AEQVVM TVTICVM Organo dell’ASSOCIAZIONE AMICI DEL MUSEO ARIANO IRPINO AEQVVM TVTICVM pag. 1 Aequum Tuticum AEQUUM TUTICUM Organo dell’Associazione AMICI DEL MUSEO di Ariano Irpino www.amicidelmuseoarianoirpino.it E-mail: [email protected] ANNO VII, n.1/2009 DIRETTORE RESPONSABILE VINCENZO GRASSO COORDINATORE DI REDAZIONE MICHELE GIORGIO [email protected] Autorizzazione e Registrazione c/o TRIBUNALE DI ARIANO IRPINO N.02/09 del 17/02/2009 REDAZIONE Via D’Afflitto,14 Pal. “FORTE” c/o Museo Civico 83031 Ariano Irpino E-mail: [email protected] STAMPA Tipografia IMPARA Via Carpiniello, 4 - Ariano Irpino E-mail: [email protected] • 1a di copertina: Brocca con mascherone delle Antiche Fabbriche di Ariano, Inizio 1700 Dono dell’Associazione, anno 2009 - Museo Civico. • 4a di copertina: Targa con figura di S. Michele delle Antiche Fabbriche di Ariano, fine 1500 Museo Civico - per gentile concessione. pag. 2 AEQVVM TVTICVM Aequum Tuticum Redazione Michele Giorgio - Presidente Antonio Alterio Antonio D’Antuono Mario D’Antuono (1914-1993) Mario D’Antuono e Mirko Iorillo Ottaviano D’Antuono Chiara Lo Conte Giovanni Orsogna Nicola Prebenna Stanislao Scapati Gabriele Speranza AEQVVM TVTICVM pag. 3 Aequum Tuticum Organi dell’Associazione CONSIGLIO • Presidente Michele GIORGIO • Consiglieri Emilio CHIANCA Antonio D’ANTUONO Ivana GRASSO Maria Beatrice LANDI Gabriele SPERANZA COLLEGIO DEI REVISORI • Presidente Domenico COCCA • Componente Francesco Paolo DE GRUTTOLA • Componente Luigi PRATOLA pag. 4 AEQVVM TVTICVM Aequum Tuticum Sommario Editoriale di Michele Giorgio (Presidente dell’Associazione Amici del Museo). . . . . . . . . pag. Eventi a cura del Consiglio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 100 anni di Azione Cattolica ad Ariano (1908 - 2008) di Antonio Alterio. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” La Maiolica di Ariano - Note Antropologiche di Antonio D’Antuono. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” Inconscio collettivo, memoria genetica o dottrina della reincarnazione? di Mario D’Antuono, a cura di Antonio D’Antuono. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” Restauro di alcune maioliche provenienti dal Museo Civico e della Ceramica di Ariano Irpino di Mario D’Antuono e Mirko Iorillo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” Intorno alla “Collezione di Arte Contemporanea” del Comune di Ariano Irpino di Ottaviano D’Antuono . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 7 9 26 59 70 78 88 L’opera di Gianni Pisani “Il Pendolo” di Chiara Lo Conte. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 103 Tommaso e Francesco Antonio Vitale Suggestioni del bicentenario della morte di Giovanni Orsogna. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 108 Cultura e Territorio - Spunti di riflessione di Nicola Prebenna. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 127 Tre patrioti arianesi di Stanislao Scapati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 130 Cronaca della Città di Ariano di G. B. Capozio Trascrizione a cura di Gabriele Speranza. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 137 AEQVVM TVTICVM pag. 5 pag. 6 AEQVVM TVTICVM Aequum Tuticum Editoriale petta a me, per la prima volta, tracciare un bilancio dell’anno appena trascorso, e facendolo non posso che esprimere soddisfazione nel dichiarare che è stato un anno intenso di iniziative. Il 2008 ha rappresentato sicuramente un anno fortunato, sia per le occasioni di acquisizioni che ci sono state proposte, sia per quanto siamo stati capaci di realizzare; posso dire senza esagerare ma con una punta di orgoglio, che l’Associazione è riuscita a riconquistare, nuovamente, una giusta attenzione nel panorama cittadino, forse appannata negli ultimi tempi. Di questo devo ringraziare oltre che gli amici del Consiglio per il lavoro svolto, i soci tutti che hanno voluto dare fiducia alla mia persona, affidandomi la responsabilità dell’Associazione; quanti mi hanno suggerito iniziative e quanti mi hanno incoraggiato nel lavoro e testimoniato il loro affetto. Nel ringraziare non voglio dimenticare il Dott. Emerico Maria Mazza, Assessore alla Cultura, che con la sua “Amicizia” ha voluto sostenere le iniziative dell’Associazione; il Sig. Sindaco Domenico Gambacorta, che ha voluto testimoniare sempre la sua personale condivisione per le iniziative svolte, gratificando l’Associazione, di una costante presenza alle nostre manifestazioni. S • Marzo ha avuto inizio con un mio incontro casuale con il proprietario di un “Piatto in ceramica del XIX secolo”, prodotto nelle Fabbriche di Ariano, il quale esprimeva la volontà di vendere il manufatto. Mi facevo portavoce in Consiglio, della possibilità dell’acquisto, che in breve si perfezionava con la relativa donazione al Museo Civico. A seguito delle doppie dimissioni, per ragioni personali, della Presidente Rita Gambacorta e del Vice Antonio Alterio, si indiceva l’Assemblea dove tutti i Consiglieri, accogliendo il mio invito, si dimettevano per procedere al rinnovo totale del Consiglio. • Una nuova Assemblea in Aprile quindi, ha rinnovato il Consiglio, affidandomi l’onore e l’onere di rappresentanza. Nella seduta di insediamento il nuovo Consiglio, come primo atto, deliberava di nominare Soci Onorari 2008 importanti Personalità della Comunità quali il Sindaco della Città ed il Vescovo della Diocesi Ariano-Lacedonia. • Il 5 Giugno abbiamo premiato i vincitori del Concorso“Vieni ad Ariano, città del passato e del presente” indetto per le Scuole Superiori. • Dal 27 luglio al 5 agosto 2008, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura, l’Associazione ha organizzato, presso la Sala del Palazzo degli Uffici, una Mostra Mercato: “Arte, Antiquariato, Artigianato”. • Il 9 agosto 2008, presso la Sala Conferenze del Museo Civico, l’Associazione ha presentato il volume di Ottaviano D’Antuono: “La Maiolica delle Antiche Fabbriche di Ariano nel Museo Civico”. • Settembre ha visto mettere in rete il sito Web dell’Associazione, visitabile alla pagina: www.amicidelmuseoarianoirpino.it • Dal 1° al 7 ottobre presso la Sala esposizioni del Palazzo degli Uffici ha avuto luogo una mostra di disegni del Prof. Antonio Capaldo: è stata l’occasione per promuovere maggiormente la conoscenza dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro; e sensibilizzare l’opinione pubblica al sostegno della ricerca. AEQVVM TVTICVM pag. 7 Aequum Tuticum • Il 5 Ottobre l’Associazione ha partecipato alla 5a giornata FIDAM, con il tema: “ Il Museo, L’Antica Ceramica Arianese, Il futuro” . • Il 25 Ottobre dopo qualche anno di interruzione, si è tenuta la festa sociale dell’Associazione, e la “Cena degli Amici 2008” presso la “Taverna Vitoli”. • Sempre in Ottobre si sono poste le basi per due importanti acquisti di manufatti ceramici da donare al Museo Civico. • Il 15 Novembre l’Associazione ha curato la manifestazione di ricollocazione della lapide ricordo di tre illustri concittadini: Giuseppe De Miranda, Vito Purcaro, Giuseppe Vitoli. • Il 28 dicembre l’Associazione, sponsor con altri dello storico concerto del Coro della Cattedrale, con entusiasmo ha accolto l’invito dell’Assessore Dott. Mazza per curare la presentazione dello stesso, dedicata all’illustre concittadino Prof. Gabriele Grasso, morto nel terremoto di Messina, del 28 dicembre 1908. La firma alla presentazione del Prof. Scapati, che non finiremo mai di ringraziare per tutto quanto ha fatto e per tutto quello che ancora potrà insegnarci, ha reso più preziosa la presentazione. Questo è quanto abbiamo portato a termine nell’anno trascorso: il lavoro continuerà e dichiariamo il nostro impegno anche per il futuro con la stessa voglia e la stessa dedizione di quanti ci hanno preceduto. Nell’invitare sempre tutti a sostenere il nostro lavoro, che consideriamo un “servizio civico”, saremo sempre lieti di ricevere suggerimenti e collaborazione. Voglio sottolineare che il nostro piccolo e spesso dimenticato Museo Civico, è una realtà conosciuta e apprezzata in molte parti d’Italia da studiosi e rappresentanti di importanti Istituzioni; e noi “Amici del Museo” faremo quanto è nelle nostre possibilità per accrescerne il patrimonio all’insegna del nostro motto: conoscere, amare, conservare. Il Presidente Michele Giorgio pag. 8 AEQVVM TVTICVM Eventi EVENTI 1 a cura del Consiglio Direttivo Premiazione del Concorso: “Vieni ad Ariano, città del passato e del presente” Il passaggio di testimone nell’Associazione non ha inteso creare discontinuità con il passato; infatti tenendo fede a quanto previsto ed avviato dal precedente Consiglio, si è portato a termine il Concorso indetto per le Scuole Superiori. Dopo una selezione degli elaborati pervenuti, il 5 Giugno sono stati premiati i vincitori: con ˛ 250,00 1° classificato il gruppo del Liceo Linguistico “G. Dorso”, FRUSCIANTE Donatella, SCHIAVO Maria e ZUCCHETTO Rosy; da sx: il Presidente dell’Associazione Michele Giorgio - il Prof. Francesco Caloia (Preside Del Liceo Linguistico G. Dorso), le premiate Frusciante, Schiavo, Zucchetto - il Dott. Antonio Mainiero - l’Ing. Davide Di Talia - con ˛ 150,00 2° classificato lo studente del Liceo Scientifico “P. P. Parzanese” CAGGIANELLA Giovanni (assente alla premiazione); AEQVVM TVTICVM pag. 9 Eventi con ˛ 100,00 3° classificato la studentessa del Liceo Classico “P.P. Parzanese” D’AMORE Teresa. da sx: il Dott. Antonio Mainiero - D’Amore Teresa (premiata) - il Presidente dell’Associazione Michele Giorgio l’Ing. Davide Di Talia La premiazione, si è svolta nella cornice della Sala Conferenze del Museo Civico, alla presenza dell’Assessore ai LL.PP. Dott. Mainiero; hanno partecipato alla manifestazione il Tecnico incaricato del cantiere presso il Castello, Ing. Davide Di Talia, che ha intrattenuto i presenti sui lavori in corso presso il Castello Normanno. Il Presidente ha salutato i partecipanti e gli ospiti presenti con il seguente intervento: “L’idea di questo concorso risale a un progetto di qualche anno fa, quando ero coordinatore, per il Club LIONS di Ariano, del progetto “Ariano: Le origini”, che aveva come obiettivo la rivalutazione dei siti archeologici del territorio arianese, con la pubblicazione di un lavoro scritto a quattro mani, da due esperti e qualificati amanti della nostra storia. L’opera era destinata alle scuole superiori di Ariano e del circondario, con la stampa di un numero notevole di copie e pari impegno economico, che il Club non poteva permettersi. Chiesi la sponsorizzazione economica ad Amministrazioni Pubbliche senza risultato; dopo vari tentativi, ed aver bussato ad altre porte anche di privati, dovemmo rassegnarci ed abbandonare il progetto. Circa un anno fa proposi in Consiglio di investire direttamente i giovani con un’iniziativa che avesse come tema la nostra storia; devo ora pubblicamente ringraziare la sensibilità del Presidente pro-tempore, Prof.ssa Rita Gambacorta, e tutto il Consiglio, che con entusiasmo raccolsero la mia proposta. Con l’iniziativa abbiamo voluto coinvolgere direttamente i giovani, nel farne registi ed attori di una storia che ci vede coinvolti tutti, ma che per ragioni anagrafiche, mette al centro della scena gli uomini di domani, coloro che avranno la responsabilità di tutelare anche il patrimonio storico-culturale delle nostre zone. pag. 10 AEQVVM TVTICVM Eventi da sx: l’Ing. Di Talia - il Presidente dell’Associazione - il dott. Mainiero Ecco la genesi dell’attuale Concorso, che a onor del vero, mi auguravo potesse avere un numero maggiore di partecipanti. Le mie aspettative e dell’Associazione erano quelle di essere inondati da lavori, che pur comportando una maggior mole di lavoro sarebbe stata la dimostrazione tangibile di aver raggiunto l’obiettivo che ci eravamo proposti: “mettere al centro del nostro interesse la nostra Città, ricordarne la storia, immaginarne un futuro”. Un passaggio di testimone ai nostri più giovani concittadini. La nostra aspettativa è stata francamente delusa, ma non per questo diminuisce l’obbligo che a nome mio e dell’Associazione, esprimo nel ringraziare coloro che hanno avuta la sensibilità di far si’ che il Concorso si svolgesse. L’Associazione si propone di continuare su questa strada mettendo in campo iniziative che coinvolgano i giovani, nella convinzione che sia imprescindibile per la società, il coinvolgimento delle nuove generazioni per la costruzione della casa del futuro. Essere insieme oggi, non sta a significare solo dare un premio a chi ha svolto un lavoro extrascolastico, ma deve servire ad alimentare il fuoco dell’amore, verso ciò che è stato prima di noi, un ringraziamento a quanti hanno reso possibile tutto ciò che è il presupposto del nostro futuro. Concludo ringraziando gli studenti partecipanti, il corpo docente, i rappresentanti degli Istituti che oggi hanno voluto onorarci con la loro odierna presenza, invitandoli ad essere vicini alla nostra Associazione che ha per vocazione solo l’amore per la nostra Città”. AEQVVM TVTICVM pag. 11 Eventi Michele Giorgio1 e di Manfredi D’Amato, Presidente del Centro Commerciale Naturale Ariano Centro Storico, sono intervenuti Don Massimiliano Palinuro, Direttore dell’Ufficio Diocesano per i Beni Culturali, il Prof. Francesco Barra, Ordinario di Storia Moderna presso l’Università di Salerno e la Dott.ssa Luciana Arbace, Soprintendente ai Beni Artistici, Storici ed Etnoantropologici della Sardegna. E’ stato proiettato anche un filmato, a cura dei Sigg. Marco Ciano e Ireneo Vinciguerra, realizzato nel settembre 2006, relativo a un’intervista a Carmine Giorgio, ultimo “ruagnaro” arianese, oggi deceduto. Il successo della manifestazione non è stata misurata solo dall’affollata sala che, forse mai, ha visto spazi tanto ristretti dalle presenze, ma è iniziato prima, quando la Dott.ssa Arbace, ha accettato di firmare nella qualità di Studiosa e addetta ai lavori, la prefazione del volume. Non tocca quindi all’Associazione cantare le lodi di un volume di tal genere, ma possiamo dire certamente e con orgoglio che tale lavoro è stato occasione per tracciare una nuova linea di partenza nel parlare della Antica Ceramica Arianese Niente sarà come prima e sicuramente nessuno studioso, nessun amante della ceramica in generale o cultore di quella arianese in particolare, potrà fare a meno di questo lavoro, che è alla base, di quanto vorrà farsi in appresso. E’ nostro orgoglio dire “io c’ero” e simpaticamente sottoscrivere un ringraziamento. 1 Intervento del Presidente alla presentazione del libro: “Si inizia spesso dicendo sarò breve; nel mio caso sarà proprio vero, perché non posso e non voglio rubare tempo agli ospiti, che ben ci intratterranno sul lavoro dell’amico Ottavio. Per evitare di dilungarmi, ho preferito fissare su carta poche parole. Credo di avere il compito e l’onore, come Presidente dell’Associazione, di salutare i graditi ospiti, le Autorità, i Soci, i cittadini tutti e ringraziarli a nome mio personale e dell’Associazione Amici del Museo per la loro presenza. L’Associazione non è nuova nel presentare lavori dei propri soci, ma questo non ci esime dal ringraziare il socio Ottavio, per aver deciso di affidare la presentazione del proprio lavoro alla nostra Associazione. Di questo siamo orgogliosi e lo ringraziamo. Troppo semplice sarebbe elogiare l’autore dell’opera, e farlo mi sembrerebbe persino di parte: mi limiterò ai complimenti e agli auguri di un giusto riconoscimento, nella convinzione che tanti sapranno apprezzare il lavoro, che sicuramente rappresenterà un punto di riferimento anche per gli studiosi della ceramica in generale e della nostra in particolare. Rinnovo ancora sinceramente a tutti i ringraziamenti per la vostra presenza, che testimonia la stima per l’Associazione e il gradimento dell’iniziativa. Questo non può che essere di stimolo a continuare l’opera che la nostra associazione con dedizione, prosegue da quasi un ventennio. Grazie.” pag. 12 AEQVVM TVTICVM Eventi EVENTI 2 a cura del Consiglio Direttivo 9 Agosto 2008 Museo Civico Il 9 agosto 2008, presso la Sala Conferenze del Museo Civico, l’Associazione ha presentato il volume di Ottaviano D’Antuono: “La Maiolica delle Antiche Fabbriche di Ariano nel Museo Civico”, importante e partecipata manifestazione. Il volume che ha ripercorso la storia del Museo Civico di Ariano, attraverso le sue ceramiche, ha colmato un vuoto temporale e contribuito a riaffermare l’importanza della ceramica Arianese dei secoli scorsi. La sala conferenze di Palazzo Forte, sede del Museo Civico, ha aperto le porte alla manifestazione con l’introduzione del Prof. Emilio Chianca. Dopo i saluti del Sig. Sindaco Domenico Gambacorta, del Presidente dell’Associazione da sx: Prof. O. D’Antuono - Prof. E. Chianca - Prof. F. Barra - Don M. Palinuro - Dott.ssa L. Arbace - D. Gambacorta (Sindaco) - Rag. M. D’Amato - Rag. M. Giorgio AEQVVM TVTICVM pag. 13 Eventi - Luigi Russo - Azienda M.A.R. Maiolica Arianese Russo Srl Ariano Irpino. Tutti gli interventi hanno suscitato l’interesse dei presenti e il Presidente nel suo saluto di chiusura, ha aperto alla possibilità di poter riprendere e ampliare la discussione in un incontro prossimo. Relazione di apertura - (mattino) Prima di iniziare mi sembra necessario chiarire, per coloro che non la conoscono, chi è la FIDAM e lo scopo di questa giornata, che ha carattere nazionale. La FIDAM è la Federazione Italiana Degli Amici del Museo, nata nel 1974, che ha lo scopo di coordinamento tra le Associazioni federate, contribuendo a diffondere una maggiore sensibilità verso le problematiche dei Beni Culturali. La FIDAM, oltre ai compiti istituzionali previsti dal suo statuto, si propone di collaborare al monitoraggio dei problemi, anche turistici, che interessano i beni culturali e, attraverso le sue associazioni, patrocina restauri, giornate di studio, convegni, pubblicazioni, esposizioni, organizzando anche viaggi con scopi da sx: Prof. O. D’Antuono - I. Grasso - D. Gambacorta (Sindaco) culturali. Dal 2004 ha dato vita, nella - Rag. M. Giorgio - Prof. A. D’Antuono prima domenica di ottobre alla sua Giornata Nazionale, di cui oggi celebriamo la quinta edizione. Ogni anno la FIDAM per la Giornata Nazionale, crea un titolo di indirizzo molto ampio, affidando ad ogni Associazione lo sviluppo di quel titolo, localmente, con un proprio tema e nella libertà di organizzazione della giornata. L’indirizzo di quest’anno ha il titolo “Un profilo, un museo”, abbinando alla parola museo, quella di 1 A pagina seguente il saluto d’apertura e quello pomeridiano del Presidente pag. 14 AEQVVM TVTICVM Eventi EVENTI 3 a cura del Consiglio Direttivo 5 Ottobre 2008 – V Giornata Nazionale F.I.D.A.M. Il 5 Ottobre 2008 l’Associazione, come per gli anni precedenti, ha partecipato alla 5a Giornata FIDAM, con il tema: “Il Museo, L’Antica Ceramica Arianese, Il futuro”. L’ampiezza del tema adottato ci ha costretti a svolgerlo nell’arco dell’intera giornata, rivolgendo al mattino uno sguardo alle specificità del Museo Civico, mentre trattare nel pomeriggio l’aspetto evolutivo che l’argomento ceramica potrebbe dare allo sviluppo dell’intera Città. La giornata, si è svolta al mattino con una conferenza dal titolo: “Il Museo, la sua storia e l’Antica ceramica Arianese”; alla presenza del Sig. Sindaco Domenico Gambacorta, che ha rivolto un saluto agli astanti e un ringraziamento all’Associazione. Hanno portato il loro contributo: - Il Presidente che prima del suo intervento, ha letto una nota di saluto dell’Assessore Dott. Mazza, assente1; - Il Responsabile del Museo Civico Ottaviano D’Antuono ha parlato della storia del Museo e della Maiolica di Ariano; - Il Consigliere Antonio D’Antuono, che ha trattato l’aspetto antropologico della ceramica del Museo Civico; - In assenza del Consigliere Emilio Chianca, per sopravvenuti improvvisi impegni familiari, ne ha letto la relazione sulle sezioni meno conosciute del Museo, la sig.na Ivana Grasso, Tesoriere dell’Associazione. Nel pomeriggio si è tenuto un Incontro/Dibattito dal titolo: “Dall’Antica ceramica arianese, l’innovazione e lo sviluppo del settore. Futuro nell’economia per le giovani generazioni”. Il Sig. Sindaco, che in contemporanea doveva partecipare ad un’altra importantissima manifestazione cittadina, ci ha testimoniato il Suo sostegno morale, per il quale anche in questa occasione ringraziamo; il dibattito moderato dal Dott. Vincenzo Grasso ha visto come relatori: - Dott. Ettore Mocella - Presidente provinciale della Confartigianato di Avellino; - Prof. Francesco Caloia - Preside del Liceo Linguistico e delle Scienze Sociali “G. Dorso” di Ariano Irpino; - Rag. Manfredi D’A-mato - Presidente del Consorzio Centro Comm.le Naturale Ariano Centro Storico; AEQVVM TVTICVM pag. 15 Eventi il turismo, genererà possibilità di lavoro per i giovani. Nella speranza di suscitare l’interesse dei presenti, per il tema e per quanto di nuovo sapremo trasmettere collettivamente con gli interventi che seguiranno, devo prima dei doverosi ringraziamenti, fare un annunzio straordinario che abbiamo voluto riservare per questa occasione. Con orgoglio, ho il piacere e l’onore di annunciare che un altro pezzo dell’antica ceramica arianese, risalente alla fine del 1500, così come auspicavo nella mia presentazione al già citato volume di Ottaviano D’Antuono, è tornato a casa e per la prima volta voglio mostrarlo, in questa occasione, ai presenti. Per il manufatto che vi sottopongo, ho impegnato il mio nome per onorarne il pagamento, ma non ho dubbi che alcuno vorrà sottrarsi ad un libero, ma consistente, contributo per poter arricchire il patrimonio del Museo e dell’intera comunità. Ringrazio anticipatamente quanti avranno la sensibilità di voler partecipare a questa raccolta fondi, con la certezza che il cuore degli arianesi saprà dimostrare la propria nobiltà, in modo così generoso, da poter sicuramente superare l’importo occorrente per l’acquisizione, di ˛ 2.500,00. Se questo avverrà, vi anticipo che è in corso una trattativa per un possibile, futuro, acquisto di una nuova ceramica di splendida fattura, del 1700, che fa bella mostra di sé, provvisoriamente, nelle vetrine del Museo, sperando che altri non superino il nostro quasi naturale diritto di prelazione, con offerte a più zeri. Ringrazio tutti gli intervenuti, il signor Sindaco per la sua gentile presenza, e quanti avranno la cortesia di essere con noi anche questo pomeriggio e passo la parola a….. Relazione di apertura - (pomeriggio) Nel prosieguo di questa V Giornata Nazionale FIDAM, di cui questa mattina ho chiarito caratteristiche e scopi, ho il piacere di salutare i gentili ospiti, oltre che il compito di presentare il tema dell’incontro. “Dall’Antica ceramica arianese, l’innovazione e lo sviluppo del settore. Futuro nell’economia per le giovani generazioni”. Crediamo molto nell’importanza di dibattere il tema in discorso, perché siamo convinti che non devono rendersi vani gli sforzi fin qui fatti per ottenere importanti riconoscimenti; mi riferisco all’inserimento di Ariano nell’Associazione Italiana Città della Ceramica, avvenuto il 30.11.2000 e al marchio D.O.C., ottenuto il 26.01.2004, da parte del Ministero delle Attività Produttive. L’importanza di sviluppo del settore è strettamente legato, a mio parere, ad ampliare le occasioni di lavoro per le generazioni più giovani, facendo quindi, da volano per un’intera economia cittadina . Mi rendo conto che, come dichiarato da importanti rappresentanti del settore, nella recente Mostra-Mercato ARGILLA’ del 6 e 7 settembre 2008, a Faenza, il comparto sconta un momento d’empasse, dovuto anche allo scarso ricambio generazionale; per superare questa difficoltà è il caso di studiare, preventivamente, rimedi creando occasioni di innamoramenti per il settore, da parte dei nostri giovani. Per dibattere tale argomento, abbiamo chiesto la collaborazione dell’amico Manfredi D’Amato, Presidente del Consorzio Centro Commerciale Naturale Ariano Centro Storico, che ha molto a cuore lo sviluppo della produzione ceramica ad Ariano. Il Consorzio è stato al nostro fianco anche nell’occasione della presentazione del bel volume di Ottaviano D’Antuono “La maiolica delle antiche fabbriche di Ariano nel Museo Civico” e contiamo ancora di poter creare ottime occasioni di collaborazioni, anche in manifestazioni di respiro nazionale. L’Associazione non si propone di poter dare delle soluzioni in questa giornata, a problematiche che hanno radici lontane e che certamente coinvolgono Istituzioni che hanno responsabilità politico-amministrative; sarà questo un momento per iniziare un dibattito che continuerà in pag. 16 AEQVVM TVTICVM Eventi profilo inteso come studio di una persona, di una foto, di una scultura, di un monumento, per giungere a quello di un territorio o dello stesso museo. Abbiamo aderito con entusiasmo anche quest’anno alla manifestazione, convinti di poter coniugare nel migliore dei modi il profilo del nostro museo con quello del territorio e delle sue peculiarità, titolando la nostra giornata: Il Museo, L’Antica ceramica arianese, Il Futuro Tre momenti: oggi “il Museo”; ieri “l’antica ceramica”; domani “il futuro”. Tre aspetti, un’unica realtà, un tema non per pochi intimi, ma siamo presuntuosamente convinti, di sicuro interesse per la Città. L’argomento ci è sembrato di tale importanza e così pieno di contenuti, da non potersi esaurire in poche battute e non volendo obbligare i partecipanti ad una lunga quanto faticosa presenza, abbiamo preferito sviluppare il tema sdoppiandolo in due fasi della giornata, ma sicuramente collegate tra loro. In mattinata quindi la conferenza sarà strettamente connessa alle peculiarità del Museo e al suo patrimonio, ovvero: “Il Museo, la sua storia, e l’antica ceramica Arianese”, non tralasciando gli aspetti più reconditi, di sezioni poco o del tutto sconosciute. Tengo a sottolineare che il nostro Museo, nonostante sia molto conosciuto fuori della nostra Città, è ancora poco noto a molti arianesi; mi piace ricordare in questa occasione che il “patrimonio” del nostro Museo è più ricco di quanto siamo abituati a vedere, e di questo vi parleranno a breve gli amici che mi seguiranno. Voglio esprimere in questa sede, il mio parere, di ritenere non giusta l’idea che questo Museo debba essere solo della ceramica o soltanto della ceramica arianese. E’ necessario aprirsi ed acquisire ed esporre ceramiche di altra provenienza; sicuramente quella arianese dovrà continuare ad essere sempre il nostro “più bel fiore” ma, senza rinunziare ad altre bellezze di diversa provenienza, compreso la ceramica moderna. Approfitto dell’occasione, per ribadire la necessità di poter disporre di nuovi spazi, per realizzare quanto appena detto, e mi collego ad una promessa fatta pubblicamente dal Sindaco, in occasione della presentazione del volume di Ottaviano D’Antuono “La maiolica delle antiche fabbriche di Ariano nel Museo Civico”. Consideriamo quella promessa un impegno, e nella certezza di vederla mantenuta, ci auguriamo, soltanto, possa realizzarsi in tempi brevi. Questo pomeriggio riprenderemo con un incontro-dibattito dal tema: “Dall’Antica ceramica arianese, l’innovazione e lo sviluppo del settore. Futuro nell’economia per le giovani generazioni”, che comprenderà l’aspetto evolutivo del settore ceramico, non dissociato da quello economico, interessando non solo il comparto ceramico, ma anche quello dell’intero settore artigianale più in generale; esso facendo da traino per altri settori, tra i quali, specificamente, AEQVVM TVTICVM pag. 17 Eventi un prossimo futuro, se prospetteremo temi validi e di interesse per tutti i soggetti coinvolti, Pubblica Amministrazione in testa. Non vogliamo sostituirci a nessuno, perché abbiamo molto rispetto dei ruoli e delle prerogative che ognuno ha, ma abbiamo, come cittadini, il diritto-dovere di vivere responsabilmente la nostra realtà, preoccupandoci essenzialmente del futuro dei nostri giovani. In quest’ottica saremo sempre pronti ai suggerimenti, al plauso e alle valutazioni, con spirito sempre costruttivo, disponibili ad una fattiva collaborazione con chiunque abbia a cuore il progredire della nostra comunità. Peccheremmo di campanilismo se ci augurassimo di poter continuare ad avere un ruolo responsabile affidatoci dalla storia? Nell’essere di riferimento come in altri tempi, in un circondario abbastanza ampio? Crediamo di no, nel momento in cui, non vogliamo dimenticare la nostra storia, nel rispetto degli altri e nella consapevolezza che la storia è ricchezza; questa profusione di beni andrebbe valorizzata a beneficio dei giovani, che sempre più tristemente, sono costretti a lasciarci. Salvaguardare ciò che si ha e creare nuove opportunità è compito di noi tutti, per poter restare nei cuori e nelle menti di chi verrà dopo di noi. E ancor più, oggi dovremmo essere attenti, quando la maggior parte delle famiglie italiane non vede premiati i propri sacrifici, quando i nostri figli vivono le difficoltà e le precarietà di un mercato del lavoro avaro di risultati; dove (dati Bankitalia) il 53% degli italiani resta chiuso nel ceto di nascita; dove (dati Istat) un terzo dei laureati non sa cosa fare del proprio pezzo di carta, e i nostri giovani, da laureati, non possono aspirare ad una vita migliore di quella dei propri genitori. Nell’attesa che l’ascensore sociale riprenda la sua corsa e inverta il trend negativo di mestieri più dequalificanti di quelli dei padri, sentiamo il nostro dovere di Associazione, di padri, di fratelli, di maestri, di ricoprire anche un ruolo di pungolo per coloro che hanno responsabilità di indirizzo e decisioni, per realizzare un futuro migliore, nella speranza che la flessibilità sia occasione di opportunità reali e di giuste soddisfazioni per i padri ed ancor più per i figli. Non voglio dilungarmi oltre, ma prima di passare la parola ho il dovere, come Presidente dell’Associazione, di ringraziare tutti gli intervenuti; sono veramente lieto per la presenza di ognuno di voi e nella speranza di rendere oggi un servizio gradito alla Città, un ringraziamento particolare lo rivolgo al sig. Sindaco e al sig. Assessore alla Cultura, che hanno voluto, patrocinando l’evento, testimoniare il loro apprezzamento per il tema scelto per la manifestazione. Nel dare corso all’apertura dei lavori, rinnovo l’impegno mio personale e del Direttivo tutto, anche nel rispetto delle norme statutarie che altri hanno dettato, di riconfermare dinanzi a tutti voi testimoni, di essere sempre, anche a nome di tutti i nostri associati, bendisposti ad ogni collaborazione, per il bene dell’Istituzione che ci ospita e più in generale dell’intera comunità. pag. 18 AEQVVM TVTICVM Eventi EVENTI 4 Nuove acquisizioni di manufatti ceramici a cura di Michele Giorgio Fuori della scaletta cronologica dell’Editoriale, annoto a parte ciò che ha caratterizzato l’anno sociale 2008, rendendolo degno di porsi all’attenzione della cittadinanza e offrendo ai detrattori della nostra Associazione l’opportunità per modificare i propri giudizi. Queste mie righe le dedico soprattutto ai non soci e ancor più ai “non amici” che non avendo di meglio da fare o ancor meglio ………… non sapendo far meglio, in assenza di serie proposte, praticano lo sport cittadino molto diffuso “del camminar sparlando”, dettando giudizi tesi a distruggere e mai a costruire. Ma, tornando alla nostra Associazione, è giusto sottolineare due importanti opportunità, che il 2008 ha riservato al Sodalizio, al il Museo Civico e alla Comunità tutta. Sin da marzo, presentata l’occasione dell’acquisto da privati, di un “Piatto in ceramica del XIX” secolo” prodotto nelle Fabbriche di Ariano, al prezzo di ˛ 1.500,00; provvedevamo con sollecitudine a riportare “a casa” il manufatto, perfezionando l’acquisto e donandolo al Museo Civico (Delibera Comunale del 21.04.2008). A fine settembre ci sono stati proposti da due diversi, privati l’acquisto di due magnifici manufatti delle Antiche Fabbriche di Ariano; il primo, una “targa con figura di S. Michele” risalente alla fine del 1500, al prezzo di ˛ 2.500,00 (figura ultima di copertina). L’occasione ghiotta, il prezzo in linea con il valore e l’unicità dell’opera, invitava a non rendere vana l’opportunità, forse non ripetibile. Per la prima volta nella mia vita, feci ciò che non sono abituato a fare: mi resi disponibile all’acquisto del “S. Michele” facendomene garante verso il proprietario, pur non avendo l’Associazione i mezzi. Dopo questa “occasionale leggerezza” ci veniva proposto l’acquisto di un secondo pezzo, una “brocca con mascherone” dell’inizio del 1700 per ˛ 5.000,00, non meno bella ed importante del primo e a giudizio dell’esperto del settore, Ottaviano D’Antuono, di giusto valore (figura prima di copertina). In occasione della 5a Giornata Nazionale F.I.D.A.M. (Federazione Italiana Degli Amici dei Musei) il 5 ottobre, rendevo pubblico l’acquisto del S. Michele, annunziando che avrei aperto una campagna di raccolta fondi per il pagamento della ceramica. La presenza del Sig. Sindaco e la Sua promessa di contributo, confortandomi e spronandomi, mi sostenne nell’acquisto anche della “brocca”. A superamento delle lungaggini burocratiche, abbiamo provveduto al pagamento, del “S. Michele”con i fondi raccolti, in attesa del rimborso promessoci dal Comune di Ariano Irpino e continuiamo la raccolta, per raggiungere l’importo necessario al pagamento della “brocca”. - In quella manifestazione mostrammo anche una targa devozionale, raffigurante “S. ANTONIO ABATE” della Fabbrica Luigi Mosca, Napoli, dei primi del ‘900, proveniente da casa SPERANZA, e donata al Museo dagli eredi. Nessun merito all’Associazione, ma, è nostro compito darne notizia e ancor più, ringraziare doverosamente. Giunga, da parte di tutti, un grazie all’amico Gabriele, ai suoi fratelli e sorelle, che con il loro gesto, hanno inteso onorare la memoria del loro genitore SILVIO. AEQVVM TVTICVM pag. 19 Eventi Era ormai troppo tempo che il Museo Civico attendeva nuove acquisizioni, e come ebbi a scrivere nella presentazione il 9 agosto, del volume di Ottaviano D’Antuono, “ …….. non possiamo che ringraziare la ceramica, direttamente, perché tanti episodi inspiegabili e straordinari, tante coincidenze, tante occasioni ci portano a ritenere che, nati dalla terra, costretti ad emigrare, per decenni dispersi e trascurati, i meravigliosi manufatti arianesi oggi vogliano disperatamente ritrovare la strada di casa!”...... ; con orgoglio possiamo dire di esserci impegnati perché questo accadesse. E’ questa l’occasione per ringraziare pubblicamente la sensibilità della Pubblica Amministrazione e di quanti hanno voluto sostenere il nostro impegno, contribuendo con il loro sostegno economico, alla raccolta fondi per il pagamento delle ceramiche (vedi elenco allegato). Ringraziamo ancora, quanti hanno già accolto il nostro appello, ricordando che la raccolta dei contributi è ancora in corso, sicuri che il buon cuore degli Arianesi, ci sostenga contribuendo ad accrescere il patrimonio museale, che è risorsa di tutta la Comunità. Targa devozionale - Dono della famiglia Speranza pag. 20 AEQVVM TVTICVM Eventi Raccolta fondi per acquisto ceramiche per il Museo Civico Elenco dei contributi a tutto il 28/02/2009* N. COGNOME NOME IMPORTO - 1 2 3 CICCONE LIONS CLUB Ariano Irpino COVOTTA Dott. Aldo Dott. Domenico - 4 GIORGIO Rag. Michele - 5 SEAR Infissi Ariano Irpino 6 IMPARA Dr. Antonio - 7 COZZO Sig.ra Franca - 8 GRASSO Dott. Lorenzo - 9 MAZZA Dott. Emerico Maria - 10 ALTERIO Dr. Antonio - 11 BILOTTA Dr. Antonio - 12 CAPOBIANCO Avv. Francesco - 13 CHIANCA Prof. Emilio - 14 CIANO Sig. Marco - 15 COCCA Dr. Domenico - 16 COCCA Ing. Raimondo - 17 D’ANTUONO Prof. Antonio - 18 D’ANTUONO Geom. Ottaviano - 19 DI FURIA Geom. Aldo - 20 FIORELLINI Dr. Giuseppe - 21 GRASSO Geom. Luigi - 22 MELITO Sig. Antonio - 23 PRATOLA Ing. Crescenzo - 24 PUOPOLO Sig. Pietro - 25 SPERANZA Geom. Gabriele - 26 RUBINO Geom. Pasquale - - - continua AEQVVM TVTICVM pag. 21 Eventi N. COGNOME NOME IMPORTO 27 VINCIGUERRA Sig. Ireneo - 28 CASTAGNOZZI Ing. Raffaele - 29 CARDINALE Rag. Felice - 30 DE GRUTTOLA Dott. Francesco - 31 CAMBRIA Geom. Domenico - 32 Ceramiche GRASSO Prof. Flavio - 33 IACOBACCI Sig. Candido - 34 IUSPA Sig. Nicola - 35 RUGGIERO Sig. Antonio - 36 CARDINALE CICCOTTI Dr. Francesco - 37 COZZO Ing. Francesco - 38 D’AMICO Dott.ssa Maria Cristina - 39 LEO Dr. John - 40 PRATOLA Rag. Luigi - 41 PIERRO Rag. Luigi - 42 SANTORO Rag. Carmine TOTALE _ 2.975,00 * In ordine alfabetico, decrescente d’importo pag. 22 AEQVVM TVTICVM Eventi EVENTI 5 a cura del Consiglio Direttivo Rifacimento lapide XX Settembre 1920 Il 15 Novembre l’Associazione ha portato a termine un’importante manifestazione, attesa da tempo. Sollecitati da richieste rivolteci da più parti, l’Associazione si è fatta carico di riportare all’attenzione cittadina il ricordo di tre suoi figli, morti a seguito dei moti di indipendenza. Il XX Settembre 1920 a curadell’Amministrazione Cittadina era stata posta sulla facciata del vecchio Tribunale (ex Convento degli Agostiniani) in Piazza Ferrara,unalapidearicordo dei patrioti Arianesi: Giuseppe Vitoli, Giuseppe DeMirandaeVitoPurcaro; nell’occasione era stato stampato anche un opuscolo con notizie della vita dei tre patrioti. A seguito dell’abbattimento dell’ex Tribunale, per la costruzione dell’attuale Palazzo degli Uffici, in Piazza Ferrara, andò distrutta anche la lapide. L’Associazione, con la collaborazione economica del Consorzio Centro Commerciale Naturale Ariano Centro Storico, ha provveduto quindi al rifacimento ed a ricollocare la lapide “XX Settembre 1920”. La stessa non potendo, allo stato, essere posta nel suo sito originario, grazie alla cortese disponibilità della Famiglia Cozzo, discendente dell’Avv. Giuseppe Vitoli, che pubblicamente ringraziamo, è ospitata temporaneamente nel cortile del Palazzo Vitoli-Cozzo. Inoltre l’Associazione ha voluto completarel’iniziativariportando alla stampa, in copia anastatica, l’opuscolo già pubblicato il 1920. La manifestazione alla presenza delle Autorità Cittadine civili e militari, è stata preceduta dalla commemorazione a cura del Prof. Stanislao Scapati1. 1) Vedi articolo Prof. Scapati. AEQVVM TVTICVM pag. 23 Eventi pag. 24 AEQVVM TVTICVM Eventi Momenti della manifestazione Per il servizio fotografico si ringrazia il dott. Francesco Paolo Finella AEQVVM TVTICVM pag. 25 Azione Cattolica ad Ariano 100 anni di Azione Cattolica ad Ariano (1908 - 2008)* di Antonio Alterio N all’incameramento del patrimonio da questi posseduto. Furono soppressi i conventi dei Frati Benedettini e Cappuccini con l’assegnazione dei relativi beni immobili al municipio, successivamente venduti a privati cittadini.4 Ancor più forte fu la reazione alla venuta dei garibaldini e con essi dei Savoia, che portarono alla unificazione del regno d’Italia. I reazionari erano capeggiati dal canonico Gaetano Forte, dal padre Luigi Ciardulli, frate francescano, dal sacerdote Giuseppe Santosuosso e dal prete don Nicola Vernacchia tutti successivamente condannati ed incarcerati insieme ad altri reazionari.5 Anche i nuovi arrivati soppressero i sopravvissuti ordini monastici maschili Domenicani, Agostiniani e Francescani e l’ordine monastico femminile delle Benedettine Cassinesi con l’appropriazione dei loro beni ceduti, successivamente, alla civica amministrazione. Vero è che il frate Michele Maria Caputo, vescovo di Ariano dal 1858, aveva aderito alla causa garibaldina fino ad essere stato nominato Cappellano Maggiore dell’Italia Meridionale, ma era altrettanto vero che la stragrande maggioranza del clero e del popolo parteggiava per i Borboni e per il Papa. Addirittura Caputo fu costretto ad allontanarsi da Ariano perché apertamente fatto segno a chiari episodi di avversione ed intolleranza; fu sconfessato dalla Santa Sede, che lo condannò con un provvedimento della Congregazione del Concilio, ma non fece alcun atto di sottomissione verso il Papa.6 La nostra diocesi rimase senza guida per oltre un decennio fino all’arrivo del barnabita Luigi Maria Aguilar che fece il suo ingresso come vescovo il 30 novembre 1871 senza mai ottenere il regio “exequatur” per conseguire il possesso delle prebende.7 Dovette affrontare moltissime difficoltà tra le quali la possibilità di abitare nell’episcopio che era stato requisito dalle autorità civili insieme al seminario. Il suo mandato durò circa quattro anni dopo di che fu sostituito da Salvatore Maria Nisio, il quale fu eletto vescovo il 17 settembre 1875 e diresse la diocesi per poco meno di un anno fino ad essere trasferito il 26 giugno 1876 in altra sede. La mancanza di una guida per lunghi periodi non favorì la crescita spirituale della collettività, che, fortemente disorientata da eventi reazionari ed innovatori non sempre comprensibili dai più, poteva contare solo sull’impegno e sullo zelo apostolico dei vari singoli sacerdoti. Finalmente con l’arrivo di Francesco Trotta, nominato vescovo il 26 giugno 1876, la 6) F. Mazza, “Nuovo diario arianese” con note di Stanislao Scapati, Ariano 1995 e Francesco Barra, “Chiesa e società in Irpinia dall’unità al fascismo”, Roma 1978. Barra rifacendosi al racconto fatto da Giuseppe Ricciardi sull’incontro avuto da Caputo con Garibaldi, scrisse: “Ricevuto da Garibaldi il 15 settembre, con “viso compunto” il vescovo di Ariano dovè ascoltare un lungo “predicozzo” del condottiero, che voleva convincerlo “i veri apostoli, i banditori sinceri delle verità evangeliche essere non i preti, non il romano pontefice, ma i liberali”. 7) Antonietta Scaperrotta, “La diocesi di Ariano e i suoi Vescovi”, tesi per il conseguimento del magistero in scienze religiose. Anno accademico 1990/1991, p.128. I vescovi eletti non potevano chiedere l’exequatur allo stato per non riconoscere l’avvenuta unità d’Italia e della definitiva scomparsa del potere temporale della Chiesa. 8) F. Barra, op. cit. p. 73. pag. 26 AEQVVM TVTICVM Azione Cattolica ad Ariano el 2008 cade il 140° anniversario della costituzione e formazione di un’associazione di laici cattolici che aveva ed ha come obiettivo la “speciale e diretta collaborazione con l’apostolato gerarchico della Chiesa”.1 Il primo nucleo, con la sede centrale a Bologna, fu promosso dal conte Mario Fani e da Giovanni Acquaderni ed assunse il nome di “Società della gioventù cattolica italiana”. Avuta l’approvazione di papa Pio IX il 2 maggio 1868, si proponeva, tra l’altro, l’obbiettivo di fronteggiare le sette massoniche attraverso la diffusione dei principi cattolici e si adoperò per suscitare nei giovani credenti l’attaccamento alla causa papale.2 L’associazione, capeggiata da Acquaderni, promosse un congresso dei cattolici italiani che si tenne a Venezia nel 1874 con l’intento di fronteggiare le idee socialiste profondamente laiche. A questo primo convegno ne seguirono altri tanto che si costituì l’Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici che ebbe le sue ramificazioni nazionali, regionali e locali. Tale istituzione durò circa venti anni ma era destinata a morire dopo che erano sorti al suo interno forti contrasti tra quanti volevano una partecipazione più attiva alla vita politica ed amministrativa e quanti pensavano di mantenersi lontano dalla vita pubblica. I “conservatori”, ossia i cattolici integralisti, prestavano la più stretta obbedienza al papa, che attraverso il suo “non expedit” (non conviene) non consentiva ai cattolici italiani di partecipare alla vita politica.3 Al contrario i progressisti, capeggiati da Romolo Murri, erano incoraggiati dalle dottrine sociali di Leone XIII, espresse soprattutto nell’enciclica “Rerum Novarum”, e sostenuti dalle insorgenti questioni contadine e degli operai delle industrie. I problemi relativi alle forme di intervento nella vita pubblica dei due schieramenti si radicalizzarono al punto che Pio X dichiarò sciolta l’Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici. Continuò la sua attività l’Azione Cattolica che il 30 luglio 1904 nelle diocesi venne sottoposta al diretto controllo dei vescovi. L’anno successivo il papa con l’enciclica “Il fermo proposito” diede i principi fondanti dei nuovi statuti del sodalizio cattolico che fu organizzato in quattro rami: la “Unione popolare” che curava la diffusione della cultura; la “Unione economico-sociale” che si interessava dei problemi economico-sociali; la “Unione elettorale” con intenti politicielettorali e la “Società della gioventù cattolica italiana”, rivolta in modo specifico alla educazione ed alla cura spirituale e sociale dei giovani. Dopo la soppressione dei rami secondo e terzo avvenuta nel 1918, sorse la “Gioventù femminile cattolica Italiana” come ramificazione della “Unione donne”, nata nel 1908. Se questa era la situazione nazionale, sebbene rappresentata per grandi linee, ben diversa era lo scenario nelle regioni del sud d’Italia e nelle nostre contrade. I cittadini arianesi avevano avuto sempre un forte legame con il mondo cattolico e con i Borboni di Napoli; ecco perché mal sopportarono l’avvento del governo francese nei primi anni del XIX secolo che portò anche alla soppressione di alcuni ordini religiosi ed * E’ questa la prima parte di un saggio in corso di pubblicazione. 1) Enciclopedia Cattolica, Vol. II sub voce. Città del Vaticano 1949. Tutte le notizie storiche relative agli avvenimenti nazionali del sodalizio provengono da detta enciclopedia. 2) A. Esposito, “Il movimento cattolico in Italia”, intervento al Convegno della Democrazia Cristiana in Ariano Irpino 14 aprile 1984. 3) La formula del “non expedit” fu utilizzata con un decreto della Sacra Penitenzieria il 10 settembre 1874 in seguito alla spoliazione territoriale della Santa Sede che contribuì all’abolizione del potere temporale dei Papi. Vedi “Storia della Chiesa” a cura di Famiglia Cristiana 2001, p. 596. 4) Il convento dei Cappuccini fu acquistato da Pantaleone D’Afflitto, mentre il convento dei Virginiani fu in parte acquistato dalla famiglia Aucelletti ed in parte dalla famiglia De Angelis. Vedi N. Flammia, “Storia della Città di Ariano”. Ariano 1893. 5) N. Flammia, op. cit. pag. 257. AEQVVM TVTICVM pag. 27 Azione Cattolica ad Ariano ad al Romano Pontefice”. Non gli sfuggì di segnalare alcune eccezioni rappresentate da coloro i quali non seguivano gli insegnamenti della chiesa o davano scandalo con comportamenti licenziosi. I suoi insegnamenti furono codificati e trasfusi nelle sue lettere pastorali trasmesse al clero ed al popolo nei giorni della quaresima. Si prodigò per la crescita del laicato avendo a riferimento quelle organizzazioni, particolarmente diffuse all’epoca, che servirono a far crescere nel fedele una maggiore consapevolezza di popolo di Dio al servizio della Chiesa e del prossimo. Tuttavia non emergono segni di una introduzione in diocesi delle nascenti organizzazioni del laicato cattolico, sebbene il prelato fosse a conoscenza dei mali ideologici del tempo ed avesse incontrato il presidente Acquaderni. Infatti, come egli stesso scrisse: “Noi nel passato Luglio, insieme ad altri cinque Vescovi d’Italia e centinaia di sacerdoti e laici, avemmo la sorte di peregrinare a Lourdes e ad altri santuari della Francia… per offrire i voti di tutti voi e consacrare complessivamente la nostra Diocesi a Gesù e alla sua SS. Madre…; che dirvi dell’amabilità con cui fummo ricevuti, nel ritorno dal Vicario di G. Cristo (erano presenti i Presidenti Acquaderni, Corsanego e Merli che offrirono al Papa l’obolo raccolto) e della sua Apostolica Benedizione che estese a tutti i componenti questa nostra Diocesi, che non fu ultima ad essere rappresentata nelle vistose somme e donativi offerti per il nuovo Tempio del SS. Rosario a Lourdes. Da Ariano 17 febbraio 1884”.12 Come si è accennato, si prodigò per l’erezione della Pia Casa di Lavoro che avrebbe dovuto svolgere non solo una funzione spiccatamente caritatevole ma anche di formazione culturale e spirituale dei laici. L’opera fu inaugurata nel 1877 ed ebbe sede nel soppresso convento delle SS. Salvatore che accoglieva le suore Benedettine Cassinesi di antica istituzione. Trotta per tale iniziativa si avvalse dell’aiuto del ministro Mancini il quale intervenne nella concessione anche di un notevole contributo economico, 10.000 lire, disposto con apposito decreto ministeriale.13 Il rapporto particolarmente cordiale ed amicale con Mancini trovava fondamento anche nel comportamento più aperto e disponibile verso le istituzioni statali da parte del vescovo che non mancò di celebrare una messa di suffragio per il Re Vittorio Emanuele II nel giorno della sua morte.14 Andrea D’Agostino Si è fatto cenno alla Pia Casa che, come vedremo, fu causa di forti dissidi e di contese negli anni successivi tra la civica amministrazione ed il vescovo Andrea D’Agostino, succeduto a Trotta nella guida della diocesi. L’avvio non fu particolarmente agevole per il nuovo prelato, che, pur essendo stato consacrato nella dignità vescovile l’11 giugno del 1888 per mano del cardinale Carlo Laurenzi, non potette entrare in possesso della diocesi per gli ostacoli frapposti dal Governo Crispi.15 Gli impedimenti di ordine politico-amministrativo furono rimossi e solo dopo circa tre 9) F. Mazza, op. cit. p. 176 10) Archivio Storico Diocesi di Ariano-Lacedonia (ASDAL), carteggio del Vescovo Francesco Trotta, dattiloscritto non firmato, p. 2. 11) F. Barra a tal proposito scrive: “Monsignor Trotta potè quindi dar libero corso ad un programma pienamente conciliarista, che si estrinsecò nell’intervento del clero nelle elezioni politiche dell’autunno 1876 (in appoggio naturalmente al Mancini), nella partecipazione dei seminaristi alle lezioni del ginnasio municipale, la cui direzione venne peraltro affidata dal municipio allo stesso vescovo, e nel completo accordo generale che si instaurò tra autorità civili ed ecclesiastiche, dopo anni di contrasti”, op.cit. p. 73. 