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GIOVANNA D’ALFONSO
La tutela collettiva risarcitoria del “danno da vacanza rovinata”. La prima sentenza di
accoglimento dell’azione di classe in tale ambito.1
Sommario. 1. La vicenda oggetto del giudizio. 2. Ambito soggettivo di applicazione dell’art. 140 bis
del Codice del Consumo. Configurabilità del fruitore del pacchetto turistico quale “consumatore”.
Il ruolo dell’associazione mandataria. 3. Modalità di partecipazione in giudizio degli aderenti
all’azione di classe ed ammissione giudiziale della costituzione in giudizio di terzi interventori.
Considerazioni critiche. 4. Responsabilità civile dell’organizzatore del viaggio tutto compreso per
inesatto adempimento contrattuale. Risarcibilità del “danno da vacanza rovinata”. 5.
Interpretazione restrittiva della nozione dell’“identità” delle situazioni soggettive tutelabili ex art.
140 bis del Codice del Consumo.
1.La vicenda oggetto del giudizio
Il Tribunale civile di Napoli, con pronuncia del 18 febbraio 20132, ha accolto la prima azione di
classe in ambito di “danno da vacanza rovinata”.
Nella vicenda in commento i due attori avevano stipulato un contratto di “viaggio tutto compreso”
con la società “organizzatrice” Wecantour di Goa s.r.l., avente ad oggetto il soggiorno a Zanzibar
per le vacanze natalizie nella settimana dal 23 al 31 dicembre 20093.
Tali soggetti, giunti a destinazione, furono trasferiti in una struttura diversa da quella
contrattualmente prevista, poiché l’albergo prenotato era in realtà un cantiere in costruzione. Furono
così obbligati a trascorrere i primi tre giorni della vacanza in un albergo di categoria inferiore,
poiché privo di spa, frigobar, telefono, televisione in camera e collegamento internet wifi, etc..
Negli ultimi quattro giorni furono poi condotti nel resort scelto in origine che si presentava
qualitativamente difforme rispetto alla descrizione di un albergo a quattro stelle, fornita
nell’opuscolo informativo: l’intero complesso era ancora in ristrutturazione e non erano dunque
ultimati né la spa, né i servizi connessi come la palestra, la piscina con i giochi d’acqua, etc.; inoltre
“la spiaggia antistante la struttura era completamente invasa dalle alghe, non regolarmente pulita e
priva di letti, ombrelloni, docce, etc.”. Tali circostanze provocarono ai turisti gravi disagi, derivanti
dalla lesione dell’interesse a godere del viaggio come occasione di piacere e riposo.
Lamentando tale pregiudizio, i proponenti l’azione di classe con atto di citazione ritualmente
notificato, conferendo mandato all’Associazione Unione Nazionale Consumatori, convenivano in
giudizio innanzi al Tribunale di Napoli4 il tour operator, richiedendo la condanna dello stesso al
risarcimento del “danno da vacanza rovinata”, patito da loro e dagli altri acquirenti del pacchetto
turistico.
Con l’atto di costituzione in giudizio il tour operator domandava l’autorizzazione della chiamata in
causa della società di assicurazione e della società proprietaria del villaggio con sede in Zanzibar
(terzo fornitore del servizio di alloggio). Il Tribunale di Napoli autorizzava con decreto il convenuto
ad effettuare la chiamata di terzi in giudizio, rinviando di oltre undici mesi la data dell’udienza per
1
Il presente contributo è in corso di pubblicazione sulla rivista “Notariato”, nel prossimo numero del 2013.
Trib. Napoli, sez. XII, 18 febbraio 2013, n. 2195, Pres. Dott. G. Scotto di Carlo; dott.ssa a.M.Pezzullo; dott.ssa C.
Manzo, in www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com
3
Servendosi dell’intermediazione di un’agenzia di viaggi.
4
L’azione di classe è stata esperita innanzi al Tribunale di Napoli, ai sensi dell’art. 140 bis, 4° co., c.cons., dal momento
che la società convenuta ha sede in provincia di Salerno.
2
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l’ammissibilità dell’azione di classe, in ragione dei problemi connessi alle notifiche all’estero5. Il
tour operator non provvedeva nel termine assegnatogli alla chiamata in causa dei soggetti
menzionati; essi non sono dunque intervenuti in giudizio.
Con ordinanza enunciata fuori udienza il 7 ottobre 2011, il Tribunale dichiarava ammissibile
l’azione di classe e fissava il termine per il deposito degli atti di adesione dei potenziali membri
della classe.
In sede di merito il Tribunale di Napoli con sentenza adottata in composizione collegiale6, previa
un’attenta disamina del quadro normativo della tematica oggetto di trattazione, ha accolto e
liquidato la pretesa risarcitoria dei proponenti e di taluni consumatori aderenti.
La pronuncia si pone nel solco del consolidato orientamento giurisprudenziale che ha riconosciuto il
“danno da vacanza rovinata”, anche prima dell’espressa introduzione e disciplina dello stesso nel
nostro ordinamento, avvenuta nel 2011 ad opera dell’art. 47 del c.d. Codice del Turismo7.
Essa assume però preminente rilievo nell’ambito applicativo dell’art.140 bis c.cons., per una
pluralità di ragioni sulle quali ci si soffermerà in seguito: in particolare, sia per i dubbi che la
dottrina nutriva sull’esperibilità del rimedio di natura collettiva per il risarcimento di danni di natura
non patrimoniale; sia per le peculiari scelte giudiziali in merito alla modalità di partecipazione al
giudizio collettivo dei componenti della classe ed alla costituzione in giudizio di terzi interventori;
sia per l’interpretazione restrittiva della nozione dell’“identità” delle situazioni soggettive tutelabili
ex art. 140 bis del Codice del Consumo.
5
Trattasi del decreto del Trib. Napoli, 31-5-2010, in Giusto proc.civ., 10, 815; si v. anche G. Costantino e C. Consolo,
Prime pronunce e qualche punto fermo sull’azione risarcitoria di classe in Corr.giur., 2010, 985; S. Menchini, I primi
provvedimenti relativi all’azione di classe dell’art. 140 bis Codice del Consumo, in www.judicium.it, § 1.
6
L’art. 140 bis, 4° co., c.cons. statuisce che il Tribunale tratta la causa “in composizione collegiale”. La ratio di tale
disposizione è ravvisabile nella circostanza che il processo “collettivo” assume rilevanza dal punto di vista sociale. In
tal senso si v. C. Consolo, E’ legge una disposizione sull’azione collettiva risarcitoria: si è scelta la via svedese dello
“opt in” anziché quella danese dello “opt out” e il filtro (“L’inutil precauzione”), in Corr.giur , 2008, 7.
7
Il Codice del turismo è stato introdotto dall’art. 1, 1° co., d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79 -emanato in attuazione della
direttiva 2008/122/CE-, rubricato “Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo”, di cui
costituisce l’Allegato n. 1. Il codice del turismo è frutto di un’opera di semplificazione e coordinamento delle
disposizioni vigenti dettate nel settore turistico e di eliminazione di sovrapposizioni e contraddizioni. Il Titolo IV
disciplina la materia dei contratti turistici e rappresenta una trasposizione delle disposizioni sui “servizi turistici”, prima
contenute negli artt. 82-100 c.cons., che sono state abrogate e poi ricollocate, con l’apporto di rilevanti innovazioni,
negli artt. 32-51 c.tur. Sulla trasmigrazione delle disposizioni del Codice del Consumo nel Codice del Turismo si v. V.
Cuffaro, Un codice “consumato”(codice del consumo, credito ai consumatori e codice del turismo), in Corr.giur.,
2011, 1191 ss.; per le più rilevanti novità introdotte dalla disciplina dettata al Titolo IV del Codice del Turismo, si v. ex
multis, E. Malagoli, Il nuovo codice del turismo: contenuti e garanzie, in Contr. imp. E., 2011, 814 ss; E. Guerinoni,
Contratti e responsabilità nel Codice del turismo, in Corr.giur.,2012, 2, Allegato 1, 5 ss. Sull’abrogazione, ad opera
dell’art. 3, d.lgs. 79/2011, anche della l. 27 dicembre 1977, n. 1084, esecutiva della Convenzione internazionale sul
contratto di viaggio, c.d. CVV, le cui disposizioni erano applicabili ai soli contratti di viaggio internazionali eseguiti
totalmente o in parte in uno Stato diverso rispetto a quello in cui il contratto fosse stato stipulato e da cui il viaggiatore
fosse partito, si v. S. Caterbi, La nuova disciplina in tema di turismo, in Resp.civ.prev., 2011, 2393. Si v. anche E. M.
Tripodi, Il Codice del turismo dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 80/2012, in Disciplina del commercio e
dei servizi, 2012, 59 ss., in commento alla sentenza della Corte Cost., 2-4-2012, n. 80. Il giudice delle leggi ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale per eccesso di delega di talune disposizioni del d.lgs. 79/2011 che ha attribuito
competenze statali in materia di turismo, in violazione delle previsioni della legge delega 28 novembre 2005, n. 246.
Tale regolamentazione non statuiva difatti il riassetto generale dei rapporti tra Stato e regioni nel settore del turismo, dal
momento che la materia non rientra nella competenza esclusiva statale, ai sensi dell’art. 117, 2° co Cost.. La Corte Cost.
ha fatto salve le norme del “diritto privato del turismo”, di cui agli artt. 32-51 del Codice del Turismo. Per un’attenta
ricostruzione del rapporto tra “ordinamento civile” e diritto privato regionale, alla luce della riforma del Titolo V della
Costituzione, si v. S. Giova, “Ordinamento civile” e diritto privato regionale. Un difficile equilibrio nell’unitarietà del
sistema, Napoli, 2008.
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2. Ambito soggettivo di applicazione dell’art. 140 bis del Codice del Consumo. Configurabilità
del fruitore del pacchetto turistico quale “consumatore”. Il ruolo delle associazioni
mandatarie
L’azione di classe è stata intentata prima dell’entrata in vigore del c.d. Codice del turismo ed il
quadro normativo di riferimento della controversia è ravvisabile negli artt. 82-100 c.cons. che
dettavano la disciplina contrattualistica dei “servizi turistici”. La sentenza in epigrafe offre pertanto
lo spunto per riflettere sulla connotazione del fruitore del pacchetto turistico quale legittimato attivo
e/o potenziale aderente dell’azione di classe.
Invero la dottrina dominante ritiene che sia il proponente sia il potenziale aderente dell’azione di
classe debbano ricondursi alla figura generale del “consumatore” o dell’“utente”, configurati all’art.
