Corso di Antropologia della Musica
Lezione 7
Sistemi Musicali Extraeuropei
La Musica Africana
Non esiste una musica africana ma tanti tipi di musica quanti sono i popoli
africani. Esistono comunque delle somiglianze regionali tra gruppi dissimili.
Scale e Polifonia
I Sistemi di scala variano tra le regioni; ci sono scale diatoniche ma le scale
pentatoniche sono anche molto diffuse. Gli intervalli sono spesso diversi da
quelli usati nella musica europea.
La polifonia esiste nella forma di intervalli paralleli (generalmente terzo, quarto,
e quinto), ricoprendo antifonia corale e risposta assolo-corale, e melodie
indipendenti simultanee ed occasionali.
Strumenti musicali
Oltre ad usare la voce, un grande numero di strumenti musicali vengono
impiegati nell'esecuzione di queste musiche.
Fra gli strumenti musicali africani si ricordano il tamburo, il gong e la campana
duplice, mentre fra gli strumenti melodici si annoverano gli archi, diversi tipi di
arpa, il kora, il violino, molti tipi di xilofono, i lamellafoni come lo mbira e
diversi tipi di strumento a fiato come il flauto e la la tromba.
Il grande numero di tamburi usato nella musica tradizionale africana include il
tama (tamburi parlanti), il bougarabou e il djembe nell'Africa occidentale,
tamburi ad acqua nell'Africa centrale e tipi diversi di tamburi spesso chiamati
engoma o ngoma nell'Africa meridionale.
Molta musica africana tradizionale è o fu scritta da musicisti professionisti.
Alcune di queste sono musiche classiche o religiose. Non sempre pertanto, il
termine musica popolare è adatto ad indicare la musica africana.
La musica è estremamente funzionale nella vita africana, accompagnando sempre
i momenti più importanti della vita come la nascita, il matrimonio, la caccia e
anche le attività politiche. Molta musica esiste solamente per divertimento,
variando da canzoni narrative a teatro musicale estremamente stilizzato.
Generi di musica africana e popolare comprendono:
•Kwela
•Afrobeat
•Makossa
•Apala
•Mbalax
•Benga di Benga
•Mbaqanga
•Bikutsi
•Mbube
•Fuji
•Morna
•Highlife
•Raï
•Isicathamiya
•Rumba
•Jùjú
•Sakara
•Kwaito
•Soukous/Congo/Lingala
•Taarab
La Musica in India
•In India la musica accompagna e avvolge come in un bozzolo tutta la
vita dell'uomo.
•Il canto celebra le gesta degli dei, sottolinea le festività, scandisce i
ritmi stagionali della natura e porta gioia al lavoro del contadino, del
barcaiolo, del cammelliere.
•La musica indiana, dapprima articolata in sole tre note, poi cinque, poi
sette, si arricchì in seguito di semitoni; oggi la melodia è costruita su
una scala che comprende ventidue microtoni e crea infinite gamme di
variazione.
Le origini della musica classsica indiana, sono documentate dal più
antico libro di sacre scritture della tradizione indù, il Vedas. Il
Samaveda, uno dei quattro Vedas, descrive la musica a lungo.
•I due filoni principali della musica classica indiana sono:
•La musica indostana, del nord dell'India,
•La musica carnatica, dell'India meridionale.
•Pur essendo entrambe forme musicali che si basano su ritmo e
melodia (rag e tag) e che si esplicano nei sangit (rappresentazioni di
danza, canto e musica) esistono sostanziali differenze tra i due stili.
La più importante discordanza tra le due forme musicali è quella degli
strumenti utilizzati.
•La musica carnatica è simile alla musica indostana per quanto
attiene l'improvvisazione, ma è molto più influenzata dalla teoria ed
ha regole più severe. Enfatizza le qualità vocali piuttosto che quelle
degli strumenti.
•La musica classica indiana è di tipo monofonico ed è quindi basata su
di una singola linea melodica.
•Gli strumenti musicali indiani usati nell'esecuzione della musica
classica sono il veena, il mridangam, il tabla, il kanjira, il tambura, il
flauto, il sitar, il gottuvadyam, il violino e il sarangi.
•Un altro strumento comune è il tambura (chiamato anche tanpura)
che sostiene il basso continuo. Questo compito è solitamente affidato
ad un allievo del solista, un compito monotono ma che è ritenuto un
onore ed un'opportunità rara per lo studente.
Il repertorio semiclassico
Sono composizioni appartenenti al genere folkloristico o
devozionale che per la loro complessità e l'alta qualità estetica
sono entrate a far parte del repertorio classico.
Il repertorio folclorico
La musica folclorica indiana costituisce un patrimonio musicale
di inestimabile ricchezza
Ogni regione possiede i propri canti che si eseguono nelle
innumerevoli ricorrenze: feste di stagione, matrimonio, nascita
ecc.
La musica folclorica ha sempre costituito il ricco substrato per
la formazione di quelli che sono divenuti poi i generi 'colti'.
La Musica in Cina
•Nell’antica Cina la musica era considerata
perfezionare l’educazione dei giovani.
arte
destinata
a
•La musica non solo aveva funzione didattica ma veniva investita di
significati metafisici; era infatti considerata parte di un complesso
sistema cosmologico e dalla sua perfetta esecuzione si faceva
derivare il delicato equilibrio fra il Cielo e la Terra, e quindi, per
estensione, la stabilità dell’Impero.
•Nel Liji "Memoriale dei riti", il sistema musicale cinese viene
spiegato in base a 5 gradi fondamentali denominati gong (palazzo),
shang (deliberazione), jiao (corno), zhi (prova), yu (ali) e viene fatto
corrispondere ad altri "gruppi di cinque", fattori costitutivi e
caratterizzanti la vita cosmica e umana.
