AEQVVM
TVTICVM
Organo dell’ASSOCIAZIONE
AMICI DEL MUSEO
ARIANO IRPINO
AEQVVM TVTICVM
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Aequum Tuticum
AEQUUM TUTICUM
Organo dell’Associazione
AMICI DEL MUSEO di Ariano Irpino
www.amicidelmuseoarianoirpino.it
E-mail: [email protected]
ANNO VII, n.1/2009
DIRETTORE RESPONSABILE
VINCENZO GRASSO
COORDINATORE DI REDAZIONE
MICHELE GIORGIO
[email protected]
Autorizzazione e Registrazione c/o
TRIBUNALE DI ARIANO IRPINO
N.02/09 del 17/02/2009
REDAZIONE
Via D’Afflitto,14
Pal. “FORTE” c/o Museo Civico
83031 Ariano Irpino
E-mail: [email protected]
STAMPA
Tipografia IMPARA
Via Carpiniello, 4 - Ariano Irpino
E-mail: [email protected]
• 1a di copertina: Brocca con mascherone delle Antiche Fabbriche di Ariano, Inizio 1700
Dono dell’Associazione, anno 2009 - Museo Civico.
• 4a di copertina: Targa con figura di S. Michele delle Antiche Fabbriche di Ariano, fine 1500
Museo Civico - per gentile concessione.
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Aequum Tuticum
Redazione
Michele Giorgio - Presidente
Antonio Alterio
Antonio D’Antuono
Mario D’Antuono (1914-1993)
Mario D’Antuono e Mirko Iorillo
Ottaviano D’Antuono
Chiara Lo Conte
Giovanni Orsogna
Nicola Prebenna
Stanislao Scapati
Gabriele Speranza
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Organi dell’Associazione
CONSIGLIO
• Presidente
Michele GIORGIO
• Consiglieri Emilio CHIANCA
Antonio D’ANTUONO
Ivana GRASSO
Maria Beatrice LANDI
Gabriele SPERANZA
COLLEGIO DEI REVISORI
• Presidente
Domenico COCCA
• Componente
Francesco Paolo DE GRUTTOLA
• Componente
Luigi PRATOLA
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Aequum Tuticum
Sommario
Editoriale
di Michele Giorgio (Presidente dell’Associazione Amici del Museo). . . . . . . . . pag.
Eventi
a cura del Consiglio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ”
100 anni di Azione Cattolica ad Ariano (1908 - 2008)
di Antonio Alterio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ”
La Maiolica di Ariano - Note Antropologiche
di Antonio D’Antuono. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ”
Inconscio collettivo, memoria genetica o dottrina
della reincarnazione?
di Mario D’Antuono, a cura di Antonio D’Antuono. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ”
Restauro di alcune maioliche provenienti dal Museo Civico
e della Ceramica di Ariano Irpino
di Mario D’Antuono e Mirko Iorillo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ”
Intorno alla “Collezione di Arte Contemporanea”
del Comune di Ariano Irpino
di Ottaviano D’Antuono . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ”
7
9
26
59
70
78
88
L’opera di Gianni Pisani “Il Pendolo”
di Chiara Lo Conte. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 103
Tommaso e Francesco Antonio Vitale
Suggestioni del bicentenario della morte
di Giovanni Orsogna. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 108
Cultura e Territorio - Spunti di riflessione
di Nicola Prebenna. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 127
Tre patrioti arianesi
di Stanislao Scapati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 130
Cronaca della Città di Ariano di G. B. Capozio
Trascrizione a cura di Gabriele Speranza. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 137
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Editoriale
petta a me, per la prima volta, tracciare un bilancio dell’anno appena trascorso, e facendolo non posso che esprimere soddisfazione nel dichiarare
che è stato un anno intenso di iniziative.
Il 2008 ha rappresentato sicuramente un anno fortunato, sia per le occasioni
di acquisizioni che ci sono state proposte, sia per quanto siamo stati capaci di realizzare; posso dire senza esagerare ma con una punta di orgoglio, che l’Associazione è
riuscita a riconquistare, nuovamente, una giusta attenzione nel panorama cittadino,
forse appannata negli ultimi tempi.
Di questo devo ringraziare oltre che gli amici del Consiglio per il lavoro svolto, i soci
tutti che hanno voluto dare fiducia alla mia persona, affidandomi la responsabilità
dell’Associazione; quanti mi hanno suggerito iniziative e quanti mi hanno incoraggiato
nel lavoro e testimoniato il loro affetto.
Nel ringraziare non voglio dimenticare il Dott. Emerico Maria Mazza, Assessore alla
Cultura, che con la sua “Amicizia” ha voluto sostenere le iniziative dell’Associazione; il
Sig. Sindaco Domenico Gambacorta, che ha voluto testimoniare sempre la sua personale condivisione per le iniziative svolte, gratificando l’Associazione, di una costante
presenza alle nostre manifestazioni.
S
• Marzo ha avuto inizio con un mio incontro casuale con il proprietario di un
“Piatto in ceramica del XIX secolo”, prodotto nelle Fabbriche di Ariano, il quale
esprimeva la volontà di vendere il manufatto. Mi facevo portavoce in Consiglio,
della possibilità dell’acquisto, che in breve si perfezionava con la relativa donazione
al Museo Civico. A seguito delle doppie dimissioni, per ragioni personali, della
Presidente Rita Gambacorta e del Vice Antonio Alterio, si indiceva l’Assemblea
dove tutti i Consiglieri, accogliendo il mio invito, si dimettevano per procedere
al rinnovo totale del Consiglio.
• Una nuova Assemblea in Aprile quindi, ha rinnovato il Consiglio, affidandomi
l’onore e l’onere di rappresentanza. Nella seduta di insediamento il nuovo Consiglio, come primo atto, deliberava di nominare Soci Onorari 2008 importanti
Personalità della Comunità quali il Sindaco della Città ed il Vescovo della Diocesi
Ariano-Lacedonia.
• Il 5 Giugno abbiamo premiato i vincitori del Concorso“Vieni ad Ariano, città del
passato e del presente” indetto per le Scuole Superiori.
• Dal 27 luglio al 5 agosto 2008, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura,
l’Associazione ha organizzato, presso la Sala del Palazzo degli Uffici, una Mostra
Mercato: “Arte, Antiquariato, Artigianato”.
• Il 9 agosto 2008, presso la Sala Conferenze del Museo Civico, l’Associazione ha
presentato il volume di Ottaviano D’Antuono: “La Maiolica delle Antiche Fabbriche
di Ariano nel Museo Civico”.
• Settembre ha visto mettere in rete il sito Web dell’Associazione, visitabile alla
pagina:
www.amicidelmuseoarianoirpino.it
• Dal 1° al 7 ottobre presso la Sala esposizioni del Palazzo degli Uffici ha avuto
luogo una mostra di disegni del Prof. Antonio Capaldo: è stata l’occasione per
promuovere maggiormente la conoscenza dell’Associazione Italiana per la Ricerca
sul Cancro; e sensibilizzare l’opinione pubblica al sostegno della ricerca.
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Aequum Tuticum
• Il 5 Ottobre l’Associazione ha partecipato alla 5a giornata FIDAM, con il tema: “ Il
Museo, L’Antica Ceramica Arianese, Il futuro” .
• Il 25 Ottobre dopo qualche anno di interruzione, si è tenuta la festa sociale
dell’Associazione, e la “Cena degli Amici 2008” presso la “Taverna Vitoli”.
• Sempre in Ottobre si sono poste le basi per due importanti acquisti di manufatti
ceramici da donare al Museo Civico.
• Il 15 Novembre l’Associazione ha curato la manifestazione di ricollocazione della
lapide ricordo di tre illustri concittadini: Giuseppe De Miranda, Vito Purcaro, Giuseppe Vitoli.
• Il 28 dicembre l’Associazione, sponsor con altri dello storico concerto del Coro
della Cattedrale, con entusiasmo ha accolto l’invito dell’Assessore Dott. Mazza per
curare la presentazione dello stesso, dedicata all’illustre concittadino Prof. Gabriele
Grasso, morto nel terremoto di Messina, del 28 dicembre 1908. La firma alla presentazione del Prof. Scapati, che non finiremo mai di ringraziare per tutto quanto
ha fatto e per tutto quello che ancora potrà insegnarci, ha reso più preziosa la
presentazione.
Questo è quanto abbiamo portato a termine nell’anno trascorso: il lavoro continuerà
e dichiariamo il nostro impegno anche per il futuro con la stessa voglia e la stessa
dedizione di quanti ci hanno preceduto. Nell’invitare sempre tutti a sostenere il
nostro lavoro, che consideriamo un “servizio civico”, saremo sempre lieti di ricevere
suggerimenti e collaborazione.
Voglio sottolineare che il nostro piccolo e spesso dimenticato Museo Civico, è una
realtà conosciuta e apprezzata in molte parti d’Italia da studiosi e rappresentanti di
importanti Istituzioni; e noi “Amici del Museo” faremo quanto è nelle nostre possibilità
per accrescerne il patrimonio all’insegna del nostro motto: conoscere, amare, conservare.
Il Presidente
Michele Giorgio
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Eventi
EVENTI 1
a cura del Consiglio Direttivo
Premiazione del Concorso:
“Vieni ad Ariano, città del passato e del presente”
Il passaggio di testimone nell’Associazione non ha inteso creare discontinuità con il
passato; infatti tenendo fede a quanto previsto ed avviato dal precedente Consiglio, si
è portato a termine il Concorso indetto per le Scuole Superiori.
Dopo una selezione degli elaborati pervenuti, il 5 Giugno sono stati premiati i vincitori:
con ˛ 250,00 1° classificato il gruppo del Liceo Linguistico “G. Dorso”, FRUSCIANTE
Donatella, SCHIAVO Maria e ZUCCHETTO Rosy;
da sx: il Presidente dell’Associazione Michele Giorgio - il Prof. Francesco Caloia (Preside Del Liceo Linguistico G.
Dorso), le premiate Frusciante, Schiavo, Zucchetto - il Dott. Antonio Mainiero - l’Ing. Davide Di Talia -
con ˛ 150,00 2° classificato lo studente del Liceo Scientifico “P. P. Parzanese”
CAGGIANELLA Giovanni (assente alla premiazione);
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Eventi
con ˛ 100,00 3° classificato la studentessa del Liceo Classico “P.P. Parzanese” D’AMORE
Teresa.
da sx: il Dott. Antonio Mainiero - D’Amore Teresa (premiata) - il Presidente dell’Associazione Michele Giorgio l’Ing. Davide Di Talia
La premiazione, si è svolta nella cornice della Sala Conferenze del Museo Civico, alla
presenza dell’Assessore ai LL.PP. Dott. Mainiero; hanno partecipato alla manifestazione il
Tecnico incaricato del cantiere presso il Castello, Ing. Davide Di Talia, che ha intrattenuto
i presenti sui lavori in corso presso il Castello Normanno.
Il Presidente ha salutato i partecipanti e gli ospiti presenti con il seguente intervento:
“L’idea di questo concorso risale a un progetto di qualche anno fa, quando ero coordinatore,
per il Club LIONS di Ariano, del progetto “Ariano: Le origini”, che aveva come obiettivo
la rivalutazione dei siti archeologici del territorio arianese, con la pubblicazione di un
lavoro scritto a quattro mani, da due esperti e qualificati amanti della nostra storia.
L’opera era destinata alle scuole superiori di Ariano e del circondario, con la stampa
di un numero notevole di copie e pari impegno economico, che il Club non poteva
permettersi. Chiesi la sponsorizzazione economica ad Amministrazioni Pubbliche senza
risultato; dopo vari tentativi, ed aver bussato ad altre porte anche di privati, dovemmo
rassegnarci ed abbandonare il progetto.
Circa un anno fa proposi in Consiglio di investire direttamente i giovani con un’iniziativa
che avesse come tema la nostra storia; devo ora pubblicamente ringraziare la sensibilità
del Presidente pro-tempore, Prof.ssa Rita Gambacorta, e tutto il Consiglio, che con
entusiasmo raccolsero la mia proposta.
Con l’iniziativa abbiamo voluto coinvolgere direttamente i giovani, nel farne registi ed
attori di una storia che ci vede coinvolti tutti, ma che per ragioni anagrafiche, mette al
centro della scena gli uomini di domani, coloro che avranno la responsabilità di tutelare
anche il patrimonio storico-culturale delle nostre zone.
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Eventi
da sx: l’Ing. Di Talia - il Presidente dell’Associazione - il dott. Mainiero
Ecco la genesi dell’attuale Concorso, che a onor del vero, mi auguravo potesse avere un
numero maggiore di partecipanti.
Le mie aspettative e dell’Associazione erano quelle di essere inondati da lavori, che pur
comportando una maggior mole di lavoro sarebbe stata la dimostrazione tangibile di
aver raggiunto l’obiettivo che ci eravamo proposti: “mettere al centro del nostro interesse
la nostra Città, ricordarne la storia, immaginarne un futuro”. Un passaggio di testimone
ai nostri più giovani concittadini.
La nostra aspettativa è stata francamente delusa, ma non per questo diminuisce l’obbligo
che a nome mio e dell’Associazione, esprimo nel ringraziare coloro che hanno avuta la
sensibilità di far si’ che il Concorso si svolgesse.
L’Associazione si propone di continuare su questa strada mettendo in campo iniziative che
coinvolgano i giovani, nella convinzione che sia imprescindibile per la società, il coinvolgimento
delle nuove generazioni per la costruzione della casa del futuro.
Essere insieme oggi, non sta a significare solo dare un premio a chi ha svolto un lavoro
extrascolastico, ma deve servire ad alimentare il fuoco dell’amore, verso ciò che è stato
prima di noi, un ringraziamento a quanti hanno reso possibile tutto ciò che è il presupposto
del nostro futuro.
Concludo ringraziando gli studenti partecipanti, il corpo docente, i rappresentanti degli
Istituti che oggi hanno voluto onorarci con la loro odierna presenza, invitandoli ad essere
vicini alla nostra Associazione che ha per vocazione solo l’amore per la nostra Città”.
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Eventi
Michele Giorgio1 e di Manfredi D’Amato, Presidente del Centro Commerciale Naturale
Ariano Centro Storico, sono intervenuti Don Massimiliano Palinuro, Direttore dell’Ufficio
Diocesano per i Beni Culturali, il Prof. Francesco Barra, Ordinario di Storia Moderna presso l’Università di Salerno e la Dott.ssa Luciana Arbace, Soprintendente ai Beni Artistici,
Storici ed Etnoantropologici della Sardegna.
E’ stato proiettato anche un filmato, a cura dei Sigg. Marco Ciano e Ireneo Vinciguerra,
realizzato nel settembre 2006, relativo a un’intervista a Carmine Giorgio, ultimo “ruagnaro”
arianese, oggi deceduto.
Il successo della manifestazione non è stata misurata solo dall’affollata sala che, forse
mai, ha visto spazi tanto ristretti dalle presenze, ma è iniziato prima, quando la Dott.ssa
Arbace, ha accettato di firmare nella qualità di Studiosa e addetta ai lavori, la prefazione
del volume.
Non tocca quindi all’Associazione cantare le lodi di un volume di tal genere, ma possiamo
dire certamente e con
orgoglio che tale lavoro
è stato occasione per
tracciare una nuova
linea di partenza nel
parlare della Antica
Ceramica Arianese
Niente sarà come
prima e sicuramente
nessuno studioso,
nessun amante della
ceramica in generale
o cultore di quella
arianese in particolare,
potrà fare a meno di
questo lavoro, che è
alla base, di quanto vorrà farsi in appresso.
E’ nostro orgoglio dire “io c’ero” e simpaticamente sottoscrivere un ringraziamento.
1 Intervento del Presidente alla presentazione del libro:
“Si inizia spesso dicendo sarò breve; nel mio caso sarà proprio vero, perché non posso e non voglio rubare tempo agli ospiti,
che ben ci intratterranno sul lavoro dell’amico Ottavio. Per evitare di dilungarmi, ho preferito fissare su carta poche parole.
Credo di avere il compito e l’onore, come Presidente dell’Associazione, di salutare i graditi ospiti, le Autorità, i Soci, i cittadini
tutti e ringraziarli a nome mio personale e dell’Associazione Amici del Museo per la loro presenza.
L’Associazione non è nuova nel presentare lavori dei propri soci, ma questo non ci esime dal ringraziare il socio Ottavio, per
aver deciso di affidare la presentazione del proprio lavoro alla nostra Associazione. Di questo siamo orgogliosi e lo ringraziamo.
Troppo semplice sarebbe elogiare l’autore dell’opera, e farlo mi sembrerebbe persino di parte: mi limiterò ai complimenti
e agli auguri di un giusto riconoscimento, nella convinzione che tanti sapranno apprezzare il lavoro, che sicuramente
rappresenterà un punto di riferimento anche per gli studiosi della ceramica in generale e della nostra in particolare.
Rinnovo ancora sinceramente a tutti i ringraziamenti per la vostra presenza, che testimonia la stima per l’Associazione e
il gradimento dell’iniziativa.
Questo non può che essere di stimolo a continuare l’opera che la nostra associazione con dedizione, prosegue da quasi
un ventennio. Grazie.”
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Eventi
EVENTI 2
a cura del Consiglio Direttivo
9 Agosto 2008 Museo Civico
Il 9 agosto 2008, presso la Sala Conferenze del Museo Civico, l’Associazione ha presentato
il volume di Ottaviano D’Antuono: “La Maiolica delle Antiche Fabbriche di Ariano nel
Museo Civico”, importante e partecipata manifestazione.
Il volume che ha ripercorso la storia del Museo Civico di Ariano, attraverso le sue ceramiche, ha colmato un vuoto temporale e contribuito a riaffermare l’importanza della
ceramica Arianese dei secoli scorsi.
La sala conferenze di Palazzo Forte, sede del Museo Civico, ha aperto le porte alla manifestazione con l’introduzione del Prof. Emilio Chianca.
Dopo i saluti del Sig. Sindaco Domenico Gambacorta, del Presidente dell’Associazione
da sx: Prof. O. D’Antuono - Prof. E. Chianca - Prof. F. Barra - Don M. Palinuro - Dott.ssa L. Arbace - D. Gambacorta
(Sindaco) - Rag. M. D’Amato - Rag. M. Giorgio
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Eventi
- Luigi Russo - Azienda M.A.R. Maiolica Arianese Russo Srl Ariano Irpino.
Tutti gli interventi hanno suscitato l’interesse dei presenti e il Presidente nel suo saluto
di chiusura, ha aperto alla possibilità di poter riprendere e ampliare la discussione in un
incontro prossimo.
Relazione di apertura - (mattino)
Prima di iniziare mi sembra necessario chiarire, per coloro che non la conoscono, chi è la
FIDAM e lo scopo di questa giornata, che ha carattere nazionale.
La FIDAM è la Federazione Italiana Degli Amici del Museo, nata nel 1974, che ha lo
scopo
di coordinamento
tra
le Associazioni
federate,
contribuendo a diffondere
una maggiore sensibilità
verso le problematiche dei
Beni Culturali.
La FIDAM, oltre ai compiti
istituzionali previsti dal
suo statuto, si propone di
collaborare al monitoraggio dei problemi, anche
turistici, che interessano i
beni culturali e, attraverso le
sue associazioni, patrocina
restauri, giornate di studio,
convegni, pubblicazioni,
esposizioni, organizzando
anche viaggi con scopi
da sx: Prof. O. D’Antuono - I. Grasso - D. Gambacorta (Sindaco)
culturali.
Dal 2004 ha dato vita, nella - Rag. M. Giorgio - Prof. A. D’Antuono
prima domenica di ottobre
alla sua Giornata Nazionale,
di cui oggi celebriamo
la quinta edizione. Ogni
anno la FIDAM per la
Giornata Nazionale, crea
un titolo di indirizzo molto
ampio, affidando ad ogni
Associazione lo sviluppo
di quel titolo, localmente,
con un proprio tema e nella
libertà di organizzazione
della giornata.
L’indirizzo di quest’anno
ha il titolo “Un profilo, un
museo”, abbinando alla
parola museo, quella di
1 A pagina seguente il saluto d’apertura e quello pomeridiano del Presidente
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Eventi
EVENTI 3
a cura del Consiglio Direttivo
5 Ottobre 2008 – V Giornata Nazionale F.I.D.A.M.
Il 5 Ottobre 2008 l’Associazione, come per gli anni precedenti, ha partecipato alla 5a Giornata
FIDAM, con il tema: “Il Museo, L’Antica Ceramica Arianese, Il futuro”.
L’ampiezza del tema adottato ci ha costretti a svolgerlo nell’arco dell’intera giornata, rivolgendo al mattino uno sguardo alle specificità del Museo Civico, mentre trattare nel pomeriggio
l’aspetto evolutivo che
l’argomento ceramica
potrebbe dare allo sviluppo dell’intera Città.
La giornata, si è svolta al
mattino con una conferenza dal titolo:
“Il Museo, la sua storia
e l’Antica ceramica Arianese”; alla presenza del
Sig. Sindaco Domenico
Gambacorta, che ha
rivolto un saluto agli
astanti e un ringraziamento all’Associazione.
Hanno portato il loro
contributo:
- Il Presidente che prima del suo intervento, ha letto una nota di saluto dell’Assessore Dott. Mazza, assente1;
- Il Responsabile del Museo Civico Ottaviano D’Antuono ha parlato della storia del Museo
e della Maiolica di Ariano;
- Il Consigliere Antonio D’Antuono, che ha trattato l’aspetto antropologico della ceramica
del Museo Civico;
- In assenza del Consigliere Emilio Chianca, per sopravvenuti improvvisi impegni familiari,
ne ha letto la relazione sulle sezioni meno conosciute del Museo, la sig.na Ivana Grasso,
Tesoriere dell’Associazione.
Nel pomeriggio si è tenuto un Incontro/Dibattito dal titolo: “Dall’Antica ceramica arianese,
l’innovazione e lo sviluppo del settore. Futuro nell’economia per le giovani generazioni”.
Il Sig. Sindaco, che in contemporanea doveva partecipare ad un’altra importantissima manifestazione cittadina, ci ha testimoniato il Suo sostegno morale, per il quale anche in questa
occasione ringraziamo; il dibattito moderato dal Dott. Vincenzo Grasso ha visto come relatori:
- Dott. Ettore Mocella - Presidente provinciale della Confartigianato di Avellino;
- Prof. Francesco Caloia - Preside del Liceo Linguistico e delle Scienze Sociali “G. Dorso” di
Ariano Irpino;
- Rag. Manfredi D’A-mato - Presidente del Consorzio Centro Comm.le Naturale Ariano Centro
Storico;
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Eventi
il turismo, genererà possibilità di lavoro per i giovani. Nella speranza di suscitare l’interesse
dei presenti, per il tema e per quanto di nuovo sapremo trasmettere collettivamente con
gli interventi che seguiranno, devo prima dei doverosi ringraziamenti, fare un annunzio
straordinario che abbiamo voluto riservare per questa occasione.
Con orgoglio, ho il piacere e l’onore di annunciare che un altro pezzo dell’antica ceramica
arianese, risalente alla fine del 1500, così come auspicavo nella mia presentazione al già
citato volume di Ottaviano D’Antuono, è tornato a casa e per la prima volta voglio mostrarlo,
in questa occasione, ai presenti.
Per il manufatto che vi sottopongo, ho impegnato il mio nome per onorarne il pagamento,
ma non ho dubbi che alcuno vorrà sottrarsi ad un libero, ma consistente, contributo per
poter arricchire il patrimonio del Museo e dell’intera comunità. Ringrazio anticipatamente
quanti avranno la sensibilità di voler partecipare a questa raccolta fondi, con la certezza
che il cuore degli arianesi saprà dimostrare la propria nobiltà, in modo così generoso, da
poter sicuramente superare l’importo occorrente per l’acquisizione, di ˛ 2.500,00. Se questo
avverrà, vi anticipo che è in corso una trattativa per un possibile, futuro, acquisto di una
nuova ceramica di splendida fattura, del 1700, che fa bella mostra di sé, provvisoriamente,
nelle vetrine del Museo, sperando che altri non superino il nostro quasi naturale diritto di
prelazione, con offerte a più zeri.
Ringrazio tutti gli intervenuti, il signor Sindaco per la sua gentile presenza, e quanti avranno
la cortesia di essere con noi anche questo pomeriggio e passo la parola a…..
Relazione di apertura - (pomeriggio)
Nel prosieguo di questa V Giornata Nazionale FIDAM, di cui questa mattina ho chiarito
caratteristiche e scopi, ho il piacere di salutare i gentili ospiti, oltre che il compito di presentare
il tema dell’incontro. “Dall’Antica ceramica arianese, l’innovazione e lo sviluppo del settore.
Futuro nell’economia per le giovani generazioni”.
Crediamo molto nell’importanza di dibattere il tema in discorso, perché siamo convinti che
non devono rendersi vani gli sforzi fin qui fatti per ottenere importanti riconoscimenti; mi
riferisco all’inserimento di Ariano nell’Associazione Italiana Città della Ceramica, avvenuto il
30.11.2000 e al marchio D.O.C., ottenuto il 26.01.2004, da parte del Ministero delle Attività
Produttive.
L’importanza di sviluppo del settore è strettamente legato, a mio parere, ad ampliare le
occasioni di lavoro per le generazioni più giovani, facendo quindi, da volano per un’intera
economia cittadina . Mi rendo conto che, come dichiarato da importanti rappresentanti del
settore, nella recente Mostra-Mercato ARGILLA’ del 6 e 7 settembre 2008, a Faenza, il comparto sconta un momento d’empasse, dovuto anche allo scarso ricambio generazionale; per
superare questa difficoltà è il caso di studiare, preventivamente, rimedi creando occasioni
di innamoramenti per il settore, da parte dei nostri giovani.
Per dibattere tale argomento, abbiamo chiesto la collaborazione dell’amico Manfredi D’Amato,
Presidente del Consorzio Centro Commerciale Naturale Ariano Centro Storico, che ha molto
a cuore lo sviluppo della produzione ceramica ad Ariano. Il Consorzio è stato al nostro fianco
anche nell’occasione della presentazione del bel volume di Ottaviano D’Antuono “La maiolica
delle antiche fabbriche di Ariano nel Museo Civico” e contiamo ancora di poter creare ottime
occasioni di collaborazioni, anche in manifestazioni di respiro nazionale.
L’Associazione non si propone di poter dare delle soluzioni in questa giornata, a problematiche
che hanno radici lontane e che certamente coinvolgono Istituzioni che hanno responsabilità
politico-amministrative; sarà questo un momento per iniziare un dibattito che continuerà in
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Eventi
profilo inteso come studio di una persona, di una foto, di una scultura, di un monumento,
per giungere a quello di un territorio o dello stesso museo.
Abbiamo aderito con entusiasmo anche quest’anno alla manifestazione, convinti di poter
coniugare nel migliore dei modi il profilo del nostro museo con quello del territorio e delle
sue peculiarità, titolando la nostra giornata:
Il Museo, L’Antica ceramica arianese, Il Futuro
Tre momenti: oggi “il Museo”; ieri “l’antica ceramica”; domani “il futuro”. Tre aspetti, un’unica
realtà, un tema non per pochi intimi, ma siamo presuntuosamente convinti, di sicuro interesse
per la Città. L’argomento ci è sembrato di tale importanza e così pieno di contenuti, da
non potersi esaurire in poche battute e non volendo obbligare i partecipanti ad una lunga
quanto faticosa presenza, abbiamo preferito sviluppare il tema sdoppiandolo in due fasi
della giornata, ma sicuramente collegate tra loro.
In mattinata quindi la conferenza sarà strettamente connessa alle peculiarità del Museo e al
suo patrimonio, ovvero: “Il Museo, la sua storia, e l’antica ceramica Arianese”, non tralasciando
gli aspetti più reconditi, di sezioni poco o del tutto sconosciute. Tengo a sottolineare che il
nostro Museo, nonostante sia molto conosciuto fuori della nostra Città, è ancora poco noto
a molti arianesi; mi piace ricordare in questa occasione che il “patrimonio” del nostro Museo
è più ricco di quanto siamo abituati a vedere, e di questo vi parleranno a breve gli amici che
mi seguiranno. Voglio esprimere in questa sede, il mio parere, di ritenere non giusta l’idea che
questo Museo debba essere solo della ceramica o soltanto della ceramica arianese. E’ necessario
aprirsi ed acquisire ed esporre ceramiche di altra provenienza; sicuramente quella arianese
dovrà continuare ad essere
sempre il nostro “più bel
fiore” ma, senza rinunziare
ad altre bellezze di diversa
provenienza, compreso
la ceramica moderna.
Approfitto dell’occasione,
per ribadire la necessità
di poter disporre di nuovi
spazi, per realizzare
quanto appena detto, e mi
collego ad una promessa
fatta pubblicamente dal
Sindaco, in occasione della
presentazione del volume
di Ottaviano D’Antuono
“La maiolica delle antiche
fabbriche di Ariano nel
Museo Civico”. Consideriamo quella promessa un impegno, e nella certezza di vederla
mantenuta, ci auguriamo, soltanto, possa realizzarsi in tempi brevi.
Questo pomeriggio riprenderemo con un incontro-dibattito dal tema: “Dall’Antica ceramica
arianese, l’innovazione e lo sviluppo del settore. Futuro nell’economia per le giovani generazioni”, che comprenderà l’aspetto evolutivo del settore ceramico, non dissociato da quello
economico, interessando non solo il comparto ceramico, ma anche quello dell’intero settore
artigianale più in generale; esso facendo da traino per altri settori, tra i quali, specificamente,
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Eventi
un prossimo futuro, se prospetteremo temi validi e di interesse per tutti i soggetti coinvolti,
Pubblica Amministrazione in testa.
Non vogliamo sostituirci a nessuno, perché abbiamo molto rispetto dei ruoli e delle prerogative
che ognuno ha, ma abbiamo, come cittadini, il diritto-dovere di vivere responsabilmente la
nostra realtà, preoccupandoci essenzialmente del futuro dei nostri giovani. In quest’ottica
saremo sempre pronti ai suggerimenti, al plauso e alle valutazioni, con spirito sempre
costruttivo, disponibili ad una fattiva collaborazione con chiunque abbia a cuore il progredire
della nostra comunità.
Peccheremmo di campanilismo se ci augurassimo di poter continuare ad avere un ruolo
responsabile affidatoci dalla storia?
Nell’essere di riferimento come in altri tempi, in un circondario abbastanza ampio?
Crediamo di no, nel momento in cui, non vogliamo dimenticare la nostra storia, nel rispetto
degli altri e nella consapevolezza che la storia è ricchezza; questa profusione di beni andrebbe
valorizzata a beneficio dei giovani, che sempre più tristemente, sono costretti a lasciarci.
Salvaguardare ciò che si ha e creare nuove opportunità è compito di noi tutti, per poter
restare nei cuori e nelle menti di chi verrà dopo di noi. E ancor più, oggi dovremmo essere
attenti, quando la maggior parte delle famiglie italiane non vede premiati i propri sacrifici,
quando i nostri figli vivono le difficoltà e le precarietà di un mercato del lavoro avaro di
risultati; dove (dati Bankitalia) il 53% degli italiani resta chiuso nel ceto di nascita; dove (dati
Istat) un terzo dei laureati non sa cosa fare del proprio pezzo di carta, e i nostri giovani, da
laureati, non possono aspirare ad una vita migliore di quella dei propri genitori.
Nell’attesa che l’ascensore sociale riprenda la sua corsa e inverta il trend negativo di mestieri
più dequalificanti di quelli dei padri, sentiamo il nostro dovere di Associazione, di padri, di
fratelli, di maestri, di ricoprire anche un ruolo di pungolo per coloro che hanno responsabilità
di indirizzo e decisioni, per realizzare un futuro migliore, nella speranza che la flessibilità sia
occasione di opportunità reali e di giuste soddisfazioni per i padri ed ancor più per i figli.
Non voglio dilungarmi oltre, ma prima di passare la parola ho il dovere, come Presidente
dell’Associazione, di ringraziare tutti gli intervenuti; sono veramente lieto per la presenza
di ognuno di voi e nella speranza di rendere oggi un servizio gradito alla Città, un
ringraziamento particolare lo rivolgo al sig. Sindaco e al sig. Assessore alla Cultura, che
hanno voluto, patrocinando l’evento, testimoniare il loro apprezzamento per il tema scelto
per la manifestazione.
Nel dare corso all’apertura dei lavori, rinnovo l’impegno mio personale e del Direttivo tutto,
anche nel rispetto delle norme statutarie che altri hanno dettato, di riconfermare dinanzi
a tutti voi testimoni, di essere sempre, anche a nome di tutti i nostri associati, bendisposti
ad ogni collaborazione, per il bene dell’Istituzione che ci ospita e più in generale dell’intera
comunità.
pag. 18
AEQVVM TVTICVM
Eventi
EVENTI 4
Nuove acquisizioni di manufatti ceramici
a cura di Michele Giorgio
Fuori della scaletta cronologica dell’Editoriale, annoto a parte ciò che ha caratterizzato
l’anno sociale 2008, rendendolo degno di porsi all’attenzione della cittadinanza e offrendo
ai detrattori della nostra Associazione l’opportunità per modificare i propri giudizi.
Queste mie righe le dedico soprattutto ai non soci e ancor più ai “non amici” che non
avendo di meglio da fare o ancor meglio ………… non sapendo far meglio, in assenza
di serie proposte, praticano lo sport cittadino molto diffuso “del camminar sparlando”,
dettando giudizi tesi a distruggere e mai a costruire.
Ma, tornando alla nostra Associazione, è giusto sottolineare due importanti opportunità,
che il 2008 ha riservato al Sodalizio, al il Museo Civico e alla Comunità tutta.
Sin da marzo, presentata l’occasione dell’acquisto da privati, di un “Piatto in ceramica del
XIX” secolo” prodotto nelle Fabbriche di Ariano, al prezzo di ˛ 1.500,00; provvedevamo
con sollecitudine a riportare “a casa” il manufatto, perfezionando l’acquisto e donandolo
al Museo Civico (Delibera Comunale del 21.04.2008).
A fine settembre ci sono stati proposti da due diversi, privati l’acquisto di due magnifici
manufatti delle Antiche Fabbriche di Ariano; il primo, una “targa con figura di S. Michele”
risalente alla fine del 1500, al prezzo di ˛ 2.500,00 (figura ultima di copertina).
L’occasione ghiotta, il prezzo in linea con il valore e l’unicità dell’opera, invitava a non
rendere vana l’opportunità, forse non ripetibile.
Per la prima volta nella mia vita, feci ciò che non sono abituato a fare: mi resi disponibile
all’acquisto del “S. Michele” facendomene garante verso il proprietario, pur non avendo
l’Associazione i mezzi.
Dopo questa “occasionale leggerezza” ci veniva proposto l’acquisto di un secondo
pezzo, una “brocca con mascherone” dell’inizio del 1700 per ˛ 5.000,00, non meno bella
ed importante del primo e a giudizio dell’esperto del settore, Ottaviano D’Antuono, di
giusto valore (figura prima di copertina).
In occasione della 5a Giornata Nazionale F.I.D.A.M. (Federazione Italiana Degli Amici dei
Musei) il 5 ottobre, rendevo pubblico l’acquisto del S. Michele, annunziando che avrei
aperto una campagna di raccolta fondi per il pagamento della ceramica. La presenza
del Sig. Sindaco e la Sua promessa di contributo, confortandomi e spronandomi, mi
sostenne nell’acquisto anche della “brocca”.
A superamento delle lungaggini burocratiche, abbiamo provveduto al pagamento, del
“S. Michele”con i fondi raccolti, in attesa del rimborso promessoci dal Comune di Ariano
Irpino e continuiamo la raccolta, per raggiungere l’importo necessario al pagamento
della “brocca”.
- In quella manifestazione mostrammo anche una targa devozionale, raffigurante
“S. ANTONIO ABATE” della Fabbrica Luigi Mosca, Napoli, dei primi del ‘900,
proveniente da casa SPERANZA, e donata al Museo dagli eredi. Nessun merito
all’Associazione, ma, è nostro compito darne notizia e ancor più, ringraziare
doverosamente. Giunga, da parte di tutti, un grazie all’amico Gabriele, ai suoi
fratelli e sorelle, che con il loro gesto, hanno inteso onorare la memoria del
loro genitore SILVIO.
AEQVVM TVTICVM
pag. 19
Eventi
Era ormai troppo tempo che il Museo Civico attendeva nuove acquisizioni, e come ebbi a
scrivere nella presentazione il 9 agosto, del volume di Ottaviano D’Antuono, “ …….. non
possiamo che ringraziare la ceramica, direttamente, perché tanti episodi inspiegabili e
straordinari, tante coincidenze, tante occasioni ci portano a ritenere che, nati dalla terra,
costretti ad emigrare, per decenni dispersi e trascurati, i meravigliosi manufatti arianesi
oggi vogliano disperatamente ritrovare la strada di casa!”...... ; con orgoglio possiamo
dire di esserci impegnati perché questo accadesse.
E’ questa l’occasione per ringraziare pubblicamente la sensibilità della Pubblica
Amministrazione e di quanti hanno voluto sostenere il nostro impegno, contribuendo
con il loro sostegno economico, alla raccolta fondi per il pagamento delle ceramiche
(vedi elenco allegato).
Ringraziamo ancora, quanti hanno già accolto il nostro appello, ricordando che la raccolta
dei contributi è ancora in corso, sicuri che il buon cuore degli Arianesi, ci sostenga
contribuendo ad accrescere il patrimonio museale, che è risorsa di tutta la Comunità.
Targa devozionale - Dono della famiglia Speranza
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AEQVVM TVTICVM
Eventi
Raccolta fondi per acquisto ceramiche
per il Museo Civico
Elenco dei contributi a tutto il 28/02/2009*
N.
COGNOME
NOME
IMPORTO
-
1
2
3
CICCONE
LIONS CLUB Ariano Irpino
COVOTTA
Dott. Aldo
Dott. Domenico
-
4
GIORGIO
Rag. Michele
-
5
SEAR Infissi Ariano Irpino
6
IMPARA
Dr. Antonio
-
7
COZZO
Sig.ra Franca
-
8
GRASSO
Dott. Lorenzo
-
9
MAZZA
Dott. Emerico Maria
-
10
ALTERIO
Dr. Antonio
-
11
BILOTTA
Dr. Antonio
-
12
CAPOBIANCO
Avv. Francesco
-
13
CHIANCA
Prof. Emilio
-
14
CIANO
Sig. Marco
-
15
COCCA
Dr. Domenico
-
16
COCCA
Ing. Raimondo
-
17
D’ANTUONO
Prof. Antonio
-
18
D’ANTUONO
Geom. Ottaviano
-
19
DI FURIA
Geom. Aldo
-
20
FIORELLINI
Dr. Giuseppe
-
21
GRASSO
Geom. Luigi
-
22
MELITO Sig. Antonio
-
23
PRATOLA
Ing. Crescenzo
-
24
PUOPOLO
Sig. Pietro
-
25
SPERANZA
Geom. Gabriele
-
26
RUBINO
Geom. Pasquale
-
-
-
continua
AEQVVM TVTICVM
pag. 21
Eventi
N.
COGNOME
NOME
IMPORTO
27
VINCIGUERRA
Sig. Ireneo
-
28
CASTAGNOZZI
Ing. Raffaele
-
29
CARDINALE
Rag. Felice
-
30
DE GRUTTOLA
Dott. Francesco
-
31
CAMBRIA
Geom. Domenico
-
32
Ceramiche GRASSO
Prof. Flavio
-
33
IACOBACCI
Sig. Candido
-
34
IUSPA
Sig. Nicola
-
35
RUGGIERO
Sig. Antonio
-
36
CARDINALE CICCOTTI
Dr. Francesco
-
37
COZZO
Ing. Francesco
-
38
D’AMICO
Dott.ssa Maria Cristina
-
39
LEO
Dr. John
-
40
PRATOLA
Rag. Luigi
-
41
PIERRO
Rag. Luigi
-
42
SANTORO
Rag. Carmine
TOTALE _
2.975,00
* In ordine alfabetico, decrescente d’importo
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AEQVVM TVTICVM
Eventi
EVENTI 5
a cura del Consiglio Direttivo
Rifacimento lapide XX Settembre 1920
Il 15 Novembre l’Associazione ha portato a termine un’importante manifestazione,
attesa da tempo. Sollecitati da richieste rivolteci da più parti, l’Associazione si è fatta
carico di riportare all’attenzione cittadina il ricordo di tre suoi figli, morti a seguito dei
moti di indipendenza.
Il XX Settembre 1920 a
curadell’Amministrazione
Cittadina era stata posta
sulla facciata del vecchio
Tribunale (ex Convento
degli Agostiniani) in Piazza
Ferrara,unalapidearicordo dei patrioti Arianesi:
Giuseppe Vitoli, Giuseppe
DeMirandaeVitoPurcaro;
nell’occasione era stato
stampato anche un opuscolo con notizie della vita
dei tre patrioti.
A seguito dell’abbattimento dell’ex Tribunale,
per la costruzione dell’attuale Palazzo degli Uffici, in Piazza Ferrara, andò distrutta anche la lapide. L’Associazione,
con la collaborazione economica del Consorzio Centro Commerciale Naturale Ariano
Centro Storico, ha provveduto quindi al rifacimento ed a ricollocare la lapide “XX Settembre 1920”. La stessa non potendo, allo stato, essere posta nel suo sito originario,
grazie alla cortese disponibilità della Famiglia Cozzo, discendente dell’Avv. Giuseppe
Vitoli, che pubblicamente ringraziamo, è ospitata temporaneamente nel cortile del
Palazzo Vitoli-Cozzo.
Inoltre l’Associazione ha voluto
completarel’iniziativariportando alla stampa, in copia anastatica, l’opuscolo già pubblicato
il 1920.
La manifestazione alla presenza
delle Autorità Cittadine civili e
militari, è stata preceduta dalla
commemorazione a cura del
Prof. Stanislao Scapati1.
1) Vedi articolo Prof. Scapati.
AEQVVM TVTICVM
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Eventi
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AEQVVM TVTICVM
Eventi
Momenti della manifestazione
Per il servizio fotografico si ringrazia il dott. Francesco Paolo Finella
AEQVVM TVTICVM
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Azione Cattolica ad Ariano
100 anni di Azione Cattolica
ad Ariano (1908 - 2008)*
di Antonio Alterio
N
all’incameramento del patrimonio da questi posseduto. Furono soppressi i conventi
dei Frati Benedettini e Cappuccini con l’assegnazione dei relativi beni immobili al
municipio, successivamente venduti a privati cittadini.4
Ancor più forte fu la reazione alla venuta dei garibaldini e con essi dei Savoia, che
portarono alla unificazione del regno d’Italia. I reazionari erano capeggiati dal canonico
Gaetano Forte, dal padre Luigi Ciardulli, frate francescano, dal sacerdote Giuseppe
Santosuosso e dal prete don Nicola Vernacchia tutti successivamente condannati ed
incarcerati insieme ad altri reazionari.5
Anche i nuovi arrivati soppressero i sopravvissuti ordini monastici maschili Domenicani,
Agostiniani e Francescani e l’ordine monastico femminile delle Benedettine Cassinesi
con l’appropriazione dei loro beni ceduti, successivamente, alla civica amministrazione.
Vero è che il frate Michele Maria Caputo, vescovo di Ariano dal 1858, aveva aderito
alla causa garibaldina fino ad essere stato nominato Cappellano Maggiore dell’Italia
Meridionale, ma era altrettanto vero che la stragrande maggioranza del clero e del
popolo parteggiava per i Borboni e per il Papa. Addirittura Caputo fu costretto ad
allontanarsi da Ariano perché apertamente fatto segno a chiari episodi di avversione ed
intolleranza; fu sconfessato dalla Santa Sede, che lo condannò con un provvedimento
della Congregazione del Concilio, ma non fece alcun atto di sottomissione verso il Papa.6
La nostra diocesi rimase senza guida per oltre un decennio fino all’arrivo del barnabita
Luigi Maria Aguilar che fece il suo ingresso come vescovo il 30 novembre 1871 senza
mai ottenere il regio “exequatur” per conseguire il possesso delle prebende.7 Dovette
affrontare moltissime difficoltà tra le quali la possibilità di abitare nell’episcopio che
era stato requisito dalle autorità civili insieme al seminario.
Il suo mandato durò circa quattro anni dopo di che fu sostituito da Salvatore Maria
Nisio, il quale fu eletto vescovo il 17 settembre 1875 e diresse la diocesi per poco
meno di un anno fino ad essere trasferito il 26 giugno 1876 in altra sede.
La mancanza di una guida per lunghi periodi non favorì la crescita spirituale della
collettività, che, fortemente disorientata da eventi reazionari ed innovatori non sempre
comprensibili dai più, poteva contare solo sull’impegno e sullo zelo apostolico dei
vari singoli sacerdoti.
Finalmente con l’arrivo di Francesco Trotta, nominato vescovo il 26 giugno 1876, la
6) F. Mazza, “Nuovo diario arianese” con note di Stanislao Scapati, Ariano 1995 e Francesco Barra, “Chiesa e società in
Irpinia dall’unità al fascismo”, Roma 1978. Barra rifacendosi al racconto fatto da Giuseppe Ricciardi sull’incontro avuto
da Caputo con Garibaldi, scrisse: “Ricevuto da Garibaldi il 15 settembre, con “viso compunto” il vescovo di Ariano
dovè ascoltare un lungo “predicozzo” del condottiero, che voleva convincerlo “i veri apostoli, i banditori sinceri delle
verità evangeliche essere non i preti, non il romano pontefice, ma i liberali”.
7) Antonietta Scaperrotta, “La diocesi di Ariano e i suoi Vescovi”, tesi per il conseguimento del magistero in scienze
religiose. Anno accademico 1990/1991, p.128. I vescovi eletti non potevano chiedere l’exequatur allo stato per non
riconoscere l’avvenuta unità d’Italia e della definitiva scomparsa del potere temporale della Chiesa.
8) F. Barra, op. cit. p. 73.
pag. 26
AEQVVM TVTICVM
Azione Cattolica ad Ariano
el 2008 cade il 140° anniversario della costituzione e formazione di
un’associazione di laici cattolici che aveva ed ha come obiettivo la “speciale
e diretta collaborazione con l’apostolato gerarchico della Chiesa”.1 Il
primo nucleo, con la sede centrale a Bologna, fu promosso dal conte Mario Fani e da
Giovanni Acquaderni ed assunse il nome di “Società della gioventù cattolica italiana”.
Avuta l’approvazione di papa Pio IX il 2 maggio 1868, si proponeva, tra l’altro, l’obbiettivo
di fronteggiare le sette massoniche attraverso la diffusione dei principi cattolici e si
adoperò per suscitare nei giovani credenti l’attaccamento alla causa papale.2
L’associazione, capeggiata da Acquaderni, promosse un congresso dei cattolici
italiani che si tenne a Venezia nel 1874 con l’intento di fronteggiare le idee socialiste
profondamente laiche.
A questo primo convegno ne seguirono altri tanto che si costituì l’Opera dei Congressi
e dei Comitati Cattolici che ebbe le sue ramificazioni nazionali, regionali e locali. Tale
istituzione durò circa venti anni ma era destinata a morire dopo che erano sorti al
suo interno forti contrasti tra quanti volevano una partecipazione più attiva alla vita
politica ed amministrativa e quanti pensavano di mantenersi lontano dalla vita pubblica.
I “conservatori”, ossia i cattolici integralisti, prestavano la più stretta obbedienza al
papa, che attraverso il suo “non expedit” (non conviene) non consentiva ai cattolici
italiani di partecipare alla vita politica.3 Al contrario i progressisti, capeggiati da Romolo
Murri, erano incoraggiati dalle dottrine sociali di Leone XIII, espresse soprattutto
nell’enciclica “Rerum Novarum”, e sostenuti dalle insorgenti questioni contadine e
degli operai delle industrie.
I problemi relativi alle forme di intervento nella vita pubblica dei due schieramenti si
radicalizzarono al punto che Pio X dichiarò sciolta l’Opera dei Congressi e dei Comitati
Cattolici. Continuò la sua attività l’Azione Cattolica che il 30 luglio 1904 nelle diocesi
venne sottoposta al diretto controllo dei vescovi.
L’anno successivo il papa con l’enciclica “Il fermo proposito” diede i principi fondanti
dei nuovi statuti del sodalizio cattolico che fu organizzato in quattro rami: la “Unione
popolare” che curava la diffusione della cultura; la “Unione economico-sociale” che si
interessava dei problemi economico-sociali; la “Unione elettorale” con intenti politicielettorali e la “Società della gioventù cattolica italiana”, rivolta in modo specifico alla
educazione ed alla cura spirituale e sociale dei giovani.
Dopo la soppressione dei rami secondo e terzo avvenuta nel 1918, sorse la “Gioventù
femminile cattolica Italiana” come ramificazione della “Unione donne”, nata nel 1908.
Se questa era la situazione nazionale, sebbene rappresentata per grandi linee, ben
diversa era lo scenario nelle regioni del sud d’Italia e nelle nostre contrade. I cittadini
arianesi avevano avuto sempre un forte legame con il mondo cattolico e con i Borboni
di Napoli; ecco perché mal sopportarono l’avvento del governo francese nei primi
anni del XIX secolo che portò anche alla soppressione di alcuni ordini religiosi ed
* E’ questa la prima parte di un saggio in corso di pubblicazione.
1) Enciclopedia Cattolica, Vol. II sub voce. Città del Vaticano 1949. Tutte le notizie storiche relative agli avvenimenti
nazionali del sodalizio provengono da detta enciclopedia.
2) A. Esposito, “Il movimento cattolico in Italia”, intervento al Convegno della Democrazia Cristiana in Ariano Irpino 14
aprile 1984.
3) La formula del “non expedit” fu utilizzata con un decreto della Sacra Penitenzieria il 10 settembre 1874 in seguito
alla spoliazione territoriale della Santa Sede che contribuì all’abolizione del potere temporale dei Papi. Vedi “Storia
della Chiesa” a cura di Famiglia Cristiana 2001, p. 596.
4) Il convento dei Cappuccini fu acquistato da Pantaleone D’Afflitto, mentre il convento dei Virginiani fu in parte acquistato
dalla famiglia Aucelletti ed in parte dalla famiglia De Angelis. Vedi N. Flammia, “Storia della Città di Ariano”. Ariano
1893.
5) N. Flammia, op. cit. pag. 257.
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Azione Cattolica ad Ariano
ad al Romano Pontefice”. Non gli sfuggì di segnalare alcune eccezioni rappresentate
da coloro i quali non seguivano gli insegnamenti della chiesa o davano scandalo con
comportamenti licenziosi.
I suoi insegnamenti furono codificati e trasfusi nelle sue lettere pastorali trasmesse
al clero ed al popolo nei giorni della quaresima.
Si prodigò per la crescita del laicato avendo a riferimento quelle organizzazioni,
particolarmente diffuse all’epoca, che servirono a far crescere nel fedele una maggiore
consapevolezza di popolo di Dio al servizio della Chiesa e del prossimo. Tuttavia
non emergono segni di una introduzione in diocesi delle nascenti organizzazioni del
laicato cattolico, sebbene il prelato fosse a conoscenza dei mali ideologici del tempo
ed avesse incontrato il presidente Acquaderni.
Infatti, come egli stesso scrisse: “Noi nel passato Luglio, insieme ad altri cinque Vescovi
d’Italia e centinaia di sacerdoti e laici, avemmo la sorte di peregrinare a Lourdes e ad
altri santuari della Francia… per offrire i voti di tutti voi e consacrare complessivamente
la nostra Diocesi a Gesù e alla sua SS. Madre…; che dirvi dell’amabilità con cui fummo
ricevuti, nel ritorno dal Vicario di G. Cristo (erano presenti i Presidenti Acquaderni,
Corsanego e Merli che offrirono al Papa l’obolo raccolto) e della sua Apostolica
Benedizione che estese a tutti i componenti questa nostra Diocesi, che non fu ultima
ad essere rappresentata nelle vistose somme e donativi offerti per il nuovo Tempio
del SS. Rosario a Lourdes. Da Ariano 17 febbraio 1884”.12
Come si è accennato, si prodigò per l’erezione della Pia Casa di Lavoro che avrebbe
dovuto svolgere non solo una funzione spiccatamente caritatevole ma anche di
formazione culturale e spirituale dei laici. L’opera fu inaugurata nel 1877 ed ebbe
sede nel soppresso convento delle SS. Salvatore che accoglieva le suore Benedettine
Cassinesi di antica istituzione.
Trotta per tale iniziativa si avvalse dell’aiuto del ministro Mancini il quale intervenne
nella concessione anche di un notevole contributo economico, 10.000 lire, disposto
con apposito decreto ministeriale.13
Il rapporto particolarmente cordiale ed amicale con Mancini trovava fondamento
anche nel comportamento più aperto e disponibile verso le istituzioni statali da parte
del vescovo che non mancò di celebrare una messa di suffragio per il Re Vittorio
Emanuele II nel giorno della sua morte.14
Andrea D’Agostino
Si è fatto cenno alla Pia Casa che, come vedremo, fu causa di forti dissidi e di contese
negli anni successivi tra la civica amministrazione ed il vescovo Andrea D’Agostino,
succeduto a Trotta nella guida della diocesi. L’avvio non fu particolarmente agevole per
il nuovo prelato, che, pur essendo stato consacrato nella dignità vescovile l’11 giugno
del 1888 per mano del cardinale Carlo Laurenzi, non potette entrare in possesso della
diocesi per gli ostacoli frapposti dal Governo Crispi.15
Gli impedimenti di ordine politico-amministrativo furono rimossi e solo dopo circa tre
9) F. Mazza, op. cit. p. 176
10) Archivio Storico Diocesi di Ariano-Lacedonia (ASDAL), carteggio del Vescovo Francesco Trotta, dattiloscritto non
firmato, p. 2.
