‘Sono stata infermiera, sono stata assistente sociale, sono stata medico. Ma la cosa più difficile di tutte è imparare ad essere un paziente.’ Cicely Saunders Cicely Saunders OM - Order of Merit DBE - Dame of the British Empire FRCP - Fellow of the Royal College of Physicians FRCS - Fellow of the Royal College of Surgeons C icely Saunders nasce in Inghilterra il 22 giugno 1918. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale interrompe gli studi universitari e si dedica all’assistenza dei malati, prima come infermiera e poi come assistente sociale. Nel 1957 si laurea Dame Cicely Saunders (1918-2005) in medicina e nel 1967 fonda il St. Christopher’s Hospice a Londra. Cicely Saunders è stata il primo medico dell’epoca moderna ad aver dedicato l’intera vita professionale all’assistenza dei pazienti terminali. L’eredità che ci ha lasciato è di importanza incomparabile e continua ad ispirare l’opera di tutti coloro che, nel mondo, si dedicano al miglioramento dell’assistenza ai malati inguaribili. La mostra è stata realizzata dalla Fondazione Floriani in collaborazione con il Professor David Clark, Direttore dell'International Observatory on End of Life Care presso la Lancaster University; Augusto Caraceni, Anthony Greenwood, Elena Zucchetti e lo staff della Fondazione Floriani hanno curato l'edizione italiana; McCann Erickson ha elaborato il progetto grafico. Professor David Clark FONDAZIONE FLORIANI UNA RISPOSTA ALLA SOFFERENZA DEI MALATI TERMINALI. 1 Gli anni dell’infanzia e della giovinezza Cicely Saunders nacque il 22 giugno 1918 a Barnet, Hertfordshire, a nord di Londra, unica femmina dei 3 figli di Gordon e Chrissie Saunders. Suo padre, un agente immobiliare di successo, offrì alla famiglia una vita agiata, nei pressi di Hadley Green, tra giardini, campi da tennis, dame di compagnia, bambinaie e servitù. Tuttavia Cicely non era una bambina felice, e le cose peggiorarono quando, all’età di 14 anni, fu mandata a Roedean, uno dei collegi femminili più esclusivi in Gran Bretagna. Anche i genitori di Cicely ebbero dei problemi e, a metà degli anni ‘40, si separarono. Nonostante questo, la famiglia per Cicely Saunders costituì una fonte di energia e di stimolo, una solida base di partenza per il suo futuro sviluppo personale e professionale. I genitori di Cicely Saunders Provenivano da classi sociali differenti e avevano personalità contrastanti. Sua madre, Chrissie, crebbe in Sud Africa, a Burgesdorp, dove i genitori gestivano un negozio. Suo padre, Gordon, era il più giovane di 17 fratelli che, rimasti orfani di padre quando Gordon aveva solo 1 anno, vissero sempre nelle ristrettezze. Il matrimonio tra Chrissie e Gordon non fu mai facile, tuttavia: ‘se I genitori di Cicely il giorno del loro fidanzamento lei era negativa, lui era positivo, se lei era fragile, lui era forte’. (1) Cicely, nata nel giugno del 1918, era la loro primogenita. Fu battezzata con i nomi Mary Strode Saunders - Strode in memoria del loro illustre antenato che nel XVII secolo si ribellò a Carlo I. Dopo di lei nacquero due maschietti: John, nel 1920 e, 6 anni più tardi, Christopher. John era il più tranquillo dei tre. Si distingueva negli sport e crescendo si sentì spesso messo in ombra dai traguardi accademici di Cicely e Christopher. John e Cicely avevano solo 2 anni di differenza e condivisero quindi molte cose, lasciando a volte in disparte il fratello più piccolo. Non riuscivo ad integrarmi a scuola ‘Beh, I miei genitori non erano molto felici insieme, e nonostante fossimo bambini e non ne avessimo piena consapevolezza, questo fatto in qualche modo ha influito su di noi. Non riuscivo ad integrarmi a scuola; ero troppo alta, parlavo troppo… ma ero sufficientemente felice in quel periodo, forse anche perché ci eravamo trasferiti in una casa molto più grande, splendida. M i o p a d re e r a d e t e rm i n a t o a f a rc i a v e re u n a b u o n a e d u c a z i o n e , a n c h e u n i v e r s i t a r i a , d a t o c h e l u i n o n a v e v a p o t u t o p ro s e g u i re gli studi. Quando compii 14 anni, senza n e a n c h e d i s c u t e rn e , m i c o m u n i c ò c h e m i avre b b e m a n d a t a a R o e d e a n . Certo avrei preferito essere consultata. Andai con un’amica, anche lei proveniente dalla mia stessa vecchia scuola. Ci sorpresero a parlare nella nostra cameretta e per questo ci separarono. Finii in una camera singola, sola, e non fu affatto facile allacciare nuove amicizie. Fu un periodo abbastanza infelice. In aggiunta, alla fine di ogni giornata, dovevo fare degli esercizi correttivi per la mia schiena: mi dovevo sdraiare supina per 40 minuti, senza libri da leggere o musica che Cicely e sua madre potesse distrarmi, nel salotto della direttrice della scuola. Credeva che da sola non li avrei fatti in modo appropriato.’ (2) I miei genitori non erano fatti l’uno per l’altra ‘Ci trasferimmo a Hadley Hurst quando avevo 16 anni. Andammo ad abitare in una grande casa d’epoca con un giardino enorme… un grande prato, bordure fiorite e bellissimi alberi – due enormi cedri di fronte e due nel retro. Era una vita molto agiata: avevamo personale di servizio, un autista e una Rolls Royce, una stalla, casette per i giardinieri e per il maggiordomo. Io, però, frequentavo il collegio e i miei genitori non andavano d’accordo. Mia madre aveva una dama di compagnia e andavamo sempre in vacanza con gli amici. Ricordo, in occasione di una vacanza, che non c’erano tavoli sufficientemente grandi per tutti, dunque dovetti sedermi a tavola sola, con i miei genitori, e improvvisamente pensai: mamma mia, non sarebbe atroce se fossimo solo noi Cicely con suo padre tre?’ (3) Cicely amò e ammirò suo padre Lui si dedicò a lei e agli altri figli con orgoglio e ambizione. Le somiglianze con il padre si evidenziarono durante l’adolescenza – le numerose capacità e interessi, il bisogno di essere costantemente impegnata. Altre qualità, come il carisma e l’attitudine La scuola Roedean alla leadership, rimasero latenti in questo periodo, ma emersero molto bene in seguito. (4) Il matrimonio infelice tra Gordon e Chrissie Saunders terminò con la separazione nel 1945. Chrissie si vergognò a lungo del suo stato di separata e fu molto sola. Gordon morì nel giugno del 1961, Chrissie visse fino al 1968. Morì al St. Christopher’s Hospice, assistita da sua figlia. Cicely scolpì, sulla tomba di famiglia, le parole “in Lui è la nostra pace” poi, come riportato dalla sua biografa Shirley du Boulay: non si “dette più pena per i suoi genitori”. (5) Un gruppo di famiglia 1. Du Boulay, S (1984) Cicely Saunders. The founder of the modern hospice movement. London: Hodder and Stoughton, p18. 2. Cicely Saunders intervista con Neil Small, 24 ottobre 1995. 3. Cicely Saunders intervista con David Clark, 16 maggio 2000. 4. Du Boulay, S (1984) Cicely Saunders. The founder of the modern hospice movement. London: Hodder and Stoughton, pp 27-8. 5. Du Boulay, S (1984) Cicely Saunders. The founder of the modern hospice movement. London: Hodder and Stoughton, p 46. 