•Così, per esempio, secondo tale sistema filosofico-musicale, la nota
fondamentale gong (fa) corrisponde all’elemento terra, al punto
cardinale centro, al colore giallo, al sapore dolce, al viscere cuore, al
numero cinque, alla funzione imperatore ecc. Analogamente la nota
shang (sol) rappresenta i ministri; la nota jiao (la) rappresenta il
popolo; la nota zhi (do) e yu (re) rappresentano rispettivamente i
servizi pubblici e l’insieme dei prodotti; oltre, naturalmente, a
ulteriori parallelismi tra ciascuna nota e un elemento, un punto
cardinale ecc.
Il sistema musicale cinese e i vari problemi tecnici a esso inerenti
(temperamento della gamma, natura dei modi ecc.) è stato spiegato in diversi
trattati, taluni molto antichi.
Alcuni di essi come il Lülü Xinshuo (Nuovo trattato dei Lü, sec. XII) oppure il
Lülü Qingyi (Il trattato dei Lü, sec. XVI), descrivono la determinazione del suono
fondamentale da cui deriverebbero tutti gli altri.
Il suono fondamentale è prodotto da una
specie di flauto, ricavato da una canna di
bambù lunga circa nove pollici; l’altezza del
suono secondo alcuni studiosi si
avvicinerebbe al mi3, secondo altri al Fa3.
Ma la scala pentatonica fu
sempre in Cina la più
importante e la più usata
(soprattutto per le musiche
popolari), tanto da essere
definita "cinese" per
antonomasia. Trasportando sui
ogni grado della scala dei lü la
scala ottenuta partendo da
ciascuna nota della gamma
pentatonica, si ottengono,
almeno teoricamente, 60
sistemi modali.
Da esso hanno origine, per
progressione delle quinte, gli altri
suoni (lü) che sono
complessivamente 12, con nomi
anch’essi avocanti per lo più un
parallelismo con il mondo
naturale.
Verso il 1000 a.C.
entrò in uso anche
una scala eptatonica,
che
si
formò
aggiungendo due note
alla
gamma
pentatonica:
il
biangong e il bianzhi
(bian=mutare).
Dalla scala dei lü ha
origine la scala
pentatonica, base del
sistema musicale
cinese.
Gli strumenti musicali cinesi, alcuni con una storia di oltre tremila anni, si ritrovano, con
piccole o grandi modifiche, in quasi tutti i Paesi dell’Asia meridionale e del Giappone.
Strumenti ad arco
Nella musica popolare cinese esistono diversi strumenti cordofoni, cioè dotati di corde,
classificati come "liuti ad arco". I liuti cinesi a differenza di quelli europei sono spesso
puntuti: hanno una parte appuntita che sporge nella sezione inferiore della cassa e hanno un
manico lungo.
Erhu:
è
il
conosciutissimo
violino a due corde,
come
dice
il
nome
cinese. Ha una cassa di
risonanza costruita in
legno di sandalo rosso
coperta solitamente con
pelle di serpente o di
altri
rettili.
Viene
suonato con un arco
diritto, molto simile a
quello del nostro violino,
fornito di crini di cavallo
che
vengono
però
inseriti sotto le corde
dello strumento.
Jinghu:
un altro tipo di violino
usato
come
strumento
principale
nella
musica
dell’Opera
di
Pechino.
molto piccolo, quasi la
metà
dell’erhu,
ha
il
risuonatore
cilindrico
rivestito
di
pelle
di
serpente o di rettile e il
manico o collo, in bambù.
Contrariamente
al
suo
formato ridotto il Jinghu
possiede
un
suono
di
volume
sorprendente.
Nell’Opera di Pechino ha la
funzione di accompagnare
il canto.
Strumenti a pizzico
Appartengono alla famiglia dei cordofoni come i precedenti, ma vengono suonati non per
mezzo di archetti ma pizzicando le corde con le dita o con il plettro.
Pipa:
il più popolare e conosciuto tra i liuti a pizzico della musica cinese. Il
manico è il prolungamento della stesa cassa di risonanza. Ha un fondo
panciuto che ricorda i nostri liuti del Rinascimento ed è fornito di
testatura, cioè di ponticelli che sorreggono quattro corde di seta (nelle
versioni moderne di metallo argentato) sul manico e sulla tavola.
Quattro sottili piroli, ai lati nella parte alta del manico, mantengono
tese le corde.
Strumenti a fiato
Nella famiglia degli aerofoni, cioè di quelli strumenti il cui suono è prodotto dalle vibrazioni
dell’aria, i più usati nelle orchestre di musica tradizionale cinese sono i flauti, le zampogne e
gli organi a bocca.
Sheng:
si tratta di un organo a bocca formato da un minimo di 14 e
un massimo di 32 canne di bambù, ciascuna delle quali ha
un foro. Le canne di differente lunghezza sono poste sopra
un contenitore di metallo. Il suono si ottiene soffiando aria
nel serbatoio-contenitore e regolando l’emissione nelle
varie
canne
mediante
i
fori
coperti
dalle
dita.
Strumenti a percussione
Sono i più numerosi e forse i più antichi costruiti dall’uomo. Nella musica tradizionale cinese vi
sono molti strumenti a percussione, dalle numerose campanelle in legno o metallo, ai cimbali,
ai diversi tipi di tamburi fino al notissimo gong.
Ban:
è
lo
strumento
che
segna
il
tempo
nell’Opera di Pechino. I
tre pezzi di legno simili
alle nostre castagnette
sono impugnati dallo
stesso suonatore che
batte con la destra il
piccolo tamburo. Nella
nostra
orchestra
gli
orchestrali seguono il
tempo
osservando
il
direttore che lo indica
con
la
mano
o
la
bacchetta,
in
quella
cinese
i
suonatori
"sentono"
il
tempo
scandito dal ban.