11) F. Barra a tal proposito scrive: “Monsignor Trotta potè quindi dar libero corso ad un programma pienamente conciliarista,
che si estrinsecò nell’intervento del clero nelle elezioni politiche dell’autunno 1876 (in appoggio naturalmente al
Mancini), nella partecipazione dei seminaristi alle lezioni del ginnasio municipale, la cui direzione venne peraltro
affidata dal municipio allo stesso vescovo, e nel completo accordo generale che si instaurò tra autorità civili ed
ecclesiastiche, dopo anni di contrasti”, op.cit. p. 73.
12) Ivi, p. 11.
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AEQVVM TVTICVM
Azione Cattolica ad Ariano
nostra diocesi ebbe una guida molto proficua ed alquanto duratura, fino all’1 giugno
1888. Sebbene il neo-eletto prelato non godesse di un giudizio positivo presso le
autorità civili, che lo ritenevano un “accanito borbonico” ma dai costumi illibati e
fornito di ottima istruzione, riuscì ad ottenere l’exequatur per essersi guadagnato
“la benevolenza e l’appoggio del ministro guardasigilli Mancini, che rappresentava
dal 1861 al Parlamento il collegio di Ariano, nel cui seminario aveva compiuto i suoi
primi studi”.8
Fu lo stesso ministro ad inviare al sindaco di Ariano il seguente telegramma:
“Marchese Figlioli Sindaco di Ariano- Compiacciasi annunziare a mio nome a cotesto
Monsignor Vescovo, che S.M. con R°. Decreto si è benignata, in vista del suo diritto
di regio patronato, di nominarlo a cotesto Vescovado e concedere l’exequatur alla
Bolla d’istituzione ponteficia. Ordinerò all’Economato Generale Napoli immetterlo
immediatamente nel possesso del palazzo e rendita vescovile- Il Guardasigilli-Mancini.”9
Trotta, prima del suo ingresso in diocesi, si fece precedere da una lettera pastorale nella
quale oltre al saluto a tutti i fedeli presentò il suo programma di lavoro chiedendo
la collaborazione ai confratelli consacrati perché si impegnassero ancora nell’istruire
il popolo di Dio “con la sana dottrina e soprattutto nel preservarlo da ogni velenosa
contaminazione ad arte praticata dai nemici della chiesa”.10
Erano proprio costoro, liberali e socialisti, a preoccupare la chiesa in generale ed il
nostro vescovo in particolare come egli stesso espose nella relazione inviata il 24
aprile 1879 al papa per la Visita ad Limina. Dalla sua lettura è dato rilevare non solo
il quadro complessivo delle urgenze pastorali e dei rimedi predisposti, ma anche la
sagace e profonda capacità del prelato a dare soluzione a problemi delicati ed a volte
profondamente radicati nella società.
Per questo volle potenziare il seminario e, convinto come era che i giovani come
figli di Dio avevano bisogno delle sue cure, pensò bene di aprirlo anche ai laici, i
quali rimanevano separati dai seminaristi.11 Mentre per le giovani introdusse i sodalizi
chiamati “Figlie di Maria”, seguite da rettori colti e forti nella fede, nonché una Pia Casa
di Lavoro che avrebbe dovuto accogliere le ragazze orfane. Quest’ultima comunità,
oltre ad impartire insegnamenti scolastici per le interne e le esterne doveva fungere
da scuola di lavoro, di tessitura, di cucito, di ricamo.
Trotta, inoltre, favorì la nascita di alcune confraternite come quella del Rosario nella
chiesa di San Domenico che accoglieva soci di entrambi i sessi. In ogni caso, scrivendo
del comportamento del popolo di Ariano, ne evidenziava l’assiduità alle celebrazioni in
chiesa anche se costatava la ridotta partecipazione ai sacramenti; lo riteneva “desideroso
di predicazione, attaccato alla religione, pio verso Dio, devoto ai Santi specialmente
nel culto della Madonna, ossequiente ai sacerdoti, molto ligio alla Sede Apostolica
13) F. Barra, op. cit. p. 74. Mancini comunicò personalmente l’avvenuta emissione del decreto, scrivendo al vescovo: “Nel
partecipare alla S.V.Ill.ma tale sovrano provvedimento, sento il dovere di congratularmi con Lei della nobile iniziativa
presa con l’accennata offerta, e rinnovarle i sensi del mio vivo compiacimento per lo zelo veramente apostolico ch’Ella
sa addimostrare con fatti meglio che con parole a vantaggio del popolo. Accolga l’espressione della mia distinta
considerazione”.
14) F. Mazza scrisse “celebrati nel Duomo, col concorso di tutte l’Autorità civili e militari, di scelta cittadinanza e dell’intero
Clero. Pontificò l’Illmo Monsignor Vescovo Don Francesco Trotta, il quale pronunciò belle parole sulle virtù dell’estinto.
Per parte della Municipalità lesse l’elogio funebre il Sig. Luigi De Felice. Il tempio, stivato di popolo, era magnificamente
addobbato”, op. cit. p. 49.
15) F. Barra, op. cit. p. 91
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Azione Cattolica ad Ariano
dei Laici che offrono esempi di castigati costumi agli altri, cercare dove può trovarsi,
tra le famiglie religiose maschili e femminili, qualche elemento che possa applicarsi
all’istruzione dei giovani e ad alleviare le necessità dei poveri”.21
Il vescovo non si sottraeva ai suggerimenti ricevuti e assunse molte iniziative rivolte
ad un maggiore coinvolgimento sia dei sacerdoti sia dei laici.
Durante il sinodo tenuto nel 1903, a proposito del popolo, fu deciso di intervenire
con maggiore incisività e venne stabilito: “C’è urgenza di offrire ai Giovani salvaguardia
morale aggregandoli ad Associazioni pie sotto tutela della Madonna e di un Santo
Patrono. Ai padri e alle Madri di Famiglia si consiglia la Sacra Famiglia, il Rosario, lo
Scapolare del Carmelo, Terz’ordine Francescano, Confraternite del Sacramento, della
Dottrina Cristiana, Associazioni di Carità, Dame di Carità, Conferenze di S. Vincenzo di
Paolo. Secondo la mente di Leone XIII si curino Comitati di aiuto fraterno tra Artigiani
e Operai”.22
Ma l’entusiasmo e la sincera dedizione alla causa salvifica di D’Agostino doveva scontrarsi
con forze contrarie che lottavano per l’affermazione del pensiero laico-socialista. Si
generò una lotta che approdò sui giornali dell’epoca per arrivare fino nelle aule
giudiziarie con protagonisti eccellenti dal sindaco, Oreste Franza, allo stesso vescovo.
Prima ancora di entrare nel merito è opportuno fare cenno agli avvenimenti politici
verificatisi nell’intera provincia e nella nostra città. Francesco Barra intravide “nel
contesto della miscredenza borghese” anche la partecipazione “della massoneria”, che
agli inizi del 1900 fornì alla politica “i principali esponenti e, soprattutto, il cemento
ideologico-culturale ai blocchi popolari, i quali – composti di radicali, socialisti e
repubblicani- si imposero ad Ariano ed Avellino”. 23
Da questa consorteria fece discendere anche “il nascente movimento socialista irpino”
che aveva come esponenti di spicco Remigio Pagnotta, Ferdinando Cianciulli ed
Oreste Franza.
Se in altre città e paesi lo scontro tra le forze di sinistra e la chiesa si era limitato
alle questioni puramente ideologiche e, perciò, solo verbali, in Ariano assunse aspetti
decisamente più violenti fino al compimento di fatti concreti.
La questione sorse allorquando Oreste Franza, sindaco a capo di una coalizione
“radical-socialista”, volle impedire l’insegnamento religioso nelle scuole elementari
e tentò con ogni mezzo di fare rientrare nel patrimonio comunale gli edifici del
cessato convento del suore Benedettine Cassinesi, occupati dalla Pia casa di lavoro.
Della vicenda occorre fare una breve ricostruzione anche perché da essa, frutto
dell’anticlericarismo dei socialisti arianesi, generò il primo nucleo di laici cattolici che
si organizzarono politicamente ed aderirono ad associazioni di ispirazione cristiana
in difesa del vescovo e della chiesa.24
I beni del cenobio benedettino furono incamerati dalla Stato, a seguito dell’entrata
in vigore delle leggi di soppressione degli enti ecclesiastici nel 1866. Il vescovo Trotta
pensò bene di mantenere in vita l’educandato presente presso il detto monastero e nel
1877, coadiuvato dal sindaco di Ariano marchese Emilio Figlioli, ottenne in comodato
d’uso una parte dell’edificio al fine di utilizzarlo per l’istruzione e per l’apprendimento
di un mestiere da tutte le giovani donne ed in particolare da quelle meno abbienti.
16) Emerico Pisapia, “Biografia di Mons. Andrea D’Agostino” Ariano 1913, p. 21.
17) ASDAL, Carteggio del vescovo D’Agostino, dattiloscritto nota 7.
18) Ivi, p. 3
19) Ivi, p. 6
20) Ivi, p. 19 nota 16.
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AEQVVM TVTICVM
Azione Cattolica ad Ariano
anni il 19 aprile 1891 il neo-eletto vescovo fu accolto nella nostra città.16 Monsignor
D’Agostino, dopo avere preso coscienza delle necessità materiali e spirituali della
diocesi, subito dispiegò tutte le sue energie per dare le soluzioni opportune.
Nella seconda Relazione ad Limina, inviata a Roma il 17 dicembre 1894, evidenziò le
carenze spirituali incontrate nel popolo tra cui era diffusa una fede “paene mortua”,
e precisò che la “pietas, neque excitata neque bene directa, saepe lanquet et errat”
così come “neglecta est instructio religiosa praesertim in scholis” e “misericordiae et
beneficentiae opera sunt fere incognita”. Da tutte queste carenze formative e di scarsa
operatività faceva discendere il corollario finale quando affermava: “Associationes
Cattolicae nondum sunt possibiles”.17
Non mancò la risposta della Commissione Cardinalizia che, per quanto riguardava
il popolo, suggerì di fare le predicazioni con le sante missioni e, riferendosi più
specificatamente ai giovani, sollecitò “oculata vigilanza per una sana formazione della
gioventù” ed invitò il vescovo a riunire i giovani e gli operai “in fraternità d’amore in
quei sodalizi cattolici tanto raccomandati dal Papa, e che sono di tanta utilità, sia alla
religione che alla civile società”.18
Il vescovo accettò i suggerimenti ricevuti da Roma ed, animato da zelo e spirito di
servizio, si adoperò per costruire la casa del Signore in senso materiale e spirituale.
Partendo dal presupposto che tutto dipendeva dalla formazione delle coscienze,
promosse le Missioni, gli Esercizi Spirituali e la costituzione di associazioni caritatevoli
(la Sacra Famiglia, le Figlie di Maria e le Dame di Carità).
Aveva una chiara visione dei problemi dei laici e non mancava di sottolinearne pregi
e difetti scrivendo: “Certo non è che manchi la fede a questo popolo e il germe della
pietà; manca istruzione, fervore, direzione spirituale, unione e perseveranza nelle
buone opere. E questo perché manca nel clero zelo, audacia santa, e anche perché
la classe civica dirigente è indifferente ai problemi religiosi, se non proprio ostile alla
fede e alla religione”.19 Il quadro era alquanto desolante come appare dalla relazione
che continuiamo a leggere: “Su vizi e consuetudini cattive, qui più che bestemmie si
sentono imprecazioni; non da tutti si osservano i precetti della Chiesa (messa festiva,
confessione e comunione annuali, astinenza e digiuno); il Catechismo nelle scuole di
Ariano non è ammesso; le feste cosiddette popolari sono celebrate non a dovere ma
in modo pagano; i libri non molti se ne leggono né buoni né cattivi, solo le riviste
liberali sono lette anche da taluni ecclesiastici; regnano le divisioni, le ingiurie e le
calunnie, e ogni cosa si fa per invidia, per odio, per vendetta. I rimedi poi perché
siano efficaci devono essere radicali; tra questi i principali sono: istruzione catechistica
fatta debitamente, missioni ed esercizi spirituali e spirito di apostolato nel clero”.20
I suggerimenti che gli venivano dalla Congregazione dei Vescovi e Regolari erano
sempre rivolti a dare maggiore impegno per l’istruzione e l’educazione religiosa sia dei
sacerdoti che del popolo. Per i giovani suggeriva una forte azione di indottrinamento
per dare loro la possibilità di apprendere “le verità di fede e i precetti della religione
cristiana”. Secondo la Curia romana occorreva, pertanto, “moltiplicare le Associazioni
21) Ivi, p. 7. Tali suggerimenti furono ripetuti anche negli anni successivi. La Curia Romana scriveva: “Frattanto non cessi
di alimentare nel popolo la fede e la pietà, richiamando l’osservanza della legge di Dio e della Chiesa con le Sacre
Missioni, con l’assidua predicazione e promovendo idonei esercizi di pietà. Vigila sulla formazione della gioventù,
moltiplica più che puoi i Sodalizi Cattolici e le Pie Associazioni dei Laici. Accogli con l’ossequio l’augurio che laeta
omnia ac fausta..a Domino precor“
22) ASDAL, Carteggio…c. p. 23.
23) F. Barra, op. cit. p. 145. Secondo l’autore l’influenza della massoneria fu “spesso denunciata dai vescovi con toni
apocalittici” anche se “indiscriminatamente esagerata”.
24) F. Barra, op. cit. p. 149.
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Azione Cattolica ad Ariano
morigerata ed onesta;
professare francamente
e sinceramente la
Religione Cattolica;
non appartenere ad
altra società di spirito
opposto, né a qualsiasi
partito sovversivo”.
I casi di esclusione
del socio, per fatto
sopravvenuto, erano
contemplati dalla
seguente norma:
“Quando siasi reso
indegno di appartenere
all’associazione
cattolica, sia facendo
parte di società
condannate dalla Chiesa
o di partiti sovversivi,
sia manifestando
pubblicamente per
Pellegrinaggio a Roma - Anni ‘30 - Fototeca T. Alterio
iscritto o con discorso
idee contrarie alla dottrina cattolica, sia facendo del danno materiale alla Chiesa..”.27
Il partito di Franza, socialista, era considerato sovversivo.
Altro motivo di attrito con costui era generato dalle iniziative di tipo più propriamente
politico e apertamente contrastanti al pensiero della sinistra assunte da alcuni laici
cattolici. In un articolo apparso sul giornale “L’Alba” del 5 marzo 1905 dal titolo “Chiesa
e Popolo”28 l’autore, dopo avere fatto un’ampia premessa sulla funzione sociale svolta
nei secoli dalla Chiesa in difesa dei più deboli e del popolo in particolare, auspicava
un suo più diretto intervento nella vita pubblica “per risollevare le sorti dell’umanità,
che soffre e lavora”.
Continuava sostenendo che il connubio tra Chiesa e popolo, che nel passato aveva
dato buoni frutti, non poteva essere interrotto da calunnie o da “retorica giacobina”.
Anzi dalla loro unione ne faceva derivare un beneficio per tutti perciò affermava: “La
Chiesa ed il popolo sono due grandi fattori di vita, due elementi che nel movimento
e nelle Amministrazioni comunali e regionali potranno lanciare una corrente di
rinnovamento e di grandezza, poiché sanno astrarsi dagli sterili e dannosi contrasti
poggiati sugli interessi personali”. A chiusura del suo scritto l’articolista pronosticava:
“Democrazia e Chiesa, sotto l’egida delle nostre leggi costituzionali, debelleranno la
doppia specie nemica di progresso e di vita: la rivoluzione e la reazione”.
Senza ombra di dubbio era la proclamazione delle idee guida di un partito di
ispirazione cattolica, ma era anche una chiamata dei laici cattolici a porsi al servizio
della collettività per affermare le idee sociali della Chiesa. Il tutto proveniva dalla
25) Archivio Storico del Museo Civico di Ariano, “Deliberazioni del Consiglio Comunale di Ariano anni 1902-1905”,
Deliberazione n° 51 del 5 maggio 1904. Il vescovo aveva rivolto l’istanza nella sua qualità di direttore della Pia Casa.
26) ASDAL, “Statuto della Cassa Cattolica S. Ottone- Società Anonima Cooperativa Di Depositi E Prestiti a capitale
illimitato” Ariano 1902.
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Azione Cattolica ad Ariano
Costituì un nuovo gruppo di volontarie religiose, che in seguito si votarono allo Spirito
Santo, e con il decisivo intervento ed aiuto del ministro Pasquale Stanislao Mancini
ottenne tutte le necessarie autorizzazioni governative.
Il prelato aveva avuto l’ottima intuizione di dare vita ad un’istituzione, la quale era
completamente diversa da quella ormai soppressa, ma che avrebbe avuto un ruolo
nella formazione e nella beneficenza in perfetta sintonia con le leggi all’epoca vigenti.
Successivamente, siamo nel 1904, il vescovo D’Agostino rivolse una istanza al sindaco
di Ariano, Marino De Miranda, al fine di ottenere in comodato d’uso la restante parte
del convento. Motivava la richiesta con la necessità di “soccorrere una buona istituzione
cara a tanti sofferenti ed abbandonati, a tanti diseredati dalla fortuna, ed alla intera
cittadinanza”; assicurava il pagamento di eventuali oneri tributari.25
Il consiglio comunale, riunito il 5 maggio 1904 in sessione ordinaria, accolse la richiesta
del vescovo e, su proposta del consigliere Luigi Mazza, votò un ordine del giorno
nel quale si evidenziavano tutte le buone ragioni per una cessione temporanea
dell’immobile. In particolare venivano scritte le seguenti motivazioni: “Considerato che
le presenti condizioni del Comune non consentono una utile e diretta destinazione
dell’edificio senza una grande spesa, cui il Comune assolutamente non può andare
incontro nello stato della sua finanza; Considerato d’altronde che il locale sia già
occupato di fatto dalla Pia Casa di Lavoro, istituzione altamente civile, e meritevole
non solo del plauso, ma pur anco di ogni più largo soccorso”. Da tali premesse si
faceva discendere l’atto deliberativo che prevedeva la cessione “in uso gratuito a S.E.
il Vescovo di Ariano, per la durata di anni venti, per uso di Pia Casa di Lavoro, l’intero
fabbricato dell’ex monastero del Salvatore (S.Anna), con espressa dichiarazione da
inserirsi nel contratto, che il relativo tributo fondiario resta a carico del Vescovo, e
così pure le riparazioni e restauri..”.
L’atto fu approvato, con votazione per appello nominale, all’unanimità dei presenti,
ossia 17 consiglieri su 30; era assente il consigliere Oreste Franza.
Con l’avvento dei socialisti al governo di Ariano, il sindaco eletto, Oreste Franza, si
adoperò per rientrare in possesso dell’edificio col pretesto che non era valido il comodato
d’uso concesso e che l’immobile, essendo demaniale, doveva essere utilizzato sì per
l’istruzione ma alle dipendenze della civica amministrazione.
Era chiaro che l’intento del primo cittadino era rivolto a sottrarre il bene ai preti ed
al vescovo in particolare sulla scorta di una chiara avversione alla Chiesa ed ai suoi
rappresentanti, ma anche per una ritorsione di carattere politico.
Se si vuole Franza non poteva e non voleva dimenticare certi precedenti che, ai suoi
occhi, apparivano come segnali politici avversi ai suoi programmi. Uno di questi
precedenti era la costituzione della Cassa Cattolica S. Ottone, voluta da D’Agostino, il
cui statuto fu approvato con decreto 26 aprile 1902 del Tribunale di Ariano.26 All’articolo
3 dello Statuto era esplicitamente riportato: “Lo scopo della Società è di estendere i
beneficii del credito ai propri socii, alle Società Cattoliche, alle casse rurali cattoliche,
agli agricoltori ed operai cattolici della Diocesi..”.
Non potevano essere destinatari coloro che non accettavano il credo cattolico; l’art. 6,
in proposito, stabiliva che per far parte occorreva, tra l’atro, “presentare un certificato
del proprio Parroco, contrassegnato da due socii, che ne garantiscano la condotta
27) Art. 23, comma 1 lettera c) dello statuto.
28) Emeroteca di A. Alterio. L’autore dell’articolo si firmava X. Y.
29) ASDAL, Cartella del vescovo A. D’Agostino. “Il Satanismo” . Ariano 1894, pp. 6-7. La lettera fu indirizzata al clero ed
al popolo il 21 febbraio 1894.
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Azione Cattolica ad Ariano
di ispirazione religiosa. Si soffermò più volte su questo argomento, ma significative
sono le sue riflessioni, pubblicate nel “Calendario Arianese Per L’Anno 1898”, che
culminavano con una considerazione finale “Or contro la savia educazione tanto
necessaria congiurano i nemici della religione, della morale e della libertà, i libertini
ed i ladri. E perciò debbono i buoni unirsi insieme per difenderla e validamente
prestargli aiuto e favore. Né saranno i loro sforzi vani, se docili e fidenti si lascino
guidare dalla Chiesa..”.32
E tutto questo non stava bene ai liberali, ai socialisti ed ai massoni.
In vero Franza anche quando era consigliere, mentre Giuseppe Luparella svolgeva le
funzioni di sindaco, si adoperò per fare approvare dal Consiglio alcune mozioni tra
le quali anche quella di destinare i locali del convento delle benedettine per alloggio
delle scuole comunali.33
Il 5 Marzo del 1906 Franza fu eletto Pro-Sindaco dalla nuova giunta, ma ancor prima
che ciò avvenisse si era fatto precedere da un articolo pubblicato sul giornale “La
Lotta” del 4 marzo 1906 dal titolo “Crisi Comunale” in cui tra l’altro era scritto: “Noi
vogliamo che, siano gli antichi amministratori ripristinati o i nuovi, se eletti, risolvano
il problema dell’Edifizio scolastico - precisamente ora che il bel progetto dell’Ing.
Mazzia è venuto -; lo risolvano senza mala fede, col volerlo e col caldeggiarlo, e senza
riguardi a monache e a preti, soprattutto ora che nel progetto vi è anche posto per
la Pia Casa”.34
Proprio in riferimento al progetto, nello stesso giornale era riportato un altro articolo
dal titolo “L’Edifizio Scolastico” in cui veniva sommariamente descritta l’opera da
realizzare, che avrebbe dovuto ospitare il nuovo Palazzo Comunale, l’Ufficio Postale,
l’Ufficio delle Guardie Municipali, la sala del Consiglio, il Gabinetto del Sindaco, quello
della Giunta e la Segreteria. A questi locali, prospicienti via Mancini, si univano altri
destinati alle scuole elementari maschili e femminili, mentre “Al secondo piano di questa
parte dell’edificio, il locale necessario e sufficiente da contenere la Pia Casa di Lavoro”.
L’articolista sottolineava il fatto che la superficie da utilizzare era sufficiente a risolvere
i molteplici problemi edilizi ed avrebbe contemperato gli interessi di tutti anche quelli
della Pia Casa, fugando i timori di coloro che ritenevano insufficiente il terreno a
contenere uno stabile per tanti uffici. A conclusione, per carpire il favore dei cattolici,
scriveva: “Perché è del pari dimostrato che nessuno, in Ariano ha mai pensato a distruggere la Pia Casa, a mandar via le monache, e perché infine è messo alla portata
di tutti come nello stesso locale possono coesistere scuole e Pia Casa, e come possono
coesistere il rispetto di una istituzione di riconosciuta utilità pel paese, assieme con
la salvaguardia dei diritti e degli interessi del Comune, e la creazione di quella nuova
istituzione che è reclamata da bisogni urgenti e da necessità ineluttabili”.35
Le parole non furono sufficienti a placare gli animi e si passò subito ai fatti. Il 5 marzo
1906, lo steso giorno in cui Franza venne eletto pro-sindaco, il consiglio revocò le
precedenti deliberazioni del 4 maggio e del 14 giugno 1904 con le quali fu concesso in
comodato d’uso alla Pia Casa, per il periodo di 20 anni, la restante parte del predetto
monastero oltre quello già in suo possesso. L’atto di revoca fu approvato con il voto
favorevole di 21 consiglieri mentre i voti contrari furono solo due.
30) Ivi, p. 27
31) Ivi, p. 27. Nella lettera è riportata anche l’avvenuta costituzione in Ariano dell’Associazione delle Dame di Carità,
dedita all’assistenza “dei poveri malati a domicilio”.
32) Archivio di A. Alterio, “Calendario Arianese” Ariano 1897. Si sviluppava attraverso brevi brani che avevano i seguenti
titoli “Necessità dell’Educazione”, “Qualità dell’Educazione”, “Educazione Fisica”, “Educazione dei Sensi”, “Educazione
Intellettuale”, “Educazione Estetica”, “Durata dell’Educazione”,”Ordine Soggettivo dell’Educazione”, “Oridine oggettivo
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Azione Cattolica ad Ariano
diffusione di principi di
solidarietà sociale che,
da tempo, il Papa andava
proclamando, ma erano
anche i contenuti degli
insegnamenti proposti
dal vescovo D’Agostino
attraverso le sue annuali
lettere pastorali ed i suoi
numerosi discorsi.
In una di queste dal
titolo “Il Satanismo” il
prelato si soffermava
a considerare i gravi
errori e le forti deviazioni
morali che venivano
introdotte e propugnate
dal liberalismo e dal
socialismo. Addebitava
al primo movimento
l’abbandono della legge
divina, presentandosi
come “ateismo liberale” Incontro con le donne di A. C. - Fototeca T. Alterio
che propugnava una eguaglianza “illusoria” e “la fratellanza senza Padre celeste”.29 Anzi,
sosteneva “che libertà senza legge divina significa sfrenata licenza pei tristi, capaci
di ogni male; e servaggio pei buoni, ai quali s’impedisce persino di rendere il culto
dovuto a Dio: libertà del male, non del bene..”.
Non da meno considerava il socialismo scrivendo: “Quantunque il socialismo ed il
liberalismo si odiino fra loro, pur sono costretti a confondersi insieme nella stessa
riprovazione, perché gli estremi si toccano. E questi due figli del razionalismo ateo
e materialista provano dove mena la mancanza di logica e di fede; e qual risultato
abbia l’odio a Dio ed alla Chiesa.”
Come corollario di tali premesse negative ne faceva conseguire la necessità di rifuggire
da tali movimenti i quali creavano solo danni. Di contro invitava i cristiani a riunirsi
in nome dello Spirito Santo perché “la Chiesa benedice, approva, raccomanda le
associazioni dei Santi fondate o esemplate: e dallo Spirito Santo sono ispirate per
vantaggio delle buone opere”.30 Su queste basi ideologiche fondava la necessità di
“introdurre nella Diocesi due altre Associazioni, che fanno tanto bene altrove: cioè le
Conferenze di S. Vincenzo di Paolo, e i Comitati Parrocchiali e Diocesani”.31
Altro caposaldo del pensiero di D’Agostino, a cui si uniformava il suo programma
nella guida della diocesi, era l’educazione che doveva essere necessariamente quella
dell’Educazione”, “Il Metodo dell’Educazione”, “La libertà dell’Educazione”, “La Religione Necessaria all’Educazione”,
“Sapienza dell’Educazione” per finire con un Epilogo e Conchiusione”.
33) Gaetano Grasso, “Ariano dall’Unità d’Italia alla Liberazione”, libro secondo, p. 42. Ariano 1994. Luparella era succeduto
a De Miranda l’11 agosto 1905 per dimettersi il 2 marzo 1906.
34) Emeroteca di A. Alterio, Il giornale porta la dicitura “Numero di Saggio”. L’articolo fu pubblicato il giorno prima della
elezione di Franza, tanto che esordiva “Non sappiamo se, al momento si pubblicherà il giornale, la crisi sarà oppure
no risolta”.
35) Ivi.
36) Erano presenti tutti i 23 consiglieri: Bevere Michele, Ciccarelli Erminio, Ciccone Sebastiano, D’Agostino Carlo, D’Agostino
Ottone, D’Alessandro Gerardo, Del Giacomo Nicola, De Miranda Girolamo, Errico Francesco, Flammia Nicola, Franza
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Azione Cattolica ad Ariano
vescovo la deliberazione
consiliare del 16 marzo
1906, con cui si voleva
revocare il comodato
d’uso concesso con
un precedente atto,
ma condannò “Oreste
Franza nella qualità, al
pagamento del giudizio
liquidate in L. 518, 25 oltre
il compenso a liquidarsi
dal giudice Genovesi
in prò del D’Agostino e
per la monaca Lusi da
liquidarsi”.
La vittoria ottenuta
dalla Chiesa fu piena ed
incontrovertibile; venne
accolta con soddisfazione
dai cattolici i quali
attraverso il giornale “Vita
Arianese” avevano dato solidarietà al vescovo ed avevano sostenuto le sue buone
ragioni contro le pretese del sindaco e soprattutto contro la campagna denigratoria
e diffamatoria di costui nei confronti del pastore e del sacerdote.40
In particolare il detto periodico quindicinale volle sottolineare “il gran male” che Ariano
avrebbe sofferto con la soppressione della Pia Casa: “un pensionato di giovinette di
civili condizioni; un orfanotrofio unico nel paese; cinque classi di scuole elementari,
dove si insegna con programmi governativi; una scuola preparatoria; un vero asilo di
infanzia; un laboratorio per tessuti e lavori donneschi; il quotidiano soccorso ad una
turba di poveri ed ammalati; il culto della Chiesa di S. Anna, di recente restaurata con la
spesa di 12mila lire; e la manutenzione costosa di tutto il vecchio e cadente edificio”.41
Franza non poteva accettare la sconfitta, che assumeva i toni di una debacle
politica inconcepibile per un personaggio con precise velleità parlamentari in netta
contrapposizione ad Ercole Caputi, candidato dei moderati. Fece circolare un volantino,
rivolto ai Cittadini, in cui annunciava:
- “Il Comune ha perduto, con sentenza odierna del nostro Tribunale, la causa col
Vescovo. Io che volli fare primo ideale d’amministrazione l’Edifizio Scolastico, veggo
con questa sentenza ostacolato pel momento un progetto che ritenevo e ritengo
caposaldo della vita paesana.
- Deve il Comune appellarsi? È sentenza accettabile questa dei nostri signori Giudici?
- Non la discuto: sotto l’impressione del dolore potrei usare concetti non esatti e
rilevare circostanze incresciose: giudichi il paese.
Oreste, Manganello Vincenzo, Maresca Antonio, Mazza Luigi, Nicoletti Raffaele, Novario Giuseppe, Pannese Giuseppe,
Purcaro Michele, Riccio Francesco, Rocco Romualdo, Zecchino Ortensio, Zerella Amalio.
37) La sentenza, emessa dal tribunale di Ariano, portava la data del 22 luglio 1906. Il Comune di Ariano era difeso
dall’avv. Marone, mentre le suore benedettine Raffaella Lusi era difesa dagli avvocati Luigi Mazza ed Alfonso Fiore
ed Irene Mazza dall’avvocato Luigi Mazza.
38) Emeroteca di A. Alterio, “La Lotta” num. 9 del 2 agosto 1906. L’articolo si chiude con una invettiva “E gioiscano pure
i tre chierichetti allampanati, onanisti informi e sfacciati; gongolino i Consiglieri dell’opposizione. Essi vorrebbero
veder distrutta Ariano per gioire contro l’Amministrazione attuale, che invece resta serena e forte, decisa a risolvere
il problema di Sant’Anna che dovrà essere restituita al Comune, a tutti i costi, perdio! E allora i Te Deum potranno
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AEQVVM TVTICVM
Azione Cattolica ad Ariano
Ovviamente le reazioni del Vescovo e della madre superiora della Pia Casa non tardarono
a venire, ma contro di esse la civica Amministrazione reagì con pari tempestività tanto
che convocò una seduta straordinaria del Consiglio che si tenne il 29 aprile 1906.36
In tale consesso venne confermata la revoca delle deliberazioni assunte nel 1904, pur
lasciando in fitto alle due suore superstiti del cenobio Benedettino una parte dello
stabile; l’atto fu votato favorevolmente da tutti i consiglieri con l’astensione di Flammia.
Intanto il vescovo aveva adito le vie legali per vedersi riconoscere il diritto a
mantenere il possesso dell’intero monastero. Durante la celebrazione del processo
era rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio ed Amedeo Tedeschi che esposero
in modo convincente le loro ragioni, pienamente accolte dal giudice con la sentenza
decisa il 22 luglio 1906.37
Se i rapporti tra le parti contendenti erano alquanto tesi, con l’atto giurisdizionale,
divennero irrimediabilmente compromessi, tanto che Franza, tramite il giornale “La
Lotta”, non lesinò le critiche all’organo giudicante che, a suo giudizio, aveva utilizzato
una figura giuridica, il comodato, non applicabile alla fattispecie. Non vennero neppure
tralasciate le questioni ideologiche e così nell’articolo dal titolo “La Causa Contro Il
Vescovo” ancora possiamo leggere: “Mentre la Francia scaccia con la forza oltre il
confine i congregazionisti noi ritorniamo al regime spagnolo e, Ariano, in pieno 1906,
ha visto riconosciuto con una sentenza di Giudici l’esistenza delle inferriate monacali
in Piazza!”38
Lo scontro aveva assunto toni e connotati politici tali da favorire la costituzione di
uno schieramento anti-socialista e da accelerare la formazione di un sodalizio in difesa
della Chiesa e dei suoi rappresentanti più qualificati.
Ottenuta la vittoria, monsignor D’Agostino indirizzò al clero ed al popolo una lettera
pastorale dal titolo “La Giustizia Divina ed Umana”, datata 15 agosto 1906, contenente
l’intera sentenza. Poi, nel trasmetterla alle parrocchie, dispose: “Invece dell’Omelia i
Rev. Parroci e Cappellani leggeranno e spiegheranno la 1^ Parte di questa pastorale
nella 1^ festa ventura e la 3^ parte nella 2^ festa”.39
Il prelato faceva precedere l’intera sentenza da alcune sue riflessioni e da una breve
cronistoria degli eventi per concludere con alcune osservazioni sull’operato della
Pia casa. Scrisse: “..Ed il popolo vede, ed osserva da se queste cose, che son fatti e
non parole. Vede il pane e la zuppa data ai famelici, vede il brodo e le medicine
somministrate ai malati, vede quante vesti son donate a quelli che hanno bisogno
di camice, pantaloni, giubbe, corpetti, scarpe e cappotti; vede le lenzuola, le coperte,
i letti interi, le pigioni di casa, ed alcune volte le doti o sussidi dotali, largiti a chi ne
ha bisogno. Tutto questo vede, e confessa il popolo di Ariano, che non è ingrato, né
sconoscente. Anche un’altra cosa, voi sapete bene, o Arianesi; ed è che l’istruzione,
l’educazione civile, morale e religiosa della Pia Casa, con la molteplice carità e
beneficenza in sollievo di tali e tante miserie a voi note, e più a Dio, non pesa affatto
sul bilancio comunale. Voi sapete che il dazio, le tasse, e tutte le specie d’imposte da
cui siete afflitti ed oppressi non vanno punto alla Casa Pia, ma altrove..”.
I magistrati chiamati a giudicare non solo dichiararono lesiva dei diritti del
39)
40)
41)
42)
43)
cambiarsi in de profundis!”
ASDAL, Cartella del Vescovo D’Agostino.
Emeroteca di A. Antonio, “Vita Arianese”, Periodico Quindicinale del 1906, diretto da Francesco Clericuzio.Giornale “Vita Arianese” N° 2 del 12 agosto 1906.
Archivio di A. Alterio, Il volantino era datato “Ariano 23 luglio 1906” ed era firmato “Il Prosindaco Oreste Franza”.
Archivio di A. Alterio. Il foglio portava i nomi dei componenti del Comitato “Presidente Giovanni Arc. Carluccio,
Vice Presidente Giuseppe Prev. Padano, Segretario Leopoldo Sac. Zecchino, Tesoriere Domenico Can. Caggianelli,
AEQVVM TVTICVM
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Azione Cattolica ad Ariano
Monsignore Rev.mo D. Nicola Buonanno Vicario generale” con la sottoscrizione “La
maggioranza del Clero”.45 In essa, dopo avere esposte alcune presunte ingiustizie e
soprusi subiti dal clero, i mittenti facevano allusione ai “biechi disegni di una nota
combriccola, formata da preti zucconi e immorali, maldicenti e intricanti, i quali hanno
indegnamente degenerato dall’altezza della propria missione e sono discesi giù fino
al pantano della maldicenza e della calunnia, per inoculare nel Cuore del Superiore,
che facilmente crede…quel veleno, il quale certo apporterebbe rovina e morte morale
agli altri, che forse…. Anzi senza forse, sono il simbolo della rettitudine del dovere”.
A chiusura chiedevano al Vicario: “giudice imparziale e tre volte coscienzioso, vorrà
far ritornare l’armonia fra il Clero, spezzando queste tresche gravi e vergognose, che
gettano nel ludibrio e nel fango il Clero istesso”.
Sempre nello stesso giornale, sul n° 2 del 10 febbraio 1907, venne pubblicata un’altra
“Lettera Aperta”, indirizzata allo stesso vicario generale ed ancora una volta sottoscritta
da “La maggioranza del Clero”. In essa veniva esposto tutto quanto era da considerarsi
non “giusto” nel comportamento di taluni, con allusioni al vescovo, per poi chiudere
con la speranza che il destinatario avesse potuto fare giustizia dopo che la stessa
giustizia “sotto le mitre e sotto le Croci essa fa naufragio..”.46
Ovviamente il sospetto di tali missive cadeva su Franza che, sebbene non fosse l’autore,
certamente doveva esserne l’ispiratore con la collaborazione di alcuni sacerdoti suoi
simpatizzanti o amici.
Come se non bastasse gli stessi preti dissenzienti, puntando a Roma, scrissero
un’ulteriore “Lettera Aperta” indirizzata “A sua Eminenza Rev.ma Cardinale Prefetto
della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari”, datata 15 febbraio 1907.47 In
essa riportarono: “‘E una storia brutta, ma è una storia vera! Qui in Ariano, il nostro
Superiore, pieno di vita fisica, ma non di vita morale, regna ma non governa. La
città e la diocesi sono governate da una donna, quindi fruiscono di tutti i favori, che
il sole del protezionismo può largire, asinità note, vigliaccherie patentate. Queste
galleggiano non per meriti, che non ne hanno, ma per leggerezza di vuoto sulla testa
e sulle spalle degli altri, che onestamente lavorano. Qui il merito vero, l’onoratezza
sono ripudiate come colpe e perciò denigrate e punite, sono premiati al contrario,
come dicemmo, coloro la cui immoralità e ciucciatine sono note. Ecco il quadro in
abbozzo. Da tutti si aspetta un’inchiesta severissima, che venga a palpare la verità.
In ogni caso se non si vedranno riforme, verremo ai particolari e così mostreremo
intera la piaga, che ammorba il nostro Clero. Per ora stendiamo un velo su questo
doloroso passato, ma la rettitudine, ma la ferma volontà del bene, ripari il presente
che inizii un avvenire migliore di onestà, di sincerità e di giustizia. Le baciamo con
devozione la sacra Porpora. Ci benedica”.48
Quanto siano vere tali prese di posizioni da parte del clero non è facile definire; in
ogni caso vi è chi ha ritenuto che si fossero formati tre gruppi di sacerdoti, scrivendo:
“uno di maggioranza a favore del Vescovo, riscontrabile nei manifesti di adesione..;
uno di minoranza, contrario al Vescovo, riscontrabile nelle lettere aperte pubblicate
dal quindicinale “La Lotta”..; un terzo gruppo di soggetti pochi e camaleontici, che,
Consigliere Franc. Paolo Arc. De Furia, id. Raffaele Parr. Abbatangelo; id. Riccardo Can Capobianco. Seguivano i nomi
di altri 39 tra sacerdoti, suddiaconi ed accoliti.
44) F. Mazza, op. cit. p. 434.
45) Emeroteca di A. Alterio, “La Lotta” n° 1. La lettera pubblicata portava la data del 28 dicembre 1906. La direzione
del giornale fece precedere la lettera dalle seguenti parole: “Una commissione di Sacerdoti ci ha pregati per la
pubblicazione, che integralmente, per la verità, facciamo”.
46) Emeroteca di A. Alterio, “La Lotta”. La lettera era datata 19 gennaio 1907.
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AEQVVM TVTICVM
Azione Cattolica ad Ariano
- Ricordo, che, avendo torto per la revoca della concessione, può sempre aversi il
locale di Sant’Anna espropriandolo e pagando il proprietario che resta sempre il
Comune- non ostante la concessione di uso per vent’anni.
- Oggi però, se molti restiamo dispiacenti, vi sono quelli che godono, gli amici del
Vescovo ed i nostri avversarii che hanno fatto causa comune contro la nostra Ariano.
- Le cause si succedono e si possono in appello vincere.
- L’8 settembre -la sentenza non ostacola- ripiglieremo il possesso di Sant’Anna. E, fino
a che non ci verrà meno la fiducia degli amici del Consiglio e del paese, resteremo al
nostro posto: non possono avvilirci certe sentenze che non sono giudicati.
- Fremi nella coscienza del bene, il nostro ideale diventerà realtà.”42
Non si limitò a questo, perchè le sue reazioni, a mezzo stampa, furono forti,
esageratamente violenti, tendenti a creare una scissione all’interno del clero locale e
molto offensive nei confronti del vescovo e di madre Giuseppina Arcucci, che dirigeva
la Pia Casa. Ma esse valsero a suscitare le prese di posizioni ed i distinguo dei cattolici
locali e dei sacerdoti, in particolare, i quali distribuirono un comunicato intestato “Il
Comitato dell’Azione Cattolica. Al Clero di Ariano”, datato 23 agosto 1906.43
Esso riportava:
- “Continuano tra le lotte cittadine le insinuazioni calunniatrici contro il nostro
amatissimo Vescovo, contro il Clero, contro la pace di tutti, però si è reso necessario
che l’opera nostra continui ad affermarsi.
-Il nostro Pastore, bersaglio d’ire partigiane, di lingue malefiche, non si fa stanco
di paziente attesa di pace, che tuttora va preparando colla parola e coll’opera sua;
ed il Clero tutto, colpito nel suo cuore, da pertinace menzognera accusa, anche
dopo un pubblica smentita, non può tacere, ma deve sentire il dovere di protestare
incessantemente: e tanto chiediamo. Il nostro Vescovo avrà il conforto di sapere,
ancora una volta, che il Clero tutto è intorno a Lui, ed a Lui chiede la guida della
mente e l’impulso del suo cuore di Padre: ed i calunniatori avranno, ancora una volta,
la vergogna di sapere che la ventilata scissura è chimera e non realtà, è desiderio
non conseguito, né conseguibile.
- Così, legati dalla fede e dall’azione, tutti sapranno della nostra unione di cuore e
di forza, imparando che siamo cittadini e Sacerdoti ad un tempo, che, senza torcere
mai gli occhi dall’indirizzo sagace del nostro Pastore, conosciamo i doveri ed i diritti
nostri, che, compiendo i primi, pretendiamo a far valere gli altri, e che, in fine, precipuo
nostro scopo è quello di tenere alto il decoro del Clero arianese, non più nel silenzio,
ma protestando a suo tempo.
- Protestate tutti, adunque, se credete; noi protestiamo e vigileremo”.
Da questo manifesto Felice Mazza datò la costituzione dell’Azione Cattolica cittadina,
ma non credo che tale episodio rappresenti l’inizio del sodalizio che, come vedremo,
si formò successivamente.44
L’atto di fede e di solidarietà dei sacerdoti sta a significare che era fallito il tentativo
di Franza di creare una fronda all’interno del clero cittadino, anzi aveva favorito la
formazione di un fronte di opposizione anche di tipo politico che si coagulò intorno
alla lista clerico - moderata.
Tuttavia sul giornale “La Lotta” del 13 gennaio 1907 apparve una “Lettera Aperta a
47)
48)
49)
50)
51)
Emeroteca di A. Alterio, “La Lotta”, n° 3 del 3 marzo 1907.
Archivio di A. Alterio, “La Lotta” n° 3 del 3 marzo 1907.
ASDAL, Cartella del Vescovo D’Agostino. Dattiloscritto anonimo nota 42 p. 25.
Archivio di A. Alterio, “La Lotta” n° 4 del 17 marzo 1907.
Il giornale si definiva “Politico Cattolico Quotidiano”.
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Azione Cattolica ad Ariano
noi sdegnosamente rigettata. E perciò noi - mentre a Lei professiamo, come sempre
la nostra ossequiosa sudditanza, e protestiamo altamente contro le insinuazioni e le
menzogne che potrebbero metterci in cattiva opinione presso l’E.V. - dichiariamo di
non aver niente di comune con gli scrittori degli articoli “La Maggioranza del Clero” e
di non aver promosso o manifestato idee, che potessero anche lontanamente ledere
la dignità di Lei, loro amato vescovo.
- Intanto ci è dolce riconfermare la devozione sincera all’E. V. mentre ne giova sperare,
che in questa Diocesi, tutti si adunino in un cuor solo intorno al loro degnissimo Pastore.
- Invochiamo intanto la sua paterna benedizione augurandole dal Cielo ogni bene.
- Dell’E.V. R.ma. Ariano 16 giugno 1907.
- Umilissimi e dev.mi figli in G.C. Mons. Giovanni Schiavo - Vincenzo Cardinale - Giovanni
Graziano - Nicola Scarpellino - Can. Luigi Schiavo”.
Il giornale, nel commentare favorevolmente il gesto di devozione espresso dai sacerdoti,
volle sottolineare il fatto che “i fieri avversari della Chiesa Cattolica scagliano gli strali
velenosi contro il Sacerdozio e cercano con le loro arti delittuose di dividere il clero
dai propri Pastori”. Addebitava ad “un manipolo di sconsigliati, senza patria e senza
tetto” di avere fatto segno il Vescovo di Ariano “ad insulti plateali e vigliacchi” a mezzo
“di un clandestino giornaletto” “per puerili quistioncelle elettorali”.
Gli stessi sacerdoti firmatari, forse ancora inseguiti da sospetti di sorda opposizione
peraltro ben alimentata dal giornale “La Lotta”, si sentirono costretti a ribadire
ulteriormente la loro posizione.52 E così il 28 ottobre 1907 distribuirono un manifesto
rivolto ai “Cittadini Arianesi” con cui ribadirono la loro fedeltà al vescovo pur dissociandosi
da quanti, solo apparentemente, ne pigliavano le difese e polemizzando con alcuni
confratelli che li avevano emarginati.
Anche in tale occasione “La Lotta” non mancò di trarre spunto per confermare certe
precedenti considerazioni sui comportamenti del clero e per dimostrare “la persecuzione
che da preti” si metteva “in opera contro preti”.
Intanto l’unica voce laica, che si levò a difesa della chiesa, fu la direzione del giornale
“Il nuovo Corriere” che approvò l’operato del vescovo in difesa della Pia Casa, ma
soprattutto evidenziò il pensiero eminentemente anticlericale ed ateo del socialismo.53
Altro problema, che aveva generato scontri alquanto duri tra la chiesa e la civica
amministrazione, riguardava l’educazione religiosa nelle scuole. Fu proprio il giornale
“Il nuovo Corriere” a pubblicare un articolo dal titolo “Scuola e Catechismo” in
cui venne fatta una cronistoria degli avvenimenti riguardanti tale argomento.54 In
particolare l’articolista evidenziò come, a seguito di “pubblica sottoscrizione”, nel
1904 l’amministrazione capeggiata da De Miranda aveva deliberato favorevolmente
perché venisse impartita l’istruzione religiosa nelle scuole in rispetto della legge. Ma
tale deliberato non fu subito eseguito se non nell’anno scolastico 1905-1906 e durò
fino a quando non ascese “al potere” il sindaco socialista Oreste Franza che dispose
nuovamente la non applicazione. A giustificazione di tale divieto il primo cittadino
rispondeva “per noi la religione è un affare privato: ognuno si regola con la propria
coscienza” e chiariva: “Ma volere il catechismo nella scuola, non è far quistione di
religione ma di clericalismo e, noi, del partito popolare, siamo contro ogni illecita
intromissione della politica nella scuola che vogliamo laica, sede degli studii”.55
52) In particolare sui numeri 14 del 18 agosto, 15 del 1° settembre e 18 del 24 ottobre del 1907, il giornale puntigliosamente
pubblicò articoli di netta opposizione all’operato del vescovo, evidenziando sempre in modo esplicito o sottinteso
il contrasto interno al clero cittadino. In particolare sul n° 18 apparve un articolo dal titolo “Monsignor Vescovo”
in cui si metteva sotto accusa la gestione del vescovo e “l’aspra lotta coi Canonici del Capitolo Cattedrale”. Anzi il
prelato veniva accusato di non sapere guidare l’intero Clero poichè privilegiava pochi i quali “costituiti in regolare
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non molto ligi al Vescovo, dopo la smaccata ed irriguardosa presa di posizione dei
contrari, tentano dissociarsi e di non essere confusi con costoro, ostentando al Vescovo
obbedienza, stima e considerazione”.49
Sta di fatto che, come riportò “La Lotta”, era pervenuto alla redazione “un atto a mezzo
di usciere notificatore e a firma della quasi totalità dei sacerdoti di Ariano con cui si
minacciava di sporgere querela se fra tre giorni” non avesse denunziato “i nomi degli
autori degli articoli”.50
Ovviamente non fu dato corso alla richiesta, anzi si colse l’occasione per sottolineare
che “sacerdoti serii, intelligenti e vecchi di età e di decoro debbono, per decoro di
casta, annuire alla volontà direttiva di due o tre melensi pretini e firmare e protestare
e minacciare, quando essi in cuor loro pei primi sanno tutto”.
Che ci fosse un partito avverso al Vescovo, probabilmente, trovava fondamento anche
nelle considerazioni esposte dallo stesso nella lettera pastorale pubblicata il 14 aprile
1907, in cui invitava tutti ad essere uniti e rispettosi della dottrina, della liturgia e
dei Superiori. Il Prelato, alludendo alla situazione locale ed alla vita della diocesi,
scrisse: “La persecuzione l’ebbe Gesù e l’avranno sempre i suoi Ministri, ma è una
beatitudine, e i santi così l’hanno intesa. Ora però la pazienza dei santi non giustifica
la persecuzione degli empi; sventuratamente vi sono cattivi cristiani e talora anche
sacerdoti che agiscono a tradimento in combutta con gli empi. Il tradimento poi è
colpa molto più grave ed infame di quella della diserzione: in questa vedesi la paura,
in quella la perfidia. Dimenticando gli obblighi indispensabili e le sacre promesse
del Battesimo e dell’Ordine alcuni parteggiano per i nemici di Cristo e della Chiesa,
volendo il trionfo dello spirito del mondo sopra quello di Dio.”
Non gli era sfuggito il linguaggio usato dai traditori quando avevano parlato di
prudenza, di carità e di pace per chiarire che avevano profanato “queste parole del
Vangelo di Gesù Cristo, togliendo ad esse il senso infusivo dello Spirito Santo”. In ogni
caso ricordava “che non è degno del consorzio degli Angeli a Dio fedeli e dei Beati
imitatori di Cristo chi tresca coi nemici di Dio e imita gli Angeli ribelli e dannati”. Di
qui il suo monito “Nessuno di noi abbandoni la madre dei Santi, nessuno tradisca
come Giuda il Signore Gesù, nessuno si avvicini a chi parla e vive da empio, non
essendo possibile il concerto di Cristo con Belial”.
Dopo queste forti ed incisive parole alcuni sacerdoti, sospettati di probabile tradimento
o quanto meno di indifferenza, ritennero opportuno precisare la loro posizione, inviando
una lettera alla direzione del giornale “La Libertà” con sede a Napoli. Sulle pagine del
20 giugno 1907 apparve l’articolo con il titolo “Solenne omaggio al vescovo di Ariano”
in cui veniva riportata per intera la lettera, indirizzata a S. Eccellenza R.ma Monsignor
D. Andrea D’Agostino vescovo di Ariano.51
Il contenuto della nota era:
- “Eccellenza,
- Con vero dispiacere dell’animo nostro abbiamo appreso che da alcune personenon sappiamo se in buona o mala fede- è stato ritenuto e tuttora si ritiene che noi
sottoscritti non nutriamo l’opinione e non mostriamo rispetto dovuto all’E. V. R.ma.
- Sì bassa insinuazione, che tende a rompere la concordia, sempre esistita tra Lei ad il
Clero sia Vecchio che giovane- e tanto necessaria specialmente in questi tempi- è da
cricca” congiuravano “sul vescovado, in S. Anna e fuori, ai danni dei loro confratelli e della cittadinanza”.
53) Archivio A. Alterio. Si vedano i numeri 1 del 7 aprile, 2 del 21 aprile e 3 del 5 maggio 1907. In quest’ultimo numero
venne pubblicato un commento alla lettera pastorale che il vescovo aveva rivolto al clero ed al popolo in difesa
della chiesa e del suo operato.
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“i ragazzi, preparati dal Marchese Ernesto Franchini, si comportarono egregiamente e
furono fatti segno a lodi ed applausi fragorosi, specialmente i giovinetti Carlo Cafaggi,
Giovannino Forte e Giuseppe Purcaro”.60
La rappresentazione era stata preceduta da una conferenza tenuta dal prof. Giuseppe
Petrone di Napoli, che presentò la necessità di costituire i ricreatori cattolici ed invitò
i padri di famiglia e gli operai a farli frequentare dai propri figli.
Intanto Oreste Franza ed il giornale “La Lotta” con puntigliosa e puntuale assiduità
attaccavano il vescovo reo, non solo, di avere difeso Ernestina Arcucci e con lei la Pia
Casa, ma di preparare un partito politico avverso.
Monsignor D’Agostino non demordeva e, proseguendo per la sua strada pastorale,
fece sentire la sua voce con le lettere pastorali del 1907 e del 1908. Nella prima
invitava i suoi sacerdoti ad essere uniti nella chiesa, nel suo insegnamento e nei suoi
obbiettivi santi e salvifici, in quella dell’anno successivo si soffermò sul modernismo
e sui suoi seguaci, con riferimento agli arianesi, assidui lettori di libri e giornali non
raccomandabili. In particolare puntò l’attenzione su quanti davano scandalo per esser
di dubbia fede e moralità e per questo indegni di accedere agli ordini sacri, agli uffici
ed ai benefici ecclesiastici.
