VIAGGI | Iran Quante cose non abbiamo raccontato di te. Arrivederci Iran. Da un IRAN IN LIBERTA’ gruppo Sonzogni di Monica Weisz e Lucia Sonzogni Foto di Lucia Sonzogni T Teheran: il primo impatto con il velo e l’onda verde 56 - Avventure nel mondo 2 | 2012 eheran: il primo impatto con il velo e l’onda verde “Proprio in Iran dovevi andare? È un paese pericoloso! Hanno la bomba atomica! Ma sai come trattano le donne? E se poi ti rapiscono?”. All’incontro all’aeroporto di Roma ci scopriamo accomunati dall’essere considerati un po’ pazzi da parenti ed amici che hanno tentato di scoraggiarci dall’intraprendere questa avventura persiana. La particolarità dell’Iran si annuncia fin dalle prime battute del nostro viaggio. Il breve volo notturno Roma - Teheran non è diretto, ma prevede uno scalo ad Ankara. Nell’aprile 2011 il presidente Ahmadinejad ha ordinato il blocco del rifornimento di carburante agli aerei europei, in rappresaglia a una misura simile che ha colpito gli apparecchi iraniani in Europa. Scesi alla spicciolata dall’aereo abbiamo qualche esitazione nel riconoscerci, il gruppo appare mutato: criniere bionde e corvine, caschetti castani e riccioli rossi sono scomparsi sotto foulard di tutti i colori. Avvolti sul capo dapprima in maniera maldestra e col passare dei giorni in modo sempre più composto, caratterizzeranno il nostro viaggio facendoci scordare del tutto le capigliature viste nelle prime ore della nostra conoscenza. Oltre a capo e collo coperto per le donne, turiste comprese, lunghi camicioni a coprire le forme. Nelle moschee l’abbigliamento dovrà essere ancora più casto: indosseremo gli chador, lunghi drappi colorati con diverse fantasie e rigorosamente sintetici distribuiti all’entrata alle donne che ne siano sprovviste. Familiarizzare con il velo non è stato per tutte ugualmente facile e ha rappresentato un leit-motiv del viaggio: Sandra ha lottato dal primo all’ultimo giorno con mollette e fermacapelli, sperimentato veli di ogni foggia e misura, con l’assistenza di gentili signore iraniane mosse a compassione; Fedefilo ha esibito una velatura impeccabile fin dal primo giorno e in ogni situazione, dai 40° all’ombra o alle dormite in pullmino; Natascia ha interpretato lo stile dell’est trasformandosi in Irina la contadina ucraina, spillando stretto sotto il mento il suo fularino floreale, raccogliendo lodi iraniane per la sua inamidata compostezza. Trascorriamo la nostra prima giornata nella caotica Teheran, 15 milioni di abitanti, un po’ frastornati dalla notte in bianco del viaggio e dal caldo intenso. Visitiamo il Museo nazionale che contiene anche reperti di Persepoli, nel Museo dei Gioielli ammiriamo un po’ sbalorditi i superbi tesori degli scià: un mappamondo tempestato di rubini e smeraldi, svariate parure di pietre preziose, teche disseminate di diamanti come fossero noccioline, il diamante che pare sia il più grande al mondo, corone indossate dalle mogli dell’ultimo scià. Dopo il palazzo Golestan, che significa roseto ed è una residenza dell’ex scià, il nostro primo pranzo di gruppo in un giardinetto davanti al caotico bazar, dove facciamo rifornimento di frutta e noci. Nel pomeriggio Hassan ci guida in un quartiere ai piedi del monte Alborz, caratteristico per la frescura e per i numerosi locali notturni meta di tanti giovani, che qui, dove la polizia non mette piede, possono persino abbracciarsi e camminare mano nella mano. La sera concediamo ad Aleailoviu il suo primo ed ultimo ristorante Lonely Planet: in un raffinato locale di Teheran ammiriamo l’eleganza di alcune raffinate clienti e osserviamo anche i primi “nasi rifatti”, moda dilagante in Iran e non solo tra le donne! Il secondo giorno in Iran inizia con una visita alla Porta Azadi, che paradossalmente significa libertà, ma è stata teatro della sanguinosa repressione del regime alle rivolte del 2009, qui si riuniva l’Onda Verde, qui rendiamo emozionato omaggio a Neda Soltani, vittima simbolo, e a tutti gli iraniani uccisi per aver cercato di coltivare ed esprimere liberamente le proprie opinioni. Per raggiungere la Porta sperimentiamo una delle prassi più pericolose in Iran: l’attraversamento pedonale, una sorta di duello impari tra pedoni e veicoli da cui non sempre il pedone esce vincitore! I semafori sono rari, le strisce pedonali inutili, azzeccare il momento di minor traffico e sbracciarsi per attirare l’attenzione dei veicoli e ottenere che rallentino è l’unico modo per avere qualche chance di arrivare sani e salvi al lato opposto della strada. Il fatto di ................................................................................... essere in undici ha fatto di noi una massa critica ben visibile nel traffico quindi ce la siamo cavata senza danni, grazie anche alla nostra guida che si lanciava in prima linea per annunciare il nostro passaggio. Tappa obbligata sulla strada che collega Teheran a Qom è il Santuario dell’Ayatollah Khomeini dove riposa l’imam (santo) il cui viso arcigno campeggia dentro e fuori il mausoleo, il suo megaritratto si ritrova in tutti i luoghi pubblici e di religiosi iraniani, il persistente culto della sua personalità circonda la sua memoria. Accanto all’immagine di Khomeini compare sempre il viso più dolce di Khamenei, l’attuale ayatollah, massima carica religiosa per i musulmani sciiti. Proseguiamo visitando il vicino cimitero, dove sono seppelliti i militari che hanno perso la vita nella guerra Iran - Iraq durata dal 1980 al 1988. Vedendo sulle tombe le foto di giovani e giovanissimi non si può fare a meno di ricordare che molti di loro siano stati indotti a arruolarsi volontariamente da una massiccia campagna di indottrinamento e promesse nel paradiso eterno in cambio del sacrificio contro il nemico sunnita, l’Iraq di Saddam Hussein. donna nella religione mussulmana e richiama alcuni degli aspetti di vicinanza e similitudine fra le re religioni cristiana e musulmana, racconta che fra i mullah che studiano teologia a Qom vi sono diversi studiosi stranieri, anche italiani. Durante il colloquio, come si conviene, il mullah non solleva mai lo