Il Graffio del Viaggiatore (con la V maiuscola perché Ivan vuole così) Numero 9 - ottobre 2015 i GRAFFI e mini GRAFFI di Ottobre Pag. 10 … I’M STILL FREE – I sogni e i progetti di chi non vuole smettere di correre… Scriviamo e lasciamoci andare sempre e ovunque… Pag. 1 … Ayşem benim di Alessandro Ranucci Pag. 4 … Mi è piaciuto girovagare di qua e di là (storia del mio viaggiare) cibo per l’anima ad occhi chiusi C’è la vita davanti Pag. 14 ... ANGOLO DEI LIBRI I libri consigliati da Ivan e Ale Pag. 12 …. LA MUSICA PER CHI VUOLE VEDERE La musica di Ivan Ale di Alessandro intime emozioni di Carlo Pancera Pag. 11 … IL VIAGGIO – Spazio dedicato alla Pag. 7 … Luristan - cascate Bisheh sintesi delle nostre emozioni quelle dell’ultimo viaggio … il più bello … il più vivo … il più immenso di Ivan Ske Pag. 8 … Il Passaggio IRAN di Michele Pag. 9 …. VERSI LIBERI La poesie di Ivan Mente e Corpo CORRERE NON SERVE A NIENTE… COME VIAGGIARE… di Ivan Ske miscellanea Spazio dedicato a chi ama correre… oltre che viaggiare. Pag. 13 …. COSE STRANE DAL MONDO Le foto di Ivan Ale Pag. 9 …. Pensieri sparsi di Alessandro Ranucci Pag. 8 …. Cucina creativa Risotto al Graffio di Ale GRAFFI e MINI GRAFFI AUTUNNALI di Alessandro Ranucci SIAMO TUTTI UN PO PIU VECCHI MA SEMPRE PIU FELICI… PERCHE’ IL TEMPO IMBIANCA I CAPELLI MA DONA SAGGEZZA E SEMPRE PIU AMORE PER NOI STESSI E PER GLI ALTRI Ayşem benim di Alessandro Ranucci In questi giorni è nato mio figlio Kerim. Elencare i sentimenti e le sensazioni che ha generato in me tale momento, credo sia stucchevole e ripetitivo di tanti piccoli miracoli che giornalmente si compiono in ogni parte del mondo. Tutti sappiamo o possiamo anche solo immaginare cosa significhi essere protagonisti di un evento del genere, che si ripete da sempre e che è vita e da la vita. Il mio pensiero invece oggi va ad Ayşe, la mia prima figlia. Lei 1 che è stata la prima a muovere in me sensazioni e sentimenti arrugginiti quando nacque e con la quale mi sento legato da un intesa invisibile a molti, perché non ostentata da gesti affettuosi o morbosi attaccamenti, ma fatta di sguardi e di consapevolezze che ci tranquillizzano sul nostro amore. Con lei, insieme a mia moglie, abbiamo condiviso l’amore per il viaggio non con poche difficoltà, ma siamo stati un team perfetto, fatto di amore forza e pazienza. Ecco perché Ayşe è speciale per me. Eravamo uniti da un empatico cameratismo in ogni situazione che ci portava a conoscere ed esplorare sempre posti nuovi. Con lei a soli tre mesi siamo stati in Portogallo, qualche mese dopo abbiamo esplorato in auto Slovenia, Ungheria, Romania, Moldova e Ucraina e da lì partendo da Odessa abbiamo navigato il Mar Nero per 2 giorni fino ad Istanbul per proseguire in tutta la Turchia fino all’estremo sud. Abbiamo attraversato poi le strade della Thailandia, della Malaysia fino ad arrivare a Singapore, in un viaggio durato un mese, stancante ma tremendamente bello. Poi siamo stati in Spagna e tornati più volte in Turchia e poi l’Italia, vissuta in lungo e in largo con la tenda. I primi tre anni di vita di Ayşe sono stati anni intensi, anni in cui ha conosciuto e sperimentato le passioni del papà e della mamma ed è stata molto più brava di noi nel gestire ed affrontare tutte le situazioni. Sicuramente da grande non ricorderà le avventure vissute insieme a noi se non guardando le foto, ma spero che tutte le sensazioni e le immagini assorbite dalla sua mente si tramutino in tessere importanti nel mosaico della sua vita. Adesso il mio rapporto con Ayşe è diventato più scontroso e difficile, forse perché siamo molto simili, ma è anche un passaggio nella sua formazione che la rende complicata da gestire … ma passerà … tutto cambia nella vita … tutto scorre. In questi ultimi tempi non stiamo più viaggiando per motivi che esulano dalla nostra voglia di farlo, ma passerà anche questo momento prima o poi e allora ricominceremo a farlo, ma questa volta saremo in quattro. Ad Ayşe dedico un frammento del racconto del viaggio fatto in oriente due anni fa e che narra del nostro passaggio dalla Thailandia alla Malaysia. La dedica però va anche a tutte le mamme e i papà che sono combattuti tra il dovere di essere padri e madri responsabili e l’esigenza interiore di partire… di viaggiare… A tutti loro dico che si può fare. Sarà però un viaggio diverso… più stancante, più lento, in cui le doti fondamentali saranno inevitabilmente la pazienza e la forza. Ma sarà ugualmente un bel viaggio perché viaggiare è bello sempre e comunque. “” … Il portiere naturalmente non spiccica nemmeno una parola di inglese, peggio di me, ma ci vuole poco per intendersi. Ci limitiamo a togliere le scarpe e senza neanche disfare gli zaini ci stendiamo sul letto. Non so di cosa fosse fatto il materasso, ma era come dormire direttamente su doghe di legno da 10 centimetri. Con la schiena rotta ci svegliamo alle cinque e mezza per preparare latte e biscotti ad Ayşe col mitico bollitore da viaggio e poi via di filata da quello “stupido hotel” come dice Vasco. Dovremmo partire alle sette, ma la puntualità per le ferrovie thailandesi è un concetto sconosciuto. Alle otto compare la lenta locomotiva diesel e solleciti saliamo a bordo. Il treno proveniente da nord era già pieno di gente appena sveglia e con i letti ancora fatti. Non trovando posto, sostituendomi al personale viaggiante, mi rimbocco le maniche e disfo due cuccette di viaggiatori appena scesi dal treno. Ecco pronti i nostri posti in seconda classe. Arrivati alla località di frontiera di Padang besar ci fanno scendere con gli zaini per sbrigare le formalità di frontiera. Un timbro sul passaporto in uscita dalla Thailandia e finalmente quello di ingresso in Malaysia. 