Testo • Testo è ogni parte linguistica enunciata di un atto comunicativo entro un gioco di azione comunicativo che sia orientata tematicamente e assolva una funzione comunicativa riconoscibile. • Solamente mediante la funzione illocutiva (socio-comunicativa), progettata da un parlante, riconoscibile dai suoi interlocutori e realizzata in una situazione comunicativa, un insieme di enunciazioni verbali diventa un coerente processo testuale, efficace nella sua funzione sociocomunicativa e regolato da regole costitutive. • Il testo non è solo un insieme coerente di enunciati, ma un insieme di enunciazioni in funzione, ossia la realizzazione socio-comunicativa di una testualità. Criteri della testualità • Il testo è una unità comunicativa che soddisfa sette criteri di testualità: a) coesione, b) coerenza, c) intenzionalità, d) accettabilità, e) informatività, f) situazionalità, g) intertestualità. • Tali condizioni possono essere distinte in due categorie: quelle pertinenti al materiale testuale, per le quali il testo è dunque un’elaborazione di elementi strettamente linguistici (a, b), e quelle che riguardano invece la modalità in cui gli utenti partecipano all’attività del prodotto testuale (in particolare c, d) (De Beaugrande-Dressler) • L’assenza di uno dei sette criteri determina testi anomali, mentre in assenza di coerenza è la stessa qualifica di testo che viene a cadere. La condizione veramente necessaria per poter assegnare lo status di testo a una sequenza di frasi è la coerenza in quanto globale unità di senso (Conte 1977). Criteri della testualità Coesione Coerenza livello sintattico livello semantico Intenzionalità Accettabilità emittente ricevente Informatività Situazionalità Intertestualità contenuto testuale contesto relazione con gli altri testi Coerenza Criterio che distingue un testo da un non-testo Due accezioni di coerenza • Assenza di contraddizioni (consistency) (a parte obiecti) • Organicità (integrazione della parti nel tutto: testo come unità di senso strutturata) (coherence); implica (a parte subiecti) l ’ intenzionalità comunicativa e l ’ atteggiamento dell ’ interprete (accettabilità), una disponibilità del ricevente a interpretare il testo come una totalità significativa: rinvio al principio di cooperazione e alla nozione di implicatura. Testi multimodali Utilizzano più sistemi semiotici (verbale, gestuale, iconico, sonoro, ecc.). Difficoltà di tenuta dei criteri della coerenza e della coesione. Antelmi: Il dispendio cognitivo del destinatario alla ricerca di un senso apparentemente in contrasto con la funzione informativa del messaggio è ricercato dal pubblicitario che desidera trattenere l’attenzione del lettore. Coesione Meccanismi di superficie che tengono insieme un testo • Concordanza (articolo, aggettivo, nome / soggetto, verbo) • Legami costruiti da • Ripetizione • rinvii forici (anafora e catafora) • Sostituti lessicali (sinonimi, iperonimi, parafrasi, incapsulatori anaforici) • Articolo: articolo definito per un referente noto, indefinito per un referente nuovo • Ellissi (il più potente ed economico dei fattori coesivi) • Connettivi argomentativi (di conseguenza, quindi, perciò ecc.) • Marcatori testuali (innanzitutto, infine, per concludere ecc.) • Incapsulatori anaforici (o nomi riassunto) (cfr. Antelmi 2012: 135-136) Sintagmi nominali definiti o dimostrativi che hanno come antecedenti intere parti di testo. L ’ incapsulazione è dunque un meccanismo coesivo (Wanda D ’ Addio Colosimo). La connessione tra gli incapsulatori e le parti di testo antecedenti richiede un assunto di pertinenza A volte quanto viene ripreso non è testualizzato ma è implicito nel testo. Contribuiscono a categorizzare o classificare il materiale testuale che riprendono, in modi che al momento della prima formulazione non erano ovvi. • Possono svolgere azione anaforica incapsulante: • Nomi generali: questa cosa, questo fatto, la situazione, la questione • Deverbali: il progetto, questo invito, l’innovazione, la chiusura • Nomi astratti assiologicamente neutri: questa fenomenologia, tale atteggiamento, tale prospettiva • Sintagmi più valutativi: questo declino, questo risultato • Sintagmi ancora più valutativi: questo increscioso episodio, tale condotta criminosa, questa delicata congiuntura, lo scandalo, questo ricatto, la tragedia (Caffi, Pragmatica, 2009: 106) • Nel caso di riprese con nomi generali (fatto, cosa, questione, faccenda, circostanza ecc.) si ha una riduzione della quantità di informazione; • nel caso degli altri nominali si ha invece un incremento di informazione. Qualche esempio • 1) Da una parte i gestori dei locali, che chiedono l’isola pedonale estiva già dal 15 febbraio. Dall’altra i comitati residenti, contrari ai progetti di chiusura definitiva, che preparano azioni legali nei confronti del Palazzo Marino. La contesa fra negozianti e abitanti sui Navigli non è mai stata così aspra (RE, 30.1.2009) • 2) Gerusalemme – Torna il terrore in Israele. Un’autobomba ha ferito dieci persone a Mea Shearim, il quartiere ultraortodosso della città santa. L’attentato è considerato il primo avvertimento al neo premier Ariel Sharon da parte degli estremisti palestinesi. Poco dopo l’esplosione, una telefonata ha rivendicato l’agguato a un’organizzazione finora sconosciuta, “Martiri di Shabra e Chatila” (RE, 9.2.2001) • 3) rimasta due ore incastrata tra le lamiere della sua Mercedes e, alla fine, è stata estratta dai vigili del fuoco. S.a S.i, una donna di 44 anni abitante a Chignolo Po, ha riportato la frattura del bacino e i medici del Pronto soccorso dell’ospedale San Matteo l’hanno giudicata guaribile in due mesi. Era alla guida della sua Mercedes che, all’incrocio della strada che porta a Monticelli Pavese, si è schiantata contro un camion. Il drammatico incidente stradale avrebbe potuto avere conseguenze molto più gravi (“la Provincia pavese, 11.2.2009) • 4) Fa chiaro presto a Tokio, ma verso le cinque di mattina, oltre ai corvi che si cibano delle prelibatezze abbandonate agli angoli dei ristoranti, gli unici ad abitare la città sono gli uomini in coda ordinata, che aspettano la razione giornaliera di riso e proteine. Accade nella stazione di Shinjuku o a Sanya, a nordest di Tokio, o ancora a Osaka e a Nagoya, dove cresce quotidianamente il numero di persone senza lavoro e senza casa. Il Giappone è in piena recessione e i dati parlano chiaro: il Pil dell’ultimo trimestre 2008 ha perso il 12,7% rispetto all’anno precedente, Toyota e Nissan licenziano rispettivamente 40 mila e 20 mila dipendenti, persino Sony e altri colossi della moderna tecnologia tagliano personale. Davanti a questo disastro, il ministero del Lavoro ha annunciato che concederà per un anno un vero prestito a fondo perduto (RE, il Venerdì, 27.2.2009). • 6) Questa non è Tangentopoli, nel senso che la politica c’entra poco e niente. Un tempo, il grosso dei soldi illeciti andava ai partiti, restandone solo una parte attaccata alle mani di profittatori e mascalzoni. Qui succede l’esatto contrario: solo qualche spicciolo arriva alla propaganda politica, il resto si nasconde nelle tasche private. Un tempo erano i vertici dei partiti a governare il sistema, che tutti coinvolgeva, ora sono le seconde e le terze file a far quello che lor pare. Per ottenere questa mutazione genetica sono stati necessari due passaggi[…] (D. Giacalone su “Libero”, 15.5.2010) Generi e tipi testuali • Si tratta di due categorie distinte dell’analisi testuale. • Il tipo testuale definisce i diversi procedimenti comunicativi in base agli scopi dell’emittente, che legano il tipo testuale a un particolare atto linguistico. • Ogni enunciazione testuale è il compimento di un tipo di comunicazione ricorrente nella società e normalizzato nella sua struttura. L’ipotesi di partenza della linguistica del testo è che l’esecuzione di intenzioni comunicative all’interno di una società sia per il singolo già in larga misura preformata sotto forma di tipi di interazione con un determinato potenziale comunicativo (domandare, rispondere, chiedere un favore, informare ecc., ma anche raccontare, intervistare, argomentare). Questi tipi comunicativi possono essere considerati come istituzioni sociali che riducono la complessità delle possibili azioni. Tipi testuali come macroatti linguistici • Ogni enunciazione testuale è il compimento di un atto di comunicazione ricorrente nella società e normalizzato nella sua struttura • Nella retorica classica: Narrativi, descrittivi, argomentativi, espositivi • Secondo Werlich (1976): Narrativi, descrittivi, argomentativi, informativi, regolativi • Secondo Beaugrande-Dressler (1981): Narrativi, descrittivi, argomentativi Vedi anche F. Sabatini, Rigidità-esplicitezza vs elasticità-implicitezza: possibili parametri massimi per una tipologia di testi, in Skytte e Sabatini (a cura di), Linguistica testuale comparativa, Copenhagen, 1999 C. Lavinio, Comunicazione e linguaggi disciplinari, Carocci, 2004 Ibridità • Mescolanza di testi e stili diversi • Dardano definisce “testi misti” quelli in cui avviene una mescolanza • A) di forme diamesiche (parlato-scritto nei giornali) • (nella struttura delle frasi: paratassi, dislocazione a sinistra, sospensioni, autocorrezioni, ridondanza e ripetizioni, uso di particolari connettivi e formule allocutive ecc.) • Sul piano lessicale: gergalismi e regionalismi • B) di tecniche discorsive: citazioni, discorso