Ma all’orizzonte si andava profilando un ulteriore avversario del vescovo: erano i
protestanti dell’Esercito della Salvezza. A darcene notizia fu proprio il giornale “La
Lotta” in uno dei suoi articoli scritti ad arte per discreditare l’operato del pastore.
L’autore dell’articolo, dopo avere messo in dubbio la sua azione pastorale, che, a suo
dire, aveva prodotto solo danni, espose altri effetti negativi e per questo scriveva: “Se
le chiese oggi sono deserte, se le file dei Protestanti s’ingrossano colpa è tua, che
hai col tuo non sano pensare, col tuo non retto agire, gettato lo scredito nel vergine
cuore di tutti gli Arianesi, che ti bestemmiano, ti maledicono”.61
A riprova di quanto affermava, nel giornale della settimana successiva faceva il
confronto di quello che era accaduto al primo apparire in Ariano di detta confessione
allorquando l’unico seguace detto “Strazzella” fu inseguito “da una tempesta di fischi
e di torsi di cavolo”. Mentre a distanza di un anno, scriveva, “i suoi correligionarii- con
migliore fortuna- sono riusciti a fondare una sala evangelica che conta già un discreto
numero di aderenti”.62
Era chiaro l’intento del giornale, che, ispirato da Franza, doveva battere colpo su colpo
e, trascinando la polemica sul piano più strettamente politico, doveva accreditare
un’immagine nuova del suo partito: il Blocco Popolare. A tal fine detta compagine
politica veniva definita di ispirazione pluralista e perciò non solo “socialista” dato che
essa rappresentava “l’unione di tutti i partiti, dal monarchico liberale e dal democratico,
al radicale, al socialista”, a differenza della “Lista Clerico-Moderata” nella quale potevano
militare solo i clericali ed i reazionari.63
In pratica Franza doveva avvalorare una immagine alquanto negativa degli avversari
politici che, secondo il suo pensiero, erano promanazione di D’Agostino e per questo di
54) Archivio di A. Alterio, “Il Nuovo Corriere” n° 5 del 2 giugno 1907.
55) Archivio di A. Alterio, “La Lotta” n° 9 del 23 giugno 1907. L’articolo, inserito nella rubrica “In Giro”, porta il titolo “Il
Catechismo nelle scuole”.
56) Il giornale è il n° 5 cit.
57) Archivio di A. Alterio. Si approssimava il tempo delle elezioni dopo che il primo agosto 1907 fu sciolta l’amministrazione
comunale, che venne rimpiazzata da un Commissario Regio.
58) ASDAL, cartella del vescovo Andrea D’Agostino.
59) A. D’Agostino, Calendario Arianese per l’anno 1897, p. 26.
60) Archivio di A. Alterio, “Il Nuovo Corriere”, n° 14 del 12 ottobre 1907.
61) Archivio di A. Alterio, “La Lotta”, n° 4 del 26 gennaio 1908.
62) Archivio di A. Alterio, “La Lotta”, n° 5 del 2 febbraio 1908.
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Azione Cattolica ad Ariano
In ogni caso suggeriva: “...chi vuole imparare il catechismo vada alla parrocchia: è lì
che si insegna. Il volerlo nella scuola è pedanteria di due o tre pretonzoli che, non
avendo altra cattedra, volevano intromettersi nella scuola per giustificare il loro titolo
di Professorini di Umanità. E noi non possiamo permettere che la scuola - alto ideale
di progresso delle giovani coscienze - si adatti alle speculazioni di ambizione e di
basso clericalismo dei Madamini. Quindi niente Catechismo!”.
A tale presa di posizione ben “250 capi di famiglia” firmarono domande per il ripristino
dell’insegnamento e le inviarono al sindaco per il tramite del direttore didattico
senza sortire alcun esito positivo. Anzi, come si può leggere su “Il Nuovo Corriere”,
“Nell’avvicinarsi del novembre 1906 il Comitato per l’azione cattolica si rivolse al
Provveditore, proponendo come catechisti i parroci della nostra città”.56 Anche tale
iniziativa andò a vuoto tanto che lo stesso giornale doveva registrare il mancato
insegnamento fino alla fine dell’anno scolastico e doveva addebitare all’amministrazione
il mancato rispetto “della volontà dei cattolici arianesi”.
In vero di questo comitato o di una entità similare lo stesso giornale ne parlava
sul n° 9 del 28 luglio 1907 nell’articolo intitolato “Il Posto del Clero”, in cui l’autore,
evidenziando la discriminazione tra una parte sana e quella non sana del clero fatta
da Franza, sosteneva che i sacerdoti non condividevano affatto il programma del
sindaco socialista. Anzi precisava: “nell’ultima riunione tenuta il mese scorso votarono
un ordine del giorno che incaricava la Direzione diocesana per l’azione cattolica a
prendere gli opportuni accordi col comitato sorto appunto per combattere l’attuale
amministrazione, la quale ha fatto professione di ateismo”.57
Certamente non può vedersi in tale comitato l’esistenza o la formazione dell’Azione
Cattolica intesa come associazione di laici operanti per la difesa del pensiero cattolico
e della Chiesa in particolare. Anche in questa circostanza si trattava di sporadiche
iniziative in difesa del Vescovo, promosse soprattutto o esclusivamente dai sacerdoti;
non era il sodalizio che pure il pastore diocesano aveva auspicato che si formasse
quando nel 1896 formulò il Calendario Arianese per l’anno 1897.58
In esso D’Agostino riportò le iniziative da realizzare nell’anno entrante tra le quali
proponeva la costituzione dei Comitati Cattolici.59 Scriveva, infatti, che occorreva
per i cattolici essere vigili e pronti a difendere il cristianesimo contro i nemici che
attaccavano “la dottrina, la giurisdizione, i sagramenti, il culto e la pace della società
cristiana”. Tale difesa, sosteneva, “spetta ai Congressi Cattolici Parrocchiali e Diocesani,
che l’urgente bisogno, l’esempio felice di alcune regioni, gli ordini autorevoli del
sommo Pontefice vogliono fondati ovunque. E ad essi son chiamati i fedeli veri di
Cristo e della Chiesa, senza distinzione di classe, di censo, o d’istruzione: non sono
esclusi, che i nemici della fede, e i ribelli alla legge di Dio e della Chiesa”.
Di tali Congressi parrocchiali o diocesani non abbiamo traccia o testimonianza
alcuna almeno fino al 1908, anno in cui vedremo si formò il primo gruppo giovanile
denominato “Alessandro Manzoni”.
Alcune iniziative promosse per i laici cattolici avevano carattere di sporadicità e di
contenuto ricreativo come quello per i ragazzi, appunto definito Ricreatorio Cattolico,
che il 1° ottobre 1907 tenne una rappresentazione teatrale dinanzi al Vescovo e ad
“un numeroso e scelto pubblico”. Le cronache giornalistiche dell’epoca riferirono che
63) Ivi.
64) Archivio di A. Alterio, “La Lotta” , n° 6 del 16 febbraio 1908. Negli anni successivi, vedremo, si acuì lo scontro tra le
due chiese.
65) Ivi. Seguivano alcuni brani tratti dal capo 13° della prima lettera “Ai Corinzi” di S. Paolo.
66) ASDAL, cartella del vescovo D’Agostino. La preghiera continuava “Cessate da noi, o Signore Gesù, il disonore e lo
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Azione Cattolica ad Ariano
Il risultato delle elezioni amministrative tenutesi l’8 marzo 1908 diede la vittoria al Blocco
Popolare che ottenne 24 consiglieri, rispetto ai 6 conseguiti dall’altro schieramento.
In ogni caso ciò che contava si era, per la prima volta, formato un gruppo di cattolici
praticanti, i quali erano scesi in campo per fronteggiare lo strapotere dello schieramento
socialista, fortemente anticlericale.
Se vogliamo era un primo passo verso la completa formazione di un nucleo di laici
i quali sposavano la causa della Chiesa che, da Roma fino alle diocesi, dava continui
segnali di sofferenza per il dilagare del modernismo e delle idee socialiste. Non a
caso ancora una volta D’Agostino era costretto nella sua Relazione “ad limina” del
1909 a dovere segnalare le idee erronee diffuse dagli avversari della religione e
riferendosi al comportamento del popolo scriveva: “Generatim Populus huius Diocesis
fidem habet, sed non abundat scientia, neque operibus bonis. Qui studio colunt in
publicis scholis pietate carente et etiam fide: nonnulla eorum Clerum, Ecclesiam et
Religionem adversantur, praesertim qui socialistae vocantur. Quanta autem ab istis
perpessi sumus, Deus scit!”.69
E la Concistoriale nelle sue risposte apprezzava il lavoro intrapreso e svolto, ma non
mancava di insistere sull’associazionismo suggerendo “Satage ut adolescentes fidei
veritatibus praeceptisque christianae religionis sedulo instruantur, moltiplica laicorum
coetus queis cum sit caeteris castigatorum morum ac pietatis praebere exemplum”70
ed ancora “invigila christianam iuventutis institutionem, catholicas sodalitattes piosque
laicorum coetus pro viribus moltiplica”.71
Il programma del vescovo, come scrisse il canonico Pisapia, prevedeva anzitutto la
formazione “dei cuori all’amore ed alla pratica della religione” per preparare il terreno
“all’esterna azione cattolico-sociale; la quale suppone sempre convinzioni e costumi
schiettamente cristiani nelle persone che la dirigono, e si studia di promuoverli nel
popolo”.72
Non tardarono a formarsi quelle associazioni tanto sollecitate dalla Curia Romana e
tanto desiderate dallo stesso vescovo che nel 1911 provvide a benedirne le bandiere. Fu
proprio costui che in un opuscolo dal titolo “Tre Feste Straordinarie dell’Anno MCMXI”
fissò nella carta stampata il memorabile evento della consegna delle bandiere a tre
associazioni di ispirazione cattolica, formatesi negli anni immediatamente precedenti,
ossia il Circolo Giovanile “A. Manzoni”, l’Associazione Democratica Cristiana, l’Unione
Cattolica Agricoltori.73
Il Circolo Giovanile “A. Manzoni”
Il circolo “A. Manzoni” fu costituito negli ultimi giorni del 1908 e, fin dall’inizio, aveva
avuto l’adesione di molti giovani che, in osservanza dell’insegnamento evangelico,
intendevano realizzare un triplice “scopo: morale, istruzione, educazione fisica”.74
L’obbiettivo morale doveva “esplicarsi mediante la formazione del carattere, mediante
la carità, mediante l’aperta professione del cattolicesimo”. “Lo scopo istruttivo” doveva
“esplicarsi per mezzo di conferenze religiose, letterarie, scientifiche, per mezzo di
rappresentazioni filodrammatiche”; infine “lo scopo sportivo” doveva essere realizzato
scandalo delle relazioni pericolose con i nemici vostri e della Chiesa, che perfidamente attentano alla nostra felicità
temporale ed eterna. E per i vostri meriti infiniti, per l’intercessione della Madonna, degli Angeli e dei Santi tutti,
conservateci sinceramente cattolici nei pensieri, nelle parole e nelle opere, in vita ed in morte, nel tempo e nella
eternità. Così sia”. La preghiera portava la data del 18 gennaio 1903.
67) Archivio di A. Alterio, “Il Nuovo Corriere” n° 3 del 16 gennaio 1908. Nel n° 5 del 4 febbraio in una “Seconda lettera
aperta” diretta al Cav. Uff. Enrico Auceletti, candidato del Blocco, veniva rinfacciato ai socialisti di “divenire sacrestani
dei Protestanti”.
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AEQVVM TVTICVM
Azione Cattolica ad Ariano
una parte della chiesa più retriva e legata agli antichi privilegi. Scelse così la strategia
di dare spazio anche ai protestanti per meglio evidenziare certe contraddizioni nei
comportamenti dei cattolici e per questo ospitò sul suo giornale un articolo scritto
e firmato da Angelo Gabriele Riccio, seguace dell’Esercito della Salvezza.64
Costui, prendendo spunto da alcune accuse fatte dai cattolici ai socialisti per avere “dato
la mano ai protestanti” e per avere in tal modo aderito alla loro fede, trovò occasione
per rinfacciare agli accusatori certi comportamenti poco rispettosi dell’insegnamento
biblico. E scrisse: “Ma io dico a voi: Prendete la Via della Verità, come noi siamo la
Verità. Perché voi dite di essere di Dio, e non siete di Dio. Dite di essere Cattolici ed
Apostolici e non fate nulla di ciò che i Cattolici e gli Apostoli facevano…Il Vangelo
dice di far bene a quelli che vi odiano. Voi, invece, odiate e non siete di Dio, perché
vi manca la carità”.65
Franza non perdeva occasione per discreditare, ed ora poteva avvalersi di un nuovo
alleato che gli procurò anche dei consensi elettorali.
Da parte sua il vescovo fin dal 1903 aveva scritto una preghiera da rivolgere al
Signore perché liberasse il popolo “dall’orribile male del Protestantesimo, il quale,
odiando templi, altari, immagini, reliquie, arredi sacri, il Corpo ed il Sangue vostro
nell’Eucarestia e la parola divina rivelata alla chiesa ci vuole togliere la fiducia nella
preghiera, la consolazione ed il sollievo delle Indulgenze, il sacrificio della Messa, la
grazia dei Sacramenti, la protezione della Madonna, l’intercessione dei Santi, il suffragio
delle Anime del purgatorio e ciò col fine detestabile di abbattere la Chiesa, impedire
la santificazione delle anime, turbare la pace della coscienza e della società civile”.66
Ne raccomandò la recita a tutte le famiglie, concedendo anche un’ indulgenza
di 40 giorni; diede il seguente suggerimento ad ogni sacerdote: “nei giorni festivi,
posatamente e con voce alta e distinta, la reciti insieme al popolo, dopo la recita
delle Orazioni ordinate dal S. Padre, in fine della Messa”.
Ormai si andava spediti verso le elezioni amministrative che vedeva fronteggiarsi, in
Ariano, due schieramenti il Blocco Popolare di ispirazione socialista, capeggiato da
Oreste Franza e da Enrico Aucelletti, l’altro il Clerico- Moderato, vicino alla chiesa,
capeggiato da Francesco Errico e da Giuseppe Luparella. In entrambe le liste figuravano
tra i candidati due sacerdoti: nella prima il prof. Nicola Flammia, docente nel collegio
degli Scolopi, nella seconda Giuseppe De Leo.
Fu proprio costui che, durante il comizio tenuto il 9 gennaio 1908, rinfacciò ai socialisti
di essersi dato “il braccio con i protestanti” e “per vendetta contro il Clero” di essersi
“uniti a chi ha una religione e pur crede a Dio!”.67
Certo la presenza di Flammia nella lista eminentemente laica-socialista non era gradita
al vescovo che aveva intravisto nel suo comportamento una contrapposizione alle scelte
ufficiali della Chiesa ed al pastore diocesano, che lo aveva segnalato negativamente
nelle sue periodiche relazioni alla curia Romana.68
68) Flammia “rimase sospeso per alcuni mesi”, ma già nella relazione, trasmessa il 26 giugno 1909, il vescovo aveva
riportato che si era “alquanto corretto”.
69) ASDAL, Cartella del vescovo A. D’Agostino, “Dattiloscritto” c. p. 28, nota 48 riporta la “relationes ad Limina Arianensis”.
“Anno Domini MCMIX”.
70) ASDAL, “Dattiloscritto” c. p. 30 nota 52.
71) Ivi.
72) Mons. Emerico Pisapia, “Biografia di Mons. Andrea D’Agostino Vescovo di Ariano”. Ariano 1913, p. 44.
73) A. D’Agostino, “Tre Feste straordinarie dell’Anno MCMXI”. Ariano 1911.
74) Archivio della Chiesa di S. Agostino, “Verbali del circolo A. Manzoni”, anno 1909. “Seduta straordinaria del 21 ottobre
ore 11”.
75) Verbale del 5 dicembre 1909.
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D’Alessandro Sac. Giuseppe, i canonici Reverendo Capobianco ed Emerico Pisapia”.76
Dalla descrizione riportata nel verbale si evince che la cerimonia fu solenne, ma
molto semplice; fu presieduta dal vice presidente Pasquale Maresca. Il prof. Luigi
Fedele prese la parola per esprimere i suoi auguri e per fare la promessa “di bene
fare complimentando S. Eccellenza M. Andrea D’Agostino”.
Successivamente il vice presidente “con voce alta e vibrata espose le sue idee di calda
convinzione cattolica, piene di idee nobili, grandi di lotta per il bene della religione
contro di quelli che cercano ostacolarne il cammino glorioso. Concluse con augurio di
benessere del nostro circolo e di miglioramento sicuro che un giorno possa toccare
la meta prefissa”.
Non erano le solite parole di circostanza; appare in tutta la sua evidenza il vero
contenuto degli obbiettivi da raggiungere e delle motivazioni ideologiche che giustificavano l’esistenza del sodalizio: bisognava lottare contro coloro che apertamente
cercavano di ostacolare il diffondersi del vangelo e dell’insegnamento del vescovo e
dell’intera Chiesa.
Il segretario Leone D’Alessandro espose le successive iniziative e rivolgendosi al Vescovo ne chiese “la paterna protezione e benedizione”. Il pastore diocesano si limitò a
dare un breve saluto ed a formulare gli auguri dopo essersi compiaciuto per quanto
già svolto. Infine venne letto il telegramma inviato dal presidente dei Circoli Giovanili
meridionali, il quale scrisse: “Barone Lucarelli, dal Circolo G. A. Manzoni festeggiando
primo anniversario sua fondazione abbiasi sentimenti di viva testimonianza cattolica”.
Non mancarono i dolci ed il “vemuth” e “nel frattempo il grammofono eseguiva pezzi
svariati”;
Teodoro Grassi fece il brindisi di benessere al circolo, ai soci, a Sua Eccellenza ed al
prof. Fedele.
Gli scopi dell’associazione si andavano consolidando cosi come le attività degli iscritti
a beneficio di tutti i giovani; la filodrammatica, una delle sezioni in cui si articolava il
sodalizio, il 6 gennaio 1910 diede “una rappresentazione al pubblico colto di Ariano”.77
La rappresentazione fu preceduta da una relazione tenuta dal presidente del sodalizio
Lorenzo Schiavo “che in termini eleganti ed in stile molto chiaro” fece “comprendere al
pubblico lo scopo del nostro circolo e la necessità d’unire in forti nuclei i giovani per
farli tutti campioni della più nobile delle idee, della più sante delle cause: il trionfo
della religione di Cristo”.
Erano chiari gli intenti missionari, ma, soprattutto, era ben delineata anche la strategia
dell’azione apostolica da realizzare attraverso una crociata, fortificando la fede per
affrontare il nemico e per far trionfare la cristianità. In tali atteggiamenti e propositi
apparivano evidenti gli insegnamenti di D’Agostino che, come si è detto, aveva puntato
molto sulla istruzione e sulla preparazione dei giovani.78
La sezione “sociologica” curava la formazione attraverso l’assistente ecclesiastico, il
parroco Francesco Paolo Schiavo, che il 27 gennaio 1910 fece una relazione sul tema
“Il carattere giovanile”.79
Altra conferenza fu tenuta nel mese di febbraio da Leone D’Alessandro sulla vita di
76) Verbale del 13 dicembre 1909.
77) Verbale del 6 gennaio 1910.
78) Le sezioni filologica e filodrammatica erano presiedute dal prof. Luigi Fedele; direttore della filodrammatica era
Biagio Manganiello, nominato socio benemerito; dal verbale del 9 gennaio 1910.
79) Verbale n° 7 del 27 gennaio 1910.
80) F. Mazza, “Nuovo Diario Arianese” c. p.100.
81) F. Mazza, op. cit. p. 96. L’inaugurazione avvenne il 25 febbraio 1910. Ottavio era figlio di Felice, l’autore del diario
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Il Circolo Giovanile “A. Manzoni” - Fototeca T. Alterio
“mediante la ginnastica in un salone del seminario e delle passeggiate scientifiche e
storiche da farsi nel territorio di Ariano e fuori”.
Purtroppo per i primi mesi di attività del sodalizio non ci sono pervenuti i verbali dai
quali potere attingere notizie; il primo atto risale alla seduta assembleare del 21 ottobre
1909. In essa venne deciso di fare la prima gita, andando a Napoli “in occasione del
congresso cattolico giovanile meridionale stabilito per il mese di Aprile”. La riunione,
presieduta dal presidente onorario il prof. Luigi Fedele, si tenne nella sala S. Giuseppe
del seminario diocesano, alla presenza di 12 giovani su 35 iscritti.
Dal verbale della seduta tenutasi il 5 dicembre di detto anno apprendiamo che il giorno
13 dello stesso mese ricorreva il primo anniversario della costituzione del circolo e
per questo venne stabilito di fare “una piccola festa di famiglia”. Nella stessa seduta
si doveva dare lettura del regolamento del sodalizio, ma su proposta dell’assistente
ecclesiastico la discussione dell’argomento venne rinviata ad altro incontro.
Le norme organizzative prevedevano la nomina di un direttivo composto da un
presidente, da un vice presidente, da un segretario e da un sacerdote con l’incarico
di assistente ecclesiastico; per essere ammessi come soci occorreva il voto favorevole
degli iscritti ed il parere preventivo dell’assistente.75
La festa, come convenuto, venne celebrata nel giorno stabilito e, come si legge dal
verbale, furono invitati “S. Ecc. Mons. D. Andrea D’Agostino, benemerito fondatore
del nostro Circolo. Il Presidente Onorario Luigi Prof. Fedele, padre nostro affettuoso
che ci guida al bene, i Sig. Antonio Franza, Adinolfi Gaetano, Raffaele D’Agostino,
Amedeo Tedeschi. Il Sig. De Gennaro Sac. Costanzo, il Sig. Manganiello Biagio. Presenti
la maggioranza dei soci, l’Assistente Ecclesiastico Raffaele Abbatangelo, e l’Eccellmo
arianese.
82) Verbale n° 11. A tal proposito va detto che il 19 dicembre 1909 fu innaugurata l’illuminazione nel duomo, realizzata
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senza regolare giustifica” venivano “radiati dal Consiglio direttivo”.87
Gli obblighi non finivano lì, perché bisognava partecipare a tutte le solennità celebrate
dalla Chiesa ed essere presenti a quei riti e devozioni da questa disposta durante
l’anno liturgico o durante eventi particolari. Così fu per la processione “di S.Ottone
per ringraziamento dello scampato pericolo del terremoto avvenuto alle ore tre
antimeridiani del giorno stesso”, ossia l’8 giugno 1910.88
E tale data fu annotata negli annali dell’associazione per ricordare un evento particolare
“perché”, come fu scritto, “è la prima volta che il Circolo s’è manifestato apertamente
cattolico”.89 I soci, infatti, avevano partecipato “ufficialmente alla processione del braccio
di S. Ottone in ringraziamento dello scampato pericolo del Terremoto”90; parteciparono
il giorno 12 successivo anche “alla processione di penitenza delle SS. Spine del Nostro
Signore Gesù Cristo”.91
L’assemblea non trascurava certe formalità e perché tutto fosse in regola decise che
i soci dovevano munirsi di distintivi per i quali stabilì di versare una modica somma
per l’acquisto; stabilì anche di avere una bandiera e di fissare una data di consegna
ed inaugurazione del vessillo societario.92
La cerimonia fu preparata con grande cura ed impegno, tanto che furono sospese le
lezioni serali per gli operai; vennero provati i canti e tutti furono sollecitati “a volersi
preparare per la comunione e la confessione”.93
Pareva che tutto andasse per il verso giusto, se non che il Sottoprefetto diede
comunicazione che “per ragioni di ordine pubblico” aveva vietato la cerimonia della
consegna della bandiera fissata per il giorno 7 agosto.94
Le motivazioni del divieto erano da rinvenirsi nelle forti tensioni politiche che si
vivevano in città. Infatti il consiglio comunale, di recente rinnovato parzialmente,
non riusciva a portare a termine le sue sedute per il forte contrasto e clamore del
pubblico presente in aula. Tali atti di intolleranza erano provocati da gruppi opposti,
sostenitori taluni della maggioranza, capeggiata da Franza, altri della minoranza.95
Forse furono tali scontri di carattere politico che si riverberarono anche all’interno del
circolo “Manzoni” tanto che in assemblea venne discussa la proposta di espulsione
di ben 26 soci, “che sobillati da persone di partito”, si erano staccati dal Circolo “per
formarne un altro”.96 La proposta fu accolta all’unanimità dei presenti.
Altra occasione di contrasto venne generata dal fatto che presso il regio Ginnasio di
Ariano era stato costituito il comitato dell’associazione “Dante Alighieri” che, secondo
i soci del circolo “Manzoni”, stava facendo “la lotta sorda e traditrice” nei confronti
del loro sodalizio.97 I “manzoniani”, allora, inviarono una lettera aperta di protesta
al direttore di detto istituto, prof. Ciccone, nella quale accusavano sia costui che i
professori di “diffondere idee antireligiose e sovversive e di sopraffare e tiranneggiare
la coscienza dei giovani, che in tal modo venivano incoraggiati ad inveire contro la
chiesa e il potere costituito”.98
Naturalmente sia Ciccone che gli alunni del ginnasio reagirono a tale accusa, ma non
bastò perché l’eco della controversia arrivò fino al Ministero che provvide ad inviare
un ispettore delle Scuole Medie per svolgere un’inchiesta. A conclusione dell’indagine
il ministero inviava al Provveditore agli Studi di Avellino una lettera in cui dava atto
che “le accuse mosse a quel Ginnasio” erano “infondate e ispirate da fini di parte o
a spese del vescovo D’Agostino; l’illuminazione pubblica fu inaugurata il 27 maggio 1906.
83) Verbale n° 15 del 20 marzo 1910
84) Verbale n° 17 del 21 aprile 1910.
85) Verbale n° 16 del 6 aprile 1910. Confronta F. Mazza op.cit. p.158. Il circolo aveva anche partecipato con alcuni soci
alla “festa federale tenutasi fra i cattolici del Sannio a Benevento il 22 maggio 1910”, come si evince dal verbale n°
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Giordano Bruno alla presenza dell’avvocato Giovanni Bosco Lucarelli, fondatore di
un’associazione democratica- cristiana, che partecipò alle varie lotte politiche.80
L’assemblea, che veniva convocata periodicamente in seduta ordinaria ed, occorrendo,
in quella straordinaria, decideva l’ammissione di nuovi soci, la nomina delle cariche
sociali, provvedeva a realizzare le iniziative definite nel programma dell’anno, infine
adottava i provvedimenti sanzionatori a carico dei soci, che si erano resi inosservanti
di obblighi.
Anche gli eventi civili di particolare rilievo venivano solennizzati, così come avvenne
per “l’inaugurazione della luce elettrica”, che divenne l’occasione per discutere, in
assemblea, del progresso. Vari relatori presentarono l’importanza di questa nuova
energia che, installata nella sede sociale, avrebbe facilitato le attività del sodalizio. In
particolare Teodoro Grassi si soffermò sui benefici effetti prodotti dalle nuove invenzioni
ed “augurò con la luce materiale un risveglio potente nei consocii, riportando i loro
palpiti, i loro ideali di battaglia a quella luce eterna che non si spegnerà giammai”.81
Sullo stesso tono furono gli interventi degli altri soci Ottavio Mazza e Luigi De Paola,
i quali considerarono la compatibilità tra scienza e fede, mentre nel suo intervento
il vice presidente, tra l’altro, volle “infervorare gli animi ad essere cattolici convinti”.82
Il sodalizio si sviluppava sempre di più ed il direttivo pensò bene che fosse giunto il
momento per creare “una sezione operaia”; la proposta fu approvata all’unanimità nella
seduta del 20 marzo 1910.83 La sezione fu inaugurata il giorno successivo; durante la
cerimonia il presidente espose il programma “del circolo”, mentre Carchia si soffermò
a considerare i compiti “dell’operaio cattolico” ed il consigliere Grasso propose la
istituzione della “scuola serale”.84
Non veniva trascurata la partecipazione agli eventi societari organizzati dal direttivo
nazionale; il 29 marzo 1910 una delegazione, composta dall’assistente ecclesiastico
Raffaele Abbatangelo, il sacerdote Emilio Greco ed i soci Raffele D’Agostino, Leone
D’Alessandro, Nicola Durante, Benvenuto Carchia ed Ottavio Mazza, fu presente
in Napoli al quinto Congresso dei Giovani Cattolici del meridione. Di tale incontro
relazionarono in assemblea i soci Carchia e Mazza, i quali esposero i contenuti delle
idee e dei progetti presentati dai vari relatori.85
Nella seduta del 29 maggio 1910 l’assemblea decise di creare anche una “cassa di
risparmio” ovvero un fondo a cui dovevano contribuire tutti i soci con una somma
individuale non “minore di centesimi quindici a scopo di facilitare la partecipazione
a feste e gite sociali”.86
Era obbligatorio per i soci partecipare alla celebrazione della messa che si teneva
durante “Ogni festa di precetto nella cappella del Circolo.. alle ore 11 e 1/2”, in mancanza
“Quelli dei soci che non assistono alla messa domenicale per tre volte consecutive
25 del 23 maggio 1910.
Verbale n° 26 del 29 maggio 1910.
Verbale n° 27 del 5 giugno 1910.
Verbale n° 28 del 7 giugno 1910
Verbale n° 29 del 9 giugno 1910.
Verbale n° 30 dell’ 8 giugno 1910.
Verbali n° 31 e n° 32 dell’11 e 12 giugno 1910.
Verbali n° 34 e n° 35 del 3 e 10 luglio 1910. La somma da versare era pari a lire 0.75. Per la cerimonia di consegna
della bandiera fu invitato a tenere i discorso ufficiale l’avv. Marino di Bari.
93) Verbale 39 del 31 luglio 1910. Fu disposto anche di acquistare un garofano “per l’occhiello” ed i soci furono incitati
“a mostrarsi educati, rispettosi verso i superiori e soprattutto puliti sempre”.
94) Verbale n° 41 del 7 agosto 1910.
86)
87)
88)
89)
90)
91)
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loro impartita “da giovani e sacerdoti volenterosi”.
Monsignor D’Agostino chiuse gli interventi parlando “della vita esemplare e cristiana
di Alessandro Manzoni additando la figura del grande scrittore come esempio da
seguirsi dai giovani”.
L’assemblea venne sciolta dopo avere cantato “l’inno della Democrazia cristiana, con
accompagnamento del pianoforte”.
Uno degli obbiettivi, si è detto, era la formazione catechistica che ora doveva essere
svolta soprattutto tra gli operai sempre più affascinati dalle idee socialiste e poco
inclini alla pratica religiosa. Così venne stabilito di sospendere le lezioni serali del
venerdì “per recarsi alla Chiesa di S. Anna a sentire la predica di S.E. Monsignore”; a
sua volta l’Assistente Ecclesiastico informò che avrebbe tenuto “delle piccole conferenze
su questioni religiose”.107
Il 1911, come vedremo, fu un anno particolarmente importante per la vita del sodalizio,
che assunse iniziative di natura sociale e politica. Fin dal mese di gennaio venne deciso
di mettere a disposizione della Società Democratica Cristiana una sala del circolo per
consentire “al novello sodalizio” di operare “per il trionfo dei comuni ideali”.108
Venne anche istituita con apposito “atto legale” una sezione Sport con lo scopo “di
fare gite istruttive e ginnastiche nell’Agro di Ariano, e continui e regolati esercizi fisici
per fortificare il corpo”.109
Gli incontri erano sempre occasione di approfondimento di temi religiosi o di morale
con relazioni presentate dagli stessi soci, dall’assistente ecclesiastico o da conferenzieri
appositamente invitati.110
Con l’approssimarsi della primavera cresceva l’entusiasmo e l’impazienza per la
celebrazione della festa della bandiera, già una volta rinviata ad altra data per
intervento delle autorità. Il programma doveva essere sviluppato in due giorni (30
aprile e 1° maggio) con il coinvolgimento dell’intera cittadinanza e con manifestazioni
religiose e laiche.111
Nei verbali del 30 aprile e del 1° maggio non solo furono minuziosamente descritte
le singole e numerose cerimonie ed attività di svago, ma vennero riportate anche
alcune considerazioni politico-religiose emerse dall’avvenimento.
Ecco allora che leggiamo:
-”Giorno solenne questo in cui i nostri diritti di cattolici e di credenti sono stati ancora
una volta riaffermati pienamente dal plebiscito unanime del popolo, che ha voluto
rendere omaggio ai nostri 3 gloriosi e sfavillanti vessilli, e dai lontani e vicini fratelli
di Cristo, i quali son corsi lieti e baldanzosi a porgerci il loro saluto e la loro parola
d’amore. Questa data memorabile dovrà essere scolpita a lettere d’oro nei fasti della
95) G. Grasso, op. cit. p. 77.
96) Verbale n° 40 del 5 settembre 1910. La seduta era straordinaria; la proposta fu fatta dal socio Mazza. Nel verbale
n°41 si legge, a tal proposito, che il presidente aveva stigmatizzato “l’operato dei soci” che si erano allontanati “dal
Circolo” perché disse “insinuati dai nostri avversari”.
97) Verbale n° 18 del 36 aprile 1910.
98) Dal giornale “L’Irpinia Nuova” num. 22-23 di Sabato 17-24 settembre 1910.
99) Ivi. Nella lettera veniva fatto l’elogio ai promotori della sezione della “Dante Alighieri”, che si proponevano di
“accendere nelle tenere menti dei giovani fiamme di pura idealità e nobili sentimenti d’italianità”.
100) Verbale del 2 ottobre 1910. L’operatività del segretariato fu rinviata per mancanza di soci idonei.
101) Verbale del 23 ottobre 1910. In risposta il presidente, il socio Carchia e l’assistente ecclesiastico gli rivolsero gli auguri,
i saluti ed il compiacimento per “il grande amore mostrato durante la sua permanenza in Ariano per la difesa della
religione di Cristo”.
102) Il verbale venne sottoscritto da Teodoro Grassi allora presidente.
103) Verbale dell’11 dicembre 1910.
104) Verbale del 13 dicembre 1910.
105) Ivi.
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da animosità personali”.99
Nel campo delle attività sociali il circolo non si limitò alla istituzione della scuola serale
per i lavoratori, ma, su proposta del Presidente, si fece promotore di un “Segretariato
del popolo”, che fosse composto da giovani studenti. Costoro dovevano “prestare
aiuto agli operai, scrivendo loro lettere per l’Estero, domande ad autorità superiori,
consigli se del caso e simili”.100
Intanto la formazione continuava, anzi il presidente fece in modo che ogni domenica
fosse tenuta una conferenza. Purtroppo i giovani, giunti alla maggiore età erano talvolta
costretti ad allontanarsi da Ariano per rispondere alla chiamata alle armi. Toccò al socio
Mazza il quale, durante la festa di saluto il 23 ottobre del 1910, ringraziò gli amici e
li esortò “a combattere ed a perseverare contro i nemici della religione cristiana per
il conseguimento” del loro ideale.101
Una delle sedute assembleari di particolare rilievo fu quella tenuta il 27 novembre
1910; in tale occasione si decise la riammissione di alcuni ex soci in precedenza
espulsi e venne presentato il programma per celebrare il secondo anniversario della
costituzione del sodalizio.102
Intanto i rapporti con gli organi nazionali si consolidavano attraverso l’iscrizione del
circolo “nell’elenco di tutti gli altri Circoli Giovanili dell’Italia” che scelsero come Direttore
Generale l’avvocato Bosco Lucarelli.103
La celebrazione del secondo anniversario della costituzione del circolo avvenne
il 13 dicembre alla presenza del vescovo D’Agostino e di “soci onorari, le famiglie
dei soci e molti operai invitati direttamente dal Vice Presidente”.104 La cerimonia fu
preceduta dall’esecuzione dell’inno “al Garofano Bianco”, cantato da tutti i soci “con
accompagnamento del pianoforte suonato dal socio De Donato”, a cui fece seguito
il discorso tenuto dal vice Presidente. In particolare l’oratore, come venne riportato
nel verbale, fece: “risaltare tutto ciò che c’è di turpe e di obbrobrioso nella lotta sorda
ed incessante dei nostri avversari che pervertono e fanno imputridire le coscienze di
coloro che essi riescono a trarre a loro”.105 Infine, prendendo spunto dagli scopi del
movimento cattolico, rappresentò la necessità di lottare “per sostenere il comune
ideale…. per debellare i nostri nemici”.106
Fece seguito l’intervento del vice segretario De Simone così verbalizzato: “mette in
confronto la nostra opera moralizzatrice con le meno ambiziose dei socialisti e di tutti
quelli che si proclamano pionieri di novelle idee. Dice che cura speciale che dobbiamo
avere è quella di redimere moralmente e materialmente le coscienze degli operai che
accogliamo tra noi, per far loro formare una coscienza che valga a tenerli forti contro
le mire ingorde del socialismo in ispeciale”.
Tali idee erano in perfetta linea con il pensiero della Chiesa in generale e con quelle
del Vescovo in particolare: il nemico da battere rimaneva l’ateismo ed il socialismo.
Il socio D’Alessandro fece il resoconto delle iniziative e delle attività già realizzate,
soffermandosi, in particolare, sull’ingresso nel circolo degli operai e sulla istruzione
106) Ivi. L’oratore, “frequentemente interrotto da applausi vivissimi”, rivolse il saluto al Vecovo al quale chiese il suo
costante aiuto.
107) Verbale del 18 dicembre 1910. Fu rinviata la discussione sul regolamento della cassa di previdenza operaia e venne
disposto l’acquisto di diverse copie del giornale “Araldo Cattolico” nel quale era descritto il santuario di Lourdes.
108) Verbale del 6 gennaio 1911. Nella stessa seduta il socio D’alessandro parlò sulla “turpe opera della Massoneria”.
109) Verbale del 22 gennaio 1911.
110) Verbali del 22 e del 29 gennaio e del 26 marzo 1911.
111) Verbale del 23 e del 28 aprile 1911.
112) Verbale del 30 aprile 1911. Porta la seguente intestazione: “Solenne benedizione dell Bandiere delle Associazioni
Cattoliche: Circoli Giovanili Manzoni, Associazione Democratica Cristiana; Unione Cattolica Contadini”.
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nostra travagliata ma vittoriosa vita, poiché abbiamo mostrato ai vili avversari quali
e quante siano le balde falangi cattoliche, riunite tutte sotto lo scettro del Biondo
Nazareno, che da’ forza e novello vigore ai soldati fedeli che combattono per la sua
sublime fede e mantengono alto ed intemerato il suo nome.”
-”Né i meschini e debellati avversari si sono astenuti dall’intimorire con chimeriche
minacce gl’invitati forestieri per non farli accorrere numerosi in mezzo a noi. Ma le
fosche manovre sono approdate a ben poco, poiché si sono smascherate le vigliacche
ed inutili manovre”.112
‘E un linguaggio molto forte che sta ad indicare la particolare veemenza della lotta
tra gruppi, appartenenti ad ideologie completamente opposte, i quali non lasciavano
niente di intentato per prevalere o per discreditare l’altra parte.
I discorsi ufficiali furono tenuti in piazza S. Francesco; i vari oratori incentrarono i loro
interventi non solo per esprimere il compiacimento alle tre associazioni, ma per dare
risalto agli ideali perseguiti dai sodalizi rivolti alla redenzione umana. In particolare
l’avv. Gennaro De Simone nel suo applaudito intervento espresse gli auguri per un
proficuo lavoro ed incitò in modo particolare i giovani a perseverare concludendo
con le seguenti parole: “L’avvenire è della democrazia, la quale ci troverà sempre in
prima linea, perché i concetti più democratici furono segnati nel Vangelo di Cristo.
Ben venga il suffragio universale; noi siamo per nostra missione e resteremo in mezzo
al popolo, quest’arca dell’unità d’Italia”.113
In queste ultime affermazioni si può cogliere il vero significato della manifestazione:
si trattava di dare un segnale di presenza attiva nella società con gli ideali cattolici
che promanavano dal nuovo atteggiamento assunto dal Papa e da tutta la Chiesa
nei confronti della politica e della gestione della cosa pubblica.
Sulla stessa linea si pose l’intervento dell’avvocato Marino, proveniente da Bari, il
quale pose in evidenza “il patriottismo dei cattolici” e “rivendicò a costoro il diritto di
proclamarsi patrioti veri e coscienti, ricordando a proposito dell’attuale ministerialismo
socialista” che i veri traditori furono proprio i militanti della sinistra.
L’avvocato Bosco Lucarelli portò il saluto delle associazioni di tutte le Regioni, nella
sua qualità di presidente, mentre l’ingegnere Durante, a nome delle tre associazioni
locali, ringraziò tutti gli intervenuti soprattutto i circoli forestieri e quelli cittadini che
non avevano fatto mancare il loro calore ed il loro plauso.114
In cattedrale fu celebrata la cerimonia religiosa con l’intervento del vescovo D’Agostino
che espresse il suo incoraggiamento “alle novelle associazioni” e benedisse le bandiere
presentate da tre madrine le signore Cozzo, Errico e Sgobbo mentre tutti cantavano
l’inno del “garofano bianco”.
Poi “Dal Duomo uscì il corteo interminabile, imponentissimo, composto da circa
6mila persone”, che percorse tutte le vie cittadine: P. P. Parzanese, S. Nicola, S. Angelo,
Conservatorio, Rampa Municipio, Piazza del Duomo, Piazza Plebiscito, Rodolfo D’Afflitto,
Piazza Ferrara, Calvario, Mancini” per sciogliersi “in Piazza Plebiscito”.115
La festa fu preparata in tutti i particolari per dare una immagine di compattezza,
di capacità organizzativa e, se si vuole, di forza a dispetto dei denigratori e degli
113) Ivi.
114) Furono presenti oltre i rappresentanti dei circoli dei paesi della diocesi, anche quelli di Bari, Napoli, Benevento e
Foggia.
115) Il corteo “si svolse nell’ordine seguente: Ricreatorio Cattolico-Ariano, Concerto Musicale di Orsara, Circolo ManzoniAriano, Associazione Democratica Cristiana Ariano, Società di Mutuo Soccorso-Ariano, Società S.Egidio-Melito,
Società Operaia di Greci, Società S.Rocco-Monteleone, Società Cattolica-Castefranco, Società Operia-Buonalbergo,
Società Operaia Montecalvo, Associazioni Cattoliche di S. Lucia, Pescolamazza e Fragneto Manforte, Associazioni
Cattoliche Beneventane, Direzione Diocesana, Sezione Giovani dell’Associazione Democratica Cristiana, Ricreatorio
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avversari; ed allora: “dai balconi dalle terrazze dalle finestre giù una pioggia multicolore
di cartellini e fiori, e in ogni parte archi trionfali, applausi interminabili, grida giulive
che uscivano da mille petti. Un cielo ridente, senza nuvole, un sole radiante pareva
prendessero anche loro a quella festa di fratellanza e d’amore”.116
Non furono trascurati gli atti di carità verso i poveri perché il giorno successivo, il
primo maggio, “nell’atrio del palazzo vescovile furono distribuiti 300 pani”. La festa dei
lavoratori divenne occasione di incontro con gli operai nella sala del teatro, durante
il quale l’avvocato Marino tenne il suo discorso ufficiale. Costui fece prima una forte
reprimenda nei confronti del governo socialista per avere tradito “il proletariato” e per
avere danneggiato il popolo facendo tresca con i borghesi, poi espose il programma
dei cattolici i quali, a suo dire, erano vicini al popolo, lottavano “per il popolo, per la
libertà e l’indipendenza d’Italia sotto lo scettro di casa Savoia”.
Lo stesso oratore, di sera “innanzi ad uno sceltissimo pubblico di signore e di signorine”,
parlò sull’Unione delle Donne Cattoliche, evidenziando la necessità e l’urgenza di
costituire anche in Ariano tale Associazione “per attuare a fianco delle organizzazioni
maschili il grande programma sociale-cristiano”. Si soffermò a considerare il ruolo delle
donne cattoliche nella famiglia e nella società, esortando le presenti “ad annunziare
il Cristo risorto alla novella generazione”, infine fece leggere “lo Statuto dell’Unione
delle Donne Cattoliche”.
Il verbale della manifestazione oltre la notizia che “seduta stante, si formò il Comitato
provvisorio di detta Unione” riportò anche le seguenti considerazioni: “La splendida festa
si chiuse colla nascita della nuova Istituzione, e così le organizzazioni maschili, strette
in saldo vincolo con quella testè sorta, lavorando di comune accordo, prepareranno
al popolo di Ariano un’era novella che lo avvieranno a migliori destini, sulla via della
redenzione morale ed economica”.117
I toni non erano solo celebrativi, ma erano incitativi e ed esortativi a combattere
i nemici della cristianità; in effetti si preparava una vera crociata per debellare gli
avversari della fede ed i giovani si sentivano “falangi del Cristo Redentore”, secondo
le parole dell’inno.
Era la risposta che si attendeva il Vescovo D’Agostino dopo avere tanto operato per
preparare il terreno adatto e fecondo alla diffusione delle idee sociali e religiose
professate dalla Chiesa. Basti leggere la soddisfazione espressa nel suo opuscolo dal
titolo “Tre feste dell’anno MCMXI” nel quale scrisse: “I vessilli due volte sacri, per la
Benedizione del cielo, e per il segno augusto della Croce impresso in essi, passarono
fra l’ovazione continua del popolo cristiano; che fu contento oltremodo e felice di
quella dimostrazione di fede contro il grave e prolungato scandalo degli empii, che
Festivo S.Benedetto, Cassa Cooperativa Democratica Cristiana, Cassa Cattolica S.Bartolomeo Apostolo, Associazione
Democratica Cristiana, Circolo Giovanile de La Salle, Fascio Giovanile Cattolico, Consiglio interregionale gioventù
cattolica, Circolo Giovanile Bari, Circolo Manzoni-Foggia, Associazione Giovanile-Napoli, Invitati Ariano, Cassa Cattolica
S.Ottone-Ariano, Unione Cattolica Agricoltori-Ariano”.
116) Ivi. Durante il banchetto, servito da Giuseppe Capobianco per 60 commensali, furono letti i telegrammi “del conte
Gentiloni, del conte Caracciolo di Vieti” e di alcuni soci assenti da Ariano. Dopo vari brindisi augurali, l’avvocato
Erminio Ciccarelli “salutò gli intervenuti dichiarandosi ammirato dell’entusiasmo sincero che i medesimi portano nello
esplicamento dell’azione cattolica, a differenza di quelli che predicano alle turbe non sentite né digerite teoriche,
perturbatrici dell’ordine”.
117) Era nato in tal modo anche la sezione femminile dello stesso sodalizio.
118) Mons. Andrea D’Agostino, vescovo di Ariano, “Tre feste Straordinarie dell’anno MCMXI”, Ariano 1911, p.5.
119) Ivi, p. 8.
120) Verbale del 15 maggio 1911. L’Enciclica fu firmata con la data del 15 maggio 1891. In essa il Papa confutò, tra
l’altro, la teoria dei socialisti sulla “comunanza dei beni”, per proporre la collaborazione di tutti nella soluzione dei
problemi sociali sulla scorta dell’insegnamento evangelico fondato sulla carità e sulla disponibilità verso gli altri.
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avevano umiliata e contristata la città delle sacratissime Spine e di S. Ottone”.118
Per il prelato diventava il coronamento di un duro lavoro, che, come si è detto in
precedenza, veniva richiesto dalla Santa Sede al fine di fare trionfare il Vangelo e
l’insegnamento del Cristo. Per questo non mancò di sottolineare nel suo scritto: “Questa
dimostrazione, tanto attesa e desiderata, era necessaria contro le indegne mene di
coloro che si professano seguaci e promotori di apostasia, spiritismo, empietà ed
ateismo: i quali, con un’assurda libertà di pensiero, pretendono imporre la malvagità
loro agli altri”.
Anche nel discorso, tenuto durante la cerimonia della benedizione, D’Agostino invocò
l’aiuto del Signore perché i vessilli mantenessero il loro immacolato candore, non
nascondessero “tra le loro pieghe il tradimento o la perfidia”, ma soprattutto fossero
sempre simboli di vittorie in nome dell’emblema su essi dipinto, la croce, perché “In
hoc signo vinces”.119
Chiusa una importante fase della vita sociale, il circolo riprese le sue attività di
formazione e di approfondimento degli insegnamenti della Chiesa come avvenne per
l’enciclica “Rerum Novarum”. Di tale lettera scritta da Papa Leone XIII il socio Leone
D’Alessandro, relatore, evidenziò gli aspetti più salienti: la questione sociale, la difesa
dei lavoratori per migliorarne le condizioni economiche e morali, la creazione di
strumenti di solidarietà a sostegno e tutela degli operai e la nascita delle associazioni
cattoliche.120
Nel circolo non mancavano i problemi societari che si evidenziavano allorquando i soci
non partecipavano alle manifestazioni senza giustificato motivo o non osservavano le
norme regolamentari e statutarie. In riferimento proprio a tale ultima inadempienza
fu proposta la radiazione dall’albo del socio Lo Conte Salvatore perché facente parte
“dell’Associazione Democratica Cristiana”.121 Ciò significava che l’iscrizione contemporanea
al circolo ed al partito politico, sia pure di ispirazione cristiana, creava l’incompatibilità.
Altro aspetto della vita sociale che si evidenziò fu quello sollevato nella seduta
assembleare dell’11 giugno 1911 dal socio D’Alessandro il quale chiese l’approvazione
di un ordine del giorno riguardante la soluzione di un problema organizzativo. A
seguito dello “sviluppo sempre crescente delle Associazioni cattoliche di Ariano” si
rendeva necessario dare “una direttiva unica ed efficace, per non fare avvenire la
dispersione delle singole iniziative”. Pertanto fu chiesto l’intervento dell’Ordinario “per
la formazione di una Direzione diocesana locale” che potesse meglio coordinare tutte
le attività promosse.122 La proposta venne approvata all’unanimità.
Intanto i contatti con la Direzione della Gioventù Cattolica Italiana erano frequenti
e tendenti a migliorare i rapporti societari anche attraverso la “tessera di riconoscimento” con la quale si potevano ottenere “speciali agevolazioni, sia per viaggi, che
per visitare musei, biblioteche ecc.”.123
Gli approfondimenti di problemi spirituali e delle idee di altre religioni erano frequenti;
una delle conferenze su tali argomenti scaturì dal fatto che “il minuscolo socio Galasso”
si era “convertito da protestante a cattolico”. Fu costui a tenere “una bella conferenza
sugli errori degli anglicani protestanti” soffermandosi anche sul problema della
“confessione” che, come sostenne, non doveva essere considerata “una invenzione
Aveva anche approvato l’opera delle associazioni cattoliche soprattutto di quelle che facevano “ogni sforzo per
migliorare onestamente le condizioni degli operai”.
121) Verbale del 18 maggio 1911.
122) Verbale n° 17.
123) Verbale del 18 giugno 1911. La tessera aveva il costo di £.0,30. Nella stessa seduta si decise di inviare un telegramma
di protesta “alla Gioventù Cattolica di Fabriano, per un vile assalto che gli anticlericali fecero al corteo della processione
del Corpus Domini”.
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dei preti bensì una istituzione divina”.124
Se la partecipazione a cerimonie religiose, a feste ed a processioni era un obbligo che
i soci non potevano eludere, la presenza nei comitati per l’organizzazione delle feste
in onore delle Sante Spine veniva richiesta solo ai dirigenti del circolo.125 Anche alle
manifestazioni patriottiche era assicurata la presenza dell’intero circolo, come avvenne
per il corteo organizzato “pro Tripoli a cui intervenne il Sodalizio col vessillo”.126
L’Italia stava combattendo la guerra contro la Turchia sul suolo libico; i nostri
concittadini, furono chiamati alle armi e parteciparono agli scontri; purtroppo molti
morirono a Sciara-Sciat.127 In suffragio delle anime dei caduti venne celebrato in
cattedrale “un solenne funerale” con la partecipazione di “tutte le autorità Civili e
Militari ufficialmente e le Associazioni Cittadine con i relativi vessilli tra i quali anche
quello del circolo “Manzoni”.128
Intanto il tre dicembre 1911 venne celebrato il cinquantesimo anniversario della
ordinazione sacerdotale del vescovo D’Agostino con una cerimonia svolta nella Cattedrale
alla presenza di autorità civili e militari e con la partecipazione delle associazioni. Il
circolo partecipò con tutti i soci preceduti dal vessillo e rese tangibile la sua gratitudine
e deferenza al venerabile pastore consegnandogli un dono.
L’Unione Donne regalò un ricchissimo ombrello bianco per processione ricamato
in oro e seta, accompagnandolo con una lettera in cui tra l’altro era scritto: “Noi
(figli) siamo orgogliosi e felici di avere un Pastore, che alla fermezza di carattere, alla
rettitudine d’intenzione sovrana giunge un vivo desiderio di promuovere la gloria
di Dio sulla terra. Tutte le Donne cattoliche ci stringiamo intorno a V.E. Rev.ma nello
spirito della preghiera e vi umiliamo reverente, affettuosa la nostra devozione filiale
che sempre crescerà a darvi consolazione per il bene che vorremo fare a tutti mercè
la guida vostra sapiente”.129
Le ricorrenze non passarono inosservate; il circolo “Manzoni” festeggiò il terzo
anniversario di costituzione il 17 dicembre del 1911 alla presenza del Vescovo e delle
altre associazioni cattoliche: Democrazia Cristiana, Unione Donne e Lega Contadini,
“nonché una buona rappresentanza del Clero Cittadino”.130
Il discorso ufficiale fu tenuto da Teodoro Grassi il quale fece “un’elaborata conferenza dal
titolo La Formazione del Carattere Giovanile” in cui evidenziò la necessità di costituire
sodalizi come il loro per la diffusione delle idee cattoliche. Poi lo stesso oratore rivolse
il suo ricordo a quanti stavano combattendo sul suolo africano, cogliendo l’occasione
per “far notare l’azione indegna e antipatriottica” organizzata dai “socialisti dell’Alta
Italia a spegnere ogni sentimento patrio nell’anima dei fratelli” i quali lottavano “in
nome di un diritto inviolabile”.