sguardo verso le donne che stanno attente a non stringergli la mano al momento del commiato, il contatto fisico con le donne è vietato ai religiosi. Dopo la rituale foto di gruppo, ci regala opuscoli sulla religione islamica, in inglese spagnolo e francese, scusandosi di aver terminato quelli in italiano. Nelle pasticcerie vicine al mausoleo facciamo incetta di dolci e zucchero allo zafferano e partiamo per Kashan. Iran Qom e il Mullah Qom, città santa del mondo sciita, la seconda per importanza in Iran dopo Mashad, una delle comunità religiose più conservatrici dell’Iran, ci accoglie con un calore soffocante ed il profumo dei suoi deliziosi dolcetti allo zenzero e pistacchio. La città è affollata di donne rigorosamente vestite con ampi chador neri, studiosi di teologia camminano per strada con il tipico turbante bianco, la tunica, il mantello e i libri sottobraccio. La famosissima Moschea di Qom dove è sepolta Fatemeh, sorella dell’Imam Reza, ci affascina per bellezza e imponenza, con le infinite tonalità blu azzurro delle sue piastrelle, con le sue cupole, i minareti e gli iwan, il tipico arco dell’architettura sciita. In moschea uomini e donne hanno accessi ed aree separate. Per la prima volta sperimentiamo una situazione che si riproporrà regolarmente nelle moschee: a differenza di molti paesi islamici sunniti, innanzitutto è permesso l’ingresso alle donne straniere non musulmane, purché indossino il chador fornito all’ingresso e si tolgano le scarpe. Nell’area riservata alle donne assaporiamo una complicità femminile che ci sorprende e ci emoziona. Benché si tratti di un luogo di culto, le iraniane s’intrattengono con noi, ci interpellano, ci sorridono, si lasciano fotografare, rispondono alle nostre domande e ci rivolgono le loro. Vediamo donne di tutte le età, spesso in gruppo e accompagnate da bambini piccoli, impegnate nelle svariate fasi e gestualità della preghiera e non solo: c’è chi allatta, chi dorme al fresco dopo una notte di veglia, c’è chi piange per l’imam Hossein o l’Imam Ali, chi tocca e bacia la tomba della santa Fatemeh. Nella moschea di Qom abbiamo il grande privilegio di essere ricevuti da un mullah: in un ampio ufficio circolare riservato alle udienze un giovane di origini saudite ci dà il benvenuto e in un breve discorso sottolinea il rispetto che è riservato alla Kashan e l’intraprendenza dei giovani iraniani Abbiamo trascorso la notte a Kashan, famosa per gli omonimi tappeti, in una classica casa tradizionale riadattata ad albergo: un fresco giardino interno si sviluppa attorno a una fontana centrale, su cui si affacciano le stanze del piano terra e del primo piano. Tutt’attorno al canale d’acqua sono disposti i tipici divani iraniani: ampie panche di legno quadrate o rettangolari ricoperte di cuscini e tappeti persiani, su cui ci si adagia per mangiare, fumare il qualyian (narghilè) o sorseggiare una fresca acqua di rose. La permanenza a Kashan è caratterizzata dalla visita alle innumerevoli case tradizionali, abitazioni di ricchi mercanti di tappeti o nobili locali, con annessi meravigliosi hamman, che ricordano nostalgicamente una tradizione ormai scomparsa in Iran, ma è segnata anche e soprattutto dall’incontro con la piccola M., che diverrà nostra amica in Facebook! M. ha dodici anni, vive a Kashan con la famiglia ed è in vacanza, la scuola riprenderà ad ottobre, nel frattempo trascorre l’estate frequentando un corso di inglese e facendo pratica con i turisti. È così che la conosciamo, sui divani nel nostro albergo-casa dove, accompagnata dal padre, comincia a conversare con una delicatezza e un garbo di modi che ci conquistano. Mentre la osserviamo sistemarsi il velo ribelle che continua a scivolarle dai capelli e mordersi il labbro inferiore, ci racconta che utilizza molto Facebook per contattare le amiche e vede Lost (la censura di Internet non è così complicata da aggirare), gioca a pallavolo. Sotto lo sguardo orgoglioso del padre, ci parla del fratello che studia odontoiatria nelle Filippine, si è trasferito non avendo superato il terribile test di ammissione all’università pubblica iraniana, a cui pochi eletti hanno accesso, sembra solo il 10% degli iscritti superi l’esame. M. è il simbolo di tanti giovani e giovanissimi che incontreremo nel corso del viaggio: padronanza dell’inglese, simbiosi con computer e con internet, curiosità e desiderio di comunicare con gli stranieri, intraprendenti, piacevoli, garbati e colti. Proseguiamo il nostro viaggio verso Abianeh, un paese di montagna che ha conservato l’atmosfera del passato con le sue caratteristiche case ricoperte di fango arroccate su stretti vicoletti. Il ................................................................................... paese è semideserto, sono rimasti solo gli anziani e qualche famiglia, mentre il grosso degli abitanti è emigrato negli Stati Uniti. Hassan ci racconta che gli abitanti di Abianeh sono considerati molto intelligenti e sono emigrati per esprimere le loro potenzialità in contesti più propizi. Abianeh ci resta impresso anche la nostra sosta prolungata a causa di un guasto al radiatore del nostro bus, che per fortuna si risolve nel giro di qualche ora. Isfahan, città incantata Arriviamo ad Isfahan in serata e, nonostante l’ora, ci dirigiamo pieni di aspettative verso il centro, alla famosa Imam Square, la seconda piazza più grande al mondo dopo quella di Tienanmen. Non restiamo delusi: sapientemente illuminata e brulicante di vita la piazza ci avvolge nella sua magica atmosfera. Al centro gli zampilli della lunga e ampia fontana rettangolare esaltano lo spettacolo dell’imponente Moschea dell’Imam che si staglia sul fondo dominando l’intera piazza; attorno si stendono prati verdi pieni di famiglie, coppie, gruppi di giovani e di ragazze, rilassati in succulenti picnic che li ricompensano dal digiuno del Ramadan. Sul ciottolato centrale i bambini vanno in bicicletta e fanno acrobazie sui roller blade, ma senza urla o schiamazzi che sentiamo nei parchi italiani, qui regna un tranquillo silenzio che sembra quasi innaturale. Lungo tutti i lati