2 Gli anni dell’università e del dopo guerra Nel 1938 Cicely Saunders si iscrisse all’Università di Oxford dove seguì corsi di Scienze Politiche, Filosofia ed Economia. In questo periodo, un’intensa crisi religiosa la spinse alla conversione al cristianesimo nell’ambito della Chiesa Evangelica. Nel Novembre del 1940 interruppe gli studi per diventare allieva infermiera presso la Nightingale Training School del St.Thomas’s Hospital di Londra. La sua attività, per i tre anni seguenti, si svolse nell’ospedale da campo fuori città dove la scuola era stata decentrata per il periodo della guerra. Stabilì un legame profondo con il gruppo di allieve infermiere con cui condivideva la passione per il canto e rimase in contatto con loro per tutta la vita. Nel 1944, a causa di gravi problemi alla schiena, fu costretta a lasciare la professione infermieristica. Riprese gli studi accademici a Oxford e nel 1944 conseguì il Diploma di Guerra in Pubblica Amministrazione e Scienze Sociali. Dopo un periodo di attività come assistente sociale, riprese la sua attività presso il St. Thomas’s Hospital. A scuola avevo seguito un corso di filosofia ed economia ‘La mia insegnante, Mademoiselle Lyon, aveva suggerito ai miei genitori di iscrivermi all’università. In un primo momento non riuscii a iscrivermi a Oxford e rimasi in lista d’attesa. Dopo un breve periodo preparatorio entrai finalmente al St. Anne’s College il 21 Settembre 1938 e riuscii a terminare l’anno prima dello scoppio della guerra. Cominciai però a pensare che non era il posto giusto in cui stare in tempo di guerra e che volevo fare l’infermiera. Un’amica aveva già lasciato la scuola per lavorare come infermiera e ricordo di aver pensato: è proprio quello che dovrei fare anch’io.’ (1) Non era davvero il posto giusto in cui stare in tempo di guerra. Decisi che volevo diventare un’infermiera ‘Nel 1941 iniziai il tirocinio come infermiera di sala al St. Thomas’s Hospital. La farmacopea a nostra disposizione era molto limitata… svolgevamo per lo più quello che oggi verrebbe definita un’attività assistenziale… la morfina, che avevamo in quantità molto limitata, era somministrata per iniezione. Facevamo turni di 12 notti, con due notti di riposo ogni tre mesi, e turni diurni con un giorno di riposo settimanale che iniziava alle cinque del pomeriggio precedente. Era molto faticoso ma ero contenta perché sentivo di essere al posto giusto… Nel 1944 l’invalidità causata dai problemi alla schiena mi costrinse a ritornare ad Oxford dove conseguii il diploma. Anne’s College a Oxford all’epoca Dopo aver subito un intervento Ilin St. cui Cicely Saunders ottenne il diploma alla schiena, ottenni l’incarico di Lady Almoner (una qualifica oggi paragonabile a quella di assistente sociale) di nuovo al St. Thomas.’ (2) ‘Ebbi dei guai perché il nostro gruppo di allieve aveva allestito uno spettacolo per la direttrice in visita e una delle ragazze si era travestita da Florence Nightingale. Nella scenetta, due infermiere mettevano a letto un paziente usando dei modi un po’ bruschi. Florence interveniva a sistemare le cose mentre noi, sullo sfondo, cantavamo “Povera vecchia Flo”. Il giorno dopo lo spettacolo venni convocata dalla direttrice: non diventerai mai una brava infermiera se non riesci a distinguere ciò che davvero conta e su cui non è permesso scherzare. Tra queste c’è Miss Nightingale!’ (1) Spesso non avevamo nulla da offrire se non noi stesse ‘ R i p e n s a n d o a l m i o a p p re n d i s t a t o c o m e i n f e rm i e r a d u r a n t e l a S e c o n d a G u e rr a M o n d i a l e , c re d o s i a s t a t o f o n d a m e n t a l e p e rc h è m i i n s e g n ò l ’ i m p o rtanza dell’impegno personale e l’attenzione ai piccoli dettagli. Spesso non avevamo n u l l a d a o ff r i re s e n o n n o i s t e s s e . ’ (3) Cecily Saunders infermiera al St.Thomas’s Hospital durante la Seconda Guerra Mondiale ‘Nel Luglio del 1947 ebbe inizio la mia attività di assistente sociale sempre presso il St.Thomas’s Hospital di Londra… In un periodo di grandi difficoltà economiche per gli ospedali - dovevamo raccogliere fondi e chiedere contributi volontari ai pazienti - fu un grande sollievo quando, nel 1948, fu introdotto il Servizio Sanitario Nazionale.’(4) ‘Nel Marzo 1948 iniziai a lavorare come infermiera volontaria una o due volte la settimana in una delle prime case di cura per malati terminali. Al St. Luke’s Hospital 48 letti erano riservati a pazienti con cancro in fase avanzata. Qui si somministrava regolarmente ogni quattro ore un “Brompton Cocktail” modificato. La versione usata al St. Luke ometteva la cannabis e, credo, la cocaina. Il dosaggio della morfina era calcolato in base alle necessità del paziente e, se erano necessari più di 60 mg., veniva somministrata con iniezione. La iosciamina associata alla morfina era impiegata negli stati di agitazione terminale.’ (2) Il St. Luke’s Hospital in Regent’s Park a Londra, dove Cicely Saunders lavorò come infermiera volontaria nel Marzo 1948 Si iscriva a medicina, sono i medici che abbandonano i morenti ‘Ero rimasta così colpita dal controllo del dolore che riuscivano ad ottenere al St. Luke che convinsi il chirurgo con cui lavoravo perché venisse a vedere. Il Dr Norman Barratt, un chirurgo toracico, era uno straordinario insegnante con una personalità davvero speciale, sempre attento al suo gruppo di lavoro e a quello che stava facendo. Un sabato, mentre ero in viaggio con lui verso Midhurst dove doveva operare, gli dissi: “Devo tornare a occuparmi dei morenti, devo in qualche modo tornare ad essere un’infermiera”. Fu allora che mi consigliò: “Si iscriva a Medicina, sono i medici che abbandonano i morenti, e c’è ancora tanto da imparare sul dolore; rimarrebbe frustrata se non riuscisse a farlo come si deve, e nessuno la ascolterebbe”. Mio padre fu molto contento perché non aveva una grande opinione del lavoro di assistente sociale e mi disse di non preoccuparmi per il denaro. Il Dr Barratt mi aiutò a ritornare al St. Luke nella nuova veste di studentessa in medicina.’ (5) Dal 1951 al 1957 studiai medicina ‘Dal 1951 al 1957 studiai medicina. In questo periodo ci fu una vera rivoluzione nel campo delle sostanze analgesiche disponibili per il controllo dei sintomi. Le prime fenotiazine, gli anti-depressivi, le benzodiazepine, gli steroidi di sintesi e le sostanze anti-infiammatorie non steroidee divennero di uso comune….’(2) Nell’estate del 1957 Cicely Saunders, infermiera, assistente sociale, medico, r a c c h i u d e v a i n s é t u t t e l e f i g u re d e l l ’ é q u i p e multidisciplinare. Per raggiungere i suoi obiettivi nell’assistenza ai pazienti t e rm i n a l i p o t e v a c o n t a re s u u n a p o t e n t e combinazione di motivazione personale, aspirazione professionale e sulla d e t e rm i n a z i o n e a p o rt a re a c o m p i m e n t o l e p ro p r i e i d e e , i n d i p e n d e n t e m e n t e d a quanti sforzi fossero necessari. Con la sua amica Rosetta Burch (a sinistra) a un matrimonio nei primi anni ‘50 1. Cicely Saunders, intervista con Neil Small, 24 ottobre 1995. 2. Saunders, C (1996) A personal therapeutic journey. British Medical Journal 313: 1599-1601. 3. Saunders, C (1999) Origins: international perspectives, then and now. The Hospice Journal 14 (3/4): 1-7. 4. Saunders, C (2001) Social work and palliative care – the early history. British Journal of Social Work 31: 791-99. 5. Cicely Saunders, intervista con David Clark, 3 maggio 2003. 