ANNO LXII N.36 Letta avverte Renzi: chi aspira al mio posto dica che cosa vuole Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76 Caro Napolitano, ci faccia «dire una sciocchezza» sul “governo barzel-Letta” Girolamo Fragalà Dai personaggi dei telefilm ai mostri del cinema, qualsiasi paragone regge perché lo spettacolo indecoroso del governo barzel-Letta sta scatenando le fantasie di tutti, dai corridoi di Montecitorio allʼironia che corre sul web. Restano solo in pochi a difendere la sceneggiata “democratica”, lo scontro tra chi vuol restare sul trono e chi vuole accaparrarselo, ambedue discendenti dello stesso albero genealogico, il papà-partito. E tra i difensori cʼè lui, Giorgio Napolitano, che per lʼennesima volta entra a gamba tesa per “scudisciare” chi accarezza lʼidea di affidarsi al legittimo giudizio del popolo sovrano: «Elezioni? Non diciamo sciocchezze». Fatto sta che la soglia del ridicolo è stata oltrepassata da tempo, cʼè un nuovo calo di credibilità di una certa politica fatta di accordi sottobanco e di staffette, la mazzata data dalle rivelazioni del golpe bianco contro Berlusconi è un altro tassello al mo- d’Italia WWW.SECOLODITALIA.IT saico, la ridicola sfida parentiserpenti tra Letta e Renzi è lʼultimo inaccettabile show. Ma la proposta di andare alle urne, dice Napolitano, è una «sciocchezza». È talmente una sciocchezza che siamo in presenza di un continuo passaggio di pre- mier che non sono stati scelti dagli elettori, da Monti, calato chissà da dove, a Letta, messo lì dopo il fallimento delle trattative di Bersani, e Renzi sarebbe il terzo, visto che è stato votato solo a sindaco di Firenze e non certo alla presidenza del Consi- giovedì 13/2/2014 glio. La gente si rassegni a ingoiare anche questo, perché le elezioni – ripetiamo – sono una «sciocchezza». E allora qualcuno si becchi anche lʼironia, senza però sentirsi indignato. «Servirebbe dottor House per capire cosa succedendo dentro il Pd», dice Beatrice Lorenzin. «Ho visto Monti ricevere la benedizione di Carlo De Benedetti a Saint Moritz», si legge sul blog di Beppe Grillo. «La sinistra – commenta Maurizio Gasparri – se ne frega degli elettori e mette in piedi governi Frankenstein in laboratorio. Sono i “Mel Brooks” della politica italiana, creano mostri in continuazione. E poi dicono che non ha ragione Alan Friedman». Il motivetto «Enrico, fatti più in là» viene ricordato da Ignazio La Russa e sembra davvero che Renzi abbia intonato la canzone delle Sorelle Bandiera. Poi cʼè anche la raffigurazione di cannibalismo familiare: «Il Pd di volta in volta mangia i suoi figli – afferma Renato Brunetta – ha mangiato Veltroni, ha mangiato Bersani, ha mangiato Epifani, sta mangiando Letta». A leggere bene, hanno tutti ragione, difficile controbattere, persino per i più fedeli governativi. E allora consentiteci di dire una «sciocchezza»: non sarebbe meglio andare alle urne? «Baricco alla Cultura? E Rocco Siffredi alle Pari opportunità». Il toto-ministri scatena lʼironia del web Valter Delle Donne Alessandro Baricco e Oscar Farinetti, Maria Elena Boschi e Tito Boeri, Michele Emiliano e Laura Boldrini. Il toto-ministri di un eventuale governo Renzi sembra una puntata delle Invasioni barbariche. Manca solo la conduttrice Daria Bignardi, ma non è escluso che venga tirata in ballo anche lei. La lista di personalità univocamente citate nei retroscena di Corriere della Sera, Il Fatto quotidiano, Repubblica e Sky-tg24, sono tutte rigorosamente di sinistra, con buona pace degli alfaniani che a stento manterrebbero il loro leader (perdipiù senza lʼin- carico al Viminale). Quel che colpisce semmai è cha la lista andrebbe bene per un programma de La7, non per essere letta al Quirinale nellʼelenco dei ministri. Ecco perché sui social network le battute e i cinguettii al curaro si sprecano. Ritwittato in maniera bipartisan quello di Fulvio Abbate: «Lʼassenza di Concita De Gregorio dal toto-nomime del governo con Baricco e Boldrini è per noi un vulnus, una disfatta». Ma il più grande bersaglio delle critiche è proprio lo scrittore torinese, che il popolo del web fatica a vedere alla guida delle politiche culturali della nazione. Ecco alcuni dei tweet più divertenti sullʼeventualità che il musicologo, scrittore e regista arrivi alla poltrona di ministro. «Baricco è certo, Jovanotti ha speranze e dopo ieri sera anche il portiere Neto è in ballo!». «Compagni: guardiamo il lato positivo. Se Baricco diventa ministro, per un poʼ smette di scrivere libri» «Baricco ministro della cultura sarebbe un ossimoro perfetto».«FreakAntoni è morto e Baricco è nel toto-ministri. La fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo». «Perché Baricco sì e Moccia no?» «Ba- ricco alla cultura, roccobarocco al made in Italy e roccosiffredi alle pariopportunità». «Baricco? La cultura non è organizzare corsi di scrittura creativa». «Mi distraggo mezza giornata ed esce il nome di Baricco ministro della Cultura?!» «Baricco ministro. E io figa come Kate Moss». «Veramente meglio PeppaPig di Farinetti e Baricco». «Se Baricco sarà alla Cultura, ci troveremo tata Lucia ministro dellʼIstruzione e Giovanni Muciaccia ai Beni Culturali». Rilanciatissimo, infine, il più amaro: «Da Gentile a Baricco: segni dei tempi». Letta non molla e avverte Renzi: «Chi aspira al mio posto, dica chiaramente cosa vuole» 2 Secolo d’Italia Valeria Gelsi Matteo Renzi prende tempo e dice, via twitter, che «quello che devo dire, lo dirò domani alle 15 in direzione. In