Il Graffio del Viaggiatore
(con la V maiuscola perché Ivan vuole così)
Numero 9 - ottobre 2015
i GRAFFI e mini GRAFFI di Ottobre
Pag. 10 … I’M STILL FREE – I sogni e i progetti di
chi non vuole smettere di correre…
Scriviamo e lasciamoci andare sempre
e ovunque…
Pag. 1 … Ayşem benim
di Alessandro Ranucci
Pag. 4 … Mi è piaciuto girovagare di qua e di là
(storia del mio viaggiare)
cibo per l’anima
ad occhi chiusi
C’è la vita davanti
Pag. 14 ... ANGOLO DEI LIBRI
I libri consigliati da
Ivan e Ale
Pag. 12 …. LA MUSICA PER CHI VUOLE VEDERE
La musica di Ivan Ale
di Alessandro
intime emozioni
di Carlo Pancera
Pag. 11 … IL VIAGGIO – Spazio dedicato alla
Pag. 7 … Luristan - cascate Bisheh
sintesi delle nostre emozioni
quelle dell’ultimo viaggio … il più bello …
il più vivo … il più immenso
di Ivan Ske
Pag. 8 … Il Passaggio
IRAN
di Michele
Pag. 9 …. VERSI LIBERI
La poesie di Ivan
Mente e Corpo
CORRERE NON SERVE A NIENTE…
COME VIAGGIARE…
di Ivan Ske
miscellanea
Spazio dedicato a chi ama correre…
oltre che viaggiare.
Pag. 13 …. COSE STRANE DAL MONDO
Le foto di Ivan Ale
Pag. 9 …. Pensieri sparsi
di Alessandro Ranucci
Pag. 8 …. Cucina creativa
Risotto al Graffio di Ale
GRAFFI e MINI GRAFFI AUTUNNALI
di Alessandro Ranucci
SIAMO TUTTI UN PO PIU VECCHI MA SEMPRE PIU FELICI… PERCHE’ IL TEMPO IMBIANCA I CAPELLI MA DONA SAGGEZZA
E SEMPRE PIU AMORE PER NOI STESSI E PER GLI ALTRI
Ayşem benim
di Alessandro Ranucci
In questi giorni è nato mio figlio Kerim.
Elencare i sentimenti e le sensazioni che
ha generato in me tale momento, credo
sia stucchevole e ripetitivo di tanti piccoli
miracoli che giornalmente si compiono in
ogni parte del mondo. Tutti sappiamo o
possiamo anche solo immaginare cosa
significhi essere protagonisti di un evento
del genere, che si ripete da sempre e che
è vita e da la vita. Il mio pensiero invece
oggi va ad Ayşe, la mia prima figlia. Lei
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che è stata la prima a muovere in me
sensazioni e sentimenti arrugginiti quando
nacque e con la quale mi sento legato da
un intesa invisibile a molti, perché non
ostentata da gesti affettuosi o morbosi
attaccamenti, ma fatta di sguardi e di
consapevolezze che ci tranquillizzano sul
nostro amore. Con lei, insieme a mia
moglie, abbiamo condiviso l’amore per il
viaggio non con poche difficoltà, ma siamo
stati un team perfetto, fatto di amore
forza e pazienza. Ecco perché Ayşe è
speciale per me. Eravamo uniti da un
empatico cameratismo in ogni situazione
che ci portava a conoscere ed esplorare
sempre posti nuovi. Con lei a soli tre mesi
siamo stati in Portogallo, qualche mese
dopo abbiamo esplorato in auto Slovenia,
Ungheria, Romania, Moldova e Ucraina e
da lì partendo da Odessa abbiamo
navigato il Mar Nero per 2 giorni fino ad
Istanbul per proseguire in tutta la Turchia
fino all’estremo sud. Abbiamo
attraversato poi le strade della Thailandia,
della Malaysia fino ad arrivare a
Singapore, in un viaggio durato un mese,
stancante ma tremendamente bello. Poi
siamo stati in Spagna e tornati più volte in
Turchia e poi l’Italia, vissuta in lungo e in
largo con la tenda. I primi tre anni di vita
di Ayşe sono stati anni intensi, anni in cui
ha conosciuto e sperimentato le passioni
del papà e della mamma ed è stata molto
più brava di noi nel gestire ed affrontare
tutte le situazioni. Sicuramente da grande
non ricorderà le avventure vissute
insieme a noi se non guardando le foto,
ma spero che tutte le sensazioni e le
immagini assorbite dalla sua mente si
tramutino in tessere importanti nel
mosaico della sua vita. Adesso il mio
rapporto con Ayşe è diventato più
scontroso e difficile, forse perché siamo
molto simili, ma è anche un passaggio
nella sua formazione che la rende
complicata da gestire … ma passerà …
tutto cambia nella vita … tutto scorre. In
questi ultimi tempi non stiamo più
viaggiando per motivi che esulano dalla
nostra voglia di farlo, ma passerà anche
questo momento prima o poi e allora
ricominceremo a farlo, ma questa volta
saremo in quattro. Ad Ayşe dedico un
frammento del racconto del viaggio fatto
in oriente due anni fa e che narra del
nostro passaggio dalla Thailandia alla
Malaysia. La dedica però va anche a tutte
le mamme e i papà che sono combattuti
tra il dovere di essere padri e madri
responsabili e l’esigenza interiore di
partire… di viaggiare… A tutti loro dico
che si può fare. Sarà però un viaggio
diverso… più stancante, più lento, in cui le
doti fondamentali saranno inevitabilmente
la pazienza e la forza. Ma sarà ugualmente
un bel viaggio perché viaggiare è bello
sempre e comunque.
“” … Il portiere naturalmente non spiccica
nemmeno una parola di inglese, peggio di
me, ma ci vuole poco per intendersi. Ci
limitiamo a togliere le scarpe e senza
neanche disfare gli zaini ci stendiamo sul
letto. Non so di cosa fosse fatto il
materasso, ma era come dormire
direttamente su doghe di legno da 10
centimetri. Con la schiena rotta ci
svegliamo alle cinque e mezza per
preparare latte e biscotti ad Ayşe col
mitico bollitore da viaggio e poi via di
filata da quello “stupido hotel” come dice
Vasco. Dovremmo partire alle sette, ma la
puntualità per le ferrovie thailandesi è un
concetto sconosciuto. Alle otto compare
la lenta locomotiva diesel e solleciti
saliamo a bordo. Il treno proveniente da
nord era già pieno di gente appena sveglia
e con i letti ancora fatti. Non trovando
posto, sostituendomi al personale
viaggiante, mi rimbocco le maniche e disfo
due cuccette di viaggiatori appena scesi
dal treno. Ecco pronti i nostri posti in
seconda classe. Arrivati alla località di
frontiera di Padang besar ci fanno
scendere con gli zaini per sbrigare le
formalità di frontiera. Un timbro sul
passaporto in uscita dalla Thailandia e
finalmente quello di ingresso in Malaysia.