della piazza corrono gallerie di negozi, a destra si erge il palazzo di Ali Qapu, a sinistra la Moschea dello sceicco Laftollah e alle nostre spalle si apre il bazar. Il giorno seguente, alla luce abbagliante del sole, l’impressione di spazio e armonia è ancora più intensa. La piazza di Isfahan ci lascia senza parole, cerchiamo invano di catturare con mille scatti fotografici questa sensazione di grandezza e di bellezza. Una maestra elementare ci chiede cortesemente di conversare con i suoi alunni di terza, orgogliosissimi dei loro “good morning, how are you, where are you from, my name is, what’s your name” e si sprecano foto e scambi di sorrisi ed abbracci. La seconda sera a Isfahan ci sentiamo finalmente pronti per sperimentare il nostro primo picnic, di cui si dice gli iraniani siano campioni mondiali. Acquistiano due zuppe, di cui una super nutriente che si prepara solo durante il ramadan, kebab con Avventure nel mondo 2 | 2012 - 57 VIAGGI | Iran cipolle e pomodori, pane iraniano schiacciato e morbido, frutta. Non mancano le bibite: zumzum, la cocacola locale, rany, buonissimo succo con pezzi di frutta intera, la birra analcolica classica dal gusto amaro o alla frutta. Così attrezzati prendiamo posto in un lembo dei vasti prati di piazza dell’Imam, stendiamo la nostra tovaglia e confezioniamo/ panini maldestramente illuminati dalla luce di un paio di cellulari. Siamo solo agli esordi della nostra carriera di campioni di picnic, ma non ci difendiamo male e i nostri vicini iraniani ci incoraggiano con mille sorrisi e prestandoci qualche posata. Al termine della cena ci affanniamo per lasciare pulitissimo come abbiamo trovato, nel buio riusciamo persino a buttare un vestito appena acquistato al bazar! Per concludere degnamente la serata ci concediamo un buon thè e una fumatina di narghilè in una sala da thè nei pressi del bazar. L’atmosfera è un po’ equivoca, vediamo ragazze truccatissime, una di loro sembra proprio un trans, una coppietta si lascia andare a effusioni, diverse ragazze fumano: una serie di atteggiamenti normalmente banditi in pubblico ci mostrano un altro Iran, quello della trasgressione e degli eccessi che sopravvivono lontano dagli occhi indiscreti del regime. Purtroppo non riusciremo a partecipare a nessuna festa privata, ritrovi organizzati col passaparola in case private dove le donne non portano il velo, si balla, si fuma e si trova dell’alcool, insomma un surrogato delle discoteche, divenute illegali da diversi decenni. l’Ateshkadè, un Tempio del fuoco così chiamato perché vi bruciava il fuoco sacro che non doveva mai essere spento; i resti del tempio si trovano su una collinetta raggiungibile in dieci minuti di cammino e da cui si domina tutta la città. Non lontano dal tempio visitiamo la tomba di un famoso derviscio nota per i suoi Menar Jombun, “minareti oscillanti”, perché scuotendone uno, anche l’altro oscilla di rimando, un custode entra ogni ora nel minareto e compie questa operazione per i turisti e i numerosi iraniani presenti nel sito. Al momento della nostra visita era presente una piccola troupe di una TV iraniana che ha intervistato Nicola e Aleilgrande, chiedendo la loro opinione sull’Iran e sui minareti oscillanti. I due avvocati del gruppo se la sono cavata con risposte diplomatiche ed Ale ha paragonato Isfahan a una sinfonia di Bach confessandoci subito dopo che l’impeccabile uscita non era farina del suo sacco. Isfahan ci ha regalato due altri momenti suggestivi: i suoi ponti e il quartiere armeno. La città è attraversata da cinque ponti antichi sul fiume Zayandeh, che al calar del sole si riempiono di un intenso via vai di persone che passeggiano sul ciottolato o si riuniscono in piccoli gruppi a chiacchierare sotto gli archi. Restiamo sbalorditi nel constatare che il letto del fiume è completamente secco e ancor più nello scoprire che questo è dovuto all’opera dell’uomo: Rafsanjāni, ex presidente dell’Iran e attuale presidente del Consiglio del Discernimento iraniano, ha ordinato che fosse deviato verso la sua città d’origine. Possiamo solo immaginarne la bellezza dalle cartoline ed il fascino romantico ci viene trasmesso dall’incontro con un gruppo di anziani che riposano all’ombra di un arco e che ci cantano una struggente canzone d’amore. Jolfa è il quartiere armeno abitato da Armeni cristiani, che da Jolfa nell’Arzeabijan si trasferirono in questa zona nel 1600 per volere dello scià Abbas I, in quanto erano abili artigiani e commercianti ed avrebbero contributi allo sviluppo economico di Isfahan. Gli armeni hanno ricevuto il permesso di praticare la loro religione, infatti nel quartiere vi sono parecchie chiese tra cui l’antica chiesa di Vank. L’architettura della cattedrale è unica al mondo grazie al sapiente intreccio tra l’arte safavide del diciassettesimo secolo e lo stile di alte arcate delle chiese cristiane. La cupola è simile a quella degli edifici islamici e secondo gli studiosi ha ispirato la costruzione di molti altri luoghi di culto cristiani in Iran e in Mesopotamia. Ammirando i bellissimi affreschi incontriamo una suora umbra, che ha vissuto a Tabriz per trent’anni lavorando in un lebbrosario, ci racconta la sua lunga esperienza a contatto con gli iraniani, vissuta con l’assoluto divieto di fare proselitismo. Yazd: lo Zurkhaneh e le Torri del silenzio Prima di raggiungere Yazd, facciamo una sosta a Na’in, altra città nota per i meravigliosi tappeti. Oltre a passeggiare nelle vie torride ammirando i resti delle antiche case, visitiamo il famoso bazar in cui Paolini ha girato alcune scene del film “Il fiore delle Mille e una notte”. Proseguendo raggiungiamo Meybod, ex capitale persiana, che ammiriamo dall’alto della storica fortezza di Narin. Per la prima volta visitiamo una ghiacciaia, imponente costruzione costituita da un pozzo larghissimo e profondo, protetto da una cupola di mattoni di argilla cruda, dove nei mesi estivi veniva conservato il ghiaccio naturale raccolto durante l’inverno per poterlo commerciare e utilizzare anche in estate, utilizzata fino alla comparsa e diffusione dei frigoriferi. Visitiamo