streaming, a viso aperto». Enrico Letta, invece, convoca una conferenza stampa a Palazzo Chigi per presentare “Impegno Italia”, con tanto di logo che già campeggia sul sito della presidenza del Consiglio. Il tutto mentre Giorgio Napolitano, da Lisbona, avverte: «Elezioni? Non diciamo sciocchezze». Lʼincontro tra Renzi e Letta, che doveva essere decisivo per il governo, si è concluso così: con un nulla di fatto sullʼeventuale staffetta tra i due e con il tentativo, zoppicante, di far finta che tutto va avanti come sempre, “scaramucce” comprese. «Io di muri non ne vedo, sono stato qui, non ho notizie fresche», ha replicato il capo dello Stato ai giornalisti che gli chiedevano se «questo muro contro muro tra Letta e Renzi faccia male al Paese». Qualche voce dal Nazareno ha cercato di minimizzare e far passare lʼidea di «un incontro positivo». Qualche altra, però, ha lasciato trapelare una versione che appare un poʼ più credibile: nessuno dei due si è mosso dalle proprie posi- zioni. Ovvero Letta non vuole cedere e Renzi non vuole deporre le armi. Con il risultato che il braccio di ferro tra i due arriva a un punto di tensione senza precedenti. Il clima, oltre al cinguettio del segretario Pd, lo ha dato unʼaffermazione post-vertice del renziano Ivan Scalfarotto: «Attendiamo di sentire Letta. Se il governo ha delle risposte siamo tutti contenti». Ma la prima risposta data da Letta nel corso della conferenza stampa è di quelle che, oltre a non accontentare, tende a far venire qualche mal di pancia. «Perché presento il programma solo adesso? Perché rispetto regole e impegni. Il Pd ha chiesto e deciso di votare prima la legge elettorale. E io lʼho fatto, perché sono uomo del Pd», ha detto il premier, parlando di un «incontro franco» e quindi «positivo». «Se qualcuno ha perso tempo, quello non sono io», ha aggiunto poi Letta, sottolineando che ha voluto attendere la direzione del Pd perché «considero fondamentale che Impegno Italia si faccia insieme». Non esattamente un atteggiamento conciliante nei confronti del segretario-avversario, tanto più se accompagnato da una richiesta di «chiarezza» rivolta a Renzi. Letta ha spiegato di chiederla lui personalmente e ha aggiunto che «penso che la chiedano i cittadini che vogliono sapere che cosa succede alla luce del sole. Le dimissioni non si danno per dicerie e manovre palazzo». «Ognuno deve pronunciarsi e dire che cosa vuole, specie chi vuole venire al posto mio», ha detto ancora il premier, mandando un altro messaggio piuttosto chiaro: per Impegno Italia «non metto una data, la scadenza è legata alle riforme su emergenza economica-finanziaria e sullʼimpasse istituzionale». Che tradotto vuol dire: ad andarmene volontariamente non ci penso proprio. E la palla passa nuovamente a Renzi. Francesco Signoretta Insegnare ai piccoli dellʼasilo, della scuola dʼinfanzia e – perché no? – anche a quelli delle elementari comʼè bello lʼamore omosessuale: la sinistra ne sta facendo un tema di lotta e di governo, specie nelle cosiddette città “rosse”. Allʼelenco di iniziative incredibili si sta per aggiungere la fiaba di una famiglia di pinguini gay raccontata in un laboratorio didattico per bambini ideato dal centro di documentazione del Cassero, in collaborazione con i soliti noti, e cioè le Famiglie Arcobaleno e lʼassociazione Frame nonché patrocinato dal Comune di Bologna. A dare risalto allʼappuntamento – la fiaba verrà letta il 29 marzo alla biblioteca Scandellara – lʼedizione bolognese de Il Resto del Carlino. Una quindicina di bambini, spiega il quotidiano, scopriranno la storia (vera, edita da Junior e intitolata “E con tango siamo in tre”), di due pinguini antartici maschi, Roy e Silo che si incontrano nello zoo di New York e si innamorano, tanto che il custode del parco affida loro un uovo di unʼaltra coppia perché lo covino e da cui nasce Tango. Il ciclo di incontri è illustrato in un opuscolo di presentazione su cui è presente una prefazione del sindaco di Bologna, Virginio Merola: «Tante storie per raccontare le differenze di cui la realtà che ci circonda è piena; tante storie per offrire alle famiglie, alle bambini e ai bambini, future cittadine e futuri cittadini un itinerario di letture e laboratori dove ogni appun- tamento diventa una preziosa occasione per condividere e sperimentare il valore dellʼidentità e della diversità». Lʼallargarsi a macchia dʼolio di queste iniziative sta scatenando polemiche nel mondo politico (con la sinistra che continua a brindare non si sa perché) e a prendere posizione sono anche i vescovi toscani che sono «preoccupati per i tentativi di introdurre il tema della valorizzazione delle differenze di genere nei percorsi formativi dei docenti e degli studenti, secondo modalità ispirate alla cosiddetta teoria del gender». Cʼè il rischio «che, per motivi ideologici, venga propagata nelle scuole una concezione lontana da quella della famiglia naturale». Eccone unʼaltra: una fiaba di pinguini gay raccontata ai bambini bolognesi GIOVEDì 13 FEBBRAIO 2014 La crisi colpisce i pellegrinaggi: tagli di personale al Lourdes Redazione Otto mesi dopo la disastrosa alluvione che ha dissestato il Santuario della Madonna di Lourdes, 30mila pellegrini da ogni parte del mondo hanno partecipato alla Festa annuale della prima apparizione della Madonna a Bernadette. «Il Santuario ora è aperto, ma dopo il nubifragio del giugno 2013 temevano di non poterlo riaprire per la festa di oggi – racconta monsignor Nicolas