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Tutto sommato procedure abbastanza
semplici e veloci. La cosa più difficile in
quei quarantacinque minuti è stato, come
sempre, tenere testa ad una
scatenatissima Ayşe, che già alle undici
del mattino ci aveva prosciugato le ultime
energie disponibili. Col sole cocente siamo
a Butterworth, località prospiciente l'isola
di Penang. Decidiamo di raggiungere
Georgetown col taxi anziché col traghetto.
Percorriamo il lunghissimo bridge che
divide le due città, con le nostre tre teste
ciondolanti dalla stanchezza nei sedili
posteriori e sotto di noi tanto, tanto mare.
Siamo molto stanchi. La nostra è
principalmente una stanchezza mentale
oltre che fisica. Conciliare il viaggio che
piace a noi, con le esigenze ed i tempi di
Ayşe, indubbiamente genera difficoltà
notevoli. Si deve essere sempre reattivi e
pronti in qualsiasi occasione. Non si ha
mai la possibilità di rilassarsi
completamente.
Bisogna
sempre
trasmetterle la sensazione di benessere
ed evitare di generare intorno a lei
situazioni troppo stressanti. Mettere in
atto queste cose non è mai facile e
bisogna avere una straordinaria dose di
pazienza ed attitudine al sacrificio oltre
ad una adeguata capacità organizzativa.
Bisogna sbagliare il meno possibile e
gestire le situazioni di stress psicologico,
che non sono poche, riuscendo a
mantenere viva la curiosità e la voglia di
esplorazione che spinge a viaggiare. Mille
sono le attenzioni e le cose che devi fare
con una bambina, al punto che la mente è
sempre attiva ventiquattrore al giorno e
non puoi permetterti di sbagliare ciò che
fai ed i tempi in cui lo fai. Inoltre Ayşe è
una bambina iperattiva e questo rende
difficile anche la più semplice delle
situazioni di viaggio. I trasferimenti da una
località all'altra sono la cosa più
spossante. Il caldo umido, il peso degli
zaini, la necessità di essere rapidi e
intuire al volo ciò che si deve fare, le
difficoltà dovute ad una lingua che non
comprendi, sono situazioni queste, che
con Ayşe si amplificano e si complicano,
al punto tale che la sera ci si sente
veramente svuotati. Ma a noi va bene cosi.
Stanchi ma felici. Spesso si è stanchi e
non si può riposare, si ha caldo e non
spira un alito di vento neanche a pagarlo,
si è sudati ed i vestiti ti si appiccicano
addosso e sogni il momento che farai una
doccia che non arriva mai, hai fame e non
hai manco una nocciolina da
sgranocchiare, hai sete ed hai finito
l'acqua, vorresti essere già arrivato ma
manca molto, vorresti che Ayşe se ne
stesse buonina al suo posto ma è più
agitata di una sveglia la mattina alle sei.
Beh quando ci capita tutto questo io e
Dilek ci guardiamo con aria rassegnata ed
è come se le nostre menti stanche siano
legate da un mantra che ci ripete
all'infinito: “respirate, rilassatevi e
ricordatevi che viaggiare è comunque una
cosa meravigliosa”. Un mantra che si
ripete sempre e ci mantiene viva la voglia
di esplorare ogni luogo dove i nostri piedi
hanno la fortuna di camminare. La notte si
ha qualche ora per riposare ed io ne
approfitto per scrivere perché mi rilassa
molto. Ehi non scrivere troppo però, che
domattina devi alzarti all'alba, preparare
gli zaini, fare il latte ad Ayşe ed
affrontare una nuova giornata.
Buonanotteee! Il nostro arrivo in Malesia
non è stato particolarmente felice. Ayşe,
dopo aver giocato con i bimbi, sali e
scendi dagli scivoli di una ludoteca in un
centro commerciale di Georgetown, la
sera aveva trentotto di febbre. Sono stati
due giorni con un pò di apprensione con la
febbre che non accennava a scendere.
Vediamo poco di Penang e nei momenti in
cui Ayşe, malgrado la febbre, ci
manifestava l'esigenza di uscire. Peccato
perché Georgetown è una città in cui si
incontrano razze e culture diverse, quella
cinese, indiana e malese, che sarebbe
stato affascinante viverla in strada.
Malgrado tutto però riusciamo a vedere
un po' della little India ed un tempio
buddhista, il Kek Lok Si Temple, il più
grande della Malaysia. Ma il nostro
pensiero però è solo per Ayşe ed il resto
non conta. Di comune accordo con Dilek,
decidiamo comunque di sloggiare da
Penang, come era in programma di fare
dopo due giorni. Partiamo di sera con un
bus al cui interno, l'aria condizionata,
aveva ricreato un pò il clima della
Finlandia a febbraio, mancava solo
l'aurora boreale ed un carro trainato dalle
renne con babbo natale alla guida. Ayşe
dopo aver mangiato poco e male si
addormenta senza pile. E' distesa
comodamente sul sedile ed io decido di
coprirla col mio pile, cercando di farla
stare calda. Da li in poi inizia un mezzo
inferno per me, alla ricerca di qualcosa
che mi dia calore. Ho una sola maglietta,
perlopiù bagnata di sudore ed ormai
fredda indosso. Dopo un pò la
disperazione mi fa aguzzare l'ingegno e,
sotto la maglietta, per isolarmi dal freddo,
dalla parte della pancia metto la stuoietta
che usiamo per i cambi pannolini di Ayşe,
dietro alla schiena invece appiccico alla
pelle una busta di plastica di Pizza Hut, ma
la cosa più ingegnosa mi viene in mente
guardando il finestrino. Ad uno ad uno
sgancio i gancetti che tengono la tendina
in stoffa lurida di 1000 viaggi e mi ci
avvolgo come fosse un morbido piumone
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d'oca. La ciliegina sulla torta è il
minuscolo pile di Ayşe usato come
sciarpa. Adesso va decisamente meglio.
L'autista si ferma ed annuncia che siamo
a Kota Bharu. Lo capiamo alla terza volta
che lo dice, perché alla prima dormiamo,
alla seconda ci sveglia e alla terza
finalmente realizziamo che bisogna
scendere. Sono le tre e mezza di notte, in
anticipo rispetto a quanto pensavamo.
Città deserta, silenzio spettrale, caldo
sempre lo stesso, sonno molto ed allora
bisogna trovare una pensione per qualche
ora, prima di ripartire per Kuala Besut.