3, lett. a), c.cons. come “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale,
commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta, ove non sia espressamente previsto”
(diversamente). L’art. 140 bis c.cons., nell’impiegare l’endiadi “consumatore”“utente”, non
contiene difatti alcuna previsione specifica che definisca in modo peculiare tali soggetti, rispetto
alla definizione generale all’art. 3, lett. a), c.cons8. Ne consegue che colui che intenti l’azione di
classe e/o colui che intenda aderire al processo collettivo dovrà provare di essere una persona fisica
che acquisti un bene o un servizio per fini non professionali ovvero, qualora eserciti una professione
o attività imprenditoriale, di aver agito per scopi di consumo, ossia che abbia compiuto determinati
atti per fini esterni all’attività esercitata9. Solo quando, a seguito di verifica giudiziale, si riscontri
la qualità di “utente” o “consumatore” del proponente e degli aderenti, si potrà demarcare la platea
dei potenziali destinatari della pronuncia giudiziale del processo collettivo10.
Con riferimento specifico al fruitore del pacchetto turistico, qualificato dall’art. 83, lett. c) c.cons.
“consumatore di pacchetto turistico” 11, la dottrina12 si è domandata se tale soggetto dovesse fornire
tale prova. Più precisamente ci si è interrogati se, con la locuzione “consumatore dei pacchetti
turistici”, il legislatore abbia inteso riferirsi unicamente alla figura generale di “consumatore”
ovvero abbia voluto intendere un consumatore sui generis: ossia un termine che includa sia la
persona che viaggi al solo scopo di piacere, sia il soggetto che viaggi per scopi lavorativi,
professionali, commerciali (e non per divertimento, vacanza, relax, cultura) e, dovendo affrontare
un viaggio, usufruisca delle condizioni vantaggiose del pacchetto turistico13.
Il dubbio ermeneutico derivava dalla circostanza che la disciplina dei servizi turistici fosse inserita
nel Codice del Consumo, il cui completo articolato è incentrato sull’esigenza di tutela del
contraente debole, e che ciononostante la figura del fruitore del servizio turistico, sebbene designato
8
Ex multis G. Alpa, L’art. 140 bis del Codice del Consumo nella prospettiva del diritto privato, in Riv.
trim.dir.proc.civ., 2010, 379; S. Cerrato, Un debutto “stonato” per la “nuova” class action italiana, in Banca, borsa,
tit. cred, 2010, 622; E. Ferrante, L’azione di classe nel diritto italiano. Profili sostanziali, Padova, 2012, 46.
9
Ovvero, qualora l’atto venga compiuto per un uso promiscuo, il consumatore deve provare che l’uso professionale sia
talmente marginale da assumere un ruolo irrilevante nell’ambito globale dell’operazione compiuta. Tra i più recenti
contributi attinenti la qualificazione di un soggetto quale “consumatore” o “utente”, si v. S. Mazzamuto, Il contratto di
diritto europeo, Torino, 2012, 148 ss.
10
Sul punto si v. A. Palmieri, La tutela collettiva dei consumatori. Profili soggettivi, Torino, 2011, 82-87.
11
Tale norma, ai fini di apprestare un’adeguata tutela in tale ambito settoriale, definisce il “consumatore del pacchetto
turistico” come “l’acquirente, il cessionario di un pacchetto turistico o qualunque persona anche da nominare, purché
soddisfi tutte le condizioni richieste per la fruizione del servizio, per conto della quale il contraente principale si
impegna ad acquistare senza remunerazione un pacchetto turistico”. Tale definizione è stata poi ripresa e adottata dal
legislatore, nel definire la nuova figura di turista all’art. 33, 1° co., lett. c), cod. turismo.
12
Id., o.c., 98.
13
A. Palmieri, l.u.c., che ha parlato di “natura ibrida del consumatore-turista”.
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“consumatore”, non fosse perfettamente sovrapponibile alla figura generale di cui all’art. 3, lett. a)
c.cons.14.
La Suprema Corte sembra aver accolto l’equivalenza tout court tra fruitore del pacchetto turistico e
consumatore in senso proprio laddove, in più pronunce15, ha precisato come l’interesse del turista al
godimento della vacanza assuma rilievo essenziale nel contratto di viaggio “tutto compreso”. La
Corte di Cassazione ha enfatizzato la c.d. finalità turistica e lo “scopo di piacere” del contratto di
acquisto del “pacchetto turistico”, puntualizzando come tale finalità non rappresenti un motivo
irrilevante, ma venga ad “obiettivizzarsi in tale tipo di contratto”, divenendo interesse che l’accordo
è funzionalmente volto a soddisfare. Nell’avallare la teoria della causa quale funzione economicoindividuale del contratto16, si è sottolineato come la “finalità turistica” connoti la “causa negoziale
concreta” ed assuma rilievo sotto diversi profili17.
In tale prospettiva la c.d. finalità turistica assumerebbe un ruolo preponderante ed il contratto di
viaggio sarebbe configurabile quale contratto di “viaggio tutto compreso” unicamente allorché il
fruitore del “pacchetto turistico” sia riconducibile alla figura del consumatore in senso proprio;
l’acquisto del pacchetto turistico e lo svolgimento del viaggio per fini professionali sarebbe pertanto
incompatibile con la finalità turistica18.
Tale impostazione avrebbe conseguenze sul piano rimediale. In particolare, ai fini dell’attivazione
della tutela collettiva risarcitoria, il fruitore del pacchetto turistico che intenti un’azione di classe
avrebbe una “corsia preferenziale” rispetto a qualunque altro proponente, poiché non sarebbe tenuto
a provare di agire per scopi che esulino dall’esercizio dell’attività professionale; e lo svolgimento
14
Sul carattere autonomo e distinto delle due definizioni si v. G. De Cristofaro, “Il Codice del Consumo”, in Nuove
leggi civ. comm., 2006, 76.
15
Si v. Cass.civ. 24-7-2007, n. 16315, in F.it., 2009, I, 214; Cass.civ. 20-12-2007, n. 26958, Contr., 2008, 786, con
nota di L. Barbiera; Cass.civ. 24-4-2008, n. 10651, Corr.giur., 2008, 1396 con nota di V. Mariconda; conformemente
Cass. civ., sez. III, 20 marzo 2012, n. 4372, in I contratti, 2012, 769 ss. con nota di F. Sangermano, La funzione
economico-individuale del contratto ed il danno non patrimoniale da inadempimento; in linea con i dettami della Corte
di Cassazione si veda anche la sentenza della Corte Cost., 30-3-2012, n. 75, in www.ilcaso.it, che si è espressa sul limite
risarcitorio del danno alla persona; per un commento si v. S. Vernizzi, La Consulta ed il limite risarcitorio per il danno
alla persona, in Resp.civ.prev., 2012, 111 ss.
16
Costruzione elaborata già da tempo da autorevole dottrina, si v. G. B. Ferri, Causa e tipo nella teoria del negozio
giuridico, Milano, 1966; più di recente, amplius Id., Il negozio giuridico, Padova, 2001, II ed.. In tale direzione
particolarmente rilevante è la pronuncia della Cass. civ., sez III, 8 maggio 2006, n. 10490 che ha superato la
configurazione della causa quale funzione economico-sociale, espressa emblematicamente dalla Cass.civ., sez III, 4
aprile 2003, n. 5324.
17
La Suprema Corte ha sostenuto che essa rilevi ai fini della qualificazione del contratto di viaggio tutto compreso,
determinando l’essenzialità di tutti i servizi strumentali alla realizzazione del prevalente scopo di godimento della
vacanza, per come essa sia proposta dall’organizzatore del viaggio e accettata dall’utente. Inoltre, allorché lo scopo di
piacere e di svago, in cui si sostanzia l’interesse del creditore, venga frustrato dall’inadempimento contrattuale
dell’operatore turistico, il fruitore dello stesso avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale da “vacanza
rovinata”. La finalità turistica inciderà altresì sulla sorte del contratto, qualora eventi sopravvenuti incidano
negativamente sull’interesse del creditore al godimento della vacanza: l’irrealizzabilità sopravvenuta dell’interesse
creditorio che il contratto era destinato a realizzare provocherebbe il venir meno della causa, quale funzione
economico-individuale”, e rappresenterebbe, sebbene non prevista sul piano normativo, una causa di estinzione
dell’obbligazione (distinta ed autonoma rispetto all’impossibilità sopravvenuta della prestazione di cui agli artt. 1463,
1464 c.c..) che provocherebbe la risoluzione del contratto. In un’altra pronuncia (Cass. civ. 4372/2012 cit.) la Suprema
Corte ha sostenuto che, qualora le finalità ed i motivi che abbiano spinto un soggetto a scegliere una vacanza siano
frustrati, verrebbe meno la causa del contratto, rilevando come la causa rileverebbe sia sul piano genetico, sia sul piano
funzionale del contratto. In posizione critica si precisa come tale argomentazione non sia condivisibile, poiché la causa
non può venire meno come elemento costitutivo del negozio; il dissolversi della causa rappresenterebbe dunque solo
una “brillante metafora”. In tal senso si v. F. Sangermano, o.c., 775-776.
18
Per tali osservazioni si v. A. Palmieri, o.c. 98, 100, 103.
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del processo collettivo sarebbe facilitato, nella misura in cui tale prova non dovrebbe essere fornita
neanche dai potenziali componenti della classe19.
Nel caso oggetto di attenzione, il collegio non ha esitato a configurare quali “consumatori in senso
proprio” tanto i proponenti, quanto gli aderenti e di riflesso a ritenere ammissibile l’azione di classe,
poiché tali soggetti avevano evidentemente compiuto l’atto di acquisto del pacchetto turistico per
scopi di consumo, ossia al fine di trascorrere a Zanzibar le vacanze natalizie del 2009-2010.
Sotto un diverso profilo, si deve osservare come la circostanza che i proponenti abbiano conferito
mandato per esperire l’azione di classe ad un’associazione consumeristica abbia inciso
positivamente sulla valutazione che il collegio ha operato sul giudizio di adeguatezza del
proponente l’azione di classe, ai sensi dell’art. 140 bis, 6° co., 2 proposizione, c.cons.
Tale disposizione prevede che il giudice pronuncerà l’inammissibilità dell’azione di classe,
allorquando il proponente non sia in grado di “curare adeguatamente l’interesse della classe”. Il
giudizio di adeguatezza deve riguardare l’attitudine sia a promuovere e gestire il processo, sia a
sostenere le spese processuali. Invero la scelta legislativa di focalizzare la legittimazione ad agire in
capo al quivis de populo20, relegando a ‘sussidiario’ il ruolo degli enti collettivi, presenta difficoltà
applicative rimarchevoli, poiché la posizione del proponente risulta eccessivamente gravata dal
punto di vista economico e dal punto di vista organizzativo (si pensi alla pubblicizzazione
dell’azione di classe, alla raccolta delle adesioni, etc.)21. Assume quindi un ruolo fondamentale
l’ausilio prestato al proponente l’azione di classe dagli enti collettivi22, sia nell’impiegare la propria
struttura organizzativa, inclusiva anche di competenze giuridiche, sia nel sostenere le spese.