2 Tutto sommato procedure abbastanza semplici e veloci. La cosa più difficile in quei quarantacinque minuti è stato, come sempre, tenere testa ad una scatenatissima Ayşe, che già alle undici del mattino ci aveva prosciugato le ultime energie disponibili. Col sole cocente siamo a Butterworth, località prospiciente l'isola di Penang. Decidiamo di raggiungere Georgetown col taxi anziché col traghetto. Percorriamo il lunghissimo bridge che divide le due città, con le nostre tre teste ciondolanti dalla stanchezza nei sedili posteriori e sotto di noi tanto, tanto mare. Siamo molto stanchi. La nostra è principalmente una stanchezza mentale oltre che fisica. Conciliare il viaggio che piace a noi, con le esigenze ed i tempi di Ayşe, indubbiamente genera difficoltà notevoli. Si deve essere sempre reattivi e pronti in qualsiasi occasione. Non si ha mai la possibilità di rilassarsi completamente. Bisogna sempre trasmetterle la sensazione di benessere ed evitare di generare intorno a lei situazioni troppo stressanti. Mettere in atto queste cose non è mai facile e bisogna avere una straordinaria dose di pazienza ed attitudine al sacrificio oltre ad una adeguata capacità organizzativa. Bisogna sbagliare il meno possibile e gestire le situazioni di stress psicologico, che non sono poche, riuscendo a mantenere viva la curiosità e la voglia di esplorazione che spinge a viaggiare. Mille sono le attenzioni e le cose che devi fare con una bambina, al punto che la mente è sempre attiva ventiquattrore al giorno e non puoi permetterti di sbagliare ciò che fai ed i tempi in cui lo fai. Inoltre Ayşe è una bambina iperattiva e questo rende difficile anche la più semplice delle situazioni di viaggio. I trasferimenti da una località all'altra sono la cosa più spossante. Il caldo umido, il peso degli zaini, la necessità di essere rapidi e intuire al volo ciò che si deve fare, le difficoltà dovute ad una lingua che non comprendi, sono situazioni queste, che con Ayşe si amplificano e si complicano, al punto tale che la sera ci si sente veramente svuotati. Ma a noi va bene cosi. Stanchi ma felici. Spesso si è stanchi e non si può riposare, si ha caldo e non spira un alito di vento neanche a pagarlo, si è sudati ed i vestiti ti si appiccicano addosso e sogni il momento che farai una doccia che non arriva mai, hai fame e non hai manco una nocciolina da sgranocchiare, hai sete ed hai finito l'acqua, vorresti essere già arrivato ma manca molto, vorresti che Ayşe se ne stesse buonina al suo posto ma è più agitata di una sveglia la mattina alle sei. Beh quando ci capita tutto questo io e Dilek ci guardiamo con aria rassegnata ed è come se le nostre menti stanche siano legate da un mantra che ci ripete all'infinito: “respirate, rilassatevi e ricordatevi che viaggiare è comunque una cosa meravigliosa”. Un mantra che si ripete sempre e ci mantiene viva la voglia di esplorare ogni luogo dove i nostri piedi hanno la fortuna di camminare. La notte si ha qualche ora per riposare ed io ne approfitto per scrivere perché mi rilassa molto. Ehi non scrivere troppo però, che domattina devi alzarti all'alba, preparare gli zaini, fare il latte ad Ayşe ed affrontare una nuova giornata. Buonanotteee! Il nostro arrivo in Malesia non è stato particolarmente felice. Ayşe, dopo aver giocato con i bimbi, sali e scendi dagli scivoli di una ludoteca in un centro commerciale di Georgetown, la sera aveva trentotto di febbre. Sono stati due giorni con un pò di apprensione con la febbre che non accennava a scendere. Vediamo poco di Penang e nei momenti in cui Ayşe, malgrado la febbre, ci manifestava l'esigenza di uscire. Peccato perché Georgetown è una città in cui si incontrano razze e culture diverse, quella cinese, indiana e malese, che sarebbe stato affascinante viverla in strada. Malgrado tutto però riusciamo a vedere un po' della little India ed un tempio buddhista, il Kek Lok Si Temple, il più grande della Malaysia. Ma il nostro pensiero però è solo per Ayşe ed il resto non conta. Di comune accordo con Dilek, decidiamo comunque di sloggiare da Penang, come era in programma di fare dopo due giorni. Partiamo di sera con un bus al cui interno, l'aria condizionata, aveva ricreato un pò il clima della Finlandia a febbraio, mancava solo l'aurora boreale ed un carro trainato dalle renne con babbo natale alla guida. Ayşe dopo aver mangiato poco e male si addormenta senza pile. E' distesa comodamente sul sedile ed io decido di coprirla col mio pile, cercando di farla stare calda. Da li in poi inizia un mezzo inferno per me, alla ricerca di qualcosa che mi dia calore. Ho una sola maglietta, perlopiù bagnata di sudore ed ormai fredda indosso. Dopo un pò la disperazione mi fa aguzzare l'ingegno e, sotto la maglietta, per isolarmi dal freddo, dalla parte della pancia metto la stuoietta che usiamo per i cambi pannolini di Ayşe, dietro alla schiena invece appiccico alla pelle una busta di plastica di Pizza Hut, ma la cosa più ingegnosa mi viene in mente guardando il finestrino. Ad uno ad uno sgancio i gancetti che tengono la tendina in stoffa lurida di 1000 viaggi e mi ci avvolgo come fosse un morbido piumone 3 d'oca. La ciliegina sulla torta è il minuscolo pile di Ayşe usato come sciarpa. Adesso va decisamente meglio. L'autista si ferma ed annuncia che siamo a Kota Bharu. Lo capiamo alla terza volta che lo dice, perché alla prima dormiamo, alla seconda ci sveglia e alla terza finalmente realizziamo che bisogna scendere. Sono le tre e mezza di notte, in anticipo rispetto a quanto pensavamo. Città deserta, silenzio spettrale, caldo sempre lo stesso, sonno molto ed allora bisogna trovare una pensione per qualche ora, prima di ripartire per Kuala Besut. Alla prima nessuno ci apre, alla seconda, finalmente dopo qualche minuto, ci apre il ragazzo che fa il turno di notte e ci da una camera. Ayşe si sveglia ed è la cosa peggiore quando spezza il sonno, perché si stranisce. Dilek fatica non poco a tranquillizzarla perché