Corso di Antropologia della Musica Lezione 7 Sistemi Musicali Extraeuropei La Musica Africana Non esiste una musica africana ma tanti tipi di musica quanti sono i popoli africani. Esistono comunque delle somiglianze regionali tra gruppi dissimili. Scale e Polifonia I Sistemi di scala variano tra le regioni; ci sono scale diatoniche ma le scale pentatoniche sono anche molto diffuse. Gli intervalli sono spesso diversi da quelli usati nella musica europea. La polifonia esiste nella forma di intervalli paralleli (generalmente terzo, quarto, e quinto), ricoprendo antifonia corale e risposta assolo-corale, e melodie indipendenti simultanee ed occasionali. Strumenti musicali Oltre ad usare la voce, un grande numero di strumenti musicali vengono impiegati nell'esecuzione di queste musiche. Fra gli strumenti musicali africani si ricordano il tamburo, il gong e la campana duplice, mentre fra gli strumenti melodici si annoverano gli archi, diversi tipi di arpa, il kora, il violino, molti tipi di xilofono, i lamellafoni come lo mbira e diversi tipi di strumento a fiato come il flauto e la la tromba. Il grande numero di tamburi usato nella musica tradizionale africana include il tama (tamburi parlanti), il bougarabou e il djembe nell'Africa occidentale, tamburi ad acqua nell'Africa centrale e tipi diversi di tamburi spesso chiamati engoma o ngoma nell'Africa meridionale. Molta musica africana tradizionale è o fu scritta da musicisti professionisti. Alcune di queste sono musiche classiche o religiose. Non sempre pertanto, il termine musica popolare è adatto ad indicare la musica africana. La musica è estremamente funzionale nella vita africana, accompagnando sempre i momenti più importanti della vita come la nascita, il matrimonio, la caccia e anche le attività politiche. Molta musica esiste solamente per divertimento, variando da canzoni narrative a teatro musicale estremamente stilizzato. Generi di musica africana e popolare comprendono: •Kwela •Afrobeat •Makossa •Apala •Mbalax •Benga di Benga •Mbaqanga •Bikutsi •Mbube •Fuji •Morna •Highlife •Raï •Isicathamiya •Rumba •Jùjú •Sakara •Kwaito •Soukous/Congo/Lingala •Taarab La Musica in India •In India la musica accompagna e avvolge come in un bozzolo tutta la vita dell'uomo. •Il canto celebra le gesta degli dei, sottolinea le festività, scandisce i ritmi stagionali della natura e porta gioia al lavoro del contadino, del barcaiolo, del cammelliere. •La musica indiana, dapprima articolata in sole tre note, poi cinque, poi sette, si arricchì in seguito di semitoni; oggi la melodia è costruita su una scala che comprende ventidue microtoni e crea infinite gamme di variazione. Le origini della musica classsica indiana, sono documentate dal più antico libro di sacre scritture della tradizione indù, il Vedas. Il Samaveda, uno dei quattro Vedas, descrive la musica a lungo. •I due filoni principali della musica classica indiana sono: •La musica indostana, del nord dell'India, •La musica carnatica, dell'India meridionale. •Pur essendo entrambe forme musicali che si basano su ritmo e melodia (rag e tag) e che si esplicano nei sangit (rappresentazioni di danza, canto e musica) esistono sostanziali differenze tra i due stili. La più importante discordanza tra le due forme musicali è quella degli strumenti utilizzati. •La musica carnatica è simile alla musica indostana per quanto attiene l'improvvisazione, ma è molto più influenzata dalla teoria ed ha regole più severe. Enfatizza le qualità vocali piuttosto che quelle degli strumenti. •La musica classica indiana è di tipo monofonico ed è quindi basata su di una singola linea melodica. •Gli strumenti musicali indiani usati nell'esecuzione della musica classica sono il veena, il mridangam, il tabla, il kanjira, il tambura, il flauto, il sitar, il gottuvadyam, il violino e il sarangi. •Un altro strumento comune è il tambura (chiamato anche tanpura) che sostiene il basso continuo. Questo compito è solitamente affidato ad un allievo del solista, un compito monotono ma che è ritenuto un onore ed un'opportunità rara per lo studente. Il repertorio semiclassico Sono composizioni appartenenti al genere folkloristico o devozionale che per la loro complessità e l'alta qualità estetica sono entrate a far parte del repertorio classico. Il repertorio folclorico La musica folclorica indiana costituisce un patrimonio musicale di inestimabile ricchezza Ogni regione possiede i propri canti che si eseguono nelle innumerevoli ricorrenze: feste di stagione, matrimonio, nascita ecc. La musica folclorica ha sempre costituito il ricco substrato per la formazione di quelli che sono divenuti poi i generi 'colti'. La Musica in Cina •Nell’antica Cina la musica era considerata perfezionare l’educazione dei giovani. arte destinata a •La musica non solo aveva funzione didattica ma veniva investita di significati metafisici; era infatti considerata parte di un complesso sistema cosmologico e dalla sua perfetta esecuzione si faceva derivare il delicato equilibrio fra il Cielo e la Terra, e quindi, per estensione, la stabilità dell’Impero. •Nel Liji "Memoriale dei riti", il sistema musicale cinese viene spiegato in base a 5 gradi fondamentali denominati gong (palazzo), shang (deliberazione), jiao (corno), zhi (prova), yu (ali) e viene fatto corrispondere ad altri "gruppi di cinque", fattori costitutivi e caratterizzanti la vita