3 L’ispirazione Il suo vero nome era Eli ma si faceva chiamare David Tasma. Nacque nel 1907 in una famiglia numerosa, sua madre morì che era ancora un ragazzo. Viveva nel ghetto ebraico di Varsavia e suo nonno era rabbino. A 22 anni si innamorò della moglie del suo migliore amico e per questo motivo lasciò la Polonia. Si recò a Parigi e, qualche tempo prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, si trasferì a Londra, dove lavorò come cameriere in un ristorante ebraico. Cicely Saunders, che si prese cura di lui fino alla fine, considerava David Tasma fonte di grande ispirazione e lo definì paziente fondatore del movimento hospice moderno. Molti anni dopo la sua morte, che avvenne a Londra il 25 febbraio 1948, la Saunders scrisse di lui: David, che pensava di aver sprecato la propria vita, con la sua morte ha fatto in modo che tutti potessero al termine della loro vita avere a disposizione pace e sicurezza. (1) di David Tasma Lo incontrai nel luglio del 1947 ‘Era ammalato ed era stato ricoverato al St. Thomas’s Hospital. Non era mai stato sposato, non aveva famiglia e viveva in una stanza in affitto, per questo motivo, in seguito ad un intervento chirurgico palliativo, aveva trascorso la convalescenza in ospedale. Ero un’assistente sociale e per me era essenziale riuscire a dimetterlo. In quell’occasione venni a sapere che aveva una buona padrona di casa, ma pochi amici. Peggiorò il 5 gennaio 1948 e il suo medico curante lo fece ricoverare all’Archway’s Hospital, a Highgate. Andai a trovarlo mentre aspettava l’ambulanza e fu allora che mi domandò, in modo molto diretto, se stava per David Tasma prima della sua partenza morire. Pensavo di non avere dalla Polonia alla fine degli anni ‘20 alternative, che avesse il diritto di affrontare la verità, e gli risposi, in maniera altrettanto diretta, di sì. Mi ringraziò, e gli dissi che sarei andata a trovarlo.’ (1) Voglio solo quello che c’è nella tua mente e nel tuo cuore ‘Nel corso dei due mesi successivi andai a trovarlo spesso. David mi raccontò delle sue difficoltà a lasciare una vita che sentiva incompiuta…Soprattutto aveva bisogno di qualcuno che lo ascoltasse, che capisse quanto fosse importante per lui terminare la propria esistenza dandole un senso. Un giorno gli proposi di leggergli alcuni salmi, ma lui mi rispose “ v o g l i o s o l o q u e l l o c h e c ’ è n e l l a t u a m e n t e e n e l t u o c u o re”. Quella frase mi aiutò a capire ciò che dovremmo offrire ai pazienti al termine della loro vita: la mente, attraverso la comprensione competente delle terapie più adeguate, ma anche l’attenzione e l’amicizia del cuore. In seguito David mi lasciò 500 sterline dicendomi “ s a r ò u n a f i n e s t r a n e l l a t u a C a s a ”. Quei soldi costituirono il primo fondo destinato alla realizzazione del luogo di cui tanto avevamo discusso insieme, il luogo che avrebbe potuto accogliere e soddisfare le sue esigenze, sicuramente meglio di un affollato reparto chirurgico. Ci vollero 19 anni per riuscire a costruire la “Casa” attorno a quella finestra (il St. Christopher’s Hospice). La sofferenza di un solo uomo ci aveva fatto comprendere la necessità di soddisfare i bisogni medici e spirituali di migliaia di altri pazienti.’ (2) Ospedale St. Thomas, Londra – luogo del primo incontro tra Cicely Saunders e David Tasma Sarò una finestra nella tua casa [Poesia] Starting Point - dedicata a David Tasma (3) Dopo la morte di David Tasma, Cicely Saunders volle approfondire le sue conoscenze sull’assistenza ai malati inguaribili. Lavorò come volontaria al St. Luke, una casa per morenti a Bayswater, in seguito prese l’importante decisione di studiare medicina. Iniziò nel 1952 e si laureò nel 1957 all’età di 39 anni. La targa adiacente alla “Finestra di David Tasma” all’entrata del St. Christopher’s Hospice Sydenham 1. Saunders C (2004) David Tasma. Hospice Information Bulletin. May: 6-7. 2. Saunders C (1989) Hospice – a meeting place for religion and science. In T Vanier Science and Faith. Paris: Flammarion, pp 236-76. 3. Questa poesia apre il capitolo di Saunders C (1989) Hospice – a meeting place for religion and science. In T Vanier Science and Faith. Paris: Flammarion, pp 236-76. 4 Al St. Joseph Nell’estate del 1957, poco prima di laurearsi in medicina, Cicely Saunders iniziò la stesura del suo primo articolo nel quale definiva le fondamenta per un nuovo approccio all’assistenza ai morenti. Con la sua pubblicazione l’anno seguente sulla St. Thomas’s Hospital Gazette le basi di quella che sarebbe stata la missione di tutta la sua vita erano state gettate. Dopo aver lavorato come infermiera specializzata, aver studiato filosofia ed economia ad Oxford, essere stata assistente sociale, iniziava l’attività di medico. Di fatto sarebbe stata il primo medico della storia moderna a dedicare l’intera carriera all’assistenza ai morenti. Si buttò in questo progetto come ricercatrice della Scuola di Medicina St. Mary, lavorando sotto la direzione del Professor Harold Stewart, e lo portò a termine al St. Joseph’s Hospice di Hackney. Il suo lavoro a stretto contatto con la comunità povera e operaia dell’East End londinese gettò le basi dell’intera filosofia hospice moderna. ‘Andai a parlare con Madre Mary Paula del St. Joseph, che mi disse: “ho un disperato bisogno di maggiore assistenza medica, perché il Dr Ross fa un salto qui tutti i giorni, ma il Dr Brown viene solo una volta alla settimana. Questo è tutto quello di cui dispongo, e non ho soldi…”. Perciò le dissi: “Beh, non mi deve pagare”. E allora mi rispose: “Bene, vada ad incontrare i medici e senta cosa le dicono”. Quindi incontrai entrambi i medici e dissi che avevo questa borsa di studio per la ricerca… fondamentalmente volevo p re n d e rm i v e r a m e n t e c u r a d e i p a z i e n t i e o s s e rv a re i l q u a d ro c l i n i c o d e l d o l o re term i n a l e e i l s u o t r a t t a m e n t o . L o r o m i d i s s e r o : “ Va b e n e , v e n g a ” . . . e h o d a v v e r o 1957, di fronte all’Our Lady’s Wing del a m a t o q u e l p e r i o d o .’ (1) St. Joseph, subito dopo la sua costruzione Al St. Joseph’s Hospice Cicely Saunders continuò a scrivere e avviò un fitto programma di lezioni e conferenze. Faticava non poco ad attirare l’attenzione dei medici, ma i suoi colleghi la incoraggiarono ad andare avanti. Una serie di suoi articoli, pubblicati sul Nursing Times nell’autunno del 1959, stimolarono un grande dibattito tra i lettori ed ottennero un editoriale sul quotidiano Daily Telegraph. I testi, basati su convinzioni religiose, personali e morali forti e ben radicate, a volte suscitavano reazioni polemiche e controverse, ma ebbero il merito di definire per la prima volta i principi di base dell’assistenza ai morenti, tanto da essere utilizzati in seguito come guide all’assistenza e alla pratica clinica. Nel 1964 Dame Saunders fu invitata a scrivere un contributo per l’American Journal of Nursing. L’articolo, che partiva dalla descrizione dei casi clinici studiati al St. Joseph focalizzando l’attenzione sugli aspetti infermieristici dell’assistenza, la rese nota anche negli Stati Uniti quale “pioniera” del movimento hospice moderno. La vista del Mare St. Hackney, dalla finestra di un paziente al St. Joseph In reparto al St. Joseph’s Hospice La Triumph Herald rossa di Cicely Saunders posteggiata davanti all’Our Lady’s Wing, 1963 Agli inizi degli anni ‘60 Cicely Saunders subì dei lutti personali che la toccarono profondamente: nell’agosto del 1960 morì Antoni Michniewicz, un altro paziente polacco che aveva avuto in cura al St. Joseph e al quale si era molto legata. Pochi mesi dopo visse un’esperienza straziante, che volle condividere solo con pochi intimi amici: la morte di “Mrs G”, paziente e amica preziosa. Infine, nel giugno 1961, morì Gordon Saunders, suo padre. Era malato da tempo ma l’elaborazione del lutto fu complicata da questioni testamentarie che Cicely considerava ingiuste. Fu una dolorosa sequenza di perdite e, come lei stessa riferì più tardi: ‘Ho “rimescolato” i miei lutti’. Ho rimescolato i miei lutti Negli anni 1958-65, nel corso della sua attività al St. Joseph, Cicely Saunders pubblicò più di 60 articoli, contributi