12) Ivi, p. 11. pag. 28 AEQVVM TVTICVM Azione Cattolica ad Ariano nostra diocesi ebbe una guida molto proficua ed alquanto duratura, fino all’1 giugno 1888. Sebbene il neo-eletto prelato non godesse di un giudizio positivo presso le autorità civili, che lo ritenevano un “accanito borbonico” ma dai costumi illibati e fornito di ottima istruzione, riuscì ad ottenere l’exequatur per essersi guadagnato “la benevolenza e l’appoggio del ministro guardasigilli Mancini, che rappresentava dal 1861 al Parlamento il collegio di Ariano, nel cui seminario aveva compiuto i suoi primi studi”.8 Fu lo stesso ministro ad inviare al sindaco di Ariano il seguente telegramma: “Marchese Figlioli Sindaco di Ariano- Compiacciasi annunziare a mio nome a cotesto Monsignor Vescovo, che S.M. con R°. Decreto si è benignata, in vista del suo diritto di regio patronato, di nominarlo a cotesto Vescovado e concedere l’exequatur alla Bolla d’istituzione ponteficia. Ordinerò all’Economato Generale Napoli immetterlo immediatamente nel possesso del palazzo e rendita vescovile- Il Guardasigilli-Mancini.”9 Trotta, prima del suo ingresso in diocesi, si fece precedere da una lettera pastorale nella quale oltre al saluto a tutti i fedeli presentò il suo programma di lavoro chiedendo la collaborazione ai confratelli consacrati perché si impegnassero ancora nell’istruire il popolo di Dio “con la sana dottrina e soprattutto nel preservarlo da ogni velenosa contaminazione ad arte praticata dai nemici della chiesa”.10 Erano proprio costoro, liberali e socialisti, a preoccupare la chiesa in generale ed il nostro vescovo in particolare come egli stesso espose nella relazione inviata il 24 aprile 1879 al papa per la Visita ad Limina. Dalla sua lettura è dato rilevare non solo il quadro complessivo delle urgenze pastorali e dei rimedi predisposti, ma anche la sagace e profonda capacità del prelato a dare soluzione a problemi delicati ed a volte profondamente radicati nella società. Per questo volle potenziare il seminario e, convinto come era che i giovani come figli di Dio avevano bisogno delle sue cure, pensò bene di aprirlo anche ai laici, i quali rimanevano separati dai seminaristi.11 Mentre per le giovani introdusse i sodalizi chiamati “Figlie di Maria”, seguite da rettori colti e forti nella fede, nonché una Pia Casa di Lavoro che avrebbe dovuto accogliere le ragazze orfane. Quest’ultima comunità, oltre ad impartire insegnamenti scolastici per le interne e le esterne doveva fungere da scuola di lavoro, di tessitura, di cucito, di ricamo. Trotta, inoltre, favorì la nascita di alcune confraternite come quella del Rosario nella chiesa di San Domenico che accoglieva soci di entrambi i sessi. In ogni caso, scrivendo del comportamento del popolo di Ariano, ne evidenziava l’assiduità alle celebrazioni in chiesa anche se costatava la ridotta partecipazione ai sacramenti; lo riteneva “desideroso di predicazione, attaccato alla religione, pio verso Dio, devoto ai Santi specialmente nel culto della Madonna, ossequiente ai sacerdoti, molto ligio alla Sede Apostolica 13) F. Barra, op. cit. p. 74. Mancini comunicò personalmente l’avvenuta emissione del decreto, scrivendo al vescovo: “Nel partecipare alla S.V.Ill.ma tale sovrano provvedimento, sento il dovere di congratularmi con Lei della nobile iniziativa presa con l’accennata offerta, e rinnovarle i sensi del mio vivo compiacimento per lo zelo veramente apostolico ch’Ella sa addimostrare con fatti meglio che con parole a vantaggio del popolo. Accolga l’espressione della mia distinta considerazione”. 14) F. Mazza scrisse “celebrati nel Duomo, col concorso di tutte l’Autorità civili e militari, di scelta cittadinanza e dell’intero Clero. Pontificò l’Illmo Monsignor Vescovo Don Francesco Trotta, il quale pronunciò belle parole sulle virtù dell’estinto. Per parte della Municipalità lesse l’elogio funebre il Sig. Luigi De Felice. Il tempio, stivato di popolo, era magnificamente addobbato”, op. cit. p. 49. 15) F. Barra, op. cit. p. 91 AEQVVM TVTICVM pag. 29 Azione Cattolica ad Ariano dei Laici che offrono esempi di castigati costumi agli altri, cercare dove può trovarsi, tra le famiglie religiose maschili e femminili, qualche elemento che possa applicarsi all’istruzione dei giovani e ad alleviare le necessità dei poveri”.21 Il vescovo non si sottraeva ai suggerimenti ricevuti e assunse molte iniziative rivolte ad un maggiore coinvolgimento sia dei sacerdoti sia dei laici. Durante il sinodo tenuto nel 1903, a proposito del popolo, fu deciso di intervenire con maggiore incisività e venne stabilito: “C’è urgenza di offrire ai Giovani salvaguardia morale aggregandoli ad Associazioni pie sotto tutela della Madonna e di un Santo Patrono. Ai padri e alle Madri di Famiglia si consiglia la Sacra Famiglia, il Rosario, lo Scapolare del Carmelo, Terz’ordine Francescano, Confraternite del Sacramento, della Dottrina Cristiana, Associazioni di Carità, Dame di Carità, Conferenze di S. Vincenzo di Paolo. Secondo la mente di Leone XIII si curino Comitati di aiuto fraterno tra Artigiani e Operai”.22 Ma l’entusiasmo e la sincera dedizione alla causa salvifica di D’Agostino doveva scontrarsi con forze contrarie che lottavano per l’affermazione del pensiero laico-socialista. Si generò una lotta che approdò sui giornali dell’epoca per arrivare fino nelle aule giudiziarie con protagonisti eccellenti dal sindaco, Oreste Franza, allo stesso vescovo. Prima ancora di entrare nel merito è opportuno fare cenno agli avvenimenti politici verificatisi nell’intera provincia e nella nostra città. Francesco Barra intravide “nel contesto della miscredenza borghese” anche la partecipazione “della massoneria”, che agli inizi del 1900 fornì alla politica “i principali esponenti e, soprattutto, il cemento ideologico-culturale ai blocchi popolari, i quali – composti di radicali, socialisti e repubblicani- si imposero ad Ariano ed Avellino”. 23 Da questa consorteria fece discendere anche “il nascente movimento socialista irpino” che aveva come esponenti di spicco Remigio Pagnotta, Ferdinando Cianciulli ed Oreste Franza. Se in altre città e paesi lo scontro tra le forze di sinistra e la chiesa si era limitato alle questioni puramente ideologiche e, perciò, solo verbali, in Ariano assunse aspetti decisamente più violenti fino al compimento di fatti concreti. La questione sorse allorquando Oreste Franza, sindaco a capo di una coalizione “radical-socialista”, volle impedire l’insegnamento religioso nelle scuole elementari e tentò con ogni mezzo di fare rientrare nel patrimonio comunale gli edifici del cessato convento del suore Benedettine Cassinesi, occupati dalla Pia casa di lavoro. Della vicenda occorre fare una breve ricostruzione anche perché da essa, frutto dell’anticlericarismo dei socialisti arianesi, generò il primo nucleo di laici cattolici che si organizzarono politicamente ed aderirono ad associazioni di ispirazione cristiana in difesa del vescovo e della chiesa.24 I beni del cenobio benedettino furono incamerati dalla Stato, a seguito dell’entrata in vigore delle leggi di soppressione degli enti ecclesiastici nel 1866. Il vescovo Trotta pensò bene di mantenere in vita l’educandato presente presso il detto monastero e nel 1877, coadiuvato dal sindaco di Ariano marchese Emilio Figlioli, ottenne in comodato d’uso una parte dell’edificio al fine di utilizzarlo per l’istruzione e per l’apprendimento di un mestiere da tutte le giovani donne ed in particolare da quelle meno abbienti. 16) Emerico Pisapia, “Biografia di Mons. Andrea D’Agostino” Ariano 1913, p. 21. 17) ASDAL, Carteggio del vescovo D’Agostino, dattiloscritto nota 7. 18) Ivi, p. 3 19) Ivi, p. 6 20) Ivi, p. 19 nota 16. pag. 30 AEQVVM TVTICVM Azione Cattolica ad Ariano anni il 19 aprile 1891 il neo-eletto vescovo fu accolto nella nostra città.16 Monsignor D’Agostino, dopo avere preso coscienza delle necessità materiali e spirituali della diocesi, subito dispiegò tutte le sue energie per dare le soluzioni opportune. Nella seconda Relazione ad Limina, inviata a Roma il 17 dicembre 1894, evidenziò le carenze spirituali incontrate nel popolo tra cui era diffusa una fede “paene mortua”, e precisò che la “pietas, neque excitata neque bene directa, saepe lanquet et errat” così come “neglecta est instructio religiosa praesertim in scholis” e “misericordiae et beneficentiae opera sunt fere incognita”. Da tutte queste carenze formative e di scarsa operatività faceva discendere il corollario finale quando affermava: “Associationes Cattolicae nondum sunt possibiles”.17 Non mancò la risposta della Commissione Cardinalizia che, per quanto riguardava il popolo, suggerì di fare le predicazioni con le sante missioni e, riferendosi più specificatamente ai giovani, sollecitò “oculata vigilanza per una sana formazione della gioventù” ed invitò il vescovo a riunire i giovani e gli operai “in fraternità d’amore in quei sodalizi cattolici tanto raccomandati dal Papa, e che sono di tanta utilità, sia alla religione che alla civile società”.18 Il vescovo accettò i suggerimenti ricevuti da Roma ed, animato da zelo e spirito di servizio, si adoperò per costruire la casa del Signore in senso materiale e spirituale. Partendo dal presupposto che tutto dipendeva dalla formazione delle coscienze, promosse le Missioni, gli Esercizi Spirituali e la costituzione di associazioni caritatevoli (la Sacra Famiglia, le Figlie di Maria e le Dame di Carità). Aveva una chiara visione dei problemi dei laici e non mancava di sottolinearne pregi e difetti scrivendo: “Certo non è che manchi la fede a questo popolo e il germe della pietà; manca istruzione, fervore, direzione spirituale, unione e perseveranza nelle buone opere. E questo perché manca nel clero zelo, audacia santa, e anche perché la classe civica dirigente è indifferente ai problemi religiosi, se non proprio ostile alla fede e alla religione”.19 Il quadro era alquanto desolante come appare dalla relazione che continuiamo a leggere: “Su vizi e consuetudini cattive, qui più che bestemmie si sentono imprecazioni; non da tutti si osservano i precetti della Chiesa (messa festiva, confessione e comunione annuali, astinenza e digiuno); il Catechismo nelle scuole di Ariano non è ammesso; le feste cosiddette popolari sono celebrate non a dovere ma in modo pagano; i libri non molti se ne leggono né buoni né cattivi, solo le riviste liberali sono lette anche da taluni ecclesiastici; regnano le divisioni, le ingiurie e le calunnie, e ogni cosa si fa per invidia, per odio, per vendetta. I rimedi poi perché siano efficaci devono essere radicali; tra questi i principali sono: istruzione catechistica fatta debitamente, missioni ed esercizi spirituali e spirito di apostolato nel clero”.20 I suggerimenti che gli venivano dalla Congregazione dei Vescovi e Regolari erano sempre rivolti a dare maggiore impegno per l’istruzione e l’educazione religiosa sia dei sacerdoti che del popolo. Per i giovani suggeriva una forte azione di indottrinamento per dare loro la possibilità di apprendere “le verità di fede e i precetti della religione cristiana”. Secondo la Curia romana occorreva, pertanto, “moltiplicare le Associazioni 21) Ivi, p. 7. Tali suggerimenti furono ripetuti anche negli anni successivi. La Curia Romana scriveva: “Frattanto non cessi di alimentare nel popolo la fede e la pietà, richiamando l’osservanza della legge di Dio e della Chiesa con le Sacre Missioni, con l’assidua predicazione e promovendo idonei esercizi di pietà. Vigila sulla formazione della gioventù, moltiplica più che puoi i Sodalizi Cattolici e le Pie Associazioni dei Laici. Accogli con l’ossequio l’augurio che laeta omnia ac fausta..a Domino precor“ 22) ASDAL, Carteggio…c. p. 23. 23) F. Barra, op. cit. p. 145. Secondo l’autore l’influenza della massoneria fu “spesso denunciata dai vescovi con toni apocalittici” anche se “indiscriminatamente esagerata”. 24) F. Barra, op. cit. p. 149. AEQVVM TVTICVM pag. 31 Azione Cattolica ad Ariano morigerata ed onesta; professare francamente e sinceramente la Religione Cattolica; non appartenere ad altra società di spirito opposto, né a qualsiasi partito sovversivo”. I casi di esclusione del socio, per fatto sopravvenuto, erano contemplati dalla seguente norma: “Quando siasi reso indegno di appartenere all’associazione cattolica, sia facendo parte di società condannate dalla Chiesa o di partiti sovversivi, sia manifestando pubblicamente per Pellegrinaggio a Roma - Anni ‘30 - Fototeca T. Alterio iscritto o con discorso idee contrarie alla dottrina cattolica, sia facendo del danno materiale alla Chiesa..”.27 Il partito di Franza, socialista, era considerato sovversivo. Altro motivo di attrito con costui era generato dalle iniziative di tipo più propriamente politico e apertamente contrastanti al pensiero della sinistra assunte da alcuni laici cattolici. In un articolo apparso sul giornale “L’Alba” del 5 marzo 1905 dal titolo “Chiesa e Popolo”28 l’autore, dopo avere fatto un’ampia premessa sulla funzione sociale svolta nei secoli dalla Chiesa in difesa dei più deboli e del popolo in particolare, auspicava un suo più diretto intervento nella vita pubblica “per risollevare le sorti dell’umanità, che soffre e lavora”. Continuava sostenendo che il connubio tra Chiesa e popolo, che nel passato aveva dato buoni frutti, non poteva essere interrotto da calunnie o da “retorica giacobina”. Anzi dalla loro unione ne faceva derivare un beneficio per tutti perciò affermava: “La Chiesa ed il popolo sono due grandi fattori di vita, due elementi che nel movimento e nelle Amministrazioni comunali e regionali potranno lanciare una corrente di rinnovamento e di grandezza, poiché sanno astrarsi dagli sterili e dannosi contrasti poggiati sugli interessi personali”. A chiusura del suo scritto l’articolista pronosticava: “Democrazia e Chiesa, sotto l’egida delle nostre leggi costituzionali, debelleranno la doppia specie nemica di progresso e di vita: la rivoluzione e la reazione”. Senza ombra di dubbio era la proclamazione delle idee guida di un partito di ispirazione cattolica, ma era anche una chiamata dei laici cattolici a porsi al servizio della collettività per affermare le idee sociali della Chiesa. Il tutto proveniva dalla 25) Archivio Storico del Museo Civico di Ariano, “Deliberazioni del Consiglio Comunale di Ariano anni 1902-1905”, Deliberazione n° 51 del 5 maggio 1904. Il vescovo aveva rivolto l’istanza nella sua qualità di direttore della Pia Casa. 26) ASDAL, “Statuto della Cassa Cattolica S. Ottone- Società Anonima Cooperativa Di Depositi E Prestiti a capitale illimitato” Ariano 1902. pag. 32 AEQVVM TVTICVM Azione Cattolica ad Ariano Costituì un nuovo gruppo di volontarie religiose, che in seguito si votarono allo Spirito Santo, e con il decisivo intervento ed aiuto del ministro Pasquale Stanislao Mancini ottenne tutte le necessarie autorizzazioni governative. Il prelato aveva avuto l’ottima intuizione di dare vita ad un’istituzione, la quale era completamente diversa da quella ormai soppressa, ma che avrebbe avuto un ruolo nella formazione e nella beneficenza in perfetta sintonia con le leggi all’epoca vigenti. Successivamente, siamo nel 1904, il vescovo D’Agostino rivolse una istanza al sindaco di Ariano, Marino De Miranda, al fine di ottenere in comodato d’uso la restante parte del convento. Motivava la richiesta con la necessità di “soccorrere una buona istituzione cara a tanti sofferenti ed abbandonati, a tanti diseredati dalla fortuna, ed alla intera cittadinanza”; assicurava il pagamento di eventuali oneri tributari.25 Il consiglio comunale, riunito il 5 maggio 1904 in sessione ordinaria, accolse la richiesta del vescovo e, su proposta del consigliere Luigi Mazza, votò un ordine del giorno nel quale si evidenziavano tutte le buone ragioni per una cessione temporanea dell’immobile. In particolare venivano scritte le seguenti motivazioni: “Considerato che le presenti condizioni del Comune non consentono una utile e diretta destinazione dell’edificio senza una grande spesa, cui il Comune assolutamente non può andare incontro nello stato della sua finanza; Considerato d’altronde che il locale sia già occupato di fatto dalla Pia Casa di Lavoro, istituzione altamente civile, e meritevole non solo del plauso, ma pur anco di ogni più largo soccorso”. Da tali premesse si faceva discendere l’atto deliberativo che prevedeva la cessione “in uso gratuito a S.E. il Vescovo di Ariano, per la durata di anni venti, per uso di Pia Casa di Lavoro, l’intero fabbricato dell’ex monastero del Salvatore (S.Anna), con espressa dichiarazione da inserirsi nel contratto, che il relativo tributo fondiario resta a carico del Vescovo, e così pure le riparazioni e restauri..”. L’atto fu approvato, con votazione per appello nominale, all’unanimità dei presenti, ossia 17 consiglieri su 30; era assente il consigliere Oreste Franza. Con l’avvento dei socialisti al governo di Ariano, il sindaco eletto, Oreste Franza, si adoperò per rientrare in possesso dell’edificio col pretesto che non era valido il comodato d’uso concesso e che l’immobile, essendo demaniale, doveva essere utilizzato sì per l’istruzione ma alle dipendenze della civica amministrazione. Era chiaro che l’intento del primo cittadino era rivolto a sottrarre il bene ai preti ed al vescovo in particolare sulla scorta di una chiara avversione alla Chiesa ed ai suoi rappresentanti, ma anche per una ritorsione di carattere politico. Se si vuole Franza non poteva e non voleva dimenticare certi precedenti che, ai suoi occhi, apparivano come segnali politici avversi ai suoi programmi. Uno di questi precedenti era la costituzione della Cassa Cattolica S. Ottone, voluta da D’Agostino, il cui statuto fu approvato con decreto 26 aprile 1902 del Tribunale di Ariano.26 All’articolo 3 dello Statuto era esplicitamente riportato: “Lo scopo della Società è di estendere i beneficii del credito ai propri socii, alle Società Cattoliche, alle casse rurali cattoliche, agli agricoltori ed operai cattolici della Diocesi..”. Non potevano essere destinatari coloro che non accettavano il credo cattolico; l’art. 6, in proposito, stabiliva che per far parte occorreva, tra l’atro, “presentare un certificato del proprio Parroco, contrassegnato da due socii, che ne garantiscano la condotta 27) Art. 23, comma 1 lettera c) dello statuto. 28) Emeroteca di A. Alterio. L’autore dell’articolo si firmava X. Y. 29) ASDAL, Cartella del vescovo A. D’Agostino. “Il Satanismo” . Ariano 1894, pp. 6-7. La lettera fu indirizzata al clero ed al popolo il 21 febbraio 1894. AEQVVM TVTICVM pag. 33 Azione Cattolica ad Ariano di ispirazione religiosa. Si soffermò più volte su questo argomento, ma significative sono le sue riflessioni, pubblicate nel “Calendario Arianese Per L’Anno 1898”, che culminavano con una considerazione finale “Or contro la savia educazione tanto necessaria congiurano i nemici della religione, della morale e della libertà, i libertini ed i ladri. E perciò debbono i buoni unirsi insieme per difenderla e validamente prestargli aiuto e favore. Né saranno i loro sforzi vani, se docili e fidenti si lascino guidare dalla Chiesa..”.32 E tutto questo non stava bene ai liberali, ai socialisti ed ai massoni. In vero Franza anche quando era consigliere, mentre Giuseppe Luparella svolgeva le funzioni di sindaco, si adoperò per fare approvare dal Consiglio alcune mozioni tra le quali anche quella di destinare i locali del convento delle benedettine per alloggio delle scuole comunali.33 Il 5 Marzo del 1906 Franza fu eletto Pro-Sindaco dalla nuova giunta, ma ancor prima che ciò avvenisse si era fatto precedere da un articolo pubblicato sul giornale “La Lotta” del 4 marzo 1906 dal titolo “Crisi Comunale” in cui tra l’altro era scritto: “Noi vogliamo che, siano gli antichi amministratori ripristinati o i nuovi, se eletti, risolvano il problema dell’Edifizio scolastico - precisamente ora che il bel progetto dell’Ing. Mazzia è venuto -; lo risolvano senza mala fede, col volerlo e col caldeggiarlo, e senza riguardi a monache e a preti, soprattutto ora che nel progetto vi è anche posto per la Pia Casa”.34 Proprio in riferimento al progetto, nello stesso giornale era riportato un altro articolo dal titolo “L’Edifizio Scolastico” in cui veniva sommariamente descritta l’opera da realizzare, che avrebbe dovuto ospitare il nuovo Palazzo Comunale, l’Ufficio Postale, l’Ufficio delle Guardie Municipali, la sala del Consiglio, il Gabinetto del Sindaco, quello della Giunta e la Segreteria. A questi locali, prospicienti via Mancini, si univano altri destinati alle scuole elementari maschili e femminili, mentre “Al secondo piano di questa parte dell’edificio, il locale necessario e sufficiente da contenere la Pia Casa di Lavoro”. L’articolista sottolineava il fatto che la superficie da utilizzare era sufficiente a risolvere i molteplici problemi edilizi ed avrebbe contemperato gli interessi di tutti anche quelli della Pia Casa, fugando i timori di coloro che ritenevano insufficiente il terreno a contenere uno stabile per tanti uffici. A conclusione, per carpire il favore dei cattolici, scriveva: “Perché è del pari dimostrato che nessuno, in Ariano ha mai pensato a distruggere la Pia Casa, a mandar via le monache, e perché infine è messo alla portata di tutti come nello stesso locale possono coesistere scuole e Pia Casa, e come possono coesistere il rispetto di una istituzione di riconosciuta utilità pel paese, assieme con la salvaguardia dei diritti e degli interessi del Comune, e la creazione di quella nuova istituzione che è reclamata da bisogni urgenti e da necessità ineluttabili”.35 Le parole non furono sufficienti a placare gli animi e si passò subito ai fatti. Il 5 marzo 1906, lo steso giorno in cui Franza venne eletto pro-sindaco, il consiglio revocò le precedenti deliberazioni del 4 maggio e del 14 giugno 1904 con le quali fu concesso in comodato d’uso alla Pia Casa, per il periodo di 20 anni, la restante parte del predetto monastero oltre quello già in suo possesso. L’atto di revoca fu approvato con il voto favorevole di 21 consiglieri mentre i voti contrari furono solo due. 30) Ivi, p. 27 31) Ivi, p. 27. Nella lettera è riportata anche l’avvenuta costituzione in Ariano dell’Associazione delle Dame di Carità, dedita all’assistenza “dei poveri malati a domicilio”. 32) Archivio di A. Alterio, “Calendario Arianese” Ariano 1897. Si sviluppava attraverso brevi brani che avevano i seguenti titoli “Necessità dell’Educazione”, “Qualità dell’Educazione”, “Educazione Fisica”, “Educazione dei Sensi”, “Educazione Intellettuale”, “Educazione Estetica”, “Durata dell’Educazione”,”Ordine Soggettivo dell’Educazione”, “Oridine oggettivo pag. 34 AEQVVM TVTICVM Azione Cattolica ad Ariano diffusione di principi di solidarietà sociale che, da tempo, il Papa andava proclamando, ma erano anche i contenuti degli insegnamenti proposti dal vescovo D’Agostino attraverso le sue annuali lettere pastorali ed i suoi numerosi discorsi. In una di queste dal titolo “Il Satanismo” il prelato si soffermava a considerare i gravi errori e le forti deviazioni morali che venivano introdotte e propugnate dal liberalismo e dal socialismo. Addebitava al primo movimento l’abbandono della legge divina, presentandosi come “ateismo liberale” Incontro con le donne di A. C. - Fototeca T. Alterio che propugnava una eguaglianza “illusoria” e “la fratellanza senza Padre celeste”.29 Anzi, sosteneva “che libertà senza legge divina significa sfrenata licenza pei tristi, capaci di ogni male; e servaggio pei buoni, ai quali s’impedisce persino di rendere il culto dovuto a Dio: libertà del male, non del bene..”. Non da meno considerava il socialismo scrivendo: “Quantunque il socialismo ed il liberalismo si odiino fra loro, pur sono costretti a confondersi insieme nella stessa riprovazione, perché gli estremi si toccano. E questi due figli del razionalismo ateo e materialista provano dove mena la mancanza di logica e di fede; e qual risultato abbia l’odio a Dio ed alla Chiesa.” Come corollario di tali premesse negative ne faceva conseguire la necessità di rifuggire da tali movimenti i quali creavano solo danni. Di contro invitava i cristiani a riunirsi in nome dello Spirito Santo perché “la Chiesa benedice, approva, raccomanda le associazioni dei Santi fondate o esemplate: e dallo Spirito Santo sono ispirate per vantaggio delle buone opere”.30 Su queste basi ideologiche fondava la necessità di “introdurre nella Diocesi due altre Associazioni, che fanno tanto bene altrove: cioè le Conferenze di S. Vincenzo di Paolo, e i Comitati Parrocchiali e Diocesani”.31 Altro caposaldo del pensiero di D’Agostino, a cui si uniformava il suo programma nella guida della diocesi, era l’educazione che doveva essere necessariamente quella dell’Educazione”, “Il Metodo dell’Educazione”, “La libertà dell’Educazione”, “La Religione Necessaria all’Educazione”, “Sapienza dell’Educazione” per finire con un Epilogo e Conchiusione”. 33) Gaetano Grasso, “Ariano dall’Unità d’Italia alla Liberazione”, libro secondo, p. 42. Ariano 1994. Luparella era succeduto a De Miranda l’11 agosto 1905 per dimettersi il 2 marzo 1906. 34) Emeroteca di A. Alterio, Il giornale porta la dicitura “Numero di Saggio”. L’articolo fu pubblicato il giorno prima della elezione di Franza, tanto che esordiva “Non sappiamo se, al momento si pubblicherà il giornale, la crisi sarà oppure no risolta”. 35) Ivi. 36) Erano presenti tutti i 23 consiglieri: Bevere Michele, Ciccarelli Erminio, Ciccone Sebastiano, D’Agostino Carlo, D’Agostino Ottone, D’Alessandro Gerardo, Del Giacomo Nicola, De Miranda Girolamo, Errico Francesco, Flammia Nicola, Franza AEQVVM TVTICVM pag. 35 Azione Cattolica ad Ariano vescovo la deliberazione consiliare del 16 marzo 1906, con cui si voleva revocare il comodato d’uso concesso con un precedente atto, ma condannò “Oreste Franza nella qualità, al pagamento del giudizio liquidate in L. 518, 25 oltre il compenso a liquidarsi dal giudice Genovesi in prò del D’Agostino e per la monaca Lusi da liquidarsi”. La vittoria ottenuta dalla Chiesa fu piena ed incontrovertibile; venne accolta con soddisfazione dai cattolici i quali attraverso il giornale “Vita Arianese” avevano dato solidarietà al vescovo ed avevano sostenuto le sue buone ragioni contro le pretese del sindaco e soprattutto contro la campagna denigratoria e diffamatoria di costui nei confronti del pastore e del sacerdote.40 In particolare il detto periodico quindicinale volle sottolineare “il gran male” che Ariano avrebbe sofferto con la soppressione della Pia Casa: “un pensionato di giovinette di civili condizioni; un orfanotrofio unico nel paese; cinque classi di scuole elementari, dove si insegna con programmi governativi; una scuola preparatoria; un vero asilo di infanzia; un laboratorio per tessuti e lavori donneschi; il quotidiano soccorso ad una turba di poveri ed ammalati; il culto della Chiesa di S. Anna, di recente restaurata con la spesa di 12mila lire; e la manutenzione costosa di tutto il vecchio e cadente edificio”.41 Franza non poteva accettare la sconfitta, che assumeva i toni di una debacle politica inconcepibile per un personaggio con precise velleità parlamentari in netta contrapposizione ad Ercole Caputi, candidato dei moderati. Fece circolare un volantino, rivolto ai Cittadini, in cui annunciava: - “Il Comune ha perduto, con sentenza odierna del nostro Tribunale, la causa col Vescovo. Io che volli fare primo ideale d’amministrazione l’Edifizio Scolastico, veggo con questa sentenza ostacolato pel momento un progetto che ritenevo e ritengo caposaldo della vita paesana. - Deve il Comune appellarsi? È sentenza accettabile questa dei nostri signori Giudici? - Non la discuto: sotto l’impressione del dolore potrei usare concetti non esatti e rilevare circostanze incresciose: giudichi il paese. Oreste, Manganello Vincenzo, Maresca Antonio, Mazza Luigi, Nicoletti Raffaele, Novario Giuseppe, Pannese Giuseppe, Purcaro Michele, Riccio Francesco, Rocco Romualdo, Zecchino Ortensio, Zerella Amalio. 37) La sentenza, emessa dal tribunale di Ariano, portava la data del 22 luglio 1906. Il Comune di Ariano era difeso dall’avv. Marone, mentre le suore benedettine Raffaella Lusi era difesa dagli avvocati Luigi Mazza ed Alfonso Fiore ed Irene Mazza dall’avvocato Luigi Mazza. 38) Emeroteca di A. Alterio, “La Lotta” num. 9 del 2 agosto 1906. L’articolo si chiude con una invettiva “E gioiscano pure i tre chierichetti allampanati, onanisti informi e sfacciati; gongolino i Consiglieri dell’opposizione. Essi vorrebbero veder distrutta Ariano per gioire contro l’Amministrazione attuale, che invece resta serena e forte, decisa a risolvere il problema di Sant’Anna che dovrà essere restituita al Comune, a tutti i costi, perdio! E allora i Te Deum potranno pag. 36 AEQVVM TVTICVM Azione Cattolica ad Ariano Ovviamente le reazioni del Vescovo e della madre superiora della Pia Casa non tardarono a venire, ma contro di esse la civica Amministrazione reagì con pari tempestività tanto che convocò una seduta straordinaria del Consiglio che si tenne il 29 aprile 1906.36 In tale consesso venne confermata la revoca delle deliberazioni assunte nel 1904, pur lasciando in fitto alle due suore superstiti del cenobio Benedettino una parte dello stabile; l’atto fu votato favorevolmente da tutti i consiglieri con l’astensione di Flammia. Intanto il vescovo aveva adito le vie legali per vedersi riconoscere il diritto a mantenere il possesso dell’intero monastero. Durante la celebrazione del processo era rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio ed Amedeo Tedeschi che esposero in modo convincente le loro ragioni, pienamente accolte dal giudice con la sentenza decisa il 22 luglio 1906.37 Se i rapporti tra le parti contendenti erano alquanto tesi, con l’atto giurisdizionale, divennero irrimediabilmente compromessi, tanto che Franza, tramite il giornale “La Lotta”, non lesinò le critiche all’organo giudicante che, a suo giudizio, aveva utilizzato una figura giuridica, il comodato, non applicabile alla fattispecie. Non vennero neppure tralasciate le questioni ideologiche e così nell’articolo dal titolo “La Causa Contro Il Vescovo” ancora possiamo leggere: “Mentre la Francia scaccia con la forza oltre il confine i congregazionisti noi ritorniamo al regime spagnolo e, Ariano, in pieno 1906, ha visto riconosciuto con una sentenza di Giudici l’esistenza delle inferriate monacali in Piazza!”38 Lo scontro aveva assunto toni e connotati politici tali da favorire la costituzione di uno schieramento anti-socialista e da accelerare la formazione di un sodalizio in difesa della Chiesa e dei suoi rappresentanti più qualificati. Ottenuta la vittoria, monsignor D’Agostino indirizzò al clero ed al popolo una lettera pastorale dal titolo “La Giustizia Divina ed Umana”, datata 15 agosto 1906, contenente l’intera sentenza. Poi, nel trasmetterla alle parrocchie, dispose: “Invece dell’Omelia i Rev. Parroci e Cappellani leggeranno e spiegheranno la 1^ Parte di questa pastorale nella 1^ festa ventura e la 3^ parte nella 2^ festa”.39 Il prelato faceva precedere l’intera sentenza da alcune sue riflessioni e da una breve cronistoria degli eventi per concludere con alcune osservazioni sull’operato della Pia casa. Scrisse: “..Ed il popolo vede, ed osserva da se queste cose, che son fatti e non parole. Vede il pane e la zuppa data ai famelici, vede il brodo e le medicine somministrate ai malati, vede quante vesti son donate a quelli che hanno bisogno di camice, pantaloni, giubbe, corpetti, scarpe e cappotti; vede le lenzuola, le coperte, i letti interi, le pigioni di casa, ed alcune volte le doti o sussidi dotali, largiti a chi ne ha bisogno. Tutto questo vede, e confessa il popolo di Ariano, che non è ingrato, né sconoscente. Anche un’altra cosa, voi sapete bene, o Arianesi; ed è che l’istruzione, l’educazione civile, morale e religiosa della Pia Casa, con la molteplice carità e beneficenza in sollievo di tali e tante miserie a voi note, e più a Dio, non pesa affatto sul bilancio comunale. Voi sapete che il dazio, le tasse, e tutte le specie d’imposte da cui siete afflitti ed oppressi non vanno punto alla Casa Pia, ma altrove..”. I magistrati chiamati a giudicare non solo dichiararono lesiva dei diritti del 39) 40) 41) 42) 43) cambiarsi in de profundis!” ASDAL, Cartella del Vescovo D’Agostino. Emeroteca di A. Antonio, “Vita Arianese”, Periodico Quindicinale del 1906, diretto da Francesco Clericuzio.Giornale “Vita Arianese” N° 2 del 12 agosto 1906. Archivio di A. Alterio, Il volantino era datato “Ariano 23 luglio 1906” ed era firmato “Il Prosindaco Oreste Franza”. Archivio di A. Alterio. Il foglio portava i nomi dei componenti del Comitato “Presidente Giovanni Arc. Carluccio, Vice Presidente Giuseppe Prev. Padano, Segretario Leopoldo Sac. Zecchino, Tesoriere Domenico Can. Caggianelli, AEQVVM TVTICVM pag. 37 Azione Cattolica ad Ariano Monsignore Rev.mo D. Nicola Buonanno Vicario generale” con la sottoscrizione “La maggioranza del Clero”.45 In essa, dopo avere esposte alcune presunte ingiustizie e soprusi subiti dal clero, i mittenti facevano allusione ai “biechi disegni di una nota combriccola, formata da preti zucconi e immorali, maldicenti e intricanti, i quali hanno indegnamente degenerato dall’altezza della propria missione e sono discesi giù fino al pantano della maldicenza e della calunnia, per inoculare nel Cuore del Superiore, che facilmente crede…quel veleno, il quale certo apporterebbe rovina e morte morale agli altri, che forse…. Anzi senza forse, sono il simbolo della rettitudine del dovere”. A chiusura chiedevano al Vicario: “giudice imparziale e tre volte coscienzioso, vorrà far ritornare l’armonia fra il Clero, spezzando queste tresche gravi e vergognose, che gettano nel ludibrio e nel fango il Clero istesso”. Sempre nello stesso giornale, sul n° 2 del 10 febbraio 1907, venne pubblicata un’altra “Lettera Aperta”, indirizzata allo stesso vicario generale ed ancora una volta sottoscritta da “La maggioranza del Clero”. In essa veniva esposto tutto quanto era da considerarsi non “giusto” nel comportamento di taluni, con allusioni al vescovo, per poi chiudere con la speranza che il destinatario avesse potuto fare giustizia dopo che la stessa giustizia “sotto le mitre e sotto le Croci essa fa naufragio..”.46 Ovviamente il sospetto di tali missive cadeva su Franza che, sebbene non fosse l’autore, certamente doveva esserne l’ispiratore con la collaborazione di alcuni sacerdoti suoi simpatizzanti o amici. Come se non bastasse gli stessi preti dissenzienti, puntando a Roma, scrissero un’ulteriore “Lettera Aperta” indirizzata “A sua Eminenza Rev.ma Cardinale Prefetto della Sacra Congregazione dei Vescovi e Regolari”, datata 15 febbraio 1907.47 In essa riportarono: “‘E una storia brutta, ma è una storia vera! Qui in Ariano, il nostro Superiore, pieno di vita fisica, ma non di vita morale, regna ma non governa. La città e la diocesi sono governate da una donna, quindi fruiscono di tutti i favori, che il sole del protezionismo può largire, asinità note, vigliaccherie patentate. Queste galleggiano non per meriti, che non ne hanno, ma per leggerezza di vuoto sulla testa e sulle spalle degli altri, che onestamente lavorano. Qui il merito vero, l’onoratezza sono ripudiate come colpe e perciò denigrate e punite, sono premiati al contrario, come dicemmo, coloro la cui immoralità e ciucciatine sono note. Ecco il quadro in abbozzo. Da tutti si aspetta un’inchiesta severissima, che venga a palpare la verità. In ogni caso se non si vedranno riforme, verremo ai particolari e così mostreremo intera la piaga, che ammorba il nostro Clero. Per ora stendiamo un velo su questo doloroso passato, ma la rettitudine, ma la ferma volontà del bene, ripari il presente che inizii un avvenire migliore di onestà, di sincerità e di giustizia. Le baciamo con devozione la sacra Porpora. Ci benedica”.48 Quanto siano vere tali prese di posizioni da parte del clero non è facile definire; in ogni caso vi è chi ha ritenuto che si fossero formati tre gruppi di sacerdoti, scrivendo: “uno di maggioranza a favore del Vescovo, riscontrabile nei manifesti di adesione..; uno di minoranza, contrario al Vescovo, riscontrabile nelle lettere aperte pubblicate dal quindicinale “La Lotta”..; un terzo gruppo di soggetti pochi e camaleontici, che, Consigliere Franc. Paolo Arc. De Furia, id. Raffaele Parr. Abbatangelo; id. Riccardo Can Capobianco. Seguivano i nomi di altri 39 tra sacerdoti, suddiaconi ed accoliti. 44) F. Mazza, op. cit. p. 434. 45) Emeroteca di A. Alterio, “La Lotta” n° 1. La lettera pubblicata portava la data del 28 dicembre 1906. La direzione del giornale fece precedere la lettera dalle seguenti parole: “Una commissione di Sacerdoti ci ha pregati per la pubblicazione, che integralmente, per la verità, facciamo”. 46) Emeroteca di A. Alterio, “La Lotta”. La lettera era datata 19 gennaio 1907. pag. 38 AEQVVM TVTICVM Azione Cattolica ad Ariano - Ricordo, che, avendo torto per la revoca della concessione, può sempre aversi il locale di Sant’Anna espropriandolo e pagando il proprietario che resta sempre il Comune- non ostante la concessione di uso per vent’anni. - Oggi però, se molti restiamo dispiacenti, vi sono quelli che godono, gli amici del Vescovo ed i nostri avversarii che hanno fatto causa comune contro la nostra Ariano. - Le cause si succedono e si possono in appello vincere. - L’8 settembre -la sentenza non ostacola- ripiglieremo il possesso di Sant’Anna. E, fino a che non ci verrà meno la fiducia degli amici del Consiglio e del paese, resteremo al nostro posto: non possono avvilirci certe sentenze che non sono giudicati. - Fremi nella coscienza del bene, il nostro ideale diventerà realtà.”42 Non si limitò a questo, perchè le sue reazioni, a mezzo stampa, furono forti, esageratamente violenti, tendenti a creare una scissione all’interno del clero locale e molto offensive nei confronti del vescovo e di madre Giuseppina Arcucci, che dirigeva la Pia Casa. Ma esse valsero a suscitare le prese di posizioni ed i distinguo dei cattolici locali e dei sacerdoti, in particolare, i quali distribuirono un comunicato intestato “Il Comitato dell’Azione Cattolica. Al Clero di Ariano”, datato 23 agosto 1906.43 Esso riportava: - “Continuano tra le lotte cittadine le insinuazioni calunniatrici contro il nostro amatissimo Vescovo, contro il Clero, contro la pace di tutti, però si è reso necessario che l’opera nostra continui ad affermarsi. -Il nostro Pastore, bersaglio d’ire partigiane, di lingue malefiche, non si fa stanco di paziente attesa di pace, che tuttora va preparando colla parola e coll’opera sua; ed il Clero tutto, colpito nel suo cuore, da pertinace menzognera accusa, anche dopo un pubblica smentita, non può tacere, ma deve sentire il dovere di protestare incessantemente: e tanto chiediamo. Il nostro Vescovo avrà il conforto di sapere, ancora una volta, che il Clero tutto è intorno a Lui, ed a Lui chiede la guida della mente e l’impulso del suo cuore di Padre: ed i calunniatori avranno, ancora una volta, la vergogna di sapere che la ventilata scissura è chimera e non realtà, è desiderio non conseguito, né conseguibile. - Così, legati dalla fede e dall’azione, tutti sapranno della nostra unione di cuore e di forza, imparando che siamo cittadini e Sacerdoti ad un tempo, che, senza torcere mai gli occhi dall’indirizzo sagace del nostro Pastore, conosciamo i doveri ed i diritti nostri, che, compiendo i primi, pretendiamo a far valere gli altri, e che, in fine, precipuo nostro scopo è quello di tenere alto il decoro del Clero arianese, non più nel silenzio, ma protestando a suo tempo. - Protestate tutti, adunque, se credete; noi protestiamo e vigileremo”. Da questo manifesto Felice Mazza datò la costituzione dell’Azione Cattolica cittadina, ma non credo che tale episodio rappresenti l’inizio del sodalizio che, come vedremo, si formò successivamente.44 L’atto di fede e di solidarietà dei sacerdoti sta a significare che era fallito il tentativo di Franza di creare una fronda all’interno del clero cittadino, anzi aveva favorito la formazione di un fronte di opposizione anche di tipo politico che si coagulò intorno alla lista clerico - moderata. Tuttavia sul giornale “La Lotta” del 13 gennaio 1907 apparve una “Lettera Aperta a 47) 48) 49) 50) 51) Emeroteca di A. Alterio, “La Lotta”, n° 3 del 3 marzo 1907. Archivio di A. Alterio, “La Lotta” n° 3 del 3 marzo 1907. ASDAL, Cartella del Vescovo D’Agostino. Dattiloscritto anonimo nota 42 p. 25. Archivio di A. Alterio, “La Lotta” n° 4 del 17 marzo 1907. Il giornale si definiva “Politico Cattolico Quotidiano”. AEQVVM TVTICVM pag. 39 Azione Cattolica ad Ariano noi sdegnosamente rigettata. E perciò noi - mentre a Lei professiamo, come sempre la nostra ossequiosa sudditanza, e protestiamo altamente contro le insinuazioni e le menzogne che potrebbero metterci in cattiva opinione presso l’E.V. - dichiariamo di non aver niente di comune con gli scrittori degli articoli “La Maggioranza del Clero” e di non aver promosso o manifestato idee, che potessero anche lontanamente ledere la dignità di Lei, loro amato vescovo. - Intanto ci è dolce riconfermare la devozione sincera all’E. V. mentre ne giova sperare, che in questa Diocesi, tutti si adunino in un cuor solo intorno al loro degnissimo Pastore. - Invochiamo intanto la sua paterna benedizione augurandole dal Cielo ogni bene. - Dell’E.V. R.ma. Ariano 16 giugno 1907. - Umilissimi e dev.mi figli in G.C. Mons. Giovanni Schiavo - Vincenzo Cardinale - Giovanni Graziano - Nicola Scarpellino - Can. Luigi Schiavo”. Il giornale, nel commentare favorevolmente il gesto di devozione espresso dai sacerdoti, volle sottolineare il fatto che “i fieri avversari della Chiesa Cattolica scagliano gli strali velenosi contro il Sacerdozio e cercano con le loro arti delittuose di dividere il clero dai propri Pastori”. Addebitava ad “un manipolo di sconsigliati, senza patria e senza tetto” di avere fatto segno il Vescovo di Ariano “ad insulti plateali e vigliacchi” a mezzo “di un clandestino giornaletto” “per puerili quistioncelle elettorali”. Gli stessi sacerdoti firmatari, forse ancora inseguiti da sospetti di sorda opposizione peraltro ben alimentata dal giornale “La Lotta”, si sentirono costretti a ribadire ulteriormente la loro posizione.52 E così il 28 ottobre 1907 distribuirono un manifesto rivolto ai “Cittadini Arianesi” con cui ribadirono la loro fedeltà al vescovo pur dissociandosi da quanti, solo apparentemente, ne pigliavano le difese e polemizzando con alcuni confratelli che li avevano emarginati. Anche in tale occasione “La Lotta” non mancò di trarre spunto per confermare certe precedenti considerazioni sui comportamenti del clero e per dimostrare “la persecuzione che da preti” si metteva “in opera contro preti”. Intanto l’unica voce laica, che si levò a difesa della chiesa, fu la direzione del giornale “Il nuovo Corriere” che approvò l’operato del vescovo in difesa della Pia Casa, ma soprattutto evidenziò il pensiero eminentemente anticlericale ed ateo del socialismo.53 Altro problema, che aveva generato scontri alquanto duri tra la chiesa e la civica amministrazione, riguardava l’educazione religiosa nelle scuole. Fu proprio il giornale “Il nuovo Corriere” a pubblicare un articolo dal titolo “Scuola e Catechismo” in cui venne fatta una cronistoria degli avvenimenti riguardanti tale argomento.54 In particolare l’articolista evidenziò come, a seguito di “pubblica sottoscrizione”, nel 1904 l’amministrazione capeggiata da De Miranda aveva deliberato favorevolmente perché venisse impartita l’istruzione religiosa nelle scuole in rispetto della legge. Ma tale deliberato non fu subito eseguito se non nell’anno scolastico 1905-1906 e durò fino a quando non ascese “al potere” il sindaco socialista Oreste Franza che dispose nuovamente la non applicazione. A giustificazione di tale divieto il primo cittadino rispondeva “per noi la religione è un affare privato: ognuno si regola con la propria coscienza” e chiariva: “Ma volere il catechismo nella scuola, non è far quistione di religione ma di clericalismo e, noi, del partito popolare, siamo contro ogni illecita intromissione della politica nella scuola che vogliamo laica, sede degli studii”.55 52) In particolare sui numeri 14 del 18 agosto, 15 del 1° settembre e 18 del 24 ottobre del 1907, il giornale puntigliosamente pubblicò articoli di netta opposizione all’operato del vescovo, evidenziando sempre in modo esplicito o sottinteso il contrasto interno al clero cittadino. In particolare sul n° 18 apparve un articolo dal titolo “Monsignor Vescovo” in cui si metteva sotto accusa la gestione del vescovo e “l’aspra lotta coi Canonici del Capitolo Cattedrale”. Anzi il prelato veniva accusato di non sapere guidare l’intero Clero poichè privilegiava pochi i quali “costituiti in regolare pag. 40 AEQVVM TVTICVM Azione Cattolica ad Ariano non molto ligi al Vescovo, dopo la smaccata ed irriguardosa presa di posizione dei contrari, tentano dissociarsi e di non essere confusi con costoro, ostentando al Vescovo obbedienza, stima e considerazione”.49 Sta di fatto che, come riportò “La Lotta”, era pervenuto alla redazione “un atto a mezzo di usciere notificatore e a firma della quasi totalità dei sacerdoti di Ariano con cui si minacciava di sporgere querela se fra tre giorni” non avesse denunziato “i nomi degli autori degli articoli”.50 Ovviamente non fu dato corso alla richiesta, anzi si colse l’occasione per sottolineare che “sacerdoti serii, intelligenti e vecchi di età e di decoro debbono, per decoro di casta, annuire alla volontà direttiva di due o tre melensi pretini e firmare e protestare e minacciare, quando essi in cuor loro pei primi sanno tutto”. Che ci fosse un partito avverso al Vescovo, probabilmente, trovava fondamento anche nelle considerazioni esposte dallo stesso nella lettera pastorale pubblicata il 14 aprile 1907, in cui invitava tutti ad essere uniti e rispettosi della dottrina, della liturgia e dei Superiori. Il Prelato, alludendo alla situazione locale ed alla vita della diocesi, scrisse: “La persecuzione l’ebbe Gesù e l’avranno sempre i suoi Ministri, ma è una beatitudine, e i santi così l’hanno intesa. Ora però la pazienza dei santi non giustifica la persecuzione degli empi; sventuratamente vi sono cattivi cristiani e talora anche sacerdoti che agiscono a tradimento in combutta con gli empi. Il tradimento poi è colpa molto più grave ed infame di quella della diserzione: in questa vedesi la paura, in quella la perfidia. Dimenticando gli obblighi indispensabili e le sacre promesse del Battesimo e dell’Ordine alcuni parteggiano per i nemici di Cristo e della Chiesa, volendo il trionfo dello spirito del mondo sopra quello di Dio.” Non gli era sfuggito il linguaggio usato dai traditori quando avevano parlato di prudenza, di carità e di pace per chiarire che avevano profanato “queste parole del Vangelo di Gesù Cristo, togliendo ad esse il senso infusivo dello Spirito Santo”. In ogni caso ricordava “che non è degno del consorzio degli Angeli a Dio fedeli e dei Beati imitatori di Cristo chi tresca coi nemici di Dio e imita gli Angeli ribelli e dannati”. Di qui il suo monito “Nessuno di noi abbandoni la madre dei Santi, nessuno tradisca come Giuda il Signore Gesù, nessuno si avvicini a chi parla e vive da empio, non essendo possibile il concerto di Cristo con Belial”. Dopo queste forti ed incisive parole alcuni sacerdoti, sospettati di probabile tradimento o quanto meno di indifferenza, ritennero opportuno precisare la loro posizione, inviando una lettera alla direzione del giornale “La Libertà” con sede a Napoli. Sulle pagine del 20 giugno 1907 apparve l’articolo con il titolo “Solenne omaggio al vescovo di Ariano” in cui veniva riportata per intera la lettera, indirizzata a S. Eccellenza R.ma Monsignor D. Andrea D’Agostino vescovo di Ariano.51 Il contenuto della nota era: - “Eccellenza, - Con vero dispiacere dell’animo nostro abbiamo appreso che da alcune personenon sappiamo se in buona o mala fede- è stato ritenuto e tuttora si ritiene che noi sottoscritti non nutriamo l’opinione e non mostriamo rispetto dovuto all’E. V. R.ma. - Sì bassa insinuazione, che tende a rompere la concordia, sempre esistita tra Lei ad il Clero sia Vecchio che giovane- e tanto necessaria specialmente in questi tempi- è da cricca” congiuravano “sul vescovado, in S. Anna e fuori, ai danni dei loro confratelli e della cittadinanza”. 53) Archivio A. Alterio. Si vedano i numeri 1 del 7 aprile, 2 del 21 aprile e 3 del 5 maggio 1907. In quest’ultimo numero venne pubblicato un commento alla lettera pastorale che il vescovo aveva rivolto al clero ed al popolo in difesa della chiesa e del suo operato. AEQVVM TVTICVM pag. 41 Azione Cattolica ad Ariano “i ragazzi, preparati dal Marchese Ernesto Franchini, si comportarono egregiamente e furono fatti segno a lodi ed applausi fragorosi, specialmente i giovinetti Carlo Cafaggi, Giovannino Forte e Giuseppe Purcaro”.60 La rappresentazione era stata preceduta da una conferenza tenuta dal prof. Giuseppe Petrone di Napoli, che presentò la necessità di costituire i ricreatori cattolici ed invitò i padri di famiglia e gli operai a farli frequentare dai propri figli. Intanto Oreste Franza ed il giornale “La Lotta” con puntigliosa e puntuale assiduità attaccavano il vescovo reo, non solo, di avere difeso Ernestina Arcucci e con lei la Pia Casa, ma di preparare un partito politico avverso. Monsignor D’Agostino non demordeva e, proseguendo per la sua strada pastorale, fece sentire la sua voce con le lettere pastorali del 1907 e del 1908. Nella prima invitava i suoi sacerdoti ad essere uniti nella chiesa, nel suo insegnamento e nei suoi obbiettivi santi e salvifici, in quella dell’anno successivo si soffermò sul modernismo e sui suoi seguaci, con riferimento agli arianesi, assidui lettori di libri e giornali non raccomandabili. In particolare puntò l’attenzione su quanti davano scandalo per esser di dubbia fede e moralità e per questo indegni di accedere agli ordini sacri, agli uffici ed ai benefici ecclesiastici. Ma all’orizzonte si andava profilando un ulteriore avversario del vescovo: erano i protestanti dell’Esercito della Salvezza. A darcene notizia fu proprio il giornale “La Lotta” in uno dei suoi articoli scritti ad arte per discreditare l’operato del pastore. L’autore dell’articolo, dopo avere messo in dubbio la sua azione pastorale, che, a suo dire, aveva prodotto solo danni, espose altri effetti negativi e per questo scriveva: “Se le chiese oggi sono deserte, se le file dei Protestanti s’ingrossano colpa è tua, che hai col tuo non sano pensare, col tuo non retto agire, gettato lo scredito nel vergine cuore di tutti gli Arianesi, che ti bestemmiano, ti maledicono”.61 A riprova di quanto affermava, nel giornale della settimana successiva faceva il confronto di quello che era accaduto al primo apparire in Ariano di detta confessione allorquando l’unico seguace detto “Strazzella” fu inseguito “da una tempesta di fischi e di torsi di cavolo”. Mentre a distanza di un anno, scriveva, “i suoi correligionarii- con migliore fortuna- sono riusciti a fondare una sala evangelica che conta già un discreto numero di aderenti”.62 Era chiaro l’intento del giornale, che, ispirato da Franza, doveva battere colpo su colpo e, trascinando la polemica sul piano più strettamente politico, doveva accreditare un’immagine nuova del suo partito: il Blocco Popolare. A tal fine detta compagine politica veniva definita di ispirazione pluralista e perciò non solo “socialista” dato che essa rappresentava “l’unione di tutti i partiti, dal monarchico liberale e dal democratico, al radicale, al socialista”, a differenza della “Lista Clerico-Moderata” nella quale potevano militare solo i clericali ed i reazionari.63 In pratica Franza doveva avvalorare una immagine alquanto negativa degli avversari politici che, secondo il suo pensiero, erano promanazione di D’Agostino e per questo di 54) Archivio di A. Alterio, “Il Nuovo Corriere” n° 5 del 2 giugno 1907. 