si era messa in testa che era mattina e voleva uscire. Il suo delirio dura un pò ma poi crolla dal sonno ancora calda di febbre. La mattina alle dieci aveva meno febbre ed in netto miglioramento. Prima di partire andiamo in farmacia e compriamo antibiotico, vitamine e sciroppo per la tosse. Alle undici partiamo col bus locale per il porto di Kuala Besut. Il Ferry per le Isole Perhentian parte solo alle quattordici e trenta, è infatti periodo di Ramadan e le attività lavorative rallentano notevolmente, bloccandosi totalmente durante le preghiere. Cotti, arriviamo in paradiso, mezzi acciaccati ma arrembanti. Che dire delle Perhentian, sicuramente molto belle ed anche la scelta dell'alloggio molto azzeccata finalmente. Ce le siamo moderatamente godute, con Ayşe in miglioramento e finalmente senza febbre dopo 4 giorni. Ma siccome non ci facciamo mancare nulla e la fortuna è bendata ma la sfiga ci vede bene, al momento di ripartire, a Dilek viene la febbre. Bene, anzi male, se la mamma non sta bene il papà impazzisce, perché fare il papà è comodo, fare la mamma invece è tutt'altra cosa. Subito tachipirina per la febbre e plasil per la nausea, perché si deve salire sul ferry del ritorno. Arrivati di nuovo a Kota Bharu con una comoda corsa in taxi da Kuala Besut, lascio Dilek in camera ed esco con Ayşe a fare una piccola spesa, permettendo cosi a Dilek di staccare un pò la spina di mamma e di riposare. Mangio Papaja e qualche biscotto, Dilek nulla ed Ayşe ancora inappetente, poca pappa e un cucchiaio di vitamine. La situazione non è tale da permetterci di continuare col ritmo avuto fin'ora. E' necessario un cambio di programma. Decidiamo di rimanere tre notti a Kota Bharu, malgrado prevedessimo la visita al parco nazionale del Taman Negara nella foresta Malese. C'è assoluto bisogno di riprendere le forze, rilassarsi e sopratutto che Dilek, anche lei, guarisca. Kota Bharu è una di quelle città che non hanno nulla per cui valga la pena rimanervi. È una città sonnolenta i cui abitanti sono oltremodo discreti e dove obbiettivamente c'è poco da fare. Dilek sta migliorando ed Ayşe è ormai guarita, tranne la tosse che fortunatamente non è più secca e con lo sciroppo tende a diminuire. Malgrado la città non ci entusiasmi, cerchiamo lo stesso di trovare qualcosa che ci faccia cambiare idea. Le strade di giorno sono deserte e deserti sono anche i ristoranti. Siamo capitati nella città con la più alta percentuale di mussulmani della nazione. Ci si può accorgere di quanto i malaysiani siano religiosi proprio durante il Ramadan. Il loro modo di sentire la religione in una composta, convinta e completa dedizione, ci colpisce molto. Le donne sono tutte coperte, comprese le bambine piccole, e gli uomini portano tutti il copricapo. Indossano tutti i loro abiti più eleganti, probabilmente tenuti nell'armadio puliti e stirati proprio per essere indossati in questo periodo. Mostrano un aspetto curato, malgrado siano a digiuno da molte ore, e più passano le ore, più hanno lo sguardo fiero di chi sta portando a termine il suo piccolo miracolo quotidiano. Ad attenderli l'Iftar, una preghiera ed il meritato primo sorso d'acqua della giornata. Li vedi seduti ai tavoli dei ristoranti o di quelli allestiti ai bordi delle strade, di fronte alle pietanze già servite e ai calici pieni di acqua, con gli occhi felici attendere il momento in cui ci si sente veramente orgogliosi di aver compiuto un qualcosa di gratificante per la propria anima. A noi tutto questo suscita un sentimento di ammirazione. Non ci saremmo mai aspettati di respirare un'atmosfera cosi bella, in un paese del quale non si sente mai parlare di episodi di intolleranza. Lo riteniamo un ottimo esempio di come dovrebbe essere vissuta la propria religione all'interno di un paese in cui convivono culture, etnie e sopratutto religioni diverse, dall'induismo alle religioni cinesi al cristianesimo. Tolleranza ed integrazione sembra qui siano la regola, seppur la maggioranza della popolazione sia mussulmana. Le ore della giornata sono scandite dalle preghiere diffuse dalle Moschee per le strade e fin pure all'interno dei centri commerciali. La mattina ed il pomeriggio fino ad una certa ora, i ristoranti, eccezion fatta per quelli gestiti dai cinesi, sono pressoché chiusi. Vogliamo vivere di 4 più il momento e la sera prendiamo un taxi e ci facciamo lasciare al mercato notturno per l'ora di cena. Hanno appena finito tutti di mangiare ed ora stanno in Moschea a pregare, ne approfittiamo per ordinare due noodle alle verdure e Ayşe, tornata pimpante come non mai, socializza con i figli di una famiglia li accanto. Malgrado ci aspettassimo più bancarelle e molta più gente, siamo contenti di stare li, in quel preciso momento, a condividere la serata con la gente del posto che ci guarda incuriosita, forse perché non abituata a vedere turisti. Prima di tornare a casa ci divertiamo a contare se ci sono più ratti o scarafaggi per strada e tra i banchi del mercato. Non sappiamo chi abbia vinto... abbiamo perso il conto …”” __________ Mi è piaciuto girovagare di qua e di là (storia del mio viaggiare) di Carlo Pancera Sono nato a Milano nel gennaio 1948, quindi ciò significa che più che altro sono stato in giro nel passato, quando viaggiare liberi era più raro e difficile. Ho iniziato da piccolo grazie a mio padre: eravamo in tre sulla Lambretta e andavamo oltre confine in Svizzera a comprare cioccolato e sigarette, e un'estate con la "giardinetta" Fiat siamo andati in giro per la Svizzera, la Renania, l'Olanda, e a Parigi ... Ma anche in Italia a scoprire il Sud, nel primo campeggio del Touring club appena aperto a Marina di Camerota, o nelle camere in affitto là dove non c'erano ancora attrezzature alberghiere. Con mio padre eravamo andati alle isole Eolie (1956),e poi alle isole Tremiti (1957), e vi