e rassegne dirette a medici, infermieri e assistenti socio-sanitari e fu invitata a tenere discorsi e conferenze in occasione dei più prestigiosi convegni. Nel 1962 partecipò alla Sezione Chirurgica della Royal Society Antoni Michniewicz, che morì al St. Joseph nell’agosto del 1960 of Medicine con una presentazione critica intitolata “La gestione del dolore cronico”, nella quale evidenziava il bisogno di somministrare regolarmente gli oppioidi ai pazienti con dolore da cancro. Sulla base delle osservazioni condotte su 900 pazienti terminali al St. Joseph, la Saunders sosteneva che gli oppioidi non danno assuefazione, che la loro tolleranza non è un problema e che la somministrazione orale della morfina non si limita a mascherare il dolore, ma lo allevia. Superando la convenzione medica di quell’epoca, insistette anche sull’importanza del trattamento della “persona nella sua globalità”. Cicely Saunders e un paziente, 1963 Mi fa male tutto ‘Un giorno un paziente mi disse: “Dottore, è iniziato dalla schiena, ma ora sembra che tutto mi faccia male,” parlò di uno o due altri Mrs Hinson, la paziente da cui è stato sviluppato sintomi, e aggiunse il concetto di “dolore totale”, al St. Joseph “Avrei potuto implorare per ricevere le pillole e le iniezioni ma sapevo che non dovevo. Nessuno sembrava capire come mi sentissi e mi sembrava che tutto il mondo fosse contro di me. Mio marito e mio figlio sono stati meravigliosi ma hanno dovuto lasciare il lavoro perdendo i loro soldi. Ora è meraviglioso ricominciare a sentirsi di nuovo bene, al sicuro”. Rispondendo ad una sola semplice domanda era veramente riuscita a rendere l’idea della sua sofferenza, delle sue preoccupazioni. L’ho citata in numerose occasioni come esempio di quello che nella letteratura hospice oggi è definito come dolore totale.’ (1) ‘Quando arrivai al St. Joseph avevamo una serie di opportunità terapeutiche: si utilizzavano il Largactil, la petidina per via orale, iniettavamo morfina, le somministrazioni avvenivano solo su richiesta e senza regolarità. Fu meraviglioso riuscire a convincerli (beh, non ci volle molto con Sorella Mary Antonia) che p o t e v a m o c u r a re u n p a z i e n t e s o m m i n i s t r a n d o f a rm a c i r e g o l a rm e n t e , t e n e n d o u n d i a r i o d e l d o l o re p e r m o n i t o r a r l o , e s e d e rc i a d a s c o l t a re i pazienti come persone…e n a t u r a l m e n t e q u e l l o e r a c o m e a g i t a re u n a b a c c h e t t a m a g i c a. Sorella Mary Antonia mi scrisse alcuni anni fa dicendo: ricordo bene il passaggio dal dolore all’analgesia.’ (1) Sorella Mary Antonia, con la quale Cicely Saunders lavorò al St. Joseph 1. Cicely Saunders, intervista con David Clark, 3 maggio 2003. 5 Progetti per il Nel 1958, subito dopo l’avvio della sua borsa di ricerca, Cicely Saunders si dedicò al progetto dell’hospice, che intitolò a San Cristoforo - il santo patrono dei viaggiatori a indicare che si sarebbe preso cura delle persone durante il loro ultimo viaggio. Riunì dunque attorno a sé un gruppo di sostenitori che l’aiutarono a sviluppare le sue idee in ogni dettaglio, e fece numerosi viaggi negli Stati Uniti ed in altri paesi per promuovere ed affinare il proprio pensiero. In risposta all’atteggiamento senza speranza della medicina nei confronti del malato terminale (“non c’è più niente da fare”) la Saunders propose un’alternativa creativa e positiva, che mirava ad assicurare il sollievo dal dolore, mantenere la dignità e migliorare il periodo di vita residuo del paziente, anche se breve. Il suo concetto di “dolore totale” fornì un modo rivoluzionario di concettualizzare la complessità della sofferenza dei pazienti: era necessario un approccio sistematico al controllo del dolore fisico, ma occorreva prestare particolare attenzione anche ai bisogni sociali, emozionali e spirituali dei pazienti. Nonostante le barriere da superare fossero innumerevoli, nell’estate del 1967, dopo 8 anni di raccolta fondi, programmazione e campagne promozionali, il St. Christopher’s Hospice aprì le sue porte ai primi pazienti. St. Christopher’s Hospice Nella seconda metà del 1959 Cicely Saunders manifestò chiaramente i primi segni delle sue intenzioni strategiche inviando ai soci un documento di 10 pagine per valutare le loro reazioni. Il documento, intitolato “Lo Schema”, illustrava la struttura e l’organizzazione della moderna “Casa di Cura per i terminali”, specificando: le dimensioni della casa (prevedeva 60 posti letto), il personale necessario, i capitali, gli aspetti 2 marzo 1965, inaugurazione del primo piano del St. Christopher’s Hospice, con Lord Thurlow (presidente) finanziari e fiscali così come gli accordi contrattuali. In breve tempo si costituì un gruppo di sostenitori, piccolo, ma entusiasta. All’inizio del 1961 il progetto architettonico dell’hospice era pronto, così come il preventivo, che ammontava a 376,000 sterline. Il clima economico di quegli anni, però, era caratterizzato da una forte inflazione e l’architetto l’avvertì: ‘i prezzi aumentano ogni giorno che passa’. Con alcune suore del St. Joseph, 2 marzo 1965 Fin dall’inizio la costruzione dell’hospice si avvalse del contributo di piccole donazioni e lasciti, ma venne anche realizzata una campagna di raccolta fondi sistematica indirizzata ai principali enti di beneficenza, alle aziende londinesi, e alle classi più abbienti della società britannica, che portò, nei 3 anni successivi, alla raccolta di più di 330,000 sterline. Nel 1966, però, l’hospice era ancora in fase di costruzione, il budget di spesa era arrivato a 400,000 sterline, mancavano ancora molte risorse ed il clima finanziario nazionale non era favorevole. Cicely Saunders tuttavia annotava: ‘il St. Christopher sta diventando sempre più grande e splendido ed il bilancio si sta assestando’. All’inizio del 1967 il budget complessivo si arrestò a 480,000 sterline. A giugno l’edificio ottenne le autorizzazioni necessarie, la prima équipe di operatori fu assunta e iniziarono ad arrivare i primi pazienti. Entro la data del 24 luglio 1967 tutti i debiti furono liquidati. In questo lavoro l’aspetto medico e quello spirituale sono inestricabilmente legati In quei giorni il gruppo di progettazione dell’hospice sviluppò un grande dibattito attorno alla filosofia organizzativa e all’orientamento del St. Christopher. Cicely Saunders scrisse ad uno dei Il cantiere del St. Christopher’s Hospice suoi consiglieri: ‘Tu non eri sicuro se la mia visione fosse medica o spirituale. N e l n o s t ro l a v o ro g l i aspetti medici e spirituali sono inestricabilmente legati. Sono a n s i o s a d i f a r c o n o s c e re a i p a z i e n t i i l S i g n o re e d i f a re q u a l c os a p e r a i u t a r l i a “ s e n t i r l o ” p r i m a c h e m u o i a n o , m a d e s i d e ro a n c h e a l z a re g l i s t a n d a rd d e l l e c u re di fine vita in tutto il paese, per lo meno dal punto di vista medico, laddove non p o s s o f a re n i e n t e p e r q u a n t o r i g u a r d a l ’ a s p e t t o s p i r i t u a l e ’ . (1) Il 1959 ha visto nascere numerose iniziative indipendenti ma collegate tra loro Indubbiamente gli anni ‘50 furono anni fertili per lo sviluppo delle idee nel campo dell’assistenza al paziente con malattia terminale. Verso la fine della sua vita Cicely Saunders scriveva: Assegnazione dei premi per infermieri al Royal Marsden’s Hospital di Londra, probabilmente nel 1965 ‘Il 1959 ha visto nascere numerose iniziative indipendenti ma correlate tra loro: Feifel ha pubblicato il suo importante libro “The meaning