55) Archivio di A. Alterio, “La Lotta” n° 9 del 23 giugno 1907. L’articolo, inserito nella rubrica “In Giro”, porta il titolo “Il Catechismo nelle scuole”. 56) Il giornale è il n° 5 cit. 57) Archivio di A. Alterio. Si approssimava il tempo delle elezioni dopo che il primo agosto 1907 fu sciolta l’amministrazione comunale, che venne rimpiazzata da un Commissario Regio. 58) ASDAL, cartella del vescovo Andrea D’Agostino. 59) A. D’Agostino, Calendario Arianese per l’anno 1897, p. 26. 60) Archivio di A. Alterio, “Il Nuovo Corriere”, n° 14 del 12 ottobre 1907. 61) Archivio di A. Alterio, “La Lotta”, n° 4 del 26 gennaio 1908. 62) Archivio di A. Alterio, “La Lotta”, n° 5 del 2 febbraio 1908. pag. 42 AEQVVM TVTICVM Azione Cattolica ad Ariano In ogni caso suggeriva: “...chi vuole imparare il catechismo vada alla parrocchia: è lì che si insegna. Il volerlo nella scuola è pedanteria di due o tre pretonzoli che, non avendo altra cattedra, volevano intromettersi nella scuola per giustificare il loro titolo di Professorini di Umanità. E noi non possiamo permettere che la scuola - alto ideale di progresso delle giovani coscienze - si adatti alle speculazioni di ambizione e di basso clericalismo dei Madamini. Quindi niente Catechismo!”. A tale presa di posizione ben “250 capi di famiglia” firmarono domande per il ripristino dell’insegnamento e le inviarono al sindaco per il tramite del direttore didattico senza sortire alcun esito positivo. Anzi, come si può leggere su “Il Nuovo Corriere”, “Nell’avvicinarsi del novembre 1906 il Comitato per l’azione cattolica si rivolse al Provveditore, proponendo come catechisti i parroci della nostra città”.56 Anche tale iniziativa andò a vuoto tanto che lo stesso giornale doveva registrare il mancato insegnamento fino alla fine dell’anno scolastico e doveva addebitare all’amministrazione il mancato rispetto “della volontà dei cattolici arianesi”. In vero di questo comitato o di una entità similare lo stesso giornale ne parlava sul n° 9 del 28 luglio 1907 nell’articolo intitolato “Il Posto del Clero”, in cui l’autore, evidenziando la discriminazione tra una parte sana e quella non sana del clero fatta da Franza, sosteneva che i sacerdoti non condividevano affatto il programma del sindaco socialista. Anzi precisava: “nell’ultima riunione tenuta il mese scorso votarono un ordine del giorno che incaricava la Direzione diocesana per l’azione cattolica a prendere gli opportuni accordi col comitato sorto appunto per combattere l’attuale amministrazione, la quale ha fatto professione di ateismo”.57 Certamente non può vedersi in tale comitato l’esistenza o la formazione dell’Azione Cattolica intesa come associazione di laici operanti per la difesa del pensiero cattolico e della Chiesa in particolare. Anche in questa circostanza si trattava di sporadiche iniziative in difesa del Vescovo, promosse soprattutto o esclusivamente dai sacerdoti; non era il sodalizio che pure il pastore diocesano aveva auspicato che si formasse quando nel 1896 formulò il Calendario Arianese per l’anno 1897.58 In esso D’Agostino riportò le iniziative da realizzare nell’anno entrante tra le quali proponeva la costituzione dei Comitati Cattolici.59 Scriveva, infatti, che occorreva per i cattolici essere vigili e pronti a difendere il cristianesimo contro i nemici che attaccavano “la dottrina, la giurisdizione, i sagramenti, il culto e la pace della società cristiana”. Tale difesa, sosteneva, “spetta ai Congressi Cattolici Parrocchiali e Diocesani, che l’urgente bisogno, l’esempio felice di alcune regioni, gli ordini autorevoli del sommo Pontefice vogliono fondati ovunque. E ad essi son chiamati i fedeli veri di Cristo e della Chiesa, senza distinzione di classe, di censo, o d’istruzione: non sono esclusi, che i nemici della fede, e i ribelli alla legge di Dio e della Chiesa”. Di tali Congressi parrocchiali o diocesani non abbiamo traccia o testimonianza alcuna almeno fino al 1908, anno in cui vedremo si formò il primo gruppo giovanile denominato “Alessandro Manzoni”. Alcune iniziative promosse per i laici cattolici avevano carattere di sporadicità e di contenuto ricreativo come quello per i ragazzi, appunto definito Ricreatorio Cattolico, che il 1° ottobre 1907 tenne una rappresentazione teatrale dinanzi al Vescovo e ad “un numeroso e scelto pubblico”. Le cronache giornalistiche dell’epoca riferirono che 63) Ivi. 64) Archivio di A. Alterio, “La Lotta” , n° 6 del 16 febbraio 1908. Negli anni successivi, vedremo, si acuì lo scontro tra le due chiese. 65) Ivi. Seguivano alcuni brani tratti dal capo 13° della prima lettera “Ai Corinzi” di S. Paolo. 66) ASDAL, cartella del vescovo D’Agostino. La preghiera continuava “Cessate da noi, o Signore Gesù, il disonore e lo AEQVVM TVTICVM pag. 43 Azione Cattolica ad Ariano Il risultato delle elezioni amministrative tenutesi l’8 marzo 1908 diede la vittoria al Blocco Popolare che ottenne 24 consiglieri, rispetto ai 6 conseguiti dall’altro schieramento. In ogni caso ciò che contava si era, per la prima volta, formato un gruppo di cattolici praticanti, i quali erano scesi in campo per fronteggiare lo strapotere dello schieramento socialista, fortemente anticlericale. Se vogliamo era un primo passo verso la completa formazione di un nucleo di laici i quali sposavano la causa della Chiesa che, da Roma fino alle diocesi, dava continui segnali di sofferenza per il dilagare del modernismo e delle idee socialiste. Non a caso ancora una volta D’Agostino era costretto nella sua Relazione “ad limina” del 1909 a dovere segnalare le idee erronee diffuse dagli avversari della religione e riferendosi al comportamento del popolo scriveva: “Generatim Populus huius Diocesis fidem habet, sed non abundat scientia, neque operibus bonis. Qui studio colunt in publicis scholis pietate carente et etiam fide: nonnulla eorum Clerum, Ecclesiam et Religionem adversantur, praesertim qui socialistae vocantur. Quanta autem ab istis perpessi sumus, Deus scit!”.69 E la Concistoriale nelle sue risposte apprezzava il lavoro intrapreso e svolto, ma non mancava di insistere sull’associazionismo suggerendo “Satage ut adolescentes fidei veritatibus praeceptisque christianae religionis sedulo instruantur, moltiplica laicorum coetus queis cum sit caeteris castigatorum morum ac pietatis praebere exemplum”70 ed ancora “invigila christianam iuventutis institutionem, catholicas sodalitattes piosque laicorum coetus pro viribus moltiplica”.71 Il programma del vescovo, come scrisse il canonico Pisapia, prevedeva anzitutto la formazione “dei cuori all’amore ed alla pratica della religione” per preparare il terreno “all’esterna azione cattolico-sociale; la quale suppone sempre convinzioni e costumi schiettamente cristiani nelle persone che la dirigono, e si studia di promuoverli nel popolo”.72 Non tardarono a formarsi quelle associazioni tanto sollecitate dalla Curia Romana e tanto desiderate dallo stesso vescovo che nel 1911 provvide a benedirne le bandiere. Fu proprio costui che in un opuscolo dal titolo “Tre Feste Straordinarie dell’Anno MCMXI” fissò nella carta stampata il memorabile evento della consegna delle bandiere a tre associazioni di ispirazione cattolica, formatesi negli anni immediatamente precedenti, ossia il Circolo Giovanile “A. Manzoni”, l’Associazione Democratica Cristiana, l’Unione Cattolica Agricoltori.73 Il Circolo Giovanile “A. Manzoni” Il circolo “A. Manzoni” fu costituito negli ultimi giorni del 1908 e, fin dall’inizio, aveva avuto l’adesione di molti giovani che, in osservanza dell’insegnamento evangelico, intendevano realizzare un triplice “scopo: morale, istruzione, educazione fisica”.74 L’obbiettivo morale doveva “esplicarsi mediante la formazione del carattere, mediante la carità, mediante l’aperta professione del cattolicesimo”. “Lo scopo istruttivo” doveva “esplicarsi per mezzo di conferenze religiose, letterarie, scientifiche, per mezzo di rappresentazioni filodrammatiche”; infine “lo scopo sportivo” doveva essere realizzato scandalo delle relazioni pericolose con i nemici vostri e della Chiesa, che perfidamente attentano alla nostra felicità temporale ed eterna. E per i vostri meriti infiniti, per l’intercessione della Madonna, degli Angeli e dei Santi tutti, conservateci sinceramente cattolici nei pensieri, nelle parole e nelle opere, in vita ed in morte, nel tempo e nella eternità. Così sia”. La preghiera portava la data del 18 gennaio 1903. 67) Archivio di A. Alterio, “Il Nuovo Corriere” n° 3 del 16 gennaio 1908. Nel n° 5 del 4 febbraio in una “Seconda lettera aperta” diretta al Cav. Uff. Enrico Auceletti, candidato del Blocco, veniva rinfacciato ai socialisti di “divenire sacrestani dei Protestanti”. pag. 44 AEQVVM TVTICVM Azione Cattolica ad Ariano una parte della chiesa più retriva e legata agli antichi privilegi. Scelse così la strategia di dare spazio anche ai protestanti per meglio evidenziare certe contraddizioni nei comportamenti dei cattolici e per questo ospitò sul suo giornale un articolo scritto e firmato da Angelo Gabriele Riccio, seguace dell’Esercito della Salvezza.64 Costui, prendendo spunto da alcune accuse fatte dai cattolici ai socialisti per avere “dato la mano ai protestanti” e per avere in tal modo aderito alla loro fede, trovò occasione per rinfacciare agli accusatori certi comportamenti poco rispettosi dell’insegnamento biblico. E scrisse: “Ma io dico a voi: Prendete la Via della Verità, come noi siamo la Verità. Perché voi dite di essere di Dio, e non siete di Dio. Dite di essere Cattolici ed Apostolici e non fate nulla di ciò che i Cattolici e gli Apostoli facevano…Il Vangelo dice di far bene a quelli che vi odiano. Voi, invece, odiate e non siete di Dio, perché vi manca la carità”.65 Franza non perdeva occasione per discreditare, ed ora poteva avvalersi di un nuovo alleato che gli procurò anche dei consensi elettorali. Da parte sua il vescovo fin dal 1903 aveva scritto una preghiera da rivolgere al Signore perché liberasse il popolo “dall’orribile male del Protestantesimo, il quale, odiando templi, altari, immagini, reliquie, arredi sacri, il Corpo ed il Sangue vostro nell’Eucarestia e la parola divina rivelata alla chiesa ci vuole togliere la fiducia nella preghiera, la consolazione ed il sollievo delle Indulgenze, il sacrificio della Messa, la grazia dei Sacramenti, la protezione della Madonna, l’intercessione dei Santi, il suffragio delle Anime del purgatorio e ciò col fine detestabile di abbattere la Chiesa, impedire la santificazione delle anime, turbare la pace della coscienza e della società civile”.66 Ne raccomandò la recita a tutte le famiglie, concedendo anche un’ indulgenza di 40 giorni; diede il seguente suggerimento ad ogni sacerdote: “nei giorni festivi, posatamente e con voce alta e distinta, la reciti insieme al popolo, dopo la recita delle Orazioni ordinate dal S. Padre, in fine della Messa”. Ormai si andava spediti verso le elezioni amministrative che vedeva fronteggiarsi, in Ariano, due schieramenti il Blocco Popolare di ispirazione socialista, capeggiato da Oreste Franza e da Enrico Aucelletti, l’altro il Clerico- Moderato, vicino alla chiesa, capeggiato da Francesco Errico e da Giuseppe Luparella. In entrambe le liste figuravano tra i candidati due sacerdoti: nella prima il prof. Nicola Flammia, docente nel collegio degli Scolopi, nella seconda Giuseppe De Leo. Fu proprio costui che, durante il comizio tenuto il 9 gennaio 1908, rinfacciò ai socialisti di essersi dato “il braccio con i protestanti” e “per vendetta contro il Clero” di essersi “uniti a chi ha una religione e pur crede a Dio!”.67 Certo la presenza di Flammia nella lista eminentemente laica-socialista non era gradita al vescovo che aveva intravisto nel suo comportamento una contrapposizione alle scelte ufficiali della Chiesa ed al pastore diocesano, che lo aveva segnalato negativamente nelle sue periodiche relazioni alla curia Romana.68 68) Flammia “rimase sospeso per alcuni mesi”, ma già nella relazione, trasmessa il 26 giugno 1909, il vescovo aveva riportato che si era “alquanto corretto”. 69) ASDAL, Cartella del vescovo A. D’Agostino, “Dattiloscritto” c. p. 28, nota 48 riporta la “relationes ad Limina Arianensis”. “Anno Domini MCMIX”. 70) ASDAL, “Dattiloscritto” c. p. 30 nota 52. 71) Ivi. 72) Mons. Emerico Pisapia, “Biografia di Mons. Andrea D’Agostino Vescovo di Ariano”. Ariano 1913, p. 44. 73) A. D’Agostino, “Tre Feste straordinarie dell’Anno MCMXI”. Ariano 1911. 74) Archivio della Chiesa di S. Agostino, “Verbali del circolo A. Manzoni”, anno 1909. “Seduta straordinaria del 21 ottobre ore 11”. 75) Verbale del 5 dicembre 1909. AEQVVM TVTICVM pag. 45 Azione Cattolica ad Ariano D’Alessandro Sac. Giuseppe, i canonici Reverendo Capobianco ed Emerico Pisapia”.76 Dalla descrizione riportata nel verbale si evince che la cerimonia fu solenne, ma molto semplice; fu presieduta dal vice presidente Pasquale Maresca. Il prof. Luigi Fedele prese la parola per esprimere i suoi auguri e per fare la promessa “di bene fare complimentando S. Eccellenza M. Andrea D’Agostino”. Successivamente il vice presidente “con voce alta e vibrata espose le sue idee di calda convinzione cattolica, piene di idee nobili, grandi di lotta per il bene della religione contro di quelli che cercano ostacolarne il cammino glorioso. Concluse con augurio di benessere del nostro circolo e di miglioramento sicuro che un giorno possa toccare la meta prefissa”. Non erano le solite parole di circostanza; appare in tutta la sua evidenza il vero contenuto degli obbiettivi da raggiungere e delle motivazioni ideologiche che giustificavano l’esistenza del sodalizio: bisognava lottare contro coloro che apertamente cercavano di ostacolare il diffondersi del vangelo e dell’insegnamento del vescovo e dell’intera Chiesa. Il segretario Leone D’Alessandro espose le successive iniziative e rivolgendosi al Vescovo ne chiese “la paterna protezione e benedizione”. Il pastore diocesano si limitò a dare un breve saluto ed a formulare gli auguri dopo essersi compiaciuto per quanto già svolto. Infine venne letto il telegramma inviato dal presidente dei Circoli Giovanili meridionali, il quale scrisse: “Barone Lucarelli, dal Circolo G. A. Manzoni festeggiando primo anniversario sua fondazione abbiasi sentimenti di viva testimonianza cattolica”. Non mancarono i dolci ed il “vemuth” e “nel frattempo il grammofono eseguiva pezzi svariati”; Teodoro Grassi fece il brindisi di benessere al circolo, ai soci, a Sua Eccellenza ed al prof. Fedele. Gli scopi dell’associazione si andavano consolidando cosi come le attività degli iscritti a beneficio di tutti i giovani; la filodrammatica, una delle sezioni in cui si articolava il sodalizio, il 6 gennaio 1910 diede “una rappresentazione al pubblico colto di Ariano”.77 La rappresentazione fu preceduta da una relazione tenuta dal presidente del sodalizio Lorenzo Schiavo “che in termini eleganti ed in stile molto chiaro” fece “comprendere al pubblico lo scopo del nostro circolo e la necessità d’unire in forti nuclei i giovani per farli tutti campioni della più nobile delle idee, della più sante delle cause: il trionfo della religione di Cristo”. Erano chiari gli intenti missionari, ma, soprattutto, era ben delineata anche la strategia dell’azione apostolica da realizzare attraverso una crociata, fortificando la fede per affrontare il nemico e per far trionfare la cristianità. In tali atteggiamenti e propositi apparivano evidenti gli insegnamenti di D’Agostino che, come si è detto, aveva puntato molto sulla istruzione e sulla preparazione dei giovani.78 La sezione “sociologica” curava la formazione attraverso l’assistente ecclesiastico, il parroco Francesco Paolo Schiavo, che il 27 gennaio 1910 fece una relazione sul tema “Il carattere giovanile”.79 Altra conferenza fu tenuta nel mese di febbraio da Leone D’Alessandro sulla vita di 76) Verbale del 13 dicembre 1909. 77) Verbale del 6 gennaio 1910. 78) Le sezioni filologica e filodrammatica erano presiedute dal prof. Luigi Fedele; direttore della filodrammatica era Biagio Manganiello, nominato socio benemerito; dal verbale del 9 gennaio 1910. 79) Verbale n° 7 del 27 gennaio 1910. 80) F. Mazza, “Nuovo Diario Arianese” c. p.100. 81) F. Mazza, op. cit. p. 96. L’inaugurazione avvenne il 25 febbraio 1910. Ottavio era figlio di Felice, l’autore del diario pag. 46 AEQVVM TVTICVM Azione Cattolica ad Ariano Il Circolo Giovanile “A. Manzoni” - Fototeca T. Alterio “mediante la ginnastica in un salone del seminario e delle passeggiate scientifiche e storiche da farsi nel territorio di Ariano e fuori”. Purtroppo per i primi mesi di attività del sodalizio non ci sono pervenuti i verbali dai quali potere attingere notizie; il primo atto risale alla seduta assembleare del 21 ottobre 1909. In essa venne deciso di fare la prima gita, andando a Napoli “in occasione del congresso cattolico giovanile meridionale stabilito per il mese di Aprile”. La riunione, presieduta dal presidente onorario il prof. Luigi Fedele, si tenne nella sala S. Giuseppe del seminario diocesano, alla presenza di 12 giovani su 35 iscritti. Dal verbale della seduta tenutasi il 5 dicembre di detto anno apprendiamo che il giorno 13 dello stesso mese ricorreva il primo anniversario della costituzione del circolo e per questo venne stabilito di fare “una piccola festa di famiglia”. Nella stessa seduta si doveva dare lettura del regolamento del sodalizio, ma su proposta dell’assistente ecclesiastico la discussione dell’argomento venne rinviata ad altro incontro. Le norme organizzative prevedevano la nomina di un direttivo composto da un presidente, da un vice presidente, da un segretario e da un sacerdote con l’incarico di assistente ecclesiastico; per essere ammessi come soci occorreva il voto favorevole degli iscritti ed il parere preventivo dell’assistente.75 La festa, come convenuto, venne celebrata nel giorno stabilito e, come si legge dal verbale, furono invitati “S. Ecc. Mons. D. Andrea D’Agostino, benemerito fondatore del nostro Circolo. Il Presidente Onorario Luigi Prof. Fedele, padre nostro affettuoso che ci guida al bene, i Sig. Antonio Franza, Adinolfi Gaetano, Raffaele D’Agostino, Amedeo Tedeschi. Il Sig. De Gennaro Sac. Costanzo, il Sig. Manganiello Biagio. Presenti la maggioranza dei soci, l’Assistente Ecclesiastico Raffaele Abbatangelo, e l’Eccellmo arianese. 82) Verbale n° 11. A tal proposito va detto che il 19 dicembre 1909 fu innaugurata l’illuminazione nel duomo, realizzata AEQVVM TVTICVM pag. 47 Azione Cattolica ad Ariano senza regolare giustifica” venivano “radiati dal Consiglio direttivo”.87 Gli obblighi non finivano lì, perché bisognava partecipare a tutte le solennità celebrate dalla Chiesa ed essere presenti a quei riti e devozioni da questa disposta durante l’anno liturgico o durante eventi particolari. Così fu per la processione “di S.Ottone per ringraziamento dello scampato pericolo del terremoto avvenuto alle ore tre antimeridiani del giorno stesso”, ossia l’8 giugno 1910.88 E tale data fu annotata negli annali dell’associazione per ricordare un evento particolare “perché”, come fu scritto, “è la prima volta che il Circolo s’è manifestato apertamente cattolico”.89 I soci, infatti, avevano partecipato “ufficialmente alla processione del braccio di S. Ottone in ringraziamento dello scampato pericolo del Terremoto”90; parteciparono il giorno 12 successivo anche “alla processione di penitenza delle SS. Spine del Nostro Signore Gesù Cristo”.91 L’assemblea non trascurava certe formalità e perché tutto fosse in regola decise che i soci dovevano munirsi di distintivi per i quali stabilì di versare una modica somma per l’acquisto; stabilì anche di avere una bandiera e di fissare una data di consegna ed inaugurazione del vessillo societario.92 La cerimonia fu preparata con grande cura ed impegno, tanto che furono sospese le lezioni serali per gli operai; vennero provati i canti e tutti furono sollecitati “a volersi preparare per la comunione e la confessione”.93 Pareva che tutto andasse per il verso giusto, se non che il Sottoprefetto diede comunicazione che “per ragioni di ordine pubblico” aveva vietato la cerimonia della consegna della bandiera fissata per il giorno 7 agosto.94 Le motivazioni del divieto erano da rinvenirsi nelle forti tensioni politiche che si vivevano in città. Infatti il consiglio comunale, di recente rinnovato parzialmente, non riusciva a portare a termine le sue sedute per il forte contrasto e clamore del pubblico presente in aula. Tali atti di intolleranza erano provocati da gruppi opposti, sostenitori taluni della maggioranza, capeggiata da Franza, altri della minoranza.95 Forse furono tali scontri di carattere politico che si riverberarono anche all’interno del circolo “Manzoni” tanto che in assemblea venne discussa la proposta di espulsione di ben 26 soci, “che sobillati da persone di partito”, si erano staccati dal Circolo “per formarne un altro”.96 La proposta fu accolta all’unanimità dei presenti. Altra occasione di contrasto venne generata dal fatto che presso il regio Ginnasio di Ariano era stato costituito il comitato dell’associazione “Dante Alighieri” che, secondo i soci del circolo “Manzoni”, stava facendo “la lotta sorda e traditrice” nei confronti del loro sodalizio.97 I “manzoniani”, allora, inviarono una lettera aperta di protesta al direttore di detto istituto, prof. Ciccone, nella quale accusavano sia costui che i professori di “diffondere idee antireligiose e sovversive e di sopraffare e tiranneggiare la coscienza dei giovani, che in tal modo venivano incoraggiati ad inveire contro la chiesa e il potere costituito”.98 Naturalmente sia Ciccone che gli alunni del ginnasio reagirono a tale accusa, ma non bastò perché l’eco della controversia arrivò fino al Ministero che provvide ad inviare un ispettore delle Scuole Medie per svolgere un’inchiesta. A conclusione dell’indagine il ministero inviava al Provveditore agli Studi di Avellino una lettera in cui dava atto che “le accuse mosse a quel Ginnasio” erano “infondate e ispirate da fini di parte o a spese del vescovo D’Agostino; l’illuminazione pubblica fu inaugurata il 27 maggio 1906. 83) Verbale n° 15 del 20 marzo 1910 84) Verbale n° 17 del 21 aprile 1910. 85) Verbale n° 16 del 6 aprile 1910. Confronta F. Mazza op.cit. p.158. Il circolo aveva anche partecipato con alcuni soci alla “festa federale tenutasi fra i cattolici del Sannio a Benevento il 22 maggio 1910”, come si evince dal verbale n° pag. 48 AEQVVM TVTICVM Azione Cattolica ad Ariano Giordano Bruno alla presenza dell’avvocato Giovanni Bosco Lucarelli, fondatore di un’associazione democratica- cristiana, che partecipò alle varie lotte politiche.80 L’assemblea, che veniva convocata periodicamente in seduta ordinaria ed, occorrendo, in quella straordinaria, decideva l’ammissione di nuovi soci, la nomina delle cariche sociali, provvedeva a realizzare le iniziative definite nel programma dell’anno, infine adottava i provvedimenti sanzionatori a carico dei soci, che si erano resi inosservanti di obblighi. Anche gli eventi civili di particolare rilievo venivano solennizzati, così come avvenne per “l’inaugurazione della luce elettrica”, che divenne l’occasione per discutere, in assemblea, del progresso. Vari relatori presentarono l’importanza di questa nuova energia che, installata nella sede sociale, avrebbe facilitato le attività del sodalizio. In particolare Teodoro Grassi si soffermò sui benefici effetti prodotti dalle nuove invenzioni ed “augurò con la luce materiale un risveglio potente nei consocii, riportando i loro palpiti, i loro ideali di battaglia a quella luce eterna che non si spegnerà giammai”.81 Sullo stesso tono furono gli interventi degli altri soci Ottavio Mazza e Luigi De Paola, i quali considerarono la compatibilità tra scienza e fede, mentre nel suo intervento il vice presidente, tra l’altro, volle “infervorare gli animi ad essere cattolici convinti”.82 Il sodalizio si sviluppava sempre di più ed il direttivo pensò bene che fosse giunto il momento per creare “una sezione operaia”; la proposta fu approvata all’unanimità nella seduta del 20 marzo 1910.83 La sezione fu inaugurata il giorno successivo; durante la cerimonia il presidente espose il programma “del circolo”, mentre Carchia si soffermò a considerare i compiti “dell’operaio cattolico” ed il consigliere Grasso propose la istituzione della “scuola serale”.84 Non veniva trascurata la partecipazione agli eventi societari organizzati dal direttivo nazionale; il 29 marzo 1910 una delegazione, composta dall’assistente ecclesiastico Raffaele Abbatangelo, il sacerdote Emilio Greco ed i soci Raffele D’Agostino, Leone D’Alessandro, Nicola Durante, Benvenuto Carchia ed Ottavio Mazza, fu presente in Napoli al quinto Congresso dei Giovani Cattolici del meridione. Di tale incontro relazionarono in assemblea i soci Carchia e Mazza, i quali esposero i contenuti delle idee e dei progetti presentati dai vari relatori.85 Nella seduta del 29 maggio 1910 l’assemblea decise di creare anche una “cassa di risparmio” ovvero un fondo a cui dovevano contribuire tutti i soci con una somma individuale non “minore di centesimi quindici a scopo di facilitare la partecipazione a feste e gite sociali”.86 Era obbligatorio per i soci partecipare alla celebrazione della messa che si teneva durante “Ogni festa di precetto nella cappella del Circolo.. alle ore 11 e 1/2”, in mancanza “Quelli dei soci che non assistono alla messa domenicale per tre volte consecutive 25 del 23 maggio 1910. Verbale n° 26 del 29 maggio 1910. Verbale n° 27 del 5 giugno 1910. Verbale n° 28 del 7 giugno 1910 Verbale n° 29 del 9 giugno 1910. Verbale n° 30 dell’ 8 giugno 1910. Verbali n° 31 e n° 32 dell’11 e 12 giugno 1910. Verbali n° 34 e n° 35 del 3 e 10 luglio 1910. La somma da versare era pari a lire 0.75. Per la cerimonia di consegna della bandiera fu invitato a tenere i discorso ufficiale l’avv. Marino di Bari. 93) Verbale 39 del 31 luglio 1910. Fu disposto anche di acquistare un garofano “per l’occhiello” ed i soci furono incitati “a mostrarsi educati, rispettosi verso i superiori e soprattutto puliti sempre”. 94) Verbale n° 41 del 7 agosto 1910. 86) 87) 88) 89) 90) 91) 92) AEQVVM TVTICVM pag. 49 Azione Cattolica ad Ariano loro impartita “da giovani e sacerdoti volenterosi”. Monsignor D’Agostino chiuse gli interventi parlando “della vita esemplare e cristiana di Alessandro Manzoni additando la figura del grande scrittore come esempio da seguirsi dai giovani”. L’assemblea venne sciolta dopo avere cantato “l’inno della Democrazia cristiana, con accompagnamento del pianoforte”. Uno degli obbiettivi, si è detto, era la formazione catechistica che ora doveva essere svolta soprattutto tra gli operai sempre più affascinati dalle idee socialiste e poco inclini alla pratica religiosa. Così venne stabilito di sospendere le lezioni serali del venerdì “per recarsi alla Chiesa di S. Anna a sentire la predica di S.E. Monsignore”; a sua volta l’Assistente Ecclesiastico informò che avrebbe tenuto “delle piccole conferenze su questioni religiose”.107 Il 1911, come vedremo, fu un anno particolarmente importante per la vita del sodalizio, che assunse iniziative di natura sociale e politica. Fin dal mese di gennaio venne deciso di mettere a disposizione della Società Democratica Cristiana una sala del circolo per consentire “al novello sodalizio” di operare “per il trionfo dei comuni ideali”.108 Venne anche istituita con apposito “atto legale” una sezione Sport con lo scopo “di fare gite istruttive e ginnastiche nell’Agro di Ariano, e continui e regolati esercizi fisici per fortificare il corpo”.109 Gli incontri erano sempre occasione di approfondimento di temi religiosi o di morale con relazioni presentate dagli stessi soci, dall’assistente ecclesiastico o da conferenzieri appositamente invitati.110 Con l’approssimarsi della primavera cresceva l’entusiasmo e l’impazienza per la celebrazione della festa della bandiera, già una volta rinviata ad altra data per intervento delle autorità. Il programma doveva essere sviluppato in due giorni (30 aprile e 1° maggio) con il coinvolgimento dell’intera cittadinanza e con manifestazioni religiose e laiche.111 Nei verbali del 30 aprile e del 1° maggio non solo furono minuziosamente descritte le singole e numerose cerimonie ed attività di svago, ma vennero riportate anche alcune considerazioni politico-religiose emerse dall’avvenimento. Ecco allora che leggiamo: -”Giorno solenne questo in cui i nostri diritti di cattolici e di credenti sono stati ancora una volta riaffermati pienamente dal plebiscito unanime del popolo, che ha voluto rendere omaggio ai nostri 3 gloriosi e sfavillanti vessilli, e dai lontani e vicini fratelli di Cristo, i quali son corsi lieti e baldanzosi a porgerci il loro saluto e la loro parola d’amore. Questa data memorabile dovrà essere scolpita a lettere d’oro nei fasti della 95) G. Grasso, op. cit. p. 77. 96) Verbale n° 40 del 5 settembre 1910. La seduta era straordinaria; la proposta fu fatta dal socio Mazza. Nel verbale n°41 si legge, a tal proposito, che il presidente aveva stigmatizzato “l’operato dei soci” che si erano allontanati “dal Circolo” perché disse “insinuati dai nostri avversari”. 97) Verbale n° 18 del 36 aprile 1910. 98) Dal giornale “L’Irpinia Nuova” num. 22-23 di Sabato 17-24 settembre 1910. 99) Ivi. Nella lettera veniva fatto l’elogio ai promotori della sezione della “Dante Alighieri”, che si proponevano di “accendere nelle tenere menti dei giovani fiamme di pura idealità e nobili sentimenti d’italianità”. 100) Verbale del 2 ottobre 1910. L’operatività del segretariato fu rinviata per mancanza di soci idonei. 101) Verbale del 23 ottobre 1910. In risposta il presidente, il socio Carchia e l’assistente ecclesiastico gli rivolsero gli auguri, i saluti ed il compiacimento per “il grande amore mostrato durante la sua permanenza in Ariano per la difesa della religione di Cristo”. 102) Il verbale venne sottoscritto da Teodoro Grassi allora presidente. 103) Verbale dell’11 dicembre 1910. 104) Verbale del 13 dicembre 1910. 105) Ivi. pag. 50 AEQVVM TVTICVM Azione Cattolica ad Ariano da animosità personali”.99 Nel campo delle attività sociali il circolo non si limitò alla istituzione della scuola serale per i lavoratori, ma, su proposta del Presidente, si fece promotore di un “Segretariato del popolo”, che fosse composto da giovani studenti. Costoro dovevano “prestare aiuto agli operai, scrivendo loro lettere per l’Estero, domande ad autorità superiori, consigli se del caso e simili”.100 Intanto la formazione continuava, anzi il presidente fece in modo che ogni domenica fosse tenuta una conferenza. Purtroppo i giovani, giunti alla maggiore età erano talvolta costretti ad allontanarsi da Ariano per rispondere alla chiamata alle armi. Toccò al socio Mazza il quale, durante la festa di saluto il 23 ottobre del 1910, ringraziò gli amici e li esortò “a combattere ed a perseverare contro i nemici della religione cristiana per il conseguimento” del loro ideale.101 Una delle sedute assembleari di particolare rilievo fu quella tenuta il 27 novembre 1910; in tale occasione si decise la riammissione di alcuni ex soci in precedenza espulsi e venne presentato il programma per celebrare il secondo anniversario della costituzione del sodalizio.102 Intanto i rapporti con gli organi nazionali si consolidavano attraverso l’iscrizione del circolo “nell’elenco di tutti gli altri Circoli Giovanili dell’Italia” che scelsero come Direttore Generale l’avvocato Bosco Lucarelli.103 La celebrazione del secondo anniversario della costituzione del circolo avvenne il 13 dicembre alla presenza del vescovo D’Agostino e di “soci onorari, le famiglie dei soci e molti operai invitati direttamente dal Vice Presidente”.104 La cerimonia fu preceduta dall’esecuzione dell’inno “al Garofano Bianco”, cantato da tutti i soci “con accompagnamento del pianoforte suonato dal socio De Donato”, a cui fece seguito il discorso tenuto dal vice Presidente. In particolare l’oratore, come venne riportato nel verbale, fece: “risaltare tutto ciò che c’è di turpe e di obbrobrioso nella lotta sorda ed incessante dei nostri avversari che pervertono e fanno imputridire le coscienze di coloro che essi riescono a trarre a loro”.105 Infine, prendendo spunto dagli scopi del movimento cattolico, rappresentò la necessità di lottare “per sostenere il comune ideale…. per debellare i nostri nemici”.106 Fece seguito l’intervento del vice segretario De Simone così verbalizzato: “mette in confronto la nostra opera moralizzatrice con le meno ambiziose dei socialisti e di tutti quelli che si proclamano pionieri di novelle idee. Dice che cura speciale che dobbiamo avere è quella di redimere moralmente e materialmente le coscienze degli operai che accogliamo tra noi, per far loro formare una coscienza che valga a tenerli forti contro le mire ingorde del socialismo in ispeciale”. Tali idee erano in perfetta linea con il pensiero della Chiesa in generale e con quelle del Vescovo in particolare: il nemico da battere rimaneva l’ateismo ed il socialismo. Il socio D’Alessandro fece il resoconto delle iniziative e delle attività già realizzate, soffermandosi, in particolare, sull’ingresso nel circolo degli operai e sulla istruzione 106) Ivi. L’oratore, “frequentemente interrotto da applausi vivissimi”, rivolse il saluto al Vecovo al quale chiese il suo costante aiuto. 107) Verbale del 18 dicembre 1910. Fu rinviata la discussione sul regolamento della cassa di previdenza operaia e venne disposto l’acquisto di diverse copie del giornale “Araldo Cattolico” nel quale era descritto il santuario di Lourdes. 108) Verbale del 6 gennaio 1911. Nella stessa seduta il socio D’alessandro parlò sulla “turpe opera della Massoneria”. 109) Verbale del 22 gennaio 1911. 110) Verbali del 22 e del 29 gennaio e del 26 marzo 1911. 111) Verbale del 23 e del 28 aprile 1911. 112) Verbale del 30 aprile 1911. Porta la seguente intestazione: “Solenne benedizione dell Bandiere delle Associazioni Cattoliche: Circoli Giovanili Manzoni, Associazione Democratica Cristiana; Unione Cattolica Contadini”. AEQVVM TVTICVM pag. 51 Azione Cattolica ad Ariano nostra travagliata ma vittoriosa vita, poiché abbiamo mostrato ai vili avversari quali e quante siano le balde falangi cattoliche, riunite tutte sotto lo scettro del Biondo Nazareno, che da’ forza e novello vigore ai soldati fedeli che combattono per la sua sublime fede e mantengono alto ed intemerato il suo nome.” -”Né i meschini e debellati avversari si sono astenuti dall’intimorire con chimeriche minacce gl’invitati forestieri per non farli accorrere numerosi in mezzo a noi. Ma le fosche manovre sono approdate a ben poco, poiché si sono smascherate le vigliacche ed inutili manovre”.112 ‘E un linguaggio molto forte che sta ad indicare la particolare veemenza della lotta tra gruppi, appartenenti ad ideologie completamente opposte, i quali non lasciavano niente di intentato per prevalere o per discreditare l’altra parte. I discorsi ufficiali furono tenuti in piazza S. Francesco; i vari oratori incentrarono i loro interventi non solo per esprimere il compiacimento alle tre associazioni, ma per dare risalto agli ideali perseguiti dai sodalizi rivolti alla redenzione umana. In particolare l’avv. Gennaro De Simone nel suo applaudito intervento espresse gli auguri per un proficuo lavoro ed incitò in modo particolare i giovani a perseverare concludendo con le seguenti parole: “L’avvenire è della democrazia, la quale ci troverà sempre in prima linea, perché i concetti più democratici furono segnati nel Vangelo di Cristo. Ben venga il suffragio universale; noi siamo per nostra missione e resteremo in mezzo al popolo, quest’arca dell’unità d’Italia”.113 In queste ultime affermazioni si può cogliere il vero significato della manifestazione: si trattava di dare un segnale di presenza attiva nella società con gli ideali cattolici che promanavano dal nuovo atteggiamento assunto dal Papa e da tutta la Chiesa nei confronti della politica e della gestione della cosa pubblica. Sulla stessa linea si pose l’intervento dell’avvocato Marino, proveniente da Bari, il quale pose in evidenza “il patriottismo dei cattolici” e “rivendicò a costoro il diritto di proclamarsi patrioti veri e coscienti, ricordando a proposito dell’attuale ministerialismo socialista” che i veri traditori furono proprio i militanti della sinistra. L’avvocato Bosco Lucarelli portò il saluto delle associazioni di tutte le Regioni, nella sua qualità di presidente, mentre l’ingegnere Durante, a nome delle tre associazioni locali, ringraziò tutti gli intervenuti soprattutto i circoli forestieri e quelli cittadini che non avevano fatto mancare il loro calore ed il loro plauso.114 In cattedrale fu celebrata la cerimonia religiosa con l’intervento del vescovo D’Agostino che espresse il suo incoraggiamento “alle novelle associazioni” e benedisse le bandiere presentate da tre madrine le signore Cozzo, Errico e Sgobbo mentre tutti cantavano l’inno del “garofano bianco”. Poi “Dal Duomo uscì il corteo interminabile, imponentissimo, composto da circa 6mila persone”, che percorse tutte le vie cittadine: P. P. Parzanese, S. Nicola, S. Angelo, Conservatorio, Rampa Municipio, Piazza del Duomo, Piazza Plebiscito, Rodolfo D’Afflitto, Piazza Ferrara, Calvario, Mancini” per sciogliersi “in Piazza Plebiscito”.115 La festa fu preparata in tutti i particolari per dare una immagine di compattezza, di capacità organizzativa e, se si vuole, di forza a dispetto dei denigratori e degli 113) Ivi. 114) Furono presenti oltre i rappresentanti dei circoli dei paesi della diocesi, anche quelli di Bari, Napoli, Benevento e Foggia. 115) Il corteo “si svolse nell’ordine seguente: Ricreatorio Cattolico-Ariano, Concerto Musicale di Orsara, Circolo ManzoniAriano, Associazione Democratica Cristiana Ariano, Società di Mutuo Soccorso-Ariano, Società S.Egidio-Melito, Società Operaia di Greci, Società S.Rocco-Monteleone, Società Cattolica-Castefranco, Società Operia-Buonalbergo, Società Operaia Montecalvo, Associazioni Cattoliche di S. Lucia, Pescolamazza e Fragneto Manforte, Associazioni Cattoliche Beneventane, Direzione Diocesana, Sezione Giovani dell’Associazione Democratica Cristiana, Ricreatorio pag. 52 AEQVVM TVTICVM Azione Cattolica ad Ariano avversari; ed allora: “dai balconi dalle terrazze dalle finestre giù una pioggia multicolore di cartellini e fiori, e in ogni parte archi trionfali, applausi interminabili, grida giulive che uscivano da mille petti. Un cielo ridente, senza nuvole, un sole radiante pareva prendessero anche loro a quella festa di fratellanza e d’amore”.116 Non furono trascurati gli atti di carità verso i poveri perché il giorno successivo, il primo maggio, “nell’atrio del palazzo vescovile furono distribuiti 300 pani”. La festa dei lavoratori divenne occasione di incontro con gli operai nella sala del teatro, durante il quale l’avvocato Marino tenne il suo discorso ufficiale. Costui fece prima una forte reprimenda nei confronti del governo socialista per avere tradito “il proletariato” e per avere danneggiato il popolo facendo tresca con i borghesi, poi espose il programma dei cattolici i quali, a suo dire, erano vicini al popolo, lottavano “per il popolo, per la libertà e l’indipendenza d’Italia sotto lo scettro di casa Savoia”. Lo stesso oratore, di sera “innanzi ad uno sceltissimo pubblico di signore e di signorine”, parlò sull’Unione delle Donne Cattoliche, evidenziando la necessità e l’urgenza di costituire anche in Ariano tale Associazione “per attuare a fianco delle organizzazioni maschili il grande programma sociale-cristiano”. Si soffermò a considerare il ruolo delle donne cattoliche nella famiglia e nella società, esortando le presenti “ad annunziare il Cristo risorto alla novella generazione”, infine fece leggere “lo Statuto dell’Unione delle Donne Cattoliche”. Il verbale della manifestazione oltre la notizia che “seduta stante, si formò il Comitato provvisorio di detta Unione” riportò anche le seguenti considerazioni: “La splendida festa si chiuse colla nascita della nuova Istituzione, e così le organizzazioni maschili, strette in saldo vincolo con quella testè sorta, lavorando di comune accordo, prepareranno al popolo di Ariano un’era novella che lo avvieranno a migliori destini, sulla via della redenzione morale ed economica”.117 I toni non erano solo celebrativi, ma erano incitativi e ed esortativi a combattere i nemici della cristianità; in effetti si preparava una vera crociata per debellare gli avversari della fede ed i giovani si sentivano “falangi del Cristo Redentore”, secondo le parole dell’inno. Era la risposta che si attendeva il Vescovo D’Agostino dopo avere tanto operato per preparare il terreno adatto e fecondo alla diffusione delle idee sociali e religiose professate dalla Chiesa. Basti leggere la soddisfazione espressa nel suo opuscolo dal titolo “Tre feste dell’anno MCMXI” nel quale scrisse: “I vessilli due volte sacri, per la Benedizione del cielo, e per il segno augusto della Croce impresso in essi, passarono fra l’ovazione continua del popolo cristiano; che fu contento oltremodo e felice di quella dimostrazione di fede contro il grave e prolungato scandalo degli empii, che Festivo S.Benedetto, Cassa Cooperativa Democratica Cristiana, Cassa Cattolica S.Bartolomeo Apostolo, Associazione Democratica Cristiana, Circolo Giovanile de La Salle, Fascio Giovanile Cattolico, Consiglio interregionale gioventù cattolica, Circolo Giovanile Bari, Circolo Manzoni-Foggia, Associazione Giovanile-Napoli, Invitati Ariano, Cassa Cattolica S.Ottone-Ariano, Unione Cattolica Agricoltori-Ariano”. 116) Ivi. Durante il banchetto, servito da Giuseppe Capobianco per 60 commensali, furono letti i telegrammi “del conte Gentiloni, del conte Caracciolo di Vieti” e di alcuni soci assenti da Ariano. Dopo vari brindisi augurali, l’avvocato Erminio Ciccarelli “salutò gli intervenuti dichiarandosi ammirato dell’entusiasmo sincero che i medesimi portano nello esplicamento dell’azione cattolica, a differenza di quelli che predicano alle turbe non sentite né digerite teoriche, perturbatrici dell’ordine”. 117) Era nato in tal modo anche la sezione femminile dello stesso sodalizio. 118) Mons. Andrea D’Agostino, vescovo di Ariano, “Tre feste Straordinarie dell’anno MCMXI”, Ariano 1911, p.5. 119) Ivi, p. 8. 120) Verbale del 15 maggio 1911. L’Enciclica fu firmata con la data del 15 maggio 1891. In essa il Papa confutò, tra l’altro, la teoria dei socialisti sulla “comunanza dei beni”, per proporre la collaborazione di tutti nella soluzione dei problemi sociali sulla scorta dell’insegnamento evangelico fondato sulla carità e sulla disponibilità verso gli altri. AEQVVM TVTICVM pag. 53 Azione Cattolica ad Ariano avevano umiliata e contristata la città delle sacratissime Spine e di S. Ottone”.118 Per il prelato diventava il coronamento di un duro lavoro, che, come si è detto in precedenza, veniva richiesto dalla Santa Sede al fine di fare trionfare il Vangelo e l’insegnamento del Cristo. Per questo non mancò di sottolineare nel suo scritto: “Questa dimostrazione, tanto attesa e desiderata, era necessaria contro le indegne mene di coloro che si professano seguaci e promotori di apostasia, spiritismo, empietà ed ateismo: i quali, con un’assurda libertà di pensiero, pretendono imporre la malvagità loro agli altri”. Anche nel discorso, tenuto durante la cerimonia della benedizione, D’Agostino invocò l’aiuto del Signore perché i vessilli mantenessero il loro immacolato candore, non nascondessero “tra le loro pieghe il tradimento o la perfidia”, ma soprattutto fossero sempre simboli di vittorie in nome dell’emblema su essi dipinto, la croce, perché “In hoc signo vinces”.119 Chiusa una importante fase della vita sociale, il circolo riprese le sue attività di formazione e di approfondimento degli insegnamenti della Chiesa come avvenne per l’enciclica “Rerum Novarum”. Di tale lettera scritta da Papa Leone XIII il socio Leone D’Alessandro, relatore, evidenziò gli aspetti più salienti: la questione sociale, la difesa dei lavoratori per migliorarne le condizioni economiche e morali, la creazione di strumenti di solidarietà a sostegno e tutela degli operai e la nascita delle associazioni cattoliche.120 Nel circolo non mancavano i problemi societari che si evidenziavano allorquando i soci non partecipavano alle manifestazioni senza giustificato motivo o non osservavano le norme regolamentari e statutarie. In riferimento proprio a tale ultima inadempienza fu proposta la radiazione dall’albo del socio Lo Conte Salvatore perché facente parte “dell’Associazione Democratica Cristiana”.121 Ciò significava che l’iscrizione contemporanea al circolo ed al partito politico, sia pure di ispirazione cristiana, creava l’incompatibilità. Altro aspetto della vita sociale che si evidenziò fu quello sollevato nella seduta assembleare dell’11 giugno 1911 dal socio D’Alessandro il quale chiese l’approvazione di un ordine del giorno riguardante la soluzione di un problema organizzativo. A seguito dello “sviluppo sempre crescente delle Associazioni cattoliche di Ariano” si rendeva necessario dare “una direttiva unica ed efficace, per non fare avvenire la dispersione delle singole iniziative”. Pertanto fu chiesto l’intervento dell’Ordinario “per la formazione di una Direzione diocesana locale” che potesse meglio coordinare tutte le attività promosse.122 La proposta venne approvata all’unanimità. Intanto i contatti con la Direzione della Gioventù Cattolica Italiana erano frequenti e tendenti a migliorare i rapporti societari anche attraverso la “tessera di riconoscimento” con la quale si potevano ottenere “speciali agevolazioni, sia per viaggi, che per visitare musei, biblioteche ecc.”.123 Gli approfondimenti di problemi spirituali e delle idee di altre religioni erano frequenti; una delle conferenze su tali argomenti scaturì dal fatto che “il minuscolo socio Galasso” si era “convertito da protestante a cattolico”. Fu costui a tenere “una bella conferenza sugli errori degli anglicani protestanti” soffermandosi anche sul problema della “confessione” che, come sostenne, non doveva essere considerata “una invenzione Aveva anche approvato l’opera delle associazioni cattoliche soprattutto di quelle che facevano “ogni sforzo per migliorare onestamente le condizioni degli operai”. 121) Verbale del 18 maggio 1911. 122) Verbale n° 17. 123) Verbale del 18 giugno 1911. La tessera aveva il costo di £.0,30. Nella stessa seduta si decise di inviare un telegramma di protesta “alla Gioventù Cattolica di Fabriano, per un vile assalto che gli anticlericali fecero al corteo della processione del Corpus Domini”. pag. 54 AEQVVM TVTICVM Azione Cattolica ad Ariano dei preti bensì una istituzione divina”.124 Se la partecipazione a cerimonie religiose, a feste ed a processioni era un obbligo che i soci non potevano eludere, la presenza nei comitati per l’organizzazione delle feste in onore delle Sante Spine veniva richiesta solo ai dirigenti del circolo.125 Anche alle manifestazioni patriottiche era assicurata la presenza dell’intero circolo, come avvenne per il corteo organizzato “pro Tripoli a cui intervenne il Sodalizio col vessillo”.126 L’Italia stava combattendo la guerra contro la Turchia sul suolo libico; i nostri concittadini, furono chiamati alle armi e parteciparono agli scontri; purtroppo molti morirono a Sciara-Sciat.127 In suffragio delle anime dei caduti venne celebrato in cattedrale “un solenne funerale” con la partecipazione di “tutte le autorità Civili e Militari ufficialmente e le Associazioni Cittadine con i relativi vessilli tra i quali anche quello del circolo “Manzoni”.128 Intanto il tre dicembre 1911 venne celebrato il cinquantesimo anniversario della ordinazione sacerdotale del vescovo D’Agostino con una cerimonia svolta nella Cattedrale alla presenza di autorità civili e militari e con la partecipazione delle associazioni. Il circolo partecipò con tutti i soci preceduti dal vessillo e rese tangibile la sua gratitudine e deferenza al venerabile pastore consegnandogli un dono. L’Unione Donne regalò un ricchissimo ombrello bianco per processione ricamato in oro e seta, accompagnandolo con una lettera in cui tra l’altro era scritto: “Noi (figli) siamo orgogliosi e felici di avere un Pastore, che alla fermezza di carattere, alla rettitudine d’intenzione sovrana giunge un vivo desiderio di promuovere la gloria di Dio sulla terra. Tutte le Donne cattoliche ci stringiamo intorno a V.E. Rev.ma nello spirito della preghiera e vi umiliamo reverente, affettuosa la nostra devozione filiale che sempre crescerà a darvi consolazione per il bene che vorremo fare a tutti mercè la guida vostra sapiente”.129 Le ricorrenze non passarono inosservate; il circolo “Manzoni” festeggiò il terzo anniversario di costituzione il 17 dicembre del 1911 alla presenza del Vescovo e delle altre associazioni cattoliche: Democrazia Cristiana, Unione Donne e Lega Contadini, “nonché una buona rappresentanza del Clero Cittadino”.130 Il discorso ufficiale fu tenuto da Teodoro Grassi il quale fece “un’elaborata conferenza dal titolo La Formazione del Carattere Giovanile” in cui evidenziò la necessità di costituire sodalizi come il loro per la diffusione delle idee cattoliche. Poi lo stesso oratore rivolse il suo ricordo a quanti stavano combattendo sul suolo africano, cogliendo l’occasione per “far notare l’azione indegna e antipatriottica” organizzata dai “socialisti dell’Alta Italia a spegnere ogni sentimento patrio nell’anima dei fratelli” i quali lottavano “in nome di un diritto inviolabile”. Non mancava, come si nota, l’attacco ai socialisti considerati disfattisti ed antinazionali. Il vice presidente, nella stessa ricorrenza, intervenne per sottolineare gli obbiettivi raggiunti nel triennio e per evidenziare gli avvenimenti più salienti dell’anno in corso per poi presentare il programma relativo all’anno successivo, “proponendo una più 124) 125) 126) 127) 128) 129) Verbale del 18 giugno 1911. Verbale del 16 luglio 1911. Rappresentarono il circolo il presidente ed il socio Leone D’alessandro. Verbale del 29 ottobre 1911. Felice Mazza, op. cit. pp. 480-482. Verbale del 23, 29 e 3 dicembre 1911. Officiò il vescovo D’Agostino. ASDAL, Cartella del vescovo D’Agostino. Giornale “Giubileo Sacerdotale di S.E. Monsignor Andrea D’Agostino 1 dicembre 1861-1 dicembre 1911”, numero unico. Ariano 10 dicembre 1911. 