Non mancava, come si nota, l’attacco ai socialisti considerati disfattisti ed antinazionali.
Il vice presidente, nella stessa ricorrenza, intervenne per sottolineare gli obbiettivi
raggiunti nel triennio e per evidenziare gli avvenimenti più salienti dell’anno in corso
per poi presentare il programma relativo all’anno successivo, “proponendo una più
124)
125)
126)
127)
128)
129)
Verbale del 18 giugno 1911.
Verbale del 16 luglio 1911. Rappresentarono il circolo il presidente ed il socio Leone D’alessandro.
Verbale del 29 ottobre 1911.
Felice Mazza, op. cit. pp. 480-482.
Verbale del 23, 29 e 3 dicembre 1911. Officiò il vescovo D’Agostino.
ASDAL, Cartella del vescovo D’Agostino. Giornale “Giubileo Sacerdotale di S.E. Monsignor Andrea D’Agostino 1
dicembre 1861-1 dicembre 1911”, numero unico. Ariano 10 dicembre 1911.
130) Verbale del 17 dicembre 1911.
131) Ai discorsi seguì una rappresentazione teatrale: un dramma ed una commedia brillante. Dal verbale si legge: “qualche
ora dopo si riuniscono in allegra comitiva vari giovani della filodrammatica, che con gentile pensiero offrono un
vermuth e paste d’onore al Direttore di scena, Armando Sgobbo”.
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larga azione delle Associazioni Cattoliche mediante una Direzione Interdiocesana”.
Infine, rivolgendosi al vescovo, gli espresse la gratitudine di tutti per il “valido, costante
aiuto” sempre concesso.131
Purtroppo molti soci erano costretti ad allontanarsi da Ariano per motivi di studio o
per adempiere all’obbligo del servizio militare in tempi durante i quali era in corso una
sanguinosa guerra. Tale evento bellicoso era diventato anche materia di approfondimento
in alcune conferenze come in quella tenuta dal socio Luigi De Paola dal titolo “Epopea
della guerra”. L’oratore, dopo avere rievocato i soldati caduti a Sciarasciat “per la gloria
d’Italia”, richiamò la celebrazione fatta da alcuni poeti, D’Annunzio, Pascoli, Serao e
Ada Negri, che avevano inneggiato alla magnifica impresa.132
Sottolineò il comportamento tenuto dai soldati cattolici che portavano ai feriti “la
loro parola di conforto e di fede”; chiuse con un incitamento ai giovani presenti “a
cooperarsi col cuore, col braccio, colla mente, per il bene e la prosperità della gran
madre comune”.
La guerra combattuta in nome della patria era fortemente sentita e condivisa dai
più come eloquentemente si desume dal manifesto, sottoscritto dalle tre associazioni
cattoliche (Democristiana, Manzoni ed Unione Agricoltori).133 In esso fu rivolto un
saluto ai soldati i quali rientravano nella terra natia dalla lontana Libia e vennero
espressi i sentimenti, allora molto ricorrenti, della necessità di difendere la cristianità
con ogni mezzo. Per questo, tra l’altro, fu riportato: “La guerra Tripolina non è guerra
santa, non è nessuna delle otto gloriose crociate: ma nel centro del Patrio Vessillo è
segnato lo scudo crociato del Beato Amedeo di Savoia; il trionfo d’Italia è trionfo contro
la mezza luna; è la bandiera cristiana che discaccia il verde vessillo diffalcato. Tutto
ciò contribuì a far convergere su di voi, o soldati, il più feroce sdegno arabo-turco.
E noi, non solo per sentimento di italianità e con cittadinanza, ma anche sentiamo
il dovere di festeggiarvi quali cristiani cattolici vittime di un furore anticristiano”. Era
lontano il tempo del pacifismo.
Intanto all’interno del sodalizio Manzoni sorgevano nuovi contrasti dovuti alla costituzione
di un circolo studenti che, come venne precisato nella seduta del 4 agosto 1912, era
“il preludio ad una più vasta associazione tra gli studenti”.
Il circolo stava trascorrendo un periodo di crisi desumibile dalla scarsa attività, che
durante l’anno 1913 diventò quasi nulla come possiamo rilevare da quanto venne
dichiarato nel verbale del 12 febbraio 1914.
In esso il verbalizzante dava atto proprio di tale inerzia e scriveva: “riunitasi l’assemblea
dei Socii per inaugurare il nuovo anno sociale dopo un periodo bastantemente lungo
di inazione e di torpore per la chiusura dei locali dopo la morte del compianto Pastore
Mons. D’Agostino”.
Sono chiare le motivazioni dello scarso impegno; D’Agostino era stato l’ispiratore, il
sostenitore e se, vogliamo, il tutore del circolo contro qualsiasi attacco sia interno,
sia esterno. La sua morte, avvenuta il 13 febbraio 1913, fu preceduta da una malattia
che si protraeva da alcuni mesi e che lo aveva fiaccato tanto da renderlo incapace
132) Verbale del 14 luglio 1912.
133) Felice Mazza, op. cit. pp. 477-478. Il manifesto era datato 19 settembre 1912.
134) Verbale del 12 febbraio 1914. In tale documento venne riportato anche l’intervento dello “studente in legge
Teodoro Grassi” che si dichiarò contrario alla proposta di legge parlamentare di dare la “precedenza del rito civile al
matrimonio religioso”. Venne approvato un ordine del giorno da inviare all’on. Caputi, deputato del nostro collegio,
“perché facendosi interprete dei sentimenti dei suoi elettori, esprima il suo no al progetto iniquo”.
135) Ivi.
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di partecipare a cerimonie di vario tipo, costretto com’era a soggiornare a Napoli.
Con la sua scomparsa dalla scena terrena si chiuse una fase della vita religiosa
ed in parte di quella politica della nostra città. Ovviamente i gruppi organizzati di
ispirazione cattolica vissero alcuni attimi di smarrimento, avendo perduto colui che era
stato il loro riferimento ideologico, il loro promotore spirituale ed il loro sostenitore
economico e morale.
In proposito è sufficiente leggere quanto venne riportato nel verbale dell’assemblea
tenutasi il 12 febbraio 1914: “Indi lo studente Luigi De Paola si levò per commemorare
il defunto Mons. D’Agostino, da un anno passato a miglior vita: il primo e il più grande
benefattore e benemerito del Sodalizio, che incoraggiò e protesse in ogni modo e
in tutte le sue esplicazioni. Fu per lui che si ottennero i locali del Seminario, fu per
lui che il circolo avviò i suoi primi passi e in Mons. D.Agostino i giovani del Circolo
trovarono sempre il padre, l’amico, il mecenate più efficace”.134
E non era dovuto al caso se si era verificato nel circolo un lungo periodo di pausa
nelle iniziative e nella realizzazione di un programma sia pure in dimensioni ridotte.
Ma, dopo l’iniziale smarrimento, bisognava rimboccarsi le maniche e ripartire così
come fu scritto: “parlò efficacemente il Vice-Presidente Leone D’Alessandro delineando
il programma che il sodalizio avrebbe svolto nel nuovo anno, riapertosi con prolungato ritardo, estraneo alla volontà di ciascuno, ma senza dubbio con nuovo ardore
di rimettersi in cammino e riconquistare il terreno perduto”.
Ed il nuovo stava per essere avviato in linea con un diverso modo di affrontare la
società civile e di essere cattolici militanti. Intanto in detta seduta venne proposta
la formazione della sezione “filarmonica” che avrebbe dovuto “completare la filodrammatica già bene avviata”, ma ciò che “riscosse sinceri applausi” fu l’affermazione
di D’Alessandro “che dal Circolo doveva esulare la brutta megera della politica, che
dissolve e manda a monte ogni buona istituzione, precipuamente di gioventù”.135
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La Maiolica di Ariano
Anteprima
La Maiolica di Ariano1
- Note Antropologiche di Antonio D’Antuono
I
l Museo Civico e della Ceramica di Ariano si inserisce a pieno titolo nei beni
demo-etno-antropologici (DEA) che, negli ultimi tempi, a partire dalla fine
degli anni ’90, anche sul piano legislativo, stanno ottenendo una notevole
valorizzazione2. [...].
In Campania il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha individuato, nell’ambito del
Patrimonio Museale Antropologico (DEA) ben 34 Musei3, attinenti nella quasi totalità
alla civiltà contadina. Il Museo della Ceramica di Ariano occupa un posto a sé stante,
pur collocandosi i manufatti esposti all’interno della cultura popolare e dei cosiddetti
“beni materiali”, distinti da quelli “immateriali” (canti, fiabe, proverbi, preghiere, riti o
altro). Questi ultimi sono legati alla tradizione orale e necessitano di essere impressi su
memorie non labili (nastri, video-cassette, ecc.), affinché non vadano perduti per sempre.
A tal proposito Alberto Mario Cirese propone il termine “non-oggettuali o inoggettuali”,
perché quello di immateriali appare troppo etereo, non tangibile e più attinente alla
sfera metafisica4.
Espressione di una cultura altra, fino a qualche tempo fa negletta e disprezzata da quella
ufficiale, la ceramica popolare è vista finalmente quale bene culturale da salvaguardare
e recuperare: “Una vita dura quella dei ceramisti di Ariano, così la mia, identica quella di
mio padre. Era un lavoro disprezzato il nostro, noi stessi ritenuti indegni di stima; per tutti
eravamo “cretini” (il termine, in questo caso, esprime la stupidità in stretta correlazione
ed assonanza con chi ha a che fare con la creta) e “pignatari”. […] Da giovane non amavo
quell’attività, perché chi era “ruagnaro”5 una fidanzata non la trovava; quel lavoro non
dava certezze e non dava garanzie. […] L’unica soddisfazione l’avevamo quando ci
venivano a guardare mentre si lavorava, io al tornio, mio padre a dipingere uccelli e
galline; lui per dare una qualche importanza all’oggetto, provvedeva ad aggiungere,
1) E’ il titolo di un mio lavoro inedito, di prossima pubblicazione, del quale viene proposto soltanto un estratto. Esso pone
l’accento su un aspetto importante ma scarsamente studiato della nostra ceramica, quello antropologico, ed è così
suddiviso: Introduzione – Premessa: chiavi di lettura – Saliere, acquasantiere e bottiglie a forma muliebre – Spasette
e targhe votive – Spasette, vasi e piatti con raffigurazioni particolari – Scaldini o fiasche a forma particolare – Anfore
con raffigurazioni e scritte particolari – Tavole – Bibliografia.
2) Vedi il Decreto Leg.vo 112 del 31 marzo 1998 e il Decreto Leg.vo 368 del 28 ottobre 1998, che modificano la legge
1089 del 1939 e valorizzano soprattutto i beni “immateriali”, finora trascurati rispetto a quelli “materiali”.
3) Nella Provincia di Avellino 9 (Altavilla Irpina, Andretta, Aquilonia, Ariano Irpino, Cervinara, Greci [in progetto], Guardia
dei Lombardi, Montemiletto, Paternopoli; nella Provincia di Benevento 7 (Apice, Castelvenere, Cusano Mutri, Fragnete
Monteforte, Montefalcone di Valfortore, Pontelandolfo, San Bartolomeo in Galdo); nella Provincia di Caserta 3 (Pignataro
Maggiore, San Nicola la Strada, San Tammaro; nella Provincia di Napoli 4 (Acerra, Forio d’Ischia, Napoli [Museo di
Antropologia dell’Università Federico II], Somma Vesuviana); nella Provincia di Salerno 11 (Camerata, Campagna,
Casaletto Spartano, Moio della Civitella, Morigerati, Ortofonico, Paestum, Perdifumo, Roscigno, Serre, Reggiano).
4) A. M. CIRESE – I musei demologici: considerazioni di ieri e di oggi – in Il Patrimonio Museale Antropologico – Ministero
per i Beni e le Attività Culturali – Kadnkronos Cultura, Pomezia (Roma), 2002, pagg. 23-29.
5) Il termine ruagna designa il coccio di argilla, che per la sua fragilità si rompe facilmente; in assonanza, nel dialetto
locale, fare ruagne indica il fare guasti, generando problemi o guai.
6) O. D’ANTUONO – La maiolica delle antiche fabbriche di Ariano nel Museo Civico – Tip. Lucarelli, Ariano, 2008, pag. 73.
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La Maiolica di Ariano
di quanto è sedimentato nell’inconscio collettivo, facente parte del bagaglio atavico
dell’umanità, sotto forma di archetipi o immagini-tipo primordiali, rintracciabili in miti,
leggende, fiabe, pratiche religiose, (vedi la simbologia delle saliere, in massima parte
raffiguranti donne con una conchiglia o più, a volte con un bimbo in braccio, oppure
bottiglie a forma muliebre, scaldini a forma di scarpa, ecc.); d) sublimazione del negativo
esistenziale o di una realtà scarsamente gratificante. Infatti, i multiformi e policromi frutti
dei ceramisti di Ariano “narrano il sudore dell’uomo, le ansie, gli stenti e le privazioni,
ma anche le speranze, gli amori, le feste e le gioie. Questi oggetti di uso comune, vasi,
trofei, busti, sirene, cavalieri, animali bizzarri e le armoniose innumerevoli forme sempre
nuove e mai più ripetute si fondono e si completano con le varie figurazioni mutuate da
un mondo reale che si mescola con il fantastico e l’irreale. […] È il sogno che allontana il
negativo esistenziale e che mette a riparo dalla nuda quotidianità. […] Nelle nude spoglie
spelonche delle ‘Ruagnare’, dove i cocci si mescolavano con le disseccate ginestre, quegli
uomini abbrutiti dal lavoro, quei ‘pitanari’, sognavano un mondo diverso e luminoso, un
mondo più giusto […]. E quegli oggetti inizialmente inerti, sempre perfetti nella forma,
plasmati con amore e fatica, improvvisamente si illuminavano e riflettevano la luce
accecante di un giorno di sole nelle sabbie annerite delle fornaci. Nasceva così l’arte
popolare, in questo modo venivano alla luce gli «oggetti solari di Ariano Irpino», che
«come la lampada di Aladino, se li strofini vien fuori la storia dell’umanità»”8.
Le summenzionate chiavi di lettura dei beni DEA non hanno, ovviamente, valore esaustivo,
ma sono soltanto delle possibili indicazioni interpretative della creatività popolare, nel
caso specifico, della ceramica popolare.
Lo scopo, dunque, del presente lavoro è quello di gettare un po’ di luce su una realtà
dove c’è ancora moltissimo da riscoprire e rivalutare; diversamente il manufatto ceramico,
depauperato dei suoi significati, risulterebbe mutilo di una parte viva e sempre attuale,
che è la voce dei suoi artefici, cioè privo di quella forza intrinseca capace di darci uno
spaccato di una comunità e del suo vissuto. Quest’ultimo, naturalmente, come ho già
detto in altra occasione, non può e non deve essere inteso come ciò che è morto, ma
come ciò che vive e prende forma nel contatto diretto con le cose e l’ambiente che ci
circonda. È proprio il caso di dire che anche le “pietre parlano”: lo sanno benissimo gli
archeologi, che nell’analizzare un manufatto o nel riportare alla luce resti di cocci o
altro, li fanno rivivere consentendo ad essi di narrarci la loro storia, che è poi la nostra
storia e dell’intera umanità. In questa ottica sono sempre attuali le parole del grande
Lombardo, che nella introduzione a I Promessi Sposi così scrive: “L’Historia si può
veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo, perché togliendoli di mano
gl’anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa in rassegna e
li schiera di nuovo in battaglia”.9
(A titolo esemplificativo vengono riportate alcune notazioni sulle saliere e bottiglie a
forma muliebre con le tavole illustrative)
Se guardiamo alle saliere prodotte in Ariano, esse hanno per soggetto quasi sempre
figure muliebri, le quali reggono uno o più vassoi, una o più vaschette o conchiglie;
talvolta questi oggetti, che si associano alle acque, simbolo delle fertilità, ruotano
intorno ai loro fianchi cingendoli, o poggiano su una propria base [vedi Tav. n° 1]. Altre
volte ad arricchire il tutto vi è un infante in fasce (infans = colui che ancora «non parla»),
9) A. MANZONI – I Promessi Sposi– (a cura di L. Perrotta) – Fratelli Ferraro Ed., Napoli, 2003, pag. 25.
10) Per un approfondimento vedi A. D’ANTUONO – Cicirinella tinéva tinéva – Associazione Circoli Culturali “P. Ciccone” –
Ariano, Tip. Impara, 2007; A. M. DI NOLA – Lo specchio e l’olio – Laterza, Bari, 2000, pagg. 15, 21, 36, 99-101; T. ALTERIO
– Le donne di Ariano – Grafiche Lucarelli, Ariano, 2006, pag. 31; C. CORVINO – Il libro nero delle streghe – Newton
& Compton Editori, Roma, 2004; Saliere dal XVI al XIX sec. – (Maioliche Italiane) – a cura di G. BERNASCONI – Vertere
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La Maiolica di Ariano
anche, delle sigle inventate. Venivano anche i forestieri, a vedere noi e le grotte, che si
aprivano innumerevoli, come a Matera, nella collina”6.
Le raffigurazioni dei manufatti ceramici si muovono in un ambito particolare: naturalistico
(uccelli, galline, fiori, alberi, ecc.) come si evince anche dal brano precedente, oppure
fantastico e metaumano. Esse, infatti, sono l’espressione non soltanto della quotidianità
del popolo ma altresì del suo immaginario e del suo peculiare modo di sentire l’arcano
mondo religioso, sintesi originale del passato e del presente.
I ceramisti di Ariano, al pari di quelli di Caltagirone, Cerreto Sannita, Grottaglie, ecc.,
nella ricerca di nuove forme, pur muovendosi nell’ambito della creazione dell’oggetto
di uso comune, non prescindono da elementi simbolici, i quali, anche se non sempre
appariscenti, esprimono il nostro bagaglio ancestrale, attraverso immagini-tipo o archetipi.
Insomma l’oggetto, quale sintesi espressiva di forma, figure e colori, viene riportato alla
sua essenza più genuina nel raccontarci la storia dell’umanità, scritta nel caso specifico
da anonimi e oscuri autori.
I nostri ceramisti, uomini dalla mente colorata, senza seguire un canone estetico, hanno
fatto dell’arte al di fuori dell’arte o meglio fuori dai grandi santuari di essa; non hanno
guardato o mai pensato all’arte per l’arte o alla purezza dell’arte, né all’opera d’arte come
qualcosa da ammirare e contemplare ma al suo utilizzo nella vita di ogni giorno. La loro
può essere definita un’arte alla mano: è entrata in ogni casa, ma non per questo priva di
valenze e significati simbolici, di cui gli autori stessi si fanno portatori, il più delle volte
inconsapevolmente; ha esaltato gli odori, i sapori, i colori, il linguaggio, cioè il modo di
esprimersi e sentire di una comunità, il suo vissuto; ha mostrato forme sempre nuove,
rese “solari”7 non soltanto dai colori dell’iride, ma anche e soprattutto dalla luce della
speranza, la quale si è condensata in figure e oggetti che irradiano gioia.
Le ceramiche esprimono le stesse istanze socio-culturali presenti in fiabe, credenze, riti,
preghiere, ecc.; soltanto motivazioni di carattere pratico ci spingono ad operare delle
distinzioni tra i vari ambiti del sapere, come siamo soliti fare anche all’interno della
cultura ufficiale. Infatti, la temperie culturale romantica, ad esempio, è tale sia nell’ambito
letterario, grafico-pittorico e musicale, sia nel modo di vestire o di vivere della prima metà
dell’Ottocento. Allo stesso modo le opere michelangiolesche possono trovare la loro
ragion d’essere soltanto nella visione generale della Rinascenza o le cattedrali gotiche
nell’humus religioso medioevale, non sganciato dal retroterra culturale dell’epoca, cioè
nella fuga nel metaumano, dove sogno e realtà si identificano. Ne sono espressione i
pinnacoli, fontane zampillanti dello spirito o braccia oranti protese verso il cielo alla ricerca
di Dio, e le numerose raffigurazioni scultoree di esseri fantastici, deformi o demoniaci.
Le ceramiche, dunque, al pari dei beni non-oggettuali, anche se ad un diverso livello
espressivo, sono la concretizzazione tangibile della precarietà esistenziale (un lavoro e
un’esistenza fatti di ansie, stenti, miseria e disprezzo) e dei sogni dell’umana speranza,
entrambi intesi come: a) forma di compensazione-risoluzione del dramma del vivere
quotidiano, tramite l’amara e passiva accettazione del proprio status sociale. (A tal
proposito è emblematica ed esemplificativa l’intervista, parzialmente da me riportata,
fatta da Ottaviano D’Antuono a Carmine Giorgio, da poco scomparso); b) funzione
apotropaica, cioè tesa ad allontanare o annullare influenze negative: ne sono un esempio
le targhe votive, le mattonelle con raffigurazioni di Madonne e santi a protezione della
casa e dei suoi abitanti o le spasette con immagini soltanto di santi, il cui ausilio è
indispensabile per poterle riempire quotidianamente di cibo; c) espressione simbolica
7) S. CIPOLLA – Gli oggetti solari di Ariano Irpino – in “Vieni ad Ariano, città d’Arte“ (a cura di M. D’ANTUONO) – Tip.
Lucarelli, Ariano, 1998.
8) O. D’ANTUONO – Il Museo Civico, sempre più “Museo della ceramica di Ariano” – in – Amici dei Musei – Fidam – Anno
XXVII, n. 87/88 – Polistampa, Firenze, 2001, pagg. 24-25.
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La Maiolica di Ariano
dell’amore, della bellezza e della fertilità; nel mondo romano i poeti descrivono la sua
nascita da una conchiglia e i pittori la raffigurano trasportata da questa sulle onde (vedi
pittura parietale nella Casa di Venere a Pompei). Tale tema viene ripreso da Botticelli con
la Nascita di Venere (1485 ca), che, come afferma Giulio Carlo Argan, “non è affatto una
pagana esaltazione della bellezza muliebre; tra i significati impliciti c’è anche quello della
corrispondenza del mito della nascita di Venere dall’acqua marina e dell’idea cristiana
della nascita dell’anima dall’acqua del battesimo”13.
Le bottiglie a forma muliebre, le matrioske14 nostrane – a volte con seni scoperti o con
pancia prominente, con un volatile tra le mani (Ariano) o un fallo alato (Grottaglie),
oppure con un infante (Ariano) – [vedi Tav. n° 5 – 6 e 7] riecheggiano le Matres o
Matronae, divinità femminili del Vecchio Continente pagano, protettrici della famiglia,
al culto delle quali venivano offerti pesci e sacrificati porci (i primi sono simbolo di
fecondità, i secondi dell’istinto sessuale primordiale, sfrenato e cieco) oppure la Mater
Matuta (Madre benevole e favorevole), una divinità italica e romana, protettrice della
fecondità, dei parti e del nascituro. Nell’antica Roma, anche altre divinità presiedevano
alle nascite, come Giunone Lucina, alla cui presenza durante le offerte sacrificali, per
non ostacolare il parto, era necessario che tutti i nodi, legami e cinture fossero sciolti
sulle vesti dei presenti. Tale usanza è riscontrabile ancora oggi nelle nostre tradizioni
popolari. Infatti, per far sì che il cordone ombelicale non soffochi il bambino nel seno
materno e che non vi siano difficoltà nel parto, è necessario che chi è incinta non incroci
le gambe o le braccia, eviti di dipanare la matassa della lana e di indossare indumenti
con nodi o legacci.
Alla mater benigna si contrappone la faccia misteriosa, oscura, passionale e peccaminosa
della donna, legata al mondo degli istinti e dell’irrazionale, al piacere carnale ed alle
forti emozioni, rappresentata dalle fiasche a forma di sfinge tebana [vedi Tav. 8], sirena
ammaliatrice o da figure femminili, che cavalcano pesci, cani o cavalli, con un significato
fortemente erotico [vedi Tav. 9 e 10]. Come esseri bimorfi, metà donne e metà animali,
sono l’incarnazione enigmatica e tenebrosa della sfrenata sensualità e perversa voluttà
femminile, che, mai sazia, incanta, seduce, acceca, sottomette e uccide. […..].
Certamente, se sembra assurdo ed impossibile ritenere che indòtti e oscuri “ruagnari”
abbiano pensato a tutto questo nel plasmare l’argilla impastata con il sudore amaro
della loro vita, è pur vero che essi ripetono, molte volte, forme e figure cariche di un
alto contenuto simbolico, di cui ignorano la genesi e l’ evoluzione, ma acclarate dalla
tradizione e facenti parte del nostro bagaglio atavico. Ciò non deve meravigliarci, perché
spessissimo la maggior parte delle persone, pur utilizzando elementi-simbolo della
nostra memoria collettiva, i quali conferiscono “sacralità” e “valore” alla nostra esistenza,
come l’uovo a Pasqua, l’albero a Natale o il vischio e il pungitopo, ecc., non ne conosce
l’esatto significato, né come siano giunti fino a noi attraverso varie trasformazioni e
sovrapposizioni temporali. Tali elementi-simbolo o immagini-tipo sono ciò che Carl Gustav
Jung chiama archetipi, espressione dell’esperienza millenaria dell’umanità sedimentati
nel nostro inconscio collettivo.
Come la nostra mente cosciente opera attraverso forme-pensiero universali, comuni a tutta
il termine matrioska può considerarsi un diminutivo dell’altro. Simbolicamente rappresenta la figura materna, la sua
generosità e prolificità, nonché la fertilità e l’abbondanza dei frutti della Grande Madre Terra.Per un approfondimento
sull’argomento vedi: C. GALEOTTI – Matrioske – Arte e tradizione – Storia e segreti delle bambole russe dal 1890 a
oggi – Il Minotauro, (Coll. Phoenix), Roma, 2001.
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La Maiolica di Ariano
il frutto dell’amore e della fertilità, sorretto dalla donna [vedi Tav. n° 2]. È quest’ultima
il “sale” della vita; è lei che condisce i succulenti frutti dell’amore (è raffigurata spesso
anche con pancia e seni prosperosi o scoperti); è lei che dà la vita. Una vita senza sale
è scialba, insipida, è piattume di sapori, un non sapore. La vaschetta, il vassoio (voce
dial. conca), la conchiglia (in lat. concha-ae), in stretta correlazione con l’acqua, con il
mare e con lo stesso sale, simboleggiano il pecten, il pettine (la forma dentellata della
conchiglia), il sesso femminile, il pube o i peli che lo ricoprono, il pecten Veneris (voce
dial. la pittinéssa), il cerfoglio (= pianta aromatica pubescente o ciocca di peli arruffati
che non si possono districare con il pettine; voffa di pili, groviglio di peli, voce dialettale
con la quale un tempo si indicava l’intrico dei peli del Monte di Venere). La donna, la sua
conchiglia e l’infante simboleggiano, dunque, la maternità, la Grande Madre, tanto che
una saliera veniva acquistata spesso o regalata in occasione di un lieto evento, come la
nascita di un figlio o il battesimo di questi.
Il sale veniva usato come elemento apotropaico per allontanare i malefici, le streghe, il
demonio (il daimon negativo, il volto oscuro
ˇ del divino contrapposto al daimon positivo,
aspetto luminoso e benevolo della divinità); nel rituale del battesimo, in qualche caso,
veniva utilizzato dalle stesse levatrici su mandato del Vescovo, quando la mortalità
infantile era molto alta: se trafugato veniva adoperato nelle fatture, per cui in molti Sinodi
(Sinodo di Gravina in Puglia, 1569 – Sinodo di Ariano 1714 – ecc.) se ne condannava
l’utilizzo per opere di stregoneria e si esortava i presbiteri ad una
maggiore vigilanza10.
La conchiglia, dunque, essendo un correlato dell’acqua generatrice, purificatrice e
rinnovatrice, trova la sua più autentica funzione simbolica nelle acquasantiere, sovrastate
da un’immagine sacra (Cristo, Madonna o Santi), che amplifica l’effetto del liquido in esse
contenuto, quale fonte perenne di ausilio nella rigenerazione interiore [vedi Tav. n° 3].
Il tema della rinascita spirituale, come passaggio dalla malattia alla guarigione dell’anima,
è ravvisabile in termini più consistenti nel rituale del battesimo, allorquando nella liturgia
romana il fonte battesimale veniva chiamato uterus ecclesiae, utero della Grande Madre
Chiesa, soltanto all’interno della quale vi può essere salvezza e rigenerazione spirituale11.
La grotta della Natività, in una stupenda maiolica di Cerreto Sannita [vedi Tav. n°4], viene
raffigurata come conchiglia. D’altra parte la conchiglia, la grotta, la caverna simboleggiano
tutte il sesso femminile come lo stesso Sigmund Freud ci attesta. Queste due ultime
non sono, infatti, soltanto lo spazio fisico dove l’uomo delle origini trova sicurezza e
riparo, ma anche “il luogo simbolico prediletto dall’umanità” come ben evidenzia Laura
Marchetti. Entrambe rimandano “alla prima delle cavità, al grembo materno: il […] [loro]
involucro litiaco agisce come una sorta di placenta spaziale, di membrana avvolgente
che riproduce […] la massima accoglienza”12.
Dalla bianca schiuma del mare, secondo Esiodo, nasce Afrodite (afrós = schiuma), dea
Seria Ludo, Milano, 2005, pagg. 5-14.
11) Vedi A. D’ANTUONO – Cicirinella tinéva tinéva – Associazione Circoli Culturali “P. Ciccone” – Ariano, Tip. Impara, 2007,
pag. 135.
12) L. MARCHETTI
– Il pensiero all’aria aperta – Ed. Palomar, Bari, 2002 – (Introduzione) – pag. VIII.
ˇ
13) G. C. ARGAN – Storia dell’Arte Italiana – Da Giotto a Leonardo – La Biblioteca del Sapere – Corriere della Sera – vol.
34, pag. 313.
14) La matrioska, simbolo della tradizione russa, è una bambola etnografica, vestita con costumi tradizionali regionali,
a seconda del villaggio di provenienza. A idearla fu Savva Mamontov (1841-1918), coadiuvato dal fratello Anatoliy
(1839-1905), entrambi collezionisti di opere d’arte. La prima bambola di legno, formata da otto pezzi, sul prototipo
ˇ
delle scatole cinesi – in ordine di grandezza,
una madre, una ragazza, un ragazzo, una bambina, ecc., fino a quella di
un neonato in fasce – fu realizzata ai primi del ‘900 da Vasiliy Zvezdochkin e colorata da Maliutin, illustratore di libri per
ˇ
l’infanzia e conoscitore dell’arte popolare dei villaggi russi. Questi la chiamò matrena (dal latino mater, madre), per cui
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La Maiolica di Ariano
l’umanità, che i filosofi hanno chiamato categorie (sostanza, qualità, quantità, relazione,
ecc.), per mezzo delle quali cataloghiamo, quantifichiamo, relazioniamo, qualifichiamo
le cose del mondo che ci circonda, così il nostro inconscio collettivo si manifesta tramite
immagini-tipo primordiali o archetipi, che fungono da forme universali a priori (la
Grande Madre, il Fanciullo, l’Androgino, l’Albero, la Ruota, il Padre, ecc.), rintracciabili in
miti, racconti, fiabe, leggende, riti religiosi, espressioni artistiche, ecc., che accomunano
i vari popoli, al di là delle differenze fra essi esistenti.
Recentissimi studi condotti da Roger Nelson dell’Università di Princeton hanno evidenziato
l’esistenza di una mente collettiva, paragonabile ad un grande accumulatore di energia,
capace di recepire, contenere, connettere e sommare le vibrazioni scaturenti da emozioni,
ansie, paure, tensioni di singole individualità, anche distanti fra di loro. Per mezzo di
speciali e sofisticati computer l’équipe che fa capo a Nelson è in grado di registrare
sensazioni emotive collettive, generate da eventi di grande portata, che accadono in
qualunque parte della Terra (es. da terremoti di intensità pari o superiorie al 6° grado della
scala Richter). Tali macchine hanno registrato tra le altre cose quanto, a livello emotivo
e psicologico, è avvenuto in seguito all’attentato dell’ 11 settembre delle Torri gemelle
a New York, facendo presupporre l’esistenza di una mente universale, di cui non siamo
coscienti, che connette tutti gli esseri viventi del globo terrestre. Studi analoghi sono
condotti attualmente anche presso l’Università di Padova ad opera di Patrizio Tressoldi.
Quanto ho affermato è stato messo bene in luce nella trasmissione televisiva Voyager
del 25-12-2008 dal titolo: “La forza della nostra mente”. […].
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Tavole
Tav. n. 1
Tav. n. 2
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Tav. n. 3
Tav. n. 4
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Tav. n. 5
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La Maiolica di Ariano
Tav. n. 9
Tav. n. 10
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Pagine inedite
«Inconscio collettivo,
memoria genetica o dottrina
della reincarnazione?»
di Mario D’Antuono (1914 - 1993)
Anime dall’effimera esistenza corporea, incomincia per
voi un altro periodo di generazione mortale, preludio a
nuova morte. Non sarà un demone a scegliere voi, ma
sarete voi a scegliervi il demone. […]. La responsabilità
è di chi sceglie, il dio non è responsabile.
(Platone - Repubblica - Libro X)
a cura di Antonio D’Antuono
S
La visione del mondo fisico di Marco Todeschini, basata sul «principio unifenomenico»
espresso nell’opera «La Teoria delle apparenze», la concezione ternaria di Mosé, di Paolo
di Tarso, di alcuni Padri della Chiesa ed Apologisti cristiani, le dottrine indo-tibetane e
la teoria di Eccles trovano in Mario d’Antuono un terreno quanto mai fruttuoso e, al
tempo stesso, un singolare interprete, che darà vita ad una concezione originalissima
ed innovativa negli studi sulla psiche umana: l’«ereditarietà della psiche inferiore», ed
offrirà un contributo consistente al dibattito […] sul «rapporto mente-corpo» (mindbody problem). […]. Accanto all’inconscio personale […], sulla scia di Jung, ammette un
inconscio collettivo, in quanto solo ammettendo entrambi è possibile avere un quadro
più chiaro e maggiormente totalizzante dell’Inconscio stesso. Nel condividere, inoltre, con
il fondatore della psicologia analitica che un certo strato dell’Inconscio è senza dubbio
5) Autore di - Vita dopo vita - dialogo con i reincarnati -; ecc.
6) Autore di - Mistery of Reincarnation -; ecc.
7) Giornalistaescrittrice,hafondatoilKarmaIstitute,AssociazionediPsicologiaTranspersonale.Hapubblicato Reincarnazione
-; - Terapia R -; ecc.
8) M. d’Antuono - I Poteri dell’Inconscio - Ed. Zephir, Vitinia di Roma, 1974; - Droga e frustrazioni giovanili - Ed. Zephir,
Vitinia di Roma, 1978; - Compendio di Medicina Psicosomatica - Ed. Zephir, Vitinia di Roma, 1986. Inediti sono i seguenti
lavori: Inconscio collettivo, memoria genetica o dottrina della reincarnazione?; Dizionario di Psicologia; La conoscenza
del bambino, del fanciullo e dell’adolescente alla luce della genetica, della psicologia e della pedagogia.
9) A. D’Antuono - La Triade umana e l’ereditarietà psicologica nella visione di Mario D’Antuono - Associazione Amici del
Museo - Tip Impara, Ariano, 1994, pagg. 7-9 e 16-17.
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Pagine inedite
iamo già esistiti? Ritorneremo ancora in questo mondo? Sono interrogativi
che molte volte ci siamo posti e ai quali non sempre abbiamo trovato una
adeguata risposta. Eppure sono domande che concernono problematiche da
sempre dibattute a livello filosofico e religioso: Empedocle, i Pitagorici, Platone, le religioni
dell’Indo, il Buddismo, ecc. ne sono un esempio. Attualmente l’analisi della questione,
dall’esclusivo terreno filosofico-teologico, sta assumendo una coloritura più scientifica,
grazie ad un consistente numero di psichiatri e psicologi, che stanno adottando tecniche
ipnoterapiche di tipo regressivo nella cura dei loro pazienti. Sono emblematiche a tal
proposito le esperienze di Jan Stevenson1, David Graham2, Raymond A. Moody Jr.3, Brian
Weiss4, Thorwald Dethlefsen5, J. Allan Danelek6, Manuela Pompas7, per citarne alcuni,
per cui si è reso necessario riformulare la domanda: “Gli strani ricordi affioranti talvolta
alla mente del bambino e dell’uomo adulto sensitivo, sia in stato di coscienza vigile che
in quello di ipnosi, sono da attribuirsi a vite precedentemente vissute o all’Inconscio
collettivo e alla memoria genetica?”.
All’interno di questo grande dibattito si inserisce l’opera inedita di Mario d’Antuono Inconscio collettivo, memoria genetica o dottrina della reincarnazione? -, della quale
viene pubblicata soltanto l’introduzione, con l’impegno di darla alle stampe interamente
in un futuro prossimo.
La maggior parte degli studiosi interessati all’argomento sono convinti assertori della
metempsicosi o la accettano ipoteticamente, in base ad osservazioni effettuate durante
sedute ipnoterapiche su un consistente numero di pazienti. Diverso ed originale è il
punto di vista di Mario d’Antuono, anch’egli esperto ipnoterapeuta: accanto all’Inconscio
collettivo junghiano, sul quale fonda la sua tesi per contrastare quella reincarnazionistica,
ammette anche una memoria genetica, quale substrato biologico dello stesso, andando
al di là dell’assunto del padre della psicologia analitica, in accordo con le più recenti
acquisizioni scientifiche in questo specifico campo del sapere.
Sulla questione già avevo posto l’accento in «La triade umana e l’ereditarietà psicologica
nella visione di Mario d’Antuono» (1994), con cui, nel ricordare mio padre a distanza di
un anno dalla sua morte, mettevo in evidenza alcuni aspetti salienti della sua attività di
studioso: “Nello scrivere questa nota su Mario d’Antuono ho avvertito tutto il «disagio
filiale» di chi sa, pur conoscendo appieno suo padre e per eredità di affetti e di messaggi
culturali, che certamente non riuscirà a racchiudere nel palmo della propria mano la
totalità degli insegnamenti di chi gli ha dato la vita. Il suo sguardo, la sua voce, il suo
essere sempre se stesso si riflettono, come immagine viva e vibrante, nella visione
speculare dei suoi scritti, ove passano, a mo’ di proiezione filmica, ricordi più o meno
recenti, che mi fanno amare di più l’uomo ed apprezzare meglio lo studioso dei meandri
meno noti dell’essere umano.
Le affermazioni ricorrenti nei suoi lavori editi8: «l’uomo non eredita solo biologicamente
ma anche psicologicamente»; «possiamo ridurre tutti i fenomeni psicofisici ad un unico
principio: il «principio unifenomenico»; nonché «l’uomo pensa: il suo pensiero non ha
né estensione, né colore né peso, dunque il pensiero non può essere il prodotto del
corpo», riassumono, anche se in maniera epidermica, il tracciato della sua ricerca nel
campo psicologico, dal quale si dipartono, similmente ad un fiume ricco di acque, mille
rivoli che rendono fertili i terreni circostanti, non escluso quello della parapsicologia.
1)
2)
3)
4)
Psichiatra dell’Università della Virginia, autore di - Reincarnazione - 20 casi a sostegno -; ecc.
Psichiatra, autore di - Reincarnazione come terapia -;ecc.
Psichiatra, autore di - Ricordi di altre vite -; La vita oltre la vita -; ecc.
Psichiatra, autore di - Molte vite molti Maestri (Come guarire recuperando il proprio passato); - Oltre le porte del tempo
(Rivivere le vite passare per guarire la vita presente) - Messaggi dai Maestri-; ecc.
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Pagine inedite
Io, sempre Io, sono e sarò con la chiara coscienza della mia identità, anche quando la
materia con i suoi cicli evolutivi sembra voler sommergere e cancellare tutte le tracce
del mio passato.
Non è forse questa una delle prove più evidenti e solide dell’esistenza e della semplicità
della mia anima razionale?
Questo, a nostro avviso, è un principio incontestabile sostenuto dalla scienza fisiologica:
del mio corpo, nel periodo dai tre ai sette anni, non è rimasto un solo atomo di quel che
era il mio substrato biologico al momento della nascita, esaminato sia sotto l’aspetto
cellulare che molecolare. Tutto, ogni istante, nel mio organismo muta e si trasforma,
eccezion fatta di quei miliardi di cellule nervose formanti l’intricatissimo apparato
neuronico, cioè il sistema cerebrale, meraviglioso strumento di psichicità.
Nonostante ciò, sono assolutamente certo di essere sempre l’identica persona, quella
che sente, pensa e vuole, sebbene io avverta scientemente il perpetuo fluire delle cose
e il loro mutarsi e rimutarsi nell’immenso scenario della vita.
C’è, quindi, in me un principio che, del tutto diverso dal mio corpo, non muta né nella
forma né nella sostanza: tale principio immutabile costituisce il mio Io Superiore. La scienza
m’insegna altresì che il mio corpo è composto di diciassette elementi diversi tra loro e
che ciascuno, per natura, tende a sfuggire, a disperdersi, ma una forza arcana li tiene
tutti fortemente imbrigliati evitandone la fuga e la disgregazione. Solo quando, nell’ora
della morte, il principio informante il mio corpo si ritirerà, solo allora, gli elementi organici,
a guisa di sudditi ribelli, se ne andranno, ingoiati dal mondo inorganico e primordiale.
Ma io sopravvivrò senza che la luce rutilante del pensiero e la musicalità penetrante
della parola vadano del tutto dispersi nel vuoto abissale del mio nulla apparente. Io
sopravvivrò. “Non omnis moriar” è e sarà il mio grido festoso: “non tutto morrò”. Ed è
ovvio. Ciò che non ha parti non può disciogliersi e ciò che non si può disciogliere resta
ed è immortale. Pertanto l’immortalità costituisce il fondo della mia natura, la quale
mostrasi superiore a tutto il resto della creazione e rivela i suoi alti destini. L’animale,
anche il più vicino all’uomo, ha forse, la chiara consapevolezza della morte? Si turba,
forse, sulla sorte del proprio corpo? Che gli importa delle ossa dei suoi avi e di quelle
del padre suo?
Non a torto Chateaubriand diceva: “Tra tutti gli esseri creati solo l’uomo raccoglie le
ceneri del proprio simile e le circonda di un rispetto religioso; ai nostri occhi l’impero
della morte ha qualcosa di sacro. Donde ci viene, dunque l’altra idea, che noi abbiamo
della morte? Un pugno di polvere meriterebbe forse i nostri omaggi? No, senza dubbio.
Noi rispettiamo le ceneri dei nostri antenati, perché una voce segreta ci dice che non
tutto s’è spento con essi; ed è questa voce che consacra il culto delle tombe presso
tutti i popoli della Terra. Tutti sono ugualmente persuasi che il sonno non è durevole
nemmeno nella tomba e che la morte non è che una trasformazione gloriosa degli
elementi primordiali “ (Genio - Libro IV - cap. 3°).
Infatti, secondo i più recenti studi cosmologici, il nostro universo ha parecchi miliardi di
anni. Ma io che vivo, ora, negli attimi fuggitivi del presente, in che misura fui coinvolto
agli albori della vita, nell’immensa e stupenda avventura cosmica? Non, di certo, come
spirito cosciente ed operante e, sebbene io fossi sin d’allora virtualmente presente sullo
scenario della vita, ero come energia elettronica pensante, sostanzialmente immateriale
e immarcescibile, già legato alle altre forze dinamiche dell’Universo in gestazione.
Proprio per questa potenziale presenza sul piano della vita cosmica, il re Salomone coglie,
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Pagine inedite
personale e che sotto di esso si nascondono, a guisa di sedimenti stratificati, tutte le
esperienze delle generazioni passate racchiuse nell’inconscio collettivo, asserisce […]
che su tali stratificazioni si innesta la memoria genetica, rappresentata da DNA (acido
desossiribonucleico) e dal m-RNA (acido ribonucleico). Tale tematica sarà oggetto di
una attenta analisi nel lavoro inedito «Inconscio collettivo, memoria genetica o dottrina
della reincarnazione?», nel quale […] afferma, in maniera chiara e decisa, che l’inconscio
collettivo è «innato ed ereditabile e viene, di generazione in generazione, veicolato dalla
coppia genitoriale al momento dell’impatto dei due gameti formanti lo zigote». Esso,
però, non è da ritenersi «un deposito inerte né un desolato campo di ruderi senza vita,
ma un sistema dinamico, pronto a reagire per vie invisibili, capace altresì di regolare la
vita di ogni individuo […]. E’ possibile, così, veder rinascere tale massa, tramite l’apparato
genico e cromosomico, nella psiche di ogni individuo, legata al substrato biologico
specie ai centri nervosi e agli organi endocrini. Essa mirabilmente si estrinseca mediante
particolari aree cerebrali sotto forma di tracce mnesiche più o meno rimarchevoli». Di tale
tesi il nostro Autore si servirà per rigettare quella reincarnazionistica di Bridey-Murphy,
di Jan Stevenson […] espressa nell’opera «Reincarnazione – 20 casi a sostegno», nonché
di David Graham, sostenuta nel lavoro «Reincarnazione come terapia». Infatti, la vasta
gamma delle fobie «non avendo esperienze direttamente vissute dal bambino o dall’uomo
adulto nella vita presente, possono benissimo essere spiegate come paure ataviche
emergenti dall’Inconscio collettivo e dalla memoria genetica […]. La stessa fenomenologia
‘ipermnesica’ è da ritenersi soltanto sporadica e abnorme, per cui non prova affatto né la
veridicità né la preesistenza dell’anima, così come intesa da Carpocrate, da Valentino e
da Basilide, né suffraga la tesi reincarnazionistica». […] Ed è grazie alle mirabili capacità
dell’Inconscio che Mario d’Antuono spiega gli stessi fenomeni di ‘pantamnesia’ (memoria
di tutto o memoria universale) e di ‘ipermnesia’ (supermemoria o memoria eccezionale),
che non hanno nulla a che vedere con i fenomeni di ‘paramnesia’ (memoria fuori posto)”9.
«INCONSCIO COLLETTIVO, MEMORIA GENETICA O DOTTRINA DELLA
REINCARNAZIONE?»
- Introduzione Chi sono io? Donde vengo? Dove vado? Chissà quante volte ci siamo posti questi
interrogativi, cui abbiamo dato risposte non sempre chiare, logiche ed esaurienti. Sono,
forse, soltanto materia o sono piuttosto un’anima vivente, i cui principi attivi danno vita
a questo mio corpo composto di cellule, molecole e tessuti? Sono, forse, un composto
soltanto organico emerso dai fondali oceanici, ossia un derivato del cosiddetto “batibius”
di estrema semplicità sostanziale, ma tanto amorfo e indefinibile? Se così non è, qual
è, allora la mia vera natura?
La risposta è chiara, e non ammette dubbi. Sono una creatura intelligente, cosciente e
palpitante di vitalità, con un Io sempre identico su ogni piano della mia esistenza terrena.
Tale identità, associata ad una inconfondibile individualità, non ha limiti: essa abbraccia
non solo la giovinezza e la senilità, ma perdura e giganteggia oltre i confini della morte.
Quel bimbo vezzoso, tutto brio ed innocenza, che la mamma, un tempo, stringeva al seno
cullandolo dolcemente fra le braccia: ero Io. Quel fanciullo, vivace ed esplosivo che, a
guisa di agile gazzella, scorrazzava liberamente per i prati erbosi, costellati di fiori aulenti:
ero Io. Quell’adolescente, il cui cuore era soggiogato dai primi sogni fantasmagorici e
dai più dolci palpiti dell’Amore: ero Io. Quel giovane fascinoso, esuberante di vita e ricco
di nobili ideali: ero Io.
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Pagine inedite
sempre in sintonia con altri organismi ed altri Inconsci similari. Anche per quel che
concerne il codice genetico, diciamo che non c’è da escludere la dipendenza del sistema
ribosomiale dell’mRNA né tanto meno quella che riguarda l’espressione dinamica del
gene o genidio: è ovvio che esso, come substrato materiale di un particolare carattere
ereditario, svolge sul piano neuronico-mentale un ruolo di primo piano. Pertanto i
geni, raccolti lungo la catena cromosomica in serie lineare, operano attivamente in uno
spazio microscopico, ma reale, assolvendo il compito assegnato loro da madre Natura,
cioè da Dio, (Natura Increata et Creans). Da ciò è facile comprendere che l’Inconscio
Collettivo è un patrimonio ereditario, comune a tutti gli uomini. Esso, infatti, costituisce
la vera e propria base dell’anima individuale, nonché il complesso di tutti gli archètipi,
intesi come deposito attivo di forze preesistenti per le quali tutte le esperienze umane
si perdono nella notte dei tempi. Insito, così, nella memoria genetica non può essere
ritenuto un deposito inerte né un desolato campo di ruderi senza vita, ma un sistema
dinamico, pronto a reagire per vie invisibili, capace altresì di regolare la vita di ogni
individuo. Perciò non abbiamo alcun dubbio circa la dinamica dell’ Inconscio collettivo,
nel cui scrigno è depositata tutta la ponderosa massa ereditaria spirituale, accumulatasi
durante lo sviluppo dell’intera umanità. È possibile, così, veder rinascere tale massa,
tramite l’apparato genico e cromosomico, nella psiche di ogni individuo, legata al
substrato biologico specie ai centri nervosi e agli organi endocrini. Essa, mirabilmente si
estrinseca mediante particolari aree cerebrali sotto forma di tracce mnesiche più o meno
rimarchevoli. L’Io Superiore, pertanto, non rimane inoperoso: esso, assorbendo tutte le
tendenze istintive, le piega al dominio della volontà deliberante. Pertanto noi riteniamo
non determinanti gli interessanti lavori sperimentali di Bridey-Murphy a favore della tesi
reincarnazionistica, in quanto essi non dànno prove sufficienti di validità scientifica. Né
sono da considerarsi risolutivi i lavori condotti da Jan Stevenson, dottore in Medicina e
professore di Psichiatria dell’Università della Virginia. Tutt’altro. Lo Stevenson ha raccolto,
è vero, nel suo aureo trattato “Reincarnazione - 20 casi a sostegno”, del materiale prezioso,
mettendo in luce come tale credenza abbia trovato ampio favore in certi strati sociali
specie in India, nell’isola di Ceylon, nel Brasile e nell’Alaska sud-orientale. Vada, pertanto,
il nostro plauso a questo serio ed impareggiabile studioso, di cui ammiriamo la dottrina
e la profonda onestà di scienziato. Infatti egli si limita ad esporre i casi così come gli
vengono presentati, ma non si pronuncia né positivamente né negativamente circa la
veridicità della dottrina della rinascita. Ed è un fatto innegabile. Nella presentazione
dell’opera nella versione italiana, lo Stevenson dice in maniera chiara ed esplicita:
“ Mi sono talvolta domandato se ero riuscito a trovare qualche prova di reincarnazione e
la risposta è sempre stata decisamente negativa. Né da un singolo caso, né da tutti presi
insieme, si ha alcunché che sia una prova di reincarnazione. Ciò che i casi offrono è una
raccolta di attestazioni suscettibili di varie interpretazioni, ma certamente suffragano,
in forma piuttosto decisa, l’ipotesi che la reincarnazione sia la migliore spiegazione per
almeno alcuni di essi”.
Ed a pag. 7 aggiunge: “La ricerca sui casi del tipo reincarnazionista è «scienza pura» ed
è priva di qualsiasi sviluppo futuro a vantaggio dell’umanità. Tale ricerca è sostenuta dal
convincimento che il concetto di reincarnazione possa offrire una terza dimensione della
personalità umana, che integri, ma non sostituisca, le nostre conoscenze di genetica e
di influenze ambientali nei primi anni di vita. Se le prove della reincarnazione dovessero
divenire più evidenti, così da poterla considerare una ipotesi generalmente plausibile,
le future generazioni potranno constatare che essa potrà chiarire numerosi problemi
riguardanti la personalità umana, che oggi lasciano perplessi gli psicologi dell’infanzia.
Le fobie della prima infanzia, per le quali non è possibile trovare spiegazioni nelle prime
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Pagine inedite
per intuizione, una realtà non ben nota a tutti. Egli, a distanza di migliaia e migliaia di
anni, in una panoramica retrospettiva, visualizza se stesso sullo scenario dell’Universo.
Infatti, Jahvè (Io sono Colui che sono), Dio, nella sua infinita e imperscrutabile prescienza,
dopo averlo plasmato nella Mente divina secondo i suoi piani creativi, lo contempla già
prima di dare inizio alle opere mirabili della creazione. Jahvè, così, lo vede, sin dall’eternità,
ricco di doni carismatici, operare accanto a Lui, come una cosa già cresciuta sia sul piano
fisico che su quello morale e sociale.
“Il Signore mi creò fin dall’inizio del suo potere, prima delle sue opere, fin d’allora.
Dall’eternità fui stabilito: dalle origini, da quelli che furono i primordi della Terra. Quando
ancora non c’erano abissi io fui concepito, quando non c’erano sorgenti traboccanti
d’acqua. Prima che i monti avessero fondamenta, prima delle colline, io ero nato: quando
egli non aveva fatto ancora né terra né campagna né i primi elementi della polvere nel
mondo. Quando egli preparava i cieli, io ero la […]. Quando condensò le nubi in alto
[…], quando regolò le sorgenti degli abissi: allora io gli ero accanto, come una cosa
cresciuta insieme a lui: e ogni giorno ero la sua delizia e mi rallegravo di continuo alla
sua presenza: mi rallegravo sulla faccia della terra ospitale: e la mia delizia era tra i figli
dell’uomo” (Libro dei Proverbi, 8, 22 – 31).