of death”; Renee Fox “Experiment Perilous”, la sua osservazione partecipata all’interno di un reparto dove, per la prima volta, la medicina conduceva una sperimentazione con gli steroidi somministrati a Copie di alcuni articoli di pazienti affetti da malattie Cicely Saunders pubblicati tra la fine degli anni ‘50 e i primi anni ‘60 terminali…; nello stesso anno Margaret Torrie ha fondato CRUSE, il servizio di supporto per le vedove, e l’editore di Nursing Times mi ha chiesto di lavorare ad una serie di 6 articoli sull’assistenza ai morenti’. (2) I primi anni ‘60 furono segnati da un rapido sviluppo delle conoscenze della Saunders. Nel 1959 aveva faticato a trovare 40 riferimenti bibliografici da inserire nel capitolo da lei curato in “Cancro”, opera di sei volumi di Ronald Rave, ma nel 1967 il suo opuscolo, intitolato “Gestione della malattia terminale”, conteneva ben 184 riferimenti a opere pubblicate. Cominciava senz’altro a delinearsi un nuovo settore nella pratica clinica e assistenziale. Immediatamente dopo l’apertura del St. Christopher’s Hospice Cicely Saunders pubblicò un articolo che potrebbe essere considerato una presentazione dell’hospice. (L’hospice) ‘ c e r c h e r à d i c o l m a re l e l a c u n e n e l l a r i c e rc a e n e l l a f o rm a z i o n e n e l c a m p o d e l l ’ a s s i s t e n z a a i p a z i e n t i a ff e t t i d a m a l a t t i e o n c o l o g i c h e , o d a a l t r e m a l a t t i e c r o n i c h e e t e r m i n a l i , e d e l l e l o r o f a m i g l i e ’. Cicely incoraggiava il coinvolgimento dei familiari nell’assistenza e poneva grande enfasi sulla continuità delle cure anche a chi tornava alla propria abitazione. Così il St. Christopher, che già disponeva di 54 posti letto, un ambulatorio e 16 letti per le necessità del personale e delle loro famiglie, presto cominciò ad organizzare anche un servizio di assistenza domiciliare. Nella visione della Saunders, inoltre, l’hospice avrebbe dovuto diventare una fondazione religiosa molto “aperta”. Infine era forte la consapevolezza che i grandi investimenti che erano stati necessari per realizzarlo avevano consentito di elaborare un progetto pilota che avrebbe potuto avere influenze e implicazioni di grande importanza. (3) Possa portare conforto e sollievo a molti, possa stimolare molti altri a seguire il tuo cammino Alla fine del 1967 il Dr Herman Feifel, il noto psicologo, inviò una lettera di congratulazioni da Los Angeles scrivendole: ‘Possa l’hospice portare conforto e sollievo a molti, possa stimolare molti altri a seguire il tuo cammino’. Appariva sempre più evidente che il traguardo raggiunto superava la semplice realizzazione del St. Christopher’s Hospice. L’ufficio della Dr.ssa Saunders era proprio sopra l’entrata principale Si andava delineando la nascita di un collocato dell’hospice e fu utilizzato fino a pochi vero e proprio movimento che, per mesi prima della sua morte continuare a crescere e fiorire avrebbe avuto sempre più bisogno dell’energia, della dedizione e dell’elasticità mentale di Cicely Saunders. 1. Lettera: Cicely Saunders a Bruce Reed, il 14 Marzo del 1960. 2. Saunders, C (2001) Social Work and Palliative Care - The early History. British Journal of Social Work 31: 791-99. 3. Saunders, C (1967) St. Christopher’s Hospice. British Hospital Journal of Social Work. 6 Assistenza, L’apertura del St. Christopher’s Hospice corrispose con uno dei momenti “più alti” delle aspirazioni di Cicely Saunders, ma costituì anche il punto di partenza di un progetto molto più ampio. Il lavoro all’interno dell’hospice doveva essere sviluppato, e le idee e i principi che avevano animato la Saunders potevano finalmente essere sperimentati e applicati nella pratica. Come prima esperienza di Hospice “moderno” il St. Christopher cercò di conciliare e di sviluppare ai massimi livelli tre aspetti chiave: assistenza clinica, formazione, ricerca. Presto il St. Christopher diventò il modello cui si ispirarono numerose esperienze di assistenza hospice che si andavano diffondendo in Gran Bretagna e nel resto del mondo. Per 18 anni Cicely Saunders fu responsabile della direzione medica dell’hospice. In poco tempo riuscì ad organizzare l’assistenza domiciliare, promosse la ricerca clinica sulla terapia del dolore, avviò studi di valutazione sulla qualità dell’assistenza, aprì un centro di formazione specialistica. Tutto ciò richiese un impegno enorme dal punto di vista clinico, organizzativo ed economico. formazione, ricerca I primi progetti di ricerca al St. Christopher si occuparono di 3 argomenti principali: lo studio degli aspetti psicosociali del lutto, la valutazione comparata dell’assistenza hospice rispetto ad altre organizzazioni e modalità di cura, lo studio farmacologico sui vantaggi e la gestione di farmaci oppioidi. Queste ricerche permisero di supportare e consolidare il lavoro pionieristico di Cicely Saunders e degli altri fondatori del St. Christopher negli anni ‘50 e ‘60. Per 18 anni Cicely Saunders fu direttore medico dell’hospice Le ricerche di valutazione furono avviate ancora prima di ricoverare il primo paziente Lo psichiatra Colin Murray Parks, ad esempio, condusse uno studio sui ricordi di chi si prendeva cura dei pazienti terminali. Scoprì che i pazienti che morivano a casa o in ospedale, al contrario dei pazienti ricoverati in hospice, non ricevevano cure adeguate per il sollievo dal dolore. Nel 1970, sempre al St. Christopher, Twycross associò la morfina alla diamorfina in uno studio e non rilevò alcuna differenza clinica tra i due farmaci. Dimostrò inoltre l’assenza di tolleranza e dipendenza...Le attività assistenziali, di ricerca e formazione delle numerose unità hospice che si costituirono a partire dagli anni ‘70, dunque, poterono prendere spunto dalla pratica clinica ma anche dai risultati di ricerca. (1) Non preoccupatevi troppo del nostro deficit Fin dall’inizio ci furono preoccupazioni di tipo finanziario. Il 24 novembre 1969, però, Cicely Saunders scriveva a Henry e Florence Wald negli Stati Uniti: ‘Non preoccupatevi troppo del nostro deficit. Mi sto dedicando con tutte le mie forze alla raccolta fondi e sono sicura che i soldi arriveranno. Cercherò di avere dei letti dal Teaching Hospital e da alcuni dei grandi donatori, ma nel frattempo dovremo vivere di fede, come abbiamo fatto fino ad ora, i soldi arriveranno’. Cicely Saunders fotografata dalla sua amica Grace Golding nel 1975 Ad un congresso, nell’ottobre del 1970, fu presentata una revisione del lavoro fino ad allora svolto in hospice. In quell’occasione fu evidenziato che, nonostante dal punto di vista economico si facesse ancora affidamento sugli enti benefici e le donazioni private, il Servizio Sanitario Nazionale aveva cominciato a contribuire per i due terzi dei costi complessivi, inoltre i programmi di ricerca e i progetti sperimentali di assistenza domiciliare erano oramai completamente a carico della Sanità pubblica. 