19
Id., l.u.c, il quale si pone in posizione critica verso tale ricostruzione, puntualizzando come il pacchetto turistico possa
essere acquistato anche per fini professionali, nel qual caso la causa concreta non sarebbe identificabile tout court nella
c.d. finalità turistica. In tale ottica, l’acquirente del pacchetto turistico che intenda esperire l’azione di classe dovrà
sempre dimostrare di aver compiuto l’atto di acquisto per scopi di consumo e, quindi, la sua configurabilità quale
consumatore in senso proprio.
20
Nella versione attuale dell’art. 140 bis c.cons., a differenza dell’originaria, il legislatore ha inteso evidentemente
perseguire l’obiettivo di puntualizzare il carattere individuale della legittimazione ad agire, evocando il modello della
class action statunitense, caratterizzata dall’iniziativa del quivis del populo. In tal senso ex multis M. De Cristofaro,
L’azione collettiva risarcitoria “di classe”: profili sistematici e processuali, in Resp.civ. prev., 2010, 1935; S.
Menchini, in S.Menchini A. Motto, L’azione di classe dell’art. 140 bis c.cons., in Nuove leggi civ. comm, 2010, 1416;
C. Consolo B. Zuffi, L’azione di classe ex art. 140 bis cod.cons. Lineamenti processuali, Padova, 2012, 46, 54-55, i
quali puntualizzano come tale opzione legislativa sia rimasta invariata, anche a seguito di talune modifiche apportate
all’art. 140 bis c.cons. dall’art. 6, 1° co, lett. a), l. 27/2012 (che ha convertito il d.l. 1/2012 con talune modificazioni), al
fine di “rendere efficace l’azione di classe”. Tra queste particolare rilievo assume la previsione della tutelabilità degli
“interessi collettivi”: segnatamente la novella del primo comma dell’art. 140 bis c.cons. aggiunge l’inciso “nonché
interessi collettivi”. Si osserva come alla statuizione in parola non abbia fatto seguito alcuna modifica delle disposizioni
relative alla legittimazione ad agire- circostanza da cui deriva il permanere della legittimazione individuale in capo a
ciascun consumatore o utente. Il riferimento agli “interessi collettivi” deve, in tale ottica, essere inteso nel senso che
l’azione di classe possa essere promossa sola quando il singolo proponente agisca a tutela di un interesse individuale
realmente diffuso tra consumatori o utenti. Sulle due possibili interpretazioni dell’innovazione apportata nel 2012
all’art. 140 bis, 1° co., c.cons., si v. A. Motto, Gli interventi legislativi sulla giustizia civile del 2011 e 2012. Modiche
all’azione di classe, par. § 9, 30, in www.judicium.it
21
In tal senso si v. E. Ferrante, o.u.c., 62, C. Consolo B. Zuffi, o.c., 301; G. Alpa, o.c., 393; R. D’Angiolella, sub
art.140 bis, 1° co., in E. Cesàro F. Bocchini (a cura di) La nuova class action a tutela dei consumatori ed utenti,
Commentario all’art. 140 bis del Codice del Consumo, Padova, 2012, 27
22
Con particolare riferimento al ruolo delle associazioni ed alla natura del rapporto intercorrente tra proponente l’azione
di classe ed associazioni (o comitati), si v. C. Consolo B. Zuffi, o.c., 116-121 che analizzano criticamente le diverse
ricostruzioni dottrinali, per approdare alla riconduzione del “mandato” conferito dal singolo all’associazione al genus
della c.d. rappresentanza tecnica; impostazione poi accolta dalla Corte d’Appello di Torino in Gasca (ed
altri)/Altroconsumo c. Intesa Sanpaolo (Appello Torino, sez. I civ., 23-9-2011, n. 6681 (ord.)-riformando Trib. Torino,
I sez.civ., 28-4-2011(ord.), ivi, 461 ss.).
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Il giudizio di ammissibilità, nel valutare l’adeguatezza del proponente a curare gli interessi di
classe, dovrà consistere in una comparazione complessiva delle qualità del proponente, del suo
difensore e dell’associazione mandataria o del comitato23. Ne deriva che il proponente sarà
maggiormente rappresentativo, come nel caso di specie, qualora dia mandato ad un’associazione
che abbia un valido impianto organizzativo e sia ampiamente diffusa sul territorio nazionale.
3. Modalità di partecipazione in giudizio degli aderenti all’azione di classe ed ammissione
giudiziale della costituzione in giudizio di terzi interventori. Considerazioni critiche.
La pronuncia oggetto del presente commento si segnala per la singolarità delle soluzioni adottate
dal collegio riguardo alla partecipazione al processo collettivo di soggetti terzi rispetto alle parti
processuali.
In primo luogo, merita particolare attenzione la circostanza che il Tribunale di Napoli, dopo aver
fissato con ordinanza di ammissibilità, nel rispetto del dato normativo, i termini per le adesioni dei
fruitori del pacchetto turistico quali potenziali membri della classe, nella fase di merito abbia
permesso l’intervento in causa e la formale costituzione in giudizio degli aderenti. E’ così accaduto
che ciascun fruitore del pacchetto turistico, in qualità di aderente ed interventore al contempo, abbia
azionato la propria pretesa risarcitoria, proponendo infine un’autonoma domanda di risarcimento
del danno; dall’altro lato, il convenuto non ha predisposto in modo pieno le proprie difese verso
ciascuno degli aderenti intervenuti (che sono stati una quarantina)24.
La decisione giudiziale appare tuttavia in contrasto con l’art. 140 bis, c.cons. che, contrariamente
alla sua versione originaria (mai entrata in vigore), nel comma decimo esclude espressamente
l’intervento in giudizio di consumatori ed utenti, ai sensi dell’art. 105 c.p.c.25.
D’altra parte la ratio di tale divieto va ricercata nell’esigenza di circoscrivere la struttura soggettiva
del processo collettivo all’impresa (o al produttore o al concessionario di servizi di pubblica utilità),
da un lato, e al consumatore o utente, dall’altro26. In tale ottica, la norma prevede la possibilità che i
terzi partecipino al processo collettivo unicamente attraverso l’atto di adesione all’azione di classe,
nel quale si specifichino i fatti costitutivi del diritto e al quale si alleghino i documenti. Gli aderenti
non assumeranno la qualità di parte processuale poiché si fanno “sostituire” nel processo dal
proponente l’azione di classe. Tale asserzione è suffragata dalla circostanza che all’aderente non
sono riconosciuti poteri di iniziativa processuale; inoltre, sebbene la sentenza faccia stato anche nei
suoi confronti (ex art. 140 bis, 14° co, c.cons.), questi non ha la facoltà di impugnarla27.
Alla luce di tali considerazioni, appare chiaro come l’azione di classe sia tipica (o speciale) poiché,
aggiungendosi ad altre forme di tutela, ha oggetto limitato. L’estensione dell’ambito soggettivo del
23
A. Giussani, Il nuovo articolo 140 bis Codice del Consumo, in Riv.dir.proc., 2010, 596; M. Bove, La trattazione nel
processo di classe, in Giusto processo, 2010, 1015; F. Santangeli P. Parisi, Il nuovo strumento di tutela collettiva
risarcitoria: l’azione di classe dopo le recenti modifiche all’art. 140 bis cod.cons, § 6, in www.judicium.it
24
A. De Santis, La prima sentenza di accoglimento di una azione di classe a tutela dei consumatori, in www.treccani.it.
25
L’art. 140 bis, c.cons. 2° co., c.cons. prevedeva che nel giudizio collettivo, oltre all’adesione, fosse “sempre”
ammesso anche l’intervento di singoli consumatori o utenti “per proporre domande aventi il medesimo oggetto”. Per un
commento a tale disposizione, mi si consenta di rinviare a G. D’Alfonso, sub art. 140 bis c.cons., in G. De Cristofaro A.
Zaccaria (a cura di), Commentario breve al diritto dei consumatori, Breviaria iuris , Padova, 2010, 979-980.
26
In tal senso si v. G. Costantino e C. Consolo, o.c., 989-990.
27
Ex multis si v. C. Consolo B. Zuffi, o.c. 132 ss.; Trib. Torino, I sez.civ.,4-6-2010 (ord), ivi, 403; R. Donzelli,
L’azione di classe a tutela dei consumatori, Napoli, 2012, 285 ss. Si consideri altresì che l’adesione comporta la
rinuncia ad ogni azione risarcitoria o restitutoria fondata sul medesimo titolo, a meno che le transazioni e le rinunce
intervenute tra le parti non pregiudichino i diritti degli aderenti che non vi abbiano acconsentito espressamente (per un
approfondito commento di tale disposizione si v. I. Garaci, sub 140 bis, 15co., c.cons. in E. Cesàro e F. Bocchini (a
cura di), La nuova class action a tutela dei consumatori ed utenti, o.c., 373 ss.. Infine, ai sensi dell’art. 140 bis, 14° co.,
c.cons., l’azione individuale potrà essere esercitata solamente da coloro che non aderiscano all’azione di classe.
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processo collettivo implicherebbe l’ampliamento dell’oggetto dell’azione e ciò stravolgerebbe gli
obiettivi legislativi di dinamismo di tale strumento processuale, rendendo più gravosa la trattazione
della causa28.
Tali osservazioni inducono a muovere una seconda notazione critica al Tribunale di Napoli,
riguardo alla scelta (adottata con decreto su menzionato del 31-5-2010) di autorizzare
l’organizzatore convenuto ad effettuare la chiamata in giudizio di terzi, specificamente la società
assicuratrice e la società proprietaria del villaggio di Zanzibar. Tale provvedimento giudiziale ha
difatti implicitamente ampliato la controversia in questione, sia dal punto di vista soggettivo, sia dal
punto di vista oggettivo.
La decisione non è condivisibile29 nella misura in cui, se l’art. 140 bis, 10° co., c.cons. ha
espressamente dichiarato l’inapplicabilità dell’art. 105 c.p.c., dovrà escludersi qualunque tipo di
intervento volontario nel processo e quindi anche quello c.d. adesivo dipendente, ossia dei creditori
o aventi causa dell’attore e dei creditori, degli aventi causa o dell’assicuratore del convenuto. Tali
soggetti non potranno pertanto intervenire volontariamente, per supportare le ragioni del proprio
debitore, dante causa o del proprio assicurato. Sarebbe dunque illogico ed irrazionale ammettere che
essi possano partecipare al processo, chiamandoli in causa sulla base degli art. 106 e 107 c.p.c.