130) Verbale del 17 dicembre 1911. 131) Ai discorsi seguì una rappresentazione teatrale: un dramma ed una commedia brillante. Dal verbale si legge: “qualche ora dopo si riuniscono in allegra comitiva vari giovani della filodrammatica, che con gentile pensiero offrono un vermuth e paste d’onore al Direttore di scena, Armando Sgobbo”. AEQVVM TVTICVM pag. 55 Azione Cattolica ad Ariano larga azione delle Associazioni Cattoliche mediante una Direzione Interdiocesana”. Infine, rivolgendosi al vescovo, gli espresse la gratitudine di tutti per il “valido, costante aiuto” sempre concesso.131 Purtroppo molti soci erano costretti ad allontanarsi da Ariano per motivi di studio o per adempiere all’obbligo del servizio militare in tempi durante i quali era in corso una sanguinosa guerra. Tale evento bellicoso era diventato anche materia di approfondimento in alcune conferenze come in quella tenuta dal socio Luigi De Paola dal titolo “Epopea della guerra”. L’oratore, dopo avere rievocato i soldati caduti a Sciarasciat “per la gloria d’Italia”, richiamò la celebrazione fatta da alcuni poeti, D’Annunzio, Pascoli, Serao e Ada Negri, che avevano inneggiato alla magnifica impresa.132 Sottolineò il comportamento tenuto dai soldati cattolici che portavano ai feriti “la loro parola di conforto e di fede”; chiuse con un incitamento ai giovani presenti “a cooperarsi col cuore, col braccio, colla mente, per il bene e la prosperità della gran madre comune”. La guerra combattuta in nome della patria era fortemente sentita e condivisa dai più come eloquentemente si desume dal manifesto, sottoscritto dalle tre associazioni cattoliche (Democristiana, Manzoni ed Unione Agricoltori).133 In esso fu rivolto un saluto ai soldati i quali rientravano nella terra natia dalla lontana Libia e vennero espressi i sentimenti, allora molto ricorrenti, della necessità di difendere la cristianità con ogni mezzo. Per questo, tra l’altro, fu riportato: “La guerra Tripolina non è guerra santa, non è nessuna delle otto gloriose crociate: ma nel centro del Patrio Vessillo è segnato lo scudo crociato del Beato Amedeo di Savoia; il trionfo d’Italia è trionfo contro la mezza luna; è la bandiera cristiana che discaccia il verde vessillo diffalcato. Tutto ciò contribuì a far convergere su di voi, o soldati, il più feroce sdegno arabo-turco. E noi, non solo per sentimento di italianità e con cittadinanza, ma anche sentiamo il dovere di festeggiarvi quali cristiani cattolici vittime di un furore anticristiano”. Era lontano il tempo del pacifismo. Intanto all’interno del sodalizio Manzoni sorgevano nuovi contrasti dovuti alla costituzione di un circolo studenti che, come venne precisato nella seduta del 4 agosto 1912, era “il preludio ad una più vasta associazione tra gli studenti”. Il circolo stava trascorrendo un periodo di crisi desumibile dalla scarsa attività, che durante l’anno 1913 diventò quasi nulla come possiamo rilevare da quanto venne dichiarato nel verbale del 12 febbraio 1914. In esso il verbalizzante dava atto proprio di tale inerzia e scriveva: “riunitasi l’assemblea dei Socii per inaugurare il nuovo anno sociale dopo un periodo bastantemente lungo di inazione e di torpore per la chiusura dei locali dopo la morte del compianto Pastore Mons. D’Agostino”. Sono chiare le motivazioni dello scarso impegno; D’Agostino era stato l’ispiratore, il sostenitore e se, vogliamo, il tutore del circolo contro qualsiasi attacco sia interno, sia esterno. La sua morte, avvenuta il 13 febbraio 1913, fu preceduta da una malattia che si protraeva da alcuni mesi e che lo aveva fiaccato tanto da renderlo incapace 132) Verbale del 14 luglio 1912. 133) Felice Mazza, op. cit. pp. 477-478. Il manifesto era datato 19 settembre 1912. 134) Verbale del 12 febbraio 1914. In tale documento venne riportato anche l’intervento dello “studente in legge Teodoro Grassi” che si dichiarò contrario alla proposta di legge parlamentare di dare la “precedenza del rito civile al matrimonio religioso”. Venne approvato un ordine del giorno da inviare all’on. Caputi, deputato del nostro collegio, “perché facendosi interprete dei sentimenti dei suoi elettori, esprima il suo no al progetto iniquo”. 135) Ivi. pag. 56 AEQVVM TVTICVM Azione Cattolica ad Ariano di partecipare a cerimonie di vario tipo, costretto com’era a soggiornare a Napoli. Con la sua scomparsa dalla scena terrena si chiuse una fase della vita religiosa ed in parte di quella politica della nostra città. Ovviamente i gruppi organizzati di ispirazione cattolica vissero alcuni attimi di smarrimento, avendo perduto colui che era stato il loro riferimento ideologico, il loro promotore spirituale ed il loro sostenitore economico e morale. In proposito è sufficiente leggere quanto venne riportato nel verbale dell’assemblea tenutasi il 12 febbraio 1914: “Indi lo studente Luigi De Paola si levò per commemorare il defunto Mons. D’Agostino, da un anno passato a miglior vita: il primo e il più grande benefattore e benemerito del Sodalizio, che incoraggiò e protesse in ogni modo e in tutte le sue esplicazioni. Fu per lui che si ottennero i locali del Seminario, fu per lui che il circolo avviò i suoi primi passi e in Mons. D.Agostino i giovani del Circolo trovarono sempre il padre, l’amico, il mecenate più efficace”.134 E non era dovuto al caso se si era verificato nel circolo un lungo periodo di pausa nelle iniziative e nella realizzazione di un programma sia pure in dimensioni ridotte. Ma, dopo l’iniziale smarrimento, bisognava rimboccarsi le maniche e ripartire così come fu scritto: “parlò efficacemente il Vice-Presidente Leone D’Alessandro delineando il programma che il sodalizio avrebbe svolto nel nuovo anno, riapertosi con prolungato ritardo, estraneo alla volontà di ciascuno, ma senza dubbio con nuovo ardore di rimettersi in cammino e riconquistare il terreno perduto”. Ed il nuovo stava per essere avviato in linea con un diverso modo di affrontare la società civile e di essere cattolici militanti. Intanto in detta seduta venne proposta la formazione della sezione “filarmonica” che avrebbe dovuto “completare la filodrammatica già bene avviata”, ma ciò che “riscosse sinceri applausi” fu l’affermazione di D’Alessandro “che dal Circolo doveva esulare la brutta megera della politica, che dissolve e manda a monte ogni buona istituzione, precipuamente di gioventù”.135 AEQVVM TVTICVM pag. 57 Azione Cattolica ad Ariano pag. 58 AEQVVM TVTICVM La Maiolica di Ariano Anteprima La Maiolica di Ariano1 - Note Antropologiche di Antonio D’Antuono I l Museo Civico e della Ceramica di Ariano si inserisce a pieno titolo nei beni demo-etno-antropologici (DEA) che, negli ultimi tempi, a partire dalla fine degli anni ’90, anche sul piano legislativo, stanno ottenendo una notevole valorizzazione2. [...]. In Campania il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha individuato, nell’ambito del Patrimonio Museale Antropologico (DEA) ben 34 Musei3, attinenti nella quasi totalità alla civiltà contadina. Il Museo della Ceramica di Ariano occupa un posto a sé stante, pur collocandosi i manufatti esposti all’interno della cultura popolare e dei cosiddetti “beni materiali”, distinti da quelli “immateriali” (canti, fiabe, proverbi, preghiere, riti o altro). Questi ultimi sono legati alla tradizione orale e necessitano di essere impressi su memorie non labili (nastri, video-cassette, ecc.), affinché non vadano perduti per sempre. A tal proposito Alberto Mario Cirese propone il termine “non-oggettuali o inoggettuali”, perché quello di immateriali appare troppo etereo, non tangibile e più attinente alla sfera metafisica4. Espressione di una cultura altra, fino a qualche tempo fa negletta e disprezzata da quella ufficiale, la ceramica popolare è vista finalmente quale bene culturale da salvaguardare e recuperare: “Una vita dura quella dei ceramisti di Ariano, così la mia, identica quella di mio padre. Era un lavoro disprezzato il nostro, noi stessi ritenuti indegni di stima; per tutti eravamo “cretini” (il termine, in questo caso, esprime la stupidità in stretta correlazione ed assonanza con chi ha a che fare con la creta) e “pignatari”. […] Da giovane non amavo quell’attività, perché chi era “ruagnaro”5 una fidanzata non la trovava; quel lavoro non dava certezze e non dava garanzie. […] L’unica soddisfazione l’avevamo quando ci venivano a guardare mentre si lavorava, io al tornio, mio padre a dipingere uccelli e galline; lui per dare una qualche importanza all’oggetto, provvedeva ad aggiungere, 1) E’ il titolo di un mio lavoro inedito, di prossima pubblicazione, del quale viene proposto soltanto un estratto. Esso pone l’accento su un aspetto importante ma scarsamente studiato della nostra ceramica, quello antropologico, ed è così suddiviso: Introduzione – Premessa: chiavi di lettura – Saliere, acquasantiere e bottiglie a forma muliebre – Spasette e targhe votive – Spasette, vasi e piatti con raffigurazioni particolari – Scaldini o fiasche a forma particolare – Anfore con raffigurazioni e scritte particolari – Tavole – Bibliografia. 2) Vedi il Decreto Leg.vo 112 del 31 marzo 1998 e il Decreto Leg.vo 368 del 28 ottobre 1998, che modificano la legge 1089 del 1939 e valorizzano soprattutto i beni “immateriali”, finora trascurati rispetto a quelli “materiali”. 3) Nella Provincia di Avellino 9 (Altavilla Irpina, Andretta, Aquilonia, Ariano Irpino, Cervinara, Greci [in progetto], Guardia dei Lombardi, Montemiletto, Paternopoli; nella Provincia di Benevento 7 (Apice, Castelvenere, Cusano Mutri, Fragnete Monteforte, Montefalcone di Valfortore, Pontelandolfo, San Bartolomeo in Galdo); nella Provincia di Caserta 3 (Pignataro Maggiore, San Nicola la Strada, San Tammaro; nella Provincia di Napoli 4 (Acerra, Forio d’Ischia, Napoli [Museo di Antropologia dell’Università Federico II], Somma Vesuviana); nella Provincia di Salerno 11 (Camerata, Campagna, Casaletto Spartano, Moio della Civitella, Morigerati, Ortofonico, Paestum, Perdifumo, Roscigno, Serre, Reggiano). 4) A. M. CIRESE – I musei demologici: considerazioni di ieri e di oggi – in Il Patrimonio Museale Antropologico – Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Kadnkronos Cultura, Pomezia (Roma), 2002, pagg. 23-29. 5) Il termine ruagna designa il coccio di argilla, che per la sua fragilità si rompe facilmente; in assonanza, nel dialetto locale, fare ruagne indica il fare guasti, generando problemi o guai. 6) O. D’ANTUONO – La maiolica delle antiche fabbriche di Ariano nel Museo Civico – Tip. Lucarelli, Ariano, 2008, pag. 73. AEQVVM TVTICVM pag. 59 La Maiolica di Ariano di quanto è sedimentato nell’inconscio collettivo, facente parte del bagaglio atavico dell’umanità, sotto forma di archetipi o immagini-tipo primordiali, rintracciabili in miti, leggende, fiabe, pratiche religiose, (vedi la simbologia delle saliere, in massima parte raffiguranti donne con una conchiglia o più, a volte con un bimbo in braccio, oppure bottiglie a forma muliebre, scaldini a forma di scarpa, ecc.); d) sublimazione del negativo esistenziale o di una realtà scarsamente gratificante. Infatti, i multiformi e policromi frutti dei ceramisti di Ariano “narrano il sudore dell’uomo, le ansie, gli stenti e le privazioni, ma anche le speranze, gli amori, le feste e le gioie. Questi oggetti di uso comune, vasi, trofei, busti, sirene, cavalieri, animali bizzarri e le armoniose innumerevoli forme sempre nuove e mai più ripetute si fondono e si completano con le varie figurazioni mutuate da un mondo reale che si mescola con il fantastico e l’irreale. […] È il sogno che allontana il negativo esistenziale e che mette a riparo dalla nuda quotidianità. […] Nelle nude spoglie spelonche delle ‘Ruagnare’, dove i cocci si mescolavano con le disseccate ginestre, quegli uomini abbrutiti dal lavoro, quei ‘pitanari’, sognavano un mondo diverso e luminoso, un mondo più giusto […]. E quegli oggetti inizialmente inerti, sempre perfetti nella forma, plasmati con amore e fatica, improvvisamente si illuminavano e riflettevano la luce accecante di un giorno di sole nelle sabbie annerite delle fornaci. Nasceva così l’arte popolare, in questo modo venivano alla luce gli «oggetti solari di Ariano Irpino», che «come la lampada di Aladino, se li strofini vien fuori la storia dell’umanità»”8. Le summenzionate chiavi di lettura dei beni DEA non hanno, ovviamente, valore esaustivo, ma sono soltanto delle possibili indicazioni interpretative della creatività popolare, nel caso specifico, della ceramica popolare. Lo scopo, dunque, del presente lavoro è quello di gettare un po’ di luce su una realtà dove c’è ancora moltissimo da riscoprire e rivalutare; diversamente il manufatto ceramico, depauperato dei suoi significati, risulterebbe mutilo di una parte viva e sempre attuale, che è la voce dei suoi artefici, cioè privo di quella forza intrinseca capace di darci uno spaccato di una comunità e del suo vissuto. Quest’ultimo, naturalmente, come ho già detto in altra occasione, non può e non deve essere inteso come ciò che è morto, ma come ciò che vive e prende forma nel contatto diretto con le cose e l’ambiente che ci circonda. È proprio il caso di dire che anche le “pietre parlano”: lo sanno benissimo gli archeologi, che nell’analizzare un manufatto o nel riportare alla luce resti di cocci o altro, li fanno rivivere consentendo ad essi di narrarci la loro storia, che è poi la nostra storia e dell’intera umanità. In questa ottica sono sempre attuali le parole del grande Lombardo, che nella introduzione a I Promessi Sposi così scrive: “L’Historia si può veramente deffinire una guerra illustre contro il Tempo, perché togliendoli di mano gl’anni suoi prigionieri, anzi già fatti cadaueri, li richiama in vita, li passa in rassegna e li schiera di nuovo in battaglia”.9 (A titolo esemplificativo vengono riportate alcune notazioni sulle saliere e bottiglie a forma muliebre con le tavole illustrative) Se guardiamo alle saliere prodotte in Ariano, esse hanno per soggetto quasi sempre figure muliebri, le quali reggono uno o più vassoi, una o più vaschette o conchiglie; talvolta questi oggetti, che si associano alle acque, simbolo delle fertilità, ruotano intorno ai loro fianchi cingendoli, o poggiano su una propria base [vedi Tav. n° 1]. Altre volte ad arricchire il tutto vi è un infante in fasce (infans = colui che ancora «non parla»), 9) A. MANZONI – I Promessi Sposi– (a cura di L. Perrotta) – Fratelli Ferraro Ed., Napoli, 2003, pag. 25. 10) Per un approfondimento vedi A. D’ANTUONO – Cicirinella tinéva tinéva – Associazione Circoli Culturali “P. Ciccone” – Ariano, Tip. Impara, 2007; A. M. DI NOLA – Lo specchio e l’olio – Laterza, Bari, 2000, pagg. 15, 21, 36, 99-101; T. ALTERIO – Le donne di Ariano – Grafiche Lucarelli, Ariano, 2006, pag. 31; C. CORVINO – Il libro nero delle streghe – Newton & Compton Editori, Roma, 2004; Saliere dal XVI al XIX sec. – (Maioliche Italiane) – a cura di G. BERNASCONI – Vertere pag. 60 AEQVVM TVTICVM La Maiolica di Ariano anche, delle sigle inventate. Venivano anche i forestieri, a vedere noi e le grotte, che si aprivano innumerevoli, come a Matera, nella collina”6. Le raffigurazioni dei manufatti ceramici si muovono in un ambito particolare: naturalistico (uccelli, galline, fiori, alberi, ecc.) come si evince anche dal brano precedente, oppure fantastico e metaumano. Esse, infatti, sono l’espressione non soltanto della quotidianità del popolo ma altresì del suo immaginario e del suo peculiare modo di sentire l’arcano mondo religioso, sintesi originale del passato e del presente. I ceramisti di Ariano, al pari di quelli di Caltagirone, Cerreto Sannita, Grottaglie, ecc., nella ricerca di nuove forme, pur muovendosi nell’ambito della creazione dell’oggetto di uso comune, non prescindono da elementi simbolici, i quali, anche se non sempre appariscenti, esprimono il nostro bagaglio ancestrale, attraverso immagini-tipo o archetipi. Insomma l’oggetto, quale sintesi espressiva di forma, figure e colori, viene riportato alla sua essenza più genuina nel raccontarci la storia dell’umanità, scritta nel caso specifico da anonimi e oscuri autori. I nostri ceramisti, uomini dalla mente colorata, senza seguire un canone estetico, hanno fatto dell’arte al di fuori dell’arte o meglio fuori dai grandi santuari di essa; non hanno guardato o mai pensato all’arte per l’arte o alla purezza dell’arte, né all’opera d’arte come qualcosa da ammirare e contemplare ma al suo utilizzo nella vita di ogni giorno. La loro può essere definita un’arte alla mano: è entrata in ogni casa, ma non per questo priva di valenze e significati simbolici, di cui gli autori stessi si fanno portatori, il più delle volte inconsapevolmente; ha esaltato gli odori, i sapori, i colori, il linguaggio, cioè il modo di esprimersi e sentire di una comunità, il suo vissuto; ha mostrato forme sempre nuove, rese “solari”7 non soltanto dai colori dell’iride, ma anche e soprattutto dalla luce della speranza, la quale si è condensata in figure e oggetti che irradiano gioia. Le ceramiche esprimono le stesse istanze socio-culturali presenti in fiabe, credenze, riti, preghiere, ecc.; soltanto motivazioni di carattere pratico ci spingono ad operare delle distinzioni tra i vari ambiti del sapere, come siamo soliti fare anche all’interno della cultura ufficiale. Infatti, la temperie culturale romantica, ad esempio, è tale sia nell’ambito letterario, grafico-pittorico e musicale, sia nel modo di vestire o di vivere della prima metà dell’Ottocento. Allo stesso modo le opere michelangiolesche possono trovare la loro ragion d’essere soltanto nella visione generale della Rinascenza o le cattedrali gotiche nell’humus religioso medioevale, non sganciato dal retroterra culturale dell’epoca, cioè nella fuga nel metaumano, dove sogno e realtà si identificano. Ne sono espressione i pinnacoli, fontane zampillanti dello spirito o braccia oranti protese verso il cielo alla ricerca di Dio, e le numerose raffigurazioni scultoree di esseri fantastici, deformi o demoniaci. Le ceramiche, dunque, al pari dei beni non-oggettuali, anche se ad un diverso livello espressivo, sono la concretizzazione tangibile della precarietà esistenziale (un lavoro e un’esistenza fatti di ansie, stenti, miseria e disprezzo) e dei sogni dell’umana speranza, entrambi intesi come: a) forma di compensazione-risoluzione del dramma del vivere quotidiano, tramite l’amara e passiva accettazione del proprio status sociale. (A tal proposito è emblematica ed esemplificativa l’intervista, parzialmente da me riportata, fatta da Ottaviano D’Antuono a Carmine Giorgio, da poco scomparso); b) funzione apotropaica, cioè tesa ad allontanare o annullare influenze negative: ne sono un esempio le targhe votive, le mattonelle con raffigurazioni di Madonne e santi a protezione della casa e dei suoi abitanti o le spasette con immagini soltanto di santi, il cui ausilio è indispensabile per poterle riempire quotidianamente di cibo; c) espressione simbolica 7) S. CIPOLLA – Gli oggetti solari di Ariano Irpino – in “Vieni ad Ariano, città d’Arte“ (a cura di M. D’ANTUONO) – Tip. Lucarelli, Ariano, 1998. 8) O. D’ANTUONO – Il Museo Civico, sempre più “Museo della ceramica di Ariano” – in – Amici dei Musei – Fidam – Anno XXVII, n. 87/88 – Polistampa, Firenze, 2001, pagg. 24-25. AEQVVM TVTICVM pag. 61 La Maiolica di Ariano dell’amore, della bellezza e della fertilità; nel mondo romano i poeti descrivono la sua nascita da una conchiglia e i pittori la raffigurano trasportata da questa sulle onde (vedi pittura parietale nella Casa di Venere a Pompei). Tale tema viene ripreso da Botticelli con la Nascita di Venere (1485 ca), che, come afferma Giulio Carlo Argan, “non è affatto una pagana esaltazione della bellezza muliebre; tra i significati impliciti c’è anche quello della corrispondenza del mito della nascita di Venere dall’acqua marina e dell’idea cristiana della nascita dell’anima dall’acqua del battesimo”13. Le bottiglie a forma muliebre, le matrioske14 nostrane – a volte con seni scoperti o con pancia prominente, con un volatile tra le mani (Ariano) o un fallo alato (Grottaglie), oppure con un infante (Ariano) – [vedi Tav. n° 5 – 6 e 7] riecheggiano le Matres o Matronae, divinità femminili del Vecchio Continente pagano, protettrici della famiglia, al culto delle quali venivano offerti pesci e sacrificati porci (i primi sono simbolo di fecondità, i secondi dell’istinto sessuale primordiale, sfrenato e cieco) oppure la Mater Matuta (Madre benevole e favorevole), una divinità italica e romana, protettrice della fecondità, dei parti e del nascituro. Nell’antica Roma, anche altre divinità presiedevano alle nascite, come Giunone Lucina, alla cui presenza durante le offerte sacrificali, per non ostacolare il parto, era necessario che tutti i nodi, legami e cinture fossero sciolti sulle vesti dei presenti. Tale usanza è riscontrabile ancora oggi nelle nostre tradizioni popolari. Infatti, per far sì che il cordone ombelicale non soffochi il bambino nel seno materno e che non vi siano difficoltà nel parto, è necessario che chi è incinta non incroci le gambe o le braccia, eviti di dipanare la matassa della lana e di indossare indumenti con nodi o legacci. Alla mater benigna si contrappone la faccia misteriosa, oscura, passionale e peccaminosa della donna, legata al mondo degli istinti e dell’irrazionale, al piacere carnale ed alle forti emozioni, rappresentata dalle fiasche a forma di sfinge tebana [vedi Tav. 8], sirena ammaliatrice o da figure femminili, che cavalcano pesci, cani o cavalli, con un significato fortemente erotico [vedi Tav. 9 e 10]. Come esseri bimorfi, metà donne e metà animali, sono l’incarnazione enigmatica e tenebrosa della sfrenata sensualità e perversa voluttà femminile, che, mai sazia, incanta, seduce, acceca, sottomette e uccide. […..]. Certamente, se sembra assurdo ed impossibile ritenere che indòtti e oscuri “ruagnari” abbiano pensato a tutto questo nel plasmare l’argilla impastata con il sudore amaro della loro vita, è pur vero che essi ripetono, molte volte, forme e figure cariche di un alto contenuto simbolico, di cui ignorano la genesi e l’ evoluzione, ma acclarate dalla tradizione e facenti parte del nostro bagaglio atavico. Ciò non deve meravigliarci, perché spessissimo la maggior parte delle persone, pur utilizzando elementi-simbolo della nostra memoria collettiva, i quali conferiscono “sacralità” e “valore” alla nostra esistenza, come l’uovo a Pasqua, l’albero a Natale o il vischio e il pungitopo, ecc., non ne conosce l’esatto significato, né come siano giunti fino a noi attraverso varie trasformazioni e sovrapposizioni temporali. Tali elementi-simbolo o immagini-tipo sono ciò che Carl Gustav Jung chiama archetipi, espressione dell’esperienza millenaria dell’umanità sedimentati nel nostro inconscio collettivo. Come la nostra mente cosciente opera attraverso forme-pensiero universali, comuni a tutta il termine matrioska può considerarsi un diminutivo dell’altro. Simbolicamente rappresenta la figura materna, la sua generosità e prolificità, nonché la fertilità e l’abbondanza dei frutti della Grande Madre Terra.Per un approfondimento sull’argomento vedi: C. GALEOTTI – Matrioske – Arte e tradizione – Storia e segreti delle bambole russe dal 1890 a oggi – Il Minotauro, (Coll. Phoenix), Roma, 2001. pag. 62 AEQVVM TVTICVM La Maiolica di Ariano il frutto dell’amore e della fertilità, sorretto dalla donna [vedi Tav. n° 2]. È quest’ultima il “sale” della vita; è lei che condisce i succulenti frutti dell’amore (è raffigurata spesso anche con pancia e seni prosperosi o scoperti); è lei che dà la vita. Una vita senza sale è scialba, insipida, è piattume di sapori, un non sapore. La vaschetta, il vassoio (voce dial. conca), la conchiglia (in lat. concha-ae), in stretta correlazione con l’acqua, con il mare e con lo stesso sale, simboleggiano il pecten, il pettine (la forma dentellata della conchiglia), il sesso femminile, il pube o i peli che lo ricoprono, il pecten Veneris (voce dial. la pittinéssa), il cerfoglio (= pianta aromatica pubescente o ciocca di peli arruffati che non si possono districare con il pettine; voffa di pili, groviglio di peli, voce dialettale con la quale un tempo si indicava l’intrico dei peli del Monte di Venere). La donna, la sua conchiglia e l’infante simboleggiano, dunque, la maternità, la Grande Madre, tanto che una saliera veniva acquistata spesso o regalata in occasione di un lieto evento, come la nascita di un figlio o il battesimo di questi. Il sale veniva usato come elemento apotropaico per allontanare i malefici, le streghe, il demonio (il daimon negativo, il volto oscuro ˇ del divino contrapposto al daimon positivo, aspetto luminoso e benevolo della divinità); nel rituale del battesimo, in qualche caso, veniva utilizzato dalle stesse levatrici su mandato del Vescovo, quando la mortalità infantile era molto alta: se trafugato veniva adoperato nelle fatture, per cui in molti Sinodi (Sinodo di Gravina in Puglia, 1569 – Sinodo di Ariano 1714 – ecc.) se ne condannava l’utilizzo per opere di stregoneria e si esortava i presbiteri ad una maggiore vigilanza10. La conchiglia, dunque, essendo un correlato dell’acqua generatrice, purificatrice e rinnovatrice, trova la sua più autentica funzione simbolica nelle acquasantiere, sovrastate da un’immagine sacra (Cristo, Madonna o Santi), che amplifica l’effetto del liquido in esse contenuto, quale fonte perenne di ausilio nella rigenerazione interiore [vedi Tav. n° 3]. Il tema della rinascita spirituale, come passaggio dalla malattia alla guarigione dell’anima, è ravvisabile in termini più consistenti nel rituale del battesimo, allorquando nella liturgia romana il fonte battesimale veniva chiamato uterus ecclesiae, utero della Grande Madre Chiesa, soltanto all’interno della quale vi può essere salvezza e rigenerazione spirituale11. La grotta della Natività, in una stupenda maiolica di Cerreto Sannita [vedi Tav. n°4], viene raffigurata come conchiglia. D’altra parte la conchiglia, la grotta, la caverna simboleggiano tutte il sesso femminile come lo stesso Sigmund Freud ci attesta. Queste due ultime non sono, infatti, soltanto lo spazio fisico dove l’uomo delle origini trova sicurezza e riparo, ma anche “il luogo simbolico prediletto dall’umanità” come ben evidenzia Laura Marchetti. Entrambe rimandano “alla prima delle cavità, al grembo materno: il […] [loro] involucro litiaco agisce come una sorta di placenta spaziale, di membrana avvolgente che riproduce […] la massima accoglienza”12. Dalla bianca schiuma del mare, secondo Esiodo, nasce Afrodite (afrós = schiuma), dea Seria Ludo, Milano, 2005, pagg. 5-14. 11) Vedi A. D’ANTUONO – Cicirinella tinéva tinéva – Associazione Circoli Culturali “P. Ciccone” – Ariano, Tip. Impara, 2007, pag. 135. 12) L. MARCHETTI – Il pensiero all’aria aperta – Ed. Palomar, Bari, 2002 – (Introduzione) – pag. VIII. ˇ 13) G. C. ARGAN – Storia dell’Arte Italiana – Da Giotto a Leonardo – La Biblioteca del Sapere – Corriere della Sera – vol. 34, pag. 313. 14) La matrioska, simbolo della tradizione russa, è una bambola etnografica, vestita con costumi tradizionali regionali, a seconda del villaggio di provenienza. A idearla fu Savva Mamontov (1841-1918), coadiuvato dal fratello Anatoliy (1839-1905), entrambi collezionisti di opere d’arte. La prima bambola di legno, formata da otto pezzi, sul prototipo ˇ delle scatole cinesi – in ordine di grandezza, una madre, una ragazza, un ragazzo, una bambina, ecc., fino a quella di un neonato in fasce – fu realizzata ai primi del ‘900 da Vasiliy Zvezdochkin e colorata da Maliutin, illustratore di libri per ˇ l’infanzia e conoscitore dell’arte popolare dei villaggi russi. Questi la chiamò matrena (dal latino mater, madre), per cui AEQVVM TVTICVM pag. 63 La Maiolica di Ariano l’umanità, che i filosofi hanno chiamato categorie (sostanza, qualità, quantità, relazione, ecc.), per mezzo delle quali cataloghiamo, quantifichiamo, relazioniamo, qualifichiamo le cose del mondo che ci circonda, così il nostro inconscio collettivo si manifesta tramite immagini-tipo primordiali o archetipi, che fungono da forme universali a priori (la Grande Madre, il Fanciullo, l’Androgino, l’Albero, la Ruota, il Padre, ecc.), rintracciabili in miti, racconti, fiabe, leggende, riti religiosi, espressioni artistiche, ecc., che accomunano i vari popoli, al di là delle differenze fra essi esistenti. Recentissimi studi condotti da Roger Nelson dell’Università di Princeton hanno evidenziato l’esistenza di una mente collettiva, paragonabile ad un grande accumulatore di energia, capace di recepire, contenere, connettere e sommare le vibrazioni scaturenti da emozioni, ansie, paure, tensioni di singole individualità, anche distanti fra di loro. Per mezzo di speciali e sofisticati computer l’équipe che fa capo a Nelson è in grado di registrare sensazioni emotive collettive, generate da eventi di grande portata, che accadono in qualunque parte della Terra (es. da terremoti di intensità pari o superiorie al 6° grado della scala Richter). Tali macchine hanno registrato tra le altre cose quanto, a livello emotivo e psicologico, è avvenuto in seguito all’attentato dell’ 11 settembre delle Torri gemelle a New York, facendo presupporre l’esistenza di una mente universale, di cui non siamo coscienti, che connette tutti gli esseri viventi del globo terrestre. Studi analoghi sono condotti attualmente anche presso l’Università di Padova ad opera di Patrizio Tressoldi. Quanto ho affermato è stato messo bene in luce nella trasmissione televisiva Voyager del 25-12-2008 dal titolo: “La forza della nostra mente”. […]. pag. 64 AEQVVM TVTICVM La Maiolica di Ariano Tavole Tav. n. 1 Tav. n. 2 AEQVVM TVTICVM pag. 65 La Maiolica di Ariano Tav. n. 3 Tav. n. 4 pag. 66 AEQVVM TVTICVM La Maiolica di Ariano Tav. n. 5 Tav. n. 6 AEQVVM TVTICVM pag. 67 La Maiolica di Ariano Tav. n. 7 Tav. n. 8 pag. 68 AEQVVM TVTICVM La Maiolica di Ariano Tav. n. 9 Tav. n. 10 AEQVVM TVTICVM pag. 69 Pagine inedite «Inconscio collettivo, memoria genetica o dottrina della reincarnazione?» di Mario D’Antuono (1914 - 1993) Anime dall’effimera esistenza corporea, incomincia per voi un altro periodo di generazione mortale, preludio a nuova morte. Non sarà un demone a scegliere voi, ma sarete voi a scegliervi il demone. […]. La responsabilità è di chi sceglie, il dio non è responsabile. (Platone - Repubblica - Libro X) a cura di Antonio D’Antuono S La visione del mondo fisico di Marco Todeschini, basata sul «principio unifenomenico» espresso nell’opera «La Teoria delle apparenze», la concezione ternaria di Mosé, di Paolo di Tarso, di alcuni Padri della Chiesa ed Apologisti cristiani, le dottrine indo-tibetane e la teoria di Eccles trovano in Mario d’Antuono un terreno quanto mai fruttuoso e, al tempo stesso, un singolare interprete, che darà vita ad una concezione originalissima ed innovativa negli studi sulla psiche umana: l’«ereditarietà della psiche inferiore», ed offrirà un contributo consistente al dibattito […] sul «rapporto mente-corpo» (mindbody problem). […]. Accanto all’inconscio personale […], sulla scia di Jung, ammette un inconscio collettivo, in quanto solo ammettendo entrambi è possibile avere un quadro più chiaro e maggiormente totalizzante dell’Inconscio stesso. Nel condividere, inoltre, con il fondatore della psicologia analitica che un certo strato dell’Inconscio è senza dubbio 5) Autore di - Vita dopo vita - dialogo con i reincarnati -; ecc. 6) Autore di - Mistery of Reincarnation -; ecc. 7) Giornalistaescrittrice,hafondatoilKarmaIstitute,AssociazionediPsicologiaTranspersonale.Hapubblicato Reincarnazione -; - Terapia R -; ecc. 8) M. d’Antuono - I Poteri dell’Inconscio - Ed. Zephir, Vitinia di Roma, 1974; - Droga e frustrazioni giovanili - Ed. Zephir, Vitinia di Roma, 1978; - Compendio di Medicina Psicosomatica - Ed. Zephir, Vitinia di Roma, 1986. Inediti sono i seguenti lavori: Inconscio collettivo, memoria genetica o dottrina della reincarnazione?; Dizionario di Psicologia; La conoscenza del bambino, del fanciullo e dell’adolescente alla luce della genetica, della psicologia e della pedagogia. 9) A. D’Antuono - La Triade umana e l’ereditarietà psicologica nella visione di Mario D’Antuono - Associazione Amici del Museo - Tip Impara, Ariano, 1994, pagg. 7-9 e 16-17. pag. 70 AEQVVM TVTICVM Pagine inedite iamo già esistiti? Ritorneremo ancora in questo mondo? Sono interrogativi che molte volte ci siamo posti e ai quali non sempre abbiamo trovato una adeguata risposta. Eppure sono domande che concernono problematiche da sempre dibattute a livello filosofico e religioso: Empedocle, i Pitagorici, Platone, le religioni dell’Indo, il Buddismo, ecc. ne sono un esempio. Attualmente l’analisi della questione, dall’esclusivo terreno filosofico-teologico, sta assumendo una coloritura più scientifica, grazie ad un consistente numero di psichiatri e psicologi, che stanno adottando tecniche ipnoterapiche di tipo regressivo nella cura dei loro pazienti. Sono emblematiche a tal proposito le esperienze di Jan Stevenson1, David Graham2, Raymond A. Moody Jr.3, Brian Weiss4, Thorwald Dethlefsen5, J. Allan Danelek6, Manuela Pompas7, per citarne alcuni, per cui si è reso necessario riformulare la domanda: “Gli strani ricordi affioranti talvolta alla mente del bambino e dell’uomo adulto sensitivo, sia in stato di coscienza vigile che in quello di ipnosi, sono da attribuirsi a vite precedentemente vissute o all’Inconscio collettivo e alla memoria genetica?”. All’interno di questo grande dibattito si inserisce l’opera inedita di Mario d’Antuono Inconscio collettivo, memoria genetica o dottrina della reincarnazione? -, della quale viene pubblicata soltanto l’introduzione, con l’impegno di darla alle stampe interamente in un futuro prossimo. La maggior parte degli studiosi interessati all’argomento sono convinti assertori della metempsicosi o la accettano ipoteticamente, in base ad osservazioni effettuate durante sedute ipnoterapiche su un consistente numero di pazienti. Diverso ed originale è il punto di vista di Mario d’Antuono, anch’egli esperto ipnoterapeuta: accanto all’Inconscio collettivo junghiano, sul quale fonda la sua tesi per contrastare quella reincarnazionistica, ammette anche una memoria genetica, quale substrato biologico dello stesso, andando al di là dell’assunto del padre della psicologia analitica, in accordo con le più recenti acquisizioni scientifiche in questo specifico campo del sapere. Sulla questione già avevo posto l’accento in «La triade umana e l’ereditarietà psicologica nella visione di Mario d’Antuono» (1994), con cui, nel ricordare mio padre a distanza di un anno dalla sua morte, mettevo in evidenza alcuni aspetti salienti della sua attività di studioso: “Nello scrivere questa nota su Mario d’Antuono ho avvertito tutto il «disagio filiale» di chi sa, pur conoscendo appieno suo padre e per eredità di affetti e di messaggi culturali, che certamente non riuscirà a racchiudere nel palmo della propria mano la totalità degli insegnamenti di chi gli ha dato la vita. Il suo sguardo, la sua voce, il suo essere sempre se stesso si riflettono, come immagine viva e vibrante, nella visione speculare dei suoi scritti, ove passano, a mo’ di proiezione filmica, ricordi più o meno recenti, che mi fanno amare di più l’uomo ed apprezzare meglio lo studioso dei meandri meno noti dell’essere umano. Le affermazioni ricorrenti nei suoi lavori editi8: «l’uomo non eredita solo biologicamente ma anche psicologicamente»; «possiamo ridurre tutti i fenomeni psicofisici ad un unico principio: il «principio unifenomenico»; nonché «l’uomo pensa: il suo pensiero non ha né estensione, né colore né peso, dunque il pensiero non può essere il prodotto del corpo», riassumono, anche se in maniera epidermica, il tracciato della sua ricerca nel campo psicologico, dal quale si dipartono, similmente ad un fiume ricco di acque, mille rivoli che rendono fertili i terreni circostanti, non escluso quello della parapsicologia. 1) 2) 3) 4) Psichiatra dell’Università della Virginia, autore di - Reincarnazione - 20 casi a sostegno -; ecc. Psichiatra, autore di - Reincarnazione come terapia -;ecc. Psichiatra, autore di - Ricordi di altre vite -; La vita oltre la vita -; ecc. Psichiatra, autore di - Molte vite molti Maestri (Come guarire recuperando il proprio passato); - Oltre le porte del tempo (Rivivere le vite passare per guarire la vita presente) - Messaggi dai Maestri-; ecc. AEQVVM TVTICVM pag. 71 Pagine inedite Io, sempre Io, sono e sarò con la chiara coscienza della mia identità, anche quando la materia con i suoi cicli evolutivi sembra voler sommergere e cancellare tutte le tracce del mio passato. Non è forse questa una delle prove più evidenti e solide dell’esistenza e della semplicità della mia anima razionale? Questo, a nostro avviso, è un principio incontestabile sostenuto dalla scienza fisiologica: del mio corpo, nel periodo dai tre ai sette anni, non è rimasto un solo atomo di quel che era il mio substrato biologico al momento della nascita, esaminato sia sotto l’aspetto cellulare che molecolare. Tutto, ogni istante, nel mio organismo muta e si trasforma, eccezion fatta di quei miliardi di cellule nervose formanti l’intricatissimo apparato neuronico, cioè il sistema cerebrale, meraviglioso strumento di psichicità. Nonostante ciò, sono assolutamente certo di essere sempre l’identica persona, quella che sente, pensa e vuole, sebbene io avverta scientemente il perpetuo fluire delle cose e il loro mutarsi e rimutarsi nell’immenso scenario della vita. C’è, quindi, in me un principio che, del tutto diverso dal mio corpo, non muta né nella forma né nella sostanza: tale principio immutabile costituisce il mio Io Superiore. La scienza m’insegna altresì che il mio corpo è composto di diciassette elementi diversi tra loro e che ciascuno, per natura, tende a sfuggire, a disperdersi, ma una forza arcana li tiene tutti fortemente imbrigliati evitandone la fuga e la disgregazione. Solo quando, nell’ora della morte, il principio informante il mio corpo si ritirerà, solo allora, gli elementi organici, a guisa di sudditi ribelli, se ne andranno, ingoiati dal mondo inorganico e primordiale. Ma io sopravvivrò senza che la luce rutilante del pensiero e la musicalità penetrante della parola vadano del tutto dispersi nel vuoto abissale del mio nulla apparente. Io sopravvivrò. “Non omnis moriar” è e sarà il mio grido festoso: “non tutto morrò”. Ed è ovvio. Ciò che non ha parti non può disciogliersi e ciò che non si può disciogliere resta ed è immortale. Pertanto l’immortalità costituisce il fondo della mia natura, la quale mostrasi superiore a tutto il resto della creazione e rivela i suoi alti destini. L’animale, anche il più vicino all’uomo, ha forse, la chiara consapevolezza della morte? Si turba, forse, sulla sorte del proprio corpo? Che gli importa delle ossa dei suoi avi e di quelle del padre suo? Non a torto Chateaubriand diceva: “Tra tutti gli esseri creati solo l’uomo raccoglie le ceneri del proprio simile e le circonda di un rispetto religioso; ai nostri occhi l’impero della morte ha qualcosa di sacro. Donde ci viene, dunque l’altra idea, che noi abbiamo della morte? Un pugno di polvere meriterebbe forse i nostri omaggi? No, senza dubbio. Noi rispettiamo le ceneri dei nostri antenati, perché una voce segreta ci dice che non tutto s’è spento con essi; ed è questa voce che consacra il culto delle tombe presso tutti i popoli della Terra. Tutti sono ugualmente persuasi che il sonno non è durevole nemmeno nella tomba e che la morte non è che una trasformazione gloriosa degli elementi primordiali “ (Genio - Libro IV - cap. 3°). Infatti, secondo i più recenti studi cosmologici, il nostro universo ha parecchi miliardi di anni. Ma io che vivo, ora, negli attimi fuggitivi del presente, in che misura fui coinvolto agli albori della vita, nell’immensa e stupenda avventura cosmica? Non, di certo, come spirito cosciente ed operante e, sebbene io fossi sin d’allora virtualmente presente sullo scenario della vita, ero come energia elettronica pensante, sostanzialmente immateriale e immarcescibile, già legato alle altre forze dinamiche dell’Universo in gestazione. Proprio per questa potenziale presenza sul piano della vita cosmica, il re Salomone coglie, pag. 72 AEQVVM TVTICVM Pagine inedite personale e che sotto di esso si nascondono, a guisa di sedimenti stratificati, tutte le esperienze delle generazioni passate racchiuse nell’inconscio collettivo, asserisce […] che su tali stratificazioni si innesta la memoria genetica, rappresentata da DNA (acido desossiribonucleico) e dal m-RNA (acido ribonucleico). Tale tematica sarà oggetto di una attenta analisi nel lavoro inedito «Inconscio collettivo, memoria genetica o dottrina della reincarnazione?», nel quale […] afferma, in maniera chiara e decisa, che l’inconscio collettivo è «innato ed ereditabile e viene, di generazione in generazione, veicolato dalla coppia genitoriale al momento dell’impatto dei due gameti formanti lo zigote». Esso, però, non è da ritenersi «un deposito inerte né un desolato campo di ruderi senza vita, ma un sistema dinamico, pronto a reagire per vie invisibili, capace altresì di regolare la vita di ogni individuo […]. E’ possibile, così, veder rinascere tale massa, tramite l’apparato genico e cromosomico, nella psiche di ogni individuo, legata al substrato biologico specie ai centri nervosi e agli organi endocrini. Essa mirabilmente si estrinseca mediante particolari aree cerebrali sotto forma di tracce mnesiche più o meno rimarchevoli». Di tale tesi il nostro Autore si servirà per rigettare quella reincarnazionistica di Bridey-Murphy, di Jan Stevenson […] espressa nell’opera «Reincarnazione – 20 casi a sostegno», nonché di David Graham, sostenuta nel lavoro «Reincarnazione come terapia». Infatti, la vasta gamma delle fobie «non avendo esperienze direttamente vissute dal bambino o dall’uomo adulto nella vita presente, possono benissimo essere spiegate come paure ataviche emergenti dall’Inconscio collettivo e dalla memoria genetica […]. La stessa fenomenologia ‘ipermnesica’ è da ritenersi soltanto sporadica e abnorme, per cui non prova affatto né la veridicità né la preesistenza dell’anima, così come intesa da Carpocrate, da Valentino e da Basilide, né suffraga la tesi reincarnazionistica». […] Ed è grazie alle mirabili capacità dell’Inconscio che Mario d’Antuono spiega gli stessi fenomeni di ‘pantamnesia’ (memoria di tutto o memoria universale) e di ‘ipermnesia’ (supermemoria o memoria eccezionale), che non hanno nulla a che vedere con i fenomeni di ‘paramnesia’ (memoria fuori posto)”9. «INCONSCIO COLLETTIVO, MEMORIA GENETICA O DOTTRINA DELLA REINCARNAZIONE?» - Introduzione Chi sono io? Donde vengo? Dove vado? Chissà quante volte ci siamo posti questi interrogativi, cui abbiamo dato risposte non sempre chiare, logiche ed esaurienti. Sono, forse, soltanto materia o sono piuttosto un’anima vivente, i cui principi attivi danno vita a questo mio corpo composto di cellule, molecole e tessuti? Sono, forse, un composto soltanto organico emerso dai fondali oceanici, ossia un derivato del cosiddetto “batibius” di estrema semplicità sostanziale, ma tanto amorfo e indefinibile? Se così non è, qual è, allora la mia vera natura? La risposta è chiara, e non ammette dubbi. Sono una creatura intelligente, cosciente e palpitante di vitalità, con un Io sempre identico su ogni piano della mia esistenza terrena. Tale identità, associata ad una inconfondibile individualità, non ha limiti: essa abbraccia non solo la giovinezza e la senilità, ma perdura e giganteggia oltre i confini della morte. Quel bimbo vezzoso, tutto brio ed innocenza, che la mamma, un tempo, stringeva al seno cullandolo dolcemente fra le braccia: ero Io. Quel fanciullo, vivace ed esplosivo che, a guisa di agile gazzella, scorrazzava liberamente per i prati erbosi, costellati di fiori aulenti: ero Io. Quell’adolescente, il cui cuore era soggiogato dai primi sogni fantasmagorici e dai più dolci palpiti dell’Amore: ero Io. Quel giovane fascinoso, esuberante di vita e ricco di nobili ideali: ero Io. AEQVVM TVTICVM pag. 73 Pagine inedite sempre in sintonia con altri organismi ed altri Inconsci similari. Anche per quel che concerne il codice genetico, diciamo che non c’è da escludere la dipendenza del sistema ribosomiale dell’mRNA né tanto meno quella che riguarda l’espressione dinamica del gene o genidio: è ovvio che esso, come substrato materiale di un particolare carattere ereditario, svolge sul piano neuronico-mentale un ruolo di primo piano. Pertanto i geni, raccolti lungo la catena cromosomica in serie lineare, operano attivamente in uno spazio microscopico, ma reale, assolvendo il compito assegnato loro da madre Natura, cioè da Dio, (Natura Increata et Creans). Da ciò è facile comprendere che l’Inconscio Collettivo è un patrimonio ereditario, comune a tutti gli uomini. Esso, infatti, costituisce la vera e propria base dell’anima individuale, nonché il complesso di tutti gli archètipi, intesi come deposito attivo di forze preesistenti per le quali tutte le esperienze umane si perdono nella notte dei tempi. Insito, così, nella memoria genetica non può essere ritenuto un deposito inerte né un desolato campo di ruderi senza vita, ma un sistema dinamico, pronto a reagire per vie invisibili, capace altresì di regolare la vita di ogni individuo. Perciò non abbiamo alcun dubbio circa la dinamica dell’ Inconscio collettivo, nel cui scrigno è depositata tutta la ponderosa massa ereditaria spirituale, accumulatasi durante lo sviluppo dell’intera umanità. È possibile, così, veder rinascere tale massa, tramite l’apparato genico e cromosomico, nella psiche di ogni individuo, legata al substrato biologico specie ai centri nervosi e agli organi endocrini. Essa, mirabilmente si estrinseca mediante particolari aree cerebrali sotto forma di tracce mnesiche più o meno rimarchevoli. L’Io Superiore, pertanto, non rimane inoperoso: esso, assorbendo tutte le tendenze istintive, le piega al dominio della volontà deliberante. Pertanto noi riteniamo non determinanti gli interessanti lavori sperimentali di Bridey-Murphy a favore della tesi reincarnazionistica, in quanto essi non dànno prove sufficienti di validità scientifica. Né sono da considerarsi risolutivi i lavori condotti da Jan Stevenson, dottore in Medicina e professore di Psichiatria dell’Università della Virginia. Tutt’altro. Lo Stevenson ha raccolto, è vero, nel suo aureo trattato “Reincarnazione - 20 casi a sostegno”, del materiale prezioso, mettendo in luce come tale credenza abbia trovato ampio favore in certi strati sociali specie in India, nell’isola di Ceylon, nel Brasile e nell’Alaska sud-orientale. Vada, pertanto, il nostro plauso a questo serio ed impareggiabile studioso, di cui ammiriamo la dottrina e la profonda onestà di scienziato. Infatti egli si limita ad esporre i casi così come gli vengono presentati, ma non si pronuncia né positivamente né negativamente circa la veridicità della dottrina della rinascita. Ed è un fatto innegabile. Nella presentazione dell’opera nella versione italiana, lo Stevenson dice in maniera chiara ed esplicita: “ Mi sono talvolta domandato se ero riuscito a trovare qualche prova di reincarnazione e la risposta è sempre stata decisamente negativa. Né da un singolo caso, né da tutti presi insieme, si ha alcunché che sia una prova di reincarnazione. Ciò che i casi offrono è una raccolta di attestazioni suscettibili di varie interpretazioni, ma certamente suffragano, in forma piuttosto decisa, l’ipotesi che la reincarnazione sia la migliore spiegazione per almeno alcuni di essi”. Ed a pag. 7 aggiunge: “La ricerca sui casi del tipo reincarnazionista è «scienza pura» ed è priva di qualsiasi sviluppo futuro a vantaggio dell’umanità. Tale ricerca è sostenuta dal convincimento che il concetto di reincarnazione possa offrire una terza dimensione della personalità umana, che integri, ma non sostituisca, le nostre conoscenze di genetica e di influenze ambientali nei primi anni di vita. Se le prove della reincarnazione dovessero divenire più evidenti, così da poterla considerare una ipotesi generalmente plausibile, le future generazioni potranno constatare che essa potrà chiarire numerosi problemi riguardanti la personalità umana, che oggi lasciano perplessi gli psicologi dell’infanzia. Le fobie della prima infanzia, per le quali non è possibile trovare spiegazioni nelle prime pag. 74 AEQVVM TVTICVM Pagine inedite per intuizione, una realtà non ben nota a tutti. Egli, a distanza di migliaia e migliaia di anni, in una panoramica retrospettiva, visualizza se stesso sullo scenario dell’Universo. Infatti, Jahvè (Io sono Colui che sono), Dio, nella sua infinita e imperscrutabile prescienza, dopo averlo plasmato nella Mente divina secondo i suoi piani creativi, lo contempla già prima di dare inizio alle opere mirabili della creazione. Jahvè, così, lo vede, sin dall’eternità, ricco di doni carismatici, operare accanto a Lui, come una cosa già cresciuta sia sul piano fisico che su quello morale e sociale. “Il Signore mi creò fin dall’inizio del suo potere, prima delle sue opere, fin