cosmica e umana. •Così, per esempio, secondo tale sistema filosofico-musicale, la nota fondamentale gong (fa) corrisponde all’elemento terra, al punto cardinale centro, al colore giallo, al sapore dolce, al viscere cuore, al numero cinque, alla funzione imperatore ecc. Analogamente la nota shang (sol) rappresenta i ministri; la nota jiao (la) rappresenta il popolo; la nota zhi (do) e yu (re) rappresentano rispettivamente i servizi pubblici e l’insieme dei prodotti; oltre, naturalmente, a ulteriori parallelismi tra ciascuna nota e un elemento, un punto cardinale ecc. Il sistema musicale cinese e i vari problemi tecnici a esso inerenti (temperamento della gamma, natura dei modi ecc.) è stato spiegato in diversi trattati, taluni molto antichi. Alcuni di essi come il Lülü Xinshuo (Nuovo trattato dei Lü, sec. XII) oppure il Lülü Qingyi (Il trattato dei Lü, sec. XVI), descrivono la determinazione del suono fondamentale da cui deriverebbero tutti gli altri. Il suono fondamentale è prodotto da una specie di flauto, ricavato da una canna di bambù lunga circa nove pollici; l’altezza del suono secondo alcuni studiosi si avvicinerebbe al mi3, secondo altri al Fa3. Ma la scala pentatonica fu sempre in Cina la più importante e la più usata (soprattutto per le musiche popolari), tanto da essere definita "cinese" per antonomasia. Trasportando sui ogni grado della scala dei lü la scala ottenuta partendo da ciascuna nota della gamma pentatonica, si ottengono, almeno teoricamente, 60 sistemi modali. Da esso hanno origine, per progressione delle quinte, gli altri suoni (lü) che sono complessivamente 12, con nomi anch’essi avocanti per lo più un parallelismo con il mondo naturale. Verso il 1000 a.C. entrò in uso anche una scala eptatonica, che si formò aggiungendo due note alla gamma pentatonica: il biangong e il bianzhi (bian=mutare). Dalla scala dei lü ha origine la scala pentatonica, base del sistema musicale cinese. Gli strumenti musicali cinesi, alcuni con una storia di oltre tremila anni, si ritrovano, con piccole o grandi modifiche, in quasi tutti i Paesi dell’Asia meridionale e del Giappone. Strumenti ad arco Nella musica popolare cinese esistono diversi strumenti cordofoni, cioè dotati di corde, classificati come "liuti ad arco". I liuti cinesi a differenza di quelli europei sono spesso puntuti: hanno una parte appuntita che sporge nella sezione inferiore della cassa e hanno un manico lungo. Erhu: è il conosciutissimo violino a due corde, come dice il nome cinese. Ha una cassa di risonanza costruita in legno di sandalo rosso coperta solitamente con pelle di serpente o di altri rettili. Viene suonato con un arco diritto, molto simile a quello del nostro violino, fornito di crini di cavallo che vengono però inseriti sotto le corde dello strumento. Jinghu: un altro tipo di violino usato come strumento principale nella musica dell’Opera di Pechino. molto piccolo, quasi la metà dell’erhu, ha il risuonatore cilindrico rivestito di pelle di serpente o di rettile e il manico o collo, in bambù. Contrariamente al suo formato ridotto il Jinghu possiede un suono di volume sorprendente. Nell’Opera di Pechino ha la funzione di accompagnare il canto. Strumenti a pizzico Appartengono alla famiglia dei cordofoni come i precedenti, ma vengono suonati non per mezzo di archetti ma pizzicando le corde con le dita o con il plettro. Pipa: il più popolare e conosciuto tra i liuti a pizzico della musica cinese. Il manico è il prolungamento della stesa cassa di risonanza. Ha un fondo panciuto che ricorda i nostri liuti del Rinascimento ed è fornito di testatura, cioè di ponticelli che sorreggono quattro corde di seta (nelle versioni moderne di metallo argentato) sul manico e sulla tavola. Quattro sottili piroli, ai lati nella parte alta del manico, mantengono tese le corde. Strumenti a fiato Nella famiglia degli aerofoni, cioè di quelli strumenti il cui suono è prodotto dalle vibrazioni dell’aria, i più usati nelle orchestre di musica tradizionale cinese sono i flauti, le zampogne e gli organi a bocca. Sheng: si tratta di un organo a bocca formato da un minimo di 14 e un massimo di 32 canne di bambù, ciascuna delle quali ha un foro. Le canne di differente lunghezza sono poste sopra un contenitore di metallo. Il suono si ottiene soffiando aria nel serbatoio-contenitore e regolando l’emissione nelle varie canne mediante i fori coperti dalle dita. Strumenti a percussione Sono i più numerosi e forse i più antichi costruiti dall’uomo. Nella musica tradizionale cinese vi sono molti strumenti a percussione, dalle numerose campanelle in legno o metallo, ai cimbali, ai diversi tipi di tamburi fino al notissimo gong. Ban: è lo strumento che segna il tempo nell’Opera di Pechino. I tre pezzi di legno simili alle nostre castagnette sono impugnati dallo stesso suonatore che batte con la destra il piccolo tamburo. Nella nostra orchestra gli orchestrali seguono il tempo osservando il direttore che lo indica con la mano o la bacchetta, in quella cinese i suonatori "sentono" il tempo scandito dal ban. Daluo: è il notissimo disco di metallo (gong). È diventato quasi il simbolo dell’Oriente perché è lo strumento più suonato. Il daluo (grande gong) è usato nelle cerimonie, nelle feste e soprattutto nell’Opera di Pechino ove, con il suo suono, indica l’inizio o la fine di un passaggio musicale nel recitato, l’ingresso