Stelvio Ziron Lampi di memoria Pagine di diario 1941 – 1945 A cura di Bruno Maran Presentazione di Roberto Valandro MONSELICE quaderni _ 2 Stelvio Ziron Lampi di memoria Pagine di diario 1941 – 1945 A cura di Bruno Maran Presentazione di Roberto Valandro In copertina: La stazione ferroviaria di Monselice (disegno di Bruno Mardegan) Stelvio Ziron Lampi di memoria. Pagine di diario 1941 – 1945 © copyright 2014 Stelvio Ziron - ANPI RES edizioni di Roberta Riva Borgo Castello 12 – 34170 Gorizia [email protected] ISBN 978-88-909226-1-9 stampato su carta riciclata al 100% Stelvio Ziron Lampi di memoria Pagine di diario 1941 – 1945 A cura di Bruno Maran Presentazione di Roberto Valandro Presentazione Il mio incontro con Stelvio Ziron risale agli anni settanta del secolo passato quando da Assessore alla cultura, favorì la pubblicazione e la massiccia diffusione nelle scuole dell’obbligo di un mio opuscolo intitolato “Di alcune leggende, tradizioni e superstizioni nell’area Monselicense”. Era il 1979 e dal quel libricino è venuto via via sedimentandosi uno straordinario patrimonio di cultura orale legata agli spazi rurali e soprattutto al Monte Ricco, una trama di racconti affidati alla “fabulazione” femminile che ormai si è spenta quasi del tutto, ma che mi ha permesso di ricostruire una sotterranea mentalità paesana le cui radici affondavano nella preistoria di un luogo solo da pochi decenni pienamente svelato nella propria identità archeologica. Merito dunque anche dell’amico Stelvio, della sua sensibilità e della costante attenzione alle vicende politico-sociali della terra natia. Il nostro pacato rapporto, fatto di reciproco rispetto, si è trasformato in intellettuale amicizia da quando sono stato coinvolto in una speciale missione: portare tra gli allievi delle scuole monseliciane gli ultimi testimoni di una guerra, la seconda mondiale, che ha lasciato segni indelebili e profonde ferite nella memoria collettiva. Io li chiamo familiarmente “i vecchioni”, allora giovani soldati che avevano affrontato la prigionia, sopravvivendo ai lager nazisti o praticando, dopo il ferale sbandamento dell’8 settembre 1943, una Resistenza attiva e passiva in mezzo alla popolazione civile, vessata dai nazifascisti della Repubblica di Salò e martoriata dai continui, improvvisi bombardamenti degli alleati angloamericani. A coordinare gli emozionanti colloqui con i fanciulletti delle elementari, con gli studentelli delle medie e con i giovanotti si è presentato Giuseppe Trevisan, instancabile animatore della locale sezione dell’ANCR – Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, promotore altresì delle numerose pubblicazioni, diari personali o a 4 LAMPI DI MEMORIA. PAGINE DI DIARIO 1941 – 1945 più mani, che permettono adesso, anche a coloro che sono nati dopo il 1945, di rivivere quel passato per non dimenticare. Queste appassionanti e commoventi pagine narrano l’immane tragedia di una guerra scatenata dall’insano desiderio di potere e di gloria di Mussolini, duce di un’Italia fascista, che aveva spinto il suo popolo sul baratro dell’autodistruzione fisica e morale, trascinata dall’alleanza con Hitler all’invasione di Paesi innocenti e alla persecuzione in particolare di incolpevoli ebrei. Di tutto ciò e d’altro ancora leggiamo, direttamente o di riflesso, nelle semplici, ma immediate e umanissime confessioni di Stelvio, dettate col desiderio di trasmettere un messaggio di pace e di fratellanza (significativo il fatto di non nominare mai persecutori o coloro che li affiancavano), che mi auguro possa davvero fruttificare tra la nostra gente, tra i giovani e i meno giovani. Roberto Valandro In Monselice, primo giorno di primavera 2014 Lampi di memoria Pagine di diario 1941 – 1945 Il 10 gennaio 1941 le nostre strade sono imbiancate da un’abbondante nevicata. Accompagno mio fratello alla stazione ferroviaria perché, chiamato alle armi di leva, doveva utilizzare l’apposita tradotta che lo avrebbe portato a Gorizia e da lì a Tolmino d’Isonzo: caserma della Guardia di Frontiera. Mese di maggio 1941: arriva a Monselice l’81° Reggimento di fanteria, tutti soldati provenienti dal centro Italia. Mia madre è ammalata e obbligata a letto. Aiuto mio padre al bar-pasticceria, locale frequentatissimo dagli ufficiali, dai graduati e anche dai militari. Un sabato pomeriggio non mi presento all’esercitazione premilitare. Il responsabile, cliente abituale del bar, conosceva la nostra situazione familiare, ma rapporta la mia assenza. Per dare un esempio di severità sono punito con tre giorni di prigione, scontati alle carceri di Padova (i Paolotti). Subisco in silenzio. Con questa prima esperienza comincia a muoversi il tarlo antifascista. Mi