Daluo:
è il notissimo disco di metallo
(gong). È diventato quasi il
simbolo dell’Oriente perché è
lo strumento più suonato. Il
daluo (grande gong) è usato
nelle cerimonie, nelle feste e
soprattutto
nell’Opera
di
Pechino ove, con il suo suono,
indica l’inizio o la fine di un
passaggio
musicale
nel
recitato, l’ingresso o l’uscita di
scena
di
un
personaggio
maschile o per sottolineare i
gesti comici di un attore.
Lo strumento musicale, un microcosmo, un ‘arnese’ sonoro che per le tecniche di costruzione e
decorazione è un’opera d’arte, e un’opera della tradizione tramandato di padre in figlio, carico di
sacralità, è oggetto di culto in quanto in esso si incarna l’ideologia del Tao.
Data una simile premesse risulta più chiaro come i Cinesi ordinano i loro strumenti classificandoli
secondo i materiali utilizzati per costruirli, a cui associano le classificazioni relative ai punti cardinali,
alle stagioni dell’anno e agli elementi.
Pelle
Nord
Inverno
Acqua
Tamburi
Zucca
Nord est
Dall'inverno a
primavera
Tuono
Organo a bocca
Bambù
Est
Primavera
Montagna
Siringa
Legno
Sud est
Dalla primavera
all'estate
Vento
Tamburi (legno)
Seta
Sud
Estate
Fuoco
Salteri
Argilla
Sud ovest
Dall'estate
all'autunno
Terra
Flauti globulari
Metallo
Ovest
Autunno
Umidità
Campana
Pietra
Nord ovest
Dall'autunno
all'inverno
Cielo
Pietre sonore
In questa classificazione avviene l’alternarsi di forme cicliche (stagioni,
punto cardinali) con classificazioni vere e proprie (la materia) e coppie
complementari (terra-cielo, acqua-tuono, montagna-vento, fuoco-umidità);
per comprendere questa classificazione e le sue logiche occorre pensare,
come fanno i cinesi, a un cosmo che comprende il tempo eterno, strutturato
attraverso le stagioni.
Ma il cosmo è anche lo spazio eterno, formato da oriente, occidente, sud e
nord. Il cosmo è materia, quindi legno, metallo, pelle e pietra. Il cosmo è
forza, quindi vento, tuono, acqua e fuoco. Il cosmo è suono, quindi tonalità e
timbro. E l’universo è uno, e in esso tempo, spazio, materia e musica
coincidono, divenendo così manifestazioni molteplici di una unità sola.
La Musica in Giappone
Il termine "musica tradizionale giapponese" (hôgaku) raggruppa generi
musicali diversi, che hanno avuto origini differenti e che si sono evoluti su un
arco di tempo che in alcuni casi eccede il millennio. Inoltre in alcuni casi essi
sono vissuti in uno stato di relativa segregazione reciproca.
Ciononostante è possibile individuare alcune tendenze e caratteristiche comuni
a tutti questi generi, soprattutto evidenziando differenze di fondo rispetto alla
musica occidentale che noi conosciamo e che chiamiamo "classica".
Naturalmente queste considerazioni si applicano alla musica tradizionale
precedente all'introduzione e all'assorbimento da parte del Giappone della
musica occidentale
************
Nella musica tradizionale giapponese la musica vocale è di gran lunga
preponderante sulla musica puramente strumentale.
Questa predilezione dei giapponesi per la musica vocale è documentabile fin
dall'antichità; ad esempio nel Kojiki, il più antico documento in lingua
giapponese arrivato fino ad oggi, vengono riportati i testi di 113 canti (le cui
melodie sono oggi completamente sconosciute).
All'interno della musica vocale si fa una distinzione fondamentale tra le
categorie:
• degli utaimono [lett. "cose cantate"]
•dei katarimono [lett. "cose raccontate/declamate"].
Questa distinzione si applica primariamente ai generi musicali; ad
esempio il jôruri è classificato come katarimono mentre il nagauta, il
sôkyoku e il jiuta sono considerati utaimono (vedi Esempi musicali 19 e
23).
Inoltre esistono composizioni che deliberatamente alternano brani di
utaimono e di katarimono o che mescolano elementi dei due generi
nello stesso brano (ciò avviene frequentemente ad esempio nella
musica teatrale al fine di introdurre elementi di varietà ed accrescere
l'interesse dell'uditorio; all'interno del sôkyoku, è una caratteristica di
diverse composizioni della scuola Yamada).
In un senso più lato si può quindi pensare alla distinzione tra utaimono
e katarimono come ad una distinzione tra due stili diversi che possono
essere descritti in base a caratteristiche generali antitetiche:
Utaimono
•Prevalenza della
melodia sul testo
•Frequente uso di
melismi
(prolungamento delle
vocali che vengono
cantate su parecchie
note diverse)
•Scarsa intelliggibilità
del testo
•Ritmo prefissato,
regolato dalla melodia
Katarimono
•Prevalenza del testo
sulla melodia
•Assenza di melismi
(corrispondenza uno a
uno tra vocali e note)
•Il testo è chiaramente
comprensibile
•Ritmo fluido che segue
le inflessioni naturali
della dizione
•
La maggior parte della musica tradizionale giapponese ha un
indirizzo molto concreto ed è intimamente legata ad altre forme
d'arte.
•
Gran parte della produzione musicale (soprattutto, ma non solo, a
partire dal periodo Edo) è legata al teatro e quindi costituisce solo
uno degli aspetti di una forma d'arte sintetica che comprende, oltre
alla musica, poesia e recitazione, danza ed arti figurative (maschere
e scenografie).
•
Tra questi generi musicali possiamo citare:
1.
yôkyoku (musica del teatro nô);
2.
gidayûbushi (musica del bunraku, teatro classico dei burattini);
3.
tokiwazubushi, kiyomotobushi e nagauta (musiche di scena del
kabuki).