400 pazienti morivano ogni anno in hospice e tra i 40 e i 60 venivano dimessi e mandati a casa, anche se a volte solo temporaneamente. Ben presto gran parte dei pazienti poterono usufruire dei servizi hospice nelle loro abitazioni. (2) Cicely Saunders spesso parlava di un approccio positivo alla fase terminale. Non considerava la fine come una sconfitta, bensì come un’occasione di compimento, riconoscendo che molti erano i sentieri che conducevano al termine della vita. La terapia del dolore e l’assistenza divennero per lei gli obiettivi principali, a metà strada tra l’accanimento e l’abbandono terapeutico, dove la comprensione e la compassione erano di vitale importanza. Ci preoccupiamo delle persone e ci preoccupiamo in quanto persone Nel 1970 si sviluppò un grande interesse per il concetto di “persona”, particolarmente nel suo contesto familiare. L’attenzione alle famiglie, se confrontata alle prime esperienze di cura al St. Joseph, era considerata un tratto distintivo dell’assistenza hospice. L’enfasi sull’importanza della presa in carico del paziente e della sua famiglia è un indicatore dello sviluppo del pensiero di Cicely Saunders anche in ambito psicologico e teologico, dove la “persona” viene considerata all’interno della propria rete di relazioni e nelle sue reazioni al deterioramento fisico. Da questo momento la preoccupazione per il paziente nella sua globalità diventa essenziale. Altrove ciò è espresso chiaramente nell’affermazione che il lavoro professionale in questo campo ha due dimensioni chiave: ‘Ci preoccupiamo delle persone e ci preoccupiamo in quanto Un momento di condivisione persone’. (3) Nonostante l’attenzione per la ricerca, Cicely Saunders osservava che ‘se la scienza considera i fenomeni nella loro generalità per utilizzarli, l’arte osserva le cose e le persone nella loro individualità per conoscerle’. (2) I pazienti erano quindi incoraggiati a descrivere, in prosa o in forma poetica, con la pittura e il disegno, la loro esperienza. Le loro opere erano delle vere e proprie finestre sulla sofferenza. Cicely Saunders, inoltre, prestava grande importanza all’accoglienza dei pazienti in hospice e al coinvolgimento delle famiglie e dei bambini degli operatori sanitari alla vita dell’hospice. Al St. Christopher si respirava un senso di comunità, favorito anche dal coinvolgimento religioso di molti di quelli che vi lavoravano. Assistenza attiva, palliativa, terminale sono tutte categorie sovrapponibili Nel 1976 Nursing Times decise di ripubblicare la serie di articoli che Cicely Saunders aveva scritto 17 anni prima e che avevano suscitato grande interesse. Le cure palliative e terminali si andavano consolidando: si analizzavano i cambiamenti avvenuti negli ultimi anni e si affrontavano nuovi dibattiti e argomenti, come i “living wills” o l’accanimento terapeutico. L’utilizzo crescente del termine “cure palliative” evidenziava che le idee che si erano sviluppate in hospice si stavano trasferendo in altri contesti, anche a casa e negli ospedali. Con l’inizio degli anni ‘80 Cicely Saunders affermò con ancora maggiore sofferenza che la “terminalità” di un paziente può non essere uno stato irreversibile e che assistenza “attiva”, “palliativa”, e “terminale” sono tutte categorie sovrapponibili. (4) L’attività di assistenza in reparto fu una fonte di ispirazione costante per Cicely Saunders che sempre vi fece riferimento nei suoi scritti e nelle sue lezioni A partire dal 1975 il St. Christopher iniziò a ricevere circa 2000 visitatori all’anno All’inizio il St. Christopher era l’unico centro di formazione specializzato nelle cure ai terminali, ricevette perciò numerose richieste di collaborazione e visite da ogni parte del mondo. Gli scambi furono incoraggiati e, a partire dal 1975, il St. Christopher ricevette circa 2000 visitatori all’anno, cui venivano dedicate visite di presentazione anche in francese e particolari iniziative durante i fine settimana. L’attività di raccolta fondi fu sempre una prerogativa del St. Christopher 1. Saunders, C (2000) The evolution of palliative care. Patient Education and Counseling 41: 7-13. 2. Saunders, C (1971) The patient’s response to treatment. A photographic presentation showing patients and their families. In Catastrophic Illness in the Seventies: critical issues and complex decisions. Proceedings of the Fourth National Symposium, 15-16 October 1970, New York: Cancer Care Inc, 33-46. 3. Saunders, C (1972) A therapeutic community: St Christopher’s Hospice. In: Schoenberg B, Carr AC, Peretz D, Kutscher AH eds. Psychosocial Aspects of Terminal Care. New York and London: Columbia University Press, 275-89. 4. Saunders, C (1981) Current views on pain relief and terminal care. In M Swerdlow ed The Therapy of Pain. Lancaster: MTP Press, 215-41. 7 L’influenza del Già alla fine degli anni ‘50 Cicely Saunders intuiva che le sue idee non sarebbero rimaste confinate ad un’unica struttura dedicata ai malati terminali, ma che potevano essere sviluppate e ampiamente diffuse. All’inizio degli anni ‘60 si impegnò in un programma intensivo di conferenze a livello internazionale, insegnò e scrisse con impegno e costanza, diffondendo così la moderna filosofia della cura al malato terminale. Con il passare del tempo l’interesse e l’attenzione dei media crebbero e il St. Christopher’s Hospice cominciò ad essere sempre più conosciuto nel mondo, diventando luogo di ispirazione per molte persone che vi si recavano per studiare, fare ricerca, sviluppare competenze cliniche. Il riconoscimento per il movimento che Cicely Saunders aveva fondato e per il contributo che aveva dato al miglioramento dell’assistenza ai malati terminali cresceva sempre più. Nel 1959 Cicely non avrebbe mai immaginato che sarebbe diventata famosa e che avrebbe ricevuto premi e onorificenze. Nel 1986, ad esempio, le furono assegnate una laurea honoris causa dall’Università di Oxford e un’altra dall’Università di Cambridge e nel 1989 ottenne la più alta onorificenza del Regno Unito: l‘“Order of Merit”. movimento hospice si diffonde Nonostante fino al 1967 il termine “movimento hospice” non facesse ancora parte del lessico corrente dell’assistenza al malato terminale, le sue basi erano state gettate. Tra gli anni ‘40 e ‘50, infatti, Cicely Saunders aveva intrapreso un progetto personale molto ambizioso: prendendo ispirazione dalla propria fede e dalle proprie sofferenze personali, sfruttando le proprie competenze professionali e l’inesauribile energia che la contraddistingueva, era riuscita a raccogliere attorno a sé il sostegno di amici e colleghi che, con lei, lavorarono alla realizzazione del St. Christopher’s Hospice. Ma l’impegno di Cicely Saunders a favore dell’assistenza hospice era già stato riconosciuto nel 1965 quando, il 9 marzo a Buckingham Palace, le fu conferito l’“Order of the British Empire”. Quattro anni più tardi, invece, nel giugno del 1969, ricevette dall’Università di Yale, negli Stati Uniti, la prima delle oltre 25 lauree honoris causa che costellarono la sua Con sua madre (sinistra) e la nipote Penelope (destra) vita professionale. alla cerimonia di assegnazione dell’ “Order of the British Empire” Negli anni 1963, ‘65 e ‘66 Cicely Saunders si recò negli Stati Uniti per un programma di conferenze Cicely Saunders lavorò molto alla costruzione di una rete di collaborazione internazionale. Negli anni 1963, ‘65 e ‘66 si recò negli Stati Uniti per un programma di conferenze che accrebbero la sua fama ed il riconoscimento internazionale. La collaborazione con l’Università di Yale, in particolare, si rivelò particolarmente significativa. Alla sua prima visita tenne la prima lezione al consiglio degli studenti presso la Scuola di Medicina e il giorno seguente, su speciale richiesta, replicò il suo intervento al Corso Postlaurea di Studi Infermieristici. In questa occasione incontrò Florence Wald, che diventò l’amica di una vita, e scoprì gli scritti di Viktor Frankl, in particolare “Man’s Search for Meaning”, che influenzarono moltissimo il suo pensiero negli 9 giugno, assegnazione della Laurea in Scienze alla Yale University anni successivi. Molti visitatori Col tempo, un numero crescente di visitatori americani giunse a Londra per