assicuro che era un'avventura (appunto non c'erano alberghi), e poi in giro per la mitica costa Azzurra e la Provenza, sempre in Lambretta (io stavo in mezzo), e poi nei primi campeggi, eccetera, per cui evidentemente la passione l'ho ereditata da lui. Ma già il mio bisogno viaggiava per mezza Europa, e poi mia nonna materna, e quindi i miei genitori. Per cui poi diventato ragazzo mi mandarono presso indirizzi concordati, così ad esempio visitai senza di loro l'Irlanda (1962), Londra (1963). Con loro in macchina siamo andati a fare un viaggio avventuroso in Bulgaria e Romania (1964). Dunque io cominciai ad andare per conto mio con un amico in Yugoslavia (1965), e poi sono andato in Corsica (1966 in tenda con un altro amico), e a Parigi (con amici nel febbraio 1968). Quell'esate andai a Palinuro in tenda, ci accampammo sotto l'arco naturale deserto, e girai il Cilento (1968), e in Sardegna. E dopo con Annalisa siamo andati in Spagna, in tenda dalla costa Brava fino in Andalusia risalendo per Madrid e Toledo (nel 1969), e nel nostro Sud girando (sempre in tenda) Campania-Calabria-Lucania-Puglie (1970), e poi fino in Turchia (anche lì in tenda da Istanbul all'Anatolia) nel 1971. E poi con Annalisa facemmo un viaggio in Grecia dove c'era solo la Patrasso-AteneSalonicco ad essere asfaltata, il resto delle strade era di terra battuta. Quindi andammo a Praga, in Portogallo (nei grandi accampamenti del 1975), Tunisia nord e sud (1976), Algeria e Sahara (1977), Pakistan e India e Nepal (1978), Egitto (1978), Messico e poi Yucatan, Guatemala, Belize, Honduras (nel 1979), e in Thailandia (da Ko Samui a Chiang Rai, e ai villaggi tribali del Triangolo d'Oro), a Penang (Malesia), e Sumatra (Indonesia) nell'81. Considerate che quando andai in India nel 1978, e gironzolai per due mesi con 115 mila lire, non c'era ancora in italiano una "Guida"... solo l'anno dopo uscì quella di Piero Verni (Moizzi editore), la prima vera guida italiana. C'era solo "Andare in India" (ediz. Controcultura),del '74, e poi uscì anche per la stessa editrice "Andare in Oriente", ma erano poco più che opuscoli. Idem per gli altri paesi, per il Messico pure (!), e per l'Algeria usai guide in francese, per Thailandia, e Sumatra guide in inglese, per il Guatemala e per il Nepal trovammo libricini o foglietti sul posto... Avevo anche diversi opuscoletti della associazione Nouvelles Frontières di Parigi, che pubblicò nei primi anni 70 la serie Touraventure. Oppure c'erano i primi fogli ciclostilati di "Avventure nel Mondo" (oggi è una agenzia turistica, ma allora era appena stata fondata a Roma da Vittorio Kulczycki e sua madre, in via Vitellia 81 a Roma), dove avevano anche delle raccolte fotocopiate di articoli, dei ciclostilati, e lì ci si poteva documentare (feci il primo viaggio in Egitto con loro, nell'inverno 1978 in tenda: "Nilo78" ). Insomma io abitavo a Milano in centro storico, e allora andavo al vicino Touring Club, in corso Italia, e alla Libreria Francese, dove si trovavano le "Guides Bleu" delle ediz. Hachette (Turchia, Grecia, Algeria, India, ...), o le guides Michelin, e le affascinanti carte stradali Michelin, le uniche disponibili di paesi lontani (Africa, Sudamerica…), e i libretti di Nouvelles Frontières, o poi si andava alla Libreria Feltrinelli vicino a piazza Fontana (che 5 solo molto più tardi aprirà anche una Feltrinelli-International per i libri in inglese). E infine nacquero (non solo a Milano) le Librerie di Controinformazione, e lì si trovavano testi sui paesi del "Terzo Mondo". Oppure circolavano dei ciclostilati. Questo conferiva un che di misterioso e riservato, se non un po' segreto, a certe informazioni... sinché non sono fiorite delle case editrici, come Stampa Alternativa, la Emme, la Guaraldi, Bertani, Red, la Savelli, la Salamandra, Arcana, Armenia, ecc. E si leggevano per es. i libri di Rajneesh (poi chiamato Osho), o gli opuscoli di Auroville, eccetera, che parlavano di "Altrove". E poi molti stimoli venivano anche dai film che si potevano vedere nei cineforum, in cui si vedeva ad es. in "O Cangaceiro", il Brasile, o in "Cria cuervos" di Saura, l'Argentina; e poi rare immagini dalla Cina ancora misteriosa e sigillata, e la favolosa India… Insomma c'era un "esotismo", un "orientalismo", e a questo contribuirono anche i romanzi di Garcia Marquez col suo Macondo in "Cien años de soledad", e tutti i vari scrittori sudamericani, e messicani, o anche le poesie e le canzoni greche, turche, balcaniche eccetera eccetera. Finché certe case editrici come la Valmartina di Firenze, che tradusse in it. le famose "guide Fodor", e la Vallardi che tradusse le famose "Rough Guides", le ed. Futuro di Verona, e la Moizzi, iniziarono a pubblicare guide turistiche per paesi di altri continenti, con consigli. Poi la Cluep di Padova. E infine arrivarono anche in Italia le Guides du Routard (in francese) ! veramente adatte alle nostre esigenze di budget e ai nostri interessi. E allora per orientarsi e per decidere gli itinerari, semplicemente quando "sul posto" si incontrava qualcuno (e ci si vedeva e riconosceva da lontano...) ci si metteva a chiacchierare e si condividevano consigli e indirizzi e dritte varie ... Non solo non esistevano i blog, ma non esisteva internet, anzi nemmeno gli stessi personal computer! … né i cellulari, né i bancomat per i soldi.... Ci voleva una lettera di accreditamento da presentare in una banca specifica collegata con quella del conto, poi c'erano i "traveller cheques" abbinati con una "carte blanche" come garanzia. Comunque per certe destinazioni un po' imbucate tutt'ora bisogna un po' arrangiarsi, non è vero? Ecco fate conto che negli anni SessantaSettanta era un po' tutto così, soprattutto per noi italiani (allora erano ben pochi i viaggiatori italiani nei paesi lontani !). Qualcuno mi ha detto che sono stato