d’allora. Dall’eternità fui stabilito: dalle origini, da quelli che furono i primordi della Terra. Quando ancora non c’erano abissi io fui concepito, quando non c’erano sorgenti traboccanti d’acqua. Prima che i monti avessero fondamenta, prima delle colline, io ero nato: quando egli non aveva fatto ancora né terra né campagna né i primi elementi della polvere nel mondo. Quando egli preparava i cieli, io ero la […]. Quando condensò le nubi in alto […], quando regolò le sorgenti degli abissi: allora io gli ero accanto, come una cosa cresciuta insieme a lui: e ogni giorno ero la sua delizia e mi rallegravo di continuo alla sua presenza: mi rallegravo sulla faccia della terra ospitale: e la mia delizia era tra i figli dell’uomo” (Libro dei Proverbi, 8, 22 – 31). Rifacendomi al mio ultimo lavoro “Compendio di Medicina psicosomatica”, nel paragrafo “Le prove scientifiche dell’esistenza dell’anima”, cap. II, ho tentato di dimostrare che gli elettroni, come elementi pensanti, sanno di essere e il loro sapere supera di gran lunga la conoscenza umana. Ed è vero. Sono altresì convinto che l’elettrone, da cui è costituita l’energia animico-spirituale, possiede, oltre alle sue ben note proprietà, delle ignorate potenzialità “psichiche”, delle “quiddità spirituali”, la più mirabile delle quali è la “criptomnesia”, intesa come “memoria nascosta” personale ed extrapersonale, che diventa chiara ed operante in talune circostanze e in particolari momenti della vita. Infatti, memorizzando, esso è in grado di rievocare, in uno stato di coscienza crepuscolare, le passate avventure cosmiche, non sempre individuali, ma, spesso, marcatamente extrapersonali, racchiuse, come archetipi, nell’«Inconscio Collettivo», nel cui strato più profondo si trovano sedimentate tutte le esperienze delle generazioni passate. È ovvio che, secondo i postulati della psicologia analitica, di cui fu antesignano e tenace sostenitore il grande Maestro svizzero, Carl Gustav Jung, un certo strato superficiale dell’Inconscio è senza dubbio personale. Esso, però, poggia sopra stratificazioni più profonde che non derivano da esperienze e acquisizioni personali: è l’Inconscio collettivo che, innato ed ereditabile viene, di generazione in generazione, veicolato dalla coppia genitoriale al momento dell’impatto dei due gameti formanti lo zigote. Su tali stratificazioni, s’inserisce la “memoria genetica”, di cui parleremo, in chiave scientifica, nei capitoli che seguono. È chiaro che gli acidi nucleici (l’acido desossiribonucleico o DNA e l’acido ribonucleico o mRNA), presenti nel citoplasma e nel nucleo degli organismi viventi, sono e resteranno attivi ed operanti per intere generazioni. Essi, costituiti da acido fosforico, combinato da molecole di zucchero con cinque atomi di carbonio (pentosio) e quattro molecole di composti azotati, pervasi, dall’Io Superiore, hanno la facoltà non solo di memorizzare e rievocare il proprio passato, ma soprattutto di far rivivere le esperienze extrapersonali delle generazioni passate, dando luogo agli strani fenomeni di “ipermnesia” e di “pantomnesia”, emergenti dalla nostra memoria nascosta. Tutto ciò, ovviamente, si instaura a meraviglia, stimolato dalle funzioni biochimiche del nostro sistema neuronico e dalla sua dinamica. I neuroni, il cui numero si aggira intorno ai dieci, quindici o venti miliardi, formano il nostro sistema cerebrale; ad essi spetta la trasmissione di interi messaggi che, partendo dalla profondità del nostro Inconscio, investono le diverse parti dell’organismo quasi AEQVVM TVTICVM pag. 75 Pagine inedite e di razionale ci offre la psicologia analitica e la genetica più avanzata. Pertanto aggiungiamo che molte fobie, non avendo come supporto esperienze direttamente vissute dal bambino o dall’uomo adulto nella vita presente, possono benissimo essere spiegate come paure ataviche emergenti dall’Inconscio collettivo e dalla memoria genetica. Una risposta precisa ed analoga alla precedente daremo a David Graham, il quale, nel suo interessante lavoro “Reincarnazione come terapia”, afferma che, a certi fenomeni mnesici, non può darsi altra spiegazione se non ricorrendo alla tesi della rinascita. Noi diciamo, senza infingimenti, che se la sua segretaria Jeany, alla vista del mare tempestoso, riviveva la scena inquietante di un naufragio con la sensazione allucinante della sua morte tra le mascelle di uno squalo gigantesco, il fenomeno insolito è da attribuirsi soltanto alla emersione inopinata di ricordi dall’Inconscio collettivo o extrapersonale e non da quello personale limitato alla vita presente. Certi ricordi vaghi, incerti e nebulosi non possono darci prove irrefutabili di una vita precedentemente vissuta. Tenendo presente che il 100% delle persone rievocano soltanto ricordi di un’unica vita trascorsa dal momento della nascita alla morte, possiamo, senza alcun dubbio, ritenere che i parametri della nostra coscienza vigile sono davvero uniformi, stabili e circoscritti: pertanto, la fenomenologia ipermnesica è da ritenersi soltanto sporadica e abnorme, per cui non prova affatto né la veridicità né la preesistenza dell’anima, così come intesa da Origène, da Carpocrate, da Valentino e da Basilide, né suffraga la tesi reincarnazionistica. Inoltre, aggiungiamo che se un tale soffre di agorafobia, di claustrofobia, di tanatofobia, di talassofobia, di acrofobia, di sitofobia o di siderodromofobia, ecc., non è detto che tutta la vasta gamma di stati fobici sia da collegarsi a vite da noi precedentemente vissute. L’uomo è un essere complesso, dalla cui mente la memoria atavica o genetica emerge talvolta inopinatamente: pertanto essa merita da parte nostra un attento esame e una seria ricerca scientifica. Lo studio da noi condotto mira, così, a chiarire il mistero dell’aldilà e il destino che attende l’uomo nella “vita post mortem”, sulla scorta delle principali religioni del mondo, specie di quelle riguardanti il pensiero orientale, così come delineato dagli antichi classici dell’India: i Veda, le Upanishad e la Bhagavad-Gita. Un posto di rilievo abbiamo dato al pensiero cristiano-cattolico, conformemente all’insegnamento sia del Pentateuco (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio) che del Nuovo Testamento. Dal che tutta l’escatologia religiosa e la vasta casistica ipermnesica e pantomnesica passeranno attraverso il vaglio della psicologia analitica e della scienza d’avanguardia. pag. 76 AEQVVM TVTICVM Pagine inedite esperienze del bambino, sono un esempio di tali problemi, giacché quelle fobie possono derivare da esperienze vissute in una vita precedente. La teoria della reincarnazione, analogamente, ci può aiutare a comprendere la forte tendenza, che certi bambini hanno della primissima infanzia, a indossare vestiti o ad assumere atteggiamenti di persone di sesso opposto, cosa che può verificarsi quando è chiaro che tendenze di questo genere, vengono combattute dai genitori”. Da quanto rilevato, l’opinione dello Stevenson appare molto chiara e suasiva anche se, non fa menzione alcuna circa la dinamica dell’Inconscio collettivo e il ruolo che gli archetipi assumono nella vita di ogni individuo: in tal modo neglige quanto di buono AEQVVM TVTICVM pag. 77 Restauro delle Maioliche Restauro di alcune maioliche provenienti dal Museo Civico e della Ceramica di Ariano Irpino di Mario D’Antuono e Mirko Iorillo D vasi, con integrazioni strutturali, tuttavia, mai ipotetiche e sempre percettibili e distinguibili rispetto alle parti originali; si è optato per un reintegro pittorico “sotto tono”, e il colore delle parti rifatte, come da prassi archeologica, è stato quanto più vicino possibile a quello del corpo ceramico visto in frattura. I manufatti I manufatti oggetto del restauro, tutti prodotti nelle antiche fabbriche di Ariano ed appartenenti a varie classi tipologiche, sono collocabili tra il XIII ed il XX secolo: Cer. Cer. Cer. Cer. Cer. Cer. Cer. Cer. Cer. Cer. 1 Coppetta in protomaiolica, con palma - XIII secolo2. 2 Piatto in protomaiolica decorato con motivo geometrico - XIII secolo3. 3 Coppetta in protomaiolica con decorazione geometrica - XIII/XIV secolo4. 4 Coppetta biansata in maiolica monocroma - XV/XVI secolo5. 5 Coppetta in maiolica, stile compendiario XV/XVI secolo6. 6 Brocca biansata in maiolica “con cipressi , palma e fiori” - XVII secolo7. 7 Piatto in maiolica decorato con “spiga di mais” - XVII secolo8. 8 Saliera in maiolica - XVII secolo9. 9 Albarello in maiolica - XVII secolo. 10 Piatto in maiolica decorato con uccello - XX secolo. Considerate le varie tipologie degli oggetti e soprattutto il loro diverso stato di conservazione, sono state applicate metodiche differenti per ogni singolo intervento; tuttavia, per rendere più semplice il quadro delle operazioni effettuate, si espongono le fasi principali del restauro conservativo condotto. Interventi di pulitura 9) Ibidem, p. 151. pag. 78 AEQVVM TVTICVM Restauro delle Maioliche Cer. 7 urante il mese di novembre 2008, in collaborazione con Keramos-Restauri1, i dott. Mirko Iorillo e Mario D’Antuono, hanno condotto, presso i laboratori siti in Firenze, degli interventi di restauro su alcuni manufatti fittili provenienti dal Museo Civico e della Ceramica di Ariano Irpino (AV). La finalità dell’azione conservativa ha seguito un criterio ibrido, a metà strada tra il restauro “ceramologico” e quello “museale”; ha influito, sulla scelta, la formazione, archeologica, degli operatori. Il restauro ceramico è, infatti, attività rivolta non solo alla conservazione della materia ma anche ad una sua maggiore leggibilità, sia estetica che storica; in base alla finalità dell’intervento stesso, esistono varie metodologie, che, per sommi capi, possono essere classificate come: a) “restauro ceramologico”, che tende a favorire la parte documentaria del manufatto e le sue caratteristiche tecnologiche; b) “restauro per esposizione museale”, che tende a privilegiare la lettura in chiave formale e funzionale dell’oggetto; c) “restauro antiquario”, che preme al collezionista ed ha finalità falsificatorie e mimetiche. La migliore soluzione conservativa, per i manufatti qui presentati, è stata un compromesso tra la destinazione espositiva degli stessi e la possibilità di preservare le loro informazioni archeologiche; dunque un restauro che ha prediletto all’unisono gli aspetti formali, didattici e documentari degli oggetti. Tale prassi è giustificabile se si considera la provenienza di queste ceramiche, le quali, per gran parte, sono state recuperate in contesti di scavo o in ricognizioni superficiali. Le linee guida hanno dunque prediletto la ricomposizione dell’identità morfologica dei 1) Keramos - Restauri, Palazzo dei Pepi, 9 - 50122 Firenze. Resp. Anna Maria Gross. 2) O. D’ANTUONO, La Maiolica delle Antiche Fabbriche di Ariano nel Museo Civico, Catalogo della Ceramica di Ariano Irpino (AV), Ariano, 2008, p. 132. 3) Ibidem, p. 133. 4) Ibidem, p. 130. 5) Ibidem, p. 144. 6) Ibidem, p. 139. 7) Ibidem, p. 152. 8) Ibidem, p. 150. AEQVVM TVTICVM pag. 79 Restauro delle Maioliche Le attività di rimozione, dopo un’accurata documentazione dello stato di fatto, consistono nello scollamento dei frammenti tramite apposito solvente, e nella pulitura delle fratture dagli adesivi e dalle eventuali integrazioni. Interventi di consolidamento Le operazioni di consolidamento sono state necessarie solo per due maioliche, per le quali si è presentato il fenomeno del distacco della copertura. Si tratta di due oggetti databili al XVII secolo: un piatto decorato con “spiga di mais” (Cer. 7) ed una brocca biansata “con cipressi , palma e fiori” (Cer. 6). Il piatto presentava un progressivo distacco dello smalto, probabilmente a causa di efflorescenze, favorito anche dalla presenza di una fitta cavillatura dello smalto stesso; la brocca, oltre a compromettenti interventi di “racconciatura” ed evidentissimi difetti di fabbricazione, presentava il distacco della smaltatura e la presenza di micro crateri causati da granuli di calcare nell’impasto ceramico. Per la ricoesione delle coperte è stato impiegato il noto Paraloid B72, disciolto in apposito solvente. Interventi di incollaggio La ricomposizione dei vari frammenti è stata attuata attraverso l’utilizzo di adesivi Cer. 2 reversibili, quali Movital e K 60. Integrazione delle lacune Con lo scopo di restituire integrità strutturale e morfologica ai manufatti sono state realizzate le integrazioni delle lacune esistenti. Per tali ricostruzioni sono state utilizzate tecniche diverse, tuttavia il materiale reintegrante è stato unicamente gesso dentistico o alabastrino. Per la reintegrazione delle forme aperte (Cer. 2, 7, 10) è stata impiegata la tecnica del “torniello con argilla”, che sfrutta una controforma dell’oggetto, plasmata nell’argilla cruda e adagiata su un tornio da decoratore, entro la quale viene posizionato il frammento originale e poi colato il gesso. pag. 80 AEQVVM TVTICVM Restauro delle Maioliche La pulitura è l’unica operazione che ha carattere di “irreversibilità”; essa va dunque eseguita con lentezza e discernimento, in quanto, molto spesso, ciò che a prima vista può sembrare “sporco” potrebbe costituire testimonianza di quanto è accaduto al manufatto, fornendo informazioni relative al suo utilizzo. L’eliminazione delle incrostazioni avviene tramite l’impiego di reattivi chimici e/o l’utilizzo di azione meccanica, ma, in entrambi i casi, si corre il rischio di provocare danni agli oggetti, soprattutto se essi sono molto porosi e meccanicamente deboli. Nel caso specifico sono stati attuati i seguenti interventi: 1.Lavaggio dei frammenti in acqua e sapone neutro Tween 20. 2.Rimozione delle incrostazioni calcaree, terrose o silicee, presenti sul corpo degli oggetti, tramite l’utilizzo di acidi “deboli” e bisturi. 3.Eliminazione di macchie superficiali dovute alla presenza di composti del ferro e del manganese ed alla alterazione di eventuali resti organici presenti sulla superficie del reperto. 4.Trattamento biocida, contro l’attacco biologico, tramite Biotin R ed Acqua Ossigenata 100 Vol. Rimozione di vecchi restauri Cer. 9 Alcuni degli oggetti hanno mostrato precedenti interventi di ricomposizione, alcuni molto grossolani (come nel caso della brocca biansata, in maiolica, “con cipressi , palma e fiori”, datata al XVII secolo; Cer. 6). Questo fenomeno è piuttosto frequente per i vasi provenienti da collezioni, e, se non si ritiene opportuno conservarlo quale testimonianza, è necessario ricorrere allo smontaggio del vecchio intervento. AEQVVM TVTICVM pag. 81 Restauro delle Maioliche Cer. 2 presentata la possibilità di condurre interventi di restauro sui manufatti ceramici: ciò è dovuto, quasi sempre, alla provenienza, dei manufatti stessi, da collezioni private, e, dunque, al loro ottimo stato di conservazione. Alcuni vecchi restauri, poco scientifici, si notano oggi nella collezione del Museo, essi sono spesso di tipo “antiquariale” e dunque mimetico, confermando la prassi anzidetta. Tali integrazioni, spesso difficilmente individuabili, anche se metodologicamente errate, non vengono quasi mai rimosse, confermando la vocazione “collezionistica” del patrimonio museale. Da pochi anni, la sensibilità dell’ente museale di Ariano Irpino, ha stimolato una attività di raccolta di reperti ceramici su tutto il territorio comunale. Tale operosità ha permesso di rinvenire vasellame ascrivibileaisecoliXIII-XVI,permettendo di retrodatare la produzione ceramica cittadina di vari secoli, e, soprattutto, ha permesso di reperire materiali ignoti al collezionismo antiquario che, per loro natura sono reperti archeologici, anche se decontestualizzati, e come tali devono essere trattati, considerati e conservati. Cer. 6 pag. 82 AEQVVM TVTICVM Restauro delle Maioliche Per le forme chiuse è stato realizzato un “calco in cera dentistica” e, per la reintegrazione di un’ansa tortile (Cer. 6), della gomma siliconica plasmabile. Integrazione decorativa: La fase finale ha previsto una integrazione decorativa, volta a migliorare la lettura dell’intervento di restauro, ma anche ad una più elevata fruizione del bene. La maggior parte dei manufatti ha ricevuto una finitura acrilica, monocroma, con toni che riproducono la colorazione dell’argilla in frattura. Tale prassi garantisce la trasmissione di informazioni sul manufatto, in questo caso relative alle colorazioni degli impasti, dopo che esso è stato ricomposto. Unicamente per due oggetti (Cer. 4-5), rinascimentali, la coppetta biansata in maiolica monocroma bianca e la coppetta in stile compendiario, è stata attuata una integrazione pittorica con “puntinato e selezione cromatica”, tecnica che permette di ricomporre la cromia originale tramite l’utilizzo di piccoli puntini colorati, dei quali la somma cromatica, a debita distanza, riproduce esattamente il tono originale dell’oggetto e garantisce, al tempo stesso, riconoscibilità e neutralità dell’intervento. Conclusioni Gli interventi di restauro rappresentano, nel nostro caso, la fase immediatamente precedente all’esposizione museale; essi hanno il fine di restituire ai manufatti consistenza strutturale, senza comprometterne la leggibilità storica. Nel quadro delle attività condotte dal Museo Civico e della Ceramica di Ariano Irpino, raramente si è AEQVVM TVTICVM Cer. 1 - Coppetta in protomaiolica, con palma - XIII secolo Cer. 2 - Piatto in protomaiolica decorato con motivo geometrico - XIII secolo - pag. 83 Restauro delle Maioliche Cer. 3 - Coppetta in protomaiolica con decorazione geometrica - XIII/XIV secolo - Cer. 4 - Coppetta biansata in maiolica monocroma - XV/XVI secolo - pag. 84 AEQVVM TVTICVM Restauro delle Maioliche Cer. 5 - Coppetta in maiolica, stile compendiario - XV/XVI secolo Cer. 6 - Brocca biansata in maiolica “con cipressi , palma e fiori” - XVII secolo - AEQVVM TVTICVM pag. 85 Restauro delle Maioliche Cer. 7 - Piatto in maiolica decorato con “spiga di mais” - XVII secolo Cer. 8 - Saliera in maiolica - XVII secolo pag. 86 AEQVVM TVTICVM Restauro delle Maioliche Cer. 9 - Albarello in maiolica - XVII secolo Cer. 10 - Piatto in maiolica decorato con uccello - XX secolo AEQVVM TVTICVM pag. 87 Collezione di Arte Contemporanea Intorno alla “Collezione di Arte Contemporanea” del Comune di Ariano di Ottaviano D’Antuono I l 27 settembre 2008, venni invitato presso il locale Auditorium, in occasione della “Giornata Europea del Patrimonio”, da Chiara Lo Conte, Responsabile della Biblioteca comunale “P. S. Mancini” di Ariano, per parlare della “Collezione di Arte Contemporanea”, custodita presso la stessa Biblioteca. Nella circostanza veniva esibito il quadro di Gianni Pisani, “Il Pendolo”, appena restaurato dall’autore. Qualche parola, sul controverso ripristino, bisognerà pure spenderla, visti gli infelici risultati che si sono conseguiti. Una meraviglia, il manufatto informale, prodotto dal Pisani nel 1964, premiato nella Rassegna “Premio Città di Ariano” del 1965, ultimamente esposto nella prima sala della Biblioteca cittadina. Il quadro era intriso di materia, che, rispecchiando interamente il suo periodo storico, portava in sè una carica di energia giovanile ed un drammatico lirismo. Attualmente, dopo il “non necessario” intervento, godiamo di un’opera completamente diversa per contenuti e per forma, “Il Pendolo 2008”, espressione di chi, ormai appagato, “gode del tranquillo mare della sera”. Aggiungo che i risanamenti, quando necessari, si affidano sempre e soltanto a tecnici, che in ogni caso, devono sorvolare sul dialogo artistico. Ritorno a parlare della raccolta, della quale chi mi aveva invitato, conosceva soltanto, e vagamente, che le opere, dipinti e sculture, provenivano da mostre tenutesi in Ariano, negli anni Sessanta del trascorso secolo. Il “Seminario” prevedeva, oltre al mio, vari e più autorevoli interventi. Ci furono relazioni di Nicola Spinosa, Soprintendente ai Beni Storici ed Artistici di Napoli, di Gianni Pisani, pittore e già Direttore dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli, di Domenico Gambacorta, Sindaco di Ariano, di Chiara Lo Conte, che ritorno a ringraziare di cuore, anche da queste righe, rinnovandoLe i migliori auguri per rosei traguardi, principalmente perchè è stata l’unica che abbia mostrato interesse per le opere, delle quali sto argomentando. Non ebbi, in tale avvenimento, tempo sufficiente per esporre, in modo consono, tutto quanto necessitava essere rievocato, per illustrare ad una Comunità, ormai completamente assopita ed asservita, epiche circostanze del passato, gloriosi concittadini scomparsi ed obliati, turpi costumi di una “politichetta” sporcacciona, che ha prodotto soltanto rovine irreversibili e nefandezze. Pensai, quindi, di rendere testimonianza con uno scritto, che coinvolgesse, anche, i concittadini del futuro, che non conosceremo mai, ai quali, possiamo solo chiedere perdono per quanto i Lanzichenecchi locali, hanno loro, vigliaccamente sottratto. Mitici, per la nostra Ariano, gli anni Sessanta del secolo scorso! pag. 88 AEQVVM TVTICVM Collezione di Arte Contemporanea AEQVVM TVTICVM pag. 89 Collezione di Arte Contemporanea Aveva lasciato la nostra comunità, nel decennio precedente, la quotidiana sopravvivenza del Medioevo, conquistando in un battibaleno, acqua corrente, il cesso, carta igienica, lo spazzolino da denti, i profilattici, medicine, il pane bianco e la carne. Un Medioevo che, da noi, era durato, immutabile ed inalterato, qualche millennio! E si iniziò a fantasticare e a sperare. I giovani – ed io con loro – incominciarono a discutere, a chiedere, a pretendere. Parlavano di tutto: anche di Dio, di Politica, di Giustizia, di Amore, di Lavoro, di Libertà e di Arte. Nasceva l’attesa viva e fiduciosa di un futuro bene, in una Città bellissima, protetta, da sempre, da cittadini rispettosi di ogni cosa. Un gioiello il Parco Comunale, amorevolmente protetto dall’erboso, vetusto ed onorato Castello; linde, sconnesse e predilette le affollate strade e viuzze; una Natura gioiosa contornava una Città, vissuta da cittadini operosi ed onesti che si accingevano a costruire il proprio domani nel pieno rispetto della storia. La politica, non da molto riconsegnata al popolo, dopo i disastri e le lacrime del ben noto e famigerato ventennio, era gestita da uomini colti, preparati, scelti fra i migliori, pronti ad amministrare nell’interesse di tutti. E la voglia di libertà ci regalò l’Arte, perché essa è “la creazione di un mondo di Sogno, abbastanza seducente da nasconderci il mondo in cui viviamo e tutti i suoi orrori, la chiave che apre le porte di un mondo, inaccessibile con altri mezzi, in cui tutto sia buono e perfetto, bellezza e perfezione” (A. Camus). Ad Ariano la prima Mostra d’Arte fu allestita nel 1962 (avevo soltanto 16 anni) ed occupava tutto il piano terra del “Palazzo Delle Monache”, il primo “mostro” realizzato in cemento che, ancora oggi, purtroppo, si erge su Piazzale Lusi, prima della Villa Comunale. Quella prima avventura artistica terminò la sera del 21 Agosto dello stesso anno, quando il terremoto scosse la terra e lesionò le nostre anime. Non ci furono morti. Si staccarono i marmi del palazzo, sede della Mostra. Perì soltanto la Chiesa del Calvario, in fretta demolita, e la coscienza cittadina. Giunsero i soldati con tanto latte, arrivò la diarrea e… il Presidente Segni; poi, nel tempo, anche i soldi, gli affari, il malcostume e la mafia politica. Le manifestazioni artistiche erano organizzate, annualmente, dalla “Pro Ariano” – Associazione Turistica, che riceveva contributi dal Comune e dall’E.P.T. di Avellino. Presidente del Sodalizio era il Dott. Domenico Covotta, in seguito ripetutamente Sindaco della Città; Segretario, l’indimenticabile amico, Don Enrico Franza. A Lui, in ricordo, nel 1980, dedicai una mia Mostra Antologica e Luigi De Padua, altro caro amico, nel numero speciale di Ara Iani (23-28. VIII. ’80) così scrisse: “Ma, Ottaviano D’Antuono soprattutto vuole questa manifestazione dedicata alla memoria del rimpianto Enrico Franza di cui l’Ariano - estiva avvertirà sempre il vuoto non colmato che ha lasciato Chi seppe rappresentare con intelligenza e con fervore la Proloco, Chi fu impareggiabile organizzatore e fautore di irresistibili divertimenti, di spettacoli, di ritorni folkloristici che molto contribuirono alla riuscita del turismo locale e la cui risonanza si estese oltre provincia ed anche in campo nazionale in occasione di grandi mostre di pittura”. Don Enrico “prematuramente scomparso all’affetto della famiglia e dei numerosi amici”, era l’anima della Pro Loco, a Lui si stringevano tantissimi giovani (Nicola D’Antuono, Antonio D’Antuono, Tullio De Franco, Ugo Ficuciello, Mario Formato, Leo Del Giacomo, Peppino Russo, Lello Albanese, Cesare De Padua, Cesare Paduano, Gaetano Bevere, Rosalba Albanese, Antonio Grasso, Enzo Polito, Fernando Di Gregorio, Pasquale Moscatelli, Alfonso Grassi, Rocco Lombardi, Ottaviano D’Antuono). La Sua casa era aperta a tutti, pittori e non, si ballava, si cenava, ci si divertiva e si pag. 90 AEQVVM TVTICVM Collezione di Arte Contemporanea AEQVVM TVTICVM pag. 91 Collezione di Arte Contemporanea Della successiva “Rassegna Nazionale di Pittura e Scultura - Premio Città di Ariano” del 1966 (31 luglio, 15 settembre - Palazzo Ducale Caracciolo di Melito) si riporta qualche rigo di quanto detto dai critici, per sottolineare l’importanza di tale evento. “Il senso di una manifestazione come questa di Ariano Irpino credo possa essere quello di offrire ai giovani dell’ultima generazione, ai “ventenni”, una specie di zona franca entro cui proporre con tutta libertà i loro esperimenti, al riparo da certe prevenzioni e da certi tabù che oggi si fanno nuovamente sentire con molta violenza”. (Renato Barilli). “Non credo si possa facilmente negare che il Premio Ariano Irpino 1966 sia coraggioso: e non soltanto perché punta il suo significato e la sua fortuna su una nuovissima generazione di artisti italiani, intendendo dunque inoltrarsi in un terreno ancora poco esplorato e certo tutt’altro che codificato”. (Enrico Crispolti). “Non a caso il Premio Città di Ariano ha aperto i suoi battenti ad artisti giovani che con le loro proposte figurali-espressive sono incidenti sul panorama artistico nazionale ed internazionale e rappresentanti di quanto più autentico (in senso della invenzione e della significazione) venga oggi prodotto dalle nuove leve nel campo delle arti figurative”. (Ciro Ruju). Il cortile, le cantine ed il giardino del Palazzo Ducale, donato dalla Duchessa Isabella Caracciolo di Melito alla Curia Vescovile di Ariano, successivamente ed ingiustamente svenduto a privati, ospitarono questa meravigliosa Rassegna. “Il giorno 31 luglio 1966, alle ore 10,45 la Giuria (Crispolti Enrico, Covotta Domenico, Barilli Renato, Ruju Ciro), sotto la presidenza di Mario Ortu, Vice Sindaco, in sostituzione del Sindaco Fedele Gizzi, per la Pittura, decise di assegnare il Primo premio “ex aequo” a Romano Notari (Processo sofferto) e Fernando De Filippi (Ritratto d’ignoto); per la Scultura, assegnò il primo premio a Giuseppe Pirozzi per l’opera (Dietro la porta ). da dx: Don Enrico Franza - Antonio Manganiello - Giovanni Macchione - Nicola D’Antuono pag. 92 AEQVVM TVTICVM Collezione di Arte Contemporanea lavorava, tutti, per Ariano. Pagava sempre Lui, quando di sera si andava da Carminio “Due Nani” alla Guardia di Sotto, per gustare la “trippa”, “pipilli-patane e salisicchi” o “li ciammaruchelle”. Poi, tutti a lavorare, in allegria, di notte, per preparare gli arredi per Natale o Carnevale, per l’Estate Arianese o per le Mostre. Figlio di Oreste Franza (più volte Sindaco socialista di Ariano nei primi decenni del ‘900), Don Enrico fu un Grande Signore, un Grande Maestro, un Grande Arianese. Cugino del Sen. Enea Franza (M.S.I.), non parlò mai di politica, mai chiese un voto per il proprio congiunto. Altri tempi, altri Uomini, altro stile! Alla fine di questo doveroso e breve ricordo, riporto il testo che si legge sul marmo che chiude la Sua tomba: Solo il magnanimo sentire e la gentilezza amica furono più grande, in lui, dell’amore per Mina sua sposa e per i figli. A me piace rileggerlo in questo modo: Solo l’affetto che nutriva per Ariano e per gli amici Superò l’amore che aveva per la moglie Mina e per i figli Bravo Don Enrico Franza, Grazie! Ormai diciannovenne, partecipai con un mio “lavoro” - Realtà di un mondo perduto - che si inseriva nella “Fumettistica Americana”, al “Terzo Premio Nazionale di Pittura Città di Ariano”, Padiglione E.C.A. dal 19 settembre al 10 ottobre 1965. Il quadro venne molto apprezzato dalla giuria e dal pubblico, anche perché, nei miei discorsi giovanili, venivo seguito assiduamente da mio fratello Nicola, da Tullio De Franco e Ciro Ruju. De Franco, valido pittore ed ottimo disegnatore, era docente di Figura Disegnata, al Liceo Artistico di Salerno. In Ariano, un suo lavoro si conserva nella Sala dell’Ordine degli Avvocati, presso il Tribunale “Ingresso di Ruggero II in Ariano”, altri suoi dipinti si possono ammirare presso il Santuario di Carpignano, in Grottaminarda. Ruju, critico d’Arte, l’ho incontrato di nuovo, dopo quarantadue anni, quale Direttore del Museo Artistico Industriale “Filippo Palizzi” di Napoli, con annesso Istituto Statale d’Arte, quando chiedevo a quell’Istituzione notizie in merito al nostro concittadino Giuseppe Rendesi. Alla terza edizione del 1965, la Giuria (A. De Stefano, F. Gizzi, O.Celeghin, T. De Franco, C. De Paola, A. Miele, O. Zecchino), assegnò il Primo Premio “ex aequo” a Carlo Alfano e Gianni Pisani, il secondo Premio “ex aequo” a Italo Palumbo ed Enrico Ruotolo; altri premi a Gustavo Lo Russo, Alfonso Siano, Lucia Storti, Ettore Brancaccio, Valerio Ferrara, Leo Del Giacomo. Il Padiglione E.C.A., dismesso da tempo, ottimamente restaurato ed imbiancato, suddiviso in tanti piccoli ambienti, ed il Piazzale Pasteni, tutto imbandierato, furono, con gusto, l’originale teatro della manifestazione. I manifesti furono realizzati a mano, uno per uno; enormi cartelloni stradali, sulle Strade Nazionali, pubblicizzavano il meraviglioso sforzo; fortemente scossa restò la comunità locale, guardando le opere informali e le proposte della Pop ed Optical Art. L’eco della Mostra giunse in ogni parte della penisola e di essa parlarono le maggiori testate nazionali; del resto in Italia, per la pubblicizzazione delle nuove proposte d’Arte, a quella data, ci si affidava soltanto alla Biennale di Venezia ed alla Quadriennale di Roma. AEQVVM TVTICVM pag. 93 Collezione di Arte Contemporanea “La Nuova Figurazione e sue Realtà”. Luciano Caramel tra l’altro disse: “E in tale direzione possono essere senz’altro utili anche libere manifestazioni come questa di Ariano Irpino, che mi sembra quindi vadano incoraggiate: pure da esse può infatti venire ai giovani ed ai giovanissimi - ai quali l’iniziativa è dedicata - l’invito - e, anche, l’aiuto - ad essere prima di tutto se stessi, senza cedere ai ricatti di una situazione che avvilisce l’individuo, l’espressione artistica e la stessa positiva esigenza di “oggettività”. Non si può non menzionare, anche, quanto asserì Cesare Vivaldi: “E’ quindi un merito della Mostra di Ariano tentare, ad elevato livello qualitativo, di fare un primo punto della situazione, portando all’esame del pubblico e della critica artisti poco conosciuti (anche se parecchi già affermati, sia pure nell’ambiente ristretto degli intenditori) in un contesto vivacemente dialettico, ricco di opposizioni ma anche di convergenze: le une e le altre destinate a precisarsi e ad approfondirsi nei prossimi anni”. Ma la fantastica vicenda artistica del “Premio Città di Ariano” terminò quell’anno; i “prossimi” non giunsero mai ! Il Sindaco di Ariano, Prof. Fedele Gizzi, che aveva, per più anni, promosso ed appoggiato la meritoria iniziativa, non ebbe dagli alleati politici i dovuti consensi e fu costretto ad interrompere i relativi finanziamenti. Le Città di Milano e di Avellino chiederanno di acquistare i diritti per continuare, a proprio nome, la Rassegna, ma, anche quelle istanze cadranno nel vuoto dell’oblio. E’ necessario onorare, a questo punto, Fedele Gizzi, per i più, Lillino, mio Preside, mio Professore, in seguito mio caro amico. Amministratore comunale, Sindaco di tutti gli Arianesi, ma, principalmente degli umili e degli ultimi che “riscattò e guidò verso mete di elevazione morale e sociale”. Presidente della Provincia, Presidente della Comunità dell’Ufita, Gigante della Cultura e del Teatro; da amico l’ho visto piangere, quando infidi politicanti locali “avevano cercato di infangarLo, attentando, vanamente, alla Sua onorabilità ed alla Sua dignità”. Onde evitare di essere troppo prolissi ed eccessivamente ricercati, si riporta quanto detto, nel 2002, dall’amico Mimmo Cambria, al termine del Suo “Ricordo”, ad un anno dalla morte: “EcomenonricordarLo,ancora,anchedurantequalchecenagoliardicacheorganizzavamo con i fratelli D’Antuono, Nicola Savino ed il Prof. Scapati, dove, tra un bicchiere e l’altro di ottimo Aglianico, non disdegnava raccontarci qualche aneddoto di vita vissuta, recitare una poesia, e perché no …una barzelletta. …Gizzi…….una stella che ha graffiato il firmamento del mondo arianese, passata troppo veloce per apprezzarne i meriti; come veloci sono tutte le cose belle che si aspettano, passano e vanno via…Mentre noi, quasi smarriti, a rimirare il cielo in attesa di un’altra stella”. Bravo Professore Gizzi! Grazie, Maestro ed Amico! Le opere, provenienti dalle varie e non numerose “Rassegne” resteranno affidate alla “Pro Ariano”, collocate nelle tante sale, al primo piano, del Convento degli Agostiniani, a Piazza Ferrara. La numerosa collezione non comprenderà, soltanto, le opere degli Artisti Premiati, ma anche i manufatti donati da tanti partecipanti: in ogni modo non v’era alcun inventario dei quadri e delle sculture! I locali, in seguito, ospiteranno anche diverse mostre, organizzate dal novello “Circolo Artistico” arianese; lo stesso, puntualmente programmerà tante esposizioni in vari punti della Città. I componenti del Sodalizio, ancora, nel tempo, creeranno dividendosi, il “Neo Groupe pag. 94 AEQVVM TVTICVM Collezione di Arte Contemporanea Altri premi ai pittori Elio Parisi, Enzo Polito, Antonio Grasso e Leone Sinibaldi, fra gli artisti irpini accettati e concorrenti alla Rassegna” ; io presentai (Realtà di un mondo nuovo) . “Incoraggiati dall’interesse del pubblico e soprattutto della critica”, R. Barilli, L. Caramel, E. Crispolti, C. Vivaldi e C. Ruju, accetteranno di strutturare anche nel successivo1967 il “ Premio Città di Ariano”. In Villa Comunale si realizzarono eleganti ed immacolati padiglioni e le fiorite aiuole accolsero meravigliose sculture. Dal 5 agosto al 10 settembre, il parco cittadino, tra serate danzanti e ricevimenti, si gremì di migliaia di abbagliati visitatori, mentre una fila interminabile di curiosi si accalcava all’ingresso del padiglione della “ Cinetica”, allestito da Tony Stefanucci, “Clap Show” de Klap et Monstro. Ai pittori Umberto Buscioni e Giuseppe Collina venne assegnato il Primo premio “ex aequo”; per la Scultura, la Giuria decise di assegnare il Premio all’opera di Valeriano Trebbiani, “Delirium tremens”. Per la sezione degli artisti irpini, il Premio “ex aequo” andò ai pittori Ottaviano D’Antuono e Antonio Grasso. In questa occasione, quale “ Edizioni Premio Città di Ariano” a cura di Ciro Ruju e con Prefazione di Giuseppe Marchiori, venne dato alle stampe il Volume dal titolo significativo, Rassegna di Pittura e Scultura “Città di Ariano” - Villa Comunale, 5.VIII.1967. da sx: Ciro Ruju - Fedele Gizzi (alle spalle di Gizzi si intravede Don Enrico Franza) - Pasquale Venezia (Vescovo) - Don Donato Minelli - Antonio Manganiello - Ortensio Zecchino - Don Carminio Lo Surdo - Mario Schiraldi (Capitano C.C.) - Domenico Covotta - Luigi Chianca (in primo piano). AEQVVM TVTICVM pag. 95 Collezione di Arte Contemporanea Artistique”, la “Galleria d’Arte - il Timone” e la “ Bottega d’Arte Klee”; i discorsi artistici in Ariano, troveranno per anni, se pur ridimensionati, terreno fertile. Il 12-11-1975, ancora giovane (all’età di sessant’anni), muore “Don Enrico” e con la Sua prematura dipartita, scomparirà per sempre chi rappresentava in modo essenziale la “Pro Loco”. La stessa Associazione si disciolse, e nel tempo restarono infruttuosi i vari tentativi di tanti “inautentici Presidenti” di riportarla in vita: “Nemo dat quod non habet”, e costoro avevano da elargire soltanto la loro immodesta vanagloria. Prendo a prestito, dal componimento di un anonimo locale, “ Ariano, il Paeso di Filumea” apparso, nel mese di Agosto del 2008, sulle cantonate e in tanti esercizi commerciali di Ariano, alcuni versi che ottimamente descrivono l’Ariano attuale, certi comportamenti e mancati risultati: Nun manca certo la “ Pru Logo” che il bello è già nel logo: Un canciello sgarrupato e na preta mist’a llato! Quanta feste a urganizzate pi quartieri e pi cuntrate, mamma mia, quanta turisti: a milioni !! Tu l’a visti ?? L’ex Convento degli Agostiniani, non più frequentato, sarà abbandonato e svuotato degli arredi e gli oggetti d’arte, trascurati, verranno accantonati nei silenziosi e bui ambienti del Palazzo, cadendo nell’oblio. Nel 1983, dopo tre anni dall’ultimo terremoto, il terzo del secolo XX, che non aveva arrecato danni all’immobile, l’Amministrazione comunale, Sindaco Romolo De Furia, decise di demolire il Convento di S. Agostino a Piazza “Ferrara”. Il nostro impegno non riuscì a salvarlo; neanche conseguì un buon risultato il tentativo di salvare almeno la facciata! Un delitto quell’abbattimento, ma, ancor più aggravato dal fatto che, si demoliva l’immobile con tutto ciò che ancora custodiva. Andò perduto l’Archivio del Carcere, conservato in decine di grandi casse, depositate nei locali a piano terra, e tanti reperti dell’ “Area Riservata” del Tribunale, dimenticati nei sotterranei del Palazzo, quando la sede giudiziaria venne trasferita al Calvario: molte pistole, certamente corpi di reato, e le relative munizioni, le consegnai ai Carabinieri. Sotto le pietre finì anche un antico pianoforte; portai all’esterno, aiutato da passanti, sui marciapiedi verso Via Marconi, un monumentale camino in terracotta, alto circa tre metri, con festoni e cariatidi; nei giorni successivi fu depredato delle decorazioni ed in seguito, il rimanente, sparì nel nulla. Le opere provenienti dal “Premio Città di Ariano”, ammuffite ed ossidate, con l’aiuto di tanti curiosi, riuscii a metterle in salvo, depositandole in un angusto locale, che utilizzavo per dipingere, di proprietà di mio cognato, Antonio Palinuro, nell’Edificio dell’ex “Avviamento”, distante qualche decina di metri, sempre a Piazza “Ferrara”, anch’esso meritevole di essere salvato ed anch’esso distrutto! Ma gli spazi erano limitati e non passò molto tempo che mi vidi costretto a dare in prestito a tanti amici e conoscenti, i quadri e le sculture, con l’impegno di rendere tali opere alla collettività, in tempi migliori. L’anno successivo, 1984, si andava realizzando, adiacente alla cinquecentesca Chiesa di S. Agostino, sul suolo dove sorgeva l’antico “Convento” omonimo, la sconcia facciata in vetro, che ancora oggi offende il buon gusto dei cittadini, dei forestieri e dell’Architettura. pag. 96 AEQVVM TVTICVM Collezione di Arte Contemporanea AEQVVM TVTICVM pag. 97 Collezione di Arte Contemporanea Ciccone, componente del Circolo “Nuova Dimensione” - Arch. Maddalena Marselli della Soprintendenza di Avellino e Salerno. L’Arch. Marselli aveva convocato la riunione “a seguito di una ispezione effettuata dal Ministero dei Beni Culturali in data 29 giugno 1984” e riferì “di aver appreso dallo stesso Ispettore il contenuto del documento, per altro già espresso durante il sopralluogo: l’Ispettore del Ministero giudicava fuori scala la scelta progettuale della facciata vetrata per il prospetto del Palazzo degli Uffici su Via Tribunali”; nel provvedimento scritto figurava anche il motivo: “Tipologia dissonante con l’ambiente circostante”. “Congiuntamente i Sigg.ri Ciccone, Savino, Guardabascio e D’Antuono” dichiararono: “che il Provvedimento dell’Ispettore del Ministero dei BB.CC. fa finalmente luce su una soluzione progettuale atipica rispetto all’ambiente ed al territorio dove si intende ubicarla e che trova concordi i Circoli Culturali che da sempre hanno sollecitato una soluzione alternativa”. (dal verbale sottoscritto dai partecipanti). Il nostro impegno fu totale ed in particolare la dedizione e la determinazione profusa dal compianto amico Don Pasquale Ciccone. Il Provvedimento del Ministero, inviato da Roma, non giunse mai al Comune di Ariano ed oggi criticata anche da coloro che la imposero, quella vetrata, sporca ed annerita, oltraggia, ancora la Piazza; la sua sostituzione, da anni, si inserisce nelle tante, vane, promesse elettorali cittadine! Come non ricordare, a questo punto, il caro Don Pasquale Ciccone, Paladino della Giustizia e della Sincerità, come non descriverlo, anche se brevemente, a quelli che verranno ? Sempre in trincea, per difendere la Città e la Storia! Antico Galantuomo, ignorava gli accomodamenti ed i vantaggi. Aveva fatto Suo, quanto dettato dal medico Santo, Giuseppe Moscati, come fece mio Padre Mario, come ha fatto mio figlio, che porta con onore lo stesso nome: “AMA LA VERITA’, mostrati qual sei e senza infingimenti e senza paure e senza riguardi. E se la Verità ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se il tormento, e tu sopportalo. E se per la Verità dovessi sacrificare te stesso e la tua vita e tu sii forte nel sacrificio”. Grazia Vallone, amica di grande valore, di Lui, ebbe a dire: “la Sua morte ci ha sorpreso come sorprende ogni volta che muore un giovane, quando pensiamo ai progetti, ai desideri e ai sogni infranti per sempre. Il tempo non ha colmato il vuoto, solo la memoria potrà consentire a questa Città di non perdere il senso profondo della vita di uno dei suoi cittadini più illustri”. Bravo, Don Pasquale Ciccone, Ariano tutta, Vi ricorda e Vi ringrazia! Immeritatamente ho avuto nella vita grandi guide, ho conosciuto uomini impavidi ed eccelsi, così distanti dagli smorti, attuali, “cantastorie” buoni a recitare sulle piazze, durante le feste e le fiere paesane, dopo aver “indossato la giubba e dato una spolverata di farina alla faccia”. Il 27 ottobre dell’anno 1991, inviai a Napoli (perché in mio possesso), su richiesta della Soprintendenza ai Beni Artisti e Storici, firmata dal Prof. Nicola Spinosa, la scultura in bronzo e legno di Giuseppe Pirozzi, “Dietro la Porta 1965” in occasione della Mostra: “Nuove tendenze nelle arti a Napoli dal ’45 al ’65” tenutasi a Castel Sant’Elmo. L’opera, che era stata assicurata per un valore di 50 milioni di lire, mi venne restituita il 1° febbraio del 1992; nei due verbali redatti, lo scrivente firmò in veste di proprietario. La stessa, bellissima, scultura del Pirozzi mi venne richiesta dall’Autore per una Mostra Antologica a Lui dedicata dal Comune di Napoli - “Giuseppe Pirozzi” - Napoli, Castel Nuovo - Sala Carlo V - 6 luglio - 5 settembre 2006; riconoscente l’artista, nell’occasione, mi omaggiò di un suo disegno. pag. 98 AEQVVM TVTICVM Collezione di Arte Contemporanea Si cercò di evitare una simile bruttura, chiedendo l’intervento della Soprintendenza ai Beni Storici e Artistici di Avellino e Salerno! Il 25 luglio del 1984, presso la Soprintendenza di Avellino, dietro invito dell’Arch. Marselli, convennero il Sindaco di Ariano, Avv. Pasquale Giovannelli - il Direttore dei Lavori per la Ricostruzione del Palazzo degli Uffici, geom Giuseppe Di Furia - il Sig. Fedele Romano, rappresentante dell’Impresa appaltatrice “Pessina s.p.a” - Ottaviano D’Antuono, Presidente del Circolo Artistico “ Enrico Franza” - Nicola Savino, Vice Presidente dello stesso Circolo - Raffaele Guardabascio, Cassiere del Circolo “Aequum Tuticum” - Pasquale da sx: Nives Molinario - Ottaviano D’Antuono - Nicola D’Antuono - Saverio Baritono - Nicola Savino - Don Pasquale Ciccone - Emilio Chianca - Angelo Riccio. I Rievocazione storica del Dono delle Sante Spine - 10.VIII.1997. AEQVVM TVTICVM pag. 99 Collezione di Arte Contemporanea Nel 1991, il 28 giugno, si inaugurava “il tanto atteso ed auspicato Museo Civico di Ariano”. Voluto dal Sindaco Dott. Domenico Covotta e dal Sen. Prof. Ortensio Zecchino, che avevano fatto proprie le richieste di tanti benemeriti concittadini, l’Istituto realizzava il sogno da sempre accarezzato dalle Associazioni Culturali Cittadine. Nell’occasione, in ogni modo, si avviava soltanto un discorso tutto da concretizzare, cosa che avverrà nel tempo, grazie a serie proposte ed amorevoli premure. L’anno successivo, dopo aver accettato l’invito rivoltomi da chi aveva desiderato questo lieto evento, pensai di richiedere la restituzione, ai detentori dei manufatti artistici, provenienti dai “Premi Città di Ariano”, anche per coprire enormi spazi vuoti, esistenti nella struttura di Palazzo Forte. Nasceva così la Sezione di “Arte Contemporanea” nel Museo Civico di Ariano, visitata, nel tempo, anche dal noto Storico dell’arte, Vittorio Sgarbi. Ma, non tutte le opere vennero restituite; alcuni negarono l’antico impegno, altri le riconsegnarono a malincuore. Ringrazio da queste pagine, ignorando i furfanti e gli indegni, soltanto gli encomiabili: Leonardo Del Giacomo - Antonio Palinuro - Gaetano Bevere - Nicola Savino - Saverio Iandiorio - Antonio Blasi - Donato Caro - Antonio D’Antuono e me stesso. I manufatti che mancavano fra quelli trafugati, in precedenza, nei locali della Pro Loco e nella sede della “Vecchia Biblioteca” in Via D. Anzani, e quelli non resi, erano almeno dieci. Nel 1995, la Sezione artistica del Museo si arricchiva con l’acquisizione di un nuovo quadro del Maestro Carlo Alfano (Paesaggio). L’opera, con l’intervento decisivo del Circolo Culturale “Nuova Dimensione”, venne donata dal Dott. Carlo Meluccio di Avellino. Il Museo, ormai, diventava sempre più una valida realtà, anche grazie al contributo di meritevoli concittadini e valide Associazioni, e gli spazi, nell’ultimo piano di Palazzo Forte, divenivano sempre più angusti. Necessitava, a questo punto, fare delle scelte: preferii ed amai più di ogni altra cosa la “Maiolica di Ariano”. Pensai, quindi, di trasferire, la “Collezione d’Arte” nei nuovi locali, ormai disponibili, della nuova Biblioteca in Via Tribunali, che fu inaugurata Mercoledì 16 settembre 1998. Provvidi anche a far realizzare nuove cornici per i quadri, le basi per le sculture e apposi le targhe con i nomi degli autori ed i titoli delle opere, grazie all’accondiscendenza dell’Assessore alla Cultura del tempo, il Dr. Carmine Grasso. I manufatti furono restaurati, gratuitamente, da chi scrive, per quel minimo che necessitava, perché nel “risanamento”, bisogna agire nella misura più ridotta possibile. Le opere superstiti, attualmente e finalmente, sono state riscoperte e rimesse ufficialmente alla nostra comunità, la quale, in ogni modo, continua a restare assente, a dimenticare e ad ignorare. Mai un grazie a chi salvò dalle macerie, ed a proprie spese, trasportò e custodì per anni anche il portale della Chiesa di S. Francesco, per renderlo, indi, alla Città. Mai un bravo a chi, egualmente, rese le parti superstiti del portale del relativo Convento, ed i sostegni a forma di drago, dell’orologio del vecchio Municipio, oggi “depositate” nelle sale del Castello! Mai una riconoscenza a chi tutelò e riconsegnò le opere, oggetto dell’esposto discorso! Mai una gratificazione a chi, in assoluta solitudine istituzionale, fra mortificazioni ed irrisioni, ha dotato la Città di Ariano di uno dei più apprezzati Musei della Ceramica d’Italia, e non solo, corredando lo stesso di una “Biblioteca di Storia locale” di una “Emeroteca”, di una “Fototeca” e di un “Archivio Storico”. Anzi, “ Dagli all’Untore “ !! Questa è Ariano, questa, malauguratamente, la mia e la Vostra Patria! pag. 100 AEQVVM TVTICVM Collezione di Arte Contemporanea MUSEO CIVICO di Ariano Irpino ELENCO DEI MANUFATTI D’ARTE in deposito presso la Biblioteca Comunale “P.S. MANCINI” (quadri e sculture) 1 AUTORE ALFANO Carlo TITOLO OPERA Disegno Paesaggio * DATA 1965 2 ALFANO Carlo Figura e spazio classico * 1961 3 BUSCIONI Umberto Presenze sull’erba * 1967 4 COLLINA Giuliano La zattera * 1967 5 CUNIBERTI Pier Achille Adamo, un persuasore ed il sole * 1965 6 D’ANTUONO Ottaviano Ricordi * 1967 7 DE FILIPPI Fernando Ritratto d’ignota * 1966 8 FALCIANO Rocco Dietro il castello * 1962 9 FERRARA Valerio Omaggio a Dante * 1965 10 FERRARA Valerio Annunciazione * 1965 11 FERRARA Valerio Annunciazione n. 2 * 1965 12 MAGLIOZZI Lory Paese industriale * 1964 13 NOTARI Romano Processo sofferto * 1965 14 PALUMBO Italo Saigon: La resistenza vive ancora * 1965 15 PARISI Elio Composizione n.1 * 1966 16 PIROZZI Giuseppe Dietro la porta ** 1965 17 PISANI Gianni Il pendolo * 1964 18 POZZATI Concetto Un ritratto? * 1964 19 RUOTOLO Enrico Paesaggio * 1962 20 TRUBBIANI Valeriano Delirium tremens ** 1965 Leggenda: *) - quadro **) - scultura AEQVVM TVTICVM pag. 101 Collezione di Arte Contemporanea Ed oggi, noi, i “Tarantati del Terzo Millennio”, condannati a interpretare, sul palcoscenico della vita, la desolazione di una Comunità, siamo, ancor più, costretti a subire, nelle stesse vetrine della “Sala Mostra” nel Palazzo degli Uffici dove, un tempo, esposero i propri “Dialoghi”, grandi nomi dell’arte e grandi firme, i gretti deserti culturali, miserevoli e farneticanti, di chi offre alla nostra vista, teorie di tovaglie, grembiuli e strofinacci. Che programmi, Che grandi attività, Che ingegni, Che studi……… Che immensi lirismi!! pag. 102 AEQVVM TVTICVM Il Pendolo L’opera di Gianni Pisani “Il Pendolo”, facente parte della collezione di Arte Contemporanea del Comune di Ariano Irpino a cura della Dott.ssa Chiara Lo Conte Istruttore Direttivo della Biblioteca Comunale, presso cui è esposta l’Opera V arie ricostruzioni storiche fanno partire la spinta al rinnovamento dell’arte napoletana del secondo dopoguerra dal Gruppo 58 anticipato all’inizio degli anni ’50 dal M.A.C. (Movimento Arte Concreta) ma un’importanza reale deve avere assunto anche l’attività del Gruppo Sud nonostante la sua breve vita (19471950 anni del dibattito tra realisti ed astrattisti) caratterizzato dalle difficoltà per i giovani artisti di esporre presso gallerie d’arte. Eppure stimoli al rinnovamento dell’arte venivano proprio da alcuni noti pittori che insegnavano all’Accademia negli anni ’40 e ’50 e che hanno lasciato un’impronta nella formazione delle generazioni successive tra cui Emilio Notte, Giovanni Brancaccio, Vincenzo Ciardo, mentre all’Istituto d’Arte Viti, Galante, Verdecchia e Barillà; la scultura era affidata a Monteleone all’Accademia e a Parente e Monaco all’Istituto d’Arte. Già nel 1959 il critico d’arte Lea Vergine aveva pubblicato su una rivista d’avanguardia torinese “I 4 soli” un articolo intitolato Aspetti di vita artistica napoletana; tra gli artisti scelti “a delineare un’immagine della giovane pittura napoletana” c’erano Carlo Alfano e Gianni Pisani che volgevano la propria attività artistica ad un rapido aggiornamento. Basti pensare che - quando Gianni Pisani raggiunse la notorietà nazionale con il premio Cesenatico assegnato al suo dipinto “Crocifissione”, pubblicato anche nello stesso anno sulla rivista “Comunità”1 tra le premesse della giovane pittura italiana Nel corso degli anni l’opera di Pisani si arricchisce ed approfondisce di più complessi livelli di lettura e riferimento: l’uso favolistica, sganciato dal ruolo di definizione cromatica delle cose, del colore di Chagall, gli incantamenti geometrico-coloristici di Klee o ancora – fu Causa a notarlo- le strutture liriche di PoliaKoff. Sostanziale appare la sua profonda aderenza alla logica costruttiva del dipinto tramite il colore, lo spazio, la luce dell’opera di Burri, nella elaborazione un decantato assetto compositivo in cui si ordinava la stesura cromatica, a tutto ciò la dimensione pittorica di Pisani intrecciava autonomamente la memoria autobiografica, cui sempre rimandano i dipinti e i loro titoli, e quasi inconsapevolmente tracciava in essi una trama d’ombre e colori, di sentimenti di affetti, che ne costituivano l’ossatura. Tre sono i temi costanti nell’opera di Gianni Pisani: L’eros, la morte, l’incertezza della vicenda quotidiana. 