30 Gennaio 2012
Anno scolastico
2011-2012
Classi Quinte
1
PERCHE’ “MAI PIU’ SHOAH!”
Il “Perché” è il fulcro nodale mediante il quale si è sviluppata l’evoluzione e il sapere umano.
Conoscere significa accendere un faro in una stanza buia e spaziare in essa in tutte le sue angolature.
Conoscere l’olocausto, le discriminazioni razziali e le varie brutturie che sono scaturite dall’ animo
umano rendendolo obbrobrioso, significa abbattere l’egoismo e l’odio e intraprendere una crescita
per la promozione umana, per l’accettazione della diversità, della tolleranza e della collaborazione
con chi ha usi, costumi, tradizioni e radici diverse dalle nostre. La Shoah è un gravissimo e vergognoso
evento storico che, attraverso le leggi razziali e altre macchinazioni diaboliche fatte contro la dignità
umana, inizia a poggiare le sue radici procedendo a piccoli passi in modo da plagiare ogni essere umano
Tale ricordo non è finalizzato a perpetuare l’odio contro “chi” ha determinato questo orrendo genocidio,
ma a fortificare questa esperienza negli alunni, i futuri cittadini del domani, per non far ripetere più
avvenimenti simili.
Le insegnanti hanno ritenuto opportuno illustrare gli eventi storici della Shoah improntandoli e
confrontandoli con il vissuto esperienziale dei bambini ,i diritti violati e l’infanzia cancellata.
La tematica trattata è stata l’infanzia violata analizzata sul confronto ed empiriche pratiche di vita.
I contenuti sono stati:
- Il nazismo
- Le leggi antisemitiche
- La storia di Anna Frank
- Il campo di concentramento e l’inno di Buchenwald
- I bambini di Terezin: poesie e disegni
- La risiera di San Sabba
Gli alunni hanno provato svariati sentimenti ed emozioni, i loro volti arrossivano e i loro occhi si sgranavano
increduli di tali brutturie. Le insegnanti, che hanno presentato gli avvenimenti nella loro realtà, filtrati solo
nelle atrocità più sconcertanti, hanno raccolto in questo opuscolo le impressioni e riflessioni più spontanee
degli alunni consapevoli che le emozioni sono il collante della memoria e che “chi sa non sbaglia!”
Le docenti delle classi quinte
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La dottrina politica nata con il nome di nazional socialismo o nazismo, nacque in Germania
dopo la Prima Guerra Mondiale con a capo Adolfo Hitler. Nel 1933 ottenne la nomina a
cancelliere. Egli sciolse il Parlamento, assunse i pieni poteri e trasformò la polizia (Gestapo)
in strumento di terrore. Alla morte del presidente Hindenbung, Hitler divenne capo dello
Stato e si proclamò Fuhrer, cioè Duce. Ebbe così inizio la dittatura nazista. I nazisti
esaltavano la razza tedesca ritenuta superiore alle altre e disprezzavano chiunque non vi
appartenesse pur abitando in Germania. In particolare gli ebrei erano presi di mira: fu loro
proibito di frequentare i locali pubblici e i mezzi di trasporto, vennero chiusi in campi di
concentramento e barbaramente uccisi. L’ira nazista si scatenò anche su tutti coloro che si
opponevano alla dittatura: molti avversari vennero imprigionati, altri finirono ai lavori
forati, altri furono soppressi. Diversi abbandonarono il paese in cerca di scampo.
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Questo era il simbolo dei
Nazisti e della loro bandiera.
Questa era la stella di Davide, che
dovevano portare gli ebrei sugli abiti
per farsi riconoscere dai Tedeschi
Questo era un pigiama a righe, che gli ebrei
dovevano indossare. Era la loro divisa.
Lieg è il simbolo della vittoria
adattato come simbolo delle SS.
Algiz rovesciato simbolo della morte
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Che male può fare un bambino così piccolo a un tedesco che gli fa alzare le mani ?
Se fossi un gigante li schiaccerei sotto i piedi.
Se gli ebrei erano tedeschi e i tedeschi erano ebrei nel mio cuore proverei sempre la stessa tristezza.
Certo che hanno fatto uno “strazio” di persone.
A me sembra infame la scena che HITLER faceva sorridere gli ebrei dalle telecamere invece loro stavano
male.
Io quando sento queste cose mi vengono i brividi addosso perché fa moltissima paura ,vergogna,e fa
piangere.
Secondo me i tedeschi non erano tutti cattivi ma alcuni erano costretti da quel … che doveva andare
all’inferno prima di nascere.
Quando sento la parola Shoah immagino un posto lontano dal mondo,un posto inferiore.