anche un antico ufficio postale, con fatiscente ricostruzione in cera di cavalli e postini, molto divertente ma assolutamente evitabile. Yazd è ai margini del deserto e ne prendiamo piena consapevolezza mentre, alle quattro del pomeriggio, ci trasciniamo sotto il sole tra i suoi deserti vicoli antichi investiti da un vento bollente come un phon sparato addosso. Qui, nella capitale dello zoraoatrismo, assistiamo a un allenamento di Zurkhaneh (Casa della forza), antica lotta religiosa dalle origini misteriose, nata probabilmente molto prima della conquista musulmana, che si nutre dei più raffinati canti persiani e dei testi poetici mistici dei venerabili sufi Rumi e Firdhouzi, dei grande poeti Hâfez e Sa’di. Ai lottatori viene richiesta un’assoluta fedeltà spirituale al Profeta e ai dodici Imam, unita a coraggio e notevole forza, necessaria al sollevamento di armi antiche, clavi giganti e del kabbadeh, enorme arco che pesa fino a sedici chili. Nel centro della circolare palestra tradizionale, ricavata nella parte alta un’antica cisterna, in un’area ribassata si allenano una ventina di uomini di diverse età e costituzione fisica. In uno spazio rialzato i morshed, un duo voce e percussioni, eseguono suggestivi canti religiosi che accompagnano tutta la cerimonia segnando il ritmo all’allenamento. Lo Zurkhaneh è patrimonio storico. L’Unesco nel 2010 lo ha proclamato Intangible Cultural Heritage of Humanity. Le reazioni del nostro gruppo sono agli antipodi: c’è chi apprezza lo spettacolo e chi al contrario lo trova pacchiano e deludente. Certo le aspettative di sagome roteanti come dervisci e di coreografie spettacolari non sono soddisfatte; quello che vediamo è un semplice allenamento eseguito da esperti e debuttanti di tutte le fasce di età, probabilmente meno intenso del solito a causa della minore potenza causata dal digiuno imposto dal ramadan. A Yazd abbiamo l’opportunità di visitare le torri del silenzio, antiche strutture zoroastriane situate alle porte della città. L’antica religione, il cui motto principale è “Buoni pensieri, buone Iran Ancora Isfahan: lo Zoroastrismo, i minareti oscillanti e i ponti A Isfahan abbiamo il nostro primo impatto con lo zoroastrismo, la più antica religione monoteista nata in Iran in tempi antichissimi, pare 6000 anni prima di Platone, ancora praticata da centomila persone. Il dio degli zoroastriani, Aura Mazda, è stato predicato dal profeta Zarathustra (o Zoroastro) e il suo simbolo è il Farrevahar, l’uomo uccello che compare in tutti i luoghi di culto e anche a Persepoli. La capitale dello zoroastrismo è Yazd, ma a nove chilometri da Isfahan si trova 58 - Avventure nel mondo 2 | 2012 ................................................................................... VIAGGI | Iran parole, buone opere”, imponeva l’esposizione al vento dei cadaveri perché fossero mangiati dagli avvoltoi e non contaminassero la terra con la loro decomposizione. Anche gli imperatori persiani zoroastriani Dario, Cirro, Serse e Artaserse furono spolpati dagli avvoltoi prima di essere sepolti nei rispettivi sepolcri a Persepoli e a Naqs-i-Rustam. Oggi l’antica tradizione è praticata solo in India dal ramo Parsi, in Iran è vietata e nel moderno cimitero zoroastriano vengono sepolte le salme, in bare deposte nel cemento per non intaccare il terreno. Nel centro città un moderno Ateshkadè conserva il sacro fuoco che brucia ininterrottamente dal 470 d.C. e rappresenta l’energia del creatore, davanti alla quale pregare cinque volte al giorno. percorso sostiamo al caravanserraglio di Zainal-Din adibito ad albergo, luogo assolutamente consigliato alle coppie per la sua atmosfera romantica e impregnata del fascino del passato. I caravanserragli erano stazioni di ristoro, rifornimento e ricambio dei cammelli, disseminate lungo la Via della Seta a intervalli di circa 35 km, distanza percorsa da un cammello senza fermarsi. Utilizzati anche come deposito di merci, per secoli furono luoghi di incontro di commercianti provenienti da Cina ed Europa, fino all’avvento del motore a scoppio. La seconda tappa del trasferimento è Maymand, villaggio definito “troglodita” perché, fino a pochi anni fa, i suoi abitanti vivevano in case scavate nella roccia, ora per lo più abbandonate sotto la spinta del governo, soprattutto per ragioni igienicosanitarie. Le nuove generazioni vivono in città, il villaggio è semideserto e le famiglie che ancora occupano le case nella roccia si contato sulle dita di una mano. Due di queste ci invitano a entrare. Le grotte sono essenziali e buie, la luce naturale entra solo dalla porta d’ingresso, pulite e fresche nonostante il caldo torrido, allacciate alla corrente elettrica. La signora della prima casa ci prepara un buon the e, stimolata dalle nostre domande, ci parla dei suoi acciacchi di salute, è analfabeta ma tutti i suoi figli studiano in città, ci offre l’acquisto di semplici oggetti ornamentali fatti di ceci seccati, che compriamo per ricambiare l’ospitalità. Nella seconda grotta incontriamo una coppia di anziani ricurvi e incartapecoriti, meno loquaci e socievoli della precedente signora, e da cui, visto le poco garbate insistenze, non è possibile esimersi dal comprare chili di mandorle col guscio, ricevendo il resto in altre mandorle e non in ryal, nonostante abbiano il frigo (!), sentenzierà lapidario il nostro attento cassiere Nicola. Dopo questa lunga caldissima giornata raggiungiamo finalmente Kerman, che sarà la nostra base per l’escursione al deserto del Kalut. L’indomani visitiamo la restaurata roccaforte di Rayen, versione in piccolo della cittadella della vicina Bam, distrutta dal terremoto del 2003. Proseguiamo il nostro viaggio visitando il giardino di Mahan. Il giardino è chiamato in persiano Ferdows, che significa paradiso, perché rappresenta per gli iraniani l’immagine dei luoghi meravigliosi che raggiungeranno dopo la morte, citati nelle sure del Corano: “Ecco come sarà il giardino promesso a quelli che avranno timore di Dio, il giardino irrigato da corsi d’acqua. L’alimento dei suoi frutti è inesauribile, e le sue