1) R. Giani, La pittura dei giovani, in “Comunità” n. 33, anno IX, ottobre 1995. 2) I promotori del Premio città di Ariano erano: Comune di Ariano Irpino, associazione Turistica Pro-Ariano con il patrocinio AEQVVM TVTICVM pag. 103 Il Pendolo gli dà fuoco anche figuratamene, poi, li rimargina: ingenuità da apprendista stregone che tuttavia hanno vicino, a vista d’occhio, un riferimento naturale con i ribollimenti deiCampi Flegrei, le ceneri, le colate di lava e quel sogno incubo familiare del vulcano che fuma ed erutta.”7 Nell’intervista fatta da Filomena Sardella del ’86-99 a Gianni Pisani l’artista sosteneva:” Io credo che le cose non vengano automaticamente. Bisogna avere un progetto, bisogna credere nel progetto, bisogna credere nelle persone, saper presentare il progetto a chi può dare una mano per realizzarlo, così da entusiasmare gli altri…se si vogliono realizzare le cose, non devono esserci interessi personali, ma bisogna coinvolgere tutti gli altri per operazioni che, seppur sviluppandosi nel chiuso di una Istituzione, siano valide per la città. L’impegno sta nel far capire che il progetto migliora tutti.”8 Questo è quello che è successo ad Ariano, quando spinta dall’amore per l’arte la sottoscritta si è intestardita nel voler conoscere personalmente il pittore Giani Pisani per fargli una proposta: restaurare il quadro “il pendolo” conservato presso la biblioteca comunale di Ariano Irpino. L’opera aveva subito dal 1964 alcuni danni ed era già stata ripresa una volta dal responsabile del Museo Civico Ottaviano D’Antuono, vincitore anche lui tra i giovani talenti irpini al Pemio Città di Ariano. L’incontro con Pisani e la sottoscritta è avvenuto il 18 febbraio presso la chiesa di Santa Maria La Nova a Napoli in occasione dell’Inaugurazione del Secondo anno di attività dell’ARCA (Museo dell’Arte Religiosa Contemporanea), in cui veniva esposta l’ultima opera di Giani Pisani: L’Ultima cena prima di essere collocata in Santa Maria della Sanità. Nel vedere entrare Pisani mi sono a lui avvicinata dicendo “Maestro è un piacere poterla conoscere” lui mi ha stretto la mano e si è fatto accompagnare nella sala, poi, dopo aver scambiato due parole su chi fossi e perché ero lì mi disse: “ci vediamo domani alle 9.00 nel mio studio”. Non mi sembrava vero! così la mattina seguente, puntualissima, mi sono presentata alla sua porta e dopo il caffè abbiamo inziato a raccontarci tante cose della nostra vita fino a quando gli ho parlato del quadro. Pisani era felicissimo, si ricordava benissimo dell’esperienza vissuta ad Ariano e della vittoria a pari merito con il suo caro amico Carlo Alfano, mi ha invitata a informare il Sindaco della sua decisione di accettare la mia proposta così da portargli il quadro al più presto. Nei giorni seguenti mi sono data da fare per preparare tutto il necessario ed in data 12/08/2008 è stato firmato il contratto nel quale l’amministrazione Comunale si impe-gnava, in occasione della restituzione dell’opera, ad organizzare un Seminario di arte contemporanea. …. Il mattino del 13 agosto 2008 riportava il seguente articolo di PAOLA DE CIUCEIS: Un insolito baratto. Scorte di frutta, vino, salumi e formaggi irpini - in poche parole i più noti prodotti tipici della gastronomia del luogo - e, ancora, aragoste e champagne. Il 4) 5) 6) 7) 8) 9) danni causò anche la perdita di alcune delle opere presentate, ma nonostante tutto la città volle con grossi sacrifici continuare ad organizzare il Premio negli anni seguenti. Cfr. dall’introduzione al catalogo Premio città di Ariano: rassegna nazionale di pittura e scultura a cura di Ciro Ruju, Ariano Irpino 1966 Cfr. dal testo critico di Ciro Ruju nel catalogo Premio città di Ariano: rassegna nazionale di pittura e scultura a cura di Ciro Ruju, Ariano Irpino 1966 Cfr. dal testo critico di Ciro Ruju nel catalogo Premio città di Ariano: rassegna nazionale di pittura e scultura a cura di Ciro Ruju, Ariano Irpino 1967 Tratto dal catalogo Luce al cemento di Gianni Pisani. La mostra si è tenuta dal 23 novembre 2007 al 9 gennaio 2008, presso la sede dell’associazione culturale HDE. Sul recto del catalogo era riportata la foto di pisani giovanissimo che con la fracassa ultima il quadro “Il pendolo” di proprietà del comune di Ariano Irpino (Av). Tratto dal catalogo Alcune storie di Gianni Pisani settembre 1999 Palazzo reale Napoli, pag. 209. Tratto da La Repubblica del 30-09-2008 articolo di Mario Franco intitolato Ariano Irpino, il Pisani restaurato, un’opera del 1964 dell’artista recuperata e restituita al Comune. pag. 104 AEQVVM TVTICVM Il Pendolo Giovanissimo Pisani partecipò al Premio Città di Ariano: Rassegna nazionale di pittura e scultura a cura di Ciro Ruju2 vincendo nel 1964 il primo premio a pari merito con Carlo Alfano. il Premio Città di Ariano ebbe diverse edizioni a partire dal 19623 al 1967 e divenne negli anni sempre più importante, infatti, si poneva l’obiettivo di offrire al pubblico campano un panorama artisticamente valido della giovane pittura italiana. In occasioni dell’edizione del 1966 il critico d’arte Ciro Ruju, sottolineava la validità del premio Città di Ariano affermando che “in Campania e soprattutto a Napoli i premi tipo “Posillipo” o “Il ragazzo della via Gluck” di Torre Annunziata, proprio nella loro dimensione Fieristica non vengono strutturati con un intento culturale, intento che bisogna riconoscere invece al Premio Città di Ariano che, come facilmente si potrà notare dalle opere, è basato principalmente su un proposito documentativo che non elude l’impegno di una scelta culturale che viene ad offrirsi dalle proposte espressive degli artisti presenti…L’auspicio è che il Premio Città di Ariano possa per gli anni avvenire trovare sempre più larghi e meritati consensi e essere valido fautore di informazione culturale che contribuisca a colmare una lacuna tutt’ora sensibile nella nostra regione”4. Nella presentazione al catalogo della rassegna arianese del 1966 aggiungeva Enrico Crispolti che non si può negare che il Premio Ariano Irpino sia coraggioso perché punta il suo significato e la sua fortuna su una nuovissima generazione di artisti italiani, e perché allarga lo sguardo oltre le tradizionali <correnti> e <tendenze> col loro logoro e stancante formulario. Infine sempre nel catalogo alla rassegna arianese del 1966 il testo critico di Ciro Ruju sottolineava: “… il premio Città di Ariano ha aperto i suoi battenti ad artisti giovani che con le loro proposte figurali-espressive sono incidenti sul panorama artistico nazionale e internazionale e rappresentanti di quanto più autentico (in senso della invenzione e della significazione) venga oggi prodotto dalle nuove leve nel campo delle arti figurative.”5 In occasione della rassegna datata 1967 Ciro Ruju però già sottolineava: “incoraggiati dall’interesse del pubblico e soprattutto della critica abbiamo accettato di strutturare anche quest’anno il Premio Città di Ariano …. (e quindi vogliamo ringraziare il Prof. Fedele Gizzi Sindaco e tutta la giunta comunale e quanti hanno fatto perché la mostra si realizzasse). Allo stesso tempo si rammaricava che resti (tranne la Rassegna Amalfi) isolata e unico tentativo di divulgazione di problemi culturali nel nostro meridione. Noi dal nostro canto non ci stancheremo mai di rinfacciare le responsabilità a quanti per una voluta pigrizia mentale o peggio ancora per il solito e precipuo detto napoletano “tiramm a campà” sviano il problema artistico - culturale con rassegne che per noi (pure) meridionalisti dovrebbero essere di disdoro.”6 Tornando a Gianni Pisani, l’opera presentata al Premio Città di Ariano fu “il pendolo” del 1964, una meravigliosa tela le cui superfici sono caratterizzate da una maggiore attenzione verso le possibilità espressive della stessa materia pittorica disposta in pezzature violentemente contrapposte nei valori cromatici generalmente caratterizzati da toni caldi e bruciati; infatti all’affacciarsi degli anni ’60 l’artista sperimentava la densità della materia attraverso l’utilizzo anche del cemento, presente nell’opera in questione “il pendolo”. Approposito della tecnica di Pisani scriveva Luigi Carluccio nel 1958 “… c’è una straordinaria coerenza nelle opere di Gianni Pisani che si esprime in termini di gentilezza e di grazia, anche quando il giovane pittore complica la sua tecnica con qualche artificio e, seguendo la corrente, accumula sulla tela spessori di paste pittoriche, li aggruma, li irrita, dell’E.P.T di Avellino. Alla mostra nazionale d’arte contemporanea si partecipava unicamente per invito da parte della commissione composta da: Prof. Renato Barilli critico d’arte, Prof Enrico Crispoli critico d’arte, Prof. Ciro Ruju critico d’arte. Alla rassegna era abbinata una mostra di pittura riservata agli artisti dell’Irpinia. 3) Proprio nel ’62 a chiusura della manifestazione Ariano e l’Irpinia tutta subirono il disastroso terremoto che oltre ai vari AEQVVM TVTICVM pag. 105 Il Pendolo “il pendolo” che fa parte della collezione civica di arte contemporanea, acquisita tra gli anni 1965 e 1967 e che comprende opere di Valerio Ferrara, Carlo Alfano, Pier Achille Cuniberti,ConcettoPozzati,GianniPisani,RoccoFalciano,GiulianoCollina,ErricoRuotolo, Lory Magliozzi, Umberto Buscioni, Romano Notari, Ferdinando de Filippi e sculture di Giuseppe Pirozzi e Valeriano Trubbiani. L’opera restaurata di Pisani appartiene al suo felice momento di sintesi tra una sorta di espressionismo astratto e le nascenti istanze della nuova figurazione, è un dipinto particolarmente interessante e raro. Un’opera in cui forma e colore si pongono come forza autonoma, capace di riguardare il mondo della rappresentazione: non nel senso che l’opera proponga dei significati, ma nel senso che si configura come negazione del reale e fabbrica di fascinazione, oggettualità pura. Un’opera giovanile che risente dell’infuenza geometrico-materica, molto viva nell’Accademia napoletana9” Al Seminario di Arte Contemporanea del 4 ottobre 2008, coordinato dalla responsabile della Biblioteca Pasquale Stanislao Mancini, Chiara Lo Conte, il Prof. Nicola Spinosa ha ricordato il periodo artistico in cui si è formato l’artista e il suo giovanile entusiasmo per il mondo dell’arte contemporanea, Gianni Pisani ha proposto un DVD in cui è narrata per immagini la sua carriera in settantatre anni di pittura, sottolineando, durante lo scorrere delle immagini, che “raccontare a me stesso quello che accade tutti i giorni la mattina quando mi sveglio è la mia maniera per raccontarmi agli altri e di dipingere o fare cattive sculture”. Il prof. Ottaviano d’Antuono, responsabile del Museo civico e della ceramica di Ariano, ha riproposto la storia del “Premio città di Ariano” ed ha accompagnato gli ospiti in una visita ragionata alla collezione. pag. 106 AEQVVM TVTICVM Il Pendolo tutto in cambio del restauro di una sua opera. Una stravaganza estiva? Una performance artistica? Piuttosto un atto d’amore dovuto. «Come quello di un padre per la propria prole già che considero i miei lavori dei figli di cui prendermi cura», racconta divertito l’artista napoletano Gianni Pisani che, ieri, nella sua casa studio di Napoli, ha ricevuto la delegazione del Comune di Ariano Irpino venuta a consegnargli il curioso paniere di vivande pattuito come ricompensa per l’intervento di risanamento di cui l’opera necessita. Il dipinto in questione è «Il pendolo», una vivace pittura di grande formato nella quale - colori dominati tutti quelli dell’arcobaleno, dunque, le ben note nuance di rosa, azzurro, verde di Pisani - campeggia un orologio antico di fattura barocca le cui lancette sono metafora degli attimi salienti della vita. «Naturalmente è una mia personalissima interpretazione della vita. Lo dipinsi quasi mezzo secolo fa quando, erano gli anni 1962-63, con Carlo Alfano vincemmo ex aequo il premio Città di Ariano», un concorso d’arte con una commissione, presidente della giuria era Ciro Ruju, il cui obiettivo era la selezione di lavori per la costituzione di un primo nucleo di una piccola collezione civica d’arte contemporanea del comune di Ariano Irpino. Quanto al restauro, l’occasione nasce su iniziativa del nuovo Istruttore direttivo della biblioteca comunale che, per conto del sindaco di Ariano Domenico Gambacorta, continua il maestro Pisani, «mi ha contattato per farsi consigliare il nome di un restauratore cui affidare il mio lavoro e quello del compianto Alfano per il quale ho suggerito di contattare la figlia; per il mio, invece, siccome sono un buon chirurgo, oltre che un buon genitore, ho pensato di intervenire personalmente. E così si farà, non potrebbe essere altrimenti e senza nessun compenso se non un dono rappresentativo della terra che, oggi e per il futuro, custodirà la mia creatura. Solo un riconoscimento simbolico, una gratificazione per me e per quel gruppo di artisti - Augusto Perez, Emilio Notte, Guido Biasi, Mario Persico, Domenico Spinosa, Renato Barisani - che, assieme a me, sono i dimenticati protagonisti di un’epoca densa di fermenti artistici». Tra le parti, un vero e proprio contratto che, dopo il primo acconto in beni alimentari, impegna Pisani a restaurare entro settembre prossimo l’opera e a riconsegnarla alla cittadina avellinese nel corso di una manifestazione pubblica; un seminario durante il quale il maestro ricorderà la figura di Carlo Alfano, la temperie culturale del tempo e ripercorrerà le tappe essenziali della propria vicenda artistica. «È a questo che servono aragoste e champagne - conclude sornione Gianni Pisani - a brindare alla ritrovata attenzione per quello che negli ormai lontano Sessanta erano dei giovani artisti ed oggi sono la memoria della storia». Giunti, dunque, a pochi giorni dal Seminario, quest’ultimo è stato pubblicizzato, tra gli altri quotidiani, anche su un articolo di Repubblica: “Il Comune di Ariano Irpino partecipa alle Giornate Europee del Patrimonio con un Seminario di arte contemporanea dal titolo “Arte ad Ariano” presieduto da Nicola Spinosa, Soprintendente per il Polo Museale Napoletano, che si terrà presso l’Auditorium comunale e la biblioteca comunale. Il Sindaco Domenico Gambacorta, ha commissionato al maestro Gianni Pisani il restauro del quadro AEQVVM TVTICVM pag. 107 Tommaso e Francesco Antonio Vitale Tommaso e Francesco Antonio Vitale Suggestioni del bicentenario della morte di Giovanni Orsogna “De Jure Signaturae Iustitiae in ordinem redacto Commentarius, Roma ,1756, altra edizione , 1. Storia Diplomatica de’Senatori di Roma dalla decadenza dell’impero romano fino ai nostri tempi, Roma, 1791, (ristampata cura del Senato della Repubblica nel 1995. quest’opera fece scalpore per il calore suscitato nella roma papale e oggetto di censura per un’opera della Dataria Apostolica 2. Le memorie istoriche e Segrete del Conclave del Pontefice Pio VI eletto il mercoledì 15 febbraio dell’anno 1775, Ms. in Archivio Museo Civico di Ariano Irpino, fondo dono dott. Enzo Pisapia. 3. Memorie anecdote della vita ed opere di Francesco Antonio Vitale, autobiografia, Ms. in Fondo Enzo Pisapia, o.c. Archivio Museo Civico di Ariano.2 L Mazza Felice, Ricorrendo il primo centenario dalla morte del patrizio D. Francesco Antonio, Vitale, frontespizio, opuscolo Nacque in Ariano nella parrocchia di S. Pietro Apostolo della Guardia il 15.4.1724, dopo aver compiuto gli studi inferiori nella sua città natale, perfezionò gli studi a Napoli, studiando teologia e diritto, alla scuola del celebre giurista Abate Francesco Rapolla ( ), in seguito divenuto Presidente della Regia Camera della Sommaria. pag. 108 AEQVVM TVTICVM Tommaso e Francesco Antonio Vitale 1. Introduzione a città di Ariano Irpino si appresta a vivere due eventi importanti per la peculiarità dei personaggi illustri arianesi che hanno segnato e scritto pagine significative di storia per la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio storico del nostro territorio. Infatti nel 2009 ricorrono due bicentenari, quello della nascita di Pietro Paolo Parzanese (1809-1852) e quello della morte di Tommaso Vitale (1809), se si aggiunge quello dimenticato del fratello Abate Francesco Antonio morto nel 1803, diventano un’occasione per non dimenticare quanti hanno contribuito a far assurgere la nostra città ad una dimensione superiore e di rinascita. Non si possono disgiungere i due illustri fratelli Vitale, perché sono stati sempre insieme, e per lunghi anni hanno raccolto documenti e cercato di riscrivere la storia della città. Nel panorama della storiografia della nostra regione possono essere considerati i pionieri, per il metodo, lo sforzo e la serietà della critica, tanto che i Vitale hanno rappresentato non solo per Ariano, ma anche per il nostro territorio regionale, un serio punto di riferimento. Numerosi convegni e i migliori storici contemporanei hanno riconosciuto il merito soprattutto a Tommaso, con la pubblicazione della Storia della Regia Città di Ariano (Roma, 1783), sicuramente punto focale di riferimento per la mole di documenti attinti dalle fonti ecclesiastiche della diocesi, dai rogiti notarili e dalle memorie raccordate dell’epoca. Peccato che il nostro Tommaso non ha riportato la mole documentaria dell’Archivio Capitolare con il suo fondo delle pergamene, delle fonti dei parlamenti dell’Università e quelle del Grande Archivio di Napoli, forse ritenute non di grande attenzione. Resta comunque di attualità il taglio dato alla storiografia indirizzato alla storia ecclesiastica e civile, canoni osservati nel periodo del Settecento. Dopo la morte dei Fratelli Vitale, ci sono stati alcuni tentativi di continuare la storia, e fu coinvolto anche il nostro Parzanese,1 che ricusò lì’incarico adducendo motivi personali e pastorali che lo distoglievano da una ricerca approfondita, tuttavia il cantore della poesia popolare non fece macnare il suo contributo con alcuni articoli specie quello sulla storia dei vescovi di Ariano e con le sue poetiche e personali pennellate su Ariano comparse nei giornali napoletani e sul Poliorama Pittoresco. Francesco Antonio Vitale (1724 - 1803), è stato una delle figure più interessanti arianesi del Settecento, abate, storico e giurista. Tra le sue opere rilevanti figurano secondo l’ordine cronologico: 1. Delle Lodi del cardinale di S. Romana Chiesa maercello Pompeo Passari, Orazione di F. A. Vitale, nobile di Ariano, s.l. e d. ma 1742, ms. p. 6 1) Questa città, sulla etimologia del cui nome si sono fatte mille congetture, noi la diremmo così nominata ab Ara Iani, per qualche sacello edificato anticamente su questo colle in onore di Giano. Essa giace per lungo edificata su tre colline delle ultime degli Appennini verso la Puglia, guarda mezzogiorno e settentrione; e sta propriamente sul confine settentrionale dell’antico Sannio Irpino. Città è questa sorta nei primi del cristianesimo; e, come asseriscono Tommaso Vitale e Nicolai, si vorrebbe sorta dalle rovine del prossimo Equotutico, o da una colonia di là recatasi ad abitare le alture. Nei mezzi tempi fu rinomata per coraggio, per lealtà e per sciagure immeritate; spesso arsa e saccheggiata; dai terremoti distrutta più volte; guernita di un castello inespugnabile; soggiorno di Ruggiero il Normanno, che vi tenne parlamento; vi fu coniato il “ducato”; fu capo di una potente contea e patria di uomini santi e illustri. Parzanese, 2) VITALE Francesco Antonio, , Memorie Istoriche e Segrete del Conclave del Pontefice Pio VI eletto Mercoledì 15 Febbraio 1775, (cur. Ortensio Zecchino), Catanzaro, 2005, Rubbettino Ed. o-c., AEQVVM TVTICVM pag. 109 Tommaso e Francesco Antonio Vitale ROMANAE. PONTIFICIAE, BAVARICAE. NEAPOLITANAE PANORMITANARVM. ACADEMIAR. SOCIVS FIRMIORIS . CLARISS. AMICITAE VIROR, CVLTOR. DOMESTICA. BIBLIOTHECA . RARISSIMIS CODICIBUS LOCVPLETATA. NATVS XV KAL. MAIAS AN . CICDCCIV. REDX IN PATRIAM IN DOMINO QVIEVIT. IV KAL. DECEMBRES AN. CICDCCCIII V.I.D. D. THOMAS. FRATRI INCOMPARABILI ET BENEMERENTISSIMO. P.C. Altra epigrafe ricorda l’altare gentilizio della famiglia Vitale voluto da Mons. Emerico Pisapia, pronipote dello storico Tommaso Vitale: ALTARE HOC GENTIS VITALE A.D. MDCCX ERECTVM EMERICVS PISAPIA PROTON. AP. A.I.P. ECCL. CATH. CAN, POENINT. ET HAERES EX MARMORE RESTITVIT ANN.R.S. MCMXXII TOMMASO VITALE5 (1727-1809) La personalità acuta e poliedrica di Tommaso Vitale resta il punto cardine della storiografia arianese, auspicando che il bicentenario della sua morte non sia solo un atto celebrativo ma un’occasione di rilettura e di attualizzazione degli scritti editi ed inediti, da queste colonne si vuole esprimere la nostra gratitudine per un professionista, giureconsulto dalle rare doti di studioso e di innamorato della sua città natale. Nel settecento ha rappresentato un sicuro punto di riferimento insieme al fratello l’abate Francescantonio, per la storia e il costume, potremmo a buon diritto parlare di scuola “Vitaliana”. Nel Museo civico di Ariano Irpino, grazie alla donazione di Enzo Pisapia, vi è il fondo di carte provenienti dal copioso archivio della Famiglia Vitale, mentre per l’Abate Francesco Antonio si conservano diversi ms., del nostro Tommaso si conservano solo due lettere che qui riproduciamo. Molto è andato perduto nella dispersione della Biblioteca e dell’Archivio Vitale. Tuttavia si è grati agli eredi della Famiglia per il dono che hanno fatto alla città di Ariano Irpino. Non è stata ancora scritta una biografia del celebre storico Tommaso P. Flammia e di D. Felice Mazza hanno tessuto un primo profilo biografico, successivamente Giandomenico Mazza6 nella sua opera ne traccia un profilo esauriente, resta da integrare con gli ultimi ritrovamenti e ricerche. storico. 4) FLAMMIA Nicola, Elogio funebre del patrizio D. Tommaso Vitale autore della storia di Ariano di Puglia, letto nella chiesa di S. Agostino la mattina del 2 settembre 1909 nei solenni funerali per il centesimo anniversario della sua morte / N. Flammia Ariano: Stab. tip. Appulo-Irpino, 1909, questo opuscolo, andrebbe ripubblicato, anche in considerazione della serie interessante di notizie, collegate al centenario della morte del Vitale., o.c. 5) FLAMMIA NICOLA, pag. 110 AEQVVM TVTICVM Tommaso e Francesco Antonio Vitale Il padre era il giureconsulto e “profondo conoscitore di storia sacra e profana e autore di diversi scritti, purtroppo andati perduti3 . Nicola Vitale (della discendente normanna Anna Rago4 giovane dalle belle promesse), ventiquattrenne, dopo l’ordinazione sacerdote, dopo il 1744 si trasferì a Roma e si inserì negli ambienti curiali romani, protetto ed incoraggiato dal concittadino il Cardinale Passeri, esordendo già diciottenne con l’orazione funebre in lode del cardinale Marcello Pompeo Passari, nell’accademia del Buon Gusto (“Delle Lodi del cardinale di S. Romana Chiesa Marcello Pompeo Passari, Orazione di F. A. Vitale, nobile di Ariano, s.l. e d. ma 1742, ms. p. 6). La lunga permanenza di Roma, ben 52 anni, gli consentì di essere apprezzato come sacerdote, storico e cultore nelle varie congregazioni, i cardinali Marcello e Filippo Passari furono suoi protettori e ad esso fu legato da profonda amicizia. Giureconsulto famoso e scaltro nella diplomazia ebbe rapporti di amicizia e fu insignito di diversi titoli accademici, ritornato ad Ariano trascorse tra gli affetti famigliari gli ultimi anni, anche perché era poco incline alle idee rivoluzionarie venute dalla Francia. Insignito del titolo canonicale dal capitolo di S. Pietro, sua parrocchia natale, godeva altresì del titolo di Abate del beneficio di S. Stefano a S. Maria Capua Vetere. Nel 1756 pubblicò a Roma la brillante dissertazione in latino sulla costantiniana vescovile basilica di S. Maria Capua Vetere; per la complessa edizione si suppone che da molti anni beneficava del titolo. Scrisse molto sugli svariati argomenti compresi quelli di archeologia e fu lodato dal giornale letterario tedesco “Gota” del 4.7.1789, da qui si ricava l’elogio: ISCRIZIONE A.P. O IN PROXIMO MAIORUM CONDITORIO DIEM NOVISSIMUM EXPECTAT J.C. FRANCISCUS ANT. NICOLAI U.I.D. ET. THE. RESIAE DE RAHO. ARIANENS PATRICIORUM. FILIVS VITALIS QVI IN LII ANNOT. ROMANO DOMICILIO HVIVS AB. COL. EC. CANONIVS DESIGNATVS PRAEFECTVRA. EPISCOPALIS.COSTANTINIANAE ECCLESIAE.S. STEPH. AD CAPVAM VETEREM ALIISQVE. SACERDOTIIS INSIGNITVS. OPERIBUS.LEGALIB. LITURGICIS.HISTORICIS DIPLOMATICIS, ET RECONDITIORIS. ERVDITIONIAS MAGNO NVMERO EDITIS 3) DI FRONZO Pasquale, Il clero altirpino nell’arco del secondo millennio, Nusco, 1995, Poligraficam Irpina, 118-120 pp. Il Di Fronzo è stato tra i contemporanei a tracciare un breve ma significativo profilo biografico, inquadrando la fruga nel contesto AEQVVM TVTICVM pag. 111 Tommaso e Francesco Antonio Vitale Echi del 1° Centenario della morte di Tommaso Vitale. REV.MO SIGNOR CANONICO, A me sembra che un po’ di storia, trattandosi di un lavoro storico, non debba nuocere come prefazione al discorso letto per commemorare il suo bisavolo nel centenario della morte di esso. Quando io tra il 60 ed il 70 mi trovavo in condizione di non poter venire in Ariano, poiché da scolaretto avevo sentito parlare con lode della storia di Vitale, mi feci spedire i due preziosi volumi a Roma; cioè La Storia di Tommaso e Le Memorie Storiche degli Uomini Illustri del dottissimo prelato suo fratello Francesco Antonio, con intenzione di ricavarne articoli atti ad eccitare lo studio dei concittadini sulle patrie memorie. Essendo però lontano e poco istruito su tutti i documenti accessori dovetti rinunziare al proposito Ella sa che da 20 anni ho speso tempo, pazienza e moneto, per raccogliere tutte le notizie onde continuare la storia, e feci nel 1893 - La Storia di Ariano - col proposito di continuare quella pregevolissima del Vitale e raccogliere anche in modo incompleto tutti quei documenti che trovai dispersi, e che riflettevano gli avvenimenti tempestosi del periodo turbolento, prima della repubblica partenopea, poi del dominio francese di Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murai, poi dei ‘movimenti per la costituzione e finalmente del periodo sanguinoso del 60 e dello stabilimento dell’ attuale governo. Il geniale nostro poeta ed oratore Pietro Paolo Parzanese fin dal 1846 aveva affermalo in un articolo pubblicato sul periadico “ Poliorama Pittoresco ” che Ariano era nata dalle colonie fuggite da Equotutico nel medioevo. Al Parzanese si rivolse con lettera un certo Intonti nel 1851, perché continuasse la storia di Ariano; ma egli se ne scusò per le ‘mol teplici occupazioni e per la mal ferma salute. Altri .scrivendo dell’ origine di Ariano la fecero nata nei tempi romani ed anche anteriori. Vitale era stato savio e discreto, ed io, illuminato da lui e dalle moderne ricerche, feci accettare come definitiva la verità dell’ origine avvenuta nei tempi delle invasioni barbariche.Ella volendo con filiale devozione rendere ali’ illustre e rinomato suo congiunto il meritato onore per il Centenario della sua morte, scelse me per commemorarlo; ed io accettai con gioia l’ invito, non perché valessi e per ingegno e per erudizione e per dottrine storiche-etnologiche-topografiche, ma per concorrere colla mia debolissima opera alla glorificazione del più rinomato Arianese del secolo decimottavo. Ora vuole rendere di pubblica ragione questo mio povero discorso, e faccia pure; con patto però di prenderlo sotto la sua protezione. Se ambedue riusciremo a far cosa degna di lode per il venerando Vitale, per la sua Famiglia, per la patria nostra, per la educazione della gioventù. Con questa lusinga ho l’ onore di ringraziarla, offrirle la mia debole servitù e dichiararmi con profonda osservanza Ariano, 2 settembre 1909 Suo Dev.mo servo ed amico - Prof. N. Flammia Al Rev.mo D. Emerico Pisapia Canonico della Cattedrale di ARIANO La Famiglia Vitale… Dal Catasto Onciario7 pag. 112 AEQVVM TVTICVM Tommaso e Francesco Antonio Vitale La Famiglia Vitale tra le più prestigiose famiglie arianesi spiccava per le antiche tradizioni, fedeltà alla corona, nel settecento aveva un patrimonio che ammontava a ducati 200, tra gli antenati vantava il segretario della Regina Sancia. Nel XVIII secolo il padre Avv. Nicola fu giureconsulto di notevole spessore ed acume, fu promosso reggente nel 1744 del Tribunale Consolare di Ariano e buon amministratore, con la collaborazione del figlio Tommaso, si diede anima e corpo a salvare Ariano dalla iattura minacciata, e rese pubblica una dottissima memoria dal titolo: Delle ragioni di Stato, del ben pubblico e di Commercio e di sicurezza dei viaggianti e negozianti, per le quali non devesi aprire, e formare altra Strada Regia Nuova nella Provincia di Principato Ultra, difatti, nel 1717 e 1781 si mantenne la Strada Nazionale per Avellino, Ariano, Bovino, Foggia; perché i mulattieri e i carrozzieri, disperati per le disastrose pendenze, stillavano e la volevano per Volturata, l’Ofanto, Ascoli Satriano. (cfr. ms. inedito in Archivio Museo Civico di Ariano Irpino.) APPENDICE: Ariano, palazzo Vitale Pisapia, stemma originale della famiglia Vitale AEQVVM TVTICVM pag. 113 Tommaso e Francesco Antonio Vitale Oto Mirando di Ariano Servitore Giovanni Parzanese di Monte Calvo servitore *(nonno di Pietro Paolo Parzanese) Sebastiano Gagliardo vignaiolo Mirai Suosso Serva Nicola suo padre fu Giureconsulto di fama, Amministratore valente. Si deve a lui, e poi anche al figlio Tommaso se nel 1717 e 1781 si mantenne la Strada Nazionale per Avellino, Ariano, Bovino, Foggia; perché i mulattieri e i carrozzieri, disperati per le disastrose pendenze, stillavano e la volevano per Volturata, l’Ofanto, Ascoli Satriano. Tommaso si diè anima e corpo a salvare Ariano dalla Iattura minacciata, e rese pubblica una dottissima memoria dal titolo: Delle ragioni di Stato, del ben pubblico e di Commercio e di sicure dei viaggianti e negozianti, per le quali non devesi aprire, e formare altra Strada Regia Nuova nella Provincia di Principato Ultra. TOMMASO VISTO DA VICINO8 Egli era di temperamento nervoso-sanguigno, di statura al disotto della normale,’di corporatura pienotta, labbra e naso sporgenti e carnosi, colorito bruno, capigliatura alla moda del tempo pettinata a cannelloni, occhi sereni, gioviali, maliziosetti, di animo pacifico, lo sguardo aperto e fisso in una idea elevata. Egli portò dalla natura indole quieta, fu amante dello studio, nemico delle brighe. Tommaso Vitale fu profondamente legato al fratello Abate Francescantonio, ciò fa pensare che la composizione delle opere stampate da entrambi furono il prodotto di una sincerità comune, di una passione forte per la storia ed un rispetto reciproco, frutto di una collaborazione continua. La Città di Ariano non può dimenticare l’apporto di questi due figli benemeriti. I Vitale danno ancora oggi una lezione di vita e di amore disinteressato per la nostra città “Mio fratello, autore delle Memorie degli Uomini Illustri di essa Città, per soddisfare unicamente alla curiosità de’ Lettori, nell’introduzione dell’ opera ne diè un breve saggio, rimettendosi circa l’intiera Istoria all’ Opera, che ero per pubblicare. Onde io, che fin dalla mia giovinezza commosso da quell’indissolubile legame di amore, che natura con singolare e grandissima provvidenza, al dir di Cicerone, pose fra gli uomini, e la patria, cominciai a nutrir un vivo desiderio di formarne la Storia, intrapresi a riunire per lo spazio di molti anni, non ostante_le varie altre scientifiche applicazioni, i materiali al bisogno necessari; ed avendola ora con tutte le mie brevi forze ad effetto ridotta, posso ben lusingarmi che nel pubblicarla, non solamente ogni cortese lettore, ma molto più i miei Concittadini gradiranno volentieri questa qualunque siasi mia fatica; tanto maggiormente perché l’intendimento mio essendo di raccontare con quella diligenza e verità, che potrete saprò maggiore, tutto ciò che ad essa Città si appartenga, avrò sempre avanti gli occhi quello, che scrisse in due luoghi Tacito, cioè, che 1’ uffizio di un Isterico è senza riguardo di persona alcuna preporre sempre la verità ad ogni altra cosa (…) L’opera della Storia di Ariano fu apprezzata da Re, Principi, cardinali e uomini di scien Elogio funebre del patrizio d. Tommaso Vitale autore della storia di Ariano di Puglia, letto nella chiesa di S. Agostino la mattina del 2 settembre 1909 nei solenni funerali per il centesimo anniversario della sua morte / N. Flammia Ariano : Stab. tip. Appulo-Irpino, 1909. 50 p .P. Flammia per volere della famiglia Vitale- Pisapia tenne l’elogio funebre durante la liturgia esequiale del patrizio Tommaso il giorno dei funerali del 2 settembre 1909, nel centenario della pag. 114 AEQVVM TVTICVM Tommaso e Francesco Antonio Vitale Dottor Sig. D. Nicola Vitale anni 70 Morta * Sig.ra D. Teresa di Rago Moglie anni 56 Morta * D. Catarina Figlia anni 29 Abbate Dr. Sigr. D. Frac:° Antonio Can.° figlio da Più anni residente in Roma anni 28 D. Tommaso figlio Sig.ra D. Costanza figlia AEQVVM TVTICVM anni 27 anni 21 pag. 115 Tommaso e Francesco Antonio Vitale del tempo da Montecaldio siasi corrottamente nominato Montecalvo.Dello stabilimento della Famiglia Caldia nelle contrade, e di queste vicinanze se ne legge un monumento irrefragabile mìnella iscrizione incisa in un corpo di lapida sepolcrale esistete nel piano avanti la Chiesa di S. Maria sulla Ferma di questa Città che è il Seguente: CALDIO BA CALDIO BARBARO RBARO CAL. CALDIVS AGRICOLA DIUS AGRIC FILIO FECIT COLA. FIL FEC può ancora supporsi, che Montecalvo abbia avuta, e riconosca la sua denominazione dall’essere stato il Monte nudo, e disgombro di albori, e fratte,a differenza degli altri vicini, che ne’ tempi passati erano boscosi e quindi detto Calvo. Tanto mi è riuscito di significarle in riscontro della sua favoritissima; e pregando a scusare, se per le mancanze delle notizie, per le scarse mie cognizioni, e per le correnti angustie, non ho potuto in miglior maniera, come avrei desiderato, eseguire, i suoi comandi; mi raccomando alle sue orazioni, e di tutti cotesti Padri, che distintamente ossequio, e colla maggior stima mi raffermo di V. P. M. R. = Ariano 26 Giugno 1796 Divotissimo servo obbligatissimo. Tommaso Vitale Al Molto Reverendo Padre Padrone Colendissimo Padre Samuele Isabella di Montecalvo de’ Minori Riformati Guardiano del Convento di S. Antonio di Montecalvo Nella Biblioteca universale del Coronella si legge la seguente descrizione di essa Città: “ Ariano Regia Città è posta nel Regno di Napoli nella provincia del Principato Ulteriore,, in luogo affienissimo sopra un mente tricolle, è stata sempre, celebre per l’antichità; perché era una delle Città de’ Sanniti. Vi sono ancora bellissime Chiese, ed un fortissimo Castello di singolar maestria fondato dai Re Angioini. Vi sono altri edificj di buonissima architettura, ma più delle altre è quella del Seggio de’ Nobili dirimpetto alla Cattedrale, e nel luogo, più decoroso della Città ove sogliono i Gentiluomini trattenersi. Vi sta parimenti una famosissima fontana di fabrica, ma è maravigliosa quella chiamata Fontana Angelica, la quale è sempre limpidissima, ma nel giorno di ciascun Sabato suole, da per se fare un grandissimo bollimento, e s’intorbida di maniera, che si rende schifosa, e di poi tramanda da fuori, tutte lordure, e restano le acque più limpide.” Fonti e bibliografia morte dello storico arianese Tommaso. Si ripubblica la lettera prefazione al citato elogio. 6) PACANO S. - G. MAZZA, L’Abate di Ariano Francesco Antonio Vitale . Nuovi contributi alla biografia ed alla bibliografia pag. 116 AEQVVM TVTICVM Tommaso e Francesco Antonio Vitale za…ma criticata da alcuni concittadini arianesi… Un tale Spartera ebanista arianese, si prestò alla calunnia, ma dietro vi erano gli arianesi della borghesia emergente, risentiti perché non furono inseriti nelle note vicende del riconoscimento della nobiltà. Il Re Ferdinando di Napoli con dispaccio di Carlo De Marco in data 1794 Gradiva la dedica e affermava che “per la diligentissima ricerca dei fatti e dei monumenti e per la giusta critica adoperata nel chiamarli a disamina Era degna del plauso generale”. Altre positive recensioni furono fatte con lettere dal Cardinale Banditi Arcivescovo di Benevento, dal P. Antonio Tannoja, quest’ultimo lo lodava Che come chimico e botanico aveva notato la qualità, le specie delle frutta Ed erbe aromatiche dei prodotti minerali : “L’opera è bella, e fa meraviglia in sentire che invece di essere grati i signori Arianesi trovando il pelo dell’uovo” LETTERA INEDITA DI TOMMASO VITALE Ariano Molto Rev. Padre Padrone Colendissimo = Stimatissimo P. Samuele9 In risposta della sua favoritissima, in cui mi comanda darle notizia sulle origini di cotesta Terra di Montecalvo, avrei dovuto dirle non solo: aquam e punice postulat, ma benanche, rem difficile postulavit. Ma per non lasciarla così in secco, dopo aver’ella creduto, che da me si potesse contribuire a soddisfarla in tale plausibile curiosità, e per mera ttenzione, anzi per darle un contrassegno d’aver con piacere ricevuti i suddetti, benchè difficile, e pressochè impossibili a rimaner’eseguiti, suoi comandi, mi avvanzo a dirle congetturalmente qualche cosa. La mancanza della storia de’ bassi tempi, e l’oscurità, e barbarie, di qwuei secoli , unite all’oscitanzaa de’ primi abitatori di ciascun luogo di non registrarne le memorie, e la non curanza de’ successori sino a’ tempi nostri , o a noi vicini di rintracciarle al meglio che fosse stato possibile, sono stati i motivi, per i quali sono mancate, e mancano l’origine de’ Paesi abitati. Nella stessa disgrazia trovandosi peranco immerse le più illustri e rinomate Città, anzi le Capitali medesime, i Scrittori delle di loro Istorie han procurato di rimediarvi o col confessare di esserne ignota l’origine,e da questa medesima incertezza ricavarne una pruova di esser surte nella più rimota antichità, o col darle origini favolose, come per lo più leggesi presso gli stessi Istorici.E vendendo al particolare dell’origine di Montecalvo, sua degnissima Patria, le confesso sinceramente essermi del tutto ignota, né averne mai, per quel poco siasi da me letto in quasi tutti gli Storici del nostro Regno, rinvenuta veruna notizia dell’origine suddetta. Solo per via di congetture, per per mia privata curiosità, e istruzione ho opinato, che, essendosi in queste nostre Irpine contrade stabilita la famiglia Caldia Romana, i coloni della medesima è molto verisimile, che avessero nel sito, ov’oggi trovasi Montecalvo, edificata una qualche villa per di loro comodo, o dilizia de’ padroni, o qualche grancia, e capitale di possessioni, e abitazioni de’ loro servi addetti alla cultura, epperciò denominati rustici; e da questo quel monte avesse cominciato a dirsi Caldio; cheppoi manomano accresciuti edifizj, e gli abitanti, si avessero formato il oro territorio; e così sorta detta Terra, col tratto AEQVVM TVTICVM pag. 117 Tommaso e Francesco Antonio Vitale Maria Llammia delle Scuole Pie, in suffragio del mio Trisavolo l’illustre Giureconsulto e Storico di Ariano D. Tommaso Vitale pel solenne funerale oggi celebrato in occasione del centenario della sua morte”10 TOMMASO VISTO DA VICINO Egli era di temperamento nervoso-sanguigno, di statura al disotto della normale,’di corporatura pienotta, labbra e naso sporgenti e carnosi, colorito bruno, capigliatura Busto attribuito a Tommaso Vitale, terracotta dipinta, per gentile concessione del Dr. Vitale alla moda del tempo pettinata a cannelloni, occhi sereni, gioviali, maliziosetti, di animo pacifico, lo sguardo aperto e fisso in una idea elevata. Egli portò dalla natura indole quieta, amante dello studio, nemico delle brighe. “Niccolò Vitale, nostro padre, ai applicò alla Giurisprudenza, ed alla storia sacra, e profana. (…) Fu prescelto ad essere Assessore del Tribunale Provinciale del Consolato, (1744) che esiteva in Ariano. (cfr. Dilpona reale di Carlo III del 18. 1. 1744. Tra i suoi manoscritti ( forse perduti?!) trovansi le seguenti opere: “Juridicum Manuali, in quo V.I.D. D. Nicolai Vitale cunctas quas sibi è lectione tum Civilivm, tum Canonicorum librorum, animadversiones in unum codicem alphabetica methodo exaravit. Anno MDCCVI (1706) in fol. Notamenti istorici, ed eruditi. Vitale F. A., Memorie degli uomini illustri…, o.c., 238-239 pp. Num. 145. Oggi che sono li tre del mese di Settembre dell’anno mille ottocento nove sono comparsi avanti il sottoscritto sindaco di questa Università i Signori Tommaso de Rensis d’anni sessantasei di professione Notaio domiciliante in detta Università, ed abitante nella Strada di detta nella Parrocchia di S. Pietro // Vincenzo del Giacomo , di Roma, 1989, Tip. Pliniana di Selci Umbro, Roma 1989, pp. 126. 7) CATASTOONCIARIODIARIANO,INArchivioMuseoCivicodiArianoIrpino,Ms.Vol.I-a299b,ringrazioOttavioD’Antuono per la consueta e signorile disponibilità per la consultazione. pag. 118 AEQVVM TVTICVM Tommaso e Francesco Antonio Vitale Atto di Morte di Tommaso Vitale, Ariano, Archivio Comunale, Registro Atti di morte, 1809, atto. 195, 97 p. PALLANTECarmelo-CIARALDIDomenico, PerGiovanBattista,eRosaliaBavaglia,Domenico, Antonio, d. Saverio e Dorotea Tiso, ed altri contra D. Tommaso, e D. Francescantonio Abbate Vitale, Degnissimo commissario il Regio Consigliere signor d. Stefano Patrizio, presso lo scrivano Michele Longo, Napoli, 1773, memoria legale per il beneficio della cappellania della Circoncisione, fondata nel 1651 nella chiesa del Calvario di Ariano. Napoli, 1 marzo 1773. Memoria legale di Carmelo Pallante e Domenico Ciaraldi. Vertenza per il conferimento della cappellania laicale fondata nel 1656 da Giovanni Costanzo Mainerio, sotto il titolo della Circoncisione del Signore nella chiesa del Montecalvario di Ariano. La concessione fu fatta dal Notar Domenico Vitale, e successivamente da D. Nicola Vitale a favore del nipote Abate Francescantonio. La rendita era di ducati 15. L’Abate vitale godeva di una rendita annua di ducati 1500. Memoria “In S. Agostino, Messa solenne pro defunctis, l’orazione in laudem, letta Dal P. Nicola AEQVVM TVTICVM pag. 119 Tommaso e Francesco Antonio Vitale Stemma, Vitale-Pisapia-Vitoli, Archivio Famiglia Giovanni Cozzo, lo stemma al centro, lo scudo della Famiglia Vitale, aquila bicipite, vite al tricolle, d’argento e celeste. Sullo stesso soggetto Sonetto Chi di Quirino in mezzo ai sacri Fori Leggi dettò? Chi del Romano Impero Dal crollo insino a Noi l’ordine intero Ordì di tanti eccelsi Senatori? Chi penetrò dentro i segreti orroti Dell’età più remote, e osò primiero Indagar di Labico il sito vero, e fe tacere il Piazza e il Muratori? Chi ornò i Licei di Roma, e di Baviera; pag. 120 AEQVVM TVTICVM Tommaso e Francesco Antonio Vitale anni trenta sei di professione Negoziante , ed hanno dichiarato che oggi sudetto giorno ad ore cinque è morto il Signor Tommaso Vitale di anni ottanta tre di professione Dottor di Legge, domiciliante in detta Università ed abiante nella Parrocchia di S. Pietro, marito della Signore Nicoletta Mazza, ha lasciato sei figli. Ed essendoci Noi coll’ispezione oculare accertati dell’effettiva morte naturale fu nel medesimo giorno pwer esecuzione dell’articolo settantasette del codice Napoleonico abbiamo autorizzato il parroco della parrocchia del domicilio del Defunto a dar sepoltura al Cadavere dopo lo spazio di ventiquattr’ore dalla seguita morte, e per esecuzione della legge ne abbiamo fatto il presente registro. F.to D. Aucelletti Sin.