Diversamente altra dottrina30 -pur rifiutando che vengano chiamati in causa altri consumatori,
poiché ciò contrasterebbe con l’impianto normativo che ammette la loro ‘partecipazione’ al
processo unicamente in qualità di aderenti-, ritiene che in giudizio possano essere chiamati terzi
garanti o terzi che siano, in via solidale ovvero alternativa, responsabili dell’illecito. Si giunge a tale
conclusione sostenendo che nel processo collettivo possono essere trattate e decise congiuntamente
due controversie, quali quella del consumatore proponente dell’azione di classe avverso il
convenuto e quella di quest’ultimo avverso il terzo chiamato. In tale ottica, si avrebbero due cause
con due oggetti diversi ed il terzo chiamato gestirebbe la propria causa contro il convenuto o contro
entrambe le parti originarie, senza che si incorra nel pericolo che, essendovi più parti attive,
vengano duplicate o ripetute le attività dei consumatori che vantino diritti omogenei. Si sostiene che
tale impostazione presenterebbe un vantaggio: il giudice, nel decidere le due controversie in via
congiunta, opererebbe un accertamento unitario, superandosi in tal guisa il rischio di giudicati
disomogenei. Tale difformità potrebbe difatti danneggiare il convenuto originario dell’azione di
classe che ritenga di dover essere garantito dal terzo ovvero di essere esonerato dalla responsabilità
da parte di soggetti terzi.
In via conclusiva, sebbene tale seconda soluzione risulti più armonica dal punto di vista
sistematico, deve propendersi per il primo orientamento, poiché conforme al dato normativo31.
28
In tal senso si v. G. Costantino e C. Consolo, l.u.c.. Sulla stessa linea la dottrina si pone in posizione critica avverso le
pronunce giudiziali in cui l’intervento di terzi in giudizio venga implicitamente ammesso. Si fa riferimento alla sentenza
del Tribunale di Milano, 13-3-2012 (in Foro it., 2012, I, c. 1909), dalla cui motivazione si arguisce che un terzo è
intervenuto del processo: il collegio milanese ha unicamente rigettato la domanda, senza rilevare esplicitamente
l’inammissibilità dell’intervento, come avrebbe dovuto fare in attuazione all’art. 140 bis, 10° co., c.cons (sul punto si v.
A. De Santis, o.u.c).
29
Si concorda con le argomentazioni di G. Costantino e C. Consolo, l.u.c.. Conformemente si esprime F. Barra
Caracciolo, L’esperienza della class action e i diritti identici: un primo bilancio e l’impatto con i mercati finanziari, in
Contr. imp, 2012, 3 che sottolinea come, ammettendosi un litisconsorzio con cumulo oggettivo, la prima udienza
potrebbe essere ulteriormente differita, poiché potrebbe anche accadere che l’assicuratore chiami in causa un
coassicuratore.
30
In tal senso si esprime S. Menchini, I primi provvedimenti relativi all’azione di classe, § 1., o.c.,
31
Cfr. A. De Santis, I primi passi dell’azione di classe a tutela dei consumatori, in www.treccani.it, § 2.3.
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Ad ogni modo, pur avendo il giudice autorizzato l’impresa convenuta alla chiamata in causa dei
soggetti menzionati, essa non vi ha provveduto nel termine assegnato e dunque non sono intervenuti
in giudizio.
4. Responsabilità civile dell’organizzatore del viaggio tutto compreso per inesatto
adempimento contrattuale. Risarcibilità del “danno da vacanza rovinata”.
Delineati i profili soggettivi dell’azione di classe oggetto di attenzione, si rilevi in primo luogo che
non sorge dubbio alcuno che l’illecito (contrattuale) contestato dagli attori al tour operator rientri
nell’ambito temporale di applicazione della disciplina dell’azione di classe, poiché esso risale
all’ultima settimana dell’anno 2009. Invero, a partire dall’emanazione dell’art.140 bis c.cons., si
sono susseguite nel tempo numerose disposizioni relative all’efficacia temporale dell’azione di
classe; da ultimo l’art. 49, al 2° co., l. 99/2009 che ha introdotto una “retroattività limitata” della
disciplina. La lettura congiunta e coordinata delle disposizioni menzionate conduce pacificamente la
dottrina ad interpretare il disallineamento temporale delle stesse nel senso che l’azione di classe
possa essere esercitata a far data dal 1 gennaio 2010 e trovi applicazione soltanto per gli illeciti
compiuti dopo il 15 agosto 200932.
Con riferimento all’ambito materiale di applicazione dell’art. 140 bis c.cons. suscitano interesse due
profili: la configurabilità dell’inadempimento di natura contrattuale in capo all’organizzatore verso
i fruitori del pacchetto turistico e la circostanza che il “danno da vacanza rovinata” sia riconosciuto
per la prima volta in un processo collettivo.
Avendo riguardo al primo aspetto, si consideri che con atto di citazione ritualmente notificato gli
attori hanno richiesto al Tribunale che fosse pronunciata l’ordinanza di ammissibilità dell’azione di
classe, ponendo a fondamento della propria pretesa risarcitoria la lesione di due delle quattro
tipologie di situazioni soggettive individuali “identiche”, tutelabili dall’140 bis, 2° co, c.cons33,
quali i diritti di natura contrattuale (lett. a) e i diritti spettanti agli acquirenti del pacchetto turistico
come consumatori finali del prodotto (lett b). L’azione così costruita mirava all’accertamento in
sede di merito della responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale del convenuto, quale produttore
del pacchetto turistico, e alla condanna dello stesso al risarcimento del danno subito dai
consumatori.
Il collegio nell’ordinanza menzionata ha accolto l’azione di classe solo in relazione alla pretesa
risarcitoria vantata sulla base dell’art. 140 bis, 2° co., lett. a), c.cons.34 ed ha escluso l’ammissibilità
della stessa con riferimento ai profili di cui alla lett. b) della medesima disposizione35, sostenendo
32
L’art. 49, al 2° co., l. 99/2009 prevede che la (nuova) disciplina dell’azione di classe si applichi solo “agli illeciti
compiuti successivamente alla data dell’entrata in vigore della presente legge”: data da riferirsi al 16 agosto 2009,
poiché la c.d. “legge Sviluppo” è stata pubblicata il 31 luglio 2009 e, dunque, successivamente all’ordinaria vacatio
legis di quindici giorni. Ex multis, si v. E. Ferrante, La nuova azione di classe in Italia, in Contr. imp. E. , 2011, 9. Sulla
“querelle” sulla parziale retroattività dell’art. 140 bis c.cons e sulla prospettazione di profili di illegittimità
costituzionale per contrasto all’art. 3 Cost. di tali disposizioni, nella misura in cui provochino una disparità di tutela
giurisdizionale tra una pluralità di soggetti, calibrata sulla base di una scelta arbitraria di termini temporali di
azionabilità dell’azione di classe, si v. C. Consolo B. Zuffi, o.c., 59-66.
33
Per una disamina delle situazioni soggettive individuali tutelabili per mezzo dell’azione di classe, si v. C. Consolo B.
Zuffi, o.c., 66 ss.; G. Conte, I diritti individuali omogenei nella disciplina dell’azione di classe, in Riv.dir.civ., 2011, I,
609
34
Per un attento commento a tale disposizione, si v. D. Di Sabato, sub, art. 140 bis, 2° co, lett a), c.cons., in E. Cesàro e
F. Bocchini (a cura di) La nuova class action a tutela dei consumatori ed utenti, cit. , 31 ss.
35
In riferimento a tale tipologia di situazioni soggettive, tutelabili qualora sussista un illecito extracontrattuale del
produttore che arrechi danno al consumatore finale di un prodotto o servizio, quand’anche non sussista un diretto
rapporto contrattuale, si v. G. De Nova, Azione di classe e responsabilità del produttore, Giud.pace, 2010, 174-175; E.
Ferrante, o.c., 144 ss.; C. Consolo B. Zuffi, o.c., 73 s.
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che il convenuto è risultato essersi limitato alla messa in commercio, distribuzione e
pubblicizzazione del pacchetto turistico.
Ad ogni modo, ad avviso di chi scrive, il richiamo di tale ultima disposizione è privo di fondamento
giuridico.
Dal quadro normativo emerge difatti come le prestazioni oggetto delle obbligazioni fornite
dall’operatore turistico al “turista” trovino sempre la fonte nel contratto di vendita di pacchetto
turistico, stipulato da quest’ultimo o con l’organizzatore ovvero con l’intermediario36. L’art. 93
c.cons. dapprima vigente (e l’attuale art. 43 c.tur.) detta poi la regola generale secondo cui, in caso
di mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni assunte con tale contratto, tali soggetti siano
tenuti al risarcimento del danno secondo “rispettive responsabilità”37. La verifica giudiziale della
sussistenza del nesso di causalità tra l’inadempimento contrattuale dell’operatore turistico e l’evento
dannoso subito dal turista provoca inevitabilmente il sorgere della responsabilità di natura
contrattuale in capo al primo.
Inoltre l’organizzatore o l’intermediario che si avvalga di “altri prestatori di servizi”,
nell’esecuzione degli obblighi contrattualmente assunti, è tenuto a risarcire al fruitore del pacchetto
turistico i danni che derivino dall’inesatto o mancato adempimento da parte di questi ultimi, salvo il
diritto di rivalersi nei loro confronti (dapprima artt. 93, 2° co., 97 c.cons.; art. 43, 2° co., 48 c.tur.