o l’uscita di scena di un personaggio maschile o per sottolineare i gesti comici di un attore. Lo strumento musicale, un microcosmo, un ‘arnese’ sonoro che per le tecniche di costruzione e decorazione è un’opera d’arte, e un’opera della tradizione tramandato di padre in figlio, carico di sacralità, è oggetto di culto in quanto in esso si incarna l’ideologia del Tao. Data una simile premesse risulta più chiaro come i Cinesi ordinano i loro strumenti classificandoli secondo i materiali utilizzati per costruirli, a cui associano le classificazioni relative ai punti cardinali, alle stagioni dell’anno e agli elementi. Pelle Nord Inverno Acqua Tamburi Zucca Nord est Dall'inverno a primavera Tuono Organo a bocca Bambù Est Primavera Montagna Siringa Legno Sud est Dalla primavera all'estate Vento Tamburi (legno) Seta Sud Estate Fuoco Salteri Argilla Sud ovest Dall'estate all'autunno Terra Flauti globulari Metallo Ovest Autunno Umidità Campana Pietra Nord ovest Dall'autunno all'inverno Cielo Pietre sonore In questa classificazione avviene l’alternarsi di forme cicliche (stagioni, punto cardinali) con classificazioni vere e proprie (la materia) e coppie complementari (terra-cielo, acqua-tuono, montagna-vento, fuoco-umidità); per comprendere questa classificazione e le sue logiche occorre pensare, come fanno i cinesi, a un cosmo che comprende il tempo eterno, strutturato attraverso le stagioni. Ma il cosmo è anche lo spazio eterno, formato da oriente, occidente, sud e nord. Il cosmo è materia, quindi legno, metallo, pelle e pietra. Il cosmo è forza, quindi vento, tuono, acqua e fuoco. Il cosmo è suono, quindi tonalità e timbro. E l’universo è uno, e in esso tempo, spazio, materia e musica coincidono, divenendo così manifestazioni molteplici di una unità sola. La Musica in Giappone Il termine "musica tradizionale giapponese" (hôgaku) raggruppa generi musicali diversi, che hanno avuto origini differenti e che si sono evoluti su un arco di tempo che in alcuni casi eccede il millennio. Inoltre in alcuni casi essi sono vissuti in uno stato di relativa segregazione reciproca. Ciononostante è possibile individuare alcune tendenze e caratteristiche comuni a tutti questi generi, soprattutto evidenziando differenze di fondo rispetto alla musica occidentale che noi conosciamo e che chiamiamo "classica". Naturalmente queste considerazioni si applicano alla musica tradizionale precedente all'introduzione e all'assorbimento da parte del Giappone della musica occidentale ************ Nella musica tradizionale giapponese la musica vocale è di gran lunga preponderante sulla musica puramente strumentale. Questa predilezione dei giapponesi per la musica vocale è documentabile fin dall'antichità; ad esempio nel Kojiki, il più antico documento in lingua giapponese arrivato fino ad oggi, vengono riportati i testi di 113 canti (le cui melodie sono oggi completamente sconosciute). All'interno della musica vocale si fa una distinzione fondamentale tra le categorie: • degli utaimono [lett. "cose cantate"] •dei katarimono [lett. "cose raccontate/declamate"]. Questa distinzione si applica primariamente ai generi musicali; ad esempio il jôruri è classificato come katarimono mentre il nagauta, il sôkyoku e il jiuta sono considerati utaimono (vedi Esempi musicali 19 e 23). Inoltre esistono composizioni che deliberatamente alternano brani di utaimono e di katarimono o che mescolano elementi dei due generi nello stesso brano (ciò avviene frequentemente ad esempio nella musica teatrale al fine di introdurre elementi di varietà ed accrescere l'interesse dell'uditorio; all'interno del sôkyoku, è una caratteristica di diverse composizioni della scuola Yamada). In un senso più lato si può quindi pensare alla distinzione tra utaimono e katarimono come ad una distinzione tra due stili diversi che possono essere descritti in base a caratteristiche generali antitetiche: Utaimono •Prevalenza della melodia sul testo •Frequente uso di melismi (prolungamento delle vocali che vengono cantate su parecchie note diverse) •Scarsa intelliggibilità del testo •Ritmo prefissato, regolato dalla melodia Katarimono •Prevalenza del testo sulla melodia •Assenza di melismi (corrispondenza uno a uno tra vocali e note) •Il testo è chiaramente comprensibile •Ritmo fluido che segue le inflessioni naturali della dizione • La maggior parte della musica tradizionale giapponese ha un indirizzo molto concreto ed è intimamente legata ad altre forme d'arte. • Gran parte della produzione musicale (soprattutto, ma non solo, a partire dal periodo Edo) è legata al teatro e quindi costituisce solo uno degli aspetti di una forma d'arte sintetica che comprende, oltre alla musica, poesia e recitazione, danza ed arti figurative (maschere e scenografie). • Tra questi generi musicali possiamo citare: 1. yôkyoku (musica del teatro nô); 2. gidayûbushi (musica del bunraku, teatro classico dei burattini); 3. tokiwazubushi, kiyomotobushi e nagauta (musiche di scena del kabuki). • Anche al di fuori della musica teatrale molti generi sono legati alla danza (come il bugaku del gagaku) e soprattutto alla poesia; tra questi ultimi, soprattutto nei katarimono la musica (come spiegato sopra) non è un'arte indipendente ma assume un ruolo di sostegno alla declamazione del testo: è significativo in questo senso che il verbo giapponese che corrisponde a "cantare" (utau) indichi