rimane la convinzione che l’ignoranza fa l’uomo prepotente. Settembre 1942. Sono stanco di essere servile verso la clientela di mio padre e trattato peggio di un lustrascarpe. Un colpo di genio di mia madre fa sì che mi accettino alla stazione ferroviaria di Monselice per fare pratica e imparare ad usare il telegrafo. Dopo una decina di giorni trasmetto a Bologna i primi telegrammi di servizio. La complessa vita e le varie mansioni dei ferrovieri mi affascinano a tal punto che chiedo al capo stazione principale (cav. Bisetti) di rilasciarmi una richiesta, da presentare a mio padre, con la 6 LAMPI DI MEMORIA. PAGINE DI DIARIO 1941 – 1945 quale chiede l’autorizzazione a farmi prestare servizio notturno. Volevo imparare. Un tasto telegrafico Morse STELVIO ZIRON 7 Dopo il compimento del 16° anno d’età, l’1.1.1927, ed esattamente il 20 gennaio 1943, vengo sottoposto a visita medica nella sede compartimentale di Bologna e il 29 gennaio dello stesso anno sono assunto nelle Ferrovie dello Stato e assegnato alla stazione di Monselice. Al primo giorno di servizio copro il turno 7/13 – 20/07 alla biglietteria e telegrafo. Il mio primo stipendio, per il servizio prestato nei tre giorni di gennaio, è di £ 72. Nel mese di aprile sono assunte delle donne, tre sono assegnate a Monselice. Avanzo ad incarichi più importanti. Dopo il primo esame di abilitazione al servizio telegrafico mi mandano a Ferrara alla Scuola movimento. Questa prevede la preparazione al servizio merci, biglietti, e la conoscenza del regolamento per la circolazione dei treni. Sono impegnato tutto il giorno. L’8 settembre 1943 mi coglie a Ferrara. Assisto all’occupazione della città da parte di alcuni mezzi corazzati tedeschi. Riesco a rientrare nella mia sede e vengo adibito ad aiutocapostazione perché il traffico ferroviario si fa più intenso. I treni viaggiano in tutte le direzioni stracarichi di militari sbandati. Vedo grappoli umani aggrappati all’esterno delle vetture. Gente che vuole raggiungere le proprie famiglie. I centri di smistamento di Bologna, Padova e Venezia-Mestre sono presidiati dai militari tedeschi, che catturano i giovani in borghese, alcuni riescono a scappare e si danno alla macchia, formando i primi gruppi di partigiani. Altri militari vengono deportati nei campi di concentramento ove rifiuteranno l’adesione alla Repubblica di Salò. Costoro, per me, sono i primi RESISTENTI. La circolazione dei treni è ferma, da Rovigo non passano. Apprendo dai telegrammi convenzionali che, all’incrociarsi di due 8 LAMPI DI MEMORIA. PAGINE DI DIARIO 1941 – 1945 treni nella stazione di Arquà Polesine, quattro militari aggrappati ai vagoni, urtandosi violentemente, sono morti. Arriva il Genio ferrovieri tedesco. Siamo sottoposti a turni massacranti. Viene applicato il famoso (almeno per noi) R.D.L.1638/1936 che prevedeva fino a 12 ore di servizio continuo con un riposo minimo di 6 ore, inoltre esso garantiva due riposi mensili di 24 ore. Ricordo che i capistazione addetti alla circolazione dei treni, dopo aver fatto il turno di notte per concedere riposo al collega, riprendono servizio, almeno una volta alla settimana, alle ore 13.00. Quindi i privilegiati sono i turnisti. Noi militarizzati siamo nominalmente paragonati ai gradi più alti dell’esercito in rapporto alle mansioni. Come già accennato, al mio rientro a Monselice sono assegnato ad aiutare il capostazione addetto alla circolazione treni. La trazione è a vapore sulla linea Padova – Bologna e parzialmente sulla linea Monselice – Mantova, a metano per le automotrici. Conosco la composizione dei treni tramite l’annuncio dell’effettuazione, e dalla ricevente del telegrafo recepisco, ad udito, la corsa e il movimento. All’arrivo i treni si fermano sotto le gru (idranti) per riempire il tender di acqua. Mi reco dai macchinisti per consegnare loro gli ordini di servizio scritti, ma anche con una bottiglia di acqua da porgere ai prigionieri chiusi nei carri bestiame piombati. Vengo regolarmente allontanato dalla scorta militare tedesca e da agenti della milizia ferroviaria. Non sono allontanamenti di cortesia, ma brutali percosse con il calcio del fucile. La prima volta che avvicino il macchinista per il noto servizio di consegna ordini sento delle grida provenire dai carri; ingenuamente vado verso il portellone del vagone e tento di aprirlo. Subito interviene un militare tedesco della scorta, minacciando di buttarmi dentro al carro assieme ai prigionieri. STELVIO ZIRON 9 Mi salva il distintivo da ferroviere. A guerra finita, apprendo che quei prigionieri erano ebrei destinati ai campi di annientamento nazisti. 