36
Il legislatore impiega l’espressione atecnica “vendita” per identificare le operazioni negoziali sia di organizzazione,
sia di distribuzione del pacchetto turistico. Si osserva (P. Quarticelli, Il contratto di vendita del pacchetto turistico nel
nuovo codice del Turismo, in I contratti, 2012, 205-206) che né il Codice del Consumo prima, né il Codice del turismo
ora hanno dato una definizione di tale contratto, ma ne hanno piuttosto individuato l’oggetto, ossia il c.d. “pacchetto
turistico”; inoltre sia la dottrina sia la giurisprudenza lo hanno definito un contratto di scambio, di natura consensuale, a
titolo oneroso, in virtù del quale l’alienante –che può essere tanto l’organizzatore quanto l’intermediario turistico- venda
o offra in vendita un pacchetto turistico al turista, verso il corrispettivo forfetariamente determinato. Autorevole dottrina
ha precisato come tale contratto partecipi “..pur essendo legalmente tipico, delle prestazioni di più contratti tipici certamente, sia pure alternativamente, trasporto, albergo o locazione, appalto di servizi” (cfr. V. Buonocore, I contratti
di trasporto e di viaggio, in Trattato di diritto commerciale, diretto da Id., 2003, 316). Inoltre, in considerazione del
differente ruolo assunto nella stipula di tale contratto dall’organizzatore o dall’intermediario, la dottrina e la
giurisprudenza hanno opportunamente operato una distinzione. Avendo riguardo al contratto stipulato dal turista con
l’organizzatore, si è evidenziato come la prestazione principale di quest’ultimo si sostanzi nella combinazione di una
pluralità di servizi a favore del turista contraente, da considerare quale servizio unitario, verso il corrispettivo di un
prezzo forfetario. Dal momento che l’organizzatore si obbliga a realizzare un “risultato”, consistente nella ideazione ed
attuazione dell’opus viaggio tutto compreso, tale fattispecie negoziale è prevalentemente configurata quale appalto di
servizi. Per quanto concerne la c.d. “vendita di pacchetti turistici” ad opera del intermediario (non organizzatore), la
dottrina e la giurisprudenza maggioritaria riconducono tale operazione economica ad una pluralità di fattispecie
negoziali. Si rinvengono tre distinti rapporti contrattuali, quali il contratto di mandato (con rappresentanza) tra
l’organizzatore e l’intermediario, in forza del quale questi immette sul mercato i servizi offerti dal primo; un rapporto
contrattuale di mandato tra il viaggiatore e l’intermediario, in forza del quale questi riceve le prenotazioni dei turisti; un
terzo rapporto tra organizzatore e turista che deriva dal contratto concluso tra tali soggetti per mezzo dell’intermediario.
Da ultimo, la Corte di Cassazione (Cass.civ. 24-7-2007, n. 16315, cit.) ha esaminato la nozione legislativa di “pacchetto
turistico”, precisando come la pluralità delle attività e dei servizi in esso inclusi connotino, nella loro unità funzionale,
la finalità turistica che la stesso mira a realizzare. Il contratto di “viaggio tutto compreso”costituirebbe dunque un
“nuovo tipo contrattuale”, caratterizzato sotto il profilo soggettivo, della finalità e dell’oggetto (in tal senso si v. Cass.
24-4-2008, n. 10651, cit.). Per un’analitica disamina degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in tale ambito, si v.
R. Pasquili, Servizi turistici. Nota introduttiva, in A. Zaccaria G. De Cristofaro (a cura di), Commentario breve al
diritto dei consumatori, o.c., 659-665; sub art. 83 c.cons., ivi,668 ss.
37
Si è discusso, in vigenza dell’art. 93, 1° co., c.cons, se la responsabilità dell’intermediario e dell’organizzatore sia
parziaria o solidale (sul punto si v. R. Pasquili, sub art. 93 c.cons., in A. Zaccaria G. De Cristofaro (a cura di),
Commentario breve al diritto dei consumatori, o.c., 693-694). La disposizione che prevede che l’organizzatore e
l’intermediario siano tenuti al risarcimento del danno “secondo le rispettive responsabilità” è stata ripresa all’art. 43, 1°
co., c.tur.. Sarebbe stato più opportuno che il legislatore chiarisse cosa voglia intendersi con tale espressione, ponendo
fine alla diatriba dottrinale e giurisprudenziale in materia.
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attualmente vigente). La Suprema Corte38 ha puntualizzato come tali disposizioni abbiano dettato
criteri di imputazione oggettiva in capo all’operatore turistico, allorché si verifichino eventi che
rientrino nella sua sfera di organizzazione economica e siano espressione del rischio di impresa
tipico dell’attività esercitata. Tale soggetto assume in sostanza un’obbligazione di risultato verso
l’acquirente del pacchetto turistico e sarà dunque responsabile, quand’anche sussista una
responsabilità contrattuale diretta del prestatore di servizi verso il turista per il servizio resogli (o
non resogli). La responsabilità dell’organizzatore o dell’intermediario non è dunque correlata ad un
suo difetto di diligenza nella scelta del prestatore di servizi di cui si avvalga oppure alla possibilità
di controllarne in concreto le modalità operative nell’esecuzione della prestazione; deve dunque
escludersi la possibilità per l’operatore turistico di fornire la prova liberatoria della mancanza di
culpa in eligendo nella scelta dello stesso39.
Nel caso di specie, il Tribunale di Napoli, ha richiamato l’orientamento della Suprema Corte40, per
concludere che il comportamento dell’organizzatore integri gli estremi dell’inadempimento
contrattuale. Tale inadempimento deriverebbe dalla circostanza che la “non corrispondenza tra
quanto pattuito in relazione al livello qualitativo dell’offerta viaggio “tutto compreso”, come
risultante dal depliant illustrativo -da ritenersi parte integrante del contratto stesso-, e quanto
realmente prestato ai turisti” abbia provocato una diminuzione in misura apprezzabile dell’utilità
che i consumatori avrebbero dovuto trarre dal viaggio (nella quale si sostanziava l’interesse del
creditore alla prestazione oggetto del rapporto obbligatorio).
D’altra parte il convenuto non è stato in grado di provare la non imputabilità a sé
dell’inadempimento in questione, ai sensi dell’art. 96 c.cons. (oggi art. 47 c.tur.). Il tour operator
avrebbe dovuto dimostrare che l’impossibilità della prestazione (che deve essere oggettiva, assoluta
ed insuperabile) fosse dipesa da una causa sopravvenuta a lui esterna inevitabile (forza maggiore) o
imprevedibile (caso fortuito) secondo il criterio della diligenza di cui all’art. 1176 c.c. 41; ovvero che
la mancata o inesatta esecuzione delle obbligazioni contrattuali fosse imputabile al consumatore,
oppure fosse dipesa dal fatto di terzo -quali eventi successivi alla stipula del pacchetto42.
Ma ciò non è avvenuto poiché, come precisato dal collegio, la società convenuta non ha predisposto
mezzi istruttori, ma si è limitata “a dedurre l’impossibilità di completare i lavori per la mancanza di
energia elettrica nell’isola nel periodo in questione e la conseguente responsabilità del terzo
fornitore” del servizio di alloggio.
Da una lettera dell’ottobre 2010, depositata agli atti di parte convenuta, si è inoltre evinto che
l’organizzatore era a conoscenza della circostanza che il resort originariamente offerto fosse ancora
38
Cass., II sez., 3-12-2009, n. 25396, in www.ricercagiuridica.it
E. Guerinoni, o.c., 19 il quale specifica come la responsabilità per fatto del terzo sia configurata dalla dottrina quale
ipotesi o di responsabilità oggettiva o di c.d. colpa presunta.
40
Il Tribunale di Napoli richiama la pronuncia della Cass.civ., sez. III, 4-3-2010, n. 5189, in Foro it., 2010, I, c. 1768.
Sulla stessa linea si v. anche Cass.civ., Sez. III, 20-3-2012, n. 4372, cit. Alla base di quest’ultima decisione giudiziale si
pone il convincimento secondo cui, una volta prospettati e promessi determinati standard qualitativi dei servizi di cui il
turista dovrebbe usufruire, l’organizzatore è tenuto a rispettare l’impegno assunto, poiché le informazioni rese
nell’opuscolo informativo sono determinanti per la formazione del consenso del turista. Tali informazioni rientrano
dunque tout court nell’ambito del rapporto contrattuale e le omissioni di informazioni rilevanti costituiscono violazioni
di natura contrattuale (e non precontrattuale). In tal senso si v. anche E. Malagoli, o.c., 816. Si consideri inoltre che il
principio ormai consolidato in sede giurisprudenziale e dottrinale è stato accolto dal legislatore nella nuova disposizione
di cui all’art. 43, 1° co., c.tur., secondo cui “si considerano inesatto adempimento le difformità degli standard qualitativi
del servizio promessi o pubblicizzati”.
41
Cfr. M. Cocuccio, Inadempimento del contratto di viaggio: la vacanza “rovinata”, in Giurisprudenza di merito,
2012, 1584 ss.
42
Cfr. Cass.civ., 5189/2010 cit.
39
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in fase di ristrutturazione. Avrebbe dunque potuto attivarsi in maniera differente da come ha fatto,
nel predisporre le “modifiche” delle condizioni contrattuali previste ex lege (dapprima dagli artt. 91,
1° co, 4° co., c.cons.; ora dall’art. 41, 1°, 4° co., c.tur.). Avrebbe innanzitutto potuto avvertire i
viaggiatori prima della partenza e scegliere anticipatamente una soluzione alternativa che
rispondesse maggiormente alle loro aspettative. Nell’adempiere poi all’obbligo legislativo di fornire
dopo la partenza una soluzione alternativa a quella originariamente promessa -“quando una parte
essenziale dei servizi previsti nel contratto” non possa essere effettuata-, l’organizzatore avrebbe
dovuto procurare degli standard qualitativi dello stesso livello di quelli in origine assunti
contrattualmente.
Ne consegue che il Tribunale di Napoli, nel configurare la responsabilità contrattuale
dell’organizzatore per non aver adempiuto esattamente alla prestazione oggetto dell’obbligazione,
ha tenuto in debito conto di due elementi: della circostanza che tale soggetto fosse tenuto ex lege a
rispondere, in forza di criteri oggettivi di imputazione, del fatto che il terzo prestatore di servizi non
fosse in grado di fornire adeguato alloggio agli acquirenti del pacchetto turistico43; e della
circostanza che l’organizzatore, una volta riscontrata la mancata conclusione dei lavori di
costruzione del resort originariamente promesso, avrebbe dovuto offrire agli acquirenti del
pacchetto turistico soluzioni alternative, in linea con gli standard qualitativi pubblicizzati e pattuiti
che fossero in grado di soddisfare l’interesse dei creditori. Di qui il richiamo giudiziale
dell’imputabilità all’organizzatore dell’inesattezza della prestazione contrattuale per inosservanza
del criterio medio di diligenza di cui all’art. 1176, 1° co., c.c.; l’organizzatore non ha rispettato tale
dovere, nella misura in cui le strutture recettive alternative erano di livello inferiore rispetto a quelle
offerte in origine.