in modo ambivalente (soprattutto nella lingua arcaica) anche "recitare una poesia". • La "musica assoluta" in senso occidentale non è del tutto assente dalla musica tradizionale giapponese ed ha anzi prodotto alcuni generi importanti e di elevato valore artistico, come: 1. i danmono che costituiscono una (piccola) parte del sôkyoku 2. la musica solistica per shakuhachi; 3. il kangen del gagaku • Nel complesso però si può affermare che tali forme costituiscano una parte minoritaria dell'intera produzione musicale. • Rispetto alla musica occidentale, la musica tradizionale giapponese è molto più legata alla trasmissione ed all'apprendimento attraverso un rapporto personale tra il maestro e l'allievo. In un certo senso un musicista è tale in quanto depositario di una tradizione trasmessagli dal suo maestro e che a sua volta trasmette ai propri allievi. Una conseguenza dell'importanza della trasmissione personale e delle scuole nella musica giapponese è che l'esecuzione è fortemente legata all'interpretazione da parte del singolo esecutore. Naturalmente ciò avviene in qualche misura anche nella musica occidentale, in cui però l'esecuzione è spesso guidata dall'ideale (forse irraggiungibile) di "esprimere le vere intenzioni dell'autore" del brano. Tale visione è invece assente nella musica giapponese, che lascia un ampio margine all'interpretazione e all'improvvisazione e in cui il ruolo di autorità non è legato tanto al compositore quanto alla tradizione esecutiva. In pratica ciò significa che è possibile riscontrare differenze anche notevoli nel contenuto musicale di uno stesso brano (attribuito allo stesso autore) eseguito da interpreti diversi, soprattutto se questi appartengono a scuole diverse. Avvicinando la musica tradizionale giapponese (attraverso l'ascolto di dischi o la lettura di spartiti) bisogna quindi rinunciare all'idea che esista una forma "corretta" di esecuzione dei brani ed accettare la varietà di interpretazioni possibili come parte della ricchezza del patrimonio musicale; un'idea di "corretta interpetazione" può semmai essere applicata solamente in riferimento ad una ben precisa tradizione (scuola). La musica tradizionale dimensione armonica. giapponese E’ basata principalmente sulla manca completamente di monodia La sua struttura è legata alla successione orizzontale (temporale) delle note; in generale ciò non significa che in essa non si verifichi mai l'incontro di note simultanee di altezza differente, ma questo fatto non costituisce un elemento importante del linguaggio o della struttura del brano nel senso sopra descritto. Un fenomeno molto frequente nella musica giapponese è costituito dall'eterofonia, che si verifica quando strumenti diversi (o strumenti e voci) eseguono la stessa melodia; in tali casi solitamente i diversi strumenti introducono nella comune linea melodica differenze più o meno grandi di tempo (anticipi o ritardi) o di intonazione o abbellimenti e diminuzioni (spesso legate alle diverse possibilità tecniche dello strumento). In questo modo, anche se in linea generale tutti gli strumenti eseguono la stessa melodia, si verificano frequentemente incontri di note diverse e quindi il risultato viene descritto con il termine di eterofonia, non potendosi parlare di unisono in senso proprio ma neppure di vera polifonia né di armonia • Tra gli altri esempi di sovrapposizione di suoni di altezza diversa che si possono incontrare nella musica tradizionale giapponese possiamo citare: 1. · gli accordi dello shô che costituiscono il sottofondo armonico del gagaku; 2. · le figurazioni ripetute simili ad un ostinato dello strumento di accompagnamento (spesso lo shamisen) in molti brani di musica popolare. In entrambi i casi siamo però molto lontani dal concetto di armonia occidentale. • Nella musica giapponese è anche rara la polifonia, l'esecuzione simultanea di due o più melodie differenti. cioè • Forse collegata alla mancanza di armonia e polifonia è la mancanza di strumenti bassi nella musica giapponese, la quale si svolge tutta su un registro che ha un'estensione simile a quella della voce umana. La musica tradizionale giapponese utilizza esclusivamente piccoli gruppi strumentali. Utilizzando la terminologia della musica occidentale si potrebbe dire che la musica giapponese ha un indirizzo prettamente cameristico Come esempi tipici possiamo citare: •il repertorio estremamente vasto della musica vocale accompagnata da shamisen, che comprende sia generi destinati ad un'esecuzione "da camera" (o "da salotto", come si dice in giapponese), sia generi legati al teatro; •la musica del teatro kabuki, che spesso rientra nella categoria precedente (tayû + shamisen) e in altri casi prevede invece un piccolo gruppo strumentale (uno o due shamisen, flauto e percussioni); •la musica del teatro nô, il cui organico costituisce l'esempio più classico di hayashi; •i brani vocali del sôkyoku, in cui una poesia viene cantata con l'accompagnamento del solo koto, oppure da koto e shamisen (sôkyoku di scuola Ikuta), oppure da koto, shamisen e shakuhachi (sankyoku). Molto spesso la musica occidentale è basata sul contrasto: contrasto di intensità sonora (forte - piano) di velocità e ritmo (allegro - adagio), di timbri (archi - fiati) e di materiale sonoro (soggetto - controsoggetto). Al paragone la musica giapponese ha un andamento statico: ciò