ombre sono permanenti. Questo sarà il destino dei credenti”. Già prima dell’epoca islamica vi si dedicavano con passione, arrivando addirittura ad averne una vera venerazione, la natura rivestiva anche una grande importanza dal punto di vista religioso. Coltivare l’albero della vita eterna attorno alle fontane e l’albero che conteneva i semi di ogni cosa, era considerata un’attività sacra, compresa nell’educazione che le famiglie impartivano ai ragazzi. Alberi ad alto fusto e fiori venivano piantati anche attorno alle tombe per rasserenare le anime dei defunti, si creavano parchi al centro delle città ed i persiani li ritenevano tra i più preziosi monumenti da conservare, considerando un sacrilegio la distruzione da parte delle invasioni nemiche. Il giardino di Mahan fa parte dei nove giardini storici iraniani dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. La frescura respirata nel giardino è rapidamente dimenticata quando raggiungiamo la temperatura pomeridiana di oltre cinquanta gradi nel deserto del Kalut e ci addentriamo diversi chilometri in questo paesaggio spettacolare. Lungo 145 km e largo 80, è caratterizzato da “castelli di sabbia” alti fino a 60 metri, dalle origini sconosciute, le ipotesi vanno dalla semplice erosione millenaria del vento ad un meteorite schiantatosi proprio in questa zona in epoche remote. Camminiamo a piedi scalzi sulla crosta salata, la sensazione della ruvida crosta di sabbia rovente sotto i piedi è bellissima, ma rischiamo di perdere la capogruppo che affonda nelle sabbie mobili, il fango bollente le intrappola i piedi fin oltre le caviglie! Saliamo sul castello più alto e ci sediamo sulla cima ad ammirare il tramonto, in quello che dovrebbe essere un religioso silenzio, interrotto da mille battute sul cuore spezzato di Monica, sedotta ed abbandonata da un turista francese incontrato la sera precedente. La consoliamo offrendole un intrepido picnic notturno di gruppo sotto un duna, nella solitudine immensa del deserto, illuminati solo dalle stelle e dai fari del nostro bus. Uno degli avvenimenti più importanti del Ramadan sciita è la commemorazione dell’assassinio avvenuto nel 661 dell’Imam Alì, cugino e genero di Maometto. Il suo corpo è custodito nella città santa sciita di Najaf in Iraq, a lui risale lo scisma che ha diviso il mondo musulmano tra sciiti e sunniti. Gli sciiti non riconoscono la Sunna, il libro sacro che racconta la vita di Maometto e ne raccoglie le parole; nella loro fede ha una posizione dominante ................................................................................... Avventure nel mondo 2 | 2012 - 59 Ancora Yadz, i Badgir, i Qanat e i tappeti Otteniamo il permesso di salire sopra le cupole del complesso di Amir Chakhmaq, che ci riserva una vista magnifica dalla città verso l’ora del tramonto. Sopra le case rosse di terra, perfettamente intonate ai colori del deserto e delle aride vette circostanti, svettano con la loro raffinata eleganza i badgir, letteralmente “acchiappa vento”, che costituiscono uno dei più antichi metodi di ventilazione naturale all’interno delle case persiane, utilizzati sin dal decimo secolo. Si tratta di torri che contengono al proprio interno diversi condotti verticali. Sfruttando la pressione prodotta dalle correnti d’aria presenti ad una certa quota, la torre procura frescura e benessere all’interno dell’edificio anche nei momenti più caldi della giornata. Completiamo il tour della città visitando l’antica Moschea, dove uomini pregano con la fronte a terra appoggiata su un piccolo disco di argilla su cui sono incisi versetti del Corano; infine una fabbrica di henné, la prigione di Alessandro ed il museo dell’acqua dove Hassan ci spiega per la prima di innumerevoli volte i qanat: cunicoli sotterranei lunghi chilometri, che seguivano le falde per convogliare l’acqua verso i punti desiderati, rappresentando il primo esempio di acquedotto sorto nel primo millennio a.C. nei più antichi e remoti territori iracheni. Realizzati in maniera formidabile, ancor oggi forniscono i tre quarti del fabbisogno d’acqua dell’Iran, in una rete sotterranea estesa per 300.000 chilometri. Yazd è inoltre un importante centro per l’acquisto dei tappeti. Il ghiaccio era già stato rotto nel bazar di Isfahan, dove Nicola, primo tra tutti ha comprato un tappeto. A Yazd affiliamo le nostre armi contrattuali approfondendo la conoscenza di stili, provenienze, qualità, tecniche di lavorazione e prezzi dei vari modelli. Ma non scatterà l’acquisto causa indecisione e mancanza di tempo, ma ce ne pentiremo amaramente! La gentilezza dei venditori e il piacere della vista e del tatto di tappeti così antichi sorseggiando bicchierini di the sono comunque un’esperienza che è valsa la pena vivere. Iran Kerman: i giardini, il deserto del Kalut e la processione per Alì In un giorno di trasferimento arriviamo a Kerman, punto di partenza per l’escursione nel deserto. Sul VIAGGI | Iran Iran l’Imam, capo religioso discendente dal martire Alì e della moglie Fatima, che ha doti di infallibilità ed impeccabilità. Kerman ci regala una grande emozione: la processione in memoria dell’Imam Alì. Uomini vestiti a lutto, tra stendardi neri su cui sono ricamati in oro versi del Corano, avanzano lentamente e cantano inni al suono della banda, fermandosi agli incroci delle strade e disposti frontalmente su due file si battono il petto, invocando a gran voce il nome di Ali. Un addetto spruzza sulla folla acqua aromatizzata alla rosa, anche i bambini sono vestiti a lutto, donne e ragazzi piangono disperatamente accompagnando il corteo che raggiunge la moschea di Kerman. In occasione di questa ricorrenza, le famiglie iraniane si scambiano le condoglianze, rivivendo la morte di Alì come un lutto recente ed inconsolabile. Persepoli, appuntamento con la storia Quando si dice Persia si dice Persepoli, tappa obbligata di tutti i viaggi. Facendo base a Shiraz, partiamo la mattina presto per raggiungere le rovine in tempo utile per evitare i momenti più caldi della giornata. Illusione! A mezzodì col sole a picco ci ritroviamo nel punto