i casi di nullità www.rieti.chiesacattolica.it Matrimoni, ecco lo sportello Pagina a cura dell'Ufficio Comunicazioni Sociali RIETI Via Cintia 83 02100 Rieti Tel.: 0746.25361 Fax: 0746.200228 e-mail [email protected] 12 attivo ogni mercoledì (ore 16.30–17.30) presso la Cattedrale S. Maria lo “Sportello formativo sulle nullità matrimoniali”, servizio di consulenza legale gratuito, promosso in sinergia tra gli avvocati ecclesiastici Roberta Di Blasi, Gloria Palmerini e Annalisa Mazzeo e il Servizio diocesano per il progetto culturale, le parrocchie Regina Pacis, Quattro Strade e Cattedrale, d’intesa con il Consultorio diocesano e il Circolo Acli “SoS Obiettivo famiglia”. È Domenica, 11 gennaio 2015 Ricordando il 6 gennaio del 1997, diversi i reatini alla cerimonia di consacrazione nella Basilica Vaticana Quando Wojtyla ordinò Lucarelli DI NAZARENO BONCOMPAGNI uguro che l’Epifania di Cristo risplenda in pienezza per te, monsignor Delio Lucarelli, pastore della diocesi di Rieti…». Le parole di Giovanni Paolo II rivengono alla mente in questo sei gennaio che segna, per il vescovo dell’antica sede reatina, l’anniversario che lo rende “maggiorenne” nella carica episcopale. Il ricordo corre a quella mattina dell’Epifania del 1997. In un settore della gremita Basilica Vaticana c’eravamo anche noi: una folta delegazione di reatini giunti a partecipare alla liturgia con cui il Pontefice futuro santo avrebbe donato alla diocesi il nono e ultimo vescovo del XX secolo, colui che avrebbe poi accompagnato la Chiesa di Rieti nel nuovo millennio, fino a oggi. Diciott’anni, appunto. Chissà se poteva prevedere che li avrebbe tutti trascorsi nel capoluogo sabino, quel prete di Fano che all’episcopato giungeva dopo l’esperienza di rettore del Seminario regionale marchigiano e dopo tanti anni trascorsi a Roma alla direzione nazionale delle Pontifice opere missionarie, dov’era segretario dell’Opera di San Pietro Apostolo, quella che si occupa del sostegno al clero indigeno in terra di missione. Nei mesi precedenti l’ordinazione qualcuno da Rieti era già andato a conoscerlo. Della stampa diocesana erano partiti, subito dopo la nomina giunta a fine settembre, gli inviati di Frontiera, allora rivista quindicinale, che all’indomani della notizia comunicata dal predecessore Molinari lo raggiunsero, in un pomeriggio domenicale, a Roma, incontrandolo nei locali della basilica di Santa Teresa a corso d’Italia. Lì, nella parrocchia «A La copertina di “Frontiera” dell’11 gennaio 1997 Un saggio di Chiarinelli, fraternità tra Papi santi l dono più gradito, durante le festività natalizie, è stato senz’altro il piccolo, prezioso saggio dal titolo Fraternità! “È questa l’immagine della Chiesa”– “Fratres sumus!”. Atto unico: racconto in dieci scene 27 aprile 2014, appena pubblicato da monsignor Lorenzo Chiarinelli, il vescovo emerito di Viterbo da alcuni anni rientrato nella nativa Rieti. In un momento dell’anno in cui le parole risuonano abusate dalla contaminazione consumistica e dalla banalizzazione strisciante dei buoni sentimenti, le brevi ed intense paginette dell’opuscolo non si prestano ad una lettura rapida o distratta, ma distillano una dolcezza antica che scalda il cuore e nutre la coscienza, proponendo itinerari diversi di meditazione. Il pretesto, nel senso autenticamente etimologico del termine, è dato dalla solenne cerimonia di canonizzazione che il 27 aprile 2014 ha visto elevare alla gloria degli altari due pontefici, san Giovanni XXIII e san Giovanni Paolo II, alla presenza di due pontefici, papa Francesco e l’emerito Benedetto XVI: protagonisti della storia della Chiesa sospesa tra il secondo ed il terzo millennio della cristianità, questi straordinari personaggi sono osservati con commozione da monsignor Chiarinelli, testimone autorevole del tempo, che ripercorre le fasi salienti, individua gli snodi che determinano il rinnovamento della Chiesa in una prospettiva escatologica riletta alla luce delle Scritture, analizzando le azioni ed i documenti pastorali che restituiscono il significato più profondo alla fraternità, vera immagine della Chiesa. Il lettore è dunque esortato alla riflessione, ritrovando nella personale memoria l’eco del discorso della luna, pronunciato