10 LAMPI DI MEMORIA. PAGINE DI DIARIO 1941 – 1945 Treno, trainato da una locomotiva austriaca del gruppo 470 acquisita come riparazione di guerra 1918, percorrente la tratta Trieste Campo Marzio – Trieste San Sabba Altro treno, trainato da una locomotiva dello stesso gruppo, percorrente il ponte sull’Adige a Verona STELVIO ZIRON 11 Giornalmente ero in contatto telegrafico con i colleghi di Ferrara senza usare la “zona”1, per non lasciare traccia scritta di ciò che dicevamo. Apprendo così che una notte sulle mura che delimitano il Castello Estense sono stati uccisi tredici antifascisti da un plotone d’esecuzione, che per la maggioranza non era composto da ferraresi. Circolava voce che fra gli esecutori materiali ci fossero anche dei veneti seguaci di Italo Balbo. Verso la fine di aprile del 1944, alle ore 10.00 circa, un milite (indossava la divisa invernale) entra nell’ufficio Capistazione e ci blocca, impedendoci di uscire. Sappiamo che è stato arrestato un presunto sabotatore: nell’ufficio della milizia ferroviaria viene barbaramente torturato. Non dobbiamo né sentire né capire. Sentiamo, e come le sentiamo, le urla del malcapitato torturato dal comandante. Dopo poco tempo quel comandante sparisce, non sappiamo dove. Riappare a guerra finita al compartimento di Verona. Non è stato possibile documentare le sue responsabilità. Durante le ore di coprifuoco (cioè dalle 19.00 alle 7.00) mi incontravo spesso con don Aldo Pasavento, che giustificava le sue uscite notturne per portare assistenza religiosa ai fedeli. Siamo stati entrambi fermati dalle Brigate Nere (mai assieme). Alle domande del comandante Curzio rispondo con la richiesta di informare il comando tedesco di stazione che, il mattino successivo, non avrei potuto coprire il turno se trattenuto. Lo stratagemma funziona. In prossimità di piazza San Marco, vengo nuovamente fermato da un giovane delle Brigate Nere che mi punta la pistola sotto il naso e mi riporta in caserma. Sono riconosciuto e rilasciato. 1 La “zona” è quella strisciolina di carta bianca sulla quale l’incudine della macchina ricevente segna i puntini e linee dell’alfabeto Morse. 12 LAMPI DI MEMORIA. PAGINE DI DIARIO 1941 – 1945 Come spiegare le mie uscite notturne durante le ore di coprifuoco? Sfrutto il permesso tedesco per circolare durante quelle ore proibite: per portare assistenza a Ida Lenti Brunelli (incontrando spesso anche don Aldo Pesavento), per buttare volantini, che portano le vere notizie sull’andamento della guerra e suggerimenti ai giovani di unirsi ai partigiani. Circolano voci che quei volantini vengano gettati da “Pippo”, un bimotore ricognitore alleato, dotato di radar. Un tardo pomeriggio mi reco in campagna (oltre Vanzo, frazione di S. Pietro Viminario) per portare armi e munizioni a dei militari renitenti alle chiamate della repubblichetta di Salò. Al ritorno vengo fermato da una pattuglia tedesca a piedi che mi chiede i documenti. Intuisco che sono italiani travestiti. La paura di essere scoperto mi fa aumentare le forze: temo di non poter obbedire all’ordine ricevuto. Faccio forza sul pedale e fuggo zigzagando. Mi sparano un colpo, io riesco ad allontanarmi. Prendo fiato dopo qualche chilometro e mi accorgo di un foro sulla vistosa camicetta di tela color giallo ocra. Muore il capostazione principale cav. Bisetti, il suo feretro, caricato su di un carro chiuso, è agganciato ad un treno viaggiatori per la tumulazione della salma a Bologna, sua città natale. Gli subentra il capostazione di prima classe Umberto Furlan. Durante la sua gestione viene sottratta da un carro chiuso una partita di burro, voci dicono quintali. Il trasporto è ingegnosamente effettuato con casse mortuarie e tranquillamente smistato. Sono sospesi alcuni capi per sottrazione di merce. I maggiori responsabili non verranno più riassunti. A guerra finita si presenta al mio comandante partigiano il Capogestione di 3a classe Bonelli, il quale pretende il riconoscimento da partigiano per la sottrazione del burro, definendolo atto di sabotaggio. Il comandante Luigi Giorio chiede la consegna della merce o del denaro ricavato. Al diniego del Bonelli il comandante STELVIO ZIRON 13 rifiuta la qualificazione. Ovviamente, passando l’atto per un sabotaggio, egli tendeva alla riabilitazione e quindi alla riassunzione nelle ferrovie. Spesso il peregrinare mi porta a Trieste ove vivono degli zii. Con le cugine, oltre a visitare la città, ci spostiamo in Istria e arriviamo fino a Fiume. Vedo l’isola di Arbe (nome originale Rab), rientrando ci fermiamo a visitare Pola e dopo qualche giorno visitiamo anche Capodistria. Tante sono le truppe italiane. Una sera durante un allarme aereo mi allontano dalla stazione di Monselice quando un militare tedesco, pistola puntata sullo