Obiettivo: Educare alla Legalità Insieme dirigenti scolastici, parroci, giudici e forze dell’ordine al Forum permanente Non tutti gli studenti sanno che si è svolto lo scorso mese, al Liceo Scientifico “Errico Mattei” di Castrovillari, il primo incontro tra dirigenti scolastici, parroci, giudici e forze dell’ordine per l’educazione alla legalità. Il Forum coordinato dal sindaco Fortunato, affiancato dal capogruppo di Alleanza Nazionale nonché Preside della Ragioneria, Franco Blaiotta, vuole venire incontro ai bisogni e alle richieste soprattutto dei giovani, in modo da impedire e contrastare il fenomeno della devianza e della dispersione scolastica. Noi di Azione Giovani, impegnati quotidianamente nel sociale, non potevamo non interrogarci anche su questa importante iniziativa. Il Forum si riunirà periodicamente e sarà, secondo il Consiglio comunale di Castrovillari, “fondamentale per la crescita socio-economica della comunità”. Noi di Azione Giovani proponiamo una trattazione della tematica che vada oltre l’aspetto economico, intendendo cioè concentrarsi su quegli organismi che hanno il dovere sociale e morale di educare alla legalità ciascuno di noi. Per fare questo è indispensabile rendersi conto del ruolo primario e insostituibile della famiglia, dove un ragazzo deve poter trovare le prime risposte alle incertezze dovute ai fenomeni di illegalità vissuti all’esterno. Per poi passare all’ambiente scolastico un luogo di crescita culturale ma soprattutto attento ai bisogni di verità, per non lasciare i giovani sempre più soli con le loro domande personali sul significato della vita, con le loro angosce e le loro problematiche, per vederli, invece, con una grande voglia di vivere. Un solo rancore, la necessità di trattazione di questo tema, non è nata nell’ambiente giovanile stesso. Una sociètà giovanile ormai abituata a vivere sugli esempi impartiti dai media non è concepibile. Spesso i giovani seguono avvenimenti importanti in televisione, come ad esempio manifestazioni politiche, e vedono i loro leader comportarsi in maniera scorretta, con in mano spinelli, con striscioni che inneggiano alla liberalizzazione delle cosiddette “droghe leggere”. L’operato di questi “cattivi maestri” non fa altro che minare l’educazione alla legalità. È dunque chiaro come l’uso di queste droghe sia solo una questione di “moda giovanile” ed è proprio su questo argomento che Azione Giovani intende impegnarsi. Stiamo lavorando alla creazione di un opuscolo informativo sulle droghe, lavoro che porremo all’attenzione dei partecipanti al Forum. Il nostro obiettivo è quello di rendere coscienti i giovani dei pericoli che derivano dall’uso di queste sostanze, diffondendo l’opuscolo in tutte le scuole della nostra cittadina. Raffaele Forte Israele e terrorismo: l’inizio della fine? Il viso della giovanissima ragazza incorniciato nel tradizionale velo coranico è bello e dolce e somiglia davvero più ad una bimbetta che ad una donna. Non può muoversi a capo scoperto, assieme alle infinite rinunce che la propria religione la obbliga a rispettare, però può morire per essa e in nome della Palestina Islamica e per farlo si fa saltare in aria assieme ai propri nemici e cioè un gruppo di persone normalissime, proprio come noi e che come noi stanno facendo normalissime cose come bere un aperitivo in un bar, fare la spesa, passeggiare mano nella mano con le persone care. Ma loro non sono semplicemente "persone": sono Israeliani, Ebrei e sono considerati la punta e l'ultimo baluardo della presenza Occidentale ed Europea nel mare Islamico che avanza sempre di più. E che nello scontro terribile tra Israele e Palestinesi vede la sua espressione più brutale e allo stesso tempo "noiosa" che vi sia dinanzi ad un mondo piuttosto distratto e, nel nostro caso, da un’Italia che ormai nota nemmeno più a pranzo o a cena le immagini strazianti di questa carneficina. Segue a pag. 2 Pagina 2 Israele e terrorismo: l’inizio della fine? Segue da pag. 1 Tra Israele e i Palestinesi, sostenuti da tutti i Paesi Arabi e le teocrazie Islamiche in tutto il mondo ( si badi bene, TUTTE) Si evidenzia per l'ennesima volta la differenza tra l'azione terroristica e quella di ritorsione dello Stato Ebraico che però, ad onor di verità, vede il Ge. Sharon insistere in un sempre più pericoloso gioco che opposte tendenze legate al