12-19 marzo
Settimana nazionale di prevenzione del tumore alla prostata; l'iniziativa non va bene.
Ecografia transrettale; prostata normale (e speriamo che ci resti).
Partecipasalute La campagna di quest'anno replica l'iniziativa del 2007 che ricevette le
critiche delle associazioni di medicina generale e di epidemiologia (Partecipasalute).
I primi due obiettivi della campagna contengono informazioni che sono contraddette dalle
prove scientifiche a disposizione. Infatti, l'iniziativa ha come obiettivi:
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formazione e la sensibilizzazione della popolazione sulla necessità di
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In realtà, al momento le prove a disposizione inducono a concludere che non è
raccomandabile la diagnosi precoce del tumore della prostata perché non è dimostrato che i
possibili benefici superino i possibili danni per la salute. Per questo motivo l'American
College of Preventive Medicine non raccomanda lo screening tumore alla prostata
attraverso esplorazione rettale o esame del PSA.
Partecipasalute Già all'assemblea dei rappresentanti delle associazioni scientifiche
intervenute nel 2003 alla Consensus Conference italiana per discutere l'utilità di misurare il
PSA, è stata condivisa all'unanimità la seguente raccomandazione conclusiva: «Non esiste al
momento, in base all'evidenza scientifica, indicazione all'esecuzione dello screening di
soggetti asintomatici mediante PSA, sia quale provvedimento sanitario di "popolazione"
(invito attivo di residenti selezionati in base all'età), che "spontaneo" (raccomandazione alla
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soggetti asintomatici potrà essere prescritto in occasione di consultazione medica, a giudizio
del sanitario, in base agli elementi clinici a sua conoscenza e previa informazione del
paziente sui pro e contro della determinazione del marcatore in assenza di un sospetto
diagnostico o di fattori di rischio».
Sulla stessa linea si collocano le conclusioni di una ricerca condotta su 1.317 interventi
chirurgici (eseguiti nel ventennio tra il 1983 e il 2003) sul tumore della prostata, pubblicata
lo scorso ottobre sul Journal of Urology dal titolo "The prostate specific antigen era in the
United States is over for prostate cancer" (Negli Stati Uniti l'era del PSA come esame del
tumore alla prostata è finita): "Il largo uso dell'esame del PSA, e l'abbassamento della soglia
dei livelli di antigene prostatico oltre la quale si procede a una biopsia, possono aver causato
interventi inopportuni su un tumore a lenta crescita che provoca la morte di 226 ogni
100.000 uomini sopra i 65 anni". Insomma, molte delle prostate rimosse non dovevano
esserlo.
Come si argomentano queste differenze di opinione?
- Chi è a favore dello screening indiscriminato afferma che dove lo si fa si muore meno di
cancro alla prostata. Secondo un opuscolo informativo della campagna prevenzione
promossa dall'Association Columbus e l'Univeristà Cattolica: "Negli USA per il cancro
della prostata si registra il 15% dei decessi sul totale dei casi, mentre in Europa la
percentuale sale al 40%: le ragioni della differenza stanno nell'ampia diffusione del
dosaggio del PSA che consente la diagnosi precoce".
- Chi è a favore dell'esame sotto il consiglio del medico afferma che il numero dei morti,
negli anni che seguono uno screening di massa, non cambia: ad aumentare è solo il numero
delle diagnosi di cancro.
Chi ha ragione?
Tutti e due: si trovano tanti tumori che non avrebbero avuto conseguenze. Questo cancro
infatti è molto frequente. Secondo le statistiche dei ritrovamenti occasionali nelle autopsie
di maschi oltre i 50 anni, morti per un qualsiasi accidente della vita: il 30 per cento delle
prostate contiene un carcinoma (più l'età è avanzata più aumenta la percentuale), che nella
grande maggioranza dei casi non si è sviluppato e manifestato clinicamente.
Ecco cosa accade a 1000 uomini in salute, sopra i 50 anni, che fanno il test del PSA:
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evolutivi (sovradiagnosi) (stime dello studio randomizzato europeo ERSPC)
Non si sa se nei 10 carcinomi evolutivi la diagnosi precoce mediante PSA ottiene un
miglioramento della prognosi: anche in assenza di screening con PSA, 6 dei 10 carcinomi
vengono comunemente curati e guariti. Dei 4 che muoiono di malattia non è noto a quanti lo
screening può salvare la vita.
Il grafico sottostante descrive, in particolare, la situazione negli Stati Uniti, in cui si è fatto
grande uso del PSA come strumento di screening per trovare il tumore alla prostata.
Il numero dei casi diagnosticati aumenta vertiginosamente a partire dal 1986, anno di
introduzione del PSA. Dopo il picco negli anni novanta c'è una discesa: si trovano meno
tumori. E' come se a ridosso del 1990 sia stata introdotta una nuova rete a strascico: negli
anni immediatamente successivi si conta una grande quantità di pesce nelle reti, poi i livelli
si abbassano perché è stato pescato il pescabile.
La linea sottile rappresenta i morti per tumore alla prostata: è quasi una retta. Vuol dire che
a fronte di una moltiplicazione delle nuove diagnosi dopo l'era PSA, si continua a
morire come prima.
Ma che male c'è a trovare, prima che manifesti i suoi sintomi, un tumore alla prostata?
Chi si sottopone agli interventi chirurgici anzitempo, oltre a non avere vantaggi rispetto a
chi si cura più tardi (non guadagna anni di vita) deve convivere con i danni collaterali,
principalmente impotenza (secondo le fonti scientifiche tra il 60-70 per cento dei casi) e
incontinenza (nel 10-15 per cento dei casi).
Ecco allora ciò che può capitare nel 2004 a un sessantenne medio, sessualmente attivo, in
salute, di fronte a un opuscolo della settimana di prevenzione della prostata: deve decidere
se fare o meno il test gratuito.
a) Non lo fa: nel 2020 ha i primi sintomi del tumore, nel 2024 ne muore. Per la statistica è
una persona sopravvissuta solo 4 anni dalla diagnosi.
b) Lo fa: nel 2004 gli viene diagnosticato un tumore in fase precoce, viene operato. Rientra
sfortunatamente nel 60-70 per cento di chi diventa impotente dopo l'operazione
(fortunatamente non rientra in quel 10-15 che accusa incontinenza). Nel 2024 muore di
tumore alla prostata. Per la statistica è una persona sopravvissuta 20 anni dopo la diagnosi
precoce.
Ecco un grafico esplicativo delle due storie:
I = inizio biologico della malattia
C = comparsa dei sintomi della malattia
S = individuazione della malattia da parte dello screening
M = morte
Le statistiche a volte propongono cifre eclatanti. Perché una persona possa prendere una
decisione cosciente è necessario che abbia a disposizione tutti i dati che permettono una
corretta interpretazione e gli sia fornita una adeguata informazione sui vantaggi e gli
svantaggi derivanti da scegliere o meno di sottoporsi a una pratica medica.
Secondo il Center for Desease Control and Prevention (CDC) statunitense un paziente
informato deve saper rispondere a queste domande: Conosco i potenziali effetti positivi?
Conosco la probabilità dei vari esiti? Conosco le potenziali conseguenze delle mie
decisioni? Conosco i potenziali effetti negativi?
Solo dopo aver appreso le informazioni necessarie per rispondere con coscienza a queste
domande si può decidere liberamente.
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