Brouwet, vescovo di Tarbes e Lourdes – L'acqua del fiume aveva raggiunto la grotta praticamente ai piedi della Madonna, ma la Basilica sotterranea era completamente allagata. In questi otto mesi abbiamo lavorato senza sosta per mettere in ordine il Santuario, ma sono tanti i lavori che restano ancora da fare». L'alluvione dell'anno scorso ha provocato danni per 10 milioni, dice il vescovo. «La crisi della fede e la situazione economica si fanno sentire – dice il vescovo Brouwet – C'è stata una diminuzione del numero di pellegrini. Le persone che andranno in pensione non saranno sostituite e probabilmente saremo costretti a diminuire leggermente anche il numero di assunzioni degli stagionali». Il vescovo di Lourdes ha in mente una "rivoluzione", proprio a cominciare dalla Grotta dell'Apparizione. «Nei prossimi tre anni dovremo prenderci cura di questo luogo di grazia – spiega – Vogliamo rendere più coerente il percorso davanti alla grotta dei pellegrini, favorire il silenzio ed il raccoglimento, troveremo soluzioni per i flussi dei gruppi durante la stagione e sicuramente daremo maggiore armonia al luogo di culto. Dunque il sagrato della Grotta resterà in piena luce, ma i pellegrini accederanno alla fontane per riempire taniche e bottiglie solo dopo la loro visita alla Grotta». Compravendita di parlamentari, unʼaltra inchiesta contro Berlusconi GIOVEDì 13 FEBBRAIO 2014 Luca Maurelli Una decina di parlamentari disponibili a votare contro il proprio partito in cambio di soldi o altri benefit: a Napoli sarebbe stato aperto un nuovo filone di indagine sulla compravendita di deputai e senatori che toccherebbe Silvio Berlusconi. La notizia è stata pubblicata ieri mattina dai principali quotidiani. I reati che sarebbero stati ipotizzati, al momento senza indagati, coinciderebbero con finanziamento illecito e corruzione. I fatti in questione sarebbero il voto sulla sfiducia a Berlusconi andato a vuoto il 14 dicembre 2010 e altre votazioni relative alle vicende giudiziarie che coinvolgevano il Cavaliere. Si tratterebbe dei casi Ruby e diritti tv. La convinzione dei magistrati, sostenute anche dalla testimonianza di Sergio De Gregorio, l'ex senatore dell'Idv che ha patteggiato nel primo filone dell'inchiesta una condanna a un anno e 8 mesi, è che ci fosse un vero e proprio “sistema di elargizione” che ha coinvolto partiti e parlamentari. Anche per questo sarebbe stato acquisito dalla Gdf l'elenco dei parlamentari che, nelle diverse occasioni, votarono contro l'indicazione del proprio partito in commissione e poi in aula. Le ve- Secolo d’Italia rifiche prenderebbero le mosse da quanto avvenuto il 14 dicembre del 2010 quando la mozione di sfiducia a Berlusconi fu respinta alla Camera per 314 voti contro 311. Le indagini si focalizzerebbero sul ruolo decisivo dei quattro deputati di Fli - citati da Corriere della Sera e Repubblica - che si schierarono a favore del Cavaliere e contro l'indicazione del loro gruppo, guidato da Gianfranco Fini: Catia Polidori, poi nominata sottosegretario allo Sviluppo; Maria Grazia Siliquini, poi designata nel Cda delle Poste; Giampiero Catone, diventato sottosegretario all'Ambiente; Silvano Moffa, eletto presidente della commissione Lavoro della Camera. Gli accertamenti, affidati al Nucleo di polizia tributaria, puntano a scoprire eventuali collegamenti tra il voto dei quattro deputati e le loro successive nomine. Un altro momento sotto la lente della magistratura riguarderebbe la votazione del 5 aprile 2011, quando la Camera sollevò conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale sul caso Ruby. In questa occasione, scrive il Messaggero, decisivi furono i voti dei Lib-dem Daniela Melchiorre e Danilo Tononi, oltre che dell'ex Mpa Aurelio Misiti. «Quello contro Silvio Berlusconi per la cosiddetta compravendita dei senatori è un processo politico al 100%. La nuova inchiesta, poi, è un vero e proprio attacco frontale alla democrazia e ai suoi principi fondamentali. Il tutto rigorosamente a senso unico, poiché non vi sono mai state inchieste su parlamentari passati con la sinistra, ricevendone cariche e benefici vari, talora, si dice, anche di carattere giudiziario», è il commento di Forza Italia, per voce di Lucio Malan, secondo il quale ''è inquietante che una inchiesta del genere possa anche soltanto iniziare: significa che ogni elettore potrà finire sotto processo se dopo aver votato un partito, ne ha tratto benefici, ad esempio meno tasse e servizi migliori''. «È davvero singolare che la procura di Napoli punti i riflettori esclusivamente su Forza Italia e Silvio Berlusconi, tralasciando gli episodi di vera e propria transumanza parlamentare che hanno indebolito i governi di centrodestra. Come se l'esistenza di due piani di verifica implicasse, innanzitutto, delle valutazioni di tipo politico. Questo non è normale, né, tanto meno, auspicabile, ma in Italia pare essere una pericolosa e inquietante abitudine», dice in una nota, la portavoce del gruppo Forza Italia alla Camera dei deputati Mara Carfagna. lungo le direttrici che portano fuori. Vengono monitorati gli ingressi delle autostrade e del Grande Raccordo Anulare. Foto e descrizione dei due evasi sono stati diramati a tutte le squadre in servizio di polizia e carabinieri. Ma dei due, che non si sa se abbiano avuto l'aiuto di complici o meno, nessuna traccia. «L'evasione è avvenuta in una struttura, Rebibbia, a livelli bassissimi di sicurezza, senza sentinelle sulle mura di cinta. Decreta