riportato • C) di campi di conoscenze e relativi modelli di azione: tipi testuali tendono a fondersi in tipi ibridi ENUNCIAZIONE NEL TESTO Situazione o scena di enunciazione (relativa al discorso) • Ancoraggio dell’enunciato al momento dell’enunciazione (embrayage) • 4 coordinate fondamentali (marche linguistiche): • Enunciatore (narratore) • Co-enunciatore (narratario) • Momento dell’enunciazione • Luogo dell’enunciazione • La comunicazione faccia a faccia costituisce la forma non marcata: io-qui-ora (deittici o embrayeurs); «ogni allontanamento da questa “origine” ha effetti pragmatici» (Antelmi, p. 89). Maingueneau 2007 Dal momento che la situazione di enunciazione è sensibile all’ambito discorsivo (politico, religioso, scientifico, medico, pubblicitario ecc.) e al genere, si possono distinguere all’interno della scena di enunciazione tre dimensioni: •Scena inglobante: ambito discorsivo: politica, religione, ecc.; definisce lo statuto dei partecipanti allo scambio e la sede pertinente, il contratto di comunicazione •Scena generica: genere che orienta l’interpretazione (trattato, discorso pubblico; informazione scientifica, annuncio pubblicitario, ecc.) •Scenografia: come si presenta il testo (non cosa dice); scena d’azione attivata dal testo attraverso l’enunciazione; non tutti la richiedono, ma è indispensabile nei testi persuasivi (discorso pubblicitario, discorso politico; p. es. scenografie scientifiche, laboratori di ricerca per i dentifrici; ambienti di lavoro e conversazioni per prodotti tecnologici; mescolanza di modalità confidenziali e informazioni tecniche per i cosmetici). La costruzione linguistica del soggetto • Fa parte della scenografia anche la posizione del narratore, che può mostrarsi nel commentare l’azione dei personaggi oppure nascondersi per rendere la narrazione trasparente (verismo). • Per Benveniste, la soggettività è l’unità psichica dell’esperienza, è ego che dice ego. Débrayage • Cancellazione delle tracce dell’enunciazione per rendere il testo più distaccato e neutrale rispetto all’istanza che l’ha prodotto. • Caratteristica dei testi scientifici: cancellazione dell’ego, sostituito da I pers.plur., impersonale, forma passiva. • Anche un testo debrayato può contenere tracce della soggettività enunciativa, ad esempio elementi che esprimono valutazioni e modalizzazioni, quali avverbi (probabilmente, sicuramente, forse, fortunatamente), aggettivi valutativi (bello, importante, significativo, inutile, scadente ecc.), modalità epistemica del verbo (condizionale, congiuntivo dubitativo), strutture con evidenziali (è evidente che, è certo che, è ovvio, è noto) Allontanamento dall’ “origine” dell’enunciazione • Adozione della terza persona o della forma impersonale (si) al presente > effetto di oggettività e verità atemporale • Il caffè è un piacere. Se non è buono che piacere è? • Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie (Ungaretti, Soldati) • Deresponsabilizzazione: • Cancellazione dell’io con funzione di schermo: • Che ne pensi dell’ultimo film di Mazzacurati? A molti è piaciuto/la critica non ne parla bene • Mitigazione • Deattualizzazione o narrativizzazione: nella richiesta • volevo…. • Incertezza • Sarranno andati al cinema • Saranno le due…. Due macro-strategie enunciative soggettiva oggettiva Stile soggettivante (embrayato): l’enunciatore si manifesta in modo più marcato ed esplicito, orientando l’informazione da uno specifico punto di vista. Stile oggettivante (debrayato): tende a presentare l’informazione senza, almeno apparentemente, intermediazioni soggettive • Tra questi due estremi, embrayage e débrayage, si danno forme intermedie (Maingueneau 2007): • Embrayato soggettivante • «Detesto la pratica pubblicistica di anticipare giudizi che competono ad altri, nel diritto come nella morale. Ma mi sembra corretto ricordare come in Italia, negli ultimi anni (editoriale)» • Embrayato oggettivante • «Sono uscito di casa alle 8.15 e mi sono diretto verso il parcheggio. Ho preso la macchina e sono andato in ufficio. La porta della stanza era aperta e il pavimento ingombro di fascicoli aperti.. (verbale di denuncia)» • Debrayato soggettivante • «Uno dei due grandi eserciti romani era già sbarcato nella Spagna e si era incontrato col nemico […] l’esitazione romana in questa circostanza fu vantaggiosa, e quando giunse l’ordine del Senato di accorrere…(Mommsen, Storia di Roma antica)» • Debrayato oggettivante • «La relazione di congruenza tra due segmenti permette di ripartire l’insieme di tutti i segmenti del piano in classi di segmenti congruenti tra loro (Manuale scolastico) (Antelmi, p. 102)» Enunciazione e Modalità (Culioli) 1) Assertività (affermazione/negazione: referenziabilità) (oggettività) 2) Necessità/possibilità (oggettività) 3) Valutazione soggettiva (“io penso che”) (soggettività) 4) Interpellazione-Ingiunzione (messa in relazione di enunciatore e coenunciatore): “fai attenzione”) (intersoggettività) Vedi analisi di Fisher e Veron (1986) dei periodici francesi femminili: Marie-France, Cosmopolitan e Biba (S. Fisher e E. Veron, Teoria della enunciazione e discorsi sociali, in Semprini, Lo sguardo semiotico, Angeli, 1992: 143-167): Copertine di tre riviste femminili relative alla “ripresa scolastica”: Condividono -Il genere (periodico femminile di qualità) -Il co-enunciatore: donna, con figli, interessata a come facilitare la ripresa scolastica -L’enunciatore sviluppa un atteggiamento di consulenza nei confronti del coenunciatore a) «Preparate con calma la loro ripresa scolastica» (Marie-France) giudizio di apprezzamento condiviso: «è bene preparare con calma la ripresa scolastica» Modalità 4): interpellazione esplicita (II pers.plur.; modo imperativo) è possibile prepararla con calma, la rivista si impegna a fornire indicazioni su come farlo débrayage enunciazionale che comporta l’adozione di un ruolo tematico da parte dell’Enunciatore -> strategia della distanza pedagogica b) «Ragazzi: quelle che preparano la ripresa scolastica con calma» (Cosmopolitan) tematizzazione: Ragazzi (come una rubrica) assenza di marche di interpellazione: III pers.: débrayage enunciativo modalità 1) descrittiva, non ingiuntiva -> strategia della distanza non-pedagogica c) «Ripresa scolastica: lei è calma, io per niente» (Biba) Ancora stile rubrica: Ripresa scolastica il pronome lei, a cosa fa riferimento? È una ripresa anaforica della prima parte oppure è la presa di parola di un co-enunciatore? (débrayage enunciazionale) Nel secondo caso il co-enunciatore costruisce insieme all’enunciatore il sistema dei Strategia della distanza 1. Distanza pedagogica • differenza tra enunciatore ed enunciatario: il primo tiene a distanza il secondo: guida, mostra, spiega, consiglia; l’enunciatario è rappresentato come un soggetto che ascolta, capisce, trae profitto dai consigli; • Universo del discorso fortemente gerarchizzato 2. Distanza non pedagogica • l’enunciatore si limita a produrre delle affermazioni sul registro impersonale: non ci sono marche di interpellazione, ma discorsi costruiti alla terza persona come avviene nel genere del reportage oggettivizzato; • non sono presenti nemmeno gerarchizzazioni dell’universo del sapere, ma si fa piuttosto ricorso a una giustapposizione non classificatoria dei temi Strategia della complicità • Costruzione di un soggetto che prende la parola in prima persona, l’enunciatario stesso viene fatto parlare e rappresentato come enunciatore • dialogo tra enunciatore e enunciatario, attraverso il quale si istituisce una comunità di valori condivisa • noi inclusivo (io+tu) La distinzione distanza/vicinanza prende forma anche sul piano espressivo •Da un lato uso della lingua più trasparente, oggettivo e non marcato •Dall’altro uso soggettivo e marcato: Sul piano linguistico: •metafore e metaplasmi •Iconicità •Domesticazione: ricerca di un linguaggio condiviso, ricorso a tipiche espressioni del parlato Sul piano della testualità: •preferenza per la funzione ludica e fatica (brillantezza) Sul piano comunicativo: •scelta di forme dialogiche e informali Costruzione enunciativa dell’identità aziendale Studio di Costantino Marmo sulla tipologia delle strategie enunciative nei siti web aziendali: L’instabile costruzione enunciativa dell’identità aziendale in rete, «Versus», 94,95,96, 2003, pp. 133-146. La costruzione dell’identità e dell’immagine di un’azienda passa attraverso complessi processi di scelta dei valori e di enunciazione che coinvolgono attori sociali e operatori della comunicazione. • Noi sappiamo di cosa ha bisogno il nostro cliente • (qui la III pers. sostituisce la II, come: “Il signore desidera?” = “noi sappiamo di cosa hai bisogno”) Ma potrebbe anche continuare: Noi sappiamo di cosa ha bisogno il nostro cliente. E ora lo sai anche tu • Omega ti offre un’ampia gamma di scelte • Qui la III persona sostituisce la I = “Noi ti offriamo un’ampia gamma di scelte”) Ma potrebbe anche continuare: Omega ti offre un’ampia gamma di scelte: è nel nostro DNA. La retorica spiega questi casi come varianti retoriche di strutture enunciative di base (enallage) . Ma ciò che è in gioco qui sono i meccanismi di identificazione/distanziamento tra Enunciatore ed Enunciatario. Nell’analisi del discorso occorre sempre interrogarsi sul rapporto tra Enunciatore ed Enunciatario, da un lato, e le persone messe in scena nell’Enunciato, dall’altro, cercando di