valore nel sistema linguistico e culturale della lingua d‘arrivo: spesso un termine inglese usato in italiano non può essere lasciato tale e quale anche in tedesco e viceversa. Un esempio per tutti il già citato credits. Alcune volte si tratta di neologismi sottoforma di prestiti o calchi, che si adattano al sistema linguistico della lingua che li crea e non hanno un corrispondente analogo nell‘altra lingua. Se la presenza degli anglicismi è nella lingua del web una delle caratteristiche più salienti, a maggior ragione si nota la loro presenza su un sito turistico quale quello preso in esame e rivolto specificamente a un pubblico multilingue: alcuni esempi dal sito italiano sono home, news, fan club, look of the games, Video Bank, Hy Park, Toronews, Start Cup, per citarne solo alcuni. 6. Conclusioni Nella traduzione di testi in internet il traduttore viene posto di fronte a nuovi problemi e nuovi compiti, che richiedono competenze diverse rispetto alla traduzione di testi su supporto tradizionale. Se da un lato il web può facilitare il traduttore nel suo lavoro di reperimento di fonti, di informazioni e di materiale vario, dall‘altro la prassi mostra che spesso il traduttore non ha a disposizione tutto il testo da tradurre, ma solo porzioni di esso o addirittura, nel peggiore dei casi, solo delle liste di link senza contesto, e spesso può perdere la bussola 12 all‘interno dell‘immenso mondo virtuale e dei meandri ipertestuali. Quando invece la traduzione si avvicina nelle modalità alla traduzione cartacea, le differenze tra i due diversi mezzi di pubblicazione non sono considerevoli, e i problemi delle traduzioni turistiche risultano essere pressoché gli stessi dei testi ―classici‖. In generale si può affermare che quelli che possono sembrare degli svantaggi del mezzo internet (maggiore tolleranza degli errori, fugacità dei testi, ecc,) possono essere dei vantaggi, la possibilità ad esempio di correggere facilmente delle sviste e dei refusi anche dopo la pubblicazione del testo e viceversa. Alla luce di quanto evidenziato nei paragrafi precedenti risulta evidente quanto può essere utile approfondire in futuro una tematica legata alle potenzialità di uno strumento ormai assolutamente indispensabile per qualunque traduttore. Riferimenti bibliografici BACHLEITNER, Reinhard, SCHIMANY, Peter (Hgg.) (1999), Grenzenlose Gesellschaft – grenzenloser Tourismus?, Wien, Profil BRAUN, Christiane (1993), Interkulturelle Barrieren in der Fach- und Berufssprache der Tourismussprache, in B-D. MÜLLER (a cura di), Interkulturelle Wirtschaftskommunikation, München, Iudicium Verlag, pp. 193-202 DÜRSCHEID, Christa (2000), Sprachliche Merkmale von Webseiten, in «Deutsche Sprache. 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(20032), Handbuch Translation, Tübingen, Stauffenburg-Verlag STOLL, Eva (2001), Reiseprospekte in multilateralen Übersetzungsvergleich: eine kontrastive Textsortenuntersuchung - am Beispiel französischer, italienischer, spanischer, englischer und deutscher Texte, in J. ALBRECHT u.a. (Hgg.), Sprachvergleich und Übersetzungsvergleich. Leistungen und Grenzen, Unterschiede und Gemeinsamkeiten, Frankfurt a.M., Lang, pp. 340-375. STOLZE, Radegundis (2004), Die Übersetzung von Gebrauchstexten aus sprachwissenschaftlicher Perspektive, in H. KITTEL u.a. (Hgg.), Übersetzung. Ein internationales Handbuchbuch zur Übersetzungsforschung, 3 Bde, Berlin, New York, de Gruyter, pp. 649-654 STORRER, Angelika (2003), Kohärenz in Hypertexten, in «Zeitschrift für germanistische Linguistik», 31.2, pp. 274292. L. Cinato 13 Internet . Aspetti testuali e traduttivi nel confronto italiano e tedesco online 1. Introduzione Jacob Nielsen (2001), il guru delle teorie di usabilità, sottolinea che milioni di dollari vengono quotidianamente investiti per fare ricerche su una superficie che non raggiunge nemmeno il metro quadrato. Considerato il denaro speso, i siti internet risultano essere gli immobili più costosi del mondo, tuttavia analisi anche superficiali dimostrano che a fronte di una spesa ingente per il progresso e l'implementazione costante di nuova tecnologia, l'investimento sulla presentazione del contenuto lascia spesso a desiderare: balzano spesso all'attenzione dei fruitori della rete usi scorretti della lingua e traduzioni approssimative, se non addirittura fastidiosamente errate. Eppure qualsiasi utente - anche se all'oscuro dei più recenti studi di usabilità, digiuno delle querelles scientifiche sulle caratteristiche del "buon sito", e animato solo da una naturale dose di buon senso - annovererà tra le caratteristiche fondamentali di una pagina la sua intelligibilità, ovvero la comprensibilità della lingua in cui essa si presenta. Perché è una buona conoscenza della lingua che ci consente di gestire al meglio le possibilità comunicative offerte da un ipertesto, ed è di nuovo e ancora la lingua che ci consente di navigarci dentro; perché per le caratteristiche proprie dell‘informatica, per la sua storia, per la sua genesi, fin anche la sua geografia (una geografia anglofona); per tutti questi fattori, l‘informazione su computer passa attraverso stringhe di caratteri, e ogni modalità di interrogazione, anche per reperire immagini, anche per reperire materiali di altro tipo, rimane legata al linguaggio verbale, alla lingua. Se la comunicazione in sé non è mai una questione di facile trattazione, ancora più complessa essa si mostra quando è declinata con le incognite traduttive di un mezzo così ricco di sfaccettature quale è internet con i suoi mutevoli e poliedrici contenuti. Il problema della traduzione investe prima di tutto le innumerevoli declinazioni diatopiche, diastratiche, diafasiche, diamesice, diacoriche… delle varietà linguistiche. Il buon esito della comunicazione linguistica e della traduzione è basato sulla capacità di saper contestualizzare il proprio messaggio agendo sulla ricca tastiera di varietà ed usando quella giusta anche di fronte a un pubblico che non è sempre identificabile con precisione ed è, per così dire, trasversale. Allo stesso tempo chi invia il messaggio, invece, ha una forte componente di specificità: un ente che si trova a confrontarsi con la lingua burocratica e 14 amministrativa,un‘azienda che deve rendere conto di aspetti tecnici con una terminologia specifica, una ditta farmaceutica che deve spiegare l‘uso di un medicinale… Nei paragrafi seguenti ci occuperemo di definire le caratteristiche di un testo pubblicato in Rete e di delineare le difficoltà in cui incorre un traduttore quando si deve confrontare con un materiale mutevole e instabile come quello destinato alla pubblicazione nel web. Delineeremo poi alcune delle principali punti critici legati a tale tipo di traduzione nel confronto italiano-tedesco. 2. Il web, il testo, il traduttore Sterminata è la letteratura sulle teorie e tecniche della traduzione letteraria, i critici consumano fiumi di inchiostro nel valutare quale traduttore abbia reso meglio quel particolare momento narrativo di quel particolare romanzo… eppure poche parole sono state fin qui spese su quelli che sono i testi con i quali gran parte dei traduttori si confronta ogni giorno e che costituiscono campi di lavoro peculiari per i professionisti della traduzione: manuali di istruzioni, dépliants, guide turistiche…e non in ultimo testi destinati alla pubblicazione elettronica. Quando si pensa ad un testo pubblicato sul web immediatamente il pensiero corre all‘etichetta ipertesto. L‘abbondanza di saggi sugli ipertesti e sulla Comunicazione Mediata del Computer7 (CMC) ha dato origine a un coacervo eterogeneo di definizioni e ha finito per creare notevole confusione, oltre che una fase di stanca teorica in cui ogni nuovo saggio sull‘argomento non è che il rimaneggiamento di materiali già esistenti e già lungamente sfruttati. Eppure di fatto l‘ipertesto elettronico come struttura cognitiva e comunicativa è entrato nella normalità e presenta una pervasività tanto acuta da poter affermare la sua inevitabilità e necessità come strumento del quotidiano. Dal punto di vista teorico esso si pone alla confluenza tra la linguistica testuale da un lato, che tenta di definirne le caratteristiche, e l‘architettura dell‘informazione dall‘altro, che ne regola la gestione e l‘organizzazione dei contenuti sulla ―pagina elettronica‖. Con l'avvento del consumo-web di massa la forma ipertestuale è progressivamente assurta ad emblema di una nuova tipologia testuale legata a un medium specifico; ci si chiede allora se non si abbia bisogno di una nuova definizione di testo che ne rispecchi le proprietà intrinseche e che segni la cifra della distanza dal testo ―tradizionale‖. Ma si tratta poi davvero di una nuova tipologia? …e mentre i testualisti di interrogano sulla questione, i traduttori l‘affrontano tutti i giorni sul campo. 7 Allora (2005) considera la locuzione CMC iperonimo di un vasto gruppo di tipologie di comunicazione (tra cui la Comunicazione Mediata dalla Rete e la Comunicazione Mediata dalla Macchina) che fanno uso delle nuove tecnologie e in particolare del computer. Dis tingue quindi le CMC sulla base del tipo di rete sulla quale viaggia il segnale e in particolare distingue la rete mediale da quella sociale. 15 2.1 L’oggetto testo: definizioni e caratteristiche Da oltre trent’anni la linguistica testuale si occupa della definizione di testo e non è ancora pervenuta ad una soluzione definitiva: il testo è un’unità polimorfica, che muta aspetto a seconda della prospettiva sotto la quale lo si considera. Tradizionalmente il testo è identificato in una sequenza definita di segni linguistici che è coerente in sé e che nella sua globalità segnala una funzione comunicativa riconoscibile. Sono de Baugrande e Dressler (1981) ad individuare i ―sette principi della testualità‖, ovvero le sette condizioni che devono essere soddisfatte affinché un testo abbia un valore comunicativo. Tra questi due sono i principi fondamentali che regolano la natura di un testo: la coesione, che, sulla scia di Petőfi, Conte (1999) scompone nelle due nozioni di coesione e connessità, e la coerenza. La coesione riguarda proprietà intrinseche del testo, e in particolare la presenza di relazioni semantiche e tematiche - ad es. il costante riferimento agli stessi personaggi, a luoghi, a sequenze temporali concatenate. La connessità riguarda invece la presenza di relazioni formali di rinvio e connessione, ad es. congiunzioni ed avverbi connettivi che istituiscono dei legami fra le varie parti del testo. Insieme coesione e connessità guidano l‘attività interpretativa e la ricerca del senso globale, ma non sono in sé sufficienti se il testo manca della terza condizione - gerarchicamente sovraordinata alle altre - che costituisce la quidditas del testo stesso e che ne determina lo status: la coerenza. Coerenza è qui intesa come una globale unità di senso, nell‘accezione positiva di coherence (coesione semantica e/o pragmatica) e non nel senso negativo di consistency in quanto principio di non-contraddittorietà. Un testo può essere coerente anche in assenza di mezzi espliciti che segnalino tale coerenza; in assenza di coerenza, invece, è la stessa qualifica di testo a cadere. La coerenza non è una proprietà intrinseca del testo, ma proviene dall‘attività interpretativa del ricevente, si tratta di un lavoro interpretativo a parte subiecti in cui la coerenza non è altro che il principio-guida dell‘interpretazione. Sperber e Wilson (1986) fondano la loro intera teoria del significato sul lavoro di interpretazione e sul principio di rilevanza, riconducendo il significato di un testo all‘attività interpretante del ricevente, che interpreta ogni testo guidato da ipotesi sulla rilevanza che l‘evento comunicativo può avere nel contesto (e nel co-testo). Nel lavoro di attribuzione di senso il lettore, più in generale l‘interprete, è chiamato a trarre delle inferenze, a costruire anelli mancanti, a interpretare e reinterpretare (in nome della coerenza) segmenti testuali ai quali aveva già assegnato un‘interpretazione. Appare dunque chiaro come il testo sia in realtà un oggetto che non può essere capito a fondo se non si tiene conto, oltre che del prodotto finale statico, anche dei processi che ne permettono tanto la produzione quanto l‘interpretazione. 16 2.2 L’Ipertesto questo (s)conosciuto Due sono i problemi teorici con i quali ci si scontra quando ci si imbatte nel discorso ipertesto. Il primo di natura definitoria nell’ottica della linguistica testuale tradizionale: È assimilabile a un “testo tradizionale” o è qualcosa di totalmente altro? Il secondo, strettamente legato al primo, riguarda la definizione rispetto alla struttura e ai confini che rendono una collezione di testi interrelati un ipertesto. L‘etichetta di ipertesto viene troppo spesso erroneamente attribuita a qualsiasi gruppo di testi che siano correlati fra loro e che siano pubblicati sulla Rete. Di ipertesto si parla quando si definiscono i siti web, quando un menu permette di accedere a pagine diverse, quando un testo contiene nodi che rimandano a metainformazioni... in virtù della definizione tradizionale di ipertesto che vuole una collezione di argomenti interconnessi e fruibili senza un ordine prestabilito. Eppure non tutte le collezioni di argomenti sono ipertesti. La raccolta di argomenti deve essere in qualche modo specifica e distinta da ogni altra: l‘unità dell‘ipertesto è necessaria per distinguere un singolo ipertesto da un qualsiasi sapere distribuito e navigabile, e per distinguere l‘ipertestualità dall‘intertestualità, la prima caratterizzata da quel "confine aperto del testo" di cui parlano Derida e Eco, la seconda semplice specificazione della prima nella misura in cui segna le relazioni che permettono ai testi di dialogare fra loro. La quantità dei collegamenti non è proprietà secondaria: tutti quei siti che presentano un frame con un menu che permette di accedere alle pagine del sito - e dunque interne al sito stesso - non possono essere considerati dei veri ipertesti: il numero degli itinerari possibili è sì ampio, ma circoscritto, essi sono collezioni di argomenti che non fanno altro che riportare su uno schermo quello che potrebbe essere il contenuto di una cartellina di una conferenza, con programma e abstract degli interventi, o l‘opuscolo di presentazione di un‘azienda, con i vari settori di cui essa si compone. La fruizione di un ipertesto poi non consiste nella fruizione delle parti di un ipertesto, ma nel senso di itinerario che viene percorso dal fruitore all‘interno dell‘ipertesto. Cioè: l‘ipertesto non è tale in quanto raccolta di argomenti, ma in quanto connessione di argomenti all‘interno di un insieme di argomenti. Immagine tratta da http://www.cyberslang.de/ 17 Un buon esempio di ipertesto è dato dai siti dei quotidiani (ALLORA 2004), che hanno un grande numero di collegamenti, quindi di relazioni fra i contenuti, e la cui unità è ribadita, oltre che da analogie grafiche ed editoriali anche dal fatto che le pagine esterne al sito, ma raggiungibili dal sito, non permettono un ritorno al punto di origine (a meno che non si usi la barra di navigazione del browser). Identificare un testo in un ipertesto è dunque impresa non facile, proprio in virtù della natura mutevole e instabile dell‘oggetto in analisi, un ipertesto ha, per motivi meramente pratici, un solo inizio e praticamente sempre una o più conclusioni. L‘intreccio o il dipanarsi della struttura del testo non è mai rigidamente fissata e predicibile dall‘autore, al contrario la costruzione della ―trama‖ è demandata al fruitore. L‘operazione fondamentale della comunicazione è quella di ―costruire il senso‖, funzione che fa da crocevia a tutto quanto ruota attorno a un testo in termini cognitivi, operativi e sociali, influenzando in modo essenziale le attività dell‘autore, del lettore/utente, dell‘artefatto e le loro interazioni. Uso e modalità di un ipertesto non corrispondono alle intenzioni di coloro che l‘hanno proposto, a differenza dell‘organizzazione lineare del testo cartaceo, stabilita a priori dall‘autore, caratteristica fondamentale dell‘ipertesto elettronico è appunto la discontinuità e la preponderanza del ruolo del fruitore, co-autore del testo. In un ipertesto elettronico si lascia fisicamente il punto in cui ci si trovava e ci si sposta su un altro, compiendo dei salti tematici che assumono una coerente continuità solo in virtù dei percorsi mentali e dei sentieri cognitivi seguiti dal fruitore e dai legami che egli inferisce e crea tra le varie lessie. La prima caratteristica di questa organizzazione cognitiva è la distinzione delle informazioni tra quelle che sono immediatamente visibili, accessibili e attive e quelle che non lo sono ma che lo possono diventare attraverso la mediazione di punti di passaggio indicati nelle prime, funzione comunemente assegnata ai link. Le informazioni sono raggiunte in modo progressivo e mediato, a scatti tra un compartimento e l‘altro sulla base di raccordi, già previsti, in vari punti della parte testuale. La progressione e la gerarchizzazione di pertinenza e importanza è ancora una volta un‘operazione a parte subiecti. Il fruitore diventa co-autore del testo e tesse l‘ordito di una nuova forma comunicativa di cui paradossalmente punto nevralgico è proprio il link che garantisce coerenza con i suoi salti continuità. Il link è una chiave fondamentale che lascia tracce linguistiche che permettono di costruite le trame sotterranee che collegano i blocchi; la lingua e l‘organizzazione topologica assumono allora il compito di orientare la scansione, la lettura, la creazione delle condizioni, l‘attivazione in profondità e il superamento dei confini della pagina. La visibilità non opera unicamente in uno spazio fisico di parti che si vedono sullo schermo, ma anche in uno spazio mentale, dove il relè si estende e opera con concetti e immagini cerebrali e la strutturazione in blocchi identificabili con un‘etichetta risparmia all‘utente il compito di esaminarne i contenuti. 18 Una delle differenze più evidenti eppure sottovalutate quando si confronta un testo cartaceo con un ipertesto elettronico è il modo in cui essi vengono letti: i testi sono letti, gli ipertesti vengono scorsi (scanned). Il processo è fondamentalmente differente poiché un ipertesto presenta una minore condensazione di informazioni in termini di morfemi linguistici, quello che rende un ipertesto leggibile è la sua disposizione nello spazio, l‘esistenza di nodi evidenti sui quali il testo ruota, gli spazi che evidenziano i blocchi di testo e le mettono in rilievo le informazioni… in termini di proporzioni spazio-testo non più di un terzo della pagina visualizzabile (a rigore delle norme dettate dall‘IA lo scrolling è bandito) deve essere deputata al testo, sono gli spazi grafici e non i connettivi testuali a rendere un testo coeso. I testi peggiori che si possono trovare in rete sono le trasposizioni elettroniche di testi cartacei, i quali non sono stati composti con lo scopo primario della comunicazione in internet e non ne seguono le regole stilistiche né il linguaggio specifico della comunità dei netanauti e appaiono perciò come corpi estranei in un ambiente governato da regole ferree seppur non scritte ufficialmente. 3. La lingua del web La lingua usata dai mezzi multimediali e nella fattispecie da Internet fa ampio uso della commistione di codici diversi tanto da identificare nel suo carattere ibrido una delle sue principali caratteristiche. Ci si può dunque a buon diritto porre la domanda se si vuole continuare a chiamare “testo verbale” quest’oggetto semiotico (Petőfi 2004) e in quale misura è concesso usare illustrazioni, tavole, diagrammi, disegni… accanto agli elementi lessicali. Immagini e testo strettamente correlate e affiancate sulla pagina tanto da fondersi e invertire le loro funzioni non sono però che la punta emersa e visibile dell’iceberg–web: sotto la superficie altri fenomeni linguistici si sviluppano e attecchiscono nelle abitudini di autori e fruitori. Uno dei più studiati è quello che va sotto il nome di “lingua specialistica”.. Ci si interroga sull’esistenza di una lingua specifica del mezzo internet e su quali caratteristiche essa abbia. Molti sono gli studi condotti fino ad ora sulla lingua della CMC e della IMC e in particolare si sono presi in analisi metodi e modi di comunicazione che spaziano dalle e-mail, alle chat rooms, dalle mailing lists, all’Internet Relay Chat, UseNet newsgroups, e mondi virtuali come i MUD e i MOO. Con i suoi acronimi e abbreviazioni, sulla lingua come mezzo di identificazione in un’élite di parlanti, in una comunità “mediata dai media”, che possiede un proprio codice ed una etichetta (o meglio una netiquette) alla quale attenersi. Vocaboli, espressioni, neologismi nati su Internet, sfruttando le peculiari caratteristiche dei canali di comunicazione di rete, non riguardano necessariamente solo la rete e le sue tecnologie: Internet è ormai – soprattutto per le nuove generazioni – un luogo di incontro e 19 socializzazione capace di stimolare la produzione linguistica anche (e forse in primo luogo) al di fuori del settore strettamente informatico. Lasciando da parte chat, newsgroup, forum di discussione ecc… e restringendo qui il nostro campo di osservazione alle caratteristiche in generale di un testo che viene immesso nella rete e che potenzialmente abbisogna di una traduzione, possiamo delineare alcune caratteristiche delle quali un traduttore deve essere ben cosciente per potersi orientare in quello che ormai è un campo di specializzazione. Crystal (2006) suggerisce di considerare il linguaggio della rete non come un testo scritto che tende al parlato o un parlato di registro medio-alto che è stato fissato su carta, bensì piuttosto come una nuova tipologia di interazione, un "terzo medium" che sta evolvendo le sue regole specifiche per soddisfare bisogni particolari. La lingua dell'informatica e in particolare quella usata nell'implementazione di siti web ha rappresentato negli ultimi anni un facile terreno di colonizzazione e contaminazione linguistica, si propone anzi come un avamposto per la diffusione anche nel linguaggio quotidiano di anglismi di ogni genere, e, in effetti l'inglese presenta alcune peculiarità che lo rendono più efficace rispetto all'italiano: il suo assetto grammaticale consente una maggiore sintesi, la possibilità ad esempio di creare delle locuzioni composte che evitano lunghe parafrasi (ci si potrebbe chiedere a questo punto perché anche una lingua altamente sintetica come il tedesco preferisca far uso di espressioni inglesi invece di tradurli con gli equivalenti nativi). Così la lingua di internet è ricca di giochi linguistici e presenta un alto grado di espedienti per la condensazione dell‘informazione, d‘altre parte è luogo privilegiato dell‘uso delle varietà non-standard, infine data la fugacità e la breve vita dei testi nella rete essa tende a tollerare refusi ed errori materiali ed è spesso luogo privilegiato di creazione di neologismi, calchi o prestiti linguistici. Sono proprio queste strane e babeliche ‗interlingue‘ di rete che il moderno traduttore deve comprendere e dominare per operare in un campo ancora poco esplorato dalla scienza della traduzione. 4. Il traduttore in internet Si tratta dunque di mirare in primo luogo all‘alfabetizzazione ipertestuale e informatica del traduttore. La traduzione del linguaggio di internet, spesso opera di persone prive di formazione specifica in campo linguistico (e talvolta anche in campo informatico...), meriterebbe una maggior attenzione, anche da parte delle istituzioni predisposte alla formazione e all‘aggiornamento professionale dei traduttori. Infatti, inevitabilmente, le scelte fatte al riguardo al come tradurre un termine o un altro hanno un‘enorme influenza sugli usi 20 linguistici specifici della comunità di utenti e possono risultare determinanti nella costituzione dei linguaggi settoriali in ambito informatico e non. Abbiamo già accennato alla particolarità del materiale che possiamo trovare in rete soprattutto in relazione alle caratteristiche testuali che la conformazione tentacolare della rete impone ad esso: l‘interesse si sposta sul gioco dell‘implicito, sulla determinazione di cosa si può saltare – in termini cognitivi ed emozionali ciò influenza il rapporto lettore-autore (e possiamo ravvisare un terzo polo relazionale nel traduttore) e la struttura globale delle singole realizzazioni. L‘implicito a sua volta si fonda sul contatto, sull‘accordo o – se si vuole – sulla complicità tra lettore e autore, tra finalità dell‘utente e operatività dello strumento (DI SPARTI 2003). In questa interazione il traduttore dove si pone? Se la traduzione riguardasse solo i rapporti tra due sistemi linguistici, si dovrebbe convenire che una lingua naturale impone al parlante una propria visione del mondo e che queste visioni del mondo sono mutuamente incommensurabili; che pertanto tradurre da una lingua a un'altra ci espone a incidenti inevitabili poiché ogni lingua associa a diverse forme dell'espressione diverse forme del contenuto. Questo equivarrebbe a dire con Humboldt che ogni lingua ha il suo proprio genio o - ancora meglio – sulla scorta dell‘ipotesi Sapir-Whorf, che ogni lingua esprime una diversa visione del mondo, uno solo degli infiniti mondi possibili. Il testo che prendiamo qui in esame – il sito web – però è, come abbiamo già avuto occasione di dire, un oggetto semiotico che presenta un ulteriore livello di difficoltà in virtù delle possibilità offerte da commistione immagini e testo e quindi dei diversi concetti di forma, sostanza e continuum o materia in senso hjelmsleviano che possono scontrarsi nell‘incontro tra lingue e culture diverse. Proprio nella sfida di individuare le relazioni tra i vari livelli dell'espressione e quelli del contenuto, di rendere l'uno o l'altro, e saperli porre nella stessa relazione in cui stavano nel testo originale, si gioca la sfida della traduzione. E una traduzione è impossibile se non si conoscono le categorizzazioni che stanno alla base dell'oggetto/evento descritto.. Se infatti in una traduzione "normale" vengono attivate sceneggiature comuni (ECO 2004) che inferiscono una situazione e i mondi possibili in cui questa si potrebbe sviluppare per ricostruire, dall'intreccio, la fabula, l‘operazione del traduttore di un ipertesto-web ricorda piuttosto la situazione del jungle linguist di Quine in Meaning and Translation (1964). Secondo Quine è difficile stabilire il significato di un termine (in una lingua ignota) persino quando l‘indigeno punta il dito sul coniglio che corre nel prato ed esclama gavagai! È difficile per il linguista stabilire se l‘indigeno si riferisce a quel coniglio o alla specie in generale, al prato, all‘erba o al movimento del coniglio… la decisione resta impossibile se il linguista non dispone di un contesto più ampio che permetta di vagliare ipotesi in modo analitico per giungere il più vicino possibile alla corrispondenza tra forma, contenuto e realtà fisica. 21 L‘indeterminatezza diventa principio teorico fondamentale quando si parla della traduzione nel web. Come riporta l'esperienza descritta da Cinato in questo volume, quando un traduttore riceve una lista di link, invece, egli è all‘oscuro del contesto e del co-testo in qui tali parole verranno calate, non gli è possibile né sapere la posizione che esse avranno nella pagina (abbinate a immagini, in un menu, in un frame di sommario…), né quale sia il contenuto dello spazio su cui la finestra aperta dalla chiave/link si affaccia, dove i nodi condurranno il fruitore. Qui l'austiniano titolo How to do things with words (1962) è più che mai vero. Ci sono poi problemi linguistici legati al mantenimento del grado di condensazione dell'informazione a fronte di mancate corrispondenze delle strutture morfosintattiche delle lingue, al valore che anglicismi e forestierismi assumono del sistema linguistico e culturale della lingua di arrivo: così come in un libro di storia francese Sedan è sinonimo di sconfitta e in un libro di storia tedesca il punto di vista è specularmente invertito e Sedan è simbolo di vittoria, quando si parla di un paese sul sito in lingua originale si può essere autoreferenziali, sullo stesso sito in lingua straniera può essere opportuno cambiare prospettiva. Così avviene anche nella traduzione delle pagine turistiche e in particolare quelle che riguardano i trasporti. Notiamo ad esempio come le offerte di viaggio sul sito di Air Dolomiti riflettano esattamente tale ribaltamento di prospettiva: il sito italiano suggerisce viaggi a prezzi convenienti per la Germania, lo stesso sito in tedesco propone prezzi speciali per in voli verso l'Italia. 5. Da Gutenberg a internet, caratteristiche dei siti internet.de Una ricognizione anche superficiale del web germanofono mette subito a nudo una delle caratteristiche salienti della lingua tedesca online: la massiccia presenza di anglicismi o di neologismi sotto forma di prestito o calco di quella che oggi è definita lingua franca del web. 22 Tra i termini inglesi più diffusi troviamo News, Networx, Goodies, Software, Home, Sitemap, Web, Web-Site, Specials… Di fronte alla scelta tra la variante inglese e quella nativa, spesso gli autori dei siti tedeschi danno la loro preferenza alla prima, tanto che risulta a primo acchito distinguere agli utenti di quale paese il sito è indirizzato. Troviamo quindi espressioni come "tell a friend", "callback", "news", "support" ... e "Home" invece di "Startseite", "Support" in luogo di "Hilfe" o "Sitemap" in sostituzione di "Inhalt". Un'analisi condotta da Schlobinski (2000) su un centinaio di siti web in lingua tedesca ha tuttavia dimostrato che gli anglicismi costituiscono poco meno del 5% della lingua usata. Come si spiega dunque la dicotomia tra dati scientifici e percezione dell'utente? La ragione è che i forestierismi non compaiono tanto integrati all'interno dei testi, quanto piuttosto isolati e incastonati nell'architettura del sito, soprattutto all'interno di menu e frame essi sono produttivi in qualità di teste di composti determinanti (come ad esempio Server o Commerce), ma raramente compaiono come verbi. In che modo tale caratteristica può incidere sul lavoro di un traduttore? È ormai opinione diffusa che una delle caratteristiche codificate per una buona traduzione sia il fatto che essa non sia identificabile come tale: il successo di un traduttore si determina nella misura in cui, pur rispettando i criteri di affidabilità e trasparenza, la sua presenza rimane evanescente, fino a scomparire del tutto e da far dimenticare persino la possibilità che egli esista, la traduzione deve vivere di vita propria nella nuova lingua, il prodotto del passaggio da una lingua all'altra deve figurare come se questo passaggio non fosse mai esistito e il testo fosse stato scritto originariamente in quella che in realtà è la lingua di arrivo. Se la riflessione vale per un'opera letteraria, a maggior ragione essa è applicabile ai testi contenuti in un mezzo tanto diffuso e "frequentato" come internet. E qui ancora più che altrove sono esasperati alcuni criteri di valutazione della traduzione (per la velocità del mezzo, per la sua funzione di servizio e informazione, per la varietà del pubblico che ne fruisce…) e l'aderenza alle regole della lingua target, una lingua di specializzazione, è fondamentale. Non si tratta solo di sapere come si traduce Sito o qual è il corrispettivo tedesco di Home Page, Legge sulla privacy o link (che in italiano sono per lo più anglicismi!), molto di più si tratta di sapere se e come i traducenti vengono usati, di possedere la competenza necessaria per distinguere norma da uso. Variante locale e termine inglese hanno spesso pari dignità e possono essere utilizzati scambievolmente l'uno in sostituzione dell'altro, la scelta dipende dallo Sprachgefühl degli autori - e traduttori - e dal contesto in cui il termine è calato Ecco alcuni esempi di corrispondenze: Cache Zwischenspeicher compiler Übersetzer 23 Cursor Schreibmarke e-mail E-Post Error Fehler file Datei,Akte framework Rahmen fullscreen Vollbild homepage Leitseite,Startseite keyboard Tastatur manual Handbuch, Betriebsanleitung pass-word Passwort, Kennwort user Nutzer,Anwender,Benutzer user-id Benutzerkennung tratto da http://www.vwds.de/angliszismen/Angliszismen.html Account Benutzungsberechtigung, Konto booten starten, hochfahren Browser Stöberer chatten plaudern, schwatzen Cursor (Einfüge-)Marke Cyberspace (vom Rechner erzeugte) Scheinwelt, Welt der Rechnernetze ECommerce elektronischer Handel, elektronisches Ein- und Verkaufen Internet Welt(rechner)netz Link Verbindung, Verweis, Verknüpfung Network Netz, Rechnernetz News Nachrichten, Neuigkeiten, das Neuste tratto da http://www.physnet.uni-hamburg.de/home/vms/stark/dunwort.htm Un'ulteriore questione è poi quella portata dalla proverbiale ambiguità e indeterminatezza della Rechtschreibung (e dalla continua oscillazione delle regole in seguito alle interminabili riforme). Lo stesso Eisenberg (1999) scrive a proposito degli anglicismi nella lingua tedesca: " Wenn uns bei den vielen anglizistischen Computerwörtern Angst um das Deutsche wird, dann liegt das offenbar nicht in erster Linie daran, ob wir Computer oder Komputer schreiben." Naturalmente si tratta in questo caso di una provocazione, eppure il problema è reale e interessa più che mai il traduttore che ha a che fare con la lingua sul web. Problemi e insicurezze possono nascere laddove dell'uso del trattino convive con la scrittura separata delle locuzioni o ancora queste esistano anche in forma compatta, come ad esempio la coppia Live-Suche e Livesuche. Recentemente poi sono comparse forme di composti e neologismi che, seppur scritti tutti attaccati, contengono la maiuscola (Binnenmajuskel) ad indicare i due termini della composizione (CityChat, DeepStorage, Hotlink, MultiMedia, WebKatalog…). Si potrebbe a questo punto obiettare che sarebbe possibile risolvere tali dubbi osservando l'uso della lingua in un numero cospicuo di siti per poi stilare una sorta di glossario 24 di corrispondenze al quale attenersi per la traduzione. Anche in questo caso non è così semplice come sembrerebbe: i siti tedeschi presentano una vasta gamma di possibilità terminologiche (vengono usati sinonimi, varietà autoctone, anglicismi, calchi…) e non c'è accordo generale sull'uso delle "etichette" da inserire nei siti. 6. Italiano e tedesco, un confronto linguistico in rete L'analisi dei siti presentati è solo un microscopico campione dei materiali presenti in rete e non può accampare pretese di validità generale8, si propone tuttavia di aprire una discussione su un aspetto contrastivo ancora poco dibattuto, che investe non solo la scienza della traduzione, la linguistica testuale, la lessicologia…, ma che ad esse coniuga le nuove discipline, quali ad esempio le teorie di usabilità e di costruzione di siti web. Gli esempi dei quali si discute in seguito sono tratti dalle versioni italiane e tedesche dei siti di Air Dolomiti (www.airdolomiti.it), Tirrenia navigazione (www.tireenia.it), FIAT (www.fiat.it e www.fiat.de) e Piemondo (www.piemondo.it)9. Una prima differenza riguarda l'uso dei pronomi personali in rapporto al grado di formalità che le due lingue consentono e gli usi correlati alle forme di cortesia. Riguardo al dilemma della Gegenwartssprache sull'evoluzione del Duzen e Siezen hanno riflettuto tra gli altri Glück e Sauer (1997). Dopo una ricognizione dettagliata degli usi locali e l'analisi di vari generi testuali - dalla pubblicità alle ricette di cucina - gli autori osservano che la forma di cortesia più diffusa rimane la terza persona plurale Sie. Nonostante alcuni tentativi di introdurre nella Werbesprache il pronome alla seconda persona singolare (vedi lo slogan Lufthansa Der Himmel gehört Dir!) si continua a prediligere una forma di allocuzione che risulti più generica e permetta di rivolgersi ad un pubblico aspecifico (mentre l'uso del Du sarebbe sotteso all'identificazione del messaggio in un target segnatamente giovane e possibilmente dinamico). L'italiano invece fa ampio uso della forma pronominale più familiare e diretta e si rivolge direttamente al lettore/fruitore, annullando così la distanza comunicativa tra emittente e ricevente. Di tale ribaltamento di prospettive deve essere ben cosciente il traduttore, che deve prestare quindi particolare attenzione anche alla pronominalizazzazione e alle convenzioni che riguardano le Anredeformen. A questo proposito ecco un esempio tratto da due sezioni della versione italiana e tedesca del sito di Air Dolomiti: 8 Ci si propone un successivo sviluppo della ricerca in cui si analizzeranno siti web raccolti a seconda dei generi dei loro co ntenuti e della tipologia di fruitori: biblioteche, scuole e università, città, siti turistici… il confronto, che nel presente articolo si è limitato alla pagina iniziale, dovrebbe inoltre avvenire anche per alcuni dei livelli inferiori sul modello metodologico seguito da Schlobinski (2000, http://www.mediensprache.net/networx/networx-14.pdf). 9 Per un'ulteriore trattazione del tema ed esempi si rimanda all'articolo di Lucia Cinato in questo volume (cfr. pp. ***). 