il fallimento della vigilanza dinamica, per cui auspico che i propugnatori ne traggano le debite conseguenze dimettendosi», ha polemicamente affermato in una nota il segretario Generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe), Donato Capece. «I due evasi erano – ha quindi proseguito Capece – nell'unico piano funzionante della struttura penitenziaria a custodia attenuata, il secondo, dove sono presenti circa 50 persone... Questo è il risultato della fallimentare vigilanza dinamica, che azzera la sicurezza nelle carceri». Al di là delle polemiche e delle recriminazioni, sicuramente anche questo ulteriore episodio conferma le criticità del sistema penitenziario. Due detenuti evadono da Rebibbia segando le sbarre e legando le lenzuola. È caccia all'uomo Redazione Dopo il copione da far west della spettacolare evasione organizzata a Domenico Cutrì – l'ergastolano scomparso dal tribunale di Gallarate (Varese) in seguito ad una sanguinosa sparatoria, e ritrovato dopo qualche giorno – ora la fuga di due detenuti dall'istituto penitenziario romano di Rebibbia, che sembra la sceneggiatura di un film del genere carcerario. Solo che non si tratta di cinema: ma di una sconfortante realtà della cronaca. I due malviventi, Giampiero Cattini di 41 anni e Sergio Di Palo di 35, avrebbero dovuto scontare la pena in carcere fino al 2018: Di Palo aveva commesso reati di rapina, furto e droga, ed era già evaso dagli arresti domiciliari 15 anni fa. Cattini, invece, era in carcere per reati di rapina e furto. Insieme, nelle lunghe ore trascorse nel braccio carcerario, si sono inventati una sorta di lima ricavata da chissà quale oggetto metallico presente nella loro cella, e dopo aver segato le sbarre di una cancellata del cortile esterno, si sono calati da un muro di cinta del carcere con delle lenzuola annodate. Complice il buio della sera, sono spariti senza lasciare traccia: e dalla mezzanotte di ieri è caccia all'uomo. Gli investigatori non tralasciano nessuna potesi: e dopo aver immediatamente dato l'allarme, sono stati organizzati posti di blocco nei punti nevralgici della città, in particolare 3 Svizzera, proseguono le ritorsioni della Ue contro il voto della popolazione elvetica 4 Secolo d’Italia Antonio Pannullo Il governo svizzero ha fissato per la fine dell'anno la presentazione di un progetto di legge per rendere operativo il referendum, votato domenica scorsa, che impone limiti all'immigrazione. Lo rende noto un comunicato. Nel frattempo, Berna si impegnerà «senza ritardo» nei negoziati con l'Unione Europea e il governo ha incaricato il ministero degli Esteri di «prendere immediatamente contatto con le istituzioni europee e gli Stati membri», per tenere Bruxelles informata sui lavori in corso in Svizzera, ma anche per «chiarire i rispettivi interessi in vista dell'apertura di nuovi negoziati». Dopo l'entrata in vigore dell'accordo di libera circolazione con l'Ue, la Svizzera dal 2002 ha più che raddoppiato il numero dei lavoratori stranieri accolti (80mila l'anno). Ma dopo il referendum di domenica, che impone nuove restrizioni, l'Ue ha minacciato di rivedere tutti gli accordi bilaterali: lunedì è stato sospeso l'accordo sull'elettricità, martedì è stato congelato quello istituzionale. Insomma, la Ue prosegue con le ritorsioni contro il libero voto degli svizzeri, congelando il negoziato sul grande accordo quadro sul trattato istituzionale con la Svizzera. Nella riunione preparatoria del settimanale incontro dei 28 ambasciatori (Coreper) è stato deciso di togliere dall'agenda l'approvazione del mandato negoziale alla Commissione. Il portavoce della presidenza di turno greca ha spiegato che il mandato negoziale doveva essere approvato come punto A, ovvero senza discussione. Nella riunione preparatoria tale punto è stato escluso dall'ordine del giorno. I 28 hanno ritenuto che non fosse opportuno dare alla Commissione il mandato per negoziare un accordo con la Svizzera, in un momento in cui non ne sono ancora chiare le intenzioni. Delle relazioni con la Svizzera e delle conseguenze del referendum di domenica scorsa si parlerà sotto la voce "altre": una discussione informativa in cui agli ambasciatori dei 28 «rifletteranno sul risultato e sul modo di procedere» e durante la quale saranno presentati i risultati dell' analisi iniziale chiesta ai servizi giuridici del Consiglio e della Commissione. Il risultato del referendum svizzero formalmente non cambia nulla nei rapporti tra Ue e Svizzera per i tre anni che il governo di Berna ha di tempo per adattare la legislazione nazionale. Ma fonti europee spiegano che sui rapporti tra la Confederazione e l'Unione europea incombe la "bomba ad orologeria" della Croazia. Che accelera drasticamente il tempo a disposizione, con la data limite del 30 giugno prossimo. Entrata come 28° paese della Ue il 1° luglio scorso, alla Croazia, secondo le regole di funzionamento della Ue, deve essere dato accesso a tutti i trattati bilaterali dell'Unione europea con i Paesi terzi, ma la Svizzera non potrà aprire le sue porte ai lavoratori croati dal primo luglio. Cosa che creerebbe una situazione di discriminazione tra i cittadini dei 28, assolutamente vietata dai Trattati europei. Redazione Migliora la situazione della libertà di stampa in Italia, che passa dai "Paesi con problemi sensibili'' a quelli con una ''situazione piuttosto buona'', secondo la classifica 2014 di Reporters sans Frontières (Rsf), presentata a Parigi. Drastico peggioramento