Alla prima nessuno ci apre, alla seconda,
finalmente dopo qualche minuto, ci apre il
ragazzo che fa il turno di notte e ci da una
camera. Ayşe si sveglia ed è la cosa
peggiore quando spezza il sonno, perché
si stranisce. Dilek fatica non poco a
tranquillizzarla perché si era messa in
testa che era mattina e voleva uscire. Il
suo delirio dura un pò ma poi crolla dal
sonno ancora calda di febbre. La mattina
alle dieci aveva meno febbre ed in netto
miglioramento. Prima di partire andiamo
in farmacia e compriamo antibiotico,
vitamine e sciroppo per la tosse. Alle
undici partiamo col bus locale per il porto
di Kuala Besut. Il Ferry per le Isole
Perhentian parte solo alle quattordici e
trenta, è infatti periodo di Ramadan e le
attività
lavorative
rallentano
notevolmente, bloccandosi totalmente
durante le preghiere. Cotti, arriviamo in
paradiso, mezzi acciaccati ma arrembanti.
Che dire delle Perhentian, sicuramente
molto belle ed anche la scelta dell'alloggio
molto azzeccata finalmente. Ce le siamo
moderatamente godute, con Ayşe in
miglioramento e finalmente senza febbre
dopo 4 giorni. Ma siccome non ci facciamo
mancare nulla e la fortuna è bendata ma
la sfiga ci vede bene, al momento di
ripartire, a Dilek viene la febbre. Bene,
anzi male, se la mamma non sta bene il
papà impazzisce, perché fare il papà è
comodo, fare la mamma invece è
tutt'altra cosa. Subito tachipirina per la
febbre e plasil per la nausea, perché si
deve salire sul ferry del ritorno. Arrivati
di nuovo a Kota Bharu con una comoda
corsa in taxi da Kuala Besut, lascio Dilek in
camera ed esco con Ayşe a fare una
piccola spesa, permettendo cosi a Dilek di
staccare un pò la spina di mamma e di
riposare. Mangio Papaja e qualche
biscotto, Dilek nulla ed Ayşe ancora
inappetente, poca pappa e un cucchiaio di
vitamine. La situazione non è tale da
permetterci di continuare col ritmo avuto
fin'ora. E' necessario un cambio di
programma. Decidiamo di rimanere tre
notti a Kota Bharu, malgrado
prevedessimo la visita al parco nazionale
del Taman Negara nella foresta Malese.
C'è assoluto bisogno di riprendere le
forze, rilassarsi e sopratutto che Dilek,
anche lei, guarisca. Kota Bharu è una di
quelle città che non hanno nulla per cui
valga la pena rimanervi. È una città
sonnolenta i cui abitanti sono oltremodo
discreti e dove obbiettivamente c'è poco
da fare. Dilek sta migliorando ed Ayşe è
ormai guarita, tranne la tosse che
fortunatamente non è più secca e con lo
sciroppo tende a diminuire. Malgrado la
città non ci entusiasmi, cerchiamo lo
stesso di trovare qualcosa che ci faccia
cambiare idea. Le strade di giorno sono
deserte e deserti sono anche i ristoranti.
Siamo capitati nella città con la più alta
percentuale di mussulmani della nazione.
Ci si può accorgere di quanto i malaysiani
siano religiosi proprio durante il
Ramadan. Il loro modo di sentire la
religione in una composta, convinta e
completa dedizione, ci colpisce molto. Le
donne sono tutte coperte, comprese le
bambine piccole, e gli uomini portano tutti
il copricapo. Indossano tutti i loro abiti più
eleganti,
probabilmente
tenuti
nell'armadio puliti e stirati proprio per
essere indossati in questo periodo.
Mostrano un aspetto curato, malgrado
siano a digiuno da molte ore, e più
passano le ore, più hanno lo sguardo fiero
di chi sta portando a termine il suo
piccolo miracolo quotidiano. Ad attenderli
l'Iftar, una preghiera ed il meritato primo
sorso d'acqua della giornata. Li vedi
seduti ai tavoli dei ristoranti o di quelli
allestiti ai bordi delle strade, di fronte alle
pietanze già servite e ai calici pieni di
acqua, con gli occhi felici attendere il
momento in cui ci si sente veramente
orgogliosi di aver compiuto un qualcosa di
gratificante per la propria anima. A noi
tutto questo suscita un sentimento di
ammirazione. Non ci saremmo mai
aspettati di respirare un'atmosfera cosi
bella, in un paese del quale non si sente
mai parlare di episodi di intolleranza. Lo
riteniamo un ottimo esempio di come
dovrebbe essere vissuta la propria
religione all'interno di un paese in cui
convivono culture, etnie e sopratutto
religioni diverse, dall'induismo alle
religioni cinesi al cristianesimo.
Tolleranza ed integrazione sembra qui
siano la regola, seppur la maggioranza
della popolazione sia mussulmana. Le ore
della giornata sono scandite dalle
preghiere diffuse dalle Moschee per le
strade e fin pure all'interno dei centri
commerciali. La mattina ed il pomeriggio
fino ad una certa ora, i ristoranti,
eccezion fatta per quelli gestiti dai cinesi,
sono pressoché chiusi. Vogliamo vivere di
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più il momento e la sera prendiamo un
taxi e ci facciamo lasciare al mercato
notturno per l'ora di cena. Hanno appena
finito tutti di mangiare ed ora stanno in
Moschea a pregare, ne approfittiamo per
ordinare due noodle alle verdure e Ayşe,
tornata pimpante come non mai,
socializza con i figli di una famiglia li
accanto. Malgrado ci aspettassimo più
bancarelle e molta più gente, siamo
contenti di stare li, in quel preciso
momento, a condividere la serata con la
gente del posto che ci guarda incuriosita,
forse perché non abituata a vedere
turisti. Prima di tornare a casa ci
divertiamo a contare se ci sono più ratti o
scarafaggi per strada e tra i banchi del
mercato. Non sappiamo chi abbia vinto...