stomaco, mi sottrae la bicicletta. Era una Umberto Dei, tanto amata da mio padre. Dopo il bombardamento del ponte sul fiume Po, fra Pontelagoscuro ed Occhiobello, il tratto di linea fino a Padova passa alla direzione compartimentale di Venezia. Il 29 settembre 1944, a Monselice a seguito di un tradimento vengono arrestati dalla Guardia Nazionale Repubblicana 29 antifascisti costituitisi nel battaglione indipendente “Aquila”, tradotti poi a Padova ove subiscono maltrattamenti e sevizie, tra questi prigionieri sette sono nativi di Monselice. Otto tra gli arrestati, pestati e feriti, sono consegnati ai tedeschi delle SS, che li trasferiscono a Bolzano, da dove, con il trasporto 111, saranno deportati il 14 dicembre con destinazione il lager di Mauthausen. A bordo dei carri bestiame che componevano il trasporto 111, che arriverà a Mauthausen il 19 dicembre 1944, vi erano 296 prigionieri, tutti qualificati come "politici", quindi riconoscibili durante la detenzione per il triangolo rosso sulle divise. 14 LAMPI DI MEMORIA. PAGINE DI DIARIO 1941 – 1945 Tra essi voglio ricordare: Luciano Barzan, matricola 113888, morto a Gusen il 29.3.1945; Alfredo Bernardini, matricola113896, morto a Gusen il 13.3.1945; Enrico Dalla Vigna, l’unico non monselicense essendo nato a Padova, matricola 113963, ucciso a Gusen il 3.2.1945. Enrico era stato mio compagno di banco quando frequentavo la seconda classe della scuola di avviamento professionale; Tranquillo Gagliardo, matricola 113980, morto a Mauthausen l’11.4.1945; Luciano Girotto, matricola 113991, morto a Melck il 21.2.1945; Dino Greggio, numero di matricola 113992, scomparso a Ebensee il 18.4.1945; Settimio Rocca, matricola 114088, morto a Gusen il 3.2.1945; Idelmino Sartori, matricola 114101, morto a Mauthausen il 20.4.1945. Rientrano in Italia alcuni reduci della sfortunata spedizione di aggressione alla Russia. Fra questi un ufficiale che ha sempre svolto collegamenti fra le truppe italiane e il servizio premilitare del sabato pomeriggio a Monselice. Costui è stato chiamato presso il comando locale della Guardia Nazionale Repubblicana e avvertito di non divulgare notizie sulla ritirata delle truppe nazi-fasciste dai campi di battaglia. Dopo di che, essendo un cliente abituale del bar di mio padre, viene in negozio. Dietro al banco ci siamo io e mio padre. Dopo i soliti convenevoli chiediamo notizie di un altro cliente pure lui inviato in Russia con il corpo di spedizione, l’ARMIR. L’ufficiale nega di averlo visto. Guardo mio padre, lui fissa me: abbiamo riconosciuto la sciarpa di quel cliente al collo dell’ufficiale vestito in borghese... Prima decade di novembre del 1943. Conosciuta l’esistenza della Scuola movimento a Legnago chiedo di frequentarla. La stazione è oggetto di numerosi mitragliamenti. Fra una paura e l’altra riesco a essere abilitato al servizio biglietti e bagagli. E’ un STELVIO ZIRON 15 traguardo. Mi dedico maggiormente alla conoscenza del regolamento per la circolazione dei treni. Quando sono libero dal servizio aiuto spesso mio padre. Una mattina, dell’estate 1944, sono solo nel bar e lavoro alla macchina da caffè per soddisfare le richieste di consumazione di alcuni militi della Guardia Nazionale Repubblicana. Un giovane in divisa è seduto presso il tavolino, al centro del negozio, annoiato, giocherella con il suo moschetto. Parte un colpo nel preciso istante in cui, in via Roma, transita una camionetta di militari tedeschi; due di questi entrano in negozio con le Machine Pistol MP40 spianate. Il graduato delle G.N.R. blocca i militari tedeschi e spiega, scusandosi, dell’incidente accaduto. Dietro al banco sono impietrito come una statua, i tedeschi se ne vanno, il giovane sviene. Ci riprendiamo dallo spavento. Arriva mio padre al quale racconto l’accaduto. Constatiamo che il cristallo esterno della vetrina di sinistra, guardando dalla strada, ha in alto un foro dal quale si aprono varie crepe. Il vetro interno è intatto. Sul telaio di legno scorrevole esiste un foro (dopo tanti anni è lì, ancora visibile), in perfetto allineamento con il foro sul cristallo e l’arma dalla quale è partito il proiettile. I vetri sono andati in frantumi alcuni mesi dopo, con lo scoppio delle bombe cadute su Palazzo Steiner, distante 50 metri. A Venezia conseguo l’abilitazione al servizio merci e, poco dopo, al servizio circolazione treni. Sono subito distaccato a Vicenza per il tirocinio pratico. Dovevo apprendere per ben 60 giorni di tirocinio, in realtà ne ho fatti solo sei. Fra un mitragliamento e l’altro arriviamo al 7 gennaio 1945. La stazione di Vicenza è considerata di secondaria importanza, rispetto al traffico di trasporti militari dal nord al sud, nonostante questo subisce un pesante bombardamento. 