Rifacendomi al mio ultimo lavoro “Compendio di Medicina psicosomatica”, nel paragrafo
“Le prove scientifiche dell’esistenza dell’anima”, cap. II, ho tentato di dimostrare che
gli elettroni, come elementi pensanti, sanno di essere e il loro sapere supera di gran
lunga la conoscenza umana. Ed è vero. Sono altresì convinto che l’elettrone, da cui è
costituita l’energia animico-spirituale, possiede, oltre alle sue ben note proprietà, delle
ignorate potenzialità “psichiche”, delle “quiddità spirituali”, la più mirabile delle quali è
la “criptomnesia”, intesa come “memoria nascosta” personale ed extrapersonale, che
diventa chiara ed operante in talune circostanze e in particolari momenti della vita.
Infatti, memorizzando, esso è in grado di rievocare, in uno stato di coscienza crepuscolare,
le passate avventure cosmiche, non sempre individuali, ma, spesso, marcatamente
extrapersonali, racchiuse, come archetipi, nell’«Inconscio Collettivo», nel cui strato più
profondo si trovano sedimentate tutte le esperienze delle generazioni passate.
È ovvio che, secondo i postulati della psicologia analitica, di cui fu antesignano e tenace
sostenitore il grande Maestro svizzero, Carl Gustav Jung, un certo strato superficiale
dell’Inconscio è senza dubbio personale. Esso, però, poggia sopra stratificazioni più
profonde che non derivano da esperienze e acquisizioni personali: è l’Inconscio collettivo
che, innato ed ereditabile viene, di generazione in generazione, veicolato dalla coppia
genitoriale al momento dell’impatto dei due gameti formanti lo zigote.
Su tali stratificazioni, s’inserisce la “memoria genetica”, di cui parleremo, in chiave
scientifica, nei capitoli che seguono.
È chiaro che gli acidi nucleici (l’acido desossiribonucleico o DNA e l’acido ribonucleico o
mRNA), presenti nel citoplasma e nel nucleo degli organismi viventi, sono e resteranno
attivi ed operanti per intere generazioni. Essi, costituiti da acido fosforico, combinato da
molecole di zucchero con cinque atomi di carbonio (pentosio) e quattro molecole di
composti azotati, pervasi, dall’Io Superiore, hanno la facoltà non solo di memorizzare e
rievocare il proprio passato, ma soprattutto di far rivivere le esperienze extrapersonali delle
generazioni passate, dando luogo agli strani fenomeni di “ipermnesia” e di “pantomnesia”,
emergenti dalla nostra memoria nascosta. Tutto ciò, ovviamente, si instaura a meraviglia,
stimolato dalle funzioni biochimiche del nostro sistema neuronico e dalla sua dinamica.
I neuroni, il cui numero si aggira intorno ai dieci, quindici o venti miliardi, formano il
nostro sistema cerebrale; ad essi spetta la trasmissione di interi messaggi che, partendo
dalla profondità del nostro Inconscio, investono le diverse parti dell’organismo quasi
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Pagine inedite
e di razionale ci offre la psicologia analitica e la genetica più avanzata.
Pertanto aggiungiamo che molte fobie, non avendo come supporto esperienze
direttamente vissute dal bambino o dall’uomo adulto nella vita presente, possono
benissimo essere spiegate come paure ataviche emergenti dall’Inconscio collettivo e
dalla memoria genetica.
Una risposta precisa ed analoga alla precedente daremo a David Graham, il quale, nel suo
interessante lavoro “Reincarnazione come terapia”, afferma che, a certi fenomeni mnesici,
non può darsi altra spiegazione se non ricorrendo alla tesi della rinascita. Noi diciamo,
senza infingimenti, che se la sua segretaria Jeany, alla vista del mare tempestoso, riviveva
la scena inquietante di un naufragio con la sensazione allucinante della sua morte tra
le mascelle di uno squalo gigantesco, il fenomeno insolito è da attribuirsi soltanto alla
emersione inopinata di ricordi dall’Inconscio collettivo o extrapersonale e non da quello
personale limitato alla vita presente. Certi ricordi vaghi, incerti e nebulosi non possono
darci prove irrefutabili di una vita precedentemente vissuta. Tenendo presente che il 100%
delle persone rievocano soltanto ricordi di un’unica vita trascorsa dal momento della
nascita alla morte, possiamo, senza alcun dubbio, ritenere che i parametri della nostra
coscienza vigile sono davvero uniformi, stabili e circoscritti: pertanto, la fenomenologia
ipermnesica è da ritenersi soltanto sporadica e abnorme, per cui non prova affatto né
la veridicità né la preesistenza dell’anima, così come intesa da Origène, da Carpocrate,
da Valentino e da Basilide, né suffraga la tesi reincarnazionistica. Inoltre, aggiungiamo
che se un tale soffre di agorafobia, di claustrofobia, di tanatofobia, di talassofobia, di
acrofobia, di sitofobia o di siderodromofobia, ecc., non è detto che tutta la vasta gamma
di stati fobici sia da collegarsi a vite da noi precedentemente vissute. L’uomo è un essere
complesso, dalla cui mente la memoria atavica o genetica emerge talvolta inopinatamente:
pertanto essa merita da parte nostra un attento esame e una seria ricerca scientifica.
Lo studio da noi condotto mira, così, a chiarire il mistero dell’aldilà e il destino che
attende l’uomo nella “vita post mortem”, sulla scorta delle principali religioni del mondo, specie di quelle riguardanti il pensiero orientale, così come delineato dagli antichi
classici dell’India: i Veda, le Upanishad e la Bhagavad-Gita. Un posto di rilievo abbiamo
dato al pensiero cristiano-cattolico, conformemente all’insegnamento sia del Pentateuco
(Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio) che del Nuovo Testamento. Dal che
tutta l’escatologia religiosa e la vasta casistica ipermnesica e pantomnesica passeranno
attraverso il vaglio della psicologia analitica e della scienza d’avanguardia.
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Pagine inedite
esperienze del bambino, sono un esempio di tali problemi, giacché quelle fobie possono
derivare da esperienze vissute in una vita precedente. La teoria della reincarnazione,
analogamente, ci può aiutare a comprendere la forte tendenza, che certi bambini hanno
della primissima infanzia, a indossare vestiti o ad assumere atteggiamenti di persone di
sesso opposto, cosa che può verificarsi quando è chiaro che tendenze di questo genere,
vengono combattute dai genitori”.
Da quanto rilevato, l’opinione dello Stevenson appare molto chiara e suasiva anche
se, non fa menzione alcuna circa la dinamica dell’Inconscio collettivo e il ruolo che gli
archetipi assumono nella vita di ogni individuo: in tal modo neglige quanto di buono
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Restauro delle Maioliche
Restauro di alcune maioliche
provenienti dal Museo Civico
e della Ceramica
di Ariano Irpino
di Mario D’Antuono
e Mirko Iorillo
D
vasi, con integrazioni strutturali, tuttavia, mai ipotetiche e sempre percettibili e distinguibili
rispetto alle parti originali; si è optato per un reintegro pittorico “sotto tono”, e il colore
delle parti rifatte, come da prassi archeologica, è stato quanto più vicino possibile a
quello del corpo ceramico visto in frattura.
I manufatti
I manufatti oggetto del restauro, tutti prodotti nelle antiche fabbriche di Ariano ed
appartenenti a varie classi tipologiche, sono collocabili tra il XIII ed il XX secolo:
Cer.
Cer.
Cer.
Cer.
Cer.
Cer.
Cer.
Cer.
Cer.
Cer.
1 Coppetta in protomaiolica, con palma - XIII secolo2.
2 Piatto in protomaiolica decorato con motivo geometrico - XIII secolo3.
3 Coppetta in protomaiolica con decorazione geometrica - XIII/XIV secolo4.
4 Coppetta biansata in maiolica monocroma - XV/XVI secolo5.
5 Coppetta in maiolica, stile compendiario XV/XVI secolo6.
6 Brocca biansata in maiolica “con cipressi , palma e fiori” - XVII secolo7.
7 Piatto in maiolica decorato con “spiga di mais” - XVII secolo8.
8 Saliera in maiolica - XVII secolo9.
9 Albarello in maiolica - XVII secolo.
10 Piatto in maiolica decorato con uccello - XX secolo.
Considerate le varie tipologie degli oggetti e soprattutto il loro diverso stato di
conservazione, sono state applicate metodiche differenti per ogni singolo intervento;
tuttavia, per rendere più semplice il quadro delle operazioni effettuate, si espongono
le fasi principali del restauro conservativo condotto.
Interventi di pulitura
9) Ibidem, p. 151.
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Restauro delle Maioliche
Cer. 7
urante il mese di novembre 2008, in collaborazione con Keramos-Restauri1, i
dott. Mirko Iorillo e Mario D’Antuono, hanno condotto, presso i laboratori siti
in Firenze, degli interventi di restauro su alcuni manufatti fittili provenienti
dal Museo Civico e della Ceramica di Ariano Irpino (AV).
La finalità dell’azione conservativa ha seguito un criterio ibrido, a metà strada tra il
restauro “ceramologico” e quello “museale”; ha influito, sulla scelta, la formazione,
archeologica, degli operatori.
Il restauro ceramico è, infatti, attività rivolta non solo alla conservazione della materia
ma anche ad una sua maggiore leggibilità, sia estetica che storica; in base alla finalità
dell’intervento stesso, esistono varie metodologie, che, per sommi capi, possono essere
classificate come: a) “restauro ceramologico”, che tende a favorire la parte documentaria
del manufatto e le sue caratteristiche tecnologiche; b) “restauro per esposizione museale”,
che tende a privilegiare la lettura in chiave formale e funzionale dell’oggetto; c) “restauro
antiquario”, che preme al collezionista ed ha finalità falsificatorie e mimetiche.
La migliore soluzione conservativa, per i manufatti qui presentati, è stata un compromesso
tra la destinazione espositiva degli stessi e la possibilità di preservare le loro informazioni
archeologiche; dunque un restauro che ha prediletto all’unisono gli aspetti formali, didattici
e documentari degli oggetti. Tale prassi è giustificabile se si considera la provenienza
di queste ceramiche, le quali, per gran parte, sono state recuperate in contesti di scavo
o in ricognizioni superficiali.
Le linee guida hanno dunque prediletto la ricomposizione dell’identità morfologica dei
1) Keramos - Restauri, Palazzo dei Pepi, 9 - 50122 Firenze. Resp. Anna Maria Gross.
2) O. D’ANTUONO, La Maiolica delle Antiche Fabbriche di Ariano nel Museo Civico, Catalogo della Ceramica di Ariano
Irpino (AV), Ariano, 2008, p. 132.
3) Ibidem, p. 133.
4) Ibidem, p. 130.
5) Ibidem, p. 144.
6) Ibidem, p. 139.
7) Ibidem, p. 152.
8) Ibidem, p. 150.
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Restauro delle Maioliche
Le attività di rimozione, dopo un’accurata documentazione dello stato di fatto, consistono nello scollamento dei frammenti tramite apposito solvente, e nella pulitura delle
fratture dagli adesivi e dalle eventuali integrazioni.
Interventi di consolidamento
Le operazioni di consolidamento sono state necessarie solo per due maioliche, per le
quali si è presentato il fenomeno del distacco della copertura. Si tratta di due oggetti
databili al XVII secolo: un piatto decorato con “spiga di mais” (Cer. 7) ed una brocca
biansata “con cipressi , palma e fiori” (Cer. 6). Il piatto presentava un progressivo distacco
dello smalto, probabilmente a causa di efflorescenze, favorito anche dalla presenza di
una fitta cavillatura dello smalto stesso; la brocca, oltre a compromettenti interventi
di “racconciatura” ed evidentissimi difetti di fabbricazione, presentava il distacco della
smaltatura e la presenza di micro crateri causati da granuli di calcare nell’impasto ceramico.
Per la ricoesione delle coperte è stato impiegato il noto Paraloid B72, disciolto in apposito
solvente.
Interventi di incollaggio
La ricomposizione dei vari frammenti è stata attuata attraverso l’utilizzo di adesivi
Cer. 2
reversibili, quali Movital e K 60.
Integrazione delle lacune
Con lo scopo di restituire integrità strutturale e morfologica ai manufatti sono state
realizzate le integrazioni delle lacune esistenti. Per tali ricostruzioni sono state utilizzate
tecniche diverse, tuttavia il materiale reintegrante è stato unicamente gesso dentistico
o alabastrino.
Per la reintegrazione delle forme aperte (Cer. 2, 7, 10) è stata impiegata la tecnica del
“torniello con argilla”, che sfrutta una controforma dell’oggetto, plasmata nell’argilla cruda
e adagiata su un tornio da decoratore, entro la quale viene posizionato il frammento
originale e poi colato il gesso.
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AEQVVM TVTICVM
Restauro delle Maioliche
La pulitura è l’unica operazione che ha carattere di “irreversibilità”; essa va dunque
eseguita con lentezza e discernimento, in quanto, molto spesso, ciò che a prima vista può
sembrare “sporco” potrebbe costituire testimonianza di quanto è accaduto al manufatto,
fornendo informazioni relative al suo utilizzo.
L’eliminazione delle incrostazioni avviene tramite l’impiego di reattivi chimici e/o l’utilizzo
di azione meccanica, ma, in entrambi i casi, si corre il rischio di provocare danni agli
oggetti, soprattutto se essi sono molto porosi e meccanicamente deboli.
Nel caso specifico sono stati attuati i seguenti interventi:
1.Lavaggio dei frammenti in acqua e sapone neutro Tween 20.
2.Rimozione delle incrostazioni calcaree, terrose o silicee, presenti sul corpo degli
oggetti, tramite l’utilizzo di acidi “deboli” e bisturi.
3.Eliminazione di macchie superficiali dovute alla presenza di composti del ferro e del
manganese ed alla alterazione di eventuali resti organici presenti sulla superficie del
reperto.
4.Trattamento biocida, contro l’attacco biologico, tramite Biotin R ed Acqua Ossigenata
100 Vol.
Rimozione di vecchi restauri
Cer. 9
Alcuni degli oggetti hanno mostrato precedenti interventi di ricomposizione, alcuni
molto grossolani (come nel caso della brocca biansata, in maiolica, “con cipressi , palma
e fiori”, datata al XVII secolo; Cer. 6).
Questo fenomeno è piuttosto frequente per i vasi provenienti da collezioni, e, se non si
ritiene opportuno conservarlo quale testimonianza, è necessario ricorrere allo smontaggio
del vecchio intervento.
AEQVVM TVTICVM
pag. 81
Restauro delle Maioliche
Cer. 2
presentata la possibilità di condurre interventi di restauro sui
manufatti ceramici: ciò è dovuto,
quasi sempre, alla provenienza,
dei manufatti stessi, da collezioni
private, e, dunque, al loro ottimo
stato di conservazione.
Alcuni vecchi restauri, poco scientifici, si notano oggi nella collezione del Museo, essi sono spesso
di tipo “antiquariale” e dunque
mimetico, confermando la prassi
anzidetta. Tali integrazioni, spesso
difficilmente individuabili, anche
se metodologicamente errate,
non vengono quasi mai rimosse,
confermando la vocazione “collezionistica” del patrimonio museale.
Da pochi anni, la sensibilità dell’ente museale di Ariano Irpino, ha
stimolato una attività di raccolta
di reperti ceramici su tutto il territorio comunale. Tale operosità ha
permesso di rinvenire vasellame
ascrivibileaisecoliXIII-XVI,permettendo di retrodatare la produzione
ceramica cittadina di vari secoli, e,
soprattutto, ha permesso di reperire materiali ignoti al collezionismo
antiquario che, per loro natura
sono reperti archeologici, anche
se decontestualizzati, e come tali
devono essere trattati, considerati
e conservati.
Cer. 6
pag. 82
AEQVVM TVTICVM
Restauro delle Maioliche
Per le forme chiuse è stato realizzato un “calco in cera dentistica”
e, per la reintegrazione di un’ansa
tortile (Cer. 6), della gomma siliconica plasmabile.
Integrazione decorativa:
La fase finale ha previsto una
integrazione decorativa, volta a
migliorare la lettura dell’intervento
di restauro, ma anche ad una più
elevata fruizione del bene.
La maggior parte dei manufatti
ha ricevuto una finitura acrilica,
monocroma, con toni che riproducono la colorazione dell’argilla
in frattura. Tale prassi garantisce
la trasmissione di informazioni sul
manufatto, in questo caso relative
alle colorazioni degli impasti, dopo
che esso è stato ricomposto.
Unicamente per due oggetti (Cer.
4-5), rinascimentali, la coppetta
biansata in maiolica monocroma
bianca e la coppetta in stile compendiario, è stata attuata una integrazione pittorica con “puntinato
e selezione cromatica”, tecnica che
permette di ricomporre la cromia
originale tramite l’utilizzo di piccoli
puntini colorati, dei quali la somma
cromatica, a debita distanza, riproduce esattamente il tono originale
dell’oggetto e garantisce, al tempo
stesso, riconoscibilità e neutralità
dell’intervento.
Conclusioni
Gli interventi di restauro rappresentano, nel nostro caso, la fase
immediatamente precedente
all’esposizione museale; essi
hanno il fine di restituire ai manufatti consistenza strutturale, senza
comprometterne la leggibilità
storica.
Nel quadro delle attività condotte
dal Museo Civico e della Ceramica
di Ariano Irpino, raramente si è
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Cer. 1 - Coppetta in protomaiolica, con palma - XIII secolo
Cer. 2 - Piatto in protomaiolica decorato con motivo geometrico
- XIII secolo -
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Restauro delle Maioliche
Cer. 3 - Coppetta in protomaiolica con decorazione geometrica
- XIII/XIV secolo -
Cer. 4 - Coppetta biansata in maiolica monocroma
- XV/XVI secolo -
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Restauro delle Maioliche
Cer. 5 - Coppetta in maiolica, stile compendiario - XV/XVI secolo
Cer. 6 - Brocca biansata in maiolica “con cipressi , palma e fiori”
- XVII secolo -
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Restauro delle Maioliche
Cer. 7 - Piatto in maiolica decorato con “spiga di mais” - XVII secolo
Cer. 8 - Saliera in maiolica - XVII secolo
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Cer. 9 - Albarello in maiolica - XVII secolo
Cer. 10 - Piatto in maiolica decorato con uccello - XX secolo
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Collezione di Arte Contemporanea
Intorno alla
“Collezione di Arte Contemporanea”
del Comune di Ariano
di Ottaviano D’Antuono
I
l 27 settembre 2008, venni invitato presso il locale Auditorium, in occasione
della “Giornata Europea del Patrimonio”, da Chiara Lo Conte, Responsabile della
Biblioteca comunale “P. S. Mancini” di Ariano, per parlare della “Collezione di
Arte Contemporanea”, custodita presso la stessa Biblioteca.
Nella circostanza veniva esibito il quadro di Gianni Pisani, “Il Pendolo”, appena restaurato
dall’autore.
Qualche parola, sul controverso ripristino, bisognerà pure spenderla, visti gli infelici
risultati che si sono conseguiti.
Una meraviglia, il manufatto informale, prodotto dal Pisani nel 1964, premiato nella
Rassegna “Premio Città di Ariano” del 1965, ultimamente esposto nella prima sala della
Biblioteca cittadina.
Il quadro era intriso di materia, che, rispecchiando interamente il suo periodo storico,
portava in sè una carica di energia giovanile ed un drammatico lirismo. Attualmente,
dopo il “non necessario” intervento, godiamo di un’opera completamente diversa per
contenuti e per forma, “Il Pendolo 2008”, espressione di chi, ormai appagato, “gode del
tranquillo mare della sera”.
Aggiungo che i risanamenti, quando necessari, si affidano sempre e soltanto a tecnici,
che in ogni caso, devono sorvolare sul dialogo artistico.
Ritorno a parlare della raccolta, della quale chi mi aveva invitato, conosceva soltanto, e
vagamente, che le opere, dipinti e sculture, provenivano da mostre tenutesi in Ariano,
negli anni Sessanta del trascorso secolo.
Il “Seminario” prevedeva, oltre al mio, vari e più autorevoli interventi.
Ci furono relazioni di Nicola Spinosa, Soprintendente ai Beni Storici ed Artistici di Napoli,
di Gianni Pisani, pittore e già Direttore dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli, di
Domenico Gambacorta, Sindaco di Ariano, di Chiara Lo Conte, che ritorno a ringraziare
di cuore, anche da queste righe, rinnovandoLe i migliori auguri per rosei traguardi,
principalmente perchè è stata l’unica che abbia mostrato interesse per le opere, delle
quali sto argomentando.
Non ebbi, in tale avvenimento, tempo sufficiente per esporre, in modo consono, tutto
quanto necessitava essere rievocato, per illustrare ad una Comunità, ormai completamente
assopita ed asservita, epiche circostanze del passato, gloriosi concittadini scomparsi ed
obliati, turpi costumi di una “politichetta” sporcacciona, che ha prodotto soltanto rovine
irreversibili e nefandezze.
Pensai, quindi, di rendere testimonianza con uno scritto, che coinvolgesse, anche, i
concittadini del futuro, che non conosceremo mai, ai quali, possiamo solo chiedere
perdono per quanto i Lanzichenecchi locali, hanno loro, vigliaccamente sottratto.
Mitici, per la nostra Ariano, gli anni Sessanta del secolo scorso!
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Collezione di Arte Contemporanea
AEQVVM TVTICVM
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Collezione di Arte Contemporanea
Aveva lasciato la nostra comunità, nel decennio precedente, la quotidiana sopravvivenza
del Medioevo, conquistando in un battibaleno, acqua corrente, il cesso, carta igienica,
lo spazzolino da denti, i profilattici, medicine, il pane bianco e la carne.
Un Medioevo che, da noi, era durato, immutabile ed inalterato, qualche millennio!
E si iniziò a fantasticare e a sperare.
I giovani – ed io con loro – incominciarono a discutere, a chiedere, a pretendere. Parlavano
di tutto: anche di Dio, di Politica, di Giustizia, di Amore, di Lavoro, di Libertà e di Arte.
Nasceva l’attesa viva e fiduciosa di un futuro bene, in una Città bellissima, protetta, da
sempre, da cittadini rispettosi di ogni cosa.
Un gioiello il Parco Comunale, amorevolmente protetto dall’erboso, vetusto ed onorato
Castello; linde, sconnesse e predilette le affollate strade e viuzze; una Natura gioiosa
contornava una Città, vissuta da cittadini operosi ed onesti che si accingevano a costruire
il proprio domani nel pieno rispetto della storia.
La politica, non da molto riconsegnata al popolo, dopo i disastri e le lacrime del ben
noto e famigerato ventennio, era gestita da uomini colti, preparati, scelti fra i migliori,
pronti ad amministrare nell’interesse di tutti.
E la voglia di libertà ci regalò l’Arte, perché essa è “la creazione di un mondo di Sogno,
abbastanza seducente da nasconderci il mondo in cui viviamo e tutti i suoi orrori, la
chiave che apre le porte di un mondo, inaccessibile con altri mezzi, in cui tutto sia buono
e perfetto, bellezza e perfezione” (A. Camus).
Ad Ariano la prima Mostra d’Arte fu allestita nel 1962 (avevo soltanto 16 anni) ed occupava
tutto il piano terra del “Palazzo Delle Monache”, il primo “mostro” realizzato in cemento
che, ancora oggi, purtroppo, si erge su Piazzale Lusi, prima della Villa Comunale.
Quella prima avventura artistica terminò la sera del 21 Agosto dello stesso anno, quando
il terremoto scosse la terra e lesionò le nostre anime.
Non ci furono morti. Si staccarono i marmi del palazzo, sede della Mostra. Perì soltanto
la Chiesa del Calvario, in fretta demolita, e la coscienza cittadina.
Giunsero i soldati con tanto latte, arrivò la diarrea e… il Presidente Segni; poi, nel tempo,
anche i soldi, gli affari, il malcostume e la mafia politica.
Le manifestazioni artistiche erano organizzate, annualmente, dalla “Pro Ariano” –
Associazione Turistica, che riceveva contributi dal Comune e dall’E.P.T. di Avellino.
Presidente del Sodalizio era il Dott. Domenico Covotta, in seguito ripetutamente Sindaco
della Città; Segretario, l’indimenticabile amico, Don Enrico Franza.
A Lui, in ricordo, nel 1980, dedicai una mia Mostra Antologica e Luigi De Padua, altro
caro amico, nel numero speciale di Ara Iani (23-28. VIII. ’80) così scrisse:
“Ma, Ottaviano D’Antuono soprattutto vuole questa manifestazione dedicata alla
memoria del rimpianto Enrico Franza di cui l’Ariano - estiva avvertirà sempre il vuoto
non colmato che ha lasciato Chi seppe rappresentare con intelligenza e con fervore
la Proloco, Chi fu impareggiabile organizzatore e fautore di irresistibili divertimenti, di
spettacoli, di ritorni folkloristici che molto contribuirono alla riuscita del turismo locale
e la cui risonanza si estese oltre provincia ed anche in campo nazionale in occasione di
grandi mostre di pittura”.
Don Enrico “prematuramente scomparso all’affetto della famiglia e dei numerosi amici”,
era l’anima della Pro Loco, a Lui si stringevano tantissimi giovani (Nicola D’Antuono,
Antonio D’Antuono, Tullio De Franco, Ugo Ficuciello, Mario Formato, Leo Del Giacomo,
Peppino Russo, Lello Albanese, Cesare De Padua, Cesare Paduano, Gaetano Bevere,
Rosalba Albanese, Antonio Grasso, Enzo Polito, Fernando Di Gregorio, Pasquale Moscatelli,
Alfonso Grassi, Rocco Lombardi, Ottaviano D’Antuono).
La Sua casa era aperta a tutti, pittori e non, si ballava, si cenava, ci si divertiva e si
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Della successiva “Rassegna Nazionale di Pittura e Scultura - Premio Città di Ariano” del
1966 (31 luglio, 15 settembre - Palazzo Ducale Caracciolo di Melito) si riporta qualche
rigo di quanto detto dai critici, per sottolineare l’importanza di tale evento.
“Il senso di una manifestazione come questa di Ariano Irpino credo possa essere quello
di offrire ai giovani dell’ultima generazione, ai “ventenni”, una specie di zona franca
entro cui proporre con tutta libertà i loro esperimenti, al riparo da certe prevenzioni e
da certi tabù che oggi si fanno nuovamente sentire con molta violenza”. (Renato Barilli).
“Non credo si possa facilmente negare che il Premio Ariano Irpino 1966 sia coraggioso:
e non soltanto perché punta il suo significato e la sua fortuna su una nuovissima
generazione di artisti italiani, intendendo dunque inoltrarsi in un terreno ancora poco
esplorato e certo tutt’altro che codificato”. (Enrico Crispolti).
“Non a caso il Premio Città di Ariano ha aperto i suoi battenti ad artisti giovani che con
le loro proposte figurali-espressive sono incidenti sul panorama artistico nazionale ed
internazionale e rappresentanti di quanto più autentico (in senso della invenzione e della
significazione) venga oggi prodotto dalle nuove leve nel campo delle arti figurative”.
(Ciro Ruju).
Il cortile, le cantine ed il giardino del Palazzo Ducale, donato dalla Duchessa Isabella
Caracciolo di Melito alla Curia Vescovile di Ariano, successivamente ed ingiustamente
svenduto a privati, ospitarono questa meravigliosa Rassegna.
“Il giorno 31 luglio 1966, alle ore 10,45 la Giuria (Crispolti Enrico, Covotta Domenico,
Barilli Renato, Ruju Ciro), sotto la presidenza di Mario Ortu, Vice Sindaco, in sostituzione
del Sindaco Fedele Gizzi, per la Pittura, decise di assegnare il Primo premio “ex aequo”
a Romano Notari (Processo sofferto) e Fernando De Filippi (Ritratto d’ignoto); per la
Scultura, assegnò il primo premio a Giuseppe Pirozzi per l’opera (Dietro la porta ).
da dx: Don Enrico Franza - Antonio Manganiello - Giovanni Macchione - Nicola D’Antuono
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lavorava, tutti, per Ariano.
Pagava sempre Lui, quando di sera si andava da Carminio “Due Nani” alla Guardia di
Sotto, per gustare la “trippa”, “pipilli-patane e salisicchi” o “li ciammaruchelle”. Poi, tutti a
lavorare, in allegria, di notte, per preparare gli arredi per Natale o Carnevale, per l’Estate
Arianese o per le Mostre.
Figlio di Oreste Franza (più volte Sindaco socialista di Ariano nei primi decenni del ‘900),
Don Enrico fu un Grande Signore, un Grande Maestro, un Grande Arianese.
Cugino del Sen. Enea Franza (M.S.I.), non parlò mai di politica, mai chiese un voto per il
proprio congiunto. Altri tempi, altri Uomini, altro stile!
Alla fine di questo doveroso e breve ricordo, riporto il testo che si legge sul marmo che
chiude la Sua tomba:
Solo il magnanimo sentire
e la gentilezza amica
furono più grande, in lui,
dell’amore per Mina sua sposa
e per i figli.
A me piace rileggerlo in questo modo:
Solo l’affetto che nutriva per Ariano e per gli amici
Superò l’amore che aveva per la moglie Mina e per i figli
Bravo Don Enrico Franza, Grazie!
Ormai diciannovenne, partecipai con un mio “lavoro” - Realtà di un mondo perduto - che
si inseriva nella “Fumettistica Americana”, al “Terzo Premio Nazionale di Pittura Città di
Ariano”, Padiglione E.C.A. dal 19 settembre al 10 ottobre 1965.
Il quadro venne molto apprezzato dalla giuria e dal pubblico, anche perché, nei miei
discorsi giovanili, venivo seguito assiduamente da mio fratello Nicola, da Tullio De
Franco e Ciro Ruju.
De Franco, valido pittore ed ottimo disegnatore, era docente di Figura Disegnata, al
Liceo Artistico di Salerno. In Ariano, un suo lavoro si conserva nella Sala dell’Ordine
degli Avvocati, presso il Tribunale “Ingresso di Ruggero II in Ariano”, altri suoi dipinti si
possono ammirare presso il Santuario di Carpignano, in Grottaminarda.
Ruju, critico d’Arte, l’ho incontrato di nuovo, dopo quarantadue anni, quale Direttore
del Museo Artistico Industriale “Filippo Palizzi” di Napoli, con annesso Istituto Statale
d’Arte, quando chiedevo a quell’Istituzione notizie in merito al nostro concittadino
Giuseppe Rendesi.
Alla terza edizione del 1965, la Giuria (A. De Stefano, F. Gizzi, O.Celeghin, T. De Franco,
C. De Paola, A. Miele, O. Zecchino), assegnò il Primo Premio “ex aequo” a Carlo Alfano
e Gianni Pisani, il secondo Premio “ex aequo” a Italo Palumbo ed Enrico Ruotolo; altri
premi a Gustavo Lo Russo, Alfonso Siano, Lucia Storti, Ettore Brancaccio, Valerio Ferrara,
Leo Del Giacomo.
Il Padiglione E.C.A., dismesso da tempo, ottimamente restaurato ed imbiancato, suddiviso
in tanti piccoli ambienti, ed il Piazzale Pasteni, tutto imbandierato, furono, con gusto,
l’originale teatro della manifestazione.
I manifesti furono realizzati a mano, uno per uno; enormi cartelloni stradali, sulle Strade
Nazionali, pubblicizzavano il meraviglioso sforzo; fortemente scossa restò la comunità
locale, guardando le opere informali e le proposte della Pop ed Optical Art.
L’eco della Mostra giunse in ogni parte della penisola e di essa parlarono le maggiori
testate nazionali; del resto in Italia, per la pubblicizzazione delle nuove proposte d’Arte, a
quella data, ci si affidava soltanto alla Biennale di Venezia ed alla Quadriennale di Roma.
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“La Nuova Figurazione e sue Realtà”.
Luciano Caramel tra l’altro disse:
“E in tale direzione possono essere senz’altro utili anche libere manifestazioni come questa
di Ariano Irpino, che mi sembra quindi vadano incoraggiate: pure da esse può infatti
venire ai giovani ed ai giovanissimi - ai quali l’iniziativa è dedicata - l’invito - e, anche,
l’aiuto - ad essere prima di tutto se stessi, senza cedere ai ricatti di una situazione che
avvilisce l’individuo, l’espressione artistica e la stessa positiva esigenza di “oggettività”.
Non si può non menzionare, anche, quanto asserì Cesare Vivaldi:
“E’ quindi un merito della Mostra di Ariano tentare, ad elevato livello qualitativo, di fare
un primo punto della situazione, portando all’esame del pubblico e della critica artisti
poco conosciuti (anche se parecchi già affermati, sia pure nell’ambiente ristretto degli
intenditori) in un contesto vivacemente dialettico, ricco di opposizioni ma anche di
convergenze: le une e le altre destinate a precisarsi e ad approfondirsi nei prossimi anni”.
Ma la fantastica vicenda artistica del “Premio Città di Ariano” terminò quell’anno; i
“prossimi” non giunsero mai !
Il Sindaco di Ariano, Prof. Fedele Gizzi, che aveva, per più anni, promosso ed appoggiato
la meritoria iniziativa, non ebbe dagli alleati politici i dovuti consensi e fu costretto ad
interrompere i relativi finanziamenti.
Le Città di Milano e di Avellino chiederanno di acquistare i diritti per continuare, a proprio
nome, la Rassegna, ma, anche quelle istanze cadranno nel vuoto dell’oblio.
E’ necessario onorare, a questo punto, Fedele Gizzi, per i più, Lillino, mio Preside, mio
Professore, in seguito mio caro amico.
Amministratore comunale, Sindaco di tutti gli Arianesi, ma, principalmente degli umili
e degli ultimi che “riscattò e guidò verso mete di elevazione morale e sociale”.
Presidente della Provincia, Presidente della Comunità dell’Ufita, Gigante della Cultura e
del Teatro; da amico l’ho visto piangere, quando infidi politicanti locali “avevano cercato
di infangarLo, attentando, vanamente, alla Sua onorabilità ed alla Sua dignità”.
Onde evitare di essere troppo prolissi ed eccessivamente ricercati, si riporta quanto
detto, nel 2002, dall’amico Mimmo Cambria, al termine del Suo “Ricordo”, ad un anno
dalla morte:
“EcomenonricordarLo,ancora,anchedurantequalchecenagoliardicacheorganizzavamo
con i fratelli D’Antuono, Nicola Savino ed il Prof. Scapati, dove, tra un bicchiere e l’altro di
ottimo Aglianico, non disdegnava raccontarci qualche aneddoto di vita vissuta, recitare
una poesia, e perché no …una barzelletta.
…Gizzi…….una stella che ha graffiato il firmamento del mondo arianese, passata troppo
veloce per apprezzarne i meriti; come veloci sono tutte le cose belle che si aspettano,
passano e vanno via…Mentre noi, quasi smarriti, a rimirare il cielo in attesa di un’altra
stella”.
Bravo Professore Gizzi! Grazie, Maestro ed Amico!
Le opere, provenienti dalle varie e non numerose “Rassegne” resteranno affidate alla
“Pro Ariano”, collocate nelle tante sale, al primo piano, del Convento degli Agostiniani,
a Piazza Ferrara.
La numerosa collezione non comprenderà, soltanto, le opere degli Artisti Premiati, ma
anche i manufatti donati da tanti partecipanti: in ogni modo non v’era alcun inventario
dei quadri e delle sculture!
I locali, in seguito, ospiteranno anche diverse mostre, organizzate dal novello “Circolo
Artistico” arianese; lo stesso, puntualmente programmerà tante esposizioni in vari punti
della Città.
I componenti del Sodalizio, ancora, nel tempo, creeranno dividendosi, il “Neo Groupe
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Altri premi ai pittori Elio Parisi, Enzo Polito, Antonio Grasso e Leone Sinibaldi, fra gli artisti
irpini accettati e concorrenti alla Rassegna” ; io presentai (Realtà di un mondo nuovo) .
“Incoraggiati dall’interesse del pubblico e soprattutto della critica”, R. Barilli, L. Caramel,
E. Crispolti, C. Vivaldi e C. Ruju, accetteranno di strutturare anche nel successivo1967 il
“ Premio Città di Ariano”.
In Villa Comunale si realizzarono eleganti ed immacolati padiglioni e le fiorite aiuole
accolsero meravigliose sculture.
Dal 5 agosto al 10 settembre, il parco cittadino, tra serate danzanti e ricevimenti, si gremì
di migliaia di abbagliati visitatori, mentre una fila interminabile di curiosi si accalcava
all’ingresso del padiglione della “ Cinetica”, allestito da Tony Stefanucci, “Clap Show” de
Klap et Monstro.
Ai pittori Umberto Buscioni e Giuseppe Collina venne assegnato il Primo premio “ex
aequo”; per la Scultura, la Giuria decise di assegnare il Premio all’opera di Valeriano
Trebbiani, “Delirium tremens”. Per la sezione degli artisti irpini, il Premio “ex aequo” andò
ai pittori Ottaviano D’Antuono e Antonio Grasso.
In questa occasione, quale “ Edizioni Premio Città di Ariano” a cura di Ciro Ruju e con
Prefazione di Giuseppe Marchiori, venne dato alle stampe il Volume dal titolo significativo,
Rassegna di Pittura e Scultura “Città di Ariano” - Villa Comunale, 5.VIII.1967.
da sx: Ciro Ruju - Fedele Gizzi (alle spalle di Gizzi si intravede Don Enrico Franza) - Pasquale Venezia (Vescovo)
- Don Donato Minelli - Antonio Manganiello - Ortensio Zecchino - Don Carminio Lo Surdo - Mario Schiraldi
(Capitano C.C.) - Domenico Covotta - Luigi Chianca (in primo piano).
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Artistique”, la “Galleria d’Arte - il Timone” e la “ Bottega d’Arte Klee”; i discorsi artistici in
Ariano, troveranno per anni, se pur ridimensionati, terreno fertile.
Il 12-11-1975, ancora giovane (all’età di sessant’anni), muore “Don Enrico” e con la Sua
prematura dipartita, scomparirà per sempre chi rappresentava in modo essenziale la
“Pro Loco”.
La stessa Associazione si disciolse, e nel tempo restarono infruttuosi i vari tentativi di
tanti “inautentici Presidenti” di riportarla in vita: “Nemo dat quod non habet”, e costoro
avevano da elargire soltanto la loro immodesta vanagloria.
Prendo a prestito, dal componimento di un anonimo locale, “ Ariano, il Paeso di Filumea”
apparso, nel mese di Agosto del 2008, sulle cantonate e in tanti esercizi commerciali di
Ariano, alcuni versi che ottimamente descrivono l’Ariano attuale, certi comportamenti
e mancati risultati:
Nun manca certo la “ Pru Logo”
che il bello è già nel logo:
Un canciello sgarrupato
e na preta mist’a llato!
Quanta feste a urganizzate
pi quartieri e pi cuntrate,
mamma mia, quanta turisti:
a milioni !! Tu l’a visti ??
L’ex Convento degli Agostiniani, non più frequentato, sarà abbandonato e svuotato degli
arredi e gli oggetti d’arte, trascurati, verranno accantonati nei silenziosi e bui ambienti
del Palazzo, cadendo nell’oblio.
Nel 1983, dopo tre anni dall’ultimo terremoto, il terzo del secolo XX, che non aveva
arrecato danni all’immobile, l’Amministrazione comunale, Sindaco Romolo De Furia,
decise di demolire il Convento di S. Agostino a Piazza “Ferrara”.
Il nostro impegno non riuscì a salvarlo; neanche conseguì un buon risultato il tentativo
di salvare almeno la facciata!
Un delitto quell’abbattimento, ma, ancor più aggravato dal fatto che, si demoliva
l’immobile con tutto ciò che ancora custodiva.
Andò perduto l’Archivio del Carcere, conservato in decine di grandi casse, depositate
nei locali a piano terra, e tanti reperti dell’ “Area Riservata” del Tribunale, dimenticati nei
sotterranei del Palazzo, quando la sede giudiziaria venne trasferita al Calvario: molte
pistole, certamente corpi di reato, e le relative munizioni, le consegnai ai Carabinieri.
Sotto le pietre finì anche un antico pianoforte; portai all’esterno, aiutato da passanti,
sui marciapiedi verso Via Marconi, un monumentale camino in terracotta, alto circa tre
metri, con festoni e cariatidi; nei giorni successivi fu depredato delle decorazioni ed in
seguito, il rimanente, sparì nel nulla.
Le opere provenienti dal “Premio Città di Ariano”, ammuffite ed ossidate, con l’aiuto di tanti
curiosi, riuscii a metterle in salvo, depositandole in un angusto locale, che utilizzavo per
dipingere, di proprietà di mio cognato, Antonio Palinuro, nell’Edificio dell’ex “Avviamento”,
distante qualche decina di metri, sempre a Piazza “Ferrara”, anch’esso meritevole di essere
salvato ed anch’esso distrutto!
Ma gli spazi erano limitati e non passò molto tempo che mi vidi costretto a dare in
prestito a tanti amici e conoscenti, i quadri e le sculture, con l’impegno di rendere tali
opere alla collettività, in tempi migliori.
L’anno successivo, 1984, si andava realizzando, adiacente alla cinquecentesca Chiesa di
S. Agostino, sul suolo dove sorgeva l’antico “Convento” omonimo, la sconcia facciata in
vetro, che ancora oggi offende il buon gusto dei cittadini, dei forestieri e dell’Architettura.
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Ciccone, componente del Circolo “Nuova Dimensione” - Arch. Maddalena Marselli della
Soprintendenza di Avellino e Salerno.
L’Arch. Marselli aveva convocato la riunione “a seguito di una ispezione effettuata dal
Ministero dei Beni Culturali in data 29 giugno 1984” e riferì “di aver appreso dallo stesso
Ispettore il contenuto del documento, per altro già espresso durante il sopralluogo:
l’Ispettore del Ministero giudicava fuori scala la scelta progettuale della facciata vetrata
per il prospetto del Palazzo degli Uffici su Via Tribunali”; nel provvedimento scritto
figurava anche il motivo: “Tipologia dissonante con l’ambiente circostante”.
“Congiuntamente i Sigg.ri Ciccone, Savino, Guardabascio e D’Antuono” dichiararono:
“che il Provvedimento dell’Ispettore del Ministero dei BB.CC. fa finalmente luce su una
soluzione progettuale atipica rispetto all’ambiente ed al territorio dove si intende ubicarla
e che trova concordi i Circoli Culturali che da sempre hanno sollecitato una soluzione
alternativa”. (dal verbale sottoscritto dai partecipanti).
Il nostro impegno fu totale ed in particolare la dedizione e la determinazione profusa
dal compianto amico Don Pasquale Ciccone. Il Provvedimento del Ministero, inviato
da Roma, non giunse mai al Comune di Ariano ed oggi criticata anche da coloro che la
imposero, quella vetrata, sporca ed annerita, oltraggia, ancora la Piazza; la sua sostituzione,
da anni, si inserisce nelle tante, vane, promesse elettorali cittadine!
Come non ricordare, a questo punto, il caro Don Pasquale Ciccone, Paladino della Giustizia
e della Sincerità, come non descriverlo, anche se brevemente, a quelli che verranno ?
Sempre in trincea, per difendere la Città e la Storia! Antico Galantuomo, ignorava gli
accomodamenti ed i vantaggi.
Aveva fatto Suo, quanto dettato dal medico Santo, Giuseppe Moscati, come fece mio
Padre Mario, come ha fatto mio figlio, che porta con onore lo stesso nome:
“AMA LA VERITA’, mostrati qual sei
e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi.
E se la Verità ti costa la persecuzione, e tu accettala;
e se il tormento, e tu sopportalo.
E se per la Verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita
e tu sii forte nel sacrificio”.
Grazia Vallone, amica di grande valore, di Lui, ebbe a dire: “la Sua morte ci ha sorpreso
come sorprende ogni volta che muore un giovane, quando pensiamo ai progetti, ai
desideri e ai sogni infranti per sempre.
Il tempo non ha colmato il vuoto, solo la memoria potrà consentire a questa Città di
non perdere il senso profondo della vita di uno dei suoi cittadini più illustri”.
Bravo, Don Pasquale Ciccone, Ariano tutta, Vi ricorda e Vi ringrazia!
Immeritatamente ho avuto nella vita grandi guide, ho conosciuto uomini impavidi
ed eccelsi, così distanti dagli smorti, attuali, “cantastorie” buoni a recitare sulle piazze,
durante le feste e le fiere paesane, dopo aver “indossato la giubba e dato una spolverata
di farina alla faccia”.
Il 27 ottobre dell’anno 1991, inviai a Napoli (perché in mio possesso), su richiesta della
Soprintendenza ai Beni Artisti e Storici, firmata dal Prof. Nicola Spinosa, la scultura in
bronzo e legno di Giuseppe Pirozzi, “Dietro la Porta 1965” in occasione della Mostra:
“Nuove tendenze nelle arti a Napoli dal ’45 al ’65” tenutasi a Castel Sant’Elmo.
L’opera, che era stata assicurata per un valore di 50 milioni di lire, mi venne restituita il
1° febbraio del 1992; nei due verbali redatti, lo scrivente firmò in veste di proprietario.
La stessa, bellissima, scultura del Pirozzi mi venne richiesta dall’Autore per una Mostra
Antologica a Lui dedicata dal Comune di Napoli - “Giuseppe Pirozzi” - Napoli, Castel
Nuovo - Sala Carlo V - 6 luglio - 5 settembre 2006; riconoscente l’artista, nell’occasione,
mi omaggiò di un suo disegno.
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Si cercò di evitare una simile bruttura, chiedendo l’intervento della Soprintendenza ai
Beni Storici e Artistici di Avellino e Salerno!
Il 25 luglio del 1984, presso la Soprintendenza di Avellino, dietro invito dell’Arch. Marselli,
convennero il Sindaco di Ariano, Avv. Pasquale Giovannelli - il Direttore dei Lavori
per la Ricostruzione del Palazzo degli Uffici, geom Giuseppe Di Furia - il Sig. Fedele
Romano, rappresentante dell’Impresa appaltatrice “Pessina s.p.a” - Ottaviano D’Antuono,
Presidente del Circolo Artistico “ Enrico Franza” - Nicola Savino, Vice Presidente dello
stesso Circolo - Raffaele Guardabascio, Cassiere del Circolo “Aequum Tuticum” - Pasquale
da sx: Nives Molinario - Ottaviano D’Antuono - Nicola D’Antuono - Saverio Baritono - Nicola Savino - Don
Pasquale Ciccone - Emilio Chianca - Angelo Riccio.
I Rievocazione storica del Dono delle Sante Spine - 10.VIII.1997.
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Nel 1991, il 28 giugno, si inaugurava “il tanto atteso ed auspicato Museo Civico di Ariano”.
Voluto dal Sindaco Dott. Domenico Covotta e dal Sen. Prof. Ortensio Zecchino, che
avevano fatto proprie le richieste di tanti benemeriti concittadini, l’Istituto realizzava il
sogno da sempre accarezzato dalle Associazioni Culturali Cittadine.
Nell’occasione, in ogni modo, si avviava soltanto un discorso tutto da concretizzare, cosa
che avverrà nel tempo, grazie a serie proposte ed amorevoli premure.
L’anno successivo, dopo aver accettato l’invito rivoltomi da chi aveva desiderato questo
lieto evento, pensai di richiedere la restituzione, ai detentori dei manufatti artistici,
provenienti dai “Premi Città di Ariano”, anche per coprire enormi spazi vuoti, esistenti
nella struttura di Palazzo Forte.
Nasceva così la Sezione di “Arte Contemporanea” nel Museo Civico di Ariano, visitata,
nel tempo, anche dal noto Storico dell’arte, Vittorio Sgarbi.
Ma, non tutte le opere vennero restituite; alcuni negarono l’antico impegno, altri le
riconsegnarono a malincuore.
Ringrazio da queste pagine, ignorando i furfanti e gli indegni, soltanto gli encomiabili:
Leonardo Del Giacomo - Antonio Palinuro - Gaetano Bevere - Nicola Savino - Saverio
Iandiorio - Antonio Blasi - Donato Caro - Antonio D’Antuono e me stesso.
I manufatti che mancavano fra quelli trafugati, in precedenza, nei locali della Pro Loco e
nella sede della “Vecchia Biblioteca” in Via D. Anzani, e quelli non resi, erano almeno dieci.
Nel 1995, la Sezione artistica del Museo si arricchiva con l’acquisizione di un nuovo
quadro del Maestro Carlo Alfano (Paesaggio). L’opera, con l’intervento decisivo del
Circolo Culturale “Nuova Dimensione”, venne donata dal Dott. Carlo Meluccio di Avellino.
Il Museo, ormai, diventava sempre più una valida realtà, anche grazie al contributo di
meritevoli concittadini e valide Associazioni, e gli spazi, nell’ultimo piano di Palazzo
Forte, divenivano sempre più angusti.
Necessitava, a questo punto, fare delle scelte: preferii ed amai più di ogni altra cosa la
“Maiolica di Ariano”.
Pensai, quindi, di trasferire, la “Collezione d’Arte” nei nuovi locali, ormai disponibili, della
nuova Biblioteca in Via Tribunali, che fu inaugurata Mercoledì 16 settembre 1998.
Provvidi anche a far realizzare nuove cornici per i quadri, le basi per le sculture e apposi
le targhe con i nomi degli autori ed i titoli delle opere, grazie all’accondiscendenza
dell’Assessore alla Cultura del tempo, il Dr. Carmine Grasso.
I manufatti furono restaurati, gratuitamente, da chi scrive, per quel minimo che necessitava,
perché nel “risanamento”, bisogna agire nella misura più ridotta possibile.
Le opere superstiti, attualmente e finalmente, sono state riscoperte e rimesse ufficialmente
alla nostra comunità, la quale, in ogni modo, continua a restare assente, a dimenticare
e ad ignorare.
Mai un grazie a chi salvò dalle macerie, ed a proprie spese, trasportò e custodì per anni
anche il portale della Chiesa di S. Francesco, per renderlo, indi, alla Città.
Mai un bravo a chi, egualmente, rese le parti superstiti del portale del relativo Convento,
ed i sostegni a forma di drago, dell’orologio del vecchio Municipio, oggi “depositate”
nelle sale del Castello!
Mai una riconoscenza a chi tutelò e riconsegnò le opere, oggetto dell’esposto discorso!
Mai una gratificazione a chi, in assoluta solitudine istituzionale, fra mortificazioni ed
irrisioni, ha dotato la Città di Ariano di uno dei più apprezzati Musei della Ceramica d’Italia,
e non solo, corredando lo stesso di una “Biblioteca di Storia locale” di una “Emeroteca”,
di una “Fototeca” e di un “Archivio Storico”.
Anzi, “ Dagli all’Untore “ !!
Questa è Ariano, questa, malauguratamente, la mia e la Vostra Patria!
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MUSEO CIVICO di Ariano Irpino
ELENCO DEI MANUFATTI D’ARTE
in deposito presso la Biblioteca Comunale “P.S. MANCINI”
(quadri e sculture)
1
AUTORE
ALFANO Carlo
TITOLO OPERA
Disegno Paesaggio
*
DATA
1965
2
ALFANO Carlo
Figura e spazio classico
*
1961
3
BUSCIONI Umberto
Presenze sull’erba
*
1967
4
COLLINA Giuliano
La zattera
*
1967
5
CUNIBERTI Pier Achille
Adamo, un persuasore ed il sole
*
1965
6
D’ANTUONO Ottaviano
Ricordi
*
1967
7
DE FILIPPI Fernando
Ritratto d’ignota
*
1966
8
FALCIANO Rocco
Dietro il castello
*
1962
9
FERRARA Valerio
Omaggio a Dante
*
1965
10 FERRARA Valerio
Annunciazione
*
1965
11 FERRARA Valerio
Annunciazione n. 2
*
1965
12 MAGLIOZZI Lory
Paese industriale
*
1964
13 NOTARI Romano
Processo sofferto
*
1965
14 PALUMBO Italo
Saigon: La resistenza vive ancora *
1965
15 PARISI Elio
Composizione n.1
*
1966
16 PIROZZI Giuseppe
Dietro la porta
**
1965
17 PISANI Gianni
Il pendolo
*
1964
18 POZZATI Concetto
Un ritratto?
*
1964
19 RUOTOLO Enrico
Paesaggio
*
1962
20 TRUBBIANI Valeriano
Delirium tremens
**
1965
Leggenda:
*) - quadro
**) - scultura
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Ed oggi, noi, i “Tarantati del Terzo Millennio”, condannati a interpretare, sul palcoscenico
della vita, la desolazione di una Comunità, siamo, ancor più, costretti a subire, nelle
stesse vetrine della “Sala Mostra” nel Palazzo degli Uffici dove, un tempo, esposero i
propri “Dialoghi”, grandi nomi dell’arte e grandi firme, i gretti deserti culturali, miserevoli
e farneticanti, di chi offre alla nostra vista, teorie di tovaglie, grembiuli e strofinacci.
Che programmi, Che grandi attività, Che ingegni, Che studi………
Che immensi lirismi!!