fortunato a viaggiare a fine anni 60 / inizio anni 70, ed è proprio vero, l'ho sempre pensato che la sorte mi avesse favorito assegnandomi di vivere in questo segmento di anni (cioè dal gennaio 48 quando son nato al ….) che è proprio stato bello ed entusiasmante. Volevo anche dire che a viaggiare alla fine anni '60 erano quasi solo studenti, e poi più avanti negli anni '70 guarda caso eravamo in buona parte giovani insegnanti ... Oppure, come dicevo, ci si scambiava notizie nelle varie occasioni di incontro, per esempio, quando come vi dicevo ho girato tutta la Cappadocia e l'Anatolia con una "500", e andavamo in certi "alberghetti" e pensioncine ... o "campeggi" (=accampamenti) ... in cui l'unica cosa che mancava era l'igiene. Ma per esempio era un po' così anche nei piccoli campeggini in Italia, che erano rispetto ad oggi piuttosto degli accampamenti spontanei, o comunque non così regolamentati e suddivisi in lotti come ora, erano sistemazioni per appassionati del genere Natura. Ricordo un bel giro di "campeggi liberi" alla fine anni Sessanta. Poi per poter viaggiare in altri paesi era meglio se ti imparavi una trentina di parole nella lingua del posto, perché ben pochi sapevano l'inglese o altro. E per esempio se ti imparavi i numeri potevi contrattare i prezzi. A me era sempre piaciuto sin da piccolo inventarmi degli alfabeti segreti, e poi al liceo l'alfabeto greco, e così mi imparavo per i viaggi il cirillico (ricordo che in Bulgaria i menù erano dei fogliettini di carta tutti solo in bulgaro) oppure mi ero imparato quello hindi, quello arabo, quello thai... così si poteva sapere dove si era e dove si stava andando, (e cosa mangiare). Per esempio leggere le scritte in thai fu essenziale per le fermate dell' autobus, o per prendere il treno. Ora per mancanza di continuità nell'esercizio li ho dimenticati purtroppo... In questi accampamenti (per es. ricordo quelli grandissimi del Portogallo nel 1975 all'epoca della rivoluzione dei garofani del companheiro Vasco) si faceva per le prime volte del nudismo, si imparavano a cantare canzoni popolari del folklore locale, e si incontravano giovani stranieri e così ci si esercitava un po' maccheronicamente con le lingue. A volte questi raggruppamenti di giovani un po' "strani" attiravano l'attenzione, anche con inconvenienti (proprio in Portogallo una volta fummo minacciati da robusti giovanottoni di paese e ci fu una rissa solo perché stavamo nudi in spiaggia o anche solo a nuotare, anche se si andava ovviamente sempre molto molto più il là di dove c'era della gente per starcene per conto nostro). Comunque prima di partire se non si era trovata/o un/a compagna/o di viaggio (il che dava coraggio per 6 decidere) si partiva lo stesso, perché in fondo non ce n'era bisogno, era proprio con i viaggi che si poteva star sicuri di incontrare qualcuno di simile, come dicevo ci si riconosceva da lontano, e poi si frequentavano gli stessi posti. E insomma si era sempre in compagnia, e così magari si trovavano compagni/e di viaggio almeno per un tratto di strada. E ad ogni incontro c'era tanto da raccontarsi anche perché si aveva bisogno di notizie e di consigli e dritte. A differenza di molti altri, io non mi facevo scrupoli ad andare anche in posti con governi totalitari, anzi mi faceva proprio dispiacere per loro poverini che erano messi male già economicamente e in più gli toccava stare sotto un regime... quindi andare, parlare, incontrare, poteva essere una occasione rara per molti di apertura, di acquisire conoscenze, di discutere liberamente... e almeno si portavano anche un po' di soldini a chi ne aveva bisogno anziché ai grandi alberghi. Quindi la gente ti avvicinava con curiosità e simpatia. Almeno io ho questo ricordo di Spagna franchista, Grecia dei colonnelli, Turchia, Tunisia, ma anche Algeria, Guatemala, Sumatra, eccetera. Ma ora basta, sto forse esagerando nel dilungarmi, e non vorrei stra-dire. Ma vorrei anche aggiungere che sì c'erano posti "autentici", spiagge immense deserte, luoghi incontaminati (… ma qualcuno anche ora c'è, magari più nascosto), però di certo furono i cosiddetti hippies e freaks per primi a scoprire certi luoghi (da Palinuro, a Formentera, a Swayambunath, a Goa, a Pune, o nel sud della Baja California, o lo Yucatan, Bali, o il Myanmar ecc.), insomma i vari "Puerto Escondido", che poi purtroppo furono lanciati dalle Agenzie come veri paradisi incontaminati, contribuendo così a renderli non più tali... (sigh!). E poi così ho continuato, anche dopo l'80 (l'anno in cui è nata nostra figlia) perché ho acquisito una sorta di assuefazione fisico-chimica per cui non sono più capace di farne a meno. Vi risparmio la lista dei paesi visitati dall' 81 in poi, e per ora vi saluto. Paesi che vorrei vedere? ce ne sono talmente tanti che ancora non ho visto! … che non so come farò ad andare dappertutto… (anche perché ho il mio principio di andare a vedere possibilmente un solo paese per volta). Ciaociao a tutti! PS ricordate che il tempo sfugge via rapidamente! (=viaggiate di più!) :-). _____________ LURISTAN CASCATE BISHEH di Ivan Ske Arrivo in Khuzestan, esattamente a Shushtar dove le ultime creste rosseggianti dei Monti Zagros sfumano nei campi di angurie ed evito di andare a Choqa Zanbil, alla ziggurat di 3000 anni per un semplice motivo, basta Storia e' tempo di dedicarsi alla geografia. Raggiungero' Andimeshk col minibus per prendere il treno panoramico fino alle cascate di Bisheh. Al primo impatto Shushtar non mi entusiasma, forse perche' sono stanco dalla tirata "irachena". E' stato molto emozionante vedere gli storici fiumi per eccellenza, il Tigri e l'Eufrate unirsi in territorio iracheno e percorrere uniti, gli ultimi chilometri col confine iraniano a sfociare nel Golfo Persico. Trovarmi davanti a questo immenso fiume e vedere al di là della sponda l'Iraq