16 LAMPI DI MEMORIA. PAGINE DI DIARIO 1941 – 1945 Sono sul marciapiedi del primo binario con altri ferrovieri e vedo volteggiare, a notevole altezza, aerei da caccia; prima quattro, poi sei, poi otto, poi dieci. Una signora ricorda che in analoghe situazioni gli Alleati avvertono i civili che si prepara un bombardamento. Non abbiamo il coraggio di attraversare i 17 binari (resi poi inservibili dallo scoppio delle bombe), il canale e la strada per raggiungere il rifugio antiaereo scavato nel monte, sotto il santuario di Monte Berico. Con altri sei ferrovieri scendo nel vano caldaie per il riscaldamento della stazione appena in tempo. Gli scoppi provocano forti spostamenti d’aria, che sollevano molta polvere di carbone, le nostre vie respiratorie ne sono piene. Accompagno una signorina (un’addetta alla biglietteria) tutta tremante per la paura e mi dirigo verso l’uscita con difficoltà per la fitta nuvola di polvere. Arriviamo sul viale di Campo Marzio e la signorina si volta di scatto, costringendo anche me a girarmi per vedere la facciata del fabbricato viaggiatori, quando scoppia una bomba poco lontano da noi. Una grossa scheggia mi cade vicino e mi taglia lo scarpone di cuoio. Quella torsione mi ha salvato la vita, diversamente avrei preso in testa quella pesante scheggia. Per chiudere le buche ed attivare i binari sono chiamati tutti i ferrovieri disponibili. Un capostazione tedesco con mansioni da ispettore, conosciuto a Monselice, mi esonera dall’utilizzare il badile e mi propone di fare da scorta, con le mansioni di Capotreno per quella sera, a una locomotiva diretta a Fontaniva, sulla tratta Vicenza-Treviso. Bisogna collaudare un ponte sul fiume Brenta, appena riparato. Superato lentamente il ponte un razzo illumina la zona. Il macchinista aziona il freno rapido, saltiamo sulla massicciata e frettolosamente ci allontaniamo. Tentiamo di attraversare un grosso fossato ghiacciato quando scoppia la locomotiva, colpita da una bomba di “Pippo”, il ricognitore notturno dotato di radar e STELVIO ZIRON 17 fotoelettriche per i rilevamenti a terra. Solo dopo la fine della guerra conosceremo le sue dotazioni. Il ghiaccio cede e, fortuna nostra, non siamo investiti dallo spostamento d’aria causato dallo scoppio, siamo però completamente bagnati. Resta intatto il ponte. Veniamo fermati dalla Milizia ferroviaria e consegnati alla G.N.R. di porta Castello. Restiamo quattro notti bagnati, al freddo e senza cibo. Su di noi pesa l’accusa di sabotaggio, non tollerata dai fascisti e dai militari tedeschi delle SS. La “banda Carità”, operante fra Padova e Vicenza, non ci avrà perché l’ispettore tedesco ci fa liberare, avendo bisogno di personale. 18 LAMPI DI MEMORIA. PAGINE DI DIARIO 1941 – 1945 Il bimotore da ricognizione de Havilland DH 98 Mosquito detto “Pippo” Una locomotiva 470 STELVIO ZIRON 19 Verso la fine di gennaio 1945 rientro a Monselice grazie all’intervento del comandante partigiano di Vicenza (nome di battaglia “Luigino”), che temeva per la mia libertà. Ero utile alla causa, ma in pericolo: ero ormai bruciato, troppo osservato dai fascisti della banda Carità. Continuo ad avere contatti con il comandante partigiano delle brigate Garibaldi in un oratorio vicino al palazzo della Ragione, al quale comunico notizie sulla circolazione dei treni. Sono utilizzato anche come portaordini per la mia facilità di spostamento: ricevo ordini che leggo, memorizzo e distruggo, a volte ingoiando il biglietto, e informo il destinatario. Spesso incontro una partigiana il cui nome di battaglia è “Gabriella”. I mesi di febbraio, marzo e aprile del 1945 sono decisivi per la libertà di tutti. Continuo ad operare con la mia doppia attività. Sfrutto il permesso tedesco per circolare durante le ore di coprifuoco. Dal mese di febbraio ’45 sono in servizio come dirigente movimento a Monselice, il traffico ferroviario è molto limitato: ci sono poche locomotive efficienti, scarseggia il carbone e il traffico merci è nullo. I mitragliamenti e i bombardamenti sono cosa quotidiana e frequentissimi. Una notte, forse erano le ore 21 o 21.30, suona l’allarme pesante, cioè quello che annuncia l’imminente bombardamento. Esco dall’ufficio, attraverso i binari, salgo una rampa costruita in legno e attraverso via Solana per entrare nel rifugio antiaereo predisposto con due entrate provviste di paraschegge. Abitualmente entro nel primo ingresso. Non so perché, ma quella sera le gambe mi portano nel secondo. Appena superato il paraschegge sento un forte boato: una bomba è scoppiata molto vicino a me, le gambe mi tremano, la gola è 20 LAMPI DI MEMORIA. PAGINE DI DIARIO 1941 – 1945 secca. Cerco