negli Stati Uniti. Mentre la Siria, uno dei Paesi più pericolosi al mondo per i giornalisti, rimane nel gruppo di coda, subito prima di Turkmenistan, Corea del Nord ed Eritrea. Nell'Europa meridionale, secondo Rsf, «l'unica evoluzione positiva si verifica in Italia, che è finalmente uscita da una spirale negativa e sta preparando una legge incoraggiante per depenalizzare la diffamazione a mezzo stampa». Il nostro Paese, che sulla mappa di Rsf torna a essere indicato col colore giallo, insieme con i grandi Paesi dell'Europa occidentale, recupera nove punti rispetto al 2013, attestandosi al 49° posto sui 180 della classifica mondiale. In Europa, Finlandia, Paesi Bassi e Norvegia si confermano come trio di testa. La Francia cala di un punto (39° posto), soprattutto per la sentenza che ha imposto a Le Point e Mediapart di ritirare dai loro rispettivi siti internet le registrazioni sull'affaire Bettencourt. «Una grave violazione della libertà di stampa - denuncia RSF - che nega ai cittadini il diritto di essere informati su questioni di interesse generale». Malissimo la Grecia, «colpita dalla crisi economica e dall'emergere della febbre populista», che perde 14 posizioni, scivolando al 99° posto. Secondo l'organismo basato a Parigi, la situazione della libertà di stampa peggiora anche in Gran Bretagna (33° posto, - 3 punti), colpevole di aver fatto pressioni sul quotidiano The Guardian nella vicenda legata alle rivelazioni di Edward Snowden sulle attività dell'intelligence americana e britannica. Ma uno dei crolli più significativi si registra negli Stati Uniti, che perdono 13 posizioni, piazzandosi al 46° posto. La condanna a Bradley Manning nel caso Wikileaks e la stessa vicenda Snowden, sottolinea Rsf, «suonano come un avvertimento per chiunque cerchi di rivelare informazioni di interesse generale». A registrare la caduta più disastrosa, è la Repubblica centrafricana (109° posto), teatro di un violento conflitto, che arretra di 43 posizioni, «al termine di un anno segnato da un'estrema violenza, attacchi e ripetute intimidazioni contro i giornalisti». La Russia rimane più o meno stabile, seppure in basso, guadagnando un punto rispetto allo scorso anno. La Siria, dove quasi 130 operatori dell'informazione sono stati uccisi nell'esercizio delle loro funzioni tra il marzo 2011 e il dicembre 2013, precipita nella parte meno nobile della classifica, al 177° posto. In Siria, avverte Rsf, i media rappresentano ormai «un obiettivo sia per il governo di Bashar al-Assad sia per le milizie dei ribelli estremisti». Peggio solo il Turkmenistan (178°), la Corea del Nord (179°) e l'Eritrea (180°). Reporters sans Frontières e le pagelle sulla libertà di stampa: bene Italia, male Grecia e Usa GIOVEDì 13 FEBBRAIO 2014 Gli Usa: «Guai a chi commercia don l'Iran». Teheran: «State solo bluffando» Redazione Il capo delle forze armate iraniane, il generale Hassan Firouzabadi, ha definito un «bluff politico» le dichiarazioni americane su una eventuale opzione militare in caso di fallimento dei negoziati sul nucleare, aggiungendo che l'Iran è pronto alla «battaglia decisiva contro gli Stati Uniti e il regime sionista». «Stiamo lanciando un avvertimento - ha proseguito il generale, secondo quanto riporta l'agenzia Fars - se un attacco verrà sferrato contro le nostre forze da un territorio, tutte le posizioni verranno attaccate. Noi non abbiamo alcuna ostilità nei confronti dei Paesi della regione, ma se siamo attaccati dalle basi americane nella regione, noi le prenderemo di mira e le attaccheremo». In queste ultime settimane funzionari americani hanno detto a più riprese che «tutte le opzioni rimangono sul tavolo» in caso di fallimento dei negoziati tra Iran e il cosiddetto gruppo 5+1 (Usa, Francia, Regno Unito, Russia, Cina e Germania) sul dossier nucleare, che dovranno riprendere lunedì a Vienna. Come si ricorderà, martedì il presidente americano, Barack Obama, durante la conferenza stampa con Francois Hollande, aveva detto che «le aziende che fanno affari in Iran lo fanno a loro rischio e pericolo, rischiando una pioggia di sanzioni.» Il presidente francese, dal canto suo, ha diffidato le imprese francesi dal recarsi in Iran. La stagione disastrata delle “strane intese” sta allontanando sempre di più gli italiani dalla politica GIOVEDì 13 FEBBRAIO 2014 Secolo d’Italia Liliana Giobbi Il rischio di replicare il crollo di consensi avuto dalla squadra di Monti, passati dal paradiso all'inferno in un batter d'occhio c'è ed è sempre più vicino. La stagione del governo Letta, ormai al tramonto, sta avendo conseguenze negative e sta finendo per allontanare ancora di più gli italiani dalla politica. E lo dimostrano le cifre perché i nostri connazionali si dichiarano sempre più delusi dalle istituzioni dopo le vicende che hanno interessato il Parlamento durante le ultime settimane. È quanto si evince dal sondaggio Lorien Consulting realizzato in esclusiva per ItaliaOggi, secondo il quale il 69% degli italiani non ritiene più che il Parlamento sia un'istituzione credibile (il 53 per cento dice che la sua credibilità è addirittura peggiorata). Per quanto riguarda alcuni degli avvenimenti, nello specifico, il 53 per cento si dice d'accordo con la decisione del presidente Boldrini di tagliare i tempi di discussione in Parlamento (il quaranta per cento è invece contrario) e addirittura il 79 per cento afferma di essere in disaccordo con i metodi di protesta praticati dal Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Se