visitare il St. Joseph’s Hospice e, benché non fosse ancora aperto, anche il St. Christopher. Anselm Strauss, per esempio, il sociologo e coautore del libro Awareness of Dying fece visita alla Saunders nell’autunno del 1965. A questo incontro ne seguirono molti altri. Il 19 dicembre di quell’anno Cicely Saunders gli scriveva: ‘Il tuo libro mi è arrivato per posta aerea. Ero chiusa in casa a causa di un terribile raffreddore, e sono riuscita a leggerlo tutto d’un fiato. Ti scrivo per dirti quanto mi sia piaciuto e quanto lo abbia trovato utile’. Allo stesso tempo in altre parti del Regno Unito (Sheffield, Manchester, Worthing, ecc.) si stavano progettando altri hospice prendendo a modello il St. Christopher. Lo staff del St. Christopher era disponibile a fornire informazioni a chiunque, in Inghilterra o all’estero, condividesse il desiderio di realizzare un hospice. Con l’aumentare dell’entusiasmo anche i politici e gli amministratori iniziarono ad interessarsi più da vicino all’assistenza hospice. Infine, nel novembre del 1972, si tenne a Londra il primo simposio nazionale sull’assistenza ai morenti i cui atti furono pubblicati sulla prestigiosa rivista medica British Medical Journal. (1) Dopo il 1974 il termine “cure palliative” venne utilizzato sempre più Tra il 1967 e il 1985 Cicely Saunders produsse circa 85 scritti che vennero tradotti in diverse lingue e pubblicati in numerosi paesi. Scrisse per giornali scientifici, manuali prestigiosi, pubblicazioni religiose e per un pubblico più ampio. Il suo lavoro, oltre ad apparire su periodici e manuali medici, su atti di simposi e conferenze, fu descritto in riviste e quotidiani e diventò argomento di film documentari. I collegamenti con i colleghi d’oltreoceano produssero una crescita costante di idee proficue. Il contatto con il chirurgo di Montreal Balfour Mont, ad esempio, condusse, dopo il 1974, all’adozione sempre più diffusa del termine “cure palliative” per descrivere il lavoro che si stava portando avanti con La Dott.ssa Saunders nel suo ufficio, dove era felice di ricevere i malati terminali. visite da persone provenienti da tutto il mondo Riconoscimenti ed onorificenze Con la crescita della sua reputazione, Dame Cicely ricevette molti premi ed onorificenze anche internazionali, tra questi: • Il “Lambeth Doctorate” in Medicina (1977) • La Medaglia d’Oro in Therapeutics del Worship Society of Apothecaries (1979) • Il titolo di Dame dell’Impero Britannico (1980) • Il premio Templeton per gli incredibili contributi in campo religioso • L’Order of Merit (1989) – l’onorificenza più elevata nel sistema Britannico, che prevede solo 24 membri scelti personalmente dalla Regina Nel 1980 il St. Christopher’s Hospice organizzò la sua prima conferenza internazionale. Fu la consacrazione ufficiale dell’hospice e coinvolse partecipanti provenienti da 17 paesi diversi. Gli atti vennero successivamente pubblicati. (2) I contributi veicolarono la convinzione crescente che le idee e i condizionamenti che si erano sviluppati nel mondo della beneficenza stavano cominciando ad influenzare anche il sistema sanitario istituzionale. Parallelamente allo sviluppo del suo lavoro, Cicely Saunders condusse una riflessione approfondita sullo stato del movimento hospice, sulle sue origini e storia, sull’opportunità di estendere questo tipo di assistenza anche ad altre patologie - come le malattie neurologiche e l’AIDS - , infine sulla necessità che l’assistenza hospice si affermasse non solo attraverso la proliferazione continua di strutture, ma anche con la diffusione sempre più ampia delle conoscenze, delle competenze più appropriate, dell’educazione e della formazione all’interno anche del sistema sanitario nazionale. Il processo potrebbe essere paragonato alla costruzione di un caleidoscopio ‘Ciò che in origine era stato avviato in risposta ai bisogni di un solo paziente ora, grazie ai contributi della storia, di articoli e aneddoti, di pazienti e famiglie, di operatori sanitari e volontari provenienti da tutto il mondo, si è notevolmente sviluppato. Questo processo potrebbe essere paragonato alla costruzione di un caleidoscopio: l’assemblaggio di esigenze diverse e apparentemente non correlate che, con un colpetto, si organizzano e strutturano in modo coerente, proponendo una nuova sintesi. È così che il St. Christopher è stato realizzato nel corso di anni di riflessioni intense e esperienza. Le équipe che sono venute in seguito hanno copiato questo modello modificandolo in relazione alle differenti circostanze e contesti.’ (3) Con la crescita della reputazione di Cicely Saunders, i suoi punti di vista furono condivisi da molte altre persone 1. Saunders, C (1973) A death in the family: a professional view. British Medical Journal 1(844): 30-31. 2. Saunders, C Summers, D and Teller, N (1981) Hospice: The living idea. London: Edward Arnold. 3. Saunders, C (2000) The evolution of palliative care. Patient Education and Counseling 41: 7-13. 8 Pietre miliari Nel 1985 Cicely Saunders si ritirò dal lavoro a tempo pieno in hospice, ma continuò a scrivere, a insegnare e a sostenere lo sviluppo degli hospice e delle cure palliative, avviò inoltre una riflessione sulle sue prime esperienze personali e professionali. La sua vita continuava a suscitare grande interesse pubblico, fu quindi soggetto di documentari televisivi, interviste giornalistiche e biografie. Nel 1980, dopo aver vissuto con lui per anni, sposò l’artista polacco Marian Bohusz-Sysko. Lei aveva 61 anni e lui 79. La loro convivenza fu costellata da visite di amici e sostenitori che gli volevano bene. Quando Marian si ammalò, Cicely rinunciò per un po’ di tempo a viaggiare e si dedicò completamente a lui. Riprese le sue attività e i suoi interessi solo dopo la sua morte, nel 1995, continuando a partecipare come relatore a incontri e conferenze internazionali e ad ispirare tutti i promotori delle cure palliative nel mondo. ‘Antoni (Michniewicz, il secondo paziente polacco che aveva avuto in cura e al quale si era molto legata) fu un “innamoramento” molto singolare. Abbiamo avuto a disposizione 3 settimane per noi, nonostante fosse ricoverato da circa sette mesi. Credo mi abbia dato la possibilità di capire veramente come ci si sente sul punto di morte. Mi ha fatto comprendere anche cosa significa perdere qualcuno, essere in lutto. Antoni era una persona tremendamente importante per me e fu molto difficile superare la sua perdita perché tutto in lui era fuori dall’ordinario. Ricordo che un giorno mi disse, “non ti posso offrire nient’altro che la mia sofferenza”, ma io gli dissi, “credimi per favore, non sono solo io... anche tu hai dato tanto a me”. Lui mi rispose, “ti credo”, e fu un momento estremamente intenso.’ (1) Il potere dell’impotenza ‘Credo di dovere molto ad Antoni, perché stare vicino a lui nella fase terminale mi fece comprendere il valore di una presenza autentica e quanto ancora ci fosse da fare in questo campo e ….. il potere dell’impotenza è qualcosa che bisogna continuare ad apprendere, solo così puoi capire la malattia, non solo dal punto di vista clinico, ma anche dai punti di vista filosofico e teologico, dove non c’è mai fine alla scoperta.’ (2) Alla scoperta di Marian ‘Era il 1963 e vidi un blu meraviglioso, una Crocifissione blu nella vetrina della Galleria Drian e pensai, “devo entrare”. Quindi mi fermai ed entrai. Era l’esposizione di un artista polacco, stessa età di Antoni, proveniente dalla sua stessa città. Ma non era per questo che mi innamorai, inizialmente rimasi affascinata dai suoi quadri, ne volevo assolutamente uno. L’esibizione, che era durata un mese, stava per chiudere, era andata molto bene e riuscii ad avere un quadro a metà prezzo. Il quadro rappresentava un Cristo. Si intitolava “Stilling the storm”, e andando a casa pensavo tra me e me, “che cosa ho fatto?”