in pace, in silenzio, mentre in realtà al suo interno è martoriato dall'Isis, mi eccita un casino. Non so come mai, ma i confini mi hanno sempre affascinato, non dimenticherò mai all'età di sedici anni attraversare il confine tra l'Italia e la Svizzera, in quell'istante ho sentito un brivido così forte che era chiaro il mio avvenire di viaggiatore. Sul bus per Shushtar di fianco a me c'e' un ragazzo giovane, vuole aiutarmi a sistemarmi al meglio in città. Dal terminal con un altro ragazzo prendiamo un taxi e raggiungiamo la rotonda principale e come al solito... pagano loro. Visitiamo il Fiume con le chiuse costruite dagli schiavi Romani, poi ci salutiamo e mi indicano la strada per l'albergo. Non ho per niente voglia di andare in hotel e mi fermo nel parco del Fiume. Inizio ad avere caldo e vado in piscina. Incontro tanti ragazzi iraniani che presto diventano amici. Sono tutti contenti di vedere un italiano. Con la scusa di caricare il telefono rimango fino alla chiusura sdraiato sul tappeto della stanza relax dei bagnini. A mezzanotte chiudiamo e mi invitano a cena. Dopo mangiato mi portano a fare un giro panoramico della città con le loro moto e scopro che e' fantastica. All'inizio andiamo alla moschea, dove incontriamo una ragazza, la quale parla bene l'inglese e gli chiedono di dirmi se per caso mi sono perso dal mio tour organizzato, quando scoprono che davvero viaggio da solo sono tutti 7 sorpresi, persino la ragazza. Di fianco alla moschea c'e' il famoso ponte romano di 45 arcate illuminato, e' bellissimo. All'inizio il bagnino mi dice di non preoccuparmi perché dormirò da lui, invece alla fine scusandosi, dormiremo con il suo collega più giovane in piscina. Alle sette mi accompagna al minibus e viaggio verso Andimeshk dove alle due del pomeriggio prenderò il treno per Bisheh. Il tragitto e' molto panoramico con le rocce frastagliate e un azzurrissimo fiume impetuoso sotto nella valle. Ad ogni stazione un piccolissimo villaggio e mi domando se ho fatto la scelta giusta perché arriverò che non avrò nessun modo per andare oltre, visto che il prossimo treno e' domattina. Non sono preoccupato perché al massimo scenderò alla fermata dopo, a Dorud, dove sono sicuro che ci sono anche gli autobus per continuare il mio viaggio. A Bishes arrivo che e' già sera, non ci penso due volte e scendo in mezzo a queste favolose montagne. Nella piccola stazione c'e' un sacco di gente, scendo e li seguo verso l'uscita. Entro quasi per magia in un campeggio adiacente ai binari con dei corsi d'acqua e una piscina circolare al centro dove i bambini giocano a spruzzarsi in mezzo a una foresta illuminata da piccoli lampioni colorati e dalle braci delle griglie fumanti. Mi sento in difetto perché oltre alla tenda, tutti hanno un tappeto per sdraiarsi e mangiare. C'e' anche un bar con musica iraniana molto ritmata, mi fermo a bere prima una birra analcolica e poi il barista mi offre un te. Grazie ad un signore che avevo conosciuto prima, preoccupandosi per me, mi accompagna alla reception e per 8€ vogliono darmi un bungalow, ma io non lo voglio. E' così bello sentire l'acqua che scorre, che chiedo solo un tappeto per la notte. Torno a bere il mio te e al ritorno, sotto l'albero dove avevo lasciato tranquillamente il mio zaino, trovo una moquette, due coperte e un cuscino. Favolosi, che carini! Non faccio in tempo a sdraiarmi che il mio vicino mi porta un piatto di frutta con la famosa anguria locale. E' stata la notte più bella della mia vita, io l'unico straniero a dormire insieme alle famiglie iraniane in un splendido giardino con il rumore costante dell'acqua a rilassarmi completamente. Il mattino seguente quando apro gli occhi mi ritrovo sotto le fronde degli alberi che luccicano colpiti dai primi raggi solari. Rimango sdraiato a riflettere e appena mi sollevo arriva l'altro vicino e mi porta un vassoio con una colazione completa di tè, burro, pane e frutta. A dir la verità me lo immaginavo e non vedevo l'ora che arrivasse, perché ormai li conosco. Figurati ieri sera si è fatto soffiare dal vicino e stamattina non poteva farsi fregare ancora. Fanno a gara a chi è più ospitale, tutto a mio vantaggio... che storia ragazzi , questo è l'Iran! Ringrazio e contraccambio con la mia frutta. Dopo colazione mi dirigo a vedere le cascate e scopro che il campeggio e' proprio situato sopra la montagna dove iniziano a calare a picco le più belle cascate dell'Iran. Larghe 30 mt con tanti rivoli d'acqua a formare una decina di cascate cadere prima sulle rocce e poi scivolare giù nel fiume. Non faccio in tempo a spogliarmi che sono già sulle rocce più alte a tuffarmi con il popolo del Luristan. Chiunque mi da il benvenuto: "Welcome to Luristan" e si divertono a ballare sotto le cascate le danze tipiche del Luristan tambureggiando le loro percussioni e la musica si fonde al rilassante suono delle cascate. I MINI GRAFFI Il Passaggio _____________ intervallo cucina creativa … c’è un mondo di ingredienti sparsi per il mondo … Risotto al Graffio Ingredienti per 4 persone 350 g. di riso nero Birmano, ½ finocchio, 1 radicchio trevigiano, 1 cipolla grande, 140 g. di gorgonzola (70 g. dolce e 70 g. piccante), burro q.b., olio, brodo vegetale, pistacchi dall’Iran. Preparazione: Fare un soffritto di cipolla finemente tagliata, aggiungere radicchio anch’esso finemente tagliato e i finocchi a dadini. Fare imbiondire il tutto e versateci poi il riso nero e fatelo un pò rosolare. Aggiungete brodo q.b. fino a cottura. Spegnete il tutto e aggiungete nel riso gorgonzola e burro. Quando il risotto sarà cremoso impiattare e spolverare di pistacchi tritati a grana grossa. di Michele Ero in Grecia quando un temporale interrompe e irrompe forte giornate luminose ventose. Non si può descrivere il momento e i passaggi quando le nuvole si muovono lente sopra questa piccola