più critico, la salita di quei pochi metri di dislivello che portano alle tombe di Artaserse II e III. Il tempo e l’incendio appiccato da Alessandro Magno (si dice) ubriaco, hanno lasciato poco dell’antico splendore, ma dai resti di bassorilievi, colonne, statue e porte si può intuire la magnificenza della città antica costruita intorno al 500 a.C. da Dario il Grande e continuata dai suoi successori. Persepoli, rimasta seppellita e protetta per secoli da terra e sabbia, è stata riportata alla luce nel 1930. I bassorilievi sono forse una delle sue opere più note: in essi è rappresentata la processione di dignitari dei popoli assoggettati agli achemenidi (medi, parti, egiziani, elamiti) mentre salgono solennemente la scalinata che porta al trono per rendere omaggio all’imperatore con i propri doni. Ci vorrebbe la macchina del tempo per tornare indietro nei secoli, anche solo per un secondo, per scattare un’istantanea di quei popoli, quei re, quei palazzi, quelle cerimonie, quelle altissime colonne su cui imponenti leoni alati vigilavano le processioni solenni. A fronte della magia di questo passato che ci circonda e ci attraversa, stupisce la trascuratezza nella conservazione e presentazione delle rovine, offuscate da strutture posticce a uso turistico, la pesante tettoia che ricopre i bassorilievi, l’anfiteatro prefabbricato per lo spettacolo di suoni e luci, le assi di legno che nascondono le scalinate originali, le note diffuse da un altoparlante gracchiante, il tempio colorato costruito dagli archeologi attorno ai resti originali. La giornata archeologica prosegue con la visita alle tombe rupestri di Dario e dei suoi successori Artaserse, Serse e Dario II, scavate nella roccia a diversi metri di altezza, decorate con eleganti bassorilievi e molto suggestive per la loro imponenza e la collocazione in un’area isolata. Da qui proseguiamo per Pasargade, antico centro dei re achemendi prima della costruzione di Persepoli, in particolare città di Ciro, di cui si può ammirare la tomba. Mentre pochi temerari nel rovente pomeriggio visitano i resti mal conservati dei palazzi di Pasargade, il grosso del gruppo, all’insegna dell’impareggiabile spirito godereccio italiano, si scatena in un titanica impresa: sgusciare le famose mandorle acquistate dai vecchietti a Maymand, che dopo aver vagato disperatamente negli scomparti del pullmino causa assenza di schiaccianoci, vengono aperte a suon di sassate e risultano perfette per un aperitivo en plein air sotto gli sguardi attoniti dei vecchi imperatori! Shiraz, città di poeti, bazar e … centri estetici! Ex capitale dell’Iran durante la dinastia Zand, detta anche la città delle rose, dei giardini e del sapere, era celebre un tempo per il suo vino, ma con la rivoluzione i vigneti sono andati distrutti. Tra i numerosi siti che visitiamo, emozionante il mausoleo Shah-e Cheragh, che ospita i resti di Sayyed Mir 60 - Avventure nel mondo 2 | 2012 Ahmad, detto Re della Luce, fratello dell’Imam Reza, morto a Shiraz nell’853, importante meta di pellegrinaggio per gli sciiti. I riflessi multicolori provocati dall’immenso numero di piccole piastrelle di vetro e oro, che ricoprono all’interno la cupola a forma di bulbo, sono abbaglianti e costituiscono uno spettacolo indimenticabile. Sulle grate a protezione della grande tomba, alcune donne piangenti legano nastrini verdi a simboleggiare le loro richieste d’aiuto, altre li slegano a significare che il loro desiderio è stato esaudito. Nelle sale attorno alla tomba le donne riposano, studiano il Corano, mandano sms, allattano, chiacchierano, leggono libri di scuola; ci lasciamo coinvolgere ancora una volta silenziosamente in questo mondo tutto al femminile per noi inconsueto ed affascinante, dove veniamo sempre accolte con sorrisi dolci e strette di mano che vanno oltre l’impossibilità di comunicare nelle nostre lingue difficilissime. Non si possono dimenticare i poeti di Shiraz: qui hanno infatti vissuto e sono seppelliti Hafez e Sa’di, due figure letteralmente venerate dagli iraniani. Quando, al tramonto, visitiamo le loro tombe circondate da giardini, restiamo impressionati dalla quantità di famiglie, coppie o singoli, di ogni estrazione sociale ed età, ma soprattutto giovani e giovanissimi, che qui vengono in pellegrinaggio, accarezzano commossi i versi incisi sulle tombe e recitano i versi più famosi dei loro idoli. E’ difficile per noi comprendere l’origine e l’intensità di questo culto. Conosciamo e studiamo Dante, Petrarca e Boccaccio, ma probabilmente non sappiamo dove siano le loro tombe e difficilmente troveremmo qualcuno che è andato a visitarle e che vi abbia sostato in raccoglimento recitando brani delle loro opere. In Iran invece un poeta vissuto nel 1300 è una celebrità, come potrebbe esserlo un cantante o un attore moderno: i giovani conoscono a memoria i suoi versi, i fidanzati se hanno problemi o indecisioni aprono una pagina a caso del suo canzoniere e cercano nei suoi versi suggerimenti per il loro futuro, si dichiarano eterno amore nei giardini accanto alla sua tomba. Una ragazza accanto alla tomba di Hafez ci recita alcuni suoi versi e ammette di conoscere a memoria la sua opera. Sarà che il suo misticismo (intraducibile, dicono) accompagnato a temi e immagini profondamente terrene – il corteggiamento, il vino, l’usignolo – crea una commistione accettata dal regime in nome dell’orgoglio nazionale per una figura letteraria di così alto calibro. In questa città romantica non potevamo certo lasciarci sfuggire un ultimo ricco picnic sotto la torre circolare pendente dell’antica fortezza, con tocco finale di narghilè. Il giorno seguente, spinte dall’atmosfera elegante di questa città, unita al desiderio di conoscere a fondo la vita reale di un paese in cui il cui gusto per la bellezza è palpabile ovunque, decidiamo di andare in un centro estetico. Che esperienza! Pedicure, epilazione baffetti con filo di nylon, taglio dei capelli, in un tempio della bellezza pieno di donne finalmente senza velo e decisamente scoperte, impegnate a prepararsi per la