problema dei coloni e dei nuovi insediamenti: il Terrorismo compie attacchi indiscriminati che minano la credibilità dei vecchi Leader del Vicino Oriente che dichiarano di accettare l'esistenza dello Stato d’Israele e di non condurre guerre di "sterminio" contro civili senza distinzione per sesso, condizione ed età mentre dall'altra parte le azioni di riflesso sono sempre inutili sia per la misura che nella forma delle ritorsioni Israeliane. Sharon e Arafat si ritrovano così in balìa dei rispettivi estremismi senza troppa possibilità di frenare l'azione di coloro che, da una parte come dall'altra, cercano di impedire ogni forma possibile di dialogo nell'illusione che lo stato di guerra permanente possa infiammare la già calda area del Vicino e del Medio Oriente, ma con l'aggravante che Arafat in cuor suo non ha mai preso vere distanze dal terrorismo che in oltre trenta anni ha sempre e comunque alimentato. Sharon è sostanzialmente un militare con un prestigioso passato che certo non lo vedeva ingrassato e privo delle necessarie capacità d’analisi in ambito politico: Paracadutista, Carrista, uomo d'azione dei gruppi speciali non è riuscito a competere con l'intricata rete di connivenze e alleanze, sostegni e strategie di una vecchia volpe come Arafat che, da sempre, ha scoperto che strizzare un occhio agli Arabi e un altro all'Occidente è fondamentale per raggiungere i suoi scopi. Tutto si riduce alla triste formula: un kamikaze palestinese si fa saltare in aria e uccide mezza dozzina di civili israeliani irrigidendo le posizioni della popolazione e del Governo che è obbligato a ritorsioni senza gravi conseguenze per non farsi nemica l'opinione pubblica mondiale (falsamente buonista) e permettendo così ulteriori possibilità d’azione ad Arafat, Hamas, Hetzbollah e tanti altri. Arafat circondato dai carri armati e dai militari israeliani è attualmente la miglior forma di pubblicità che il vecchio leader palestinese potesse sperare: nell'immaginario collettivo questi oggi, con le sue dichiarazioni del prossimo martirio, rappresenta l'archetipo dell'Eroe che si erge solo dinanzi a terribili nemici e che preferisce la morte che la sconfitta delle proprie idee e delle proprie ambizioni. E anche in questo Israele perde perché nemmeno la Destra di Sharon è riuscita là dove nessuno può riuscire: creare le basi di un compromesso che permetta la giusta creazione di uno Stato Palestinese autonomo e la sicurezza per Israele. Ma dietro ad Arafat non c'è solo l'idea della Palestina ma tutto il mondo arabo e il nuovo integralismo religioso che avanza con ampie prospettive di vittoria. Il dramma d’Israele, vero punto di riferimento dell'Occidente nel mondo Arabo e importante ago della bilancia dell'economia tra Europa e i Paesi produttori di petrolio vive le sue ore più difficili in un complesso contesto politico e militare che purtroppo sembra non avere nessuna via d'uscita. Da una parte Arafat e il suo ruolo, il suo impegno quarantennale nella ricerca delle giuste rivendicazioni del suo popolo ma pericolosamente vicino a certi oltranzismi per mantenere inalterata la sua leadership; dall'altra un Israele stanca del continuo stato di tensione che fa emergere le rabbie represse e a loro modo giustificabili dei militari e delle comunità e i partiti ortodossi. Se continueranno gli attentati sarà possibile parlare ancora di un alternativa? Anche perché esiste il possibile parallelismo tra la strategia terroristica "tradizionale" di matrice palestinese e la strategia globale che include nella sfera del fondamentalismo islamico che certo può far supporre una rete d’alleanze e di contatti anche con Al Queda e le strutture similari. La posta in gioco non è insignificante e può essere suddivisa in due blocchi: geopolitici e strategici. Per geopolitici non s’intendono le ovvie mire del mondo Occidentale alle fondamentali riserve petrolifere ma anche ad un altro elemento preziosissimo per l'area in questione e cioè l'acqua che è a parimerito con l'oro nero per importanza. Con il termine strategico s’intende da parte Araba il mantenimento di un perenne stato di tensione che da lato canalizza la rabbia e il malcontento dei popoli spesso assoggettati a forme di governo e di società arcaiche che ne impediscono qualsiasi progresso nella speranza di riportare o mantenere uno status al limite