si affronta il tema della riforma elettorale, il 52 per cento degli italiani ritiene di conoscere e aver capito poco (36%) o per niente (16%) quale sia la proposta di riforma in discussione, mentre il 31% la considera una mossa di Renzi e Berlusconi per far fuori i piccoli partiti e il 15% per far fuori il Movimento Cinque Stelle. Per il 27% è invece un compromesso importante per la vita democratica e politica italiana. Il 21%, altresì, la ritiene inutile perché altri sono i problemi dell'Italia. Il sondaggio è stato realizzato dall'Istituto: Lorien Consulting-Public Affairs in esclusiva per ItaliaOggi ed èstato realizzato su un campione rappresentativo della popolazione maggiorenne italiana di 1.000 cittadini. Redazione Una app. E un'Olimpiade. Per valorizzare la lingua italiana. Già perché ci saranno quasi 600 scuole ai nastri di partenza della prima prova della quarta edizione delle Olimpiadi di italiano nel corso delle quali 15 mila studenti delle scuole superiori italiane si sfideranno nella gara selettiva di istituto. Un primo assaggio al quale seguiranno, poi, il 13 marzo e l'11-12 aprile, le prove interprovinciali e nazionali. L'iniziativa, presentata martedì al ministero dell'Istruzione, «valorizza spiega il sottosegretario all'Istruzione Marco Rossi Doria - le eccellenze nelle nostre scuole. L'italiano è l'elemento fondamentale della nostra identità ed è una delle lingue più parlate al mondo». A partire dalla seconda prova, poi, alle Olimpiadi parteciperanno anche le scuole italiane all'estero: 18 istituti tra i quali scuole di Madrid, Casablanca, Parigi, Praga, Barcellona, Bruxelles, Sofia, Bratislava, Il Cairo e Asmara. Campania, Veneto e Lombardia, invece, le regioni più rappresentate alle gare che, nella prima fase, si svolgeranno online. I finalisti, 60 studenti delle scuole italiane e 8 ragazzi di scuole straniere, si ritroveranno, invece, a Firenze nell'ambito dell'iniziativa culturale "Giornate della lingua italiana": in quel contesto i ragazzi affronteranno quesiti a risposta chiusa e prove aperte di scrittura. «Le scuole iscritte a questa edizione - ha osservato il direttore generale per gli Ordinamenti scolastici, Carmela Palumbo - sono aumentate rispetto all'anno scorso, quando si erano fermate a quota 542. Partecipa più di un quinto del totale degli istituti superiori». «Crediamo nella lingua come strumento di promozione - ha aggiunto il direttore centrale per la Promozione della cultura e della lingua italiana del Ministero degli Esteri, Massimo Riccardo spiegando così il senso dell'iniziativa - è un modo di far sentire le scuole italiane all'estero». Il comitato tecnico delle Olimpiadi sta lavorando anche a un'app, “Conosci l'italiano“, che valuta la conoscenza della lingua e che contiene i quesiti delle Olimpiadi precedenti posti in chiave di gioco: sarà disponibile «a fine febbraio». Infarto, parte lo studio sul braccialetto salvacuore Olimpiadi di italiano, si sfidano 15.000 studenti. E arriva l'App per prepararsi 5 Redazione «Rischiamo di laureare ottimi professionisti ma perdere tutti i potenziali scienziati e innovatori». E' il grido d'allarme lanciato da Andrea Lenzi, Presidente del Consiglio universitario nazionale che mette in guardia su un dato in vistoso calo: negli ultimi 4 anni l'Italia ha perso 1700 posti nelle scuole di specializzazione per i medici, che ora sono metà di quelli che sarebbero necessari. «Erano 5.000 nel 2010 su 6.700 laureati in medicina nello stesso anno. Nel 2013 i posti sono stati ridotti a 4.500. Quest'anno a oggi sono previsti 3.300 contratti di specializzazione a fronte di circa 7.000 laureati - rivela Lenzi -Siamo in controtendenza rispetto al resto dell'Europa e del mondo che richiede specializzazione e cultura per la scienza». Il gap è emerso nel corso dell'appuntamento annuale promosso dalla Fondazione Lilly che ha premiato un giovane ricercatore, Alberto Ranieri da Caterina: riceverà 210 mila euro nei prossimi tre anni, per studiare gli effetti del braccialetto salvacuore: il semplice gonfiaggio e sgonfiaggio di un bracciale della pressione ad un arto, prima e dopo la riapertura della coronaria responsabile dell'infarto, potrebbe ridurre il danno finale subìto dai tessuti del cuore fino al 30 per cento. Durante l'evento la Fondazione Lilly ha anche annunciato l'ambito del nuovo bando: "Nuove strategie terapeutiche e qualità della vita nelle malattie reumatiche". Infrastrutture e mobilità in Toscana: il piano della Giunta è solo “un documento da biblioteca” 6 Secolo d’Italia Redazione «Non vediamo alcuna vera novità nel piano che viene presentato. Ricordo quello degli Anni 80, che aveva una impostazione simile a quello di oggi; il guaio è che in parte i problemi sono gli stessi. Manca uno sforzo per sciogliere i nodi problematici che, qui in Toscana, attardano la realizzazione di opere che altrove camminano. Basti pensare allʼautostrada Tirrenica, per la quale i lavori fervono sul tratto laziale e qui si arenano ormai da anni. Insomma, quanto prodotto è, secondo me, un ottimo documento da biblioteca, consigliabile a qualunque tecnico e operatore di settore in qualità di strumento conoscitivo». Lo sostiene Alberto Magnolfi, presidente del gruppo del Nuovo Centrodestra, che così prosegue: «Dire però poi che possa costituire il presupposto per operazioni di governo del settore è tuttʼaltro argomento, e credo che neppure la maggioranza potrebbe affermarlo. Le criticità del piano sono