25 http://www.airdolomiti.it/index.asp http://www.airdolomiti.it/de/indexde.asp Il fatto che l'italiano è una lingua pro-drop, mentre il tedesco richiede obbligatoriamente la presenza del pronome influenza anche lo stile e la lunghezza dei messaggi. Nell'esempio seguente possiamo notare come la stessa sezione sia segnatamente più lunga in traduzione verso il tedesco rispetto all'originale italiano. Lo squilibrio è sicuramente dato dalla diversa costruzione della concatenazione di comparative, ma anche dall'esigenza di ripetere il pronome allocutivo. Si noti poi lo scelta del traduttore di rendere "viaggi" con "Freiticket", rinunciando alla corrispondenza diretta tra lingua di partenza e lingua di arrivo e specificando così il premio della raccolta (biglietto gratis in luogo del più generico viaggio). http://www.moby.it/mds/web/home.xpd?lang=it http://www.moby.it/mds/web/home.xpd?lang=de Possiamo ancora osservare come tali aspetti siano individuabili anche nelle sezioni per così dire "regolative" dei siti: quelle aree sensibili della pagina web cioè in cui si danno istruzioni o si guida l'utente attraverso un determinato percorso. Sul sito della compagnia aerea preso in analisi una volta scelta destinazione e data di un volo, ad esempio, un utente italofono deve clickare sul tasto sensibile "VAI", dal punto di vista dell'analisi linguistica verbo si seconda persona singolare, un germanofono, invece, accede alla pagina seguente attraverso il verbo inglese "GO". In questo caso si è optato per quella che si potrebbe definire una semi-corrispondenza: un verbo traducente diretto dell'originale alla seconda persona che mantiene la forza illocutiva dell'originale. Tuttavia si tratta di un anglicismo. Una ricognizione nel web ".de" ha però confermato che una traduzione letterale 26 del verbo accompagnato dal pronome di cortesia Sie, "gehen Sie" ad esempio, non sarebbe stata accettabile; più comune è infatti l'uso dell'avverbio weiter - ricalcato sul modello dei bottoni usati nell'installazione dei programmi, sicuramente più immediato ed efficace del sintagma verbale, e in linea con l'inclinazione più formale della lingua del web tedesco. Glück e Sauer (1997) notano a questo proposito che la lingua tedesca solo in alcuni casi specifici fanno uso di Anredeformen dirette e anche laddove è necessario usare l'imperativo essa tende ad usare al suo posto l'infinito con sfumatura imperativa, come avviene ad esempio nel così detto Kutscher-Imperativ (Alles einsteigen!, Türen schließen…) Un ulteriore rafforzamento del grado di formalità è infine segnato dall'impiego di formule di cortesia con bitte, inserito in traduzione anche se non presente nel testo originale: http://www.meridiana.it/IG/pages/home_it.aspx http://www.meridiana.it/IG/pages/home_de.aspx Le immagini qui sopra offrono un ottimo spunto per una breve riflessione sugli anglicismi nei siti analizzati. "Calendar Shopping" è presente in entrambe le versioni del sito di Meridiana, per "network" (dal sito www.airdolomiti.it) è stata scelta la parola tedesca "Flugstreckennetz", mentre trattamento inverso è riservato a "Prima del volo" e "Dopo il volo", tradotti con l'inglese "Check in" e "Check out". Un confronto con la versione inglese del sito mette in discussione l'opportunità dell'uso dell'anglicismo, poiché in inglese sono state utilizzate le locuzioni "Pre Flight" e "Post Flight". I contenuti i menu a tendina che sottostanno alle parole calde poi non contengono sono informazioni sulle procedure di controllo bagagli e uscita dall'aeroporto, ma si occupano anche di offerte, prenotazioni, meteo, parcheggi… a ben guardare l'anglicismo usato, per quanto possa apparire trendy e fashionable, è dunque fuori luogo. Molto diffusi sono anche "service" per "servizi" e "news and events" per "notizie ed eventi" (da www.fiat.de), altrove resi con il tedesco "letzte Neuigkeiten" (www.mobyline.de) o "Nachrichten" (www.airdolomiti.it/de). Giustificata è invece la scelta di "Newsletter" per entrambe le lingue in quanto termine specifico della lingua del web che assume l'accezione voluta solo se in questa forma di significante. Vi sono poi anglicismi che hanno significato solo nel contesto linguistico e culturale in cui sono quotidianamente usati e che perdono significato al di fuori di esso. Esempio in questo senso è "Privacy". Se in Italia il termine è carico di significati legali collegati all'omonima legge, in Germania esso non è nemmeno lemmatizzato nei dizionari e viene 27 inteso unicamente come sinonimo di "vita o sfera privata". Accade spesso di trovare nelle versioni germanofoni dei siti che partono dall'italiano un'ipergeneralizzazione del termine e la sua sovraestensione a contesti linguistici errati, in nome - forse - della sua anglofonia. Così accade che anche nella traduzione compaia l'anglicismo tutto italiano Privacy laddove è possibile individuare il termine corretto nella composizione tedesca Datenschutzbestimmung. In generale si riscontra un disaccordo sulle traduzioni proprio in quella zona del testo web localizzata sul fondo della pagina e che ospita notizie legali, informazioni sul diritto di autore (anche in italiano copyright), autorizzazioni al trattamento dei dati, colophon dell'azienda… "Notizie legali", ad esempio è stato tradotto a seconda dei siti con "Nutzungsbedingungen", "Rechtliches", "Legal Disclaimer"… Nel confronto fra le traduzioni "Nutzungsbedingungen" è sicuramente una scelta che va in una direzione troppo specifica, migliore ci pare "Rechtliches", iperonimo generico simile a quello usato nel testo di partenza, che è possibile declinare in più sottocategorie, tra le quali "Nutzungsbedingungen", "Datenschutz", "Anbieterkennzeichnung"… Indice della difficoltà di tradurre termini inerenti alla sfera legale è un ultimo esempio tratto dal sito di Piemondo, dove Diritto d'autore e Responsabilità, "Avvertenze" nel sito italiano, vanno sotto l'etichetta tedesca - completamente fuorviante - "Verzicht". Risulta impossibile a un germanofoni intuire che cosa si cela dietro il link: il verbo verzichten significa infatti rinunciare, fare a meno di e non ha alcuna relazione con i contenuti proposti dalla pagina a cui rimanda. Discutibile e non giustificabile quindi la scelta traduttiva, che è anzi di ostacolo alla comprensione e alla fruizione dei materiali del sito. Nello stesso frame troviamo alcuni altri casi degni di nota. In primo luogo l'anglicismo "Campings", per il quale si può fare un discorso simile a quello introdotto per il termine Privacy: sembra che il traduttore abbia ignorato la possibilità di usare un termine tedesco, Campingplatz, e privilegiato l'uso della parola inglese. È interessante registrare che in tedesco sì esiste la parola Camping, ma è invariato, mentre il sostantivo è in questo caso stato pluralizzato, in conformità alla versione italiana "Campeggi" e alle regole di formazione dei plurali inglesi. Bisogna poi notare che nella lingua comune è decisamente preferita la variante tedesca all'uso dell'anglicismo, che suona strano e fuori luogo, dato confermato dalle reazioni di alcuni parlanti nativi ai quali è stata mostrata la pagina web. In secondo luogo la traduzione di "Prodotti tipici", per la quale è stato utilizzata la parola "Erzeugnis", che non è che uno dei possibili tralucenti di prodotto e indica specificatamente i prodotti dell'industria manifatturiera nel senso di merci e produzione, quello insomma che in altri siti è contenuto sotto il titolo goodies o Produkten. 28 Anche "Gebirgsschutz" per "Rifugi" è inadatto: più che a una Berghütte, come sarebbe giusto tradurre, il vocabolo rimanda ad altre parole composte sullo stesso modello Umweltschutz, ad esempio - con il risultato che ciò che l'utente tedesco si aspetta di trovare, regole per la salvaguardia delle montagne, è completamente diverso da ciò che invece la pagina offre, indirizzi di rifugi alpini. http://www.piemondo.it/deu/index.htm Infine alcune parole meritano di essere spese in relazione alla traduzione e la Wortbildung tedesca. È noto che la lingua tedesca fa uso della composizione quale meccanismo per eccellenza nel rinnovamento del lessico e nella condensazione delle informazioni: a un numero pressoché illimitato di composti in tedesco l'italiano fa corrispondere per lo più sintagmi liberi, interi predicati o frasi (Winterschlussverkauf → saldi di fine anno, Lohnsteuerjahresausgleichsformular → modulo per il conguaglio dell'imposta sul salario…). Tali e tante possibilità però non devono indurre il traduttore in creazioni lessicali arbitrarie. L'esempio seguente mostra l'incongruenza tra "I supertraghetti veloci" e i "Superschnellfähren". Il composto non è accettabile dal punto di vista delle regole di composizione tedesche, meglio sarebbe un sintagma aggettivale come "superschnelle Fähren", ma ciò che colpisce di più è che la versione tradotta non rispetta quella originale: ciò che si evince dal sito italiano è che i traghetti non sono delle imbarcazioni normali, ma dei "Supertraghetti" (sottintesa potrebbe essere la dimensione, la qualità del servizio, il design particolarmente moderno…) e viaggiano anche a velocità elevate. Diversa è la comprensione del sito in tedesco: si tratta qui di traghetti che sono superveloci, l'accento è quindi posto sulla supervelocità e non sulle caratteristiche generali del mezzo di trasporto. 29 http://www.tirrenia.it/ http://www.tirrenia.it/index_de.asp 6. Conclusioni Le questioni di traduzione non sono mai di facile discussione. Fin dalla nascita dei Translation Studies e dall'affermazione della teoria della traduzione in quanto scienza si è tentato di rispondere alla domande "che cosa si fa con una traduzione" o "qual è la ricezione di una traduzione" e, più in generale al grande quesito "che cos'è una traduzione". Alla luce delle nuove tipologie di testo e in seguito allo sviluppo delle nuove tecnologie, tali domande si caricano di nuovi significati e estendono la loro sfera di dubbio e critica anche a quello che oggi è il mezzo di comunicazione per eccellenza: Internet. Nei paragrafi precedenti abbiamo cercato di fornire, seppur rapidamente e senza scendere nel dettaglio, una sorta di prontuario per il traduttore specializzato in testi per l'editoria elettronica, chiarendo la natura dell'ipertesto - e le ripercussioni che esso ha sul lavoro di versione da una lingua ad un'altra - e fornendo alcuni esempi dei nodi caldi della traduzione per la coppia italiano-tedesco, che speriamo servano da spunto di riflessione per chiunque si avvicina a questo lavoro. Riferimenti bibliografici ALLORA, A. (2004), Un problema connesso alla costruzione di corpora di testi provenienti dalla rete, relazione tenuta in occasione del conferimento della laurea honoris causa a J.S. Petőfi, Torino ID. (2005), A Tentative Typology of Net Mediated Communication, comunicazione presentata alla Corpus Linguistics Conference, Birmingham July 14-17 2005, disponibile online alla pagina http://www.corpus.bham.ac.uk/PCLC/ ANDORNO, C. 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Percorsi di traduzione contrastiva di testi poetici greci e latini. Io non so di pedagogia. Nessuna cosa so molto, poche so un poco, molte non troppo: la pedagogia punto. O come parlare di pedagogia se non si fa? No, voglio mostrare che si può insegnare qualche cosa senza avere l'aria di insegnare; e che questa cosa può essere creduta noiosa e non annoiare. (G. PASCOLI, Prose I: pensieri di varia umanità, Milano 1946, 255) Nelle pagine che seguono questo ambizioso titolo non è ovviamente mia pretesa affrontare il complesso tema della traduzione in maniera sistematica: altri l'hanno fatto, richiederebbe ben più delle mie sole forze e lo spazio riservato a questo mio intervento non sarebbe sufficiente neppure a una semplice rassegna della principale bibliografia sul tema. Mi accontento più semplicemente di suggerire qualche esempio dell'uso che si può fare a fini didattici del confronto fra traduzioni, in particolare di brani poetici, senza arrossire se dovrò ripetere cose spesso già dette (ma non sempre sufficientemente ascoltate). A tali esempi mi limito a premettere solo poche riflessioni sul ruolo dell'esercizio di traduzione nell'insegnamento delle lingue classiche, della cui genericità mi scuso fin d'ora, ma che hanno il puro scopo di introdurre quanto detto in seguito. A prima vista l'accostamento dei due temi potrebbe apparire non del tutto coerente, dal momento che passerò da una difesa dell'esercizio di traduzione all'uso didattico di traduzioni, per così dire, 'preconfezionate'. Come spero, però, che risulterà evidente dal prosieguo del discorso, la prospettiva con cui intendo affrontare il tema della cosiddetta 'traduzione contrastiva' è proprio quella di chi ritiene centrale il ruolo della traduzione nell'insegnamento delle lingue classiche e di conseguenza indispensabile una continua riflessione sul tema del tradurre. Ogni docente sa che di buoni propositi è lastricata la programmazione didattica, ma bisogna essere pronti in ogni istante a introdurre correttivi, a seconda delle reazioni e delle esigenze degli studenti (o dovrei ridurmi a dire 'utenti', come qualcuno insistentemente ripete?); perciò, pur essendo ora nella difficile situazione di dover tenere corsi universitari di Didattica delle lingue classiche, trovo quasi imbarazzante scrivere, e cioè dare in un certo qual modo forma definitiva a un discorso teorico su questi temi10. Per queste ragioni prego i lettori di perdonarmi se manterrò, più umilmente, anche nello scritto, il tono di amichevole conversazione che ha caratterizzato il mio intervento all'incontro giobertiano, sperando che, dietro le intemperanze del sermo humilis, i benevoli lettori vogliano intravedere qualche riflessione non del tutto oziosa. Non che ritenga impossibile farlo, ma credo che la principale qualità per un insegnante, senza la quale non v'è teoria didatt ica che tenga, sia il buon senso, accompagnato da sana esperienza, e per quanto speri di tutto cuore che il buon senso sia insegnabile, non vorr ei essere io ad aver la responsabilità di insegnarlo. 10 32 Latino, grammatica comune d'Europa? Premessa: tradurre non è necessario? «Si traduce senza capire»: è frequente sentir sintetizzare in questo modo i poco esaltanti risultati sortiti dal tradizionale esercizio di traduzione, e simili constatazioni non sono certo una novità legata solo alle sfide che l'insegnamento delle lingue classiche deve affrontare nel nuovo millennio. In particolare negli ultimi tempi, però, nonostante non manchi chi non ritiene neppur da mettere in dubbio la necessità della pratica della traduzione nell'apprendimento delle lingue classiche11, le voci di chi individua nell'esercizio stesso di traduzione l'origine di tutti, o quasi, i mali dell'insegnamento delle lingue classiche si sono fatte più sonore, e soprattutto non ci si domanda più solo come insegnare meglio e con più efficacia a tradurre, ma si mette sempre più in dubbio l'effettiva utilità dell'esercizio di traduzione. Pur con alcune differenze fra le posizioni dei diversi studiosi, che non possiamo qui analizzare nel particolare, le motivazioni di questo giudizio possono essere in sostanza sintetizzate nel seguente modo: il fine che si vuole raggiungere è la comprensione dei testi, il che non implica necessariamente la traduzione. La traduzzione, anzi, è un'abilità complessa e un'attività specialistica, che dunque non ha senso imporre su così vasta scala. Che il tradurre sia un'operazione complessa è innegabile, e non mancano studi sull'argomento non solo limitati alle lingue classiche. Decodificazione della lingua di partenza e ricodificazione nella lingua d'arrivo, passando attraverso quell'oscura fase in cui si realizzano la comprensione e la mediazione del messaggio sono attività che richiedono la messa in opera un articolato insieme di capacità da parte del traduttore12. Bene ha fatto dunque chi ha sentito la necessità di ripensare i modi in cui la traduzione è adoperata, soprattutto come prova di valutazione, nella scuola, in modo da tenere opportunamente conto di tale complessità. A questo proposito, fra i molti possibili riferimenti, vorrei ricordare almeno gli intelligenti lavori di O. Tappi13 sulla traduzione dal latino, che, mirano a trovare una nuova forma e più propri impieghi dell'esercizio di traduzione. Attraverso una serie di traduzioni di lavoro e di note esplicative prodotte da studenti che lavorano su brani contestualizzati o comunque inseriti in un percorso di cui possono dominare almeno le coordinate fondamentali, Tappi intende indirizzare gli studenti a un più consapevole e mirato lavoro sul testo, e al tempo stesso costruire uno strumento di verifica in itinere in grado di fornire all'insegnante elementi per una più profonda comprensione del processo mentale dello studente traduttore. Chi presenta Si veda, per citare un esempio recente, quanto scrive M. P. Pieri, La didattica del latino. Perché e come studiare la lingua e civiltà dei Romani, Roma 2005, 22: «anche a costo di contravvenire ai principi enunciati dai linguisti, la traduzione è percorso obbligato, unica via percorribile per imparare il latino» (si confrontino anche le opinioni raccolte da A. Piva, Il sistema latino. Ricerca didattica e formazione degli insegnanti, Roma 2004, 295 sgg., che sintetizza anche le posizioni della Commissione Brocca sul ruolo della traduzione dell'insegnamento del latino. 12 Cfr. ad es. come è schematicamente presentato il processo di traduzione in M. P. Pieri, Op cit. 20-21. 11 Cfr. ad es. Problemi teorici e pratica didattica della traduzione di Latino, in «Aufidus» 1 (1987), 113, 137; Ruolo e limiti della traduzione di latino, in La traduzione fra antico e moderno. Teoria e Prassi, atti del convegno, Firenze, 6-7 dicembre 1991, a cura di R. Degl'Innocenti Pierini, S. Orlando, M.P. Pieri, Firenze 1994, 233-244. 13 G. F. Gianotti 33 percorsi di questo genere abitualmente non risparmia critiche all'attività di traduzione 14, ma proprio sulla traduzione, una diversa forma di traduzione scolastica, affiancata da un'adeguata riflessione sulla cultura, oltre che sulla letteratura antica, intende rifondare lo studio delle lingue classiche. Non si può invece a mio parere condividere la posizione di chi, constatata la complessità del lavoro di traduzione, giunge, senza alcuna ulteriore considerazione, alla conclusione che si debba interdire ai nostri rampolli un'attività tanto onerosa per le loro tenere menti, quasi che possano, per l'eccessivo sforzo, subirne un danno permanente come a trascinarsi sulla fragile colonna vertebrale zaini troppo pesanti. Non questo, mi sembra, è il problema, ma se la traduzione sia utile o no: sono convinto che ai nostri giovani, come a quelli delle generazioni precedenti e, spero, anche delle future, non sia affatto preclusa la possibilità di affrontare vittoriosamente complessità anche maggiori. Vogliamo forse credere che l'unica attività complessa degna delle menti dei giovani del nuovo millennio sia leggere ascoltando musica e componendo, al tempo stesso sms con il telefonino, attività in cui alcuni dei nostri giovani sembrano in effetti particolarmente versati?15 Mi si consenta anzi una constatazione scherzosa (ma forse non del tutto): se, come sempre si sente ripetere, la complessità è tratto fondamentale del mondo attuale, forse non esula dai compiti della scuola preparare gli studenti ad affrontare nel modo migliore la complessità. Dunque, per quanto può valere, anche nel campo delle lingue classiche, non mi sembra del tutto fuori luogo ammettere con i nostri studenti che talora è necessario affrontare di queste 'abilità complesse'. La questione è un'altra e cioè se è realmente utile affrontare l'acquisizione di questa specifica 'abilità complessa'. Non credo che qui ci si debba neppure soffermare su chi per fuggire a questo insostenibile peso, sostituisce al tradizionale lavoro di traduzione una serie di sterili, oltre che noiosissimi lavori che definirei 'statistici': come contare quanti verbi all'imperfetto vi siano in un testo per decidere se si tratta di un testo narrativo o no. Pari danno mi sembra arrecare chi con eccessivo zelo prescrive la compilazione di tabelle basate sulle aree semantiche prima di aver affrontato altrimenti il testo: simili lavori possono avere una loro specifica utilità, ma chi di noi si accosterebbe di buon grado una sinfonia mozartiana se prima di ascoltarla (e talora, peggio, a n z i c h é ascoltarla) fosse costretto a contare sulla partitura quante volte il compositore passa dal maggiore al minore, o peggio ancora, quante volte vi ricorre il sol diesis? Vorrei piuttosto rivolgere la mia attenzione su chi invece, in modo più coerente, mira direttamente alla comprensione senza passare attraverso alla mediazione della traduzione, o Lo stesso Tappi, ad es. intitola la prima sezione del citato Ruolo e limiti della traduzione di latino proprio: «La traduzione non è necessaria». Ricordo più di un articolo di giornale (uno in verità mi fu presentato anche dall'apprensiva madre di un vivace studentello g innasiale) in cui citando, spero a sproposito, i soliti 'studiosi americani' si affermava che in questo mondo complesso in cui i bambini di pochi mesi sanno già adoperare un telecomando, non v'è più spazio nella loro mente per apprendere anche a leggere e scrivere... 14 15 34 Latino, grammatica comune d'Europa? sostituendo alla traduzione solo prove di 'comprensione' o, più radicalmente, adottando il metodo cosiddetto diretto o naturale per l'apprendimento delle lingue classiche. Negli ultimi tempi si assiste a un prepotente ritorno di questi metodi, almeno in alcune regioni italiane e in alcuni istituti. I motivi di questa fortuna sono molti, taluni più, altri meno nobili: talora si intende reagire a una conoscenza della lingua mirata puramente a un distorto approccio traduttivo, per cui spesso, come s'è detto, si 'traduce' il testo senza capirlo o senza gustarlo. Talaltra si vuole sfruttare anche per le lingue classiche un metodo di apprendimento con cui gli studenti, ora alle prese fin dalla scuola elementare, se non prima, con l'apprendimento attivo di lingue moderne, hanno maggiore familiarità e che, si suppone, trovino meno gravoso di un tradizionale approccio 'grammaticale'16. Non intendo qui discutere sulla liceità di questi metodi o sulla loro efficacia, temi su cui molti hanno già scritto: vorrei piuttosto spostare l'attenzione sul problema del fine che si vuole raggiungere. A meno di pensare che nel prossimo futuro vi siano ampi sbocchi professionali presso la cancelleria papale, è evidente che la creazione di una competenza attiva nelle lingue morte non può essere il fine, e trovo piuttosto curioso che ora17 si inneggi alla possibilità di creare una competenza attiva quando solo ieri, a furor di popolo, si erano bandite le traduzioni in latino e greco, inutile orpello del passato, considerando anche che, a rigor di termini, la composizione scritta in latino avrebbe ben altra legittimità, oltre che più nobile tradizione: con buona pace di Winkelmann, Rebling, Hofmann e dei loro successori18, sino a giungere ai fondamentali studi sul latino volgare di V. Väänänen, non abbiamo che un'idea assai vaga di che cosa dovessero essere la Umgangssprache e la Volkssprache dei Romani, e meno ancora dei Greci. Ancor meno si può pensare dunque di ricreare la competenza attiva tipica di un parlante nativo, in questo tipo di lingua, mentre, con tutti i limiti del caso, qualche conoscenza in più sulla lingua scritta, sempre fortemente formalizzata, degli antichi l'abbiamo e tutto sommato non sono passati molti decenni da quando il latino come lingua scritta di comunicazione internazionale aveva una sua vitalità. È evidente, mi pare, che l'acquisizione di una competenza attiva è un espediente per creare di rimando una competenza passiva ed anzi si potrebbe anche riflettere a livello teorico se sia effettivamente possibile avere piena competenza passiva di una lingua senza possederne alcuna competenza attiva. Ma non è questo che qui ci interessa, quanto piuttosto la meta a cui si vuole giungere; ritorno così in generale a coloro che sostituiscono la comprensione alla traduzione: quale livello di comprensione si vuole raggiungere? Talora, mi sembra, non ci si Lo si dice sempre solo a mezza voce – per non fare la figura del Giusti che scriveva versi contro il medico Carlo Ghinozzi in quanto con l'uso dell'etere privava i giovani della temprante esperienza del dolore –, ma in parte, dietro a questi sforzi, si cela ovviamente la convinzione che sia ormai tramontata l'era in cui eschilianamente Zeus dispensava secondo la sua dura legge il sapere agli uomini attraver so la sofferenza, soppiantata da quella che potremmo definire l'etica della flebo: dev'esserci la possibilità di assimilare il nutr imento della conoscenza per endovena senza neppure dover fare la fatica di digerire. 17 Ovviamente sto parlando della fortuna di cui godono oggi in Italia metodi quali quello di Ørberg, che viene periodicamente sp acciato come l'ultima novità, pur avendo quasi mezzo secolo di vita, seppure abbia subito nel tempo interessanti migliorie (vi sono, e vi sono stati, comunque altri più o meno fortunati esperimenti, anche per quanto riguarda l'insegnamento del greco con il metodo naturale). 18 Per una rassegna sulla storia degli studi sulla lingua d'uso latina, si veda l'introduzione di L. Ricottilli all'edizione italiana del fondamentale lavoro di Hofmann (J. B. Hoffmann, La lingua d'uso latina. Introduzione, traduzione e note a cura di L. Ricottilli, Bologna 1980 (Lateinische Umgangssprache, Heidelberg 19513). 16 G. F. Gianotti 35 rende conto a sufficienza del fatto che, mutando lo scopo, muta anche il tipo di comprensione a cui si deve mirare: altra è la comprensione di chi deve potersi muovere con disinvoltura in un paese straniero nella vita quotidiana, o anche, a livello superiore, in un ambito lavorativo, altra è la competenza necessaria a chi deve affrontare testi che definirei in senso lato 'letterari', appartenenti a culture in cui la lingua scritta ha, pur con diversi livelli, una forte formalizzazione, che in genere non è semplice ornamento, ma parte integrante e per nulla secondaria del messaggio. È possibile giungere a una sufficiente competenza per una piena comprensione di questi aspetti del testo attraverso metodi naturali o comunque accantonando del tutto la pratica della traduzione? A livello teorico nulla lo impedisce, ma esaminando i libri scolastici e avendo fatto esperienza di questionari somministrati19 in diverse scuole superiori, talora si ha l'impressione di una situazione allarmante, che non raggiunge affatto risultati sostanzialmente migliori di quelli della tradizionale traduzione. Mi rendo conto che mi riferisco anche a prove che non sono altro che un gradino funzionale al successivo superiore livello di comprensione, ma spesso sembra che la comprensione si fermi al livello di comprendere se ha vinto Cesare o Pompeo. Vale proprio la pena di leggere in lingua originale i poemi omerici e l'Eneide per sapere chi ha vinto a Troia, tanto più che forse bisognerebbe concluderne che non ha 'vinto' nessuno? Se poi si affiancano a queste tendenze le istanze di chi, anche nelle proposte di riforma scolastica, insiste sulla necessità di puntare maggiormente sui Realien relativi alle culture antiche, che effettivamente tanto attraggono (almeno di primo acchito) gli studenti, che tipo di comprensione avremo? Arriveremo a domandarci con precisione quali configurazioni della scena politica si possono individuare dietro alle parole spesso oscure ed allusive delle lettere di Cicerone o ci limiteremo a cercare di ricavare da un epigramma di Marziale il funzionamento delle latrine? Sommo rispetto per le latrine, che tanto bene hanno compiuto e compiono per il bene della civile convivenza umana, ma sinceramente, al di là del fatto che troverei altrettanto interessante studiare il funzionamento dei moderni sciacquoni (il che sarebbe anzi un utile apporto alla preparazione tecnico-pratica della nostra gioventù), non ho alcun bisogno di una competenza linguistica sulla lingua latina per fare questo: mi basta History Channel, che quotidianamente ammannisce in più lingue informazioni di cosmetica antica o sul funzionamento degli acquedotti romani. Tutt'al più mi basterebbe qua e là tirare in ballo l'etimologia greca o latina di qualche termine tecnico (altra pratica costantemente richiamata negli scritti delle varie commissioni per la riforma della scuola), per dare l'immagine di una non sempre significativa continuità. Ben inteso, sono Realien anche realtà ben più complesse: la politica, il culto religioso, la composizione della famiglia, ma nei libri scolastici la 19 Questa curiosa metafora medica del didattichese burocratico, da un lato sembra mirare a camuffare una prova di valutazione co me una cura, dall'altro lascia nuovamente trasparire l'etica della flebo a cui facevo riferimento in precedenza in nota (in ogni caso, se è sconsolante l'idea che il discente sia da considerare alla stregua di un malato, è comunque consolante che, a quanto pare, esista una cur a). 36 Latino, grammatica comune d'Europa? tendenza mi sembra spesso quella di abbassare il tiro verso gli aspetti più curiosi della vita materiale, che avranno certamente il merito di rendere più 'veri' questi uomini che rischiano di apparire come irreali figure da monumento equestre, ma non rendono necessario lo studio dell'antichità più di quanto lo sia quello del folclore alpino, con qualche deriva degna dell'annuale sagra della castagna. Non ho nulla in contrario a che Plinio il Vecchio o Enea Tattico riprendano nello studio dell'antichità il ruolo che a torto hanno perduto, ma questo non giustifica, a mio parere, lo studio di una lingua, o, per lo meno, non a livello così diffuso: per riportare il discorso a un piano un po' più alto della semplice curiosità per i sistemi idrici delle terme romane, altro argomento molto amato dalla divulgazione televisiva, molto bene farebbe allo studio della geometria, ad es., se gli studenti leggessero quanto si può conoscere di Euclide, scoprendo quanto poco abbia a che fare con il pensatore greco la geometria che noi siamo soliti chiamare euclidea20, e non vi sono dubbi che sarebbe una bella cosa farlo in lingua originale, ma questa esigenza da sola purtroppo non basta a rendere necessario lo studio della lingua greca: tutto sommato basterebbe adoperare buone traduzioni21. Ecco che, eliminando la traduzione, rischiamo di eliminare anche il valore dello studio della lingua. Forse, al di là di tutti i trucchi –ben inteso assolutamente leciti– per rendere appetibile il latino e li greco, che passano indubbiamente anche attraverso le curiosità storiche, che possono essere anche di vario livello, bisognerebbe di nuovo avere il coraggio di affermare che i testi che stiamo leggendo sono letteratura e che in quanto tale li stiamo leggendo: non solo per i contenuti, ma anche per come sono espressi, perché la forma è parte del messaggio e insegna qualcosa alla nostra capacità di comunicare e decifrare i messaggi al di là del singolo contenuto –ecco quelle scienze delle comunicazioni che vanno tanto di moda, ma che per i più, a quanto pare, albergano ovunque tranne che nei tradizionali studi umanistici–. L'alterità e la continuità non sono soltanto di contenuti e di realtà a cui si fa riferimento, ma anche del mezzo di comunicazione, e fino a quando il nostro modo di apprendere e comunicare passerà attraverso una fase di astrazione in cui è innegabilmente presente un livello di codificazione linguistica, tutto ciò che ha a che fare con questo non può non interessarci a livello formativo, tanto più che ancor oggi, nonostante il prepotente imporsi di strutture legate a lingue non neolatine, la struttura sntattico-retorica delle lingue classiche lascia un'impronta fortissima nel nostro modo di formulare un'argomentazione e quindi in fondo, nel nostro modo stesso di ragionare, che bene o male passa attraverso i modi della formulazione linguistica 22. 20 L'esempio non è tratto a caso né una mera provocazione: prendo l'idea da una collega di matematica proprio del liceo Gioberti in cui ho tenuto questa relazione, che negli anni in cui vi insegnavo ha avuto il merito e il coraggio di far vedere in lingua a studen ti dell'indirizzo classico che cosa fossero gli scritti euclidei. 21 In questo caso almeno qualche etimologia sarebbe molto utile: ad esempio sarebbe bene far notare la 'concretezza' originaria di termini come 'ipotenusa' o 'cateto'. 22 L'osservazione che viene abitualmente introdotta a questo punto è che noi leggiamo e apprezziamo Dostoewski senza, per lo più, conoscere il russo, ma il ruolo che hanno avuto le letterature classiche non solo nella formazione della nostra cultura, ma anche della nostra letturatura e delle nostre forme di comunicazione rendono il confronto non del tutto corretto, o per lo meno assegnano alle lingue classiche per noi un ruolo tutto particolare. G. F. Gianotti 37 Certo dall'affermazione che questo genere di 'comprensione', di cui abbiamo parlato, non è sufficiente, non deriva affatto che si debba invece tradurre: lo stesso parlare di traduzione, anzi, è ingannevole, dal momento che può dare l'impressione che si possa trasferire senza danno o variazione un pensiero da una lingua a un'altra. D'altra parte che cosa vi è di più fuorviante che far tradurre un carme di Orazio, rivestendo il pensiero poetico di improbabili e impacciate equivalenze linguistiche, piuttosto che insegnare a gustarne il testo originale? La traduzione è in sé attività criticabile tanto quanto la generica 'comprensione' e talora la pratica della traduzione scolastica allontana dal testo originale condannandoci a rimanere «in eterno decifratori» anziché lettori dei testi23. Eppure, forse non come fine, ma come mezzo, la traduzione mi sembra uno strumento didattico di valore eccezionale e in un certo senso dalle potenzialità non ancora opportunamente sfruttate. È ovvio che ciò a cui si mira al termine del percorso formativo è sempre la creazione di una competenza linguistica tale da non richiedere la traduzione, ma la traduzione, correttamente presentata, è il mezzo principe per costringere a confrontarsi con il testo in ogni suo particolare di contenuto, di forma, di lingua. Paradossalmente l'utile del lavoro di traduzione risiede proprio nell'insegnare, o meglio nel far fare esperienza che non si può tradurre: nel far giungere a comprendere che la traduzione deve essere compiuta con rigore scientifico ma può giungere a molti diversi risultati. La traduzione è un'operazione che fa violenza al testo, ma al tempo stesso è strumento che costringe alla riflessione linguistica: utile per la padronanza della lingua di partenza, ma, paradossalmente, ancor più utile per acquisire padronanza nella lingua di arrivo, per cogliere caratteristiche, pregi, limiti di una lingua che, essendo per noi interiorizzata fin dalla nascita, è ancora più difficile da giudicare, per così dire, 'dall'esterno'. Certo se la traduzione, come talora avviene, ha il solo scopo di verificare se lo studente ha memorizzato una regola grammaticale, per cui si stabilisce che una perifrastica passiva deve essere tradotta sempre nello stesso modo, per essere certi che lo studente non abbia tradotto bene per un colpo di fortuna, ma perché ha individuato correttamente la costruzione, ben vengano le domande non solo di comprensione, ma anche di 'grammatica', in modo da liberare gli studenti e permettere loro finalmente di 'tradurre' invece di infarcire i loro elaborati di raccapriccianti precisazioni fra parentesi del tipo: «letteralmente:…» o «ma in latino è al plurale». La traduzione costringe a una dissezione del testo del testo di partenza, che è utile anche se il risultato della successiva ricomposizione delle membra del testo è talora, a livello liceale, simile alla mostruosa creatura del dott. Frankenstein. La cosiddetta 'traduzione artistica' 23 Così si esprime una importante traduttrice, R. Calzecchi Onesti (Le traduzioni dei classici: una risorsa nella scuola per la formazione culturale e linguistico-letteraria in La traduzione dei classici greci e latini in Italia oggi. Problemi e prospettive, iniziative editoriali. Atti del Convegno Nazionale, Macerata, 20-22 aprile 1989, a cura di P. Janni e I. Mazzini, Macerata 1991, 24), che però non si spinge fino a chiarire in che cosa dovrebbe consistere la «didattica appropriata» con cui si dovrebbe «tendere, fin dall'inizio … a sviluppare la capacità e il gusto del la lettura diretta» (24). 38 Latino, grammatica comune d'Europa? è effettivamente un'operazione di alto livello, che può essere ritenuta spesso fuori dalla portata dei nostri giovinetti implumi. Ciò che è veramente importante è che la traduzione induca a una riflessione sul perché il risultato è così limitato; che costringa a considerare, come avremo modo di meglio illustrare in seguito, che il testo originale ha una sua coerente struttura, che spinga a riflettere su quali sono i mezzi espressivi delle diverse lingue 24. Ecco dunque che questa attività per specialisti diventa utile a tutti non solo per il risultato, che è la comprensione del testo, ma, paradossalmente, proprio per il processo in sé. Quello che mi sembra necessario è ben più del semplice riflettere sull'etimologia delle parole delle lingue romanze, altra attività che sembra particolarmente amata da chi si diletta di progetti di riforma scolastica e crede così di salvare come nelle innaturali gabbie di un giardino zoologico il patrimonio linguistico che ci lega al greco e al latino. L'etimologia ha ovviamente una sua utilità specifica e può essere anche un semplice modo per tener desto l'interesse degli studenti indirizzandolo verso una maggior analisi critica del patrimonio lessicale, ma troppo spesso è presentata come un panacea, una teriaca in grado di curare ogni male catturando col suo fascino i giovinetti, rischiando nuovamente derive verso una inutile antiquaria, che allontana da una seria riflessione linguistica più che accostarvi. Ovviamente dalle belle parole alla pratica la distanza è notevole e non biasimo quelli fra i miei lettori che staranno pensando alla bassa soglia di attenzione di una scolaresca e al limitato tempo a disposizione, ancor più limitato dall'ansia di valutazione ('valutazione oggettiva', ovviamente) che negli ultimi anni sembra prendere sempre di più la scuola e le famiglie, trasformando l'anno scolastico in un'allucinante farandola di prove, verifiche comuni, compiti, pagelle, pagelline (o pagellini che dir si voglia) di metà quadrimestre, o peggio ancora di metà trimestre, mutando fra l'altro gli studenti in funamboli della contabilità, alla disperata ricerca di mezzi per assicurarsi con anni di anticipo i necessari punti da 'spendere' all'esame di stato. Credo però che fra i nostri banchi scolastici non dimori solo un'incondita e frustrante teppaglia di pubescenti, come talora può sembrarci nei momenti di maggiore sconforto, e, tenendo ben presente dove si vuole arrivare, sono convinto che si possa comunque lavorare bene su questa strada anche con gli studenti di oggi, che tutti dicono distratti da altri interessi. Temo invece che la strada della generica comprensione, della conversazione latina e della curiosità antiquaria oltre a privarci di uno strumento efficacissimo per l'analisi puntuale dei Un ulteriore piano di utilità riguarda il livello più strettamente stilistico: non sembra possibile comprendere buona parte delle letterature romanze senza essersi prima fatti le ossa sulle letterature che sono state la fonte delle forme letterarie occidentali e che sono state, a seconda delle epoche, il modello da imitare o con cui gareggiare o il segno di un passato da superare e abbattere (ma per ciò stesso inevitabil mente da conoscere). Indubbiamente però, da questo punto di vista, è ben diverso l'occhio con cui si accosta un giovane d'oggi a qu esti testi, anche solo rispetto a un giovane di una ventina d'anni or sono: noi, a quanto pare, non sappiamo più che farcene di parte di quella reto rica codificata che costituisce l'ossatura (un'ossatura piena di vita, s'intende) dei testi antichi: chiunque ha esperienza recente di correzione di elaborati di italiano sa che presso le nuove generazioni si assiste a una rapida dissoluzione della sensibilità non solo in generale per il registr o linguistico (aspetto preoccupante, quando la mancata sensibilità per le diversità di registro corrisponde a incapacità di cogliere sfumature di pensiero), ma anche in particolare per le differenze fra lingua scritta e parlata. La lingua è per molti aspetti sempre meno formalizzata, e sare bbe anacronistico pensare che le strutture del latino classico possano ancora essere sfruttate direttamente come modello, sebbene io abbia la convinzione che possano comunque rivelarsi ancora un elemento fondamentale per acquisire padronanza dei mezzi espressivi e della struttura di una lingua come l'italiano. 