^ Inedito Sonetto Dovendo preparare con i mie alunni delle classi V^ della Scuola Elementare “G. Grasso” un’incontro per ricordare i fratelli Vitale dal titolo: Tommaso Vitale (Ariano 1809-2009) Francescantonio Vitale (Ariano 1803 - 2003) Ariano controluce, Revival per il bicentenario della morte, in occasione dell’evento: Ottobre piovono i libri, 2008, presso la Biblioteca Civica Mancini di Ariano, fui gentilmente accolto dalla Signora Adriana Masucci in Pisapia, che con la sua consueta disponibilità mi fece consultare alcuni ms. di Mons. Emerico Pisapia, altro illustre sacerdote e storico di Ariano e pro-nipote di Tommaso Vitale. In quell’occasione mi fece fotografare alcuni fogli ms. che recavano i seguenti titoli: 1. In Francisci antonimi Vitalis Abbati, Patricidi Arianensis desiderium Elegia, cc. 2, 2. Elegia in eundem Hendecasyllabi, c. 2; 3-4- Sullo stesso soggetto Sonetto in due versioni. Si tratta di inediti scritti da Tommaso Vitale e dedicati al fratello, non recano firma e datazione. Sullo stesso soggetto Sonetto Quando del gran Vital l’ombra famosa Con volto di splendor celebre adorno Sulle penne de’ zefiri adorno Giunse nel fortunato almo soggiorno. O tu, per cui di comodo fastosa L’istoria va, degli anni edaci a scorso, Per cui fa sull’arena sanguinosa Robusto e pronto il fier Vejan ritorno. O tu, che sviluppasti il senso vero De’ sacri arcani riti, e la Potenza Di Cesare il bel nodo venisti a Piero: Vieni, gridò la gloria, e poi lo scorge Di eternità nel tempio, e in sua presenza Degli Eroi tutto il core in piede sorge. AEQVVM TVTICVM pag. 121 Tommaso e Francesco Antonio Vitale FAMIGLIA VITALE NOBILE FEUDATARI DI APICE11 Provenienti dalla città di Bergamo Diego d’Apice … 1525 “… I giovani arianesi dovrebbero giurara… non debbono vivere per sé, ma per la patria, svolgano con mano diurna e notturna quelle pagine che costarono tanta fatica al Vitale, è poiché il sommo dio ha dato ad essi impegno e salute, comodo di studi, e luce di progresso nelle scienze e nelle arti; Ariano per opera loro, come gigantesca per posture topografica, lo sia anche per valentia dei suoi figli, in mezzo alle città sorelle”(…) Vogliano i reggitori del Comune, ora che hanno appreso quanto grande cittadino vanti Ariano, farlo conoscere nelle scuole, dai foresteri, elevando a lui un monumento a cui ha diritto(…) I casi avversi al tuo almo Tricolle Ed i propizi ci narrasti interi; La patria carità ti mosse e volle Che ai posteri scrivessi, ed i sinceri Dell’alma che nel ciel oggi s’estolle Sensi esponessi e gli alti tuoi pensieri; Di grata ricordanza oggi i nepoti Alla memria tua sciolgono i voti. Nicola Flammia, Ariano 2 settembre 1809, elogio funebre…, Ariano, 1909, o.c., 50-51 pp. Ribadisco i ringraziamenti a tutti gli arianesi, alle associazioni e alle istituzioni: Esprimo i più sinceri ringraziamenti al Sindaco di Ariano Domenico Gambacorta, alla Famiglia Vitale: Dott. Nino Pisapia, Adriana Masucci in Pisapia, agli eredi della Famiglia Pisapia. Al Museo Civico di Ariano Irpino, Ottaviano D’Antuono Al Sig. Tullio Tiso per alcuni inediti di Tommaso Vitale Al Cav. Luigi De Padua. Al Prof. Stanislao Scapati, Gaetano Grasso, Antonio Alterio, Gabriele Speranza, (…) AllaFamigliaMazza,Biblioteca“FeliceMazza”,inparticolarealDott.EmericoMariaMazza Ass. alla Cultura, al dott. Giandomenico Mazza, al Sen. Ortensio Zecchino. Alla Biblioteca comunale Mancini di Ariano, la Dott.ssa Chiara Lo Conte. Alla Città di Ariano Irpino perché nel prossimo bicentenario della morte di Tommaso Vitale, si ricordi anche del Fratello Abate Francescantonio Vitale, approntando un significativo programma di celebrazioni e di rilettura delle opere dei nostri illustri concittadini. La città resterà grata nella memoria per quanti scrittori e storici non ci sono più per tutti ringrazio: Italo Sgobbo, Mons. Emerico Pisapia, Don Felice Mazza, Gabriele Grasso, il P. Nicola Maria Flammia, Luigi Fedele, Nicola D’Antuono, Giovanni Ciccone, Don Pasquale Ciccone, i gestori delle storiche Tipografie di Ariano, Tip. Mariano, Soc. Industrie e Costruzioni, Appulo Irpino, Francesco Riccio & figli, Notar Pasquale Matullo soc. Editing Press di Newark “L’Ora! (…) pag. 122 AEQVVM TVTICVM Tommaso e Francesco Antonio Vitale Chi di Germania, e chi il suol Campano Ch fe gir di Arian la fama altèra? Francescantonio è quel, che tanto scrisse, ed oprò tanto; e che del Vaticano Sprezzò gli onori, e a se medesimo visse. D. MATTEO (1674) D. DIOMEDE E D. ANGELA SEBASTIANO D. BERNARDINO E D. OTTAVIA SOTTANO D. ANGELO E D. PRUDENZA VITOLI D. FRANCESCO E D. PORZIA VITAGLIANO D. TOMMASO I° E D. GIUSTINA BATTAGLIA Fr. CARLO BEATO Dr. NICOLA NOB. VITALE (m. 27.XI 1753) E D. TERESA NOB. DE RAHO (m. 27.11.1762) Ab. D. Francesco Antonio (n. 10.4.1723 +28.11.1803) Dr. D. Tommaso (n. 4.3.1727 +2.09.1809) D. Costanza maritata con D. Francesco Saverio De Leone DR. TOMMASO E D. NICOLETTA NOB. MAZZA Dr. D. Nicola Primicerio Cattedrale di Ariano (n.26.4.1773 + 23.2.1851) D. Francesco Maria Capitano Regio Esercit (n. 14.8.1774) D. Maria Teresa religiosa monastero SS.mo Salvatore di Ariano (Sr. Nicoletta) (n.18.9.1778 + 30.7.1851) D. Giuseppe (n. 3.8.1780) Dottor D. Gabriele (n.12.3.1783 + 30.7.1844) Cav. D. Diomede Canonico e Tesoriere della Cattedrale di Ariano (n.17.8.1785 + 14.5.1860) Cav. D. Emmauele Ufficiale del Regio Esercito (n.25.12.1787) Dottor D. Ferdinando (+ 8.2.1862) D. Leonilda (+ 14.7.1793) Da D. Carlotta Albanese n. 14.4.1856 e Comm. D. Pasquale nob. Pisapia da Gesualdo (n. 14.2.1850) Nasce Mons. Emerico Pisapia canonico (n.18.8.1874.) Auspici del 1° Centenario AEQVVM TVTICVM pag. 123 Tommaso e Francesco Antonio Vitale Tesi di teologia di P. Fulgenzio da Flumeri, Ord. Degli Eremitani, dedicata a Tommaso Vitale, Rieti, 1784, Gaspare Orsini tipografia episcopale, discussa nel mese di gennaio 1784, Diploma dell’Accademia del Buon Gusto conferito a F. A. Vitale, ms. fondo donazione Enzo Pisapia, in Museo Civico di Ariano Irpino. pag. 124 AEQVVM TVTICVM Tommaso e Francesco Antonio Vitale Le Associazioni culturali di Ariano, gli Amici del Museo, Arnanah, la Fidapa, il Lions Club. Dell’Abate Vitale fa cenno anche Antonio Lombardi nella sua Storia della letteratura italiana nel secolo XVIII. “VersatoassainellaGiurisprudenzacanonicaeral’AbbateFrancescoAntonioVitalePatrizio d’Ariano nel Regno di Napoli, il quale compose un’ opera voluminosa sulla Dataria e Cancelleria Pontificia, ma avendola cominciata a stampare non ne proseguì la pubblicazione , e in sua vece diede in luce un Trattato sul supremo Tribunale appellato Segnatura, il quale riuscì al Foro utile oltremodo e fa autorità presso i Giudici (2). Il Sommo Pontefice Benedetto XIV. pregiò i talenti dell’ Abate Vitale, e lo ascrisse ali’ Accademia di storia ecclesiastica da lui fondata, nella quale recitò quegli varie dissertazioni sulle antichità della Chiesa da lui poscia unitamente ad altre operette di antiquaria date in luce. Fra le opere però di questo Autore giudicasi comunemente la più interessante e pregevole la storia diplomatica dei Senatori di Roma dalla decadenza dell’ Impero sino ai nostri tempi: e con essa ha il Vitale rischiarate assai le tenebre in cui involta si trovava la storia moderna specialmente ‘civile di Roma, perlocchè meri- tossi gli encomii dei Dotti Italiani non solo ma ben anche degli stranieri (3). Rare sono le opere di questo scrittore che stampava per proprio conto, e poche copie tirar ne faceva, dicendo che le sue produzioni erano buone, diventavano più rare, essendo in poco numero di copie, e se erano cattive, non metteva conto che si moltiplicassero per essere vendute a peso (Renazzi, Storia dell’Università, (..) di Roma, vol. 1, op. cit., p. 359-360 . LOMBARDIAntonio,Storia delle letteratura italiana nel sec. XVIII, Modena, 1828, vol. II., p. 316. Diploma dell’Arcadia Reale conferito a F. A. Vitale, Napoli, 12 nov. 1795, ms. fondo donazione Enzo Pisapia, in Museo Civico di Ariano Irpino. AEQVVM TVTICVM pag. 125 Tommaso e Francesco Antonio Vitale Omaggio a Tommaso, Francescantonio e Diomede Vitale pag. 126 AEQVVM TVTICVM Cultura e Territorio Cultura e Territorio Spunti di riflessione di Nicola Prebenna I l termine cultura presso il grande pubblico viene spesso identificato con quello che rimanda ad un aspetto, certo importante, della strutturazione di una personalità, l’erudizione, ma che ne costituisce un elemento accessorio, accidente che, pur di qualità, non necessariamente sostanzia di sé il fatto “cultura”. Se sul piano individuale, però, l’erudizione, come bagaglio di nozioni e conoscenze, rimane comunque un presupposto importante, un preliminare, dell’accesso alla complessa realtà della cultura, per quanto attiene alla sfera del “pubblico”, fare cultura non può identificarsi soltanto con la sponsorizzazione o promozione di specifiche iniziative culturali, quali attività teatrali, musicali, letterarie e culturali in senso lato; essa, la cultura, nella connotazione “pubblica”, è e deve caratterizzarsi, dal nostro punto di vista, come riflessione organica sulla vita complessiva di una comunità, vista nella interazione di quegli elementi del contesto, insieme “spirituale” e “materiale”, che è la città; ed è anche capacità di elaborare una ipotesi organizzativa, uno schema di massima in cui tracciare le coordinate di uno sviluppo razionale ed organico del territorio, in cui trovino o possano trovare spazio, oltre le tante attività ed iniziative, complessivamente dette economiche, che definiscono una moderna comunità, tutte le altre manifestazioni destinate a promuovere e potenziare la conquista del bello da parte del maggior numero di persone. Si comprende, ed è facile deduzione, che i due termini, cultura e territorio, non rimandano a realtà separate, scollegate, ma sono due facce di una stessa medaglia, modi di una stessa sostanza, data dalla realtà della πòλις, sintesi e superamento dell’urbs e della civitas, condizione di sicura consapevolezza e di matura esperienza del proprio tempo e del proprio territorio, dell’hic et nunc. Con la parola πòλις intendiamo quel modo di sentire e vivere la propria esperienza di cittadino che, superando la delimitazione e la configurazione fisica della città come struttura urbana, l’”urbs”, e la connotazione “civitas”, come il contenuto umano, lo completi e lo coniughi in una sintesi superiore che è la vita della comunità nella molteplicità, ricchezza e varietà delle sue manifestazioni. In altri termini non si dà cultura, vita ed espressione della comunità, dove gli interventi sul territorio sono inadeguati, improvvisati, disordinati e legati alla logica dell’”ora e subito”, con preciso e immediato riferimento al vantaggio esclusivamente personale, avulso da una logica di confluenza del legittimo interesse personale alla felicità con la necessità di concorrere tutti alla realizzazione del “bonum commune”. Cultura è riappropriarsi o riscoperta o valorizzazione della propria terra, non solo come bene ereditato, e si spera salvaguardato, ma come bene, opportunamente innestato, ipotizzato e progettato per il futuro. Ne consegue che le coordinate dell’assetto complessivo della πòλις che si allarga e confluisce nel “territorio” si innestino sull’arte, sull’attività per eccellenza, che regola o dovrebbe regolare il conflitto di interessi tra ricerca del benessere individuale e sua armonizzazione con il bene comune, che è la politica. Non desisteremo mai dall’insistere sul fatto che la politica è arte alta e nobile, che spesso però è svilita per la mancanza di uomini di solido spessore etico e ridotta a mestiere AEQVVM TVTICVM pag. 127 Cultura e Territorio essa sia ben misera cosa quando non si sposi con la valorizzazione del territorio, non abbiamo l’intenzione di compilare un cahier des doléances, la lista delle “colpe” o manchevolezze della classe politica locale; solo alcuni accenni. La mancanza di un Piano Regolatore, responsabilità che grava su tutte le amministrazioni che si sono succedute, pur di diverso indirizzo politico, è stata l’arma, il presupposto su cui si sono costruite, consumate e prosperate le più incomprensibili aberrazioni di tipo urbanistico, ed anche l’occasione per comportamenti e scelte disinvolti se non spregiudicati. Il PUC, recentemente predisposto e approvato, ci è parso più una rappresentazione dell’esistente che una programmazione dell’assetto urbanistico futuro della città. Tutti i complessi edilizi di proprietà del Comune, sia quelli da ultimare che quelli da tempo fruibili, oggi sono destinati ad un uso, domani ad un altro, tutto cambia dall’oggi al domani e l’improvvisazione regna sovrana. Del centro storico di un tempo è rimasto ben poco e sarebbe più opportuno che si adottasse l’espressione, per indicare Ariano centro, di Nuovo centro urbano. La scarsa sensibilità per il bello, oltre all’incuria nel preservare l’identità storica della città, ha creato sgorbi, pugni nello stomaco, scempi edilizi che in tutta evidenza e con immediatezza si impongono alla vista e, se gli occhi non si sono assuefatti, destano una sensazione di rigetto. Eppure la città è viva. Molteplici sono le manifestazioni che, o sponsorizzate dalla civica amministrazione o promosse da enti e associazioni privati, scandiscono la vita della cittadina, molte le scuole presenti sul territorio, diverse le realtà museali (diocesano, civico, archeologico), significativa la presenza di Biogem. Dati questi presupposti, è possibile parlare della nostra città come di una realtà in cui sia poco vivo e presente l’impegno culturale? Accedendo all’accezione “erudizione” del termine cultura, non si può non riconoscere come molti siano i concittadini che si danno da fare in diversi settori del sapere conseguendo anche significativi successi; se invece privilegiamo la correlazione culturaterritorio, le prove fornite sono inadeguate, improvvisate, estemporanee, estranee ad una logica progettuale a cui dovrebbe invece essere ancorata un’ambiziosa proposta culturale. I tempi sono maturi perché nuove idee, nuove proposte, progetti innovativi – se vi sono – si facciano avanti, vengano proposti alla conoscenza dei cittadini perché, responsabilmente, siano costruttori e coprotagonisti, nel bene e nel male, del loro futuro. Ed è qui che, per il cittadino arianese, si addice il verso dantesco: “ Qui si parrà la tua nobilitade!” pag. 128 AEQVVM TVTICVM Cultura e Territorio che s’apparenta spesso con il malaffare e con la corruzione. Le degenerazioni, a cui continua a dar vita una sua distorta interpretazione, non dovranno mai prevalere sulla necessità di recuperarla alla sua funzione fondamentale. La politica ha a che fare con la cultura e con il territorio? Quali i rischi di una politica “locale”? Ed è possibile superarli o ridimensionarli? Una politica che non elabori una proposta di assetto del territorio, che non abbia la forza o il coraggio di indicare quale tipo di sviluppo intende promuovere, è una politica inesistente. Può succedere che talvolta siano gli stessi cittadini con la loro miopia a farsi strumento di distrazione per i politici, realizzando una sorta di coincidentia oppositorum e generando, concorrendo a generare, quel vizio di fondo che si manifesta, da un lato, nel perseguimento dell’utile “particulare”, comunque preteso, da parte del cittadino e, dall’altro, nella debolezza della politica nel rincorrere, caso per caso, il consenso a tutti i costi, smarrendo la vocazione fondamentale alla sintesi tra bisogni soggettivi e progettualità complessiva. La realizzazione di un desiderio, di un capriccio, la conquista di un beneficio non spettante obnubilano la coscienza individuale e, mentre si sprecano giustificazioni alla propria condotta, severe si fanno le condanne per le manchevolezze degli altri. Le grandi sventure, i mali terribili che spesso affliggono comunità e territori sono talvolta l’effetto, la conseguenza di tante piccole inadempienze che, sommandosi, provocano danni consistenti. E così tante aspirazioni individuali sia a legittime soddisfazioni che a meno comprensibili vantaggi generano quel magma di cattiva coscienza che fa scaricare sugli altri la responsabilità di ciò che non va, che non funziona, e che contribuiscono a definire i presupposti di un ambiente, di una realtà distorti. La responsabilità, però, maggiore è senza ombra di dubbio della politica, di coloro che ne incarnano la funzione e che, incapaci di progettualità di largo respiro, affondano nelle sabbie mobili del consenso a tutti i costi e si fanno paladini della persistente, pervicace opera di aggiramento e superamento della legalità. Il cittadino insegue il privilegio, la politica lo asseconda, ed a rimetterci è la qualità complessiva della vita della πòλις. Che al politico incomba anche il dovere di occuparsi dei problemi dei singoli cittadini è un dato ovvio che non occorre neanche ribadire, che egli si spenda e si prodighi per aiutare cittadini in difficoltà è un suo preciso obbligo, ciò che deve evitare è di avvitarsi sulla prospettiva miope, pur se forse redditizia, del proprio immediato successo elettorale, e accondiscendere a richieste poco conformi alle regole ed alle leggi vuoi della comunità locale che dello stato. In poche parole, si chiede al politico ed alla politica di risolvere i casi specifici in un quadro di riferimento chiaro di legalità e nella consapevolezza che nella visione disinteressata del tutto trovano soluzione e appagamento le legittime aspirazioni individuali. Quando ciò non accade e la gestione della cosa pubblica si riduce ad assecondare interessate e ingiustificate cupidigie individuali, nella πòλις non c’è più sensibilità culturale, non c’è amore per il territorio, manca l’intelligenza di prospettare un modo rinnovato di prefigurare la vita del territorio e della πòλις. Se dalle considerazioni di ordine generale passiamo alla verifica dello stato dei rapporti tra cultura e territorio nella nostra realtà cittadina, non ci pare che i politici abbiano dato prove positive del loro modo di interpretare la funzione loro delegata. Poiché al presente intendiamo solo fornire spunti di riflessione su cosa sia “cultura” oggi e come AEQVVM TVTICVM pag. 129 Tre patrioti arianesi Tre patrioti arianesi di Stanislao Scapati N valere il suo spirito rivoluzionario durante il periodo costituzionale 1820-21, partecipando in Ariano a quegli eventi innovatori con il grado di tenente del battaglione legionario di volontari al cui comando era preposto il maggiore Domenico Florio: sottointendente di Ariano era il bonitese Federico Cassitto, anch’egli buon patriota seppur moderato; e fu quest’ultimo che affidò al Purcaro in qualità di maggiore interino il comando di quel battaglione grazie alla sua ben nota reputazione. In pochi giorni la reazione borbonica ebbe il sopravvento con l’aiuto delle armi austriache e il 24 marzo 1821 il Parlamento napoletano fu chiuso e il nuovo governo assoluto, presieduto da Antonio Capece Minutolo principe di Canosa, feroce reazionario, iniziò la persecuzione dei patrioti: il maggiore Domenico Florio riuscì a scampare a Tunisi; altri patrioti arianesi, considerati nemici pubblici, finirono in galera o relegati nelle isole, al confine, all’esilio. Michele Purcaro era ancora in carcere nel 1830, ma fu libero dopo l’ascesa al trono di Ferdinando II di Borbone che volle così inaugurare il suo regno con un gesto magnanimo di cui beneficiarono molti patrioti. La passione politica del vecchio carbonaro non si era mai spenta: questa volta, insieme con il figlio Vito (non coinvolto nei moti del 1820 perché ancora ragazzo quindicenne) afferrò al volo una vaga idea sovvertitrice portata avanti da un certo Angelo Peluso di S. Gennaro di Palma Campania, un “picuozzo” (frate laico), cuoco nel convento francescano della Sanità, a Napoli. Individuo che nutriva idee spropositate in relazione alle sue reali capacità di uomo d’azione, che tuttavia riuscì ad infiammare gli animi di vecchi patrioti, come appunto i Purcaro padre e figlio, al punto di comprometterli nel tentativo di rinnovare la sommossa del 1820. Si confabulava qua e là in varie località e così anche in Ariano, nella casa dei Purcaro nel rione Valle, al Piano Marino. Di notte tempo apparivano furtivamente misteriosi personaggi che si incontravano anche nelle campagne arianesi, nella masseria di Michele Purcaro alla Difesa Grande, convinti di passare inosservati: la polizia borbonica (la gendarmeria aveva sede nell’ex convento domenicano, sulla cui area ora sorge l’edificio della Polizia di Stato) però li teneva d’occhio, come già faceva con Michele Purcaro, condannato nel 1821 a 25 anni, poi ridotti a 12, di carcere, e condonato del restante della pena era pur sempre seguito e sorvegliato nei suoi movimenti. Nel settembre del 1833 riaprirono le carceri per Michele Purcaro condannato all’ergastolo insieme con il figlio Vito: il primo non vide più la libertà, per la quale aveva tanto lottato e sperato, poiché chiuse per sempre gli occhi nel carcere di Gaeta nel marzo 1847, assistito dal figlio (pietosa bugia dell’impiegato comunale che, annotando nel registro dell’Anagrafe arianese; il matrimonio della figlia Concordia nel 1834, giustificò l’assenza del padre Michele perché “impegnato altrove” per non dire “in galera”). Vito Purcaro uscì libero quando la nuova costituzione emanata dal re Ferdinando II il 29 gennaio 1848 permise la formazione di un effimero governo liberale che già nell’anno seguente, abolita ogni libertà, ridonava ai Borboni il potere assoluto. Intanto, nel breve intervallo della sua durata, in nome di questa costituzione in Ariano si era costituito una sorta di governo provvisorio - maggio 1848 - presieduto da un triumvirato patriottico composto da Vito Purcaro, De Miranda e Vitoli, che non resse a lungo: il Purcaro fu di nuovo carcerato e così ai sedici anni di carcere già scontati se ne pag. 130 AEQVVM TVTICVM Tre patrioti arianesi el luglio 1820 Ariano fu messa a rumore dalla rivoluzione di Napoli che non risparmiò neppure la città del Tricolle: “Or qui or là si udivano a notte delle schioppettate…..... gli stessi carbonari (tra i quali pochissimi gli onesti) per invidiuzze e gelosie si appostavano fra di loro…..….”. Così riferisce Pietro Paolo Parzanese nelle poche pagine delle sue “Memorie” autobiografiche ricordando quei giorni di cui fu testimone quando era ancora tra gli undici e i dodici anni. E poi ci fu la fine ingloriosa della Napoli carbonara quando tra Rieti e Antrodoco avvenne la “rotta vergognosa, la sconcia fuga che tanta vergogna gettavano sul capo dei Napoletani”, aggiunge il Poeta. Era il marzo 1821. Tra i “pochissimi onesti”, patrioti intemerati, il Parzanese non fa nomi, ma fra questi almeno due se ne possono citare, quelli del giovane, esuberante e appassionato, Fedele Carchia (che tra il 1860 e 1861 sarà primo sindaco, sia pure facente funzione, di Ariano, alla vigilia dell’Unità nazionale) e Michele Purcaro. Nel marzo 1821, alla venuta degli Austriaci (un intero battaglione di Cacciatori tirolesi si stanziò in Ariano) “i più famosi patrioti Arianesi se la diedero a gambe”, commenta acido il Parzanese: ma Carchia e Purcaro no. Carchia fu arrestato, nonostante le promesse dell’indulto regio a favore dei rivoltosi, e processato per i suoi trascorsi carbonari quando era studente di legge a Napoli; era già libero nell’anno seguente, ma con l’obbligo dell’esilio, cessando di peregrinare per l’Italia soltanto nel 1831, quando un nuovo indulto, concesso da Ferdinando II, gli permise il ritorno ad Ariano, dove visse, esercitando l’avvocatura, e dove morì ottantaduenne il 9 marzo 1873: avendo sofferto non minori traversie è doveroso aggiungere il suo nome ai nomi dei tre patrioti arianesi del 1848. Dal canto suo Michele Purcaro, anche lui carbonaro di antica data, ebbe modo di far Vecchio Tribunale in Piazza Ferrara, sulla cui facciata si vede la lapide originale andata distrutta nell’abbattimento. AEQVVM TVTICVM pag. 131 Tre patrioti arianesi Documento originale di proprietà “Biblioteca Mazza” Per gentile concessione del Dott. Emerico Maria Mazza pag. 132 AEQVVM TVTICVM Tre patrioti arianesi AEQVVM TVTICVM pag. 133 Tre patrioti arianesi pag. 134 AEQVVM TVTICVM Tre patrioti arianesi AEQVVM TVTICVM pag. 135 Tre patrioti arianesi vide aggiungere altri undici passati nelle varie galere insieme con Settembrini, Poezio, Spaventa, Castromediano, Pironti, finchè fu libero - dopo la sosta a Londra dove fu insignito del titolo di baronetto per i suoi meriti politici - di raggiungere nel 1859 l’Italia sulla soglia dell’Unità nazionale. Sopportò gli anni di galera con coraggio e allegria, nonostante i malanni fisici, tutto preso dallo studio dei numeri del lotto, così lo ricorda il Settembrini. Perduti tutti i suoi beni, confiscati dal regime borbonico, il nuovo Stato italiano gli concesse un impiego pubblico nella Dogana, a Napoli dove finì i suoi giorni settantenne nel 1875. Completano la triade patriottica Giuseppe De Miranda (Peppino) e Giuseppe Vitoli. Il primo, quasi seguendo le orme del Carchia, studente a Napoli di lettere e poi di legge, frequentò all’Università le lezioni dell’insigne giurista Luigi Zuppetto, e trascinato dalla sua impetuosa eloquenza ne seguì le orme di acceso repubblicano. Nonostante delusioni e sconfitte i Carbonari erano pur sempre presenti e influenti nella città di Napoli e non mancavano di attirare attenzione e consensi fra i giovani; inoltre contribuivano ancora di più ad infiammare gli animi le notizie che giungevano da varie parti del Regno delle Due Sicilie di sommosse e scontri dalla Sicilia alla Puglia e Calabria. Caduto il governo costituzionale il 15 maggio 1848, il giovane De Miranda non si scoraggiò e subito corse verso quella nuova meta che già aveva visto pochi anni prima la fine dei Fratelli Bandiera. Sparì così, senza lasciare traccia di sé, appena trentaduenne, senza un fiore, senza una tomba. Un suo fratello, il canonico Don Girolamo De Miranda, coinvolto nel processo politico detto della “Setta Filoelettrica“, scontò quattro anni nelle carceri di Ariano, Foggia e Lucera. Più fortunato Giuseppe Vitoli che riuscì a riparare all’estero, a Scutari in Albania, allora facente parte dell’Impero Ottomano, e vi si trattenne per oltre un decennio insegnando, lui uomo di legge e magistrato, la lingua italiana per sbarcare il lunario. Con la caduta dei Borboni rientrò ad Ariano, ricuperando qualche bene e ricoprendo delle cariche pubbliche fin verso la fine della sua vita che avvenne nel 1883 all’età di 65 anni. pag. 136 AEQVVM TVTICVM Giovanni Battista Capozio Cronica della Città d’Ariano 1596 Capozio Cassinese in Cava Trascrizione fedele a cura di Gabriele Speranza I l Flammia nella Storia della Città di Ariano (Dalla sua origine sino all’anno 1893) a pag. 4 parla di una Cronaca dell’Abate Capozio conservata in Ariano in duplice copia, di cui una dal Canonico Francesco Imbimbo, ed un’altra presso il sig. Felice Mazza. Credo la copia originale (1763), regalatami dalla Signora Anna Maria Schiavo, arianese residente in Milano, e da me donata alla Biblioteca del Museo Civico di Ariano era certamente in origine quella di proprietà del Canonico Imbimbo, e che qui appresso mi accingo a trascrivere in forma integrale all’originale. Nel 1984, a cura dell’On. Sen. Ortensio Zecchino, è stata già prodotta per i tipi Edizioni Padri Benedettini - Montevergine 1984, altra copia dall’originale (quella in possesso del Mazza, suo antenato). Tra le due copie si evidenziano sostanziali diversità. I.M.G. Cronica della Città d’Ariano ricavata dalli più antichi monumenti, che si ritrovano conservati nel Convento di Santo Bernardino della Città di Agnone, e dal Reverendo Padre Gio: Batt.a Capotio Abbate Cassinense del Monasterio della Santissima Trinità della Cava fedelmente scritta. ********** * Non v’è dubbio che la Città d’Ariano, tra quelle non solo del Regno, ma anche dell’Italia non sia dell’Antichissime, e parlando del suo nome da Tolomeo vien chiamato Tuticum: ma Tullio scrivendo ad Attico suo amico lo chiama Equus Tuticus. * Circa la sua origine vari sono gli Autori, che ne parlano. Quindi Virgilio nell’ottavo libro dell’Eneide asserisce fosse stata edificata da Diomede, il quale con questa costrusse Benevento: “Nam, et Beneventum, Equum Tuticum ipse condidit”: e secondo fu trovata una pietra a tempo che fu edificata la Chiesa di S. Andrea in detta Città, ove frantumata si leggevano queste precise parole: “Civitas ista quam Teveri construxerant;” anche si deduce esser stata dal sopranarrato Diomede edificata. * Ma Strabone, Sigorio, il Voleterano più sensatamente asseriscono che si chiamasse questa Città Ara Iani, e fosse stata edificata coll’occasione, che nella somità del terzo monte nel mezzo, che contiene essa Città vi fosse il famoso tempio dedicato a Giano, ove molti popoli ogni anno concorrevano a farvi Solenni Sacrifizi; e si conferma tutto cio con una antica iscrizione che fu trovata in detta Città scolpita su di una Pietra con AEQVVM TVTICVM pag. 137 Giovanni Battista Capozio il Simulacro di Giano con due faccie di tal tenore: “Q: Babr: Corn: Amiant: P: Quest: P: R: ex S: C: in P: Ap: S: H: Templum Iani antiquitus erectum ab Indigene uno ex Principibus Ianiculorum, qui tempore Itali Regis a Sutrio coxiens, et Tyrandidem fugiens, Colonia quincentorum Virorum Nobilium conjugatorum huc transtrulit, Ianumque colens sedem sibi, quisque firmam delegit, ac Arianum nomen imposuit, directum jam a Samnitibus tempore Pontii eorum Ducis, proptereaque Arianenses in bello Samnitico Romanis praesidium dedere, funditus erexit, et ornavit; post jugum Italiae impositum ab urbe, urbium Principe, et in anno a fundatione eiusdem quincentesimo. - Interpretazione del primo verso: “Quintus Babrius, Cornelius Amiantus, Patritius Quaestor Populi Romani ex Senatus Consulto in Provinciis Apuliae, Samnitium, et Hetruscorum. * Onde si conghiettura da questa iscrizione che la Città d’Ariano sia stata prima della venuta di Diomede in queste parti edificata: mentre Italo cominciò a regnare nell’Italia anni 28 dopo la morte di Giuseppe Ebreo il Patriarca, che sono 37 anni avanti la nascita di Mosè , che sortì l’anno 1588 avanti la venuta del Sig.re; che però appare, che la Città fosse stata edificata avanti la venuta di Diomede 400 anni; essendo che la venuta di Diomede in queste parti fu dopo l’eccidio di Troia , da dove si deduce ancora, che dall’accennato Italo fu nomata questa parte Europa, essendo chiaro appo gli antichi Scrittori e Autori. * Ma secondo alcuni Manuscritti letti nella libraria Cassinense si deve dire, che quando Diomede venne in queste regioni, e portossi in Ariano trovò l’accennate abitazioni, o Populazioni disparse d’intorno alli tre monti, che compongono la Città, e convenivano insieme nell’altezza del terzo monte, non solo per l’accennati sacrifici a Giove, ma anche essendovi eretta la curia, ivi consultavano le loro materie cosi di guerra, che avevano con altre nazioni degl’Irpini, e precisamente conli Trivicani, e Eculani; come anche per le cose Civili, e del buon governo: il prefato Diomede li congregò nelli detti monti insieme fabricando le case di pietra, e di calcina, mentre al parere di Vellejo queste populazioni non usavano fabriche all’uso d’oggi, ma solo di terra, e ben forti legni, come dice il medesimo: “Populationes, que ambiebant Ara Jani in Tentoriis, aut in griptis habitabat”. * Delli detti tre monti la detta Città per la diversità dell’Abitatori sortirono diverse abitazioni, poiche quelli, che si ritirarano nella parte suprema, che veramente fu quella, che Diomede fabricò vicino al tempio, e cinse di mure ben forti, furono parte delle populazioni ridotte, e parte di quelle genti, che esso Diomede portò seco. * Si aggiunsero alla detta Città due altre populazioni, e furono di quelle, che erano rimaste, come prima disperse, e vedendo riuscire di miglior commodo avere le case di fabriche, s’unirono anche essi, ed eressero due abitazioni laterali, ma dell’in tutto separate dalla prima. * Mentre così si viveva in detta Città cominciorono tra di loro per rispetto del Governo a muover Guerra Civile, poiche la prima come che piu decorata teneva oppresse le due altre populazioni, e queste dipendevano dal Governo della prima, e secondo si deduce dal menzionato manuscritto, che queste due parti erano dalla prima ordinate alla coltura delli campi, e lavorare la terra di modo che pareva, che gli abitatori della prima, erano come Signori mantenuti da questi due colle loro fatighe: onde ne avvenne trà di loro una grande, e intestina guerra. * Mà perche quelli dell’Ara Iani eransi mantenuti sempre alla civile, e precise inetti alle fatighe, restarono oppressi dalle due privandoli del vitto che come tributo pretendevano dalle due sudette. * Nell’armi ancora n’ebbero la peggio, perche più forti resistevano alle battaglie; alla perfine s’accordorono le cose, e si fece, che nelli loro congressi v’intervenissero anche pag. 138 AEQVVM TVTICVM Giovanni Battista Capozio tre, e tre persone per ciascuna parte, che come Senatori avessero il voto nelle loro conferenze, essendo che dopo la morte d’Italo le Città edificate quasi governavano a modo di Repubblica. * Deve notarsi, che l’Italia prima d’Italo era abitata, secondo Solino, da popoli chiamati, Aborigini, Aborigines, quasi sine origine, o pure absque certa origine; mentre tenendo l’autorità di Lucido, dicono, che Noè due volte fosse venuto in Italia, e che molte persone vi conducesse: “De primis Italiae Colonis, de Abbriginibus, et Ianjgeris, e vi dimorò anni 33 finché vi giunse Comero Gallo figlio di Jafet con le sue colonie; quindi parlando Beroso di Noè” dè antiquitate iam, così dice, “cum inisset ad regendum Kitim, quam nunc Italiam nominant desiderium sui reliquit Armenis, ac propterea post mortem illum arbitrati sunt in animam Caelestium corporum translatum, et illi honores divinos impenderunt”: Onde si conosce apertamente, che li popoli adoratori di Giano avessero eretto il famoso Tempio in onore di Noè col titolo di Giano; molto piu si conferma, che Noè fosse l’istesso che Giano, che essendo stato l’inventore del Vino, l’istessa voce di Giano in lingua Armena, Vitifer, et vinifer, significa secondo la raggione di Beroso. * La Città adunque d’Ariano avendo avuto il suo Principe, sotto di cui servirono dopo la sua morte, sino alla venuta di Diomede si governò come quasi Republica: benche avessero secondo l’altre Populazioni il capo, questo non aveva il dominio assoluto come conviene ad un Re, mà vi teneva una certa autorità di dirigere le loro operazioni. * Così Solino. Da Diomede poi sino alla venuta dè Sabelli, che Sanniti furono chiamati, fu governata la Città da Principi. Li Sanniti, seu Sabelli vennero in queste contrade prima dell’edificazione di Roma anni 300 questa nazione dunque essendo stata di natura superba, Altiera, e Bellicosa, che coll’armi s’era dilatata per la Basilicata, discacciando ne li ….. che v’abitavano; come scrive Plinio, e Giovanni Natalio: “Lucium quemdam Samnitium ducen eius structorem tradunt, qui primum lucium hoc situ incolaverit; sane igitur Strabo Lucanos a Samnitibus ortos omnino credi vult, qui Possidoniates, inquit eorumque socios memorabili pugna ductore Lucio debellarent” * Or siccome le potentissime armi dè Sanniti si portorono all’acquisto della Lucania non solo, mà anche nel Lazio insino ad Ardea venti miglia lontana da Roma, e di molte Città delle più potenti come Capoa, Sedecino, Palepolo, Cuma, Cassino, Sora, Fragelle, Interanna, Alife, Bojano, Isernia, Venafro Benevento, ed altre città, così di Benevento chiamata allora Melezia; Così la Città d’Ariano fu annoverata trà Sanniti, quali avanti che fossero dà Romani soggiogati non ebbero mai Rè, né riconobbero mai Superiore Forastiero, ed essi medesimi, si reggevano da se e a popoli ancora da loro conguistati davano leggi, e statuti. * Sì che la Città d’Ariano ritrovandosi nella confederazione del Sannio fù governata in quel modo, che s’è detto: Né è vero quello che si attribuisce, Benevento essere la Capitale del Sannio mentre si scorge che non v’era sede né Capo; mà tutte le Città situate intorno al Matese, sì chiamavano del Sannio; Onde era come una Republica, né una Città Sovrastava, all’altra, e nelle conferenze dè loro affari si congreavano in Altilia situata sotto l’antica Sepino, come anche di questa sene scorgono le vestigie al piano. * Opinione però di Strabone, e di Plinio è, che la Città d’Ariano non sia stata racchiusa dentro il Sannio, poiche egli medesimo descrivendo le Città Principali di esso n’esclude Ariano, non rammentando altro, che Bojano, Isernia, Telese, Benevento, Venosa: Plinio poi dice, che furono nel Sannio Aufidena, Tregelle, Ficola, Sepino, Trivento, Undecimano, Aquilonia, Abbellino, Conza, Eculea, e Benevento. * Tolomeo però pone Bojano, Isernia, Alife, Telesia, Benevento, Gaudio, e Tutico, cioè Ariano nel Sannio: Negli Erpini Aquilonia, Avellino, Eculano, e…. Pone Consa né Lucani, e AEQVVM TVTICVM pag. 139 Giovanni Battista Capozio Venosa né Pugliesi Pencentini; Anfidena né Saraceni come racchiude nelli qui sottoscritti, e accenati versi. “Affluit, et Samnis non dum vergente favore Ad Paenas, sed nec veteri purgatus ab ira. Qui Batulam, Mucrasque colunt Boviania quiq: Excercent lustra, aut faucibus haerent Et quos, aut aut quos Hirsenia quosque Obscura incultis Herdonia ab Aguis”. * Lucio però nelle sue istorie ne rammenta piu, cioè Alife, Celenna, Compluteria, Conza, Cluvia, Erculaneo, Tulsula, Isernia, Meronea, Mucre, Murganzia, Milonia, Orbitanio, Palombino, Plistia, Romulea, Rufrio, Sepino, Telese,….. Velia, Venosa, e Volana; Dunque da queste Città accennate, si congettura, che quello, asserisce Strabone, e Plinio, che Ariano non sia stato racchiuso dentro il Sannio. * Da ciò, e dalla diversità dè Scrittori si deve dire, che Ariano non deve escludersi dal Sannio mà solo asserire, che non vivesse secondo le leggi dè Sanniti, mà di quelle usate sino ab antiquo. * In questa maniera, si generò questa Città fioritissima nell’armi, e nella civiltà sino alla venuta dè Romani per debellare i Sanniti, che fù nell’anno 412 prima della venuta di Cristo 340 guerre, che al parere di Lucio durarono da cento, e piu anni con varj successi che li spiegò quando introduce il Console Romano a parlare ai legati dè Campani. “Caeptum propter nos cum Samnitibus bellum per centum prope annos, avariante fortuna eventum tuleximus”. * Onde Ariano da quel tempo sempre si mantenne confederata colli Romani; e la verità si deduce, che mentre gli Sanniti si portorono per distruggere Romulea, (oggi si chiama Bisaccia) nel passaggio fermo discesero dalle falde del monte Trevicano a predare li paesi d’Ariano; onde chiaramente si vede, che questa Città fosse sotto il Dominio dè Romani; imperciocche a predare non si và, se non che a Paesi d’Inimici, e non dè suoi; e che li Romani dopo che con gli Arianesi si confederarano toglier dà Sanniti, non se la facessero vedendola molto commoda per l’imprese, che facevano, e designavano di fare nel Sannio; ed è da notarsi, che se bene Lucio in più luoghi dimostra sino a questo tempo piu prese Città dè Sanniti, niuna per l’addietro pare, che dia a dimostrare che fusse dà Romani ricevuta se non queste, perche l’altre, come s’è veduto dopo averle prese l’ànno saccheggiate; e poi lasciate, e da quelle si sono partiti. * Piu a proposito si conferma che dopo che li Romani fecero passare sotto il giogo li Sanniti a Lucera per pagarli di quello avevano ricevuti dà Sanniti alle Forche Caudine; la Città d’Ariano fù da Pontio Capitano dè Sanniti destrutta, come posta sotto la confederazione del popolo Romano, per lo che restò cosi abbattuta sino all’anno 500 di Roma, nel che per essere già abbattuta la potenza dè Sanniti, gionto ivi Quinto Babrio Amianto Questore della Puglia, del Sannio, e dè Toscani commiserando l’eccidio di sì antica, e bella Città, e tanto amica dè Romani, dà fondamenti la rifece sabelli, e adornò a sue proprie spese; laonde così Plinio dice: “Congruum erat, ut Civitas illa, quae erat ex multis antiquior, et nobilior a dixis Samnitibus dadibus funditus Arianum eversum a Quinto Babrio aere suo a fundamentis fuisset readificata, dum suam Originem duxit ab uno ex Principibus Ianniculorum temporet Itali Regis, et ob honorem Jani templam erat constructum, qui in suam sedem quisque delegit”. * Riedificata adunque la Città d’Ariano molti Popoli che si ritrovavano dispersi in quei contorni della medesima, tornorono ad abitarla; onde si ridusse in un solo circolo l’abitazione cosi grande, che abbracciava la circonferenza di tutti tre imonti. * Fu cosi ripiena d’abitatori e tutti dediti all’armi; che venuto Annibale da Cartagine, e unitosi cogli Sanniti; Quinto Fabio Massimo Dittatore scrivendo alla Città d’Ariano per ajuto contro d’Annibale, che trovavasi nella puglia, che li mandasse Genti in soccorso, pag. 140 AEQVVM TVTICVM Giovanni Battista Capozio furono dà Cittadini inviati sotto la Condotta di Antenore loro Paesano, e famoso nell’armi, sette mila Cavalli, e ventimila Fanti, quali giunti alle Pianure di Troja s’attaccarano con le Truppe d’Annibale, che guardavano il passo, accio non soccorressero li Romani astretti sotto Canne dà Cartaginesi, e fù così il valore dell’Arianesi, che disfecero le Truppe, e liberi proseguirono il viaggio. * Ma giunti alle vicinanze di Corneto seppero l’infelice evento dell’esercito Romano con la morte di Paolo Emilio: Onde di fretta si ritirorono alla Città per tenerla ben difesa dalle vittoriose armi di Annibale in caso di assedio. * Per tale Vittoria si diedero in podere del Cartaginese molti Popoli, e frà gli altri l’Irpini, e Sanniti, mà non tutti restando a divotione dè Romani, li Sanniti Seutri, e le Colonie che vi avevano fatte con la Citta di Venosa, Consa, Benevento, e Ariano. * Nell’anno 476 di Roma essendosi li Sanniti uniti con Pirro Re degli Epiroti, venuto in Italia contro dè Romani, s’attaccarono gli eserciti presso Benevento, guidato il Romano da Curio Dentato, e da Cornelio Lentolo, ove dopo lungo contrasto, e fierissima battaglia, Pirro, ed i Sanniti parimente restarano vinti, e superati con morte di 23 mila di loro. * Plutarco però afferma, che questa battaglia sortisse in spazioso piano vicino Ariano nel Castello della Manna su borbe della medesima Città, e disfatto l’esercito di Pirro, quale fuggi nella città di Taranto, Lentolo, e Curio da Cittadini d’Ariano furono ricevuti con molto allegrezza, e trionfo, provedendo l’esercito di tutto il bisognevole, ivi lì diede riposo. * Sotto l’Auspici della Romana Republica visse, e fù governata questa Città, l’anni di Roma 703, che cominciò la Guerra trà Cesare e Pompeo, e quantunque sotto la Tirannide di Silla molte Città del Sannio furono destrutte, e saccheggiate; ad ogni modo non trovasi che Ariano, abbia patito simile crudeltà. * Venuto Cesare dalla Francia nell’Italia preso che ebbe Arimini, passò avanti senza contrasto sino ad Angona, dopo d’essersi impadronito d’Ascoli, Pesano, Fano con tutta la Marca d’Angona, si portò col ferro alla mano nell’Apruzzo, e andò diritto a Corfino, ove trovavasi Domizio Tribuno con venti Compagnie, che aveva raccolto dà Paesi di Marsi, e Saligni, quale Città dopo lungo assedio fu presa, e dopo d’esservi dimorato dà sette giorni, si partì, seguendo Pompeo sino a Provinsi; ed essendo nel mese di Febraro passò per Ariano, dove da Cittadini li fù giurata fedeltà, onde la prese sotto il suo partito. * Venuto poi l’assoluto dominio in podere di Cesare, dopo la morte di Pompeo, fù questa Città da Cesare ben munita, e arricchita di onorevoli privilegj trattati come Cittadini Romani, e come amica, non fù trattata come l’altre Città, con le Colonie Romane, come fece a Bojano, quale fù la centesima colonia mandata da Cesare; Zeloso, Venafro, Alife, ed altre, e per premiare li Soldati che avevano militati sotto Cesare, li distribuì in 28 Colonie, come nota Svetonio. “Ad hunc modum urbe, rebus administratis Italiam 28 Coloniarum numero, a se deductarum prò suis militibus frequentavit, et ut Romam suffragia mitterent de Magistratibus Urbicis statuit”. * Sì che Ariano fù esente dal peso, anzi crudeltà al non esser dedotta in Colonia le quali si mandavano alle Città Nemiche soggiogate in pena. * Venuto poi il Verbo Eterno al Mondo per redimerlo dalla servitù del peccato, ed essendo ogni cosa sotto il Vessillo della Pace, anche Ariano ne godè li frutti di essa, mà molto piu della vera luce del S. Evangelio, poiche giunto il Prencipe degli Apostoli nell’Italia l’anno 43 della nostra salute, e passando per la Città d’Ariano, ivi dal viaggio lasso si fermò per alquanti giorni, ove esercitando l’officio di Pastore, predicando a quel popolo la Cattolica verità, ne convertì molti alla fede di Cristo, che però proseguendo il viaggio verso Napoli, per consolazione di quei novelli fedeli, vi lasciò S. Felino Greco suo discepolo, il quale dopo esser dimorato in questa Città due anni, e lasciandovi alla AEQVVM TVTICVM pag. 141 Giovanni Battista Capozio cura di quel novello gregge, un suo caro discepolo chiamato Osa, si portò in Roma dal Principe degl’Apostoli, e consecrato Vescovo fù rimandato nel Fili…. della Grecia al Governo di quei Fideli. * Mi pare stravagante, che la Chiesa di Benevento asserisce, che questo Santo fosse stato il suo primo Vescovo, quando tutti gli scrittori antichi…..e il Menologio Greco asseriscono, che detto Santo Felino greco, l’Apostolo S. Pietro avendolo consecrato Vescovo lo mandasse in Grecia. * E perche la nostra Italia essendo stata sotto le vicende dè tempi, e sotto piu Prencipi, così naturali, come stranieri, cosi le Città parimente sono state sottoposte a quelli. * Ariano dunque essendo, che Augusto divise l’Impero in 14 Diocesi, assignandovi Rettori, Proconsoli, Pretori, e Propretori, fù annoverata trà Campani come termine di quella Diocesi; fù governata da simili Ministri dell’Imperio Romano, sino al tempo dell’Imperadori Massimiliano, e Diocleziano, governando la Provincia di Campagna Timoteo Presidente: sotto di quest’empio Tiranno, e di questi Crudeli Imperadori, pati la Chiesa di Dio una terribile persecuzione, mentre fù generale per tutti le parti del mondo, cosi fù esercitata nella Campania, ove furono martirizzati molti martiri, come S. Gennaro Vescovo di Benevento, li Santi Coscio, e Casto nella Città d’Acquaviva, S. Felice, li Santi Nicantro Marciano, ed altri. * Frà questi volle Iddio decorare la Città d’Ariano col martirio del suo S. Pastore Liberatore, il quale essendo Nobilissimo di sangue, e dè primi Cittadini di essa, mentre il suo Padre Gentile fù del ordine Senatorio, e fù questo chiamato Rufilto: questo S. Vescovo dimorò molto tempo in Roma ad esercitar opere pie, e precise, in confortare li poveri Cristiani, cha dalla Barbarie dè Gentili Imperadori erano afflitti con tormenti, e carceri; onde perche le sue ottime qualità da S. Marcello Pontefice fù ordinato chierico, e mentre esso S. Pontefice per ordine dell’Imperadore, stava alla Custodia delle bestie, fuggendo, l’ordinò Vescovo della Città d’Ariano; così s’hà d’Adone: “Liberatus Tuticus a Pontefice Marcello ordinatus Episcopus, ad reggendam Ecclesiam Arianensem missus, ubi propter predicationem Evangelicae Veritatis, dum in Ecclesia Divo Petro consecrata in modum Crjptae, prope Civitatem populo praedicaret, a militibus comprehensus , Nolam perducitur, ubi multos christianos in carcerem inclusas reperit, ante Praesidem sistitur, a quo interrogatus de ejus Religione, strenuo animo respondit esse Cristianum nomine, et opere; et cum ejus impietatem recerserat verberibus contusus, ac in eculeo tortus, ad eamdem Urbem Arianed ab Urbe miliario, capite plectitur”. * Tutto cio s’ha del precitato autore, ove si scorge , che prima del detto Santo Martire in Ariano vi era chiesa, e Vescovo, che sia vero ciò lo dice Ostiense, parlando di S. Oto Eremita, così dice: “Ad Ecclesiam divi Preti in Arianensi Civitate se contulit, ubi cum esset diruta, et ex ejus antiquitate jam collapsam, ex elemosinis piorum in pristino decore restituit”: E cosa certa, che la prima chiesa di questa Città fosse dedicata al Prencipe degli Apostoli per gratitudine d’avere dal medesimo ricevuto il primo latte della fede, come s’è detto; e che in essa chiesa vi era una Grotta, è cosa chiara, mentre il S. Eremita Oto vi dimorava, ove si ritrovava a far orazione. * Si hà parimente, che sopra un colle fosse trovata un Ara con il Simulacro di Giano sostenuta da colonne. * Seguito il martirio di S. Liberatore li devoti Cristiani presero il corpo di S. Liberatore, loro pastore con molte lagrime li diedero nel medesimo luogo onorevole sepoltura; il martirio del d:tto Martire, fù a 15 di Maggio regnando li detti Imperadori. * Queste sante reliquie stiedero senza culto sino alla tranquillità della chiesa che sortì sotto l’Imperio di Costantino a tempo di S. Silvestro Papa, e siccome per editto dell’Imperadore pag. 142 AEQVVM TVTICVM Giovanni Battista Capozio fù concesso a Cristiani erigere Tempj al vero Dio, e a suoi Santi, cosi gl’ Arianesi non immemori del loro S. Pastore fabricorono una sontuosa chiesa al medesimo Santo nel medesimo luogo ove sortì il martirio, e riposava il suo Santo Corpo. * Avvenne che mentre scavavano il luogo per ritrovare la Sante Reliquie nel scoprirsi n’uscì un soavissimo odore, e gran splendore; per lo qual miraculo molti paesi lontani concorsero a riverirlo, e fù tale, che d’intorno ad essa chiesa vi si fabricò un Castello con il titolo di S. Liberatore. * Riposò il corpo del detto martire sino al tempo di Arechi Secondo di tal nome Principe primo di Benevento, il quale fù il primo dè Longobardi che si usurpasse tal titolo, mentre per l’addietro si appellavano Duchi di Benevento, e questi si faceva consecrare dalli Vescovi, e come Rè ricevevano da essi la corona. * Questo Prencipe dunque avendosi preso il dominio non solo di Benevento, ma ancora della Puglia, la povera Città d’Ariano bisognò soggiacere al dominio dè Longobardi, dalli quali ricevè le leggi dette Capitolari, che publicò l’anno 773 che però come Principe eresse il famoso Tempio di S. Sofia eriggendovi un Monastero dè Vergini, e per ornarlo a maggior segno spogliò tutte le chiese al suo dominio soggette delle loro preziose reliquie, e le ripose in quella, così fece anco alla Città d’Ariano privandoli di quel prezioso pegno del loro amato pastore S. Liberatore, e lo trasportò nella sudetta chiesa di S. Sofia. * Non mancarono li fedeli, come si vede sin’oggi di venerare quel S. luogo ogn’anno alli 15 di Maggio, nel quale giorno vi concorrono gran moltitudine di gente, per ricevere dal S. per il loro bisogno le grazie, che per li meriti di esso S. Martire, e Pastore della sua chiesa Iddio compartisce. * Non mancarono doppo tante persecuzioni alla chiesa motivi di tener esercitati li Fideli nella sofferenza. * Imperciocche nell’anni di nostra salute 406 fù la nostra Italia invasata dà Goti gente Barbara uscita dall’Isola di Scandia con la guida di Bugusio, succedendo poi anche la venuta di Alario, quale creorono per loro Rè dopo aver posto a sacco, e a fuoco la Città di Roma nel primo di Aprile l’anno 412 spargendovi molto sangue col ferro alla mano; corsero in Terra di Lavoro dilatandosi per tutto il regno facendo gran danno dapertutto; Onde la Città d’Ariano fù sotto posta al furore dè Barbari, e Goti: si hà però, che questa città, in progresso di tempo dà medesimi Goti fosse risarcita, e ampliata ancora, come si hà, e che vi fabricassero una Rocca, seu Castello molto forte, come anche le mura intorno alla Città. * In questo tempo essendo stati cacciati dall’Africa moltissimi Cattolici, e trà questi dodici Vescovi da Gensenico Rè infetto dall’Eresia in odio della fede Cattolica, li quali essendo stati posti sopra una nave vecchia, e tutta forata senza remi, acciò fossero ingojati dal mare, per divino volere la nave approdò alli lidi del mare terreno in Terra di Lavoro illesi, e sbarcati si divisero in diversi luoghi, nelli quali fecero gran frutto in quelle anime. * Trà questi luoghi vi fù la Città d’Ariano, quale ebbe la fortuna di avere uno di detti Vescovi per suo Pastore quali dicevasi Rosio, secondo racconta Michele Monaco: L’esilio di questi dodici Prelati fù l’anno 4 di detta persecuzione, e la loro venuta fu nell’anno 443 gl’altri Santi Prelati furono anche divisi nell’altre chiese dal Sommo Pontefice Celestino. * In tal modo la chiesa di Benevento ebbe S...., Bovino S. Marco, Isernia, S. Vindonio, Capoa S. Castrense, questa persecuzione fù la più crudele, che patisse la chiesa di Dio, e perciò fù detta Vuandalica, quale incominciò nell’anno 439. * Si hà però da un Manuscritto chè S. Marco fosse Vescovo di Lucera, e dopo morto, il suo Santo corpo fusse trasportato in Bovino. * La detta persecuzione del sopranominato Gensarico non solo fù esercitata nell’Africa mà anche nell’Italia, all’acquisto della quale si portò il medesimo Rè; onde portatosi a AEQVVM TVTICVM pag. 143 Giovanni Battista Capozio Roma li diede il Sacco per 14 giorni alla fine li diede il fuoco: Mà non finì qui il flagello, mentre quantunque fusse liberata per la venuta di Bellisario in Italia nell’anno 537 ad ogni modo partito che esso fù, essendo stato eletto Rè dè Goti Totila uomo inclinato alle guerre, nell’anno 545 con potentissimo esercito, si portò prima in Lombardia, e poi in Terra di Lavoro, si portò sopra la Città di Benevento, e stringendola con l’assedio alla fine la prese, e dopo averla saccheggiata li diroccò le mura, acciò più non si ribellasse. * Da Benevento Totila passò in Roma nell’anno 548, e la prese, e dopo 40 giorni di sacco la destrusse dà fondamenti, quale fu edificata prima 1300. * Intanto l’Arianesi vedendo che la Città di Benevento aveva perduta tanta superbia, e percio conoscendo, che non più poteva travagliare l’altre Città dando di mano all’armi se n’andorono all’assedio di Seppia, la quale era colonia Beneventana lontana dieci miglia da Benevento e datoli fiero assalto, la presero, e la saccheggiarono, quale alla fine destrussero da fondamenti: Non contenti di questo condussero li Cittadini con tutta la preda miserabile nella loro Città d’Ariano servendosi di quei miseri, come schiavi, astringendoli a lavorar i loro Campi, e fare altri esercizi vili; e perche per la numerosità temevano qualche sollevazione, li divisero in otto parti della loro campagna intorno, ese ne formorono otto Casali, concedendoli li medesimi Privilegi della loro città. * Il regno adunque dè Goti con la venuta di Narsete in Italia ebbe fine allorche vicino al Fiume Fortore sortì il fatto d’armi con ..., quale restando ucciso nel mese di Febbrajo dopo aver regnato in Italia anni 72; in questo fatto d’armi vi restarono sconfitti cento mila Goti, come scrive Sabellico. * Visse la povera Italia sotto l’auspicji di Narsete quieta per lo spazio d’anni 15. * Dopo dè quali fu infestata da altre Barbare nazioni, cioè Longobardi sotto la condotta del Rè loro Alboine, quale occupando la Lombardia, ed altri Paesi, il che fù nell’anno 568 pose a ferro, ed a fuoco tutti i luoghi che incontrava; onde in breve tempo sene impadronirono. * Morto Alboine, come Clefe suo successore, li Longobardi elessero trenta Duchi della loro nazione abborrendo il governo reale. * Che però essendosi impadroniti dell’Umbria, Marca dè Marsi, Peligni Sanniti, e tutta terra di Lavoro, elessero la Città di Benevento per una delle Duce, e sotto questa