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Il Pendolo
L’opera di Gianni Pisani
“Il Pendolo”,
facente parte della collezione di Arte
Contemporanea del Comune di Ariano Irpino
a cura della Dott.ssa Chiara Lo Conte
Istruttore Direttivo della Biblioteca Comunale,
presso cui è esposta l’Opera
V
arie ricostruzioni storiche fanno partire la spinta al rinnovamento dell’arte
napoletana del secondo dopoguerra dal Gruppo 58 anticipato all’inizio degli
anni ’50 dal M.A.C. (Movimento Arte Concreta) ma un’importanza reale
deve avere assunto anche l’attività del Gruppo Sud nonostante la sua breve vita (19471950 anni del dibattito tra realisti ed astrattisti) caratterizzato dalle difficoltà per i giovani
artisti di esporre presso gallerie d’arte. Eppure stimoli al rinnovamento dell’arte venivano
proprio da alcuni noti pittori che insegnavano all’Accademia negli anni ’40 e ’50 e che
hanno lasciato un’impronta nella formazione delle generazioni successive tra cui Emilio Notte, Giovanni Brancaccio, Vincenzo Ciardo, mentre all’Istituto d’Arte Viti, Galante,
Verdecchia e Barillà; la scultura era affidata a Monteleone all’Accademia e a Parente e
Monaco all’Istituto d’Arte. Già nel 1959 il critico d’arte Lea Vergine aveva pubblicato su
una rivista d’avanguardia torinese “I 4 soli” un articolo intitolato Aspetti di vita artistica
napoletana; tra gli artisti scelti “a delineare un’immagine della giovane pittura napoletana” c’erano Carlo Alfano e Gianni Pisani che volgevano la propria attività artistica ad un
rapido aggiornamento. Basti pensare che - quando Gianni Pisani raggiunse la notorietà
nazionale con il premio Cesenatico assegnato al suo dipinto “Crocifissione”, pubblicato
anche nello stesso anno sulla rivista “Comunità”1 tra le premesse della giovane pittura
italiana
Nel corso degli anni l’opera di Pisani si arricchisce ed approfondisce di più complessi
livelli di lettura e riferimento: l’uso favolistica, sganciato dal ruolo di definizione
cromatica delle cose, del colore di Chagall, gli incantamenti geometrico-coloristici di
Klee o ancora – fu Causa a notarlo- le strutture liriche di PoliaKoff. Sostanziale appare
la sua profonda aderenza alla logica costruttiva del dipinto tramite il colore, lo spazio,
la luce dell’opera di Burri, nella elaborazione un decantato assetto compositivo in cui
si ordinava la stesura cromatica, a tutto ciò la dimensione pittorica di Pisani intrecciava
autonomamente la memoria autobiografica, cui sempre rimandano i dipinti e i loro titoli,
e quasi inconsapevolmente tracciava in essi una trama d’ombre e colori, di sentimenti di
affetti, che ne costituivano l’ossatura. Tre sono i temi costanti nell’opera di Gianni Pisani:
L’eros, la morte, l’incertezza della vicenda quotidiana.
1) R. Giani, La pittura dei giovani, in “Comunità” n. 33, anno IX, ottobre 1995.
2) I promotori del Premio città di Ariano erano: Comune di Ariano Irpino, associazione Turistica Pro-Ariano con il patrocinio
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Il Pendolo
gli dà fuoco anche figuratamene, poi, li rimargina: ingenuità da apprendista stregone
che tuttavia hanno vicino, a vista d’occhio, un riferimento naturale con i ribollimenti
deiCampi Flegrei, le ceneri, le colate di lava e quel sogno incubo familiare del vulcano
che fuma ed erutta.”7
Nell’intervista fatta da Filomena Sardella del ’86-99 a Gianni Pisani l’artista sosteneva:” Io
credo che le cose non vengano automaticamente. Bisogna avere un progetto, bisogna
credere nel progetto, bisogna credere nelle persone, saper presentare il progetto a chi
può dare una mano per realizzarlo, così da entusiasmare gli altri…se si vogliono realizzare
le cose, non devono esserci interessi personali, ma bisogna coinvolgere tutti gli altri per
operazioni che, seppur sviluppandosi nel chiuso di una Istituzione, siano valide per la
città. L’impegno sta nel far capire che il progetto migliora tutti.”8 Questo è quello che è
successo ad Ariano, quando spinta dall’amore per l’arte la sottoscritta si è intestardita nel
voler conoscere personalmente il pittore Giani Pisani per fargli una proposta: restaurare
il quadro “il pendolo” conservato presso la biblioteca comunale di Ariano Irpino. L’opera
aveva subito dal 1964 alcuni danni ed era già stata ripresa una volta dal responsabile
del Museo Civico Ottaviano D’Antuono, vincitore anche lui tra i giovani talenti irpini al
Pemio Città di Ariano. L’incontro con Pisani e la sottoscritta è avvenuto il 18 febbraio
presso la chiesa di Santa Maria La Nova a Napoli in occasione dell’Inaugurazione del
Secondo anno di attività dell’ARCA (Museo dell’Arte Religiosa Contemporanea), in cui
veniva esposta l’ultima opera di Giani Pisani: L’Ultima cena prima di essere collocata in
Santa Maria della Sanità.
Nel vedere entrare Pisani mi sono a lui avvicinata dicendo “Maestro è un piacere poterla
conoscere” lui mi ha stretto la mano e si è fatto accompagnare nella sala, poi, dopo
aver scambiato due parole su chi fossi e perché ero lì mi disse: “ci vediamo domani alle
9.00 nel mio studio”. Non mi sembrava vero! così la mattina seguente, puntualissima,
mi sono presentata alla sua porta e dopo il caffè abbiamo inziato a raccontarci tante
cose della nostra vita fino a quando gli ho parlato del quadro. Pisani era felicissimo, si
ricordava benissimo dell’esperienza vissuta ad Ariano e della vittoria a pari merito con
il suo caro amico Carlo Alfano, mi ha invitata a informare il Sindaco della sua decisione
di accettare la mia proposta così da portargli il quadro al più presto. Nei giorni seguenti
mi sono data da fare per preparare tutto il necessario ed in data 12/08/2008 è stato
firmato il contratto nel quale l’amministrazione Comunale si impe-gnava, in occasione
della restituzione dell’opera, ad organizzare un Seminario di arte contemporanea. ….
Il mattino del 13 agosto 2008 riportava il seguente articolo di PAOLA DE CIUCEIS: Un
insolito baratto. Scorte di frutta, vino, salumi e formaggi irpini - in poche parole i più
noti prodotti tipici della gastronomia del luogo - e, ancora, aragoste e champagne. Il
4)
5) 6) 7)
8)
9)
danni causò anche la perdita di alcune delle opere presentate, ma nonostante tutto la città volle con grossi sacrifici
continuare ad organizzare il Premio negli anni seguenti.
Cfr. dall’introduzione al catalogo Premio città di Ariano: rassegna nazionale di pittura e scultura a cura di Ciro Ruju,
Ariano Irpino 1966
Cfr. dal testo critico di Ciro Ruju nel catalogo Premio città di Ariano: rassegna nazionale di pittura e scultura a cura di
Ciro Ruju, Ariano Irpino 1966
Cfr. dal testo critico di Ciro Ruju nel catalogo Premio città di Ariano: rassegna nazionale di pittura e scultura a cura di
Ciro Ruju, Ariano Irpino 1967
Tratto dal catalogo Luce al cemento di Gianni Pisani. La mostra si è tenuta dal 23 novembre 2007 al 9 gennaio 2008,
presso la sede dell’associazione culturale HDE. Sul recto del catalogo era riportata la foto di pisani giovanissimo che
con la fracassa ultima il quadro “Il pendolo” di proprietà del comune di Ariano Irpino (Av).
Tratto dal catalogo Alcune storie di Gianni Pisani settembre 1999 Palazzo reale Napoli, pag. 209.
Tratto da La Repubblica del 30-09-2008 articolo di Mario Franco intitolato Ariano Irpino, il Pisani restaurato, un’opera
del 1964 dell’artista recuperata e restituita al Comune.
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Il Pendolo
Giovanissimo Pisani partecipò al Premio Città di Ariano: Rassegna nazionale di pittura e
scultura a cura di Ciro Ruju2 vincendo nel 1964 il primo premio a pari merito con Carlo
Alfano. il Premio Città di Ariano ebbe diverse edizioni a partire dal 19623 al 1967 e divenne
negli anni sempre più importante, infatti, si poneva l’obiettivo di offrire al pubblico
campano un panorama artisticamente valido della giovane pittura italiana. In occasioni
dell’edizione del 1966 il critico d’arte Ciro Ruju, sottolineava la validità del premio Città
di Ariano affermando che “in Campania e soprattutto a Napoli i premi tipo “Posillipo” o
“Il ragazzo della via Gluck” di Torre Annunziata, proprio nella loro dimensione Fieristica
non vengono strutturati con un intento culturale, intento che bisogna riconoscere invece
al Premio Città di Ariano che, come facilmente si potrà notare dalle opere, è basato
principalmente su un proposito documentativo che non elude l’impegno di una scelta
culturale che viene ad offrirsi dalle proposte espressive degli artisti presenti…L’auspicio
è che il Premio Città di Ariano possa per gli anni avvenire trovare sempre più larghi e
meritati consensi e essere valido fautore di informazione culturale che contribuisca
a colmare una lacuna tutt’ora sensibile nella nostra regione”4. Nella presentazione al
catalogo della rassegna arianese del 1966 aggiungeva Enrico Crispolti che non si può
negare che il Premio Ariano Irpino sia coraggioso perché punta il suo significato e la
sua fortuna su una nuovissima generazione di artisti italiani, e perché allarga lo sguardo
oltre le tradizionali <correnti> e <tendenze> col loro logoro e stancante formulario.
Infine sempre nel catalogo alla rassegna arianese del 1966 il testo critico di Ciro Ruju
sottolineava: “… il premio Città di Ariano ha aperto i suoi battenti ad artisti giovani che
con le loro proposte figurali-espressive sono incidenti sul panorama artistico nazionale e
internazionale e rappresentanti di quanto più autentico (in senso della invenzione e della
significazione) venga oggi prodotto dalle nuove leve nel campo delle arti figurative.”5
In occasione della rassegna datata 1967 Ciro Ruju però già sottolineava: “incoraggiati
dall’interesse del pubblico e soprattutto della critica abbiamo accettato di strutturare
anche quest’anno il Premio Città di Ariano …. (e quindi vogliamo ringraziare il Prof.
Fedele Gizzi Sindaco e tutta la giunta comunale e quanti hanno fatto perché la mostra
si realizzasse). Allo stesso tempo si rammaricava che resti (tranne la Rassegna Amalfi)
isolata e unico tentativo di divulgazione di problemi culturali nel nostro meridione. Noi
dal nostro canto non ci stancheremo mai di rinfacciare le responsabilità a quanti per
una voluta pigrizia mentale o peggio ancora per il solito e precipuo detto napoletano
“tiramm a campà” sviano il problema artistico - culturale con rassegne che per noi (pure)
meridionalisti dovrebbero essere di disdoro.”6
Tornando a Gianni Pisani, l’opera presentata al Premio Città di Ariano fu “il pendolo”
del 1964, una meravigliosa tela le cui superfici sono caratterizzate da una maggiore
attenzione verso le possibilità espressive della stessa materia pittorica disposta in
pezzature violentemente contrapposte nei valori cromatici generalmente caratterizzati
da toni caldi e bruciati; infatti all’affacciarsi degli anni ’60 l’artista sperimentava la densità
della materia attraverso l’utilizzo anche del cemento, presente nell’opera in questione “il
pendolo”. Approposito della tecnica di Pisani scriveva Luigi Carluccio nel 1958 “… c’è una
straordinaria coerenza nelle opere di Gianni Pisani che si esprime in termini di gentilezza e
di grazia, anche quando il giovane pittore complica la sua tecnica con qualche artificio e,
seguendo la corrente, accumula sulla tela spessori di paste pittoriche, li aggruma, li irrita,
dell’E.P.T di Avellino. Alla mostra nazionale d’arte contemporanea si partecipava unicamente per invito da parte della
commissione composta da: Prof. Renato Barilli critico d’arte, Prof Enrico Crispoli critico d’arte, Prof. Ciro Ruju critico
d’arte. Alla rassegna era abbinata una mostra di pittura riservata agli artisti dell’Irpinia.
3) Proprio nel ’62 a chiusura della manifestazione Ariano e l’Irpinia tutta subirono il disastroso terremoto che oltre ai vari
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Il Pendolo
“il pendolo” che fa parte della collezione civica di arte contemporanea, acquisita tra gli
anni 1965 e 1967 e che comprende opere di Valerio Ferrara, Carlo Alfano, Pier Achille
Cuniberti,ConcettoPozzati,GianniPisani,RoccoFalciano,GiulianoCollina,ErricoRuotolo,
Lory Magliozzi, Umberto Buscioni, Romano Notari, Ferdinando de Filippi e sculture di
Giuseppe Pirozzi e Valeriano Trubbiani. L’opera restaurata di Pisani appartiene al suo
felice momento di sintesi tra una sorta di espressionismo astratto e le nascenti istanze
della nuova figurazione, è un dipinto particolarmente interessante e raro. Un’opera in
cui forma e colore si pongono come forza autonoma, capace di riguardare il mondo
della rappresentazione: non nel senso che l’opera proponga dei significati, ma nel
senso che si configura come negazione del reale e fabbrica di fascinazione, oggettualità
pura. Un’opera giovanile che risente dell’infuenza geometrico-materica, molto viva
nell’Accademia napoletana9”
Al Seminario di Arte Contemporanea del 4 ottobre 2008, coordinato dalla responsabile
della Biblioteca Pasquale Stanislao Mancini, Chiara Lo Conte, il Prof. Nicola Spinosa ha
ricordato il periodo artistico in cui si è formato l’artista e il suo giovanile entusiasmo per
il mondo dell’arte contemporanea, Gianni Pisani ha proposto un DVD in cui è narrata per
immagini la sua carriera in settantatre anni di pittura, sottolineando, durante lo scorrere
delle immagini, che “raccontare a me stesso quello che accade tutti i giorni la mattina
quando mi sveglio è la mia maniera per raccontarmi agli altri e di dipingere o fare cattive
sculture”. Il prof. Ottaviano d’Antuono, responsabile del Museo civico e della ceramica
di Ariano, ha riproposto la storia del “Premio città di Ariano” ed ha accompagnato gli
ospiti in una visita ragionata alla collezione.
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Il Pendolo
tutto in cambio del restauro di una sua opera. Una stravaganza estiva? Una performance
artistica? Piuttosto un atto d’amore dovuto. «Come quello di un padre per la propria
prole già che considero i miei lavori dei figli di cui prendermi cura», racconta divertito
l’artista napoletano Gianni Pisani che, ieri, nella sua casa studio di Napoli, ha ricevuto
la delegazione del Comune di Ariano Irpino venuta a consegnargli il curioso paniere
di vivande pattuito come ricompensa per l’intervento di risanamento di cui l’opera
necessita. Il dipinto in questione è «Il pendolo», una vivace pittura di grande formato
nella quale - colori dominati tutti quelli dell’arcobaleno, dunque, le ben note nuance
di rosa, azzurro, verde di Pisani - campeggia un orologio antico di fattura barocca le
cui lancette sono metafora degli attimi salienti della vita. «Naturalmente è una mia
personalissima interpretazione della vita. Lo dipinsi quasi mezzo secolo fa quando,
erano gli anni 1962-63, con Carlo Alfano vincemmo ex aequo il premio Città di Ariano»,
un concorso d’arte con una commissione, presidente della giuria era Ciro Ruju, il cui
obiettivo era la selezione di lavori per la costituzione di un primo nucleo di una piccola
collezione civica d’arte contemporanea del comune di Ariano Irpino.
Quanto al restauro, l’occasione nasce su iniziativa del nuovo Istruttore direttivo della biblioteca comunale che, per conto del sindaco di Ariano Domenico Gambacorta, continua
il maestro Pisani, «mi ha contattato per farsi consigliare il nome di un restauratore cui
affidare il mio lavoro e quello del compianto Alfano per il quale ho suggerito di contattare
la figlia; per il mio, invece, siccome sono un buon chirurgo, oltre che un buon genitore,
ho pensato di intervenire personalmente. E così si farà, non potrebbe essere altrimenti
e senza nessun compenso se non un dono rappresentativo della terra che, oggi e per il
futuro, custodirà la mia creatura. Solo un riconoscimento simbolico, una gratificazione
per me e per quel gruppo di artisti - Augusto Perez, Emilio Notte, Guido Biasi, Mario
Persico, Domenico Spinosa, Renato Barisani - che, assieme a me, sono i dimenticati
protagonisti di un’epoca densa di fermenti artistici». Tra le parti, un vero e proprio contratto che, dopo il primo acconto in beni alimentari, impegna Pisani a restaurare entro
settembre prossimo l’opera e a riconsegnarla alla cittadina avellinese nel corso di una
manifestazione pubblica; un seminario durante il quale il maestro ricorderà la figura
di Carlo Alfano, la temperie culturale del tempo e ripercorrerà le tappe essenziali della
propria vicenda artistica. «È a questo che servono aragoste e champagne - conclude
sornione Gianni Pisani - a brindare alla ritrovata attenzione per quello che negli ormai
lontano Sessanta erano dei giovani artisti ed oggi sono la memoria della storia».
Giunti, dunque, a pochi giorni dal Seminario, quest’ultimo è stato pubblicizzato, tra gli
altri quotidiani, anche su un articolo di Repubblica: “Il Comune di Ariano Irpino partecipa
alle Giornate Europee del Patrimonio con un Seminario di arte contemporanea dal
titolo “Arte ad Ariano” presieduto da Nicola Spinosa, Soprintendente per il Polo Museale
Napoletano, che si terrà presso l’Auditorium comunale e la biblioteca comunale. Il Sindaco
Domenico Gambacorta, ha commissionato al maestro Gianni Pisani il restauro del quadro
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Tommaso e Francesco Antonio Vitale
Tommaso e Francesco Antonio Vitale
Suggestioni del bicentenario della morte
di Giovanni Orsogna
“De Jure Signaturae Iustitiae in ordinem redacto Commentarius, Roma ,1756, altra
edizione ,
1. Storia Diplomatica de’Senatori di Roma dalla decadenza dell’impero romano fino
ai nostri tempi, Roma, 1791, (ristampata cura del Senato della Repubblica nel 1995.
quest’opera fece scalpore per il calore suscitato nella roma papale e oggetto di
censura per un’opera della Dataria Apostolica
2. Le memorie istoriche e Segrete del Conclave del Pontefice Pio VI eletto il mercoledì
15 febbraio dell’anno 1775, Ms. in Archivio Museo Civico di Ariano Irpino, fondo dono
dott. Enzo Pisapia.
3. Memorie anecdote della vita ed opere di Francesco Antonio Vitale, autobiografia,
Ms. in Fondo Enzo Pisapia, o.c. Archivio Museo Civico di Ariano.2 L
Mazza Felice, Ricorrendo il primo centenario dalla morte del patrizio D. Francesco
Antonio, Vitale, frontespizio, opuscolo
Nacque in Ariano nella parrocchia di S. Pietro Apostolo della Guardia il 15.4.1724, dopo
aver compiuto gli studi inferiori nella sua città natale, perfezionò gli studi a Napoli,
studiando teologia e diritto, alla scuola del celebre giurista Abate Francesco Rapolla ( ),
in seguito divenuto Presidente della Regia Camera della Sommaria.
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Tommaso e Francesco Antonio Vitale
1. Introduzione
a città di Ariano Irpino si appresta a vivere due eventi importanti per la peculiarità dei personaggi illustri arianesi che hanno segnato e scritto pagine
significative di storia per la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio
storico del nostro territorio. Infatti nel 2009 ricorrono due bicentenari, quello della nascita
di Pietro Paolo Parzanese (1809-1852) e quello della morte di Tommaso Vitale (1809), se
si aggiunge quello dimenticato del fratello Abate Francesco Antonio morto nel 1803,
diventano un’occasione per non dimenticare quanti hanno contribuito a far assurgere
la nostra città ad una dimensione superiore e di rinascita.
Non si possono disgiungere i due illustri fratelli Vitale, perché sono stati sempre insieme,
e per lunghi anni hanno raccolto documenti e cercato di riscrivere la storia della città. Nel
panorama della storiografia della nostra regione possono essere considerati i pionieri,
per il metodo, lo sforzo e la serietà della critica, tanto che i Vitale hanno rappresentato non solo per Ariano, ma anche per il nostro territorio regionale, un serio punto di
riferimento. Numerosi convegni e i migliori storici contemporanei hanno riconosciuto
il merito soprattutto a Tommaso, con la pubblicazione della Storia della Regia Città di
Ariano (Roma, 1783), sicuramente punto focale di riferimento per la mole di documenti
attinti dalle fonti ecclesiastiche della diocesi, dai rogiti notarili e dalle memorie raccordate dell’epoca.
Peccato che il nostro Tommaso non ha riportato la mole documentaria dell’Archivio
Capitolare con il suo fondo delle pergamene, delle fonti dei parlamenti dell’Università
e quelle del Grande Archivio di Napoli, forse ritenute non di grande attenzione. Resta
comunque di attualità il taglio dato alla storiografia indirizzato alla storia ecclesiastica
e civile, canoni osservati nel periodo del Settecento.
Dopo la morte dei Fratelli Vitale, ci sono stati alcuni tentativi di continuare la storia, e fu
coinvolto anche il nostro Parzanese,1 che ricusò lì’incarico adducendo motivi personali
e pastorali che lo distoglievano da una ricerca approfondita, tuttavia il cantore della
poesia popolare non fece macnare il suo contributo con alcuni articoli specie quello
sulla storia dei vescovi di Ariano e con le sue poetiche e personali pennellate su Ariano
comparse nei giornali napoletani e sul Poliorama Pittoresco.
Francesco Antonio Vitale (1724 - 1803), è stato una delle figure più interessanti arianesi
del Settecento, abate, storico e giurista. Tra le sue opere rilevanti figurano secondo
l’ordine cronologico:
1. Delle Lodi del cardinale di S. Romana Chiesa maercello Pompeo Passari, Orazione di
F. A. Vitale, nobile di Ariano, s.l. e d. ma 1742, ms. p. 6
1) Questa città, sulla etimologia del cui nome si sono fatte mille congetture, noi la diremmo così nominata ab Ara Iani,
per qualche sacello edificato anticamente su questo colle in onore di Giano. Essa giace per lungo edificata su tre colline delle ultime degli Appennini verso la Puglia, guarda mezzogiorno e settentrione; e sta propriamente sul confine
settentrionale dell’antico Sannio Irpino. Città è questa sorta nei primi del cristianesimo; e, come asseriscono Tommaso
Vitale e Nicolai, si vorrebbe sorta dalle rovine del prossimo Equotutico, o da una colonia di là recatasi ad abitare le
alture. Nei mezzi tempi fu rinomata per coraggio, per lealtà e per sciagure immeritate; spesso arsa e saccheggiata; dai
terremoti distrutta più volte; guernita di un castello inespugnabile; soggiorno di Ruggiero il Normanno, che vi tenne
parlamento; vi fu coniato il “ducato”; fu capo di una potente contea e patria di uomini santi e illustri. Parzanese,
2) VITALE Francesco Antonio, , Memorie Istoriche e Segrete del Conclave del Pontefice Pio VI eletto Mercoledì 15 Febbraio
1775, (cur. Ortensio Zecchino), Catanzaro, 2005, Rubbettino Ed. o-c.,
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Tommaso e Francesco Antonio Vitale
ROMANAE. PONTIFICIAE, BAVARICAE. NEAPOLITANAE
PANORMITANARVM. ACADEMIAR. SOCIVS
FIRMIORIS . CLARISS. AMICITAE VIROR, CVLTOR.
DOMESTICA. BIBLIOTHECA . RARISSIMIS
CODICIBUS LOCVPLETATA.
NATVS XV KAL. MAIAS AN . CICDCCIV.
REDX IN PATRIAM IN DOMINO QVIEVIT.
IV KAL. DECEMBRES AN. CICDCCCIII
V.I.D. D. THOMAS. FRATRI INCOMPARABILI ET
BENEMERENTISSIMO. P.C.
Altra epigrafe ricorda l’altare gentilizio della famiglia Vitale voluto da Mons. Emerico
Pisapia, pronipote dello storico Tommaso Vitale:
ALTARE HOC GENTIS VITALE
A.D. MDCCX ERECTVM
EMERICVS PISAPIA PROTON. AP. A.I.P.
ECCL. CATH. CAN, POENINT. ET HAERES
EX MARMORE RESTITVIT
ANN.R.S. MCMXXII
TOMMASO VITALE5 (1727-1809)
La personalità acuta e poliedrica di Tommaso Vitale resta il punto cardine della storiografia
arianese, auspicando che il bicentenario della sua morte non sia solo un atto celebrativo
ma un’occasione di rilettura e di attualizzazione degli scritti editi ed inediti, da queste
colonne si vuole esprimere la nostra gratitudine per un professionista, giureconsulto
dalle rare doti di studioso e di innamorato della sua città natale.
Nel settecento ha rappresentato un sicuro punto di riferimento insieme al fratello l’abate
Francescantonio, per la storia e il costume, potremmo a buon diritto parlare di scuola
“Vitaliana”.
Nel Museo civico di Ariano Irpino, grazie alla donazione di Enzo Pisapia, vi è il fondo
di carte provenienti dal copioso archivio della Famiglia Vitale, mentre per l’Abate Francesco Antonio si conservano diversi ms., del nostro Tommaso si conservano solo due
lettere che qui riproduciamo. Molto è andato perduto nella dispersione della Biblioteca
e dell’Archivio Vitale. Tuttavia si è grati agli eredi della Famiglia per il dono che hanno
fatto alla città di Ariano Irpino.
Non è stata ancora scritta una biografia del celebre storico Tommaso P. Flammia e di D.
Felice Mazza hanno tessuto un primo profilo biografico, successivamente Giandomenico
Mazza6 nella sua opera ne traccia un profilo esauriente, resta da integrare con gli ultimi
ritrovamenti e ricerche.
storico.
4) FLAMMIA Nicola, Elogio funebre del patrizio D. Tommaso Vitale autore della storia di Ariano di Puglia, letto nella chiesa
di S. Agostino la mattina del 2 settembre 1909 nei solenni funerali per il centesimo anniversario della sua morte / N.
Flammia Ariano: Stab. tip. Appulo-Irpino, 1909, questo opuscolo, andrebbe ripubblicato, anche in considerazione della
serie interessante di notizie, collegate al centenario della morte del Vitale., o.c.
5) FLAMMIA NICOLA,
pag. 110
AEQVVM TVTICVM
Tommaso e Francesco Antonio Vitale
Il padre era il giureconsulto e “profondo conoscitore di storia sacra e profana e autore
di diversi scritti, purtroppo andati perduti3 . Nicola Vitale (della discendente normanna
Anna Rago4 giovane dalle belle promesse), ventiquattrenne, dopo l’ordinazione sacerdote, dopo il 1744 si trasferì a Roma e si inserì negli ambienti curiali romani, protetto
ed incoraggiato dal concittadino il Cardinale Passeri, esordendo già diciottenne con
l’orazione funebre in lode del cardinale Marcello Pompeo Passari, nell’accademia del
Buon Gusto (“Delle Lodi del cardinale di S. Romana Chiesa Marcello Pompeo Passari,
Orazione di F. A. Vitale, nobile di Ariano, s.l. e d. ma 1742, ms. p. 6).
La lunga permanenza di Roma, ben 52 anni, gli consentì di essere apprezzato come
sacerdote, storico e cultore nelle varie congregazioni, i cardinali Marcello e Filippo Passari
furono suoi protettori e ad esso fu legato da profonda amicizia.
Giureconsulto famoso e scaltro nella diplomazia ebbe rapporti di amicizia e fu insignito
di diversi titoli accademici, ritornato ad Ariano trascorse tra gli affetti famigliari gli ultimi
anni, anche perché era poco incline alle idee rivoluzionarie venute dalla Francia.
Insignito del titolo canonicale dal capitolo di S. Pietro, sua parrocchia natale, godeva
altresì del titolo di Abate del beneficio di S. Stefano a S. Maria Capua Vetere. Nel 1756
pubblicò a Roma la brillante dissertazione in latino sulla costantiniana vescovile basilica di S. Maria Capua Vetere; per la complessa edizione si suppone che da molti anni
beneficava del titolo.
Scrisse molto sugli svariati argomenti compresi quelli di archeologia e fu lodato dal
giornale letterario tedesco “Gota” del 4.7.1789, da qui si ricava l’elogio:
ISCRIZIONE
A.P. O
IN PROXIMO MAIORUM CONDITORIO
DIEM NOVISSIMUM EXPECTAT
J.C. FRANCISCUS ANT. NICOLAI U.I.D. ET. THE.
RESIAE DE RAHO. ARIANENS PATRICIORUM.
FILIVS VITALIS
QVI IN LII ANNOT. ROMANO DOMICILIO
HVIVS AB. COL. EC. CANONIVS DESIGNATVS
PRAEFECTVRA. EPISCOPALIS.COSTANTINIANAE
ECCLESIAE.S. STEPH. AD CAPVAM VETEREM
ALIISQVE. SACERDOTIIS INSIGNITVS.
OPERIBUS.LEGALIB. LITURGICIS.HISTORICIS
DIPLOMATICIS, ET RECONDITIORIS. ERVDITIONIAS
MAGNO NVMERO EDITIS
3) DI FRONZO Pasquale, Il clero altirpino nell’arco del
secondo millennio, Nusco, 1995, Poligraficam Irpina, 118-120 pp.
Il Di Fronzo è stato tra i contemporanei a tracciare un breve ma
significativo profilo biografico, inquadrando la fruga nel contesto
AEQVVM TVTICVM
pag. 111
Tommaso e Francesco Antonio Vitale
Echi del 1° Centenario della morte di Tommaso Vitale.
REV.MO SIGNOR CANONICO,
A me sembra che un po’ di storia, trattandosi di un lavoro storico, non debba nuocere
come prefazione al discorso letto per commemorare il suo bisavolo nel centenario della
mor­te di esso.
Quando io tra il 60 ed il 70 mi trovavo in condizione di non poter venire in Ariano, poiché
da scolaretto avevo sentito parlare con lode della storia di Vitale, mi feci spe­dire i due
preziosi volumi a Roma; cioè La Storia di Tommaso e Le Me­morie Storiche degli Uomini
Illustri del dottissimo prelato suo fratello Francesco Antonio, con intenzione di ricavarne
articoli atti ad eccitare lo studio dei concittadini sulle patrie memorie.
Essendo però lontano e poco istrui­to su tutti i documenti accessori do­vetti rinunziare
al proposito
Ella sa che da 20 anni ho speso tempo, pazienza e moneto, per raccogliere tutte le
notizie onde continua­re la storia, e feci nel 1893 - La Storia di Ariano - col proposito di
continuare quella pregevolissima del Vitale e raccogliere anche in modo incompleto
tutti quei documenti che trovai dispersi, e che riflettevano gli avvenimenti tempestosi
del pe­riodo turbolento, prima della repub­blica partenopea, poi del dominio francese
di Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murai, poi dei ‘movimenti per la costituzione e
finalmente del periodo sanguinoso del 60 e dello stabilimento dell’ attuale governo.
Il geniale nostro poeta ed oratore Pietro Paolo Parzanese fin dal 1846 aveva affermalo
in un articolo pubblicato sul periadico “ Poliorama Pittoresco ” che Ariano era nata dalle
colonie fuggite da Equotutico nel medioevo. Al Parzanese si rivolse con lettera un certo
Intonti nel 1851, perché continuasse la storia di Ariano; ma egli se ne scusò per le ‘mol­
teplici occupazioni e per la mal fer­ma salute. Altri .scrivendo dell’ ori­gine di Ariano la
fecero nata nei tempi romani ed anche anteriori. Vi­tale era stato savio e discreto, ed io,
illuminato da lui e dalle moderne ricerche, feci accettare come defini­tiva la verità dell’
origine avvenuta nei tempi delle invasioni barbariche.Ella volendo con filiale devozione rendere ali’ illustre e rinomato suo congiunto il meritato
onore per il Centenario della sua morte, scelse me per commemorarlo; ed io accet­tai
con gioia l’ invito, non perché va­lessi e per ingegno e per erudizione e per dottrine
storiche-etnologiche-topografiche, ma per concorrere colla mia debolissima opera alla
glorificazione del più rinomato Arianese del secolo decimottavo.
Ora vuole rendere di pubblica ra­gione questo mio povero discorso, e faccia pure; con
patto però di pren­derlo sotto la sua protezione. Se am­bedue riusciremo a far cosa
degna di lode per il venerando Vitale, per la sua Famiglia, per la patria no­stra, per la
educazione della gioventù.
Con questa lusinga ho l’ onore di ringraziarla, offrirle la mia debole servitù e dichiararmi
con profonda osservanza
Ariano, 2 settembre 1909
Suo Dev.mo servo ed amico - Prof. N. Flammia
Al Rev.mo D. Emerico Pisapia Canonico della Cattedrale di ARIANO
La Famiglia Vitale… Dal Catasto Onciario7 pag. 112
AEQVVM TVTICVM
Tommaso e Francesco Antonio Vitale
La Famiglia Vitale tra le più prestigiose famiglie arianesi spiccava per le antiche tradizioni,
fedeltà alla corona, nel settecento aveva un patrimonio che ammontava a ducati 200,
tra gli antenati vantava il segretario della Regina Sancia.
Nel XVIII secolo il padre Avv. Nicola fu giureconsulto di notevole spessore ed acume, fu
promosso reggente nel 1744 del Tribunale Consolare di Ariano e buon amministratore,
con la collaborazione del figlio Tommaso, si diede anima e corpo a salvare Ariano dalla
iattura minacciata, e rese pubblica una dottissima memoria dal titolo: Delle ragioni di
Stato, del ben pubblico e di Commercio e di sicurezza dei viaggianti e negozianti, per le
quali non devesi aprire, e formare altra Strada Regia Nuova nella Provincia di Principato
Ultra, difatti, nel 1717 e 1781 si mantenne la Strada Nazionale per Avellino, Ariano, Bovino,
Foggia; perché i mulattieri e i carrozzieri, disperati per le disastrose pendenze, stillavano
e la volevano per Volturata, l’Ofanto, Ascoli Satriano. (cfr. ms. inedito in Archivio Museo
Civico di Ariano Irpino.)
APPENDICE:
Ariano, palazzo Vitale Pisapia, stemma originale della famiglia Vitale
AEQVVM TVTICVM
pag. 113
Tommaso e Francesco Antonio Vitale
Oto Mirando di Ariano Servitore
Giovanni Parzanese di Monte Calvo servitore *(nonno di Pietro Paolo Parzanese)
Sebastiano Gagliardo vignaiolo
Mirai Suosso Serva
Nicola suo padre fu Giureconsulto di fama, Amministratore valente. Si deve a lui, e poi
anche al figlio Tommaso se nel 1717 e 1781 si mantenne la Strada Nazionale per Avellino, Ariano, Bovino, Foggia; perché i mulattieri e i carrozzieri, di­sperati per le disastrose
pendenze, stillavano e la volevano per Volturata, l’Ofanto, Ascoli Satriano.
Tommaso si diè anima e corpo a salvare Aria­no dalla Iattura minacciata, e rese pubblica
una dottissima memoria dal titolo: Delle ragioni di Stato, del ben pubblico e di Commercio e di sicure dei viaggianti e negozianti, per le quali non devesi aprire, e formare
altra Strada Regia Nuova nella Provincia di Principato Ultra.
TOMMASO VISTO DA VICINO8 Egli era di temperamento nervoso-sanguigno, di statura al disotto della normale,’di
corporatura pienotta, labbra e naso sporgenti e carnosi, colorito bruno, capigliatura
alla moda del tempo pettinata a cannelloni, occhi sereni, gioviali, maliziosetti, di animo
pacifico, lo sguardo aperto e fisso in una idea elevata.
Egli portò dalla natura indole quieta, fu amante dello studio, nemico delle brighe.
Tommaso Vitale fu profondamente legato al fratello Abate Francescantonio, ciò fa pensare che la composizione delle opere stampate da entrambi furono il prodotto di una
sincerità comune, di una passione forte per la storia ed un rispetto reciproco, frutto
di una collaborazione continua. La Città di Ariano non può dimenticare l’apporto di
questi due figli benemeriti. I Vitale danno ancora oggi una lezione di vita e di amore
disinteressato per la nostra città
“Mio fratello, autore delle Memorie degli Uomini Illustri di essa Città, per soddisfare
unicamente alla curiosità de’ Lettori, nell’introduzione dell’ opera ne diè un breve saggio, rimettendosi circa l’intiera Istoria all’ Opera, che ero per pubblicare. Onde io, che
fin dalla mia giovinezza commosso da quell’indissolubile legame di amore, che natura
con singolare e grandissima provvidenza, al dir di Cicerone, pose fra gli uomini, e la
patria, cominciai a nutrir un vivo desiderio di formarne la Storia, intrapresi a riunire per
lo spazio di molti anni, non ostante_le varie altre scientifiche applicazioni, i materiali al
bisogno necessari; ed avendola ora con tutte le mie brevi forze ad effetto ridotta, posso ben lusingarmi che nel pubblicarla, non solamente ogni cortese lettore, ma molto
più i miei Concittadini gradiranno volentieri questa qualunque siasi mia fatica; tanto
maggiormente perché l’intendimento mio essendo di raccontare con quella diligenza e
verità, che potrete saprò maggiore, tutto ciò che ad essa Città si appartenga, avrò sempre
avanti gli occhi quello, che scrisse in due luoghi Tacito, cioè, che 1’ uffizio di un Isterico
è senza riguardo di persona alcuna preporre sempre la verità ad ogni altra cosa (…)
L’opera della Storia di Ariano fu apprezzata da Re, Principi, cardinali e uomini di scien
Elogio funebre del patrizio d. Tommaso Vitale autore della storia di Ariano di Puglia, letto nella chiesa di S. Agostino
la mattina del 2 settembre 1909 nei solenni funerali per il centesimo anniversario della sua morte / N. Flammia
Ariano : Stab. tip. Appulo-Irpino, 1909. 50 p .P. Flammia per volere della famiglia Vitale- Pisapia tenne l’elogio funebre
durante la liturgia esequiale del patrizio Tommaso il giorno dei funerali del 2 settembre 1909, nel centenario della
pag. 114
AEQVVM TVTICVM
Tommaso e Francesco Antonio Vitale
Dottor Sig. D. Nicola Vitale
anni 70
Morta * Sig.ra D. Teresa di Rago Moglie
anni 56
Morta * D. Catarina Figlia
anni 29
Abbate Dr. Sigr. D. Frac:° Antonio Can.° figlio da
Più anni residente in Roma
anni 28
D. Tommaso figlio
Sig.ra D. Costanza figlia
AEQVVM TVTICVM
anni 27
anni 21
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Tommaso e Francesco Antonio Vitale
del tempo da Montecaldio siasi corrottamente nominato Montecalvo.Dello stabilimento
della Famiglia Caldia nelle contrade, e di queste vicinanze se ne legge un monumento
irrefragabile mìnella iscrizione incisa in un corpo di lapida sepolcrale esistete nel piano
avanti la Chiesa di S. Maria sulla Ferma di questa Città che è il Seguente:
CALDIO BA
CALDIO BARBARO
RBARO CAL.
CALDIVS AGRICOLA
DIUS AGRIC
FILIO FECIT
COLA. FIL
FEC può ancora supporsi, che Montecalvo abbia avuta, e riconosca la sua denominazione
dall’essere stato il Monte nudo, e disgombro di albori, e fratte,a differenza degli altri
vicini, che ne’ tempi passati erano boscosi e quindi detto Calvo. Tanto mi è riuscito di
significarle in riscontro della sua favoritissima; e pregando a scusare, se per le mancanze
delle notizie, per le scarse mie cognizioni, e per le correnti angustie, non ho potuto in
miglior maniera, come avrei desiderato, eseguire, i suoi comandi; mi raccomando alle
sue orazioni, e di tutti cotesti Padri, che distintamente ossequio, e colla maggior stima
mi raffermo
di V. P. M. R. =
Ariano 26 Giugno 1796
Divotissimo servo obbligatissimo.
Tommaso Vitale
Al Molto Reverendo Padre Padrone Colendissimo
Padre Samuele Isabella di Montecalvo de’ Minori Riformati
Guardiano del Convento di S. Antonio di Montecalvo
Nella Biblioteca universale del Coronella si legge la seguente descrizione di essa Città: “
Ariano Regia Città è posta nel Regno di Napoli nella provincia del Principato Ulteriore,, in
luogo affienissimo sopra un mente tricolle, è stata sempre, celebre per l’antichità; perché
era una delle Città de’ Sanniti. Vi sono ancora bellissime Chiese, ed un fortissimo Castello
di singolar maestria fondato dai Re Angioini. Vi sono altri edificj di buonissima architettura,
ma più delle altre è quella del Seggio de’ Nobili dirimpetto alla Cattedrale, e nel luogo,
più decoroso della Città ove sogliono i Gentiluomini trattenersi. Vi sta parimenti una
famosissima fontana di fabrica, ma è maravigliosa quella
chiamata Fontana Angelica, la quale è sempre limpidissima,
ma nel giorno di ciascun Sabato suole, da per se fare un
grandissimo bollimento, e s’intorbida di maniera, che si
rende schifosa, e di poi tramanda da fuori, tutte lordure,
e restano le acque più limpide.”
Fonti e bibliografia
morte dello storico arianese Tommaso. Si ripubblica la lettera prefazione al citato elogio.
6) PACANO S. - G. MAZZA, L’Abate di Ariano Francesco Antonio Vitale . Nuovi contributi alla biografia ed alla bibliografia
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Tommaso e Francesco Antonio Vitale
za…ma criticata da alcuni concittadini arianesi… Un tale Spartera ebanista arianese,
si prestò alla calunnia, ma dietro vi erano gli arianesi della borghesia emergente, risentiti perché non furono inseriti nelle note vicende del riconoscimento della nobiltà.
Il Re Ferdinando di Napoli con dispaccio di Carlo De Marco in data 1794
Gradiva la dedica e affermava che “per la diligentissima ricerca dei fatti
e dei monumenti e per la giusta critica adoperata nel chiamarli a disamina
Era degna del plauso generale”.
Altre positive recensioni furono fatte con lettere dal Cardinale Banditi
Arcivescovo di Benevento, dal P. Antonio Tannoja, quest’ultimo lo lodava
Che come chimico e botanico aveva notato la qualità, le specie delle frutta
Ed erbe aromatiche dei prodotti minerali :
“L’opera è bella, e fa meraviglia in sentire che invece di essere grati i signori
Arianesi trovando il pelo dell’uovo”
LETTERA INEDITA DI TOMMASO VITALE
Ariano
Molto Rev. Padre Padrone Colendissimo
= Stimatissimo P. Samuele9
In risposta della sua favoritissima, in cui mi comanda darle notizia sulle origini di cotesta
Terra di Montecalvo, avrei dovuto dirle non solo: aquam e punice postulat, ma benanche, rem difficile postulavit. Ma per non lasciarla così in secco, dopo aver’ella creduto,
che da me si potesse contribuire a soddisfarla in tale plausibile curiosità, e per mera
ttenzione, anzi per darle un contrassegno d’aver con piacere ricevuti i suddetti, benchè
difficile, e pressochè impossibili a rimaner’eseguiti, suoi comandi, mi avvanzo a dirle
congetturalmente qualche cosa. La mancanza della storia de’ bassi tempi, e l’oscurità, e
barbarie, di qwuei secoli , unite all’oscitanzaa de’ primi abitatori di ciascun luogo di non
registrarne le memorie, e la non curanza de’ successori sino a’ tempi nostri , o a noi vicini
di rintracciarle al meglio che fosse stato possibile, sono stati i motivi, per i quali sono
mancate, e mancano l’origine de’ Paesi abitati. Nella stessa disgrazia trovandosi peranco
immerse le più illustri e rinomate Città, anzi le Capitali medesime, i Scrittori delle di loro
Istorie han procurato di rimediarvi o col confessare di esserne ignota l’origine,e da questa
medesima incertezza ricavarne una pruova di esser surte nella più rimota antichità, o
col darle origini favolose, come per lo più leggesi presso gli stessi Istorici.E vendendo al
particolare dell’origine di Montecalvo, sua degnissima Patria, le confesso sinceramente
essermi del tutto ignota, né averne mai, per quel poco siasi da me letto in quasi tutti
gli Storici del nostro Regno, rinvenuta veruna notizia dell’origine suddetta. Solo per via
di congetture, per per mia privata curiosità, e istruzione ho opinato, che, essendosi in
queste nostre Irpine contrade stabilita la famiglia Caldia Romana, i coloni della medesima è molto verisimile, che avessero nel sito, ov’oggi trovasi Montecalvo, edificata una
qualche villa per di loro comodo, o dilizia de’ padroni, o qualche grancia, e capitale di
possessioni, e abitazioni de’ loro servi addetti alla cultura, epperciò denominati rustici; e
da questo quel monte avesse cominciato a dirsi Caldio; cheppoi manomano accresciuti
edifizj, e gli abitanti, si avessero formato il oro territorio; e così sorta detta Terra, col tratto
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Tommaso e Francesco Antonio Vitale
Maria Llammia delle Scuole Pie, in suffragio del mio Trisavolo l’illustre Giureconsulto e
Storico di Ariano D. Tommaso Vitale pel solenne funerale oggi celebrato in occasione
del centenario della sua morte”10 TOMMASO VISTO DA VICINO
Egli era di temperamento nervoso-sanguigno, di statura al disotto della normale,’di
corporatura pienotta, labbra e naso sporgenti e carnosi, colorito bruno, capigliatura
Busto attribuito a Tommaso Vitale, terracotta dipinta,
per gentile concessione del Dr. Vitale
alla moda del tempo pettinata a cannelloni, occhi sereni, gioviali, maliziosetti, di animo
pacifico, lo sguardo aperto e fisso in una idea elevata.
Egli portò dalla natura indole quieta, amante dello studio, nemico delle brighe.
“Niccolò Vitale, nostro padre, ai applicò alla Giurisprudenza, ed alla storia sacra, e profana. (…)
Fu prescelto ad essere Assessore del Tribunale Provinciale del Consolato, (1744) che
esiteva in Ariano. (cfr. Dilpona reale di Carlo III del 18. 1. 1744.
Tra i suoi manoscritti ( forse perduti?!) trovansi le seguenti opere: “Juridicum Manuali, in
quo V.I.D. D. Nicolai Vitale cunctas quas sibi è lectione tum Civilivm, tum Canonicorum
librorum, animadversiones in unum codicem alphabetica methodo exaravit. Anno
MDCCVI (1706) in fol.
Notamenti istorici, ed eruditi.
Vitale F. A., Memorie degli uomini illustri…, o.c., 238-239 pp.
Num. 145. Oggi che sono li tre del mese di Settembre dell’anno mille ottocento nove
sono comparsi avanti il sottoscritto sindaco di questa Università i Signori Tommaso de
Rensis d’anni sessantasei di professione Notaio domiciliante in detta Università, ed
abitante nella Strada di detta nella Parrocchia di S. Pietro // Vincenzo del Giacomo , di
Roma, 1989, Tip. Pliniana di Selci Umbro, Roma 1989, pp. 126.
7) CATASTOONCIARIODIARIANO,INArchivioMuseoCivicodiArianoIrpino,Ms.Vol.I-a299b,ringrazioOttavioD’Antuono
per la consueta e signorile disponibilità per la consultazione.
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AEQVVM TVTICVM
Tommaso e Francesco Antonio Vitale
Atto di Morte di Tommaso Vitale,
Ariano, Archivio Comunale, Registro Atti di morte, 1809, atto. 195, 97 p.
PALLANTECarmelo-CIARALDIDomenico, PerGiovanBattista,eRosaliaBavaglia,Domenico, Antonio, d. Saverio e Dorotea Tiso, ed altri contra D. Tommaso, e D. Francescantonio
Abbate Vitale, Degnissimo commissario il Regio Consigliere signor d. Stefano Patrizio,
presso lo scrivano Michele Longo, Napoli, 1773, memoria legale per il beneficio della
cappellania della Circoncisione, fondata nel 1651 nella chiesa del Calvario di Ariano.
Napoli, 1 marzo 1773. Memoria legale di Carmelo Pallante e Domenico Ciaraldi.
Vertenza per il conferimento della cappellania laicale fondata nel 1656 da Giovanni
Costanzo Mainerio, sotto il titolo della Circoncisione del Signore nella chiesa del Montecalvario di Ariano. La concessione fu fatta dal Notar Domenico Vitale, e successivamente
da D. Nicola Vitale a favore del nipote Abate Francescantonio. La rendita era di ducati
15. L’Abate vitale godeva di una rendita annua di ducati 1500.
Memoria
“In S. Agostino, Messa solenne pro defunctis, l’orazione in laudem, letta Dal P. Nicola
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Tommaso e Francesco Antonio Vitale
Stemma, Vitale-Pisapia-Vitoli, Archivio Famiglia Giovanni Cozzo,
lo stemma al centro, lo scudo della Famiglia Vitale, aquila bicipite, vite al tricolle, d’argento e celeste.
Sullo stesso soggetto
Sonetto
Chi di Quirino in mezzo ai sacri Fori
Leggi dettò? Chi del Romano Impero
Dal crollo insino a Noi l’ordine intero
Ordì di tanti eccelsi Senatori?
Chi penetrò dentro i segreti orroti
Dell’età più remote, e osò primiero
Indagar di Labico il sito vero,
e fe tacere il Piazza e il Muratori?
Chi ornò i Licei di Roma, e di Baviera;
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AEQVVM TVTICVM
Tommaso e Francesco Antonio Vitale
anni trenta sei di professione Negoziante , ed hanno dichiarato che oggi sudetto giorno
ad ore cinque è morto il Signor Tommaso Vitale di anni ottanta tre di professione Dottor
di Legge, domiciliante in detta Università ed abiante nella Parrocchia di S. Pietro, marito della Signore Nicoletta Mazza, ha lasciato sei figli. Ed essendoci Noi coll’ispezione
oculare accertati dell’effettiva morte naturale fu nel medesimo giorno pwer esecuzione
dell’articolo settantasette del codice Napoleonico abbiamo autorizzato il parroco della
parrocchia del domicilio del Defunto a dar sepoltura al Cadavere dopo lo spazio di
ventiquattr’ore dalla seguita morte, e per esecuzione della legge ne abbiamo fatto il
presente registro. F.to D. Aucelletti Sin.^
Inedito Sonetto
Dovendo preparare con i mie alunni delle classi V^ della Scuola Elementare “G. Grasso”
un’incontro per ricordare i fratelli Vitale dal titolo: Tommaso Vitale (Ariano 1809-2009)
Francescantonio Vitale (Ariano 1803 - 2003) Ariano controluce, Revival per il bicentenario
della morte, in occasione dell’evento: Ottobre piovono i libri, 2008, presso la Biblioteca
Civica Mancini di Ariano, fui gentilmente accolto dalla Signora Adriana Masucci in Pisapia,
che con la sua consueta disponibilità mi fece consultare alcuni ms. di Mons. Emerico
Pisapia, altro illustre sacerdote e storico di Ariano e pro-nipote di Tommaso Vitale. In
quell’occasione mi fece fotografare alcuni fogli ms. che recavano i seguenti titoli:
1. In Francisci antonimi Vitalis Abbati, Patricidi Arianensis desiderium Elegia, cc. 2,
2. Elegia in eundem Hendecasyllabi, c. 2;
3-4- Sullo stesso soggetto Sonetto in due versioni. Si tratta di inediti scritti da Tommaso
Vitale e dedicati al fratello, non recano firma e datazione.
Sullo stesso soggetto
Sonetto
Quando del gran Vital l’ombra famosa
Con volto di splendor celebre adorno
Sulle penne de’ zefiri adorno
Giunse nel fortunato almo soggiorno.
O tu, per cui di comodo fastosa
L’istoria va, degli anni edaci a scorso,
Per cui fa sull’arena sanguinosa
Robusto e pronto il fier Vejan ritorno.
O tu, che sviluppasti il senso vero
De’ sacri arcani riti, e la Potenza
Di Cesare il bel nodo venisti a Piero:
Vieni, gridò la gloria, e poi lo scorge
Di eternità nel tempio, e in sua presenza
Degli Eroi tutto il core in piede sorge.
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Tommaso e Francesco Antonio Vitale
FAMIGLIA VITALE NOBILE FEUDATARI DI APICE11 Provenienti dalla città di Bergamo
Diego d’Apice … 1525
“… I giovani arianesi dovrebbero giurara… non debbono vivere per sé, ma per la patria,
svolgano con mano diurna e notturna quelle pagine che costarono tanta fatica al Vitale,
è poiché il sommo dio ha dato ad essi impegno e salute, comodo di studi, e luce di
progresso nelle scienze e nelle arti; Ariano per opera loro, come gigantesca per posture
topografica, lo sia anche per valentia dei suoi figli, in mezzo alle città sorelle”(…)
Vogliano i reggitori del Comune, ora che hanno appreso quanto grande cittadino vanti
Ariano, farlo conoscere nelle scuole, dai foresteri, elevando a lui un monumento a cui
ha diritto(…)
I casi avversi al tuo almo Tricolle
Ed i propizi ci narrasti interi;
La patria carità ti mosse e volle
Che ai posteri scrivessi, ed i sinceri
Dell’alma che nel ciel oggi s’estolle
Sensi esponessi e gli alti tuoi pensieri;
Di grata ricordanza oggi i nepoti
Alla memria tua sciolgono i voti.
Nicola Flammia, Ariano 2 settembre 1809, elogio funebre…,
Ariano, 1909, o.c., 50-51 pp.
Ribadisco i ringraziamenti a tutti gli arianesi, alle associazioni e alle istituzioni:
Esprimo i più sinceri ringraziamenti al Sindaco di Ariano Domenico Gambacorta, alla
Famiglia Vitale: Dott. Nino Pisapia, Adriana Masucci in Pisapia, agli eredi della Famiglia
Pisapia.
Al Museo Civico di Ariano Irpino, Ottaviano D’Antuono
Al Sig. Tullio Tiso per alcuni inediti di Tommaso Vitale
Al Cav. Luigi De Padua. Al Prof. Stanislao Scapati, Gaetano Grasso, Antonio Alterio, Gabriele Speranza, (…)
AllaFamigliaMazza,Biblioteca“FeliceMazza”,inparticolarealDott.EmericoMariaMazza
Ass. alla Cultura, al dott. Giandomenico Mazza, al Sen. Ortensio Zecchino.