24 39 G. F. Gianotti testi25, porti, col tempo, a giudicare inutile l'apprendimento di lingue della cui letteratura esistono fior fior di traduzioni. La traduzione contrastiva: spunti e provocazioni Raffrontare la traduzione all'autore tradotto, e l'una con l'altra le traduzioni varie, sarebbe esercizio non solamente di lingua e di stile, ma di idee e raziocinii: giacché il paragone delle parole conduce a pensare le cose; e dall'ordine de' costrutti di necessità ascendesi all'ordine de'concetti. (N. TOMMASEO, Esercizi letterari, Firenze 1896, 203) Personalmente ho poca fiducia nella posizione di chi sostiene che si possa insegnare un lingua facendo scaturire ogni conoscenza linguistica dal raffronto di un testo con la sua traduzione: se, come già sosteneva il Pascoli, è bene introdurre norme sintattiche via via che le si incontra leggendo i brani di autore, è altrettanto vero che per far imparare il greco confrontando la LXX con la traduzione di Gerolamo dovremmo avere come studente per lo meno Erasmo da Rotterdam, per di più spinto da una volontà più che alfieriana. Altri e molteplici sono però gli usi possibili di quella che viene in genere chiamata 'traduzione contrastiva': riflessione sulla lingua di partenza, sulla lingua d'arrivo, ma anche riflessione letteraria sulle diverse caratteristiche storiche della lingua della traduzione perché fior di grandi autori delle letterature romanze si sono cimentati nel lavoro di traduzione26. Parlare di confronto fra traduzioni come strumento didattico significa mettere a contatto gli studenti con quella che si suole chiamare 'traduzione letteraria' ovvero proprio con la massima espressione della traduzione come attività specialistica, proprio quella caratteristica dell'attività traduttiva che dovrebbe renderla estranea all'attività scolastica. Non possiamo certo pensare di fare dei nostri claudicanti interpreti tanti piccoli Pascoli: per quanto abbia affermato che non si debba ritenere fuori della portata degli studenti il cimentarsi nel complesso lavoro di traduzione, effettivamente la 'traduzione letteraria' è qualcosa di ben distante dalla cosiddetta 'traduzione scolastica'. Il fatto che non tutti gli studenti diventino poeti non impedisce però di poter analizzare, studiare e godere la poesia in classe: mi sembra dunque che, mirando a provocare una riflessione più profonda sulle possibilità espressive delle lingue di partenza e d'arrivo, non poca sia l'utilità anche per gli studenti di entrare nel laboratorio dei traduttori per meglio vedere quali sono e come variamente vengono affrontate le difficoltà di passaggio da una lingua all'altra, facendo fra l'altro scoprire loro che esiste qualcosa di ben diverso dalla traduzione 'facciamo contento il prof.' o 'non ha senso, ma c'è sul vocabolario e dunque non possono dirmi nulla'. L'esempio classico di traduzione contrastiva, con cui quasi ogni autore di libri scolastici 25 A mio parere non si tratta solo di un discorso puramente scolastico: talora, se mi si permette la provocazione, credo che dovrebbero essere condannati a proporre una traduzione anche gli editori di testi critici, che non di rado ri costruiscono un testo che non si comprende bene come debba essere inteso, se mai è stato effettivamente inteso… 26 Facciamo capire ai nostri studenti che non esiste solo Quasimodo o Pascoli: si pensino anche a traduzioni non così note, come la Teogonia e gli Inni omerici tradotti da Pavese, o la splendida e sconosciuta traduzione di Sbarbaro del Ciclope di Euripide; le riviste ch e si occupano di didattica sono in genere più attente a presentare riletture e rielaborazioni in chiave moderna di classici, ma da uno spoglio attento si possono trovare anche non pochi spunti in questa direzione. 40 Latino, grammatica comune d'Europa? si è prima o poi cimentato, è quello del carme 85 di Catullo, quell'Odi et amo sempre in vetta alle classifiche della frase più frequente sulle magliette degli adolescenti, in un ininterrotto testa a testa con l'oraziano carpe diem, che, rispetto ai versi catulliani, permette forse migliori prospettive di concludere allegramente una serata… Non è però un caso la scelta di questo testo, che, mi sembra, può costituire un ottimo modo per introdurre questo tipo di lavoro sulle traduzioni, e che a torto talora è inserito nei libri come semplice curiosità o riempitivo. Il testo è bello (non è un particolare da trascurare), tratta di sentimenti di cui, seppur in forma ancora acerba, possono in parte aver fatto esperienza anche degli imberbi studentelli e gli studenti hanno l'impressione di poterlo dominare: pur nella cronica mancanza di memoria dei nostri giovani interpreti, che porta a ricercare tre volte sul vocabolario il medesimo verbo quando ricorre in una versione più volte nel giro di poche righe, non c'è studente che non possa per lo meno illudersi di memorizzare il valore di così poche e apparentemente innocue parole. Le difficoltà sintattiche, poi, sono pressoché nulle (se escludiamo la discussione che non avrà mai fine sul valore di quare). Nel contempo noi insegnanti sappiamo che stiamo biecamente barando, perché nulla è tanto difficile da tradurre quanto un testo poetico, e in genere la difficoltà è inversamente proporzionale all'estensione del testo. Abbiamo dunque un vero e proprio caso limite; se non fosse irriverente per un simile capolavoro, potremmo dire di avere per le mani quasi un testo da laboratorio: il testo più adatto per far vedere l'intraducibilità della poesia, o meglio i mille modi possibili per tradurre un testo poetico. Mi sono ripromesso in questo intervento, a rischio di sembrar banale, di presentare solo esempi per cui è relativamente semplice trovare materiale di lavoro da mettere a disposizione degli studenti. In questo caso, evitando di violare la par condicio editoriale, anziché segnalare un libro scolastico, rinvierei come base a un articolo in cui Italo Mariotti27 difende la propria traduzione dei carmi di Catullo. L'articolo non ha finalità didattiche, ma raccoglie alcune traduzioni novecentesche corredandole di osservazioni puntuali che possono essere utile spunto per gli insegnanti. Ecco il testo e le versioni prese in esame: Odi et amo. Quare id faciam fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior Odio e amo. Perché io faccia così, forse t'interessa sapere. Non lo so. Ma sento che così è, e sono in croce. (Pighi) Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia. Non so, Ma sento che questo mi accade: è la mia croce (Della Corte) Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile; non so, ma è proprio così, e mi tormento. 27 I. Mariotti, Qualche riflessione su traduzioni dal latino in La traduzione fra antico e moderno... cit., 17-22. G. F. Gianotti 41 (Quasimodo) Odio e amo. Come sia non so dire. Ma tu mi vedi qui crocifisso Al mio odio ed amore (Ceronetti) Io odio e amo; forse chiederai come questo può essere. Non so, ma sento ch'è così: sento e ne soffro (Cetrangolo) Odio e amo. Tu non mi chiedere. Come non so, ma sento questa pena, (I. Mariotti) Anche nel caso di un testo breve come questo non abbandonerei subito gli studenti al loro destino, come taluno propone, ponendoli subito di fronte al testo latino e alle traduzioni: lo scopo principe del lavoro non è, a mio parere quello di apprendere dalle traduzioni altrui ciò che non si sa della morfologia, del lessico e della sintassi latine, ma inizierei prima a dare una lettura che permetta una prima comprensione del testo latino. In un secondo momento inviterei gli studenti stessi a confrontare le traduzioni e a notare le differenze. Per esperienza so che, per una sorta di desiderio di vendetta, la prima reazione degli studenti è la compiaciuta ricerca dell'errore: tutto ciò che non appare resa letterale (o presunta tale) di ogni singolo elemento del testo, viene violentemente censurato. Superata questa prima fase, non sempre costruttiva, il raffronto porterà però a osservazioni più producenti, a partire dal fatto stesso che se un abile traduttore si scosta dalla lettera del testo è sempre per un motivo, che può essere il desiderio di introdurre ulteriori elementi nel testo, ed è bene saperlo cogliere, o può essere l'impossibilità di rendere con gli stessi mezzi espressivi in un'altra lingua il medesimo pensiero. Mille sarebbero le osservazioni possibili e non intendo qui riprendere le argomentazioni di Italo Mariotti, né esporre per esteso banalità che qualunque insegnante degno di questo nome non ha bisogno di sentirsi dire 28: mi limiterò a osservare, a titolo di esempio, che, confrontando fra loro le traduzioni, gli studenti dovrebbero subito notare che il punto in cui maggiormente divergono è la resa di fieri, verbo apparentemente inoffensivo, ma che viene deliberatamente non tradotto da Mariotti e reso con evidente impaccio persino da Quasimodo («è proprio così»). Il problema è ovviamente quello di rendere la coppia faciam fieri, che è uno dei cardini del testo latino, ma che non ha corrispondente in italiano: fio come 'avvenire', 'realizzarsi' non può essere reso in italiano in modo tale da essere percepito anche 28 Confesso di sentirmi spesso in forte imbarazzo di fronte a certe umilianti 'Guide per l'insegnante' che accompagnano alcuni manuali scolastici e che, oltre a utili informazioni, riportano anche le 'soluzioni' degli esercizi. 42 Latino, grammatica comune d'Europa? come passivo (direi quasi 'contrario') di facio. Il problema è aggirato in modo originale dalla libera rielaborazione di Ceronetti, che con il suo 'come sia' rende fieri, omettendo però il precedente faciam, che nel testo latino implica un'inspiegabile e inquietante partecipazione attiva di Catullo nel realizzarsi di questo duplice sentimento. La cosa è lampante all'occhio dell'insegnante, ma quante generazioni di studenti hanno tradotto il testo senza neppure accorgersi di questo aspetto essenziale? Ecco un modo per spingerli a rendersene conto. Sono poi vastissime le possibilità di riflessione a livello lessicale, si consideri ad es. il problema di excrucior: Mariotti si scaglia contro tutte le traduzioni che prevedono un riferimento alla croce in quanto 'cristiane'29, ma anche sostituire il riferimento a un dolore profondo e duraturo quanto quello provocato da strumenti di tortura con «sento questa pena» non è soddisfacente. D'altra parte l'excrucior di Catullo può davvero esser già considerato metafora fredda? Il dolore di Catullo sembra crudamente assimilato a un dolore fisico. Che dire poi del fatto che Quasimodo renda la tortura quasi come un atto masochistico con il suo «mi tormento»? Evidentemente qui non è solo difficoltà di resa, ma diversa sensibilità verso il contenuto espresso. Si provi poi ad affiancare alle versioni più recenti esaminate da Mariotti, anche quella, ispirata ad un diverso clima poetico di Pascoli: L'odio e l'adoro. Perché ciò faccio, se forse mi chiedi, io, non so: ben so tutta pena che n'ho. Anche qui è evitato il fieri, questa volta, se possibile, con ancora maggior danno per il senso del testo, e gli aspetti semantici da prendere in considerazione sarebbero molti, a partire dall'«adoro» iniziale, che potrebbe essere preso facilmente come spunto anche per far maggiormente riflettere gli studenti sull'inadeguatezza della resa di amo anche con l'italiano «amare», che sembrerebbe non rendere sufficientemente conto della connotazione di bramosia fisica ben presente nel testo latino (si pensi all'amare contrapposto al bene velle nel carme 72). Sicuramente poi gli studenti introdurranno osservazioni di carattere estetico-formale: la rima interna so - ho, non credo verrà facilmente digerita della loro sensibilità pur abituata alla ritmata rima del rap. Starà all'insegnante ricavare anche da questo spunti di riflessione per nulla inutili all'apprendimento della letteratura italiana. È però un altro l'aspetto che mi pare particolarmente utile nell'esame di questa versione e cioè la minima variazione costituita dall'introduzione del complemento oggetto ai due verbi iniziali. La variazione è veramente minima, ma le sue conseguenze sul senso del testo sono, a mio parere, pesantissime. È vero che Catullo si sta riferendo a Lesbia, ma qui la focalizzazione non è, come in altri carmi, sulla donna: come è, come si è comportata, ma sull'assurda contraddizione del sentimento, sul fatto di provare odio e amore al tempo stesso. La variazione non è affatto da poco, e troverei una Sarebbe interessante vedere quanto nelle nostre attuali scolaresche la croce faccia ancora effettivamente pensare al cristianesimo e quanto invece sia un riferimento, che ha sì origini cristiane, ma non evoca immediatamente considerazioni di ambito religioso. 29 G. F. Gianotti 43 vittoria degna di nota riuscire a guidare a queste conclusioni gli studenti, da un lato ottenendo da parte loro una più profonda e consapevole riflessione sul senso del testo, dall'altro inducendoli a riflettere sulla portata di variazioni che a una prima lettura possono apparire quasi irrilevanti. Il vantaggio di iniziare un lavoro sulla traduzione contrastiva da questo testo è anche che è possibile esaminare un gran numero di traduzioni impiegando pochissimo tempo, a tutto vantaggio della possibilità di far intervenire attivamente gli studenti. Perché allora non sfruttare anche altre lingue moderne, che sempre più importanza hanno nelle nostre scuole? Catullo è un autore molto tradotto, e credo che si possa utilmente collaborare con gli insegnanti di lingue straniere ancora una volta ricavandone utili spunti di riflessioni sulle differenze delle forme e dei mezzi espressive delle diverse lingue e, perché no, sulla fortuna e il ruolo della letteratura latina nelle diverse letterature nazionali. Con un testo come questo, poi, senza dare troppa corda alle aspirazioni poetiche degli studenti, credo che si potrebbe utilmente chiedere agli studenti stessi di proporre, al termine del lavoro una o più loro traduzioni discutendole assieme. Questo del carme 85 è un esempio particolare, ma con Catullo è assai facile trovare testi che si prestano a un lavoro in classe di questo genere e, se manca il tempo, non è difficile proporre confronti anche solo per singoli versi o parole dei testi che si stanno altrimenti analizzando, anche se in questo modo si perde uno degli scopi del lavoro, che è quello di prendere coscienza della coesione globale dei testi poetici. Si veda ad esempio come i diversi traduttori rendono il primo verso del carme 2: Passer, deliciae meae puellae. Ecco alcune traduzioni, fra le molte: Delizia, o passero, de l'amor mio (G. Mazzoni) Passero, gioia della mia fanciulla (V. Ciaffi) Passero, gioia della mia ragazza (G. B. Pighi) Passero, amore della mia donna (A. Giuliani) Evidente è il problema di rendere deliciae, ma anche più semplicemente puella, per cui si va da una 'ragazza', che sa di adolescenziale fidanzatina, a la 'mia donna' che non si sa bene se interpretare come terminologia cortese o come gergo da bassifondi malavitosi. Diverso è il lavoro che si può fare con testi di altra ampiezza e con diverse caratteristiche formali: penso ad es. alle odi di Orazio perché di nuovo abbiamo un comodo spunto in un articolo di P. Fedeli, Tradurre poesia, tradurre Orazio, in Per il latino. Obiettivi e metodi 44 Latino, grammatica comune d'Europa? nuovi. Atti del Convegno Nazionale (Perugia, 12-14 gennaio 1989), a cura di F. Santucci, Perugia, IRRSAE dell'Umbria 1990, 85-103 e riedito in La traduzione dei classici greci e latini… cit., 25-42. Nuovamente questo studio non ha finalità didattiche, o per meglio dire non è pensato per avere dirette ed immediate applicazioni didattiche, ma l'interesse è di tipo didattico: si può insegnare a tradurre poesia? Dopo un'ampia esemplificazione e interessanti riferimenti teorici, Fedeli osserva di trovarsi in grande imbarazzo di fronte ai dilemmi rimasti aperti: alla scelta fra «le "belle infedeli" o le "brutte fedeli", con la possibilità almeno teorica delle "belle fedeli"; il traduttore filologo o il traduttore poeta; la traduzione della poesia in versi (ma quali versi?) oppure in prosa; l'aderenza alla propria lingua o a quella dell'originale, l'identificazione del traduttore con l'autore o la sua funzione di intermediario fra l'autore e i lettori»: Ciò nonostante, «se non si possiede la ricetta per tradurre in modo perfetto, ciò non vuol dire che tradurre sia impossibile, ciò non significa che tradurre non sia un esercizio utile e necessario», ed è proprio, mi sembra, ciò che qui vogliamo sostenere. Fedeli esegue i suoi sondaggi sulle traduzioni novecentesche dei carmi 1, 9; 1, 11; 1, 38; 3, 30, tutti testi importanti e di buona fortuna scolastica. In molti casi le riflessioni che si possono proporre in un lavoro in classe non distano di molto da quelle che abbiamo presentato per Catullo: si veda ad esempio come vengono tradotte le parole d'apertura del carme 3, 30, exegi monumentum aere perennius: Ho levato un ricordo che ha più vita del bronzo (Mandruzzato) Più immortale del bronzo ho lasciato un ricordo (Ramous) Ho eretto un monumento più del bronzo / durevole (Cetrangolo e Bufalini) Dal confronto fra queste traduzioni gli studenti dovrebbero facilmente essere indotti a riflessioni sul termine monumentum: il termine italiano 'monumento', non dà sufficientemente ragione della derivazione dalla stessa radice di moneo, ma traducendo 'ricordo' diventa meno chiaro il riferimento al bronzo e il rapporto con il seguente riferimento alle piramidi. D'altra parte che cosa significa «ho levato un ricordo»? E non si può certo considerare più efficace la resa «ho lasciato un ricordo», espressione infelice e in cui si perde del tutto il valore di exegi. Proviamo però ancora a prendere in esame alcuni versi del carme 1, 9 per introdurre qualche ulteriore osservazione di taglio didattico, che coinvolga più di qualche singola parola. Ecco il testo e le traduzioni prese in considerazione: Vides ut alta stet nive candidum Soracte nec iam sustineant onus silvae laborantes geluque flumina constiterint acuto. Dissolve frigus ligna super foco large reponens atque benignius deprome quadrimum Sabina, o Thaliarche, merum diota. 45 G. F. Gianotti Permitte divis cetera, qui simul stravere ventos aequore fervido deproeliantis, nec cupressi nec veteres agitantur orni. Quid sit futurum cras, fuge quaerere, et quem Fors dierum cumque dabit, lucro adpone, nec dulcis amores sperne puer neque tu choreas, donec virenti canities abest morosa. Nunc et campus et areae lenesque sub noctem susurri conposita repetantur hora, nunc et latentis proditor intumo gratus puellae risus ab angulo pignusque dereptum lacertis aut digito male pertinaci. Vedi il Soratte splendere di nevi profonde. Ogni boscaglia, affaticata, non regge il peso. Ogni corso d'acqua s'indurisce nel gelo penetrante. Dissipa il freddo con copiosa legna nel focolare, e generosamente cola il vino del coccio a doppia ansa, sabino, di quattr'anni, o mio Taliarco. E tutto il resto affidalo agli Dei. Come abbattono i venti in grande guerra sulle acque che smaniano di febbre, torna pace ai cipressi e ai vecchi frassini. Salvati dal sapere il tuo domani. Ogni giornata che la sorte aggiunge abbila come un dono. Non sdegnare ragazzo, il dolce amore e danze e musiche, finché manca al tuo fiore la vecchiezza lamentosa. E ora tutto si ripeta, il Campo, le piazzette, e quando annotta il bisbigliare degli appuntamenti, e la ragazza che l'amato riso tradisce nel segreto nascondiglio, un pegno che le strappi dalle braccia, dalle dita che lottano per perdere. (E. Mandruzzato) Guarda la neve che imbianca tutto il Soratte e gli alberi che gemono al suo peso, i fiumi rappresi nella morsa del gelo. Sciogli questo freddo, Taliarco, e legna, legna aggiungi al focolare; poi senza calcolo versa vino vecchio da un'anfora sabina. Lascia il resto agli dei: quando placano sul mare in burrasca la furia dei venti non trema più neanche un cipresso, un frassino cadente. Smettila di chiederti cosa sarà domani, e qualunque giorno la fortuna ti conceda segnalo tra gli utili. Se ancora lontana è la vecchiaia fastidiosa della tua verde età, non disprezzare, ragazzo, gli amori teneri e le danze. Ora ti chiamano l'arena, le piazze e i sussurri lievi di un convegno alla sera, il riso soffocato che ti rivela l'angolo segreto dove si nasconde il tuo amore, il pegno strappato da un braccio o da un dito che resiste appena (trad. M. Ramous) Vedi come sta di neve candido alto il Soratte e la foresta curva non tiene il peso e per l'acuta crosta del gelo è fermo il fiume. Se vuoi sciogliere il freddo metti grossi ceppi sul fuoco e versa dalla coppa Sabina, o Taliarco, quadrienne vino e lascia il resto ai numi. Quando sarà quieta la zuffa dei venti col fervore acre del mare né i cipressi allora né i vecchi frassini più si muoveranno. Del tuo domani incerto non chiedere; accetta per guadagno i giorni dalla sorte e i dolci amori e le danze e il campo e la palestra non disprezzare finché la tarda canizie è lontana. Intanto si ripetano i lievi sussurri dei convegni a sera e il riso e l'inganno di fanciulla che si svela da un angolo e il bracciale strappato dal polso o l'anello dal dito che tenta di resistere appena. (E. Cetrangolo) Vedi come per l'alta neve candido s'erge il Soratte! Già le selve cedono al peso affaticate e i fiumi ritanno stretti per il gelo acuto. Siogli il freddo, altri legni al focolare Aggiungendo abbondanti, e mesci prodigo, Taliarco, vino di quattr'anni Dall'anfora sabina bi-orecchiuta. Lascia il resto agli Dei, che appena i venti, in lotta sull'agitato mare, hanno placato, ecco, i cipressi non s'agitano più, non i vecchi orni. 46 Latino, grammatica comune d'Europa? Cosa domani t'accadrà, non chiedere. Qualsiasi giorno ti darà la sorte, metti a guadagno; e i dolci amori non disprezzare, giovane, e le danze, fino a che da te verde sia lontana la canizie bisbetica. Ora il campo marzio, e i tenui a sera sussurri, torna a cercare all'ora convenuta, e il delizioso riso che tradisce la ragazza nascosta nel canto più oscuro, e il pegno che le strappi ai polsi, e al dito che resiste appena. (Bufalini) La scelta di traduzioni condotte con criteri spesso molto differenti è stimolante: anche in questo caso esaminerei prima il testo permettendo agli studenti di muoversi fra le varie traduzioni avendo già una discreta familiarità con le difficoltà dei versi latini. A questo punto c'è solo l'imbarazzo della scelta, e non è mio compito riprendere le osservazioni puntuali di Fedeli, molto scettico sui risultati raggiunti da questi traduttori. Mi limiterò ad osservare, prendendo in considerazione soprattutto aspetti non presentati da Fedeli, o posti in minore rilievo per il diverso interesse del lavoro, che alcuni limiti di queste traduzioni permettono di far riflettere gli studenti sulla coerenza del testo originale. Dopo aver insegnato che infinite sono le traduzioni possibili, ciascuna apprezzabile per uno o per altro aspetto30, è forse il caso infatti di far comprendere che non tutte sono pienamente lecite, perché se è ammissibile una traduzione che attribuisce nuovi significati al testo, non sono altrettanto convinto che sia lecita una traduzione che con la sua incoerenza rende inconsistente il testo. Facciamo qualche esempio: partiamo dai primi versi in cui è evidente il problema è dato ai traduttori dalla resa di stet, che nel latino esprime l'ergersi imponente della mole del Soratte e al tempo stesso la sua immobilità, elemento essenziale della prima strofe, dove domina una mancanza di moti vitali. Cetrangolo batte la strada della non traduzione, o per meglio dire del calco, con uno «sta» che senza il latino alle spalle significherebbe ben poco, ma questo offre non pochi spunti di discussione con gli studenti: traduzione apparentemente letterale, ma in realtà non-traduzione o efficace scelta di rievocazione persino fonetica del testo latino? Questa via è percorsa in mille occasioni, ad es. da Foscolo, non solo nelle traduzioni, ma anche, ad es. nelle riprese lucreziane de I sepolcri, che tanto filo da torcere danno ai giovani lettori e che, volutamente, ben si comprendono solo riconoscendovi i modelli latini. La scelta può essere condivisa o no, ma è degna di discussione. Meno condivisibile è invece la scelta di riferire l'aggettivo 'alto' al Soratte: e non, come subito noterà qualche allievo, perché 'è un errore', ma perché rende superflua, se non incongruente la presenza dell'aggettivo. È vero infatti che da stet si ricava l'elemento di imponenza del Soratte, ma come chiaramente indica anche l'ordine delle parole, è la neve l'elemento cardine da cui scaturiscono le successive 30 Mi sia consentito citare ancora una volta Tommaseo, che in più casi mi sembra aver espresso nel modo migliore giuste riflessioni in proposito: «A esercitare sì la critica e sì lo stile, gioverà, massime ne principii, il tradurre e il paragonare le versioni che vengonsi facendo con le già fatte e da illustri e da oscuri; perché sin nelle men pregiate e men pregevoli è qualche tocco dove il men destro è riuscito a far meglio dei più valenti; e le meno degne fanno più risaltare quello che le migliori han di bello e aiutano a meglio sentire le bellezze d ell'autore tradotto, a discernere i difetti, a penetrare nella proprietà delle lingue» (N. Tommaseo, Esercizi letterari, Firenze 1896, XII) G. F. Gianotti 47 riflessioni: vedendo la neve, segno di un gelo privo di vita nella sua manifestazione più appariscente perché giunge a ricoprire l'imponente Soratte si deve decidere di reagire sciogliendo il freddo e riappropriandosi del tempo della propria vita. Per quale motivo invece si dovrebbe correre ai ripari perché il Soratte è alto? Mandruzzato evita di rendere il verbo e parla dello «splendere» delle nevi: nuovamente il discorso perde di coerenza. Candidum può infatti evocare l'idea di splendore, ma leggendo questa traduzione si ha la netta sensazione di trovarsi di fronte a uno di quegli incantati paesaggi invernali che popolano le pubblicità natalizie e fa venir voglia di mettersi ai piedi gli sci più che di reagire al gelo risvegliando la vita col vino e col calore del fuoco (la mancata resa di stet contribuisce a sua volta a eliminare un elemento che sottolinea la stasi di questo panorama immobilizzato dal gelo). Che dire poi della resa di vides con un imperativo da parte di Ramous? Apparentemente il mutamento, per quanto certo urterà la sensibilità degli allievi, abituati a essere corretti per simili 'errori', non ha gravi conseguenze, e lo stesso Fedeli non vi dà peso, ma se si considera la struttura dell'ode le conseguenze sono notevoli. Orazio parte infatti da una serie di constatazioni che l'interlocutore non può che condividere, perché anche lui vede il Soratte, i boschi, i fiumi (si noti anche che, sebbene la funzione sintattica sia un'altra, quello che logicamente è l'oggetto del vedere è posto sempre in apertura di verso), dunque, se le cose stanno così, la conseguenza inevitabile è che bisogna sciogliere il freddo, lasciare il resto agli dèi e così via. In sostanza Orazio sta dicendo al destinatario del carme che lui stesso, solo che guardi, non può che constatare la situazione e agire di conseguenza; cosa ben diversa dall'imperativo di Ramous. Non mi soffermo neppure sul «se vuoi sciogliere il freddo» di Cetrangolo che vanifica del tutto il senso dell'ode, ma mi si permetta di far notare invece ancora, a rischio di esser tacciato di inutile pignoleria, un particolare realistico, che però permette nuovamente agli studenti di imparare qualcosa sulla coerenza del testo. Cetrangolo traduce «metti grossi ceppi sul fuoco», mentre ovviamente large si riferisce all'azione espressa dal verbo. Anche questo è un particolare che sicuramente gli studenti più attenti noteranno, ma ciò che è importante, mi sembra, è compiere un passo in più: capire perché questa innocente variazione non è del tutto priva di conseguenze. Orazio, che ha diretta esperienza dello scaldarsi davanti a un fuoco sa che se il freddo è pungente il miglior modo di scaldarsi è porre molta legna sul fuoco, ovvero far sì che sia maggiore la superficie da cui scaturiscono le fiamme. Il grosso ceppo di Cetrangolo serve invece a trascorrere lietamente una serata in poltrona senza doversi curare di alimentare in continuazione il caminetto. La mia intenzione ovviamente non è insegnare agli studenti quale tipo di legna scegliere per trascorrere una serata davanti al fuoco senza essere 48 Latino, grammatica comune d'Europa? disturbati dalla necessità di riattizzarlo, ma far notare che Orazio non adopera le parole a caso: ogni termine ha una precisa funzione all'interno del testo e dunque non dice che il Soratte è alto, perché sarebbe un inutile orpello, puramente esornativo, così come non parla di grossi ciocchi, ma dice large reponens perché sta facendo riferimento a una realtà ben precisa, non sta genericamente dipingendo un panorama invernale con caminetto scoppiettante. Se facessimo leggere ai nostri studenti una di queste traduzioni, senza aver fatto prima conoscere il testo latino, la accetterebbe, credo, senza particolari riserve, ma ben altra è la coerenza del testo originale, e non è un caso che lo si legga ancora dopo duemila anni. Se un confronto fra il testo e queste traduzioni può servire a far capire questo, mi sembra che ne valga del tutto la pena. Le cose si fanno più ardue se si affrontano testi della complessità ad es. della lirica greca, caratterizzati da una lingua che non si può certo considerare facile da dominare da parte degli studenti. Anche in questi casi mi sembra però che non ogni via sia preclusa a un lavoro sulle traduzioni: come ho più volte osservato, sebbene far precedere il lavoro di raffronto fra le traduzioni da una prima analisi e traduzione di lavoro del testo, condizioni già necessariamente l'interpretazione del testo da parte degli studenti, ritengo che il raffronto fra traduzioni sia particolarmente fecondo non quando è sfruttato come espediente per accostarsi per la prima volta a un testo, metodo che mi sembra sotto molti aspetti un modo per rendere inutilmente più impegnativo l'approccio al testo, bensì quando è una fase ulteriore del lavoro, mirata a una più puntuale riflessione sulle caratteristiche del testo e sui problemi di resa in un'altra lingua. Le proposte di diverse traduzioni sono effettivamente meno frequenti nei libri di greco rispetto a quelli di latino, ma si potrebbe prendere come spunto di partenza un raffronto che, invece, non manca mai, quello fra il fr. 31 V (31 L.-P.; 2 Gall.) di Saffo e il carme 51 di Catullo. Non spendo qui parole per questo classico raffronto, ma suggerirei piuttosto di accostarvi anche traduzioni italiane. Le osservazioni che possono nascere mi sembrano interessanti. Si provino a considerare le seguenti versioni: θαίνεηαί μοι κῆνοc ἴcοc θέοιcιν ἔμμεν᾿ ὤνηπ, ὄηηιc ἐνάνηιόc ηοι ἰcδάνει καὶ πλάcιον ἆδυ θωνείcαc ὐπακούει καὶ γελαίcαc ἰμέποεν, ηό μ᾿ ἦ μὰν καπδίαν ἐν cηήθεcιν ἐπηόαιcεν, ὠc γὰπ ἔc c᾿ ἴδω βπόχε᾿ ὤc με θώναιc᾿ οὐδ᾿ ἒν ἔη᾿ εἴκει, ἀλλ᾿ ἄκαν μὲν γλῶccα †ἔαγε λέπηον δ᾿ αὔηικα χπῶι πῦπ ὐπαδεδπόμηκεν, ὀππάηεccι δ᾿ οὐδ᾿ ἒν ὄπημμ᾿, ἐπιππόμβειcι δ᾿ ἄκουαι, †έκαδε μ᾿ ἴδπωc ψῦχποc κακχέεηαι† ηπόμοc δὲ παῖcαν ἄγπει, χλωποηέπα δὲ ποίαc ἔμμι, ηεθνάκην δ᾿ ὀλίγω ᾿πιδεύηc θαίνομ᾿ ἔμ᾿ αὔηαι· ἀλλὰ πὰν ηόλμαηον ἐπεὶ †καὶ πένηηα† Ille mi par esse deo videtur, ille, si fas est, superare divos, qui sedens adversus identidem te spectat et audit dulce ridentem, misero quod omnes eripit sensus mihi: nam simul te, Lesbia, aspexi, nihil est super mi *** lingua sed torpet, tenuis sub artus flamma demanat, sonitu suopte tintinant aures geminae, teguntur lumina nocte. otium, Catulle, tibi molestumst: otio exsultas nimiumque gestis: otium et reges prius et beatas 49 G. F. Gianotti perdidit urbes. (Catullo) A me pare simile a Dio quell‘uomo, quale e‘ sia, che in faccia ti siede, e fiso tutto in te, da presso t‘ascolta, dolcemente parlare, e d‘amore ridere un riso, e questo fa tremare a me dentro al petto il core; ch‘ai vederti subito a me di voce filo non viene, e la lingua mi s‘è spezzata, un fuoco per la pelle via ch‘è sottile è corso, già non hanno vista più gli occhi, romba fanno gli orecchi e il sudore sgocciola, e tutta sono da temore presa, e più verde sono d‘erba, e poco già dal morir lontana, simile a folle. (Pascoli) Mi appare come simile agli Dei quel signore che siede innanzi a te e ti ascolta, tu parli da vicino, con dolcezza, e ridi, col tuo fascino, e così il cuore nel mio petto ha sussultato, ti ho gettato uno sguardo e tutt'a un tratto non ho più voce, no, la mia lingua è come spezzata, all'improvviso un fuoco lieve è corso sotto la pelle, i miei occhi non vedono, le orecchie mi risuonano, scorre un sudore e un tremito mi prende tutta, e sono più pallida dell'erba, è come se mancasse tanto poco ad esser morta; pure mi debbo fare molta forza (...) (Mandruzzato) A me pare uguale agli dèi A me pare uguale agli dèi chi a te vicino così dolce suono ascolta mentre tu parli e ridi amorosamente. Subito a me il cuore si agita nel petto solo che appena ti veda, e la voce si perde sulla lingua inerte. Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle, e ho buio negli occhi e il rombo del sangue alle orecchie. E tutta in sudore e tremante come erba patita scoloro: e morte non pare lontana a me rapita di mente. (Quasimodo) L'amore Pari agli dèi mi sembra quell'uomo: innanzi a te siede e tanto vicino sente la tua voce dolce, il desiato riso. Oh, a me il cuore sbatte forte e si spaura. Ti scorgo, un attimo, e non ho più voce; la lingua è rotta; un brivido di fuoco è nelle carni, sottile; agli occhi il buio; rombano gli orecchi. Cola sudore, un tremito mi preda. Più verde d'un'erba sono, e la morte cosi poco lungi mi sembra... (Pontani) Beato è, come un dio, chi davanti ti siede e ti ode, e tu dici dolci parole e dolcemente sorridi. Subito mi sobbalza, appena ti guardo, dentro nel petto il cuore, e voce più non mi viene e mi si spezza la lingua, e una fiamma sottile mi corre sotto la pelle, con gli occhi più niente vedo, romba mi fanno gli orecchi, sudore mi bagna e tremore tutta mi prende, e più verde dell‘erba divento e quasi mi sento, o Agallide, vicina a morire. (Valgimigli) Nuovamente mi limito a qualche considerazione sui versi iniziali e sulle osservazioni che potrebbero scaturirne in un confronto in classe. Innanzitutto si potrebbe discutere sulla resa di φαίνεται, che pare avere una sfumatura diversa dal videtur di Catullo in genere mal resa. Se anzi facciamo ben attenzione, i traduttori sembrano voler rendere più Catullo che Saffo. Pascoli con «A me pare simile a Dio», al di là della poco convincente cristianizzazione, 50 Latino, grammatica comune d'Europa? evidentemente un tentativo di mediazione culturale, sembrerebbe persino voler richiamare il suono del par di Catullo con il suo «pari», e con «simile» al posto di ἴcοc tradisce del tutto il senso di φαίνεται (non sembra possibile qui intendere classicamente 'pare' come 'appare'), fors'anche perché l'immagine diverrebbe troppo forte, avendo trasformato il termine di paragone nel Dio del Cristianesimo monoteista. Ancor più traduzione di Catullo è quella di Pontani: «Pari agli dèi mi sembra», in cui lo spostamento di significato giustifica il passagio agli dèi al plurale: quest'uomo non è più 'un dio', ma, diremmo noi, 'si sente in paradiso', che è in fondo il ragionamento che sottostà alla traduzione di Valgimigli: «Beato è, come un dio»31. Meglio sembra rendere Mandruzzato con il suo «appare», indebolito però, come in Pascoli, dal seguente «simile». Nonostante il «pare» e il ritmo che, insolitamente, non sembra del tutto convincente, l'unico a tradurre Saffo sembra Quasimodo. Non ci si può forse soffermare in classe in questo modo su ogni parola, ma in questo caso la posta in gioco mi sembra alta, soprattutto considerando che dell'ode di Saffo vengono date interpretazioni anche molto diverse: raffrontando queste traduzioni si tocca con mano la distanza fra Saffo e Catullo e la difficoltà a rendere opportunamente Saffo. Quale guadagno si ottiene poi se si riesce a giungere a far riflettere gli studenti sul modo in cui qualche traduttore volutamente riecheggia anche nel suono Catullo traducendo Saffo. Tanto si parla di intertestualità: ecco un modo per vederla in opera (sia in questo caso degna di apprezzamento o no). L'analisi della traduzione di Pontani offre inoltre continui spunti di riflessione su allusione e strumenti del linguaggio poetico: si pensi anche solo al «desiato riso», di ascendenza dantesca, Rispetto agli esempi latini, la maggiore distanza formale fra il greco e la nostra lingua induce poi i traduttori a una maggiore libertà e a più arditi esperimenti: certo gli studenti andranno su questo aspetto maggiormente sorvegliati nelle loro analisi, ma credo che non sia impossibile raggiungere buoni risultati anche instradando la discussione in questa direzione. Purtroppo la strutturazione dei programmi rende difficile invece sfruttare appieno una diversa possibilità offerta da questo testo: leggere le due, o per meglio dire tre, traduzioni di quest'ode da parte di Foscolo: una giovanile risalente agli ultimi anni del '700 e riedita con alcuni ritocchi nel 1816 nel saggio Vestigi della storia del sonetto italiano, l'altra pubblicata nell'Appendice seconda agli Essays on Petrarch (1821-25). Colui mi sembra a' lieti Dei simile, Che teco siede, e sì soavemente Cantar t'ascolta, e in atto sì gentile Dolce, ridente. Com'io ti veggio palpitar mi sento Nel petto il core: in beato istante Non vien più suono d'amoroso accento Sul labbro amante. Ma vi s' intrica la mia lingua, accensa Scorre ogni vena, suona tintinnio 31 Non è da escludere in questo caso, come vedremo, un'influenza foscoliana. G. F. Gianotti 51 Dentro gli orecchi, cupa notte addensa il guardo mio. Sudor di gelo le mie guance innonda, Tremito assale e abbrivida ogni membro, E senza spirti, pallida qual fronda, Morta rassembro. (fine '700) Colui mi sembra agli alti Dei simile Che teco siede, e sì soavemente Cantar t'ascolta, e in atto sì gentile Dolce ridente. Com'io ti veggio, palpitar mi sento Nel petto il core, in quel beato istante Non vien più suono d'amoroso accento Sul labbro ansante. Muta s' intrica la mia lingua; accensa Scorre ogni vena, ronza tintinnio Dentro gli orecchi; notte alta s'addensa Sul guardo mio. Sudor di gelo le mie guance inonda. Fremito assale e abbrivida ogni membro, E senza spirti, pallida qual fronda Morta rassembro. (1816) Quei parmi in cielo fra gli Dei, se accanto Ti siede e vede il tuo bel riso, e sente I dolci detti e l'amoroso canto! A me repente, Con più tumulto il core urta nel petto: More la voce, mentre ch'io ti miro, Sulla mia lingua: nelle fauci stretto Geme il sospiro. Serpe la fiamma entro il mio sangue, ed ardo: Un indistinto tintinnio m'ingombra Gli orecchi, e sogno: mi s'innalza al guardo Torbida l'ombra. E tutta molle d'un sudor di gelo, E smorta in viso come erba che langue, Tremo e fremo di brividi, ed anelo Tacita, esangue. (1821-25) Le variazioni fra le traduzioni sono illuminanti sul modo di lavorare del traduttore e sulla sua maturazione. Nella versione giovanile Catullo la fa da padrone, si pensi anche solo al catulliano «dolce ridente», ma è presente anche nella versione più tarda: si veda il permanere del 'tintinnio' di ascendenza catulliana per rendere ἐπιππόμβειζι δ᾿ ἄκουαι (degno di nota il tentativo nella versione del 1816 di mantenere un qualche richiamo al verbo onomatopeico greco sostituendo «ronza» a «suona»). Vi sono poi in tutte le versioni interessanti arbitrii, che implicano, al di là del desiderio di ottenere efficaci immagini poetiche, diverse interpretazioni del testo, dal «suono d'amoroso accento» della traduzione giovanile alla stranissima aggiunta di «e sogno» nella quarta strofa dell'ultima traduzione, che porta alle estreme conseguenze lo 52 Latino, grammatica comune d'Europa? stordimento che Saffo descriveva con terminologia quasi medica 32. Ma quando a scuola si giunge a trattare Foscolo con la sufficiente maturità, non v'è più il necessario tempo per ritornare su Saffo. Forse, se si vuole lavorare in questo senso è più semplice farlo sulle traduzioni di Quasimodo, autore spesso affrontato già nel biennio trattando della poesia e più vicino alla nostra sensibilità stilistica. Consiglierei a tale proposito di prendere in considerazione la traduzione del frammento 1 V. (1 L.