stabilire quali meccanismi di identificazione o distanziamento siano in gioco. Noi • Nei pronomi personali, il passaggio dal singolare al plurale non implica una semplice pluralizzazione: noi non è una molteplicità di oggetti identici, ma un congiungimento tra l’io e il non-io; in noi è sempre io che predomina in quanto non vi è noi che a partire da io, e questo io, per la sua qualità trascendente, si assoggetta l’elemento non-io. La presenza dell’io è costitutiva del noi. • Noi si dice in un modo per me+voi (forma inclusiva) e in un altro per me+loro (forma esclusiva). In ognuna delle due forme ciò che predomina è una persona, io nell’esclusivo (che comporta il congiungimento con la non-persona), tu nell’inclusivo (che comporta il congiungimento della persona non soggettiva con io implicito […]. Nel noi inclusivo, che si oppone a lui, loro, è il tu a essere messo in rilievo, mentre nel noi esclusivo che si oppone a tu, voi, è sottolineato l’io (Benveniste, Struttura delle relazioni di persona nel verbo, in Problemi di linguistica generale I, pp. 278 sgg.) Noi come amplificazione • Noi non è un io quantificato o moltiplicato, è un io dilatato oltre la persona in senso stretto, accresciuto e nello stesso tempo con dei contorni vaghi…da un lato, con noi l’io si amplia in una persona più massiccia, più solenne o meno definita; è il noi maiestatico. Dall’altro, l’uso di noi smorza l’affermazione troppo decisa di io in un ’ espressione più larga e diffusa; è il noi dell ’ autore e dell ’ oratore (noi di modestia)…l’abituale distinzione di singolare e plurale deve essere, se non sostituita, almeno interpretata nell’ordine della persona da una distinzione tra persona ristretta (=singolare) e persona amplificata (=plurale) (Benveniste, ivi, p. 280) Nella comunicazione aziendale • Il ricorso al noi può servire a enfatizzare gli sforzi degli amministratori e la positività dei risultati ottenuti (noi esclusivo). • I risultati meno positivi vengono (declinazione della responsabilità). presentati in modo impersonale • L’uso del passivo crea un’impressione di oggettività e di non responsabilità degli agenti (frequente anche nelle cronache sportive) oppure segnala un maggior distacco del narratore (cfr. Santulli, Le parole del potere, il potere delle parole, Angeli, 2005: 110) • L’uso della II pers. può servire a stimolare un senso di appartenenza nel destinatario. Strategia oggettivante, distanza indefinita (non pedagogica) •«Il caffè è un piacere. Se non è buono, che piacere è?» •«Dove c’è Barilla c’è casa» •«Dash. Più bianco non si può» •«C’è la birra e c’è la Grölsch» •«Grana Padano. Formaggio d’autore» •“Oggi Lavazza è leader nella qualità ed è riconosciuta nel mondo come il simbolo dell’espresso italiano e della italianità» (Lavazza) •L’enunciato non manifesta tracce dell’enunciazione; lascia all’Enunciatario la massima libertà di identificarsi o non identificarsi con l’Enunciatario implicito; •L’Enunciatore non è rappresentato ma può essere oggettivato nel Soggetto dell’enunciato per enallage •Il contratto enunciativo si gioca sul piano del far sapere; manipolazione di tipo cognitivo e non-persuasorio Strategia della distanza istituzionale «Crediamo nell’Italia e nel futuro delle famiglie e delle imprese» (Banca Popolare di Bari) «Il consumatore è al centro del sistema e delle nostre azioni. La ricerca continua di una relazione con lui ci serve a migliorare la nostra capacità di orientarlo e soddisfarlo» (Caffè Illy). «Portare l’aroma e la qualità dell’espresso italiano nel mondo è da sempre il nostro principale obiettivo» (Lavazza) •Proiezione nell’enunciato di un simulacro dell’Enunciatore (I pers. sing. o plur.); piena assunzione di responsabilità verso i contenuti enunciati e i valori espressi. •Presenza di un Enunciatario implicito; l’Enunciatario non è mai interpellato direttamente; l’Enunciatario empirico è libero di aderire o meno al contratto enunciativo e ai ruoli tematici rappresentati nell’enunciato. Strategia dell’ ammiccamento «Come te. La prima assicurazione che non ti vede così» (Genertel) «Chiamami Peroni, sarò la tua birra» «Fai vedere chi sei» (Ministero della Istruzione) «E tu di che Lumberjack sei?» «Quanti soldi butti via con il tuo conto?» (Conto arancio) «Conti perché non sei solo un conto» «Ikea vicino a te / Se stai cercando un’occasione di lavoro, Ikea può essere il posto giusto per te» •Interpellazione informale (II pers. sing. o plur.) dell’Enunciatario, che è così rappresentato nell’enunciato. •Presenza di un Enunciatore implicito che si può talvolta identificare per enallage con uno degli attanti dell’enunciato > maggior coinvolgimento dell’Enunciatario, al quale sono attribuiti ruoli tematici precisi, competenze e valori di cui il Soggetto dell’enunciato si fa portatore. Strategia della prossimità (o della distanza pedagogica) «Con il nostro Mobile Banking hai più tempo anche per fare jogging» (Unicredit) •Rappresentazione di entrambi gli attanti dell’enunciazione nell’enunciato; •Realizzazione di un débrayage enunciazionale nella forma di primo livello io/tu, o della costruzione di un enunciatore collettivo attraverso un dispositivo proiettivo di secondo livello in cui si confrontano un “noi esclusivo” e un “voi” Strategia della complicità «Il nome. L’unica cosa che so di lei. Ma sento che tra poco la sento» (Cercafacile Omnitel) «Affidiamoci ai nostri valori» (Banca del Sud) •Presa di parola da parte dell’Enunciatario attraverso un débrayage enunciazionale, oppure •“noi inclusivo”, che presuppone l’accettazione del contratto enunciativo da parte dell’Enunciatario Naturalmente l’esame delle strategie di enunciazione verbale deve essere integrato dall’analisi della enunciazione visiva, dalla messa in pagina (aspetti grafici e di strutturazione dei contenuti) all’uso di immagini (foto, disegni, grafici, animazioni). Pronomi nel giornalismo • Fairclough (1989:127-8) segnala la frequenza della forma inclusiva del noi negli editoriali politici (complicità). Implicazioni: il giornalista ha l ’ autorità di dar voce ai cittadini; rafforzamento dell ’ ideologia collettiva che enfatizza l ’ unità anziché la rappresentazione di prospettive specifiche. • Loporcaro (2005): Il noi nel Tg è indicatore di complicità tra giornalista e spettatore; il notiziario mira a presentarsi come voce della comunità, costruzione di un soggetto collettivo (noi inclusivo), manifestazione di un patto di reciproca appartenenza tra emittente e destinatario. Identificazione del giornalista con il pubblico • Fusione fra l’istanza narrante e il pubblico in un tutto indistinto che è l’opposto di quanto si richiederebbe per una informazione referenziale (Loporcaro 2005:126). • Discorso complice e non critico (Calabrese e Volli, I telegiornali:istruzioni per l’uso, 1995: 234-35) • Obiettivo: ribadire vincoli affettivi e ideologici Semiotica del quotidiano Landowski 1989 Tempo sociale oggettivato (funzione informativa, narrazione episodicità del racconto) Tempo vissuto del discorso (costruzione di identità sociali - periodicità del discorso) Stile Le Monde Giornali più oggettivi, costruiti in modo da espandere il racconto e contrarre il discorso (Le Monde e CdS: modello giornalistico tradizionale); costruzione di un lettore distaccato dalla propria soggettività: oggettivazione del mondo colto come oggetto di conoscenza e campo d’azione. Funzione referenziale, contratto informativo. Lettore Modello: dirigente, alto funzionario, ecc.: uomo d’azione e cittadino del mondo. Stile Libération Giornali più soggettivi, in cui l’informazione è sempre esplicitamente filtrata attraverso il punto di vista del giornale, in modo che il discorso tende a prevalere sul racconto: strategia della complicità, legami intersoggettivi che legano i protagonisti della comunicazione: giornalisti e lettori. Dal punto di vista dell’impaginazione e delle sezioni, sembra che Libération riscriva Le Monde rovesciando l’ordine: sostituzione del locale al mondiale. Funzione fatica, contratto paritario. Tono derisorio nella descrizione dei fatti generalmente ritenuti importanti (politica nazionale e internazionale). Assunzione seria delle vicende dei cittadini comuni: inchieste, testimonianze dirette e interviste. Lettore Modello: giovane cittadino. Contratto di lettura e valori modali Enunciatore ed enunciatario entrano in relazione tra loro soprattutto attraverso i carichi modali che li contraddistinguono (Marrone, Corpi sociali, 2001:109-110): • Dovere • Volere • Potere • Sapere La comunicazione è una forma di azione in cui un Soggetto operatore (enunciatore) congiunge un Soggetto di stato (enunciatario) con un Oggetto (il messaggio). Enunciatore ed enunciatario (attanti) sono variamente caricati di valori modali: una cosa è parlare a un pubblico dotato di dovere (discorso didattico), altra cosa rivolgersi a un destinatario dotato di volere (tipico del discorso giornalistico). Contratto informativo: l’enunciatore si assume il dover-informare e il saper-trovare la notizia; l’enunciatario viene dotato di un voler-sapere e di un poter-comprendere (es. Tg1) Contratto pedagogico: l’enunciatario non è dotato del potercomprendere e l’enunciatore si assume il compito non solo di informare ma anche di spiegare il senso delle notizie, il loro valore informativo, le conseguenze che quegli eventi potrebbero avere sull’enunciatario (es. Tg4) Contratto paritetico: enunciatore ed enunciatario sono dotati del medesimo voler sapere e poter-comprendere e insieme vanno a caccia delle notizie (es. Tg3). • Ma nella realtà le cose sono sempre molto più complesse, non solo perché ogni testata è portata a cambiare tipo di contratto a seconda delle esigenze strategiche del momento, ma anche e soprattutto perché si danno casi in cui attraverso microtattiche comunicative il contratto tra enunciatore ed enunciatario viene surrettiziamente riscritto per le specifiche esigenze informative del momento. Esempio Tg3, 7 ottobre 1996; lancio di una notizia di cronaca politica • Bisogna fare attenzione, perché c’è da farsi venire davvero il mal di testa. Nel • • • • giro di una settimana le posizioni si ribaltano: Ieri, per esempio, avevamo un Fini entusiasta di Cossiga e un Berlusconi che sembrava aprire a D’Alema sulla Bicamerale. Oggi invece sui giornali leggiamo di Berlusconi che dice: «ma per la Bicamerale ci sono pochissime speranze», e Fini che dice: «è un viottolo che vale la pena di percorrere». Ma la notizia importante di oggi è che Massimo D’Alema, il segretario del Pds, si è rimboccato le maniche e si è messo concretamente a lavorare per cercare un’intesa. Vediamo. (Marrone, Corpi sociali, 2001) Nel discorso politico • Il discorso politico non è (o almeno è solo in parte) discorso rappresentativo. Non è un insieme di enunciati in rapporto cognitivo-referenziale con il reale. • Anziché mirare ad una rappresentazione fedele degli eventi, il discorso politico costruisce il suo soggetto in forma attanziale (Greimas 1966), cioè come un sistema di ruoli in correlazione al suo antisoggetto (la figura del rivale, dell’antagonista). (Desideri, La comunicazione politica: dinamiche linguistiche e processi discorsivi, in Gensini, Fare comunicazione, 1999:394) Embrayage attanziale, finalizzate alla identificazione dell’enunciatario con il soggetto enunciatore; ricorso a citazioni, repliche, negazioni, confutazioni Discorso polemico, e in generale propagandistico Ma anche ricerca di coesione e di identificazione Débrayage attanziale: cancellazione dell’enunciatore attraverso i tratti formali del discorso descrittivo e oggettivo (prevalenza della III persona e della forma impersonale o passiva) Discorso didattico Effetto di distanziamento che si raggiunge anche quando in un discorso politico il parlante fa riferimento a se stesso in quanto ruolo istituzionale. Risultato: enfatizzazione dell’importanza e della sacralità del ruolo e deresponsabilizzazione del soggetto. Embrayage: • Il noi nel modello del contatto: Mussolini, Primo anniversario della marcia su Roma, 28 ottobre 1923: Camicie Nere! Noi ci conosciamo; fra me e voi non si perderà mai il contatto uso pletorico del noi inclusivo e aggregante • Mussolini, Al popolo di Mantova, 25 ottobre 1925: I miei non sono discorsi, nel senso tradizionale della parola: sono allocuzioni, prese di contatto tra la mia anima e la vostra, tra il mio cuore e i vostri cuori. I miei discorsi non hanno quindi nulla di comune con i discorsi ufficiali e compassati pronunciati in altri tempi da uomini in troppo funeree uniformi, uomini che non potevano parlare direttamente al popolo perché il popolo non li comprendeva e non li amava Ricorso privilegiato al campo semantico del sentimento (anima, cuore, spirito, fede) • Esaltazione del rapporto immediato e quasi corporeo tra il capo del governo e la comunità (processo di rispecchiamento). La comunità preesiste all ’ individuo che le appartiene in modo necessario (evocazione dell’identità collettiva). Questo è il principio organizzatore dello stile di Mussolini: espressione di una identificazione sentimentalizzata (non argomentata) tra oratore e uditorio • Svilimento della parola come strumento di mediazione e di rappresentazione ed esaltazione di una immediatezza irriflessa, istintiva ed emozionale che trascina all’azione • Molteplicità di atti linguistici esercitivi Fedel, Il linguaggio politico nel Novecento: il caso di Benito Mussolini, in Id., Saggi sul linguaggio e l’oratoria politica, Giuffrè, 1999: Elementi del discorso agitatorio di Mussolini • Andamento paratattico della retorica mussoliniana: • stimolo all’azione • espressione di una appartenenza naturale • Perentorietà, sottrazione al dialogo (Mussolini si presenta come l’unico portatore della verità e dei valori) • Assenza di problematicità; certezza che intensifica l’adesione dell’uditorio e l’orientamento all’azione • Componente ritmica (asemantica) • Obiettivo: far sentire l’esistenza della comunità • Spinta emotiva • Drammatizzazione: rappresentazione scenica dell’azione, del gesto, della parola • Presenza abbondante di tropi: • Metafore religiose • Metafore belliche • Metafore medico-chirurgiche • Modello del contratto Campagne socialiste dal 1979 in poi (Craxi): manifesta enunciazione di contratti programmatici ed esplicita richiesta di mandati fiduciari: abbiamo proposto agli elettori un contratto. Se ci daranno forza, promettiamo in cambio di lavorare per garantire al paese cinque anni di stabilità e governabilità (Craxi, intervista al Messaggero, 13 maggio 1979) • Noi esclusivo • Insistenza sull’atto commissivo (tipico della propaganda politica) cfr. Desideri, La comunicazione politica: dinamiche linguistiche e processi discorsivi, in Gensini 1999 Esempio di discorso didattico Enrico Berlinguer: prosa austera di tono quasi scientifico, sequenze argomentative centrate sui rapporti di causa-effetto, mezzo-scopo Discorso del 20 settembre 1981: struttura di tipo elencativo, forma della enumerazione: I guasti profondi che tensione e guerra fredda producono nel mondo di oggi: - limitano e soffocano l’autonomia, l’indipendenza e la sovranità di un numero grande di popoli e stati; - Portano, nelle forme più varie, a restringere e a coartare in tutti i sistemi sociali la libertà e i diritti democratici - Complicano la soluzione dei problemi economici e sociali all’interno di tutti i paesi, da quelli più poveri a quelli più ricchi - Avvelenano gli animi, generano paura e odi tra gli uomini e fra i popoli, alimentano sfiducia, spengono la ragione e sfibrano le energie; - ………. - Pace e sviluppo, dunque: due obiettivi che possono e debbono essere comuni a tutte le forze, le istituzioni, le organizzazioni che hanno a cuore le sorti dell’uomo.(cit. in Desideri, p.181) Caratteri dei discorsi didattici • Sequenze referenziali e veridittive: trasmissione del sapere e del far-credere • Uso della terza persona e della forma impersonale: il soggetto dell’enunciazione è occultato all’interno del proprio enunciato: débrayage attanziale • Forme discorsive descrittive, scientifiche, storiche • Assenza di confronti con altri enunciati • Il fine è spingere il ricevente a identificarsi con i contenuti dei messaggi • L’adesione dell’uditorio è presupposta • Gli oggetti di accordo restano impliciti Un discorso oggettivo con stile neutro in terza persona può essere altrettanto persuasivo di un discorso soggettivo Strategie del discorso oggettivante • Spersonalizzazione del discorso (cancellazione delle marche della enunciazione) • Astrazione (cancellazione dei deittici riferiti a un tempo e a uno spazio definiti) • Oggettivazione del sapere (enunciati modali aletici, che fungono da vere e proprie fonti di autorità) • Débrayage • Discorso riportato, enunciatori delegati: citazioni con funzione di avvaloramento delle posizioni esposte (stipulazione di autenticità: Mortara Garavelli 1985) • Presupposizioni Il carattere interpretativo di un testo viene mascherato, nascosto sotto una sembianza di oggettività (simulacro di un sapere oggettivo e dimostrativo) Discorso polemico • Molto frequente, in linea con la natura competitiva della politica • Esplicitazione degli oggetti di accordo • Confronto con la parola degli avversari (spesso manipolata): • Strategie della citazione: allusione, replica, negazione, confutazione, obiezione • Strategie di embrayage attanziale finalizzate alla identificazione dell’enunciatario con il soggetto enunciatore Esempi del discorso polemico Alcide De Gasperi (discorso al Senato, 22 luglio 1948, polemico con il socialista Giua): polemica garbata con l ’ avversario politico, tono interlocutorio: L ’ onorevole Giua ha accennato alla concezione originaria cristiana, che renderebbe facile la collaborazione con i comunisti, paragonati da lui ai cristiani e specialmente a quella frazione di cristiani del tempo di Tertulliano. Egli ha detto che il Cristo storico è un liberatore di schiavi. No! È una concezione errata…. (cit. in Desideri, La comunicazione politica: dinamiche linguistiche e processi discorsivi, p. 174) Più aspro il tono del discorso alla Camera del 28 luglio 1953 (presentazione del suo VIII e ultimo governo) …ma voi opposizioni, siete forse d’accordo tra voi? Voi vi unite in un atto negativo; ma siete capaci di unirvi in un atto positivo? Aldo Moro; forti accenti polemici nei confronti degli avversari interni alla Dc (dorotei); uso frequente del paradosso, dell’antitesi e dell’ossimoro Discorso del 18 gennaio 1969 Non credo che occorra aggiungere altro, per dire che significato io intendo dare alla sollecitazione al Congresso, all’invito pressante ad aprire finalmente le finestre di questo castello nel quale siamo arroccati, per farvi entrare il vento che soffia nella vita, intorno a noi. Non è un fatto di politica interna di partito, di