non significa che all'interno dei brani non si verifichino cambiamenti, ma solitamente essi sono più sfumati e progressivi, meno marcati. Per questo motivo un orecchio occidentale abituato alle forti emozioni espresse da una sinfonia o da un'opera lirica potrebbe trovare la musica giapponese eccessivamente monotona e noiosa. In generale questa attitudine alla sobrietà di espressione e ad evitare il contrasto verbale può essere fatta risalire agli ideali confuciani di cortesia e di armonia sociale che sono profondamente radicati nella mentalità giapponese. i diversi generi e brani di musica giapponese possiedono una varietà molto ampia di strutture ritmiche che possono a grandi linee essere raggruppati in due categorie: brani che hanno una struttura ritmica definita: rientrano in questa categoria la musica per shamisen, il sôkyoku e gran parte del gagaku. I brani di questo tipo sono i più vicini alla musica occidentale, ma spesso presentano una struttura ritmica più complessa; ad esempio è tipico della musica vocale accompagnata utilizzare una struttura ritmica differente per la parte vocale e per la parte strumentale (ritmo doppio, vedi Esempi musicali 24 e 26C); brani senza struttura ritmica definita, in cui cioè il ritmo musicale non segue schemi fissi e divisibili in cellule ripetute. Esempi tipici in tal senso sono i brani del repertorio classico per fuke shakuhachi o alcuni generi di musica popolare, ma occorre notare che anche generi musicali che solitamente utilizzano un ritmo definito comprendono spesso passaggi o sezioni senza ritmo definito. Tra questi si possono citare: i preludi (netori e chôshi) dei brani strumentali di gagaku, le intonazioni iniziali dei brani di saibara e rôei, passaggi in stile declamato o quasi parlato in alcuni generi di musica da teatro (gidayûbushi e nô). •La musica giapponese dà una grande importanza alla melodia ed è solitamente molto sviluppata sotto questo punto di vista. •Una caratteristica specifica delle melodie giapponesi (e di altri paesi orientali) è il frequente ricorso a variazioni microtonali. •Va comunque ricordato che in generale il temperamento delle scale musicali utilizzate nella musica giapponese è diverso da quello occidentale e presenta anche sensibili variazioni da un genere musicale all'altro; tali differenze di temperamento fanno parte delle particolarità stilistiche ed espressive dei diversi generi La musica tradizionale giapponese comprende pochi generi di musica puramente strumentale ma è costituita in prevalenza da musica vocale, che può essere suddivisa a grandi linee nelle due classi dei katarimono (brani declamati) e degli utaimono (brani cantati). Adottando questo criterio possiamo così classificare i principali generi che la compongono: Musica strumentale: •kangen e bugaku (generi del gagaku) •alcuni brani di sôkyoku (musica per koto) e in particolare quelli che hanno la forma di danmono •musica solistica per shakuhachi •molte tra le opere della cosiddetta Nuova Musica Giapponese e della musica giapponese contemporanea Musica vocale: Utaimono: •generi vocali del gagaku (saibara e rôei) •l'imayô •la maggior parte dello shômyô •una parte della musica vocale accompagnata da shamisen: jiuta, nagauta, hauta, kouta •la maggior parte del sôkyoku (musica per koto), incluso anche il sankyoku Katarimono: •lo heikyoku (o heike biwa) •yôkyoku (declamazione del teatro nô) •una parte della musica vocale accompagnata da shamisen, che include soprattutto i vari generi di jôruri (gidayûbushi, tokiwazubushi, kiyomotobushi, shinnaibushi, ecc.) •il chikuzen biwa ed il satsuma biwa Il Gagaku • Nel gagaku tutti gli elementi che costituiscono il materiale sonoro sembrano sovvertire i canoni a cui siamo abituati: 1. il ritmo, anche quando è regolare, non segue la rigida scansione metronomica della musica mensurale occidentale ma è paragonabile piuttosto alle pulsazioni di un respiro ed è attraversato dai battiti secchi e progressivamente accelerati del kakko (piccolo tamburo) che sembrano non avere alcuna relazione con l'andamento generale della melodia; 2. l'intonazione esatta delle note lascia il posto ad estesi portati o a variazioni microtonali; 3. lo stesso timbro penetrante e lamentoso degli hichiriki ci comunica una sensazione di estraneità. • Il gagaku è uno dei generi musicali più antichi tra quelli ancora eseguiti nel Giappone odierno: esso ha raggiunto una forma pressocché definitiva verso la metà del periodo Heian, cioè circa mille anni fa, ed in questa forma è stato trasmesso fino ai nostri giorni (pur attraverso svariate vicende e vicissitudini). • Questo processo di trasmissione è stato possibile perché il gagaku aveva una grande importanza come musica della Corte Imperiale e quindi la sua preservazione era necessaria per una corretta esecuzione dei riti e dei cerimoniali di Stato Si possono a grandi linee distinguere tre fasi nel processo di formazione del gagaku: 1. una prima fase di contatto in cui esso veniva eseguito da musicisti stranieri giunti in Giappone; l'esecuzione di musica da parte di musicisti stranieri è documentabile a partire dal V secolo d.C.; ad esempio il Nihon shoki riporta che «nell'anno 462 parecchi musicisti di Shilla parteciparono alle esequie dell'Imperatore Ingyô»; 2. una fase di assorbimento in cui anche musicisti giapponesi impararono ad eseguire questo genere di musica; istituzione