-P.; 1 Gall.; 1 D.), la preghiera ad Afrodite, presentando le varianti fra l'edizione del 1940 33 e quella del 195134, magari presentando le critiche mosse da Virgilio Cremona nel suo celeberrimo intervento su «Aevum» del 1942, intervento che ancora suscita le ire degli italianisti ma che punta l'indice proprio su alcune importanti difficoltà di resa del testo (propongo il testo del 1951 segnalando fra parentesi, ove diversa, la versione del 1940): πο]ικιλόθπο[ν᾿ ἀθανάηἈθπόδιηα, παῖ] Δ[ί]οc δολ[όπλοκε, λίccομαί cε, μή μ᾿] ἄcαιcι [μηδ᾿ ὀνίαιcι δάμνα, πόην]ια, θῦ[μον, ἀλλ]ὰ ηυίδ᾿ ἔλ[θ᾿, αἴ ποηα κἀηέπωηα ηὰ]c ἔμαc αὔ[δαc ἀίοιcα πήλοι ἔκ]λυεc, πάηπο[c δὲ δόμον λίποιcα χ]πύcιον ἦλθ[εc ἄπ]μ᾿ ὐπαcδε[ύξαιcα· κάλοι δέ c᾿ ἆγον ὤ]κεεc cηποῦ[θοι πεπὶ γᾶc μελαίναc πύ]κνα δίν[νενηεc πηέπ᾿ ἀπ᾿ ὠπάνωἴθεπο]c διὰ μέccω· αἶ]ψα δ᾿ ἐξίκο[νηο· cὺ δ᾿, ὦ μάκαιπα, μειδιαί[cαιc᾿ ἀθανάηωι πποcώπωι ἤ]πε᾿ ὄηη[ι δηὖηε πέπονθα κὤηηι δη]ὖηε κ[άλ]η[μμι κ]ὤηηι [μοι μάλιcηα θέλω γένεcθαι μ]αινόλαι [θύμωι· ηίνα δηὖηε πείθω .].cάγην [ἐc cὰν θιλόηαηα; ηίc c᾿, ὦ Ψά]πθ᾿, [ἀδικήει; κα]ὶ γ[ὰπ αἰ θεύγει, ηαχέωc διώξει, ‹αἰ δὲ δῶπα μὴ δέκεη᾿, ἀλλὰ δώcει,› ‹αἰ δὲ μὴ θίλει, ηαχέωc θιλήcει› ‹κωὐκ ἐθέλοιcα.› ‹ἔλθε μοι καὶ νῦν, χαλέπαν δὲ λῦcον› ‹ἐκ μεπίμναν, ὄccα δέ μοι ηέλεccαι› ‹θῦμοc ἰμέππει, ηέλεcον, cὺ δ᾿ αὔηα› ‹cύμμαχοc ἔccο.› Mi fermo nuovamente qui lasciando alla sensibilità degli insegnanti ulteriori considerazioni. È possibile ricavare agevolmente qualche spunto per l'analisi da B. Rosada, Catullo, Foscolo, Pascoli e Quasimodo traduttori di Saffo. Osservazioni sulle variazioni del significante di un significato d ato, nella pubblicazione elettronica Senecio a cura di E. Piccolo e L. Lanza, http://www.vicoacitillo.it/senecio. L'articolo non ha taglio didattico, ed ha interessi piuttosto differenti da quelli di questo intervento: non tutto è poi condivisibile, a partire dallo stesso titol o, dato che, con l'occhio dell'antichista, mi pare presuntuoso ritenerci in grado di considerare l'ode di Saffo un 'significato dato', ma costituisce c omunque un ottimo spunto. 33 Lirici greci, tradotti da Salvatore Quasimodo, con un saggio di Luciano Anceschi. Milano, Edizioni di Corrente, 1940. 34 Lirici greci, tradotti da Salvatore Quasimodo, con un saggio di Luciano Anceschi (I poeti dello Specchio). Milano, A. Mondadori, 1951. 32 G. F. Gianotti 53 Ad Afrodite O mia Afrodite dal simulacro colmo di fiori, tu che non hai morte, figlia di Zeus, tu che intrecci inganni, o dominatrice, ti supplico, non forzare [piegare] l'anima mia con affanni né con dolore; ma qui vieni [aiutami invece]. Altra volta la mia voce udendo di lontano la preghiera ascoltasti, e lasciata la casa del padre sul carro d'oro venisti. Leggiadri veloci uccelli sulla nera terra ti portarono, dense agitando le ali per l'aria celeste. E subito giunsero. E tu, o beata, sorridendo nell'immortale volto chiedesti del mio nuovo patire, e che cosa un'altra volta invocavo, e che più desideravo nell'inquieta anima mia. [cosa desideravo nascesse nell'inquieta anima mia] «Chi vuoi che Péito spinga al tuo amore, [Chi vuoi che persuada al tuo amore] o Saffo? Chi ti offende? Chi ora ti fugge, presto t'inseguirà,[vedrai che ti insegue] chi non accetta doni, ne offrirà, chi non ti ama, pure contro voglia,[se più non vorrai] presto ti amerà.» Vieni a me anche ora; liberami dai tormenti, avvenga ciò che l'anima mia vuole: aiutami, Afrodite. (Quasimodo) Il testo si presta, anche questa volta, alle consuete osservazioni: ad es. Quasimodo rende ποικιλόθπον(ε) «dal simulacro colmo di fiori», che invece che essere una scelta fra le varie interpretazioni avanzate dell'epiteto, è una sorta di strano ibrido fra due fra le più probabili («dal trono variopinto» e «dalla veste ricamata a fiori»), ma le osservazioni di questo genere sarebbero infinite: alcune sono forse fuori della portata dei nostri studenti come per es. la resa di δάμνα (soffocare? opprimere?) prima con «piegare», criticato da Cremona, poi corretto in «forzare»: per particolari del genere si naviga a vista tenendosi attaccati al dizionario scolastico. 54 Latino, grammatica comune d'Europa? Si veda però ad es. il «tu che non hai morte», di forte impatto poetico e, a prima vista, resa letterale (si può dire etimologica) di ἀθανάη(α), ma che in realtà ben poco ha a che fare con il valore di epiteto del termine greco (forse non ha torto Pontani a rendere «dea») 35; quanto si può imparare riflettendo su casi come questo36. Ma da queste osservazioni si può anche passare a considerazioni più generali: non a torto Cremona trova che la resa di ηυίδ᾿ ἔλθε con «aiutami invece» è inevitabile se si considera il modo in cui è stato tradotto ποικιλόθπον(ε): «La poetessa greca invoca un'Afrodite diversa da quella a cui si rivolge la Saffo quasimodiana; ella la invoca perché "venga" … [la Saffo di Quasimodo invece] prega davanto al simulacro della dea, quasi dicessi in un oratorio … e naturalmente non può invocare la venuta della dea perché questa è lì, davanti a lei, sull'ara tutta festoni e ghirlande». Cremona conclude severamente: «La discesa miracolosa di Afrodite, l'immaginazione del carro olimpico, dei veloci passeri, della nera terra e del sorriso benevolo e acquietante della dea, non hanno più alcun rapporto con la prima strofa, diventano un motivo secondario, anzi inutile». Forse dovremmo però essere più teneri con Quasimodo, che, se non altro, pur scrivendo una poesia diversa da quella di Saffo, non cade nelle incoerenze di alcune traduzioni oraziane che abbiamo esaminato. «Riferiti i quali esempi mi pare inutile aggiunger dell'altro; l'utilità di esercizi siffatti, eseguiti in classe collettivamente da professori e alunni, eseguiti a casa individualmente dagli alunni, è evidente, e nessuno ci può essere che la neghi». Così concludeva A. Monti il capitolo intitolato Dell'uso delle migliori traduzioni di classici del suo Scuola classica e vita moderna 37, presentando già esempi compiuti di questo metodo, ancor prima che assumesse la denominazione tecnica di 'traduzione contrastiva', ma subito dopo aggiungeva: «La questione è tutta lì. Quanti sono gli insegnanti di liceo in Italia che praticano questi sistemi? … finché la cosa si riduce a tentativi di singoli insegnanti in singole scuole, poco o punto si conclude». Questi non sono che pochi esempi appena accennati e non si può pensare di adoperare questo metodo con grande frequenza, in considerazione del tempo necessario per un simile tipo di lavoro. Mi sembra però che si possa lavorare a più livelli a seconda delle esigenze delle singole classi e della programmazione didattica e che si possano ottenere interessanti risultati. L'aspetto su cui forse bisogna ancora insistere è che un lavoro di questo genere può essere molto utile anche al di là del confine della materia 'latino' o 'greco', ed è anzi Vario il tuo trono, dea, e le tue trame subdole, Afrodite, figlia di Zeus. 36 Se gli studenti faticassero ad arrivare coi propri mezzi, seppur guidati dagli insegnanti, a simili osservazioni si potrebbero pro porre queste osservazioni e poi invitarli a riflettere in maniera analoga sul modo di rendere il πότνια del verso 4 (oltre alla traduzione «o dominatrice» di Quasimodo si propongano ad es. le seguenti: «tu che puoi», Pontani; «Signora», Mandruzzato; «o Regina», Valgimigli). 37 A. Monti, Opere, vol. 2: Il mestiere di insegnare. Scritti sulla scuola 1909-1965, Cuneo 1994, 108-109. 35 G. F. Gianotti 55 particolarmente utile proprio quando dall'analisi grammaticale si passa a una più ampia riflessione linguistica, sulle lingue antiche e sulla lingua italiana, che è al tempo stesso riflessione sulle culture che tali lingue hanno creato38. E. Bona 38 Comprendo che la mia proposta portà sembrare azzardata, ma perché, quando si giungono a presentare Foscolo e Monti, non si spende qualche minuto per far leggere, al di là dei soliti testi, anche la premessa agli Esperimenti di traduzione dell'Iliade foscoliani e l'introduzione alla traduzione dell'Iliade del Monti? Non vedo spunto migliore per presentare al tempo stesso due visioni diametralmente opposte di letteratura, entrando al tempo spesso nel vivo dei problemi della traduzione: da un lato chi ritiene che l'italiano possa «Assumere le virtù di Omero senza studio di ornarle, e i suoi difetti senza timor d'avvilirsi», dall'altro un Monti che, da vero acrobata dell'intertestualità, afferma di aver reso il verso iniziale dell'Iliade in quel determinato modo per richiamarsi al tempo stesso a Orazio e all'incipit della Gerusalemme liberata. Certo è eccessivo proporre agli studenti un esame delle decine di traduzioni che nei suoi manoscritti e a margine della sua copia pro pone Foscolo dei medesimi versi omerici, come raccolte dell'Edizione nazionale delle opere di Ugo Foscolo, Volume III: Esperimenti di traduzione dell'Iliade. Edizione critica a cura di G. Babarisi, Firenze 1961, ma nulla vieta di far vedere almeno a colpo d'occhio quante varianti sono proposte per i primi versi. 46 Erori di traduzione «Che cosa vuol dire tradurre? La prima e consolante risposta vorrebbe essere: dire la stessa cosa in un‘altra lingua. Se non fosse che, in primo luogo, noi abbiamo molti problemi a stabilire che cosa significhi ―dire la stessa cosa‖…» (Umberto Eco) Durante il periodo novembre 2005-gennaio 2006, ho sottoposto vari studenti a un esercizio di traduzione di frasi, per vedere – e studiare – come costoro traducevano un dato elemento della frase, e cioè il participio passato. La mia idea non era tanto di controllare il livello lessicale o grammaticale di questi studenti, bensì di tentare di capire il loro ragionamento nel processo di traduzione. 1. Il materiale da tradurre Sono stati predisposti 3 insiemi di frasi, due dei quali da tradurre dall‘italiano al francese e il terzo dal francese all‘italiano. Queste frasi sono state scelte attentamente per presentare delle ―trappole‖ più o meno importanti per quanto concerne il participio passato. Queste ―trappole‖ possono riguardare la flessione del participio passato, l‘accordo o ancora il lessico, e cioè il termine da usare in quel dato contesto. Bisogna sottolineare che tutte le frasi sono dei documenti autentici, provenienti dalla stampa francese e italiana. Alcune di loro sono state leggermente modificate a livello lessicale per motivi di praticità. 2. Il campione Si tratta di un pubblico di giovani adulti, e cioè di studenti universitari. Il francese è la loro secondo lingua straniera dopo l‘inglese. Non sono specializzati nello studio delle lingue e tanto meno nella traduzione, poiché sono studenti in economia oppure in scienze strategiche. Per quanto riguarda gli studenti universitari del 3° anno della facoltà di economia, si tratta di un pubblico eterogeneo, in quanto il numero di anni di studio del francese è vario. Essi hanno studiato il francese alla scuola media e/o alla scuola superiore oppure erano dei principianti assoluti quando hanno cominciato i loro studi universitari. Questi studenti sono stati sottoposti alla prima batteria di frasi (che è anche la più semplice). Per gli studenti di scienze strategiche, invece, la durata dell‘apprendimento della lingua francese è più omogenea: 5 anni alle scuole superiori. In totale, 245 studenti hanno lavorato sul primo insieme, mentre il secondo è stato tradotto da 45 studenti e il terzo da 21 studenti. G. F. Gianotti 57 Dopo aver spogliato i vari insiemi tradotti, è stata predisposta, per ogni participio passato, una tabella contenente le varie proposte di traduzione e il relativo numero. Da queste tabelle emergono diversi tipi errori, sintetizzati di seguito. 3. Tipologie di errori A) Gli anglismi Nel corso dei miei anni d‘insegnamento, ho notato che gli studenti cadono abbastanza spesso nel tranello dell‘anglismo, come per esempio nell‘esprimere la loro età: *Je suis 20 ans (I am 20 years old). Nel caso di questi tre insiemi, invece, i calchi sull‘inglese sono piuttosto rari e riguardano in particolare una frase: «Londra ha approvato una legge molto avanzata sulle unioni tra persone dello stesso sesso». 3 studenti traducono modern il participio passato «avanzata», mentre la forma advancé(e) ricorre 29 volte (campione totale 245). B) Gli italianismi e i calchi sull’italiano Naturalmente gli italianismi e i calchi sull‘italiano sono più frequenti. Eccone alcuni che compaiono nel primo insieme: «A pochi passi dalle sabbie del deserto arabico è stata aperta la prima pista di sci del paese». Il participio «aperta» è tradotto da un solo studente *apert. «Resta il 22 % [dei manager] che ha conservato il posto malgrado i cattivi risultati ottenuti». Il participio «ottenuti» è tradotto tre volte con *ottenus. «Gascoigne arrestato a Liverpool». Il participio «arrestato» diventa *arresté per due studenti. «Rummenigge spiega quanto è costato il nuovo stadio». Il participio «costato» viene tradotto *costé da 10 studenti. «Londra ha approvato una legge molto avanzata sulle unioni tra persone dello stesso sesso». Il participio «approvato» diventa *apprové 103 volte su 245. Per quanto riguarda il secondo insieme, due frasi contenevano il verbo «individuare», che viene tradotto *individuer, 20 volte su 45 per la prima frase e 36 volte su 45 nella seconda frase. Un‘altra espressione molto comune è oggetto di un italianismo altrettanto comune: fare la colazione è tradotto con faire le petit déjeuner (16 volte su 45). 58 Latino, grammatica comune d'Europa? C) I francesismi e i calchi sul francese Questi francesismi e calchi sul francese appaiono nel terzo insieme, quello che richiedeva di tradurre dal francese all‘italiano. Non dilunghiamoci sulla traduzione di Ils sont tombés d’accord con «Sono caduti d‘accordo», proposta da un unico studente, per guardare più da vicino i francesismi commessi da più studenti. Une fois que vous avez trouvé l’adresse è tradotto da 15 studenti su 21 con «Una volta che voi avete trovato l‘indirizzo». Il a traité les allemands de supernationalistes. Il verbo traiter (che in italiano corrisponde a «dare del») è tradotto letteralmente con «trattato» da un terzo degli studenti (7/21). Le btp a été fragilisé par huit ans de récession. Fragilisé viene addirittura tradotto con il neologismo «fragilizzato» (5/21). D) Gli errori morfo-sintattici Gli errori morfo-sintattici vertono su diversi punti. a) Innanzitutto l‘accordo del participio passato con il femminile e/o il plurale. La mancanza di quest‘accordo è frequentissima. Alcuni esempi: une loi avancé (54/245); La température est arrivé (44/245); La première piste de ski a été ouvert (101/245); L’opposition s’est trompé (28/245); Les élections se sont terminé/conclu (29/245). b) La scelta dell‘ausiliare costituisce anch‘essa una fonte importante di errori. Spesso gli studenti conservano l‘ausiliare usato nella loro lingua madre. Les travailleurs *sont augmentés (156/245); L’aide n’*est pas augmenté (143/245); Le nouveau stade *est coûté … (120/245); Il *est plu (24/245). c) La flessione del participio passato genera anch‘essa parecchi errori e dà vita a delle versioni alquanto fantasiose: «raggiunto» diventa *rejoindu/*rejointé/*reju (25/245) o ancora *atteindu (4/245); «ottenuto» dà *obtenut/*obteni (3/245); «aperto» ouvri/ouverté (9/245) d) Al livello sintattico, ricorre spesso l‘ordine della frase italiana. «Fatta la colazione» Fait/Pris/Consommé le petit déjeuner = 19/45. «Finita la lezione» Terminée/Finie la leçon = 32/45. «Definiti gli obiettivi» Définis/Identifiés/Décidés les objectifs = 31/45. «Individuati 21 focolai» Trouvés/identifiés/localisés 21 foyers = 23/45. G. F. Gianotti 59 E) I sensi errati I sensi errati non mancano neppure, ma in misura minore. a) J’ai tout entendu sur la France. Gli studenti non percepiscono il senso del verbo entendre in francese e traducono «ho capito/inteso/saputo/imparato» (14/21). La frase d‘arrivo risulta corretta grammaticalmente, ma il pensiero del suo autore è snaturato. b) Alcuni rari studenti danno addirittura il senso contrario nelle frasi seguenti: Je me suis amusé («mi sono divertito») diventa «mi sono annoiato» (1/21). Le taux de chômage a reculé («il tasso di disoccupazione è diminuito») diventa «il tasso di disoccupazione è salito» (1/21). F) La non-traduzione Bisogna anche soffermarci sulla non-traduzione. Con ciò si intende l‘assenza di traduzione di un termine. Va osservato che questo fenomeno è tutto sommato poco frequente. Probabilmente perché la traduzione avviene in un contesto da compito. Non pochi però sono i casi in cui la non traduzione sembra frutto di distrazione o incapacità Nella frase «La temperatura media annua ha raggiunto i 17,1° C», sono 29 su 245 gli studenti che omettono la traduzione di «raggiunto», mentre nella frase «A pochi passi dalle sabbie del deserto arabico è stata aperta la prima pista di sci del paese», il participio «aperta» è trascurato da 17 studenti su 245. Stessa cosa per la frase «L‘opposizione venezuelana ha sbagliato a boicottare le elezioni politiche del 4 dicembre», dove si riscontrano 25 omissioni di «sbagliato». La non-traduzione intelligente riguarda invece i participi passati, usati come aggettivi, la cui assenza non nuoce alla comprensione della frase. Sono 19 gli studenti che usano questo sotterfugio nella frase seguente: «Londra ha approvato una legge molto avanzata sulle unioni tra persone dello stesso sesso», dove «molto avanzata» viene omesso nella traduzione per dare Londres a approuvé une loi sur les unions entre personnes du même sexe. Nella frase «Resta il 22 % dei manager che ha conservato il posto malgrado i cattivi risultati ottenuti», il participio «ottenuti» viene omesso 36 volte. Tuttavia, una domanda sorge spontanea: questi studenti hanno optato deliberatamente per la sotto-traduzione oppure è un caso? 4) Conclusioni Il test ha dimostrato che gli studenti non rileggono il loro testo d‘arrivo. Se lo facessero, potrebbero per lo meno correggere gli errori di accordo. Sul piano sintattico, in particolare per il terzo insieme da tradurre in italiano, e cioè nella loro lingua madre, una 60 Latino, grammatica comune d'Europa? rilettura permetterebbe di ristabilire un ordine sintattico tipico dell‘italiano, e invece vediamo che gli studenti traducono letteralmente e restano ―incollati‖ alla frase di partenza. Non vogliono o non riescono a staccarsi dalla frase di partenza per produrre un testo coerente e corretto in italiano. In secondo luogo, va osservato che questo tipo di esercitazione non aiuta a cogliere l‘aspetto pragmatico della traduzione, cioè fornire la comprensione di un termine, di una frase, di un testo a chi non conosce la lingua di partenza e quindi un lavoro di mediazione. Questo esercizio di traduzione è stato visto dagli studenti soltanto come un controllo delle conoscenze morfosintattiche e lessicali, né poteva essere altrimenti poiché era costituito da brevi frasi e non da testi. Da molte parti si invoca il ritorno alla traduzione come esercizio completo, poiché tradurre bene nelle lingua straniera implica una padronanza di tutti i livelli linguistici, non permette strategie di fuga, esercita anche competenze testuali. E tradurre un testo scritto in lingua straniera nella lingua madre è la miglior prova di comprensione di un testo e rivela le eventuali lacune nella loro conoscenza della lingua madre. Questo esercizio di traduzione di frasi ha tuttavia una sua utilità come preparazione a traduzioni più lunghe e complesse, oltre che come mezzo di controllo delle conoscenze grammaticali. S. Pipari G. F. Gianotti 61 Il lessico delle emozioni nelle lingue neolatine Il linguaggio ha la funzione di esprimere, descrivere e rendere comunicabile la nostra esperienza, ma per fare questo mette in atto inevitabilmente un processo di trasformazione dell‘esperienza stessa, adeguandola alle sue leggi, distinzioni e categorie precostituite, le cui relazioni e il cui uso sono vincolati da un insieme di regole che non sono necessariamente quelle che strutturano l‘esperienza. È ingenuo pensare che esista una corrispondenza biunivoca tra il mondo delle parole e quello delle cose, per cui a ogni parola corrisponderebbe un solo e ben identificabile elemento di esperienza. I filosofi hanno dibattuto per secoli questo problema, che è diventato l‘oggetto privilegiato di riflessione di alcune correnti filosofiche contemporanee quali il neopositivismo logico e la filosofìa analitica, le quali hanno messo in luce che il linguaggio è uno strumento ineliminabile e insostituibile per costruire conoscenza e scienza sul mondo. Un interrogativo a cui gli psicologi hanno cercato di rispondere può essere formulato come segue: «Quali sono le strutture e le relazioni latenti che legano tra loro le parole all‘interno di una lingua e che costituiscono i vincoli di significato precostituiti che guidano il processo di significazione?». Oggetto di questo studio, il lessico delle emozioni, non sono le parole di una lingua, ma le strutture a esse soggiacenti, che le organizzano e costituiscono i radicali semantici che vincolano e indirizzano tutto il processo di significazione. Secondo questa prospettiva, al di là delle differenze culturali, vi sarebbero dunque delle radici comuni, delle metacategorie molto generali della significazione, in tutti i linguaggi umani, e non si riferirebbero tanto ad aspetti oggettivi della realtà, ma a modalità soggettive e affettive generalizzate e costanti di porsi nei suoi confronti. Non vi e ancora consenso su una definizione univoca di emozione e conseguentemente, sull‘ambito di fenomeni al quale la ricerca dovrebbe circoscriversi. Prima di iniziare qualsiasi ricerca empirica è necessario chiarire che cosa si intende quando si parla di emozione. Inducono a riflettere, a questo proposito, i dati di alcune ricerche etnografiche riferite da Russell (1991), che sembrano mettere in dubbio questa opinione generale. Da queste ricerche risulta infatti che la parola emozione non ha un preciso corrispettivo in tutte le lingue conosciute. Mancano di un termine riconducibile a «emozione» le lingue dei Papua della Nuova Guinea (Poole, 1985), degli aborigeni dell‘Australia (Hiatt, 1978), degli Ifaluki della Micronesia (Lutz, 1986), dei Chewong della Malesia (Howell, 1981). Si potrebbe pensare che, pur mancando in queste lingue la parola adeguata, non manchi però il concetto di emozione. Ma anche questo è dubbio, poiché i dati delle ricerche etnografiche citate evidenziano che in alcune culture l‘emozione non è distinta come categoria autonoma, ma piuttosto è assimilata ad altre forme di esperienza mentale. La 62 Latino, grammatica comune d'Europa? possibilità che l‘emozione non si riferisca a un ambito specifico di fenomeni riconosciuto in tutte le culture è forse il più importante risultato sull‘argomento delle emozioni ottenuto dai resoconti etnografici. Infatti la mancanza, in alcune lingue, del termine «emozione» induce a pensare che il vasto ambito di fenomeni che noi rappresentiamo in modo unitario e distinto potrebbe forse essere descritto in modo non unitario e con articolazioni e rapporti diversi rispetto agli altri fenomeni psichici. Le teorie prototipiche studiano la struttura e l‘articolazione interne del concetto, individuando gerarchie di primarietà, tipicità o purezza indicate come strutture d‘ordine dei suoi componenti. Le distinzioni che vengono proposte tra i vari membri della categoria sono prevalentemente di tipo gerarchico, nel senso che suggeriscono delle distinzioni in base al solo criterio della maggiore o minore tipicità di un termine. Ciò che viene trascurato è invece l‘analisi dei rapporti «orizzontali» che legano tra loro i vari termini al di là delle loro relazioni gerarchiche, e cioè lo studio delle possibilità espressive offerte all‘esperienza emozionale dalle varie lingue e dalle strutture che le organizzano. Questo problema è stato affrontato dalle numerose ricerche che hanno studiato il lessico emozionale, cioè le parole che indicano le emozioni, in diverse lingue, evidenziandone strutture e dimensioni di significato. Tale ambito di ricerca si è sviluppato a partire dagli anni cinquanta con i lavori pionieristici di Nowlis e Nowlis (1956) e di altri ricercatori che studiarono il linguaggio delle emozioni con l‘intento di individuare le dimensioni che lo organizzano. Le ricerche di questo tipo furono senza dubbio stimolate dalle indagini di Osgood, Suci e Tannenbaum (1957) sulle dimensioni di significato delle lingue naturali. Le iniziali ricerche di Osgood fecero emergere tre principali dimensioni di significato dei linguaggi naturali: Valutazione, Attività e Potenza, che vennero interpretate come dimensioni di carattere affettivo (Osgood, 1969). La valutazione si riferisce alla dimensione piacere/dispiacere, l‘attività all‘attivazione organistica e la potenza alla capacità, da parte del soggetto, di padroneggiare la situazione in cui si trova. Al di là del problema dell‘equivalenza e della traducibilità dei termini emozionali, altri problemi possono costituire un serio limite per le ricerche condotte sul lessico. Essi riguardano la scelta delle parole utilizzate nelle varie indagini ed il credito forse eccessivo prestato alle tecniche di analisi statistica. Dall‘insieme dei risultati risulta che lingue culturalmente molto lontane tra loro non sempre hanno un identico bagaglio terminologico-concettuale per esprimere le emozioni. Differenze e peculiarità possono emergere anche tra lingue più vicine culturalmente, come dimostrano alcune ricerche condotte su lingue europee diverse dall‘inglese. Analizzando campioni piuttosto estesi di parole tratte dal lessico emozionale dell‘italiano, alcuni autori (Calati, 1986; D‘Urso e Calati, 1990) hanno dimostrato, mediante procedure di analisi simili a quelle utilizzate da Russell, alcune peculiarità nei rapporti fra i termini italiani che non trovano pieno riscontro nei risultati delle analisi citate di Russell. Differenze ancora maggiori sono 63 G. F. Gianotti state messe in luce da una ricerca di Gehm e Scherer (1988) sul lessico emozionale tedesco in base alla quale non risulta confermato l‘ordine dei termini. In questa direziona si è mossa la ricerca qui presentata che si occupa dei lessici delle emozioni delle lingue neolatine parlate in Europa. Scopo di questo lavoro è estendere la conoscenza fin qui acquisita sul lessico delle emozioni superando l‘evidente anglocentrismo di questo ambito di ricerca, e rendere i risultati più attendibili attraverso l‘utilizzo di metodologie coordinate in grado di superare i limiti di molti dei precedenti lavori che abbiamo sopra illustrato. La ricerca ha assunto come ipotesi che le comuni tradizioni culturali e storiche che uniscono le popolazioni dell‘area europea neolatina e la comune matrice delle lingue da esse parlate abbiano dato luogo a un modo analogo di esprimere e classificare le emozioni attraverso il linguaggio. L‘ipotesi di una generale somiglianza di struttura dei lessici emozionali neolatini non escludeva comunque quella dell‘esistenza di differenze minori tra le varie lingue nazionali. Si è ipotizzato inoltre che, nel loro insieme, i lessici emozionali italiano, francese, spagnolo, catalano e rumeno presentassero differenze evidenti rispetto a quello inglese, espressione di un contesto culturale diverso, meno influenzato dalla civiltà latina. La comune matrice di tutte queste lingue è il latino, la lingua più diffusa nell‘antichità utilizzata per comunicare tra le diverse popolazioni dell‘impero romano. In seguito alla caduta dell‘impero romano sorsero diverse lingue neolatine derivanti dalla stessa matrice Latina e da un progressive processo di trasformazione che portò alla differenziazione delle lingue delle diverse nazioni europee. Questo processo di differenziazione è stato influenzato dalle invasioni barbariche e cioè dall‘installazione di nuove popolazioni provenienti dai confini nord orientali dell‘impero nelle varie regioni del mediterraneo. Queste popolazioni portavano,ovviamente, con sé lingue e tradizioni molto diverse da quelle latine. La distanza tra l‘originaria matrice latina e le varie lingue neo-latine sviluppatesi nelle diverse regioni europee, dipende, naturalmente, dalle differenze etniche e culturali e dal livello di penetrazione delle varie popolazioni che hanno occupato via via i tenitori dell‘antico impero. Considerando le lingue esaminate in questo lavoro emergono alcune rilevanti differenze storico-culturali. L‘italiano è la lingua più vicina al latino per motivi storico-geografici, essendo nata come una forma semplificata o volgare della lingua latina rimasta nel tempo lingua ufficiale parlata solamente dai dotti e dagli ecclesiastici. Gli influssi delle lingue germaniche delle popolazioni che invasero la parte settentrionale della penisola sulla nascente lingua italiana, vennero assai limitati dal persistente uso del latino nel periodo del basso impero e dell‘alto medioevo quando l‘italiano cominciò ad essere utilizzato. La sopravvivenza del latino in Italia fu favorita dal particolare potere della Chiesa Romana che continuava ad utilizzarlo come lingua della liturgia e della predicazione. Maggiore fu l‘influsso della lingua greca, già presente nel latino ai tempi dell‘impero e presente poi nell‘alto medioevo, a motivo della colonizzazione bizantina nel sud 64 Latino, grammatica comune d'Europa? Italia e del suo uso come lingua liturgica. Differente è la situazione del francese che nasce dall‘incontro tra la cultura latina e quella delle popolazioni germaniche che invasero l‘antica Gallia nel corso del VII secolo D.C.. Benché queste popolazioni avessero lingue e tradizioni molto diverse da quelle latine, la lingua latina sopravvisse nell‘antico territorio delle Gallie a causa della politica culturale di Carlo Magno e dei re che gli succedettero che reimposero l‘uso del latino come lingua ufficiale del Sacro Romano Impero come segno di continuità con l‘antico Impero Romano. Anche in questo caso, quindi, la nascita del volgare francese avviene nell‘ambito di una ben viva e riconosciuta matrice latina. Le lingue iberiche ebbero uno sviluppo particolare poiché le invasioni barbariche delle popolazioni germaniche in questa regione furono meno massicce. Un chiaro esempio è fornito dall‘invasione della popolazione germanica dei vandali che si disperse completamente tra il sud della Spagna e il nord dell‘Africa, lasciando pochissime tracce del suo passaggio. Per questo le lingue neolatine della penisola iberica rimasero molto vicine alla matrice latina con pochi influssi esterni, almeno fino al VII secolo, epoca dell‘invasione araba del sud della penisola. L‘invasione araba fu massiccia e stanziale, e influenzò sicuramente la cultura e la lingua spagnola, soprattutto nella parte meridionale della penisola. Elementi arabi si fusero con il latino nella creazione delle lingue iberiche. Queste influenze sono maggiormente presenti nel castigliano, rispetto al portoghese e al catalano, parlate in tenitori che non furono mai dominati dagli arabi. Molto diversa e particolare risulta la situazione del rumeno. Questa lingua si sviluppò dal latino in una lontana provincia, posta ai confini dell‘Impero, che si trovò, per motivi storici, ad essere completamente isolata dalle altre nazioni latine. Le vicende delle invasioni barbariche, infatti, isolarono il territorio dell‘attuale Romania in una enclave di popolazioni slave di etnia, lingua e tradizione molto diverse da quelle latine. In questa regione mancò pure il sostegno linguistico della Chiesa di Roma poiché il territorio rumeno apparteneva alla giurisdizione della Chiesa Orientale, di lingua greca. Tutti questi fattori fecero sì che il volgare rumeno si sviluppasse in un modo più autonomo, con una maggiore distanza dalla matrice latina originaria. Per perseguire gli obiettivi del progetto, si è deciso di coordinare le ricerche sui vari lessici emozionali adottando alcuni criteri generali comuni. Innanzitutto si sono predisposti una procedura comune di raccolta dei dati lessicali e un comune metodo di sperimentazione. In secondo luogo, si sono adottate due diverse procedure di scaling multidimensionale (tecnica di analisi dei dati), medesime per tutte le lingue, da mettere a confronto per ottenere una conferma incrociata. Il lavoro è stato condotto in due fasi successive: in una prima fase è stata effettuata la selezione dei termini emozionali, in una seconda fase tali termini sono stati messi a confronto fra loro mediante due diversi esperimenti. Il corpus di termini emozionali da sottoporre ad analisi è stato scelto da tre gruppi di soggetti laureati, di madrelingua italiana, francese, G. F. Gianotti 65 catalana, spagnola e rumena, tutti estranei alle ipotesi della ricerca. A questi soggetti è stato chiesto di selezionare, dai dizionari più aggiornati ed esaustivi delle rispettive lingue, tutti gli aggettivi che a loro parere avessero un significato emozionale. La scelta della forma aggettivale è dovuta al fatto che gli aggettivi sembrano più facilmente associati all‘esperienza emozionale immediata (Plutchik, 1980), diversamente dai sostantivi, che fanno piuttosto riferimento a un bagaglio astratto di rappresentazioni decontestualizzate (Conway e Bekerian, 1987). In questa prima fase di selezione, sono stati accettati i termini sui quali vi era l‘accordo dei tre giudici. Si è così giunti a cinque diversi elenchi, ciascuno con un numero variabile di termini compreso tra 200 e 300. In una seconda fase gli elenchi sono stati sottoposti a collegi di sei giudici con la richiesta di selezionare solo quegli aggettivi che avessero un chiaro e tipico significato emozionale. Sono stati accettati i termini per i quali è stato raggiunto un accordo di almeno quattro giudici su sei. Si sono così ottenuti 84 lemmi per il lessico italiano, 108 per il francese, 86 per lo spagnolo, 112 per il catalano, 93 per il rumeno. Sono stati poi condotti due diversi esperimenti, con due diverse procedure di confronto fra i termini emozionali e due diversi metodi di analisi dei dati. Nel primo esperimento, utilizzando la procedura introdotta da Conte e Plutchik (1981), sono stati scelti dall‘elenco delle parole selezionate tre termini semanticamente privi, per quanto possibile, di relazione reciproca, ai quali i soggetti che hanno partecipato all‘indagine nei vari Paesi hanno successivamente confrontato tutti gli altri. La procedura di raccolta dei dati di questo primo esperimento consisteva nel chiedere a trenta soggetti di madrelingua italiana, francese, catalana, spagnola o rumena di confrontare i termini dei cinque lessici con i tre riferimenti, utilizzando una scala di somiglianza che prevedeva sette alternative, da opposto a identico. I giudizi di somiglianza sono stati trasformati in gradi angolari, e in base a essi i termini sono stati disposti graficamente su di una circonferenza. Nel secondo esperimento, i giudizi di somiglianza sono stati invece formulati su tutte le possibili coppie di termini. Tuttavia, per non richiedere ai nostri giudici un numero eccessivo di confronti, sono stati utilizzati solo 32 termini estratti dai precedenti elenchi. Risultati. I grafici mettono in luce alcuni principi organizzatori fondamentali: 1) II principio di contiguità semantica, ovvero: la vicinanza spaziale tra i termini corrisponde a un‘analoga similarità semantica fra i termini stessi. 