distribuzione o redistribuzione del potere. Io non so che fare di queste cose (cit. in Desideri, p. 178) Discorso del 29 giugno 1969, XI Congresso della Dc Sarebbe un grave errore, un errore fatale, restare in superficie e non andare nel profondo; pensare in contingenza, invece che di sviluppo storico. Tocca alle forze politiche e allo Stato creare in modo intelligente e rispettoso i canali attraverso i quali la domanda sociale e anche la protesta possano giungere a uno sbocco positivo, ad una società rinnovata, ad un più alto equilibrio sociale e politico (cit. in Desideri, p. 177) Il linguaggio della semplificazione • Berlusconi (1994, in Galli de’ Paratesi, La lingua di Berlusconi): Nel 1993 c’era una gran voglia di cambiamento, una voglia di rinnovamento del modo stesso di far politica, una voglia di rinnovamento morale, una voglia anche del modo di esprimersi della politica in maniera diversa. Non più quel linguaggio da templari che nessuno capiva: si sentiva il bisogno di un linguaggio semplice, comprensibile, concreto. • Il linguaggio diviene un esplicito elemento di propaganda: semplificazione semantica e sintattica; scarso il ragionamento dialettico e la riflessione politica • Appello enfatico all’affetto, sentimentalismo, pietismo, condivisioni emotive; metafore religiose “Prodi ha la faccia larga e pastosa di un dottor Balanzone” (attacco alla persona dell’avversario: argumentum ad hominem) • Fallacie: Linguaggio della provocazione • Contesta le regole del gioco politico • Pannella: • toni di voce acuti, ritmo martellante; • particolari modalità espressive e riformulazione semantica; parole chiave: sfascio, ammucchiata, silenziamento (per parlamento), scippare, imbavagliare, sgovernare. • Ricorso all’iperbole e al paradosso • Teatralizzazione della propria immagine • Bossi: • semplificazione semantico-grammaticale, invettiva verbale • centralità del dialetto nella duplice funzione di collante etnico per l’autoriconoscimento delle genti lombarde e di rottura con la lingua italiana standard come codice ufficiale dello statalismo. • Fallacie: “stia bene attento il presidente Scalfaro...noi facciamo lo sciopero fiscale” (argumentum ad baculum) • Formule: “uomo avvisato mezzo salvato” Grillo • Cornice: guerra alla politica • Siamo in guerra, Arrendetevi, siete circondati • Nomignoli per gli avversari • Psiconano (Berlusconi), Topo Gigio (Veltroni), Alzheimer (Prodi), Salma (Fassino e poi Napolitano e poi Berlusconi), Azzurro Caltagirone (Casini), “il nano Bagonghi con gli occhialini rossi” (Maroni); i media sono barracuda, Monti è Rigor Montis, Bersani: Bersanator (zombi), un morto che parla • Critica del linguaggio della politica, definito oscuro, contorto e fuori della • • • • realtà, semplificazione Teatralizzazione, messa in scena degli eccessi Metaforica morte/vita (tipica del vitalismo e del totalitarismo), bellica: traditori, cadere in trappola, ecc. Fallacie dell’argomentazione: ad hominem, inversione dell’onere della prova Nascondimento e silenzio (Oracolo: “non dice né nasconde ma manda segni”), R. Simone, «Repubblica», 14.3.2013 Fedel, Il concetto di demagogia, in Id. Saggi sul linguaggio e l’oratoria politica, Giuffrè, 1999: 161-180 • Struttura uno/molti: la demagogia ha una struttura oratoria obbligata a due poli: l’oratore e l’uditorio: uno che parla e molti che ascoltano. • funzione motivante del linguaggio. Nella situazione demagogica l’efficacia del discorso non dipenderà dai contenuti di verità, dalla razionalità o dalla validità logica delle parole, ma dal fatto che esse sappiano stimolare in modo adeguato il complesso motivazionale degli individui (valori, sentimenti, interessi, credenze) per controllarne l’agire. Ne deriva: semplificazione, illogicità, indifferenza alla verità, drammatizzazione. • L’emotività come requisito della ricezione del linguaggio. I sentimenti fanno parte delle componenti motivazionali dell’agire, di conseguenza il discorso del demagogo farà presa anche (e soprattutto) sui sentimenti per produrre gli effetti voluti. Ethos “L’ethos oratorio è l’impressione che l’oratore produce di sé per mezzo di ciò che dice: la parola detta deve essere in sintonia con la personalità di chi la enuncia, la deve veicolare. Più che l’individualità e la personalità reale dell’oratore, esso costituisce il “personaggio” che l’oratore viene a rappresentare nel suo discorso, che deve rispettare certe caratteristiche e certi clichés, che deve assumere atteggiamenti e comportamenti in linea con un sistema di valori facilmente riconoscibile e condiviso”. (Parodi Scotti, Ethos e consenso nella teoria e nella pratica dell’oratoria greca e latina, Pitagora, 1996, p. 4) POLIFONIA E DIALOGISMO Quando il discorso presenta un rinvio (esplicito o implicito) ad altre parole, altrui o proprie, con forme e intenzioni diverse: Stratificazione del discorso intertestualità e intratestualità discorso riportato (o citazione) Difficoltà nel tener separati polifonia e dialogismo Antelmi propone di mantenere il termine polifonia per l’ambito letterario e riservare dialogismo per i testi di comunicazione. Bachtin L’autore e l’eroe (1979), Einaudi, p. 283: «l’enunciazione è un fenomeno complesso e stratificato». In una gran quantità di testi, soprattutto letterari, si devono riconoscere diverse voci, attribuite a soggetti che parlano simultaneamente (enunciatori diversi). «Ogni parlante è lui stesso, in vario grado, un rispondente: egli infatti non è il primo parlante, colui che per la prima volta ha violato il silenzio dell’universo, e presuppone non soltanto la presenza della lingua di cui si serve, ma anche la presenza di enunciazioni anteriori – proprie e altrui –, con la quale la sua enunciazione entra in determinati rapporti (si appoggia ad esse, polemizza con esse, le presuppone semplicemente come già note all’ascoltatore). Ogni enunciazione è un anello di una catena di altre enunciazioni organizzata in modo complesso» (ivi:255). «L’oggetto del discorso di un parlante […] è già parlato, discusso, illuminato e valutato in vario modo, e costituisce il luogo in cui si incrociano, convergono e divergono molteplici punti di vista, visioni del mondo, tendenze» (ivi, p. 282). Ducrot Le dire et le dit (Paris, 1984) ha sviluppato l’idea di polifonia, anche sulla scia di Benveniste, mostrando che la pluralità delle voci è rintracciabile non solo in testi complessi, ma anche all’interno di un singolo enunciato. Distinzione tra tre diverse istanze enunciative: - Parlante empirico - Locutore - Enunciatore • Ducrot si occupa dei fenomeni di polifonia interni alla lingua (lessicali e grammaticali): negazione, domanda, concessione, ironia. Locutore / enunciatore Locutore = soggetto della enunciazione (chi parla): essere del discorso, marche di I pers. Enunciatore = responsabile dell’atto illocutivo, punto di vista dell’enunciazione Angelo Acquaro, RE, 3.5.2011 Che sapore ha la vendetta? Wayne Hobbin non avrebbe immaginato di inginocchiarsi davanti a Ground Zero […]. Renzo Guolo, RE, 3.5.2011 Che ne sarà di Al Qaeda dopo la morte di Bin Laden? L’organizzazione che, contando sugli ingenti mezzi e contatti del suo fondatore ha segnato un passaggio epocale […]. Le domande poste dalla prima parte dei due enunciati introducono un enunciatore (il lettore, che sembra voler sapere qualcosa dal giornalista): forma non esplicitata di discorso riportato. Forma eco, che rientra tra i fenomeni di riproduzione del discorso altrui (il fenomeno eco è una forma di ripetizione) (vedi anche Percontatio). Modo e Voce (Genette) Discours du récit, 1972 •Modo: punto di vista di chi orienta la prospettiva narrativa (chi vede?, focalizzazione) •Voce: narratore (chi parla) • Eterodiegetico (assente dalla storia) • Autodiegetico (protagonista della storia) • Allodiegetico (narratore testimone della storia) Mimesi e diegesi Sono le due dimensioni costitutive dell’organismo narrativo: •mimesi, ovvero dialogo, citazione o riproduzione di parole: “testo di personaggi ” . La citazione della parola altrui è prima di tutto riproduzione della immagine che di essa ci si è fatta (Mortara Garavelli, La parola d’altri, 1985: 82). •diegesi, cioè racconto, descrizione e avvenimenti: “testo di narratore” Dialogismo • Interdiscorsivo: la scelta di un oggetto del discorso comporta la relazione con altri discorsi già prodotti (anche discorso riportato) (già detto) • Interlocutivo: riferimento a un destinatario di cui si anticipano le domande e risposte (proiezione in avanti; p. es. le domande); • Intralocutivo: commento e valutazione delle proprie parole (modalizzazione: secondo X, per così dire, in un certo senso, parole tra virgolette, ecc.) Dialogismo intertestuale e formule • Tirare per la giacchetta • Mettere le mani nelle tasche del consumatore/cittadino • Anche le formiche nel loro piccolo.. • La prima gallina a cantare ha fatto l’uovo • Cantar vittoria Vedi anche le funzioni retoriche della ripetizione •Accorato appello •Scottante attualità •Rapina annunciata •Approccio decisivo •M. Dardano, La lingua dei media, in V.Castronovo e N. Tranfaglia (a cura di), La stampa italiana nell’età della tv 1975-1994, Laterza 1994: 209-235 (228): Altre formule registrate nel 1995 (Eco, Sulla stampa, in Id., Cinque scritti morali, Bompiani, 1997: 54-55): •CdS, 11.1.1995 • La speranza è l’ultima a morire • Siamo a un muro contro muro • Dini annuncia lacrime