a braccio da papa Giovanni XXIII la sera dell’11 ottobre 1962, rimeditando le parole evocative di papa Paolo VI, gli accenti profetici di papa Giovanni Paolo II, fino all’eco non ancora spento del saluto fraterno di papa Bergoglio, venuto dai confini del mondo a ricordare a tutti l’autentica dimensione della cristianità. Monsignor Chiarinelli elabora il suo testo come un racconto in dieci scene non perché si possa prestare ad essere un canovaccio teatrale, ma perché questo atto unico presuppone che il lettore si faccia protagonista, insieme con l’Autore, di un originale itinerarium mentis in Deum. Ileana Tozzi I Diciotto anni fa tra i dodici vescovi cui impose le mani Giovanni Paolo II il giorno dell’Epifania anche il presule nativo di Fano destinato a Rieti carmelitana in cui solitamente don Delio diceva Messa, raccogliere la prima intervista al neo eletto vescovo di Rieti toccò ad Alessandra Lancia e Ottorino Pasquetti. Gli stessi che, tre mesi dopo, furono incaricati di coprire anche la cronaca di quel sei gennaio in Vaticano e ai quali mi aggiunsi anch’io. Il primo piano sull’ordinazione, che occupava quattro pagine sul primo numero del gennaio ’97, uscì dunque redatto a sei mani: l’articolo generale di Pasquetti sulla giornata, il pezzo a firma Lancia sul “primo abbraccio con i reatini” (che riferiva dell’incontro del neo ordinato con i conterranei marchigiani e i nuovi diocesani svoltosi nel Braccio di Carlo Magno), mentre a me toccò raccontare la liturgia in San Pietro. “Una liturgia dal respiro universale”, titolava il box, in cui attaccavo sottolineando come Lucarelli, reduce del lungo servizio speso per le missioni, non poteva lasciarsi sfuggire, scrivevo, l’occasione di essere ordinato «nel giorno della manifestazione di Cristo alle genti. Non per questioni di “onore”. Ma perché proprio questa liturgia esprime, in maniera tutta speciale, il senso dell’universalità della Chiesa e Il grazie per il cammino fin qui compiuto a voluto anche lui rievocare quel 6 gennaio di diciott’anni or sono, in cui ricevette da Wojtyla l’ordine dell’episcopato. Monsignor Lucarelli ha affidato il suo pensiero a un “tweet” sul portale del settimanale diocesano. «Ricordo l’emozione di quel giorno di 18 anni fa, quando papa Giovanni Paolo II mi consacrò vescovo in San Pietro insieme ad altri confratelli. I Magi, la Stella. Mi veniva indicato un cammino. Non sapevo quanto lungo, sapevo dove avrei iniziato, ma non sapevo che avrei concluso proprio a Rieti quel cammino di ricerca, nella fede del Cristo, Verbo fatto carne, in questa Valle francescana, così vicina per molti aspetti proprio alla terra di Gesù», ha scritto il presule nel pensiero on line per l’Epifania, richiamando alla mente il giorno della sua ordinazione episcopale e condividendo i suoi sentimenti di gratitudine mentre – compiuta ormai l’età “canonica” dei 75 anni e rassegnate le previste dimissioni – si dispone a passare a qualcun altro, presumibilmente nei prossimi mesi, la guida della Chiesa reatina. «Oggi, mentre mi preparo a lasciare il mio servizio in questa diocesi, sono a dire grazie anzitutto al Signore, che mi ha fatto compiere questo cammino con voi, cammino nel quale ho speso tutto me stess». Non manca il grazie «a quanti mi hanno accolto e ospitato e hanno avuto anch’essi la certezza che il Signore ci è sempre accanto e cammina con noi. Abbiamo ancora un breve tratto di strada da compiere insieme. Come i Magi, seguiamo la Stella!». H l’ansia missionaria, campo di lavoro di monsignor Lucarelli negli ultimi otto anni». Il clima che si respirava nella gremitissima basilica, evidenziavo nel pezzo, era proprio di “universalità”. Il Papa polacco imponeva le mani su dodici presuli di diverse parti del mondo. Tre erano gli italiani: assieme al nostro Lucarelli, il rettore del “Capranica” monsignor Pacomio, destinato alla diocesi piemontese di Mondovì, e il francescano monsignor Massafra, da tempo missionario in Albania, ove veniva incaricato di reggere da amministratore apostolico la diocesi di Lezhë (proprio il territorio dove opera la missione delle nostre suore di Santa Filippa Mareri). In basilica noi reatini – a parte le autorità, con la delegazione comunale guidata dal sindaco Cicchetti, il