2) II principio della polarità semantica: aggettivi con significato opposto risultano in opposizione polare. 3) II principio della dimensionalità semantica, che si riferisce al fatto che la disposizione grafica dei termini permette di individuare una struttura del lessico emozionale che si organizza attorno a dimensioni specifiche di significato. Conclusioni. Dall‘analisi comparata dei risultati sono emerse alcune caratteristiche strutturali dei cinque lessici emozionali neolatini, che sono in parte assimilabili ai risultati ottenuti nella lingua inglese e in parte se ne discostano. Per quanto riguarda le somiglianze, 66 Latino, grammatica comune d'Europa? sono confermate le proprietà della contiguità, della polarità e della dimensionalità. L‘organizzazione di questa struttura dimensionale è spiegata con un buon livello di approssimazione dai tre assi che noi abbiamo etichettato come piacere/dispiacere, coping, attivazione, che corrispondono alle tre dimensioni Valutazione, Potenza, Attività individuate negli studi sul lessico inglese, e ancora prima negli studi sulla struttura di significato dei linguaggi naturali, da Osgood, Suci e Tannenbaum (1957). Un‘altra somiglianza riguarda la possibilità di individuare, all‘interno della struttura dimensionale, un‘organizzazione categoriale più dettagliata legata al formarsi di raggruppamenti di termini con significato analogo e chiaramente distinti. Le differenze riguardano invece la diversa enfasi che assumono gli assi dimensionali e la diversa numerosità dei raggruppamenti di termini individuati nelle cinque lingue neolatine rispetto all‘inglese. Nelle ricerche sull‘inglese, l‘asse dell‘attivazione risulta sempre avere un‘importanza maggiore di quello del coping, mentre non è così per l‘italiano, il francese, lo spagnolo e il catalano, in cui, considerando congiuntamente i dati dei due esperimenti, quest‘ultimo asse assume un‘importanza maggiore del primo. Infatti nel primo esperimento esso risulta essere, per tutte le lingue eccetto che per il rumeno, il secondo organizzatore in grado di spiegare, insieme a quello della valutazione, la struttura delle relazioni fra i termini, con un buon livello di approssimazione alla distribuzione empirica dei dati. Nel secondo esperimento, esso compare ancora come secondo organizzatore nell‘italiano, e come terzo, dopo l‘asse dell‘attivazione, nelle altre tre lingue. I raggruppamenti categoriali sono in tutti i casi meno numerosi rispetto a quanto emerge dalle ricerche sull‘inglese, e hanno una diversa collocazione reciproca. Questi risultati sottolineano l‘utilità di condurre ricerche vaste e approfondite sul lessico delle emozioni, poiché, come nel nostro caso, possono emergere interessanti differenze forse dovute a diversità storiche e culturali che caratterizzano i diversi contesti linguistici. Bisogna però essere cauti e non scambiare peculiarità con reali caratteristiche differenziali, dovute appunto a fattori oggettivi: reali differenze tra il lessico emozionale inglese e quelli di altre lingue potranno emergere solo quando si disporrà di una grande quantità di dati ottenuti con gli stessi metodi di indagine e di analisi. Fino ad allora, la natura di eventuali differenze non potrà essere interpretata con certezza. Riferimenti bibliografici Conte R.H. e Plutchik R., A Circumplex Model for Interpersonal Personality Traits., «Journal of Personality and Social Psychology», 40, 701-711 (1981). 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Molte analisi dell‘evoluzione dei metodi glottodidattici iniziano dall‘approccio grammaticale traduttivo, spesso etichettato come ―tradizionale‖. In realtà Titone (1986) ci ricorda che nell‘antichità gli apprendimenti linguistici erano diretti, ―per immersione‖ – e forse sarebbe più preciso dire ―per sommersione‖ di un territorio da parte degli invasori che hanno vinto la guerra contro la popolazione autoctona; in altri casi vi furono deportazioni in massa. Dalle lotte tra Ittiti e Sumeri alla dominanza prima del greco e poi del latino, fino al diffondersi su scala planetaria delle lingue dei colonizzatori: spagnolo, portoghese, francese e inglese, la storia linguistica del mondo è un susseguirsi di contatti tra i popoli e quindi tra le loro lingue. È comunque vero che solo nel secolo scorso nel mondo occidentale si prende finalmente coscienza dell‘intrinseca differenza tra studiare le lingue classiche e imparare le lingue moderne, in un pianeta che si rimpicciolisce per quanto riguarda i contatti tra i popoli, fino ad arrivare all‘attuale globalizzazione. Da qui nasce la reazione allo studio della grammatica come tale, il superamento della conoscenza a favore delle abilità e competenze: Learn the language, not about the language! A ciò si accompagna il lento (troppo lento!) ma progressivo abbandono degli ―esercizi di traduzione‖ – l‘uso delle virgolette è giustificato dal fatto che non si tratta né di esercizi né di vere traduzioni. Un esempio ―classico‖ e risaputo di frase da tradurre, avulsa dal contesto e ampiamente obsoleta negli anni in cui era ancora usata è Il postiglione del duca è stato colpito dal fulmine – che va assieme alle altrettanto classiche La plume de ma tante e The book is on the table. In questa ottica, la frase I cammelli hanno i calli alle ginocchia da tradurre in francese rappresenta il massimo della perfezione: si richiede l‘applicazione della regola, dell‘eccezione e dell‘eccezione dell‘eccezione. Se esercitarsi significa fissare apprendimenti, qui siamo già nell‘ambito di una verifica o test: si presuppone che le strutture (morfologiche, in questo caso) siano già state interiorizzate, non si sa come, e che l‘allievo sappia utilizzarle correttamente. Sulla distinzione tra vere traduzioni e pseudo-traduzioni scolastiche tornerò in seguito. I limiti della traduzione come test Robert Lado (1964) ha scritto delle osservazioni importanti sui limiti della traduzione scolastica; ritengo che le sue considerazioni meritino ancora attenzione, dopo oltre 40 anni: 1. Gli studenti meglio preparati non traducono mentre usano la lingua straniera. 69 G. F. Gianotti 2. Ci sono vari modi di tradurre e di giudicare una traduzione: dal punto di vista artistico, dell'accuratezza delle informazioni, della correttezza grammaticale, dell'appropriatezza lessicale. Una traduzione può essere valutata da questi (e altri) punti di vista. Se lo studente è costretto a tradurre a scopo di controllo lessicale o grammaticale, può risentirne negativamente la sua capacità di accostarsi alla letteratura. 3. La votazione delle traduzioni tende a non essere affidabile a causa dei vari modi di tradurre e delle varianti possibili, accettate o no da chi valuta. 4. La traduzione è un'abilità speciale, diversa dal capire, parlare, leggere e scrivere. 5. La traduzione è un test lento. A meno che abbia avuto un addestramento speciale, lo studente bravo impiega più tempo a tradurre una lettera che a comporla. Nel tempo occorrente per tradurre un brano può, usando altre tecniche, affrontare una quantità maggiore di materiale. 6. La traduzione è lenta da correggere, perché l'esaminatore deve considerare ogni soluzione per vedere se sia accettabile. 7. L'uso della traduzione nei test incoraggia l'abuso della traduzione in aula. L‘ultimo punto è anche il più significativo sul piano didattico perché sappiamo che gli studenti identificano gli obiettivi con le prove di controllo, perciò il modo in cui si verifica influisce in maniera determinante sul modo in cui si studia. L‘abbandono delle pratiche paratraduttive nella didassi delle lingue è quindi da salutare come un evento positivo. Una lingua non deve essere identificata con la sua grammatica – come vedremo tra poco, il lessico è molto più importante ai fini della comunicazione – e la lingua si chiama lingua perché è primariamente parlata, non scritta: ―vive‖ in bocca, non sulla pagina. Lo scritto è una rappresentazione secondaria e approssimativa dell‘orale. È anche colpa mia? Da qualche tempo torno sulla questione delle verifiche mediante test perché è sempre più diffusa la lamentela ―gli studenti sanno mettere le crocette ma non capiscono quello che fanno‖, ove ―mettere le crocette‖ può essere sostituito da ―riempire i buchi‖, ―abbinare tra due colonne‖, ―riordinare‖, ecc. Il titolo che ho dato al paragrafo si riferisce al fatto che nel 1975 sono stato il primo in Italia a scrivere un volume monografico sul Language Testing, in cui presentavo le tecniche ormai ben note della scelta binaria (vero/falso, giusto/sbagliato, ecc.) o multipla, del completamento nelle diverse varianti, della riformulazione, dell‘―incastro‖, e così via – e quindi potrei essere almeno parzialmente corresponsabile della situazione attuale e delle lamentele di cui sopra. Però in quel libro avevo anche scritto: 70 Latino, grammatica comune d'Europa? «non abbiamo mai affermato che i test debbano soppiantare in toto le prove tradizionali: essi servono invece ad assicurare che tali prove vengano affrontate dagli allievi in condizioni ottimali. Fare eseguire un riassunto o una composizione dopo aver accertato la padronanza delle strutture linguistiche è assai più produttivo che servirsi delle stesse prove anche per verificare tale padronanza.» (Porcelli 1975:124) Una rinnovata attenzione alle prove di controllo e alla loro efficacia è richiesta dalle sempre più pressanti esigenze di un controllo di qualità nel mondo della scuola, che si traducono da un lato nell‘accoglimento del Quadro Comune Europeo di Riferimento all‘interno dei Programmi Ministeriali (comunque ora si voglia chiamarli) e dall‘altro nella rincorsa alle Certificazioni da parte di studenti e famiglie. E in quanto alla traduzione in Glottodidattica: Ma è davvero necessario, ancora oggi, assegnare alla traduzione un ruolo così marginale nei nostri corsi di lingua? Oppure, possiamo ipotizzare un rinnovato impiego della traduzione alla luce dei più recenti stimoli provenienti dai Translation Studies? (Sferrazza 2006:c.d.s) La risposta che viene data nell‘articolo, ben documentata, è favorevole a un oculato impiego della traduzione e dei nuovi strumenti in ambito lessicologico e lessicografico, come i corpora e i programmi che da essi ricavano le concordanze. Verifiche comode e verifiche valide Questo è il titolo che ho dato a una serie di interventi recenti sull‘argomento. È comodo servirsi di test, soprattutto preconfezionati: si prelevano dagli eserciziari, si somministrano e si correggono in poco tempo. Il problema è che possono fornire risultati insignificanti o soggetti ad essere fraintesi. Se a una serie di 20 quesiti a scelta quadrupla uno studente dà 5 risposte esatte, da 1 a 10 quanto valgono? La risposta che mi viene data normalmente quando pongo questa domanda durante incontri di formazione è che ―dipende dalla difficoltà dei quesiti, dal loro contenuto, ecc.‖ La mia risposta è che valgono ZERO: una scimmia addestrata che lavora a caso ha la stessa probabilità di raggiungere quel risultato, e se è fortunata fa anche meglio. La validità in senso tecnico è la capacità di una prova di verificare ciò che intende verificare e nient‘altro. La definizione può sembrare tautologica, ma ci si interroga da tempo, ad esempio, sulla validità dei test ―di intelligenza‖ che in realtà potrebbero essere test ―di lingua‖ anche quando ricorrono a numeri, immagini e altri simboli non verbali. Le verifiche in classe per essere valide ed efficaci spesso devono essere costruite appositamente e per molte di esse la correzione non può essere rapida ed automatica.39 39 Per approfondimenti sulla validità e sui criteri di Pertinenza, Accettabilità, Comparabilità ed Economia (PACE) rinviamo a Po rcelli 1998:51-53. G. F. Gianotti 71 È accaduto in una Scuola Media: alcuni studenti hanno meritato un giudizio nettamente positivo sulla base delle risposte date a un questionario ma hanno rivelato gravi lacune nella comprensione del testo quando è stato chiesto loro, come controllo aggiuntivo non soggetto a voto, di fare la retroversione del brano su cui era basato il questionario. In effetti c‘è poca scelta: se le domande seguono l‘ordine del brano, la sequenza stessa facilita il ritrovamento delle risposte giuste, ―a intuito‖; se invece non si segue l‘ordine del brano, si procede in modo innaturale e si inseriscono difficoltà artificiose – nel gergo dei nostri studenti, siamo bastardi. Un tempo leggevo le ―leggi di Murphy‖ per divertirmi – ora, per informarmi scientificamente; da ciò la mia formulazione della ―legge del non-reciproco‖: Se un test o una prova strutturata palesano errori, ci sono problemi di apprendimento. Se invece non palesano errori, i problemi potrebbero esserci ugualmente. Dobbiamo infatti tenere conto non solo degli errori palesi ma anche di quelli nascosti; ripropongo qui un esempio, fornitomi dalla stessa insegnante di Scuola Media:40 Maurice? Who's Maurice? What does he do? He's a friend of mine. He's a waiter. Due studenti hanno tradotto a friend of mine come: «*un amico di famiglia»; «*un amico dei miei genitori». Che cosa avranno inteso dire coloro che hanno tradotto «un amico dei miei»? Non è dato di saperlo: anche nei controlli che si servono di traduzioni occorrono verifiche incrociate, in mancanza delle quali non è possibile risolvere eventuali incertezze come quella esemplificata, snidare errori nascosti o decidere se una prestazione scorretta derivi da un errore sistematico o da uno sbaglio occasionale.41 In un recente incontro tenuto dalla responsabile di un‘importante certificazione inglese, a proposito di una prova di composizione veniva citata una lettera, composta da una candidata italiana, in cui lei, come esaminatrice, aveva apprezzato particolarmente l‘uso di romance, intendendola come ―storia d‘amore‖; per tutti i presenti di madrelingua italiana l‘ipotesi più verosimile era che si trattasse dell‘uso di un ―falso amico‖ per romanzo – inteso come ―lettera lunga che racconta una vicenda complessa e interessante‖. Qui si innesta un altro discorso: molte parole inglesi della serie bag brag crag drag flag fag gag hag lag nag quag rag sag shag slag snag stag swag tag wag sono facili per i parlanti nativi e difficili per gli italiani; l‘opposto avviene per la serie fractionate fragility fragmentary fragrance fragrant 40 Mi sia consentito ringraziare la prof. Anna Maria Scalise anche per l‘amorevole pazienza con cui da 36 anni segue le attività del marito. 41 Sulle nozioni di errore (riferito alla competence e quindi a conoscenze errate o insufficienti) e di sbaglio (relativo alla performance e quindi a lapsus o disattenzione) rinviamo a Porcelli (1998:67 segg.) 72 Latino, grammatica comune d'Europa? fraternity fratricide fraudulent frequent frequentative friability fricative frigidity frivolity frontispiece fructification frugality frustration.42 Alcune prove ―preconfezionate‖ offrono parametri di giudizio generici che si presuppongono validi per tutti ma non tengono conto del criterio di ―distanza vs. prossimità‖ tra le lingue interessate. Tutto ciò ci porta a prendere atto della complessità del problema delle verifiche; per riprendere un assioma spesso usato da R. Titone, in glottodidattica non possiamo prendere due piccioni con una fava: siamo costretti a usare molte fave per prendere un solo piccione. Inoltre, se si usa una sola delle tante tecniche di controllo e testing si privilegiano gli allievi che si trovano bene con essa e si sfavoriscono indebitamente gli altri: la pluralità delle tecniche di verifica è uno strumento di equità. Sapere che cosa si scrive Uno dei volumetti di strisce di Schultz (1988) parla quasi esclusivamente di scuola e perciò è intitolato… Bleah! Tra le tante vignette che si occupano di controlli e test cito solo quella in cui Piperita Patty dice, in sequenza: «Un tema, sono finita!» «Perché non ci ha dato un compito tipo ‗quale dei tre‘?» «Oppure ‗vero o falso‘?» «Odio quando bisogna sapere cosa si scrive…». Sorvolo sull‘inopportunità di dare prove a sorpresa per sottolineare invece come anche alla coscienza degli allievi sia chiara la differenza tra le prove che si limitano a esigere che si riconosca la risposta esatta e le prove che invece esigono che essa sia prodotta. Se ci limitiamo alle verifiche mediante test potremmo non avere il quadro esatto delle (in)competenze degli studenti: le prove che implicano la redazione di testi richiedono tempi lunghi di esecuzione e di correzione ma sono indispensabili. Vari interventi sulla stampa nazionale, alla radio e TV e in congressi di varia natura – su temi economici, scientifici e sociali – stanno ponendo l‘accento sull‘esigenza di un sistema scolastico efficiente, ossia attento alle esigenze del mondo produttivo e della società nel suo complesso. 43 Per quanto riguarda le lingue, tutto questo implica l‘abbandono di un approccio ―normale‖ a favore di un approccio ―criteriale‖. Per chiarirci con un esempio: oggi chi esce da una terza liceo linguistico col voto 7 in tedesco ha come indicazione che a giudizio dell'insegnante la sua prestazione complessiva è sensibilmente migliore rispetto al livello mediamente raggiunto degli allievi della classe, ma non così elevata da meritare un 8. La ―norma‖ è quindi riferita alla percezione che si ha del grado medio di padronanza della materia in quella classe di quel tipo di scuola – una percezione che può variare ampiamente a seconda dell‘esperienza dell'insegnante, della sua propensione alla severità di giudizio, ecc. Questo approccio non ci dice se chi esce da quella classe col 7 in tedesco possa 42 Entrambe le serie sono state raccolte sulla base di criteri esclusivamente formali, ossia la terminazione –ag e l‘inizio fr-. 43 Alcuni tra i più significativi sono stati ripresi e commentati sulla rivista Scuola e Lingue Moderne. G. F. Gianotti 73 andare tranquillamente a trascorrere le vacanze in territori di lingua tedesca comunicando con facilità per le sue necessità quotidiane, sappia tradurre dal tedesco una lettera d‘affari o capire (ed eventualmente tradurre in italiano) le istruzioni per l‘uso di un elettrodomestico, e così via. Non è normale che qualcuno chieda ―Dieci euro sono sufficienti?‖ senza chiarire per che cosa, ossia senza indicare il criterio di sufficienza. È invece normale, finora, che un genitore chieda a un‘insegnante «Mio figlio è sufficiente?» dando implicitamente per scontato che il criterio di sufficienza sia il livello minimo accettabile per quella materia in quella classe così come esso è stabilito dall‘insegnante stessa.44 Il momento in cui i genitori cominceranno a chiedere «Come se la caverebbe mio figlio andando in giro per l‘Inghilterra in treno e autobus?» vi sarà un salto qualitativo, da una scuola che guarda all‘interno di se stessa a una scuola che si apre al mondo. Con tutti i loro limiti e problemi, i richiami al Quadro Comune Europeo di Riferimento muovono esattamente in questa direzione – purché non siano usati come formule magiche con etichette alfanumeriche (A2, B1…) senza un‘attenzione reale a ciò a cui rinviano. Il richiamo alla ―norma‖ è quindi un raffronto con i livelli medi di profitto riscontrabili in una classe ed è un raffronto possibile, in qualche misura, per lo scolaro stesso che può paragonare le proprie prestazioni con quelle dei suoi compagni di classe. Uno studente che sa di essere ―il primo della classe‖ in spagnolo può non sapere che comunque la sua padronanza della lingua è ben al di sotto del Livello Soglia – anzi, è usuale che non lo sappia a meno che gli vengano forniti dall'insegnante i criteri esterni adeguati. L‘esistenza di una sufficienza ―assoluta‖ o ―criteriale‖ (p. es. con riferimento alle esigenze di un‘azienda) contrapposta a una sufficienza ―relativa‖ o ―normale‖, ossia scolastica, fa sì che in molti moduli di assunzione e formulari vari, alla voce Conoscenza delle lingue straniere le opzioni proposte siano Ottima / Buona / Sufficiente / Scolastica – ove evidentemente ―scolastica‖ è sinonimo di ―insufficiente‖ e al massimo ―preparatoria‖ ossia, letteralmente, preliminare che significa ―prima della soglia‖. Torniamo alla traduzione L‘accenno a norma e criterio45 potrebbe sembrare un ―fuori tema‖ se non fosse che, nella vita quotidiana, quando qualcuno ci presenta un brano scritto in lingua straniera e dice ―Mi leggi questo, per favore? Che cosa dice?‖ non vuole una lettura a voce alta ma una traduzione in italiano: non necessariamente una traduzione per esteso ma spesso una sintesi o parafrasi, comunque nella ―lingua di arrivo‖. In questo senso, in presenza di due o più lingue il tradurre 44 Qui non si intende dire che il livello minimo così stabilito sia arbitrario: normalmente deriva dalle esperienze didattiche p regresse nostre e di chi ci ha preceduto nell'insegnamento di quella lingua in quel tipo di scuola; tali esperienze tro vano spesso una loro cristallizzazione nei materiali didattici (libri di testo e sussidi audiovisivi) che l‘editoria mette a disposizione di chi insegna. 45 Parliamo di ―accenno‖ perché il discorso è molto più complesso (cfr. Porcelli 1998:66-78) 74 Latino, grammatica comune d'Europa? è un ―fatto naturale‖, assai più di qualunque altra forma di fruizione della lingua. E il non saper tradurre viene percepito come l‘equivalente di ―non sapere la lingua straniera‖. Del resto, parlare di ―quinta abilità‖, come la Glottodidattica sta facendo da almeno quarant‘anni, non vuol dire parlare de ―l‘abilità scomparsa‖ né del demonio da esorcizzare. È assurdo – ma è successo in molti casi e sta succedendo sempre più spesso – che uno studente di inglese arrivi in prima superiore senza nemmeno conoscere il verbo translate. Quella che viene respinta è la già ricordata pseudo-traduzione ―didattica‖ di frasi a fini grammaticali – tant‘è che l‘approccio veniva descritto col binomio grammatica-traduzione. Ecco un sequenza tipica in un esercizio tratto da una ―grammatica inglese‖: «23. Hai fatto bollire le uova? 24. Non è conveniente andare a letto tardi. 25. Perché non hai portato l‘altoparlante? Non ci sono abbastanza cuffie per tutti. 26. I bambini giocano a mosca cieca e si divertono assai. 27. Non ho mai cavalcato un cavallo così vivace.» (Hazon 1933 – 1953) Si giustifica ampiamente la critica secondo cui Most examples in textbooks and grammar books are randomly lexicalised46. In realtà la critica deve essere portata a un livello ancor più radicale: chi viaggia all‘estero si porta una grammatica o un dizionario? E allora, perché tendiamo a ragionare come se imparare una lingua fosse impararne la grammatica?47 La pseudo-traduzione didattica si caratterizza per essere una traduzione di ―frasi‖, non di testi48, attenta alla forma, non al significato e con lessico scelto casualmente oppure su base morfologica. Tra le prime parole inglesi che mi vennero insegnate c‘è lice; forse ho frequentato le persone sbagliate, ma sono sicuro di non aver mai avuto occasione di parlare di pidocchi in inglese – probabilmente nemmeno di buoi e di oche, ma non ne sono altrettanto certo, e comunque ho trovato oxen e geese nei testi (letterari e non) che ho letto. La scelta sbagliata delle priorità è una delle cose che succedono quando un corso di lingua diventa un corso di grammatica e tra le prime forme da imparare c‘è l‘elenco completo dei plurali irregolari. Con il vero tradurre, in ogni caso, non c‘è nulla in comune: tra l‘altro, perché si possa parlare di traduzione vera e propria, ossia di mediazione linguistica (orale o scritta), occorre avere individuato il destinatario del testo tradotto e lo scopo – da ciò dipenderanno il canale (orale o scritto), il registro più o meno formale, e la qualità stessa del testo tradotto, da 46 È uno dei punti fondamentali nell‘ambito del Lexical Approach (Lewis 1993). 47 Tralasciamo il discorso sulle grammatiche, al plurale, anche se nell‘ambito delle verifiche ha un grande rilievo la ―grammati ca dell‘aspettativa‖ nel quadro del testing pragmatico. Le prove pragmatiche mettono in gioco le competenze testuali e in particolare la capacità di capire un testo facendo anticipazioni corrette. Oller (1979) cita anzitutto il dettato per l‘orale e il cloze test per lo scritto, ma anche la traduzione e altre forme di parafrasi sono incluse tra le prove pragmatiche. 48 Ricordiamo che in linguistica testo è qualunque passo, orale o scritto, lungo o brevissimo, che realizzi compiutamente un‘intenzione comunicativa – da un Ciao! detto ―al volo‖ a un amico di passaggio, sino a un romanzo di molte centinaia di pagine. G. F. Gianotti 75 semplice parafrasi in tono discorsivo a testo scritto completo e accurato. Non possiamo però giungere all‘estremo opposto: una traduzione rispettosa di tutti i canoni non possiamo esigerla negli ultimi anni delle superiori e a volte nemmeno nei corsi universitari di Lingue (con l‘ovvia eccezione di Mediazione Linguistica, ove peraltro si presenta come meta ultima e difficile). Inoltre i soliti dialoghi sul fine settimana della famiglia Dupont o i normali brani sulla civiltà straniera non meritano tale sforzo e soprattutto non giustificano il dispendio di tempo. Che cosa si propone allora quando si suggerisce di far tradurre per controllare? Semplicemente una parafrasi che garantisca che il senso è stato capito e condotta in un modo plausibilmente verosimile: «spiega a X che non sa il francese / l‘inglese / il tedesco etc. che cosa dice quell‘avviso (o dialogo, o articolo, o volantino)». Lo studente scopre subito che per capire un testo la grammatica (qualsiasi grammatica) serve a poco, il lessico molto di più! Aspetti affettivi Si sa che il momento delle verifiche è tendenzialmente conflittuale: l'insegnante facilitatore diventa giudice e controllore. Anche da questo nasce l‘esigenza di non ambire a livelli qualitativi nel tradurre tali da scoraggiare lo studente. Il prerequisito principale è che si lavori su testi significativi: non nel senso ovvio e banale di sensati e referenziali – ossia che non parlino del postiglione del Duca – ma in quello più complesso di incisivi, tali cioè da essere accolti dagli studenti come vicini ai loro interessi e ai loro orizzonti di vita. Solo così lo sforzo di capirli esattamente merita di essere compiuto, assieme allo sforzo di mostrare che tale comprensione è reale e puntuale, qualunque sia la tecnica di controllo adottata dall'insegnante. Se la verifica può essere condotta senza ricorrere alla parafrasi in lingua materna, tanto meglio: la sola condizione è che si possa essere sicuri dei risultati rilevati e della loro validità; abbiamo visto che purtroppo molte ―verifiche comode‖ tale garanzia non la danno e troppi errori nascosti rischiano di rimanere tali. Ma l‘obiettivo primario deve essere quello di non illuderci di aver conseguito dei risultati che non ci sono, e soprattutto non illudere chi sta apprendendo. Alcuni studenti potranno scoraggiarsi nel momento in cui devono constatare che non hanno capito o hanno frainteso: l'insegnante fornirà tutto il supporto e l‘incoraggiamento possibile ma senza deflettere dai propri obiettivi. Non c‘è nulla di più diseducativo del ―far finta di niente‖ per amore del quieto vivere. I test li abbiamo e continueremo a usarli nel modo più efficiente consentito dalla loro natura di prove strutturate; ma se abbiamo dubbi su ciò che gli studenti realmente comprendono, il ricorso al ―dillo in italiano‖ può essere un modo di verificare rapido, efficace e, come abbiamo visto, ―naturale‖. 76 Latino, grammatica comune d'Europa? Riferimenti bibliografici Hazon M., Corso di lingua inglese moderna, Milano, Garzanti, 195322 (1ª ed. 1933). Lado R., Language Teaching: A Scientific Approach, New York, McGraw-Hill, 1964 (trad. it. Per una didattica scientifica delle lingue, Bergamo, Minerva Italica, 1974). Lewis M., 1993, The Lexical Approach. The State of ELT and a Way Forward, Hove, LTP. Oller J.W. Jr., 1979, Language Tests at School, London, Longman. Porcelli G., 1975, Il Language testing: problemi e tecniche, Bergamo, Minerva Italica. Porcelli G., 1998, Educazione linguistica e valutazione, Torino, UTET-Libreria. Schulz Ch. M., 1988, Bleah, traduzione di Franco Cavallone, Milano, Rizzoli. Sferrazza L., 2006, Traduzione, corpora ed apprendimento linguistico: vantaggi ed applicazioni nella didattica della lingua inglese, in «Scuola e Lingue Moderne», a. XLIV n. 4-5, c.d.s Titone R., 1986, Cinque millenni di insegnamento delle lingue, Brescia, La Scuola G. Porcelli G. F. Gianotti 77 Il laboratorio della traduzione: un progetto Preferirei parlare non tanto di "progetto" quanto di "proposta", da sottoporre all'attenzione e alla verifica dei partecipanti al Convegno e di quanti, in seguito, ne verranno a conoscenza. E muoverò da alcuni interrogativi — che giustificano la proposta — e dai tentativi di darne una risposta, naturalmente provvisoria. 1) A quale traduzione vogliamo riferirci nell'ipotesi di un istituendo laboratorio. Non alla traduzione di carattere scientifìco-divulgativo o commerciale e neppure alla traduzione letteraria. Praticata quest'ultima fin dall'antichità (Svetonio, appellandosi a Cornelio Nipote, definiva i maestri, detti allora grammatici o letterati, poetarum interpretes) è stata anche oggetto di riflessioni teoriche da parte di celebri trattatisti, quali Cicerone, Grazio, Gerolamo. Oggi sono gli stessi grandi traduttori (U. Albini, G. Bemporad, E. Bono, L. Canali, C. Carena), che si son fatti anche teorici della traduzione letteraria (cfr. «Resine», XXVII, 105, 11-25). Ad essi appartiene anche U. Eco, di cui Dire quasi la stessa cosa (Milano, 2003). Gli intenti prevalentemente commerciali della traduzione scientifico-divulgativa e i precedenti illustri che fanno della traduzione letteraria una vera arte, costituiscono una prima ragione per indurre noi, attenti ai problemi della scuola, a considerare la traduzione intesa come esercizio scolastico. 2) Quali altre ragioni esistono per la scelta della traduzione praticata nella scuola. Non è un mistero, per quanti operano nell'insegnamento, che l'esercizio della traduzione da testi in lingua (classica o moderna) costituisca, per lo più, una prova non produttiva per gli studenti, se è vero, come mi è capitato di verificare personalmente, il caso dello studente che, invitato a sintetizzare con sue parole quanto aveva appena tradotto, risponde "quando traduco non capisco". Ma la traduzione scolastica costituisce anche una prova di resa assai modesta in occasione di esami, di concorsi, di certamina ... Limitatamente al latino, la partecipazione in questi anni a commissioni per certamina, che raccolgono naturalmente i migliori studenti dei licei, ci ha dato la misura della loro scarsa capacità di traduzione: è capitato infatti, in più di un caso, che, per riuscire a fissare una terna di vincitori tra i concorrenti, si è dovuto attenersi al criterio di scegliere le traduzioni con meno errori o con errori meno gravi. La traduzione a scuola costituisce inoltre un problema anche per gli insegnanti. Rifacendomi alla mia lontana esperienza di insegnamento nel ginnasio e nel liceo, ricordo le frequenti difficoltà 78 Latino, grammatica comune d'Europa? nel!'intervenire sugli elaborati dei miei studenti e soprattutto nel proporre loro una traduzione-tipo. È il caso, quest'ultimo, che mi pare si verifichi abitualmente in occasione degli esami di maturità: le traduzioni proposte dai vari quotidiani differiscono non solo per comprensibili libertà stilistiche e formali, ma anche per "varianti" discutibili, dovute a vistose "improprietà" nella resa in italiano dei testi originali. 3) Che cosa si vorrebbe ottenere con la traduzione a scuola. Le risposte a questo interrogativo potrebbero forse alleviare le difficoltà in cui si dibattono gli studenti dinanzi agli esercizi di traduzione. 3.1) Innanzitutto, ciò che non ci si può aspettare dalla traduzione scolastica. Proponendo infatti come esercizi di traduzione brani di più disparati autori, fuori da un loro contesto, non è pensabile che gli studenti possano trarre vantaggio per un approfondimento della conoscenza degli autori e delle opere a cui i testi appartengono. A tale scopo dovrebbero essere destinate piuttosto le letture in originale che i programmi dei diversi ambiti linguistici fissano per i singoli autori. 3.2) E qui si pone però un interrogativo: queste letture sono da proporre agli studenti come esercizi di traduzione? O, trattandosi di opere integrali di valore letterario, non è piuttosto il caso di ricorrere ad autorevoli edizioni con testo in lingua e traduzione a fronte? Ciò consentirebbe di favorire riflessioni sui testi allo scopo di coglierne gli aspetti formali che ne esaltano gli aspetti contenutistici o di procedere altresì, dinanzi a testi di particolare intereresse, ad un confronto fra più traduzioni, secondo le tecniche della traduzione contrastiva. 3.3) Se non possiamo chiedere agli esercizi di traduzione quanto non è dato loro di assicurare (un approfondimento delle opere da cui sono tratti i brani proposti come esercizi di traduzione), né possiamo fare della traduzione un impiego "pleonastico" là dove delle opere indicate per la lettura esistono più che accreditate traduzioni, è ancor più scorretto fare della traduzione un uso che ne provochi, negli studenti, solo una percezione negativa. Nella pratica scolastica, infatti, gli esercizi di traduzione costituiscono per lo più un'occasione di verifica, periodica o terminale, di acquisite competenze linguistico-grammaticali. Così la traduzione, oltre ad essere un momento di disagio per le difficoltà ad essa intrinseche, lo è maggiormente per gli scopi "fiscali" cui finisce per essere destinata. 3.4) Ma tentiamo ora una risposta in positivo al problema riguardante ciò su cui dovremmo puntare con l'impiego degli esercizi di traduzione. Diciamo che essi dovrebbero mirare, nel processo di crescita dello studente, alla acquisizione e/o al perfezionamento di una duplice competenza: ricettiva, per la lingua di partenza, e produttiva, per la lingua di arrivo, entrambe previste per chiunque voglia cimentarsi con la pratica della traduzione. Scrive L. Canali:«Chi non conosce bene la lingua dalla quale G. F. Gianotti 79 traduce, chi non ama il testo che traduce...non può trasformarsi in buon traduttore» (cit. 21). E G. Bemporad: «II vero problema è quello della lingua in cui si traduce...» (cit. 14). Dunque, conoscere ed amare la lingua e il testo di uscita, e possedere la lingua di entrata. Ma il possesso, sia pur perfettibile, della competenza che è proprio dei professionisti della traduzione, per gli studenti rimane un'abilità da acquisire attraverso l'esercizio. 3.5) V‘è un altro aspetto formativo, infine, che la traduzione può promuovere. Il confronto infatti con i testi in lingua educa lo studente alla formulazione di un succedersi di ipotesi interpretative provvisorie prima di pervenire ad una soluzione finale, che lo studente dovrà abituarsi a considerare anch'essa provvisoria e "falsificabile", secondo i principi della ricerca scientifica. E ancora, l'attenzione dovuta alla parola, che nei testi in lingua è più che mai "parola altrui", impone allo studente l'assunzione di un atteggiamento di "ascolto"e di assoluto rispetto, destinato a tradursi in un comportamento altrettanto rispettoso nei rapporti personali e sociali, in nome di un umanesimo non più, o non solo,"delle lettere", ma di un umanesimo "reale". 