e sangue • Il Quirinale è pronto alla guerra • Il recinto è costruito quando i buoi hanno lasciato la stalla • Pannella spara alzo zero • Il tempo stringe, non c’è spazio per il mal di pancia • Siamo con l’acqua alla gola •RE, 28.12.1994 • Occorre salvare capra e cavoli • Chi troppo vuole nulla stringe • Dagli amici mi salvi Iddio • I peggiori giri di valzer • La frittata è fatta Laura Laurenzi, RE 24.9.2013 • Il collezionista di brutte parole (Vincenzo Ostuni), editor di Ponte alle Grazie: • Anime belle • A 360 gradi • e barra o • Da paura • Una chicca • A bocce ferme • Buon tutto • Non bello, di più E poi: Senza se e senza ma «è il deterioramento del linguaggio diventato slogan, omologazione, pigrizia». Ornella Castellani Pollidori, La lingua di plastica, Morano, 1995: 160 •Sfruttamento della fraseologia proverbiale di stampo casereccio-rurale: • Fare d’ogni erba un fascio • Tirare l’acqua al proprio mulino • Dare un colpo al cerchio e uno alla botte • Seminare zizzania • Se non è zuppa è pan bagnato • Tagliare l’erba sotto i piedi • Da prendersi con le molle • Gettare acqua sul fuoco • Soffiare sul fuoco • Scoperchiare le pentole • Mettere i bastoni tra le ruote • Tenere i piedi in due staffe • Mettere il carro davanti ai buoi • Salvare capra e cavoli • Rimettere insieme i cocci • Cadere dalla padella nella brace • Un fulmine a ciel sereno Gentese “Si è diffusa l’oralità di tono medio basso, più blaterata che parlata, hanno avuto corso parole a effetto (“macelleria mediatica”, “macelleria sociale”, “politica dei due forni”), spesso dialettali e informali: “remare contro”, “mettersi di traverso”, “tirare per la giacca” e “inciucio”, “ribaltone”. E qualche espressione colorita, al limite del volgare (il “celodurismo di Bossi” (Beccaria, Il mare in un imbuto, 2010:76-77). • Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Garzanti, 1988, p. 58 «Alle volte mi sembra che un’epidemia pestilenziale abbia colpito l’umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l’uso della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forza conoscitiva e d’immediatezza, come automatismo che tende a livellare l’espressione sulle formule più generiche, anonime, astratte, a diluire i significati, a smussare le punte espressive, a spegnere ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con nuove circostanze». Altro livello di polifonia: forme del discorso riportato La trasmissione e la discussione dei discorsi altrui, della parola altrui è uno dei temi più diffusi e importanti del discorso umano (Bachtin, Estetica e romanzo, tr.it. 1979:145). Ducrot esclude dalla polifonia i casi di discorso riportato, che invece vengono ormai fatti rientrare a pieno titolo tra i fenomeni polifonici (o del dialogismo). Il giornalismo è il luogo professionalmente deputato alla resa della parola altrui. Che cos’è il discorso riportato? Il discorso riportato è discorso nel discorso, espressione nell’espressione, e allo stesso tempo è anche discorso sul discorso, espressione sull’espressione.[…] Il discorso riportato è considerato dal parlante come un’espressione appartenente a qualcun altro, un’espressione che era in origine totalmente indipendente, completa nella sua costruzione, e situata fuori del contesto dato. Ora, è da questa esistenza indipendente che il discorso riportato viene trasposto in un contesto di un autore mentre conserva il suo contenuto referenziale e per lo meno i rudimenti della sua integrità linguistica, della sua originale indipendenza di costruzione. L’espressione dell’autore, nell’incorporare l’altra espressione, fa entrare in gioco norme sintattiche, stilistiche e composizionali per la sua parziale assimilazione.[…] Il meccanismo di questo processo è situato non nell’anima individuale ma nella società (Vološinov, Marxismo e filosofia del linguaggio (1929), Dedalo, 1976: 199,200,202). • È necessario prestare attenzione al contesto citante, al “discorso riportante” in cui si inserisce il discorso riportato. • «Coloro che per primi analizzarono le forme del discorso riportato commisero l’errore fondamentale di separare praticamente il discorso riportato dal contesto che lo riportava. Ciò spiega perché il loro modo di trattare queste forme è così statico e inerte (una descrizione applicabile all’intero campo dello studio sintattico in generale). Invece il vero oggetto di indagine dovrebbe essere precisamente l’interdipendenza dinamica di questi due fattori, il discorso che viene riportato (il discorso dell’altra persona) e il discorso che lo riporta (il discorso dell’autore). In definitiva i due discorsi esistono realmente, funzionano e prendono forma soltanto nella loro interrelazione, e non per conto proprio, l’uno separato dall’altro. Il discorso riportato e il contesto che lo riporta non sono che termini di una interdipendenza dinamica.» (Vološinov, Marxismo e filosofia del linguaggio (1929), Dedalo, 1976:205) Questioni Proverbio Wolof (cit. in Calaresu, Testuali parole, 2004): “Everything can be moved from one place to another without being changed, except speech”. Riferire un discorso significa correlarlo alla prospettiva del ricevente. •Sottostima quantitativa delle possibilità a disposizione del parlante per riportare la parola d’altri •Sottostima qualitativa degli aspetti funzionali legati alle diverse forme del DR • CdS, 18.3.2012 T. «Riforme condivise, alla politica serve moralità » T. Monti: basta veti sul lavoro C. «Tutti cedano qualcosa». Ma imprese e Cgil: intesa lontana • RE, 18.3.2012 T. Monti: “Sindacati cedete qualcosa” C. Gelo da Cgil, Cisl e UIL. Il premier: Fiat può investire dove vuole T. Napolitano, appello ai partiti “Moralità contro corruzione” • St, 18.3.2012 T. Lavoro, Monti ai sindacati “Rinunciate a qualcosa” T. Napolitano, la scossa ai partiti “Comportamenti più trasparenti” • Li T. Le nuove tasse di Monti St. Mario molla i sindacati: l’art. 18 si cambia in settimana. Ma sugli ammortizzatori rischia il posto Altri esempi Libero online 24.4.09 Berlusconi celebra “la libertà di tutti” / Franceschini: ritiri la legge su Salò RE online 25.4.09 Berlusconi: ‘No equidistanza fra fascisti e partigiani’ /Il Pd: “Ritiri il ddl su Salò St:Celebrato il 25 aprile. A Onna il cavaliere riconosce il contributo dei comunisti e parla “del rispetto per chi lottò dalla parte sbagliata”. Poi dice: “Potrebbe diventare la Festa della libertà”. Franceschini: “Parole importanti ma il nome non si cambia”. Napolitano: “Pietà per tutti”. Folla a Milano, fischi a Formigoni. Roma, Alemanno non va. Forme del discorso riportato Quattro forme fondamentali: • • • • Discorso diretto Discorso indiretto Discorso indiretto libero Discorso diretto libero La tendenza oggi dominante a preferire schematizzazioni di tipo continuo (fuzzy sets) a schematizzazioni di tipo discreto, ha portato a considerare le diverse forme di discorso riportato come varietà comprese entro i due estremi della mimesi (discorso diretto) e della diegesi (discorso indiretto) del discorso originario o discorso primo, di cui le varie forme di discorso riportato sono una derivazione. Introduttori • Segnalatori espliciti di discorso o clausole citanti (terminologia strutturale- sintattica), cioè porzioni discorsive che esplicitamente introducono la riproduzione della parola d’altri. • La cornice discorsiva può trovarsi prima, dopo o in mezzo alla parte citata • Varietà di forme che richiamano l’attenzione • sul modo del dire: X ha urlato, ha sussurrato, ha esclamato, ha apostrofato, • Sul detto: X ha detto, sostiene, osserva • Sulla forza illocutoria: X suggerisce, ipotizza, conclude, attacca, rassicura • In forma parentetica [… (secondo X)…] segnalano una presa di distanza maggiore del reporter rispetto al discorso riportato • I due punti danno un tono più incisivo al discorso riportato che segue. Criterio fondamentale per distinguere DD e DI • La presenza di uno oppure di più centri deittici: distinzione tra diversi locutori e tra locutori ed enunciatori. • Nel DI il centro deittico è sempre uno solo e rimanda sempre e soltanto al locutore dell’atto di enunciazione. • Nel DD i centri deittici sono sempre almeno due. Nella grammatica funzionale • Il DD è un processo verbale di tipo paratattico • Il DI è un processo mentale fondato sull’ipotassi, nel quale la parte proiettata non è una riproduzione letterale ma un significato (Halliday 1985: 250-73). Funzioni del DD Nel racconto • Contestualizzazione del climax di una narrazione (messa in evidenza dei punti cruciali) • Intensificazione della dimensione emotiva (riproduzione di scambi di botta e risposta: esemplificazione delle situazioni di conflitto) • Distanziamento dalla voce del locutore riportato Nella argomentazione • Rafforzamento di una tesi attraverso una strategia di autenticazione: caso estremo in cui il locutore citato fa da portavoce al locutore citante (principio di autorità e doxa). Altre possibili funzioni verranno attivate di volta in volta dal contesto del DR. Nel giornalismo: apparente centralità della funzione di verità del DD Problema • Quando si riportano le parole, ci si conforma a quanto realmente detto? • Ricerche di Tannen, Mizzau, Sakita La posizione di D.Tannen Talking Voices, Cambridge University Press, 1989 • Nei quotidiani il DD sembra la forma di distanziamento (hedging) più frequente, soppiantando altre forme con funzione analoga, quali l’uso di forme discorsive