prefetto Altorio, il presidente della Provincia Calabrese e altri, che godevano dei posti riservati – eravamo collocati in fondo alla navata. Al Te Deum finale monsignor Delio sfilandoci dinanzi ci individuò e ci benedì sorridendo. Poi, terminata l’intesa cerimonia, ci radunammo tutti al Braccio di Carlo Magno per l’omaggio al neo ordinato, presenti anche i vescovi Molinari, che il successivo 2 febbraio gli avrebbe lasciato in consegna la cattedra di san Probo, e Cecchini, allora alla guida della sua nativa diocesi marchigiana di Fano– Fossombrone–Cagli–Pergola, oltre a Boccaccio, che al tempo governava l’altra diocesi della provincia reatina, la suburbicaria Sabina– Poggio Mirteto. Giunsero a intervistarlo le telecamere del Tg regionale di Raitre. E Lucarelli, alla domanda sulle prime impressioni, rispose: «Una sola, grande emozione». Quell’emozione che monsignore ricorda ancora oggi, in questo anniversario che potrebbe essere l’ultimo da vescovo “effettivo”, ora che si prepara a diventare “emerito”. Alla ricorrenza dei suoi 18 anni di episcopato ha voluto fare solo un piccolo richiamo, a conclusione dell’omelia del pontificale celebrato in Duomo la sera dell’Epifania. Ha ringraziato tutti per l’affetto dimostrato e ha ribadito di guardare tutti con simpatia, lui che si è ritrovato a fare per quasi un ventennio il vescovo senza che in precedenza se lo potesse aspettare. Lo aveva voluto confessare che al ministero episcopale non aveva mai pensato nel suo percorso vocazionale, parlando in quella prima intervista all’indomani della nomina, nel citato incontro con i colleghi a Santa Teresa: «Quando divenni sacerdote credevo che la mia vocazione fosse quella di parroco, è un servizio che ho sempre cercato, e invece mi ritrovo vescovo. Vorrà dire che se commetterò errori o gaffes avrete pazienza e mi perdonerete». Feste antoniane, già si pensa a giugno La Pia Unione all’opera sul nutrito programma dalla missione speciale alla reliquia da Padova er la Pia Unione Sant’Antonio di Padova di Rieti è già tempo di programmazione dell’anno sociale 2015 e, in particolare, del Giugno antoniano reatino. Quest’anno il tradizionale appuntamento si svolgerà dal 12 al 29 giugno attraverso un fitto calendario di momenti liturgici e appuntamenti di carattere culturale–formativo e artistico–ricreativo (con P illustri ospiti e relatori) che culminerà nella solenne processione dei ceri in onore di sant’Antonio di Padova fissata per domenica 28 giugno. Nell’ambito del programma, i cui dettagli saranno illustrati all’assemblea confraternale e con un’apposita conferenza stampa tra marzo e aprile prossimi, da rilevare una missione antoniana, grazie alla presenza a Rieti di una delegazione ufficiale della Basilica del Santo di Padova (guidata dal padre conventuale Luciano Marini, guardiano dell’Arcella) che recherà in città una insigne reliquia di sant’Antonio: «La missione antoniana – conferma il cappellano, don Roberto D’Ammando – ci permetterà di ampliare la conoscenza del messaggio del nostro Santo anche con anziani e malati che visiteremo presso l’ospedale San Camillo de Lellis e la casa di riposo delle suore di Santa Lucia, non dimenticando l’incontro con l’Unitalsi, benemerita associazione che da anni si interessa del trasporto dei malati nei diversi santuari internazionali, e con gli stessi religiosi e religiosi, tenuto conto che siamo già nell’anno dedicato alla persone consacrate. Tutte occasioni favorevoli che hanno ricevuto anche l’appoggio fondamentale del nostro vescovo diocesano e finalizzate a portare il Vangelo a tutte le persone che ne rimarrebbero escluse». Il Giugno antoniano reatino 2015 si soffermerà anche sul 770° anniversario della promulgazione del Breve di papa Innocenzo IV che nel 1245 decretò la costruzione della chiesa di San Francesco in Rieti (da sempre luogo deputato a ospitare le celebrazioni antoniane), la prima edificata dopo la Basilica di Assisi in onore del Serafico Padre. Infine, da non dimenticare che la stessa mosaico Lutto in casa Casciani i sono svolti la mattina della vigilia di Natale, nella chiesa di Oliveto Sabino, i funerali di Annita Cinti, la mamma di Massimo Casciani, responsabile delle Comunicazioni sociali e del Progetto