abbiamo perso il conto …””
__________
Mi è piaciuto girovagare
di qua e di là
(storia del mio viaggiare)
di Carlo Pancera
Sono nato a Milano nel gennaio 1948,
quindi ciò significa che più che altro sono
stato in giro nel passato, quando viaggiare
liberi era più raro e difficile. Ho iniziato da
piccolo grazie a mio padre: eravamo in tre
sulla Lambretta e andavamo oltre confine
in Svizzera a comprare cioccolato e
sigarette, e un'estate con la "giardinetta"
Fiat siamo andati in giro per la Svizzera, la
Renania, l'Olanda, e a Parigi ... Ma anche in
Italia a scoprire il Sud, nel primo
campeggio del Touring club appena aperto
a Marina di Camerota, o nelle camere in
affitto là dove non c'erano ancora
attrezzature alberghiere. Con mio padre
eravamo andati alle isole Eolie (1956),e poi
alle isole Tremiti (1957), e vi assicuro che
era un'avventura (appunto non c'erano
alberghi), e poi in giro per la mitica costa
Azzurra e la Provenza, sempre in
Lambretta (io stavo in mezzo), e poi nei
primi campeggi, eccetera, per cui
evidentemente la passione l'ho ereditata
da lui. Ma già il mio bisogno viaggiava per
mezza Europa, e poi mia nonna materna, e
quindi i miei genitori. Per cui poi diventato
ragazzo mi mandarono presso indirizzi
concordati, così ad esempio visitai senza
di loro l'Irlanda (1962), Londra (1963). Con
loro in macchina siamo andati a fare un
viaggio avventuroso in Bulgaria e Romania
(1964). Dunque io cominciai ad andare per
conto mio con un amico in Yugoslavia
(1965), e poi sono andato in Corsica (1966
in tenda con un altro amico), e a Parigi
(con amici nel febbraio 1968). Quell'esate
andai a Palinuro in tenda, ci accampammo
sotto l'arco naturale deserto, e girai il
Cilento (1968), e in Sardegna. E dopo con
Annalisa siamo andati in Spagna, in tenda
dalla costa Brava fino in Andalusia
risalendo per Madrid e Toledo (nel 1969),
e nel nostro Sud girando (sempre in
tenda) Campania-Calabria-Lucania-Puglie
(1970), e poi fino in Turchia (anche lì in
tenda da Istanbul all'Anatolia) nel 1971. E
poi con Annalisa facemmo un viaggio in
Grecia dove c'era solo la Patrasso-AteneSalonicco ad essere asfaltata, il resto
delle strade era di terra battuta. Quindi
andammo a Praga, in Portogallo (nei
grandi accampamenti del 1975), Tunisia
nord e sud (1976), Algeria e Sahara (1977),
Pakistan e India e Nepal (1978), Egitto
(1978), Messico e poi Yucatan, Guatemala,
Belize, Honduras (nel 1979), e in Thailandia
(da Ko Samui a Chiang Rai, e ai villaggi
tribali del Triangolo d'Oro), a Penang
(Malesia), e Sumatra (Indonesia) nell'81.
Considerate che quando andai in India nel
1978, e gironzolai per due mesi con 115
mila lire, non c'era ancora in italiano una
"Guida"... solo l'anno dopo uscì quella di
Piero Verni (Moizzi editore), la prima vera
guida italiana. C'era solo "Andare in India"
(ediz. Controcultura),del '74, e poi uscì
anche per la stessa editrice "Andare in
Oriente", ma erano poco più che opuscoli.
Idem per gli altri paesi, per il Messico
pure (!), e per l'Algeria usai guide in
francese, per Thailandia, e Sumatra guide
in inglese, per il Guatemala e per il Nepal
trovammo libricini o foglietti sul posto...
Avevo anche diversi opuscoletti della
associazione Nouvelles Frontières di
Parigi, che pubblicò nei primi anni 70 la
serie Touraventure. Oppure c'erano i
primi fogli ciclostilati di "Avventure nel
Mondo" (oggi è una agenzia turistica, ma
allora era appena stata fondata a Roma
da Vittorio Kulczycki e sua madre, in via
Vitellia 81 a Roma), dove avevano anche
delle raccolte fotocopiate di articoli, dei
ciclostilati, e lì ci si poteva documentare
(feci il primo viaggio in Egitto con loro,
nell'inverno 1978 in tenda: "Nilo78" ).
Insomma io abitavo a Milano in centro
storico, e allora andavo al vicino Touring
Club, in corso Italia, e alla Libreria
Francese, dove si trovavano le "Guides
Bleu" delle ediz. Hachette (Turchia, Grecia,
Algeria, India, ...), o le guides Michelin, e le
affascinanti carte stradali Michelin, le
uniche disponibili di paesi lontani (Africa,
Sudamerica…), e i libretti di Nouvelles
Frontières, o poi si andava alla Libreria
Feltrinelli vicino a piazza Fontana (che
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solo molto più tardi aprirà anche una
Feltrinelli-International per i libri in
inglese). E infine nacquero (non solo a
Milano) le Librerie di Controinformazione,
e lì si trovavano testi sui paesi del "Terzo
Mondo". Oppure circolavano dei
ciclostilati. Questo conferiva un che di
misterioso e riservato, se non un po'
segreto, a certe informazioni... sinché non
sono fiorite delle case editrici, come
Stampa Alternativa, la Emme, la Guaraldi,
Bertani, Red, la Savelli, la Salamandra,
Arcana, Armenia, ecc. E si leggevano per
es. i libri di Rajneesh (poi chiamato Osho),
o gli opuscoli di Auroville, eccetera, che
parlavano di "Altrove". E poi molti stimoli
venivano anche dai film che si potevano
vedere nei cineforum, in cui si vedeva ad
es. in "O Cangaceiro", il Brasile, o in "Cria
cuervos" di Saura, l'Argentina; e poi rare
immagini dalla Cina ancora misteriosa e
sigillata, e la favolosa India… Insomma
c'era un "esotismo", un "orientalismo", e
a questo contribuirono anche i romanzi di
Garcia Marquez col suo Macondo in "Cien
años de soledad", e tutti i vari scrittori
sudamericani, e messicani, o anche le
poesie e le canzoni greche, turche,
balcaniche eccetera eccetera. Finché
certe case editrici come la Valmartina di
Firenze, che tradusse in it. le famose
"guide Fodor", e la Vallardi che tradusse
le famose "Rough Guides", le ed. Futuro di
Verona, e la Moizzi, iniziarono a pubblicare
guide turistiche per paesi di altri
continenti, con consigli. Poi la Cluep di
Padova. E infine arrivarono anche in Italia
le Guides du Routard (in francese) !
veramente adatte alle nostre esigenze di
budget e ai nostri interessi. E allora per
orientarsi e per decidere gli itinerari,
semplicemente quando "sul posto" si
incontrava qualcuno (e ci si vedeva e
riconosceva da lontano...) ci si metteva a
chiacchierare e si condividevano consigli
e indirizzi e dritte varie ... Non solo non
esistevano i blog, ma non esisteva
internet, anzi nemmeno gli stessi personal
computer! … né i cellulari, né i bancomat
per i soldi.... Ci voleva una lettera di
accreditamento da presentare in una
banca specifica collegata con quella del
conto, poi c'erano i "traveller cheques"
abbinati con una "carte blanche" come
garanzia. Comunque per certe
destinazioni un po' imbucate tutt'ora
bisogna un po' arrangiarsi, non è vero?