Questa parola sembra che ha tanti significati, ma io avrei voluto che non ne avesse neanche uno.
Nella mia mente ho immaginato tante brutte cose e non riuscivo più a immaginare i colori.
IO dico NO al razzismo, alla violenza, alla discriminazione, dico SI alla libertà, all’uguaglianza, alla fraternità e
alla pace.
L’uomo non deve dimenticare la shoah, non deve dimenticare il pianto innocente di un bimbo, lo sguardo
della sofferenza.
Ma questa è una condanna a morte! Queste persone non hanno fatto niente di male.
Chissà se gli ebrei perdoneranno i tedeschi!
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“Terezin è un ghetto dove sono riuniti tantissimi prigionieri:bambini, giovani, ragazzi e
soprattutto i neonati. Terezin è una macchiati sporco, perché non ci sono norme igieniche.
A Terezin le guardie cioè i tedeschi erano cattivissimi, e i prigionieri morivano anche per la
fame, per la sete e per il freddo. Questo ghetto ospitava 15.000 bambini, e fra i prigionieri
c’erano anche dei maestri che, per distrarre i bambini, organizzavano lezioni clandestine. I
bambini inventarono delle poesie, che noi abbiamo studiato. Quelle poesie erano bellissime ,
ma anche tristi, ci fanno capire tutto quello che passavano gli Ebrei nel ghetto e descrivono
tutto quello che non vedevano più e desideravano tanto.”
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Una macchia di sporco dentro sudice mura
e tutt’attorno il filo spinato:
30.000 dormono
e quando si sveglieranno
vedranno il mare
del loro sangue.
Sono stato bambino tre anni fa.
Allora sognavo altri mondi.
Ora non sono più un bambino,
ho visto gli incendi
e troppo presto sono diventato grande.
Ho conosciuto la paura,
le parole di sangue, i giorni assassinati:
dov’è il Babau di un tempo?
Ma forse questo non è che un sogno
e io ritornerò laggiù con la mia infanzia.
Infanzia, fiore di roseto,
mormorante campana dei miei sogni,
come madre che culla il figlio
con l’amore traboccante
della sua maternità.
Infanzia miserabile catena
che ti lega al nemico e alla forca.
Miserabile infanzia, che dentro il suo squallore
già distingue il bene e il male.
Laggiù dove l’infanzia dolcemente riposa
nelle piccole aiuole di un parco,
laggiù, in quella casa, qualcosa si è spezzato
quando su me è caduto il disprezzo:
laggiù nei giardini o nei fiori
o sul seno materno, dove io sono nato
per piangere …
Alla luce di una candela m’addormento
forse per capire un giorno
che io ero una ben piccola cosa,
piccola come il coro dei 30.000,
come la loro vita che dorme
laggiù nei campi,
che dorme e si sveglierà,
aprirà gli occhi
e per non vedere troppo
si lascerà riprendere dal sonno
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Vite a confronto
“Il bambino di Terezin”
“Io bambino oggi”
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L’ultima, proprio l’ultima,
di un giallo così intenso, così
assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
così gialla, così gialla!
l’ultima,
volava in alto leggera,
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà già la mia settima settimana
di ghetto:
i miei mi hanno ritrovato qui
e qui mi chiamano i fiori di ruta
e il bianco candeliere di castagno
nel cortile.
Ma qui non ho rivisto nessuna farfalla.
Quella dell’altra volta fu l’ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto.
Anonimo
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Chissà quanta malinconia provavano i bambini sotto quell’ oscuro ghetto dove
non c’era nessuna farfalla.
La farfalla e’ il frutto dell’ allegria che l’ aiuterebbe
a trovare la via del paradiso.
Si sa la farfalla con lei trasporta allegria, libertà e voglia
di vivere.
14
La vita di questa bambina è un buco nero.
La farfalla è un segno di vita , un segno d’ amore.
Alunni 5^A 5^B
15
E’ piccolo il giardino
profumato di rose,
è stretto il sentiero
dove corre il bambino:
un bambino grazioso
come un bocciolo che si apre:
quando il bocciolo si aprirà
il bambino non ci sarà.
Anonimo
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Non è giusto che un bambino paragonato a un bocciolo non può aprirsi.
E’ una poesia molto triste perchè rappresenta la morte prematura
bimbo.
di un
Secondo me questa poesia ci fa capire che ammazzando i bambini ebrei
non sbocciano più i fiori.
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Io
penso che quando il bambino
correva nello stretto corridoio che lo
portava alla sua morte, lui sognava di
stare in un posto profumato.
Mi ha messo tanto disprezzo nel cuore.