. Non avevo mai comprato prima un quadro, un originale, e quando ritornai per ritirarlo mi feci dare dalla Galleria l’indirizzo dell’artista per ringraziarlo. Se ti innamori di un artista è un’ottima cosa innamorarsi prima dei suoi quadri. Io e Marian ci incontrammo così.’ (2) Cicely Saunders ed il marito Marian Bohusz-Sysko ll loro primo incontro avvenne nel 1963, ma si sposarono solo nel 1980 Un artista splendido, selvaggio, matto ‘Ci volle molto tempo (prima di riuscire a sposarci) perché la sua prima moglie era ancora viva, in Polonia. Era un artista splendido, selvaggio, matto, ed era più vecchio di me di 18 anni. Siamo stati grandi amici per molto tempo, e alla fine… lui si trasferì da me. Ma non ci sposammo fino al 1980, con la morte della moglie. Quell’anno fui nominata Dame e ricordo che gli dicevo scherzando “tu sei un nobile polacco ed io sono solo una borghese, hai dovuto aspettare che diventassi Dame prima di deciderti a sposarmi”. Siamo stati insieme 15 anni e siamo stati felici, profondamente felici.’ (2) ‘Io e Marian abbiamo trascorso 5 giorni a Roma per partecipare ad una conferenza sulle comunità terapeutiche, dove sono stata invitata a presentare l’esperienza hospice. Il Papa ci ha ricevuto con un’udienza privata.’ (Lettera a Balfour Mount, 25 agosto 1984). Incontro con Sua Santità Papa Giovanni Paolo II nel 1984 A partire dalla seconda metà degli anni ‘80, Marian si indebolì. Ci furono timori e preoccupazioni, esami ed accertamenti. Cicely Saunders prese la decisione di diradare gli impegni all’estero, infine li interruppe del tutto. Rimase a casa con Marian, incoraggiandolo a dipingere, confortata dal suo orgoglio e dalla sua dignità, prendendosi cura di lui con l’aiuto di un vicino man mano che i suoi bisogni aumentavano. Marian morì, come era giusto, al St. Christopher assistito dai colleghi ed amici di Cicely Saunders. Dopo la sua morte Cicely Saunders riprese i suoi interessi, ricominciò a viaggiare, partecipò a numerosi convegni in tutto il mondo e rilasciò numerose interviste. Fede e meditazione Lasciando la carica di Direttore Medico nel 1985 trovò il tempo per approfondire la riflessione sugli aspetti spirituali e filosofici. Si ispirò molto alle opere di Julian di Norwich e alla poesia contemplativa di Anne Ridler. Trovò inoltre il tempo di riflettere sulla natura della sofferenza umana come viene espressa nell’arte, in poesia e in letteratura, e di sviluppare il suo concetto di dolore spirituale, che presentò per la prima volta alla conferenza internazionale del 1988 presso il St. Christopher’s Hospice. La Dr.ssa Saunders era profondamente interessata alla fede, alla religione e al significato della sofferenza. Cercò di ampliare la sua comprensione attraverso l’apprezzamento della musica, della poesia, della pittura e della scultura In un sondaggio per la nomina del più grande medico di tutti i tempi Cicely Saunders arrivò terza, dopo Sir John Snow e Ippocrate. In un appunto esprime la sua gioia per questa nomina. La fotografia è stata scattata dal marito 1. Saunders, C intervista con Neil Small 24 ottobre 1995. 2. Saunders, C intervista con David Clark, 2 maggio 2003. 9 Gli ultimi anni L’ottantesimo compleanno di Cicely Saunders, nel 1998, venne celebrato con una conferenza organizzata in suo onore presso il Royal College of Physicians, a Londra. Nel 2000 si ritirò da Presidente del St. Christopher’s Hospice per assumere il ruolo di Presidente Fondatore e seguire lo sviluppo della Cicely Saunders Foundation presso il King’s College di Londra. Mantenne però l’abitudine di partecipare ogni giorno alle preghiere mattutine presso la cappella dell’hospice, soffermandosi poi a discorrere tranquillamente col personale e con i visitatori e pranzando nella sala dell’ospedale. La si poteva trovare nel suo ufficio quasi ogni giorno, ancora attivamente impegnata nella corrispondenza e nelle letture. Nel 2002 si manifestò un Una straordinaria scultura in bronzo di tumore al seno ma, Dame Cicely, opera di Nigel Boonham, fu curiosamente, lei consegnata all’hospice nel febbraio del 2002 sembrò mitigare la diagnosi. Inoltre esibiva un atteggiamento ambivalente verso la propria mortalità: in alcune occasioni sembrava accogliere la morte solo per poi spingerla lontano, nella speranza di poter disporre ancora di alcuni anni per “rimettere in ordine le cose”. Il suo interesse verso il mondo delle cure palliative non accennò mai a diminuire; sembrava essere sempre al corrente sia delle notizie ufficiali che dei pettegolezzi, malgrado la malattia e la perdita di mobilità. Siccome le sue condizioni peggioravano, all’inizio del 2005 trovò sollievo trasferendosi in una stanza del Padiglione Nuffield presso il St. Christopher. Fu lì che morì il 14 luglio: nell’hospice che lei per prima si era ripromessa di creare più di quarant’anni prima. Che cosa hai tu che non hai ricevuto? ‘Il Professor David Clark, un sociologo medico, possiede tutta la mia ampia collezione di archivi, inclusi i memoranda, gli articoli e migliaia di copie di lettere alle innumerevoli persone che mi hanno aiutato in un modo o nell’altro a sviluppare le idee… Il St. Christopher è stato un precursore, ma ancora una volta io sono consapevole della verità: che cosa hai tu che non hai ricevuto?’ (Lettera di Natale agli amici Una raccolta di sue lettere venne pubblicata nel 2002 e fu seguita, subito dopo la sua morte, 1998-9). da un volume di pubblicazioni scelte (2006) Sino agli ultimi anni della sua vita, ogni mattina alle 8.45 esatte, Dame Cicely era nella cappella dell’hospice (per le preghiere mattutine). Poi riceveva i visitatori nel suo ufficio, si occupava delle continue richieste e allo stesso tempo accontentava gli storici e gli archivisti. La sua stanza era zeppa di libri, giornali, lettere e della meravigliosa confusione di una vita professionale intensa. La porta dell’ufficio di Dame Cicely al St. Christopher’s Hospice (2004) Le cartoline dagli amici e dai sostenitori erano sempre ricevute con grande piacere Il disordine della scrivania Il blocco degli appunti sulla scrivania di Dame Cicely, con l’agendina dei numeri telefonici (2004) Ho un meraviglioso gruppo di supporto ‘La mia spina dorsale sempre più accartocciata mi obbliga a fare lezioni da seduta e ho bisogno di una sedia a rotelle per percorrere qualsiasi distanza. Tuttavia ho un meraviglioso gruppo di supporto’ (Lettera di Natale agli amici, 1999). Amore e acciaio Durante l’inverno 2004 - 2005 l’artista Catherine Goodman dipinse il ritratto di Dame Cicely per la National Portrait Gallery di Londra. Il soggetto aveva 87 anni e furono necessarie 22 sedute . ‘Cicely lavorava duro, come facevo io col dipinto’ disse la pittrice. ‘Durante le nostre sedute c’era una specie di mutua Ritratto realizzato da Catherine Goodman concentrazione veramente rara nel 2005 (National Portrait Gallery) quando stai ritraendo qualcuno. Cicely era davvero coinvolta nell’intero processo’. Quando il ritratto venne scoperto, un amico dell’artista osservò che comunicava un senso di “amore e acciaio”. ‘Chiunque svolga un lavoro in hospice necessiterà in abbondanza di entrambi’ osservò Dame Cicely. 1. Dickinson, E Jane (2005) Painting Dame Cicely, The Times, 7 maggio: 22-23. FONDAZIONE FLORIANI UNA RISPOSTA ALLA SOFFERENZA DEI MALATI TERMINALI.