del feudale; in secondo luogo perché un fiorente mercato legato al settore militare si è sviluppato attorno alle varie comunità coinvolte che da una parte permette lo sfruttamento degli ingenti capitali obbligatoriamente versati dal mondo Arabo e dalle varie diaspore per le varie cause di "Liberazione Nazionale "o di carattere "religioso". A quando una vera e propria deflagrazione bellica che, erroneamente definibile "destabilizzante" forse porterebbe ordine e pace in un’area che deve ancora trovare un potente fulcro militare e politico che ne stabilisca priorità e sviluppo? Vista l'offensiva terroristica che ha visto il suo culmine l'11 Settembre e la volontà dell'Occidente di stroncarla, i tempi sembrano decisamente brevi. Fabrizio Bucciarelli Pagina 3 Le sigle dei movimenti terroristici palestinesi Hezbollah - gruppo importante per organizzazione e potenza militare nonché per i forti supporti in tutto il mondo Medio Orientale, nasce in Libano durante la sanguinosa guerra civile. Il "Partito di Allah", finanziato e supportato dai Servizi Segreti di numerose nazioni Arabe e dalla diaspora palestinese, è stato considerato l'artefice delle stragi contro le Forze di Pace americane e francesi a Beirut nel 1983, contro l'Ambasciata USA e in numerosissime azioni militari contro Israele. HAMAS - si rende noto nel 1987 come gruppo legato o emanato dalla "Fratellanza Musulmana" e si muove dalle aree della Cisgiordania e della Striscia di Gaza; dal 1999 il Governo Giordano ne limita fortemente le attività chiudendo l'ufficio di Hamman e arrestando vari capi militari Fronte per la Liberazione della Palestina (FLP) - scissione minore del FPLP-CG e successivamente ancora differenziatasi in gruppi minori accomunati dalla determinazione della lotta terroristica contro Israele e i suoi Alleati. Abu Abbash, che ne era il capo, è stato tra i responsabili che effettuarono l'attacco terroristico alla nave italiana Achille Lauro. Jihad Islamica - organizzazione di carattere fondamentalista religiosa che dalla metà degli anni '70 agisce contro Israele attraverso varie forme di tattiche comunque legate al terrorismo e alla militanza armata. Finanziata dai Servizi Segreti Siriani e dall'Iran ma anche di Libia che utilizzano tale sigla per azioni non convenzionali e di supporto. ABU NIDAL - emanazione dell'O.L.P. da cui esce nel 1974 e il cui leader Sabri Al Banna, forse ospite dell'IRAQ, è responsabile di numerosi attentati tra cui quelli agli aeroporti di Roma e di Vienna nel 1985. Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina - Comando Generale (FPLP-CG) - emanazione diretta dell' organizzazione di George Habbash dal 1968 guidata da Ahmad Jabril ex comandante delle Forze Armate Siriane e con sede a Danasco. Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) - gruppo tra i più noti nel panorama terroristico Medio Orientale fondato nel 1967 dall'ex medico chirurgo George Habbash che ritiene le posizioni di Arafat troppo moderate e poco progressiste. Di matrice Marxista-Leninista e favorevole alla rivoluzione mondiale: dal 1998 ha ripreso in contatti con l'O.L.P. dopo anni di contrasti dovuti alla partecipazione di questi ultimi alla "Dichiarazione dei principi di Oslo" nel 1993. Quel pudore che sa di paraocchi La vicenda della (mancata) pubblicazione del manifesto delle BR su alcuni grandi siti d’informazione fa riflettere e consente ai lettori di imparare a scegliere. Un link in meno insegna molte cose Nella serata del 20 marzo gran parte dei quotidiani italiani (La Repubblica, La Stampa, il Corriere della Sera, Il Manifesto, il Secolo XIX, Il Resto del Carlino ed altri), i siti web di molte confederazioni sindacali, Radio Popolare, qualche Centro Sociale e chissà quanti altri soggetti hanno ricevuto il messaggio di rivendicazione firmato Brigate Rosse dell'attentato al prof. Biagi. Si è trattato, a quanto pare, di un vero e proprio spamming verso circa 500 indirizzi di posta elettronica, tutti messi in CC ad almeno tre differenti email. Tale messaggio (26 pagine di txt compresso) è stato quasi immediatamente considerato attendibile dagli investigatori: nonostante ciò, praticamente nessuno fra le agenzia di stampa, i quotidiani, i siti web sindacali che lo hanno ricevuto, ha ritenuto di doverlo pubblicare in rete nelle ore immediatamente successive. Solo una piccola