serata, ................................................................................... VIAGGI | Iran per il primo appuntamento e semplicemente per il piacere di piacere. Il senso di immediata complicità tra le donne del gruppo e le donne iraniane, già vissuta nelle moschee o nei parchi cittadini, si è subito ristabilito e con l’aiuto di una ragazza iraniana che studia in Italia, riusciamo a interagire più del solito. Anche gli uomini hanno sperimentato un nuovo taglio di capelli dal barbiere iraniano, ma con meno divertimento delle donne. In questa giornata di “liberi tutti”, qualcuno si è perso nei vicoli del ricco bazar, uno dei più belli dell’Iran, per concludere finalmente l’acquisto del tappeto ispirato da innumerevoli assaggi del fantastico gelato di rose di Shiraz, qualcuno è andato a fare acquisti nella parte moderna della città, curiosando nei quartieri borghesi. La sera adunata in albergo e a bordo di un pazzo pullmino che prende allegramente in contromano gli strettissimi vicoli della città vecchia a velocità pazzesche, arriviamo miracolosamente salvi in aeroporto per il volo Shiraz-Teheran. anche se quando arriva la polizia i fratelli, senza lasciarla parlare, tentano di ribaltare la situazione in loro favore. Per fortuna l’accordo viene raggiunto, è finalmente possibile spostare i veicoli dal luogo dell’incidente e seguiamo la polizia fino al desolato villaggio vicino per la constatazione amichevole persiana. Nell’attesa scattiamo foto con i gentilissimi poliziotti nella diroccatissima caserma in ristrutturazione, qualche incursione nei negozi del paesino a bere un Rani o una birretta analcolica ci aiutano a socializzare con gli abitanti del posto. Masuleh è la nostra ultima tappa, un villaggio incuneato nella montagna a 1.050 metri, con case costruite a ridosso della roccia e incastrate l’una sull’altra. E’ decantato dalla Lonely Planet come uno dei più belli dell’Iran del Nord: sarà la nebbia mista ad un’antipaticissima pioggerellina, sarà la stanchezza di questo intenso viaggio, sarà il contesto trasandato, Masuleh non ci pare assolutamente all’altezza delle sperticate lodi che si leggono nelle varie guide. Ci dirigiamo sconfortati verso la meta finale: il Mar Caspio! Si scatena il diluvio universale e per un cavillo burocratico, un’aggiunta a mano sul nostro piano di viaggio, la polizia ci impedisce di proseguire. Non ci resta che affrontare il lungo rientro verso l’aeroporto di Teheran. Affoghiamo la nostra delusione nel grande divertimento che accomuna il gruppo: mangiare!!! Ci troviamo nella provincia di Qasvin, dove c’è un’enorme produzione di olive, ne compriamo in abbondanza, uniamo birra al limone, enormi patatine radioattive e ci concediamo un lauto aperitivo, prima dell’ultima triste cena iraniana. Quante cose non abbiamo raccontato di te, Arrivederci Iran! Iran Ritorno al Nord: la valle degli Assassini, l’incidente e Masuleh Da Tehran partiamo per la meta finale del nostro viaggio: due giorni tra la Valle di Alamut ed il Mar Caspio. Al nord non ci mancano nuove avventure ed emozioni. Innanzitutto il paesaggio e la temperatura sono completamente diversi: immersi tra monti e vallate della catena di Elburz dimentichiamo i rossi e ocra desertici e ritroviamo tutte le tonalità del marrone e del verde, passiamo dai 50 ai 25 gradi e talvolta indossiamo anche la felpina! In queste valli e montagne si nascondevano tra il 1100 e il 1200 i cosiddetti Assassini, seguaci dell’islam ismaelita, una frangia eretica fondata da Hasan-e-Sabbah in quel periodo, famosi per uccidere i visir dell’epoca conficcando loro nel cuore uno stiletto intinto di mortale veleno. La bruma che sale e il cielo plumbeo trasmettono un’atmosfera macabra e spettrale che ci riportano al tempo medievale. Raggiungiamo il Castello di Alamut dopo aver faticosamente salito qualche migliaio di scalini, ammirando uno spettacolo meraviglioso sia lungo il percorso per arrivare alla vetta cui è abbarbicato, sia dall’alto dove si domina tutta la vallata. Il castello è perfettamente mimetizzato con il paesaggio e, come gli altri che sorgevano nella valle, è andato in gran parte distrutto durante il periodo dell’invasione mongola. In queste roccaforti hanno anche soggiornato antichi studiosi e ricercatori che, favoriti dall’isolamento e dalla pace che vi regna, qui hanno concepito e scritto le loro opere e teorie. Si dice che le leggende macabre che circondano gli Assassini nascano dalla volontà di diffamare l’islam ismaelita, che sosteneva la scienza e il libero pensiero. Nel tragitto abbiamo un incidente: un’inesperta guidatrice allarga troppo la curva in un tornante e centra in pieno, ma per fortuna non troppo violentemente, la fiancata del nostro bus. Grande civiltà fra il nostro autista e la responsabile dell’incidente che subito ammette la sua colpa, Da sapere sull’Iran Nel 1979 l’Ayathollah Khomeini ha preso il potere in quanto figura carismatica e principale esponente della rivoluzione che aveva portato alla cacciata dell’ultimo scià, Reza II Pahlavi. La rivoluzione ha portato all’insediamento di un regime islamico integralista che ha penetrato tutti gli spazi della vita sociale e privata, con la limitazione o cancellazione di diritti e libertà. Un salto indietro per la società iraniana, aggravata dagli otto terribili e sanguinosi anni di guerra con l’Iraq. L’Iran di oggi si sta per certi aspetti affrancando da questo passato sanguinario e oppressivo, ma i recenti fatti del 2009, la rivolta popolare denominata Onda Verde, la censura a internet, i detenuti politici o presunti tali, sono tanti segnali più o meno forti che mostrano come un lungo percorso sia ancora da compiere sul tema dei diritti civili. Su questo aspetto la comunità internazionale è bellamente assente, eccettuato il fantomatico embargo - di fatto da tutti aggirato - decretato per altre ragioni e interessi, ovvero la questione nucleare. Durante il nostro viaggio abbiamo potuto respirare questi aspetti, ognuno a suo modo, aiutati da discussioni, letture, film, prima, durante e dopo il viaggio; ne riportiamo