•
Anche al di fuori della musica teatrale molti generi sono legati alla
danza (come il bugaku del gagaku) e soprattutto alla poesia; tra
questi ultimi, soprattutto nei katarimono la musica (come spiegato
sopra) non è un'arte indipendente ma assume un ruolo di sostegno
alla declamazione del testo: è significativo in questo senso che il
verbo giapponese che corrisponde a "cantare" (utau) indichi in
modo ambivalente (soprattutto nella lingua arcaica) anche "recitare
una poesia".
•
La "musica assoluta" in senso occidentale non è del tutto
assente dalla musica tradizionale giapponese ed ha anzi
prodotto alcuni generi importanti e di elevato valore
artistico, come:
1. i danmono che costituiscono una (piccola) parte del sôkyoku
2. la musica solistica per shakuhachi;
3. il kangen del gagaku
•
Nel complesso però si può affermare che tali forme
costituiscano una parte minoritaria dell'intera produzione
musicale.
•
Rispetto alla musica occidentale, la musica tradizionale
giapponese è molto più legata alla trasmissione ed
all'apprendimento attraverso un rapporto personale tra il
maestro e l'allievo. In un certo senso un musicista è tale in
quanto depositario di una tradizione trasmessagli dal suo
maestro e che a sua volta trasmette ai propri allievi.
Una conseguenza dell'importanza della trasmissione personale e
delle scuole nella musica giapponese è che l'esecuzione è
fortemente legata all'interpretazione da parte del singolo
esecutore.
Naturalmente ciò avviene in qualche misura anche nella musica
occidentale, in cui però l'esecuzione è spesso guidata dall'ideale
(forse irraggiungibile) di "esprimere le vere intenzioni dell'autore"
del brano.
Tale visione è invece assente nella musica giapponese, che lascia
un ampio margine all'interpretazione e all'improvvisazione e in cui
il ruolo di autorità non è legato tanto al compositore quanto alla
tradizione esecutiva.
In pratica ciò significa che è possibile riscontrare differenze anche
notevoli nel contenuto musicale di uno stesso brano (attribuito allo
stesso autore) eseguito da interpreti diversi, soprattutto se questi
appartengono a scuole diverse.
Avvicinando la musica tradizionale giapponese (attraverso l'ascolto
di dischi o la lettura di spartiti) bisogna quindi rinunciare all'idea
che esista una forma "corretta" di esecuzione dei brani ed accettare
la varietà di interpretazioni possibili come parte della ricchezza del
patrimonio musicale; un'idea di "corretta interpetazione" può
semmai essere applicata solamente in riferimento ad una ben
precisa tradizione (scuola).
La musica tradizionale
dimensione armonica.
giapponese
E’ basata principalmente sulla
manca
completamente
di
monodia
La sua struttura è legata alla successione orizzontale (temporale)
delle note; in generale ciò non significa che in essa non si verifichi
mai l'incontro di note simultanee di altezza differente, ma questo
fatto non costituisce un elemento importante del linguaggio o della
struttura del brano nel senso sopra descritto.
Un fenomeno molto frequente nella musica giapponese è costituito
dall'eterofonia, che si verifica quando strumenti diversi (o strumenti e voci)
eseguono la stessa melodia; in tali casi solitamente i diversi strumenti
introducono nella comune linea melodica differenze più o meno grandi di
tempo (anticipi o ritardi) o di intonazione o abbellimenti e diminuzioni (spesso
legate alle diverse possibilità tecniche dello strumento).
In questo modo, anche se in linea generale tutti gli strumenti eseguono la
stessa melodia, si verificano frequentemente incontri di note diverse e quindi il
risultato viene descritto con il termine di eterofonia, non potendosi parlare di
unisono in senso proprio ma neppure di vera polifonia né di armonia
•
Tra gli altri esempi di sovrapposizione di suoni di altezza diversa
che si possono incontrare nella musica tradizionale giapponese
possiamo citare:
1.
· gli accordi dello shô che costituiscono il sottofondo armonico
del gagaku;
2.
· le figurazioni ripetute simili ad un ostinato dello strumento di
accompagnamento (spesso lo shamisen) in molti brani di musica
popolare.
In entrambi i casi siamo però molto lontani dal concetto di armonia
occidentale.
•
Nella musica giapponese è anche rara la polifonia,
l'esecuzione simultanea di due o più melodie differenti.
cioè
•
Forse collegata alla mancanza di armonia e polifonia è la
mancanza di strumenti bassi nella musica giapponese, la quale
si svolge tutta su un registro che ha un'estensione simile a
quella della voce umana.
La musica tradizionale giapponese utilizza esclusivamente piccoli
gruppi strumentali. Utilizzando la terminologia della musica
occidentale si potrebbe dire che la musica giapponese ha un
indirizzo prettamente cameristico
Come esempi tipici possiamo citare:
•il
repertorio
estremamente
vasto
della
musica
vocale
accompagnata da shamisen, che comprende sia generi destinati ad
un'esecuzione "da camera" (o "da salotto", come si dice in
giapponese), sia generi legati al teatro;
•la musica del teatro kabuki, che spesso rientra nella categoria
precedente (tayû + shamisen) e in altri casi prevede invece un
piccolo gruppo strumentale (uno o due shamisen, flauto e
percussioni);
•la musica del teatro nô, il cui organico costituisce l'esempio più
classico di hayashi;
•i brani vocali del sôkyoku, in cui una poesia viene cantata con
l'accompagnamento del solo koto, oppure da koto e shamisen
(sôkyoku di scuola Ikuta), oppure da koto, shamisen e shakuhachi
(sankyoku).