qualche cosa da mettere in bocca, la mano destra va nella tasca del cappotto e con mia grande sorpresa trovo un uovo... Ancora oggi non so spiegarmi come sia arrivato là, l’ho bevuto e ho sentito nuove forze. La bomba è caduta sulla strada che porta al Solario, sfondando il corridoio che dal primo ingresso porta alla camera del rifugio. Il 7 febbraio 1945 smonto dal servizio notturno. Dormo fino alle ore 15.00 e dopo un frugale pasto vado al cinema “Sociale”, di proprietà della società operaia, in via del Teatro, ora demolito. Esco verso le 18.00, supero parecchi soldati in attesa di entrare nella sala, proseguo e mi reco dal maestro, in via Roma (ora 28 Aprile), per la solita lezione di musica… Mi ero appassionato all’arte e ne volevo conoscere i segreti. Una forte esplosione interrompe il nostro colloquio. Manca la luce. Sentiamo forti rumori provenire dalla strada intasata da carri trainati da animali: sono truppe tedesche che vanno verso nord. Causa il fitto buio riesco a malapena a camminare e ad aprirmi un varco tra la folla impaurita e urlante. Un aereo aveva sganciato varie bombe sulla sede della Banca Antoniana, diretta da Antonio Bordin, sulla salita di via Dante, altre sul cinema Sociale, che avevo da poco lasciato. Dopo essermi accertato che i miei famigliari, che si trovavano in via Roma, fossero in buona salute, mi reco verso la Torre civica di piazza Vittorio Emanuele II (ora piazza Giuseppe Mazzini), da dove provengono urla e grida, e qui constato il ferimento del mio amico Domenico Bordin. Con altri quattro amici lo trasportiamo all’ospedale di Monselice dove purtroppo morirà tre giorni dopo. Sette furono le vittime civili: Antonietta Scandola, la madre di Domenico Bordin, i coniugi Bodon e tre componenti la famiglia Varotto, tutti deceduti sul colpo, più l’amico Domenico. Il rito funebre è celebrato solennemente da monsignor Gnata e da don Aldo Pesavento nella chiesa di San Luigi (ora cinema Corallo). STELVIO ZIRON Cacciabombardiere Usa 21 22 LAMPI DI MEMORIA. PAGINE DI DIARIO 1941 – 1945 Verso i primi giorni di marzo del ’45 una squadra della G.N.R. irrompe nella mia casa per una perquisizione. Cercano mio padre e mio fratello. Con mio padre salgo sul tetto e da lì ci spostiamo su altri tetti dell’isolato. Quella fu l’unica occasione per capire che mio padre era antifascista. Vengo poi a conoscenza del suo lavoro clandestino quale componente il Comitato di Liberazione Nazionale di Monselice. Mese di marzo 1945: con una locomotiva da manovra (gruppo 851) e con alcuni carri bestiame arredati per passeggeri, vengo utilizzato in qualità di Capotreno per scortare il convoglio verso Legnago, ma il ponte sul fiume Adige è inagibile. Perciò arriviamo a circa 150 metri dal ponte stesso ove è stato costruito un raccordo con la linea Legnago-Grisignano di Zocco. Vicino al ponte, incontro il capostazione principale Ferraris, che mi raccomanda di retrocedere subito perché siamo in “allarme leggero”. Poco dopo, infatti, un caccia mitraglia il convoglio. Sono allo scoperto e mi rifugio dietro la ruota di un carro ferroviario. L’aereo abbandona la zona e lentamente rientriamo a Monselice. Solo più tardi ho intuito che il raccordo era stato costruito per evacuare i tedeschi feriti e ricoverati all’ospedale di Cologna Veneta. Nel mese di marzo, durante un lancio di spezzoni sui binari, verso la parte nord della stazione di Monselice, e precisamente alla cabina B, è colpito a morte il Capo squadra deviatori Giuseppe Brunello. Un cippo lo ricorda come agente caduto in servizio. Cippo tutt’ora bene in vista in prossimità del primo binario. Metà di aprile. I tedeschi hanno razziato tutto, anche i carri vuoti. Non avendo a disposizione mezzi di trazione dobbiamo spostare i carri a spalla, cioè spingendo i vagoni fino al punto dove STELVIO ZIRON 23 devono essere raggruppati. Saranno effettuati treni che viaggeranno solo di notte. La stazione è vuota, ma continuano i bombardamenti. Un pomeriggio una squadriglia di “Fortezze volanti”, i bombardieri americani B24, provenienti dal mare, sgancia un notevole numero di bombe, colpendo una fascia di terreno fino alla zona del vecchio macello comunale (dove ora esistono due distributori di carburante), cioè il bivio stradale, il canale Bisatto, la Canaletta e quasi tutti i binari della stazione. Ci fu anche una vittima civile: un certo Corsale, ma non ricordo di averlo conosciuto prima. 