alcuni. ................................................................................... Letture La via per l’Oxiana, di Robert Byron, racconto di viaggio della prima metà del Novecento che conserva attualità e interesse nelle descrizioni dei luoghi. Persepolis, fumetto di Marjane Satrapi, storia ironica ed arguta di una bambina iraniana dagli anni Settanta a oggi attraverso le contraddizioni del paese. Leggere Lolita a Teheran, romanzo “letterario” di Azar Nafisi che traccia bene i cambiamenti portati dalla rivoluzione del 1979 soprattutto in termini di soppressione dei diritti civili Shah-in-Shah, di Kapuscinski Ryszard, brillante reportage scritto nell’anno della rivoluzione, che analizza tutti i movimenti che l’hanno causata Il mio Iran, di Shirin Ebadi, donna iraniana premio Nobel per la pace del 2003 Viaggio di nozze a Teheran, di Azadeh Moaveni, l’Iran raccontato da una giornalista: un incontro di tradizioni e di culture, nel quale convivono etnie diverse e orientamenti politici e religiosi opposti. Tre donne. Racconti dall’Iran, di Toraghi Gali, storie esemplari di tre donne nel clima di proibizione e di terrore dall’insediamento al potere dei rivoluzionari khomeinisti. Film The green wave, film-documentario di Ali Samadi Ahadi sulle proteste del 2009 dopo le elezioni truccate di Ahmadinejad Persepolis, di Marjane Satrapi, candidato all’Oscar come miglior film d’animazione 2008 e vincitore del premio della giura di Cannes 2007 Personaggi ed interpreti (in ordine alfabetico) ALEAILOVIU, il più amato e ricercato dagli iraniani, votato ad un’impossibile missione: cenare a lume di candela con Fedesimba in tutti i migliori ristoranti persiani citati dalla Lonely Planet. ALEILGRANDE, prossimamente sulle TV iraniane l’intervista rilasciata di fronte ai minareti oscillanti, rispettosamente e diplomaticamente definiti “interessanti dal punto di vista tecnico”. Opinione Avventure nel mondo 2 | 2012 - 61 VIAGGI | Iran comune del gruppo: una fantozziana …ata pazzesca! CARLA’ con l’accento, elegantissima in tutte le situazioni: con il velo abbinato ai camicioni, fresca a 40° gradi all’ombra, raffinata con il mignolo alzato mentre trasporta formaggio puzzolente per il picnic; battuta affilata sempre pronta e bustine di sali minerali quanto basta. FEDEFILO, partita fantasma in cellulare e tornata ragazza in fiore, grazie all’Iran ed ai miracolosi massaggi viso di Sandra. FEDESIMBA, arrampicatrice di moschee alla ricerca dell’attimo fuggente da immortalare tra i suoi milioni di scatti. GLI IRANIANI, tutti coloro che abbiamo incontrato, che ci hanno accolto con sorrisi di benvenuto e ci hanno permesso di vivere un’indimenticabile esperienza. LUCIA, vincitrice del campionato iraniano di karate contro il finalista Ale Aleailoviu. NATASCIA, donna dei mille volti, da Irina la contadina ucraina con foulard a fiori strizzato sotto il mento, a Nikita gelida spia russa. NICOLA the cashman, oculatissimo amministratore delle finanze del gruppo, rischio infarto ad ogni milione di ryal faticosamente estratto dalla cassa comune. MONICA cuore spezzato da Francois, l’intrepida che ha osato cambiare look sotto il velo facendosi tagliare i capelli da una parrucchiera iraniana. ORNELLA e la sua risata contagiosa, l’unica che riesce a farsi comprendere dagli iraniani parlando rigorosamente in italo bergamasco. SANDRA in perenne affanno tra velo, macchine fotografiche, occhiali da sole e da vista su scandalose scollature, i suoi massaggi e i suoi corsi di ginnastica hanno sostenuto il benessere del gruppo. HASSAN, infaticabile e non proprio infallibile, ci ha sfinito tra siti e moschee e bazaaaaaar. MOHAMMAD, fidato autista nonché essenza della gentilezza iraniana, quello che gli uomini italiani non sono più: spaccatore di mandorle, abile tagliatore e servitore di torte, angurie e meloni. ........................................................................................................................................................................... ........................................................................................................................................................................... VIAGGI | Sri Lanka-Maldive Sri Lanka e Maldive. Indimenticabile viaggio tra spiritualità e relax. Da un LANKAMALE gruppo LENIO FIORENZANI Testo e foto di ROSARIA SECCIA D opo mesi ad attendere l’arrivo del viaggio mi ritrovo a scavare nella memoria i ricordi di una meravigliosa avventura vissuta tra lo Sri Lanka e le Maldive con compagni di viaggio fantastici! 1° giorno - E’ il tanto aspettato giorno della partenza. Io (Rosaria, ribattezzata Rambina) e mio marito (Andrea alias Rambo) arriviamo all’aeroporto di Malpensa in largo anticipo in modo da sbrigare con calma la parte burocratica e conoscere metà dei compagni di viaggio (l’altra 62 - Avventure nel mondo 2 | 2012 metà la conosceremo quando faremo scalo a Roma). Riconosciamo dallo stile due probabili viaggiatori avventura e in effetti non ci sbagliamo: sono Lorenza e Gill. Poco dopo conosciamo Vanny e Federico, alla disperata ricerca di riviste da ricomprare avendone perse quelle finora comprate durante gli spostamenti…e già da allora dovevamo capire tutto……. Alle 12:45 l’aereo decolla. Le hostess, con i loro sari, coloratissimi vestiti tradizionali sono veramente deliziose! Come da programma a Roma sale il resto della truppa. Conosciamo Lenio, il coordinatore, Denise, Chiara, Sandra e Vittorio. Il viaggio è molto lungo; in aereo si fa quel che si può per tenersi occupati; si chiacchiera, si gioca, si cerca di capire quali possano essere gli altri compagni di viaggio non ancora conosciuti. 2° giorno – Dopo 12 ore di volo, alle 05:20 (ora locale) atterriamo a Colombo, in Sri Lanka. Solo ora, scesi per sbrigare velocemente le pratiche burocratiche e il cambio moneta, conosciamo il resto dei compagni: Benedetta, Primo, Sandro e Roberta. All’uscita dell’aeroporto l’umidità è tale da appannare l’obbiettivo della macchina fotografica, così non facciamo nemmeno una foto ...................................................................................