molteplici, e sostanzialmente riconducibili al fatto che esso si basa su unʼanalisi economica ferma al 2011. Oltre a contenere affermazioni non veritiere. Cito quella sullʼinterporto di Prato. Nel leggere questo documento si evince che la sua realizzazione risulta “so- stanzialmente conclusa” nel 2010, a circa ventʼanni dallʼinizio dei lavori; nella realtà perciò, a ben guardare, i lavori lì non sono neppure a metà visto che mancano tutte le opere di collegamento sia viario e che ferroviario. Sul sistema della logistica, in realtà, la Regione ha fatto dei grossi passi indietro. Il centro intermodale di Guasticce a Livorno, infatti, non è mai decollato, mentre lʼinterporto di Gonfienti a Prato in mancanza dei fondamentali raccordi infrastrutturali non è in grado di rispondere alle esigenze per cui era stato concepito. In generale – continua Magnolfi – questo documento è strutturato come gli altri Piani che via via la Giunta ci sottopone: riaffermazioni condivisibili ma generiche e scontate, incapaci di suscitare particolari adesioni né particolari critiche. Alcune questioni sono poi affrontate unicamente nella logica della mobilità locale, e penso ad esempio alla tramvia fiorentina, che rimane un tema su cui non esiste un approccio proiettivo di tipo regionale. Tutto fermo anche sulla questione del sistema aeroportuale, su cui il piano non esprime nulla di nuovo», conclude il capogruppo del Nuovo Centrodestra.. Redazione «Il disegno di legge 111 sulla competitività e libertà dʼimpresa approvato dal Consiglio regionale mette al centro l'interesse dell'imprenditore e offre strumenti necessari perché si possa investire ancora nella Lombrdia». Così il consigliere regionale Giulio Gallera (Forza Italia) ha commentato lʼapprovazione del progetto di legge sulla competitività. «Negli ultimi anni – continua Gallera - si è parlato molto di delocalizzazione, prima in Polonia poi in Cina, un fenomeno che ha arrecato un danno gravissimo ai nostri imprenditori. Allora nei mesi scorsi, insieme ai miei colleghi, mi sono chiesto in che modo la Lombardia, la locomotiva dʼItalia, potesse tor- nare ad essere luogo dʼattrazione per le imprese. Negli ultimi tre mesi siamo rimasti in ascolto del territorio e di tutti i soggetti interessati (artigiani, piccoli imprenditori, associazioni di categoria), e sono davvero orgoglioso di aver dato il mio contributo alla stesura di questa legge che mi auguro tornerà a dare respiro allʼeconomia lombarda. Poiché è evidente che i governi non hanno saputo rispondere al grido di disperazione delle nostre imprese, abbiamo cercato noi di dar loro risposte concrete cercando di invertire la tendenza». Per Gallera lʼapprovazione della legge rappresenta «un passaggio storico, un punto di partenza forte per la Regione Lombardia che vuole guardare alla crisi non come ad un fattore ineludibile, ma provando a dare speranza e fiducia a chi ha ancora il coraggio di fare impresa». Il consigliere di Forza Italia ha poi esposto i principali strumenti della nuova legge «che, siamo sicuri, produrranno notevoli vantaggi per le imprese. Gli accordi per la competitività permetteranno di individuare vantaggi fiscali per le imprese che decidono di insediarsi o di rimanere sul territorio lombardo. Lʼaccesso al credito: le idee ci sono, mancano i fondi, sarà Regione Lombardia a farsi garante delle idee, accordi con il sistema bancario e Finlombarda permetteranno di sviluppare un sistema di garanzie per le micro e piccole imprese». Libertà dʼimpresa: dalla Lombardia un segnale di cambiamento importante GIOVEDì 13 FEBBRAIO 2014 Controllo delle caldaie: dal Campidoglio lettere pazze o raggiro? Redazione «Numerosi cittadini sono preoccupati per le lettere ricevute in questi giorni con lʼintestazione di Roma Capitale, firmate però dal rappresentante legale dellʼAti Sea srl, nella quale la società afferma di aver avviato la campagna di controllo delle caldaie ai fini del riscontro della rispondenza alle norme di legge. Ma i prezzi proposti, alcune condizioni e i criteri di assegnazione del servizio da parte di Roma Capitale ci lasciano interdetti. Per questo chiediamo chiarezza sullʼintera procedura». Lo dichiarano due esponenti di La Destra: Fabrizio Santori, consigliere regionale del Lazio, e Marco Giudici, presidente della commissione Trasparenza del Municipio XII di Roma. «Nel giorno indicato la società obbliga i cittadini ad aprire le porta di casa per effettuare un controllo tecnico gratuito e documentale dellʼimpianto termico, qualora la caldaia non sia autodichiarata. Il costo indicato dalla società ammonta a 90,54 o a 105,53 euro, a seconda dellʼanzianità della caldaia, ossia ad un prezzo superiore a quello di mercato. Non solo, il malcapitato che riceve questa comunicazione, nel caso in cui non possa essere presente in occasione del sopralluogo del tecnico, sarà costretto a pagare 28,98 euro e non potrà contattare il numero verde per comunicare con la società, perché da giorni suona come disconnesso», concludono Santori e Giudici. John Travolta sfida 007: in palio c'è il ruolo dellʼantagonista nella nuova avventura Secolo GIOVEDì 13 FEBBRAIO 2014 7 d’Italia Priscilla Del Ninno Una carriera che ha sempre alternato commedia e dramma, senza escludere sortite nel thriller, che, ultimamente soprattutto, ha virato con successo nel genere d'azione. Una serie di scelte professionali sbagliate, se non addirittura penalizzanti. Un dolore come quello della perdita del figlio