Ecco fate conto che negli anni SessantaSettanta era un po' tutto così, soprattutto
per noi italiani (allora erano ben pochi i
viaggiatori italiani nei paesi lontani !).
Qualcuno mi ha detto che sono stato
fortunato a viaggiare a fine anni 60 /
inizio anni 70, ed è proprio vero, l'ho
sempre pensato che la sorte mi avesse
favorito assegnandomi di vivere in questo
segmento di anni (cioè dal gennaio 48
quando son nato al ….) che è proprio stato
bello ed entusiasmante. Volevo anche dire
che a viaggiare alla fine anni '60 erano
quasi solo studenti, e poi più avanti negli
anni '70 guarda caso eravamo in buona
parte giovani insegnanti ... Oppure, come
dicevo, ci si scambiava notizie nelle varie
occasioni di incontro, per esempio,
quando come vi dicevo ho girato tutta la
Cappadocia e l'Anatolia con una "500", e
andavamo in certi "alberghetti" e
pensioncine
...
o
"campeggi"
(=accampamenti) ... in cui l'unica cosa che
mancava era l'igiene. Ma per esempio era
un po' così anche nei piccoli campeggini in
Italia, che erano rispetto ad oggi piuttosto
degli accampamenti spontanei, o
comunque non così regolamentati e
suddivisi in lotti come ora, erano
sistemazioni per appassionati del genere
Natura. Ricordo un bel giro di "campeggi
liberi" alla fine anni Sessanta. Poi per
poter viaggiare in altri paesi era meglio
se ti imparavi una trentina di parole nella
lingua del posto, perché ben pochi
sapevano l'inglese o altro. E per esempio
se ti imparavi i numeri potevi contrattare
i prezzi. A me era sempre piaciuto sin da
piccolo inventarmi degli alfabeti segreti, e
poi al liceo l'alfabeto greco, e così mi
imparavo per i viaggi il cirillico (ricordo
che in Bulgaria i menù erano dei fogliettini
di carta tutti solo in bulgaro) oppure mi
ero imparato quello hindi, quello arabo,
quello thai... così si poteva sapere dove si
era e dove si stava andando, (e cosa
mangiare). Per esempio leggere le scritte
in thai fu essenziale per le fermate dell'
autobus, o per prendere il treno. Ora per
mancanza di continuità nell'esercizio li ho
dimenticati purtroppo... In questi
accampamenti (per es. ricordo quelli
grandissimi del Portogallo nel 1975
all'epoca della rivoluzione dei garofani del
companheiro Vasco) si faceva per le
prime volte del nudismo, si imparavano a
cantare canzoni popolari del folklore
locale, e si incontravano giovani stranieri
e così ci si esercitava un po'
maccheronicamente con le lingue. A volte
questi raggruppamenti di giovani un po'
"strani" attiravano l'attenzione, anche con
inconvenienti (proprio in Portogallo una
volta fummo minacciati da robusti
giovanottoni di paese e ci fu una rissa
solo perché stavamo nudi in spiaggia o
anche solo a nuotare, anche se si andava
ovviamente sempre molto molto più il là di
dove c'era della gente per starcene per
conto nostro). Comunque prima di partire
se non si era trovata/o un/a compagna/o
di viaggio (il che dava coraggio per
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decidere) si partiva lo stesso, perché in
fondo non ce n'era bisogno, era proprio
con i viaggi che si poteva star sicuri di
incontrare qualcuno di simile, come
dicevo ci si riconosceva da lontano, e poi
si frequentavano gli stessi posti. E
insomma si era sempre in compagnia, e
così magari si trovavano compagni/e di
viaggio almeno per un tratto di strada. E
ad ogni incontro c'era tanto da
raccontarsi anche perché si aveva
bisogno di notizie e di consigli e dritte. A
differenza di molti altri, io non mi facevo
scrupoli ad andare anche in posti con
governi totalitari, anzi mi faceva proprio
dispiacere per loro poverini che erano
messi male già economicamente e in più
gli toccava stare sotto un regime... quindi
andare, parlare, incontrare, poteva
essere una occasione rara per molti di
apertura, di acquisire conoscenze, di
discutere liberamente... e almeno si
portavano anche un po' di soldini a chi ne
aveva bisogno anziché ai grandi alberghi.
Quindi la gente ti avvicinava con curiosità
e simpatia. Almeno io ho questo ricordo di
Spagna franchista, Grecia dei colonnelli,
Turchia, Tunisia, ma anche Algeria,
Guatemala, Sumatra, eccetera. Ma ora
basta, sto forse esagerando nel
dilungarmi, e non vorrei stra-dire. Ma
vorrei anche aggiungere che sì c'erano
posti "autentici", spiagge immense
deserte, luoghi incontaminati (… ma
qualcuno anche ora c'è, magari più
nascosto), però di certo furono i
cosiddetti hippies e freaks per primi a
scoprire certi luoghi (da Palinuro, a
Formentera, a Swayambunath, a Goa, a
Pune, o nel sud della Baja California, o lo
Yucatan, Bali, o il Myanmar ecc.),
insomma i vari "Puerto Escondido", che
poi purtroppo furono lanciati dalle Agenzie
come veri paradisi incontaminati,
contribuendo così a renderli non più tali...
(sigh!). E poi così ho continuato, anche
dopo l'80 (l'anno in cui è nata nostra
figlia) perché ho acquisito una sorta di
assuefazione fisico-chimica per cui non
sono più capace di farne a meno. Vi
risparmio la lista dei paesi visitati dall' 81
in poi, e per ora vi saluto. Paesi che vorrei
vedere? ce ne sono talmente tanti che
ancora non ho visto! … che non so come
farò ad andare dappertutto… (anche
perché ho il mio principio di andare a
vedere possibilmente un solo paese per
volta). Ciaociao a tutti! PS ricordate che il
tempo sfugge via rapidamente!
(=viaggiate di più!) :-).
_____________
LURISTAN
CASCATE BISHEH
di Ivan Ske
Arrivo in Khuzestan, esattamente a
Shushtar dove le ultime creste
rosseggianti dei Monti Zagros sfumano nei
campi di angurie ed evito di andare a
Choqa Zanbil, alla ziggurat di 3000 anni
per un semplice motivo, basta Storia e'
tempo di dedicarsi alla geografia.
Raggiungero' Andimeshk col minibus per
prendere il treno panoramico fino alle
cascate di Bisheh. Al primo impatto
Shushtar non mi entusiasma, forse
perche' sono stanco dalla tirata
"irachena". E' stato molto emozionante
vedere gli storici fiumi per eccellenza, il
Tigri e l'Eufrate unirsi in territorio
iracheno e percorrere uniti, gli ultimi
chilometri col confine iraniano a sfociare
nel Golfo Persico. Trovarmi davanti a
questo immenso fiume e vedere al di là
della sponda l'Iraq in pace, in silenzio,
mentre in realtà al suo interno è
martoriato dall'Isis, mi eccita un casino.