Molto spesso la musica occidentale è basata sul contrasto:
contrasto di intensità sonora (forte - piano) di velocità e ritmo
(allegro - adagio), di timbri (archi - fiati) e di materiale
sonoro (soggetto - controsoggetto). Al paragone la musica
giapponese ha un andamento statico: ciò non significa che
all'interno dei brani non si verifichino cambiamenti, ma
solitamente essi sono più sfumati e progressivi, meno
marcati. Per questo motivo un orecchio occidentale abituato
alle forti emozioni espresse da una sinfonia o da un'opera
lirica potrebbe trovare la musica giapponese eccessivamente
monotona e noiosa.
In generale questa attitudine alla sobrietà di espressione e ad
evitare il contrasto verbale può essere fatta risalire agli ideali
confuciani di cortesia e di armonia sociale che sono
profondamente radicati nella mentalità giapponese.
i diversi generi e brani di musica giapponese possiedono una varietà
molto ampia di strutture ritmiche che possono a grandi linee essere
raggruppati in due categorie:
brani che hanno una struttura ritmica definita:
rientrano in questa categoria la musica per shamisen, il sôkyoku e
gran parte del gagaku. I brani di questo tipo sono i più vicini alla
musica occidentale, ma spesso presentano una struttura ritmica più
complessa; ad esempio è tipico della musica vocale accompagnata
utilizzare una struttura ritmica differente per la parte vocale e per la
parte strumentale (ritmo doppio, vedi Esempi musicali 24 e 26C);
brani senza struttura ritmica definita, in cui cioè il ritmo musicale
non segue schemi fissi e divisibili in cellule ripetute.
Esempi tipici in tal senso sono i brani del repertorio classico per fuke
shakuhachi o alcuni generi di musica popolare, ma occorre notare
che anche generi musicali che solitamente utilizzano un ritmo
definito comprendono spesso passaggi o sezioni senza ritmo definito.
Tra questi si possono citare: i preludi (netori e chôshi) dei brani
strumentali di gagaku, le intonazioni iniziali dei brani di saibara e
rôei, passaggi in stile declamato o quasi parlato in alcuni generi di
musica da teatro (gidayûbushi e nô).
•La musica giapponese dà una grande importanza alla
melodia ed è solitamente molto sviluppata sotto questo
punto di vista.
•Una caratteristica specifica delle melodie giapponesi (e
di altri paesi orientali) è il frequente ricorso a variazioni
microtonali.
•Va
comunque
ricordato
che
in
generale
il
temperamento delle scale musicali utilizzate nella
musica giapponese è diverso da quello occidentale e
presenta anche sensibili variazioni da un genere
musicale all'altro; tali differenze di temperamento fanno
parte delle particolarità stilistiche ed espressive dei
diversi generi
La musica tradizionale giapponese comprende pochi generi di musica puramente strumentale ma
è costituita in prevalenza da musica vocale, che può essere suddivisa a grandi linee nelle due
classi dei katarimono (brani declamati) e degli utaimono (brani cantati).
Adottando questo criterio possiamo così classificare i principali generi che la compongono:
Musica strumentale:
•kangen e bugaku (generi del gagaku)
•alcuni brani di sôkyoku (musica per koto) e in particolare quelli che hanno la forma di danmono
•musica solistica per shakuhachi
•molte tra le opere della cosiddetta Nuova Musica Giapponese e della musica giapponese
contemporanea
Musica vocale:
Utaimono:
•generi vocali del gagaku (saibara e rôei)
•l'imayô
•la maggior parte dello shômyô
•una parte della musica vocale accompagnata da shamisen: jiuta, nagauta, hauta, kouta
•la maggior parte del sôkyoku (musica per koto), incluso anche il sankyoku
Katarimono:
•lo heikyoku (o heike biwa)
•yôkyoku (declamazione del teatro nô)
•una parte della musica vocale accompagnata da shamisen, che include soprattutto i vari generi
di jôruri (gidayûbushi, tokiwazubushi, kiyomotobushi, shinnaibushi, ecc.)
•il chikuzen biwa ed il satsuma biwa
Il Gagaku
•
Nel gagaku tutti gli elementi che costituiscono il materiale sonoro
sembrano sovvertire i canoni a cui siamo abituati:
1.
il ritmo, anche quando è regolare, non segue la rigida scansione
metronomica della musica mensurale occidentale ma è paragonabile
piuttosto alle pulsazioni di un respiro ed è attraversato dai battiti secchi e
progressivamente accelerati del kakko (piccolo tamburo) che sembrano
non avere alcuna relazione con l'andamento generale della melodia;
2.
l'intonazione esatta delle note lascia il posto ad estesi portati o a variazioni
microtonali;
3.
lo stesso timbro penetrante e lamentoso degli hichiriki ci comunica una
sensazione di estraneità.
•
Il gagaku è uno dei generi musicali più antichi tra quelli ancora eseguiti nel
Giappone odierno: esso ha raggiunto una forma pressocché definitiva verso
la metà del periodo Heian, cioè circa mille anni fa, ed in questa forma è
stato trasmesso fino ai nostri giorni (pur attraverso svariate vicende e
vicissitudini).
•
Questo processo di trasmissione è stato possibile perché il gagaku aveva
una grande importanza come musica della Corte Imperiale e quindi la sua
preservazione era necessaria per una corretta esecuzione dei riti e dei
cerimoniali di Stato

Si possono a grandi linee distinguere tre fasi nel processo di
formazione del gagaku:
1.
una prima fase di contatto in cui esso veniva eseguito da musicisti
stranieri giunti in Giappone; l'esecuzione di musica da parte di musicisti
stranieri è documentabile a partire dal V secolo d.C.; ad esempio il Nihon shoki
riporta che «nell'anno 462 parecchi musicisti di Shilla parteciparono alle esequie
dell'Imperatore Ingyô»;
2.
una fase di assorbimento in cui anche musicisti giapponesi
impararono ad eseguire questo genere di musica; istituzione del
Gagakuryô (701)
3.
una fase di assimilazione e trasformazione in cui i diversi apporti
esterni furono selezionati ed amalgamati tra di loro e con musiche
autoctone ed il gagaku raggiunse la sua forma definitiva; la riforma
del sistema musicale effettuata durante il regno dell'Imperatore Ninmyô (833-49).