Alunni 5^A 5^B
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Di nuovo l’orrore ha colpito il ghetto,
un male crudele che ne scaccia ogni altro.
La morte, demone folle, brandisce una gelida falce
che decapita intorno le sue vittime.
I cuori dei padri battono oggi di paura
e le madri nascondono il viso nel grembo.
La vipera del tifo strangola i bambini
e preleva le sue decime dal branco.
Oggi il mio sangue pulsa ancora,
ma i miei compagni mi muoiono accanto.
Piuttosto di vederli morire
vorrei io stesso trovare la morte.
Ma no, mio Dio, noi vogliamo vivere!
Non vogliamo vuoti nelle nostre file.
Il mondo è nostro e noi lo vogliamo migliore.
Vogliamo fare qualcosa. E’ vietato morire!
Pavel Sonnesnschein
(n. 9/4/1931 m. 23/10/1944 ad Auscwitz)
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Anche io ho paura della morte
perché ho perso mia zia e immagino
quella piccola come si sentiva
a vedere la morte tutti i giorni.
Questa poesia per me è dolorosa.
Le parole che ha scritto Eva mi stravolgono
La paura che racconta la bambina mi inquieta.
Questa poesia mi porta malinconia e tristezza
Alunni 5^
Termini
Lei era forte rifiutava la morte
La morte è come l’inverno: fredda!
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Vorrei andare sola dove c’è un’altra gente
migliore,
in qualche posto sconosciuto
dove nessuno più uccide.
Ma forse ci andremo in tanti
verso questo sogno,
in mille forse …
e perché non subito?
Anonimo
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Meno male che non c’ero!
Non si può sterminare per stupidaggine una intera razza!
Io immagino tutta la scena: che tristezza!
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I nazisti erano gentaccia cattivissima.
I prigionieri si consolavano con le preghiere ?
Alunni 5^ Termini
23
Pesanti ruote ci sfiorano la fronte
e scavano un solco nella nostra memoria.
Da troppo tempo siamo una schiera di maledetti
che vuole stringere le tempie dei suoi figli
con le bende della cecità.
Quattro anni dietro a una palude
In attesa che irrompa un’acqua pura.
Ma le acque dei fiumi scorrono in altri letti,
in altri letti,
sia che tu muoia o che tu viva.
Non c’è fragore d’armi, sono muti i fucili,
non c’è traccia di sangue qui: nulla,
solo una fame senza parole.
I bambini rubano il pane e chiedono soltanto
di dormire, di tacere e ancora di dormire …
Pesanti ruote ci sfiorano la fronte
e scavano un solco nella nostra memoria.
Neppure gli anni potranno cancellare
tutto ciò.
disegno di Hana Gueldovà
(n. 20/5/1931 - m. 1944 ad Auscwitz)
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E difficile credere che sono morte tante persone e che la crudeltà
dell’uomo, non si è fermata neppure davanti agli occhi innocenti di tanti
bambini uccisi solo perché giudicati inferiori !
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Questo bambino ha scritto questa poesia
perché cercava una via per poter continuare a
vivere e tenere in vita una piccola speranza che
l’orrore potesse finire.
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Questi bambini sono diventati grandi subito
perché dovevano assistere a tanti massacri,
ecco perché quelli sopravvissuti non lo hanno
dimenticato!
alunni 5^ C
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LA RISIERA DI SAN SABBA
La Risiera di San Sabba è stato un lager nazista situato nella
città di Trieste, utilizzato per il transito, la detenzione e
l’eliminazione di un gran numero di detenuti, in prevalenza
prigionieri politici ed Ebrei. E? stato uno dei tanti campi di
concentramento in Italia. In esso le autorità tedesche compirono
uccisioni, in un primo momento mediante gas (usando i motori
diesel degli autocarri) in seguito per fucilazione o con un colpo di
mazza alla nuca.
In questo documentario abbiamo visto la vera
sofferenza degli ebrei, tutto questo senza ragione.
Mi sono sentita gelare il cuore nel pensare che
tante persone venivano uccise con l’inganno.
Come potevano essere tranquilli sapendo che a
causa loro sono morte tante persone!
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Il CAMPO DI BUCHENWALD
Alla fine del 1938 il capo del campo di concentramento di
BUCHENWALD, così fu imposto a tutti i prigionieri di comporre
un inno. La musica fu composta da un signore chiamato
Herman Leopoldi mentre il testo fu composto da fritz Lohner.