Il collegio ha quindi verificato come l’inesatto adempimento contrattuale dell’organizzatore abbia
provocato in capo alla pluralità degli acquirenti del pacchetto turistico un “danno da vacanza
rovinata”, inteso come danno non patrimoniale transeunte patito dal turista che non possa utilizzare
il periodo di vacanza come occasione di svago e riposo e veda leso il proprio interesse a godere
pienamente del viaggio organizzato, senza dover essere costretto a subire disagi correlati alla
mancata o parziale realizzazione del programma turistico previsto44.
Il Tribunale di Napoli, nel riconoscere la risarcibilità del danno da vacanza rovinata, ha dichiarato
che esso “trova un specifico titolo …. proprio nella cosiddetta “vacanza rovinata” (come
legislativamente disciplinata)”.
Si premetta che la disciplina in materia è stata dettata solo di recente nel nuovo Codice del turismo,
il cui art. 47 ha codificato la nozione di “danno da vacanza rovinata”, cristallizzando il suo
riconoscimento ormai consolidato in sede giurisprudenziale e dottrinale. Il legislatore non ha dato
una definizione di tale danno, volendosi evidentemente riferire alla figura precedentemente diffusasi
nel nostro ordinamento, ed ha espressamente previsto, nei casi di inadempimento o inesatta
43
Tant’è vero che, ai fini di esercitare il diritto di rivalsa previsto ex lege, l’organizzatore aveva poi chiesto al giudice
l’autorizzazione a chiamare nel giudizio (collettivo) la società proprietaria del villaggio.
44
Numerosi sul tema i contributi dottrinali. Si v. ex multis si v. M. Gazzara, Il danno non patrimoniale da
inadempimento, Napoli, 2003, 9 ss.; amplius S. Caterbi, Il danno da vacanza rovinata. Dal volo cancellato
all’overbooking: responsabilità e risarcimento, Milano, 2010; C. Amato, Nozione unitaria di danno non patrimoniale
e autonomia negoziale, in Aa. Vv., Il danno non patrimoniale, Guida Commentata alle decisioni delle S.U., 11
novembre 2008, nn. 26972/3/4/5, Milano, 2009, 19-35; M.R. Mottola, La vacanza rovinata in La prova e il quantum nel
risarcimento del danno non patrimoniale, Collana Il diritto privato nella giurisprudenza, P. Cendon (a cura di), Torino,
2007, 1201-1231; C. Poncibò, Contratti e danni non patrimoniali, in Trattato dei nuovi danni, Parte quarta, P. Cendon
(a cura di), Padova, 2011, 3 ss.; M. Giorgianni, I pacchetti turistici. Il danno da “vacanza rovinata”, ivi, 61-98; F.
Romeo, Il contratto di viaggio. Tutele specifiche e risarcimento del danno, Padova, 2011, passim
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esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico -purché non siano di scarsa
importanza ai sensi dell’art. 1455 c.c.-, il diritto del turista di chiedere, oltre ed indipendentemente
dalla risoluzione del contratto, il risarcimento del danno “correlato al tempo di vacanza inutilmente
trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta”45. Il legislatore ha così introdotto per la prima
volta esplicitamente nel nostro sistema tale figura di danno non patrimoniale di fonte contrattuale,
in linea con l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale l’interesse del creditore alla vacanza,
la c.d. finalità turistica, entra a far parte del contratto e permea il rapporto causale46.
Tale disposizione tuttavia come precisato non è stata applicata dal Tribunale di Napoli, ratione
temporis.
Ai fini di comprendere in forza di quale fondamento giuridico i giudici partenopei hanno risarcito il
“danno da vacanza rovinata” nel caso oggetto di attenzione, occorre descrivere in breve
l’evoluzione giurisprudenziale in materia.
Si osservi come, sin dalle prime pronunce, si sia avvertita l’esigenza dell’individuazione di un titolo
legislativo del danno da vacanza rovinata che rappresenta in fondo una delle ipotesi più comuni di
danno non patrimoniale47. Sulle sorti di tale danno ha poi inciso in maniera preponderante la Corte
di Cassazione a Sezioni Unite che, con la sentenza dell’11-11-2008 (seguita dalle pronunce gemelle
n. 26973, 26974, 26975)48, ha ridisegnato il sistema dei danni non patrimoniali, stabilendo che tutti
i pregiudizi subiti debbano ricondursi ad un’unica voce di danno non patrimoniale, quale
macrocategoria; ha inoltre precisato che lo stesso trovi ingresso o nelle ipotesi in cui il fatto
costituisca reato (collegamento con l’art. 185 c.p.), o nei casi in cui vi sia un riconoscimento
45
Tra i più rilevanti commenti a tale innovazione legislativa si v. E. Guerinoni, o.c., 25 ss.; S. Mazzamuto, Il danno non
patrimoniale contrattuale, in Europa e dir.priv., 2012, 437 ss.; G. De Cristofaro, La disciplina dei contratti aventi ad
oggetto “pacchetti turistici” nel “codice del turismo” (D.lgs.23 maggio 2011, n. 79): profili di novità e questioni
problematiche, in Studium iuris., 2011, 1285 ss.; F. Romeo, Il “nuovo” danno da vacanza rovinata: primi rilievi
sull’art. 47 c.tur., in Resp.civ., 2011, 565 ss. Si osservi anche che tale tipologia di danno è generalmente risarcita negli
Stati Uniti, dove da tempo è riconosciuto l’emotional distress. La locuzione “vacanza rovinata” è stata impiegata per la
prima volta dalla giurisprudenza e poi dal legislatore tedesco al § 651, f, co. 2, BGB, nel quale tale disposizione è stata
introdotta nel 1979 dal Reisevertragsgesetz, che è rimasto invariato anche a seguito del recepimento della direttiva
1990/314/CEE sul “pacchetto turistico”. Tale norma prevede espressamente il diritto del viaggiatore al risarcimento del
danno subito per il periodo di vacanza inutilmente trascorso, in ragione dell’inadempimento contrattuale. Per tali
sintetici spunti comparativi si v. R. Pasquili, sub art. 94 c.cons., in A. Zaccaria G. De Cristofaro (a cura di),
Commentario breve al diritto dei consumatori, o.c. 697; G. Cian, La riforma del BGB in materia di danno immateriale
e di imputabilità dell’atto illecito, in Riv.dir.civ.,2003, II, 225; M. Franzoni, Il danno morale ed il danno non
patrimoniale da inadempimento, Resp.civ., 2009, 581 ss.
46
P. Gentile, Il danno da vacanza rovinata, in Rass.dir.civ., 2013, 273 il quale ha ripercorso compiutamente
l’evoluzione giurisprudenziale e riportato i più rilevanti contributi dottrinali in materia.
47
Una spinta decisiva in direzione della risarcibilità del danno da vacanza rovinata negli Stati europei è stata impressa
dalla Corte di Giustizia, con la pronuncia 12-3-2002 n. C-168/00 Leitner (in Contr. 2002, 953 ss. con commento di
P.M.Putti) che ha identificato nell’art. 5 della dir. 90/314/CE (poi trasfuso in Italia nell’art. 93 c.cons.) il fondamento
del risarcimento del danno morale da vacanza rovinata, derivante dall’inadempimento o cattiva esecuzione delle
prestazioni fornite in occasione del viaggio tutto compreso. La Corte europea si è prefissata l’obiettivo di garantire la
tutela piena alla persona, superando le differenze tra i diversi ordinamenti degli Stati membri; a tal fine è andata oltre la
differenza tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale e tra danno patrimoniale e non patrimoniale. Sul punto si
v. M. Giorgianni, o.c., 81. Tale pronuncia ha indubbiamente inciso sull’evoluzione giurisprudenziale nel nostro
ordinamento, poiché, se dapprima il danno da vacanza rovinata ha trovato accoglimento timidamente; a partire dagli
anni Novanta diffusamente; a seguito del riconoscimento avvenuto in sede europea, i giudici hanno generalmente
accolto le richieste di risarcimento di tale danno. Per un’analisi critica degli orientamenti giurisprudenziali in materia si
v. M. Giorgianni, o.c., 71-98.
48
Cass., Sez. Un., 11.11.2008, n. 26973, Foro it., 2009, I, 120 ss; tra i numerosissimi commenti si v. F. D. Busnelli, Le
Sezioni Unite ed il danno non patrimoniale, R.d.civ., 09, 97; Id., Le Sezioni Unite e il danno non patrimoniale, in
F.D.Busnelli S.Patti (a cura di), Danno e responsabilità civile, Torino, 2013, 59 ss.
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espresso dal legislatore, ovvero allorquando il giudice accerti la presenza di un’ingiustizia
qualificata sotto il profilo costituzionale, ossia si assista alla lesione di diritti individuali della
persona riconosciuti nella Costituzione. La Suprema Corte ha in tale ambito asserito la risarcibilità
del danno non patrimoniale sia quando derivi da fatto illecito, sia quando scaturisca da
inadempimento contrattuale e dell’obbligazione in senso ampio. A tale conclusione è pervenuta in
coerenza con l’art. 1174 c.c., in forza del quale si desume che nell’ambito delle obbligazioni
contrattuali possono assumere rilievo anche gli interessi non patrimoniali che dovranno essere
rilevati dal giudice, per mezzo del riscontro della causa concreta del contratto.
Dal momento che la Suprema Corte non ha in tale sede espressamente menzionato il “danno da
vacanza rovinata”, sono state le successive pronunce giurisprudenziali, seguendone i dettami, a
ricercare il fondamento giuridico della riconoscibilità dello stesso, assumendo differenti posizioni.
Taluni giudici, operando una lettura estensiva e costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., lo
hanno ravvisato nella legge49; altri hanno delineato una copertura costituzionale del danno da
vacanza rovinata, configurando un diritto di rango costituzionale violato, quale presupposto
necessario ai fini della risarcibilità dello stesso, operando un collegamento tra l’art. 2059 c.c. e l’art.
2 Cost.: hanno così identificato la vacanza come un momento di esplicazione della personalità
umana, poiché luogo propizio di rigenerazione della persona50.
Autorevole dottrina51, in posizione critica verso il costante richiamo all’art. 2059 c.c. quale
referente normativo della risarcibilità di ogni danno non patrimoniale di natura contrattuale, ha
evidenziato come il riferimento a tale norma non debba trarre in inganno e che il fondamento
generale del risarcimento debba essere ricercato nella disciplina della responsabilità contrattuale52.
49
In particolare nell’art. 92 c.cons. (oggi art. 42 c.turs.- che prevedeva, in caso di recesso ed annullamento del contratto,
la risarcibilità di “ogni ulteriore danno” derivante dall’inadempimento delle obbligazioni contrattuali) o nell’art. 95 che
disciplinava i “danni diversi da quelli alla persona” (oggi art. 45 c.tur.) -categoria nella quale si è solitamente collocato
il danno da vacanza rovinata, essendo difficile immaginarlo come danno materiale alla persona. Ex multis, si v.