del Gagakuryô (701) 3. una fase di assimilazione e trasformazione in cui i diversi apporti esterni furono selezionati ed amalgamati tra di loro e con musiche autoctone ed il gagaku raggiunse la sua forma definitiva; la riforma del sistema musicale effettuata durante il regno dell'Imperatore Ninmyô (833-49). • L'apporto più originale al gagaku da parte di compositori giapponesi è però costituito dalla creazione di due nuovi generi musicali: 1. il saibara 2. il rôei. In entrambi i casi si tratta di musica vocale Il saibara Il saibara è un genere di musica vocale in cui una poesia giapponese (ad esempio sono molto usati testi ricavati dal Man'yôshû) viene cantata in coro con l'accompagnamento di un organico strumentale. Il saibara nacque all'inizio del periodo Heian, probabilmente come evoluzione e raffinamento nell'ambiente della corte imperiale di musiche vocali popolari preesistenti. Il rôei •Anche il rôei è un genere di musica vocale corale utilizzata come intrattenimento privato tra i nobili della corte imperiale di Heian; •a differenza del saibara, i testi del rôei consistono soprattutto in poesie classiche cinesi e gli stumenti usati per l'accompagnamento musicale comprendono solo strumenti a fiato. •Probabilmente il rôei si è sviluppato gradualmente a partire dalla consuetudine di recitare poesie cinesi in occasione di ritrovi informali tra amici • In epoca medioevale trasformazioni, tra cui: il gagaku dovette subire notevoli 1) trasformazioni del contenuto musicale e modifica delle melodie originali Tang; 2) perdita di una parte consistente del repertorio; 3) semplificazione della tecnica esecutiva degli strumenti a corda (biwa e gakusô) che originariamente suonavano in eterofonia la stessa melodia degli strumenti a fiato ma che al giorno d'oggi eseguono solo accordi con funzione ritmica più che melodica. Probabilmente non è un caso che a partire da questa epoca si senta anche il bisogno di affidare la trasmissione del repertorio a raccolte scritte (come il Taigenshô del 1510). La classificazione dei diversi generi di gagaku eseguiti ai nostri giorni risale alla cosiddetta grande riforma del sistema musicale avvenuta durante il regno dell'Imperatore Ninmyô (IX secolo). Ciò significa che la divisione dei brani nei vari generi, l'organico orchestrale richiesto per ciascun genere e il tipo di danze che accompagnano i vari brani sono essenzialmente quelli codificati a quell'epoca. Il gagaku attualmente eseguito è costituito da tre categorie di brani: Musica cerimoniale shintoista: Musica di origine giapponese (wagaku) usata nelle celebrazioni shintoiste ed imperiali; si tratta di musica vocale e strumentale accompagnata da danze rituali. Musica di origine straniera : Musica che trae origine da vari generi importati dal continente tra il IV e l'VIII secolo d.C. e "giapponesizzata" durante il periodo Heian. Questo genere di musica non comprende parti vocali e si divide in due categorie: •Kangen : Musica strumentale non accompagnata da danze. •Bugaku : Musica accompagnata da danze. Musica vocale del periodo Heian : Generi di musica vocale creati da autori giapponesi durante il periodo Heian con accompagnamento musicale nello stile della musica importata. Comprende due generi: •Saibara : Musica vocale su testi poetici giapponesi. •Rôei : Musica vocale su testi poetici cinesi classici. Musica cerimoniale scintoista Si tratta di canti e danze rituali con accompagnamento di musica strumentale eseguiti durante le celebrazioni shintoiste, spesso indicati in giapponese con il termine di kuniburi utamai o kuniburi no kabu [canti e danze secondo l'uso nazionale]. Tale repertorio sacro ha la sua origine nella protostoria. Il kangen Si indicano con il nome di kangen [lett. "fiati e corde"] i brani di gagaku che vengono eseguiti come musica puramente strumentale, cioè che non vengono accompagnati da danze. • Gli strumenti musicali utilizzati nel kangen sono: 1. strumenti a fiato (3 per ogni tipo): hichiriki, ryûteki e shô; 2. strumenti a corda (2 per ogni tipo): gakusô e gakubiwa; 3. strumenti a percussione (1 per ogni tipo): kakko, taiko e shôko. • Tra gli strumenti a fiato a. gli hichiriki e i ryûteki eseguono in eterofonia la melodia principale del brano (immediatamente individuabile anche a causa del timbro penetrante e dell'elevato volume sonoro degli hichiriki) b. gli shô producono una sequenza accordi prolungati che costituiscono una specie di sottofondo armonico alla melodia principale. •Nel gagaku come viene eseguito attualmente gli strumenti a corda hanno una parte molto semplice in quanto in genere si limitano ad eseguire accordi arpeggiati o brevi incisi melodici stereotipati che si ripetono con poche variazioni per tutta la durata del brano, marcando l'inizio delle battute. •Il sô (gakusô) viene suonato sia con gli tsume che con le dita nude, ma senza usare le variazioni di intonazione (ottenute tendendo le corde con la mano sinistra) che sono un abbellimento caratteristico degli altri generi musicali per lo strumento. •Gli strumenti a percussione vengono utilizzati seguendo moduli ben definiti: per il taiko vengono utilizzati due tipi di colpo: mebachi ["colpo femminile"]: colpo leggero inferto con la mazza tenuta nella mano sinistra, immediatamente alla sinistra del centro del tamburo; obachi ["colpo maschile"]: colpo deciso inferto con la destra nel