24 LAMPI DI MEMORIA. PAGINE DI DIARIO 1941 – 1945 Ponte sulla Canaletta sa Il sottovia Petrarca STELVIO ZIRON 25 Arriviamo al 25/26 aprile 1945. Le truppe alleate sono sul fiume Po. Non circolano treni per mancanza di locomotive. Io e un accenditore (l’operaio che accudisce il fuoco delle locomotive quando sono fuori servizio) giriamo per il piazzale e scopriamo del terriccio smosso e dei coperchi di legno; li spostiamo e troviamo dei fori nei quali sono allogate delle cariche di tritolo per distruggere tutti i binari. Arriviamo sul ponte della Canaletta e al sottovia Petrarca, e troviamo altre buche. Scopriamo il luogo (un prefabbricato di cemento) dove sono custodite altre cassette di tritolo, le spolette per il brillamento delle cariche e molte munizioni per moschetto. Ci impadroniamo delle spolette e, in parte, delle munizioni. Le tasche dei pantaloni sono piene di tanto materiale che, quando i ferrovieri tedeschi mi chiamano, temo di essere stato scoperto; invece mi annunciano che avrebbero abbandonato la stazione per recarsi verso nord a piedi. Prendo coraggio (probabilmente non hanno visto nulla) e chiedo a due di loro la pistola, spiegando che avrebbero incontrato i partigiani e che senz’armi non avrebbero avuto guai. Ottengo un garbato rifiuto perché temono le ire del loro comandante. Quando i tedeschi se ne vanno, recuperiamo tutte le cassette di tritolo e le rimanenti munizioni. Consegneremo tutto più tardi al Comando inglese per il successivo brillamento in una cava sul Monte Ricco. Porto a casa tutte le chiavi degli scambi per riconsegnarle al capostazione titolare Girolamo Zannoni. Il mio superiore informerà i dirigenti compartimentali dell’evitata distruzione di tutto l’impianto. Una dichiarazione, ancora in mio possesso, può testimoniarlo. Il CLN ferroviario di Venezia mi premia con 500 (cinquecento) lire. Monselice è liberata il 28 aprile 1945; una via del centro storico lo ricorda. 26 LAMPI DI MEMORIA. PAGINE DI DIARIO 1941 – 1945 Ricordare Spesso, incontravo il geometra Giuseppe Trevisan, più conosciuto come maestro (egli tiene di più al primo titolo che al secondo, anche se ha insegnato per molti anni), e il discorso cadeva sulla guerra, la prigionia, la partigianeria, la liberazione... Io conoscevo solo parzialmente le sue vicissitudini, perché mi erano state raccontate da suo cognato, omonimo e mio collega di lavoro. Insistevo perché scrivesse degli anni passati in prigionia, delle sue esperienze, dei ricordi che aveva del periodo in cui aveva prestato servizio militare. Con una certa ritrosia rispondeva che avrebbe tentato di scrivere qualche cosa dei suoi ricordi. Conveniva che era giusto mettere nero su bianco, al fine di rendere conoscenza di quanto è accaduto durante la guerra, con la speranza che non abbiano più a ripetersi tanti orrori. A tutt’oggi ha scritto quattro libri: uno riguarda la sua intima esperienza, negli altri tre ha narrato le vicissitudini durante la guerra, la detenzione nei lager e le esperienze di altri combattenti. Certo che il ricordare gli amici deceduti, i bombardamenti subiti, i cadaveri raccolti dopo i combattimenti, fa rivivere momenti molto tragici. Nel rievocare quelle dolorose esperienze, che non mi lasceranno mai, trascorro delle notti agitatissime: sogno amici e compagni deceduti, mi sento spesso inseguito dai militari fascisti, corro a soccorrere persone colpite durante i bombardamenti e i mitragliamenti (sensazioni di difficile esternazione). Mi sveglio di colpo angosciato per quanto sognato, mi calmo, riprendo sonno, e continuo il sogno interrotto. Recentemente ho sognato Enrico Dalla Vigna (eravamo spensierati a completare il tema assegnatoci) e Alfredo Bernardini che, dipendente da Cini, veniva a prendere delle bibite al bar. STELVIO ZIRON 27 Non dovrei dirlo perché sono cose mie, che resteranno nei miei segreti ricordi. Momenti che ho tentato di dimenticare, ma che affiorano continuamente nei miei pensieri, nei miei sogni. Cosi, penso, avvenga nell’io profondo di tutti i combattenti. Lo dico egoisticamente, anche se è giusto far conoscere quelle esperienze alle giovani generazioni perché ne traggano buon insegnamento. Giuseppe Trevisan, classe 1918; Attilio Bizzotto, classe 1922; Bruno Mardegan classe 1919 (deceduto nell’autunno 2012); Domenico Tiengo, classe 1923; Pietro Gattolin, classe 1924 (deceduto il 24 febbraio 2014); Stelvio Ziron, classe 1927, accompagnati dal prof. in pensione Roberto Valandro, compongono il gruppo di amici e di ex combattenti che vanno nelle scuole di ogni ordine e grado (incontri concordati con il consiglio dei genitori e gli insegnanti), a narrare le esperienze vissute durante l’ultima guerra. La memoria mi fa ricordare un incontro con le classi elementari del Sacro Cuore: i bambini ci accolgono cantando l’inno di Mameli, e ci recitano una poesia tratta dal testo di Primo Levi “Se questo è un uomo”. Ne sono ancora emozionato. Sentendo i nostri racconti è emozionante vedere ragazze maturande con gli occhi rossi e pieni di lacrime. Altri hanno avuto la possibilità, grazie alle loro insegnanti, di preparare un libretto, traendo spunto dagli appunti annotati durante i nostri racconti. Alla scuola media Zanellato mi presento con un tasto da telegrafo Morse per fare capire ai ragazzi quanto ero un privilegiato, potendo fruire di un mezzo di comunicazione allora così avanzato. Oggi tutti abbiamo almeno un telefonino cellulare. 