4) Che cosa si richiede perché gli obiettivi ora indicati si possano raggiungere. Ora è il momento propositivo, al quale è legata l'idea del laboratorio della traduzione. Si vorrebbe, in concreto, insegnare a tradurre. Ma non possiamo non tener conto delle voci dissuasive, peraltro autorevoli: come di chi dice che «il vero modo di tradurre non si insegna», perché il testo in lingua si può raggiungere solo «per via d'amore» (Bemporad, cit. 14) o di chi dice che «per tradurre occorre soprattutto "buon senso tratto dal grembo materno"» (Hausman citato da Steiner, in Carena, cit. 24)). O, più pragmaticamente, ci siamo abituati a sentirci ripetere che «a tradurre si impara traducendo». Ma la dissuasione non ci impedisce di chiederci: che cosa si possa fare perché «il tradurre insegni a tradurre». Per rispondere anticipo solo qualche aspetto di quanto potremo proporci con il futuro progetto di laboratorio. Per attenerci alla teoria della comunicazione (cfr. E. A. Nida - Ch. R. Taber, The Theory and Practice of Translation, Leiden, E. J. Brill, 1969, 22), diciamo che lo studente-traduttore, destinatario del messaggio trasmesso dal testo in lingua, nell'atto di tradurre deve trasformarsi in emittente di un nuovo messaggio, reso nella lingua dello studente-emittente. Vero è che, a differenza dei tipi di traduzione scientifico-divulgativa o letteraria, in cui il traduttore-emittente sa di avere un suo pubblico, quale destinatario-ricevente, la traduzione scolastica costituisce invece un atto comunicativo "fìttizio", con un traduttore-emittente che non ha un suo preciso destinatario. Il problema che si pone non è di poco conto: si tratta infatti di "creare" destinatari "veri", cui lo studente sa di far pervenire il suo messaggio. Se per la traduzione si assegnano, per esempio, due testi diversi a ciascuna metà di una classe, ciascuno dei due gruppi così costituiti può diventare il destinatario del testo tradotto dall'altro gruppo. O, in presenza di classi parallele, lo scambio tra l'una e l'altra classe di differenti testi tradotti, potrebbe in 80 Latino, grammatica comune d'Europa? qualche modo "simulare" la creazione di rispettivi destinatari. Sono solo naturalmente delle ipotesi nella prospettiva di una soluzione aperta, che ci richiederà una adeguata riflessione. In ogni caso, il problema più importante da affrontare riguarda il passaggio cui è sottoposto lo studente, che da "ricevente" di un messaggio deve assumere il ruolo di "emittente" nell'atto della traduzione. Ciò comporta, come momento assolutamente preliminare, che lo studente recepisca il "contenuto" del messaggio in lingua o, detto altrimenti, che egli "capisca" il testo che si accinge a tradurre. U. Eco ricorre ad un termine più ampio, quando parla di "interpretazione" o di «analisi testuale che dir si voglia» (cit. 247). L'identificazione di U. Eco di "interpretazione" e di "analisi testuale", ci consente di formulare il principio che capire, o interpretare, un testo - che è condizione necessaria per passare alla traduzione - consista concretamente nel mettere in atto la tecnica dell'analisi testuale. E poiché un testo è tale solo se si presenta "coeso", l'analisi si propone sostanzialmente di prendere atto della presenza degli elementi che concorrono alla sua coesione. Ciò è tanto più importante quando si ha di fronte un testo in lingua, se si vuole che il testo di arrivo, o tradotto, riproduca nella sua struttura gli stessi elementi di coesione semantica e sintattica. Il che è possibile trattandosi, nella traduzione scolastica, di un rapporto fra lingue, di partenza e di arrivo, che posseggono gli stessi espedienti destinati ad assicurare la coesione testuale. Vediamoli brevemente: a livello semantico: la ripetizione di termini o il ricorso a sinonimi, o iponimi e iperonimi a livello formale: l'impiego di connettivi testuali di tipo additivo: e, inoltre... di tipo avversativo: ma, invece... di tipo dichiarativo: infatti... di tipo conclusivo: pertanto, quindi... a livello grammaticale-sintattico: la struttura di frase, o universale sintattico, SVO con propri quadri predicativi o schemi verbali A svolgimento compiuto dell'analisi testuale, si dovrebbe riuscire a cogliere il senso d'insieme del testo (argomento o tema, progressione tematica, conclusioni ...), il momento successivo della traduzione ne consentirà l'approfondimento e la possibilità di coglierne aspetti particolari. In tal senso il "capire per tradurre" si rovescia nel "tradurre per capire"; o, come ricorda Eco citando Humboldt, «le traduzioni possono arricchire il linguaggio di arrivo in termini di senso ed espressività» (cit. 162). Un problema particolare, nell'atto della traduzione, si pone sul piano del lessico, non esistendo un universale semantico-lessicale. A questo si riferisce la formula usata da Eco "dire quasi la stessa cosa", con cui ha titolato il suo volume, e che da ragione del fatto che il traduttore non può contare su una assoluta corrispondenza sinonimica fra i termini di lingue diverse, tanto da dovere contrarre con il testo di partenza, sempre secondo Eco, una sorta di "negoziazione", in cui, dovendo ammettere che qualcosa si perda traducendo, si "patteggiano" possibili compensazioni. Sull'argomento del lessico penso G. F. Gianotti 81 che il compito che sarà affidato al pensato laboratorio sia estremamente importante e da studiare in modo accurato. Per finire, un veloce accenno agli aspetti concreti relativi alla proposta del laboratorio di traduzione, distinguendo una prospettiva a pieno regime da una prospettiva a regime di avvio. A pieno regime, si può prevedere un'articolazione del laboratorio sia in dimensione verticale sia in dimensione orizzontale. In verticale, si potrebbe pensare ad un livello per studenti e ad un livello per laureati e giovani insegnanti. In orizzontale, potremmo ipotizzare un livello propedeutico, in cui si affronti una revisione comparata delle strutture sintattiche dei vari sistemi linguistici nonché il richiamo ad alcuni principi sull'arte del tradurre; e, ad un livello successivo, corsi distinti destinati alla traduzione dalle diverse lingue, classiche e moderne. Ulteriori articolazioni potrebbero riguardare le varietà, diacroniche e sincroniche, proprie di ogni sistema linguistico, ed anche le lingue particolari di singoli autori. A regime iniziale, le scelte saranno necessariamente subordinate alle adesioni dei partecipanti e alle risorse disponibili. Per esempio, si potrebbe optare per una lingua classica (il latino) e per una lingua moderna. In alternativa, oppure in simultanea con la scelta delle lingue, ci si potrebbe rivolgere ad insegnanti o a studenti... Insomma, è tutto da pensare e da inventare. G. Proverbio Chasing Catullus La letteratura di lingua inglese è meravigliosa e sterminata, tuttavia ho sempre rimpianto di non poter insegnare Dante, Leopardi, Catullo....Da quando l‘apprendimento linguistico integrato (CLIL - Content and Language Integrated Learning) è entrato nella pratica scolastica del liceo in cui insegno, anche i tesori di altre letterature sono diventati parte del mio piano di lavoro. La soddisfazione professionale, e una maggiore motivazione personale nello 82 svolgimento delle lezioni, non sono certamente le uniche ragioni che mi hanno spinto a introdurre i classici latini nel programma. Dagli studi europei sull‘apprendimento linguistico integrato nella fascia di età tra i 14 e i 20 anni, emergono molti aspetti positivi 49, tra cui: - un aumento della competenza linguistica globale in L2; - una maggiore consapevolezza nell‘uso della lingua madre e L2 e L3 (nel caso di progetti che coinvolgano una terza lingua moderna o antica); - un ampliamento degli interessi e atteggiamenti plurilingui; - maggiori opportunità di studiare i contenuti attraverso prospettive differenti; - maggiore integrazione delle strategie di apprendimento individuali; - diversificazione di metodi e pratiche didattiche; - maggiore motivazione nell‘apprendimento. Così, ho deciso di avventurarmi nelle stanze della letteratura latina cominciando dal Carme 50 di Catullo, che meglio esemplifica, per me, il piacere della poesia come pratica condivisa. Il primo passo del modulo didattico consiste in un‘analisi di alcune traduzioni italiane del carme. La soluzione che si è dimostrata più efficace è la suddivisione della classe in sei gruppi: ad ogni gruppo viene proposta una coppia di traduzioni (Ramous/Chiarini, Chiarini/Mandruzzato, Mandruzzato/Paduano, Paduano/Mazza, Mazza/Guarracino e Guarracino/Ramous), affinché la stessa versione venga analizzata da due gruppi, e ogni gruppo lavori su una coppia diversa. Dopo il primo momento in cui le due versioni sono così analizzate e comparate all‘originale latino, la discussione viene aperta alla classe intera. Quando l‘argomento è stato dibattuto a sufficienza, con l‘ausilio dell‘insegnante (di latino, nel caso siano possibili ore di compresenza, altrimenti di lingua straniera) che contestualizza storicamente e culturalmente le diverse traduzioni, agli studenti vengono sottoposte tre versioni inglesi del testo: la traduzione di servizio di Yi Shi50, quella della classicista inglese Josephine Balmer51 e infine quella della poetessa e accademica canadese Anne Carson52. Carme 50 Hesterno, Licini, die otiosi multum lusimus in meis tabellis, ut convenerat esse delicatos: scribens versiculos uterque nostrum ludebat numero modo hoc modo illoc, reddens mutua per iocum atque vinum. Atque illinc abii tuo lepore incensus, Licini, facetiisque, 49 http://www.clilcompendium.com/clilcompendium.htm. 50 http://rudy.negenborn.net/catullus/text2/e50.htm. 51 Gaius Valerius Catullus, Poems of Love and Hate, Bloodaxe Books, 2004. 52 Anne Carson, Men in the Off Hours, Knopf, 2001. 82 ROSSELLA BERNASCONE Chasing Catullus ut nec me miserum cibus iuvaret nec somnus tegeret quiete ocellos, sed toto indomitus furore lecto versarer, cupiens videre lucem, ut tecum loquerer simulque ut essem. At defessa labore membra postquam semimortua lectulo iacebant, hoc, iucunde, tibi poema feci, ex quo perspiceres meum dolorem. Nunc audax cave sis, precesque nostras, oramus, cave despuas, ocelle, ne poenas Nemesis reposcat a te. Est vemens dea: laedere hanc caveto. Ieri, Licinio, per passare il tempo ci siamo divertiti a improvvisare sui miei quaderni in delizioso accordo. Scrivendo versi abbiamo perso l'anima a misurarci su questo o quel metro, uno dopo l'altro, nell'allegria del vino. E me ne sono andato di là incantato, Licinio, dalla grazia del tuo spirito, cos‘ stranito da scordarmi di cenare, da non riuscire nemmeno a chiudere occhio: vinto dall'emozione mi son rivoltato dentro il letto smaniando che facesse giorno per poterti parlare, per stare con te. Ma ora che, morto di stanchezza, il mio corpo senza più forze sul letto ha trovato pace, ho scritto per te, amico mio, questi versi, perché tu potessi capire la mia pena. Non essere sprezzante, non respingere di grazia, occhi miei, le mie preghiere: provocheresti il castigo di Nemesi. è una dea terribile, non offenderla. (Mario Ramous) Gara poetica Ieri, Licinio, per passare il tempo ci siamo messi a improvvisare sulle mie tavolette: s‘era deciso di fare i raffinati. Componendo versi leggeri, ciascuno Improvvisava ora in un metro ora in un altro, a botta e risposta nell‘allegria del vino. Me ne venni via incantato dalla grazia del tuo spirito, Licinio, e della tua allegria, al punto che né il cibo giovava alla mia agitazione né il sonno copriva gli occhi di quiete, ma, in preda a fremito incontrollato, mi rigiravo nel letto, smaniando che facesse giorno, per poterti parlare e riessere con te. Ma alla fine, quando le membra spossate dall‘affanno Giacquero semimorte nel letto, questa poesia, mio bel spiritoso, ti ho scritto perché tu sapessi il mio struggimento. Ora guardati bene, te ne prego, pupilla mia, guardati dal disprezzare le mie preghiere, Nemesi potrebbe farti pagare il fio. 83 84 È una dea tremenda: non provocarla. (Gioachino Chiarini) Ieri, Licinio, che improvvisazioni, sulle mie tavolette, in libertà. Si era decisa una giornata chic. Versi brevi, tu e io, in ogni metro, botta e risposta, allegria e vino. Ma me ne sono andato così acceso Dal tuo spirito e dal tuo buonumore Che neanche il cibo mi faceva bene E neanche il sonno mi chiudeva gli occhi: in letto mi giravo senza pace con una voglia matta della luce, per parlare con te e star con te, finché piombai esausto addormentato sopra il divano pressappoco morto. Ma ora ti scrivo una poesia mio caro Perché tu sappia quello che ho patito. Ma non esagerare. È una supplica; ti prego, amico caro, non sdegnarla, che Nèmesi non chieda la vendetta. È Dea cattiva, e bada a non offenderla. (Enzo Mandruzzato) Ieri abbiamo molto giocato, oziando, Licinio, coi miei quaderni. L‘accordo era di avere buon gusto: ognuno di noi due scriveva versi in questo o quell‘altro metro, a turno, tra vino e scherzi. Poi me ne sono andato acceso, Licinio Dal tuo fascino e dal tuo spirito, tanto che il cibo non mi ha dato giovamento, povero me, e il sonno non ha chiuso in pace i miei occhi, ma mi sono rigirato sul letto in preda a una follia ribelle, aspettando l‘alba, per parlare, per stare assieme a te. Ora che, sfinito dalla fatica, e mezzo morto giaccio sul letto, per te ho scritto, amico mio, questi versi, che ti facessero intendere il mio dolore. Non essere troppo arrogante, ti prego, non disprezzare, dolcezza, la mia preghiera, che Nemesi non debba fartela pagare: è una dea violenta: attento ad offenderla! (Guido Paduano) Ieri, Licinio, per non saper che fare, ce la spassammo sulle mie tavolette con il debito garbo, l‘uno e l‘altro scrivendo i soliti versi leggeri a gara da questo a quel metro saltando, botta e risposta, bevendo in allegria. Me n‘andai acceso dalla tua arguta grazia, né, così inquieto, toccai cibo, né gli occhi riuscii a chiudere, ma per tutto il letto mi rivoltai agitato dalla smania che si facesse giorno per tornare 84 ROSSELLA BERNASCONE Chasing Catullus da te e parlarti. Adesso, tramortito, con le membra spossate dalla veglia, giaccio qui sul lettuccio e questi versi, dolcissimo, ti scrivo: così saprai come mi sono arrovellato. Lascia dunque ogni superbia e accogli senza sdegno, luce dei miei occhi, le mie preghiere perché Nemesi poi non ti punisca. È terribile dea: non devi offenderla. (Enzo Mazza) Ieri, Licinio, si è deciso insieme di abbandonarci per diletto a un passatempo spiritoso, a una gare di versi, improvvisando. Dando fondo alle risorse, ognuno componeva in vario metro botta e risposta, in un gioco reso sapido dal vino. Poi, una volta lasciatoti, Licinio, ancora acceso dalle grazie del tuo estro, altro cibo non fui buono di gustare e neppure di concedermi al riposo addormentandomi: in preda a una strana eccitazione, mi giravo, in attesa dell‘alba, per il letto, ansioso di parlarti, finalmente di vederti. Infine, quando, morto di stanchezza, giacqui esausto sul mio letto, ti composi, a te votati, dolce amico, questi versi, a farti intendere i miei spasimi con chiarezza. Perciò, non essere sprezzante, non respingere, ti prego, occhi miei, la mia richiesta, perché Nemesi, terribile com‘è non ti castighi: perciò bada, ti avverto!, a non offenderla. (Vincenzo Guarracino) O Licinius, we at leisure have played many things on my boards, as we agreed to be racy: and both of us writing small verses were playing with a meter just here just there, giving back mutual words through joke and wine. And from there inflamed I have gone away from your pleasantness, Licinius, and clever talks, and as a result neither food helps my misery nor sleep quietly covers my eyes, but untamed I as a result might turn with total fury, desiring to see the light, so that I might speak with you at the same time I might be with you. But afterwards the half-dead limbs tired by labor were lying on a small couch, delightful jewel, I make this poem for you, from which you clearly see my grief. We beg, now beware of being bold and beware of showing contempt for our prayers, lest Nemesis demands punishments from you. She is a violent goddess: You will beware of offending her. (Yi Shy) Yesterday, Licinius, with time, we fooled around in my back pages 85 86 (for we’d agree to be salacious): scribbling down verses both yours and mine, playing with rhythm, inflection, stress, swapping rolls over laughter and wine. I went home inflamed, Licinius, by your charm and wit, and so wretched that close my eyes in a second’s sleep, but tossed on my bed in frenzy’s hold, longing for the dawn, for night to end, to speak to you, be with you again. Afterwards, worn out with toil, half dead on my confining bed, I composed this poem for you, my teasing friend, so you, too, could see and feel my pain. But take care, dear one, don’t be too hard, don’t spit them back, these imprecations; for Nemesis will rewrite my wrongs, most severe of gods: beware her barb! (Josephine Balmer) I guess around sunset we started to drink And lay on the floor writing lines For songs that cold Night smell coming in I left about four went Home. Opened the fridge. Closed it lay down got up. Lay down Lay. Turned. Not morning yet. I just want to talk to you. Why does love happen? So then I grew old and died and wrote this. Be careful it’s worldsharp. (Anne Carson) Il primo verso su cui ci soffermiamo è il multum lusimus in meis tabellis, variamente reso anche nelle traduzioni italiane: - ci siamo divertiti a improvvisare / sui miei quaderni […] (Ramous); - ci siamo messi a improvvisare sulle mie tavolette (Chiarini); - […] che improvvisazioni, / sulle mie tavolette, in libertà (Mandruzzato); - […] abbiamo molto giocato, / oziando, Licinio, coi miei quaderni (Paduano); - ce la spassammo sulle mie tavolette (Mazza); - […] si è deciso insieme / di abbandonarci per diletto a un passatempo / spiritoso […] (Guarracino). L‘inglese riporta: 86 ROSSELLA BERNASCONE Chasing Catullus - […] we at leisure have played / many things on my boards (Shy), «con agio (o con comodo) abbiamo giocato a tante cose sulle mie tavolette»; - we fooled around in my back pages (Balmer), «abbiamo oziato (o perso tempo, ma anche colloquialmente ci siamo comportati con leggerezza, da sciocchi) sulle mie paginette» (ma Back Pages è anche il titolo di un successo di Bob Dylan del 1964); - And lay on the floor writing lines / For songs […] (Carson), «ci siamo sdraiati a terra a scrivere versi / per canzoni». Le versioni inglesi, soprattutto Balmer e Carson, sono molto più colloquiali delle traduzioni italiane, e potrebbero facilmente essere parte di un discorso orale, il racconto che uno studente fa di un pomeriggio passato con un amico. Ma il Catullo di Balmer non è certo un qualsiasi ventenne, poiché ―gioca con il ritmo, l‘inflessione (o la flessione, la desinenza), l‘accento‖, scambiando con l‘amico rolls, i rotoli di pergamena, ma anche i panini, ―con il vino e le risate‖. Balmer è una classicista e ben conosce l‘uso delle tavolette per scritti impermanenti, se sceglie infatti un‘allusione alla pergamena è proprio per l‘omografia e omofonia che richiama l‘immagine di una pasto condiviso. Anche in Carson l‘accenno al vino viene ampliato a includere il cibo, ma qui il momento è successivo all‘incontro e la pratica non è condivisa, bensì solitaria. Traduco letteralmente: Doveva essere il tramonto quando abbiamo cominciato a bere E ci siamo sdraiati a terra a scrivere versi Per canzoni il profumo Freddo della notte che saliva Sono andato via verso le quattro A casa. Ho aperto il frigo. L‘ho chiuso mi sono coricato mi sono alzato Coricato A letto (lay, come aggettivo significa «laico e profano»; come verbo ha l‘accezione volgare di «scopare, fottere»; colloquialmente, come sostantivo, «una scopata») Mi sono girato. Non ancora mattina. Voglio solo parlarti. Perché capita l‘amore? Così sono invecchiato e sono morto e ho scritto questo. «Sta attento» è worldsharp (worldsharp è un neologismo di Carson coniato su termini quali worldwise, worldwide. Unisce il concetto di «mondo», a quello di sharp, «acuminato, aguzzo, severo», ma anche «acuto di ingegno, vigile», e «scaltro, privo di scrupoli», infatti come sostantivo indica un «truffatore»). 87 88 Il Catullo (la Carson?) insonne compie quel gesto così familiare e nevrotico dell‘aprire il frigo, scrutarne il contenuto, richiuderlo, forse cercando conforto nel cibo, forse non trovando nulla che appaghi un appetito che nel testo della poetessa canadese è più esplicitamente erotico. I versi At deflessa labore membra postquam / semimorta lectulo iacebant si prestano a una discussione su quanta libertà possa essere accordata al traduttore. Degli italiani solo Ramous («il mio corpo / senza più forze sul letto ha trovato pace») e soprattutto Mandruzzato, che produce quasi un calco dall‘inglese falling asleep, («finché piombai esausto addormentato / sopra il divano pressappoco morto») si distaccano da una traduzione letterale, ma Anne Carson si allontana dalla lettura, se si vuole banale, del corpo semimorto dalla stanchezza e fa invecchiare e morire l‘io lirico nell‘arco di una notte, per poi risorgere con un componimento che possiede le caratteristiche della dea Nemesi, taciuta in questa versione. Possiamo definire quella di Carson una traduzione del Carme 50? Vogliamo distinguere fra traduzione e versione a seconda del grado di letteralità della resa? Oppure ci troviamo in presenza di una poesia ispirata al carme di Catullo? Josephine Balmer si affida a rime e assonanze per ricreare il ritmo catulliano, strategia ampiamente diffusa fra i traduttori di lingua inglese, come si può meglio notare nelle versioni del Carme 70. Nulli se dicit mulier mea nubere malle quam mihi, non si se Iuppiter ipse petat. Dicit: sed mulier cupido quod dicit amanti, in vento et rapida scribere oportet aqua.53 My woman says to me that there is none With whom she'd rather spend her days than I, Should even Jove himself ask her to wed. So she says, but women often lie, And loving words they speak ought to be written In rapid winds and water flowing by. (A.J. Robison) There’s nobody, my woman says, she would rather wed than me – no, not if Jupiter himself should court her: so she says, but what a woman says when in your bed should be written on the wind, in fast flowing water. (Josephine Balmer) 53 «Dice la donna mia che mai sposerebbe nessuno, / escluso me, neppure se la volesse Giove. / Dice così, ma ciò che una donna d ice a chi l‘ama / Scrivilo sopra il vento, sopra l‘acqua che fugge.» (Enzo Mandruzzato); «La mia donna dice che non vuol stare con nessun altro, / neanche se la chiedesse Giove in persona. / Così dice, ma quello che dice una donna all‘amante appassionato, / va scritto sul vento e sull‘acqua che fugge.» (Guido Paduano); «Parole di donna / Dice la donna mia che non vorrebbe sposare nessuno / All‘infuori di me: neanche se a volerla fosse Giove in persona. / Lo dice: ma quel che una donna dice al suo amante / Scrivilo nel vento o in acqua che corre.» (Gioachino Chiarini); «Dice la donna mia che non vorrebbe / nessuno, tranne me, con cui unirsi, / quand‘anche Giove stesso la chiedesse. / Dice: ma le parole d‘una donna / al suo cupido amante, è meglio scriverle / nel vento o su acqua rapida che fugge.» (Enzo Maz za); «Giura la mia donna che nessuno, / manco Giove, si farebbe, salvo me. / Dice lei! Ma le parole che si dicono tra amanti / scrivile sull‘acqua, conservale nel vento!» (Vincenzo Guarracino); «Solo con te farei l‘amore, dice la donna mia, / solo con te, anche se mi volesse Giove. / Dice: ma ciò che dice una donna a un amante impazzito / Devi scriverlo sul vento, sull‘acqua che scorre.» (Mario Ramous); «Che non sarà di nessuno, dice la mia donna: / soltanto mia, dovesse tentarla pure Giove. / Dice: ma ciò che donna dice ad un amante, / scrivilo nel vento o in acqua che va rapida.» (Salvatore Quasimodo) 88 ROSSELLA BERNASCONE Chasing Catullus No one but you she says she swore. Why one night a god threw open the door. I loved you more. River. River. River. River. River. River. River. River river river river river river river. (Anne Carson) Anche in questo caso la versione di Carson si allontana drasticamente dal dettato di Catullo eppure tutti gli elementi del Carme compaiono dissimulati nella sua poesia: la donna che giura fedeltà: Nessun altro che te dice di aver giurato; Giove e il vento nel secondo verso: Però una notte un dio spalancò la porta; l‘amante deluso: Ti amavo di più io; e l‘acqua rapida che come una cascata trascina via le parole: «Fiume. Fiume. Fiume. Fiume. Fiume. Fiume. Fiume. Fiume fiume fiume fiume fiume fiume fiume.» Generalizzando, si può ipotizzare che i traduttori di lingua inglese sentano meno pressante il richiamo alla letteralità, come bene illustra il Carme 27. Minister uetuli puer Falerno inger mi calices amariores, ut lex Postumiae iubet magistrate ebrioso acino ebriosioris. Minister wet to lee, pour the Falernian and gear me chalices, ah by bitterest, the law's Postumia, you bet magistral, eh breezy kin a grape-loving breeziness. At uos quo lubet hinc abite, lymphae, uini pernicies, et ad seueros migrate. Hic merus est Thyonianus.54 Adieus qualifying between water and wine are pernicious, let the odd serious migrate: high! pure the thing on us 's the wine god's (Louis and Celia Zukofsky) In nota55 si possono trovare altre traduzioni in lingua inglese del carme, ma mi preme qui attirare l‘attenzione sull‘opera di Louis Zukofsky, con William Carlos Williams probabilmente 54 «Fanciullo che mesci vecchio Falerno / versamene calici più aspri, / come vuole la legge di Postumia, / nostra signora, più e bbra d‘un acino / pieno d‘ebbrezza. E tu, dannosa al vino, acqua, va‘ via di qui, corri dai sobri. / Da noi si beve Tioniano pretto.» (Enzo Mazza) 55 Come, my boy, bring me the best / of good old Falernian: / we must drink down stronger wine / to drink with this mad lady. / Postumia's our host tonight; / drunker than the grape is, / is she- / and no more water; / water is the death of wine. / Serve the stuff to solemn fools / who enjoy their sorrow, / respectable, n o doubt - / but wine! / Here's wine! / The very blood of Bacchus. (Horace Gregory); Falernian, / old Falernian! / cup-boy drown the cups / as custom of Postumia / tighter than the bursting grape / ordains / but keep the water-jug / boon of the straight-faced / far hence / no friend to wine - / the Bacchus here is neat. (Peter Whigham); Boy serving out our good old friend / Falernian, give me a stronger blend. / Postumia says so - and the right / To rule the revelry tonight / Belongs to her (look, she's as tight / As the juice in a / grapeskin!). Oh, I can't bear / You, water, wine-killer. Run elsewhere, / Find a new home with prudes. With us / The wine is pure Thyonius. (James Michie) 89 90 il poeta più importante della seconda generazione di modernisti americani. Nonostante abbia affermato – a proposito delle traduzioni che Marlowe fece di Ovidio – che «[…] una parafrasi, se ben fatta, è poesia e non mera traduzione»,56 coerentemente con la visione benjaminiana del compito del traduttore, ovvero liberare la reine sprache, Zukofsky57 riesce a piegare la lingua inglese riproducendo addirittura l‘aspetto sonoro, (con accento americano!), della poesia di Catullo. Se nel caso di Anne Carson troviamo poesie altamente personali presentate come versioni di Catullo, nel 1963 Charles Bukowski pubblica una poesia che sembra ispirarsi al Carme 42, senza però riconoscerne il debito: to the whore who took my poems, «alla puttana che si è presa le mie poesie»58: some say we should keep personal remorse from the poem, stay abstract, and there is some reason in this, but jezus; twelve poems gone and I don't keep carbons and you have my paintings too, my best ones; it’s stifling: are you trying to crush me out like the rest of them? why didn't you take my money? they usually do from the sleeping drunken pants sick in the corner. next time take my left arm or a fifty but not my poems: I'm not Shakespeare but sometime simply there won't be any more, abstract or otherwise; there'll always be money and whores and drunkards down to the last bomb, but as God said, crossing his legs, I see where I have made plenty of poets but not so very much poetry. E a proposito di debiti, desidero concludere con i versi di Josephine Balmer che danno il titolo alla raccolta di ―poesie, traduzioni & trasgressioni‖ del 2004, un viaggio in quella terra di confine tra la poesia e la traduzione, con componimenti che talora sovvertono l‘intento originale del testo di partenza59: Chasing Catullus 56 L. Zukofsky, A Test of Poetry, (1948), CZ Publications, 1980 57 Con l‘aiuto delle traduzioni letterali della moglie Celia, basate sulle edizioni classiche quali la Cornish Editino della Loe b Classical Library. 58 Charles Bukowski, ―to the whore who took my poems‖, da Burning in Water Drowning in Flame: Selected Poems 1955-1973, Black Sparrow Press, 1986, (It Catches My Heart in Its Hands, 1963). 59 Josephine Balmer, Chasing Catullus. Poems, Translations & Transgressions, Bloodaxe Books, 2004 90 ROSSELLA BERNASCONE Chasing Catullus It’s the rule of attraction, the corruption of texts, the way his corpus tastes of skin and sweat, that taint of decay, scent of cheated death. But then, I’ve always liked them old – parsed hearts, lost minds, redundant souls; just enough to get me fleshing ghosts, giving them tongue, jumping their bones. Yet sleep with the dead and you’ll wake with the worms – stripped down, compressed, a little accusative, slightly stressed – to find the code you crack, the clause that breaks, is no longer subordinate, it’s now your own. Nel modulo didattico CLIL su Catullo mi piace soffermarmi sulla sfida traduttiva che questi versi pongono, muovendosi sul filo della polisemia, versi incentrati sull‘esperienza della traduttrice di classici. Ne do qui una traduzione di servizio per svelare il gioco di Balmer che, in Chasing Catullus, secondo i vari significati del verbo to chase, va a caccia di Catullo, ne segue le tracce, forse lo scaccia, e contemporaneamente lo cesella, lo incastona, ne incastona traduzioni fra le sue poesie originali, come questa. Nei primi due versi troviamo intrecciate le suggestioni del componimento: È la legge dell’attrazione, la corruzione dei testi, (rule è contemporaneamente la regola grammaticale), il modo in cui il suo corpus sa di pelle e di sudore. Corpus, ovviamente dal latino come raccolta di leggi o scritti richiama l‘aspetto anatomico del corpus cavernosum, luteum, callosum ecc., dalla pronuncia ['kɔ:pəs], echeggia foneticamente [kɔ:ps], corpo quale salma, cadavere, quella traccia di corruzione, quell’odore di morte ingannata. Sia taint sia scent indicano una traccia, nel caso di scent è olfattiva, può essere una pista animale, taint è una traccia di corruzione, quindi rafforzato dall‘ of decay, ed è anche una tara organica. «Dopotutto, mi sono sempre piaciuti vecchi – / cuori analizzati, menti smarrite, anime ridondanti», ossia soprannumerarie, da licenziare, ma anche ridondante di stile, parole ridondanti. Parsed indica l‘analisi grammaticale e non medica, come ci si potrebbe aspettare essendo in questo verso attributo di cuori, e foneticamente richiama parchment, la pergamena; «quello che mi basta per dare corpo agli spiriti, / dar loro una lingua, saltare le loro ossa», quest‘immagine della poetessa che attraverso l‘analisi del testo, e alla traduzione, ridà corpo e voce alla lingua, si conclude con una figura particolarmente forte, poiché jumping bones, è un‘espressione volgare che indica il rapporto sessuale, mentre give tongue viene usato come sinonimo di verbalizzare uno stato d‘animo, oppure esprimerlo con un grido. «Ma in fondo chi dorme coi morti, si sveglia / coi vermi – (corrispettivo del proverbio italiano: "chi va con lo zoppo impara a zoppicare") denudato ("ridotto all’osso"), compresso (ma compress significa anche "violentare") / un po' accusativo, leggermente stressato (ma stressed 91 92 significa pure "accentato") – per scoprire / il codice che decifri (crack, rompere, incrinare), la proposizione (clause è anche la clausola, l’articolo di un contratto) che si spezza, / non è più subordinata, ora ti appartiene.» Ecco dunque che, con Josephine Balmer, il traduttore si libera dalla posizione subordinata nei confronti dell‘autore decifrandone il codice, spezzandone la semantica e la sintassi per ricrearla nella propria lingua e, così facendo, cesella per l‘opera originale una nuova vita, originale anch‘essa. R. Bernascone 92 ROSSELLA BERNASCONE Chasing Catullus Raccontare con i participi 1. Il participio latino come ponte fra lingue romanze e germaniche. Il participio latino rappresenta un ponte fra lingue romanze e lingue germaniche, una via d‘accesso ad esse: la sua traduzione favorisce una riflessione metalinguistica trasversale, sollecita le capacità logiche attraverso il confronto linguistico, educando alla flessibilità mentale; la sua natura media fra aggettivo e verbo rende spesso difficoltosa la resa nella lingua d‘arrivo. Per questo è parso fruttuoso concentrare l‘attenzione sulla traduzione italiana dei participi, tratti da due passi del De Bello Gallico di Cesare attraverso un approccio di tipo contrastivo che ha interessato le versioni di Carena, Lana - Pennacini, del Corpus Scriptorum latinorum; l‘indagine è stata estesa anche ad altre lingue romanze (francese) e germaniche (inglese e tedesco). Ricco di rilievi semantici e di sollecitazioni è inoltre il rapporto che sussiste tra fabula e intreccio in latino e nelle traduzioni italiane contrastive , nelle lingue straniere, nonché nelle versioni svolte dagli allievi. Il lavoro ha avuto anche una feconda ricaduta didattica, come è possibile verificare nella documentazione allegata in appendice. 2. Il participio: definizione e funzioni Secondo la classica definizione ripresa da E. Corino e C. Marello, il participio è forma nominale del verbo in quanto ―partecipa‖ della doppia natura di aggettivo e di verbo 60: come aggettivo viene concordato con il sostantivo di riferimento, come verbo esprime un‘azione e uno stato, assumendo le reggenze della forma verbale da cui è derivato61. Il termine participium traduce la parola greca μεηοχή, ―partecipazione‖, poiché il participio partecipa contemporaneamente della natura del verbo e della natura del nome 62: esso infatti conserva caratteristiche come genere, numero e caso, proprie del sistema nominale, ma esprime anche il tempo e la diatesi, come da sistema verbale. Per quanto riguarda il tempo, l‘indicazione temporale del participio ha valore relativo, poiché il participio designa la contemporaneità rispetto a un altro processo collocato nel 60 Quint. I, 4, 19, Mixtum verbo participium. 61 E. CORINO, C. MARELLO, Lingue classiche come mezzo di riflessione metalinguistica nell’insegnamento e apprendimento delle lingue romanze e germanich e, in ―Latino e lingue europee. Tra ricerca linguistica e prospettive didattiche‖, Atti del convegno 28 gennaio 2005 - Torino, a cura del Polo di Ricerca linguistica del Liceo Gioberti. 62 Si veda in proposito J. HUMBERT, Sintaxe grecque, Paris 1997, p. 127: Le mot grec , c’est à dire “participation”, indique que les Anciennes avaient été frappés par ce fait que, du point de vue de la forme, le participe tient à la fois du nom, puisqu’il possède une flexion, et du verbe, puisqu’il entre dans les cadres des temps. 93 94 presente, nel passato o nel futuro; il participio perfetto l‘anteriorità; il participio futuro la posteriorità63. Occorre in proposito precisare che il latino e l‘italiano, a differenza del greco, mancano del participio presente passivo: a tale mancanza la lingua latina sopperisce ricorrendo a costrutti sintattici più complessi, ad esempio proposizioni relative o proposizioni temporali introdotte da cum, mentre la lingua italiana si serve solitamente del participio passato. Rispetto al greco, inoltre, il latino possiede il participio passato solo nella forma passiva e il participio futuro solo nella forma attiva: si è così imposta la necessità di impiegare costrutti alternativi, come il cum narrativo al congiuntivo per il passato attivo e perifrasi con il pronome relativo, unito ad avverbi di tempo esprimenti l‘idea del futuro, per il futuro passivo 64. Due sono i tempi del participio italiano: presente e passato. Il primo ricorre nella lingua contemporanea con forme ormai del tutto avvertite come sostantivi o aggettivi, e solo in rari casi conserva valore verbale, che possiamo osservare per lo più in scritti di natura giuridica o burocratica; il valore verbale è inoltre limitato a verbi che designano proprietà permanenti, e non contengono riferimento a un tempo preciso. Si tratta di una caratteristica che ben emerge dall‘ammissibilità di frasi come «La regione comprendente tre province», ma non di frasi come *«Il politico comprendente il problema»: il secondo «comprendente» denota infatti una qualità non permanente. Frequente è invece l‘uso del participio passato con valore verbale: tale valore ricorre innanzitutto nei tempi composti di qualsiasi verbo, e poi come costrutto implicito nelle frasi causali, ipotetiche, concessive, temporali; lo si ritrova infine nella forma del participio assoluto, con un soggetto diverso dalla reggente. Dobbiamo avvertire però che tra valori verbale e sostantivato i confini sono labili, dal momento che una stessa forma può assumere a seconda delle ricorrenze entrambi i valori: «I dirigenti la politica italiana» avrà valore verbale, mentre «Una classe di dirigenti colti» valore sostantivato. Per quanto riguarda l‘ordine delle parole, nelle frasi participiali al presente, il participio si trova sempre dopo il sintagma nominale. Nelle frasi participiali al passato, in prima posizione si può trovare un avverbiale, cui seguono il participio e il sintagma nominale con funzione di soggetto o complemento oggetto. Secondo la tradizione grammaticale, è possibile classificare il participio latino e greco in base agli usi in: a) participio con funzione nominale, b) participio con funzione verbale. Nel primo caso il participio può fungere da aggettivo ed essere quindi usato come attributo, oppure può sostituire la cosiddetta proposizione ―aggettiva‖ o relativa propria; in tale funzione il participio può anche essere sostantivato, in particolare al plurale, ed è possibile 63 A. TRAINA, T. BERTOTTI, Sintassi normativa della lingua latina, Bologna 1993, p. 199. 64 G. TEDESCHI, A. BORELLI, Corso di lingua latina per il biennio del liceo classico, Torino 1967, p. 72. 94 ROSSELLA BERNASCONE Chasing Catullus in proposito notare che nella lingua latina molti participi hanno assunto esclusivamente il valore di sostantivi, ad esempio adulescens, ―giovanetto‖, parentes, ―genitori‖, clientes, ―clienti‖65. In questi casi in greco esso è di norma preceduto dall‘articolo, ad esempio , ―il comandante‖, , ―il futuro‖. In funzione verbale, si distinguono sostanzialmente due impieghi, rintracciabili anche nel greco: il participio congiunto e il participio assoluto. Nel primo caso il participio può accordarsi con qualsiasi termine della proposizione sovraordinata, in forma di apposizione, e sostituisce una proposizione avverbiale con sfumatura temporale, causale, ipotetica e, più raramente, concessiva. Come quest‘ultimo, il participio assoluto equivale a una proposizione secondaria di vario tipo, ma costituisce un sistema autonomo, con un sostantivo, che funge da soggetto, posto in caso ablativo 66, a cui corrisponde in greco il costrutto del genitivo assoluto67; in casi particolari, ad esempio in espressioni formulari di origine arcaica, proprie del linguaggio sacrale e militare, esso è costituito dal solo participio passato, usato perciò impersonalmente. Si deve infine precisare che l‘uso verbale del participio presente in latino è limitato sostanzialmente all‘ablativo assoluto e agli usi predicativi in dipendenza dai verbi di percezione e da verbi come invenio e relinquo, che concorrono a sottolineare la concomitanza tra due azioni. VALORE FUNZIONE PARTICIPIO PARTICIPIO SINTATTICA PRESENTE PERFETTO 1) Participio sostantivato Audientes laudant pueri Scripta Aesopi pueros delectant verba «Gli scritti di Esopo «Gli ascoltatori lodano le divertono i ragazzi» NOMINALE parole del ragazzo» 2) Participio attributivo Magister discipulum Puer accipit neglegentem reprehendit promissum «Il maestro rimprovera «Il ragazzo riceve il dono l‘alunno negligente» promesso» 1) Participio congiunto Puer timet canem latrantem Puer, a) Relativa «Il ragazzo teme il cane obiurgatus, flevit che abbaia» «Il a matre ragazzo, che donum iniuste (dopo che/ poiché) era stato rimproverato ingiustamente dalla madre, 65 Corso di lingua latina cit., p. 72. 66 Cfr. Sintassi normativa della lingua latina cit., p. 209. 67 N. MARINONE, Nozioni di sintassi greca, Torino 1956, pp. 56 ss. 95 96 pianse» b) Temporale Puer currens cecidit «Il ragazzo mentre correva cadde» VERBALE c) Causale Puer, timens plagas, patrem fugit «Il ragazzo, poiché teme le percosse, evita il padre» d) Concessiva Puer, verum dicens, tamen mendax putabatur «Il ragazzo, pur dicendo la verità, tuttavia era considerato bugiardo» e) Ipotetica Verum dicens, puer, honestus eris «Se dici il vero, ragazzo, sarai onesto» Puer, (etsi) obiurgatus, tamen non flevit «Il ragazzo, sebbene rimproverato, tuttavia non pianse» Praecepta magistri, attento animo audita, utilia erunt pueris «Gli insegnamenti del maestro, se ascoltati con animo attento, saranno utili f) Modale-strumentale Puer errans discit ai ragazzi» «Il ragazzo impara sbagliando» 2) Participio predicativo Puerum vidi dormientem a) oggettiva «Ho visto che il ragazzo dormiva» Participio assoluto 3. I testi Cesare, De bello Gallico, II, 10-11. 