isola. Facile cercare di capire, immaginare perché si è lontani ma tanto vicini a tante verità. E in acqua trovi un sogno così come un altro mondo... Si passa attraverso lungo una strada così bella perché le colline e le curve non smettono di parlarti, perché c'è un tappeto morbido da farsi incantare. Si cammina coperti da un cielo che accarezza, scivolando sorridenti seguendo il sentiero di metallici cespugli... Che bello! Un paesaggio che non mi esce dalla mente ormai persa dentro questa strada, dentro questo passaggio... tutti coloro che vogliono intervenire con un loro pensiero, argomento, articolo di viaggio e non, sono invitati calorosamente a farlo. Sarà pubblicato sul prossimo numero del Graffio del Viaggiatore. Grazie mille [email protected] 8 pensieri sparsi VERSI LIBERI di Alessandro Ranucci Questo mese non posso che dedicare la poesia al nostro unico redattore del Graffio: ad Alessandro, il quale ha appena avuto il suo primo figlio maschio. Gesti quasi dimenticati le mie scarpe ormai logore maglietta e pantaloncini sempre quelli la mia musica... i miei sogni... è ora di uscire andare lontano sono felice del mio passo di come viaggia la mente di come va la vita di ciò che sono di quello che voglio ____ A KERIM Benvenuto al mondo Kerim carissimo piccolo giromondo un augurio grandissimo per una vita da viaggiatore, da amante della natura non sprecarla davanti al televisore, ma vivila semplice e pura. Specialmente con un futuro migliore. Desidero per te tutta la ricchezza, tutte le fortune, la serenità, la pace e mai la tristezza. L'onestà, la conoscenza, l'ingegnosità, la destrezza, la benevolenza, la gentilezza, la determinazione, la gioia, la magnanimità, sopratutto l'assenza di orgoglio umile, intelligente, valoroso per te tutto questo io voglio sii forte e coraggioso. Cammina, vivi e vivrai come tu solo saprai. Il respiro è affannato la muscolatura contratta... appesantita allora mi fermo spesso ed è un bene le sensazioni sono buone sono presente a me stesso tutto si muove nel verso giusto corpo cuore e testa sono allineati tutto va come deve andare ma quanti fiori ancora ci sono sui prati di rughetta e finocchio selvatici e che profumo un buon profumo... ____ c'è un aria diversa stasera quel vento che in molti detestano perché disturba, fa rallentare ma che a me aiuta a capire a dosare le forze, a farmi fermare per poi ricominciare il cuore compensa, il fiato si spezza che bel fresco stasera, laggiù quasi piove sta cambiando il tempo ed io rallento ____ Ivan Ske Chiunque abbia piacere di condividere i propri Versi Liberi all’interno di questa rubrica, può farlo inviando il proprio componimento alla redazione del “Graffio del Viaggiatore” [email protected] CORRERE NON SERVE A NIENTE… COME VIAGGIARE… oggi primo giro lento come lento il sudore che ricomincia a scorrere dalla fronte che inumidisce gli occhi che bruciano di sale è bello tornare sulle stesse sensazioni già vissute già costruite con gioia e sacrificio ma i mattoni sono li davanti a me e la malta è già pronta Spazio dedicato a chi ama correre… oltre che viaggiare. 9 I sogni e i progetti di chi non vuole smettere di correre… Scriviamo e lasciamoci andare sempre e ovunque… C’è la vita davanti leggero come una piuma semplice come un tratto di biro intenso come un respiro innamorato nato con la morte nel destino ma non ci voglio pensare nel mio destino c’è anche tanta voglia di vita di non farmi bruciare dal tempo di vivere intensamente ogni istante di dare e ricevere amore essere presente mentalmente assaporare il mondo e riempirmi di eterne emozioni Alessandro 10 IL VIAGGIO LE EMOZIONI DEL NOSTRO ULTIMO VIAGGIO Spazio dedicato alla sintesi delle nostre emozioni quelle dell’ultimo viaggio … il più bello … il più vivo … il più immenso IRAN Ivan Ske Incredibile Repubblica Amica Nascosta Tutti i momenti incredibili vissuti in Iran Come potrò mai dimenticarmi di: Il vice autista del primo bus tornato indietro per riportarmi la mia macchina fotografica persa sul sedile a Gonbad e-Kavus Abbas, la sua famiglia, i suoi amici afghani con la loro erba e charas a Mashad Solitario nel deserto di Tabas Il primo castello di fango nel deserto a Garmeh I primi turisti italiani a Yazd: i grandissimi toscani, grazie a loro ho visitato i Kalut a Kerman 11 Il signore anziano a Fahraj, il primo a invitarmi a bere il tè e a mangiare a casa sua I figli di Hassan, uno con la maglia di Cr7 e l'altro di Messi, dopo pranzo a casa loro i figli non volevano che me ne andassi L'indimenticabile famiglia Baluci con le loro maschere a Minab Le tartarughe a Gheshm Island I ragazzi nel parco di Shiraz con l'ottima charas La maestosità di Persepoli Il mitico fiume unito del Tigri e dell'Eufrate al confine con l'Iraq La piscina di Shushtar Le cascate di Bisheh Le universitarie sul minibus a Sanandaj: una cultura iraniana in un'ora con i vecchi arrabbiati per la loro apertura mentale La splendida Palangan L'incredibile ospitalità Curda: dormito sul loro terrazzo su un tappeto con una vista panoramica mozzafiato Il passaggio sulla camionetta del vecchio curdo a Paigan fino a portarmi a pranzo a casa sua La famiglia del mio amico a Tabriz: le lacrime del padre al mio congedo non me le dimenticherò mai, ogni volta che vedrò cadere una goccia di pioggia penserò a lui con tutto il cuore La giornata con Mehdi al confine con l'Azerbeijan Le turiste iraniane tutte rifatte a Masuleh Il paninaro Amid a Ramsar sul Mar Caspio Il parco degli artisti a Teheran, il suo ristorante vegetariano con le ottime lasagne agli spinaci I pistacchi e specialmente a tutta la gente dell'Iran... fantastica! LA MUSICA PER CHI VUOLE VEDERE La musica di Ivan Ske questa è per non dimenticare i nostri viaggi: SULUTUMANA "VIAGGIO" https://www.youtube.com/watch?v=YZNXjWFZu-A Dedicata a Tiziano Terzani pura ecxtasy SULUTUMANA " ANAM JI" https://www.youtube.com/watch?v=kOEySP_d8EQ 12 La musica di Ale Mark Elyahu Nato nel 1982 nel Daghestan, nelle montagne del Caucaso, ed è immigrato con la sua famiglia in Israele nel 1989. E’ un compositore, arrangiatore e produttore musicale. Il suo strumento è il kamancheh, strumento tradizionale utilizzato nella musica classica di Armenia, Azerbaijan, Turkmenistan, Uzbekistan. Vive e compone a Arad, una città nel deserto di Giuda. Journey - Un pezzo che irrompe piano piano nell’anima e fa star bene https://www.youtube.com/watch?v=RgKKgzVhMgY Griglia sulla sponda della Vistola a Varsavia biliardo all'Eden Rock a Jinja 13 Cane da pesca – Ko Phangan (Thailandia) ____________________ Invito alla lettura di Ivan Ske: Rudyard Kipling VIAGGIO IN INDIA Introduzione Viaggio come filosofia (nord) "E' bello sentirsi liberi, vagabondare per le grandi strade senza sapere quello che ci aspetta domani...In verità, non esiste vita pari a quella sulla Strada, quando le stelle brillano chiare e gli uomini si comportano da amici", scrive Kipling mentre sta per arrivare a Chittor: la sua filosofia on the Road anticipa di gran lunga quella di jack Kerouac e si colloca poco dopo quella di Robert Louis Stevenson, come lui stesso riconosce in una citazione nel capitolo XV, e poco prima di quella di Jack London. Per Kipling il viaggio deve essere vissuto sistematicamente come sfida, avventura, messa in discussione, esperienza iniziatica. La sua è una missione che non concede distrazioni. Kipling conosce bene il magnetismo della Strada - in questo senso, in Viaggio in India il termine inglese per 'strada', Road, è sempre con la iniziale maiuscola - e il galateo del buon vagabondo. All'opposto, suo acerrimo nemico è il globe-trotter, qui sempre tradotto con l'accezione più dispregiativa che possa avere il termine turista: uno che se ne va in giro per l'India seguendo itinerari già stabiliti in partenza e armato di convinzioni già formate, magari per pregiudizio o per moda. Da una parte, dunque, c'è il viaggiatore-vagabondo, dall'altra il viaggiatore-turista. Il primo, quando arriva in una città sconosciuta, non aspetta altro che 14 andarsene in giro ad annusare l'aria, si perde nelle strade e attacca bottone con il primo che gli capita a tiro; il viaggiatore-turista ha un piano di visite precostituito, con orari scanditi e itinerari già delineati: quello che deve vedere lui già lo sa, e niente e nessuno potrà fargli cambiare idea. Ogni luogo ha un suo odore, e il Kipling vagabondo vuole avvertire quello dell'India prima ancora di entrare in un museo o di contemplare un tempio pagano. Il turista crede di avere tutto il diritto di dire che un certo posto <<se l'è fatto>> per bene, solo perché sa elencare una sfilza di nomi di alberghi e piatti tipici, ma gli mancherà sempre il cuore più puro del viaggio, quel sedersi all'ombra di un albero, sopra una distesa deserta di sabbia calda e morbida, mangiando carne fredda con un coltellino da tasca e ringraziando la provvidenza per avergli fatto trovare dei ruscelletti di acqua potabile nei dintorni. Le notti indiane di Kipling mirano a trascorrere le ore con il Re dei vagabondi, con evidenti sintomi di ubriachezza e la barba sfatta, ma con una conoscenza demoniaca dell'India da trasmettere. Il viaggiatore-turista viaggia (vive) per avere conferme, mentre il viaggiatore-vagabondo della Strada, il vagabondo della vita, vive (viaggia) per cercare ciò che lo mette in discussione. Solo a quest'ultimo, al termine di una giornata di viaggio, sarà stato concesso il dono di centinaia di emozioni e, forse, di una idea più precisa del suo vero sè. Il viaggio è la suprema metafora della vita a sua volta suprema metafora della letteratura. Ma la letteratura, per sua natura, è menzognera. Ugo Cundari VIAGGIO IN INDIA I. Del principio di tutte le cose. Il Taj e il turista. Il giovanotto di Manchester e qualche riflessione morale. ...All'inizio di un viaggio è bene trovare qualcosa che insegni il rispetto e la riverenza. Invece non conosce nessuna forma di riverenza il turista: è di ghiaccio. Un giovanotto di Manchester era diretto a Bombay con l'intenzione di tornare a casa per il natale. Aveva attraversato l'America, la Nuova Zelanda e l'Australia, e, avendo scoperto di avere ancora dieci giorni da trascorrere a Bombay, aveva partorito la modesta idea di fare - come sono dolorose certe parole - un momento l'India. "Non dico che l'ho fatta(5) tutta, ma stia sicuro che ne ho vista parecchia". 5. In inglese il testo recita done, alla lettera 'fatto' , ironizzando sul fare come verbo impiegato dal turista per indicare viaggiare. Ivan Ske _____________ Invito alla lettura di Alessandro Ranucci: Adiós di Toni Capuozzo “”… Alla fine degli anni '70, mentre in Italia si precipitava nel baratro degli anni di piombo, Toni Capuozzo sbarcava, seguendo i suoi sogni e i suoi ideali, in Centro America. In pochi anni, viaggiando di continuo tra il Nicaragua della rivoluzione vittoriosa dei sandinisti contro il tiranno Somoza, il Salvador che entrava nel delirio della guerra civile con l'assassinio del cardinale Romero, la Cuba di Castro, l'Argentina delle Falkland e di Borges, l'Amazzonia di Fitzcarraldo, un giovane approdato per caso al giornalismo diventò un reporter professionista e un uomo profondamente convinto della necessità di andare a vedere con i propri occhi ciò che succede. In una foresta di racconti, il famoso giornalista televisivo, inviato di guerra del TG5, rievoca gli anni del suo apprendistato… “ Interessante per chi come me è appassionato di Americalatina – Ale - 15 una grande energia sorridere mangiare il mondo correre all’orizzonte ruggire emozionarsi Il Graffio lascia il segno… https://www.youtube.com/watch?v=_nq2BTuSOq4 Non perdiamoci di vista… l’appuntamento è per il Graffio di Novembre 16