Alla Biblioteca comunale Mancini di Ariano, la Dott.ssa Chiara Lo Conte.
Alla Città di Ariano Irpino perché nel prossimo bicentenario della morte di Tommaso
Vitale, si ricordi anche del Fratello Abate Francescantonio Vitale, approntando un significativo programma di celebrazioni e di rilettura delle opere dei nostri illustri concittadini.
La città resterà grata nella memoria per quanti scrittori e storici non ci sono più per tutti
ringrazio: Italo Sgobbo, Mons. Emerico Pisapia, Don Felice Mazza, Gabriele Grasso, il P.
Nicola Maria Flammia, Luigi Fedele, Nicola D’Antuono, Giovanni Ciccone, Don Pasquale
Ciccone, i gestori delle storiche Tipografie di Ariano, Tip. Mariano, Soc. Industrie e Costruzioni, Appulo Irpino, Francesco Riccio & figli, Notar Pasquale Matullo soc. Editing
Press di Newark “L’Ora! (…)
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AEQVVM TVTICVM
Tommaso e Francesco Antonio Vitale
Chi di Germania, e chi il suol Campano
Ch fe gir di Arian la fama altèra?
Francescantonio è quel, che tanto scrisse,
ed oprò tanto; e che del Vaticano
Sprezzò gli onori, e a se medesimo visse.
D. MATTEO (1674)
D. DIOMEDE E D. ANGELA SEBASTIANO
D. BERNARDINO E D. OTTAVIA SOTTANO
D. ANGELO E D. PRUDENZA VITOLI
D. FRANCESCO E D. PORZIA VITAGLIANO
D. TOMMASO I°
E D. GIUSTINA BATTAGLIA
Fr. CARLO BEATO
Dr. NICOLA NOB. VITALE (m. 27.XI 1753) E D. TERESA NOB. DE RAHO (m. 27.11.1762)
Ab. D. Francesco Antonio (n. 10.4.1723 +28.11.1803)
Dr. D. Tommaso (n. 4.3.1727 +2.09.1809)
D. Costanza maritata con D. Francesco Saverio De Leone
DR. TOMMASO E D. NICOLETTA NOB. MAZZA
Dr. D. Nicola Primicerio Cattedrale di Ariano (n.26.4.1773 + 23.2.1851)
D. Francesco Maria Capitano Regio Esercit (n. 14.8.1774)
D. Maria Teresa religiosa monastero SS.mo Salvatore di Ariano (Sr. Nicoletta) (n.18.9.1778
+ 30.7.1851)
D. Giuseppe (n. 3.8.1780)
Dottor D. Gabriele (n.12.3.1783 + 30.7.1844)
Cav. D. Diomede Canonico e Tesoriere della Cattedrale di Ariano (n.17.8.1785 + 14.5.1860)
Cav. D. Emmauele Ufficiale del Regio Esercito (n.25.12.1787)
Dottor D. Ferdinando (+ 8.2.1862)
D. Leonilda (+ 14.7.1793)
Da D. Carlotta Albanese n. 14.4.1856 e Comm. D. Pasquale nob. Pisapia da Gesualdo
(n. 14.2.1850)
Nasce Mons. Emerico Pisapia canonico (n.18.8.1874.)
Auspici del 1° Centenario
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Tommaso e Francesco Antonio Vitale
Tesi di teologia di P. Fulgenzio da Flumeri,
Ord. Degli Eremitani, dedicata a Tommaso Vitale,
Rieti, 1784, Gaspare Orsini tipografia episcopale,
discussa nel mese di gennaio 1784,
Diploma dell’Accademia del Buon Gusto
conferito a F. A. Vitale,
ms. fondo donazione Enzo Pisapia,
in Museo Civico di Ariano Irpino.
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AEQVVM TVTICVM
Tommaso e Francesco Antonio Vitale
Le Associazioni culturali di Ariano, gli Amici del Museo, Arnanah, la Fidapa, il Lions Club.
Dell’Abate Vitale fa cenno anche Antonio Lombardi nella sua Storia della letteratura
italiana nel secolo XVIII.
“VersatoassainellaGiurisprudenzacanonicaeral’AbbateFrancescoAntonioVitalePatrizio
d’Ariano nel Regno di Napoli, il quale compose un’ opera voluminosa sulla Dataria e Cancelleria Pontificia, ma avendola cominciata a stampare non ne proseguì la pubblicazione
, e in sua vece diede in luce un Trattato sul supremo Tribunale appellato Segnatura, il
quale riuscì al Foro utile oltremodo e fa autorità presso i Giudici (2). Il Sommo Pontefice
Benedetto XIV. pregiò i talenti dell’ Abate Vitale, e lo ascrisse ali’ Accademia di storia
ecclesiastica da lui fondata, nella quale recitò quegli varie dissertazioni sulle antichità
della Chiesa da lui poscia unitamente ad altre operette di antiquaria date in luce. Fra le
opere però di questo Autore giudicasi comunemente la più interessante e pregevole la
storia diplomatica dei Senatori di Roma dalla decadenza dell’ Impero sino ai nostri tempi:
e con essa ha il Vitale rischiarate assai le tenebre in cui involta si trovava la storia moderna specialmente ‘civile di Roma, perlocchè meri- tossi gli encomii dei Dotti Italiani non
solo ma ben anche degli
stranieri (3).
Rare sono le opere di
questo scrittore che stampava per proprio conto,
e poche copie tirar ne
faceva, dicendo che le sue
produzioni erano buone,
diventavano più rare, essendo in poco numero di
copie, e se erano cattive,
non metteva conto che si
moltiplicassero per essere
vendute a peso (Renazzi,
Storia dell’Università, (..)
di Roma, vol. 1, op. cit.,
p. 359-360 .
LOMBARDIAntonio,Storia delle letteratura italiana nel sec. XVIII, Modena,
1828, vol. II., p. 316.
Diploma dell’Arcadia Reale
conferito a F. A. Vitale,
Napoli, 12 nov. 1795,
ms. fondo donazione Enzo Pisapia,
in Museo Civico di Ariano Irpino.
AEQVVM TVTICVM
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Tommaso e Francesco Antonio Vitale
Omaggio a Tommaso, Francescantonio e Diomede Vitale
pag. 126
AEQVVM TVTICVM
Cultura e Territorio
Cultura e Territorio
Spunti di riflessione
di Nicola Prebenna
I
l termine cultura presso il grande pubblico viene spesso identificato con
quello che rimanda ad un aspetto, certo importante, della strutturazione di
una personalità, l’erudizione, ma che ne costituisce un elemento accessorio,
accidente che, pur di qualità, non necessariamente sostanzia di sé il fatto “cultura”. Se
sul piano individuale, però, l’erudizione, come bagaglio di nozioni e conoscenze, rimane
comunque un presupposto importante, un preliminare, dell’accesso alla complessa
realtà della cultura, per quanto attiene alla sfera del “pubblico”, fare cultura non può
identificarsi soltanto con la sponsorizzazione o promozione di specifiche iniziative culturali, quali attività teatrali, musicali, letterarie e culturali in senso lato; essa, la cultura,
nella connotazione “pubblica”, è e deve caratterizzarsi, dal nostro punto di vista, come
riflessione organica sulla vita complessiva di una comunità, vista nella interazione di
quegli elementi del contesto, insieme “spirituale” e “materiale”, che è la città; ed è anche
capacità di elaborare una ipotesi organizzativa, uno schema di massima in cui tracciare le
coordinate di uno sviluppo razionale ed organico del territorio, in cui trovino o possano
trovare spazio, oltre le tante attività ed iniziative, complessivamente dette economiche,
che definiscono una moderna comunità, tutte le altre manifestazioni destinate a promuovere e potenziare la conquista del bello da parte del maggior numero di persone.
Si comprende, ed è facile deduzione, che i due termini, cultura e territorio, non rimandano a realtà separate, scollegate, ma sono due facce di una stessa medaglia, modi di
una stessa sostanza, data dalla realtà della πòλις, sintesi e superamento dell’urbs e della
civitas, condizione di sicura consapevolezza e di matura esperienza del proprio tempo
e del proprio territorio, dell’hic et nunc.
Con la parola πòλις intendiamo quel modo di sentire e vivere la propria esperienza di
cittadino che, superando la delimitazione e la configurazione fisica della città come
struttura urbana, l’”urbs”, e la connotazione “civitas”, come il contenuto umano, lo
completi e lo coniughi in una sintesi superiore che è la vita della comunità nella molteplicità, ricchezza e varietà delle sue manifestazioni. In altri termini non si dà cultura,
vita ed espressione della comunità, dove gli interventi sul territorio sono inadeguati,
improvvisati, disordinati e legati alla logica dell’”ora e subito”, con preciso e immediato
riferimento al vantaggio esclusivamente personale, avulso da una logica di confluenza
del legittimo interesse personale alla felicità con la necessità di concorrere tutti alla
realizzazione del “bonum commune”.
Cultura è riappropriarsi o riscoperta o valorizzazione della propria terra, non solo come
bene ereditato, e si spera salvaguardato, ma come bene, opportunamente innestato,
ipotizzato e progettato per il futuro. Ne consegue che le coordinate dell’assetto complessivo della πòλις che si allarga e confluisce nel “territorio” si innestino sull’arte, sull’attività per eccellenza, che regola o dovrebbe regolare il conflitto di interessi tra ricerca
del benessere individuale e sua armonizzazione con il bene comune, che è la politica.
Non desisteremo mai dall’insistere sul fatto che la politica è arte alta e nobile, che spesso
però è svilita per la mancanza di uomini di solido spessore etico e ridotta a mestiere
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Cultura e Territorio
essa sia ben misera cosa quando non si sposi con la valorizzazione del territorio, non
abbiamo l’intenzione di compilare un cahier des doléances, la lista delle “colpe” o manchevolezze della classe politica locale; solo alcuni accenni. La mancanza di un Piano
Regolatore, responsabilità che grava su tutte le amministrazioni che si sono succedute,
pur di diverso indirizzo politico, è stata l’arma, il presupposto su cui si sono costruite,
consumate e prosperate le più incomprensibili aberrazioni di tipo urbanistico, ed anche
l’occasione per comportamenti e scelte disinvolti se non spregiudicati. Il PUC, recentemente predisposto e approvato, ci è parso più una rappresentazione dell’esistente che
una programmazione dell’assetto urbanistico futuro della città. Tutti i complessi edilizi
di proprietà del Comune, sia quelli da ultimare che quelli da tempo fruibili, oggi sono
destinati ad un uso, domani ad un altro, tutto cambia dall’oggi al domani e l’improvvisazione regna sovrana. Del centro storico di un tempo è rimasto ben poco e sarebbe più
opportuno che si adottasse l’espressione, per indicare Ariano centro, di Nuovo centro
urbano. La scarsa sensibilità per il bello, oltre all’incuria nel preservare l’identità storica
della città, ha creato sgorbi, pugni nello stomaco, scempi edilizi che in tutta evidenza e
con immediatezza si impongono alla vista e, se gli occhi non si sono assuefatti, destano
una sensazione di rigetto. Eppure la città è viva. Molteplici sono le manifestazioni che, o
sponsorizzate dalla civica amministrazione o promosse da enti e associazioni privati, scandiscono la vita della cittadina, molte le scuole presenti sul territorio, diverse le realtà museali (diocesano, civico, archeologico),
significativa la presenza di Biogem.
Dati questi presupposti, è possibile
parlare della nostra città come di una
realtà in cui sia poco vivo e presente
l’impegno culturale?
Accedendo all’accezione “erudizione”
del termine cultura, non si può non
riconoscere come molti siano i concittadini che si danno da fare in diversi settori del sapere conseguendo
anche significativi successi; se invece
privilegiamo la correlazione culturaterritorio, le prove fornite sono inadeguate, improvvisate, estemporanee,
estranee ad una logica progettuale a
cui dovrebbe invece essere ancorata
un’ambiziosa proposta culturale.
I tempi sono maturi perché nuove
idee, nuove proposte, progetti innovativi – se vi sono – si facciano avanti,
vengano proposti alla conoscenza dei
cittadini perché, responsabilmente,
siano costruttori e coprotagonisti,
nel bene e nel male, del loro futuro.
Ed è qui che, per il cittadino arianese,
si addice il verso dantesco: “ Qui si parrà la tua nobilitade!”
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Cultura e Territorio
che s’apparenta spesso con il malaffare e con la corruzione. Le degenerazioni, a cui
continua a dar vita una sua distorta interpretazione, non dovranno mai prevalere sulla
necessità di recuperarla alla sua funzione fondamentale. La politica ha a che fare con la
cultura e con il territorio? Quali i rischi di una politica “locale”? Ed è possibile superarli
o ridimensionarli?
Una politica che non elabori una proposta di assetto del territorio, che non abbia la
forza o il coraggio di indicare quale tipo di sviluppo intende promuovere, è una politica
inesistente. Può succedere che talvolta siano gli stessi cittadini con la loro miopia a farsi
strumento di distrazione per i politici, realizzando una sorta di coincidentia oppositorum
e generando, concorrendo a generare, quel vizio di fondo che si manifesta, da un lato,
nel perseguimento dell’utile “particulare”, comunque preteso, da parte del cittadino
e, dall’altro, nella debolezza della politica nel rincorrere, caso per caso, il consenso a
tutti i costi, smarrendo la vocazione fondamentale alla sintesi tra bisogni soggettivi e
progettualità complessiva.
La realizzazione di un desiderio, di un capriccio, la conquista di un beneficio non
spettante obnubilano la coscienza individuale e, mentre si sprecano giustificazioni
alla propria condotta, severe si fanno le condanne per le manchevolezze degli altri. Le
grandi sventure, i mali terribili che spesso affliggono comunità e territori sono talvolta
l’effetto, la conseguenza di tante piccole inadempienze che, sommandosi, provocano
danni consistenti. E così tante aspirazioni individuali sia a legittime soddisfazioni che a
meno comprensibili vantaggi generano quel magma di cattiva coscienza che fa scaricare
sugli altri la responsabilità di ciò che non va, che non funziona, e che contribuiscono a
definire i presupposti di un ambiente, di una realtà distorti.
La responsabilità, però, maggiore è senza ombra di dubbio della politica, di coloro che
ne incarnano la funzione e che, incapaci di progettualità di largo respiro, affondano nelle
sabbie mobili del consenso a tutti i costi e si fanno paladini della persistente, pervicace
opera di aggiramento e superamento della legalità. Il cittadino insegue il privilegio, la
politica lo asseconda, ed a rimetterci è la qualità complessiva della vita della πòλις. Che
al politico incomba anche il dovere di occuparsi dei problemi dei singoli cittadini è un
dato ovvio che non occorre neanche ribadire, che egli si spenda e si prodighi per aiutare
cittadini in difficoltà è un suo preciso obbligo, ciò che deve evitare è di avvitarsi sulla
prospettiva miope, pur se forse redditizia, del proprio immediato successo elettorale, e
accondiscendere a richieste poco conformi alle regole ed alle leggi vuoi della comunità
locale che dello stato.
In poche parole, si chiede al politico ed alla politica di risolvere i casi specifici in un quadro
di riferimento chiaro di legalità e nella consapevolezza che nella visione disinteressata
del tutto trovano soluzione e appagamento le legittime aspirazioni individuali. Quando
ciò non accade e la gestione della cosa pubblica si riduce ad assecondare interessate
e ingiustificate cupidigie individuali, nella πòλις non c’è più sensibilità culturale, non
c’è amore per il territorio, manca l’intelligenza di prospettare un modo rinnovato di
prefigurare la vita del territorio e della πòλις.
Se dalle considerazioni di ordine generale passiamo alla verifica dello stato dei rapporti
tra cultura e territorio nella nostra realtà cittadina, non ci pare che i politici abbiano
dato prove positive del loro modo di interpretare la funzione loro delegata. Poiché al
presente intendiamo solo fornire spunti di riflessione su cosa sia “cultura” oggi e come
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Tre patrioti arianesi
Tre patrioti arianesi
di Stanislao Scapati
N
valere il suo spirito rivoluzionario durante il periodo costituzionale 1820-21, partecipando
in Ariano a quegli eventi innovatori con il grado di tenente del battaglione legionario
di volontari al cui comando era preposto il maggiore Domenico Florio: sottointendente
di Ariano era il bonitese Federico Cassitto, anch’egli buon patriota seppur moderato; e
fu quest’ultimo che affidò al Purcaro in qualità di maggiore interino il comando di quel
battaglione grazie alla sua ben nota reputazione. In pochi giorni la reazione borbonica
ebbe il sopravvento con l’aiuto delle armi austriache e il 24 marzo 1821 il Parlamento
napoletano fu chiuso e il nuovo governo assoluto, presieduto da Antonio Capece
Minutolo principe di Canosa, feroce reazionario, iniziò la persecuzione dei patrioti: il
maggiore Domenico Florio riuscì a scampare a Tunisi; altri patrioti arianesi, considerati
nemici pubblici, finirono in galera o relegati nelle isole, al confine, all’esilio. Michele
Purcaro era ancora in carcere nel 1830, ma fu libero dopo l’ascesa al trono di Ferdinando
II di Borbone che volle così inaugurare il suo regno con un gesto magnanimo di cui
beneficiarono molti patrioti. La passione politica del vecchio carbonaro non si era mai
spenta: questa volta, insieme con il figlio Vito (non coinvolto nei moti del 1820 perché
ancora ragazzo quindicenne) afferrò al volo una vaga idea sovvertitrice portata avanti
da un certo Angelo Peluso di S. Gennaro di Palma Campania, un “picuozzo” (frate laico), cuoco nel convento francescano della Sanità, a Napoli. Individuo che nutriva idee
spropositate in relazione alle sue reali capacità di uomo d’azione, che tuttavia riuscì ad
infiammare gli animi di vecchi patrioti, come appunto i Purcaro padre e figlio, al punto
di comprometterli nel tentativo di rinnovare la sommossa del 1820. Si confabulava
qua e là in varie località e così anche in Ariano, nella casa dei Purcaro nel rione Valle,
al Piano Marino. Di notte tempo apparivano furtivamente misteriosi personaggi che
si incontravano anche nelle campagne arianesi, nella masseria di Michele Purcaro alla
Difesa Grande, convinti di passare inosservati: la polizia borbonica (la gendarmeria
aveva sede nell’ex convento domenicano, sulla cui area ora sorge l’edificio della Polizia
di Stato) però li teneva d’occhio, come già faceva con Michele Purcaro, condannato nel
1821 a 25 anni, poi ridotti a 12, di carcere, e condonato del restante della pena era pur
sempre seguito e sorvegliato nei suoi movimenti.
Nel settembre del 1833 riaprirono le carceri per Michele Purcaro condannato all’ergastolo insieme con il figlio Vito: il primo non vide più la libertà, per la quale aveva tanto
lottato e sperato, poiché chiuse per sempre gli occhi nel carcere di Gaeta nel marzo
1847, assistito dal figlio (pietosa bugia dell’impiegato comunale che, annotando nel
registro dell’Anagrafe arianese; il matrimonio della figlia Concordia nel 1834, giustificò
l’assenza del padre Michele perché “impegnato altrove” per non dire “in galera”). Vito
Purcaro uscì libero quando la nuova costituzione emanata dal re Ferdinando II il 29
gennaio 1848 permise la formazione di un effimero governo liberale che già nell’anno
seguente, abolita ogni libertà, ridonava ai Borboni il potere assoluto.
Intanto, nel breve intervallo della sua durata, in nome di questa costituzione in Ariano
si era costituito una sorta di governo provvisorio - maggio 1848 - presieduto da un
triumvirato patriottico composto da Vito Purcaro, De Miranda e Vitoli, che non resse a
lungo: il Purcaro fu di nuovo carcerato e così ai sedici anni di carcere già scontati se ne
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Tre patrioti arianesi
el luglio 1820 Ariano fu messa a rumore dalla rivoluzione di Napoli che non
risparmiò neppure la città del Tricolle: “Or qui or là si udivano a notte delle
schioppettate…..... gli stessi carbonari (tra i quali pochissimi gli onesti) per
invidiuzze e gelosie si appostavano fra di loro…..….”. Così riferisce Pietro Paolo Parzanese
nelle poche pagine delle sue “Memorie” autobiografiche ricordando quei giorni di cui fu
testimone quando era ancora tra gli undici e i dodici anni. E poi ci fu la fine ingloriosa
della Napoli carbonara quando tra Rieti e Antrodoco avvenne la “rotta vergognosa, la
sconcia fuga che tanta vergogna gettavano sul capo dei Napoletani”, aggiunge il Poeta.
Era il marzo 1821. Tra i “pochissimi onesti”, patrioti intemerati, il Parzanese non fa nomi,
ma fra questi almeno due se ne possono citare, quelli del giovane, esuberante e appassionato, Fedele Carchia (che tra il 1860 e 1861 sarà primo sindaco, sia pure facente
funzione, di Ariano, alla vigilia dell’Unità nazionale) e Michele Purcaro.
Nel marzo 1821, alla venuta degli Austriaci (un intero battaglione di Cacciatori tirolesi
si stanziò in Ariano) “i più famosi patrioti Arianesi se la diedero a gambe”, commenta
acido il Parzanese: ma Carchia e Purcaro no.
Carchia fu arrestato, nonostante le promesse dell’indulto regio a favore dei rivoltosi, e
processato per i suoi trascorsi carbonari quando era studente di legge a Napoli; era già
libero nell’anno seguente, ma con l’obbligo dell’esilio, cessando di peregrinare per l’Italia
soltanto nel 1831, quando un nuovo indulto, concesso da Ferdinando II, gli permise il
ritorno ad Ariano, dove visse, esercitando l’avvocatura, e dove morì ottantaduenne il 9
marzo 1873: avendo sofferto non minori traversie è doveroso aggiungere il suo nome
ai nomi dei tre patrioti arianesi del 1848.
Dal canto suo Michele Purcaro, anche lui carbonaro di antica data, ebbe modo di far
Vecchio Tribunale in Piazza Ferrara, sulla cui facciata si vede la lapide originale andata distrutta nell’abbattimento.
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Documento originale di proprietà “Biblioteca Mazza”
Per gentile concessione del Dott. Emerico Maria Mazza
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vide aggiungere altri undici passati nelle varie galere insieme con Settembrini, Poezio,
Spaventa, Castromediano, Pironti, finchè fu libero - dopo la sosta a Londra dove fu insignito del titolo di baronetto per i suoi meriti politici - di raggiungere nel 1859 l’Italia
sulla soglia dell’Unità nazionale. Sopportò gli anni di galera con coraggio e allegria,
nonostante i malanni fisici, tutto preso dallo studio dei numeri del lotto, così lo ricorda
il Settembrini. Perduti tutti i suoi beni, confiscati dal regime borbonico, il nuovo Stato
italiano gli concesse un impiego pubblico nella Dogana, a Napoli dove finì i suoi giorni
settantenne nel 1875.
Completano la triade patriottica Giuseppe De Miranda (Peppino) e Giuseppe Vitoli.
Il primo, quasi seguendo le orme del Carchia, studente a Napoli di lettere e poi di legge,
frequentò all’Università le lezioni dell’insigne giurista Luigi Zuppetto, e trascinato dalla
sua impetuosa eloquenza ne seguì le orme di acceso repubblicano. Nonostante delusioni e sconfitte i Carbonari erano pur sempre presenti e influenti nella città di Napoli
e non mancavano di attirare attenzione e consensi fra i giovani; inoltre contribuivano
ancora di più ad infiammare gli animi le notizie che giungevano da varie parti del Regno delle Due Sicilie di sommosse e scontri dalla Sicilia alla Puglia e Calabria. Caduto
il governo costituzionale il 15 maggio 1848, il giovane De Miranda non si scoraggiò e
subito corse verso quella nuova meta che già aveva visto pochi anni prima la fine dei
Fratelli Bandiera. Sparì così, senza lasciare traccia di sé, appena trentaduenne, senza un
fiore, senza una tomba. Un suo fratello, il canonico Don Girolamo De Miranda, coinvolto
nel processo politico detto della “Setta Filoelettrica“, scontò quattro anni nelle carceri
di Ariano, Foggia e Lucera.
Più fortunato Giuseppe Vitoli che riuscì a riparare all’estero, a Scutari in Albania, allora
facente parte dell’Impero Ottomano, e vi si trattenne per oltre un decennio insegnando,
lui uomo di legge e magistrato, la lingua italiana per sbarcare il lunario. Con la caduta
dei Borboni rientrò ad Ariano, ricuperando qualche bene e ricoprendo delle cariche
pubbliche fin verso la fine della sua vita che avvenne nel 1883 all’età di 65 anni.
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Giovanni Battista Capozio
Cronica della Città d’Ariano 1596
Capozio Cassinese in Cava
Trascrizione fedele a cura di
Gabriele Speranza
I
l Flammia nella Storia della Città di Ariano (Dalla sua origine sino all’anno
1893) a pag. 4 parla di una Cronaca dell’Abate Capozio conservata in Ariano
in duplice copia, di cui una dal Canonico Francesco Imbimbo, ed
un’altra presso il sig. Felice Mazza.
Credo la copia originale (1763), regalatami dalla Signora Anna Maria Schiavo, arianese
residente in Milano, e da me donata alla Biblioteca del Museo Civico di Ariano era
certamente in origine quella di proprietà del Canonico Imbimbo, e che qui appresso
mi accingo a trascrivere in forma integrale all’originale.
Nel 1984, a cura dell’On. Sen. Ortensio Zecchino, è stata già prodotta per i tipi Edizioni
Padri Benedettini - Montevergine 1984, altra copia dall’originale (quella in possesso del
Mazza, suo antenato).
Tra le due copie si evidenziano sostanziali diversità.
I.M.G.
Cronica della Città d’Ariano ricavata dalli più antichi monumenti, che si ritrovano
conservati nel Convento di Santo Bernardino della Città di Agnone, e dal Reverendo
Padre Gio: Batt.a Capotio Abbate Cassinense del Monasterio della Santissima Trinità
della Cava fedelmente scritta.
**********
* Non v’è dubbio che la Città d’Ariano, tra quelle non solo del Regno, ma anche dell’Italia
non sia dell’Antichissime, e parlando del suo nome da Tolomeo vien chiamato Tuticum:
ma Tullio scrivendo ad Attico suo amico lo chiama Equus Tuticus.
* Circa la sua origine vari sono gli Autori, che ne parlano. Quindi Virgilio nell’ottavo libro
dell’Eneide asserisce fosse stata edificata da Diomede, il quale con questa costrusse
Benevento: “Nam, et Beneventum, Equum Tuticum ipse condidit”: e secondo fu trovata
una pietra a tempo che fu edificata la Chiesa di S. Andrea in detta Città, ove frantumata
si leggevano queste precise parole: “Civitas ista quam Teveri construxerant;” anche si
deduce esser stata dal sopranarrato Diomede edificata.
* Ma Strabone, Sigorio, il Voleterano più sensatamente asseriscono che si chiamasse
questa Città Ara Iani, e fosse stata edificata coll’occasione, che nella somità del terzo
monte nel mezzo, che contiene essa Città vi fosse il famoso tempio dedicato a Giano,
ove molti popoli ogni anno concorrevano a farvi Solenni Sacrifizi; e si conferma tutto
cio con una antica iscrizione che fu trovata in detta Città scolpita su di una Pietra con
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Giovanni Battista Capozio
il Simulacro di Giano con due faccie di tal tenore: “Q: Babr: Corn: Amiant: P: Quest: P: R:
ex S: C: in P: Ap: S: H: Templum Iani antiquitus erectum ab Indigene uno ex Principibus
Ianiculorum, qui tempore Itali Regis a Sutrio coxiens, et Tyrandidem fugiens, Colonia
quincentorum Virorum Nobilium conjugatorum huc transtrulit, Ianumque colens sedem
sibi, quisque firmam delegit, ac Arianum nomen imposuit, directum jam a Samnitibus
tempore Pontii eorum Ducis, proptereaque Arianenses in bello Samnitico Romanis
praesidium dedere, funditus erexit, et ornavit; post jugum Italiae impositum ab urbe,
urbium Principe, et in anno a fundatione eiusdem quincentesimo.
- Interpretazione del primo verso:
“Quintus Babrius, Cornelius Amiantus, Patritius Quaestor Populi Romani ex Senatus
Consulto in Provinciis Apuliae, Samnitium, et Hetruscorum.
* Onde si conghiettura da questa iscrizione che la Città d’Ariano sia stata prima della
venuta di Diomede in queste parti edificata: mentre Italo cominciò a regnare nell’Italia
anni 28 dopo la morte di Giuseppe Ebreo il Patriarca, che sono 37 anni avanti la nascita di
Mosè , che sortì l’anno 1588 avanti la venuta del Sig.re; che però appare, che la Città fosse
stata edificata avanti la venuta di Diomede 400 anni; essendo che la venuta di Diomede
in queste parti fu dopo l’eccidio di Troia , da dove si deduce ancora, che dall’accennato
Italo fu nomata questa parte Europa, essendo chiaro appo gli antichi Scrittori e Autori.
* Ma secondo alcuni Manuscritti letti nella libraria Cassinense si deve dire, che quando
Diomede venne in queste regioni, e portossi in Ariano trovò l’accennate abitazioni, o
Populazioni disparse d’intorno alli tre monti, che compongono la Città, e convenivano
insieme nell’altezza del terzo monte, non solo per l’accennati sacrifici a Giove, ma anche
essendovi eretta la curia, ivi consultavano le loro materie cosi di guerra, che avevano
con altre nazioni degl’Irpini, e precisamente conli Trivicani, e Eculani; come anche per le
cose Civili, e del buon governo: il prefato Diomede li congregò nelli detti monti insieme
fabricando le case di pietra, e di calcina, mentre al parere di Vellejo queste populazioni
non usavano fabriche all’uso d’oggi, ma solo di terra, e ben forti legni, come dice il
medesimo: “Populationes, que ambiebant Ara Jani in Tentoriis, aut in griptis habitabat”.
* Delli detti tre monti la detta Città per la diversità dell’Abitatori sortirono diverse
abitazioni, poiche quelli, che si ritirarano nella parte suprema, che veramente fu quella,
che Diomede fabricò vicino al tempio, e cinse di mure ben forti, furono parte delle
populazioni ridotte, e parte di quelle genti, che esso Diomede portò seco.
* Si aggiunsero alla detta Città due altre populazioni, e furono di quelle, che erano
rimaste, come prima disperse, e vedendo riuscire di miglior commodo avere le case
di fabriche, s’unirono anche essi, ed eressero due abitazioni laterali, ma dell’in tutto
separate dalla prima.
* Mentre così si viveva in detta Città cominciorono tra di loro per rispetto del Governo
a muover Guerra Civile, poiche la prima come che piu decorata teneva oppresse le due
altre populazioni, e queste dipendevano dal Governo della prima, e secondo si deduce
dal menzionato manuscritto, che queste due parti erano dalla prima ordinate alla coltura
delli campi, e lavorare la terra di modo che pareva, che gli abitatori della prima, erano
come Signori mantenuti da questi due colle loro fatighe: onde ne avvenne trà di loro
una grande, e intestina guerra.
* Mà perche quelli dell’Ara Iani eransi mantenuti sempre alla civile, e precise inetti alle
fatighe, restarono oppressi dalle due privandoli del vitto che come tributo pretendevano
dalle due sudette.
* Nell’armi ancora n’ebbero la peggio, perche più forti resistevano alle battaglie; alla
perfine s’accordorono le cose, e si fece, che nelli loro congressi v’intervenissero anche
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Giovanni Battista Capozio
tre, e tre persone per ciascuna parte, che come Senatori avessero il voto nelle loro
conferenze, essendo che dopo la morte d’Italo le Città edificate quasi governavano a
modo di Repubblica.
* Deve notarsi, che l’Italia prima d’Italo era abitata, secondo Solino, da popoli chiamati,
Aborigini, Aborigines, quasi sine origine, o pure absque certa origine; mentre tenendo
l’autorità di Lucido, dicono, che Noè due volte fosse venuto in Italia, e che molte persone
vi conducesse:
“De primis Italiae Colonis, de Abbriginibus, et Ianjgeris, e vi dimorò anni 33 finché vi
giunse Comero Gallo figlio di Jafet con le sue colonie; quindi parlando Beroso di Noè” dè
antiquitate iam, così dice, “cum inisset ad regendum Kitim, quam nunc Italiam nominant
desiderium sui reliquit Armenis, ac propterea post mortem illum arbitrati sunt in animam
Caelestium corporum translatum, et illi honores divinos impenderunt”: Onde si conosce
apertamente, che li popoli adoratori di Giano avessero eretto il famoso Tempio in onore
di Noè col titolo di Giano; molto piu si conferma, che Noè fosse l’istesso che Giano, che
essendo stato l’inventore del Vino, l’istessa voce di Giano in lingua Armena, Vitifer, et
vinifer, significa secondo la raggione di Beroso.
* La Città adunque d’Ariano avendo avuto il suo Principe, sotto di cui servirono dopo
la sua morte, sino alla venuta di Diomede si governò come quasi Republica: benche
avessero secondo l’altre Populazioni il capo, questo non aveva il dominio assoluto come
conviene ad un Re, mà vi teneva una certa autorità di dirigere le loro operazioni.
* Così Solino. Da Diomede poi sino alla venuta dè Sabelli, che Sanniti furono chiamati,
fu governata la Città da Principi. Li Sanniti, seu Sabelli vennero in queste contrade prima
dell’edificazione di Roma anni 300 questa nazione dunque essendo stata di natura
superba, Altiera, e Bellicosa, che coll’armi s’era dilatata per la Basilicata, discacciando
ne li ….. che v’abitavano; come scrive Plinio, e Giovanni Natalio:
“Lucium quemdam Samnitium ducen eius structorem tradunt, qui primum lucium hoc
situ incolaverit; sane igitur Strabo Lucanos a Samnitibus ortos omnino credi vult, qui
Possidoniates, inquit eorumque socios memorabili pugna ductore Lucio debellarent”
* Or siccome le potentissime armi dè Sanniti si portorono all’acquisto della Lucania
non solo, mà anche nel Lazio insino ad Ardea venti miglia lontana da Roma, e di molte
Città delle più potenti come Capoa, Sedecino, Palepolo, Cuma, Cassino, Sora, Fragelle,
Interanna, Alife, Bojano, Isernia, Venafro Benevento, ed altre città, così di Benevento
chiamata allora Melezia; Così la Città d’Ariano fu annoverata trà Sanniti, quali avanti
che fossero dà Romani soggiogati non ebbero mai Rè, né riconobbero mai Superiore
Forastiero, ed essi medesimi, si reggevano da se e a popoli ancora da loro conguistati
davano leggi, e statuti.
* Sì che la Città d’Ariano ritrovandosi nella confederazione del Sannio fù governata
in quel modo, che s’è detto: Né è vero quello che si attribuisce, Benevento essere la
Capitale del Sannio mentre si scorge che non v’era sede né Capo; mà tutte le Città
situate intorno al Matese, sì chiamavano del Sannio; Onde era come una Republica, né
una Città Sovrastava, all’altra, e nelle conferenze dè loro affari si congreavano in Altilia
situata sotto l’antica Sepino, come anche di questa sene scorgono le vestigie al piano.
* Opinione però di Strabone, e di Plinio è, che la Città d’Ariano non sia stata racchiusa
dentro il Sannio, poiche egli medesimo descrivendo le Città Principali di esso n’esclude
Ariano, non rammentando altro, che Bojano, Isernia, Telese, Benevento, Venosa: Plinio
poi dice, che furono nel Sannio Aufidena, Tregelle, Ficola, Sepino, Trivento, Undecimano,
Aquilonia, Abbellino, Conza, Eculea, e Benevento.
* Tolomeo però pone Bojano, Isernia, Alife, Telesia, Benevento, Gaudio, e Tutico, cioè
Ariano nel Sannio: Negli Erpini Aquilonia, Avellino, Eculano, e…. Pone Consa né Lucani, e
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Venosa né Pugliesi Pencentini; Anfidena né Saraceni come racchiude nelli qui sottoscritti,
e accenati versi.
“Affluit, et Samnis non dum vergente favore Ad Paenas, sed nec veteri purgatus ab ira.
Qui Batulam, Mucrasque colunt Boviania quiq: Excercent lustra, aut faucibus haerent Et
quos, aut aut quos Hirsenia quosque Obscura incultis Herdonia ab Aguis”.
* Lucio però nelle sue istorie ne rammenta piu, cioè Alife, Celenna, Compluteria, Conza,
Cluvia, Erculaneo, Tulsula, Isernia, Meronea, Mucre, Murganzia, Milonia, Orbitanio,
Palombino, Plistia, Romulea, Rufrio, Sepino, Telese,….. Velia, Venosa, e Volana; Dunque
da queste Città accennate, si congettura, che quello, asserisce Strabone, e Plinio, che
Ariano non sia stato racchiuso dentro il Sannio.
* Da ciò, e dalla diversità dè Scrittori si deve dire, che Ariano non deve escludersi dal
Sannio mà solo asserire, che non vivesse secondo le leggi dè Sanniti, mà di quelle usate
sino ab antiquo.
* In questa maniera, si generò questa Città fioritissima nell’armi, e nella civiltà sino alla
venuta dè Romani per debellare i Sanniti, che fù nell’anno 412 prima della venuta di
Cristo 340 guerre, che al parere di Lucio durarono da cento, e piu anni con varj successi
che li spiegò quando introduce il Console Romano a parlare ai legati dè Campani.
“Caeptum propter nos cum Samnitibus bellum per centum prope annos, avariante
fortuna eventum tuleximus”.
* Onde Ariano da quel tempo sempre si mantenne confederata colli Romani; e la verità
si deduce, che mentre gli Sanniti si portorono per distruggere Romulea, (oggi si chiama
Bisaccia) nel passaggio fermo discesero dalle falde del monte Trevicano a predare li
paesi d’Ariano; onde chiaramente si vede, che questa Città fosse sotto il Dominio dè
Romani; imperciocche a predare non si và, se non che a Paesi d’Inimici, e non dè suoi;
e che li Romani dopo che con gli Arianesi si confederarano toglier dà Sanniti, non se
la facessero vedendola molto commoda per l’imprese, che facevano, e designavano di
fare nel Sannio; ed è da notarsi, che se bene Lucio in più luoghi dimostra sino a questo
tempo piu prese Città dè Sanniti, niuna per l’addietro pare, che dia a dimostrare che
fusse dà Romani ricevuta se non queste, perche l’altre, come s’è veduto dopo averle
prese l’ànno saccheggiate; e poi lasciate, e da quelle si sono partiti.
* Piu a proposito si conferma che dopo che li Romani fecero passare sotto il giogo li
Sanniti a Lucera per pagarli di quello avevano ricevuti dà Sanniti alle Forche Caudine;
la Città d’Ariano fù da Pontio Capitano dè Sanniti destrutta, come posta sotto la
confederazione del popolo Romano, per lo che restò cosi abbattuta sino all’anno 500 di
Roma, nel che per essere già abbattuta la potenza dè Sanniti, gionto ivi Quinto Babrio
Amianto Questore della Puglia, del Sannio, e dè Toscani commiserando l’eccidio di sì
antica, e bella Città, e tanto amica dè Romani, dà fondamenti la rifece sabelli, e adornò
a sue proprie spese; laonde così Plinio dice:
“Congruum erat, ut Civitas illa, quae erat ex multis antiquior, et nobilior a dixis Samnitibus
dadibus funditus Arianum eversum a Quinto Babrio aere suo a fundamentis fuisset
readificata, dum suam Originem duxit ab uno ex Principibus Ianniculorum temporet
Itali Regis, et ob honorem Jani templam erat constructum, qui in suam sedem quisque
delegit”.
* Riedificata adunque la Città d’Ariano molti Popoli che si ritrovavano dispersi in quei
contorni della medesima, tornorono ad abitarla; onde si ridusse in un solo circolo
l’abitazione cosi grande, che abbracciava la circonferenza di tutti tre imonti.
* Fu cosi ripiena d’abitatori e tutti dediti all’armi; che venuto Annibale da Cartagine, e
unitosi cogli Sanniti; Quinto Fabio Massimo Dittatore scrivendo alla Città d’Ariano per
ajuto contro d’Annibale, che trovavasi nella puglia, che li mandasse Genti in soccorso,
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furono dà Cittadini inviati sotto la Condotta di Antenore loro Paesano, e famoso nell’armi,
sette mila Cavalli, e ventimila Fanti, quali giunti alle Pianure di Troja s’attaccarano con le
Truppe d’Annibale, che guardavano il passo, accio non soccorressero li Romani astretti
sotto Canne dà Cartaginesi, e fù così il valore dell’Arianesi, che disfecero le Truppe, e
liberi proseguirono il viaggio.
* Ma giunti alle vicinanze di Corneto seppero l’infelice evento dell’esercito Romano con
la morte di Paolo Emilio: Onde di fretta si ritirorono alla Città per tenerla ben difesa dalle
vittoriose armi di Annibale in caso di assedio.
* Per tale Vittoria si diedero in podere del Cartaginese molti Popoli, e frà gli altri l’Irpini,
e Sanniti, mà non tutti restando a divotione dè Romani, li Sanniti Seutri, e le Colonie
che vi avevano fatte con la Citta di Venosa, Consa, Benevento, e Ariano.
* Nell’anno 476 di Roma essendosi li Sanniti uniti con Pirro Re degli Epiroti, venuto in
Italia contro dè Romani, s’attaccarono gli eserciti presso Benevento, guidato il Romano
da Curio Dentato, e da Cornelio Lentolo, ove dopo lungo contrasto, e fierissima battaglia,
Pirro, ed i Sanniti parimente restarano vinti, e superati con morte di 23 mila di loro.
* Plutarco però afferma, che questa battaglia sortisse in spazioso piano vicino Ariano nel
Castello della Manna su borbe della medesima Città, e disfatto l’esercito di Pirro, quale
fuggi nella città di Taranto, Lentolo, e Curio da Cittadini d’Ariano furono ricevuti con
molto allegrezza, e trionfo, provedendo l’esercito di tutto il bisognevole, ivi lì diede riposo.
* Sotto l’Auspici della Romana Republica visse, e fù governata questa Città, l’anni di Roma
703, che cominciò la Guerra trà Cesare e Pompeo, e quantunque sotto la Tirannide di
Silla molte Città del Sannio furono destrutte, e saccheggiate; ad ogni modo non trovasi
che Ariano, abbia patito simile crudeltà.
* Venuto Cesare dalla Francia nell’Italia preso che ebbe Arimini, passò avanti senza
contrasto sino ad Angona, dopo d’essersi impadronito d’Ascoli, Pesano, Fano con tutta
la Marca d’Angona, si portò col ferro alla mano nell’Apruzzo, e andò diritto a Corfino,
ove trovavasi Domizio Tribuno con venti Compagnie, che aveva raccolto dà Paesi di
Marsi, e Saligni, quale Città dopo lungo assedio fu presa, e dopo d’esservi dimorato dà
sette giorni, si partì, seguendo Pompeo sino a Provinsi; ed essendo nel mese di Febraro
passò per Ariano, dove da Cittadini li fù giurata fedeltà, onde la prese sotto il suo partito.
* Venuto poi l’assoluto dominio in podere di Cesare, dopo la morte di Pompeo, fù questa
Città da Cesare ben munita, e arricchita di onorevoli privilegj trattati come Cittadini
Romani, e come amica, non fù trattata come l’altre Città, con le Colonie Romane, come
fece a Bojano, quale fù la centesima colonia mandata da Cesare; Zeloso, Venafro, Alife,
ed altre, e per premiare li Soldati che avevano militati sotto Cesare, li distribuì in 28
Colonie, come nota Svetonio.
“Ad hunc modum urbe, rebus administratis Italiam 28 Coloniarum numero, a se
deductarum prò suis militibus frequentavit, et ut Romam suffragia mitterent de
Magistratibus Urbicis statuit”.
* Sì che Ariano fù esente dal peso, anzi crudeltà al non esser dedotta in Colonia le quali
si mandavano alle Città Nemiche soggiogate in pena.
* Venuto poi il Verbo Eterno al Mondo per redimerlo dalla servitù del peccato, ed
essendo ogni cosa sotto il Vessillo della Pace, anche Ariano ne godè li frutti di essa,
mà molto piu della vera luce del S. Evangelio, poiche giunto il Prencipe degli Apostoli
nell’Italia l’anno 43 della nostra salute, e passando per la Città d’Ariano, ivi dal viaggio
lasso si fermò per alquanti giorni, ove esercitando l’officio di Pastore, predicando a quel
popolo la Cattolica verità, ne convertì molti alla fede di Cristo, che però proseguendo
il viaggio verso Napoli, per consolazione di quei novelli fedeli, vi lasciò S. Felino Greco
suo discepolo, il quale dopo esser dimorato in questa Città due anni, e lasciandovi alla
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cura di quel novello gregge, un suo caro discepolo chiamato Osa, si portò in Roma
dal Principe degl’Apostoli, e consecrato Vescovo fù rimandato nel Fili…. della Grecia al
Governo di quei Fideli.
* Mi pare stravagante, che la Chiesa di Benevento asserisce, che questo Santo fosse
stato il suo primo Vescovo, quando tutti gli scrittori antichi…..e il Menologio Greco
asseriscono, che detto Santo Felino greco, l’Apostolo S. Pietro avendolo consecrato
Vescovo lo mandasse in Grecia.
* E perche la nostra Italia essendo stata sotto le vicende dè tempi, e sotto piu Prencipi,
così naturali, come stranieri, cosi le Città parimente sono state sottoposte a quelli.
* Ariano dunque essendo, che Augusto divise l’Impero in 14 Diocesi, assignandovi
Rettori, Proconsoli, Pretori, e Propretori, fù annoverata trà Campani come termine
di quella Diocesi; fù governata da simili Ministri dell’Imperio Romano, sino al tempo
dell’Imperadori Massimiliano, e Diocleziano, governando la Provincia di Campagna
Timoteo Presidente: sotto di quest’empio Tiranno, e di questi Crudeli Imperadori, pati la
Chiesa di Dio una terribile persecuzione, mentre fù generale per tutti le parti del mondo,
cosi fù esercitata nella Campania, ove furono martirizzati molti martiri, come S. Gennaro
Vescovo di Benevento, li Santi Coscio, e Casto nella Città d’Acquaviva, S. Felice, li Santi
Nicantro Marciano, ed altri.
* Frà questi volle Iddio decorare la Città d’Ariano col martirio del suo S. Pastore Liberatore,
il quale essendo Nobilissimo di sangue, e dè primi Cittadini di essa, mentre il suo Padre
Gentile fù del ordine Senatorio, e fù questo chiamato Rufilto: questo S. Vescovo dimorò
molto tempo in Roma ad esercitar opere pie, e precise, in confortare li poveri Cristiani,
cha dalla Barbarie dè Gentili Imperadori erano afflitti con tormenti, e carceri; onde
perche le sue ottime qualità da S. Marcello Pontefice fù ordinato chierico, e mentre
esso S. Pontefice per ordine dell’Imperadore, stava alla Custodia delle bestie, fuggendo,
l’ordinò Vescovo della Città d’Ariano; così s’hà d’Adone:
“Liberatus Tuticus a Pontefice Marcello ordinatus Episcopus, ad reggendam Ecclesiam
Arianensem missus, ubi propter predicationem Evangelicae Veritatis, dum in Ecclesia
Divo Petro consecrata in modum Crjptae, prope Civitatem populo praedicaret, a militibus
comprehensus , Nolam perducitur, ubi multos christianos in carcerem inclusas reperit,
ante Praesidem sistitur, a quo interrogatus de ejus Religione, strenuo animo respondit
esse Cristianum nomine, et opere; et cum ejus impietatem recerserat verberibus contusus,
ac in eculeo tortus, ad eamdem Urbem Arianed ab Urbe miliario, capite plectitur”.
* Tutto cio s’ha del precitato autore, ove si scorge , che prima del detto Santo Martire
in Ariano vi era chiesa, e Vescovo, che sia vero ciò lo dice Ostiense, parlando di S. Oto
Eremita, così dice:
“Ad Ecclesiam divi Preti in Arianensi Civitate se contulit, ubi cum esset diruta, et ex ejus
antiquitate jam collapsam, ex elemosinis piorum in pristino decore restituit”: E cosa
certa, che la prima chiesa di questa Città fosse dedicata al Prencipe degli Apostoli per
gratitudine d’avere dal medesimo ricevuto il primo latte della fede, come s’è detto; e
che in essa chiesa vi era una Grotta, è cosa chiara, mentre il S. Eremita Oto vi dimorava,
ove si ritrovava a far orazione.
* Si hà parimente, che sopra un colle fosse trovata un Ara con il Simulacro di Giano
sostenuta da colonne.
* Seguito il martirio di S. Liberatore li devoti Cristiani presero il corpo di S. Liberatore,
loro pastore con molte lagrime li diedero nel medesimo luogo onorevole sepoltura; il
martirio del d:tto Martire, fù a 15 di Maggio regnando li detti Imperadori.
* Queste sante reliquie stiedero senza culto sino alla tranquillità della chiesa che sortì sotto
l’Imperio di Costantino a tempo di S. Silvestro Papa, e siccome per editto dell’Imperadore
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fù concesso a Cristiani erigere Tempj al vero Dio, e a suoi Santi, cosi gl’ Arianesi non
immemori del loro S. Pastore fabricorono una sontuosa chiesa al medesimo Santo nel
medesimo luogo ove sortì il martirio, e riposava il suo Santo Corpo.
* Avvenne che mentre scavavano il luogo per ritrovare la Sante Reliquie nel scoprirsi
n’uscì un soavissimo odore, e gran splendore; per lo qual miraculo molti paesi lontani
concorsero a riverirlo, e fù tale, che d’intorno ad essa chiesa vi si fabricò un Castello con
il titolo di S. Liberatore.
* Riposò il corpo del detto martire sino al tempo di Arechi Secondo di tal nome Principe
primo di Benevento, il quale fù il primo dè Longobardi che si usurpasse tal titolo, mentre
per l’addietro si appellavano Duchi di Benevento, e questi si faceva consecrare dalli
Vescovi, e come Rè ricevevano da essi la corona.
* Questo Prencipe dunque avendosi preso il dominio non solo di Benevento, ma ancora
della Puglia, la povera Città d’Ariano bisognò soggiacere al dominio dè Longobardi, dalli
quali ricevè le leggi dette Capitolari, che publicò l’anno 773 che però come Principe
eresse il famoso Tempio di S. Sofia eriggendovi un Monastero dè Vergini, e per ornarlo
a maggior segno spogliò tutte le chiese al suo dominio soggette delle loro preziose
reliquie, e le ripose in quella, così fece anco alla Città d’Ariano privandoli di quel prezioso
pegno del loro amato pastore S. Liberatore, e lo trasportò nella sudetta chiesa di S. Sofia.
* Non mancarono li fedeli, come si vede sin’oggi di venerare quel S. luogo ogn’anno alli
15 di Maggio, nel quale giorno vi concorrono gran moltitudine di gente, per ricevere
dal S. per il loro bisogno le grazie, che per li meriti di esso S. Martire, e Pastore della sua
chiesa Iddio compartisce.
* Non mancarono doppo tante persecuzioni alla chiesa motivi di tener esercitati li Fideli
nella sofferenza.
* Imperciocche nell’anni di nostra salute 406 fù la nostra Italia invasata dà Goti gente
Barbara uscita dall’Isola di Scandia con la guida di Bugusio, succedendo poi anche la
venuta di Alario, quale creorono per loro Rè dopo aver posto a sacco, e a fuoco la Città
di Roma nel primo di Aprile l’anno 412 spargendovi molto sangue col ferro alla mano;
corsero in Terra di Lavoro dilatandosi per tutto il regno facendo gran danno dapertutto;
Onde la Città d’Ariano fù sotto posta al furore dè Barbari, e Goti: si hà però, che questa
città, in progresso di tempo dà medesimi Goti fosse risarcita, e ampliata ancora, come
si hà, e che vi fabricassero una Rocca, seu Castello molto forte, come anche le mura
intorno alla Città.
* In questo tempo essendo stati cacciati dall’Africa moltissimi Cattolici, e trà questi dodici
Vescovi da Gensenico Rè infetto dall’Eresia in odio della fede Cattolica, li quali essendo
stati posti sopra una nave vecchia, e tutta forata senza remi, acciò fossero ingojati dal
mare, per divino volere la nave approdò alli lidi del mare terreno in Terra di Lavoro illesi,
e sbarcati si divisero in diversi luoghi, nelli quali fecero gran frutto in quelle anime.
* Trà questi luoghi vi fù la Città d’Ariano, quale ebbe la fortuna di avere uno di detti
Vescovi per suo Pastore quali dicevasi Rosio, secondo racconta Michele Monaco: L’esilio
di questi dodici Prelati fù l’anno 4 di detta persecuzione, e la loro venuta fu nell’anno 443
gl’altri Santi Prelati furono anche divisi nell’altre chiese dal Sommo Pontefice Celestino.
* In tal modo la chiesa di Benevento ebbe S...., Bovino S. Marco, Isernia, S. Vindonio,
Capoa S. Castrense, questa persecuzione fù la più crudele, che patisse la chiesa di Dio,
e perciò fù detta Vuandalica, quale incominciò nell’anno 439.
* Si hà però da un Manuscritto chè S. Marco fosse Vescovo di Lucera, e dopo morto, il
suo Santo corpo fusse trasportato in Bovino.
* La detta persecuzione del sopranominato Gensarico non solo fù esercitata nell’Africa
mà anche nell’Italia, all’acquisto della quale si portò il medesimo Rè; onde portatosi a
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Roma li diede il Sacco per 14 giorni alla fine li diede il fuoco: Mà non finì qui il flagello,
mentre quantunque fusse liberata per la venuta di Bellisario in Italia nell’anno 537 ad
ogni modo partito che esso fù, essendo stato eletto Rè dè Goti Totila uomo inclinato
alle guerre, nell’anno 545 con potentissimo esercito, si portò prima in Lombardia, e poi
in Terra di Lavoro, si portò sopra la Città di Benevento, e stringendola con l’assedio alla
fine la prese, e dopo averla saccheggiata li diroccò le mura, acciò più non si ribellasse.