Non so come mai, ma i confini mi hanno
sempre affascinato, non dimenticherò mai
all'età di sedici anni attraversare il
confine tra l'Italia e la Svizzera, in
quell'istante ho sentito un brivido così
forte che era chiaro il mio avvenire di
viaggiatore. Sul bus per Shushtar di
fianco a me c'e' un ragazzo giovane, vuole
aiutarmi a sistemarmi al meglio in città.
Dal terminal con un altro ragazzo
prendiamo un taxi e raggiungiamo la
rotonda principale e come al solito...
pagano loro. Visitiamo il Fiume con le
chiuse costruite dagli schiavi Romani, poi
ci salutiamo e mi indicano la strada per
l'albergo. Non ho per niente voglia di
andare in hotel e mi fermo nel parco del
Fiume. Inizio ad avere caldo e vado in
piscina. Incontro tanti ragazzi iraniani che
presto diventano amici. Sono tutti contenti
di vedere un italiano. Con la scusa di
caricare il telefono rimango fino alla
chiusura sdraiato sul tappeto della stanza
relax dei bagnini. A mezzanotte chiudiamo
e mi invitano a cena. Dopo mangiato mi
portano a fare un giro panoramico della
città con le loro moto e scopro che e'
fantastica. All'inizio andiamo alla moschea,
dove incontriamo una ragazza, la quale
parla bene l'inglese e gli chiedono di dirmi
se per caso mi sono perso dal mio tour
organizzato, quando scoprono che
davvero viaggio da solo sono tutti
7
sorpresi, persino la ragazza. Di fianco alla
moschea c'e' il famoso ponte romano di
45 arcate illuminato, e' bellissimo.
All'inizio il bagnino mi dice di non
preoccuparmi perché dormirò da lui,
invece alla fine scusandosi, dormiremo
con il suo collega più giovane in piscina.
Alle sette mi accompagna al minibus e
viaggio verso Andimeshk dove alle due del
pomeriggio prenderò il treno per Bisheh.
Il tragitto e' molto panoramico con le
rocce frastagliate e un azzurrissimo
fiume impetuoso sotto nella valle. Ad ogni
stazione un piccolissimo villaggio e mi
domando se ho fatto la scelta giusta
perché arriverò che non avrò nessun
modo per andare oltre, visto che il
prossimo treno e' domattina. Non sono
preoccupato perché al massimo scenderò
alla fermata dopo, a Dorud, dove sono
sicuro che ci sono anche gli autobus per
continuare il mio viaggio. A Bishes arrivo
che e' già sera, non ci penso due volte e
scendo in mezzo a queste favolose
montagne. Nella piccola stazione c'e' un
sacco di gente, scendo e li seguo verso
l'uscita. Entro quasi per magia in un
campeggio adiacente ai binari con dei
corsi d'acqua e una piscina circolare al
centro dove i bambini giocano a
spruzzarsi in mezzo a una foresta
illuminata da piccoli lampioni colorati e
dalle braci delle griglie fumanti. Mi sento
in difetto perché oltre alla tenda, tutti
hanno un tappeto per sdraiarsi e
mangiare. C'e' anche un bar con musica
iraniana molto ritmata, mi fermo a bere
prima una birra analcolica e poi il barista
mi offre un te. Grazie ad un signore che
avevo conosciuto prima, preoccupandosi
per me, mi accompagna alla reception e
per 8€ vogliono darmi un bungalow, ma io
non lo voglio. E' così bello sentire l'acqua
che scorre, che chiedo solo un tappeto
per la notte. Torno a bere il mio te e al
ritorno, sotto l'albero dove avevo lasciato
tranquillamente il mio zaino, trovo una
moquette, due coperte e un cuscino.
Favolosi, che carini! Non faccio in tempo a
sdraiarmi che il mio vicino mi porta un
piatto di frutta con la famosa anguria
locale. E' stata la notte più bella della mia
vita, io l'unico straniero a dormire
insieme alle famiglie iraniane in un
splendido giardino con il rumore costante
dell'acqua a rilassarmi completamente. Il
mattino seguente quando apro gli occhi mi
ritrovo sotto le fronde degli alberi che
luccicano colpiti dai primi raggi solari.
Rimango sdraiato a riflettere e appena mi
sollevo arriva l'altro vicino e mi porta un
vassoio con una colazione completa di tè,
burro, pane e frutta. A dir la verità me lo
immaginavo e non vedevo l'ora che
arrivasse, perché ormai li conosco.
Figurati ieri sera si è fatto soffiare dal
vicino e stamattina non poteva farsi
fregare ancora. Fanno a gara a chi è più
ospitale, tutto a mio vantaggio... che storia
ragazzi , questo è l'Iran! Ringrazio e
contraccambio con la mia frutta. Dopo
colazione mi dirigo a vedere le cascate e
scopro che il campeggio e' proprio situato
sopra la montagna dove iniziano a calare
a picco le più belle cascate dell'Iran.
Larghe 30 mt con tanti rivoli d'acqua a
formare una decina di cascate cadere
prima sulle rocce e poi scivolare giù nel
fiume. Non faccio in tempo a spogliarmi
che sono già sulle rocce più alte a
tuffarmi con il popolo del Luristan.
Chiunque mi da il benvenuto: "Welcome to
Luristan" e si divertono a ballare sotto le
cascate le danze tipiche del Luristan
tambureggiando le loro percussioni e la
musica si fonde al rilassante suono delle
cascate.
I MINI GRAFFI
Il Passaggio
_____________
intervallo
cucina creativa
… c’è un mondo di
ingredienti sparsi
per il mondo …
Risotto al Graffio
Ingredienti per 4 persone
350 g. di riso nero Birmano, ½ finocchio,
1 radicchio trevigiano, 1 cipolla grande,
140 g. di gorgonzola (70 g. dolce e 70 g.
piccante), burro q.b., olio, brodo vegetale,
pistacchi dall’Iran.
Preparazione:
Fare un soffritto di cipolla finemente
tagliata, aggiungere radicchio anch’esso
finemente tagliato e i finocchi a dadini.
Fare imbiondire il tutto e versateci poi il
riso nero e fatelo un pò rosolare.
Aggiungete brodo q.b. fino a cottura.