centro del tamburo. lo shôko viene suonato sia con colpi semplici che con colpi doppi; i colpi doppi seguono sempre immediatamente un colpo di taiko (vedi Esempio musicale 1); per il kakko vengono utilizzati tre tipi di colpi: •sei, colpo singolo suonato con la bacchetta tenuta nella mano destra; •mororai, rullo suonato con entrambe le bacchette con ritmo quasi uniforme; •katarai, rullo lento progressivamente accelerato suonato con una sola bacchetta, che non segue il ritmo generale del brano: costituisce uno schema ritmico molto caratteristico, peculiare del kangen; (vedi Esempio musicale 3). I differenti tipi di colpi dei tre strumenti a percussione sono combinati in cellule ritmiche fisse della lunghezza di 4, 8 o (più raramente) 6 battute che vengono ripetute invariate fino alla fine del brano, costituendone l'ossatura ritmica (solo verso la fine del brano a volte subiscono variazioni). Due figure melodiche tipiche del gakusô: hayagaki (sopra) e shizugaki (sotto) • Le scale musicali del gagaku hanno origine cinese. • Il complesso sistema di tonalità cinese fu ridotto a soli sei modi o tonalità (chiamati in giapponese chôshi) che si basavano sulla trasposizione di due sole scale musicali, ciascuna comprendente sette gradi (note) come le scale occidentali: 1. la scala ritsu, che ha intervalli di un semitono tra il 2º e il 3º e tra il 6º e il 7º grado; i modi basati su questa scala sono il modo hyôjô (che ha come nota fondamentale il ritsu chiamato hyôjô, corrispondente approssimativamente alla nota Mi), il modo ôshikichô (La) e il modo banshikichô (Si); 2. la scala ryo, che ha intervalli di un semitono tra il 3º e il 4º e tra il 6º e il 7º grado; i modi basati su questa scala sono i modi ichikotsuchô (Re), sôjô (Sol) e taishikichô (Mi). I modi hyôjô (scala ritsu, sinistra) e taishikichô (scala Le legature indicano la posizione degli intervalli di un semitono ryo, destra). Nella figura qui sopra sono riportate come esempio le scale di base utilizzate nei due modi hyôjô e taishikichô, che si basano entrambi sulla nota hyôjô (corrispondente approssimativamente al nostro Mi) ma differiscono in quanto il primo utilizza una scala ritsu e il secondo una scala ryo. I netori • I brani di kangen vengono solitamente preceduti da un preludio strumentale su ritmo libero (netori) che ha lo scopo di introdurre la tonalità del brano e di accordare gli strumenti. • I netori hanno breve durata (2 - 3 minuti) e consistono in intonazioni effettuate dal solo ondo (strumentista principale) dei vari strumenti. • Nell'esecuzione dei netori i vari strumenti non iniziano a suonare tutti insieme, ma entrano uno dopo l'altro sovrapponendosi parzialmente secondo una successione fissa: 1. prima intervengono i fiati (nell'ordine shô, hichiriki e ryûteki); 2. quando il ryûteki ha iniziato a suonare si aggiunge anche il kakko; 3. il brano è quindi terminato dagli strumenti a corda (biwa e sô). Esistono altrettanti netori quante sono le tonalità (chôshi) usate nei brani di gagaku, e cioè sei; Il bugaku • Il bugaku [lett. "musica da danza" o "danza e musica"] comprende brani musicali accompagnati da danze che derivano da generi di musica importati dal continente tra il IV e l'VIII • I brani di bugaku sono solitamente composti da tre sezioni: 1. jo [introduzione]: preludio su tempo libero che viene eseguito durante l'ingresso sul palco dei danzatori che con movimenti di danza (derute) si portano ai propri posti stabiliti; 2. ha [lett. "rottura"]: la parte principale del brano, su ritmo regolare, durante la quale avviene la danza; 3. kyû [accelerazione]: parte conclusiva del brano, su ritmo accelerato, durante la quale i danzatori escono dal palco; 4. l'insieme di ha e kyû costituisce la parte principale della danza e viene chiamato complessivamente con il nome di tôkyoku [lett. "il brano stesso"]. • Queste tre sezioni sono precedute da una intonazione (chôshi) che ha la funzione di introdurre la tonalità del brano e di accordare gli strumenti musicali. • Quindi il chôshi corrisponde al netori del kangen ma il suo modo di esecuzione è leggermente diverso. • Il bugaku viene eseguito da 1, 2, 4 o 6 danzatori a seconda delle occasioni (in occasioni formali viene eseguito su un palcoscenico allestito all'aperto). • Le forme di danza sono divise in quattro categorie: 1. bu no mai ["danze armate"]: brani danzati tenendo in mano un'arma (katana, sciabola o alabarda) (Taiheiraku, Bairo, ecc.); 2. bun no mai ["danze figurate"]: danze in cui non si fa uso di armi (Manzairaku, Karyôbin, Kochô, ecc.); 3. hashirimai ["danze di corsa"]: danze dai movimenti vivaci (Ranryôô, Batô, ecc.); 4. warabemai o dôbu ["danze di fanciulli"]: brani danzati da fanciulli o fanciulle (Karyôbin e Kochô; a volte anche altri brani come Ranryôô, Nasori, Batô, ecc., vengono eseguiti come warabemai). Il saibara Il saibara è un genere di musica vocale in cui una poesia giapponese viene declamata su una musica che ha caratteristiche simili a quelle dei brani strumentali di gagaku (kangen). Il carattere della musica è quindi decisamente "strumentale" e le parole del testo sono modificate in vari modi (melismi, ripetizioni e hayashikotoba) per adattarle al ritmo della musica; vengono inoltre utilizzati alcuni abbellimenti specifici come lo yuri e lo tsuki. L'organico del saibara è costituito da un kutô (direttore del coro) e otto tsukeuta (cantori). I brani di saibara vengono sempre intonati dal kutô, che canta la prima strofa in assolo su un ritmo libero, senza accompagnamento strumentale ma tenendo il tempo con gli shakubyôshi; in seguito entrano il coro e gli strumenti musicali (vedi Esempio musicale 5) ed il ritmo si fa più regolare. Il rôei •Come il saibara, anche il rôei è un genere di musica vocale accompagnata ma, a differenza del saibara utilizza come testi soprattutto poesie cinesi; inoltre le melodie del rôei seguono più fedelmente la metrica dei testi (hanno cioè un carattere più "vocale" rispetto al saibara). •Anche nel rôei vengono utilizzati abbellimenti come lo yuri e lo tsuki. •Nell'accompagnamento musicale del rôei vengono usati solo strumenti a fiato: ryûteki, hichiriki e shô (suonato utilizzando la tecnica dell'ipponbuki). •I brani di rôei sono divisi in tre sezioni (ku), ciascuna delle quali viene intonata da un kutô diverso con un'estensione di voce differente: basso (primo kutô), alto (secondo kutô) e intermedio (terzo kutô). •È possibile che questo pratica interpretativa derivi dal fatto che originariamente il rôei venisse eseguito nel corso di riunioni familiari o tra amici, in cui i diversi ku venivano intonati da persone di diversa età e sesso: anziani (voce bassa), donne (voce alta) e uomini (voce di altezza intermedia). l sôkyoku Il termine sôkyoku significa letteralmente "brano per sô" e indica un brano musicale che abbia come strumento principale il sô o koto (spesso con una parte vocale ma senza l'intervento di altri strumenti, oppure con l'aggiunta dello shamisen e a volte dello shakuhachi); in senso collettivo indica la letteratura composta per il sô e in particolare la tradizione musicale moderna per lo strumento che inizia con Yatsuhashi Kengyô (1614 ? - 1685), con esclusione quindi dell'uso del sô all'interno del gagaku. Tra tutti i tipi di musica tradizionale giapponese, il sôkyoku è forse quello più facilmente comprensibile ad un orecchio occidentale. Si tratta infatti del genere che più si avvicina ad un ideale di "musica assoluta", che si fa cioè apprezzare unicamente per il suo contenuto melodico senza essere collegato a forme di spettacolo. Il sô o koto è un tipo di cetra a 13 corde importato in Giappone dalla Cina a partire dal periodo Nara come uno degli strumenti usati nel gagaku: in particolare esso veniva utilizzato nel kangen che era un genere di musica solamente strumentale (senza parti cantate) in cui il sô suonava insieme ad altri strumenti. Inizialmente nei brani in cui i due strumenti suonavano insieme il koto si limitava a raddoppiare la parte dello shamisen all'unisono o all'ottava (pratica chiamata betatsuke). A partire da primi anni del XIX secolo nacque però l'uso di affidare al koto una melodia separata (kaede) che era una versione più o meno variata e abbellita della "melodia principale" (honte) suonata dallo shamisen; secondo un procedimento molto diffuso nella musica tradizionale giapponese, il rapporto tra i due strumenti non è quindi né di unisono né di vero e proprio contrappunto e viene descritto dal termine eterofonia. Si dice che il primo brano di questo tipo sia stato Oranda banzai, composto da Ichiura Kengyô aggiungendo un kaede a un brano tradizionale di jiuta intitolato Banzai. Il jôruri • Il jôruri è un genere di narrazione eseguita con uno stile di declamazione tipicamente giapponese, a metà tra recitazione e canto (chiamato katarimono), accompagnata dal suono dello shamisen. • Il jôruri è nato agli inizi del XVII secolo come musica di scena del bunraku, un tipo di spettacolo teatrale che si basa sull'azione scenica non di attori in carne ed ossa ma di burattini; in esso il tayû (il cantore di jôruri) declama i dialoghi prestando di volta in volta la propria voce ai diversi personaggi. • Oltre che all'interno del bunraku il jôruri ha poi avuto grande successo anche nel teatro kabuki (soprattutto nell'accompagnamento musicale delle danze) e come genere musicale autonomo, eseguito in forma di concerto da camera. •Il teatro classico dei burattini (ningyô jôruri, lett. "jôruri dei burattini") nasce tra la fine del XVI secolo e l'inizio del XVII dalla fusione di tre diverse tradizioni: 1.l'arte di manovrare i burattini 2.l'arte di declamare testi narrativi (il jôruri propriamente detto) 3.l'arte di suonare lo shamisen. L'accompagnamento musicale con lo shamisen, venne introdotto in Giappone verso la fine del periodo Muromachi, quando questo strumento musicale fu importato dalla Cina attraverso le isole Ryûkyû. Lo shamisen ebbe un immediato successo e venne adottato da molti biwa hôshi al posto del biwa. Il jôruri raggiunse la sua vetta più alta tra la fine del secolo XVII e l'inizio del XVIII Nella musica giapponese gli strumenti a percussione (membranofoni e idiofoni) hanno una grande importanza, molto maggiore di quella delle percussioni in un'orchestra occidentale, tanto che si può dire che in alcuni generi musicali (come il teatro nô o il nagauta) essi svolgano il ruolo di strumenti principali dell'accompagnamento. Non deve perciò stupire se l'elenco delle percussioni comprende un grande numero di strumenti diversi che a volte differiscono tra di loro solo in dettagli apparentemente piccoli, ma necessari per produrre le sottili differenze di timbro che sono una caratteristica importante dell'estetica musicale giapponese.