Poncibò, I diritti dei consumatori, o.c., 53-54; tra le pronunce che hanno ravvisato il fondamento normativo di tale
risarcimento nell’art. 95 c.cons. Trib. Saluzzo, 25-2-2009, in Giur merito, 2009, 969; Trib. Monza, sez. IV, 7-10-2010,
n. 156 in www.personaedanno.it; già prima della pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite, talune corti di merito
hanno ammesso il danno da vacanza rovinata, individuando il fondamento nell’art. 92 c.cons.: Trib. Como, 6-4-2005,
www.dejure.giuffre.it; Giudice di Pace di Napoli, sez.dist. Casoria, 8-9-2005 e Trib. Bologna, sez.dist. Imola, 9-1-2004,
entrambe in www.personaedanno.it. Sul punto si v. ex multis in dottrina M. Maggiolo (Il danno non patrimoniale da
inadempimento, in Trattati brevi, Responsabilità civile. Danno non patrimoniale, diretto da S. Patti, a cura di S. Delle
Monache, Torino, 2010, 675), il quale, già prima dell’entrata in vigore dell’art. 47 c.tur., affermava come la fattispecie
del “danno da vacanza rovinata” costituisse un’ipotesi normativa, poiché la legge conteneva riferimenti normativi tali
da ricomprendere la liquidazione di danni non patrimoniali di fonte contrattuale; analogamente F. Sangermano, o.c.,
771.
50
In tal senso e per il collegamento che talvolta i giudici hanno operato tra l’art. 2059 c.c. e anche altre norme della
Costituzione, quali l’art. 32, che tutela e garantisce il diritto alla salute, e l’art. 36, che garantisce al lavoratore il diritto
irrinunciabile al riposo dal lavoro, si v. ex multis M.R. Mottola, l.u.c . La giurisprudenza di merito configura, in talune
pronunce, la fruizione del periodo di vacanza, quale espressione di un diritto della persona costituzionalmente garantito
e dunque risarcibile se danneggiato, si v. Trib. Monza, 2010, n. 156 in www.personaedanno.it; già prima della
pronuncia della Suprema Corte, i giudici così hanno collegato l’art. 2059 c.c. all’art. 2 Cost, ai fini di ricondurre il
danno da vacanza rovinata al danno esistenziale, quale ingiusta lesione del valore inerente la persona
costituzionalmente garantito, si v. Trib. Marsala, 5.4.2007, in Foro it., 2008, 2606 ss.). Diversamente, il Giudice di Pace
Siracusa, 26-3-1999 (Giur.civ., 2000, I, 1205) ha ricondotto il danno da vacanza rovinata al “danno biologico”.
51
F.D.Busnelli, o.c. 100-101.
52
Più precisamente il danno non patrimoniale da inadempimento dell’obbligazione contrattuale troverebbe fondamento
nel combinato disposto degli artt. 1223 e 1174 c.c., poiché l’espressione “perdita” di cui all’art. 1223 c.c. può essere
interpretata nel senso di ricomprendere anche la privazione di un bene che non sia suscettibile di essere valutato in
termini economici, poiché attinente alla sfera personale dell’individuo. Si v. F. Sangermano, o.c., 774
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Altra attenta dottrina53 ha poi rilevato come la stessa Corte di Cassazione abbia implicitamente
espresso tale orientamento, quando, dopo aver richiamato l’art. 1174 c.c., ha seguito la tesi della
causa c.d. concreta, al fine di individuare se gli interessi non patrimoniali del creditore assumano
rilievo nel rapporto contrattuale. In tale ottica, non occorre operare tale accertamento, allorché sia la
legge stessa ad inserire nel rapporto siffatti interessi.
Su questa linea, si è affermato54 che il contratto di viaggio rappresenta una fattispecie legale, la cui
funzione economico-individuale non si esaurisce nel semplice scambio di prestazioni suscettibili di
valutazione economica, ma è permeata dall’interesse non patrimoniale del fruitore del pacchetto
turistico al godimento della vacanza. Le previsioni della disciplina del contratto si basano su tale
substrato ed hanno rappresentato – anche prima che il danno da vacanza rovinata trovasse espressa
collocazione nel Codice del Turismo- il fondamento normativo della risarcibilità di tale danno, in
caso di inadempimento contrattuale dell’operatore turistico.
Alla luce di tali considerazioni, può comprendersi cosa abbia inteso il Tribunale di Napoli –in
riferimento all’illecito commesso in un momento nel quale ancora non era entrato in vigore l’art. 47
del c.tur.-, quando ha dichiarato che il fondamento giuridico della risarcibilità del danno da vacanza
rovinata sia ravvisabile nella “vacanza rovinata (come legislativamente disciplinata)” e “non nella
generale previsione dell’art. 2”55 (della Costituzione). Il riferimento all’art. 2 della Costituzione
deve intendersi nel senso che nella materia contrattuale non è necessario limitare la nozione di
interesse a quella di diritto inviolabile; o meglio, quando, come nel caso di specie, la responsabilità
contrattuale discenda dalla lesione di un interesse non patrimoniale, non occorre che lo stesso
coincida con un diritto inviolabile di rango costituzionale56.
Sotto un altro punto di vista, per quanto concerne l’onere della prova gravante sul turista
danneggiato, il collegio si è conformato all’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, una
volta che tale soggetto provi il mancato godimento della vacanza oppure il disagio, sussista un certo
automatismo dell’esistenza del danno da vacanza rovinata, senza che sia data la prova specifica
dello stesso. Tale accertamento avviene cioè su base presuntiva, secondo l’id quod plerumque
accidit: in sostanza la dimostrazione in concreto di un inadempimento serio rispetto al programma
di viaggio all’origine concordato con l’organizzatore fa presumere la lesione dell’interesse del
turista a godere pienamente del viaggio quale occasione di svago57. Nel caso di specie, all’esito
dell’esame documentale è apparsa dimostrata la qualità inferiore sia della sistemazione alberghiera
53
M. Giorgianni, o.c., 85-87.
Così S. Delle Monache, Interesse non patrimoniale e danno da inadempimento, in F. Macario- C. Scognamiglio (a
cura di), Il danno non patrimoniale contrattuale, Atti del Convegno di Roma, 14 maggio 2010, in I contratti, 2010, 725.
55
Pronuncia conforme al recente orientamento della Corte di Cassazione, espresso nella sentenza richiamata nel testo
Cass.civ. 4-3-2010, n. 5189 (in Foro.it., 2010, I, c.1768) e nella pronuncia Cass.civ.. 10-1-2011, n. 297, in Danno
resp.,2011, 443.
56
La differenza della struttura delle fonti delle obbligazioni (ex art. 1174 c.c.) si riflette sui criteri di selezione degli
interessi lesi. Nella responsabilità di fonte extracontrattuale, mancando un rapporto precedente, gli interessi non
patrimoniali sono stati selezionati dall’art. 2059 c.c., alla luce dell’interpretazione offerta dalle sentenze gemelle della
Suprema Corte. Qualora sussista un rapporto giuridico preesistente, l’interesse violato è quello vantato dal creditore
della prestazione debitoria, come emerge dal quadro normativo di riferimento. In tal senso si v. F. Sangermano, o.c.,
774-775, nota 17, che si richiama a C. Scognamiglio, Il sistema del danno non patrimoniale dopo le decisioni delle
Sezioni Unite, in Aa.Vv., Il danno non patrimoniale. Guida commentata, o.c., 466.
57
Cfr. M. Giorgianni, o.c., 90; Trib. Torino 21-11-2003, in Dir.tur., 2007, 62; più di recente la pronuncia della Cass.
civ., sez. III, sentenza 11.05.2012 n° 7256 (in www.dejure.it), secondo cui la raggiunta prova dell'inadempimento
esaurisce in sé la prova anche del verificarsi del danno, dal momento che gli stati psichici dell'attore, da un lato, non
possono formare oggetto di prova diretta; dall’altro, possono evincersi sia dalla mancata realizzazione della "finalità
turistica" (che qualifica il contratto), sia dalla regolamentazione contrattuale delle diverse attività e dei diversi servizi
essenziali, ai fini della realizzazione dello scopo vacanziero.
54
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e dei servizi presso cui il turista è stato collocato nei primi giorni in alternativa alla sistemazione
promossa; sia della struttura alberghiera originariamente proposta presso la quale il turista ha
trascorso gli ultimi quattro giorni della vacanza: gli attori hanno fornito fotografie e filmati di
entrambe le strutture recettive.
Una volta accertata la responsabilità contrattuale dell’organizzatore, il Tribunale di Napoli ha poi
condannato la società convenuta al risarcimento dei danni subiti dall’attore (e dei singoli aderenti
intervenuti in giudizio, le cui pretese risarcitorie siano state accolte).
Un’ultima riflessione da fare attiene dunque alla liquidazione del danno nel caso concreto. Occorre
a tal uopo fare tre premesse di carattere generale.
In primo luogo, la quantificazione del danno da vacanza rovinata, quand’anche venga esperita
azione individuale, rappresenta senza dubbio l’aspetto più problematico della tematica, dal
momento che non esistono criteri operativi idonei a determinare l’ammontare dello stesso, data la
difficoltà di commisurare in termini monetari gli interessi che riguardino la sfera della personalità
umana. La stessa Corte di Giustizia ha d’altronde semplicemente richiamato il principio di
ragionevolezza. In linea generale può affermarsi che, qualora l’inadempimento o l’inesatto
adempimento contrattuale abbia inciso sulla qualità della vacanza comunque effettuata, provocando
un turbamento dello stato d’animo, allora il giudice “può solo tentare di individuare una somma di
denaro quale utilità sostitutiva in grado di compensare economicamente tale turbamento”58.
In secondo luogo, si rammenti che l’art. 140 bis, 12° co., c.cons. statuisce che il Tribunale che
accolga la domanda pronunci sentenza di condanna la quale liquida, ai sensi dell’art. 1226 c.c., le
somme definitive dovute all’attore e a coloro che abbiano aderito all’azione ovvero stabilisce il
criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione di suddette somme. Non essendo questa la sede per
un approfondito commento della disposizione, si osservi solo che la scelta legislativa di operare un
ordinario riferimento alla liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c. delle somme dovute in via
definitiva dall’attore ai componenti della classe è dettata dalla circostanza che, risultando
relativamente impossibile determinare in modo certo e puntuale il quantum dovuto per ciascun
componente della classe, tale criterio consentirà al giudice di fissare un ammontare che non sia
unicamente collegato alla determinazione di ogni singolo danno 59.