Spegnete il tutto e aggiungete nel riso
gorgonzola e burro. Quando il risotto sarà
cremoso impiattare e spolverare di
pistacchi tritati a grana grossa.
di Michele
Ero in Grecia quando un temporale
interrompe e irrompe forte giornate
luminose ventose. Non si può descrivere il
momento e i passaggi quando le nuvole si
muovono lente sopra questa piccola isola.
Facile cercare di capire, immaginare
perché si è lontani ma tanto vicini a tante
verità. E in acqua trovi un sogno così
come un altro mondo... Si passa
attraverso lungo una strada così bella
perché le colline e le curve non smettono
di parlarti, perché c'è un tappeto morbido
da farsi incantare. Si cammina coperti da
un cielo che accarezza, scivolando
sorridenti seguendo il sentiero di metallici
cespugli... Che bello! Un paesaggio che non
mi esce dalla mente ormai persa dentro
questa strada, dentro questo passaggio...
tutti coloro che vogliono intervenire con un loro pensiero, argomento, articolo di viaggio e non, sono
invitati calorosamente a farlo. Sarà pubblicato sul prossimo numero del Graffio del Viaggiatore.
Grazie mille
[email protected]
8
pensieri sparsi
VERSI LIBERI
di Alessandro Ranucci
Questo mese non posso che dedicare la poesia al nostro unico
redattore del Graffio: ad Alessandro, il quale ha appena avuto il
suo primo figlio maschio.
Gesti quasi dimenticati
le mie scarpe ormai logore
maglietta e pantaloncini sempre quelli
la mia musica... i miei sogni...
è ora di uscire
andare lontano
sono felice del mio passo
di come viaggia la mente
di come va la vita
di ciò che sono
di quello che voglio
____
A KERIM
Benvenuto al mondo
Kerim carissimo
piccolo giromondo
un augurio grandissimo
per una vita da viaggiatore,
da amante della natura
non sprecarla davanti al televisore,
ma vivila semplice e pura.
Specialmente con un futuro migliore.
Desidero per te tutta la ricchezza,
tutte le fortune, la serenità,
la pace e mai la tristezza.
L'onestà, la conoscenza, l'ingegnosità,
la destrezza, la benevolenza, la gentilezza,
la determinazione, la gioia, la magnanimità,
sopratutto l'assenza di orgoglio
umile, intelligente, valoroso
per te tutto questo io voglio
sii forte e coraggioso.
Cammina, vivi e vivrai
come tu solo saprai.
Il respiro è affannato
la muscolatura contratta... appesantita
allora mi fermo spesso ed è un bene
le sensazioni sono buone
sono presente a me stesso
tutto si muove nel verso giusto
corpo cuore e testa sono allineati
tutto va come deve andare
ma quanti fiori ancora ci sono sui prati
di rughetta e finocchio selvatici
e che profumo
un buon profumo...
____
c'è un aria diversa stasera
quel vento che in molti detestano
perché disturba, fa rallentare
ma che a me aiuta a capire
a dosare le forze, a farmi fermare
per poi ricominciare
il cuore compensa, il fiato si spezza
che bel fresco stasera, laggiù quasi piove
sta cambiando il tempo
ed io rallento
____
Ivan Ske
Chiunque abbia piacere di condividere i propri Versi Liberi
all’interno di questa rubrica, può farlo inviando il proprio
componimento alla redazione del “Graffio del Viaggiatore”
[email protected]
CORRERE NON SERVE A NIENTE…
COME VIAGGIARE…
oggi primo giro lento
come lento il sudore che ricomincia a scorrere dalla fronte
che inumidisce gli occhi
che bruciano di sale
è bello tornare sulle stesse sensazioni
già vissute
già costruite con gioia e sacrificio
ma i mattoni sono li davanti a me
e la malta è già pronta
Spazio dedicato a chi ama correre… oltre che viaggiare.
9
I sogni e i progetti di chi non vuole smettere di correre…
Scriviamo e lasciamoci andare sempre e ovunque…
C’è la vita davanti
leggero come una piuma
semplice come un tratto di biro
intenso come un respiro innamorato
nato con la morte nel destino
ma non ci voglio pensare
nel mio destino c’è anche tanta voglia di vita
di non farmi bruciare dal tempo
di vivere intensamente ogni istante
di dare e ricevere amore
essere presente mentalmente
assaporare il mondo e riempirmi di eterne emozioni
Alessandro
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IL VIAGGIO
LE EMOZIONI DEL NOSTRO ULTIMO VIAGGIO
Spazio dedicato alla sintesi delle nostre emozioni
quelle dell’ultimo viaggio … il più bello … il più vivo … il più immenso
IRAN
Ivan Ske
Incredibile Repubblica Amica Nascosta
Tutti i momenti incredibili vissuti in Iran
Come potrò mai dimenticarmi di:
Il vice autista del primo bus tornato indietro per riportarmi la mia macchina fotografica persa sul sedile a Gonbad e-Kavus
Abbas, la sua famiglia, i suoi amici afghani con la loro erba e charas a Mashad
Solitario nel deserto di Tabas
Il primo castello di fango nel deserto a Garmeh
I primi turisti italiani a Yazd:
i grandissimi toscani, grazie a loro ho visitato i Kalut a Kerman
11
Il signore anziano a Fahraj, il primo a invitarmi a bere il tè e a mangiare a casa sua
I figli di Hassan, uno con la maglia di Cr7 e l'altro di Messi, dopo pranzo a casa loro i figli non volevano che me ne andassi
L'indimenticabile famiglia Baluci con le loro maschere a Minab
Le tartarughe a Gheshm Island
I ragazzi nel parco di Shiraz con l'ottima charas
La maestosità di Persepoli
Il mitico fiume unito del Tigri e dell'Eufrate al confine con l'Iraq
La piscina di Shushtar
Le cascate di Bisheh
Le universitarie sul minibus a Sanandaj: una cultura iraniana in un'ora con i vecchi arrabbiati per la loro apertura mentale
La splendida Palangan
L'incredibile ospitalità Curda: dormito sul loro terrazzo su un tappeto con una vista panoramica mozzafiato
Il passaggio sulla camionetta del vecchio curdo a Paigan fino a portarmi a pranzo a casa sua
La famiglia del mio amico a Tabriz: le lacrime del padre al mio congedo non me le dimenticherò mai, ogni volta che vedrò cadere una
goccia di pioggia penserò a lui con tutto il cuore
La giornata con Mehdi al confine con l'Azerbeijan
Le turiste iraniane tutte rifatte a Masuleh
Il paninaro Amid a Ramsar sul Mar Caspio
Il parco degli artisti a Teheran, il suo ristorante vegetariano con le ottime lasagne agli spinaci
I pistacchi
e specialmente a tutta la gente dell'Iran... fantastica!