•
L'apporto più originale al gagaku da parte di compositori
giapponesi è però costituito dalla creazione di due nuovi generi
musicali:
1.
il saibara
2.
il rôei.
In entrambi i casi si tratta di musica vocale
Il saibara
Il saibara è un genere di musica
vocale in cui una poesia giapponese
(ad esempio sono molto usati testi
ricavati dal Man'yôshû) viene cantata
in coro con l'accompagnamento di un
organico strumentale.
Il saibara nacque all'inizio del
periodo Heian, probabilmente come
evoluzione
e
raffinamento
nell'ambiente della corte imperiale di
musiche vocali popolari preesistenti.
Il rôei
•Anche il rôei è un genere di musica
vocale
corale
utilizzata
come
intrattenimento privato tra i nobili
della corte imperiale di Heian;
•a differenza del saibara, i testi del
rôei consistono soprattutto in poesie
classiche cinesi e gli stumenti usati per
l'accompagnamento
musicale
comprendono solo strumenti a fiato.
•Probabilmente il rôei si è sviluppato
gradualmente
a
partire
dalla
consuetudine di recitare poesie cinesi
in occasione di ritrovi informali tra
amici
•
In epoca medioevale
trasformazioni, tra cui:
il
gagaku
dovette
subire
notevoli
1) trasformazioni del contenuto musicale e modifica delle melodie
originali Tang;
2) perdita di una parte consistente del repertorio;
3) semplificazione della tecnica esecutiva degli strumenti a corda
(biwa e gakusô) che originariamente suonavano in eterofonia la
stessa melodia degli strumenti a fiato ma che al giorno d'oggi
eseguono solo accordi con funzione ritmica più che melodica.
Probabilmente non è un caso che
a partire da questa epoca si
senta
anche
il
bisogno
di
affidare la trasmissione del
repertorio a raccolte scritte
(come il Taigenshô del 1510).
La classificazione dei diversi generi di gagaku eseguiti ai
nostri giorni risale alla cosiddetta grande riforma del sistema
musicale avvenuta durante il regno dell'Imperatore Ninmyô
(IX secolo).
Ciò significa che la divisione dei brani
nei vari generi, l'organico orchestrale
richiesto per ciascun genere e il tipo di
danze che accompagnano i vari brani
sono essenzialmente quelli codificati a
quell'epoca.
Il gagaku attualmente eseguito è costituito da tre categorie di brani:
Musica cerimoniale shintoista: Musica di origine giapponese (wagaku)
usata nelle celebrazioni shintoiste ed imperiali; si tratta di musica
vocale e strumentale accompagnata da danze rituali.
Musica di origine straniera : Musica che trae origine da vari generi
importati dal continente tra il IV e l'VIII secolo d.C. e "giapponesizzata"
durante il periodo Heian. Questo genere di musica non comprende parti
vocali e si divide in due categorie:
•Kangen : Musica strumentale non accompagnata da danze.
•Bugaku : Musica accompagnata da danze.
Musica vocale del periodo Heian : Generi di musica vocale creati da
autori giapponesi durante il periodo Heian con accompagnamento
musicale nello stile della musica importata. Comprende due generi:
•Saibara : Musica vocale su testi poetici giapponesi.
•Rôei : Musica vocale su testi poetici cinesi classici.
Musica cerimoniale scintoista
Si tratta di canti e danze rituali con accompagnamento di musica strumentale eseguiti
durante le celebrazioni shintoiste, spesso indicati in giapponese con il termine di
kuniburi utamai o kuniburi no kabu [canti e danze secondo l'uso nazionale]. Tale
repertorio sacro ha la sua origine nella protostoria.
Il kangen
Si indicano con il nome di kangen [lett. "fiati e corde"] i brani di gagaku che vengono
eseguiti come musica puramente strumentale, cioè che non vengono accompagnati da
danze.
•
Gli strumenti musicali utilizzati nel kangen sono:
1.
strumenti a fiato (3 per ogni tipo): hichiriki, ryûteki e shô;
2.
strumenti a corda (2 per ogni tipo): gakusô e gakubiwa;
3.
strumenti a percussione (1 per ogni tipo): kakko, taiko e shôko.
•
Tra gli strumenti a fiato
a.
gli hichiriki e i ryûteki eseguono in eterofonia la melodia principale del brano
(immediatamente individuabile anche a causa del timbro penetrante e dell'elevato
volume sonoro degli hichiriki)
b.
gli shô producono una sequenza accordi prolungati che costituiscono una specie di
sottofondo armonico alla melodia principale.
•Nel gagaku come viene eseguito attualmente gli strumenti a corda hanno una parte molto
semplice in quanto in genere si limitano ad eseguire accordi arpeggiati o brevi incisi
melodici stereotipati che si ripetono con poche variazioni per tutta la durata del brano,
marcando l'inizio delle battute.
•Il sô (gakusô) viene suonato sia con gli tsume che con le dita nude, ma senza usare le
variazioni di intonazione (ottenute tendendo le corde con la mano sinistra) che sono un
abbellimento caratteristico degli altri generi musicali per lo strumento.
•Gli strumenti a percussione vengono utilizzati seguendo moduli ben definiti:
per il taiko vengono utilizzati due tipi di colpo:
mebachi ["colpo femminile"]: colpo leggero inferto con la mazza tenuta nella mano
sinistra, immediatamente alla sinistra del centro del tamburo;
obachi ["colpo maschile"]: colpo deciso inferto con la destra nel centro del tamburo.
lo shôko viene suonato sia con colpi semplici che con colpi doppi; i colpi doppi seguono
sempre immediatamente un colpo di taiko (vedi Esempio musicale 1);
per il kakko vengono utilizzati tre tipi di colpi:
•sei, colpo singolo suonato con la bacchetta tenuta nella mano destra;
•mororai, rullo suonato con entrambe le bacchette con ritmo quasi uniforme;
•katarai, rullo lento progressivamente accelerato suonato con una sola bacchetta, che non
segue il ritmo generale del brano: costituisce uno schema ritmico molto caratteristico,
peculiare del kangen; (vedi Esempio musicale 3).