del tipo “forse”, “probabilmente”, “il cosiddetto”, “il presunto”; verbi modalizzatori o al condizionale. • Il ricorso al DD nei titoli sembra conferire loro “neutralità”, introducendo una forza illocutiva globale di tipo espositivo. • Ma un esame condotto sui titoli di giornali quotidiani conferma che le frasi tra virgolette contenute nei titoli non rispettano in alcun modo la letteralità del discorso altrui. • Il DD non assolve una funzione meramente riproduttiva. Più che riportare le parole effettivamente usate il DD sembra aggiungere vivacità alla narrazione, fornire la possibilità di diverse prospettive e dare l’impressione di un’autentica ripetizione dell’evento, senza però esserlo davvero. • Il DD riguarda dunque non la riproduzione di enunciati ma l’evocazione di situazioni enunciative. • Serve anche ad evitare l’operazione cognitivamente più complessa di una trasposizione in discorso indiretto o di una sintesi riassuntiva. La posizione di Mizzau La finzione del discorso riportato, in Orletti (a cura di), Fra conversazione e discorso, Carocci, 1994 La funzione del DD è • fornire una informazione rapida • costruire un effetto di immediatezza e massima sinteticità • Ipersemplificazione • messa in rilievo di aspetti marginali ma suggestivi • da parte del lettore, si può assumere una accettazione della convenzione di autenticità sulla base della condivisione tacita della operazione di finzione (p. 254). La posizione di Sakita Reporting Discourse, Tense and Cognition, Amsterdam, Elsevier, 2002: fattori contestuali, intertestuali e pragmatici influenzano la scelta tra diversi stili: • Un testo lungo e complesso porta preferibilmente a una ripresa nella forma del DD (e tuttavia, per Tannen, proprio questo tipo di discorso difficilmente può essere riportato in modo diretto) • Ma la scelta è dettata anche da finalità comunicative: • Affidabilità del parlante • Drammatizzazione • Rapporto primo piano/sfondo • Sul piano della ricezione la forma del DD risulta più congeniale alla focalizzazione, perché • cattura meglio l’attenzione • Induce il lettore ad accostarsi all’articolo come ad una riproduzione fedele • Risulta più immediatamente comprensibile • Alle funzioni già evidenziate, Calaresu aggiunge quella della tipizzazione: il parlante citato viene caratterizzato attraverso le parole che il parlante citante gli attribuisce. Santulli 2005 • Sottolinea: • il principio di autorità, che consente di mettere in risalto e dare risonanza al discorso di un personaggio. Esempio: Il discorso di Berlusconi a Strasburgo (2.7.2002), cfr. Santulli, Il potere delle parole, le parole del potere, Angeli, 2005. Il Giornale: T. «Così l’Italia ridarà slancio all’Europa» St. Berlusconi illustra il programma: dall’allargamento ad est alla riforma delle pensioni Problema della fedeltà Secondo Short (1988) la fedeltà del DD riguarda tre diversi livelli: • La forza illocutiva, cioè la funzione comunicativa del discorso primo • Il contenuto proposizionale del discorso primo • Il lessico e le strutture del discorso primo Ma le analisi condotte su forme di DR nella forma diretta mettono in evidenza una diffusa infedeltà. Tipi di infedeltà nel DD •Di forma rispetto al lessico e alla struttura del discorso primo •Pragmatica rispetto alla forza illocutiva ma anche agli aspetti contestuali del discorso primo •Esistenziale (esistenza stessa del discorso primo) •Sia formale che pragmatica L’infedeltà formale e pragmatica produce l’infedeltà (involontaria) di contenuto o proposizionale. • Infedeltà di forma (la più diffusa): • Il DD è una parafrasi riassuntiva del discorso primo, più o meno elaborata o semplificata. • Infedeltà contestuale o pragmatica (riguarda anche il DI) • Relativa al mancato rispetto della forza illocutiva: ironia, ordine, esclamazione ecc. • Combinazione della infedeltà formale e pragmatica • Modifica del contesto di inserimento degli enunciati proferiti • Modifica del tono emotivo • Modifica della forma lessicale e sintattica Ma modificare il grado di assertività, la modalità, l’impegno, il lessico (non esistono sinonimi assoluti) incide sul significato delle parole riportate. • Infedeltà esistenziale • Quando il discorso primo non è mai esistito (è solo immaginato o evocato). Funzione di drammatizzazione che guida la decodifica e l’interpretazione dell’interlocutore. • Secondo Calaresu in questo caso si ha un inversione del ruolo di portavoce: nel DD il parlante citante fa da portavoce al parlante citato, nel DD fittivo il parlante (inventato) citato fa da portavoce al parlante citante, che generalmente gli fa esprimere una propria valutazione (vedi Percontatio) • Modalità tipica della narrazione artistica (letteraria o cinematografica) oppure del parlato ordinario (anticipazione di discorsi che potrebbero avvenire o richiamo a discorsi che avrebbero potuto realizzarsi). Percontatio (esempio di infedeltà esistenziale) Finzione di uno scambio di domande e risposte tra l’oratore e l’avversario e tra l’oratore e il pubblico, tipica degli articoli di fondo: “Poi stupisce l’altra reazione: «Lo sapevamo». Ma che cosa sapevamo? Sospettavamo, questo sì […]. Allo stesso modo, stupisce un’altra reazione, che è corollario della precedente: «Finalmente». Finalmente cosa? Finalmente che si indaga […]? Finalmente che qualcosa si viene a sapere […]? O finalmente che Belzebù è stato preso per la coda […]?” (La Stampa, 29.3.93, in Mortara Garavelli 1999:398) Massimo Giannini, RE 26.4.2011 «Manovre, congiure, complotti? Sciocchezze. Qui si lavora, come sempre…». Nonostante i veleni che l’hanno preceduta, Giulio Tremonti racconta di aver passato una Pasqua «assolutamente tranquilla». Una Pasqua di «ordinario lavoro», appunto: «business, as usual», come diceva Churchill agli inglesi ai tempi delle grandi guerre. Nel linguaggio politico polemico: «Rottamazione? Ma anche no». Silvio Sircana ha fatto una battuta cult: «Mi metterò una t-shirt per rispondere a Renzi: Ave Matteo, rottamaturi te salutant». La valutazione delle conseguenze della infedeltà varia sui tre assi (diastratico, diamesico e diafasico), da una maggiore tolleranza nei contesti familiari ad una minore accettabilità nei contesti ufficiali e scritti. Nel discorso ordinario la richiesta di fedeltà riguarda quasi esclusivamente i contenuti, nei discorsi formali e ufficiali riguarda anche la forma. L’infedeltà esistenziale è molto grave in contesti giudiziari, giornalistici, politici, scientifici. DD e intervista Eco, Sulla stampa, 1997: i giornali traboccano di interviste Cause: • Settimanalizzazione, spettacolarizzazione, teledipendenza (Murialdi 2002) • Influenza del linguaggio politico sempre più immediato e spontaneo Effetti • Aumento del dialogismo, che diviene sempre più complesso Giornalismo italiano e giornalismo anglofono • La diffusione del DD è decisamente caratteristica del giornalismo italiano • Il patto tra giornalista e lettore nei paesi anglofoni include l’esattezza (e dunque la fedeltà) delle citazioni (criterio di veridicità verbale) • Quello tra giornalisti e lettori italiani ammette la modifica dei discorsi tra virgolette, sia per esigenze di sintesi, sia per evitare la frammentazione del parlato (criterio di veridicità sostanziale) • Problema del rapporto tra fatti e interpretazioni Caratteristiche della tradizione italiana • Ruolo dell’interpretazione, intesa come lettura autorevole dei fatti (onestà vs oggettività); influenza della prospettiva filosofica ermeneutica ma anche della tradizione religiosa (Colombo 1995) • Scarsa considerazione del ruolo della lingua e in generale dell’organizzazione verbale del testo (modalità, scelte lessicali ecc.) • Eccessiva fiducia nelle proprie capacità di resa del contenuto sostanziale Vedi anche considerazioni di Papuzzi, Professione giornalista, nuova edizione 2010: 39-45. Un genere inutile: le interviste alla gente comune Aldo Grasso, CdS, 11.11.2012: Per favore: cancellate le interviste alla gente comune •Dieci motivi per la loro definitiva cancellazione: • Non servono a niente, sono piene di banalità, fanno colore e basta • Sono altamente manipolabili: il giornalista seleziona quelle che servono a sostenere la tesi del servizio • La gente, pur di apparire, è pronta a dire qualsiasi cosa • Il passante disposto a farsi intervistare per strada da un tg o è un perdigiorno o è un esibizionista • L’uomo della strada viene spesso spacciato per opinione pubblica (o vox populi), ma non è verò: è solo sbornia demagogica. • Le interviste per strada (in cui rientrano anche quelle al citofono) servono • • • • solo al giornalista per non assumersi la responsabilità etica di quello che sta mandando in onda Con l’abolizione dell’intervista per strada si eviterebbe che il cronista si avvicini a una persona che ha appena subito una grave disgrazia per assalirla con la fatale domanda: «cosa ha provato in quel momento?», oppure «è pronto a perdonare l’assassino di sua figlia?» Bisogna oscurare per sempre i vicini di casa, quelli che richiesti di un parere sul «mostro» che abita sul loro pianerottolo rispondono ogni volta: «Era una persona normale, a posto, tranquilla». Quando Winston Churchill ha pronunciato la famosa frase – «la democrazia è la peggior forma di governo possibile, eccezion fatta per tutte le altre» – aveva in mente le interviste radiofoniche alla gente comune. Esiste la fondata possibilità che gli intervistati non capiscano la domanda, soprattutto per come è stata posta dai giornalisti. Quindi, è meglio evitare. Ibridazioni • Mortara Garavelli (Strutture testuali e retoriche, in Sobrero (a cura di), Introduzione all’italiano contemporaneo. Le strutture, 1999:398-9) si chiede: “Che cosa è cambiato oggi nel costume citatorio?” e osserva che “i cambiamenti dipendono da fatti di struttura: e questi consistono essenzialmente nella possibilità, per la lingua italiana, di attenuare o addirittura di eliminare, nelle procedure narrative, i confini tra contesto citante, discorso indiretto subordinato e non subordinato e stile indiretto libero, oltre che di alternare, con un procedimento di antica tradizione, forme citazionali dirette e indirette. Sono strategie letterarie, praticate con successo nella narrativa dalla metà dell’Ottocento in poi, ma anticipate, con intenti imitativi del parlato, già da autori del Seicento, e reperibili ancor prima, sia pure saltuariamente, in testi trecenteschi, in conseguenza dell’allentarsi dei rigidi legami subordinativi del periodare latineggiante.”