agenzia di stampa campana, Caserta24ore, ha scelto di dar conto pubblicamente delle 26 deliranti pagine di giustificazione del crimine avvenuto un paio di sere fa a Bologna. Siamo stati così testimoni di una strana schizofrenia che merita di essere osservata con attenzione: i grandi soggetti informativi italiani hanno preferito citare la pubblicazione su Internet del documento di caserta24ore.it (alcuni come nel caso del Corsera riproducendo la homepage del sito web campano) piuttosto che dare diretta informazione ai propri lettori di qualcosa che era giunto anche nelle loro caselle di posta elettronica. Meglio di tutti è riuscito a fare il quotidiano la Stampa di Torino che, in una specie d’amnesia del fatto di essere stato anch'esso destinatario del messaggio scriveva: "Un documento di 26 pagine di rivendicazione dell'omicidio di Marco Biagi è stato inviato agli indirizzi e-mail di un sito internet (www.caserta24ore.it) alcuni sindacati e sedi di partito.”. Tranne qualche sito web come quello de Il Nuovo e de La Stampa stessa, la stragrande maggioranza dei web editoriali italiani ha scelto poi (come è ormai costume quando si vuole creare un diaframma fra sé e gli altri) di non linkare il sito web dell'agenzia campana, riportato spesso solo in plain text, quasi si trattasse di un soggetto senza alcuna dignità ipertestuale. Non è una novità, si tratta di una piccola miopia molto indicativa di quale sia l'idea che certa gente ha di Internet. Come da copione, l'agenzia in questione, nella mattinata della pubblicazione della rivendicazione, è stata visitata da agenti della Digos per accertamenti non meglio precisati. Continua a pag. 4 Pagina 4 Segue da pag. 3 Come citato da Il Resto del Carlino, l'unico quotidiano disposto a divulgare qualche particolare in più sulle modalità tecniche dell'invio del messaggio, l'email delle Brigate Rosse è partita alle 22,17 del 20 marzo da un indirizzo di Wind, più precisamente da [email protected]. In attesa che la Guardia di Finanza compia i dovuti accertamenti sulla rintracciabilità del mittente del messaggio di posta elettronica a noi resta da capire se esistano ragioni di sicurezza o d’opportunità che consiglino i grandi editori italiani a comportamenti come quello cui abbiamo assistito o se invece non ci si trovi di fronte a qualcosa d'altro. Perché, in altre parole, non pubblicare su Internet il documento ricevuto? Forse nelle prime ore della serata del 20 potevano esistere comprensibili ragioni d’incertezza sull’autenticità della fonte, ma una volta accertato che tale rivendicazione era plausibile perché insistere in reticenze del genere? Scelte oltretutto inutili perché chiunque abbia desiderato leggere il comunicato delle BR (che in ogni caso viene citato letteralmente un po' dappertutto su giornali, siti web, radio e TV) lo ha potuto comunque fare collegandosi a caserta24ore.it. Nelle prossime ore il mirroring del comunicato di rivendicazione dell'omicidio del povero prof. Biagi raggiungerà forse anche i siti web dell’informazione mainstream italiana (anche se molti di essi hanno scelto di pubblicarne solo alcuni estratti commentati) ma credo che più di uno, fra i lettori dei grandi quotidiani che accedono ad Internet, possa essere stato in queste ore sfiorato dall'idea che chi gestisce l'informazione in Italia lo continui a considerare un soggetto debole, da tenere sotto tutela, bisognoso di un filtro che lo aiuti a comprendere il mondo che lo circonda secondo categorie nette e facilmente identificabili. Come vedete ho dovuto utilizzare un complicato eufemismo per dire (o non dire) ciò che molti giornalisti italiani pensano (e privatamente dicono) da sempre dei loro lettori. Tratto da “punto-informatico.it” Il Terrorismo comodo. Un tempo, in quel drammatico periodo storico della nostra Italia che ci si illudeva fosse ormai retaggio di un passato remoto denominato "Anni di Piombo" o "Emergenza Terrorismo", venivano barbaramente trucidate varie tipologie di persone: Carabinieri, Poliziotti, studenti di una parte o dell'altra, giornalisti, militari, molti innocenti, qualche politico. Oggi, in questo inizio millennio tutt'altro che pacifico, la "tendenza" è cambiata e non di poco: non si uccide più un semplice simbolo ma un diretto interessato, anche se conosciuto da pochi ma di certo strategicamente interessante e di