Si narra che una domestica, per omaggiare il suo padrone, goloso di questi due nuovi prodotti, inventò un dolce che ricordava la tazzina di caffè (naturalmente senza manico e coperchio) realizzando l'esterno con la pasta frolla e riempiendo l'interno con caffè e cioccolato liquidi. Alla prima cottura vide che il ripieno rimaneva troppo liquido; allora decise di addensarlo con mandorle e tuorli d'uova e di ricoprire la "tazzina" con un coperchio che a cottura ultimata spolverò di zucchero a velo. Quando il Padrone assaggiò il dolce ne rimase estasiato e chiese alla sua domestica come si chiamava; la donna, che non gli aveva dato nessun nome, improvvisò chiamandolo "Bocconotto" visto che si mangiava in un boccone. Le dimensioni del bocconotto infatti sono rimaste piccole fino agli anni '50 del XX secolo, quando iniziarono a aumentare. Fino a quell'epoca si aggiungeva al ripieno anche un chicco di caffè, a ricordo del caffè messo inizialmente e per aromatizzare il ripieno. Le ridotte dimensioni dei bocconotti, la possibilità di essere conservati anche per molti giorni in ambiente naturale, nonché il loro alto grado nutrizionale, ne hanno fatto per anni uno dei cavalli di battaglia della tradizione culinaria meridionale. Ancora oggi la tradizione della ricetta si tramanda di famiglia in famiglia, con numerose varianti. A cura di: Laquercia Marco, Martina Pietro, Parisi Donato e Urso Giuseppe Torna al ricettario