. Discorso indiretto libero Bally (1912) introduce nell ’ analisi del discorso riportato lo “ stile indiretto libero” Il DIL sussiste ogni volta che il centro discorsivo (locutore) di una enunciazione (E) funziona come tale soltanto per il sistema personale e non anche per gli altri aspetti della deissi e per gli elementi orientativi in genere. Tutti gli altri elementi che abbiano un qualche grado di indessicalità (deittici di luogo e di tempo, dimostrativi, forme esclamative, interiezioni ecc.) sono regolati invece come se il centro discorsivo fosse costituito dal primo locutore, e ciò conformemente a quanto accade nel DD (Mortara Garavelli 1985:113) • DI: L’imputato dichiarò di essere innocente • L’enunciazione riportata è formalmente dipendente dalla enunciazione riportante. Presenza di un unico centro discorsivo • DD: L’imputato dichiarò: “sono innocente” • L’enunciazione riportata è formalmente indipendente dalla enunciazione riportante. Presenza di due centri discorsivi • DIL: L’imputato fu interrogato. Era sempre stato amico della vittima, era innocente Altri esempi • Si ostinava a dire che il viaggio le avrebbe fatto certo più male. Oh, buon Dio, se non sapeva più neppure come fossero fatte le strade!..per carità, per carità, la lasciassero in pace! (Pirandello) • E se ne stizzì tanto che improvvisamente si interruppe per ordinare che, perdio, quel figliolo se ne poteva andare a piangere di là. Aria! Aria! Un po’ d’aria intorno al letto (Pirandello, Superior stabat lupus) Caratteristiche del DIL (cfr. Loporcaro, 2004:108) Forma ibrida, con caratteristiche proprie del DD: marche pragmatiche dell’enunciazione (esclamazioni, interiezioni, ecc.) assieme a marche del DI (adattamento dei riferimenti deittici all’unico centro enunciativo), che produce la percezione di due istanze enunciative, pur in presenza di un solo locutore. •Sfasatura indicale: mancanza di congruenza tra la deissi personale e la deissi spaziale e temporale (compresi i tempi verbali) •Sfasatura lessicale: scelte lessicali marcate (caratterizzate sul piano della varietà linguistica) •Sfasatura espressiva: elementi espressivi (interiezioni, esclamazioni) non orientati sul locutore. Risultato: sfasatura enunciativa o paradosso enunciativo. Funzioni del DIL • Procedimento stilistico letterario (verismo, naturalismo), funzionale alla espressione di sentimenti e pensieri del personaggio senza modificare la prospettiva del locutore. • Nascondimento del narratore; messa in scena (mimesi) della parola dei personaggi; drammatizzazione; punto di vista del personaggio. • Pasolini (Empirismo eretico, 1972: 84-5) riconduce l’uso del DIL alla «coscienza sociologica dell’Autore»: capacità di adattare allo status sociale del personaggio il linguaggio con cui si esprimerebbe in forma diretta (mimesi). Voce e modo nel DIL Il DIL mescola voce e modo. Cfr. Loporcaro, p. 111: «L’uso di deittici orientati su un personaggio L1 (caratteristica a) induce il lettore a vedere la scena dalla prospettiva di quest’ultimo ma rende nel contempo il modo in cui il personaggio stesso, a partire dal proprio centro discorsivo, ne parlerebbe. L’uso di parole o espressioni attribuibili alla varietà di lingua di L1 (caratteristica b) converge a questo stesso effetto di focalizzazione facendo sentire una voce particolare, quella del personaggio L1, che si sovrappone a quella del narratore». Focalizzazione • Focalizzazione zero (assenza di focalizzazione) • Focalizzazione interna: punto di vista di un personaggio (DIL) • Focalizzazione esterna: punto di vista esterno alla scena: nessun accesso alla prospettiva dei personaggi Strategie di focalizzazione interna, esempi • Quattordicenne folgorato a Milano mentre dipinge le pareti esterne di un convoglio del metrò: Più fai metro e più spacchi, è il gergo dei writers (Tg1, h 20.00, 17.6.2002) • Paolo Pari era appena salito sulla sua Bmw nera quando l’hanno giustiziato (Tg1, h 13,30, 28.12.2001) • Il verbo giustiziare è entrato nell’uso corrente dei mass media dal gergo dei terroristi • Uccisi due barboni a Prato: forse un giustiziere (Tg1, h 20.00, 21.9.2002) Analogo discorso per il sostantivo esecuzione: • Servizio sulla missionaria Annalena Tonelli in Somalia: Un’esecuzione ancora senza un perché (Tg1, h 20.00, 6.10.2003) •Assassinio a Bologna del prof. Marco Biagi: Ed è stata pare una vera e propria esecuzione. Questo ha rivelato l’autopsia” (Tg1, h.20.00. 21.3.2002) • Altre espressioni gergali ricorrenti: • “…anche se il taxi sul quale viaggiavano era ‘pulito’” • “la soffiata arriva da Angelo Siino, il boss di Cosa Nostra che collabora con la giustizia” • “ Sei ragazzi decidono di passare una serata diversa..Doveva essere una serata da sballo” • “Droga e alcol: una miscela pericolosa che continua a far vittime fra i giovani in cerca di sballo” • “Qui il supermarket dello spaccio non conosce sosta: si lavora a pieno ritmo anche a Natale” Le parole della mafia • “Uccisi due coniugi a Corleone”. Il cronista commenta: “Forse avevano • • • • • • visto qualcosa che non dovevano vedere” (forse testimoni di un delitto) Un giovane di Modugno “freddato con un colpo al petto” “da più di dieci anni pagava il pizzo” (era soggetto ad estorsione) “due imprenditori denunciano di essere stati costretti a pagare il pizzo” “qui a Caccamo il rispetto per Nino (Giuffrè) è ancora grande. “quando l’hanno arrestato gli hanno trovato addosso una saccata di bigliettini. I pizzini, come li chiamano in Sicilia “lo si vede poco anche nelle campagne di R., dove è tornato ad abitare e dove con Brusca fece le prove dell’attentatuni” L’adozione del punto di vista del personaggio • Ripresa delle parole che appartengono all’ambiente del personaggio, con effetto di focalizzazione interna e di mimesi • Le parole mediano un punto di vista: adottare le parole altrui implica adottare il punto di vista altrui • Il giornalista non ha più un suo punto di vista (di contro, si veda l’esempio di Montanelli come giornalismo oggettivo) • La voce del personaggio si sovrappone a quella dell’enunciatore • Il DIL è una forma legittima del testo narrativo, ma non di quello informativo • Polifonia patologica nel giornalismo: assumere parole altrui equivale a veicolare concezioni che a queste parole sono inscindibilmente legate; avvicinamento alle “parole della gente” Saviano a Che tempo che fa • http://www.youtube.com/watch?v=0lfgsx1u7tg • Bin Laden e ’o sceriffo controllavano gli affari • In cella cugino del defunto ‘formaggino’ • Arrestato ’o cappotto • Delitto Iovine,’o lupo e ‘nasone in tribunale • Carcere duro per Peppe,’o Padrino • Blitz dell’arma da ’o mussuto dopo l’agguato a ’u urpacchiello, in ballo il business del caffè • Giustiziato sindacalista Domanda di Saviano • Perché quest’uso insistito di soprannomi invece del nome e cognome? • Che cos’è il soprannome? Nome e soprannome • Nominare è il primo atto di conoscenza: “Nomen quasi notare quod res notas efficit” (Il nome ha ricevuto questa definizione perché rende noti gli oggetti e le cose), Isidoro di Siviglia. • I nomi propri hanno comportamento autonomo rispetto alla categoria generale del nome comune, dal punto di vista morfologico e sintattico. A causa del loro valore referenziale specifico non sono sensibili alle categorie grammaticali del genere e del numero e non subiscono, pertanto, variazioni morfologiche desinenziali (Beccaria 1996:512) • Il nome proprio non è preceduto dall ’ articolo (tranne che nelle varietà diatopiche settentrionali) • Il soprannome è l ’ assunzione di un nome comune (morfologicamente variabile: genere, numero, caso) come nome proprio. Introduce una sfumatura semantica espressiva, affettiva: livello patemico del discorso • Il ricorso al soprannome è tipico delle situazioni familiari e amicali (informali) Effetti • Punto di vista dell’amico, del familiare • Richiamo affettivo, patemico • Pervasività del livello passionale nel discorso giornalistico, anche dove le singole passioni non sono nominate: la passione si dice in molti modi e non è riducibile alla sola manifestazione linguistica di superficie o agli usi lessicali. • L’enfatizzazione del livello emotivo varia nelle singole testate (è maggiore in quelle locali, e nei quotidiani che ricorrono allo stile soggettivante), ma non è mai eliminabile completamente.