Jett, scomparso nel 2009 a soli sedici anni: sono queste, di base, le motivazioni che hanno spinto John Travolta a cambiare registro istrionico, tanto da lasciar intendere che nel prossimo film di James Bond, il mitico 007 potrebbe avere un nemico di tutto rispetto: lui. L'attore ha infatti confessato di essere interessato a vestire i panni di antagonista nella fortunata saga spionistica che oggi vede nel ruolo dell'agente segreto con licenza di uccidere l'atletico Daniel Creig. «Mi piacerebbe molto – ha dichiarato a questo proposito al Telegraph Travolta –. Per il prossimo film stanno cercando un cattivo diverso dai precedenti. Ho parlato con Barbara Broccoli (produttrice del film ndr.) e l'idea le è piaciuta: sarebbe fantastico». Un cambio di direzione professionale sorprendente, anche se non proprio non preventivabile: le ultime performance dell'attore sul grande schermo, infatti, hanno dimostrato in maniera abbastanza evidente come Travolta si sia staccato dai ruoli comici e romantici, preferendo esplorare personaggi più oscuri e problematici. A conferma di quanto appena detto, dunque, la notizia che, già nei prossimi mesi, l'attore apparirà sul grande schermo con il drammatico The Forger, in cui interpreta un uomo che corre in soccorso del padre evaso; e nei panni del boss italo-americano John Gotti del biopic Gotti: In the Shadow of My Father, la cui uscita è prevista per il 2015. Un nuovo corso della sua carriera, in aperta contrapposizione con le scelte che lo hanno riabilitato sul grande schermo negli anni Novanta, e a seguire: dalla trilogia familiare di Senti chi parla – un successo condiviso con Kristie Alley – agli accattivanti ruoli interpretati nella commedia romantica di Nora Ephron in She's so lovely, o in quella tutta acrobazie e equivoci di Svalvolati on the road di Walt Becker. Suc- cessi commerciali che nopn hanno fatto comunque storcere il naso alla critica, e che, soprattutto, hanno garantito a John Travolta una nuova visibilità e un ritrovato feeling con il pubblico. Ora all'orizzonte, però, si intravede un nuovo inizio... Da Monet a Van Ghog, in mostra al Vittoriano di Roma i capolavori del Museo d'Orsay Bianca Conte Capolavori del passato, intramontabili pietre miliari della storia dell'arte di sempre: tutti in mostra al Vittoriano di Roma dal 22 febbraio all'8 giugno, in una suggestiva panoramica di tele firmate Monet, Van Gogh, Gauguin, Degas, Manet, Corot e molti altri, arrivati nella capitale grazie a un prestito eccezionale del Museo d'Orsay. La sontuosa esposizione capitolina, allora, allestirà ben 70 opere realizzate tra il 1848 e il 1914 dai più celebrati maestri francesi, in un percorso artistico che va dalla pittura accademica dei Salon alla rivoluzione impressionista, per approdare infine alle soluzioni formali dei nabis e dei simbolisti. La rassegna, intitolata Musée d'Orsay. Capolavori, curata da Guy Cogeval e da Xavier ReyLa, si articola in cinque sezioni: si parte con l'arte dei Salon, che è poi il nucleo originario delle raccolte del d'Orsay, qui posta a confronto diretto con l'allora emergente arte realista, al tempo disprezzata. Il rinnovamento della pittura accademica da parte di artisti come Cabanel, Bouguereau ed Henner, che ottennero grande successo tra il 1860 e il 1870, si svolge infatti in parallelo con la nascita e l'affermarsi della pittura realista di Courbet. Si prosegue, quindi, raccontando l'evoluzione della pittura di paesaggio grazie alle innovazioni della Scuola di Barbizon, da cui prende il via lo studio impressionista della luce. È infatti proprio nella foresta di Barbizon che Monet e il suo amico Bazille realizzano i loro primi capolavori, sperimentando quella decisiva frammentazione della pennellata, che è alla base della poetica della luce e del colore, cifra inconfondibile della “pittura nuova”, come venne chiamata quella impressionista. Non solo paesaggi, però: malgrado l'interesse degli impressionisti per la resa degli effetti della luce en plein air, le loro opere non si limitano alle marine, alla campagna e ai suoi piaceri. Al contrario, puntano a ricercare Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale Editore SECOLO DʼITALIA SRL Fondatore Franz Turchi d’Italia Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76 Consiglio di Amministrazione Tommaso Foti (Presidente) Alberto Dello Strologo (Amministratore delegato) Alessio Butti Antonio Giordano Antonio Triolo Ugo Lisi una profonda corrispondenza tra il portato rivoluzionario delle loro scelte stilistiche, con i soggetti da rappresentare. E Parigi, simbolo della trasformazione operata dall'industrializzazione e dal progresso della tecnica, non fa loro mancare spunti innumerevoli. La mostra del Vittoriano si conclude, dunque, con l'eredità lasciata dall'impressionismo, il cui valore postumo è immenso e quasi immediato. Dagli anni '80 i pointillisti spingono al limite la separazione delle macchie cromatiche portata avanti dagli impressionisti, mentre alcuni di loro, a partire proprio da Monet, abbandonano il dato realistico arrivando quasi all'astrazione. Vicedirettore Responsabile Girolamo Fragalà Redazione Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/68817503 mail: [email protected] Amministrazione Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/688171 mail: [email protected] Abbonamenti Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/68817503 mail: [email protected] La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 250