Occorre fare un ultimo accenno ai dubbi sollevati in dottrina sull’esperibilità dell’azione di classe,
ai fini del conseguimento del risarcimento del danno non patrimoniale. Parte della dottrina aveva
ritenuto che il rimedio in forma collettiva fosse ipotizzabile prevalentemente per i danni di natura
patrimoniale, in ragione delle difficoltà spesso insormontabili che si pongono per il ricorso alla
azione di classe in caso di danno non patrimoniale, sia per la determinazione del quantum
risarcibile, sia per l’accertamento dell’esistenza del pregiudizio60. Altri ancora avevano sottolineato
come l’assenza di parametri certi nell’azione di classe possa determinare il rischio che il danno
venga calcolato in modo approssimativo e casuale, conferendo rilevanza a pretese risarcitorie che
singolarmente non avrebbero i presupposti per la loro risarcibilità, finendo così con l’estendere la
58
Per tali pregevoli conclusioni si v. M. Giorgianni, o.c., 92.
Così F. Santangeli P. Parisi, o.c., § 11.1., 65; sul tema ex multis si v. P.Fiorio, L’azione di classe nel nuovo art. 140
bis e gli obiettivi di deterrenza e di accesso alla giustizia dei consumatori, in www.ilcaso.it, documento n. 172/2009, §
8, 45, che delinea tre possibili interpretazioni della norma in tale ambito; in commento alla nuova disposizione
introdotta al comma 12° dall’art. 6, 1° co., d.l. 1/2012 (convertito, con modificazioni in l. 27/2012), secondo la quale “in
caso di accoglimento della domanda con definizione dei criteri di calcolo per le liquidazioni, il giudice assegna alle parti
un termine non superiore a 90 giorni per addivenire ad un accordo sulla quantificazione del danno”, si v. A. Motto, Gli
interventi legislativi sulla giustizia civile del 2011 e 2012. Modiche all’azione di classe, § 9, 30, www.judicium.it).
60
Cfr. S. Menchini A. Motto l.u.c.
59
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tipologia dei danni risarcibili soprattutto nell'ambito del danno non patrimoniale61. Tale
orientamento restrittivo è stato contrastato da quanti appropriatamente hanno sottolineato come
l’esigenza di coerenza sistematica imponga di fare rientrare nell’ambito di applicazione del rimedio
dell'azione di classe anche i danni di natura non patrimoniale62.
In questa direzione si pone il Tribunale di Napoli e, alla luce delle considerazioni critiche su
esposte, si comprende bene la ragione della rilevanza di tale pronuncia giudiziale.
Infine, in conformità all’art. 140 bis, 12° co., c.cons., il danno non patrimoniale da vacanza rovinata
è stato liquidato in via equitativa, soppesando, nella determinazione dell’ammontare, la circostanza
che l’inadempimento non abbia riguardato il viaggio di andata e ritorno, avendo l’attore comunque
fruito del soggiorno, vitto e alloggio nel luogo di vacanza. Tale decisione appare altresì coerente
alle considerazioni su esposte con riferimento ai criteri giudiziali di determinazione dell’ammontare
del danno da vacanza rovinata. Il danno patrimoniale emergente non è stato invece risarcito, poichè
l’attore non ha documentato le spese che ha dovuto sostenere per i trasferimenti da una struttura
all’altra.
5. Interpretazione restrittiva della nozione dell’“identità” delle situazioni soggettive tutelabili
ex art. 140 bis del Codice del Consumo.
Il collegio ha accolto la domanda di risarcimento del “danno da vacanza rovinata” del proponente e
le sole pretese risarcitorie di taluni aderenti ritenute “identiche” in tutti gli elementi costitutivi a
quella dell’attore, sia con riferimento all’an che al quantum del risarcimento, a seguito
dell’accertamento delle medesime situazioni di fatto e di diritto.
Orbene, si consideri che l’art. 140 bis c.cons., nella versione antecedente alla modifica di talune
disposizioni dello stesso ad opera dell’art. 6, 1° co., d.l. 1/2012 (convertito, con modificazioni in l.
27/2012), statuiva l’“identità” dei diritti dei consumatori, quale requisito di ammissibilità delle
pretese risarcitorie dei potenziali aderenti all’azione di classe63. Da più parti si è osservato come,
qualora i termini (diritti) “identici” ed “identità” (di situazione) fossero stati oggetto di
un’interpretazione rigorosa, si sarebbe realizzato l’effetto opposto all’obiettivo sotteso
all’introduzione del nuovo strumento processuale nel nostro sistema, poiché è realmente difficile
che in un processo si abbia un’aggregazione di pretese vantate realmente equivalenti e, dunque,
identiche. La valorizzazione di tali elementi distintivi avrebbe comportato come conseguenza la
“parcellizzazione della classe” e la funzionalità del rimedio processuale collettivo sarebbe venuta
meno64. In vigenza di tale precedente versione, si è affermata in dottrina65 la prevalente opinione
che non ci si debba fossilizzare sul significato letterale della locuzione identità, ma che debba
piuttosto valorizzarsi il richiamo al termine omogeneità che si trovava, già in tale versione
normativa dell’art. 140 bis c.cons., nel 1° comma, prima proposizione. Di qui si è diffusa già allora
la prevalente interpretazione della norma nel senso che il controllo giudiziale debba concernere non
61
Cfr. F. Benatti, Il danno nell'azione di classe, in Danno resp., 2011, 20.
Così C. Scognamiglio, Risarcimento del danno, restituzioni e rimedi nell’azione di classe, in Resp. civ. e prev. 2011,
03, 501.
63
Nozione che coesisteva con quella di “omogeneità” della situazione nella quale gli stessi versavano. Tale opzione
legislativa contraddittoria e poco chiara aveva dato luogo a incertezze interpretative.
64
M. Taruffo, La tutela collettiva nell’ordinamento italiano; lineamenti generali in Riv.trim.dir.proc.civ.,2011, 114.
65
Ex multis si v. R. Caponi La riforma della “class action”. Il nuovo testo dell’art. 140 bis cod.cons. nell’emendamento
governativo, www.judicium.it, 9; C. Consolo, Come cambia, rivelando ormai a tutti e in pieno il suo volto. L’art. 140
bis e la class action consumeristica, in Corr.giur. 2009, 1297 ss; M. Libertini, L’azione di classe e le pratiche
commerciali scorrette in Class action: il nuovo volto della tutela collettiva in Italia, Milano, 2010, 243 ss.; E. Porreca,
Ambito soggettivo e oggettivo dell’azione di classe, in E. d. priv, 10, 562-563; R. Rordorf, L’azione di classe nel
novellato art. 140 bis cod.consumo: considerazioni (e qualche interrogativo), in F.it., 2010, V, c.185
62
www.judicium.it
l’identità strictu sensu dei diritti vantati dagli aderenti, ma piuttosto la somiglianza, l’affinità, in
altri termini la omogeneità delle pretese da avanzare in sede giudiziale. L’elemento fondante della
stessa è stato identificato nella circostanza che tali posizioni abbiano una causa petendi di “matrice
comune”, consistente nel medesimo comportamento o atto addebitabile all’impresa o al produttore
convenuto, e si è comunemente negato che esso possa riferirsi alla misura del petitum66.
Tale lettura ermeneutica della norma è stata quasi certamente la ragione che ha spinto il legislatore,
all’art. 6, 1° co., d.l. 1/2012 - rubricato “Norma per rendere più efficace l’azione di classe”- a
sostituire la locuzione “identità” con quella di “omogeneità”; tale norma è stata dettata al fine di
impedire che i giudici pronuncino l’inammissibilità dell’azione di classe, motivandola in maniera
discutibile nel sostenere la diversità delle situazioni soggettive dedotte in giudizio67.
Alla luce di tali notazioni non è condivisibile la decisione del Tribunale di Napoli nella parte in cui
accoglie le domande risarcitorie dei soli consumatori che, avendo acquistato il pacchetto turistico
avente ad oggetto una settimana presso l’Hotel Uaridi Beach Resort, siano stati trasferiti alla
struttura di categoria inferiore denominata Samaki Lodge (dove sono stati collocati anche gli attori);
e rigetta le domande risarcitorie di quei consumatori aderenti ed intervenuti che siano stati costretti
in tutto o in parte a trascorrere le proprie vacanze in una struttura diversa da quest’ultima, anch’essa
di livello inferiore rispetto a quella originariamente prenotata- differente situazione che il convenuto
sostiene tali soggetti non siano stati in grado di dimostrare. Tale circostanza rappresenterebbe,
secondo il collegio, un elemento diverso della fattispecie costitutiva del diritto, idoneo ad incidere
sul petitum e quindi a compromettere il fondamentale presupposto della “identità” delle pretese
risarcitorie azionate dai componenti della classe.
Al contrario, pur non avendo il Tribunale di Napoli potuto applicare la modifica legislativa che ha
introdotto il requisito dell’“omogeneità” ratione temporis, deve ribadirsi come l’interpretazione
restrittiva del requisito di “identità” (della precedente disciplina) sia criticabile per le ragioni su
esposte, tanto più che vengono riportati a suffragio della decisione, e qualificate quali espressione
della dottrina dominante, le conclusioni cui son pervenute solo talune pronunce giurisprudenziali e
non condivise dal maggior numero di autori.
Inoltre l’iter argomentativo del collegio giudicante appare incoerente68. Se da un lato,
l’interpretazione restrittiva del requisito di identità dei diritti azionati dall’attore e dagli aderenti
appaia in linea generale strumentale ad una più snella gestione della controversia; nel momento
stesso in cui il Tribunale di Napoli ha consentito agli aderenti di intervenire nel processo, e di
acquisire dunque la qualità di parte, per coerenza sistematica avrebbe dovuto considerare il processo
di classe come un qualunque processo litisconsortile. In tale ottica non vi sarebbe stato alcun motivo
per non accogliere le domande di taluni consumatori aderenti ed intervenuti, adducendo a ragione
del rigetto la mancanza del requisito di identità, dal momento che tali soggetti avevano provato i
fatti posti a fondamento degli stessi.
66
Sul punto si v. R. Donzelli, o.c., 206; R. Poli, Sulla natura e sull’oggetto dell’azione di classe, in Riv.dir.proc., 2012,
38 ss..
67
Si concorda con C. Consolo B. Zuffi, o.c., 53-53 che citano, a titolo esplicativo, Trib. Torino, I sez.civ., 31-10-2011
(ord.), ivi, 467 ss.
68
Argutamente in tal senso si v. A. De Santis, La prima sentenza, o.c.
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La tutela collettiva risarcitoria del “danno da