una certa utilità. I simboli, infatti, possono essere suggestivi ma fondamentalmente poco utili per la "causa" e oggi il gioco non vale la candela: meglio qualcuno che si muova sul serio, che non dorma seduto sulla poltrona agognata, che abbia la capacità e l'intelligenza necessarie ad un possibile cambiamento loro sgradito e ben poco auspicato. E' il caso di Marco Biagi, è il caso del mondo del lavoro. In queste ore numerosi esperti o presunti tali stanno cercando di stabilire un "come " e un "perché" partendo dagli estremisti Palestinesi e finendo all'Area 51 tra UFO e X-File e questo senza contare gli "ovvi" riferimenti al terrorismo nostrano legato ad alcune frange dell'estrema Sinistra che già hanno dato prova d’omicide capacità nel delitto D'Antona ma che di certo non erano nemmeno estranee alla vicenda del G8 a Genova lo scorso Luglio o all'oscura permanenza italica del leader curdo del Pkk, Ochalan. Eppure quest’omicidio ci riporta ad un problema direttamente legato ad una realtà che non è mai cessata d’essere tale ma che è semplicemente mutata rispetto ai tempi, ereditata da terzi che altri non sono che i figli illusi dell'odio sparso a piene mani e che ora si ritorce contro determinate aree politiche che l'hanno sempre cercato di fomentare per patetiche velleità rivoluzionarie o per calcolo elettorale. Le pie illusioni di chi credeva che il terrorismo fosse un momento di "passaggio" nella storia italica ha, in quest’occasione, possibilità d’ulteriore analisi e riflessione ma in una nuova ottica; è un dato di fatto che la perdita del monopolio della cultura che contraddistingueva l'ex mondo operaio e proletario ha messo in certa crisi quei partiti che si arrogavano il diritto alla loro tutela con lo stesso piglio stalinista di un dittatore dei "bei tempi che furono" e questo dramma si è trasformato in un drammatico trauma elettorale che ha portato al governo il Centro-Destra di Berlusconi. La scomparsa di molte realtà loro legate, l'attuale priorità legata alla guerra al terrorismo islamico dopo l'attentato alle Twin Tower, il disinteresse delle moltitudini alla passione politica ha portato gli estremisti ad una nuova versione della vecchia lotta armata e cioè le nuove risoluzioni strategiche: dato che il popolo dorme, o sonnecchia, in una buona dose di benessere materiale, cerchiamo di risvegliarne le pulsioni o possibili necessità con atti legati ai temi più cari e cioè il benessere materiale ovverosia il mondo del lavoro. E' un po' come quando i C.A.R.C. ( Comitati Appoggio alla Resistenza per il Comunismo) appiccicano i loro manifesti con le immagini rubate alla propaganda dei Soviet e con i caratteri e le tematiche tipiche della Rivoluzione d’Ottobre. La vicenda legata all'Art. 18 ha poi, in verità non del tutto ingiustamente, motivato tali gruppi nell'ambito di una strategia armata che nell'atto terroristico dimostri il cambio del bersaglio, la sottolineatura delle priorità, la possibilità di colpire nei termini operativi più professionali possibili e con la sicurezza dell'acquisizione del bersaglio al di là dei margini d’errore. Operazioni del genere, di qualunque matrice esse siano, sono pianificate in termini interessanti vuoi per il monitoraggio dell'area operativa, vuoi per la particolareggiata conoscenza del bersaglio e delle proprie abitudini (orari, spostamenti, mezzi, identikit etc.) ma soprattutto nell'attuazione del gruppo di fuoco e delle vie di fuga. Lo stessa valga per l'oculata scelta dei tempi e del luogo. Il Terrorismo, quello con l'"A" maiuscola è morto, però i suoi eredi hanno imparato bene una lezione che pur fallimentare, potrà ancora portare alle estreme conseguenze la rabbia di ieri ma non è questa la cosa che deve spaventare di più: qualche giorno fa durante un raduno all'interno di una fabbrica metalmeccanica dopo una sorta di "Consiglio" degno dei Soviet di ieri è stato stabilito che l'omicidio Biagi da parte delle Brigate Rosse o chi per loro è giustificabile in quanto eliminazione di un "Nemico della Classe Operaia" viste le sue convinzioni politiche ed in campo socio-economico. Quella stessa Classe Operaia che appena raggiunge le condizioni migliori materialmente e socialmente parlando, per prima cosa cerca di assomigliare a quei "Padroni" che da sempre vuole considerare "Nemici" da abbattere. Fabrizio Bucciarelli