Quest’inno piacque al Kapò, prendendosi il merito di averlo
composto lui. Ogni padiglione era composto da una guardia,
fu imposto di provare l’inno nelle ore libere. Una sera quando
faceva freddo freddo il Kapò ubriaco tanto da puzzare uscì di
testa, così, fece uscire i prigionieri, e li fece provare sotto il
freddo e il gelo l’inno.
Ognuno di loro andava fuori tempo, così disse di provare
strofa per strofa, provarono quattro ore fino a quando non lo
avevano imparato nel modo giusto. Dopo ebbero l’ordine di
ritirarsi, ma prima dovettero fare l’inchino dieci persone alla
volta e chi non camminava dritto doveva ritornare indietro e
fare di nuovo il tragitto per inchinarsi davanti alla torre di
comando. Erano 7000
e la forma di saluto si ripetè per 700 volte al freddo!
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L’INNO DI BUCHENWALD
All'alba, ma prima che il sole si levi,
le colonne vanno verso le fatiche della giornata
avanzando nel primo mattino.
E il bosco è nero e il cielo è rosso
e noi portiamo nella bisaccia un tozzo di pane
e nel cuore, nel cuore gli affanni.
La notte è tanto corta ed il giorno tanto lungo,
ma risuona un canto che in patria si cantava:
così il nostro coraggio non viene meno.
Tieni il passo, compagno, e non perderti d'animo,
noi portiamo la volontà di vivere nel sangue
e nel cuore, nel cuore la fede!
O Buchenwald, non potrò mai dimenticarti,
perché sei il mio destino.
Solo chi può lasciarti è in grado di sapere
quanto meravigliosa sia la libertà!
O Buchenwald, non ci lamentiamo e non piangiamo:
quale che sia il nostro futuro
vogliamo comunque dire sì alla vita,
poiché verrà il giorno
in cui saremo liberi.
O Buchenwald...
Il nostro sangue è caldo e la ragazza lontana,
ed il vento canta sommesso ed io le voglio tanto bene:
se mi restasse fedele!
Le pietre sono dure ma il nostro passo è fermo,
e portiamo con noi picconi e vanghe
e nel cuore, nel cuore l'amore!
O Buchenwald...
Quando penso alla parola Shoah penso a un’ingiustizia fatta, brutta e mi metto nei panni di quei bambini innocenti,
piccoli, senza neanche il supporto dei loro genitori, ; non so come facessero io non riesco a stare neanche un giorno
senza i miei genitori! Quando chiudo gli occhi e provo a pensare , mi immergo nel mio cuore pieno di malinconia e
non riesco a pensare come facevano questi soldati, anche soldatesse, che potevano essere papà e mamme, a
uccidere chi li guardava con quegli occhi pieni di paura e di lacrime. Quando immagino questa scena mi viene un
crampo allo stomaco. Ora spero che quelle persone che hanno passato un vero inferno siano in un bel posto!”
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SCARPETTE ROSSE
C’è un paio di scarpette rosse
numero ventiquattro
quasi nuove:
sulla suola interna si vede
ancora la marca di fabbrica
Schulze Monaco
c’è un paio di scarpette rosse
in cima a un mucchio
di scarpette infantili
a Buchenwald
più in là c’è un mucchio di riccioli biondi
di ciocche nere e castane
a Buchenwald
servivano a far coperte per i soldati
non si sprecava nulla e i bimbi li spogliavano
e li radevano
prima di spingerli nelle camere a gas
c’è un paio di scarpette rosse
di scarpette rosse per la domenica
a Buchenwald erano di un bimbo di tre anni
forse di tre anni e mezzo
chissà di che colore erano gli occhi
bruciati nei forni
ma il suo pianto
lo possiamo immaginare
si sa come piangono i bambini
anche i suoi piedini
li possiamo immaginare
scarpa numero ventiquattro
per l’eternità
perchè i piedini dei bambini morti
non crescono
c’è un paio di scarpette rosse
a Buchenwald
quasi nuove
perchè i piedini dei bambini morti
non consumano le suole.
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Leggendo questa poesia sono rimasto molto male e triste
perché questi bambini potevano ancora essere vivi.
E’ molto meglio stare in pace.
Non riuscirò mai ad immaginare gli occhi di
quel bambino,
non riuscirò mai ad immaginare il suo pianto
è un pianto che nessuno potrebbe sopportare!
Mi viene da pensare: se almeno uno solo di
loro si fosse fermato a riflettere,
probabilmente almeno uno di questi
bambini sarebbe ancora vivo.
Le scarpette di questo bambino sono la prova
del maltrattamento compiuto sugli ebrei!
GLI ALUNNI DELLE CLASSI QUINTE
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“MAI PIU` SHOAH” 2012 - Terzo Circolo di Somma Vesuviana