* Da Benevento Totila passò in Roma nell’anno 548, e la prese, e dopo 40 giorni di sacco
la destrusse dà fondamenti, quale fu edificata prima 1300.
* Intanto l’Arianesi vedendo che la Città di Benevento aveva perduta tanta superbia, e
percio conoscendo, che non più poteva travagliare l’altre Città dando di mano all’armi
se n’andorono all’assedio di Seppia, la quale era colonia Beneventana lontana dieci
miglia da Benevento e datoli fiero assalto, la presero, e la saccheggiarono, quale alla
fine destrussero da fondamenti: Non contenti di questo condussero li Cittadini con tutta
la preda miserabile nella loro Città d’Ariano servendosi di quei miseri, come schiavi,
astringendoli a lavorar i loro Campi, e fare altri esercizi vili; e perche per la numerosità
temevano qualche sollevazione, li divisero in otto parti della loro campagna intorno, ese
ne formorono otto Casali, concedendoli li medesimi Privilegi della loro città.
* Il regno adunque dè Goti con la venuta di Narsete in Italia ebbe fine allorche vicino
al Fiume Fortore sortì il fatto d’armi con ..., quale restando ucciso nel mese di Febbrajo
dopo aver regnato in Italia anni 72; in questo fatto d’armi vi restarono sconfitti cento
mila Goti, come scrive Sabellico.
* Visse la povera Italia sotto l’auspicji di Narsete quieta per lo spazio d’anni 15.
* Dopo dè quali fu infestata da altre Barbare nazioni, cioè Longobardi sotto la condotta
del Rè loro Alboine, quale occupando la Lombardia, ed altri Paesi, il che fù nell’anno
568 pose a ferro, ed a fuoco tutti i luoghi che incontrava; onde in breve tempo sene
impadronirono.
* Morto Alboine, come Clefe suo successore, li Longobardi elessero trenta Duchi della
loro nazione abborrendo il governo reale.
* Che però essendosi impadroniti dell’Umbria, Marca dè Marsi, Peligni Sanniti, e tutta
terra di Lavoro, elessero la Città di Benevento per una delle Duce, e sotto questa si
contenevano tutte le Città di Terra di Lavoro, e del Sannio sino al fiume Pescara.
* Sotto questo governo stiede la Città d’Ariano, e dopo 10 anni di tal governo essendo
stato assonto al Trono il Rè Autari, il quale istituì ... Duca di Benevento, assegnandogli
anche il Friuli, e lo Stato di Spoleto e fù nell’anno 585; però dominava tutta la Campagna,
come anche la Città d’Ariano sino la venuta di Normandi.
* Si deve annotare, che benche nell’anno 847 avessero l’ingresso chiamati da Radelchi
duca dè Sacaceni, non si trova mai, che la Città d’Ariano fosse stata dominata da questi
nell’anno 974 da Papa Giovanni XIII la chiesa Vescovile di questa Città fu chiamata
suffraganea di Benevento insieme con l’altre, e percio dichiarata Metropoli.
* Nell’anno 988 per li peccati dè Cristiani non solo fu afflitto il Regno di Napoli per
l’invasione dè Sacaceni, ma anche da fierissimi Terremoti, onde la Città d’Ariano patì
simile flagello, che però dà fondamenti ruinò la suntuosa Basilica dedicata alla Beatissima
Vergine, e due altre chiese; parimente caddero da dieci Torre bellissime, ed altri edificj
suntuosi, e vi perirono da quattro mila, e più persone.
* Regnando Ottone Secondo, quale portandosi in Benevento insieme con Onorato
Vescovo di detta Città fece trasferire il corpo di S. Bartolomeo Apostolo dalla Città di
Benevento a Roma, ove fu collocato nella Basilica del detto Apostolo nell’Isola; fece cio
Ottone per castigare li Beneventani quali l’avevano tradito nella battaglia, che aveva avuta
con li Greci, e Saraceni, mentre nel meglio, che l’esercito Imperiale stava per ottenere
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la vittoria, li Beneventani, come nemici del Cristianesimo s’unirono con li Saraceni, e
fu causa che il detto esercito fosse dall’intutto distrutto, ed esso Ottone fosse restato
prigioniere dè Corsari.
* Nell’anno 1071 Alessandro Secondo volendo con gran pompa consecrare la Chiesa,
e il Monistero di Monte Casino fece chiamare tutti li Vescovi, e Arcivescovi, così del
Regno, come fuori di esso, fu il numero di Vescovi 44, e dodici Arcivescovi, tra quali vi fu
chiamato S. Milone Arcivescovo di Benevento, con il Vescovo di Ariano; Meinardo con altri
suffraganei, da dove ritornati celebrò il Concilio Provinciale in detta Città di Benevento:
dal detto Concilio Provinciale Meinardo si portò in Roma l’anno 1074; ove Gregorio VII
Sommo Pontefice fece un Concilio contro Ruberto Guiscardo Normando, perche s’era
impadronito di molte Terre della Chiesa, e occupato le giurisdizioni di essa, perlocche
fu scommunicato in pieno Concilio il detto Ruberto: onde sdegnato pose l’assedio a
Benevento, dal quale bisognò desistere, stante che il Prencipe Giordano Figlio del detto
Ruberto fattosi dalla parte del Pontefice, ordinato un buono esercito, e uscito dalla Città
d’Ariano, della quale n’era Conte, si portò contro del Padre in Benevento; ove giunto
disfece l’esercito di suo Padre, il quale in quel tempo trovavasi in Calabria; cio udito
Ruberto sene venne subito con potente esercito contro la Città di Ariano, della quale
si fè padrone: ma unitosi Giordano con altri Conti di Puglia suoi fratelli tosto la riebbe.
* Successe Urbano Secondo nel Pontificato dopo il Concilio di Chiaramonte, si portò
in Benevento l’anno 1091, e celebrandovi un altro Concilio scommunicò l’Antipapa
Roberto con tutti li suoi fattori: Inanimò il detto Pontefice li Princepi Normandi alla Sacra
guerra per la ricuperazione di Gerusalemme, quali senza dimora si partirono per quella
impresa, tra quali il Conte d’Ariano era in quel tempo Vescovo di essa Città Gerardo
fratello di Goffredo Conte di Rupiglione uomo di Santissima vita, il quale ….l’onor di
Dio, e di quei Santi luoghi.
* Infiammatosi nello spirito si portò assieme col detto fra.llo, e altri Prencipi Normandi
alla detta Conquista, ove da Vero Prelato della chiesa di Dio inanimando li fedeli alla
pugna sotto la Città di Damiata, tosto se ne resero Padroni dopo di che s’inoltrorono
all’assedio di Gerusalemme.
* Nell’anno 1117 essendo Pontefice Pascale Secondo, e portatosi in Benevento vi celebrò
il Concilio, ove essendo gia morto Gerardo, la chiesa d’Ariano stava senza Pastore, del
quale ne fu provista in persona di Giovanni Monaco Cassinense dell’Abbadia di S.
Vincenzo in Ulturno.
* A tempo di questo Vescovo scrive Pietro Diacono, che fosse eretto un Monastero nella
chiesa di S. Liberatore in detta Città d’Ariano dal Conte Giordano, qual Monastero fu
distrutto da Ruggieri Re a tempo di Federico Secondo.
* Nell’anno 1119 essendo già ritornato dalla guerra sacra detto Conte, sortirono molte
guerre tra Giordano, e Rainulfo Conte d’Avellino quali erano potentissimi ambidue, nelle
quali guerre furono destrutte le Terre di Monte Miletto, e Monte Aperto; cio vedendo
Ruberto di Montefuscoli andò sopra il castello dello Tufo che era del detto Conte
d’Ariano, e dandoli fieri assalti in niun modo sortì il determinato, ma vedendo non poter
far profitto pose a ferro, e a fuoco le campagne contro il detto Conte, anche si avventò
Roberto, accio dando il castello di Templano ( che era nel ristretto d’Ariano situato ) ad
un suo figlio Naturale, avrebbe fatto pace con prometterlo di dar guerra à nimici suoi;
onde per parere delli suoi Baroni in Ariano fundato detto Castello, andò subito contro
Montefuscoli, e lo pose a ferro, e a fuoco, che però Landolfo del Greco uscito da ivi andò
sopra il Castello del Tufo, e fu incontrato dal Conte Sudetto Giordano, lo sconfisse, e
fece molti prigionieri; e l’anno seguente col suo Zio Roberto prese Montefalcone, che
s’era ribellato.
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* Nell’anno 1119 Calisto Secondo essendo stato assanto al Papato dopo la morte di Gelasio,
quale successe a Pascale, si portò in Benevento per espugnare l’antipapa Burdino con la
forza dè Normandi li giurarono fedeltà tutti li Princepi delle Provincie a li 8 d’Agosto, e
fra gl’altri dal Conte Giordano d’Ariano, quale con molta gente portossi sopra l’antipapa,
il quale restò vinto, e preso prigioniero, e il medesimo Conte lo portò in Roma.
* Ma la fortuna incominciando a voltar faccia contro il Conte Giordano si viddero le
sue glorie oscurate, poiche avendo egli distrutto il Castello di Roseto e quello di Monte
Giove per essersi ribellati da lui se n’andò ad Apice , dove da Guglielmo Duca di Puglia
fu assediato insieme con il Cardinale Crescenzio Rettore di Benevento, e dopo fiero
conflitto fu preso insieme col detto Conte; onde fu spogliato della Contea d’Ariano, e
successe il detto Ducato sotto il Dominio del sudetto Guglielmo Duca di Puglia: ma udita
la morte del Duca Guglielmo, Giordano con esercito potente si portò sopra Montefuscoli,
e lo distrusse da dove acquistò Ariano con tutta la Gran Contea, ma essendosi partito
per espugnare la città di Tarantino in Puglia, in detto assedio fu da molti sassi reciso
nell’anno 1127.
* Al Conte Sudetto Giordano successe in dominio della Contea d’Ariano Ruggiero suo
figlio, il quale seguendo il Re Ruggiero prima di tal nome, e dè Normandi nelle fazioni
contro Rainulfo Conte d’Avellino, e Roberto Prencipe di Capoa venuti a cimento sotto
il castello di Nocera, e restando sconfitto l’esercito del Re restò prigione il detto Conte
d’Ariano, dalla quale essendo rimandato libero s’unì al Conte Rainulfo, e Beneventani,
ed altri Baroni del Regno, e portati sopra la città di Venosa subito la presero e vedendosi
quei Cittadini al loro valore s’acquistò tutte l’altre Città, e terre della sua Contea d’Ariano.
* Nell’anno 1137 essendo venuto in Benevento l’Imperadore Lotario con il Pontefice
Innocenzo Secondo per sedare la scisma di Anacleto falso Pontefice li Beneventani
pregarono il Papa, e l’Imperadore che l’avessi fatti liberi dalli dazi e gabelle, che come
Tributo pagavano al Conte Ruggiero d’Ariano; onde l’Imperadore chiamò il detto Conte,
l’ordinò che giurasse di non percipire più dazi, o gabelle da Benevento: ma il Conte per
dimostrare l’assoluto dominio non volle giurare, ma fe, giurare Alferio di Drago, Ruperto
della Marra, Bartolomeo di Pietra Pulcina, dà Baroni di Montefuscoli, a dal Barone del
Tufo tutti Feudatari della Contea suddetta d’Ariano.
* Il Conte Rainulfo essendo stato creato dal Papa Duca di Puglia, maggiormente s’avventò
contro il Rè Ruggiero, il quale essendo venuto da Sicilia, con potentissimo esercito si portò
a Salerno, e indi a Nocera dove subito si pose in dominio, quindi si portò a Capoa, quale
presa per forza la fece destruggere, e come tempesta corse sopra Avellino abbruggiando
tutti l’edificj, per lo che Sergio di Napoli ..... si sottopose sotto il suo dominio.
* Intendendo tutto cio il Duca Rainulfo pose insieme li popoli di Trani, Bari, Troia, Melfi, e
ammassato un grosso esercito, s’inviò per incontrare il Re Ruggieri, e venendo a battaglia
l’esercito del Re fu disfatto, che però il Duca Rainulfo gonfio della vittoria subito si portò
contro il Conte Ruggieri d’Ariano, e soggiogò Alferio di Drago, Ruperto della Marra, ed
altri Feudatarj del Conte, ma non potè impadronirsi della Città d’Ariano, quale si difese
francamente da tali evenementi.
Il Re Ruggiero fè ritorno in Sicilia da dove ritornato con potente esercito contro il detto
Duca Rainulfo, il quale aveva preso molte Terre, e la città d’Alife, dove con gran angoscie
trovavasi il Duca Rainulfo: ma il Re tutto furibondo assaltò con machine da guerre il forte
castello del Tocco, e dopo otto giorni lo prese.
* Intanto Rainulfo partendosi d’Alife di fretta si condusse alla Città d’Ariano con il di cui
Conte egli s’era collegato, acciò non fosse presa dal Re dopo la presa di Tocco, e si ritirò
in Benevento.
* Tutto ciò ponderando il Conte d’Ariano, che sgomentandosi si partì da Apice ove
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dimorava diede licenza a Cittadini di darsi, e si ritirò in Ariano, ove rinforzatosi con il
Duca Rainulfo, Ruggiero prese Apice, e si portò in Melfi.
* Nell’anno 1139 celebrandosi il Consilio, Papa Innocenzo scommunicò tutti coloro che
avevano seguito il Re Ruggiero, quale ancora scommunicò in detto tempo fu assalito da
febre maligna il Duca Rainulfo nella città di Troia, e dopo alquanti giorni diede l’anima
al suo creatore l’ultimo d’Aprile; fu questo buon Duca compianto dà tutti i Cittadini, e
dal Vescovo Guglielmo di quella Città con dolore, e dimostrazioni, come anche dal Papa,
quale diceva essersi perduto il difensore della Chiesa
* Il Re Ruggiero avendo inteso la morte di Rainulfo ne senti sommo contento, e con fiero
esercito si portò in Benevento, e di poi contro la Città d’Ariano, da dove partendosi il
Conte d’essa andò per difender Troja, dove parimente andò il Re con il suo figlio Ruggiero
parimente di nome, quale creò Duca di Puglia, e benche la riducesse alle strette, non
potè pigliarla, ancorche vi adoperasse tutte le forze sue; e vedendo non far profitto, vi
lasciò un buon numero di soldati sotto, e si portò alla volta d’Ariano insieme con il figlio
con molte machine di legno per espugnare le sue fortissime mure: Ma il Conte Ruggiero
fattovi entrare grosso soccorso di dieci mila Cavalli, e venti mila fanti armati a cingere quei
Cittadini alla difesa; che però vedendosi deluso il Re con la perdita della metà del suo
esercito, tutto sdegnato facendo dare il guasto crudelmente alle Campagne, tagliando
le vigne, e l’oliva diede il fuoco a casali di essa, e si partì: onde la Città restò illesa dal
furore di si potente nemico, risarcendo le mura, e ragunando quei poveri Cittadini, li
rifecero le loro case abbruggiate, e poste a sacco.
* In queste desolazioni il Monastero di S. Liberatore restò anche abbruggiato: il medesimo
Pontefice vedendo il furore del Re Guglielmo radunò da due mila Cavalli, e trenta mila
fanti, e partendo da Roma se ne venne a S. Germano, per lo che il Re osservando questo
apparato mandò ambasciadori al Pontefice chiedendoli la pace: ma il Papa li chiese la
restituzione del Prencipato di Capoa: e non volendo compiacere al Papa fu causa che
non si concluse la pace; che però alli 10 di luglio dell’istesso anno 1139 venendo a
battaglia, il Re sconfisse l’esercito del Papa, e fece prigioniere il medesimo Papa; e con
pietà Cristiana li mandò un ricco padiglione, e portatosi con il suo figlio al medesimo
Papa per baciarli il piede, il Papa non volle riceverli se prima non concludeva la pace:
onde il Re li mandò ambasciadori a cercarli perdono, e pregarlo, che seco si pacificasse,
il che vedendo il Papa acconsentì alle preghiere del Re, e fatta seco la pace alli 17 del
medesimo mese andò il Re ad umiliarsi con il figlio al Pontefice cercandoli perdono dè
mal trattamenti, li giurorono fedeltà: per lo che dal Papa fie dichiarato Re della Sicilia, e il
figlio Duca di Puglia; e alli 25 di luglio se n’andorono ambidue in Benevento, da dove fu
discacciato l’Antipapa; e perche in detta pace furono esclusi tutti …..del Papa n’avvenne,
che il Re restando solo all’acquisto del Regno, si portò con l’esercito sopra Troja, la quale
non potendo resistere se li diede in potere; e tra le straggi che vi fece, fuche disarmasse
il cadavere del Duca Rainulfo, e lo fece con una fune al collo trascinare per tutta la Città,
e così marcito lo fece gittare dentro una cloaca; ma il figlio del Re detestando quest’atto
barbaro fece levare detto Corpo, e li diede onorevole sepoltura.
* Partossi poi con tutto l’esercito sopra la Città d’Ariano, quale dopo varj conflitti la prese,
e avendo nelle mani il Conte Ruggiero con la sua moglie li mandò prigionieri in Sicilia
nella città di Palermo ove finirono di vivere non senza sospetto di veleno.
-In questo modo questa nobilissima Città cadde in potere del suo Nemico Re Ruggieri:
nell’anno poi del 1140 dopo molte altre imprese si portò in detta Città d’Ariano il Re, e vi
fece la prima Assemblea dè suoi Baroni, e Vescovi, e altri Prelati, stabilì le cose del Regno,
ed ivi medesimo fece battere una nuova moneta d’argento, che fu chiamata Docato.
* Morto alle fine il Re Ruggieri nel 1154, e succedendoli il figlio Guglielmo il Malo la
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Contea d’Ariano, come inclusa nel Ducato di Puglia restò al Duca Ruggiero fratello di
Guglielmo; ma venuto a morte, il medesimo Ducato nell’anno 1156 fu conferito dal
Papa al medesimo Guglielmo, e percio anche la Contea d’Ariano fu sotto il suo Dominio.
nell’anno 1166 venne a morte il Re Guglielmo il Malo, e li succedette Guglielmo il Buono,
onde la Città d’Ariano stette nel Regio dominio.
* Nell’anno seguente 1167 si portò in Italia con potente esercito contro del Papa Alessando
III volendo mantenere lo Scisma dell’Antipapa Federico Barbarossa per lo che il Pontefice
travestito si partì da Roma, e si portò a Gaieta ove essendo seguito dà Cardinali ripigliò
le vesti Pontificali, dove il Re Guglielmo li mandò Rodolfo Vescovo d’Ariano, e quello di
Avellino a complimentarlo, e con essi si condusse a Benevento.
* A tempo di questo Pontefice la chiesa d’Ariano fu arricchita di varie reliquie di diversi
Santi Martiri, come nota Pietro Diacono.
* E in quest’anno si diede principio alla chiesa di S. Eustachio con denari di una nobilissima
Madrona della medesima Città, quale fu perfezzionata, come anche dalla medesima fu
fabricata la chiesa di S. Maria extra Urbem un terzo di miglio lontana dalla Città; ove
avendovi lasciate molte possessioni vi assegnò un Sacerdote, che n’avesse cura, e fu
nell’anno 1175.
(incomincia a parlare del Protettore S. Oto)
* Per maggiormente Iddio illustrare la Città d’Ariano con splendori di Santità con la quale
ha voluto parimente far comparire nel Teatro della sua chiesa prediletta Sposa li suoi
chiarori, fe comparire in essa, e nella Città d’Ariano il suo Eroe S. Oto Eremita illustre di
Santità, e miracoli, che Iddio per li suoi meriti operò.
* Questo adunque fu Romano di nazione del nobilissimo Sangue dè Francipani coltivando
la sua nobiltà con il latte delle scienze che in esse fece gran profitto: giunto all’età d’anni
18, regnando Lotario Imperadore a tempo che Innocenzo II in Roma fu coronato, prese
il cingolo militare; dopo molti anni a tempo di Federico Barbarossa a causa che s’erano
ribellati quei di Albano, e quei di Frascato non pretendendo dare il solito tributo, che
dovevano alli Romani, si congregò un forte esercito, e assaltorono le dette Città, tra
quali Oto era un dè Capitani: Ma Raimondo Capitano dell’Imperadore congregati li
Suoi Tedeschi, assalì li Romani con tanto empito, che disordinandoli li pose parte in
fuga, parte n’uccise, ed altri menò prigionieri entro Trepoli ( oggi Frascati ) tra questi fu
prigioniere anche il nostro Oto; questi erano si mal ridotti in quel luogo di prigionia per
la vita stentata, che menavano con una sola oncia di pane, e una Tazza d’acqua il giorno
concessali da quel barbaro loro nemico, in modo che conducendosi a poco a poco alla
morte si vedevano vittime sfortunate di una morte si crudele.
* Oto vedendosi con tante calamità si prossimo alla morte si stentata senza umano ajuto,
illuminato dal lume Sovrano ricorse alla Divina pietà con abbondanti lagrime implorò
il suo divino ajuto; e perche l’intercessioni dè Santi sono potentissime per placare l’ira
del Cielo, vi frappose quello di S. Lionardo; e continuando nelle sue preghiere meritò
d’esser esaudito.
* Laonde una notte l’apparve il glorioso Santo, e così li disse: Figlio date a Dio gloria,
mentre le tue lagrime sono state accette a Dio, e percio à esaudito le tue preci; dunque
non ramaricarti, né piu temere.
* Svegliatosi Oto come da un sogno per tal felice avviso, si riempì di Sommo contento,
e maggiormente s’infiammò nell’orazione; e di nuovo addormentatosi gli parve che
dal Santo fosse cavato dalle Carceri, sciolto dalle catene, e da ferri, ed essere condotto
dentro un bosco presso Roma, posto in libertà: onde posto percio in tanta allegrezza il
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suo Cuore, che già si risvegliò, e già si ritrovò come insogno aveva veduto libero, e salvo:
per il qual miracolo tutto fuor di se si buttò con la faccia a terra cominciò ad orare così
dicendo: Voce mea ad Dominum clamavi, et exaudivit me de Monte sancto suo. Ego
dormivi, e somnum caepi, et exsurrexi quoniam Dominus suscepit me. Domine Deus
meus in te speravi, salvum me fecisti, et liberasti me ex querentibus animam meam
Deus autem noster in coelo omnia quecumque voluit, fecit; quia eripuit animam meam
de morte, oculos meos a lacrjmis, pedes meas a lapsu.
* Detto questo inebriato dall’allegrezza s’alzò, e considerando le miserie dell’umana
natura dando un calce alle vanità del Mondo, lasciò la patria, le ricchezze, e quanto in
terra possedeva, e si consegrò tutto al cielo; si partì, everso il regno di Napoli s’inviò;
quindi così sconosciuto per li patimenti sofferti gionto nella Città d’Ariano vidde, che
in essa fiorivano la virtu cristiane al culto della Cattolica Religione, dove fermando il
pensiere di trattenersi deliberò passar la sua vita in servigio del Signore; Si diede con
ogni studio a macerare la Carne con continue penitenze portando un cilicio di peli di
cavallo con maglie di ferro, che lo copriva dalla gola sino alle ginocchia: Il suo letto, era
la nuda terra, e mentre si voleva alquanto riposare dalle punture del cilicio, tormentato
dalli dolori d’esso cilicio se ne fuggiva il sonno dall’occhi: si pasceva con continue lezioni
dell’antichi Anacoreti, e imitava l’austerità di quelli.
* Avendosi formato una casetta di terra, e rami di albori vicino alla Chiesa di S. Pietro,
la quale ritrovandola diruta, con l’elemosine dè pii Benefattori, e con le sue fatighe la
ridusse al suo decoro.
* Ma chi non ammira la perfezione del Santo?
* Egli di sangue nobilissimo ignaro ad arti vili, e pur si legge, che per giovare a poveri si
pose a fare l’arte del calzolaio, accomodando scarpe vecchie, accio il prezzo, e denari,
che in tal modo si guadagnava li distribuisse a poveri di Cristo.
* Ma per rendersi in tutto perfetto nelle virtu Cristiane, imparò il principio della perfezione
con non stimare se stesso, e con la considerazione del suo ultimo fine, e per sempre avere
avanti gl’occhi la sua caducità si serviva d’unteschio di morto, che come un specchio
lucidissimo si serviva per ritrarne da esso imagini di Cristiana perfezione; quindi dalla
sua esemplare vita li Nobili della Città si diedero, ad una vita più che cristiana, e fra gli
altri un Cavalier per nome Tancredi, il quale essendo nella sua gioventù trasportato alle
vanità del mondo, lasciando li suoi averi si ridusse insieme col Santo ad una vita austera.
* Giovanni della Tufara Santo Anacoreta ….. si partiva dal suo eremo e portavasi dal Santo
per rifregerare il Suo Spirito con la Santità di Oto, la di cui santità fu anche saputa dal
Beato Giovanni discepolo di S. Guglielmo in Monte Vergine, il quale visitando il Santo
apprese la forma del vivere Anacoreta, il quale Santo Monte, dove ritornò insieme col
Santo, e con il loro soggiorno santificorono quel luogo; ma perche Oto si dilettava della
solitudine, e di vivere a Se Solo, fe ritorno all’abitato.
* Sortì in quel tempo, che fu ritrovato nel colle del mezzo della Città con scavare la Terra
un simulacro di Giano Bifronte con l’antico altare, e con bellissime colonne di color
nero con l’iscrizione addotta Questor Babrius, e con altre vestigia dell’antico Tempio di
Giano destrutto a tempo dè Goti: onde gl’Arianesi a questa novità istigati dal Demonio
cominciarono a far festa intorno a quel idolo a guisa di Gentili, facendolo dipingere
sopra le porte della Città, e in luoghi publici, nell’insegne ancora, e stendardi con il
Capo di Giano bifronte, gloriandosi del culto, che li loro Antenati avevano prestato a
quel vano Simulacro.
* Il Santo non potendo sopportare una tanta superstizione, e dispiacendoli, che un
Popolo tanto pio, e religioso poco innanzi s’era così pazzamente indotto ad idolatrare;
pieno di zelo dell’onor di Dio portatosi ove tali feste si facevano, ed infervorato dallo
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Spirito Santo incominciò a riprenderli della loro sciocchezza riprendendo aspramente
quella vana superstizione; e in tale occasione li profetizò, che per li loro peccati la Città
dovrebbe rovinare da fondamenti alla venuta d’un Imperadore d’Occidente, e che
sarebbe stata assediata, e a tradimento presa, e distrutta; e percio l’esagerò a vivere
Cristianamente, e afar penitenza de loro peccati.
* Queste parole del Santo furono di tanta efficacia, che incontinente il Popolo fracassorono
quell’altare con la statua dell’Idolo, facendo ancora scancellare da per tutto le pitture,
che fatte aveano in onor di quel vano Simulacro.
* Si degnò Iddio oprar molti miracoli per li meriti di questo Santo, e specialmente
proteggendo la Città d’Ariano nelle sue necessità, particolarmente allor che li Saraceni
venuti dalla Puglia chiamati dall’Imperadore Federico assalendo la Città d’Ariano con
numeroso esercito, il Popolo correndo dal Santo, accio pregasse Iddio, che li liberasse
dalle mani di quei barbari.
* Egli postosi in orazione nel suo Tugurio, incontenente s’oscurò il Cielo, e incominciò a
piovere sopra quei barbari unagran tempesta di grossi Sassi di varie forme, e di grave
peso differenti di materia da altri naturali sassi, da questi vedendosi oppressi quei barbari,
lasciorono l’assedio, e con precipitosa fuga si partirono.
* Queste pietre si conservano sino al presente in detta Città d’Ariano, molte delle quali si
vedono fabricate nelle mura delle Case al di fuori, e a vista publica, e molte altre dentro
le abitazioni per segno, e memoria del meracolo.
* Il Santo poi ricco di copiosi meriti, e carico di penitenza alli 23 di Marzo 1251 se ne
volò al cielo per godere il frutto delle sue fatighe tra Beati.
* Il Suo S. Corpo stante l’invasione, che del continuo facevano gli Saraceni in quelle
contrade, per tenerlo sicuro lo portorono a Benevento, ove riposò sino all’anno 1452
dopo del qual tempo per ordine del Re Alfonso primo fu traslatato nella chiesa maggiore
in una Cappella suntuosa dedicata al Santo.
* Nell’anno 1189 essendo già morto Guglielmo il Buono senza figli sortirono diverse
rivoluzioni nel Regno, onde ne rimasero moltissimi nobili, e ricche famiglie disfatte, e
molti luoghi distrutti: sentita la morte del Re fu subito nella Città di Palermo coronato Re
Tancredi conte di Lecce col consenso, e autorità del Papa Clemente III contravenendo a
quanto aveva ordinato Guglielmo nella città di Troja, ove la sua zia Costanza, e Arriago
suo marito figlio dell’Imperadore Federico avea ricevuto l’omaggio di fedeltà dà Baroni
del Regno, a cui per raggione toccava il Regno, essendo, che Tancredi per esser bastardo
si vedette escluso fu subito da questo mandata gran somma di denari a Reccardo Conte
della Cerra Cognato del nuovo Rè, con questa somma di denari s’adrapò tanto, che fatto
un numeroso Esercito tirò al suo partito tutti li Baroni quasi del Regno alla devozione
di Tancredi.
* Ruggiero Conte d’Andria per invidia che era stato posposto a Tancredi nel Reame,
essendo lui gran Conte stabile del Regno, con molti parteggiani, e con buon numero
d’esercito s’oppose a Riccardo, accio non occupasse la puglia: che però tosto scrisse ad
Arriaga in Germania, che venisse ad acquistarsi il Regno che alui per giustizia toccava;
udito ciò Arriaga in Germania tosto mandò il suo esercito, il quale senza contrasto si
condusse alla puglia, e s’unì con l’esercito di Ruggiero, ove distrussero molti luoghi, e fra
gli altri la Città di Corneto, quale sin dalli fondamenti fu disolata per causa che aderiva a
Tancredi ma l’esercito dell’istesso Tancredi sotto la condotta del detto Riccardo si fortificò
entro la Città d’Ariano; eservendosi del tempo si schermì dal venire a giornata con li
Tedeschi, li quali tenendo assediata la Città per alcuntempo nel fervor dell’està per il
caldo, e per il vitto, che li mancava, infermandosi li Soldati, e del continuo morendone,
fu costretto Ruggiero levar l’assedio da Ariano per che non morissero tutti, fe ritornar
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l’esercito nella Germania senza alcun profitto.
* Onde il Conte Ruggiero fidandosi nelle sue forze assalendo la città d’Ascoli, fu dal detto
Conte Riccardo a tradimento fatto prigioniere, e poco dopo lo fe crudelmente morire.
* Godè parimente questa nobilissima Città d’Ariano d’aver tra le sue mura il gran Patriarca
dè Minori S. Francesco d’Assisi, il quale, nell’anno 1222 partendosi da Roma per la Puglia
per venerare li Santuarj del Prencipe S. Michele, e S. Niccolò Vescovo di Mira il di cui corpo
con somma venerazione risiede nella Città di Bari, si portò nella città di Benevento, dove
oprò gran miracoli, e poi in Avellino, in Acquapudrita, nella Terra di Padula; ed Apice,
nelli quali luoghi fondò il suo Convento, come fece nella chiesa di S. Maria Oliveto, e in
Benevento; si condusse poi a alla Città d’Ariano chiamato dalla divozione di quei Cittadini,
e si fermo per molti giorni in essa nel famoso Spedale di quella Città servendo con gran
Carità all’infermi, e con la Santa parola di Dio fece gran frutto in quelle Anime: onde gli
Arianesi dopo la sua morte li fabricorono un Convento sotto il suo nome quale nell’anno
1349 alli 8 di 7bre: essendo stato dà Terremoti devastato; fu da Errico Suo Conte, e dalla
Contessa sua moglie di nuovo riedificato nell’anno 1463.
* In quei tempi calamitosi stava tutta l’Italia piena d’armi per causa dell’acquisto del
Regno; essendo stato coronato Errigo Imperadore; subito si pose un altra volta all’acquisto
del regno: onde la Città dal tempo di Tancredi sino a Manfredi Bastardo di Federico non
abbiamo altra notizia della Città d’Ariano, la quale nelle guerre tra il Papa, e Federico si
mantenne sotto la divozione della chiesa, come si ha anche in tempo del detto Manfredi,
quale essendo stato scommunicato dal Papa come intruso nel Reame, per lo che nel
1254 avendo Manfredi fatto ammazzare proditoriamente Burrello fuori le mura di Tiano,
il Papa inviò contro del medesimo il Suo Esercito; accio non occupasse la Puglia, e nella
Città d’Ariano il Legato del Papa con li suoi Soldati si fece forte; Ma Manfredi insieme
con Marino, e Corrado Capeci Fratelli, e Signori dell’Atripalda con la guida, ed ajuto
per lavia di Trivico furtivamente si condusse entro Lucera: Intanto il Papa Innocenzo IV
infermatosi in Napoli venne a morte in tempo che fra breve avrebbe finito d’acquistare
il Regno: per lo che Manfredi passato con il suo esercito sopra i soldati del Papa, che
d’Ariano s’erano portati a Foggia furono distrutti; onde distrusse poi barbaramente tutte
le Città, e luoghi che avevano tenuti le parti della chiesa; ma la Città d’Ariano forte per
sito, per popolo, per nobiltà invitta, e constante si tenne fedele in favore della chiesa,
difendendosi dalle armi di Manfredi; il quale di tutti l’altri luoghi si rese padrone, fuorche
d’Ariano per esser si forte.
* Federico Lanzo, seu Lancia zio di Manfredi Capitano di Capitanata volendo in tutti li modi
ridurla sotto di Manfredi pensò averla con astuzia, ed ordendo un notabile tradimento
mandò alcune persone di Lucera, che finsero essere contro Manfredi, e fecero con
l’arianesi confederazione, e lega: fatto ciò dopo certo poco di tempo che a loro parve a
proposito, come fuggitivi da Lucera se n’andorono alla loro confederata Città d’Ariano
sotto specie di darli ajuto, dove essendo tempo di notte furono cortesemente ricevuti;
onde subito intromessi come fieri traditori si diedero ad uccidere le Guardie, e quanti
della Città li venivano avanti, e per esser essi di buon numero fecero stragge grande;
onde entrato poi l’esercito di Manfredi la povera Città fu posta asangue, ed a fuoco non
perdonando né meno alle chiese, che però la Cattredale, e tutte l’altre si ridusse al …
* In questa stragge molti ne fuggirono, molti ne restarono dal fuoco abbruggiati, e molti
sepelliti tra le ruine, e li Principali della Città che rimasero vivi furono tutti trucidati, il
rimanente poi della Gente bassa che sopravvisse fu cacciata via, e mandata altrove ad
abitare: Si che di quella florida Città, non vi rimase né pur un solo Cittadino, e di tante
ricchezze servivono per innalzare maggiormente l’animo di quel barbaro Manfredi.
* Restò la misera Città così desolata sino che Carlo prima Duca d’Angiò fu chiamato
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dalla Francia da Clemente IV per elegerlo Re delle Sicilie sue nell’anno 1265, dove Carlo
entrando per la parte di S. Germano si condusse a Benevento, dove venuto a battaglia con
Manfredi vicino il fiume Calore l’esercito di Manfredi fu disfatto con la morte dell’istesso
Manfredi; e per che era scommunicato fu sepellito in luogo profano fuori del Regno
vicino alla riva del fiume Verde, ora Marino.
* Carlo poi il Re con seguito di altri Cavalieri si portò alla volta di Lucera per discacciare
li Saraceni condottivi da Manfredi prima della sua morte, e battaglia; onde passando
per la distrutta Città d’Ariano commiserando le sue rovine volle tutta caminarla e non
vi trovò un solo uomo, ma solo erba germogliata sopra le rovine: Che però li venne in
animo a riedificarla; incominciò l’opera, e aspese regie, fabricò la catredale introducendovi
li canonaci all’uso di Francia con il titolo di Sire, che vuol dire Signore proseguì l’opera
facendola munire d’intorno di grosse muraglia, e dando fine all’impresa fè rifare il Castello
, e vi mandò ad abitare molti popoli; e così si rifece dalle sue rovine a guisa di nuova
fenice: La bontà poi del Re Carlo si voltò a rimunerare li Cavalieri, che l’avevano ajutato
nella guerra, e fra gli altri fu Errigo di Vandemonte dal medesimo Re fu creato Conte
della rinovata Città d’Ariano; e così questa Città fu decorata un altra volta con il titolo
di Contea, annessi ad essa anche Montefuscoli, Padula, ed altre terre: durò il governo
di detto Arrigo, e suo figlio sino al 1300 che passò alla Nobilissima famiglia Sabrana: E
perche la Città d’Ariano per sua singolar grandezza ebbe per suo Conte il Glorioso S.
Elzeario, è di bene registrare i suoi fatti in questa cronica.
(parla di S. Elzeario)
* Tra le nobilissime famiglie che seco portò dalla Francia Carlo I fu la nobilissima Sabrana
di Provenza:
* Il primo di questa famiglia che venne fu ... Figlio Elzeario I di tal nome uomo insigne,
e potente nella Provenza, il quale nel 1294 era conte della Città d’Ariano; Arrigo di ...,
quale essendo accusato dì ... Renaldo suo figlio fu privato della Contea, e della vita, che
era in quel tempo gran giustiziere; onde tal Contea d’Ariano con il titolo di giustiziere
fu conferito al detto ... con la Terra d’Agnone in Apruzzo, e li donò anche Pezzuolo: ma
nell’anno 1295 quei di Pezzuolo si difesero con dire, che la Città fosse nel Dominio regio;
onde in vece di Pezzuolo li fu concessa l’Acerenza, e Madaluni.
* Nell’anno 1315 essendo Vescovo della Città Fra Lorenzo dell’Ordine Minorita,
opponendosi ad ... Conte, perche violava l’immunità della chiesa, da quello li fu insidiata
la vita, per lo che ricorse al Re contro del Conte quale chiamatolo lo riprese aspramente,
e fece pacificarli.
* Fu questo ..., oltre delli mascoli ebbe due femmine; una delle quali collocò in matrimonio
con Tommaso d’Aquino figlio di Adinolfo Conte della Cerra; l’altra collocò con Ugone
del Balzo, quale venuto a morte l’anno 1320 lascio tre figliuoli; cioè Elzeario, Secondo,
Guglielmo, ed Eustasio: Guglielmo poi presa per moglie Ruberta figlia di Berardo di S.o
Giorgio Conte d’Apici, e essendo morto il fratello Ruberto Figlio di Roberta, moglie di
Guglielmo, successe nel Contato d’Apici, e anche Signore della città d’Agnone: Guglielmo
di poi passo da questa all’altra vita, e lasciò 4 figli, cioè Ludovico, ... Giovannuccio ed
Elzeario, che fu terzo di tal Nome: Eustasio ebbe per moglie Ilaria di Sus, quale venendo
a morte, Eustasio li diede per antefato Castello S. Giovanni, e macchia:
* Elzeario primogenito di ... successe al contado d’Ariano, e in altre amplissime ricchezze,
si diede a vita Santa e pura; Egli nacque nella Provenza nel castello Ansoisio nell’anno
1300 del quale suo Padre era Signore; Subito nato la sua madre Lauduna Albuna, non
meno nobile che divota con affetto Cristiano l’offerse a Dio, pregandolo, che l’accettase
per suo servo, e se con la sua vita dovrebbe la maestà Divina esser offesa, si dignasse
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subito ricevuto il battesimo privarlo di vita: ma quanto quest’offerta fosse grata al
Signore; lo dimostrò in breve; imperciocche essendo appena d’anni tre, subito diede
segni, che Iddio l’aveva accettato al suo Santo serviggio, dimostrandosi pietoso con li
poveri, privandosi sovente del suo cibo per darlo a quelli.
* Posto poi sotto la cura di Guglielmo suo Zio Abbate Cassinense di Marseglia fu con ogni
diligenza ben allevato, e nutrito col latte delle scienze, che divenne ricco d’ogni virtù.
* Essendo d’Anni 18 per ordine di Carlo II suo stretto parente, e Signore; fu accasato con
una nobilissima Signora Giovanetta, e piena di virtu chiamata Delfine, e avanti del Re fu
celebrato lo sponzalizio: Ma la S. Sposa infiammata della purità Verginale la prima notte
con ardenti parole, e con fervor di spirito esertò Elzeario suo sposo, che conservandola
intatta consecrassero insieme al Signore la loro purità Verginale, che Iddio l’avrebbe
premiati in Cielo.
* Vedendo cio il S. Giovane come anch’egli teneva a caro sì ricco Tesoro, con purità
Angelica ringraziò il Signore, d’averli data una Consorte, secondo il suo desiderio di
mantenersi sempre vergine; onde li rispose con atti di ringraziamenti, che tale era la sua
intenzione, del che ambedue lieti s’inginocchiorono, e prostatisi a terra ringraziorono
il gran padre dè lumi, stringendosi con purità di cuore, e fervor di Spirito ambedue le
mani apiedi d’un Crocefisso; e alla presenza della Beatissima Vergine fecero anche voto
di menar di vita Casta, dopo questo consumorono il restante della notte in ferventissime
orazioni, e in recitar divine lodi, al loro Creatore, verificandosi in tal fatto cio che scrisse
Agostino il Santo: Beata sane Conjugia, quae terrena prole contenta continentia inter
se pari consensu conservant.
* Se Iddio volendo manifestare al Santo quanto grata li fosse stata quell’offerta nel giorno
dell’Assunzione della Beatissima Vergine essendo a menza in compagnia di molti nobili
Signori, appena aveva incominciato a gustare il cibo fu all’improviso soprapreso da
Celeste Spirito si fattamente che li rinfiammò il cuore, e lo riempì di tanta gran dolcezza,
che rimase in estasi tutto trasmutato nel volto acceso di fuoco; del che avvedutisi quei
Cavalieri, e pensando che soprapreso da qualche accidente, fosse oppresso da febre,
onde a letto lo condussero per farlo riposare.
* Il Santo Giovane vedendosi così solo, e ritornato in se si butto in terra orando al Signore;
e contemplando la sua immenza bontà si sentì talmente liquefarsi il cuore di Celesti
contenti, che si sentiva uscir di vita, e essendoli in quel estasi manifestati ineffabili, ed
alti secreti della Divina bontà, si diede a macerar la Carne, e spreggiar se stesso con
tutte la vanità del Mondo.
* Ma non potendo a sua voglia godere la bramata quiete dell’animo in Casa del suo Avo
per la gran Corte, e famiglia che v’era; con grande difficultà avuta la licenza, si ritirò al
castello di Poggio ..... Luogo della Santa Sposa; ove già ritiratosi, e fatto a tal effetto alcune
regole per vivere perfettamente da Cristiano, ordinò che inviolabilmente si osservassero
dà suoi famigliari, e della Corte dimorò alcuni anni entro il detto Castello; ma essendo
assunto al trono del Regno di Napoli Roberto fu da questo Savio Re chiamato alla
Corte mentre sommamente l’amava: Da Napoli poi si portò alla sua Contea d’Ariano;
ma li Cittadini della Città odiando il vassallaggio del Conte volevano vivere con la Regia
libertà, onde cercorono esser ridotti sotto il Regio Dominio, come avevano fatto quelli
di Pozzuolo: Per lo che fatti Capi della Città Lionardo di Renzi, e Ferrante Passeri in verun
conto il vollero ricevere, resistendo a tal ribellione tre anni, né quali il Santo sopportò
molti travagli, e ingiurie dà quei cittadini.
* Onde Ruberto per gastigare tal affronto, che si faceva non solo al Santo, ma anche
alla Regia autorità, chiamò Tancredi Prencipe di Taranto suo Fratello, e datoli il comando
delle sue truppe, lo fè partire a danno della Città d’Ariano: si partì tosto Tancredi, e
gionto alla Città senza indugio fece prigione li Principali della ribellione, tra li quali oltre
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il Renzi, e Passari, Girolimo, Galtieri, e Raimondo Antinore li fece prigionieri mandandoli
nel castello di S. Eremo: ma il pietoso Conte come buon Cristiano pregò il Re, accio né
alli sopradetti, ne alla Città si facesse male alcuno; ottenne la libertà di essi, e la pace a
Cittadini, applicando alli suoi peccati con perdonare a tutti generalmente.
* Quindi ne avvenne che tutti li Cittadini lo stimavano non solo Padrone; ma vero padre,
quali ajutava nelle loro necessità, e particolarmente li poveri, che però aggiunse rendite
all’Ospedale, dove ogni sera andava per esercitare l’officio della Carità: era giovevole
atutti, li difendeva, e li faceva stimare non come sudditi, ma come figli.
* Onde non solo li Popoli circonvicini, ma lontani ancora stimavano felici gl’Arianesi,
di modo che molti desertavano dalle loro patrie per farsi vassalli di un tanto Padrone
buono, e santo: da qui ne venne che molte famiglie nobili si portorono ad abitare nella
Città d’Ariano, quali furono li Tonti, l’Auriga, li Sebastiani, Stendardi, Magli, ed altri.
* Dopo essersi avvanzato nell’amor Divino questo felice Conte avea ardente desiderio
di entrare in qualche Religione; ma non essendo voler di Dio volle sottoporsi ad una
regola, per non godere in tutto la libertà, che come Signore grande poteva godere; e
percio s’ascrisse al Terzo Ordine di S. Francesco, e con fervor di Spirito professandola
l’osservò perfettamente sino all’ultimo di Sua Vita; ed in compagnia della sua Santa
Sposa Delfina confermò l’Angelico voto della Verginità.
* Il re Roberto, a cui eran ben note le qualità Sante del Conte, desiderando, che Carlo suo
figlio Duca di Calabria divenisse virtuoso, e di perfetti costumi chiamò Elzeario, e li diede
sotto la sua Cura, suo figlio, stimandosi sicuro d’aver un figlio dotato di Santi costumi.
* Ubbidì il Santo con ricevere amorevolmente il detto Giovane, e trovatolo di costumi
già alquanto depravati per le male prattiche avute per mezzo dè Corteggiani, usò ogni
piacevolezza, e diligenza, per ridurlo alla Cristiana pietà, ed a vita lodevole, e Santa;
onde in breve si fece Ecclesiastico, e di gran bontà di vita; e nel 1366 fu fatto Vescovo
d’Ariano, poi passò al Vescovato di Chieti, e per ultimo nel 1378 fu fatto Cardinale e gran
Penitenziere da Urbano Sesto.
* Nell’ 1381 la Chiesa d’Ariano fu provista nella persona di Fra Raimondo Francese, il
quale fiorì d’ogni virtu e santità, e fu dell’Ordine di S. Francesco.
* Sotto gli auspici del Re Alfonso l’Arianesi rihebbero il Corpo del loro Santo Protettore
Oto, q.le dall’anno 1190 sino all’anno 1452 era dimorato in Benevento, q.le poi la Città
d’Ariano supplicando ricorse al detto Re, acciò con la sua Autorità potessero ottenere
il Loro desiderato Protettore; onde il detto Re scrisse al Cardinale Antonio Cerdano
Camariere del Papa Eugenio IV; accio constringesse l’Arcivescovo di Benevento ... Agnesi;
e cosi con la potestà che il medesimo Re aveva in Benevento essendo stato creato dal
medesimo Eugenio Papa vicario di Benevento fu fatta la detta traslazione con ogni
pompa possibile uscendo dalla Città gli Arianesi sino al Fiume Calore con torce accese,
nel numero di ottocento persone con tutti li Chierici della Città, e 2000 persone armate,
che custodivano il prezioso tesoro per la strada sino che giunsero alla Città, da dove
uscì tutto il popolo ad incontrarlo con giubilo, e festa, e con indicibil pompa sotto Archi
Trionfali lo condussero alla Catredrale dove erigendoli ricchissimo Altare sotto di quello
lo deposero.
* Nell’anno 1456 alli 5 Decembre alle undeci hore della notte giorno di Domenica fù un
terremoto così terribile, e miserabile che si distrussero molte Terre, Città, e ville, e quasi
si sentì per tutta l’Italia; et in questo Regno restavano desolate Bojano, Isernia Brindesi,
L’Aquila Benevento, Lucera, Troja, e la Città d’Ariano nella quale perirono sotto le sue ruine
1313 persone; Padula cascò da fondamenti; sotto le rovine di Montecalvo ne morirono
da 800, in Boiano da 1300 e nell’altri Luoghi dove più dove meno.
* In queste ruine d’Ariano restò distrutta la Catredale, e tutte le altre chiese, e Conventi
di essa Città per detto Terremoto, quale fu più crudele di quello, che avvenne nel 1349
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Giovanni Battista Capozio
alli 8 di 7mbre.
* Fu di parere Strazzi Cicogna che questo Terremoto, avvenisse per causa dè spiriti
maligni rinserrati nelle viscere della Terra, quale scuotendola cagionassero tanto danno
permettendolo Iddio per li gravissimi peccati che nel mondo si commettevano.
* Morto il Re Alfonso nel 1458, successe Ferdinando suo figlio, a cui successero gran
guerre nel regno, mentre nel mese di 8bre del 1459 Giovanni d’Angiò figlio di Renato
venuto con potentissimo esercito all’acquisto del regno v’apportò mali notabilissimi.
* Prima di queste guerre si vidde unsegno , che già dava conjettura di esse, mentre nel
1462 fra Benevento, e Ariano si viddero gran copia di Nibbi, seu Nigli, e corvi schierati
a guisa di eserciti, e tra di loro si azzufforono di tal maniera, che avventandosi li nibbi
contro li Corvi fecero terribilissima guerra, per lo che nel principio si viddero li nibbi essere
vincitori, dè corvi, ma azzuffatisi un’altra volta li Corvi fecero crudel stagge dè nibbi.
* Quindi poi questo fatto fu prognostico chiaro della guerra tra l’Angioini, e il Re
Ferdinando, li q.li da principio si viddero Superiori, e vincitori, del Re Ferdinando, ma
poi restorono da esso tutti sconfitti.
* In queste guerre la Città d’Ariano restò sotto il dominio Angioino perche il Guevara si
mantenne alle divozioni di q.llo, e essendo sortite le ribellioni, tra q.li vi fu anche D. Pietro
di Guevara Conte d’Ariano, quale venne a morte in tempo della Congiura contro il Re,
il Contado di Ariano assieme con altre terre successe come scaduto al Regio Demanio,
il Re Ferdinando lo vendè ad Alberico Carrafa, figlio di Malizia Carrafa, quale ottenne
dal Re il titolo di Duca, e fu il primo della Casa Carrafa, che avesse tal titolo; ebbe per
moglie Giovannella di Molisi nobilissima di Sangue.
* Alberico succede per secondo Duca Gio: Fran.co secondo di tal nome nel 1528 il quale per
aver dato omaggio, e giuramento di fedeltà al campo dell’Angioini, fu privato del Ducato
d’Ariano, che però fu concedato nel 1532 a D. Ferrante Gonzaga Prencipe di Molfetta;
a D. Ferrante successe D. Cesare suo figlio; a D. Cesare succedè D. Ferrante Secondo di
tal nome Primogenito di Cesare nel 1575; il quale vendè Ariano nel medesimo anno a
Laura di Goffredo per Docati sessanta due mila, dè quali ne pagò solamente ventidue
mila a Galeazzo Giustiniano, quale prima l’avea comprato per docati cinquanta mila
con patto di retrovendita.
* Ma mancato Gio: Girolomo Giesualdo figlio della detta Laura, successe il Dominio a
Fabio Primogenito essendo anche pupillo sotto li tutori lasciateli, li qti per pagare li
debiti lo fecero vendere nel 1585, e lo comprò D. Fabrizio Gesualdo Prencipe di Venosa
per docati 75150.
* In detta vendita li Cittadini di Ariano reclamarono nella regia cammera che li concedesse
l’eccezione, e la libertà di ricomprarsi; e dopo molto contrasto, e gran spesa , alla fine
dopo qualche tempo pagando li 75150 ottenero che detta Città restasse sotto il Regio
Dominio, come al presente godono in quest’anno 1596.
* Tutto questo racconta Antorologio e si è astratto dà più periti Scrittori, che furono in quei
tempi dal Padre Gio: Battista: Capozio Abbate Cassinense del Monastero della SS. Trinità
della Cava nella di cui libraria si conservano molte memorie della Città di questo Regno.
(qui finisce la Cronica)
(N.B questa ultima parte è stata certamente aggiunta in data posteriore a quella del
testo qui sopra fedelmente trascritto.)
Nelli principij di Settembre del 1767 per ordine Reale si mandarono a terra gli antichi
edificij della Torre di Amanni, per essere ivi rifugiati in mal viventi della compagnia di
Pasquale di Antuono, e Tomaso Goccia, proscritti del Consigliere D. Genàro Pallante,
coll’alterego venuto in Ariano ad inquisire per il furto accaduto a Radogna in Bovino per
il quale ne furono giustiziati sei, due in Ariano vicino alla chiesa del Carmine sotto alli
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Tranesi, e quattro nello stato di Bovino nell’anno antecedente 1766, nel mese di Luglio,
e li sopradetti Caporali restono proscritti fu catturato d’Antuono ad agosto 1767; fu
distrutto detto edificio di Amandi, perché nella confessione de rei catturati nel 1767 si
scovrì che nel passar della Maestà del Re Ferdinando III alla caccia da Buino, j detti mal
viventi stavano dentro detto antico edificio a guardare il real passaggio, quantunque
dalla Grotta Minarda perfino alla torre Guignara il Real camino stasse guardato da Birri,
da Soldati di Cavalleria, e di Fanteria.
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