culturale oltre che presidente del Consultorio familiare Sabino. Con parenti, amici e compaesani, a rivolgere il saluto si sono uniti diversi rappresentanti della Curia, cominciando dal vescovo monsignor Lucarelli che ha presieduto la Messa esequiale, concelebrata con il parroco del luogo, il vicario generale e altri sacerdoti intervenuti. Tutti si sono stretti attorno ai figli e ai nipoti nell’affidare a Dio l’anima della cara Annita, che si è così ricongiunta allo sposo Giuseppe che l’aveva preceduta un anno e mezzo prima nella dimora celeste. A Massimo e famiglia anche da queste colonne la sentita partecipazione al lutto. S Il 40° di don Savino an Giovanni Evangelista è il compatrono della Famiglia dei Discepoli, la congregazione fondata dal servo di Dio don Minozzi, i cui figli e figlie spirituali operano nell’Amatriciano, sua terra di origine. Ed è in tale ricorrenza che l’attuale parroco di Amatrice, don Savino D’Amelio, ha voluto festeggiare il 40° di sacerdozio, nel ricordo del 27 dicembre del ’74 in cui venne ordinato presbitero. Attorno al religioso della congregazione che, assieme alla conduzione della casa di riposo (nella cripta della cui chiesa riposano le spoglie del venerato fondatore), nel capoluogo amatriciano da qualche anno ha preso in carico anche la cura pastorale della parrocchia, si sono stretti in tanti per l’eucaristia giubilare concelebrata col vicario foraneo monsignor Luigi Aquilini – che al termine ha rivolto fervidi auguri al festeggiato – e altri sacerdoti e diaconi. A far festa a don Savino, le suore Ancelle del Signore e molti parrocchiani, che dopo la liturgia hanno brindato in una ricca e gioiosa agape fraterna. S Villa Reatina, arriva don Sano on Jean–Baptiste Sano è il nuovo parroco di S. Giovanni Bosco. Lo ha annunciato il vescovo Lucarelli, che come pastore della comunità del quartiere Villa Reatina ha scelto il sacerdote africano finora alla guida della parrocchia di Monteleone e Oliveto Sabino. Il 25 gennaio è in programma l’ingresso ufficiale in parrocchia di don Sano, prete giunto in Italia come rifugiato dal Rwanda in seguito alle vicende che hanno insanguinato il Paese africano trovando accoglienza nella Chiesa reatina, che serve da diversi anni con passione e competenza. Lascia così la zona del Turano – per la quale era finora anche vicario foraneo – diretto alla comunità alla periferia della città (che ha salutato nei mesi scorsi don Salvatore Bilotta, richiamato nella sua arcidiocesi di Catanzaro) che si prepara a celebrare così a fine mese la ricorrenza del titolare don Bosco (di cui in questo 2015 si festeggia peraltro il bicentenario della nascita) con il nuovo parroco. D anniversario. Fraterna Domus, il quarantesimo in San Pietro nche Rieti era presente alle celebrazioni svoltesi nella Basilica Vaticana per il 40° della Fraterna Domus di Sacrofano. Il 30 dicembre il cardinale Domenico Calgano, presidente dell’Apsa ha presieduto una Messa solenne in San Pietro per i quattro decenni di presenza della struttura presente nella periferia romana, che offre ospitalità per convegni, ritiri, esercizi spirituali, pellegrinaggi. Struttura nata dall’ingegno di don Francesco Bisinella, il fondatore dell’opera (spentosi nel 2006) portata oggi avanti dalle sorelle da lui fondate con l’aiuto di altri volontari. Don Bisinella, sacerdote veneto, giunse nella diocesi reatina ai tempi dell’episcopato Trabalzini: operò come parroco in quel di Posta e, anche dopo aver lasciato Rieti per avviare l’avventura della Fraterna Domus, rimase sempre legato a don Luigi Bardotti, il quale gli è poi succeduto nella direzione spirituale della sua opera. Alla celebrazione in San Pietro non è voluto mancare, concelebrando l’eucaristia col cardinale insieme al cappellano della struttura don Oscar Capreramons; da Rieti erano giunti anche don Fabrizio Borrello e il diacono Nazzareno Iacopini, oltre alla corale Aurora Salutis della chiesa di S. Domenico, che ha animato la liturgia. A processione dei ceri è stata ricompresa dal Comune di Rieti nel novero della manifestazioni del nostro territorio da inserire all’interno del compendio che la Regione Lazio presenterà alla prossima Expo 2015, in corso di allestimento. Fabrizio Tomassoni