28 LAMPI DI MEMORIA. PAGINE DI DIARIO 1941 – 1945 Ritengo che a noi ex combattenti ed ex militarizzati sia stata, a causa della guerra, rubata la giovinezza. Anche questa è una conclusione alla quale facilmente arriviamo, dopo avere incontrato gli alunni delle scuole di ogni ordine e grado. Un grazie a tutti gli insegnanti, che hanno voluto accogliere la testimonianza di chi ha combattuto l’ultimo conflitto, per dare una lezione di storia alle giovani generazioni. STELVIO ZIRON Documenti 29 30 LAMPI DI MEMORIA. PAGINE DI DIARIO 1941 – 1945 Attestato concessione Croce di Guerra al Merito STELVIO ZIRON 31 Concessione nastrino Campagna di Liberazione con due stellette d’argento, pari a due semestri, come riconoscimento di combattente volontario 32 LAMPI DI MEMORIA. PAGINE DI DIARIO 1941 – 1945 Riconoscimento della qualifica di partigiano rilasciato dalla Commissione triveneta STELVIO ZIRON 33 Attestato del C.L.N. ferroviario del Compartimento di Venezia per la sottrazione delle cariche di tritolo sul piano caricatore e nei ponti detti della Canaletta e sottovia Petrarca 34 LAMPI DI MEMORIA. PAGINE DI DIARIO 1941 – 1945 La mia carriera ferroviaria Alunno d’ordine di stazione dal 29 gennaio 1943- matricola 12291; stabile dal 1° gennaio 1952 - matricola 398362; sottocapo dal 1° gennaio 1955; Capo Stazione di 2° classe dal 1° gennaio 1958; Capo Stazione di 1°classe dal 1° maggio 1958; Capo Stazione principale dal 1° gennaio 1965; Capo Stazione Superiore dal 1° gennaio 1969. A riposo con il grado di Capo Stazione Sovrintendente. Stazioni ove ho prestato servizio: Assunto a Monselice il 29 gennaio 1943 Agosto 1943 in missione a Ferrara Novembre 1943 in missione a Legnago Novembre 1944 in missione a Vicenza Gennaio 1945 rientro a Monselice Ottobre 1945 trasferito a Pordenone: Saltuarie missioni a Codroipo Scorta treni a Casarsa della Delizia e tirate di manovra verso La Comina (parco ferroviario a servizio dell’aeroporto di Aviano) Settembre 1947 trasferito a Padova: Saltuarie missioni a Mira Mirano e Dolo Febbraio 1950 trasferito a Castelvetrano (Trapani) Saltuari distacchi al Riparto Movimento Viaggio per circa sei mesi da Capotreno Dirigente a Santa Ninfa e Salemi STELVIO ZIRON 35 Dirigente della linea secondaria (scartamento ridotto) a Castelvetrano Gennaio 1952 trasferito a Monselice Dirigente il Movimento e tutti i servizi della stazione Saltuarie missioni ad Abano Terme, Montegrotto Terme, Battaglia Terme, Sant’Elena d’Este, Galliera. Settembre 1972 trasferito a Ferrara per inidoneità fisica al servizio notturno Saltuari distacchi al Riparto Movimento Direzione della Segreteria di Stazione. Non accetto il passaggio di qualifica a Capo gestione. Mi viene proposta la direzione del Riparto Movimento di Rimini, mantenendo la qualifica. Proposta che rifiuto perché avrei dovuto fare due famiglie e lavorare di più. Scelgo la pensione. Lascio la ferrovia, con 43 anni e 3 mesi di servizio riconosciuti, il 2 novembre 1976. MONSELICE Il 10 gennaio 1941 le nostre strade sono imbiancate da un’abbondante nevicata. Accompagno mio fratello alla stazione ferroviaria perché, chiamato alle armi di leva, doveva utilizzare l’apposita tradotta che lo avrebbe portato a Gorizia e da lì a Tolmino d’Isonzo – caserma della guardia frontiera. Mese di maggio 1941: arriva a Monselice l’81° Reggimento di fanteria, tutti soldati provenienti dal centro Italia. Mia madre è ammalata e obbligata a letto. Aiuto mio padre al bar-pasticceria, locale frequentatissimo dagli ufficiali, dai graduati e anche dai militari. Un sabato pomeriggio non mi presento all’esercitazione premilitare. Il responsabile, cliente abituale del bar, conosceva la nostra situazione familiare, ma rapporta la mia assenza. Per dare un esempio di severità sono punito con tre giorni di prigione, scontati alle carceri di Padova (i Paolotti). Subisco in silenzio. Con questa prima esperienza comincia a muoversi il tarlo antifascista. Mi rimane la convinzione che l’ignoranza fa l’uomo prepotente... Stelvio Ziron, nato a Monselice il 1° gennaio1927, ferroviere di lunga carriera, partigiano combattente decorato, annota e ricorda i fatti e gli avvenimenti da lui vissuti nell’ultimo conflitto mondiale riportati nei suoi Lampi di Memoria.