10. Caesar certior factus ab Titurio omnem equitatum et levis armaturae Numidas, funditores sagittariosque pontem traducit atque ad eos contendit. Acriter in eo loco pugnatum est. Hostes impeditos nostri in flumine adgressi magnum eorum numerum occiderunt; per eorum corpora reliquos audacissime transire conantes multitudine telorum reppulerunt primosque qui transierant equitatu circumventos interfecerunt. Hostes ubi et de expugnando oppido et de flumine transeundo spem se fefellisse intellexerunt, neque nostros in locum 96 ROSSELLA BERNASCONE Chasing Catullus iniquiorem progredi pugnandi causa viderunt, atque ipsos res frumentaria deficere coepit, concilio convocato constituerunt optimum esse domum suam quemque reverti, et quorum in fines primum Romani exercitum introduxissent, ad eos defendendos undique convenire, et potius in suis quam in alienis finibus decertarent et domesticis copiis rei frumentariae uterentur. Ad eam sententiam cum reliquis causis haec quoque ratio eos deduxit, quod Diviciacum atque Haeduos finibus Bellovacorum adpropinquare cognoverant. His persuaderi ut diutius corarentur neque suis auxilium ferrent non poterat. 11. Ea re constituta secunda vigilia magno cum strepitu ac tumultu castris egressi nullo certo ordine neque imperio, cum sibi quisque primum itineris locum peteret et domum pervenire properaret, fecerunt ut consimilis fugae profectio videretur. Hac re statim Caesar per speculatores cognita insidias veritus, quod qua de causa discederent nondum perspexerat, exercitum equitatumque castris continuit. Prima luce confirmata re ab exploratoribus omnem equitatum qui novissimum agmen moraretur, praemisit eique Quintum Pedium et Lucium Aurunculeium Cottam legatos praefecit; Titum Labienum legatum cum legionibus tribus subsequi iussit. Hi novissimos adorti et multa milia passum prosecuti magnam multitudinem eorum fugientium conciderunt, cum ab extremo agmine ad quos ventum erat consisterent fortiterque impetum nostrorum militum sustinerent, priores quod abesse a periculo viderentur neque ulla necessitate neque imperio continerentur, exaudito clamore perturbatis ordinibus omnes in fuga sibi praesidio ponerent. Ita sine ullo periculo tantam eorum multitudinem nostri interfecerunt, quantum fuit diei spatium, sub occasumque solis sequi destiterunt seque in castra, ut erat imperatum, receperunt. 4. Traduzioni considerate a) Carena «10. 1. Cesare, informato da Tiburio, fa passare il ponte a tutta la cavalleria e ai Numidi armati alla leggera, ai frombolieri e agli arcieri e si dirige verso i nemici. In quel luogo si combatté duramente. 2. I nostri, assaliti i nemici in difficoltà nel fiume, ne assisero un gran numero; con una moltitudine di proiettili respinsero gli altri che con audacia straordinaria tentavano di passare sui corpi dei morti; i primi che erano riusciti a passare, circondati dalla cavalleria, furono uccisi. 4. I nemici, quando compresero che era venuta loro meno la speranza sia di espugnare la città sia di passare il fiume e videro che i nostri non avanzavano in luogo sfavorevole per combattere e cominciò a mancar loro la vettovaglia, convocata l‘assemblea, stabilirono essere ottima cosa che ciascuno tornasse in patria e tutti da ogni parte convenissero a difendere quelle popolazioni i cui paesi per primi fossero invasi dall‘esercito romano; che combattessero piuttosto nel proprio paese che nell‘altrui e che usufruissero delle vettovaglie di casa. 5. A tale decisione con le altre cause li condusse anche questa ragione, che avevano saputo che Diviziaco e gli Edui si appressavano al paese dei Bellovaci. Non avevano potuto persuadere questi ultimi a fermarsi più a lungo e a non portare aiuto ai loro concittadini. 11. 1. Presa questa decisione, usciti dal campo nella seconda vigilia con grande strepito e tumulto, senza alcun ordine stabilito né comando, cercando ognuno di prendersi il primo posto nella marcia e affrettandosi per giungere a casa, fecero sì che la partenza paresse simile ad una fuga. 2. Cesare, conosciuta subito la cosa per mezzo degli esploratori, temendo insidie, perché non aveva ancora visto chiaramente per quale causa se ne andassero, tenne esercito e cavalleria nel campo. 3. All‘alba, confermata la cosa dagli esploratori mandò innanzi tutta la cavalleria perché ritardasse la marcia della retroguardia. Ne mise a capo i luogotenenti Quinto Pedio e Lucio Arunculeio Cotta; ordinò che il luogotenente Tito Labieno seguisse subito con tre legioni. 4. Queste, assaliti gli ultimi e avendo mantenuto il contatto per molte miglia uccisero un gran numero di fuggitivi; mentre la retroguardia, che era stata raggiunta, si era arrestata e sosteneva valorosamente l‘assalto dei nostri soldati, 5 quelli che marciavano davanti, poiché pareva loro di essere lontano dal pericolo né erato trattenuti da alcuna necessità né autorità, udite le grida, scompigliate le schiere, tutti cercarono riparo nella fuga. 6. Così senza alcun pericolo i nostri ne uccisero tanti quanti lo spazio del giorno consentì e approssimandosi il tramonto si arrestarono e, come era stato loro ordinato, si ritirarono al campo.» b) Lana, Pennaccini «10. 1. Avvertito da Titurio, egli fa passare il ponte all‘intera cavalleria e alle truppe leggere dei Numidi, fondatori e arcieri, e punta sui nemici. Ne nacque, in quel punto, un‘aspra battaglia. 2. Il nemico venne aggredito dai nostri mentre si trovava impacciato in mezzo al fiume, e subì perdite gravissime; 3. i superstiti tentarono di compiere il guado passando sui cadaveri con un‘audacia incredibile, ma vennero ricacciati indietro dal fitto lancio dei proiettili; i primi che ne 97 98 emersero vennero circondati e abbattuti dalla cavalleria. 4. Quando i nemici si resero conto di aver mancato l‘obiettivo e perso la speranza di espugnare la città e varcare il fiume, mentre i nostri chiaramente non si avventuravano per combattere in una posizione sfavorevole, e a loro stessi cominciavano a mancare i viveri, convocarono un‘assemblea e decisero che la miglior cosa da fare fosse che ciascuno tornasse a casa sua, e alla prima invasione dell‘esercito romano nel territorio di qualcuno, là accorressero tutti a difesa; così la lotta si sarebbe svolta sulle proprie terre, e non di altri, con la disponibilità di copiosi rifornimenti in patria. 5. Oltre a questi motivi, un‘altra considerazione li portò a questa decisione: Diviciaco e gli Edui si avvicinavano al territorio dei Bellovaci, la notizia era sicura, e non riusciva a convincere questi ultimi a rimanere lì più a lungo anziché correre al soccorso dei propri connazionali. 11. Presa questa decisione, a notte inoltrata uscirono dall‘accampamento con grande frastuono e confusione, senza un ordine definito o il comando di qualcuno; ciascuno cercava di mettersi in testa alla colonna per giungere in patria più presto, sì che diedero alla partenza l‘aspetto di una fuga. 2 Cesare ne fu subito informato dai ricognitori, ma temeva un inganno poiché non aveva ancora appurato il motivo della loro ritirata. Tenne dunque esercito e cavalleria negli accampamenti. 3 Alla prima luce del giorno, quando tutto fu chiarito dai ricognitori, spedì innanzi l‘intero contingente dei cavalieri a rallentare la marcia della retroguardia nemica. Alla loro testa mise i due luogotenenti Quinto Pedio e Lucio Aurunculeio, mentre il luogotenente Tito Labieno ebbe l‘ordine di tener loro dietro con tre legioni. 4 Essi assalirono e incalzarono la retroguardia nemica per molte miglia; e grande fu la strage dei fuggiaschi, perché mentre gli ultimi, su cui i nostri soldati si erano abbattuti, si fermarono e ne sostennero validamente l‘assalto, 5 i primi, sicuri di essere lontani dal pericolo e non trattenuti da alcun bisogno o comando, appena udite le grida si confusero senza più ordine e cercarono tutti quanti uno scampo nella fuga. 6 Così, senza correre alcun rischio, i nostri ne abbatterono un‘enorme quantità per tutta la durata del giorno; solo al tramonto desistettero e rientrarono negli accampamenti secondo l‘ordine ricevuto.» c) Corpus scriptorum Latinorum «10. Cesare, informato della situazione da Titurio, portò tutta la cavalleria, i Numidi armati alla leggera, i frombolieri e gli arcieri al di là del ponte e marciò contro il nemico. Lo scontro fu violento. I nostri li assalirono mentre stavano attraversando il fiume ed erano in difficoltà. Ne uccisero la maggior parte e respinsero con un nugolo di frecce gli altri che, con estrema audacia, tentavano di passare sui corpi dei caduti, circondarono con la cavalleria e uccisero i primi giunti sull'altra sponda. I nemici si resero conto di non aver più speranze di espugnare la città, né di attraversare il fiume e videro che i nostri non avanzavano, per dare battaglia, su un terreno sfavorevole. Perciò, dato che anche le loro scorte di grano incominciavano a scarseggiare, convocarono l'assemblea e decisero che la cosa migliore era tornare tutti in patria. Sarebbero accorsi in difesa del primo popolo attaccato dai Romani: così avrebbero combattuto nei propri territori, non in quelli altrui, e si sarebbero serviti delle scorte di grano che avevano in patria. Giunsero a tale decisione, tra l'altro, perché avevano saputo che Diviziaco e gli Edui si stavano avvicinando ai territori dei Bellovaci. E non si poteva convincere questi ultimi ad attardarsi e a non soccorrere i loro. 11. Presa la decisione, prima di mezzanotte i Belgi lasciarono l'accampamento con grande strepito e tumulto, senza seguire ordini precisi o comandanti. Ognuno voleva raggiungere la testa della colonna e si affrettava a rientrare in patria, tanto che la loro partenza sembrava piuttosto una fuga. Gli osservatori riferirono immediatamente il fatto a Cesare, ma egli, temendo una trappola, poiché non aveva ancora capito il motivo della loro partenza, trattenne l'esercito e la cavalleria nell'accampamento. All'alba, quando gli esploratori confermarono la notizia, Cesare mandò in avanti tutta la cavalleria agli ordini dei legati Q. Pedio e L. Aurunculeio Cotta, col compito di ostacolare la retroguardia nemica. Ordinò al legato T. Labieno di seguirli con tre legioni. I soldati romani assalirono la retroguardia avversaria e protrassero l'inseguimento per molte miglia, facendo strage dei Belgi in fuga. Gli ultimi della colonna nemica, raggiunti, si fermarono e ressero con vigore all'urto dei nostri; i primi, invece, ritenendosi fuori pericolo e non essendo trattenuti né dalla necessità, né da comandanti, non appena udirono i clamori della battaglia, ruppero l'ordine di marcia e si diedero tutti alla fuga, cercando di salvarsi. Così, senza correre alcun pericolo, i nostri uccisero tanti nemici, quanti ne consentì la durata del giorno. Al tramonto posero fine al loro inseguimento e, secondo gli ordini ricevuti, rientrarono all'accampamento.» 98 ROSSELLA BERNASCONE Chasing Catullus D) 10. César, informé par Titurius, fait franchir le pont à sa cavalerie, à l’infanterie légère des Numides, aux frondeurs et aux archers, et marche contre les ennemis. Il y eut un violent combat. On les attaqua dans l’eau, qui gênait leurs mouvements, et l’on en tua un grand nombre ; les autres, pleins d’audace, essayaient de passer pardessus les cadavres : une grêle de traits les repoussa ; ceux qui avaient déjà passé, la cavalerie les enveloppa et ils furent massacrés. Quand les Belges comprirent qu’ils devaient renoncer et à prendre Bibrax et à franchir la rivière, quand ils virent que nous nous refusions à avancer, pour livrer bataille, sur un terrain défavorable, comme enfin ils commençaient, eux aussi, à manquer de vivres, ils tinrent conseil et décidèrent que le mieux était de retourner chacun chez soi, sauf à se rassembler de toutes parts pour défendre ceux dont le territoire aurait été d’abord envahi par l’armée romaine ; de la sorte ils auraient l’avantage de combattre chez eux et non chez autrui, et ils pourraient user des ressources de ravitaillement que leur pays leur offrait. Ce qui les détermina, ce fut, outre les autres motifs, la raison suivante : ils avaient appris que Diviciacos et les Héduens approchaient du pays des Bellovaques, et on ne pouvait convaincre ces derniers de tarder plus longtemps à secourir les leurs. 11. La chose résolue, ils sortirent du camp pendant la deuxième veille en grand désordre et tumulte, sans méthode ni discipline, chacun voulant être le premier sur le chemin du retour et ayant hâte d’arriver chez lui ; si bien que leur départ avait tout l’air d’une fuite. César, aussitôt informé par ses observateurs de ce qui se passait, craignit un piège, parce qu’il ne savait pas encore la raison de leur retraite, et il retint au camp ses troupes, y compris la cavalerie. Au petit jour, apprenant par ses éclaireurs qu’il s’agissait bien d’une retraite, il envoya en avant toute sa cavalerie pour retarder l’arrière-garde ; il lui donna pour chefs les légats Quintus Pédius et Lucius Aurunculéius Cotta. Le légat Titus Labiénus reçut l’ordre de suivre avec trois légions. Ces troupes attaquèrent les derniers corps et, les poursuivant sur plusieurs milles, tuèrent un grand nombre de fuyards : l’arrière-garde, qu’on atteignit d’abord, fit face et soutint vaillamment le choc de nos soldats ; mais ceux qui étaient en avant pensaient être hors de danger et n’étaient retenus ni par la nécessité, ni par l’autorité des chefs : quand ils entendirent les clameurs de la bataille, le désordre se mit dans leurs rangs, et tous ne pensèrent plus à d’autre moyen de salut que la fuite. C’est ainsi que, sans courir de danger, nos soldats en massacrèrent autant que la durée du jour le leur permit ; au coucher du soleil, ils abandonnèrent la poursuite et revinrent au camp comme ils en avaient reçu l’ordre. E) 10. Caesar, being apprized of this by Titurius, leads all his cavalry and light-armed Numidians, slingers and archers, over the bridge, and hastens toward them. There was a severe struggle in that place. Our men, attacking in the river the disordered enemy, slew a great part of them. By the immense number of their missiles they drove back the rest, who, in a most courageous manner were attempting to pass over their bodies, and surrounded with their cavalry, and cut to pieces those who had first crossed the river. The enemy, when they perceived that their hopes had deceived them both with regard to their taking the town by storm and also their passing the river, and did not see our men advance to a more disadvantageous place for the purpose of fighting, and when provisions began to fail them, having called a council, determined that it was best for each to return to his country, and resolved to assemble from all quarters to defend those into whose territories the Romans should first march an army; that they might contend in their own rather than in a foreign country, and might enjoy the stores of provision which they possessed at home. Together with other causes, this consideration also led them to that resolution, viz., that they had learned that Divitiacus and the Aedui were approaching the territories of the Bellovaci. And it was impossible to persuade the latter to stay any longer, or to deter them from conveying succor to their own people. 11. That matter being determined on, marching out of their camp at the second watch, with great noise and confusion, in no fixed order, nor under any command, since each sought for himself the foremost place in the journey, and hastened to reach home, they made their departure appear very like a flight. Caesar, immediately learning this through his scouts, [but] fearing an ambuscade, because he had not yet discovered for what reason they were departing, kept his army and cavalry within the camp. At daybreak, the intelligence having been confirmed by the scouts, he sent forward his cavalry to harass their rear; and gave the command of it to two of his lieutenants, Q. Pedius, and L. Aurunculeius Cotta. He ordered T. Labienus, another of his lieutenants, to follow them closely with three legions. These, attacking their rear, and pursuing them for many miles, slew a great number of them as they were fleeing; while those in the rear with whom they had come up, halted, and bravely sustained the attack of our soldiers; the van, because they appeared to be removed from danger, and were not restrained by any necessity or command, as soon as the noise was heard, broke their ranks, and, to a man, rested their safety in flight. Thus without any risk [to themselves] our men killed as great a number of them as the length of the day allowed; and at sunset desisted from the pursuit, and betook themselves into the camp, as they had been commanded. 99 100 5. I participi nei passi di Cesare e nelle traduzioni factus impeditos adgressi conantes circumventos convocato constituta egressi cognita veritus confirmata adorti prosecuti fugientium exaudito perturbatis Latino 16 participi 14 passati 2 presenti Latino factus Italiano 11 o 12 participi 11 passati 0 presenti 5 participi 5 passati 0 presenti 5 participi 5 passati 0 presenti Francese 8 participi 4 passati 4 presenti Italiano - Informato Francese Inglese Tedesco 11 participi? 4 participi 3 passati 1 presente 10 presenti 3 passati being apprized? Having called? Being determined on Having bern confirmed Inglese Tedesco Informé Being apprized Benachrichtigt Qui [l’eau] gênait leurs mouvements Disordered Die […] keinen Widerstand leisten konnten On les attaqua Attacking Unsere Soldaten griffen die Gegner an Les autres essayaient Who were attempting Die übrigen versuchten Les enveloppa Surrounded … kreiste… ein - Avvertito - Informato della situazione impeditos - In difficoltà - Mentre si trovava impacciato - Mentre […] erano in difficoltà adgressi - Assaliti - Il nemico venne aggredito -I nostri li assalirono conantes - Che tentavano - I superstiti tentarono - Che tentavano circumventos - Circondati - Vennero circondati - Circondarono 100 ROSSELLA BERNASCONE concilio convocato - Convocata l‘assemblea Chasing Catullus Ils tinrent conseil Having called a council … beriefen sie eine Versammlung ein La chose résolue That matter being determined on Nach diesem Beschluss Ils sortirent du camp Marching out of their camp Verliessen sie […] ihr Lager - Convocarono un‘assemblea - Convocarono l‘assemblea Ea re constituta - Presa questa decisione - Presa questa decisione - Presa la decisione Castris egressi - Usciti dal campo - Uscirono dall‘accampamento - Lasciarono l‘accampamento Hac re statim Caesar per speculatores cognita - Conosciuta subito la cosa per mezzo degli César, aussitôt informé par ses Caesar, immediately observateurs de ce qui se learning this through his passait scouts esploratori Als Caesar sofort durch Späher davon erfuhr - Cesare ne fu informato dai ricognitori - Gli osservatori riferirono immediatamente il fatto a Cesare Insidias veritus - Temendo insidie Craignit un piège - Ma temeva un inganno - Temendo una trappola Confirmata re ab exploratoribus - Confermata la cosa dagli Apprenant par ses éclaireurs qu’il s’agissait bien d’une esploratori retraite - Quando tutto fu [but] fearing an ambuscade … fürchtete er einen Hinterhalt The intelligence having being confirmed by the scouts Als er jedoch von Kundschaftern über die wahre Sachlage in Kenntnis gesetzt wurde These, attacking their rear, and pursuing them for many miles, slew a great number of them as they were fleeing Als die Reiter die letzten des feindlichen Zuges angriffen und auf einer meilenweiten Verfolgung eine grosse Zahl der Flüchtigen töteten chiarito dai ricognitori - Quando gli esploratori confermarono la notizia Hi novissimos adorti et multa milia passum prosecuti magnam multitudinem eorum fugientium conciderunt - Queste [legioni], assaliti Ces troupes attaquèrent les derniers corps et, les gli ultimi e avendo poursuivant sur plusieurs mantenuto il contatto per milles, tuèrent un grand nombre de fuyards molte miglia uccisero un gran numero di fuggitivi - Essi assalirono e incalzarono la retroguardia nemica per molte miglia; e grande fu la strage dei fuggiaschi. - I soldati romani assalirono la retroguardia avversaria e protrassero l‘inseguimento per molte miglia, facendo strade dei Belgi in fuga 101 102 Exaudito clamore - Udite le grida - Appena udite le grida Quand ils entendirent les clameurs de la bataille As soon as the noise was heard Als sie das Kampfgeschrei hörten Le désordre se mit dans ses rangs Broke their ranks In völliger Auflöusng - Non appena udirono i clamori della battaglia Perturbatis ordinibus - Scompigliate le schiere - Si confusero senza più ordine - Ruppero l‘ordine di marcia 6. Analisi contrastiva La traduzione contrastiva è un importante strumento didattico polivalente, applicabile a vari livelli: costringe a riflettere sulle strutture sintattiche e morfologiche del latino e sulle diverse traduzioni italiane anche nel tempo, favorendo un approccio di analisi comparativa che induce al rigore logico, alla duttilità mentale, nonché all‘appropriazione sempre più sicura della nostra lingua nei confronti dei vari piani del discorso. II, 10 - factus: participio congiunto con il soggetto, Caesar, unito a complemento predicativo del soggetto certior. Tutte le versioni mantengono la forma verbale originale e il participio perfetto è reso con un participio passato di valore temporale: nella traduzione di Carena e in quella del Corpus viene anteposto il soggetto e il participio segue, in tal modo si pone in posizione forte il soggetto dell'azione, mentre nella traduzione di Lana si dà più importanza al fatto che Cesare è stato informato. Carena e il Corpus sono più vicine al costrutto latino. - adgressi: participio congiunto del soggetto nostri, con valore temporale. La traduzione italiana presenta rilevanti differenze. Carena mantiene il participio, con forma implicita, è più letterale, dà ampio rilievo agli alleati, nostri, posti come in latino in posizione forte; Lana rende il participio con una proposizione indipendente esplicita di forma passiva: in questo caso risulta più evidente l'attribuzione di responsabilità agli aggressori e al centro viene posto l'attacco al nemico, presentato come vittima fin dal principio del passo; il Corpus propone una proposizione indipendente esplicita, in questo caso centro e soggetto attivo sono i nostri, presentati come responsabili dell'attacco al nemico (qui peraltro hostes è reso con una forma pronominale). - impeditos: participio con funzione attributiva, con valore relativo. La differenza nella resa è individuabile nel grado di sintesi: Carena sopprime la forma verbale, lasciando spazio a un'indicazione locale modale delle condizioni dei nemici "in difficoltà nel fiume‖. Lana e il Corpus prediligono una resa più spiegata e distesa che, attraverso l'uso della temporale introdotta da «mentre» focalizza l'attenzione su una concomitanza di eventi «l'assalto dei nemici - la situazione di difficoltà in cui versano»; il Corpus fornisce un'informazione in più «mentre stavano attraversando il fiume», che non c'è nel testo latino. - conantes: participio congiunto, con valore relativo. Si riscontra una coincidenza nella resa del participio congiunto rispetto a reliquos: Carena e il Corpus propendono per una proposizione relativa all'imperfetto indicativo. Nella versione di Carena il soggetto è come in latino i «nostri», ma viene posto in posizione forte il mezzo con cui vengono respinti i nemici: la traduzione collega reliquos a conantes come in latino, poi traduce interfecerunt con «furono uccisi». Lana pone al centro i superstiti che diventano il polo dell'attenzione. Il participio conantes viene tradotto con un indicativo passato remoto, primos diventa soggetto e viene tradotto con «i superstiti»: anche in questo caso si predilige una proposizione indipendente esplicita, che sottolinea con maggior insistenza il valore aspettuale del verbo (azione puntuale), concentrando ancora una volta l'attenzione 102 ROSSELLA BERNASCONE Chasing Catullus sui nemici come elemento propulsore dell'azione. Il Corpus è aderente al latino fino a «caduti», analogamente alla versione di Carena. - circumventos: participio congiunto con primos, di valore temporale. Carena mantiene anche in questo caso, fedelmente al testo di partenza, la forma participiale; primos circumventos diventa soggetto: la frase viene trasformata da attiva a passiva. Nella versione di Lana, in maniera speculare al precedente participio adgressi, con un significativo ribaltamento della proposizione, circumventos diventa «i primi … vennero circondati», ponendo nuovamente l'accento sulle vittime dei Romani. Il Corpus ricorre invece ad una coordinata esplicita, con il verbo in forma attiva: l'interesse è qui spostato sui Romani aggressori. - Convocato (concilio): costrutto dell'ablativo assoluto, con valore temporale. Esso viene sostanzialmente salvaguardato nella versione di Carena che propone la resa più aderente al testo di partenza «convocata l'assemblea». Nelle versioni di Lana e del Corpus si rileva una certa concordanza: il costrutto è infatti reso con una proposizione esplicita coordinata alla principale, che contribuisce a sottolineare il momento dell'incontro e della risoluzione collettiva dei nemici. Tuttavia la versione di Lana fornisce un'informazione aggiuntiva (di aver mancato l'obiettivo) eliminando et viderunt; l'ablativo assoluto viene reso attraverso un indicativo passato remoto «convocarono l'assemblea». Il Corpus sopprime il valore temporale («quando») trasformando la subordinata in principale; anche in questo caso l'ablativo assoluto «convocata l'assemblea» viene reso con «convocarono l'assemblea». II, 11 - (ea re) constituta: costrutto dell'ablativo assoluto, con valore temporale. Esso viene sostanzialmente salvaguardato nelle tre versioni considerate. L'incipit risulta in tal modo più scattante ed efficace. Nelle tre traduzioni viene mantenuta la struttura latina con variatio nella resa dell'aggettivo determinativo: Carena e Lana traducono ea con «questa», mentre il Corpus abolisce ea e traduce «resa la decisione» - ressi: participio congiunto del soggetto sottinteso (« nemici che si preparano a lasciare il campo»). A differenza di Carena la cui proposta mantiene la forma participiale («usciti dal campo»), Lana e il Corpus in maniera analoga rendono il participio con una proposizione esplicita temporale che diventa indipendente e quindi perno del discorso narrativo: il Corpus inserisce come soggetto «i Belgi» che diventano il baricentro dell'attenzione del passo. - (hac re) cognita: costrutto dell'ablativo assoluto, con valore temporale. Esso è mantenuto nella versione di Carena che propone una forma participiale («conosciuta subito la cosa»). Le altre versioni esplicitano il costrutto: Lana inserisce una proposizione esplicita di forma passiva; il Corpus propone una proposizione esplicita con valore temporale di forma attiva, che pone l'accento sugli exploratores come soggetto attivo del processo in corso. - veritus: participio congiunto del soggetto Caesar, con valore causale. La differenza di resa è rilevante: Carena e il Corpus lo traducono in maniera analoga mediante gerundio semplice; Lana sposta l'interesse sulle riserve di Cesare in merito ai movimento delle truppe avversarie, attraverso una proposizione coordinata con valore avversativo introdotta da «ma»: l'idea di timore espressa dal verbo vereor si carica in tal modo anche della sfumatura dell'incertezza e del dubbio insinuate nell'animo del comandante dalla notizia degli exploratores. - confirnata (re): costrutto dell'ablativo assoluto, con valore temporale. Ancora una volta la resa di Carena si mantiene aderente al teso di partenza, contrapponendosi all'esplicitazione di Lana e del Corpus in una proposizione temporale, che sottolinea la concomitanza di due eventi, l'azione informativa degli exploratores e la decisione di Cesare. La traduzione del Corpus trasforma la frase da passiva ad attiva. - adorti…prosecuti: participi congiunti del soggetto hi. Essi vengono rispettati nella resa di Carena, che ricorre a due forme verbali implicite: «assalite» e «avendo mantenuto». Lana e il Corpus rendono i due participi con due proposizioni coordinate esplicite che spostano il baricentro sull'azione di inseguimento e attacco delle truppe romane, sottolineando il coraggio dei soldati. 103 104 - fugientium: participio sostantivato. Carena traduce «di fuggitivi», Lana «dei fuggiaschi», il Corpus «dei Belgi in fuga», aggiungendo un'informazione suppletiva e ponendo in posizione forte «i Belgi». - exaudito clamore perturbatis ordinibus: costrutto dell'ablativo assoluto, con valore temporale. I participi esprimono il nesso causa - effetto tra le grida di guerra e il conseguente disordine fra le schiere avversarie. L'assenza di punteggiatura intensifica il ritmo incalzante e quasi convulso dell'azione militare. Carena rende l'ablativo assoluto in modo letterale; Lana traduce il primo participio con una proposizione temporale implicita, ma scioglie il secondo in un indicativo passato remoto, mentre il Corpus rende il primo participio con una temporale esplicita al passato remoto e il secondo participio diventa una proposizione principale. La resa di Lana e del Corpus tende a esplicitare il secondo participio perturbatis, mettendo in tal modo in rilievo lo scompiglio generatosi nel campo, determinato dall'offensiva romana. 7. Per un bilancio L‘analisi contrastiva dei participi suggerisce alcune osservazioni in merito alla resa degli stessi nelle tre versioni considerate. La versione di Carena è indubbiamente la più aderente al testo latino, in quanto tende a mantenere il participio in forma implicita. Esemplare in tal senso è il caso degli ablativi assoluti, concentrati in particolare nel secondo capitolo: se le versioni di Lana, Pennacini, e del Corpus tendono a sciogliere il costrutto in proposizioni esplicite subordinate con valore temporale e in qualche caso in proposizioni principali, la versione di Carena propone forme participiali, come mostra lo schema seguente: Testo latino Convocato concilio Carena Convocata Lana, Pennaccini Convocarono un‘assemblea l‘assemblea Ea re constituta Presa questa Corpus Convocarono l‘assemblea Presa questa decisione Presa la decisione Cesare ne fu subito informato Gli osservatori decisione Hac re cognita Conosciuta subito la cosa riferirono immediatamente il fatto a Cesare Confirmata re Confermata la cosa Quando tutto fu chiarito dai Quando gli dagli esploratori ricognitori esploratori confermarono la notizia Exaudito clamore Udite le grida, Appena udite le grida, si Non appena udirono perturbatis ordinibus scompigliate le confusero senza più ordine i clamori della schiere battaglia, ruppero l‘ordine di marcia 104 ROSSELLA BERNASCONE Chasing Catullus La resa di Carena, che in cinque casi su cinque ricorre a strutture implicite, rende particolarmente efficace il ritmo della narrazione, focalizzando l‘attenzione sulle azioni principali, espresse dai modi finiti, e delinea un quadro concreto in cui gli ablativi assoluti scandiscono le varie tappe dello scontro, rendendole quasi visivamente percepibili. Sul piano espositivo, l‘ossatura sintattica individuata si traduce in una lineare concatenazione dei singoli passaggi della vicenda. La piena aderenza al testo latino è dimostrata anche dalla diatesi, in quanto la traduzione di Carena mantiene quasi sempre le forme passive e attive in corrispondenza del latino, con la sola eccezione del perfetto indicativo interfecerunt, che compare in forma passiva: «i primi che erano riusciti a passare […] furono uccisi». Se si considera la traduzione nel suo complesso, emerge chiaramente che, in linea con l‘interpretazione originale, ―filoromana‖ e propagandistica, di Cesare, si attribuisce ampio rilievo ai soldati romani come soggetto attivo e propositivo dell‘azione, che tiene fin dal principio le redini dello scontro e determina il destino degli avversari: l‘esercito romano assale, uccide, respinge a più riprese e senza sosta, mentre i nemici superstiti non possono che trovare scampo nella fuga. Se la versione di Carena adotta di preferenza il participio, la versione di Lana – Pennacini tende a sciogliere la forma implicita attraverso il ricorso ai tempi storici dell‘indicativo; va tuttavia precisato che – eccezion fatta per il mantenimento di tre sole forme participiali, factus, constituta ed exaudito - su sedici casi ben otto presentano una resa in proposizione principale o coordinata alla principale, con una soluzione che conferisce pari importanza ad ogni ordine di azione. Non solo, la sezione iniziale del capitolo 10, che narra il culmine dello scontro, privilegia la diatesi passiva, laddove il testo originale presenta quella attiva: così i nemici «vennero ricacciati» (reppulerunt) e «i primi…vennero abbattuti» (interfecerunt). Ne consegue una sottile differenza di sfumatura rispetto alla versione di Carena, essendo l‘accento posto non tanto sui Romani aggressori quanto piuttosto sui nemici aggrediti e pertanto vittime dello scontro. Sul piano espositivo, il ricorso alla paratassi sostituisce al ritmo franto e mosso, creato dalla presenza di subordinate implicite, un andamento fluido ma più distante dal testo latino, senza tuttavia compromettere l‘ordine cronologico dei singoli avvenimenti. Non va infine trascurata la tendenza a intensificare l‘interpretazione, non solo attraverso la resa esplicita ma anche attraverso l‘aggiunta di informazioni che arricchiscono senza fuorviare o stravolgere: così multitudine telorum diventa «un fitto lancio di proiettili», veritus insidias diventa «ma temeva un inganno», perturbatis ordinibus diventa ―si confusero senza più ordine‖, con una resa, negli ultimi due casi, attenta alla psicologia dei personaggi. 105 106 L‘analisi della versione del Corpus, condotta a posteriori, rivela una soluzione intermedia tra le due precedentemente considerate, anche se più prossima a quella di Lana – Pennacini per la maggior libertà nella risoluzione dei participi: è ben evidente che, su sedici forme participiali, sette vengono trasformate in proposizioni principali o coordinate alla principale, ponendo in tal modo tutte le azioni sullo stesso piano. Se si considera invece la diatesi, si ha un significativo spostamento della prospettiva, in quanto nella narrazione delle diverse fasi dello scontro viene privilegiata la forma attiva, che concentra l‘attenzione sui Romani aggressori, analogamente alla versione di Carena e in conformità al testo originale. Non è tutto. Mentre nelle versioni di Carena e di Lana – Pennacini non compare alcun riferimento all‘appartenenza etnica delle popolazioni straniere, tranne l‘indicazione data dal genitivo Bellovacorum, già peraltro presente nel testo di Cesare, per ben due volte il Corpus nomina la popolazione dei Belgi: nel primo caso si tratta dell‘eplicitazione del soggetto del participio egressi, nel secondo caso l‘espressione «dei Belgi in fuga» rende il più generico eorum fugientium, sottolineando con enfasi crescente nel capitolo 11 la posizione precaria degli hostes Romanorum. 7.1) Il recupero di Cesare nel Cinquecento Altrettanto interessante e proficuo è procedere al confronto con una traduzione antica. Nel Cinquecento, in particolare, numerose sono le versioni del De Bello Gallico, a testimonianza dell‘interesse nei confronti della classicità. Tra queste si può citare quella del Palladio, allievo del Trissino, che presenta un costrutto molto vicino al testo latino, con prevalenza della forma implicita dei participi. 8) Participi latini e italiani: raccontare con la fabula o con l’intreccio? Il participio latino rende in modo puntuale l‘ordine cronologico degli avvenimenti attraverso il gioco della fabula: la narrazione risulta perfettamente coincidente con il dipanarsi degli eventi: tale espediente intensifica il ritmo narrativo e contribuisce ad una comprensione più immediata dei contenuti espressi. In italiano la disposizione dei participi favorisce la resa dell‘intreccio: la narrazione degli eventi risulta caratterizzata da maggior libertà ed è meno attendibile per il lettore a cui si richiede una rapida e spesso ―inconscia‖ ricostruzione degli avvenimenti in questione. A titolo di esempio, si può considerare il rapporto fabula/intreccio nel seguente passo tratto dal libro II, cap. 10 del De Bello Gallico. Hostes impeditos nostri in flumine adgressi magnum eorum numerum occiderunt; per eorum corpora reliquos audacissime transire conantes multitudine telorum reppulerunt primosque qui transierant equitatu circumventos interfecerunt. 106 ROSSELLA BERNASCONE Chasing Catullus Per quanto riguarda le variazioni nell‘ordine cronologico-causale, i verbi che incontriamo nel passo latino in questione sono i seguenti, disposti in quest‘ordine: Latino 1 impeditos 2 adgressi 3 occiderunt 4 transire conantes 5 reppulerunt 6 qui transierant 7 circumventos 8 interfecerunt 4 6 che tentavano di che erano passare riusciti a passare 7 circondati 8 furono uccisi La fabula viene completamente rispettata. Italiano.1: versione di Carena 2 assaliti 1 i nemici in grande difficoltà 3 uccisero 5 respinser o Nella traduzione di Carena, l‘ordine viene solo parzialmente rispettato, la fabula risulta talora alterata a favore dell‘intreccio. Italiano.2: versione di Lana, Pennacini 2 1 il nemico mentre si venne trovava aggredito impacciato 3 subì perdite gravissime 4 tentarono di compiere il guado 5 vennero ricacciati indietro 6 7 che ne vennero emersero circondati 8 e abbattuti La versione di Lana, Pennaccini è la più vicina alla fabula, è quella che segue maggiormente l‘ordo naturalis latino. Italiano.3: versione del Corpus 2 1 li assalirono mentre stavano attraversando il fiume ed erano in difficoltà 3 uccisero 5 respinsero 4 che tentavano di passare 7 circondarono 8 uccisero 6 i primi giunti La traduzione proposta dal Corpus è la meno aderente alla fabula e stravolge l‘ordine cronologico latino. L‘analisi è stata poi estesa: a) alle lingue francese, inglese, tedesco, come si può notare nel prospetto: il francese e il tedesco risultano più vicini alla struttura latina, mentre se ne discosta alquanto l‘inglese. Francese 2 on les 1 qui gênait leurs 3 on l’en tua 4 essayaient de les 5 6 7 ceux qui avaient les 8 ils furent 107 108 attaqua mouvements passer repoussa déjà passé enveloppa massacré Inglese 2 1 attacking disordered enemy 3 slew a great part of them 5 they drove back 4 who were attempting to pass 7 surronded 8 cut to pieces 6 those who had first crossed the river Tedesco 2 1 griffen die die… keinen Gegner Widerstand an leisten konnten töteten 3 4 versuchten über den Fluss zu kommen 5 trieb sie… zurück 7 kreiste die ein 6 8 die als erste tötete ans Ufer gelangt waren b) alle traduzioni fornite dagli allievi, dove la fabula è stata piuttosto alterata a favore dell‘intreccio, nel tentativo di ricostruire in maniera dinamica le fasi dello scontro: il punto di partenza diventano i Romani aggressori, con significativa inversione tra impeditos e adgressi. Si noti anche l‘inversione finale tra qui transierant e intefecerunt, in cui circumventos viene posto in posizione intermedia, in quanto probabilmente inteso come circostanza che concorre alla disfatta, ausiliare rispetto all‘azione espressa dal verbo interfecerunt. La domanda del questionario: ―la narrazione avviene secondo un ordine artificiale o naturale?