LA MUSICA PER CHI VUOLE VEDERE
La musica di Ivan Ske
questa è per non dimenticare i nostri viaggi:
SULUTUMANA "VIAGGIO"
https://www.youtube.com/watch?v=YZNXjWFZu-A
Dedicata a Tiziano Terzani
pura ecxtasy
SULUTUMANA " ANAM JI"
https://www.youtube.com/watch?v=kOEySP_d8EQ
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La musica di Ale
Mark Elyahu
Nato nel 1982 nel Daghestan, nelle montagne del Caucaso, ed è immigrato con la sua famiglia in Israele nel 1989. E’
un compositore, arrangiatore e produttore musicale. Il suo strumento è il kamancheh, strumento tradizionale
utilizzato nella musica classica di Armenia, Azerbaijan, Turkmenistan, Uzbekistan. Vive e compone a Arad, una città
nel deserto di Giuda.
Journey
- Un pezzo che irrompe piano piano nell’anima e fa star bene https://www.youtube.com/watch?v=RgKKgzVhMgY
Griglia sulla sponda della Vistola a Varsavia
biliardo all'Eden Rock a Jinja
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Cane da pesca – Ko Phangan (Thailandia)
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Invito alla lettura di Ivan Ske:
Rudyard Kipling
VIAGGIO IN INDIA
Introduzione
Viaggio come filosofia (nord)
"E' bello sentirsi liberi, vagabondare per le grandi strade senza sapere quello che ci aspetta domani...In verità, non esiste vita pari a
quella sulla Strada, quando le stelle brillano chiare e gli uomini si comportano da amici", scrive Kipling mentre sta per arrivare a
Chittor: la sua filosofia on the Road anticipa di gran lunga quella di jack Kerouac e si colloca poco dopo quella di Robert Louis
Stevenson, come lui stesso riconosce in una citazione nel capitolo XV, e poco prima di quella di Jack London. Per Kipling il viaggio deve
essere vissuto sistematicamente come sfida, avventura, messa in discussione, esperienza iniziatica. La sua è una missione che non
concede distrazioni. Kipling conosce bene il magnetismo della Strada - in questo senso, in Viaggio in India il termine inglese per
'strada', Road, è sempre con la iniziale maiuscola - e il galateo del buon vagabondo. All'opposto, suo acerrimo nemico è il globe-trotter,
qui sempre tradotto con l'accezione più dispregiativa che possa avere il termine turista: uno che se ne va in giro per l'India seguendo
itinerari già stabiliti in partenza e armato di convinzioni già formate, magari per pregiudizio o per moda. Da una parte, dunque, c'è il
viaggiatore-vagabondo, dall'altra il viaggiatore-turista. Il primo, quando arriva in una città sconosciuta, non aspetta altro che
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andarsene in giro ad annusare l'aria, si perde nelle strade e attacca bottone con il primo che gli capita a tiro; il viaggiatore-turista ha
un piano di visite precostituito, con orari scanditi e itinerari già delineati: quello che deve vedere lui già lo sa, e niente e nessuno potrà
fargli cambiare idea. Ogni luogo ha un suo odore, e il Kipling vagabondo vuole avvertire quello dell'India prima ancora di entrare in un
museo o di contemplare un tempio pagano. Il turista crede di avere tutto il diritto di dire che un certo posto <<se l'è fatto>> per bene,
solo perché sa elencare una sfilza di nomi di alberghi e piatti tipici, ma gli mancherà sempre il cuore più puro del viaggio, quel sedersi
all'ombra di un albero, sopra una distesa deserta di sabbia calda e morbida, mangiando carne fredda con un coltellino da tasca e
ringraziando la provvidenza per avergli fatto trovare dei ruscelletti di acqua potabile nei dintorni. Le notti indiane di Kipling mirano a
trascorrere le ore con il Re dei vagabondi, con evidenti sintomi di ubriachezza e la barba sfatta, ma con una conoscenza demoniaca
dell'India da trasmettere. Il viaggiatore-turista viaggia (vive) per avere conferme, mentre il viaggiatore-vagabondo della Strada, il
vagabondo della vita, vive (viaggia) per cercare ciò che lo mette in discussione. Solo a quest'ultimo, al termine di una giornata di
viaggio, sarà stato concesso il dono di centinaia di emozioni e, forse, di una idea più precisa del suo vero sè. Il viaggio è la suprema
metafora della vita a sua volta suprema metafora della letteratura. Ma la letteratura, per sua natura, è menzognera.
Ugo Cundari
VIAGGIO IN INDIA
I.
Del principio di tutte le cose.
Il Taj e il turista.
Il giovanotto di Manchester e qualche riflessione morale.
...All'inizio di un viaggio è bene trovare qualcosa che insegni il rispetto e la riverenza.
Invece non conosce nessuna forma di riverenza il turista: è di ghiaccio. Un giovanotto di Manchester era diretto a Bombay con
l'intenzione di tornare a casa per il natale. Aveva attraversato l'America, la Nuova Zelanda e l'Australia, e, avendo scoperto di avere
ancora dieci giorni da trascorrere a Bombay, aveva partorito la modesta idea di fare - come sono dolorose certe parole - un momento
l'India. "Non dico che l'ho fatta(5) tutta, ma stia sicuro che ne ho vista parecchia".
5. In inglese il testo recita done, alla lettera 'fatto' , ironizzando sul fare come verbo impiegato dal turista per indicare viaggiare.
Ivan Ske
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Invito alla lettura di Alessandro Ranucci:
Adiós
di Toni Capuozzo
“”… Alla fine degli anni '70, mentre in Italia si precipitava nel baratro degli anni di piombo, Toni Capuozzo sbarcava, seguendo
i suoi sogni e i suoi ideali, in Centro America. In pochi anni, viaggiando di continuo tra il Nicaragua della rivoluzione vittoriosa
dei sandinisti contro il tiranno Somoza, il Salvador che entrava nel delirio della guerra civile con l'assassinio del cardinale
Romero, la Cuba di Castro, l'Argentina delle Falkland e di Borges, l'Amazzonia di Fitzcarraldo, un giovane approdato per caso
al giornalismo diventò un reporter professionista e un uomo profondamente convinto della necessità di andare a vedere con
i propri occhi ciò che succede. In una foresta di racconti, il famoso giornalista televisivo, inviato di guerra del TG5, rievoca
gli anni del suo apprendistato… “
Interessante per chi come me è appassionato di Americalatina – Ale -
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una grande energia
sorridere
mangiare il mondo
correre all’orizzonte
ruggire
emozionarsi
Il Graffio lascia il segno…
https://www.youtube.com/watch?v=_nq2BTuSOq4
Non perdiamoci di vista… l’appuntamento è per il Graffio di Novembre
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ottobre 2015 - Viaggiare Liberi