I differenti tipi di colpi dei tre strumenti a percussione sono combinati in cellule
ritmiche fisse della lunghezza di 4, 8 o (più raramente) 6 battute che vengono
ripetute invariate fino alla fine del brano, costituendone l'ossatura ritmica (solo
verso la fine del brano a volte subiscono variazioni).
Due figure melodiche tipiche del gakusô:
hayagaki (sopra) e shizugaki (sotto)
•
Le scale musicali del gagaku hanno origine cinese.
•
Il complesso sistema di tonalità cinese fu ridotto a soli sei modi o
tonalità (chiamati in giapponese chôshi) che si basavano sulla
trasposizione di due sole scale musicali, ciascuna comprendente sette
gradi (note) come le scale occidentali:
1.
la scala ritsu, che ha intervalli di un semitono tra il 2º e il 3º e tra il 6º e
il 7º grado; i modi basati su questa scala sono il modo hyôjô (che ha
come nota fondamentale il ritsu chiamato hyôjô, corrispondente
approssimativamente alla nota Mi), il modo ôshikichô (La) e il modo
banshikichô (Si);
2.
la scala ryo, che ha intervalli di un semitono tra il 3º e il 4º e tra il 6º e il
7º grado; i modi basati su questa scala sono i modi ichikotsuchô (Re),
sôjô (Sol) e taishikichô (Mi).
I modi hyôjô (scala ritsu, sinistra) e taishikichô (scala
Le legature indicano la posizione degli intervalli di un semitono
ryo, destra).
Nella figura qui sopra sono riportate come esempio le scale di base utilizzate
nei due modi hyôjô e taishikichô, che si basano entrambi sulla nota hyôjô
(corrispondente approssimativamente al nostro Mi) ma differiscono in quanto
il primo utilizza una scala ritsu e il secondo una scala ryo.
I netori
•
I brani di kangen vengono solitamente preceduti da un
preludio strumentale su ritmo libero (netori) che ha lo scopo di
introdurre la tonalità del brano e di accordare gli strumenti.
•
I netori hanno breve durata (2 - 3 minuti) e consistono in
intonazioni effettuate dal solo ondo (strumentista principale) dei
vari strumenti.
•
Nell'esecuzione dei netori i vari strumenti non iniziano a
suonare tutti insieme, ma entrano uno dopo l'altro
sovrapponendosi parzialmente secondo una successione fissa:
1.
prima intervengono i fiati (nell'ordine shô, hichiriki e ryûteki);
2.
quando il ryûteki ha iniziato a suonare si aggiunge anche il
kakko;
3.
il brano è quindi terminato dagli strumenti a corda (biwa e sô).
Esistono altrettanti netori quante sono le tonalità (chôshi) usate
nei brani di gagaku, e cioè sei;
Il bugaku
•
Il bugaku [lett. "musica da danza" o "danza e musica"] comprende brani
musicali accompagnati da danze che derivano da generi di musica
importati dal continente tra il IV e l'VIII
•
I brani di bugaku sono solitamente composti da tre sezioni:
1.
jo [introduzione]: preludio su tempo libero che viene eseguito durante
l'ingresso sul palco dei danzatori che con movimenti di danza (derute) si
portano ai propri posti stabiliti;
2.
ha [lett. "rottura"]: la parte principale del brano, su ritmo regolare,
durante la quale avviene la danza;
3.
kyû [accelerazione]: parte conclusiva del brano, su ritmo accelerato,
durante la quale i danzatori escono dal palco;
4.
l'insieme di ha e kyû costituisce la parte principale della danza e viene
chiamato complessivamente con il nome di tôkyoku [lett. "il brano
stesso"].
•
Queste tre sezioni sono precedute da una intonazione (chôshi) che ha la
funzione di introdurre la tonalità del brano e di accordare gli strumenti
musicali.
•
Quindi il chôshi corrisponde al netori del kangen ma il suo modo di
esecuzione è leggermente diverso.
•
Il bugaku viene eseguito da 1, 2, 4 o 6 danzatori a
seconda delle occasioni (in occasioni formali viene
eseguito su un palcoscenico allestito all'aperto).
•
Le forme di danza sono divise in quattro categorie:
1. bu no mai ["danze armate"]: brani danzati tenendo in
mano un'arma (katana, sciabola o alabarda) (Taiheiraku,
Bairo, ecc.);
2. bun no mai ["danze figurate"]: danze in cui non si fa uso
di armi (Manzairaku, Karyôbin, Kochô, ecc.);
3. hashirimai ["danze di corsa"]: danze dai movimenti vivaci
(Ranryôô, Batô, ecc.);
4. warabemai o dôbu ["danze di fanciulli"]: brani danzati da
fanciulli o fanciulle (Karyôbin e Kochô; a volte anche altri
brani come Ranryôô, Nasori, Batô, ecc., vengono eseguiti
come warabemai).
Il saibara
Il saibara è un genere di musica vocale in cui una poesia
giapponese viene declamata su una musica che ha caratteristiche
simili a quelle dei brani strumentali di gagaku (kangen).
Il carattere della musica è quindi decisamente "strumentale" e le
parole del testo sono modificate in vari modi (melismi, ripetizioni e
hayashikotoba) per adattarle al ritmo della musica; vengono inoltre
utilizzati alcuni abbellimenti specifici come lo yuri e lo tsuki.
L'organico del saibara è costituito da un kutô (direttore del coro) e
otto tsukeuta (cantori).