si contenevano tutte le Città di Terra di Lavoro, e del Sannio sino al fiume Pescara. * Sotto questo governo stiede la Città d’Ariano, e dopo 10 anni di tal governo essendo stato assonto al Trono il Rè Autari, il quale istituì ... Duca di Benevento, assegnandogli anche il Friuli, e lo Stato di Spoleto e fù nell’anno 585; però dominava tutta la Campagna, come anche la Città d’Ariano sino la venuta di Normandi. * Si deve annotare, che benche nell’anno 847 avessero l’ingresso chiamati da Radelchi duca dè Sacaceni, non si trova mai, che la Città d’Ariano fosse stata dominata da questi nell’anno 974 da Papa Giovanni XIII la chiesa Vescovile di questa Città fu chiamata suffraganea di Benevento insieme con l’altre, e percio dichiarata Metropoli. * Nell’anno 988 per li peccati dè Cristiani non solo fu afflitto il Regno di Napoli per l’invasione dè Sacaceni, ma anche da fierissimi Terremoti, onde la Città d’Ariano patì simile flagello, che però dà fondamenti ruinò la suntuosa Basilica dedicata alla Beatissima Vergine, e due altre chiese; parimente caddero da dieci Torre bellissime, ed altri edificj suntuosi, e vi perirono da quattro mila, e più persone. * Regnando Ottone Secondo, quale portandosi in Benevento insieme con Onorato Vescovo di detta Città fece trasferire il corpo di S. Bartolomeo Apostolo dalla Città di Benevento a Roma, ove fu collocato nella Basilica del detto Apostolo nell’Isola; fece cio Ottone per castigare li Beneventani quali l’avevano tradito nella battaglia, che aveva avuta con li Greci, e Saraceni, mentre nel meglio, che l’esercito Imperiale stava per ottenere pag. 144 AEQVVM TVTICVM Giovanni Battista Capozio la vittoria, li Beneventani, come nemici del Cristianesimo s’unirono con li Saraceni, e fu causa che il detto esercito fosse dall’intutto distrutto, ed esso Ottone fosse restato prigioniere dè Corsari. * Nell’anno 1071 Alessandro Secondo volendo con gran pompa consecrare la Chiesa, e il Monistero di Monte Casino fece chiamare tutti li Vescovi, e Arcivescovi, così del Regno, come fuori di esso, fu il numero di Vescovi 44, e dodici Arcivescovi, tra quali vi fu chiamato S. Milone Arcivescovo di Benevento, con il Vescovo di Ariano; Meinardo con altri suffraganei, da dove ritornati celebrò il Concilio Provinciale in detta Città di Benevento: dal detto Concilio Provinciale Meinardo si portò in Roma l’anno 1074; ove Gregorio VII Sommo Pontefice fece un Concilio contro Ruberto Guiscardo Normando, perche s’era impadronito di molte Terre della Chiesa, e occupato le giurisdizioni di essa, perlocche fu scommunicato in pieno Concilio il detto Ruberto: onde sdegnato pose l’assedio a Benevento, dal quale bisognò desistere, stante che il Prencipe Giordano Figlio del detto Ruberto fattosi dalla parte del Pontefice, ordinato un buono esercito, e uscito dalla Città d’Ariano, della quale n’era Conte, si portò contro del Padre in Benevento; ove giunto disfece l’esercito di suo Padre, il quale in quel tempo trovavasi in Calabria; cio udito Ruberto sene venne subito con potente esercito contro la Città di Ariano, della quale si fè padrone: ma unitosi Giordano con altri Conti di Puglia suoi fratelli tosto la riebbe. * Successe Urbano Secondo nel Pontificato dopo il Concilio di Chiaramonte, si portò in Benevento l’anno 1091, e celebrandovi un altro Concilio scommunicò l’Antipapa Roberto con tutti li suoi fattori: Inanimò il detto Pontefice li Princepi Normandi alla Sacra guerra per la ricuperazione di Gerusalemme, quali senza dimora si partirono per quella impresa, tra quali il Conte d’Ariano era in quel tempo Vescovo di essa Città Gerardo fratello di Goffredo Conte di Rupiglione uomo di Santissima vita, il quale ….l’onor di Dio, e di quei Santi luoghi. * Infiammatosi nello spirito si portò assieme col detto fra.llo, e altri Prencipi Normandi alla detta Conquista, ove da Vero Prelato della chiesa di Dio inanimando li fedeli alla pugna sotto la Città di Damiata, tosto se ne resero Padroni dopo di che s’inoltrorono all’assedio di Gerusalemme. * Nell’anno 1117 essendo Pontefice Pascale Secondo, e portatosi in Benevento vi celebrò il Concilio, ove essendo gia morto Gerardo, la chiesa d’Ariano stava senza Pastore, del quale ne fu provista in persona di Giovanni Monaco Cassinense dell’Abbadia di S. Vincenzo in Ulturno. * A tempo di questo Vescovo scrive Pietro Diacono, che fosse eretto un Monastero nella chiesa di S. Liberatore in detta Città d’Ariano dal Conte Giordano, qual Monastero fu distrutto da Ruggieri Re a tempo di Federico Secondo. * Nell’anno 1119 essendo già ritornato dalla guerra sacra detto Conte, sortirono molte guerre tra Giordano, e Rainulfo Conte d’Avellino quali erano potentissimi ambidue, nelle quali guerre furono destrutte le Terre di Monte Miletto, e Monte Aperto; cio vedendo Ruberto di Montefuscoli andò sopra il castello dello Tufo che era del detto Conte d’Ariano, e dandoli fieri assalti in niun modo sortì il determinato, ma vedendo non poter far profitto pose a ferro, e a fuoco le campagne contro il detto Conte, anche si avventò Roberto, accio dando il castello di Templano ( che era nel ristretto d’Ariano situato ) ad un suo figlio Naturale, avrebbe fatto pace con prometterlo di dar guerra à nimici suoi; onde per parere delli suoi Baroni in Ariano fundato detto Castello, andò subito contro Montefuscoli, e lo pose a ferro, e a fuoco, che però Landolfo del Greco uscito da ivi andò sopra il Castello del Tufo, e fu incontrato dal Conte Sudetto Giordano, lo sconfisse, e fece molti prigionieri; e l’anno seguente col suo Zio Roberto prese Montefalcone, che s’era ribellato. AEQVVM TVTICVM pag. 145 Giovanni Battista Capozio * Nell’anno 1119 Calisto Secondo essendo stato assanto al Papato dopo la morte di Gelasio, quale successe a Pascale, si portò in Benevento per espugnare l’antipapa Burdino con la forza dè Normandi li giurarono fedeltà tutti li Princepi delle Provincie a li 8 d’Agosto, e fra gl’altri dal Conte Giordano d’Ariano, quale con molta gente portossi sopra l’antipapa, il quale restò vinto, e preso prigioniero, e il medesimo Conte lo portò in Roma. * Ma la fortuna incominciando a voltar faccia contro il Conte Giordano si viddero le sue glorie oscurate, poiche avendo egli distrutto il Castello di Roseto e quello di Monte Giove per essersi ribellati da lui se n’andò ad Apice , dove da Guglielmo Duca di Puglia fu assediato insieme con il Cardinale Crescenzio Rettore di Benevento, e dopo fiero conflitto fu preso insieme col detto Conte; onde fu spogliato della Contea d’Ariano, e successe il detto Ducato sotto il Dominio del sudetto Guglielmo Duca di Puglia: ma udita la morte del Duca Guglielmo, Giordano con esercito potente si portò sopra Montefuscoli, e lo distrusse da dove acquistò Ariano con tutta la Gran Contea, ma essendosi partito per espugnare la città di Tarantino in Puglia, in detto assedio fu da molti sassi reciso nell’anno 1127. * Al Conte Sudetto Giordano successe in dominio della Contea d’Ariano Ruggiero suo figlio, il quale seguendo il Re Ruggiero prima di tal nome, e dè Normandi nelle fazioni contro Rainulfo Conte d’Avellino, e Roberto Prencipe di Capoa venuti a cimento sotto il castello di Nocera, e restando sconfitto l’esercito del Re restò prigione il detto Conte d’Ariano, dalla quale essendo rimandato libero s’unì al Conte Rainulfo, e Beneventani, ed altri Baroni del Regno, e portati sopra la città di Venosa subito la presero e vedendosi quei Cittadini al loro valore s’acquistò tutte l’altre Città, e terre della sua Contea d’Ariano. * Nell’anno 1137 essendo venuto in Benevento l’Imperadore Lotario con il Pontefice Innocenzo Secondo per sedare la scisma di Anacleto falso Pontefice li Beneventani pregarono il Papa, e l’Imperadore che l’avessi fatti liberi dalli dazi e gabelle, che come Tributo pagavano al Conte Ruggiero d’Ariano; onde l’Imperadore chiamò il detto Conte, l’ordinò che giurasse di non percipire più dazi, o gabelle da Benevento: ma il Conte per dimostrare l’assoluto dominio non volle giurare, ma fe, giurare Alferio di Drago, Ruperto della Marra, Bartolomeo di Pietra Pulcina, dà Baroni di Montefuscoli, a dal Barone del Tufo tutti Feudatari della Contea suddetta d’Ariano. * Il Conte Rainulfo essendo stato creato dal Papa Duca di Puglia, maggiormente s’avventò contro il Rè Ruggiero, il quale essendo venuto da Sicilia, con potentissimo esercito si portò a Salerno, e indi a Nocera dove subito si pose in dominio, quindi si portò a Capoa, quale presa per forza la fece destruggere, e come tempesta corse sopra Avellino abbruggiando tutti l’edificj, per lo che Sergio di Napoli ..... si sottopose sotto il suo dominio. * Intendendo tutto cio il Duca Rainulfo pose insieme li popoli di Trani, Bari, Troia, Melfi, e ammassato un grosso esercito, s’inviò per incontrare il Re Ruggieri, e venendo a battaglia l’esercito del Re fu disfatto, che però il Duca Rainulfo gonfio della vittoria subito si portò contro il Conte Ruggieri d’Ariano, e soggiogò Alferio di Drago, Ruperto della Marra, ed altri Feudatarj del Conte, ma non potè impadronirsi della Città d’Ariano, quale si difese francamente da tali evenementi. Il Re Ruggiero fè ritorno in Sicilia da dove ritornato con potente esercito contro il detto Duca Rainulfo, il quale aveva preso molte Terre, e la città d’Alife, dove con gran angoscie trovavasi il Duca Rainulfo: ma il Re tutto furibondo assaltò con machine da guerre il forte castello del Tocco, e dopo otto giorni lo prese. * Intanto Rainulfo partendosi d’Alife di fretta si condusse alla Città d’Ariano con il di cui Conte egli s’era collegato, acciò non fosse presa dal Re dopo la presa di Tocco, e si ritirò in Benevento. * Tutto ciò ponderando il Conte d’Ariano, che sgomentandosi si partì da Apice ove pag. 146 AEQVVM TVTICVM Giovanni Battista Capozio dimorava diede licenza a Cittadini di darsi, e si ritirò in Ariano, ove rinforzatosi con il Duca Rainulfo, Ruggiero prese Apice, e si portò in Melfi. * Nell’anno 1139 celebrandosi il Consilio, Papa Innocenzo scommunicò tutti coloro che avevano seguito il Re Ruggiero, quale ancora scommunicò in detto tempo fu assalito da febre maligna il Duca Rainulfo nella città di Troia, e dopo alquanti giorni diede l’anima al suo creatore l’ultimo d’Aprile; fu questo buon Duca compianto dà tutti i Cittadini, e dal Vescovo Guglielmo di quella Città con dolore, e dimostrazioni, come anche dal Papa, quale diceva essersi perduto il difensore della Chiesa * Il Re Ruggiero avendo inteso la morte di Rainulfo ne senti sommo contento, e con fiero esercito si portò in Benevento, e di poi contro la Città d’Ariano, da dove partendosi il Conte d’essa andò per difender Troja, dove parimente andò il Re con il suo figlio Ruggiero parimente di nome, quale creò Duca di Puglia, e benche la riducesse alle strette, non potè pigliarla, ancorche vi adoperasse tutte le forze sue; e vedendo non far profitto, vi lasciò un buon numero di soldati sotto, e si portò alla volta d’Ariano insieme con il figlio con molte machine di legno per espugnare le sue fortissime mure: Ma il Conte Ruggiero fattovi entrare grosso soccorso di dieci mila Cavalli, e venti mila fanti armati a cingere quei Cittadini alla difesa; che però vedendosi deluso il Re con la perdita della metà del suo esercito, tutto sdegnato facendo dare il guasto crudelmente alle Campagne, tagliando le vigne, e l’oliva diede il fuoco a casali di essa, e si partì: onde la Città restò illesa dal furore di si potente nemico, risarcendo le mura, e ragunando quei poveri Cittadini, li rifecero le loro case abbruggiate, e poste a sacco. * In queste desolazioni il Monastero di S. Liberatore restò anche abbruggiato: il medesimo Pontefice vedendo il furore del Re Guglielmo radunò da due mila Cavalli, e trenta mila fanti, e partendo da Roma se ne venne a S. Germano, per lo che il Re osservando questo apparato mandò ambasciadori al Pontefice chiedendoli la pace: ma il Papa li chiese la restituzione del Prencipato di Capoa: e non volendo compiacere al Papa fu causa che non si concluse la pace; che però alli 10 di luglio dell’istesso anno 1139 venendo a battaglia, il Re sconfisse l’esercito del Papa, e fece prigioniere il medesimo Papa; e con pietà Cristiana li mandò un ricco padiglione, e portatosi con il suo figlio al medesimo Papa per baciarli il piede, il Papa non volle riceverli se prima non concludeva la pace: onde il Re li mandò ambasciadori a cercarli perdono, e pregarlo, che seco si pacificasse, il che vedendo il Papa acconsentì alle preghiere del Re, e fatta seco la pace alli 17 del medesimo mese andò il Re ad umiliarsi con il figlio al Pontefice cercandoli perdono dè mal trattamenti, li giurorono fedeltà: per lo che dal Papa fie dichiarato Re della Sicilia, e il figlio Duca di Puglia; e alli 25 di luglio se n’andorono ambidue in Benevento, da dove fu discacciato l’Antipapa; e perche in detta pace furono esclusi tutti …..del Papa n’avvenne, che il Re restando solo all’acquisto del Regno, si portò con l’esercito sopra Troja, la quale non potendo resistere se li diede in potere; e tra le straggi che vi fece, fuche disarmasse il cadavere del Duca Rainulfo, e lo fece con una fune al collo trascinare per tutta la Città, e così marcito lo fece gittare dentro una cloaca; ma il figlio del Re detestando quest’atto barbaro fece levare detto Corpo, e li diede onorevole sepoltura. * Partossi poi con tutto l’esercito sopra la Città d’Ariano, quale dopo varj conflitti la prese, e avendo nelle mani il Conte Ruggiero con la sua moglie li mandò prigionieri in Sicilia nella città di Palermo ove finirono di vivere non senza sospetto di veleno. -In questo modo questa nobilissima Città cadde in potere del suo Nemico Re Ruggieri: nell’anno poi del 1140 dopo molte altre imprese si portò in detta Città d’Ariano il Re, e vi fece la prima Assemblea dè suoi Baroni, e Vescovi, e altri Prelati, stabilì le cose del Regno, ed ivi medesimo fece battere una nuova moneta d’argento, che fu chiamata Docato. * Morto alle fine il Re Ruggieri nel 1154, e succedendoli il figlio Guglielmo il Malo la AEQVVM TVTICVM pag. 147 Giovanni Battista Capozio Contea d’Ariano, come inclusa nel Ducato di Puglia restò al Duca Ruggiero fratello di Guglielmo; ma venuto a morte, il medesimo Ducato nell’anno 1156 fu conferito dal Papa al medesimo Guglielmo, e percio anche la Contea d’Ariano fu sotto il suo Dominio. nell’anno 1166 venne a morte il Re Guglielmo il Malo, e li succedette Guglielmo il Buono, onde la Città d’Ariano stette nel Regio dominio. * Nell’anno seguente 1167 si portò in Italia con potente esercito contro del Papa Alessando III volendo mantenere lo Scisma dell’Antipapa Federico Barbarossa per lo che il Pontefice travestito si partì da Roma, e si portò a Gaieta ove essendo seguito dà Cardinali ripigliò le vesti Pontificali, dove il Re Guglielmo li mandò Rodolfo Vescovo d’Ariano, e quello di Avellino a complimentarlo, e con essi si condusse a Benevento. * A tempo di questo Pontefice la chiesa d’Ariano fu arricchita di varie reliquie di diversi Santi Martiri, come nota Pietro Diacono. * E in quest’anno si diede principio alla chiesa di S. Eustachio con denari di una nobilissima Madrona della medesima Città, quale fu perfezzionata, come anche dalla medesima fu fabricata la chiesa di S. Maria extra Urbem un terzo di miglio lontana dalla Città; ove avendovi lasciate molte possessioni vi assegnò un Sacerdote, che n’avesse cura, e fu nell’anno 1175. (incomincia a parlare del Protettore S. Oto) * Per maggiormente Iddio illustrare la Città d’Ariano con splendori di Santità con la quale ha voluto parimente far comparire nel Teatro della sua chiesa prediletta Sposa li suoi chiarori, fe comparire in essa, e nella Città d’Ariano il suo Eroe S. Oto Eremita illustre di Santità, e miracoli, che Iddio per li suoi meriti operò. * Questo adunque fu Romano di nazione del nobilissimo Sangue dè Francipani coltivando la sua nobiltà con il latte delle scienze che in esse fece gran profitto: giunto all’età d’anni 18, regnando Lotario Imperadore a tempo che Innocenzo II in Roma fu coronato, prese il cingolo militare; dopo molti anni a tempo di Federico Barbarossa a causa che s’erano ribellati quei di Albano, e quei di Frascato non pretendendo dare il solito tributo, che dovevano alli Romani, si congregò un forte esercito, e assaltorono le dette Città, tra quali Oto era un dè Capitani: Ma Raimondo Capitano dell’Imperadore congregati li Suoi Tedeschi, assalì li Romani con tanto empito, che disordinandoli li pose parte in fuga, parte n’uccise, ed altri menò prigionieri entro Trepoli ( oggi Frascati ) tra questi fu prigioniere anche il nostro Oto; questi erano si mal ridotti in quel luogo di prigionia per la vita stentata, che menavano con una sola oncia di pane, e una Tazza d’acqua il giorno concessali da quel barbaro loro nemico, in modo che conducendosi a poco a poco alla morte si vedevano vittime sfortunate di una morte si crudele. * Oto vedendosi con tante calamità si prossimo alla morte si stentata senza umano ajuto, illuminato dal lume Sovrano ricorse alla Divina pietà con abbondanti lagrime implorò il suo divino ajuto; e perche l’intercessioni dè Santi sono potentissime per placare l’ira del Cielo, vi frappose quello di S. Lionardo; e continuando nelle sue preghiere meritò d’esser esaudito. * Laonde una notte l’apparve il glorioso Santo, e così li disse: Figlio date a Dio gloria, mentre le tue lagrime sono state accette a Dio, e percio à esaudito le tue preci; dunque non ramaricarti, né piu temere. * Svegliatosi Oto come da un sogno per tal felice avviso, si riempì di Sommo contento, e maggiormente s’infiammò nell’orazione; e di nuovo addormentatosi gli parve che dal Santo fosse cavato dalle Carceri, sciolto dalle catene, e da ferri, ed essere condotto dentro un bosco presso Roma, posto in libertà: onde posto percio in tanta allegrezza il pag. 148 AEQVVM TVTICVM Giovanni Battista Capozio suo Cuore, che già si risvegliò, e già si ritrovò come insogno aveva veduto libero, e salvo: per il qual miracolo tutto fuor di se si buttò con la faccia a terra cominciò ad orare così dicendo: Voce mea ad Dominum clamavi, et exaudivit me de Monte sancto suo. Ego dormivi, e somnum caepi, et exsurrexi quoniam Dominus suscepit me. Domine Deus meus in te speravi, salvum me fecisti, et liberasti me ex querentibus animam meam Deus autem noster in coelo omnia quecumque voluit, fecit; quia eripuit animam meam de morte, oculos meos a lacrjmis, pedes meas a lapsu. * Detto questo inebriato dall’allegrezza s’alzò, e considerando le miserie dell’umana natura dando un calce alle vanità del Mondo, lasciò la patria, le ricchezze, e quanto in terra possedeva, e si consegrò tutto al cielo; si partì, everso il regno di Napoli s’inviò; quindi così sconosciuto per li patimenti sofferti gionto nella Città d’Ariano vidde, che in essa fiorivano la virtu cristiane al culto della Cattolica Religione, dove fermando il pensiere di trattenersi deliberò passar la sua vita in servigio del Signore; Si diede con ogni studio a macerare la Carne con continue penitenze portando un cilicio di peli di cavallo con maglie di ferro, che lo copriva dalla gola sino alle ginocchia: Il suo letto, era la nuda terra, e mentre si voleva alquanto riposare dalle punture del cilicio, tormentato dalli dolori d’esso cilicio se ne fuggiva il sonno dall’occhi: si pasceva con continue lezioni dell’antichi Anacoreti, e imitava l’austerità di quelli. * Avendosi formato una casetta di terra, e rami di albori vicino alla Chiesa di S. Pietro, la quale ritrovandola diruta, con l’elemosine dè pii Benefattori, e con le sue fatighe la ridusse al suo decoro. * Ma chi non ammira la perfezione del Santo? * Egli di sangue nobilissimo ignaro ad arti vili, e pur si legge, che per giovare a poveri si pose a fare l’arte del calzolaio, accomodando scarpe vecchie, accio il prezzo, e denari, che in tal modo si guadagnava li distribuisse a poveri di Cristo. * Ma per rendersi in tutto perfetto nelle virtu Cristiane, imparò il principio della perfezione con non stimare se stesso, e con la considerazione del suo ultimo fine, e per sempre avere avanti gl’occhi la sua caducità si serviva d’unteschio di morto, che come un specchio lucidissimo si serviva per ritrarne da esso imagini di Cristiana perfezione; quindi dalla sua esemplare vita li Nobili della Città si diedero, ad una vita più che cristiana, e fra gli altri un Cavalier per nome Tancredi, il quale essendo nella sua gioventù trasportato alle vanità del mondo, lasciando li suoi averi si ridusse insieme col Santo ad una vita austera. * Giovanni della Tufara Santo Anacoreta ….. si partiva dal suo eremo e portavasi dal Santo per rifregerare il Suo Spirito con la Santità di Oto, la di cui santità fu anche saputa dal Beato Giovanni discepolo di S. Guglielmo in Monte Vergine, il quale visitando il Santo apprese la forma del vivere Anacoreta, il quale Santo Monte, dove ritornò insieme col Santo, e con il loro soggiorno santificorono quel luogo; ma perche Oto si dilettava della solitudine, e di vivere a Se Solo, fe ritorno all’abitato. * Sortì in quel tempo, che fu ritrovato nel colle del mezzo della Città con scavare la Terra un simulacro di Giano Bifronte con l’antico altare, e con bellissime colonne di color nero con l’iscrizione addotta Questor Babrius, e con altre vestigia dell’antico Tempio di Giano destrutto a tempo dè Goti: onde gl’Arianesi a questa novità istigati dal Demonio cominciarono a far festa intorno a quel idolo a guisa di Gentili, facendolo dipingere sopra le porte della Città, e in luoghi publici, nell’insegne ancora, e stendardi con il Capo di Giano bifronte, gloriandosi del culto, che li loro Antenati avevano prestato a quel vano Simulacro. * Il Santo non potendo sopportare una tanta superstizione, e dispiacendoli, che un Popolo tanto pio, e religioso poco innanzi s’era così pazzamente indotto ad idolatrare; pieno di zelo dell’onor di Dio portatosi ove tali feste si facevano, ed infervorato dallo AEQVVM TVTICVM pag. 149 Giovanni Battista Capozio Spirito Santo incominciò a riprenderli della loro sciocchezza riprendendo aspramente quella vana superstizione; e in tale occasione li profetizò, che per li loro peccati la Città dovrebbe rovinare da fondamenti alla venuta d’un Imperadore d’Occidente, e che sarebbe stata assediata, e a tradimento presa, e distrutta; e percio l’esagerò a vivere Cristianamente, e afar penitenza de loro peccati. * Queste parole del Santo furono di tanta efficacia, che incontinente il Popolo fracassorono quell’altare con la statua dell’Idolo, facendo ancora scancellare da per tutto le pitture, che fatte aveano in onor di quel vano Simulacro. * Si degnò Iddio oprar molti miracoli per li meriti di questo Santo, e specialmente proteggendo la Città d’Ariano nelle sue necessità, particolarmente allor che li Saraceni venuti dalla Puglia chiamati dall’Imperadore Federico assalendo la Città d’Ariano con numeroso esercito, il Popolo correndo dal Santo, accio pregasse Iddio, che li liberasse dalle mani di quei barbari. * Egli postosi in orazione nel suo Tugurio, incontenente s’oscurò il Cielo, e incominciò a piovere sopra quei barbari unagran tempesta di grossi Sassi di varie forme, e di grave peso differenti di materia da altri naturali sassi, da questi vedendosi oppressi quei barbari, lasciorono l’assedio, e con precipitosa fuga si partirono. * Queste pietre si conservano sino al presente in detta Città d’Ariano, molte delle quali si vedono fabricate nelle mura delle Case al di fuori, e a vista publica, e molte altre dentro le abitazioni per segno, e memoria del meracolo. * Il Santo poi ricco di copiosi meriti, e carico di penitenza alli 23 di Marzo 1251 se ne volò al cielo per godere il frutto delle sue fatighe tra Beati. * Il Suo S. Corpo stante l’invasione, che del continuo facevano gli Saraceni in quelle contrade, per tenerlo sicuro lo portorono a Benevento, ove riposò sino all’anno 1452 dopo del qual tempo per ordine del Re Alfonso primo fu traslatato nella chiesa maggiore in una Cappella suntuosa dedicata al Santo. * Nell’anno 1189 essendo già morto Guglielmo il Buono senza figli sortirono diverse rivoluzioni nel Regno, onde ne rimasero moltissimi nobili, e ricche famiglie disfatte, e molti luoghi distrutti: sentita la morte del Re fu subito nella Città di Palermo coronato Re Tancredi conte di Lecce col consenso, e autorità del Papa Clemente III contravenendo a quanto aveva ordinato Guglielmo nella città di Troja, ove la sua zia Costanza, e Arriago suo marito figlio dell’Imperadore Federico avea ricevuto l’omaggio di fedeltà dà Baroni del Regno, a cui per raggione toccava il Regno, essendo, che Tancredi per esser bastardo si vedette escluso fu subito da questo mandata gran somma di denari a Reccardo Conte della Cerra Cognato del nuovo Rè, con questa somma di denari s’adrapò tanto, che fatto un numeroso Esercito tirò al suo partito tutti li Baroni quasi del Regno alla devozione di Tancredi. * Ruggiero Conte d’Andria per invidia che era stato posposto a Tancredi nel Reame, essendo lui gran Conte stabile del Regno, con molti parteggiani, e con buon numero d’esercito s’oppose a Riccardo, accio non occupasse la puglia: che però tosto scrisse ad Arriaga in Germania, che venisse ad acquistarsi il Regno che alui per giustizia toccava; udito ciò Arriaga in Germania tosto mandò il suo esercito, il quale senza contrasto si condusse alla puglia, e s’unì con l’esercito di Ruggiero, ove distrussero molti luoghi, e fra gli altri la Città di Corneto, quale sin dalli fondamenti fu disolata per causa che aderiva a Tancredi ma l’esercito dell’istesso Tancredi sotto la condotta del detto Riccardo si fortificò entro la Città d’Ariano; eservendosi del tempo si schermì dal venire a giornata con li Tedeschi, li quali tenendo assediata la Città per alcuntempo nel fervor dell’està per il caldo, e per il vitto, che li mancava, infermandosi li Soldati, e del continuo morendone, fu costretto Ruggiero levar l’assedio da Ariano per che non morissero tutti, fe ritornar pag. 150 AEQVVM TVTICVM Giovanni Battista Capozio l’esercito nella Germania senza alcun profitto. * Onde il Conte Ruggiero fidandosi nelle sue forze assalendo la città d’Ascoli, fu dal detto Conte Riccardo a tradimento fatto prigioniere, e poco dopo lo fe crudelmente morire. * Godè parimente questa nobilissima Città d’Ariano d’aver tra le sue mura il gran Patriarca dè Minori S. Francesco d’Assisi, il quale, nell’anno 1222 partendosi da Roma per la Puglia per venerare li Santuarj del Prencipe S. Michele, e S. Niccolò Vescovo di Mira il di cui corpo con somma venerazione risiede nella Città di Bari, si portò nella città di Benevento, dove oprò gran miracoli, e poi in Avellino, in Acquapudrita, nella Terra di Padula; ed Apice, nelli quali luoghi fondò il suo Convento, come fece nella chiesa di S. Maria Oliveto, e in Benevento; si condusse poi a alla Città d’Ariano chiamato dalla divozione di quei Cittadini, e si fermo per molti giorni in essa nel famoso Spedale di quella Città servendo con gran Carità all’infermi, e con la Santa parola di Dio fece gran frutto in quelle Anime: onde gli Arianesi dopo la sua morte li fabricorono un Convento sotto il suo nome quale nell’anno 1349 alli 8 di 7bre: essendo stato dà Terremoti devastato; fu da Errico Suo Conte, e dalla Contessa sua moglie di nuovo riedificato nell’anno 1463. * In quei tempi calamitosi stava tutta l’Italia piena d’armi per causa dell’acquisto del Regno; essendo stato coronato Errigo Imperadore; subito si pose un altra volta all’acquisto del regno: onde la Città dal tempo di Tancredi sino a Manfredi Bastardo di Federico non abbiamo altra notizia della Città d’Ariano, la quale nelle guerre tra il Papa, e Federico si mantenne sotto la divozione della chiesa, come si ha anche in tempo del detto Manfredi, quale essendo stato scommunicato dal Papa come intruso nel Reame, per lo che nel 1254 avendo Manfredi fatto ammazzare proditoriamente Burrello fuori le mura di Tiano, il Papa inviò contro del medesimo il Suo Esercito; accio non occupasse la Puglia, e nella Città d’Ariano il Legato del Papa con li suoi Soldati si fece forte; Ma Manfredi insieme con Marino, e Corrado Capeci Fratelli, e Signori dell’Atripalda con la guida, ed ajuto per lavia di Trivico furtivamente si condusse entro Lucera: Intanto il Papa Innocenzo IV infermatosi in Napoli venne a morte in tempo che fra breve avrebbe finito d’acquistare il Regno: per lo che Manfredi passato con il suo esercito sopra i soldati del Papa, che d’Ariano s’erano portati a Foggia furono distrutti; onde distrusse poi barbaramente tutte le Città, e luoghi che avevano tenuti le parti della chiesa; ma la Città d’Ariano forte per sito, per popolo, per nobiltà invitta, e constante si tenne fedele in favore della chiesa, difendendosi dalle armi di Manfredi; il quale di tutti l’altri luoghi si rese padrone, fuorche d’Ariano per esser si forte. * Federico Lanzo, seu Lancia zio di Manfredi Capitano di Capitanata volendo in tutti li modi ridurla sotto di Manfredi pensò averla con astuzia, ed ordendo un notabile tradimento mandò alcune persone di Lucera, che finsero essere contro Manfredi, e fecero con l’arianesi confederazione, e lega: fatto ciò dopo certo poco di tempo che a loro parve a proposito, come fuggitivi da Lucera se n’andorono alla loro confederata Città d’Ariano sotto specie di darli ajuto, dove essendo tempo di notte furono cortesemente ricevuti; onde subito intromessi come fieri traditori si diedero ad uccidere le Guardie, e quanti della Città li venivano avanti, e per esser essi di buon numero fecero stragge grande; onde entrato poi l’esercito di Manfredi la povera Città fu posta asangue, ed a fuoco non perdonando né meno alle chiese, che però la Cattredale, e tutte l’altre si ridusse al … * In questa stragge molti ne fuggirono, molti ne restarono dal fuoco abbruggiati, e molti sepelliti tra le ruine, e li Principali della Città che rimasero vivi furono tutti trucidati, il rimanente poi della Gente bassa che sopravvisse fu cacciata via, e mandata altrove ad abitare: Si che di quella florida Città, non vi rimase né pur un solo Cittadino, e di tante ricchezze servivono per innalzare maggiormente l’animo di quel barbaro Manfredi. * Restò la misera Città così desolata sino che Carlo prima Duca d’Angiò fu chiamato AEQVVM TVTICVM pag. 151 Giovanni Battista Capozio dalla Francia da Clemente IV per elegerlo Re delle Sicilie sue nell’anno 1265, dove Carlo entrando per la parte di S. Germano si condusse a Benevento, dove venuto a battaglia con Manfredi vicino il fiume Calore l’esercito di Manfredi fu disfatto con la morte dell’istesso Manfredi; e per che era scommunicato fu sepellito in luogo profano fuori del Regno vicino alla riva del fiume Verde, ora Marino. * Carlo poi il Re con seguito di altri Cavalieri si portò alla volta di Lucera per discacciare li Saraceni condottivi da Manfredi prima della sua morte, e battaglia; onde passando per la distrutta Città d’Ariano commiserando le sue rovine volle tutta caminarla e non vi trovò un solo uomo, ma solo erba germogliata sopra le rovine: Che però li venne in animo a riedificarla; incominciò l’opera, e aspese regie, fabricò la catredale introducendovi li canonaci all’uso di Francia con il titolo di Sire, che vuol dire Signore proseguì l’opera facendola munire d’intorno di grosse muraglia, e dando fine all’impresa fè rifare il Castello , e vi mandò ad abitare molti popoli; e così si rifece dalle sue rovine a guisa di nuova fenice: La bontà poi del Re Carlo si voltò a rimunerare li Cavalieri, che l’avevano ajutato nella guerra, e fra gli altri fu Errigo di Vandemonte dal medesimo Re fu creato Conte della rinovata Città d’Ariano; e così questa Città fu decorata un altra volta con il titolo di Contea, annessi ad essa anche Montefuscoli, Padula, ed altre terre: durò il governo di detto Arrigo, e suo figlio sino al 1300 che passò alla Nobilissima famiglia Sabrana: E perche la Città d’Ariano per sua singolar grandezza ebbe per suo Conte il Glorioso S. Elzeario, è di bene registrare i suoi fatti in questa cronica. (parla di S. Elzeario) * Tra le nobilissime famiglie che seco portò dalla Francia Carlo I fu la nobilissima Sabrana di Provenza: * Il primo di questa famiglia che venne fu ... Figlio Elzeario I di tal nome uomo insigne, e potente nella Provenza, il quale nel 1294 era conte della Città d’Ariano; Arrigo di ..., quale essendo accusato dì ... Renaldo suo figlio fu privato della Contea, e della vita, che era in quel tempo gran giustiziere; onde tal Contea d’Ariano con il titolo di giustiziere fu conferito al detto ... con la Terra d’Agnone in Apruzzo, e li donò anche Pezzuolo: ma nell’anno 1295 quei di Pezzuolo si difesero con dire, che la Città fosse nel Dominio regio; onde in vece di Pezzuolo li fu concessa l’Acerenza, e Madaluni. * Nell’anno 1315 essendo Vescovo della Città Fra Lorenzo dell’Ordine Minorita, opponendosi ad ... Conte, perche violava l’immunità della chiesa, da quello li fu insidiata la vita, per lo che ricorse al Re contro del Conte quale chiamatolo lo riprese aspramente, e fece pacificarli. * Fu questo ..., oltre delli mascoli ebbe due femmine; una delle quali collocò in matrimonio con Tommaso d’Aquino figlio di Adinolfo Conte della Cerra; l’altra collocò con Ugone del Balzo, quale venuto a morte l’anno 1320 lascio tre figliuoli; cioè Elzeario, Secondo, Guglielmo, ed Eustasio: Guglielmo poi presa per moglie Ruberta figlia di Berardo di S.o Giorgio Conte d’Apici, e essendo morto il fratello Ruberto Figlio di Roberta, moglie di Guglielmo, successe nel Contato d’Apici, e anche Signore della città d’Agnone: Guglielmo di poi passo da questa all’altra vita, e lasciò 4 figli, cioè Ludovico, ... Giovannuccio ed Elzeario, che fu terzo di tal Nome: Eustasio ebbe per moglie Ilaria di Sus, quale venendo a morte, Eustasio li diede per antefato Castello S. Giovanni, e macchia: * Elzeario primogenito di ... successe al contado d’Ariano, e in altre amplissime ricchezze, si diede a vita Santa e pura; Egli nacque nella Provenza nel castello Ansoisio nell’anno 1300 del quale suo Padre era Signore; Subito nato la sua madre Lauduna Albuna, non meno nobile che divota con affetto Cristiano l’offerse a Dio, pregandolo, che l’accettase per suo servo, e se con la sua vita dovrebbe la maestà Divina esser offesa, si dignasse pag. 152 AEQVVM TVTICVM Giovanni Battista Capozio subito ricevuto il battesimo privarlo di vita: ma quanto quest’offerta fosse grata al Signore; lo dimostrò in breve; imperciocche essendo appena d’anni tre, subito diede segni, che Iddio l’aveva accettato al suo Santo serviggio, dimostrandosi pietoso con li poveri, privandosi sovente del suo cibo per darlo a quelli. * Posto poi sotto la cura di Guglielmo suo Zio Abbate Cassinense di Marseglia fu con ogni diligenza ben allevato, e nutrito col latte delle scienze, che divenne ricco d’ogni virtù. * Essendo d’Anni 18 per ordine di Carlo II suo stretto parente, e Signore; fu accasato con una nobilissima Signora Giovanetta, e piena di virtu chiamata Delfine, e avanti del Re fu celebrato lo sponzalizio: Ma la S. Sposa infiammata della purità Verginale la prima notte con ardenti parole, e con fervor di spirito esertò Elzeario suo sposo, che conservandola intatta consecrassero insieme al Signore la loro purità Verginale, che Iddio l’avrebbe premiati in Cielo. * Vedendo cio il S. Giovane come anch’egli teneva a caro sì ricco Tesoro, con purità Angelica ringraziò il Signore, d’averli data una Consorte, secondo il suo desiderio di mantenersi sempre vergine; onde li rispose con atti di ringraziamenti, che tale era la sua intenzione, del che ambedue lieti s’inginocchiorono, e prostatisi a terra ringraziorono il gran padre dè lumi, stringendosi con purità di cuore, e fervor di Spirito ambedue le mani apiedi d’un Crocefisso; e alla presenza della Beatissima Vergine fecero anche voto di menar di vita Casta, dopo questo consumorono il restante della notte in ferventissime orazioni, e in recitar divine lodi, al loro Creatore, verificandosi in tal fatto cio che scrisse Agostino il Santo: Beata sane Conjugia, quae terrena prole contenta continentia inter se pari consensu conservant. * Se Iddio volendo manifestare al Santo quanto grata li fosse stata quell’offerta nel giorno dell’Assunzione della Beatissima Vergine essendo a menza in compagnia di molti nobili Signori, appena aveva incominciato a gustare il cibo fu all’improviso soprapreso da Celeste Spirito si fattamente che li rinfiammò il cuore, e lo riempì di tanta gran dolcezza, che rimase in estasi tutto trasmutato nel volto acceso di fuoco; del che avvedutisi quei Cavalieri, e pensando che soprapreso da qualche accidente, fosse oppresso da febre, onde a letto lo condussero per farlo riposare. * Il Santo Giovane vedendosi così solo, e ritornato in se si butto in terra orando al Signore; e contemplando la sua immenza bontà si sentì talmente liquefarsi il cuore di Celesti contenti, che si sentiva uscir di vita, e essendoli in quel estasi manifestati ineffabili, ed alti secreti della Divina bontà, si diede a macerar la Carne, e spreggiar se stesso con tutte la vanità del Mondo. * Ma non potendo a sua voglia godere la bramata quiete dell’animo in Casa del suo Avo per la gran Corte, e famiglia che v’era; con grande difficultà avuta la licenza, si ritirò al castello di Poggio ..... Luogo della Santa Sposa; ove già ritiratosi, e fatto a tal effetto alcune regole per vivere perfettamente da Cristiano, ordinò che inviolabilmente si osservassero dà suoi famigliari, e della Corte dimorò alcuni anni entro il detto Castello; ma essendo assunto al trono del Regno di Napoli Roberto fu da questo Savio Re chiamato alla Corte mentre sommamente l’amava: Da Napoli poi si portò alla sua Contea d’Ariano; ma li Cittadini della Città odiando il vassallaggio del Conte volevano vivere con la Regia libertà, onde cercorono esser ridotti sotto il Regio Dominio, come avevano fatto quelli di Pozzuolo: Per lo che fatti Capi della Città Lionardo di Renzi, e Ferrante Passeri in verun conto il vollero ricevere, resistendo a tal ribellione tre anni, né quali il Santo sopportò molti travagli, e ingiurie dà quei cittadini. * Onde Ruberto per gastigare tal affronto, che si faceva non solo al Santo, ma anche alla Regia autorità, chiamò Tancredi Prencipe di Taranto suo Fratello, e datoli il comando delle sue truppe, lo fè partire a danno della Città d’Ariano: si partì tosto Tancredi, e gionto alla Città senza indugio fece prigione li Principali della ribellione, tra li quali oltre AEQVVM TVTICVM pag. 153 Giovanni Battista Capozio il Renzi, e Passari, Girolimo, Galtieri, e Raimondo Antinore li fece prigionieri mandandoli nel castello di S. Eremo: ma il pietoso Conte come buon Cristiano pregò il Re, accio né alli sopradetti, ne alla Città si facesse male alcuno; ottenne la libertà di essi, e la pace a Cittadini, applicando alli suoi peccati con perdonare a tutti generalmente. * Quindi ne avvenne che tutti li Cittadini lo stimavano non solo Padrone; ma vero padre, quali ajutava nelle loro necessità, e particolarmente li poveri, che però aggiunse rendite all’Ospedale, dove ogni sera andava per esercitare l’officio della Carità: era giovevole atutti, li difendeva, e li faceva stimare non come sudditi, ma come figli. * Onde non solo li Popoli circonvicini, ma lontani ancora stimavano felici gl’Arianesi, di modo che molti desertavano dalle loro patrie per farsi vassalli di un tanto Padrone buono, e santo: da qui ne venne che molte famiglie nobili si portorono ad abitare nella Città d’Ariano, quali furono li Tonti, l’Auriga, li Sebastiani, Stendardi, Magli, ed altri. * Dopo essersi avvanzato nell’amor Divino questo felice Conte avea ardente desiderio di entrare in qualche Religione; ma non essendo voler di Dio volle sottoporsi ad una regola, per non godere in tutto la libertà, che come Signore grande poteva godere; e percio s’ascrisse al Terzo Ordine di S. Francesco, e con fervor di Spirito professandola l’osservò perfettamente sino all’ultimo di Sua Vita; ed in compagnia della sua Santa Sposa Delfina confermò l’Angelico voto della Verginità. * Il re Roberto, a cui eran ben note le qualità Sante del Conte, desiderando, che Carlo suo figlio Duca di Calabria divenisse virtuoso, e di perfetti costumi chiamò Elzeario, e li diede sotto la sua Cura, suo figlio, stimandosi sicuro d’aver un figlio dotato di Santi costumi. * Ubbidì il Santo con ricevere amorevolmente il detto Giovane, e trovatolo di costumi già alquanto depravati per le male prattiche avute per mezzo dè Corteggiani, usò ogni piacevolezza, e diligenza, per ridurlo alla Cristiana pietà, ed a vita lodevole, e Santa; onde in breve si fece Ecclesiastico, e di gran bontà di vita; e nel 1366 fu fatto Vescovo d’Ariano, poi passò al Vescovato di Chieti, e per ultimo nel 1378 fu fatto Cardinale e gran Penitenziere da Urbano Sesto. * Nell’ 1381 la Chiesa d’Ariano fu provista nella persona di Fra Raimondo Francese, il quale fiorì d’ogni virtu e santità, e fu dell’Ordine di S. Francesco. * Sotto gli auspici del Re Alfonso l’Arianesi rihebbero il Corpo del loro Santo Protettore Oto, q.le dall’anno 1190 sino all’anno 1452 era dimorato in Benevento, q.le poi la Città d’Ariano supplicando ricorse al detto Re, acciò con la sua Autorità potessero ottenere il Loro desiderato Protettore; onde il detto Re scrisse al Cardinale Antonio Cerdano Camariere del Papa Eugenio IV; accio constringesse l’Arcivescovo di Benevento ... Agnesi; e cosi con la potestà che il medesimo Re aveva in Benevento essendo stato creato dal medesimo Eugenio Papa vicario di Benevento fu fatta la detta traslazione con ogni pompa possibile uscendo dalla Città gli Arianesi sino al Fiume Calore con torce accese, nel numero di ottocento persone con tutti li Chierici della Città, e 2000 persone armate, che custodivano il prezioso tesoro per la strada sino che giunsero alla Città, da dove uscì tutto il popolo ad incontrarlo con giubilo, e festa, e con indicibil pompa sotto Archi Trionfali lo condussero alla Catredrale dove erigendoli ricchissimo Altare sotto di quello lo deposero. * Nell’anno 1456 alli 5 Decembre alle undeci hore della notte giorno di Domenica fù un terremoto così terribile, e miserabile che si distrussero molte Terre, Città, e ville, e quasi si sentì per tutta l’Italia; et in questo Regno restavano desolate Bojano, Isernia Brindesi, L’Aquila Benevento, Lucera, Troja, e la Città d’Ariano nella quale perirono sotto le sue ruine 1313 persone; Padula cascò da fondamenti; sotto le rovine di Montecalvo ne morirono da 800, in Boiano da 1300 e nell’altri Luoghi dove più dove meno. * In queste ruine d’Ariano restò distrutta la Catredale, e tutte le altre chiese, e Conventi di essa Città per detto Terremoto, quale fu più crudele di quello, che avvenne nel 1349 pag. 154 AEQVVM TVTICVM Giovanni Battista Capozio alli 8 di 7mbre. * Fu di parere Strazzi Cicogna che questo Terremoto, avvenisse per causa dè spiriti maligni rinserrati nelle viscere della Terra, quale scuotendola cagionassero tanto danno permettendolo Iddio per li gravissimi peccati che nel mondo si commettevano. * Morto il Re Alfonso nel 1458, successe Ferdinando suo figlio, a cui successero gran guerre nel regno, mentre nel mese di 8bre del 1459 Giovanni d’Angiò figlio di Renato venuto con potentissimo esercito all’acquisto del regno v’apportò mali notabilissimi. * Prima di queste guerre si vidde unsegno , che già dava conjettura di esse, mentre nel 1462 fra Benevento, e Ariano si viddero gran copia di Nibbi, seu Nigli, e corvi schierati a guisa di eserciti, e tra di loro si azzufforono di tal maniera, che avventandosi li nibbi contro li Corvi fecero terribilissima guerra, per lo che nel principio si viddero li nibbi essere vincitori, dè corvi, ma azzuffatisi un’altra volta li Corvi fecero crudel stagge dè nibbi. * Quindi poi questo fatto fu prognostico chiaro della guerra tra l’Angioini, e il Re Ferdinando, li q.li da principio si viddero Superiori, e vincitori, del Re Ferdinando, ma poi restorono da esso tutti sconfitti. * In queste guerre la Città d’Ariano restò sotto il dominio Angioino perche il Guevara si mantenne alle divozioni di q.llo, e essendo sortite le ribellioni, tra q.li vi fu anche D. Pietro di Guevara Conte d’Ariano, quale venne a morte in tempo della Congiura contro il Re, il Contado di Ariano assieme con altre terre successe come scaduto al Regio Demanio, il Re Ferdinando lo vendè ad Alberico Carrafa, figlio di Malizia Carrafa, quale ottenne dal Re il titolo di Duca, e fu il primo della Casa Carrafa, che avesse tal titolo; ebbe per moglie Giovannella di Molisi nobilissima di Sangue. * Alberico succede per secondo Duca Gio: Fran.co secondo di tal nome nel 1528 il quale per aver dato omaggio, e giuramento di fedeltà al campo dell’Angioini, fu privato del Ducato d’Ariano, che però fu concedato nel 1532 a D. Ferrante Gonzaga Prencipe di Molfetta; a D. Ferrante successe D. Cesare suo figlio; a D. Cesare succedè D. Ferrante Secondo di tal nome Primogenito di Cesare nel 1575; il quale vendè Ariano nel medesimo anno a Laura di Goffredo per Docati sessanta due mila, dè quali ne pagò solamente ventidue mila a Galeazzo Giustiniano, quale prima l’avea comprato per docati cinquanta mila con patto di retrovendita. * Ma mancato Gio: Girolomo Giesualdo figlio della detta Laura, successe il Dominio a Fabio Primogenito essendo anche pupillo sotto li tutori lasciateli, li qti per pagare li debiti lo fecero vendere nel 1585, e lo comprò D. Fabrizio Gesualdo Prencipe di Venosa per docati 75150. * In detta vendita li Cittadini di Ariano reclamarono nella regia cammera che li concedesse l’eccezione, e la libertà di ricomprarsi; e dopo molto contrasto, e gran spesa , alla fine dopo qualche tempo pagando li 75150 ottenero che detta Città restasse sotto il Regio Dominio, come al presente godono in quest’anno 1596. * Tutto questo racconta Antorologio e si è astratto dà più periti Scrittori, che furono in quei tempi dal Padre Gio: Battista: Capozio Abbate Cassinense del Monastero della SS. Trinità della Cava nella di cui libraria si conservano molte memorie della Città di questo Regno. (qui finisce la Cronica) (N.B questa ultima parte è stata certamente aggiunta in data posteriore a quella del testo qui sopra fedelmente trascritto.) Nelli principij di Settembre del 1767 per ordine Reale si mandarono a terra gli antichi edificij della Torre di Amanni, per essere ivi rifugiati in mal viventi della compagnia di Pasquale di Antuono, e Tomaso Goccia, proscritti del Consigliere D. Genàro Pallante, coll’alterego venuto in Ariano ad inquisire per il furto accaduto a Radogna in Bovino per il quale ne furono giustiziati sei, due in Ariano vicino alla chiesa del Carmine sotto alli AEQVVM TVTICVM pag. 155 Giovanni Battista Capozio Tranesi, e quattro nello stato di Bovino nell’anno antecedente 1766, nel mese di Luglio, e li sopradetti Caporali restono proscritti fu catturato d’Antuono ad agosto 1767; fu distrutto detto edificio di Amandi, perché nella confessione de rei catturati nel 1767 si scovrì che nel passar della Maestà del Re Ferdinando III alla caccia da Buino, j detti mal viventi stavano dentro detto antico edificio a guardare il real passaggio, quantunque dalla Grotta Minarda perfino alla torre Guignara il Real camino stasse guardato da Birri, da Soldati di Cavalleria, e di Fanteria. pag. 156 AEQVVM TVTICVM Aequum Tuticum ELENCODONATORIALMUSEOCIVICOalladata del 31/12/2008 - Adriatica Costruzioni - Alterio Antonio - Associazione Amici del Museo di Ariano Irpino - Associazione Amici del Museo di Foggia - Associazione Circoli Culturali di Ariano Irpino - Associazione F.I.D.A.P.A. di Ariano Irpino - Associazione LIONS Club di Ariano Irpino - Associazione Panathlon Intenational di Ariano Irpino - Aucelletti eredi - Autocardito di Gino Giorgione - Avella Egidio - Banca Popolare Ariano Valle Ufita - Bilotta Federico - Blasi Antonio - Capozzi Ada - Cardinale Antonio - Cardinale Giuseppe - Caro Donato - Chianca Emilio - Ciccarelli Erminio - Ciccone Adriana - Ciccone Aldo - Ciccone Antonio - Ciccone Maria - Ciccone Teresa - Circolo Culturale Nuova Dimensione di Ariano Irpino - Cocca Domenico - Corsano Angelo - Cozzo Francesco - Cozzo Giovanni - Credito Italiano - Cuoco Franco - D’Alessandro Annamaria - D’Alessandro Emma - D’Alessandro Domenico - D’Alessandro Vincenzo - D’Alessandro Vittorio - D’Angelo Ugo Costruzioni AEQVVM TVTICVM - D’Antuono Antonio - D’Antuono D’Alessandro Luigia - D’Antuono Mario - D’Antuono Nicola fu Mario - D’Antuono Nicola fu Silvio - D’Antuono Ottaviano - D’Agostino Maurizio - De Donato Antonio - De Furia Aldo - De Majo Ettore - Del Conte Claudio - Dekor Maioliche - Di Chiara Giuseppe - Di Furia Franco - Di Furia Mazza Rosa Maria - Dotoli Emilia - Esposito Andrea - Famiglia Speranza - Eredi di Silvio Speranza - Ferragamo Nicola - Flammia Gennaro - Formato Augusto - Formato Gabriele - Forte Graziella e Carla - Franza Luigi - Gambacorta Raffaele - Gianuario Antonio - Giorgione Natale - Gonzi Bruno - Grasso Antonio fu Luigi - Grasso Gaetano - Grasso Lorenzo - Guardabascio Raffaele - Guardabascio Vincenzo - Iacobacci Candido - Iorio Celeste - Iuorio Carmine, Marinunzia, Myriam e Simona - Lanzafame Concetta - Liscio Nicola pag. 157 Aequum Tuticum - Maiolicart - Manganiello Antonio - Mariano Mario - Mascia Carlo - Mastrangelo Vito Ciriaco - Mazza Emerico Maria - Mazza Renato - Melito Nicola - Moscatelli Antonietta - Moscatelli Pasquale - Orsogna Giovanni - Ortu Mario (eredi) - Paradiso Mario - Paticchio Francesco e Pisapia Isabella - Pignatelli Della Leonessa Melina - Pirelli Serra Teresa - Pisapia Enzo - Piscitelli Antonio - Pollastrone Luigi - Pratola Nicolantonio - Pro Ariano - Provincia di Avellino - Purcaro Giuseppe pag. 158 - Riccio Loreta e Rosa - Rogazzo Vincenzo - Russo Luigi - S. Agata di Puglia (Fg) - Salvatore Salvatore (direttore Vicum) - Sampietro Pino - SanPaolo Banco di Napoli - Santosuosso Domenico - Scapati Guglielmo - Schiavo Luigi - Scrima Stefano - Serluca Pia - Sorgarello Novario Anita Lucia - Spagnuolo Lorenzo - Speranza Francesco Paolo e Gerardo - Speranza Gabriele - Titomanlio Guido - T L T Engineering - Tiso Tullio - Vara Liberato - Villamarino Carmela - Zecchino Ortensio AEQVVM TVTICVM AEQVVM TVTICVM pag. 159 pag. 160 AEQVVM TVTICVM AEQVVM TVTICVM pag. 161 pag. 162 AEQVVM TVTICVM AEQVVM TVTICVM pag. 163 pag. 164 AEQVVM TVTICVM