‖, rivela la percezione da parte degli studenti (buona parte, non tutti) che il latino tende a salvaguardare un ordine ―abbastanza naturale‖ dei fatti e con un maggior grado di sintesi, grazie al participio, rispetto all‘italiano. Latino 1 2 impeditos adgressi 3 occiderunt 4 transire conantes 5 reppulerunt 6 7 qui circumventos transierant 8 interfecerunt A) «I nostri avendo aggredito i nemici impacciati nel fiume uccisero la maggior parte di loro, tentando valorosamente di tralasciare i loro restanti corpi e spinsero con una moltitudine di dardi i primi che erano sfuggiti li uccisero circondandoli con la cavalleria.» 2 1 avendo impacciati aggredito 3 uccisero 4 tentando di tralasciare 5 spinsero 6 8 che erano uccisero sfuggiti 7 circondandoli B) «I nostri assalirono i nemici impacciati nel fiume uccisero un grande numero di loro; respinsero con una moltitudine di frecce quelli che cercavano di passare attraverso i corpi di quelli e uccisero i primi che avevano attraversato dopo averli circondati dalla cavalleria.» 2 assalirono 1 3 impacciati uccisero 5 respinsero 4 quelli che cercavano di passare 8 uccisero 6 i primi che avevano attraversato 7 dopo averli circondati 108 ROSSELLA BERNASCONE Chasing Catullus C) «I nostri aggredendo i nemici impacciati nel fiume, uccisero un gran numero di loro; respinsero con una moltitudine di dardi i rimanenti che tentavano di passare audacemente attraverso i corpi loro e i primi uccisi che avevano attraversato circondati con la cavalleria.» 2 1 3 aggredendo impacciati uccisero 5 respinsero 4 i rimanenti che tentavano di passare 8 uccisi 6 7 che circondati avevano attraversato D) «I nostri dopo aver assalito nel fiume i nemici impacciati uccisero un gran numero di loro; tentando di oltrepassare molto arditamente tutti gli altri per i loro corpi li scostarono con una moltitudine di dardi e distrussero i primi che avevano oltrepassato cinti dalla cavalleria.» 2 dopo aver assalito 1 3 impacciati uccisero 4 5 tentando di scostarono oltrepassare 8 distrussero 6 7 che cinti avevano oltrepassato E) «Fermati i nemici nel fiume, i nostri, dopo averli assaliti, ne uccisero un gran numero e tennero fermi i superstiti, che provavano a passare con molta audacia attraverso i corpi, con una moltitudine di proiettili, e uccisero i primi che avevano attraversato dopo averli circondati con la cavalleria.» 1 fermati 2 dopo averli assaliti 3 uccisero 5 tennero fermi 6 che provavano a passare 8 uccisero 6 7 che dopo averli avevano circondati attraversato F) «I nostri bloccati e assaliti i nemici nel fiume uccisero un gran numero di loro; respinsero con una moltitudine di frecce i rimanenti che tentavano in modo coraggiosissimo di passare attraverso i corpi dei loro e dopo averli circondati annientarono con la cavalleria i primi che erano transitati.» 1 2 bloccati assaliti 3 uccisero 5 respinsero 4 7 che tentavano dopo averli di passare circondati 8 6 annientar che erano ono transitati 8) Conclusioni A conclusione del lavoro, pare opportuno mettere in rilievo alcuni passaggi emersi in fase di elaborazione del materiale che potrebbero prestarsi ad ulteriori approfondimenti e discussioni. Nell‘aspirazione, profondamente sentita in questi tempi, ad una comunità culturale europea, la traduzione acquista una valenza particolarmente significativa: da una matrice comune, il latino, si può infatti dire ―quasi la stessa cosa‖ (usando una definizione di Eco) in modi diversi, sia nella traduzione contrastiva italiana, sia nelle lingue romanze e germaniche. Anche a scuola, fondamentale è sollecitare gli alunni a procedere in questa direzione, poiché l‘esercizio della versione mobilita le competenze lessicali per la scelta del vocabolo più adatto, favorendo anche una corretta produzione in italiano, induce un habitus critico e investigativo nei confronti della lingua, incrementando l‘attitudine logica e la consapevolezza delle strutture che regolano gli usi della lingua stessa, a maggior ragione in un liceo classico con indirizzo linguistico, dove il latino funge da ―ponte‖ tra le lingue romanze e quelle germaniche. 109 110 A livello psicologico si rende necessario un duplice ordine di osservazioni, che investono il piano dell‘interpretazione e della traduzione. Più volte negli ultimi anni è stata ribadita la centralità del testo in lingua originale nella pratica didattica, inteso come occasione unica ed irripetibile per avvicinare il pensiero di un autore, salvaguardandone la specificità strutturale, lessicale e stilistica. Il lavoro svolto ha dunque richiamato la necessità di condurre al triennio del liceo – e con particolare riguardo nell‘indirizzo linguistico - un lavoro di tipo contrastivo, in modo da guidare l‘allievo a percepire l‘unicità del testo in lingua originale. Nel caso specifico, la traduzione di Carena, ad un primo impatto didatticamente più fruibile, perché più aderente all‘impianto di Cesare, potrebbe costituire la tappa iniziale di un percorso in cui inserire anche le versioni di Lana, Pennacini, e del Corpus, per sottolineare, accanto alla resa dei participi e alla questione della diatesi, le peculiarità interpretative date dalle notazioni aggiuntive di cui si è precedentemente dibattuto. Ciò permetterebbe di rilevare che ogni operazione di traduzione comporta sempre anche un‘operazione di ―mediazione‖ da parte del curatore, che si fa portatore di un proprio indirizzo interpretativo attraverso le scelte lessicali e morfosintattiche nella resa definitiva. Va inoltre precisato che i processi di traduzione e interpretazione del testo assumono una valenza psicologica più ampia, perché possono fornire un valido strumento di incontro e confronto con la personalità dell‘allievo. Il laboratorio di lingua, a partire dalla formulazione e dalla verifica collettiva di ipotesi diversificate, agevola infatti l‘approfondimento del dialogo educativo, incoraggiando la partecipazione attiva dell‘allievo alla costruzione della conoscenza; mediante l‘approccio problematico dell‘insegnante alle proposte di traduzione e di interpretazione degli allievi, è quindi possibile favorire la maturazione del pensiero divergente e il contatto empatico fra diversi punti di vista. L‘allievo è così progressivamente indotto ad interrogarsi in modo autonomo sulla validità e sull‘efficacia dei propri prodotti e, su un piano più generale, a investire l’habitus critico acquisito con l‘analisi linguistica anche negli altri campi del sapere. In definitiva, la centralità della traduzione è corroborata da molteplici supporti letterari: Davanzati che traduce Tacito, Puoti che traduce Nepote, Alfieri che traduce Sallustio, scrivevano in italiano con un‘anima latina, risolvendo il loro insegnamento nel passaggio dal testo in lingua originale al testo in traduzione, nel duplice intento di approfondire la conoscenza della lingua antica e di quella coeva. D‘altronde ancora Leopardi sosteneva che per acquisire consapevolezza della propria lingua, bisogna tradurre dai Greci e dai Latini. 110 ROSSELLA BERNASCONE Chasing Catullus C. Autilio, A. Testa Appendice 1. Applicazione diddattica A a) Materie coinvolte: latino. b) Contesto di programmazione: classi III L e III F, liceo linguistico. c) Produzione scritta: versione. È stata assegnata una versione, un brano tratto dal capitolo 10 del II libro (fino a reverti). Il passo è stato somministrato nelle due classi nel mese di novembre 111 112 2005, dopo una fase di ripasso delle diverse funzioni sintattiche del participio latino ed è stata valutata come terza prova sommativi del trimestre. Gli obiettivi prefissati sono stati i seguenti: - applicazione delle regole acquisite, con particolare attenzione all‘uso dei participi; - capacità di tradurre, di comprendere il testo e di renderlo in forma corretta nella lingua d‘arrivo. d) Produzione orale: questionario. Sempre nel mese di novembre alle stessi classi è stato somministrato un questionario (Cesare II libro, capitoli 10 e 11), conteggiato come una delle valutazioni orali del trimestre. Gli obiettivi prefissati sono stati i seguenti: - individuazione, analisi e traduzione dei participi; - comprensione dei nuclei informativi presenti nel testo; - individuazione delle tecniche narrative e stilistiche riscontrate nel passo, con particolare attenzione ai participi. Per entrambe le classi, sia per la versione sia per il questionario è stata strutturata un prospetto di analisi dei risultati con la conseguente creazione di un corpus errorum. Per quanto concerne la produzione scritta, in una classe sono emersi risultati mediamente accettabili, nell‘altra globalmente buoni. Gli errori più ricorrenti nella versione entrambe le classi hanno riguardato l‘errata concordanza di hostis con adgressi, mentre alcuni alunni non hanno concordato reliquos a conantes,falsando la struttura sintattica del periodo. Relativamente alla roduzione orale, in entrambe le classi alcuni allievi, nella parte morfologica, non hanno indicato il valore attributivo di impeditos, mentre nessuno ha precisato che veritus e prosecuti sono participi passati con valore anche di participio presente; una minoranza non ha individuato la corretta derivazione di adorti. Ai quesiti di comprensione, di interpretazione dei nuclei semantici e di analisi stilistica, gli alunni di entrambe le classi hanno risposto correttamente forse perché già abituati a questo lavoro di analisi testuale in italiano. Problematica si è rivelata soltanto la risposta sul rapporto fabula/intreccio nei participi latini e italiani. Comunque per l‘orale in entrambe le classi gli esiti si sono attestati su di un livello soddisfacente. 1.1) Analisi delle proposte operative (produzione scritta e orale) a) Classi coinvolte: III L; III F. b) Produzione scritta: versione. Cesare, De Bello Gallico, Ritirata strategica dei Remi (II, 10). Caesar certior factus ab Titurio omnem equitatum et levis armaturae Numidas, funditores sagittariosque pontem traducit atque ad eos contendit. Acriter in eo loco pugnatum est. Hostes impeditos nostri in flumine adgressi magnum eorum numerum occiderunt; per eorum corpora reliquos audacissime transire conantes multitudine telorum reppulerunt primosque, qui transierant, equitatu circumventos interfecerunt. Hostes, ubi et de expugnando oppido ed de flumine transeundo spem se 112 ROSSELLA BERNASCONE Chasing Catullus fefellisse intellexerunt neque nostros in locum iniquiorem progredi pugnandi causa viderunt atque ipsos res frumentaria deficere coepit, concilio convocato consituerunt optimum esse domum suam quemque reverti. c) Valutazione dello scritto: 10 - Comprensione perfetta delle funzioni morfo-sintattiche e del significato del testo, eccellente la forma della traduzione in lingua italiana. 9 - Comprensione totale delle strutture e del significato del testo. Buona la forma della traduzione in italiano. Sono accettabili imperfezioni a livello lessicale e due- tre errori morfo-sintattici. 8 - Buona comprensione delle strutture e del significato del testo. Quasi buona la traduzione in italiano. Accettabili quattro-cinque errori morfo-sintattici o lessicali, purché non compromettano la comprensione del testo. 7 - Discrete la comprensione del testo e la forma della traduzione in italiano. Accettabili sei-sette errori morfo-sintattici o lessicali. 6 - La traduzione rivela che nel complesso è stato colto il significato globale del testo, pur con la presenza di otto-nove errori morfo-sintattici o lessicali o lacune di brevi frasi o proposizioni errate. 5 - Frequenti le incomprensioni delle funzioni mrfo-sintattiche e del significato del testo. Traduzione talvolta scoordinata. Dieci-dodici errori morfo-sintattici o lessicali o lacune di frasi o proposizioni errate. 4 - Scarsa e molto limitata la comprensione delle funzioni morfo-sintattiche. Traduzione scoordinata. Numerosi errori morfo-sintattici, lacune di interi periodi non tradotti. 3 - Comprensione quasi nulla del testo per notevoli difficoltà nel riconoscere le strutture morfosintattiche. Traduzione assai lacunosa e scoordinata. 2 - Comprensione nulla e assoluta incapacità di riconoscere le strutture morfo-sintattiche. 1 - Prova non svolta. d) Corpus errorum (produzione scritta). Classe III L; scritto svolto in data 17/11/2005. Nella traduzione della versione, gli errori più ricorrenti sono stati i seguenti: - certior factus: traduzione errata; - acriter […] pugnatum est: molto problematica si è rivelata la traduzione del periodo, soprattutto per l‘errata concordanza di hostes con adgressi; - per […] interfecerunt: molti alunni non hanno concordato reliquos a conantes; Classe III F; scritto svolto in data 30/11/2005. Nella traduzione della versione, gli errori più ricorrenti sono stati i seguenti: - hostes […] occiderunt: 3 alunni hanno concordato adgressi con impeditos; - per […] interfecerunt: 1 alunno ha indicato reliquos come soggetto, compromettendo anche la traduzione dei participi. e) Produzione orale: questionario. 10) (1) Caesar certior factus ab Titurio omnem equitatum et levis armaturae Numidas, funditores sagittariosque pontem traducit atque ad eos contendit. Acriter in eo loco pugnatum est. (2) Hostes impeditos nostri in flumine adgressi magnum eorum numerum occiderunt; (3) per eorum corpora reliquos audacissime transire conantes multitudine telorum reppulerunt primosque qui transierant equitatu circumventos interfecerunt. (4) Hostes ubi et de expugnando oppido et de flumine transeundo spem se fefellisse intellexerunt, neque nostros in loco iniquiorem progredi pugnandi causa viderunt, atque ipsos res frumentaria deficere coepit, concilio convocato constituerunt optimum esse domum suam quemque reverti et quorum in fines primum Romani exercitum introduxissent, ad eos defendendos undique convenire, ut potius in suis quam in alienis finibus decertarent et domesticis copiis rei frumentariae uterentur. (5) Ad eam sententiam cum reliquis causis haec quoque ratio eos deduxit, quod Diviciacum atque Haeduos finibus Bellovacorum adpropinquare cognoverant. His persuaderi ut dutius morarentur neque suis auxilium ferrent non poterat. 11) (1) Ea re constituta secunda vigilia magno cum strepitu ac tumultu castris egressi nullo certo ordine neque imperio, cum sibi quisque primum itineris locum peteret et domum pervenire properaret, fecerunt ut consimilis fugae profectio videretur. (2) Hac re statim Caesar per speculatores cognita insidias veritus, quod qua de causa discederent nondum perspexerat, exercitum equitatumque castris continuit. (3) Prima luce confirmata re ab exploratoribus omnem equitatum qui novissimum agmen moraretur, praemisit eique Quintum Pedium et Lucium Aurunculeium Cottam legatos praefecit; Titum Labienum legatum 113 114 cum legionibus tribus subsequi iussit. (4) Hi novissimos adorti et multa milia passuum prosecuti magnam multitudinem eorum fugientium conciderunt, cum ab extremo agmine ad quos ventum erat consisterent fortiterque impetum nostrorum militum sustinerent, (5) priores quod abesse a periculo viderentur neque ulla necessitate neque imperio continerentur, exaudito clamore perturbatis ordinibus omnes in fuga sibi praesidium ponerent. (6) Ita sine ullo periculo tantam eorum multitudinem nostri interfecerunt, quantum fuit diei spatium, sub occasumque solis sequi destiterunt seque in castra, ut erat imperatum, receperunt. 10 (1) Cesare, …………. da Titurio, fa passare il ponte a tutta la cavalleria e ai Numidi armati alla leggera, ai frombolieri e agli arcieri e si dirige verso i nemici. In quel luogo si combatté duramente. (2) I nostri ……… i nemici …………… nel fiume, ne uccisero in gran numero; (3) con una moltitudine di proiettili respinsero gli altri che con audacia straordinaria ……………….. di passare sui corpi dei morti, i primi che erano riusciti a passare. ………………. dalla cavalleria, furono uccisi. (4) I nemici, quando compresero che era venuta loro meno la speranza sia di espugnare la città sia di passare il fiume e videro che i nostri non avanzavano in luogo sfavorevole per combattere e cominciò a mancar loro la vettovaglia, ………….. l‘assemblea, stabilirono essere ottima cosa che ciascuno tornasse in patria e tutti da ogni parte convenissero a difendere quelle popolazioni, i cui paesi per primi fossero invasi dall‘esercito romano; che combattessero piuttosto nel proprio paese che nell‘altrui e che usufruissero delle vettovaglie di casa. (5) A tale decisione con le altre cause li condusse anche questa ragione, che avevano saputo che Diviziaco e gli Edui si appressavano al paese dei Bellovaci. Non avevano potuto persuadere questi ultimi a fermarsi più a lungo e a non portare aiuto ai loro concittadini. 11 (I) …………….. questa decisione, …………… dal campo nella seconda vigilia con grande strepito e tumulto, senza alcun ordine stabilito né comando, cercando ognuno di prendersi il primo posto nella marcia e affrettandosi per giungere a casa , fecero sì che la partenza paresse simile ad una fuga. (2) Cesare, …………… subito la cosa per mezzo degli esploratori, ……….. insidie, perché non aveva ancora visto chiaramente per quale causa se ne andassero, tenne l‘esercito e cavalleria nel campo. (3) All‘alba …………. la cosa dagli esploratori, mandò innanzi tutta la cavalleria perché ritardassero la marcia della retroguardia. Ne mise a capo i luogotenenti Quinto Pedio e Lucio Aurunculeio Cotta; ordinò che il luogotenente Tito Labieno seguisse subito con tre legioni. (4) Queste ………… gli ultimi e avendo mantenuto il contatto per molte miglia uccisero un gran numero ……………, mentre la retroguardia, che era stata raggiunta, si era arrestata e sosteneva valorosamente l‘assalto dei nostri soldati, (5) quelli che marciavano davanti, poiché pareva loro di essere lontani dal pericolo né erano trattenuti da alcuna necessità né autorità ……………. le grida …………………. le schiere, tutti cercarono riparo nella fuga. (6) Così senza alcun pericolo i nostri ne uccisero tanti quanti lo spazio del giorno consentì, e approssimandosi il tramonto si arrestarono e, come era stato loro ordinato, si ritirarono al campo. Griglia - punteggio 1) Sottolineate i participi (0,5); 2) Fatene l‘analisi, indicando da quale verbo derivano (3); 3)Inserite nelle parti mancanti i participi tradotti in italiano (1,5); 4) Qual è l‘azione svolta da Titurio? (0,2); 5) A chi si riferiscono conantes e circumventos? (0,2); 6) Quale funzione narrativa presenta l‘intensificarsi dei participi ai paragrafi 1-2-3? (1); 7) Qual è la decisione dei nemici in seguito alla convocazione dell‘assemblea? (0,2); 8) Ea re constituta: a cosa si riferisce? (0,2); 9) Veritus insidias: a cosa si riferisce? chi è che teme? quali possono essere le insidie? (0,5); 10) Come reagiscono i fuggiaschi? in che modo i primi e la retroguardia si comportan0o differentemente? (0,2); 11) Come si conclude il tentativo di fuga dei nemici? (0,5); 11) Exaudito clamore perturbatis ordinibus [...], perché manca la punteggiatura? (0,5); 12) Vi sembra che l‘uso dei participi renda la fabula? perché? (0,5) 13) L‘uso del participio vi sembra più conciso in italiano o in latino? perché e in quali casi? (0,5) e) Corpus errorum (produzione orale). Classe III L. Il questionario rivela i seguenti dati: - sottolinea i participi. La totalità degli alunni non ha evidenziato difficoltà nell‘individuazione dei participi contenuti nel brano. - Analisi dei participi (esercizi di completamento). L‘analisi dei participi è stata effettuata in modo generalmente corretto. Gli alunni hanno preferito tradurre attraverso la forma implicita. Solo una minoranza ha esplicitato il valore dei participi. Gli errori più frequenti sono stati i seguenti: impeditos: alcuni alunni non hanno individuato il valore attributivo del participio. 114 ROSSELLA BERNASCONE Chasing Catullus veritus: nessun alunno ha precisato che si tratta di un participio passato che ha anche valore di presente; veritus è stato tradotto con un participio passato. adorti: 3 allievi non hanno individuato la corretta derivazione, facendo derivare adorti da adhortor; hanno perciò tradotto in modo errato. prosecuti: nessun alunno ha precisato che si tratta di un participio passato con valore anche di participio presente. La traduzione è stata resa attraverso il participio passato. fugientium: 5 persone non hanno indicato il valore di participio sostantivato, 2 di queste non hanno neppure compreso che si tratta di un genitivo plurale. La traduzione di questi allievi è perciò risultata errata. - Qual è l’azione svolta da Titurio? La maggioranza della classe ha individuato correttamente l‘azione svolta da Titurio. - A chi si riferiscono conantes e circumventos? La quasi totalità della classe ha riferito correttamente conanantes e circumventos a hostes. - Quale funzione narrativa presenta l’intensificarsi dei participi ai paragrafi 1-2-3 ? La maggior parte degli allievi ha individuato nella forte concentrazione dei participi il senso di impotenza dei nemici, nonché l‘accelerazione del ritmo di scrittura che rende la velocità dell‘azione. Le risposte risultano quindi accettabili. - Qual è la decisione dei nemici in seguito alla convocazione dell’assemblea? La quasi totalità della classe ha risposto in modo pertinente. - A che cosa si riferisce Ea re constituta? La totalità della classe ha risposto in modo pertinente. - Veritus insidias. 2 persone non hanno saputo rispondere a questa domanda; quasi tutti hanno compreso a chi si riferisce veritus, ma non hanno precisato quali possono essere le insidie. - Come reagiscono i fuggiaschi? in che modo i primi e la retroguardia si comportano differentemente? come si conclude il tentativo di fuga dei nemici ? La totalità della classe ha risposto in modo corretto. - Exaudito clamore perturbato ordinibus: perché manca la punteggiatura? La maggioranza della classe ha risposto che la mancanza di punteggiatura rende il ritmo più veloce ed incalzante, suggerendo l‘idea di una fuga precipitosa: la risposta è da intendersi corretta. - Vi sembra che l’uso dei participi latini renda la fabula? perché? 12 alunni hanno fornito una risposta errata: alcuni hanno mostrato di non conoscere neppure il significato di fabula. Classe III F. Il questionario rivela i seguenti dati: - sottolinea i participi: La totalità della classe non ha evidenziato difficoltà nell‘individuazione dei participi. - Analisi dei participi (esercizi di completamento). L‘analisi dei participi è stata effettuata in modo generalmente corretto. Gli alunni hanno preferito tradurre attraverso la forma implicita: solo una minoranza ha esplicitato il valore dei participi. Gli errori più frequenti sono stati i seguenti: impeditos: alcuni alunni non hanno individuato il valore attributivo del participio; veritus: nessun allievo ha precisato che si tratta di un participio passato con valore anche di participio presente. La traduzione è stata resa attraverso il participio passato; prosecuti: nessun alunno ha precisato che si tratta di un participio passato con valore anche di participio presente. La traduzione è stata resa attraverso il participio passato; fugientium: 3 persone non hanno precisato il valore di participio sostantivato. 2. Applicazione didattica B a) Materie coinvolte: latino e francese. 115 116 b) Contesto di programmazione: classe IV, liceo linguistico. c) Modalità: il brano è stato proposto come prova di verifica in una classe IV di indirizzo linguistico, contestualmente alle prove sommative previste per la valutazione scritta del trimestre, ed è stato somministrato dopo una breve fase di ripasso in itinere delle diverse funzioni sintattiche del participio latino. La prova di traduzione è stata assegnata anche dal latino al francese come esercizio formativo. L'indirizzo linguistico, in cui il latino è inteso come base portante e unificatrice nello studio delle lingue moderne, ha orientato la costruzione della prova, tesa a verificare i seguenti ordini di obiettivi: - competenza nel passaggio dalla lingua di partenza alla lingua di arrivo; - competenza nell‘individuazione e comprensione dei nuclei narrativi; - competenza nell‘analisi delle strutture morfosintattiche e del lessico. La struttura della verifica risulta pertanto bipartita: - I parte: si tratta di una sezione introduttiva, più breve, in cui si richiede la traduzione dei primi due paragrafi del brano proposto; - II parte: si tratta di una sezione più ampia, costituita da un questionario su aspetti morfosintattici, lessicali e di comprensione del testo, con particolare riguardo per l'analisi e la resa dei participi presenti, per un totale di nove quesiti. Per quanto concerne i criteri di valutazione adottati, sono stati attribuiti punteggi differenti a seconda del grado di ampiezza e di difficoltà delle domande, che risultano così ripartiti: - punteggio massimo per la traduzione: 6 punti; - punteggio massimo per il questionario: 14 punti; - punteggio totale della prova: 20 punti; - voto in decimi = 20 : 2. Per meglio circoscrivere l‘aspetto valutativo occorre un‘ulteriore precisazione relativa agli indicatori. Per la traduzione sono state distinte le seguenti tipologie di errore: - errori lessicali, a cui è stata attribuita una gravità oscillante tra 0,25/0,50 punti; - errori morfologici, a cui è stata attribuita una gravità pari a 0,25 punti; - errori sintattici, a cui è stata attribuita una gravità oscillante tra 0,50/1 punti; - errori di comprensione del testo a cui è stata attribuita una gravità oscillante tra 0,50/1 punti; - eventuali omissioni, calcolabili da 0,50 punti a 1 punto a seconda dell‘entità. 116 ROSSELLA BERNASCONE Chasing Catullus Le proposte di verifica sono accompagnate da due prospetti di analisi dei risultati che mettono in rilievo le difficoltà più frequentemente incontrate dagli allievi e le tipologie di errore; segue infine la presentazione di una serie di risposte campione, emblematiche dell‘andamento generale della prova. d) Testo della prova. 1. Caesar certior factus ab Titurio omnem equitatum et levis armaturae Numidas, funditores sagittariosque pontem traducit atque ad eos contendit. Acriter in eo loco pugnatum est. 2. Hostes impeditos nostri in flumine adgressi magnum eorum numerum occiderunt; 3. per eorum corpora reliquos audacissime transire conantes multitudine telorum reppulerunt primosque qui transierant equitatu circumventos interfecerunt. 4. Hostes ubi et de espugnando oppido et de flumine transeundo spem se fefellisse intellexerunt, neque nostros in locum iniquiorem progredi pugnandi causa viderunt, atque ipsos res frumentaria deficere coepit, concilio convocato constituerunt optimum esse domum suam quemque reverti, et quorum in fines primum Romani exercitum introduxissent, ad eos defendendos undique convenire, ut potius in suis quam in alienis finibus decertarent et domesticis copiis rei frumentariae uterentur. - I parte: traduci i primi tre paragrafi del brano proposto (fino a interfecerunt). Punteggio complessivo = 6 punti. - II parte: questionario (punteggio complessivo = 14 punti). A) Comprensione del testo 1) Quale azione di Titurio viene riportata nel paragrafo 1? 2) Ricostruisci le fasi dello scontro narrate da Cesare nei paragrafi 2 e 3. La narrazione dei fatti avviene secondo un ordine naturale o artificiale? 3) Quale decisione viene presa dai nemici nel corso dell‘assemblea di cui si parla al paragrafo 4? 4) Sulla base dell‘analisi contenutistica condotta, assegna un titolo adeguato al passo proposto. B) Morfosintassi 1) Individua i participi presenti nei primi tre paragrafi, svolgine l‘analisi grammaticale e indica per ciascuno di essi la funzione sintattica ricoperta. 2) Concilio convocato (par. 4): di che costrutto si tratta? Illustra la regola. 3) Il passo è ricco di determinazioni di luogo: individuale e sottolineale direttamente sul testo. 4) Analizza la proposizione qui transierant (par. 3) e la proposizione ut […] decertarent […] uterentur (par. 4). C) Lessico 1) Quale area semantica risulta prevalente nel passo? Punteggio totale della prova = 20 punti Voto in decimi = …………./ 10 e) Corpus errorum. Parte I: errori frequenti e resa italiana. L‘analisi della traduzione rivela i dati seguenti in merito alla resa dei participi: - Certior factus. Prevale la resa implicita mediante participio, aderente al testo di partenza: «informato, reso consapevole, messo a conoscenza». In alcuni casi il participio è esplicitato in una proposizione subordinata temporale, che mette in rilievo il rapporto tra le azioni espresse dalle forme verbali coinvolte: «dopo che venne informato da Titurio, dopo essere stato informato da Titurio». Emerge in un caso il tentativo di rendere il participio con una proposizione esplicita indipendente, ponendo dunque le azioni espresse dai tempi verbali sullo stesso piano: «Cesare è informato da Titurio». - Adgressi […] impeditos. Il periodo in questione si è rivelato in qualche caso particolarmente problematico. Alcuni compiti presentano infatti errori di concordanza che possono essere così raggruppati: a) concordanza di hostes con adgressi; b) collegamento tra impeditos e adgressi, come rivelano le tre versioni «che avevano difficoltà ad avvicinarsi / impediti nell‘avvicinarsi / impediti di poter attaccare». Prevale anche in 117 118 questo caso la resa in forma implicita: adgressi, «assaliti, aggrediti». Emerge in qualche prova, come nel caso precedentemente considerato, il tentativo di rendere il participio con una proposizione esplicita temporale: «dopo aver assalito, dopo aver avvicinato». Impeditos: «impacciati, ostacolati, impediti». Anche qui, talora, con resa esplicita: «che avevano difficoltà». - Conantes. La resa esplicita si alterna alla resa con il gerundio semplice, che compromette la corretta traduzione e interpretazione del brano: «che tentavano di passare, che tentavano di attraversare tentando di passare». Si registra un tentativo di trasformare il participio in questione in una proposizione indipendente esplicita: «tentarono di passare». - Circumventos. Prevale la resa implicita mediante participio, aderente al testo di partenza: «essendo circondati, circondati dai cavalieri, accerchiati». In alcuni casi il participio è sciolto in una proposizione indipendente esplicita che pone sullo stesso piano le azioni espresse dalle due forme verbali: «circondarono con i cavalieri e uccisero». Il participio in questione ha creato tuttavia in un buon numero di casi una serie di ambiguità interpretative e versioni scarsamente rispettose del testo di partenza, derivanti da errori di struttura: «uccisero coloro che circondavano con la cavalleria», «i cavalieri circondati / accerchiati i cavalieri» (come se si trattasse di un ablativo assoluto). I risultati conseguiti nel quesito di traduzione si mostrano, nel complesso, mediamente accettabili. In primo luogo appare abbastanza evidente come il participio venga reso nella maggioranza dei casi attraverso strutture implicite, compatibilmente con il testo di partenza e forse per un certo "reverenziale" timore nei confronti di strutture talora fortemente sintetiche e di delicata interpretazione. Ciò crea in alcuni casi una certa ―rigidità‖ della traduzione, anche laddove l‘allievo raggiunga un discreto livello di analisi e di comprensione del testo di partenza, come attestano i quesiti aperti, e porta sovente alla formulazione delle proposizioni in un' "interlingua" su cui è necessario intervenire, affinché l'allievo maturi la consapevolezza dell'inapplicabilità della stessa a livello standard e neostandard. Parte II: errori frequenti, comprensione e interpretazione. L‘analisi del questionario rivela i dati seguenti: Quale azione di Titurio viene riportata La maggioranza degli allievi ha mostrato difficoltà nel paragrafo 1? nell‘isolare l‘azione di Titurio; in alcuni casi, inoltre, sono stati inseriti commenti aggiuntivi poco pertinenti al contesto di riferimento. Ricostruisci le fasi dello scontro narrate La maggioranza delle risposte ha ottenuto esito da Cesare nei paragrafi 2 e 3. La positivo: le fasi dello scontro sono state ricostruite in narrazione dei fatti avviene secondo un modo puntuale e nel rispetto di ruoli e funzioni delle ordine naturale o artificiale? diverse componenti in gioco. Per quanto riguarda la questione del rapporto tra fabula e intreccio, buona parte delle risposte propende per un ordine naturale/ abbastanza naturale dei fatti. Qualche allievo fa in proposito notare che il participio contribuisce a rendere in modo incalzante la successione degli eventi. Emerge talora una ricostruzione errata della fase decisiva dello scontro, su cui incide probabilmente l‘erronea interpretazione del participio circumventos, di cui sopra: risulta allora che i «cavalieri vengono accerchiati e uccisi / annientati» e, nei casi più gravi, che «i Romani sono circondati e uccisi». Il livello di analisi risulta complessivamente buono. Quale decisione viene presa dai nemici Come nel caso del quesito 1, la maggioranza degli allievi nel corso dell‘assemblea di cui si parla al ha mostrato difficoltà nell‘individuare la decisione dei paragrafo 4? nemici: le risposte risultano non errate, bensì parziali e perciò incomplete. 118 ROSSELLA BERNASCONE Chasing Catullus Sulla base dell‘analisi contenutistica Le proposte interessate dagli allievi contribuiscono a condotta, assegna un titolo adeguato al chiarire la qualità dell‘interpretazione personale: nel passo proposto. complesso, salvo rare eccezioni, esse partono da un livello basilare di comprensione del testo. Alcuni titoli mostrano invece la volontà di calarsi nel pensiero dell‘autore e nel contenuto del testo, senza trascurare l‘incisività stilistica. Individua i participi presenti nei primi Il maggior numero di errori riguarda la corretta tre paragrafi, svolgine l‘analisi individuazione della diatesi, in pochi casi del tempo; a grammaticale e indica per ciascuno di seguire si notano in alcune prove lacune nella essi la funzione sintattica ricoperta. segnalazione della funzione sintattica: particolari difficoltà ha suscitato in generale l‘individuazione della funzione attributiva del participio impeditos. Il livello di analisi risulta mediamente accettabile. Concilio convocato (par. 4): di che La totalità degli allievi ha correttamente individuato il costrutto si tratta? Illustra la regola. costrutto dell‘ablativo assoluto, anche se non sempre l‘illustrazione della regola si è rivelata esaustiva e unita ad una completa consapevolezza della stessa in rapporto al contesto. Il livello, globalmente, è tuttavia soddisfacente. Quale area semantica risulta prevalente La totalità degli allievi ha risolto il quesito con un buon nel passo? grado di precisione, anche se con livelli diversi di approfondimento, da sviluppi puramente elencativi dei termini presenti a commenti motivati degli stessi. Il livello è nel complesso soddisfacente. f) Prova didattica alternativa. Si propone qui di seguito la prova di recupero assegnata successivamente e impostata sul secondo dei brani individuati (Cesare, De bello Gallico, II 11). La prova si fonda sugli stessi criteri di costruzione e valutazione della precedente: 1 Ea re constituta secunda vigilia magno cum strepitu ac tumulto castris egressi nullo certo ordine neque imperio, cum sibi quisque primum itineris locum peteret et domum pervenire properaret, fecerunt ut consimilis fugae profectio videretur. 2 Hac re statim Caesar per speculatores cognita, insidias veritus, quod qua de causa discederent nondum perspexerat, exercitum equitatumque castris continuit. 3 Prima luce confirmata re ab exploratoribus omnem equitatum qui novissimum agmen moraretur, praemisit eique Quintum Pedium et Lucium Aurunculeium Cottam legatos praefecit; Titum Labienum legatum cum legionibus tribus subsequi iussit. 4 Hi novissimos adorti et multa milia passuum prosecuti magnam multitudinem eorum fugientium conciderunt, cum ab extremo agmine ad quos ventum erat consisterent fortiterque impetum nostrorum militum sustinerent, 5 priores quod abesse a pericolo viderentur neque ulla necessitate neque imperio continerentur, exaudito clamore perturbatis ordinibus omnes in fuga sibi praesidium ponerent. - I parte: traduci i primi due paragrafi del brano proposto (fino a continuit). Punteggio complessivo = 6 punti. - II parte: questionario (punteggio complessivo = 14 punti). A) Comprensione del testo 1) Quale azione dei nemici viene riportata nel paragrafo 1? 2) Che cosa teme Cesare da parte dei nemici? 3) Quali provvedimenti di Cesare vengono riportati nei paragrafi 2 e 3? 4) Sulla base dell‘analisi contenutistica condotta, assegna un titolo adeguato al passo proposto. B) Morfosintassi 1) Individua i participi presenti nei primi tre paragrafi, svolgine l‘analisi grammaticale e indica per ciascuno di essi la funzione sintattica ricoperta. 2) Ea re constituta (par. 1): di che costrutto si tratta? Illustra la regola e individua tutti gli altri costrutti analoghi presenti nel passo. 3) Il passo è ricco di determinazioni temporali: individuale e sottolineale direttamente sul testo. 4) Analizza la proposizione quod [...] perspexerat (par. 2) e la costruzione del verbo iussit (par. 3). C) Lessico 1) Quale area semantica risulta prevalente nel passo? 119 120 Punteggio totale della prova = 20 punti Voto in decimi = …………./ 10 120