I brani di saibara vengono sempre intonati dal kutô, che canta la
prima strofa in assolo su un ritmo libero, senza accompagnamento
strumentale ma tenendo il tempo con gli shakubyôshi; in seguito
entrano il coro e gli strumenti musicali (vedi Esempio musicale 5)
ed il ritmo si fa più regolare.
Il rôei
•Come il saibara, anche il rôei è un genere di musica vocale
accompagnata ma, a differenza del saibara utilizza come testi
soprattutto poesie cinesi; inoltre le melodie del rôei seguono più
fedelmente la metrica dei testi (hanno cioè un carattere più "vocale"
rispetto al saibara).
•Anche nel rôei vengono utilizzati abbellimenti come lo yuri e lo
tsuki.
•Nell'accompagnamento musicale del rôei vengono usati solo
strumenti a fiato: ryûteki, hichiriki e shô (suonato utilizzando la
tecnica dell'ipponbuki).
•I brani di rôei sono divisi in tre sezioni (ku), ciascuna delle quali
viene intonata da un kutô diverso con un'estensione di voce
differente: basso (primo kutô), alto (secondo kutô) e intermedio
(terzo kutô).
•È possibile che questo pratica interpretativa derivi dal fatto che
originariamente il rôei venisse eseguito nel corso di riunioni
familiari o tra amici, in cui i diversi ku venivano intonati da persone
di diversa età e sesso: anziani (voce bassa), donne (voce alta) e
uomini (voce di altezza intermedia).
l sôkyoku
Il termine sôkyoku significa letteralmente "brano per sô" e indica
un brano musicale che abbia come strumento principale il sô o koto
(spesso con una parte vocale ma senza l'intervento di altri
strumenti, oppure con l'aggiunta dello shamisen e a volte dello
shakuhachi); in senso collettivo indica la letteratura composta per il
sô e in particolare la tradizione musicale moderna per lo strumento
che inizia con Yatsuhashi Kengyô (1614 ? - 1685), con esclusione
quindi dell'uso del sô all'interno del gagaku.
Tra tutti i tipi di musica tradizionale giapponese, il sôkyoku è forse
quello più facilmente comprensibile ad un orecchio occidentale.
Si tratta infatti del genere che più si avvicina ad un ideale di
"musica assoluta", che si fa cioè apprezzare unicamente per il suo
contenuto melodico senza essere collegato a forme di spettacolo.
Il sô o koto è un tipo di cetra a 13 corde importato in Giappone
dalla Cina a partire dal periodo Nara come uno degli strumenti usati
nel gagaku: in particolare esso veniva utilizzato nel kangen che era
un genere di musica solamente strumentale (senza parti cantate) in
cui il sô suonava insieme ad altri strumenti.
Inizialmente nei brani in cui i due strumenti suonavano insieme il
koto si limitava a raddoppiare la parte dello shamisen all'unisono o
all'ottava (pratica chiamata betatsuke).
A partire da primi anni del XIX secolo nacque però l'uso di affidare
al koto una melodia separata (kaede) che era una versione più o
meno variata e abbellita della "melodia principale" (honte) suonata
dallo shamisen; secondo un procedimento molto diffuso nella
musica tradizionale giapponese, il rapporto tra i due strumenti non
è quindi né di unisono né di vero e proprio contrappunto e viene
descritto dal termine eterofonia.
Si dice che il primo brano di questo tipo sia stato Oranda banzai,
composto da Ichiura Kengyô aggiungendo un kaede a un brano
tradizionale di jiuta intitolato Banzai.
Il jôruri
•
Il jôruri è un genere di narrazione eseguita con uno stile di
declamazione tipicamente giapponese, a metà tra recitazione e
canto (chiamato katarimono), accompagnata dal suono dello
shamisen.
•
Il jôruri è nato agli inizi del XVII secolo come musica di scena
del bunraku, un tipo di spettacolo teatrale che si basa
sull'azione scenica non di attori in carne ed ossa ma di
burattini; in esso il tayû (il cantore di jôruri) declama i dialoghi
prestando di volta in volta la propria voce ai diversi personaggi.
•
Oltre che all'interno del bunraku il jôruri ha poi avuto grande
successo
anche
nel
teatro
kabuki
(soprattutto
nell'accompagnamento musicale delle danze) e come genere
musicale autonomo, eseguito in forma di concerto da camera.
•Il teatro classico dei burattini (ningyô jôruri, lett. "jôruri dei
burattini") nasce tra la fine del XVI secolo e l'inizio del XVII dalla
fusione di tre diverse tradizioni:
1.l'arte di manovrare i burattini
2.l'arte di declamare testi narrativi (il jôruri propriamente detto)
3.l'arte di suonare lo shamisen.
L'accompagnamento musicale con lo shamisen, venne introdotto in
Giappone verso la fine del periodo Muromachi, quando questo
strumento musicale fu importato dalla Cina attraverso le isole
Ryûkyû. Lo shamisen ebbe un immediato successo e venne adottato
da molti biwa hôshi al posto del biwa.
Il jôruri raggiunse la sua vetta più alta tra la fine del secolo XVII e
l'inizio del XVIII
Nella musica giapponese gli strumenti a
percussione (membranofoni e idiofoni) hanno
una grande importanza, molto maggiore di
quella
delle
percussioni
in
un'orchestra
occidentale, tanto che si può dire che in alcuni
generi musicali (come il teatro nô o il nagauta)
essi svolgano il ruolo di strumenti principali
dell'accompagnamento.
Non deve perciò stupire se l'elenco delle
percussioni comprende un grande numero di
strumenti diversi che a volte differiscono tra di
loro solo in dettagli apparentemente piccoli, ma
necessari per produrre le sottili differenze di
timbro che sono una caratteristica importante
dell'estetica musicale giapponese.
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Corso di Antropologia della Musica Lezione 7